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Wednesday, July 11, 2012

Winckelmann

Speranza

Johann Joachim Winckelmann

 
(DE)
« Edle Einfalt und stille Größe »
(IT)
« Nobile semplicità e tranquilla grandezza »
Johann Joachim Winckelmann, dipinto da Anton Raphael Mengs (ca. 1755)

Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717Trieste, 8 giugno 1768) è stato un archeologo e storico dell'arte.

Fu il primo a adottare, nella storia dell'arte, il criterio dell'evoluzione degli stili cronologicamente distinguibili l'uno dall'altro. Notevole è stato il suo contributo per la storia dell'estetica. È stato uno fra i massimi teorici ed esponenti del neoclassicismo.

 

 

Nacque a Stendal, figlio di un povero maestro calzolaio. Frequentò il ginnasio a Berlino e il liceo a Salzwedel: nel 1738 si trasferì nella città di Halle come studente di teologia, dedicandosi tuttavia soprattutto ben presto e con grande entusiasmo alla letteratura e all'arte greca. Frequentò le lezioni di medicina e matematica all'Università di Jena. La mancanza di mezzi economici adeguati lo costrinsero ad accettare un posto da precettore a Hadmersleben vicino a Magdeburgo. Dal 1743 al 1748 fu rettore associato presso la scuola di Seehausen (Altmark). Dal settembre 1748 all'ottobre 1754 ebbe il posto di bibliotecario presso il conte dell'impero Heinrich von Bünau a Nöthnitz vicino a Dresda e si occupò di raccogliere materiali per la storia del Sacro Romano Impero che questi stava scrivendo. L'11 giugno 1754 avvenne la conversione al cattolicesimo per poter coronare il suo sogno di recarsi a Roma. Dall'ottobre 1754 al settembre 1755 soggiornò a Dresda. Qui scoprì i tesori delle raccolte elettorali che risvegliarono in lui un profondo interesse nei confronti dell'arte, che approfondì con il pittore Adam Friedrich Oeser, che più tardi avrebbe esercitato una forte influenza su Goethe.
Nel giugno 1755 pubblicò i Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in Malerei und Bildhauerkunst ("Pensieri sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura"), seguito da un preteso attacco all'opera da parte di un fittizio corrispondente e da una "Spiegazione" dei suoi principi da parte dell'autore. I "Pensieri" contengono la prima asserzione delle dottrine che successivamente sviluppò e furono molto ammirati, non solo per le idee che contenevano, ma anche per il suo stile, al punto da spingere Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia, a concedergli una pensione di 200 talleri per permettergli di proseguire i suoi studi a Roma. Il 24 settembre 1755 iniziò il viaggio verso Roma, dove arrivò il 19 novembre. Conobbe, attraverso il cardinale Alessandro Albani, il pittore Anton Raphael Mengs, con cui intrecciò una relazione. Conobbe inoltre i cardinali Archinto, Passionei e Alessandro Albani. Nel gennaio 1757 divenne bibliotecario del cardinale Archinto. Nel giugno 1759 assunse l'incarico di bibliotecario del cardinale Albani che in quegli anni stava costruendo la sua magnifica villa presso la Porta Salaria. Nell'aprile 1763 fu nominato prefetto delle antichità di Roma.
Nel 1760 apparve la sua Description des pierres gravées du feu baron de Stosch; nel 1762 le sue Anmerkungen über die Baukunst der Alten ("Osservazioni sull'architettura degli antichi"), che comprendeva un resoconto sui templi di Paestum. Tra il 1758 e il 1762 visitò Napoli e gli studiosi ebbero dai suoi volumi Sendschreiben von den Herculanischen Entdeckungen ("Lettera sulle scoperte di Ercolano", 1762) e Nachrichten von den neuesten Herculanischen Entdeckungen ("Notizie sulle ultime scoperte di Ercolano" 1764) le prime informazioni sui tesori rinvenuti a Pompei ed Ercolano.
Visitò nuovamente Napoli nel 1765 e nel 1767 e scrisse per il principe elettore di Sassonia i suoi Briefe an Bianconi ("Lettere a Bianconi") che fu pubblicato undici anni dopo la sua morte nell'Antologia romana.
Johann Joachim Winckelmann, dipinto da Anton von Maron (1768)

