Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Sunday, July 15, 2012

Il TIZIO di Michelangelo

Speranza


Titolo dell'opera: La punizione di Tizio

Autore: Michelangelo Buonarroti

Datazione: 1532

Collocazione: Londra, Windsor Castle, Royal Library

Committenza:

Tipologia: disegno (190 x 330 mm)

Tecnica: matita nera

Soggetto principale: la punizione di Tizio

Soggetto secondario:

Personaggi: Tizio

Attributi: avvoltoio e serpente (Tizio)

Contesto: non definito

Precedenti:

Derivazioni:

Bibliografia: Panofsky E., Studies in iconology, Harper/Row, New York 1967, pp. 216-218; Hirst M., Michelangelo, i disegni, Giulio Einaudi, Torino 1993, pp. 144-163; Il mito di Ganimede prima e dopo Michelangelo, a cura di Marongiu M., Mandragora, Firenze 2002, pp. 66-79

Annotazioni redazionali: In ogni epoca gli artisti hanno donato opere ad amici e a personaggi politici importanti loro contemporanei. Per i disegni che venivano creati per essere regalati il critico Johannes Wilde coniò, negli anni Quaranta del secolo scorso, la definizione di Presentation drawings. Alla crescita qualitativa di questa categoria Michelangelo contribuì in modo unico. L’artista infatti nel corso della sua vita realizzò dei disegni per poi donarli a Gherardo Perini, ad Andrea Quaratesi, a Vittoria Colonna e a Tommaso de’ Cavalieri. Proprio per quest’ultimo l’artista realizzava nel 1532 il disegno in esame, rappresentante La punizione di Tizio. Michelangelo e il giovane nobile romano (Tommaso de’ Cavalieri) si erano incontrati negli ultimi mesi di quello stesso anno (1532), e probabilmente i loro comuni interessi, trasformarono l’incontro in una profonda amicizia durata fino alla morte del grande aritsta. E’ interessante ricordare che dal 1548, Tommaso de’ Cavalieri fu nominato deputato della fabbrica del Campidoglio. Insieme al Tizio, nella stessa occasione Michelangelo regalò al suo amico un altro importante disegno, rappresentante Il Ratto di Ganimede. Con questa lettera Tommaso de’ Cavalieri ringraziava il generoso amico per il gradito dono: "Ho recevuta una vostra littera, quanto più non sperata da me, tanto più grata: non sperata, dico, reputandomi io indegno che un vostro pari si degnasse di scrivermi. Circa di quello che Pier Antonio in mia laude vi à detto e quelle opre mie che con vostri occhi havete viste, per le quali monstrate di mostrarmi non poca affectione, vi rispondo che non erano bastanti fare che u uomo eccellentissimo come voi e senza secondo, nonché senza pari, in terra, desiderasse scrivere a un giovane appena nato al mondo e, per questo, quanto si può essere ignorante. Né voglio anchora dire che voi siate bugiardo. Penso bene, anzi ne son certo che de la affectione che mi portate la causa sia questa, che, essendo voi virtuosissimo, o per dir meglio essa virtù, sete forzato amar coloro che di essa son seguaci e che l’amano, tra li quali son io – et in questo, secondo le mie forze, non cedo a molti. Vi prometto bene che da me ne receverete uguale e forse magior cambio, chè mai portai amore ad huomo più che ad voi, né mai desiderai amicitia più che la vostra; e se non in altro, almanco in questo è bonissimo iuditio. E ne vedreste lo effetto, se non che la fortuna, in questo solo a me contraria, vuole che hora che mi potrei godere di voi stia poco sano. Spero bene, se ella non mi vuole di nuovo cominciare a tormentare, tra pochi giorni esser guarito et venire a fare il mio debito in visitarvi, se a quella piacerà. In questo mezo mi piglierò almanco doi hore del giorno piacere in contemplare doi vostri disegni che Pier Antonio me à portati, quali quanto più li miro, tanto più mi piacciono, et appagherò in gran parte il mio male pensando alla speranza che ‘l detto Pier Antonio mi à data di farmi vedere altre cose delle vostre. Per non essere fastidioso non scriverò più a lungo: solo vi ricordo, accascando, vi serviate di me. Et ad voi di continuo mi raccomando". Entrambi i disegni divennero famosi molto velocemente: al punto che il nobile romano scrivendo a Michelangelo (che nel frattempo era tornato a Firenze) sottolineava l’eccitazione che a Roma aveva provocato quel regalo. Addirittura il Cavalieri aveva dovuto prestare al cardinale Ippolito de’Medici il Ratto di Ganimede. Egli voleva infatti trarne ispirazione per un’opera in cristallo con lo stesso soggetto. La critica ha voluto vedere nei due disegni un dittico esemplificante le due facce dell’amore: da un lato l’elevazione dell’anima (naturalmente rappresentata da Ganimede rapito), dall’altro l’eterno tormento (rappresentato da Tizio il cui fegato è incessantemente divorato). Si è inoltre sottolineato che dietro ai due disegni vi fosse un riferimento autobiografico: l’amore dell’artista per il giovane romano. Sentimento quest’ultimo che emerge anche dall’esame del carteggio tra i due, che si conserva presso l’Archivio Buonarroti di Firenze.

No comments:

Post a Comment