Sunday, June 30, 2024

Grice e Limentani

 2 'biiìi 




CARLO PRANTL 



STORIA DELLA LOGICA 

IN OCCIDENTE 



★ it 



ETÀ MEDIEVALE 


« 


PARTE PRIMA 


Dal secolo VII al secolo XII 


VERSIONE ITALIANA. CONDOTTA SOPRA LA SECONDA 

EDIZIONE TEDESCA DA LUDOVICO LIMENTANI 




LA NUOVA ITALIA,, EDITRICE 

FIRENZE 















PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA 






AVVERTENZA DEL TRADUTTORE 



La « Geschichte der Logik ini Abendlande » di Cari 

Pronti è formata ria quattro volumi: il primo ha por 

oggetto lo svolgimento della Logica nell’Antichità, e 

comparve nel 1855: gli fecero sèguito, nel 1861, 1867, 

J870, il secondo (del quale venne in luce nel 1885 una 

nuova edizione curata dall’Autore), il terzo e il quarto, 

dedicati tutti tre alla Logica nel Medio Evo. Nel 1927 

la intiera opera fu ripubblicata in riproduzione foto- 

meccanica dal Fock di Lipsia. 


In una Collezione, che ha per suo programma di 

rendere largamente accessibili agli studiosi italiani quelle 

grandi opere di esplorazione e ricostruzione della storia 

del pensiero, che sono imperitura gloria della cultura 

del secolo scorso, doveva esser fatto luogo a un classico 

trattato qual è questo del Franti. Per ragioni editoriali 

l’ordine di apparizione dei volumi della traduzione ita¬ 

liana non corrisponde all’ordine di successione dei vo¬ 

lumi originali: e si è dovuto dare la precedenza al se¬ 

condo, terzo e quarto, i quali formano un tutto unico e 

continuo, dotato di una certa autonomia. Alla tradu¬ 

zione del primo volume che vedrà successivamente la 

luce, diviso in due o tre tomi, sarà premesso un di¬ 

scorso introduttivo intorno all’Autore, e alla importanza 

e. vitalità della sua opera: bastino qui brevi cenni, a 

giustificare il lavoro e a render ragione dei criteri adot¬ 

tati dal Traduttore. 


Il disegno di Storia della Logica Medievale presen¬ 

tato dal Franti non è stato sostituito da opere più re¬ 

centi: il suo intento, di risparmiare, almeno per lungo 

volger (Tanni, agli studiosi venturi, la immane fatica 





VI 



AVVERTENZA DEL TRADUTTORE 



di riprender ex novo l'argomento, rifacendosi diretta¬ 

mente dalle fonti, è stato raggiunto: e il trattato è an¬ 

cor oggi cosa viva, sì che nessuno studioso, mettendosi, 

con un suo particolare obbietta, a lavorar attorno a que¬ 

sta materia, può far a meno di ricorrere e di ricollegarsi 

a quello: è, a giudizio del Croce, il solo, tra i libri spe¬ 

cial, recanti il titolo di Storia della Logica, che, fondato 

sopra lunghe ricerche, sia veramente insigne per dot¬ 

trina e per lucida e animata esposizione. Animata, vor¬ 

rei soggiungere, ancor più che lucida: non di rado, in 

venta, la espressione è negletta e contorta, e la perspi¬ 

cuità e sacrificata alla rapidità e alla efficacia: lettura 

dunque, non tutta agevole, ma tale da far desiderare una 

versione che, se non sembri troppo ambizioso il propo¬ 

sito, elimini almeno in parte, pur attenendosi con scru¬ 

polosa cura di fedeltà all'originale, quelle cause che non 

possono non render ostica a noi Italiani la greve prosa 


* f-CXC SC Q, 



Dei progressi che gli studi son venuti facendo in que¬ 

sti cinquant anni si doveva naturalmente tener conto, 

ma senz alcuna intenzione di metter assieme un Prantì 

nuovo, in luogo di ri presentare nella sua integrità il 

I rantl vecchio: e la questione era soltanto del modo 

piu opportuno di far posto a quel pochissimo ch'è del 

traduttore, nella poderosa costruzione innalzata dal- 

l Autore. 


i\on era dunque il caso di contrapporre all'atteggia¬ 

mento che il Pronti assunse, con icastiche espressioni di 

disprezzo, di fronte al pensiero medievale, un giudizio 

valutativo diverso o per lo meno più temperato: anche 

se nessuno si sentirebbe disposto a ripetere senza riserve 

che una filosofia medievale non c'è stata, intensificandosi 

anzi da molte parti lo sforzo di rintracciare nel Medio 

hyo anticipazioni e presagi del pensiero moderno, il 

giudizio del Prantl va conservato in tutta la sua cru¬ 

dezza, per lo meno quale documento significativo di un 

momento importante nella storia della cultura: d'altra 

parte, in antitesi con la corrente che, sempre tenden¬ 

ziosamente talvolta nostalgicamente, porterebbe ad abo- 

hre la differenza tra Medio Evo ed età moderna, o a 

sopravvalutare quello, a tutto danno di questa, può avere 

virtù correttiva, od operare come reazione salutare, la 









AVVERTENZA DEL TRADUTTORE 



VU 



ricomparsa dell'opera di un eminente ricercatore., il 

quale, proprio studiando lo sviluppo di quella disciplina 

filosofica che fu più largamente e appassionatamente 

coltivata nella età di mezzo, ne trasse occasiime a rive¬ 

lare lo spirito medievale nel suo aspetto deteriore: quasi 

si direbbe ch’egli si fosse accinto all’ardua impresa di 

esporre classificare giudicare i cultori illustri e oscuri 

della logica nel Medio Evo, con la persuasione di ve¬ 

dersi dispiegare dinanzi agli occhi un panorama tanto 

interessante quanto poco conosciuto, e tale comunque da 

compensare il travaglio della indagine: e nei giudizi re¬ 

cisamente svalutativi da lui pronuziati nei riguardi di 

quasi tutti gli autori che ha studiati, diresti di sentire 

la eco di un’amara delusione o un movimento di di¬ 

spetto, se non addirittura l’accento scorato di chi è tratto 

ad esclamare: «et oleum et operata perdi di » ! 


Rimaneggiare l'opera ‘del Pronti, conservando immu¬ 

tate quelle sole parti che han conservato oggi tutto il 

loro valore, e sostituendo integrando rifacendo quelle 

che appaiono antiquate o inadeguate, sarebbe stato in 

contrasto con l’indirizzo al quale, come s’è accennato, 

la Collezione si attiene: il rispetto dovuto alle opere 

in essa incluse, ne esige la riproduzione compiuta, senza 

modificazioni o mutilazioni, che han sempre l’aria di 

manomissioni arbitrarie. 


Primo dovere era quello di rivedere l’ingente mate¬ 

riale accumulato nelle numerosissime note, che preval¬ 

gono per ampiezza sopra il testo del Pronti: poderosa 

raccolta di testi accortamente scelti, della quale ricono¬ 

scono l'incomparabile valore anche i meno disposti a 

seguire. l’Autore ne’ suoi apprezzamenti e nelle sue in- 

terpetrazioni. Era il Pronti uno studioso di esemplare 

diligenza, e fa veramente, maraviglia che, con lina smi¬ 

surata mole di lavoro, egli sia soltanto eccezionalmente 

incorso in errori di trascrizione, sviste nella correzione 

delle bozze, inesattezze nelle citazioni e nei rimandi. Ma 

alcune mende s’è pur dovuto rilevare, che, com’era ine¬ 

vitabile. sono state naturalmente travasate tutte quante 

nel « Manuldruck » del 1927. In una traduzione, invece, 

bisognava procurare di eliminarle, e riscontrar le cita¬ 

zioni, una per una, con i testi, per ottener la massima 

possibile correttezza, evitando altresì che, come pure in 



' - C. Pbantl, Storia della logica in Occidente, IX. 










Vili 



AVVERTENZA DEL TRADUTTORE 



alcuni luoghi è accaduto all Autore, la trascrizione fram¬ 

mentaria possa alterare o non render intiero il pensiero 

dello scrittore: si direbbe che il Franti qualche volta 

prendesse frettolosamente le sue note dai testi da citare, 

e poi le trascrivesse per la stampa, senza più darsi pen¬ 

siero di collazionarle con l originale. 


Inoltre, era suo costume di servirsi a caso di una o al¬ 

tra edizione che trovava, per ciascun autore, consert ata 

nelle Biblioteche di Monaco, rendendo così a noi, molto 

spesso, difficile il riscontro delle sue citazioni con i testi 

originali da lui usati: era dunque necessario non sola¬ 

mente emendare e aggiornare le citazioni, ricorrendo, 

ogni qual volta fosse possibile, a edizioni moderne criti¬ 

camente condotte, ma inoltre sodisfare una esigenza di 

uniformità e di unificazione, aggiungendo a ciascun passo 

il riferimento al luogo corrispondente di un grande re¬ 

pertorio, largamente diffuso e facilmente accessibile, 

qual è la Patrologia, Greca e Latina, del Migne (desi¬ 

gnata nelle note, tra parentesi quadre, con la sigla PC 

o PL, seguita in cifre arabiche dalla indicazione del vo¬ 

lume, poi della colonna o delle colonne corrispondenti). 


Testi che il Franti aveva potuto conoscere solamente 

di seconda mano, riferendoli secondo le parafrasi di 

benemeriti studiosi francesi, son oggi editi, e dovevano 

naturalmente venir citati anche nella forma originale, 

così rendendosi manifesti i progressi realizzati nella 

conoscenza di scrittori, quali Adelardo e Abelardo. 


Successivamente alla comparsa del secondo volume 

(seconda edizione) della Storia del Pronti, la letteratura 

concernente gli Autori da lui studiati si è venuta accre¬ 

scendo in misura molto rilevante: e non c’è forse un 

solo scrittore o argomento, per il quale non si rendano 

necessarie allo studioso informazioni bibliografiche sup¬ 

plementari: ma si è voluto evitar di gonfiare la mole 

della traduzione, introducendovi dati che ciascuno può 

facilmente trovare raccolti in opere di uso comune, uni¬ 

versalmente apprezzale per ricchezza ed esattezza d’indi¬ 

cazioni, qual è, per citare la più nota, il Manuale del- 

V Ueberweg (voi. II), nelle più recenti edizioni curate 

dal Paumgartner e dal Geyer. Questioni che si giudicano 

definitivamente risolte, in senso contrario alle tesi soste¬ 

nute dal Pronti — quelle, per esempio, che riguardano 










AVVERTENZA DEL TRADUTTORE 



IX 



l’autenticità degli scritti teologici di Boezio, o le rela¬ 

zioni tra le « Sumniulae » di Pietro Ispano e la « Si¬ 

nossi » di Psello — non potevano venir qui dibattute: 

e al lettore basterà veder accennato il presente stato 

delle questioni stesse. 


I volumi del Pronti son tipici esemplari dell arte 

tipografica tedesca, intorno alla metà del secolo scorso: 

pagine massicce, caratteri minuti, scarsità di capoversi: 

tutto quel che ci vuole, per disvogliare dalla lettura, o 

per renderla più che mai fastidiosa. Ben diverso è 

l’aspetto delle pagine della traduzione: la necessità di 

conformarla al tipo prescelto per i. volumi precedenti 

della Collezione, portava di necessità a un considerevole 

aumento di mole, in confronto con l’originale: e s è 

dovuto ripartire in tre volumi la materia compresa dal 

Pronti nel secondo e nel terzo volume: effettivamente 

le due ultime Sezioni del secondo volume del testo, la 

XV a («Influsso dei Bizantini») e la XVI a («Influsso 

degli Arabi»), trovano il loro posto più adatto, meglio 

che nel presente volume, in quello che gli farà sèguito: 

non servono di conchiusione. alla Storia della Logica nel 

XII° secolo, ma d’introduzione alla Storia della Logica 

nel XIII 0 secolo: e formeranno dunque opportunamente, 

insieme con l’amplissima Sezione XVIP, il contenuto 

del prossimo successivo volume. Il Traduttore ha avuto 

cura di render sensibile al lettore come si compartisca 

e articoli la trattazione del Pronti, moltiplicando i « da 

capo », e soprattutto dividendo e suddividendo in para¬ 

grafi le varie Sezioni, ciascuna delle quali forma nel 

testo un tutto compatto: una modificazione, questa, che 

osiamo sperare sarà apprezzata segnatamente dagli stu¬ 

diosi, quando ricorreranno al libro per consultazioni e 

ricerche particolari. I titoli dei paragrafi e sottopara¬ 

grafi corrispondono in parte alle indicazioni che il 

Prantl ha raccolte nell’ Indice delle Materie, e anche 

riprodotte in capo alle pagine, in parte sono state ag¬ 

giunte dal Traduttore, il quale ha cercato di tener di¬ 

stinta, compilando l’Indice stesso, una dall’altra parte, 

mediante l’uso di tipi differenti. Di regola, e nel corso 

dell’intiero lavoro, ha incluso tra parentesi quadre tutto 

ciò ch’è aggiunta sua, dichiarativa o emendativa o inte¬ 

grativa, evitando tuttavia di esporsi alla taccia di pe- 















AVVERTENZA DEL TRADUTTORE 



danteria con una frappo minuta registrazione delle va¬ 

rianti: solamente il raffronto fra i testi quali sono rife¬ 

riti nell'originale e nella versione potrebbe, a chi volesse, 

fornire la misura della pazienza che ha richiesta la revi¬ 

sione dell’estesissimo prezioso materiale. 


Il Traduttore non s’illude di esser riuscito a evitare 

errori e sviste nel lavoro di versione, trascrizione, retti¬ 

ficazione: ma ha coscienza di aver fatto tutto quello 

che stava in lui, per ridurli al minimo: è grato a quanti 

gli hanno agevolato le ricerche, condotte per lungo pe¬ 

riodo di tempo, presso Biblioteche italiane e straniere: 

in particolare ringrazia l'insigne collega Mons. Geyer 

della Università di Bonn, che gli ha liberalmente offerto 

ospitalità nella sede dell’Albertus Magnus - Institut di 

Colonia. 








PREFAZIONE DELL’AUTORE ALLA SECONDA EDIZIONE 



Nell’attendere a questa nuova edizione riveduta, era mio 

primo dovere, come ben s*intende, di adeguarla alla presente 

condizione degli studi: e sebbene non sieno stati molto nume¬ 

rosi i contributi, recati negli ultimi ventiquattr’anni allu storia 

della logica medievale, bisognava certamente trarne profitto con 

la massiina accuratezza. Ma la nostra conoscenza attuale della 

letteratura logica di quell’epoca presentando pur sempre, sovra 

punti particolari, varie lacune, sarei lieto di dare rinnovellato 

impulso alla pubblicazione di testi supplementari, quali appaion 

desiderabili, tratti dai preziosi fondi manoscritti delle Biblio¬ 

teche. Questo augurio vale ancor oggi segnatamente nei riguardi 

della questione pselliana [sopra la quale son da vedere le Se¬ 

zioni XV e XVII, nel volume successivo di questa versione], 

clic io sono bensì convinto di avere oramai risolta in linea di 

principio, ma che debbo tuttavia qualificare come una questione 

aperta, in quanto che presentemente ci manca tuttora la cono¬ 

scenza degli anelli intermedi, che si erano avuti antecedente- 

mente su terreno bizantino. 


Pbantl. 


Monaco di Baviera, fine di Settembre 1885. 



DAL PROEMIO DELL’AUTORE ALLA PRIMA EDIZIONE 



Relativamente al Medio Evo si trattava ancora di studiare 

criticamente tutto quanto il' materiale accessibile, come pure 

di rintracciare la linea effettivamente seguita dal corso della 

storia. E, per quest’ultimo rispetto, si rese subito manifesto che 

proprio la storia della logica può aver il compito di correggere 

o di compiere la conoscenza della così detta filosofia del Medio 

Evo. A quel modo cioè che, in ordine alla controversia intorno 

agli universali, è venuta in luce una varietà di tendenze con¬ 

trastanti. della quale finora non si aveva la idea, — così si .è 

potuto in compenso non soltanto delimitare esattamente, in 

quale misura fosse, in quei secoli, conosciuta la letteratura 

logica, ma anche fornire la dimostrazione incontestabile, che 











XII 



DAL PROEMIO DELl’aUTUKK ALLA I* EDIZIONE 



nell’intiero Medio Evo, senza eccezione di sorta, non c’è stato 

un solo autore che abbia cavalo fuori dalla propria testa un 

pensiero che fosse suo: bensì la letteratura di quell’epoca era 

tutta dipendente e condizionata dalla estensione di un mate¬ 

riale preesistente, trasmesso per tradizione. Soltanto sobbarcan¬ 

domi alla fatica indicibile di sollevare e di risolvere, quasi 

direi frase per frase, la questione della fonte dalla quale la 

frase! fosse stata ricavata, sono riuscito a esporre in maniera 

obbiettivamente esatta il corso della evoluzione; e anche quella 

sola volta che (cioè a proposito di Escilo) non sono stalo più 

in grado di dar una risposta a quella domanda « Di dove? », 

non è già che su questo punto resti da ciò alterata la giustezza 

della mia tesi generale, ma in quel caso speciale semplicemente 

manca alla ricerca il materiale necessario. 


Se del resto io per principio mi sono limitata a quella 

produzione letteraria, che abbiamo a nostra disposizione in 

pubblicazioni a stampa, sono tuttavia contento di ammettere 

la possibilità che da varie Biblioteche, utilizzandosi materiale 

manoscritto, vengano tratti alla luce elementi per rettificare o 

integrare la mia ricerca, e anzi in più luoghi ho espressamente 

formulato l’augurio che ciò awengà. Purtuttavia in un caso 

soltanto ho derogato a quel mio principio: da manoscritti pari¬ 

gini, additati dall’ Hauréau, ho potuto cioè desumere con gioia 

ch’era mio dovere addurre il materiale che ivi si trova; poiché 

n’è derivata luce, non meno nuova che interessante, sopra la 

relazione di Psello con Pietro Ispano, o piuttosto con i pre¬ 

decessori e contemporanei di quest’ultimo: un risultato, al quale 

non si sarebbe mai potuti pervenire, con la letteratura a stampa. 

| Il l J rantl allude qui munì lestamente a scritti inediti di Gu¬ 

glielmo da Shyreswood e di Lamberto da Auxerre, dei quali 

tuttavia egli si è giocato non per il 2”, ma per il 3" volume 

di questa sua Storia. Si veda, nel volume successivo della pre¬ 

sente traduzione italiana, la Sezione XVII J. 


Se i passi delle fonti, copiosamente riportati nelle Note, 

sembrano spesso (particolarmente nella Sezione [la XVI': vedi 

il voi. successivo della traduzione ] che tratta degli Arabi) con¬ 

tenere più ancora di quel che ho esposto nel testo, il lettore 

vorrà scusarmene, considerando che io mi sono sempre sforzalo 

di attenermi alla massima possibile brevità, e che pertanto mi 

son provato a presentare nel testo non una semplice traduzione 

e neanche un riassunto, bensì la intima essenza dei passi origi¬ 

nali. Al medesimo intento di brevità servono anche i numerosi 

reciproci rinvii, nei quali il lettore vorrà ravvisare non un ozioso 

abbellimento, o imbruttimento, ma un mezzo compendioso di 

tener dinanzi agli occhi in molti casi una più ampia connes¬ 

sione. 



Monaco di Baviera, Ottobre 1861. 






INDICE DELLE MATERIE 



Avvertenza del Traduttore . Pag. v 


Prefazione dell’Autore alla seconda edizione .... » xi 


Dal proemio dell’Autore alla prima edizione .... » xi 


Indice delle materie . » xm 



Sezione XIII. 


CONOSCENZA INCOMPIUTA DELLA LOGICA ARISTOTELICA 

NEL PRIMO MEDIO EVO 


§ 1. - Delimitazione dell’oggetto e dell’intento della 


presente ricerca . Pag. 1 


§ 2. - Si diffonde nelle scuole lu logica della lorda 


latinità . » 3 


§ 3. - La tradizione della logica scolastica , nei riguardi 


delle traduzioni di Boezio, è limitata: e s’igno- 

rutto le principali opere logiche di Aristotele. . » 6 


§ 4. - Atteggiamento della ortodossia rispetto alla logica » 8 


§ 5. - La « Isagoge » di Porfirio . t . » 13 


§ 6. — Miseria del pensiero medievale. » 14 


§ 7. — La questione degli universali determina un con¬ 


trasto di tendenze nel campo della logica: pre¬ 

valenza di un realismo platonico . > 16 


§ 8. - Pensiero e linguaggio . » 19 


§ 9. - Isidoro da Siviglia: 


а) Logica e Teologia . » 22 


б) Compendio di dialettica nelle « Origine» » . . > 24 


c) Altri spunti di teorie logiche . > 27 


S 1(1. - Alenino: sua compilazione di un compendio di 


dialettica 



29 





















XIV 



INDICE DELIE MATERIE 



§ 11 . - 

§ 12 . - 



§ 13. - 



§ 14. - 



§ 15. - 


§ 16 . - 


§ 17. - 


§ 1 «. - 


§ iy. - 


§ 20. - 

§ 21 . - 



§ 22. - 



§ 23. - 

§ 24. - 

§ 25. - 



Fredegiso da Tours . Pag. 35 


Hrabuno Mauro: suoi scritti di sicura autenticità. 