Il 10 aprile 1768 partì in compagnia dello scultore Bartolomeo Cavaceppi per fare ritorno in patria dopo un'assenza di oltre dodici anni. Dopo aver attraversato le Alpi, decise di interrompere improvvisamente il suo viaggio e di ritornare a Roma. Il 12 maggio si recò a Vienna, dove fu ricevuto con grandi onori dall'imperatrice Maria Teresa e dalla corte imperiale. Ricevette in dono dal cancelliere Kaunitz e da Maria Teresa rispettivamente una medaglia commemorativa in oro, un'altra in oro e due in argento. Il 28 maggio partì da Vienna e il 1º giugno arrivò a Trieste. Prese una stanza alla “Locanda grande” in attesa di una nave per Ancona. Fece la conoscenza di Francesco Arcangeli, un cuoco originario di Pistoia con precedenti penali, che incoraggiò i suoi approcci con l'intenzione di derubarlo delle medaglie ricevute in regalo alla corte imperiale. L'8 giugno venne assassinato da Arcangeli e il 9 giugno venne sepolto nel cimitero della cattedrale di San Giusto. Il 20 luglio Arcangeli venne giustiziato.

 

Il suo capolavoro, la Geschichte der Kunst des Altertums ("Storia dell'arte dell'antichità", ma tradotto in italiano con il titolo di "Storia delle arti del disegno presso gli antichi"), pubblicato a Dresda nel dicembre 1763 con la data 1764, fu ben presto riconosciuto come contributo importante nella lettura delle opere d'arte dell'antichità. In quest'opera la storia dell'arte antica è considerata come il prodotto di determinate condizioni politiche, sociali e intellettuali che erano alla base dell'attività creativa e quindi frutto di successive evoluzioni. In questo modo egli fonda le sue partizioni cronologiche, dall'origine dell'arte greca all'Impero romano, sull'analisi stilistica, ma non senza fraintendimenti anche notevoli.
Un enorme equivoco in cui Winckelmann cade è che nella sua venerazione per la statuaria greca egli evidenzia il candore del marmo come una delle massime suggestioni estetiche. Però, fin dalla fine dell'Ottocento, si sa, senza ombra di dubbio, che le statue greche di marmo (ma anche i templi) erano completamente ricoperte di colori (perlopiù rosso, nero e bianco). Ma, trattandosi di colori naturali, instabili e solubili, la pioggia li ha dilavati lasciandone minime tracce solo in alcuni interstizi e neppure sempre.
Winckelmann poi idealizza il nudo umano, ma è un nudo ideale quello del Fidia del Partenone, del canone di Policleto, degli atleti di Lisippo e dei modelli di Prassitele. Nei Pensieri sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e nella scultura, egli ritiene che la bellezza ideale, colta nelle statue decolorate, corrispondesse ai corpi “reali” degli atleti del tempo, e che fosse il frutto della loro intensa attività ginnica. Altrettanto, immagina che lo ”spartano” fosse un uomo eccezionale, «che nell'infanzia non veniva mai imprigionato nelle fasce e che fin dall'età di sette anni dormiva sulla terra nuda, educato alla lotta e al nuoto». I corpi spartani avrebbero, secondo lui, acquistato con l'esercizio quell'aspetto di maschi ideali che gli scultori riproducevano nella statuaria.
