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Friday, July 20, 2012

Il nudo maschile nella statuaria italiana -- all'aperto -- Villa Garzoni

Speranza




Villa Garzoni a Collodi, il giardino delle favole

Villa Garzoni vista dal parco
Collodi vuol dire Pinocchio. Bene lo sanno i genitori che, trascinati a forza dai loro figli, in grandissimo numero visitano ogni anno il giardino intitolato al terribile burattino, fra sculture e costruzioni di ogni sorta, viottoli tortuosi che conducono, tappa dopo tappa, a momenti che illustrano le sue vicende. I bambini si perdono volentieri fra i labirinti, le balene che spruzzano acqua ad intermittenza, e i personaggi della celebre favola. Forse un appena un po’ disorientati, perché le tante statue e le installazioni sanno piuttosto più di opere d’arte contemporanea che di balocchi a misura di bambino.
E probabilmente la Fata Turchina, che i piccoli visitatori cercano di scorgere con difficoltà all’interno di quella che dovrebbe essere la sua casetta, si troverebbe molto più a suo agio, se davvero esistesse, in quella splendida villa che incombe sull’abitato solo poco più in là, con la sua elegante mole, appiccicata all’antico borgo fatto di case in pietra. Una villa che deve il suo nome ai Garzoni, potente famiglia di orgogliose origini ghibelline, che la edificarono nel corso del ’600.
Villa Garzoni - una delle statue del parco
Un palazzo ricavato, sembra, da un preesistente edificio fortificato che vanterebbe, a quanto risulta dalle poche tracce superstiti, addirittura origini romane. Della fortificazione, Villa Garzoni mantiene l’aspetto imponente dell’ampia facciata. Vi si accede per mezzo di un elegante scalone decorato da affreschi. Una testimonianza, anch’essa, degli antichi splendori, così come il Salone dei concerti e del ballo, quello degli specchi, la galleria, tutti ricolmi di stucchi e di superfici dipinte, i ricchi baldacchini delle camere da letto e i tanti mobili in stile veneziano o impero.
Gironzolare, perdersi nelle tante stanze della villa, insomma, vuol dire addentrarsi in un mondo da romanzo o, meglio, da favola. Un mondo con un’atmosfera d’altri tempi, nel quale la nostra Fata Turchina si muoverebbe davvero con naturalezza. Non è un caso che proprio fra quelle mura l’allora giovanissimo Carlo Lorenzini fece i suoi primi esercizi di scrittura. Proprio sul grande tavolo della cucina che ancora oggi mantiene il suo aspetto d’un tempo, mentre sua madre lavorava come cuoca e cameriera al servizio dei padroni di casa.
Lui, Carlo, rimase sempre così attaccato a questo luogo che, ormai lontano e celebrato autore di Pinocchio, scelse di firmarsi con lo pseudonimo di "Collodi".
Chissà, molto probabilmente furono le sue scorribande infantili nel grande giardino della villa che ai suoi occhi appariva come un mondo fatato ed incredibile, a ispirargli le vicende del celebre burattino. Aiutato senz’altro dallo spirito goliardico ed irriverente degli stessi Garzoni. I quali si divertivano a giocare ogni sorta di scherzi ai loro ospiti che, per giunta, erano costretti a fare buon viso per non offendere i ricchi e potenti proprietari. Come capitava ai malcapitati che, attirati dalla misteriosa penombra, entravano nella Grotta del Nettuno, magari si avvicinavano al ninfeo o alle statue, per vederle più da vicino. Ma, all’improvviso, qualcosa celato nel pavimento faceva scattare un meccanismo che faceva partire bordate d’acqua che investivano i poveri visitatori. I quali, inzuppati d’acqua, cercando di guadagnare l’uscita venivano colpiti da getti d’acqua ancora più potenti. Possiamo ben immaginare come dovevano sentirsi quando una volta riusciti a guadagnare l’uscita, inzuppati fradici d’acqua, si dovevano per giunta sorbire le risate divertite dei padroni di casa. Così come capitava a quegli altri disgraziati che erano riusciti a guadagnare l’uscita dell’intricato labirinto verde nel quale erano stati convinti ad entrare, anche in questo caso sotto abbondanti secchiate d’acqua.
Villa Garzoni - una delle statue del parco
Insomma, l’ambiente divertito e leggero non poteva non influenzare un animo come quello del giovane Carlo Lorenzini che, dotato di una mente sicuramente predisposta, proprio in quegli anni iniziava a scrivere le prime vicende del suo irriverente Pinocchio.
Ma nel Padiglione dei Bagni, chiamati anche Bagnetti, un gioiellino architettonico del ’700, il divertimento assumeva aspetti più sensuali e maliziosi. Qui, dame e cavalieri trascorrevano allegramente le ore oziando beatamente a bagno nelle vasche, intrattenuti da un’orchestra che intonava allegri minuetti. Ben separati fra di loro, ovviamente; ma un quasi impercettibile gioco di specchi permetteva senz’altro qualche sguardo fuggevole.

Al giorno d’oggi, il visitatore che entra nello splendido parco, non rischia più di finire inzuppato d’acqua. Anche le fontane delle grotte sono ormai asciutte e nel Padiglione dei Bagni non risuonano più il suono degli strumenti ad arco o i risolini divertiti dei bagnanti. Ma il colpo d’occhio sul giardino rimane sempre, come allora, assolutamente indimenticabile. E Quello di Villa Garzoni costituisce ancora uno dei più splendidi parchi d’Italia.
Villa Garzoni - Vista dal piazzale d’ingresso
Basta accedervi, entrando dal cancello che si apre in basso e che dà sul vasto piazzale che termina in due grandi vasche dove i cigni gironzolano fra le aiuole elaborate e le siepi di bosso dalle forme più ardite. E dietro, la visione mozzafiato del giardino, con le sue geometrie, i livelli che si raggiungono con le scalinate che si inerpicano fra statue di terracotta, grotte, piante di ogni foggia, serre con i pavoni, satiri, essere mitologici, raffigurazioni di villani e mille altre meraviglie. E si sale su dislivello dopo dislivello, una cascatella dopo l’altro fino a raggiungere la grande statua della Fama dalla cui cornucopia esce un getto d’acqua che alimenta un ampio laghetto.
Un luogo lussureggiante e magico nel quale perdersi fino a ritrovarsi addirittura nel bel mezzo di una quasi impenetrabile foresta di bambù, nemmeno fossimo nel lontano Oriente. E poco oltre, sotto le altre mura della villa, l’intricato labirinto sul quale, fortunatamente non cadono più i getti d’acqua degli irriverenti Garzoni. Restiamo lo stesso disorientati, cercando di riguadagnare l’uscita. Aspettandoci da un momento all’altro, di intravedere dietro un muro o una siepe far capolino l’appuntino naso in legno di un burattino.
Vederci balzare davanti agli occhi un essere fatto di legno di tale fatta, ormai ne siamo consapevoli, non ci sorprenderebbe più di tanto. Ormai sentiamo di essere entrati finalmente in sintonia con questo luogo che vive di regole sue proprie che non sono quelle del mondo cui siamo abituati. Vuol dire che lo stiamo vedendo finalmente il grande e magico giardino con la mente libera da ogni pregiudizio e con la capacità ritrovata di sorprenderci. Con gli occhi, insommma, come quelli di un bambino che, tanto tempo fa, sognava ad occhi aperti seduto al grande tavolo di una cucina, mentre sua mamma lavorava come serva nella grande villa dei Garzoni.

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