Il « De TrinUate » del Pseudo-Boezio .» 37 


Giovanni Scoto Eriugenu: 


a) Sua abilità nella logicu formale . » 40 


b) Posizione dello Scoto, rispetto alla dialettica » 46 


c) Realismo teologico dello Scoto, il quale tut¬ 

tavia fu unche mollo conto della  84 


Sterilità del secolo X : tenui tracce di studio della 

logica: Poppone a Fulda, Reinhard a W'iirzburg, 


Giovanni da Garze, Canzone Italo ( prende co¬ 

sci mitemente posizione nel contrasto delle ten¬ 

denze), Wol fungo a Ratisbona, Abbone du Orléans, 


Bernward a llildesheim, Gualtiero da Spira. . . » 88 


Gerberto, figura assolutamente insignificante: 


a) Materiale degli studi di storia di logica al 


tempo suo . » 95 


b) Lo scritto «De rationale et ratione uti » . » 99 


Adalberone di Laon . » 104 


Fulberto di Chartres . » 106 


Anonimo rifacimento metrico della Isagoge e 





















INDICE DELLE MATERIE 



XV 



delle Categorie, del secolo XI: colorito nomina¬ 

listico .Pag. 107 


§ 26. - Intensa attività della scuola di Sun Gallo. Notker 

Labeo: 


a) Un trattato insignificante . » HO 


b ) Rifacimento delle Categorie . » 111 


c) Rifacimento del «De interpretatione » . . . » 112 


d) Il «De partibus loicae»: nominalismo. ...» 114 


e) Scritto anonimo « De syllogismis », e sua im¬ 

portanza . » 115 


/) Conclusione . » 121 


§ 27. - Altri documrnti relativi allo studio della logica 

nel secolo XI: Francane u Liegi, Otloh a Rati- 

sbona, Pier Damiani . » 122 


§ 28. - Movimento più vivace nella seconda metà del se¬ 

colo XI: 1) la scienza giuridica . » 124 


5 29. - l’apia. Anseimo il Peripatetico, Lanfranco, Irne- 


rio; i Formulari . » 125 


§ 30. - Movimento più vivace nella seconda metà del se¬ 

colo XI: 2) la teologia. Nominalismo di Beren¬ 

gario nella questione della Santa Cena, e atteg¬ 

giamento  203 


§ 12. - Movimento più intenso: grande estensione, e 

in pari tempo carattere imilaterale, della lette¬ 

ratura attinente alla logica . » 205 


§ 13. - Le vicende dello studio della logica, nel rac¬ 

conto che ne fece Giovanni da Salisbury . . » 209 


§ 14. - Contrasto caratteristico fra logica « vecchia » e 


« nuova » . » 212 


§ 15. - La polemica intorno agli tuiiversuli : si può di¬ 

mostrare che almeno tredici erano le correnti. 




















INDICE DELLE MATERIE 



xvn 



nelle quali si dividevano le opinioni su questo 

problema . 



§ 16. - Nominalismo che rasenta il sensismo .... 

§ 17. — Grudi vari di questo nominalismo (Garmondo) 

§ 18. - La teoria che gli universali sono « maneries »: 

Uguccione 


§ 19. - / Platonici: . 


a) Bernardo da Chartres . 


b) Guglielmo da Conches (e Costantino Carta¬ 

ginese) . 


§ 20. - Il realismo di Guglielmo da Champeaux . . ■ 


§ 21. - Le difficoltà e i gradi del realismo . 


§ 22. - Controversie intorno alla definizione e intorno 


al concetto di « parte » . 


§ 23. - La teoria dello «status», come tentativo di con¬ 

ciliazione. Gualtiero da Mortagne . 


§ 24. - La teoria della « indifferenza » . 


§ 25. - Adelardo da Balli : intonazione platonica da lui 

data alla teoria della « indifferenza » . . . . 


§ 26. - Gauslenus o Joscellinus da Soissons: sua idea 


del « colligere » . 


§ 27. - Lo scritto anonimo « de generibus et specie- 

bus »: punto di vista del suo autore: 


а) Critiche ad altre soluzioni del problema de- 


gli universali. 


б) Soluzione da lui stesso proposta . 


c) Dottrina del giudizio . 


d) Propensione al platonismo . 


§ 28. - Controversie sovra punti speciali. 


a) Sopra le « Categorie » . 


b) Sopra la teoria del giudizio in generale . . 


c) Sopra cpiestioni particolari, attinenti alla teo¬ 

ria del giudizio. 


d) Sopra difficoltà inerenti alla teoria del sillo¬ 

gismo . 


e) Sopra questioni di Topica . 


§ 29. - Negli studi di logica, la qualità continua a ri¬ 

maner molto al disotto della quantità . . . . 



» 


» 



» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 



» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


» 


2 > 



224 


226 



228 


229 


232 


236 


243 


246 


252 


254 


258 


262 



263 


266 


270 


273 


278 


279 

283 


287 


290 


291 


293 



§ 30. - Abelardo : 


a) Suo ingegno: caratteristica generale .... » 294 


b) Scritti di logica . » 297 




























XVIII 



INDICE DELLE MATERIE 



c) Dialettica e teologia: intimo dissidio della 


dottrina di Abelardo . I ag. 299 


d) Abelardo aristotelico . » 302 


e) Ma il « Peripatetieus Palalinus » è al tempo 


stesso anche platonico . » 304 


j) Nè aristotelico, nè platonico, infine: bensì, 


retore . » 306 


g) La « Dialettica » è la principale tra le. opere 


logiche di Abelardo: disposizione della ma¬ 

teria . » 308 


h) Esposizione della « Isagoge » o « Anleprae- 


dicamenta », quale risulta dalle « Glossae », e 

soprattutto dalle « Glossulae », « super Por- 

phyrium»: atteggiamenti polemici sopra la 

questione degli universali . » 312 


i) Soluzione proposta da Ahelardo: il « sermo 


praedicabilis » . » 318 


l ) L’universale inteso come « quoti natum est de 


pluribus praedicari »: uso di questo princi¬ 

pio, secondo lo spirito del platonismo ...» 325 


m) Ma dallo stesso principio Ahelardo trae in¬ 


sieme partito, secondo il punto di vista ari¬ 

stotelico . » 331 


n) Ispirazione aristotelica, nel maggior rilievo 


dato al giudizio (« praedicari ») . » 334 


o) Anche il preteso intellettuulismo di Abelurdo 


deriva dal suo aristotelismo . » 338 


p) Ma in Abelardo, vero spirito aristotelico non 

c’è: il suo interesse centrale è volto, sotto 

l’impulso di Boezio e dello stoicismo, alla 


teoria retorica dell’argomentazione .... » 341 


q) Continua l’analisi del contenuto della « Dia¬ 

lettica»: le « Categorie » . » 344 


r) l ) La topica . » 364 


zi l sillogismi ipotetici. Giudizio conclusivo so¬ 

pra l’opera di Ahelardo . » 368 

























INDICE DELLE MATERIE 



XIX 



| 31. - Accentuazione dell’ aspetto aristotelico della 


«Dialettica» di Abelardo: .l Ja B- 371 


a) In un commento anonimo del « De interpre- 


tatione » .. 


| 32. b ) Nell’acuto untore dello scritto pseiulo-abelur- 



diano «De intelleclibus »: 


1) Punto di vista aristotelico . 


2) Dottrina del « sermo » . 


§ 33. - In Adamo dal Petit-Ponl prevale la teoriu del 


giudizio . 


§ 31. - Scetticismo logico di Roberto Pulleyn: e rea¬ 

zione teologica di Pietro da Poitiers e di Ro¬ 

berto da Melun . 



» 373 


» 377 


» 383 


» 388 



§ 35. - Gilberto de tu Porrée: .» 


a) Il commento al « De Trinitate » del Pseudo- 


Boezio: posizione teoretica ingenua e con¬ 

traddittoria . » 


b) Concetto di sostanza. Teoria delle « formae 


nativae ». * 


c) Realismo di Gilberto .» 


d) I.o scritto « De sex principiis * : un’abborrac¬ 

ciatura . > 


e) I sei « principii » : « actio, passio, quando, 


ubi, situs, habitus » » 


/) La controversia intorno al « magi» » e al 


« minus ».» 


§ 36. - Ottone da Freising, seguuce di Gilberto. Lo 


scritto pseudo-boeziano « De unilate et uno » . » 


§ 37. - Alberico (da Reims?), a Parigi. WUliram de 


Soissons. Vari altri autori, menzionati da Walter 



Mapes . » 


§ 38. - Il cosi detto Cornijìcius, oggetto della polemica 


di Giovanni da Salisbury . » 



391 


391 


393 


397 


404 


405 

409 

411 


414 


418 



§ 39. - Giovanni da Salisbury: 


a) I suoi studi: il « Metalogicus » . » 420 


b) Punto di vista utilitaristico, alla muniera di 


Cicerone. La divisione del sapere. » 422 


c) Punto di vista retorico, come in Cicerone. 


Grammatica e dialettica. » 425 























XX 



INDICE DELLE MATERIE 



d) Conoscenza compilila dell « Organon ». Punti 

di contatto con Abelardo, soprattutto nel 

modo di intendere e giudicare l’opera logica 


di Aristotele . Pag. 430 


e) La « ratio indifferentiae » come indifferenti¬ 

smo antiscientifico . » 437 


f) La « Isagoge ». Concezione degli « universalia 


in re » . » 441 


g) Grossolano eclettismo, nella questione degli 


universali .» 


h) Concetto indeterminato di « notio »... » 


i) Le Categorie .» 


/) Teoria del. Giudizio . » 


m ) Topica, sillogistica, teoria dei sofismi ...» 


| 40. — Uno scritto insignificante di Alano da Lilla . . » 


§ 41. - Passaggio al XIII secolo. » 


Elenco dei nomi e delle cose più notevoli .... » 

















LA LOGICA MEDIEVALE 











XIII Sezione. 



CONOSCENZA INCOMPIUTA 

DELLA LOGICA ARISTOTELICA 

NEL PRIMO MEDIO EVO 


[§ 1. — Delimitazione dell’oggetto e dell’intento 

della presente ricerca]. La logica, come semplice ma¬ 

teria (li studio nelle scuole, trapassa nel Medio Evo, in 

quella forma che abbiamo veduta esposta nella Sezione 

precedente: e gli scritti, ivi tratteggiati, di Marciano Ca- 

pella, di Boezio, di Cassiodoro, e in parte anche di Ago¬ 

stino e del Pseudo-Agostino, son le fonti esclusive che 

offrirono allora il materiale per lo studio della logica 

nelle scuole. Li tutt’i luoghi dove, in connessione con il 

(Rifondersi del Cristianesimo, o sorsero numerosi centri 

di cultura del tutto nuovi, o anche fu talvolta possibile 

riattaccarsi ad istituti antichi, troviamo, com’è noto, co¬ 

munemente adottato il corso di studi, più o meno com¬ 

piuto, del Trivio e del Quadrivio: e sebbene le discipline 

matematiche (Aritmetica, Geometria, Astronomia e Mu¬ 

sica) non fossero tutte quante coltivate dovunque alla 

stessa maniera, regnava tuttavia per lo più una certa 

uniformità nello studio della Grammatica, della Retorica 

e della Dialettica, in quanto che non c’era scuola dove 

queste tre « arti » mancassero. Non è frase o esagerazione 


I . — C. Pranti., Storia delta logica in Occidente, TI. 












CARLO PHANTL 



il giudizio che pronunziamo relativamente alla logica o 

dialettica, che cioè l’intiero Occidente, per tutta la esten¬ 

sione in cui in generale la cultura medievale nella sua 

graduale diffusione è venuta a contatto con esso, è stato 

addottrinato dalla tradizione degli autori, testé nomi¬ 

nati, della tarda romanità, che cioè in Italia, Germania, 

Francia, Spagna e Britannia si venne effettivamente a 

conoscenza di un certo materiale di teorie logiche, e anzi 

soltanto, in modo esclusivo, sul fondamento di quella 

tradizione. Appunto per questo riguardo, tuttavia, sem¬ 

bra che la storia della logica non debba già esorbitare 

dal campo che le spetta. Si dà cioè il caso che da notizie 

isolate sopra istituzioni scolastiche, o da cataloghi di bi¬ 

blioteche, e via dicendo, non risulti assolutamente nien- 

t’altro, se non che in questo o quel luogo o era sempli¬ 

cemente conservato, o in una qualunque scuola clau¬ 

strale era anche soltanto letto uno scritto di logica, opera 

di Marciano Capella o di Boezio ecc., ovvero che c’ è 

stato chi si è coltivato la mente con questa lettura, o l’ha 

raccomandata ad altri, e così via: orbene, queste notizie, 

per quanto preziose ci possano apparire, proprio a ca¬ 

gione della loro sporadicità, noi dobbiamo lasciarle alla 

storia generale della cultura o alla storia della pedago¬ 

gia; poiché per la « storia della logica » basta in generale 

il fatto di un diffuso esercizio delle sette così dette arti 

liberali, quale generico fondamento per entrar a parlare 

del Medio Evo, e su questa base dobbiamo poi andare 

qui in traccia di ciò che fu prodotto da ima personale, 

per quanto ristretta, attività, di singoli maestri o eruditi, 

e che perciò presenta elementi, i quali hanno contribuito 

al progresso della scienza nel corso della sua storia; inol¬ 

tre, simili dati, anche se per essi non si oltrepassi la cer¬ 

chia del materiale apparentemente insignificante, con¬ 

terranno poi bene in sè a lor volta qualche elemento, che 

permetta di trarre induzioni relativamente a ciò che di- 







STOMA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 





cevamo dianzi, che cioè accanto all’attività individuale 

isolata, ha da esserci stata una operosità collettiva, ri¬ 

masta attaccata semplicemente al testo della tradizione 

dei libri scolastici 1 ). 


[§ 2. — Si diffonde nelle scuole la logica della 

tarda latinità]. Ma ima osservazione sola, riguardo a 

questo materiale scolastico, bisogna premetterla subito 

qui, in tutto il suo rigore e in tutta la sua estensione. 

Dobbiamo cioè fin dal principio tener fisso lo sguardo 

sopra l’assoluta esclusività del materiale stesso, cioè in 

primo luogo sopra il fatto che questi prodotti letterari 

latini erano incondizionatamente i soli che si trovassero 

in circolazione, e che pertanto sino al XII secolo il Me¬ 

dio Evo non conosceva nè poteva adoperare in generale, 

per la logica, nessun’ altra fonte, all’ infuori da Marciano 

Capella, Boezio, Cassiodoro e l’autentico o lo spurio Ago¬ 

stino. A quel primo periodo del Medio Evo era possi¬ 

bile, intorno alle opere greche che stanno a fondamento 

della logica, solamente quella conoscenza di seconda ma¬ 

no, che poteva esser attinta appunto a questi autori; e 

particolarmente gli scritti aristotelici (anzi in generale 

addirittura anche il nome soltanto di Aristotele) erano 

conosciuti esclusivamente in quella sola forma, in cui li 

aveva trasmessi Boezio. Quando in documenti relativi a 

quei secoli, si trovano menzionati scritti aristotelici, non 

si può pensare a nient’altro assolutamente, se non ap¬ 

punto a queste traduzioni di Boezio : così p. es., quando 


') Per Tintento presente debbo pertanto lasciar da parte un ma¬ 

teriale di fonti, non scarso e che sono riuscito a raccogliere non 

senza fatica, un materiale che o si gonfierebbe sino a formare una 

storia delle scuole nel Medio Evo, oppure, anche a volersi limi¬ 

tare (cosa del resto non facile a farsi), a una scelta di passi, strap¬ 

pati dal contesto e solo attinenti alla logica, comprenderebbe pur 

sempre soltanto la documentazione di un fatto, anche senza di ciò 

universalmente noto, che cioè il contenuto della scienza scolastica 

era formato da quegli autori nominati più sopra. 












CABLO PRANTL 



tra i libri della Biblioteca di York nell’ Vili secolo viene 

nominato anche un « aoer ArisBobeles » 2 ), o quando nel 

X secolo troviamo ricordate a Tegemsee le Categorie 

di Aristotele 3 ). Certamente, che simili passi sieno tutti 

da spiegare soltanto a questa maniera, sarà perfettamente 

chiarito al lettore, grazie, per così dire, alla sua perso¬ 

nale esperienza, soltanto da ciò che si dirà appresso, 

come pure dal trapasso a quel periodo, in cui venne a 

conoscenza del Medio Evo il testo aristotelico originale; 

ma si è ritenuto non superfluo delimitare esattamente 

fin da questo momento il campo visivo 4 ). 


Naturalmente una eccezione soltanto apparente è data 

dalla tradizione di un Bulgaro, un certo Simone, che in 

principio del secolo X avrebbe studiato a Costantinopoli 

la sillogistica di Aristotele nel testo originale 5 ); poiché, 

che nell’ Impero Romano di Oriente i Greci ancora fino 

a secoli tardi si occupassero di tale materia, si è ba- 



5 ) La biblioteca fondata a York da Alberto è descritta dallo 

scolaro di lui, Alcuino, nel suo poema De Pontificibus et Sanctis 

ecclesiae Eborucensis ( Aixuini Opera, ed. Frobenius, li, p. 241 ss.); 

ivi si legge, al v. 1548 ss. (p. 257) [Fersus de Sanctis Euboricensis 

Ecclesiae : cfr. MGH, Poetile latini nevi Carolini, ed. Dùmmler, Tom. 

1, p. 204]: Qiute Victor inus script ere Boetius alque, Historici vele¬ 

rei, Pompeius, Plinius, ipse Acer Aristoteles, rhetor quoque TuUius 

ingens [P!L, 101, 843]. . , 


’) Un monaco di Tegernsee scrive in una lettera (riferita dal 

Pez, Thesaurus Anecdotorum Novissimus, VI [Codex diplomatico- 

historico-epistolaris di Pez e Hueber], 1, p. 131): stultam fecit Deus 

sapientiam mundi huius (queste son parole di S. Paolo, ad Corinth., 

I, 1, 20; v. qui appresso le note 20 s.), poslquam exsiccayit fluvios 

Ethan. Prae dulcitudine enim decem chordurum Davidis.... paene 

oblitus sum totidem culegoriarum Aristotelis. 


•) Posso qui rinviare fino da ora per il momento al noto eccel¬ 

lente lavoro di Amable Jourdain (Recherches critiques sur Page et 

l’origine des traductions latines (TAristote, 2* * ed., Parigi 1843), sia 

pure riservandomi di doverlo in più luoghi correggere e integrare, 

per quel che riguarda il secolo XII (v. la Se/., seguente, note 2, 14 ss.). 


') Liutprandi Antapodosis, III, 29 (Pertz, MGH, V, p. 309): 

hunc etenim Simeonem emiargon, id est semigraecum, esse idebunt, 

eo quod a puericiu Bizantii Demostenis rhetoricam Aristotelisque 

silogismos didicerit [PL, 13-6, 847]. 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 





stantemeute veduto più sopra (Sez. XI, note 106-118). 

Ma c’ è una notizia isolata, e una soltanto, che potrebbe 

sembrare in contraddizione con il giudizio da noi pro¬ 

nunziato: nell’anno 757, cioè, Papa Paolo I mandò a 

Pipino il Breve, vari scritti greci, citando egli stesso tra 

questi, nella lettera relativa, anche libri di Aristotele * * * * * 6 ); 

tuttavia il documento, se è genuino, e della sua autenti¬ 

cità non sembra esserci ragione di dubitare, parla assai 

più a favore che non contro la nostra tesi, poiché mani¬ 

festamente questo esemplare, unico allora in quella re¬ 

gione, di mi testo greco di Aristotele, rimase sepolto 

presso la corte di Francia, oppure andò perduto, non ri¬ 

scontrandosi almeno in alcun luogo la minima traccia di 

uso che ne sia stato fatto; inoltre, per quei paesi, la 

prima sicura notizia di uno studio del greco o di tradu¬ 

zioni dal greco, cade anzi in generale soltanto all epoca 

di Carlo Magno 7 ), e appresso verniero ancora nel IX se¬ 

colo i lavori dello Scoto Eriugena (traduzione del Pseu- 

do-Dionigi). 