L'idea fondamentale della sua teoria è che lo scopo dell'arte sia la bellezza pura e che questo scopo possa essere raggiunto solo quando gli elementi individuali e quelli comuni siano strettamente subordinati alla visione generale dell'artista. Il vero artista seleziona dalla natura i fenomeni adatti ai suoi propositi e li seleziona per mezzo dell'immaginazione, creando un tipo ideale di bellezza maschile, caratterizzato da "edle Einfalt und stille Größe" ("nobile semplicità e quieta grandezza"), un ideale che avrebbe caratterizzato la virilità moderna e lo stereotipo mascolino[1]. In questo tipo ideale sono mantenute le normali proporzioni naturali e le parti, come muscoli e vene, non rompono la generale armonia delle linee. Nella parte storica utilizzò, oltre alle opere d'arte che egli stesso aveva studiato, in larga parte copie romane che lui erroneamente considerava originali, anche tutte le sparse notizie sull'argomento che potevano essere trovate nelle fonti antiche. Le sue ampie conoscenze e un'attiva immaginazione gli permisero di offrire utili suggerimenti anche per i periodi per i quali disponeva di poche informazioni dirette. Molte delle sue conclusioni, basate sull'evidenza insufficiente delle copie romane, sono state in seguito modificate o rovesciate dalle successive ricerche, ma il genuino entusiasmo per le opere, il suo stile forte e insieme gradevole, le sue vivide descrizioni, rendono tuttora utile e interessante la lettura. Segnò un'epoca indicando lo spirito con cui lo studio dell'arte greca doveva essere abbordato e i metodi con cui i ricercatori potevano sperare di ottenere solidi risultati. I contemporanei percepirono quest'opera come una rivelazione ed essa esercitò una profonda influenza sulle migliori menti dell'epoca. Fu letta per esempio con grande interesse da Lessing, che aveva trovato nelle prime opere di Winckelmann lo spunto per il suo Laocoon ("Laocoonte").
Contribuì con vari saggi alla Bibliothek der schönen Wissenschaften und der freyen Künste. Nel 1766 pubblicò il Versuch einer Allegorie, besonders für die Kunst ("Saggio sull'allegoria, specialmente per l'arte"). Di importanza gran lunga maggiore fu la splendida opera Monumenti antichi inediti (1767-1768), con la prefazione intitolata Trattato preliminare, che presentava un generale schema per la storia dell'arte. Le tavole di quest'opera rappresentavano oggetti che erano stati erroneamente spiegati o di cui mancava ogni illustrazione. Le sue spiegazioni furono un grande servizio reso all'archeologia, mostrando che per molte opere d'arte connesse con la storia romana, la prima fonte di ispirazione deve essere individuata in Omero.
La Geschichte der Kunst des Altertums venne tradotta in italiano in due diverse edizioni: la prima apparve nel 1779 a Milano con il titolo Storia delle arti del disegno presso gli antichi, curata da Carlo Amoretti; la seconda uscì nel 1783-84 a Roma con lo stesso titolo a cura di Carlo Fea.
Un'edizione delle sue opere fu iniziata da Fernow nel 1808 e completata da Meyer e Schulze nei dodici anni successivi. Un notevole studio sulle sue opere e il suo carattere è costituito dall'opera di Goethe Winckelmann und sein Jahrhundert ("Winckelmann e il suo secolo", 1805), con contributi di Meyer e di Wolf, e nella "Renaissance" di Walter Pater (1902). La migliore biografia è ancora quella di Carl Justi, Winckelmann und seine Zeitgenossen ("Winckelmann e i suoi contemporanei", II ed., 3 voll., Leipzig, 1898). Il neoclassicismo è un movimento diffusosi in Europa nella seconda metà del Settecento e protrattosi fino ai primi decenni dell'Ottocento. L'idea principale di Winckelmann era che l'arte classica greca e romana avesse raggiunto la perfezione e che occorresse recuperarne i principi, infatti Winckelmann asserì: ”La sola via per diventare grandi, o se possibile anche inimitabili, è imitare i Greci”. Credevano nella bellezza ideale, non raggiungibile nell'imitazione della natura, si dovevano eliminare i suoi difetti.

Note [modifica]

  1. ^ George L. Mosse, L'immagine dell'uomo. Lo stereotipo maschile nell'epoca moderna, ed. Einaudi 1997

Bibliografia [modifica]

Testi di carattere generale:
  • Johann Joachim Winckelmann. Monumenti antichi inediti spiegati ed illustrati da Giovanni Winckelmann prefetto delle antichità di Roma. 2 voll. Roma, A spese dell'Autore, Nella Stamperia di Marco Pagliarini, 1767.
  • Distinta relazione del premeditato, atroce, proditorio omicidio commesso in Trieste li 8 dello scaduto giugno 1768 da Francesco Arcangeli nella persona del celebre Signor Giovanni Winckelmann... non che dell'esemplare sentenza pronunziata contro l'omicida, ed eseguita li 20 luglio dello stesso anno. In Trieste, ed in Roma, Si vende da Giovanni Bartolomich a Strada Fratina incontro il Palazzo Gavo, s.a. [1768].
  • Opere di G. G. Winckelmann, prima edizione italiana completa. Prato, Per i Fratelli Giachetti, 1830-34, 12 voll.
  • Johann Joachim Winckelmann. Federico Pfister (a cura di), Il bello nell'arte. Scritti sull'arte antica. Torino, G. Einaudi, 1942 (varie edizioni successive).
  • Johann J. Winckelmann. Storia dell'arte nell'antichità. Trad. di Maria Ludovica Pampaloni, Milano, SE, 1990.
  • Johann J. Winckelmann. Saggio sull'allegoria, specialmente per l'arte, a cura di Elena Agazzi, Bologna, Minerva, 2004 ("I figli di Mercurio"). ISBN 88-7381-068-3.
  • Cesare Pagnini e Elio Bartolini (a cura di). L'assassinio di Winckelmann. Gli atti originali del processo criminale (1768). Milano, Longanesi, 1971 ("Olimpia", 25).
  • Rosanna Cioffi Martinelli, La ragione dell'arte: teoria e critica in Anton Raphael Mengs e Johann Joachim Winckelmann, Napoli, Liguori, 1981.
  • Thomas W. Gaehtgens (a cura di), Johann Joachim Winckelmann: 1717 - 1768 - Atti del congresso (Berlino, 17-19 novembre 1982), Hamburg, Meiner, 1986.
  • Wolfgang Leppmann. Winckelmann: una vita per Apollo. Traduzione di Giovanna Agabio. Milano, Longanesi, 1987 (I ed. ital. ivi 1982).
  • Johann Wolfgang Goethe. Vita di J. J. Winckelmann. Traduzione e cura di Elena Agazzi. Bergamo, Moretti & Vitali, 1992. ("Scrivere le vite", 5). ISBN 88-7186-024-1.
  • Ludwig Uhlig (a cura di) Griechenland als Ideal: Winckelmann und seine Rezeption in Deutschland, Tübingen, Narr, 1988.
  • Johann Joachim Winckelmann: neue Forschungen, eine Aufsatzsammlung, Stendal, 1990.
  • Édouard Pommier (a cura di) Winckelmann: la naissance de l’histoire de l’art à l’époque des lumières, Actes du cycle des conférences prononcées à l'Auditorium du Louvre (Parigi, 11 dicembre 1989–12 febbraio 1990), Paris, La Documentation Française, 1991.
  • Maria Fancelli (a cura di) J. J. Winckelmann tra letteratura e archeologia. Venezia, Marsilio, 1993. ISBN 88-317-5791-1.
  • Jeffrey Morrison, Winckelmann and the notion of aesthetic education, Oxford, Clarendon Press, 1996.
  • Fausto Testa. Conservare per imitare. Winckelmann e la tutela del patrimonio artistico in età neoclassica, Pavia, Cyrano, 1996. ISBN 88-86531-04-4.
  • Fausto Testa. Winckelmann e l'invenzione della storia dell'arte. I modelli e la mimesi. Bologna, Minerva, 1999 ("I figli di Mercurio").
  • Pascal Griener, L'esthétique de la traduction: Winckelmann, les langues et l'histoire de l'art (1755 - 1784), Genève, Droz, 1998.
  • Winckelmann Bibliographie, Stendal. CD + volume, Muenchen, Biering und Brinkmann, 1999.
  • Édouard Pommier. Più antichi della luna. Studi su J. J. Winckelmann e A. Ch. Quatremère de Quincy. Introduzione, traduzione e cura di Michela Scolaro, Bologna, Minerva, 2000 ("I figli di Mercurio").
  • Johann Joachim Winckelmann. Joselita Raspi Serra (a cura di), Ville e palazzi di Roma, Roma, Quasar, 2000.
  • Joselita Raspi Serra, Il primo incontro di Winckelmann con le collezioni romane. Ville e Palazzi di Roma, 1756, Roma, Quasar, voll. I-IV, 2002-2005.
  • Francesca Lui. L'antichità tra scienza e invenzione. Studi su Winckelmann e Clerisseau. Bologna, Minerva, 2006. ISBN 88-7381-144-2.
  • Daniela Gallo, Modèle ou miroir? Winckelmann et la sculpture néoclassique, Paris, Éditions de la Maison des Sciences de l'Homme, 2008.