") La lettera è stampata da Cajetanus Cenni, Monumenta do- 

minationis pontificiae, si ve Codex Carolinus (Roma 1760, in 4°), I, 

p. 148, dove figura il passo: Direximus edam excellentiae vestrae et 

libros, quantos reperire potuimus, id est, Antiphonale, et Responsale, 

in simul artem grammaticam, Aristotelis, Dionysii Ariopagitae libros 


(nel Cenni si legge, senza segno di divisione, artem Grammaticam 

Aristotelis ), Geomelricam, Orthographiam, Grammaticam, omnes 


Graeco eloquio scriptores. Le parole Graeco eloquio, il cui signi¬ 

ficato nel linguaggio dell’epoca è fissato con piena sicurezza, si rife¬ 


riscono certo esclusivamente ai libri su nominati, soltanto a inco¬ 

minciare da Aristotele, perchè 1’ Antiphonale e il Responsale erano 


naturalmente in latino, e così pure probabilmente la prima gram¬ 


matica, mentre la seconda era in greco. (Del resto non si trova 

questa notizia utilizzata nello Jourdain). 


7 ) P. es. nel Chronieon Saxoniae et vicini orbis Arcloj di Da¬ 

vid Chttraeus (Lipsia 1593, ’L. Ili, p. 83 [ed. di Rostock, 1590, 

pag. 1091): Instiluit autem Carolus Osnabrugae, ut in collegio as¬ 

sidui lectores Graecae et Latinae linguae essent. Vidi enim cxeru¬ 

lli um literarum fundationis, ut vocant, quas ecclesiae Osnabrugensi 

Carolus dedit) e così in molti luoghi, ma sempre con riferimento 

alla nota ambasceria della Imperatrice Irene e alle relazioni diplo¬ 

matiche, che ne furono determinate. 







CARLO PRANTL 



£g 3_ _ La tradizione della logica scolastica, nei 


riguardi delle traduzioni di Boezio, è limitata: e 

s’ignorano le principali opere logiche di Aristotele]. 

In secondo luogo, tuttavia, anche quel materiale di fonti 

in latino è, a sua volta, proprio nella parte essenziale, 

limitato. Mentre cioè gli scritti logici di Aristotele avreb¬ 

bero potuto esser letti tutti quanti nelle traduzioni di 

Boezio, che erano per tale oggetto la unica fonte, proprio 

qui si presenta ima rigorosa delimitazione; poiché della 

su citata produzione letteraria di Boezio (Sez. XII, note 

72 s.), si adoperarono nel Medio Evo, in modo esclusivo, 

in un primo tempo, soltanto quelle traduzioni, eli egli 

stesso aveva illustrate con commenti e apprestate per uso 

scolastico, cioè, oltre alla doppia rielaborazione della 

Isagoge di Porfirio, soltanto la traduzione delle Categorie 

e le due edizioni del libro de interpretationc, a cui si 

aggiungono poi a poco a poco ancora i compendi che 

son opera dello stesso Boezio. All’ incontro, le versioni 

dei due Analitici, come poire della Topica aristotelica e 

dei Sophistici elenchi, tutte opere che Boezio aveva la¬ 

sciate senza commento, rimasero, appunto per questo mo¬ 

tivo, escluse dalla considerazione, e si sottrassero per¬ 

tanto alla conoscenza del Medio Evo, a tal punto che per 

lungo tempo non si seppe in generale nemmeno più che 

esistessero. Sicché, quando a poco a poco incominciarono 

a rendersi note quelle opere principali di Aristotele, fu 

questo un momento decisivo per lo sviluppo della logica 

medievale. E mentre io ritengo fallaci tutt’ i tentativi di 

dividere in periodi, per motivi interni, la così detta « filo¬ 

sofia » medievale, mi sembra resa possibile per 1 intiero 

Medio Evo (sino alla fine del Quattrocento) una parti¬ 

zione in singoli periodi, esclusivamente dal punto di 

vista della quantità del materiale, di volta in volta esi¬ 

stente o novamente apportato. Così potrei anche netta¬ 

mente qualificare la differenza tra questa presente Se- 









STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 





zione e la successiva, rilevando elle prevale qui una co¬ 

noscenza frammentaria di Boezio, mentre nella Sezione 

prossima si manifesterà un influsso chiaramente visibile, 

così della conoscenza, che a poco a poco si acquista, del- 

l’intiero Boezio, come pure dell’ apprestamento di tra¬ 

duzioni nuove delle opere non utilizzate finora; a ciò si 

aggiungono in sèguito per le Sezioni successive analoghi 

arricchimenti di materiale. — La dimostrazione di queste 

1 mie idee sarà presentata, come ben s’intende, qui ap¬ 


presso. 


In poche parole, dunque — per ripetere la delimita¬ 

zione così recisamente e chiaramente quant’ è possibile — , 

il materiale tradizionale della logica, per questa prima 

sezione del Medio Evo, è costituito esclusivamente da 

quanto segue: Marciano Capella, Agostino, pseudo- 

Agostino. Cassiodoro, Boezio. E, precisamente, di Boe¬ 

zio: ad Porphyrium a Victorino translatum, ad Porphy - 

rium a se translatum, ad Aristotelis Categorias, ad Aristo- 

telis de interpretatione (ed. I e II), ad Ciceronis Topica, 

Introductio ad categoricos syllogismos, De syllogismo ca¬ 

tegorico, De syllogismo hypothetico. De divisione, De 

degninone, De differentiis topicis. Manca invece in que¬ 

sto primo periodo la conoscenza dei due Analitici, della 

Topica e dei Sophistici elenchi di Aristotele. E limitan¬ 

dosi propriamente nel Medio Evo lo studio della filosofia 

in modo esclusivo alla logica, mentre altri rami, come 

■s p. es. la psicologia e l’etica, erano sistematicamente intrec¬ 


ciati con la teologia o la teologia morale, anche per la 

filosofia in generale i suddetti autori formano il materiale 

quasi esclusivo; poiché vi si aggiunge ancora solamente, 

riguardo alla cosmologia, la traduzione del Timeo pia- 

i tonico, opera di Calcidio, che era nota al Medio Evo sin 


dal principio : come pure, d’altra parte, per la così detta 

questione della teodicea, un materiale spesso sfruttato 

era fornito dal De consolatione philosophiae di Boezio. 






CARLO PRAKTL 



Ma duplice era P attività personale, esercitata da in¬ 

segnanti o da studiosi di tutto questo periodo, sopra sif¬ 

fatto materiale esclusivo della tradizione scolastica. Vale 

a dire, o si trattava di aggiustare compendi, per lo più 

dominati da un affastellamento di svariate fonti, accoz¬ 

zate a casaccio (in maniera del tutto simile a quel che 

abbiamo dovuto rilevare già nella precedente Sezione, 

particolarmente a proposito dello scritto di Cassiodoro 

[De artibus ac disciplinis liberalium littcrarum ]), op¬ 

pure ci si occupava di un più o meno minuto commento 

dei libri già in uso, tra i quali si fanno avanti in prima 

linea la Isagoge e le Categorie nella redazione (tradu¬ 

zione e commento) di Boezio. Ma inoltre, alla discus¬ 

sione dei problemi della logica s’intrecciavano questioni 

di teologia cristiana, come pure le controversie della 

logica facevano risentire il loro possente influsso sopra 

le contese della dommatica, e anzi in generale dominava 

da principio, per questo riguardo, una situazione molto 

caratteristica, che non si può lasciar esclusa dalla nostra 

considerazione. 


[§ 4. — Atteggiamento della ortodossia rispetto 

alla logica]. La dottrina cristiana, cioè, in se stessa — 

fatta del tutto astrazione dal processo di formazione delle 

idee cristiane in generale — fu in verità, nel suo primo 

manifestarsi, informata ad assoluta semplicità e imme¬ 

diatezza, e parlava all’ animo suscettibile di emozione 

religiosa: ma nello stesso tempo si trovò determinata, 

nel corso della sua ulteriore propagazione, a operare su 

di una popolazione, la quale in parte possedeva una cul¬ 

tura, formata per opera delle scuole che funzionavano 

nella tarda antichità, e che poteva cosi cougiungere al 

contenuto nuovo di dottrma cristiana e di Anta cristiana, 

un aspetto formale del mondo antico. Come da questa 

mescolanza d’immediatezza religiosa e di addottrinata 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 





capacità didattica, si svolgesse rapidamente l’antitesi fra 

laicato e clero, si formasse cioè una ecclesia docens, e 

come la Chiesa, per il fatto eh era docens, affatto natu¬ 

ralmente ponesse le mani sopra le istituzioni scolastiche, 

e così facendo si appoggiasse, formalmente, a quel che 

già esisteva, sou cose che non c’interessano punto qui, nè 

più nè meno che le lotte, condotte con le armi della dia¬ 

lettica, e attraverso le quali si veniva compiendo la for¬ 

mazione del dogma. Invece è di grande interesse per noi 

la circostanza, che in generale, nella stessa epoca, venne 

a manifestarsi da un lato una valutazione positiva, e dal¬ 

l’altro lato un disdegno della logica, come già (Sez. XII) 

si è appunto veduto per due eminenti rappresentanti 

della teologia cristiana, cioè Girolamo e Agostino, che 

abbiamo dovuti ricordare più sopra, e dei quali parti¬ 

colarmente il secondo mostra molto chiaramente il pre¬ 

sentarsi di quelle due tendenze, una accanto all altra 

(v. nella Sez. precedente, le note 17-22). Ma quanto più 

energicamente fu accentuato in tale contrasto il punto di 

vista specificamente cristiano, tanto maggior importanza 

dovette essere riconosciuta a quella intima immediatezza, 

che Agostino denominava lux interior : e non soltanto è 

cosa che si spiega facilmente, ma addirittura risponde a 

una esigenza teorica, che proprio i più rigidi fra i primi 

teologi cristiani, mentre conducevano la polemica obbli¬ 

gatoria contro il contenuto dell’antica filosofia, avessero 

un atteggiamento molto riservato anche verso le forme 

di quel sapere, da'l quale la fede non soltanto non può 

essere sostituita, ma resta anche sovente turbata. 


Fatto sta che così si formò anzitutto un’avversione si¬ 

stematica contro la logica o dialettica, e se riflettiamo 

che nelle lotte per la formazione dei dogmi, proprio gli 

Ariani e i Pelagiani avevano una effettiva superiorità per 

cultura e abilità dialettica, ci riesce facile spiegarci come 

quell’avversione si sia sviluppata sino a diventare ani- 







10 



CARLO FRANTL 



niosa ostilità. Non soltanto da Ireneo (2° secolo) e Ter¬ 

tulliano (3° secolo), ma particolarmente nel 4° e 5° se¬ 

colo (l’epoca culminante della contesa intorno ai dogmi), 

da Basilio il Grande, Gregorio Nazianzeno, Epifanio, 

Hieronymue Presbyter [Stridonensis: S. Girolamo], Fau¬ 

stino, Mansueto, Eusebio, Socrate, Teodoreto e altri, può 

citarsi una stragrande quantità di passi, nei quali la dia¬ 

lettica è tacciata di superfluità s ), o è denominata un 

ozioso operare, che distrugge se medesimo 9 ), e un’arti¬ 

ficiosa filastrocca senza scopo 10 ), la quale per il suo ca¬ 

rattere mondanamente versipelle non può profittare 

alla semplice pura verità u ), e in generale è anticri- 



8 ) Basilo Magni adversus Eunomium, I (Opp ., ed. di Parigi 

1518, fol. II, p. 10): ij xòrv \ApioxoxéXo'JS 5vxwj xal Xpoaduioo 

auXÀoY'.sp&v éìei rcpòp xà |iaOetv Sxi 6 iYÉvvrjxo; où YSY^vrjxat ; 

(cfr. la noia 16). [PG, 29, 516 (cap. 5): « mira vere Aristotelis aut 

Chrysippi syllogismis opus nobis erat, ut disccrcmus eum qui in- 

genitus est, (neque a seipso, neque ab altero) genitum fuisse....?]. 


!l ) Tertulliani de praescriptione haereticorum, c. 7 (Opp., ed. 

di Venezia 1701, fol., p. 119 b): Miserum Aristotelem! qui illis dia- 

lecticam instituit, artificem struendi et destruendi, versipellem in 

sententiis, coaclam in coniecturis, duram in argumentis, operariam 

contentionum, molestarli etiam sibi ipsi, omnia relractantem, ne quid 

omnino tractaverit [PL, 2, 20], 


u ) Grixohii Nazi.anzeni Oratio 26 (Opera, ed. di Colonia 1690, 

I, p. 458): oOx ol5s Xóy“ v o-potfà(, faas xe ooyibv xa l atviy|iaxa, 

xal xà; nóppcovo? ivaxàosig, f; è:pééeij, f) àvxiO-éosif, xal xù>v 

Xpualintou auXXoYiaptùv xàp éiaXùast?, ■?, xiòv 'ApioxoxéÀoog xsxvùv 

x^v xaxoxexvlav. Oratio 33 (p. 529): yaipovxsg xalj pspVjXoi; 

xsvo^òiviatf, xal àvxtOéaect xfjg (tsuìiovòpou Y v( ' ,aso) f’ xa i? 


eig oòSèv xpL ( at|iov cpepoùaaij XoY 0 l ia X^ al » [PG, 36, 201: Oratio 

XXXII: « nec verborura flexus et captiones novit, ncc sapien¬ 

toni dieta et aenigmata, nec Pyrrhonis instantias, aut assensus re- 

tentiones, aut oppositiones, nec syllogismoruin Chrysippi solutiones, 

aut pravorn artium Aristotelis artificiuin ». PG, 36, 12: Oratio 

XXVII: «quique inanibus verbis, et contentionibus falso nominatae 

seientiae, ac disputationum pugnis, quae nullam utilitatcm afferunt, 

obleetantur »]. 


1 ') Epiphanii adversus haereses, II, 69, 69 (Opera, ed. Petavius, 

Colonia 1682, I, p. 795): Ssivóxrjxt gàXXov iaoxoùg ÈxSsStiixaaiv, 

èvSuaà|ievot ’ApiaxoxsXrjv xs xal xoòj SXXoog xoO xóo|iou StaXexxi- 

xoùs, iùv xal xo'jf xaprcoùg iiexlaat, |n;8Éva xapnòv 8ixaiooóvi){ 

eiSóxsf. lbid.. Ili, praef. (p. 809): èx ouXXoYiapffiv y àp xal ’Apiaxo- 










STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



11 



etiana 12 ); epperò tutta la sillogistica, come deve venir 

meno dinanzi alle semplici parole degli Apostoli ), 

serve dal canto suo ancor mia volta soltanto a contra- 



xsXixcòv xal Y Et0 ]iSTptxà>v xòv S-sòv Ttaptoxàv jìoóXovxai- Ibid., Ili, 

76, 20 (p. 964): xaòxa Ss dxpatpstxai itàaav ooD xùv Xóyiov ouXXo- 

yumxijv nuÀoXoytav. Kal oì)x èv&èxt'tat ^{*^6 rcpoipé^aatf-ai 

jiath^ràs Yevéa&ai ’Apia'coxéXoos toD ao5 éicioxdtou»... Où Y a «° * v 

Xif(p aoXXoYtaxixip r/ [ìaa'.Xs'.a xcòv o&pavù>v, xal èv Xó^iji X 0 |iJta:mx, 

àXX" èv Suvct|isi xal àXYiO-stqc (v. nota 20). Ibid., 76, 24 (p. 9il): 

xpooèXaps xò 0-stov, ibg xaxà xòv aiv Xoyov, si; xr ( v auxoO xiaxiv xijv 

ouXXoYiaxtx^v xaùxnjv aou x^v xsxvoXoyiav. 1PG, 42, 316: « calli- 

ditatem potius amplexi sunt, seque et ad Arfetotelem ac caeteros 

mundi huius dialecticos accommodare maluerunt: quorum fructus 

ita consectantur, nullam ut justitiae frugem proferant ». PCI, 42, 

337: « quippe syllogismis quibusdam Aristotelicis ac geometrici* 

Dei naturato explicare studeut ». PG, 42, 596: « atque haec omnia 

tuam illam argumentorum fabulam circumscribunt. Nequeid hor- 

tatione ulla pcrficere potes, ut Aristotelis praeceptoris lui discipuli 

esse velimus.... Non enim in syllogismis argumentisve regnum 

cadeste positura est, neque in arroganti inflatoque sermone, sed 

in virtute ac ventate ». PG, 42, 606: «Deus, ut asse rere videris, 

tuum illud dialecticae subtilitatis artificium, velut quandam lidei 

euae accessioncm adjecit»]. (Inoltre proprio in Epifanio si presen¬ 

tano con la massima frequenza affermazioni di questo genere). Cfr. 

Hieronvmi [de perpetua virginitale B. Mariae ] adversus Helvidium 

(i Opp ed. di Parigi 1706, IV, 2, p. 130): Non campimi rhetorici de- 

sideramus eloquii, non dialecticorum tendiculus nec Aristotelis spi¬ 

neto conquirimus: ipsa Scripturarum verbo ponendo sunt [PL, 23, 


194]. , . . . 


i») Faustini de Trinitate adversus [site de Fide contrai Aria- 

nos, I, 10 (Bibliolheca Veterum Patrum, cura Andreae Gallando, 

Venezia 1770, VIE P- 444) : Noli injelix adversus Christum Dominimi 

tolius creuturae, Aristotelis artificiosa argomenta colligere, qui te 

Christiunum qualitercumque profileris,... quasi ex disciplina terrenae 

supputationis circumscriptor advenias [P.L, 13, 44-a], 


,:t ) Theodoreti sermo 5 de natura hominis (Opp., ed. Sirmond, 

Parigi 1642, IV, p. 555) [ed. Festa, 5 64, p. 298] : fjpslg 8è aòxffiv 

xf ( v ipjtXrjgiav òXo^upò|isi>a 8xi 8»; ópùvxsg gapfapocpwvoog àvOpui- 

xoug xtjv 'EXXtjvtxTgv eÒYXtoxxlav vevixrjxóxag, xal xoòg xsxop'jis’Jiié- 

vo'Jg pùS-ODg xavxÉX&g ijsXtjXapivous, xal xoùg àXiEuxixoog ooXoixp 

opob? xoùg ’Axxixoùg xaxaXeXoxóxag E'jXXoyi3|ioù? [PG, 83, 946-8 

(Graecarum affectionum curatio ): trad. Festa: « .... ma noi compian¬ 

giamo la stupidità dei derisori. Vedono' pure che uomini di barbara 

favella hanno vinta la facondia ellenica, hanno spazzato via. le loro 

ben composte favole, vedono che i solecismi dei pescatori hanno 

dissolto i sillogismi attici— »]. (Quest’allusione alla semplice par- 

lata dei pescatori si trova pure altrove ancora piuttosto di frequente). 










12 



CARLO PRANTL 



stare e falsificare la fede “), come in particolare si vede 

nel caso degli Ariani 15 ), e così via dicendo. 


Ma se per tal modo la dialettica, della quale per lo 

pj£i g]*£} latto responsabile Aristotele, e precisamente in 

particolare a cagion della sofistica contenuta nelle Ca¬ 

tegorie 16 ), era quasi diventata oggetto di orrore, insor¬ 

geva tuttavia in pari tempo da se stesso il senso della 

necessità di potersi difendere ad armi uguali contro i 

nemici della dottrina ortodossa, ed è naturale che finisse 

con il prevalere questo motivo, che cioè la dialettica è 

utile per la lotta contro gli eretici. Quel che ora impor¬ 

tava, eran dunque lo spirito e la intenzione, con cui si 

coltivava lo studio della logica 17 ), e a questa maniera si 



14 ) Irenaei adversus [contro] haereses, li, 14, 5 (Opp., ed. di Ve¬ 

nezia 1734, I, p. 134 b): minutiloquium miteni et sublimitatem circa 

quaestiones, cum sit Aristotelicum, injerre fidei collant II r [cfr. PO, 

7, 7521. — Eusf.bii historia ecclesiastica, V, 27 (Opp., ed. di Parigi 

1591, II, p. 108): Christum ignorarli,... sed quaenam syllogismi figura 

ad suoni impietalem confimiaridaiti reperilur, studiose indagarunt ; 

quod si quisquam forte illis aliquod divini eloquii testimonium prò - 

jerat, quaerunt, ulriim coniunctam un disiunctam syllogismi figuram 

possit efficere.... sollerti impiorum astutia et subtilitate simplicem 

ac sinceroni divinarum scripturarum fidem adulterant [cfr. PC, 20, 

515-6, e «Griechische Chrisùiche Schriftsteller », voi. 9 1 : testo greco, 

e traduzione latina di Rufinus, V, 28, § 13-15, p. 504-5 J. 


* 5 ) Hieronymi. adversus [Diulogus contrai Luciferianos (ed. cit., 

IV, 2, p. 296): Ariana haeresis magis cum sapientiu seculi facit, et 

argumentationum rivos de Arislotelis fontibus mutuatur [PL, 23, 

174J. 