  • Johann Joachim Winckelmann. Claudio Franzoni (a cura di), Il bello nell'arte. La natura, gli antichi, la modernità, Einaudi 2008.
  • Wouter Soudan, Normativiteit en Historisch Bewustzijn in de Achttiende Eeuw: Winckelmanns kunstpedagogie en de epistemologie van het Schone. Diss. PhD Leuven, 2008. (pdf →)
  • Heinz Georg Held (a cura di) Winckelmann und die Mythologie der Klassik: narrative Tendenzen in der Ekphrase der Kunstperiode, Tübingen, 2009
Articoli, saggi, contributi:
  • Rosario Assunto, I teorici del neoclassicismo in «Bollettino del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio» n. 13 (1971), pp. 64-74.
  • Thomas Pelzel, Winckelmann, Mengs and Casanova: a reappraisal of a famous eighteenth century forgery, in «The art bulletin», n. 54 (1972), pp. 300-315.
  • Simonetta Lux, Spiegazione storica e giudizio estetico nella Geschichte der Kunst des Altertums di J.J. Winckelmann in «Quaderni sul neoclassico. Miscellanea» n. 4 (1978), pp. 37-72.
  • Barbara Maria Stafford, Beauty of the Invisible. Winckelmann and the Aesthetics of Imperceptibility in «Zeitschrift für Kunstgeschichte» n. 43, (1980), pp. 65-78.
  • Mauro Cristofani, Winckelmann a Firenze, in «Prospettiva» n. 25 (1981), pp. 24-30.
  • Eva Maek-Gérard, Winckelmann und die "Querelle des Anciens et des Modernes", in Antikensammlungen im 18. Jahrhundert, Berlin, Mann (1981), pp. 357-361.
  • Olég J. Neverov, La raccolta di antichità di J.J. Winckelmann: precisazioni sulla sua dispersione, in «Prospettiva» n. 24 (1981), pp. 53-59.
  • Antonio Pinelli, Bello ideale e "beau romantique": il Perseo di Canova tra Winckelmann e Stendhal, in Stendhal e Milano - atti del 14º Congresso Internazionale Stendhaliano, Firenze, Olschki (1982), pp. 749-776.
  • Agnes Allroggen-Bedel, Die Antikensammlung in der Villa Albani zur Zeit Winckelmanns, in Forschungen zur Villa Albani: antike Kunst und die Epoche der Aufklärung, a cura di Herbert Beck e Peter C. Bol, Berlin, Mann (1982), pp. 301-380.
  • Alex Potts, Winckelmann's construction of history, in «Art history» n. 5 (1982), pp. 377-407.
  • Rosario Assunto, Winckelmann a Villa Albani: il giardino, luogo del rimpatrio in Committenze della famiglia Albani: note sulla Villa Albani Torlonia– «Studi sul Settecento romano» n. 1/2 (1985), pp. 159-165.
  • Victor Anthony Rudowski, Lessing contra Winckelmann in «The journal of aesthetics and art criticism» n. 44 (1985/1986), pp. 235-243.
  • Ernst Osterkamp, Winckelmann in Rom: aspekte adressatenbezogener Selbstdarstellung in Rom - Paris - London: Erfahrung und Selbsterfahrung deutscher Schriftsteller und Künstler in den fremden Metropolen a cura di Conrad Wiedemann, Stuttgart, Metzler, (1988), pp. 203-230.
  • Édouard Pommier, Winckelmann et la vision de l'Antiquité classique dans la France des Lumières et de la Révolution in «Revue de l'art» n. 83 (1989), pp. 9-20.
  • Rosario Assunto, Antichità e natura nell'idea neoclassicista di giardino: Winckelmann e Villa Albani in Il teatro a Roma nel Settecento a cura di Gianni Eugenio Viola (1989), pp. 9-18.
  • Agnès Allroggen-Bedel, La scultura greca come modello e simbolo: le idee di J.J. Winckelmann e la politica culturale dopo la rivoluzione in La Grecia antica: mito e simbolo per l'età della Grande Rivoluzione - Atti del convegno internazionale (Roma, 11-15 dicembre 1989) a cura di Philippe Boutry e Paolo Chiarini, Milano, Guerini (1991), pp. 183-190.
  • Max Kunze, "Winckelmann: ein Fanatiker der Alten" (Diderot) in La Grecia antica... cit., Milano, Guerini (1991), pp. 173-182.
  • Giorgio Cusatelli, Winckelmann: lettere italiane in «Neoclassico» n. 1 (1992), pp. 38-43.
  • Seymour Howard, Albani, Winckelmann, and Cavaceppi: the transition from amateur to professional antiquarianism in «Journal of the history of collections» n. 4 (1992), pp. 27-38.
  • Whitney Davis, Winckelmann divided in Künstlerischer Austausch - Akten des XXVIII Internationalen Kongresses für Kunstgeschichte (Berlino, 15-20 luglio 1992) a cura di Thomas W. Gaehtgens, Berlin, Akademie-Verlag (1993), pp. 673-680.