,6 ) Socratis Historia ecclesiastica , II, 35 (ed. Valesii, Torino, 

1747, p. 114): siiOòc o&v èjjsvo?cóva: (intendi Aezio) xoòg èvxUYXà- 

vovxag. ToOxo 8è Ijxoìei, ta:j xaxrjYOpEcus’ApiaxoxéXoos zioxsóiov gt- 

jìXEov Ss oilxojf ixxlv èmYSYpa|i|isvov a 5 x(j> - ig aòxàìv xs SiaXsYÓpsvog 

[xal] iauxijì allaga 7xotv ’ApioxoxéXoos 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



13 



poteva persino menar vanto delle proprie conoscenze in 

materia di logica 1S ) ; ma con ciò poteva benissimo rima¬ 

ner legata la idea, che proprio soltanto per ragioni estrin¬ 

seche la teologia dommatica ha, servendosi della dialet¬ 

tica, messo il piede nel campo di un verbalismo affatto 

esteriore, e pertanto non ci farà meraviglia trovare più 

oltre ripetutamente un’aperta ostilità contro qualunque 

dialettica in generale. 


[§ 5 . — La Isagoge di Porfirio]. Ma in ogni caso, 

come si è detto, la ecclesia docens, già nei primi secoli, 

era, per questa via, pervenuta ad accogliere nell’ambito 

della propria attività una certa somma di teorie logiche, e 

una volta che, per uso dei chierici, erano adottati com¬ 

pendi quali si vogliano, — se pure con le debite riserve 

per quel che riguardava lo spirito informatore e la in¬ 

tenzione —-, poteva e doveva bene presentarsi inevita- 



ouXÀoytO|ix é>S àXy,9-eiav èxrtaiSeùovxa, àXX’oif; 

gjtXa x-ij« àXr^slaj xaxà xoù 4>eó8oo£ Y‘T vé l 1 ® va 82 > 1189 ‘ 


92: « Aristotelis syllogismos, et Platonis facundiam aurium adju- 

mentis [era cieco] didicit (se. Didymus), non quasi veritatem ista 

doceant, sed quod arma sin! veritatis contra mendacium]. 


Is ) Cyrilli Alexandrini Thesaurus de Trinitate, 11 ( Opp ., ed. 

Auberl, Parigi 1638, V, 1, p. 87): Ex pa8-vjpàxtov r,|nv xiòv'Apiaxoxé- 

Xoug ipiuópevot, xal xj Seivóxr ( xt xi)£ Ev x6o|i(p aotplag àTioxsxpxinivoi, 

xxóxoug èystpcuat ^'rjp.àxtov XEVtòv, oòx e18óxs£ 8 xi xal tipEg xaóxtjv 

àpaiHB? 8/ovxej èXsYX s ' 1 Ì 30VTal ' S-aupiaai 5 vxwj àxiXooS-ov. 

6 xi 8V) xàv iispl xoa |isi^ovo£ xal xoO EXàxxovog Esexàsovxsf Xéyov, 

i-l xòv Ttspl xoO 6|ic£o’J xal àvopolou |iexar:sTCX(óxaotv, oOx eISóxe; 

6 xt, xaxà xr/V ’ApiaxoxéXouj xiyyrp, 4 tp* % pàXiaxa |iEYaXo:ppovEtv 

Etónlaaiv aòxol, oùx et; xaùxòv xaxaxàxxExat. Y* V °S 33 1:5 6 l i0l0v 

xal xè àvópoiov. ó)( xal xò pst^ov xal xò IXaxxov [PG, 75, 145 : « Ea 

Aristotelica disciplina nobis insultantes, et mundanae sapientiae 

fastu turgidi, inanes verborum crepitus excitant, parum sibi per¬ 

suadente» se Aristotelicae disciplinae ignaros ostendi posse. Miran- 

dum enim est quod, rum rationeni majoris et minoris excutiant, 

ad sermonem de simili et dissimili prolabantur, nescientes, juxta 

Aristotelis placita quo ipsi plurimum sese jactitant, simile et dissi¬ 

mile non in eodem genere collocari, in quo maius et minus»]. 

(V. la Sez. IV, note 522 e 531). 









14 



CABLO PRANTL 



bilmente anche il caso di individui isolati, i quali, di 

quel materiale che doveva altrimenti servire quale mezzo 

ordinato al fine, facessero oggetto speciale e indipen¬ 

dente del loro studio. E furono, per questo riguardo, 

prima di tutto le Categorie, che, in dipendenza dalla tra¬ 

dizione scolastica della tarda età classica, trovarono largo 

impiego nelle fondamentali questioni teologiche, e so¬ 

prattutto, precisamente, proprio in Agostino (relativa¬ 

mente alla Trinità e ai così detti attributi di Dio); anzi 

è persino possibile che già abbastanza anticamente si ri¬ 

tenesse autentico lo scritto pseudo-agostiniano sopra le 

Categorie (v. la Sez. XII, note 40-50), e ci si sentisse così 

francheggiati, nello studio di quest’oggetto, dall’autorità 

dello stesso Agostino. Ma se le Categorie avevano in 

ogni caso un valore rilevante per la teologia, si aveva 

in verità nello scritto di Porfirio, cioè nelle Quinque 

voces, una introduzione alle Categorie, ritenuta indi¬ 

spensabile nella scuola, e ben e’ intende come, sia per 

T insegnamento sia per lo studio, si prendesse sempre 

principio dalla Isagoge, che da uno dei commentatori 

greci era stata anzi persino indicata come condizione 

preliminare della beatitudine eterna 18 R ). Ma tutti due, 

sia cioè il libro delle Categorie sia anche lo scrittarello 

di Porfirio, erano accessibili, per la Chiesa latina, nella 

traduzione di Boezio, e inoltre corredati anche di note 

illustrative, e così diventarono i principali testi scola¬ 

stici medievali di logica. 


[§ 6. — Miseria del pensiero medievale]. Il corso 

della storia ci mostrerà come, esclusivamente dallo stu- 



18 ‘) L’argomentazione era di questo tenore : Chi non ha stu¬ 

diato la Isagoge, non intende le Categorie, e chi non intende le 

Categorie, non intenderà il resto dell’Organon; ma chi non intende 

l’Organon, non sa pensare rettamente, e chi non pensa rettamente, 

non sa agire rettamente; ma a un tale uomo non può toccare la beati¬ 

tudine eterna. V. riportato il passo nella Sez. XI, nota 125. 








STORIA DF.LLA LOGICA IN OCCIDENTE 



15 



dio ininterrotto di Porfirio e di Boezio abbia preso 

origine quella contesa intorno al valore dei così detti 

universali, che, secondo si è finora comunemente am¬ 

messo, si sarebbe presentata come antitesi di due ter¬ 

mini soltanto, realismo e nominalismo, ma in verità 

fece venire in luce una variopinta moltitudine di opi¬ 

nioni, caratteristiche di altrettanti numerosissimi indi¬ 

rizzi. Queste battaglie sul terreno della logica non fu- 

ron già suscitate da un pensiero personale, segnato della 

impronta di una individualità autonoma, di mi uomo 

eminente: era bensì una materia tradizionale, eran pen¬ 

sieri ereditariamente trasmessi per via scolastica dall’an¬ 

tichità, e ora non si faceva che prenderli a poco a poco 

in considerazione alquanto più rigorosamente, nè altra 

che questa fu la occasione al formarsi di determinati 

atteggiamenti, caratteristici delle varie tendenze, e le cui 

radici erano di già riposte nella tradizione stessa. Di crea¬ 

zione, intimamente indipendente, di un motivo nuovo, 

non è il caso di parlare nel Medio Evo, nemmeno nello 

Scoto Eriugena, e neanche in Abelardo. Era im’epoca 

che stava ancora attaccata tutta quanta nel modo più 

assoluto alla pura tradizione, e così poteva tutt’al più, 

con uno studio assiduo, pieno di abnegazione, forse an¬ 

che minuzioso, appesantirsi più ostinatamente, entro gli 

angusti limiti che le eran dati, sopra singoli punti, ma 

non mai dominare liberamente la materia. Giustamente 

colpisce gli Scolastici non la taccia di confidente avven¬ 

tatezza o di tumida vacuità, che li avrebbe portati forse 

a scaraventare nel mondo sistemi belli e fatti, nè ci fan 

rabbia con la loro verbosità; ma ben piuttosto ci prende 

un senso di compassione, quando vediamo, con un campo 

visivo estremamente ristretto, sfruttate fedelissimamente 

sino all’esaurimento, con una solerzia senz’ ombra di ge¬ 

nialità, le vedute unilaterali possibili entro quel campo 

6 tesso, o quando a questa maniera si sprecano secoli in- 








16 



CARLO PRANTL 



tieri nel vano sforzo d’introdurre metodo nella insensa¬ 

tezza. Simili pensieri malinconici sopra tanto tempo per¬ 

duto, si destano in noi per lo più proprio là dove con 

maggior violenza si fan guerra, relativamente agli uni¬ 

versali, le diverse opinioni, svolte sino alle ultime con¬ 

seguenze, mentre il primo sorgere della contesa ci può 

pur sempre apparire in parte come principio di un’a¬ 

zione fecondatrice e stimolatrice. Per il progresso di 

quella scienza che si denomina propriamente « filosofia », 

bisogna considerare il Medio Evo come un millennio 

assolutamente perduto, poiché nel secolo XY ci si dovette, 

per mezzo del Rinascimento, riattaccare proprio a quel 

punto, a cui ci si era trovati già nel secolo V. 


[§ 7 . — La questione degli universali determina un 


CONTRASTO DI TENDENZE NEL CAMPO DELLA LOGICA: PREVA¬ 

LENZA DI UN REALISMO platonico]. Se riflettiamo che già 

al principio del Medio Evo la Isagoge di Porfirio era il 

testo scolastico più universalmente diffuso, il quale era 

ritenuto condizione preliminare per aver adito allo stu¬ 

dio della logica, certamente si riesce a spiegare che in 

tutte le scuole il maestro della materia, nell’interesse suo 

e de’ suoi scolari, dovesse indugiarsi alquanto più a lungo 

sovra un passo d’importanza decisiva, che si trova subito 

in principio del libriccino (— si sa bene che da princi¬ 

pio si va avanti volentieri più minuziosamente e più len¬ 

tamente —), cioè sopra quel passo, che nella traduzione 

di Boezio (Sez. XII, nota 86; cfr. la Sez. XI, nota 39) è 

di questo tenore, essere cioè « prima quaestio » se gli uni¬ 

versali abbiano realtà obbiettiva come esseri incorporei, 

o sieno solamente finzioni nella sfera dell’intelletto umano 

(intellectus). E se ora la risposta più precisa a questa do¬ 

manda, che riguarda nel modo più chiaro l’antitesi di 

platonismo e aristotelismo, viene evitata da Porfirio-Boe- 

zio, perchè « altioris ne gotti », proprio da ciò i maestri 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



17 



piu provetti erano determinati a decidersi per uno o l'al¬ 

tro dei due indirizzi 19 ). Vero è ora che il neoplatonico 

Porfirio aveva detto espressamente in quel luogo, che egli 

si atteneva alla tesi della natura obbiettiva degli univer¬ 

sali, ma in pari tempo aveva aggiunto eh’ egli avrebbe 

svolto la propria trattazione, per lo più secondo l’indi¬ 

rizzo peripatetico (Sez. XI, nota 39); e anche Boezio, 

dal canto suo, dichiara, nella forma più sbrigativa 

(Sez. XII, loc. uh. cit.), che gli universali esistono in 

verità, e vengono appresi consideratione animi. 


Cosi da questo passo, di decisiva importanza, del te¬ 

sto di scuola, era bensì reso possibile che molti con tutta 

ingenuità credessero fosse loro dato di seguire insieme 

un modo di pensare platonico e uno aristotelico; ma pro¬ 

prio per quelli che volevano pensarci su con alquanto 

maggior precisione, si trattava di un aut-aut, e rispetto a 

quest’ alternativa, dal punto di vista teologico, la risolu¬ 

zione era propriamente presa di già in antecipo a favore 

di un realismo platonico. Poiché, quando la dialettica 

era considerata tutta quanta un vuoto formale strimpel¬ 

lamento verbale (note 8-16), quei chierici, che per la 

ragione sopra indicata si occupavano purtuttavia di que¬ 

sta materia, dovevano necessariamente industriarsi di da¬ 

re a tutto il complesso un fondamento reale, e precisa- 

mente, come ben s’intende, non potè in ciò esercitare 

decisivo influsso alcun’altra realtà, all’infuori da quella 

che si trovava nelle idee cristiane. Ed è pur anche possi¬ 

bile che, come per altri riguardi, così anche relativa- 



"') V. Col'SIN ( Ouvrages inédits d'Abélard, Parigi 1836 , in 4 °: 

riprodotto con alcune correzioni e aggiunte nei Fragnients de phi- 

losophie du moyen-àge, Parigi, 1840 e 1850, in -8° [5* ediz., 1865]) 

ha il grande merito di essere stato il primo a mostrare questa vera 

fonte del nominalismo e del realismo : e in base alle indicazioni di 

lui, B. Havréau (De la philosophie scolastique, Parigi 1850, in -8°, 

due voli. IHist. de la phil. scol., Parigi 1872-80, in -8°, due parti in 

tre tomi]) ha tratto dai manoscritti ancora vario materiale prezioso. 


2. — C. Prantl, Storia della logica in Occidente, n. 





18 



CARLO PRANTL 



mente alla logica, abbiano cooperato qual autorità pe¬ 

rentoria, sentenze che si trovavano nell’epistole paoli- 

ne 20 ). Per lo meno vediamo enunciata da Teodoro Rai- 

tliuensis (metà del secolo VII), con riferimento diretto a 

Paolo, la opinione che si trovi in contraddizione con 

l’Apostolo chi designi lo studio delle Categorie come un 

eminentissimo pregio del teologo, e così porti la pia di¬ 

sposizione d’animo del Cristiano a non consister d’altro 

che di parole o suoni di parole 21 ). E sebbene non vo¬ 

gliamo citare questo passo addirittura come la prima e 

più antica manifestazione dell’antitesi fra nominalismo e 

realismo, è comunque tanto chiaro tuttavia, che, dalla 

parte della teologia, dev’esserci, in logica, una corrente 

prevalente, nel senso del platonismo. La « sostanza indi- 



s ")Per es.: ud Corinth., I, 1, 17 : s'ia-;~;s'/JX!i^ba.'. oòx èv ao?!a 

[evangelizare: non in sapicntia verbi]; ib., 2, 4-6: xal 6 Xóyos poo 

xal xò xV/pUYPà poi» oòx Iv nsiOotc aocflaj Xifo i?, àXX' èv àjtoSelgs'. 

nvsùpaxos xal Suvà|isioj, iva Jtlaxif 6p(3v pf/ ^ èv aotplqt àvOptóittov 

4XX' èv Sovàpei O-soO [« et sermo meus, et praedicatio mea non in 

persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in ostensione spiritns, 

et virtutis: ut fides vestra non sit in sapientia hominuni, sed in 

vii-tute Dei »] ; ad ThessaL. I, 1, 5: xó «flaYYèXiov ^ptòv oOx è^sv^a-ig 

5tpò? 5pàs èv Xóyip póvov, àXXà xai èv Sovdpei xal èv nveùpaxi Stylqt 

(« Evangelium nostrum non fuit ad vos in sermone tantum, sed et in 

virtute, et in Spiritu sancto »] ; ad Timoth., I, 6, 3-4: et xtj éxspoSi- 

SaaxaXsì..., xsxù?(oxai, pr|5èv émaxàpevog, àXXà voacòv itspi ^TjxVjasts 

xal Xoyopaxiap [« Si quis aliter docet.... superbus est, nihil sciens, 

sed languens circa quaestiones, et pugnas verborum >]. Cfr. più sopra 

le note 3 e 11. 


2I ) Theodori Presbìteri Raithuensis Praeparatio de incarna- 

tione ( Bibl. Patr. Galland., XIII, p. 29): i-ziiy, 5è 4 Heuijpog cJiiXat; 

jtpoxaOé^Exai cpfflvalj. èv fr/paoi xs póvotp xal ij/oip T1 ì v sùaéjistav 

0noxi8-exaf xalxoiYE xoD àrcoaxóXou XéYOvxop „oò Y“P èv Xiyip ij ga- 

oiXeta xoS 6so0, dcXX’ èv 5ovàps: xal àXvjOsl:?,, (ad Corinth., I, 4, 20). 

o5xos 5è xap* a&x(j> Seotjptp xpolxiaxog S-sÌXoyos y vwpijsxat. tì)g 

àv xàf xaxrjYopiaj 'AptoxoxéXooj. xal xà Xouxà xiòv S?o) cpiXoaó;pci>v 

xoptjià ■Jjaxrjpévop toyX  ) Orig. II, 23 (p. 29a) [ed. Lindsay, II, xxiv, 8]: In his quippe 

tribù» generibus Philosophiue etium eloquio divina consistunt. Nam 

aut de natura disputare solent, ut in Genesi et in Ecclesiaste: aut 

de moribus, ut in Proverbiis et in omnibus sparsim libris: aut de 

Logica, prò qua nostri Theoreticam [ma il Franti leggeva tlteolo- 

giorni sibi vindicant, ut in Cantico canlicorum, et Evangeliis [PL, 

82, 1411. 


85 ) Per lo meno, quanto al senso, la distinzione coincide per¬ 

fettamente con quel che si legge nella introduzione allo scritto di 

Mario Viltorino da noi conservato, Expositio in Ciceronis Rhetori- 

cam (p. 102, ed. Capperonicr [ed. Halm, Rhelores Latini Minores, 

p. 155-6: Q. Faro Laurentii Victorini Explaruitionum in Rhet. 

M. T. Cic. lib. I]). 


ss ) Orig. I, 1 (p. 1) [I, i, 3]: Inter arlem et disciplimim Plato 





24 



CARLO PRANTL 



non soltanto era possibile tenere staccati come due rami 

separati il dominio della retorica e quello della spe¬ 

culazione, ma era anche consentito a quest’ultimo di 

trovare, dal suo Iato estrinseco e tecnico, una partico¬ 

lare maniera di trattazione. 


[b) Compendio di dialettica nelle Origines ]. Così 

Isidoro divide tutta la sfera della « logica » (anche tenuto 

conto della dictio e del sermo ) in retorica e dialettica S7 ), 

e a quel modo che, rispetto alla distinzione adottata nelle 

scuole tra questa e quella, si attiene parola per parola a 

Cassiodoro (v. la Sez. Vili, nota 25), così in generale 

proprio il mostruoso compendio di quest’ ultimo, già da 

noi più sopra tratteggiato (Sez. XII, note 172-184), è 

quel che Isidoro trasmette ai secoli successivi, con al¬ 

cune varianti o aggiunte. Dopo avere cioè compiuto il 

passaggio dalla partizione della filosofia alla Isagoge in 



et Aristoteles hanc difjerentiam esse tolueruiit, dicetiles artem esse 

in his quae se et aliler habere possunt; disciplina vero est, quae de 

liis agii quae uliter evenire non possunt. Nam quando veris disputa- 

tionibus aliquid disseritur, disciplina erit: quando uliquid verisimile 

atque opinabile tractatur, nomen artis habebit [PL, 82, 73], 


,: ) l)e differ. spir., c. 31 (p. 302 b): Nunc partes logices exse- 

quamur. Constai autem ex dialectica et rhetorica. Dialectica est ratio 

sive regala disputatali, intellectum mentis acuens, veraque a falsis 

dislinguens. [Rhetorica est ratio dicendi, jurisperitorum scientia, 

quam oratores sequuntur ]. Hac, ut quidam ait, « sicut jerrum ve- 

neno, sententia armalur eloquio » [PL, 83, 94; c. s., c. xxxix, 

art. 1531. — Orig. II, 24 (p. 29 a) [II, xxiv, 7]: Logicam, quae 

ralionalis vocatur, Plato subiimxit.... dividens eam in Dialecticam et 

Rlictoricam. Dieta autem Logica, i. e. rationalis. Aóyoj cnim apud 

Graecos et sermonem significai et rationem [PL, 82, 141]. — Ibid., 

Vili, fi (p. 106 a) [Vili, vi, 6]: Logici.... quia in natura et in mo- 

ribus rationem adiungunt. Ratio enim Graece Xifog dicitur [PL, 

82, 305], — Ibid., II, 22 (p. 28 b) [II, xxll, 1-2] : Dialectica est disci¬ 

plina ad disserendas rerum causas inventa. Ipsa est philosophiae spe- 

cies, quae Logica dicitur, i. e. rationalis definiendi, quaerendi et 

disserendi potens.... Aristoteles ad regidas quusdam huius doclrinae 

argumenta perduxit, et Dialecticam nuncupavit, prò eo quod in ea 

de dictis disputatile. I\'um Xextdv dictio dicitur (cfr. ibid., I, 22 s. [?]). 

Ideo autem post Rheloricam disciplinam Dialectica sequitur, quia 

in multis utraque communio existunt [PL, 82, 140]. 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



25 



quella «tessa maniera secca, che abbiamo veduta iu Cas- 

siodoro 28 ), egli presenta una enumerazione e illustra¬ 

zione delle quinque voces, dove prende occasione di far 

risaltare i meriti di Porfirio, di fronte ad Aristotele e 

Cicerone 29 ), e manifestamente non ha fatto che attingere 

alla traduzione di Vittorino, commentata da Boezio, al 

quale Vittorino anzi rinvia egli medesimo, nella chiusa 

del capitolo 30 ); particolare a lui è, a tal proposito, la 

pensata sommamente scolastica, di esprimere a mo' d’e¬ 

sempio le cinque voci in una proposizione S1 ). Appresso 

viene, relativamente alle categorie, una notizia che in 

principio e in chiusa è ricavata letteralmente da Cassio- 

doro 32 ), ma nella parte centrale è più estesa, e partico¬ 

larmente più ricca di esempi. Dopo di ciò viene natural¬ 

mente de interpr., una Sezione che qui per la prima volta 

incontriamo con la barbarica intestazione « De Periher- 

meniis [ Aristoteli s] » ss ); le parole introduttive e il nu- 



,s ) Sez. XII, nota 173. 


*) Orig. II, 25, p. 30 a [II, xxv, 4-5]: Cuius disciplinae defini- 

tionem plenum existimaverunt Aristoteles et Tulliiis ex genere et 

differentiis consistere. Quidam postea pleniores in docendo eius 

perfectam substantialem definitionem in quinque partihus. veluti 

membris suis, dividerunt [PL, 82, 143]. Cfr. Boezio, ad Porph. 

[a Vict. fransi., I, 8; ed. Brandt, p. 21], p. 7 ( [Opp.], ed. di Basilea 

1570) [PL, 64, 17]. 


30 ) lbid., p. 301> [II, xxv, 9]: Isagogas aulem ex Crucco in 

Lalinum transtulil Victorinus orator, commentumque eius quinque 

libris Boetius edidit [PL, 82, 143]. 


31 ) Ibid., p. 30 a [II, xxv, 8] : et est ex omnibus his quinque 

partihus oratio plenae sententiae, ita: Homo est animai ralionale, 

mortale, risibile, boni malique capax [PL, ibid.]. (Cfr. Sez. XI, 

nota 46). 


32 ) Ibid., II, 26, p. 30 b [PL, 82,143 ss.] -— V. la Sez. XII, nota 174 

(anche le parole della chiusa del testo d’Isidoro, eh’è guasta, son 

da leggere secondo il tenore del luogo corrispondente di Cassio- 

doro). 


33 ) Si ravvisava cioè in Perihermeneias inspi ip |iv)vsia?!. scritto 

in una sola parola, un accusativo plurale, e s’imaginava un corri- 

-pondente nominativo Perihermeneiue. (Invero ancora nel sec. XIX 

troviamo nella Geschichte von St. Gallen [« Storia di S. Gallo »] di 

Ii-defons v. Arx, I, p. 262, «die Periemerien » di Aristotele; v. ap¬ 

presso, nota 245). 






26 



CARLO PRANTL 



eleo centrale vero e proprio (la definizione di nomen, 

verbum, oratio, enuwtiatù), affirmatio, negatio, contradic- 

lio) sono copiate parola per parola da Cassiodoro 34 ), 

ma in mezzo ci sono alcune osservazioni più generali, 

che son prese da Boezio (v. la Sez. XII, nota 110), e che, 

concernendo la relazione tra linguaggio e pensiero, 

vennero ad assumere grande importanza per la età 

successiva 35 ); ma le parole di chiusa del capitolo se¬ 

gnano il passaggio alla sillogistica in ima maniera più 

tollerabile che non sia quella tenuta da Cassiodoro 36 ). 

Segue ora la sillogistica stessa, che, dopo un monito 

introduttivo a guardarsi dall’abuso sofistico 37 ), è presa 

con la più letterale fedeltà da Cassiodoro 3S ). Appresso 

viene la teoria della definizione, che Isidoro copia da 

Vittorino, ragion per cui abbiamo dovuto già più so¬ 

pra (Sez. XII, nota 2) riferirne il contenuto. Ma dalla 

definizione si passa alla topica con le stesse parole di 

Cassiodoro (v. ibid., nota 179), e anche nella enume¬ 

razione dei loci è utilizzato solamente quest’ultimo; ma 

anzitutto rimangono qui affatto escluse quelle interpola¬ 



rle. 27, p. 31 a. — Si veda la Sez. XIL, noia 175 ([Isidoro ri- 

producel anche il motto su Aristotele). 


35 ) lbid. [II, xxvil, 2] : Omnis quippc res, quae una est et uno 

si^nìficiitur sermone , aut per nomen significatur, aut per verbum: 

quae dune partes orutionis interpretanlur totum, quidquid conceperit 

mens ad loquendum. Omnis enim elocutio conceplae rei mentis in- 

terpres est [PL, 82, 145], Particolarmente dobbiamo a questo propo¬ 

sito mettere in rilievo la locuzione « concipere, concepito ». 


Ibid., p. 31 b [II, xxvti, 7]: \Utililas~\ Perihermeniarum haec 

est, quod ex his interpretamentis syllogismi fumi. Vnde et analytica 

pertructantur [PL, 82, 1461. Cfr. la Sez. XII, nota 176. 


37 ) C. 28, p. 31 b [II, xxviii, 1]: plurimum lectorem adiuvat ad 

veritatem investigandam tantum, ut absit ille error decipiendi adver- 

sarium per sophismata falsarum conclusionum [PL, ibid.]. 


38 ) L’intiero capitolo contiene pertanto quel che abbiamo do¬ 

vuto riferire già più sopra (Sez. XII, note 176 e 177); soltanto che 

Isidoro lascia fuori, tra i passi riportati alle note 3, 13 e 16 della 

stessa Sezione, il contenuto della nota 3 [leggerei 16: il contenuto 

della nota 3 è riprod. da Isidoro, II, xxvin, 25 [PL, 82, 148], com’ è 

osservato ivi dallo stesso Prandi. 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



27 



zioni estranee, che abbiamo vedute più sopra ( ibid ., note 

181-183), e inoltre, omessi i loci retorici, vengono, di 

quelli dialettici, accolti integralmente soltanto i cicero¬ 

niani, e tre inoltre di quelli di Temistio 39 ). Finalmente 

la chiusa è data da ima speciale Sezione « De opposi- 

lis », che senza dubbio qui non sta nella solita connes¬ 

sione con la teoria delle categorie 40 ), ma si riattacca an¬ 

cora al materiale della topica, coni’ è anche di fatto 

estratta dal commento di Boezio alla Topica di Cice¬ 

rone 41 ). 


[c) Altri spunti di teorie logiche]. Ma, oltre a 

questo compendio di dialettica, c’ è in Isidoro qualche 

cos’ altro ancora, che, grazie all’ autorità da lui goduta 

nella età successiva, esercitò influsso sopra la storia della 

logica. Da un lato cioè si trovano frammenti isolati di 

teorie logiche in altre sezioni della sua opera enciclope¬ 

dica: così, p. es., oltre a ripetere la solita definizione 

degli omonimi ecc. (nella Sezione intorno alle categorie : 

v. sopra la nota 32), Isidoro viene anche nella Gramma¬ 

tica a parlare di quest’oggetto, ma qui egli fa uso delle 

forme verbali greche 42 ); inoltre, della retorica, è da ri- 



39 )C. 30. — V. la Sez. XII, nota 184; fra i loci ivi riferiti di Te- 

mistio, troviamo qui soltanto: a loto , a partibiis, a nota [II, xxx, 2-4] 

[PL, 82, 151]. . , , 


*°) Come, p. es, Sez. XII, note 61 e 94; invece, in altra forma, 

ibid., nota 10. 


41 )C. 31, p. 35 a [II, xxxi, 1, 3, 6, 7]: Primum genita est con- 

trariorum, quod iuxta Ciceronem diversum (leggi adversum) vo- 

cutur.... Secundum genita est relalivorum .... Tertium genus est oppo- 

sitorum (si osservi la terminologia inesatta) habitus vel orbatio. 

Quod genus Cicero privationem vocat.... Quartum vero genus ex con- 

firmutione et negatione opponilur.... Quod genus quartum apud Dia- 

lecticos multimi liabet conflictum, et appellatur ab eis calde oppo- 

situm [PL, 82, 153-4]. La fonte di questo vedila in Bof.zio, ad. Cic. 

Top. [1. IV], p. 815 s. [PL, 64, 1119-22]; il luogo relativo di Cicerone 

fu citato più sopra, Sez. Vili, nota 42. 


■*-) Orig. I, 7, p. 4 a [I, vii, 14-15] : Synonyma, hoc est plurino- 

mia.... Homonyma. hoc est uninomia.... [PL, 82, 83], 







28 



CARLO PRANTL 



cordare in particolare la Sezione De syLlogismis, perchè, 

da un lato, fece riconoscere, per l’argomentazioue, un’al¬ 

to valore all’entimenia (v. qui appresso la nota 93), e 

perchè, dall’altro lato, contiene una, per quanto me¬ 

schina, notizia della esistenza della induzione. II conte¬ 

nuto di questa teoria del sillogismo 4a ) non offre, coni’ è 

naturale, assolutamente nulla di nuovo, bensì è preso da 

Vittorino (v. la Sez. XII, nota 12), e attraverso Vittorino 

rinvia «ino a Cicerone (Sez. Vili, note 53-62, e ivi par¬ 

ticolarmente alla nota 60 il passo relativo, concernente 

1 ’ cnthymemd). 


D’ altra parte, infine, con alquanti semplici accenni a 

punti particolari, che in se stessi stanno fuori dal campo 

della logica, Isidoro — quasi direi senza volere — ha 

dato occasione a quelli che son venuti dopo, di sollevare 

questioni, delle quali noi dovremo citare appresso le so¬ 

luzioni, come elementi del corso della storia 44 ). Una delle 

cose sopra le quali a tal proposito fermiamo l’occhio, 

è la determinazione di mia differenza tra Rationale e 

Ratwnabile 45 ), che, evidentemente fondata sopra un 

passo del commento di Boezio alla Isagoge 46 ), può aver 



i3 ) Orig. II, 9 e 12 (p. 23 b [II, ix, 1-4]: Syllogismus Graece, 

Latine argumentatio appellatur.... Syllogismorum apud rhetores prin- 

cipulia genera duo sunt: inductio et ratiocinatio ) [PL, 82, 128], 


4) ) Sebbene dunque possa far maraviglia al lettore che di tali 

cose io faccia menzione qui, risulteranno più sotto sufficentemente 

i motivi, per cui è bisognato che, dello straricco tesoro di scienza 

scolastica isidorea, io facessi risaltare proprio questi, e anzi esclusi¬ 

vamente questi due elementi particolari. Si tratta in generale di ren¬ 

dersi conto dell’assoluta intima mancanza d’indipendenza degli 

autori medievali. 


i6 )De difjer. spirit., 18, p. 297 a [PL, 83, 82 ; c. s., c. xxtl, 

art. 85] : Intcr ratioruibile et rationale hoc interesse sapiens quidam 

[ Acostino, De ordine, 1. II, c. XI, art. 31; PL, 32, 1009] dixit: « Ru- 

"anale est, quod rationis utitur intellectu, ut homo; rationabile vero, 

quod ratione dicium vel factum est ». Lo stesso, quasi alla lettera,’ 

Differ. lib. [I.], p. 770 a [PL, 83, 59; art. 487], 


46 ) Porfirio aveva cioè, nell’indicare quel eh’è comune al yivoc 

e alla Staqsopà (Sez. XI, nota 49), adoperato come esempio il Xoy ixóv, 

in un passo che nella traduzione di Boezio (p. 95 [In Porph. a se 











STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



29 



avuto per conseguenza che in seguito si facessero oggetto 

di ancor più accurata ponderazione le parole del passo 

suddetto (v. sotto le note 212 ss.) ; invece l’altra cosa con¬ 

siste nell’ affermazione, connessa alla « creazione dal 

nulla », che le tenebre non sono sostanza 47 ), e di ciò 

non tarderemo a trovare appresso (note 72 ss.) ima con¬ 

seguenza ulteriore. 


[§ 10. — Alcuino: sua compilazione di un compen¬ 

dio di dialettica]. Lo stesso punto di vista d’Isidoro, 

così riguardo al valore della dialettica, come anche nella 

bislacca compilazione di un compendio, prevale pure 

in Alcuino (735 [730 circa] - 804): coni’è noto, 

dell’ insegnamento, da lui impartito, della logica allora 

in voga, profittò lo stesso Carlo Magno 4S ). Non soltanto 

troviamo in Alcuino la partizione delle scienze secondo 



transl., V, 3: ed. Brandt, p. 292]) suona cosi: Cumque sit differentia 

« rntionalis », praedicatur de ea ut differentia id quod est « ratione 

ufi », non solum aulem de eo quod est rationale, sed etiam de his 

qttae sunt sub rationali speciebus praedicabitur ratione uti [PL, 

64, 136]. Ora nel commento di queste parole Boezio dice (p. 96 

[ ittici ., ed. Brandt, p. 294]): de rationali duae differentiae dicuntur. 

Quod enini rationule est, utitur ratione nel habet rationem. Aliud 

est aulem. uti ratione, aliud habere rationem.... ergo ipsius radono- 

bililatis quaedam differentia est ratione uti, sed sub rationabilitate 

homo positus est [PL, 64, 137], 


47 ) Sentent. I, 2, p. 620 b : Materia ex qua coelum terraque for¬ 

mata est, ideo informis vocata est, quia nondum ea formata erant, 

quae formari restabant, verum ipsa materia ex nihilo facta erat.... 

(p. 621 a): Non ex hoc substantiam habere credetulae sunt tenebrae, 

quia dicit dominus per prophetam « Ego Dominus formans lucem, 

et creans tenebras » [Eisa., XLV, 6-7] ; sed quia angelica natura, 

quae non est praevaricata, lux dicitur; illa autern quae praevaricata 

est, tenebrarum nomine nuncupatur [PL, 83, 550; 1. I, c. Vili, 

art. 7 e 9], 


48 ) Einhahdi Vita Karoli lmperatoris, c. 25 [Pertz, MOH, II, 

p. 456-7]: audivit in [discendis ] caeteris disciplinis Albinum cogno- 

mento Alcoinum.... apud quem et rethoricae et dialeclicae.... edi- 

scendae plurimum et lemporis et laboris impertivit [PL, 97, 49]. — 

Poeta Saxo, Annalium de gestis Caroli Magni Imperatoris Lib. V, 

v. 235 s., nel Pertz, MGIT, I, p. 271: Artis rethoricae, seu cui diu- 

lectica nomen. Sumpsit ab Alquini dogmute noti cium [PL, 99, 728). 






30 



CARLO PRANTL 



uno schema che si conforma a quello d’Isidoro, ma egli 

inoltre ripete letteralmente, attingendo a quest’ultimo, la 

su riferita (nota 24) concezione teologica della logica 49 ); 

nello svolgere questi pensieri, mostra dappertutto di ap¬ 

prezzare altamente la filosofia, e mentre spesso a tale 

apprezzamento associa lamentele per la ignoranza larga¬ 

mente diffusa, si leva a sentenziare che le arti liberali 

son le sette colonne della sapienza 50 ), e così, nelle prin¬ 

cipali questioni teologiche sopra il concetto di Dio e so¬ 

pra la Trinità, fa largo uso, rimandando ad Agostino, 

della tradizionale filosofìa scolastica, cioè della teoria 

delle categorie 31 ). 


Ma che lo stesso Alcuino abbia scritto intorno a tutte 

sette le arti, è ima credenza già da gran tempo confu¬ 

tata 52 ), essendo stato dimostrato che passò per essere 

opera di Alcuino mi compendio del De artibus di Cas- 

siodoro, molto letto nel Medio Evo. È bensì vero invece 

eh’ egli coltivò la grammatica, la retorica e la dialettica, 

e che inoltre accompagnò 1’ invio a Carlo Magno del libro 

pseudo-agostiniano sopra le Categorie (Sez. XII, note 

40 ss.) con mi prologo metrico 5S ), dove nel modo d’in- 



49 ) Ai.cuini Operu, ed. Frobenius, Ratisbona 1777, in fol.; II, 

p. 332 [PL, 101, 947-8], e Dialectìca, I, ibid., p. 335 [952]. 


5 °) P. cs., E pisi. 38 (I, p. 53), Epist. 68 (p. 94), E piu. 141 (p. 202) 

[ed. Diinimler, MGH, 1895, Epist. 121, p. 177; 148, p. 239; 34, 

p. 75], — Grammatica (II, p. 267-8 [PL, 101, 853]): Sapicntia libe- 

ralium litlerurum septem columnis confirmatur ; nec alitar ad per- 

fectam quemlibet deducit scienliarn, itisi bis septem columnis vel 

etiam grndibus exaltetur. 


M ) De Fide S. Trinitatis, I, 15 (I, p. 713) [22] ed Epistola nun- 

eupatorio (p. 704) [12: ed. Diinimler, Epist. 257, p. 415], Quaestiones 

de Trin. (I, p. 740) [59], Epist. 122 (X, p. 177), Epist. 221 (p. 285) 

[ed. Dummler, Epist. 268, p. 426, e 280, p. 437]. 


52 ) Dal Frobenius, nella Praef., II, p. 263 s. [PL, 101, 247-8], 


M ) Tale prologo è del seguente tenore (II, p. 334) [ed. Dummler, 

MGH, 1881, I, p. 295]: Continet iste decem naturile verbo libellus, 

Quae iam verbo tenenl remm ratìone stupenda Omne quod in no¬ 

strum poterit decurrere sensum. Qui legit ingenium veterum mira¬ 

bile laudet, Atque suum studeat tali exercere labore, Exomans titulis 

vitae data tempora honestis. Rune Angustino placuit transferre ma- 







STOBIA DELLA LOC1CA IN OCCIDENTE 



31 



tender le categorie è implicito il punto di vista di Boezio 

(v. ibid., nota 84). 


Lo stesso compendio di dialettica, che reca parimente 

in cima mi simile insignificante prologo, è scritto in for¬ 

ma dialogica: le domande sono sempre fatte da Carlo 

Magno, ma Alcuino dà le risposte. In questo compendio, 

da principio tutto è letteralmente preso da Isidoro, an¬ 

che la divisione della logica in retorica e dialettica (v. 

sopra la nota 27), ma al contenuto vero e proprio si passa 

con una partizione, in sommo grado scolastica, della dia¬ 

lettica in « cinque specie » 54 ). La prima Sezione, cioè, 

coni’ è naturale, la Isagoge, è copiata parola per parola 

da Isidoro (omessi i luoghi riportati nelle precedenti 

note 29 e 30), e neanche manca quell’ unica proposi¬ 

zione esemplificativa (nota 31) 55 ). Fa seguito una minu¬ 

ziosa notizia, intorno alle categorie 56 ), che è interamente 

estratta dal compendio pseudo-agostiniano, con trascri¬ 

zione barbarica delle parole greche che vi s’incontrano 

(v. la Sez. XII, nota 50); di nuovo c’è aggiunta una cosa 

soltanto, che cioè anche per le categorie viene ora for¬ 

mala qui una frase unica, presentata come esempio 5r ). 

Ma mentre nel pseudo-Agoslino (c. 18) dopo la decima 

categoria ( habere ) viene la solita trattazione degli op- 



gislro De veterum guzis Graecorum clave latino. Quem libi rex, 

magnus sophiae sectator, umator, Munere qui tali gaudes, modo 

mitto legendum [PL, 101, 951]. 


54 ) C. 1, p. 336 [PL, 101, 953] : K. Quot sunt species diulecticae ? 

— A. Quinque principales; isagoge, categoriae, syllogismorum. for- 

mulae, diffinitiones, topica, periermeniae. In veri là una disposizione 

mostruosa, che mal si accorda inoltre co-n il numero di cinque: v. 

tuttavia appresso la nota 64. 


5;> ) C. 2, che si chiude con le seguenti parole (p. 337 [954]): 

tlaec commentario sermone de isagogis Porphyrii dieta sufficiant. 

Pinne ardo postulat ad Aristotelis categorias nos transire. 


6 «) C. 3-10, p. 337-343 [954-963]. 


51 ) C. 10, p. 342 [9621: K. Ex his omnibus decerti praedicamentis 

unam mihi conjunge orationem. — A. Piena enim oratio de his ita 

conjungi potesti « Augustinus magnus orator, filius illius, stans in 

tempio, hodie infulatus, disputando fatigatur ». 







32 



CARLO PRANTL 



posti, per tale argomento Alcuino disdegna questa fonte, 

limitandosi a copiare ora parola per parola, con la in¬ 

testazione « De contrariis vel oppositis », la Sezione cor¬ 

rispondente in Isidoro (v. sopra la nota 41) 5S ) ; invece 

immediatamente dopo, per i così detti Postpraedicamenta 

(prius e simul ), fa ancora un salto per ritornare al Pseu¬ 

do-Agostino, omettendo tuttavia affatto, di quest’ ultimo 

testo, il cap. 21 (la immutatio) 59 ). Viene poi, con la 

intestazione « De argumentis », prima di tutto un rias¬ 

sunto estremamente sommario di quell’ estratto della teo¬ 

ria del giudizio, che Boezio (v. la Sez. XII, note 80 e 

165) aveva incorporato al suo scritto De differentiis to¬ 

pici s B0 ), e poi, in quanto che proprio lì si viene a par¬ 

lare anche dell’argomentazione, ima meschina scelta di 

alcuni esempi di sillogismi ipotetici, svolti da Boezio in 

quello stesso scritto; ma a ciò si attaccano ancora subito 

i quattro primi modi dei sillogismi categorici, che son 

tratti da Isidoro (v. sopra la nota 38) 61 ). La teoria della 



5S ) C. 11, p. 343 1963]. Con la sola differenza che negli esempi 

i nomi propri o il contenuto degli esempi stessi 6ono trasportati 

■iella sfera morale-teologica. 