  • Jochen Heymann, Gian Lodovico Bianconi und Johann Joachim Winckelmann. Anmerkungen zur Entstehung des klassischen deutschen Italienbildes in Deutsches Italienbild und italienisches Deutschlandbild im 18. Jahrhundert a cura di Klaus Heitmann e Teodoro Scamardi, Tübingen, Niemeyer (1993), pp. 49-71.
  • Jacqueline Lichtenstein, "La peinture et la sculpture ont entre elles la même relation que l'éloquence et la poésie" (Winckelmann) in Peinture et rhétorique - actes du colloque de l'Académie de France à Rome (Roma, 10-11 giugno 1993) a cura di Olivier Bonfait, Paris, Réunion des Musées Nationaux (1994), pp. 105-128.
  • Édouard Pommier, Winckelmann: l' Antiquité, entre l'imitation et l'histoire in Antiquités imaginaires: la référence antique dans l'art moderne de la Renaissance à nos jours a cura di Philippe Hoffmann e Paul-Louis Rinuy, Paris, Presses de l'École Normale Supérieure (1996), pp. 59-92.
  • Id., Winckelmann: des vies d'artistes à l'histoire de l'art in Les "Vies" d'artistes a cura di Matthias Waschek. – Paris : Musée du Louvre (1996), pp. 205-230.
  • Arnold Esch, L'esperienza tedesca di Roma tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo: Winckelmann, Goethe, Humboldt in "... finalmente in questa capitale del mondo"! Goethe a Roma catalogo della mostra a cura di Konrad Scheurmann e Ursula Bongaerts-Schomer, Roma, Artemide (1997), pp. 72-77.
  • Alessandro Arbo, Ellissi e rapporti: Winckelmann, Crousaz e l'"unità del bello" in «Neoclassico» n. 11 (1998), pp. 7-31.
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  • Elena Agazzi, Bianconi e Winckelmann: il complesso incontro tra barocco e neoclassico in Commercium: scambi culturali italo-tedeschi nel XVIII secolo a cura di Federica La Manna, Firenze, Olschki (2000), pp. 203-214.
  • Édouard Pommier, Winckelmann et Rome in Antonio Canova e il suo ambiente artistico fra Venezia, Roma e Parigi a cura di Giuseppe Pavanello, Venezia (2000), pp. 219-241.
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  • Élisabeth Décultot, Johann Joachim Winckelmann: une "esthétique" en réponse à la querelle des anciens et des modernes in Théories et débats esthétiques au dix-huitième siècle: éléments d'une enquête a cura di Élisabeth Décultot et Mark Ledbury, Paris, Champion (2001), pp. 233-252.
  • Stefano Ferrari. Le transfert italien de Johann J. Winckelmann pendant la seconde moitiée du XVIIIe siècle in «Recherches germaniques» n. 33 (2003), pp. 1-19.
  • Gabriele Bickendorf, Dans l'ombre de Winckelmann: l'histoire de l'art dans la "republique internationale des Lettres" au XVIIIe siècle in L'histoire de l'histoire de l'art, Paris : Ed. du C.N.R.S. (2004), pp. 7-20.
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  • Massimiliano Pavan, Un invito di Maria Teresa a Winckelmann e i rapporti artistico-culturali fra Vienna e Dresda in Scritti su Canova e il Neoclassicismo, Fondazione Canova, Possagno a cura di Giuseppe Pavanello, Treviso, Canova (2004) – (Quaderni del Centro Studi Canoviani, 3) pp. 11-28.
  • Efthalia Rentetzi. Johann Joachim Winckelmann und der altgriechische Geist, in “Philia -Universität Würzburg”, vol. I, (2006), pp. 26-30.
  • Fabrizio Slavazzi, Il Laocoonte vaticano negli scritti di Winckelmann, Mengs e Visconti in Il Laocoonte dei Musei Vaticani: 500 anni dalla scoperta a cura di Giorgio Bejor, Milano, Cisalpino, (2007), pp. 355-422.
  • Maria Fancelli, Ripensare Winckelmann: sull'edizione italiana del manoscritto 68 in «Eidola» n. 4 (2008), pp. 205-208.
  • Carlo Gasparri, Winckelmann e i marmi greci di Villa Albani in Collezionisti, disegnatori e teorici dal Barocco al Neoclassico – «Studi sul Settecento romano» n. 25 (2009), pp. 177–198.
  • Fausto Testa, Le fonti iconografiche per la conoscenza dell'architettura antica nelle "Anmerkungen über die Baukunst der Alten" di J.J. Winckelmann in Saggi di letteratura architettonica: da Vitruvio a Winckelmann n. 3 a cura di Howard Burns, Francesco Paolo Di Teodoro e Giorgio Bacci, Firenze, Olschki (2010), pp. 339-361.
  • Stefano Ferrari, Il piacere di tradurre. François-Vincent Toussaint e la versione incompiuta dell’Histoire de l’art chez les anciens di Winckelmann, Rovereto, Osiride, 2011.

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