:!1 ) /6/d. Nè al principio di questi postpraedicamenta nè in chiu¬ 

sa, è stato segnato un qualsiasi trapasso, che li riconnettesse alle 

trattazioni precedenti o alle successive. 


6 ") C. 12, p. 344 [964]. Dopo ch ! è stato determinato che cosa 

sia urgumentum (rei dubiae affirmatio) e che cosa sia oralio (veruni 

 Dial., p. 350 s. [973-4], — Particolarmente si trova anche fatta 

qui novamente menzione di concetti imaginari, p. es. : hircocervus, 

quod graece trngelaphus dicitur. 


®) Ibid -; P- 351 [PL, 101, 974]: K. Num et Ulne aline species 

qualuor (cioè interrogativa, imperativa, deprecativa, vocativa) ad 

dialecticos non pertinenl? — A. Non pertinenl ad dialecticos sed 

ad grammalicos. 


Ibid p. 352 [976], 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



35 



zione ,0 ), ma adduce inoltre alquanti esempi attinenti 

alla sfera delle fallacie sofistiche 71 ), servendogli qui da 

fonte Aulo Gellio. 


[§ — Fredegiso da Tours]. Se questi due com¬ 


pendi che abbiamo sinora considerati, ci presentano 

esclusivamente la forma di opere a centone, nella compi¬ 

lazione delle quali non si faceva neanche sentire più il 

bisogno astrattamente logico di un qualsiasi ordine di 

successione che tenesse unito il complesso, certamente, al 

paragone di tali prodotti scolastici, ravvisiamo già un 

progresso, quando vediamo questo o quell’ autore sentirsi 

per lo meno stimolato, dal materiale divenuto tradizio¬ 

nale, a proporre questioni, alle quali tenta di dar tale 

o talaltra risposta. Ma non possiamo pretendere gran che 

da siffatti primi tentativi: e nient’ altro che un docu¬ 

mento di assoluta mancanza di chiarezza, in quelle que¬ 

stioni che non tarderanno a determinare dissidi di ten¬ 

denze, ci è dato dalla maniera in cui Fredegiso, sco¬ 

laro di Alcuino (morto nell’834 a Tours, dove prima 

era stato abate), in una Epistola de nihilo et tenebris 72 ), 

indirizzata ai teologi della corte di Carlo Magno, viene 

alle prese con i concetti di « nulla » e di « tenebre », dei 



10 ) Dialogus de Rhetorica et Virtutibus (II, p. 324 [PL, 10], 

935-63). 


7 ') Ibid., p. 326 [9393 : Si dicis, « non idem ego et tu; et ego 

homo », consequens est, ut tu homo non sis.... Sed quot syllabas ha- 


bet homo? — Duas. — Nunquid tu dune itine syllubae es? _ Ne- 


quaquam. Sed quorsum ista? — Ut sophislicam intelligas versu- 

tiam.... Cfr. la Sez. Vili, noia 66. 


r -) Stampata nella Steph. Baluzii Miscellanea, ed. Dom. Mansi, 

Lucca 1761, in fol., Il, p. 561>-58a, e di là riprodotta nella PL, 105, 

.51 ss.: ma la edizione migliore, fondata sopra una nuova compa¬ 

razione dei manoscritti, si trova curata da Max Ahner, Fredegis von 

fours (Lipsia 18,8), p. 16 ss. Le parole introduttive son di questo 

tenore: Omnibus fidelibus et domini nostri serenissimi principis 


mjt ' J acro eius F tdntio consistentibus Fredegysus Diaconus 

[IL,, 105, /511. 







36 



CARLO PRANTL 



quali, secoudo la maniera usata, vuol parlare così ratione 

(cioè logicamente) come anche auctoritate (cioè con¬ 

forme alla teologia ortodossa ) 73 ). La occasione a tutto il 

dibattito è data certamente, in generale, dal passo già 

citato (nota 47) di Isidoro, ma il modo d’intendere le 

questioni, a prescindere dal generale punto di vista teo- 

logico, è, per riguardo alla logica, cosi rozzo o così inge¬ 

nuo, che di fatto non troviamo un termine per qualifi¬ 

carlo; poiché, dove non si presenta neanche la più tenue 

traccia di riflessione sopra i così detti universali, ci è 

impossibile parlare di realismo o di nominalismo. Insom- 

ma si tratta di ima mostruosità tale, da non potersi nean¬ 

che designarla come un primo passo verso idee venute 

fuori in epoca più tarda «). Non soltanto cioè si affer¬ 

ma, in termini secchi, che, insieme con la espressione 

verbale, noi intendiamo immediatamente la cosa, ma ven¬ 

gono inoltre assunte senz’altro come identiche la signi- 



... ,7) Chl j. m,ue Studichi senza prevenzione, consentirà che questo 

dual.smo di raUo e auctoritas . il quale si manifesta dappertutto 


rondo li • nd,e de ' le Par ° 1 ! '' * Fredegiso: queste, sei 


rondo la piu antica lezione riportata dal Baluze (p 57 a r 7521 i 

suonano come segue: huic responsioni oblia,uhm est primari'. 


Ubet’ sedrZT ‘‘"'T' rfe,We betoniate, non q ua- 


. , ’ r "' ,0 ’ ,r ‘ dumtaxat, quae sola auctoritas est salame immo¬ 

la " f 7 urd / NeS6Uno infaUi si Presterà ad accreditare 


derZi^ ). Ma poi, 

anche nello scritto De institutione clericorum, Hrabano 

viene a parlare delle sette arti liberali: e dopo che ivi 

egli lia già in generale ammonito i teologi a guardarsi 

dall’abuso dell’arte di disputare 80 ), questo atteggiamento 

circospetto è quel che predomina in lui, anche là dove, 

seguendo 1 ordine solito di successione, viene propria¬ 

mente a trattare de Dialectira (dopo avere parlato della 

grammatica e della retorica) : ripete cioè, per prima cosa. 



Opera, ed. Colvener, Colonia 1627, in fol.. 



78 ) Hrabani Mauri 

voli. 6. 


79 ) De universo, XV 1 (I, p . 201): Logica autem dividitur in 

duus species, hoc est Dialecticam et Rhetoricam fl’L, ili 4141 


8 )De instit. cler.. Ili, 17 (VI, p. 40): Sed disputa'lionis disci- 

plma ad omnia genera quaestionum. quae in litteris sanciis sant pe- 

netranda et dissolvendo, plurimum valet; tantum ibi colenda est 

Pl 'ioTTo I ^ PUenl ' S  e I’815 

"or 10 fra r887 « r890 [?]) abbia esercitato in . en era e 


Ti r r ” rì,,i “ ) ’ “ ,,ra « t:: 1 ,: 


dei secoli prossimi, è noto; ma può darsi che a noi 


~z:: e t abbia T imes ° qn6to s. 


decisiv ° -*• - 

°° ICa >■ ^iche, relativamente al punto 


il 122» voT ddla Patralógii TeWiomtP-"- ,«/; F , t0SS ’ e toTm * 

ferisco qui nelle citazioni. Ma a nurlli J"*' 18j ? ’ al qua,e n,i ri ‘ 

opera dell’ Hauréau il Commentairede le % 3ggl £ n . t0 ■'"Cora ,,, r 

lionus Cupella (nelle Nolices et Extraitì T ^ Ér,gène sur Mar. 


2, Parigi 1862 [p. 1 ss.]) Extraits dea Manuscrits, Voi. XX, 


non r’imér^no r qui*'ì!’a 1 nno ' ^ròv^to un rifl'’ 8 *" 0 C °" lo Soot ° 

letteratura moderna, avendo Nicola Mofli ™T ,nten f° anche "ella 

und seme Irrthiimer OC S F ,• tLEB preso posizione (J. S. E 

tro Fr. Am. Staudr™*™ U sT 1844) con 


Ze« 1«G. S. E. e la sci. nl,, ,1 1 . • dle Wissenschuft seiner 


te 1834), e contro il Saint-Rtné TaiTi.andifr I>1, Gotha 1860), nè da V Kin. ' m"” C dottrina 


System des J. S E r« TI Jl. » Naulicm (Dos speculatil e 


1860, negli Atti 3,'ll ó è ™ s Peeulativo di G. S. E » IP™! 

voi. XI), nè da Gio v. Hubeh (/. slVf 










STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



41 



ili vista logico, che lo Scoto si trova ad avere assunto, non 

sembra comunque essersi pronunziato ancora un giudizio 

esauriente, quando ci si limita a qualificarlo come reali¬ 

smo, o magari anche come realismo stravagante: vero è 

invece che con l’atteggiamento realistico, che in generale 

è fondato sopra la concezione biblico-teologica, e che na¬ 

turalmente a nessuno può passare per il capo di negare 

allo Scoto, si unisce qui, in maniera sommamente carat¬ 

teristica, un motivo dialettico, al quale ci sembra di do¬ 

ver attribuire somma importanza, perchè in esso ravvi¬ 

siamo i primi lineamenti del nominalismo scolastico. 


La prima cosa che certo si manifesta con la massima 

evidenza a qualsiasi lettore dello Scoto, è la forma rigo¬ 

rosamente sillogistica, nella quale si volge questo scrit¬ 

tore, mettendo con ciò in mostra nello stesso tempo, per 

così dire, le sue conoscenze scolastiche di logica. È que¬ 

sta ima cosa, della quale per se stessa non faremmo già 

particolare menzione, non essendo qui compito nostro di 

registrare per avventura tutti quanti gli scritti di tutti 

quanti i Padri della Chiesa o teologi medievali, nei quali 

si riveli un addestramento logico; tuttavia nel caso pre¬ 

sente sussiste, a quanto ci pare, una stretta connessione 

fra tale cultura scolastica estrinseca e l’intima struttura 

dell’ordine d’idee professato dallo scrittore. Lo Scoto 

Eriugena manifestamente, nella persuasione che la sillo¬ 

gistica, proprio nella sua forma rigorosamente scolastica, 

abbia un valore « filosofico », trae partito da tutte le cose 

consimili. Così ne’ suoi scritti, — a prescindere dalla fre¬ 

quente larga trattazione delle categorie in senso teologico 

si presenta, p. es., della teoria del giudizio, la divi- 



(Des ]. E. Stellung zur mittelalterlichen Scholastik und Mystik 

f« La posizione di G. E. rispetto alla scolastica e alla mistica me¬ 

dievale »], Rostock 1874), nè da Lod. Noack (Weber Leben und 

Schriften des ] J. S. E.: [die Wissenschaft und Bildung seiner Zeit] 

[«Della vita e degli scritti di G. S. E.: la scienza c la cultura del 

tempo suo »), Lipsia 1876). 







42 



CABLO PRANTL 



aione in giudizi affermativi e giudizi negativi, e anzi con 

fa terminologia affirmativus e abdicativus «), 0 la indi¬ 

cazione delle varie specie di opposti «), tra i quali inol- 

tre viene sovente messo in particolare rilievo il cosi detto 

opposto contraddittorio 87 ) : come pure viene fatta men- 

zione delle relazioni antitetiche sussistenti fra il possi- 

bile e 1 impossibile-). Si trova anche presa in conside- 



volia ilio Scoto (de dlctóone a^°I'^ 1 p una 


Cap. delle Categorie pseudo-azostini»,,» - r W3j 111 C0 P‘ are *1 10° 

sario, alle note 139 ss. di questa Sezione -“j! ch è neces ' 


de div. nat., I, 14, p. 462: Et hoc Ir i • i’ ^“ 8nto a * giudizio, v. p. es. 

^soXoyla iKo^onix-rj del Pseudo Dioniei ° r£ “ ; xaxcreaTtxrj e la 


damus exempio. « Essentia tZaZf A reopag,ta) brevi conci,,. 


coda : « supe’ressetZTLT ** ^ 


terminologia che ricorre ancor più volte nelIoVom 6 * 0 ''""' 

alla confusione che abbiamo trovata di eb n r ’ Va r / 1 f 0n ® chiaro dalla spieoare 


Pian, ad duplum... ; am per negat’ionZ Z Z SÌnt ’ ut s, ' m ‘ 


propter) qualitates naturales per abZntiam’m°h “*\ °“*^ ( , leggi 

aut secundum privationem , ut mors etvUa- L n ^ ten . ebrae ’ 

sanitas et imbecillitas. Su questo numi „ s , u contrarl “m, ut 

desuma fonte che Isidoro (v. sopri la „mwn? aU ' n, ° alla ,ne ' 

cavato malamente dalle parole di 11 *.. : s °hanto che ha ri- 


e absentia. 1 ' Boezl ° una distinzione tra privatio 


s1 ) De praedestinatione, 5 , 8 n ì"». i,„ , , 


i oluntate posset simul dici « libera est iihe quomodo de eadem 


contradictorie dicuna,r, quia simul fieri n “ l>; haec enim 


nat., IV, 5, p. 756-7: comradictoZnJZ r p0ssunt - ~ De divis. 

erit veruni, alterimi falsimi Non !«' 9'"a fient, et necessario unum 


”r l htsa calidario ZloaZ 7e sZZ 

versahter sint, sive particulariter fi, : subjecto eodem, sive uni- 


delia terminologia di Boezio (clntradZ ** Vede ’ C è '"escolanza 

nota 113) con quella di M^ianoTl n V ‘ la Sez - XII, 

nota 62). Copella ( proloquium : y. ibid. la 


5# ) De divis. nat., II, 29 n 597- Pn*.n,ir 

in numero rerum computi impossibile 


dicet.... De quibus quisquis alene T . pl,lloso P lum tium conira- 


Owi-E, hi JZ’Z,u,‘Z,ZZ": 


hoc p Z£L~ illt 












STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



43 



razione la solita enumerazione delle varie specie di defi¬ 

nizione 8S> ). Ma principalmente sono messe in rilievo 

dallo Scoto, tanto frequentemente, proprio dal punto di 

vista formale, le forme dell’argomentazione 80 ): e non 

soltanto troviamo in lui, in molti luoghi, intrecciati nel 

testo, sillogismi formulati assolutamente secondo la re¬ 

gola delle scuole 81 ), bensì ancora egli molto si compiace 

di menzionare, con i loro nomi tecnici, sillogismi appar¬ 

tenenti alla topica ® 2 ). 


Ma appunto per quest’ ultimo riguardo ha grande im¬ 

portanza per noi, che lo Scoto accuratamente distingua il 

procedimento dialettico propriamente detto, cioè il sillo¬ 

gismo in generale, dalla rimanente sfera puramente reto¬ 

rica, e per la dimostrazione dia importanza decisiva alla 



sopito dispulutum est. È ben facile capire cbe questo è tutto preso da 

Boezio (v. la Sez. XII, nota 119). 


89 ) Ibid., I, 41, p. 483: Quamvisque multae definitionum species 

quibusdam esse videuntur, sola ac vera ipsa dicenda est definitio, 

quae a Graecis oòaubSr jj, a nostris vero essentialis rocari consuevit. 

Aline siquidem aut connumerationes intelligibilium partium oùatag, 

ai il argumentationes quaedam extrinsecus per accidentiu, aut qua- 

liscunque sententiarum species sunt. Sola vero oòauóSrjs id solum 

recipit ad definiendum, quod perjectionem nuturue, quam definit, 

complet ac perjicit. Questo può essere ricavato da Alcuino (v. sopra 

le note 62 s.) o da Isidoro (v. sopra le note 38 s.) o da Boezio 

(Sez. XII, nota 105). 


®°) Tali passi non si discostano da quella terminologia ch’è usuale 

in Boezio; così, p. es., affirmativus, negativus, termini, diulectica 

proposito, jormula syllogismi condilionulis, e così pure connexio 

(v. la Sez. XII, nota 141), e persino tropus (v. ibid. la nota 119); 

inoltre troviamo ancora collectio e reflexio, che son termini propri 

di Apuleio (v. la Sez. X, note 15 e 19). 


81 ) Così, p. es., de praedest., 14, 3, p. 410; ibid., 16, 4, p. 420. — 

De div. nat., I, 49, p. 491 ; v. anche qui appresso le note 94 ss. 


92 ) P. es., de div. nat., I, 27, p. 474: sunt loci diidectici u genere, 

a specie, a nomine, ab antecedenlibus, u consequeiuibus, a contrariis, 

ceterique hujusmodi, de quibus nunc disserere longum est. — De 

praedest., 2, 2, p. 361-2: argumentum, quod ub effectibus ad causam 

sumitur (cosi anche ibid., 3, 2, p. 365). — Ibid., 9, 7, p. 393, locus 

a contrario e locus a similitudine, e similmente più volte. Anche nel 

Comment. ad Muri. Gap. (v. la nota 84), p. 9: .... tres purles syllo- 

gismorum, i. e. [ab] antecedenti busi,] a consequentibus, a repugnan- 

tibus. Ma la conoscenza di tutti questi loci lo Scoto la poteva rica¬ 

vare esclusivamente de Cassiodoro. 








44 



CARLO PBÀNTL 



'orma logica soltanto. Anzitutto cioè viene da lui attri¬ 

buito già il più eminente valore a quèlla formulazione 

del sillogismo disgiuntivo, che, da Cicerone in poi, si era 

conservata nella tradizione come enthymema , e che per 

tal via aveva avuto accoglimento anche nella Enciclope¬ 

dia d Isidoro (v. sopra la nota 43, e ripetuta la stessa cosa, 

a proposito di Alenino, nota 70): ed effettivamente lo 

Scoto in questa forma del sillogismo ravvisa il punto cui- 

minante di tutti gl, « argomenta », i quali invero sono 

ancora pur sempre considerati congiuntamente ai « signa 

i r ra in » ) : anzi la forma dell’entimema ha potere d’in- 

•'«rio a qualificare l’entimema stesso senz’altro come 

« syllog lsm us » "): e in verità in un altro passo, dove dice 

espressamente di volersi servire deIl’*ico8«i*Tix* le di¬ 

mostrazioni che seguono, sono appunto presentate esclu¬ 

sivamente in quella forma disgiuntiva »*); ma nello stesso 

tempo egli assegna tuttavia decisamente alle forme del 

cosidetto sillogismo categorico un posto ancor più eie- 

vato, appun to perchè queste non appartengono al mecca- 


sumuntur. Qribm tanta ’rii inll [ R - Stu " t contrarietatis loco 


excellcntwe suae merito a ('rimri^'è'h""'' qt ‘° (ìam privilegio 

conceptiones rLZ sicJZZ e,,lhymemnt “ dicantur. hoc est, 

munì est illud, nuoci sumitur * '‘ rsu . met } ,orum omnium forlissi- 


calium aptissimum est. quo d ducitur "ab end" ° mnU,m . si S"°rum vo- 

lhid.. m, 1 n 193 . „ \ tU , et >dem conlranetatts loco. — 


Diulècticisac RhètorZiseZnt"” ^ediyimus. a 


xaTavTC'fpaat .5 IW 4vtt*p«oi ^ TestZmTi’uZ grnmmaticis ver ° 

gnorumque verbalium nobilissima v loT^T ar ^ n -n'orum st¬ 

iri fine, e cfr. poi la nota 189 * qm appresso la nota 96 > 


concluditur, quodsemperesTn coni nulo °c" "" '' ,,r * umento 


(ora segue un sillogismo della l'orma Non eZnVn'B* 4 ° “** 


ergo B non est: v. la Se? Vili t.n i l 1 „ et A est. 


Idem quoque syllogismiis hnr 'm 1 ' p a • XII, note 13 e 69 ).... 


cibici. 4 3 n T?J w connectitur (id. c. *.). 


àitoS.txxtx^ utamur, primufnfadversus ZT"e uTl^’ * C *f" r 

sillogismi della forma ricordata or ■ ,U f ann ,° S, '* U1| ° due 


parole, da uomo consapevole della vitro* P °A S ‘ con queste 


Via igitur regia gradiZdtm, r , ?''' C ° ncIllsum est igitur.... 


vcrtendum, etc. ’ ° " d d^ternm, nec ad sinislram di- 










STORIA DELLA EOLICA IN OCCIDENTE 



45 



nismo dell’argomentazione retorica, apparentemente più 

efficace Bli ). Ma che questa preponderanza della forma 

sillogistica sia stata anche subito sentita come tale dai 

lettori dello Scoto, ci è confermato dalla ineccepibile 

testimonianza di un anonimo del IX secolo, il quale dice 

(v. appresso la nota 163) che 'lo Scoto fa consistere la 

dialettica in un continuo incalzarsi e cacciarsi ( fuga et 

insecutio : cfr. più sotto la nota 204) delle proposizioni B7 ). 

— Lo Scoto, del resto, la conoscenza delle forme sillogi¬ 

stiche da lui usate, la poteva ricavare esclusivamente da 


8l! ) Vale a dire, in occasione di una dimostrazione piuttosto 

lunga, relativa alla immaterialità della sostanza ( de div. nat., I, 47 ss.), 

troviamo anzitutto (47, p. 489), dopo le parole introduttive hus inique 

paucas de pluribus dialecticas collectiones.... considera, due sillogi¬ 

smi categorici secondo il primo modo della prima figura, c appresso 

segue un'argomentazione in forma dilemmatica (48, p. 490); ma dopo 

questa si trova la seguente transizione (49, p. 490 s.): l’t uulem piane 

cognoscus,... hunc argumentalionis accipe speciem. [Discipulus] Ac¬ 

ci piani ; sed prius quondam formulalii praedictae argumentationis 

fieri necessarium video. Nam praedicta ratiocinatio plus argumentum 

u contrario videtur esse, quam dialectici syllogismi imago. [Ma¬ 

gisteri Fiat igilur maxima propositio sic: e ora seguono quattro sil¬ 

logismi secondo il modo 2° della 1* figura, con le parole conchiusive: 

huec formula idonea est; ma immediatamente appresso: [D.] Hoc 

etiam certa dialettica formula imaginari volo. | M. | Fiat itaque for- 

nuda syllogismi conditionalis ; il che si verifica nella forma : Si A est, 

lì est, A vero est; e dopo tutto questo si trova, per chiudere in 

maniera energica, ancora un entimema: Si autem èvtì-upijiiaTOf. hoc 

est, conceptionis communis animi syllogismum, qui omnium conclu- 

sionum principatum oblinet, quia ex his, quae simili esse non pos¬ 

simi, assumitur, audire desideras, accipe hujusmodi formulam (come 

sopra, nota 94). 


91 ) Riferita da V. Cousin, Ouvr. inéd. d’Abél-, p. 619: Secundum 

vero Joannem Scottum, est dyalectica quaedam fuga et insecutio, ut 

cum quis dicit « omnis honestus est », et insequitur alius dicendo 

« omnis honestus non est », talis haec disputatio fugae et insecutioni 

videtur esse consimilis. Se del resto già l’abate Benedetto da Aniane 

[Francia Merid.], morto nell’821, si lamenta di un syllogismus delti- 

sionis « iipud modernos scholasticos, maxime apiid Scotos » (Baluzii 

Misceli., ed. Mansi, II, p. 97), non è leeito già inferire da ciò, che lo 

Scoto abbia potuto ricavare la propria abilità dialettica da studi di 

logica che fossero con larga diffusione coltivati nelle scuole della 

Scozia: bensì quel lamento si riferisce esclusivamente a un singolo 

contrasto dommatico (riguardo alla Trinità), il quale può esser de¬ 

nominato syllogismus nella sua formulazione, nè più nè meno che 

cento altri simili. 









46 



CARLO PRANTL 



Isidoro (preced. nota 38) o da Marciano Capella (Sez. 

XII, note 67 ss.), e non c’èun solo passo che ci costringa 

ad ammettere eh egli abbia mai conosciuto anche gli 

Analitici di Aristotele, nella traduzione di Boezio os ). 



[b) posizione dello Scoto, rispetto alla dialettica ]. — 

Ma proprio questi elementi, che per così dire apparten- 

gono alla prassi logica dello Scoto, ci apron la via per 

passar a considerare anche la posizione teoretica di lui, 

nei rispetti della dialettica. Nelle arti liberali in gene- 

rale, egli ravvisa i prodotti di una naturale attitudine 

dell amma umana, e pertanto un suo ornamento B8a ), in 

quanto che esse sono le compagne e le investigatrici della 

sapienza "); ma nello stesso tempo riconosce che quel che 

importa qui è la disposizione di spirito, trovando hi par¬ 

ticolare la dialettica, della quale è facile abusare, il pro¬ 

prio compito essenziale nella lotta contro gli eretici 10 °). 


) 1 oicliè questo punto avrà ancora più volte importanza ner 

noi (v. le note 156, 183, 196, 209, 253, 258, 277, 288 310 363) ho 

dovuto di proposito fin qua richiamare còsi n inutàumnte rat’ten- 

zione sopra le fonti della logica dello Scoto. 


)G ommenl. ad Mari. Cup. (v. la nota 84), p. 29: [Artes libe- 


:tZ ] n, 0la iPSa amma P erci P' umur ’ nec uliunde assi,n,untar sed 

nalurahier in anima mieli,gannir ; p. 30: Liberales disciplinar ’natu 

r ali ter insunl in anima , ut aliunde venire non intelligunUir ■ et ideo 


TCTTìI ~, Cfr - q,,i appresso la noia l78 - 


(cioè ri.-’ fi • ’’ ’• P- 430: ^ rrorem - saevissimum eorum 


(cioè de suoi avversari dommaUci) ....e* utilium discinlinarum 

alias , psa sapienti a suas comites investigatricesque fie^voluTTdr 

S ira la notai 50), ignorantia credtdenm sumpsisse primordio In un 


A ìSi " 4 "'“ — » 


aZerS denTk 77™ Gotes  Uerum- 

Sez. XII note 84 J ST: Tt 


^zrZiiri uctìones ’ 


sensui subjacet: cirro nnnm ... . • P nr, ‘ l ' s _>'st, nulhque corporeo 


versuntur. Al si illa incorporea est^nuTtìb' Ziter'vìd t 

omnia, quae ani ei adhaerent, au, in P « subsistoZ , ' 


non possimi, incorporea sint 9 ‘slum, et sine ea esse 


se immutabiles puro mentis contuitn „ t f r ! ale - f* Q h*er res per 

' rontl ‘“" perspiaenlur in sua simplici- 












STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



55 



sce anche il concetto di genere in maniera del tutto rea¬ 

listica 115a ), anzi ripete minutamente la dimostrazione, 

ricavata dal Pseudo-Dionigi, che essentia e corpus sono 

totalmente diversi e non possono essere mai scambia¬ 

li no ); in una parola, è un avversario sistematico della 

«sostanza individuale» (del xóSe ti) di Aristotele. 


[e) ontologia e dialettica], — Ma dobbiamo riflettere 

che, per lo Scoto, tutta quanta la sfera del molteplice 

(dimque infine anche la pluralità delle categorie stesse) 

viene a cadere in quello stadio in cui la sussistenza 

concreta è propriamente qualche cosa che non de- 

v’ essere, perchè la pluralità è provenuta per via di 

divisione dalla unità, e ha essenzialmente per fun¬ 

zione di essere di nuovo risolta nella unità, e in tale 

processo proprio il punto mediano dev’ essere quello di 

massima lontananza, sia dalla unità originaria sia dalla 

unità finale. Così la formazione delle cose infinitamente 

molteplici del mondo sensibile è la prima parte del pro¬ 

cesso, come dire una scissione della Divinità (v. sopra la 

nota 109): e lo Scoto spiega, in accordo con Gregorio da 

Nissa, il manifestarsi concreto delle cose sensibili e in 


tute, aliler senati corporeo in ali quii materia ex concursu earum 

facto compositae. — Ibid., II, 24, p. 579: Omnia erìim, quae intellec- 

tus in rulione universaliter considerai, particulariter per sensum in 

rerum omnium discretas cognitiones definitionesque partilur (dun¬ 

que rSpiattxóv delle definizioni speciali viene già a esser più perti¬ 

nente alla sfera sensibile. Il passo di Boezio vedilo nella Sez. XII, 

note 86 e 91). 


,ls ‘) Comm. ad Alari. Cap„ p. 17: Genus est multarum formarum 

substantialis unitas.... Est enim quaedam essentia quae comprehen- 

dit omnem naturam, cujus participatione consistit omne quod est 

(efr. la nota 109). — Ibid., p. 50; Substantia generalis est multorum 

individuorum substantialis unitas. Cfr. appresso le note 175 ss. 


11 ‘) De div. nat., I, 47, p. 489: Sed adversus eoa, qui non aliud 

esse corpus, et aliud corporis essentiam putant, in tantum seducli, 

ut ipsam substantiam corpoream esse, visibilemque et traclabilem 

non dubilent, quaedam breviter dicendo esse arbitrar.... (p. 490): 

f t autem firmius cognoscas, oòalav id est essentiam, incorruptibi- 

lem esse, lege librum sancti Dionysii Areopagilae de divinis Nomi- 

nibus eie.: e a ciò fa seguito (c. 48-50) la dimostrazione estesa. 







56 



CABLO PRANTL 



generale la origine della materia, con il fatto che alcune 

categorie vengono a trovarsi insieme, per modo da poter 

essere apprese dai sensi 117 ) : e nello stesso tempo, in que¬ 

sto generarsi, analogamente che per i filosofi precristiani, 

opera poi il fuoco, come quello che dà la forma alle cose 

sensibili ”•). Ma poiché ora, secondo lo Scoto, non in 

altro che in questa molteplicità del mondo deve, per 

opera della filosofia, essere scomposta (5iaipruxVj) la 

unità divina, e da quella deve da capo partire la via da 

percorrere per il ritorno alla unità (àvaXtmxrj), quel 

grado intermedio della pluralità acquista una speciale 

importanza anche per la dialettica, poiché proprio in 

quella stessa pluralità del sensibile si viene a contessere 

la favella umana, come mezzo di espressione. A quel 

modo perciò che nelle cose sensibili le categorie, incor¬ 

poree in se stesse, sono alla fine diventate corporee (per 

quanto m maniera enimmatica e mistica), così anche il 

linguaggio, in quanto è sensibile, afferrerà le categorie 

soltanto nella forma verbale sensibile-corporea (per quan¬ 

to parimente con un intrecciarsi di motivi mistici), e 

appunto lo stadio intermedio della dialettica, vale a dire 



**? rh ' d ' 34 ’ P 479: Quantitàs vero, qualitasque. situs, et habi- 

fT \ nte \r COeu ’ ltes mater iem.... jungunt, corporeo sensu per - 


Wcl nU alluTT GregoriusN y s ^-- orti* raHonibu, ita esse 

ahud dicens matenam esse, nisi aecidentium quondam 

compositi 0, nem ex mvis.lnlibus causi® ad visibile® materica, prò- 

cedentem [Lo Scoto cita il Sermo « De Imagine» del NiTsen” ma 

forse parafrasa I cap^XXHHV del libro « De hominis opificio *] 

interni 2 ’ 5' 494 S : - Formarum al,l ‘e in oùoia. aline in qualitate 

uVc" r; j ^ '"°' iOÌa «"*■ "‘bstantùdes speciel generis 

ti^ 'seu mLtn* 8 ’ °, ‘"T- atque P° XÌ,Ì onem naturali um par - 

“7 " Ì r r r «d quahtatem referri, formatnque proprie vo- 


membra e [ l ",T dl ? ìtt . am 1 en ‘ e « forma, bensì all’armonia delle 

membra e bellezza del colorito] ex qualitate ignea, quae est color 


FXfrDe i rr tur - Et h r n vocatur a form °’ h ° r - si rai ' d  (v! 


1 estus [De I erborimi significata ed. Lindsay, p. 73] s v forma) 


Udum Sa  rii diffinitione non dissential.... (PL, 

100 9 lj,y oj. 


) Ibid., p. 305: Aristoteli genus, speciem, difjerentiam. pro- 

pnum et accidens, subsistere denegava (se. Minerva), quae Platani 

subsistentia persuasa. Aristoteli an Plotoni magis credendum pu- 

latis. Magna est utriusque aucloritas, quatenus rix audeat quis al- 

lerum alteri dignitate praeferre [PL, 136, 1294], 


*») Ibid., p 299: Cui rei Aristoteles in libro Peri Ermenias con¬ 

grua bis verbis: « Sunt ergo ea quae sunt in voce, earum quae sunt 








STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



93 



Altre notizie ancora, appartenenti alla seconda metà o 

alla fine del secolo X, possiamo citarle soltanto come 

documento del perpetuarsi della tradizione scolastica; 

tal è il caso, quando vien riferito che il vescovo \ ol¬ 

ia n g o a Ratisbona (intorno al 970) in una di¬ 

sputa teologica trovò maniera di applicare le varie spe¬ 

cie in cui può esser diviso Yaccidens (a tal proposito c 

degno tuttavia di nota, che il metodo dialettico viene de¬ 

nominato carnali^ antidotus) 201 ), o quando vengono men¬ 

zionati gli studi di logica, di lAbbone da Orléans 

(morto nel 10041, che studiò a Fleury e ivi successiva¬ 

mente insegnò 202 ), e del vescovo Bernward a Hil- 


in anima passionimi nolae [cfr. Boezio, p. 216 e 297; Prima cditio, 

I 1 ed. Meiser, Pars Prior, p. 36; Secunda edilio, I, 1, ed. Meiser, 

Pars Posi., p. 25; PL, 64, 297 e 410], Omnis nota aUcujus rei nota 

est. Prius ergo res est quam nota. Res ergo prius ponderando est, 

quum nota».... Boetius tir eruditissimus in libro Peri Ermenias se- 

cundae editionis [p. 450; VI, 13, ed. Meiser, Pars Post., p. 4a), Spira 1877. P ’ 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



95 



pret.. Analitici e Topica, e a proposito di quest’ ultima, 

d’accordo con Boezio (de diff. top.), riconosca che i due 

campi, dialettico e retorico, sono a contatto uno con l’al¬ 

tro, per accennare da ultimo a Cicerone, rappresentante 

della retorica vera e propria, in quanto questa non venga 

a ricadere nella sfera dialettica 206 ). 


[§ 22. — Gerberto, figura ASSOLUTAMENTE INSIGNI¬ 

FICANTE: a) materiale degli studi di logica al tempo suo]. 



J "*) Il 1° Libro (ibid., p. 35) s'intitola: Primus libeUus de studio 

poetae, qui et scholasticus, e dopo aver trattato della poesia, fa 

seguire (p. 391 la filosofìa: Inde ubi maiorum tetigit nos cura cibo- 

rum, Porphyrius claras nobis reseravit Athenas, Qua multi indige¬ 

nte librabunt verba sophistae. Cernere erat quondam vidtu pallente 

puellam. Pructica cui limbum pinxitque theorica peplum (v. la 

Sez. XII, nota 76), Et licet effigiem macularet parva (leggi: prava) 

vetustas, Ipsa tamen ternas suspendit ab ubere natas (v. ibid. la tri- 

partizione della sfera teoretica). Praeslitit haec nobis summi sub- 

sellia ledi. Et postquam strato licuit discumbere cocco. Proceduta 

senae turba comitante sorores (cioè dialettica, retorica, ritmica, 

matematica, musica, astronomia). Ingenui vultus non absque grave- 

dine gestus Adducit famulas praestanti corpore quinas (cioè le 

cinque parti che vengono subito appresso) Omnia sub gemino clau- 

dens Dialectica puncto (il duplice punto di vista è invenlio e io di¬ 

cium, v. la Sez. XII, ibid.). Prima quidem (la Isagoge) miles generali 

nomine pollens Insignita tribus (cioè genus, species, difjerentia) 

unum selegit amictum. Hanc vice continua sequitur gradiente se- 

cunda (le Categorie). Tertia (la teoria del giudizio) discredi quid- 

quid primaeva coegit, Dans operam sane cirros crispare secundae, 

Quos quartae (sillogistica, cioè Analitici) solido collegit fibula nodo 

(intorno a nodus cfr. più sopra le note 202 e 204). Inslabilem fucum 

lulit ultima (la Topica) quinque sororum Dodo quibus geminas 

decernens Graecia jormas (cioè loci dialettici e retorici) Pinxit 

« quale » tribus, « quid sit » reperendo duabus (cioè il Quale consi¬ 

ste in persona, tempus, circumstanliae — v. la Sez. XII, nota 166 —, 

e invece il Quid in definitio e descriptio — v. la Sez. XI, nota 96), 

Ut reboant nobis deliramentu Platonis (questo non riesco a spie¬ 

garlo). Inde suam stipai comilem pressura sodalem Rhetoricam du- 

plicis vestitam flore coloris, Quuc iaciens varias nervo pulsante sagit- 

tas Monstrat hypothetici nobis spedaicula ludi (v. la Sez. XII, 

nota 169). Et ioni cornuta (cfr. la nota 189 di questa Sezione) sur- 

gens ad sidera fronte Causarum rivos putido profudit ab ore. Sed 

postquam illatas pepulit conclusilo lites Ipsaque gravigenas conipe- 

git pace sophistas. Omnibus asseculum veniente porismate laetis Sub 

pedibus Eogicae recubabat nexa coaevae, Commissura tibi reliquie 

rum munia, Tulli. A ciò fanno seguito la ritmica e le altre disci¬ 

pline nominate più sopra. 





96 



CARLO PRANTL 



— Anche del famoso Gerberto (morto nel 1003, 

come Papa Silvestro II) dobbiamo anzi affermare la stessa 

cosa, che cioè egli, senza originalità, rimase assoluta- 

mente irretito nella tradizione scolastica: purtuttavia c’è 

d’ uopo bitrattenerci sopra di lui alquanto più a lungo, 

appunto perchè a lui e al suo comparire si riconnettono 

notizie preziosissime riguardo ai limiti ristretti, entro i 

quali era contenuta in quell’epoca la trattazione della 

logica 207 ). Ci racconta cioè anzitutto un contemporaneo 

di Gerberto, come questi in gioventù fosse iniziato alla 

logica da un chierico eminente (probabilmente Gisel- 

berto) a Reims, dove poi incominciò subito la sua ope¬ 

rosità di maestro delle solite discipline scolastiche 20S ). 

Ma, come colui che riferisce la notizia enumera a tal 

proposito distesamente e compiutamente anche tutto 



m ) Per notizie sul conto di lui in generale, v. M. Buedincer, 

Gerbert’s U’issenschaftliche und politische Stellung («Posizione 

scientifica e politica di G. »), Cassel 1851, e K. Werner, Gerbert 

!’• Aurillac, die Kirche und Wissenscfiaft seiner Zeit (« G. da A., 

la Chiesa c la scienza del tempo suo»), Vienna 1878 [2* ed., 1881J. 


a ®) Richeri Historiarum 1. Ili, 4445 (Pertz, :MGH, V, p. 617): 

luvenis igitur apud pupam relictus, ab eo regi (cioè Ottoni) oblatus 

est. Qui (vale a dire Gerberto) de urte, sua interrogatus, in mathesi 

se satis posse, logicae vero scientiam se addiscere velie respondit.... 

Quo tempore G. Remensium archidiaconus in logica clarissimus ha- 

bebalur. Qui etium a I.othario Francoricm rege eadem tempestate 

Ottoni regi Italiae legatus directus est (un arcidiacono di Reims 

in quel tempo, con il nome incominciante per G, sarebbe Gisel- 

berto, presente nel 948 al Concilio d’ingelhcim: v. Marlot, Metro- 

polis Remensis historia. Lilla 1666, I, p. 464; il Buedincer (p. 44) 

e 1 Olleris (p. XXII; v. [per la precisa citaz. delPoperg; appresso) 

la nota 212), ai quali si unisce il Werner (p. 40), pensano a Garam- 

nus, menzionato [dal Mabillon] negli Acta Sanctorum Ordinis S. 

Benedicti : Saec. V, p. 359 [dove precisamente trovo ricordato il 

« Signum.... Geranni Archidiaconii »]. Cuius adventu iuvenis exhila- 

ralus , regem adiit, atque ut G.... o committeretur obtinuit. E G.—o 

per aliquot tempora haesit , Remosque ab eo deductus est. A quo 

etiam logicae scientiam accipiens, in brevi admodum profecit, G....S 

vero cum mathesi operam daret, artis difficultate iictus, a musica 

reiectus est. Gerbertus interea studiorum nobilitate praedicto metro¬ 

politano commendatus, eius gratium prue omnibus promeruit. linde 

et ab eo rogatus, discipidorum turmas artibus instruendas et adhi- 

buiI [PL, 138, 102]. 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



97 



il repertorio di scritti di logica, di cui si serviva Gerberto 

nell’ insegnamento, così veniamo in possesso di un do¬ 

cumento tanto importante quanto decisivo, per provare 

che pur alla fine del secolo X restava ancora sempre sco¬ 

nosciuta la traduzione, dovuta a Boezio, degli Analitici e 

della Topica di Aristotele: perchè proprio di questi man¬ 

ca la menzione, mentre vengono citate in fila tutte le 

altre traduzioni e i lavori originali di Boezio (v. la Sez. 

XII, note 72 s.); ed è altresi degno di nota che Gerberto 

facesse venire l’insegnamento della retorica soltanto di 

seguito a quello della dialettica, come pure che il cro¬ 

nista nel suo racconto assegnasse ancora la retorica alla 

logica, trovandosi pertanto a considerarle da quel punto 

di vista, che abbiamo veduto proprio d’Isidoro, Alcuiuo 

e Hrabano (note 27, 54 e 79 di questa Sezione) 209 ). Ma 

ci viene riferito inoltre che Gerberto si occupava di de¬ 

lineare una figura, nella quale fosse rappresentata in una 

Tabula logica la distribuzione di tutte le cose; venne 

tuttavia su questo punto a contesa con Otrico, e con ciò 

va messa in relazione una disputa filosofica che si svolse 


=l *l Ibill, (in continuazione) L4-6-8J : Dialecticum ergo ordine 

librorum percurrens, dilucidis senlentiarum verbis enodavit. In 

primis enim l’orphyrii ysagogas id est introductiones secunduin 

Pictorini rhethoris trunslationem, inde etinm easdem secunduin 

Mani inni explanavit, Cathegoriarum id est pruedieamenlorum li¬ 

brino Aristotelis consequenter enucleans. Periermenius vero, id est 

de interpretatione librimi, cuius luboris sit, aplissime monstravit. 

Inde edam topica, id est argumentorum sedes, a Tullio de Graeco 

in Latinum translata et u Manlio constile sex commenlariorum libris 

dilucidala, suis auditoribus intimavi!. Necnon et quatuor de topicis 

differentiis libros, de sillogismis cathegoricis duos, de ypotheticis 

tres, diffinitionumque librum unum, divisionum aeque unum, utililer 

legil et expressit. Post quorum laborem cum ad rhethoricam suos 

provehere velici, id sibi suspectum erat, quoti sine locutiontim mo- 

dis, qui in poelis discendi sunt, ad oratoriam arlem ante perveniri 

non queat. Poelas igitur adhibuit ... quibus ussuefactos, locutioniun- 

que niodis composilos, ad rhethoricam trunsduxit. Qua instructis 

sophistum adhibuit: apud quem in controversiis exercerentur, ac 

sic ex urte agerent, ut praeter arlem agere viderentur, quod oratoris 

maximum videtur. Sed haec de logica. In mathesi vero. etc. [PL 

138, 102-3]). 


7 — C. Praktl, Storia detta logica in Occidente, II. 









98 



CABLO PRANTL 



nel 970 a Ravenna, al cospetto di Ottone II, allora quin¬ 

dicenne 21 °). Un’ altra più minuziosa narrazione concer¬ 

nente questo colloquio, ci fa chiaramente riconoscere, che 

sopra l’argomento i contendenti sapevano semplicemen¬ 

te a memoria quel che aveva detto Boezio (nel commento 

alla Isagoge), e su tal fondamento dibattevano la con¬ 

troversia, se cioè il concetto di Razionale sia più ristretto 

che quello di Mortale, o non piuttosto, viceversa, si 

dimostri più ristretto quest’ ultimo Z11 ). 



■'") Huconis monachi Virdunensis, abballa Flaviniacensis, Chro- 

nicon (P'ertz, MGH, X, p. 367) : Quo tempore Otrieus apud Saxones 

insigni* habebatur.... Adalbero Romam cum Gerberto petebat, et 

Ticini Augustum (cioè Ottonem) cum Ottico reperit, a quo.... duo 

tus.... Ravennani, et quia anno superiore Otrieus Gerberti se vepre- 

hensorem in quudam figura cum mulliplici diversarum rerum distri¬ 

buitone (presa da Boezio, p. 25 (in l’orph. a Vict. transl., I, 24: ed. 

Brandt, p. 72; PL, 64, 41-2]; v. la Sez. XII, nota 87) monstraverut, 

iussu Augusti omnes pnlatii sapientes intra pululium colletti sunt, 

tirchie piscopus quoque cum Adsone abbate Dervensi et scolastico- 

rum numerus non parvus; et coeptu disputatone , cum iam pitene 

lotum diem consumpsissent. Augusti nulu finis impositus est. È in¬ 

concepibile che il Werner (loc. cit., p. 51), abbia potuto, con accento 

di biasimo, rinfacciarmi di aver antccipato la data della disputa, 

riportandola all'anno 870, perchè nella prima ediz. di questo vo¬ 

lume (pag. 54) si poteva pur leggere chiaramente il numero 970; 

senza poi contare che non è lecno ritenermi capace di far parte¬ 

cipare a un dibattito nell' 870, un uomo che io stesso dò come 

morto nel 1003. 


"“) Richerj op. cit., e. 60 e 65, p. 620 s.: Otrieus.... a il: «Quo- 


niam pliilosophiae partes uliquol hreviter uttigisti, ad plenum oportet 

ut et dividas, et divisionem enodes...... Tunc quoque Gerbertus: 


4 ....secundum Vitruvii (leggi Victorini ) atque Boctii divisionem 


dicere non pigebit. Est enim philosophia genus; cuius species sunt. 

predice, et theorelice: praclices vero species dico, dispensativam, di- 

stribulivam, civilem. Sub theoretice vero non incongrue intelligun- 

lur, phisica naturalis, mathematica intelligibilis, or theologia intvl- 

lectibilis.... » (la fonte è Boezio: v. la Sez. XII, nota 76). Tunc ve- 


hementius Otrieus admirans (v. la Se*. XII, nota 119, e la Sez. IV, note 281 I 

versa circa la distinzione tra l’octu.s necessaria, l'actus non neces- 

sanus, il quale ultimo ha origine a palesiate ovvero a subsistendo. e 

analmente la pura e semplice potenzialità. Gerberto mette questa 

partizione in forma di tabella: ma in ciò può ben ravvisarsi sol¬ 

tanto un modesto titolo di merito, poiché, ch’egli non abbia nean¬ 

che un solo pensiero suo personale. Io dimostriamo, qui come ap- 

P m?’/ IC ? 1 no\emotiva di Monaco (C.od. lui. 14272), contiene questa lettera. 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



105 



tuisce l’oggetto di giocherelli sillogistici: dopo averla rap¬ 

presentata cioè in modo assoluto come una disutilaccia, 

a Adalberone viene in mente di saggiare logicamente la 

validità universale di questo giudizio riprovativo, e pro¬ 

cede ora a una disquisizione in forma dialogica, per so¬ 

stenere che il giudizio è singolare, che c’è un opposto 

contraddittorio del giudizio stesso, e via dicendo: viene 

appresso l’invito a fornire a regola d’ arte la dimostra¬ 

zione della inutilità di quell’animale 2S0 ) ; ciò si fa per¬ 

correndo nel dialogo, in forma antitetica, l’intiero elenco 

dei giudizi ipotetici 233 ), e a ciò si trovano anche fram- 


, hc riempie una pagina e mezzo in folio (fol. 182 tO. Pare elle il 

titolo riferito più sopra sia stato semplicemente combinato dal Pez. 


FUilco). Denique haec mula.... non esset universaliter, seri 

polius aut particulariler aut indefinite, quae paene unum suiti, inu- 

tilis proponendo.... Igitur quae particulariter quoquo modo utilis est, 

omnimodis universaliter inutilis non est. — A(dalbero). Si hanc 

iauliiem atque inhonestam indefinite vituperarem, veruni a falso non 

diseernerem, nam huius mulae inutilitas, si universaliter esset dedi¬ 

catila. particulariler esset abdicatila (cioè sarebbero allora predi¬ 

cati nello stesso tempo concetti contraddittori). Sed haec viluperatio 

ncque universaliter ncque particulariter est determinata.... igitur quia 

singularis est, neutrum horum est. — F. Singulare dedicativum 

nonne suum hubet abdicativum?... Putasne, universale propositio 

universali, purticularis particolari, indefinita indefinitae sicut siagli- 

lares contrudictorie opponuntur? — A. Piane opponuntur: si sub- 

stantia fuerit, erit praedicativa, sive sit sive non sit. — F. Putasne. 

si accidens? — A. Eodem modo opponuntur, si illud fuit insepara¬ 

bile. — F. Omne inseparabile contrudictorie opponitur? — A. Non. 


_ F. Illud tanlummodo cui aliquid possit uccidere, et illud dicitur 


substuntiale. Sed nunc ex arte, non de arte, nostris affirmalionibus 

cum luis repugnantiis hanc mulani esse inulilem atque inhonestam 

■ onci nei profiteberis. Qui sono mescolate insieme la teoria di Boe¬ 

zio (fin Ar. de interpr.. ed. seconda, II, 7 e III, 10: ed. Meiser, 

p. 117 ss. e 255 ss.; PL, 64, 468 ss. e 520 ss.l, particolarmente 

p. 342 ss. e p. 383 [381?] ss.: v. la Sez. XII, note 113 ss.) e la termi¬ 

nologia di Alareiano Capella (ibid.. nota 66). 


31 ) A. Mula haec si claudicai, male ambulai; atqui claudicai : 

igitur male ambulai. — F. Mula haec si claudicai, mule ambulai: 

utqiii non claudicai; igitur non male ambulai .— A. Mula haec non. 

si claudicai, male non ambulai; atqui claudicat: igitur male ambulai. 

— F. Mula haec non. si non male ambidat, claudicai : atqui non 

male ambulai; igitur non claudicat. — A. Si valida non est. debilis 

est; atqui valida non est; igitur debilis est, e via dicendo (v. la 

sez. XII, nota 155). 









106 



CARLO PRANTL 



mischiate enunciazioni di regole logiche 232 ) • ma l’in¬ 

sieme, clf è preso tutto quanto da Boezio, si chiude con 


l’accenno a lma causalità demoniaca della inutilità della 


mula, una spiegazione, questa, che dovrebbe, a quel che 

sembra, sodisfare ambedue le parti contendenti 233 ). 



[§ 24. - Fulberto]. - Scolaro di Gerberto fu pa- 

nmente Fulberto, vescovo di Chartres (dove nel 990 

aveva aperto una scuola, e vi resse la sede vescovile dal 

100/ [o 1006] sino alla morte, nel 1029 [o 1028]), che 

godette di grande reputazione come conoscitore della 

dialettica 234 ), sì che persino gli f u conferito il sopran¬ 

nome di « Socrate dei Franchi » ™). Ma, mentre assoluta- 

mente nulla di preciso ci è noto, in ordine alla sua teoria 



F e' A ' et negalio semper est in pruediculis — 


nota 119) adhibetur, vind/cat sibi vini contradictionis et modus in- 

1 A Hon et eodZTn em P °"" P , r “ cA ' c ""' s Sminati» subiectis. 


4 7>liL f'i  nominali appresso da Trite- 


nuo, sono d. contenuto puramente teologico). 


erio iì““S . Ji Bereii- 


m’SLST 













STORIA BELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



107 



logica 23B ), dobbiamo in ogni caso tenerlo in gran conto 

quale maestro di Berengario da Tours, sebbene sia lecito 

argomentare che da Fulberto le conoscenze e l'abilità, 

relative alla dialettica, erano ancora tenute del tutto lon¬ 

tane dal campo teologieo-dogmatico, poiché per quest’ul¬ 

timo riguardo egli esortava i suoi scolari alla più rigo¬ 

rosa ortodossia 237 ). 


Ma possiamo, in generale, scorgere un segno di più 

intensa operosità, relativamente alle condizioni di quel¬ 

l’epoca, già nel fatto che di nuovo si procedeva ad ap¬ 

prestare compendi o si elaborava con commenti conti¬ 

nuativi il materiale esistente a uso delle scuole, poiché, 

quantunque in ciò non donimi ancora una energia crea¬ 

tiva ùltimamente personale, purtuttavia si torna a ravvi¬ 

sare nella conservazione o nell’ incremento del sapere 

logico il vero e proprio fine: l’attività si volge cioè alla 

teoria come tale, sebbene senza originalità. 


[§ 25. — Anonimo rifacimento metrico della Isa¬ 

goge e delle Categorie: colorito nominalistico]. — 

Cosi un A il o n i ni o in principio del secolo XI Ila ri¬ 

fuso in esametri la Isagoge e le Categorie 238 ), per impri¬ 

mersi nella memoria, con questo primo suo lavoro, come 

dice egli stesso nella introduzione in prosa, indirizzata a 

un certo Belinone, il contenuto di quei libri 239 ). Inco- 



■ 3, l La notizia, che Fulberto abbia mandato la Isagoge allo 

« scholaslicus » di un chiostro (v. Fui.berti Opera, ed. Villiers, Pa¬ 

rigi 1608, Ep. 79, fol. 76 b [PL, 141, 233: Ep. 631 ) è priva d'im¬ 

portanza. 


I Adelmanno, loc. cit., p. 3 [§ 6-8): obtestans per secreta ilio.... 

[colloquiai..., et obsecrans per lacrymas,... ut illue omni studio 

properemus, viam regioni directim gradientes, sunctorum Patrum 

vestigiis obsenantissime inhaerentes, ut nullum prorsus in diverti- 

culum. milioni in novam et fallacem semitoni desiliamus etc. f PL. 

loc. cit. or ora, nella nota 2351. 


Il lavoro è riprodotto a stampa, di su un codice di St. Ger- 

main (n. 1095), dal Cousin, Ouvr. inéd. d’Abél., p. 657-669. 


) Chi sia stato o dove sia vissuto quel tal Bennone, non può 







108 



CARLO PRANTI. 



mincia con il prendere da Boezio la divisione (Sex. XII, 

nota 77) dell’ Organon aristotelico, e pensa a tal propo¬ 

sito che la faccenda sia andata cosi: che cioè Aristotele 

abbia incominciato con lo scrivere i primi Analitici, e 

poi, siccome questi erano riusciti incomprensibili, abbia 

scritto appresso gli Analitici secondi, ai quali per lo 

stesso motivo ha dovuto far seguito la Topica, come pure 

poscia il De interpr., e quindi ancora le Categorie; ma 

non avendo voluto Aristotele scendere, per farsi capire, 

a un livello ancor più basso, e avendo perciò passato 

sotto silenzio le quinque voces, è intervenuta qui per for¬ 

tuna, a compier V opera, T attività di Porfirio 24 °). II con¬ 

tenuto della Isagoge viene poi spicciato molto somma¬ 

riamente con la semplice indicazione della definizione 

delle quinque voces 241 ), e indi fanno seguito le Catego- 



ricavarsi dalla introduzione, che si tiene affatto sulle generali. Del 

■no stesso lavoro dice ivi l'Autore (p. 657 s.) : Quoniam complurium 

mci ordinis scholusticorum, praesul venerande, oblatus tibi litteras 

omni gradarum idacritate saepius te audio suscepisse,... tuue con- 

fisus.... pietati uliqua et ego offerre litterarum jocularia praesumo 

tliae maiestati. Feri animus, Dei aspirante grada, quum puueissimis 

oratione metrica absolvere, quod Porphyrii Isagoge et Aristotelis 

Calegoriae videntur in se continere. Quod batic ob causam maxime 

decreta agere, ut, quae illi latius difjudere, breviter collecta per me 

tenaci diligentius crederem memoriae. Nomina quoque grueca quae- 

doni interposui, ubi lege metri constrictus latina non potili.... Id mihi 

ne duculur litio, primum abs te, pater piissime, cui hoc litterarum 

munere ingenii mei primitias immolo, deinde ab omnibus veniam 

/tostalo. 


) lbid„ p. 658: Doctor Aristoliles, cui nomen ipsa dedit res, 

Ingenio pollens miro praecelluit omnes. Hic, natis post se diulectica 

ne latuisset, Primos componens Analilicos studiose. De syllogismis 

ratio perpenditur in quis, Credidit ut sapiens hos planos omnibus 

esse. Sed cum nullus eis intellectu capiendis Sufficeret, rursus tentai 

prof erre secundos : Quos ncque posse capi cum sensit. Topica scripsit ; 

Hinc Perihermenias, postremo Cathegorias : Post quas finitas. descen¬ 

dere noluit infra. Hic genus ac speciem, proprium, distantia, striti- 

gens, Simbebicos edam quid sint omnino tacebat. Porphyrius tan¬ 

dem cernens, nisi cognita quinque Haec sint, bis quinus nesciri ca¬ 

thegorias, Cuique smini finem signavit convenientem. (Cfr. anche 

Bokzio, p. 113 rio Ar. prued.. I; PL, 64, 160 s.] ; Sez. XII, nota 841. 


t Jbid. Dopo la definizione delle cinque voces, si legge: Ni 

nimis est longutn. communio dicier horuni (vale a dire ciò di cui 






STORIA BELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



109 



rie. Dice espressamente l’autore, a proposito di queste, 

sin dal principio, che si tratta lì non già delle cose per se 

stesse, ma soltanto delle voces signativae delle cose 242 1, 

si che troviamo qui una ripetizione di quel punto di 

vista nominalistico, considerato più sopra (note 149 ss. 

e 159); ma hi ciò consiste anche tutto quel che di più 

importante dobbiamo rilevare in questo compendio; poi¬ 

ché nel rimanente esso si tiene cosi strettamente attaccato 

allo scritto pseudo-agostiniano intorno alle categorie 

(Sez. Xll, note 43-50), che di l'atto lo si può denominare, 

in una parola, una versificazione dello scritto stesso; tut- 

fai più si può osservare inoltre, che i numerosi termini 

greci, i quali vi figurano barbaramente trascritti, deri¬ 

vano ugualmente da quella medesima fonte, dove pure 

si trovano abbastanza spesso intercalati, restando con ciò 

molto semplicemente eliminata ogni ipotesi che even¬ 

tualmente sorgesse, relativamente a studi che fin d’al- 

lora si facessero sopra l’originale greco 243 ). 



appreso viene a trattare Porfirio: v. la Sez. XI, note 49 ss.), Non nos 

barrerei : sed malumus ergo lucere. Ne generelur in his libi nausea 

discutiendis. 


:l: ) lbid., p. 658 s. : Post haec, bis quinus pandamus cuthegorias. 

In quis rir doclus non ex ipsis quasi rebus, Sed signativis de rerum 

vocibus orans. SuiniI ab omonymis tractandi synonymisque Prin- 

cipium eie. 


***) Poiché tutto questo scrino è semplicemente una ripetizione 

metrica di quello del Pseudo-Agostino, appare superfluo fare cita¬ 

zioni particolari. Ma per quel che riguarda i termini greci, spiegati 

per lo più in latino con glosse interlineari, può ricordarsi: usya, sim- 

bebicos e simbebicota, enarithnui (àvdpiitpa : Sez. XII, nota 43), epi- 

phania (a proposito della quantità) T6601, poi, a proposito delia re¬ 

lazione, Pesametro 1662): Thesin, diuthesin, episthemin, estesili, exin 

(cioè èiuaxrjprjv, aloDijoiv, IJ'.v e similmente [ il). | Dicilum ornile 

quod est, rei eneria dinamite (cioè évspysJa e Suvàpzi), come 

pure, a proposito della qualità 16631: Exis, diathesis, phisices di¬ 

ttamis poelesque (rcoiÓTrjg Passibilis, potius seu pathos, scemala 

morphue (axtipaTa popcff,c), nella Sezione che tratta degli opposti 

1667 \habitus sleresisque atépr,oi; , e, a proposito del postpraedi- 

camentum del moto [668-9] : Auxesis, megesis, genesis, florus, aliu- 

sis. Et Itala ton joras, metabeles associato (cioè aB(;l}Olg, |ia£o)atg, 

YÉvEatg, àXÀoùasig, xatà xòv tónov, pexagoXtJ). 











no 



CARLO PRANTL 



[§26. — Intensa attività della Scuola di S. Gallo. 

Notker Labeo: a) un Tractatus insignificante ]. — Ma 

principalmente a S. Gallo noi troviamo, intorno a 

quell’epoca, una più estesa rielaborazione del materiale 

logico in uso nelle scuole, e per tale riguardo spetta in 

ogni caso al famoso NotkerLabeo (morto nel 1022) 

il merito di aver dato P impulso e diretto la esecuzione, 

sebbene non tutt’ i lavori dei quali qui si tratta, sieno 

venuti fuori proprio dalle sue mani 24 *). Non c’è dubbio 

che qui pure il fondamento è dato solamente dal mate¬ 

riale tradizionale, e non c’ è da aspettarsi propriamente 

novità 245 ): ma questo materiale tradizionalmente tra¬ 

smesso è in parte trattato tuttavia in maniera più libera, 

mostrandosi in ogni caso un interesse, che si volge con 

abbandono all’ oggetto della trattazione per se medesimo. 



J4 *) Mentre cioè J. Gbimm («Gott. Gel. Anz. », 1835, N. 921 è (li 

opinionr che Notker sia l'autore unico di tutti quegli scritti, e a 

questa opinione aderisce incondizionatamente anche H. Hattemer 

iDenkmiiler des Mitteltdters « Monumenti del M. Evo », III 

[S. Gallo 18471, p. 3 ss.), ci sembra invece più giusto, tenuto conto 

della diversità intrinseca di quei lavori, ammettere con W. Wacker- 

NACEL I Orse il ichte dir deulschen Lilteralur «Storia della letteratura 

tedesca », p. 80 s. 12* ed., Basilea 18791 : v. di lui anche la orazione 

accademica sopra le benemerenze degli Svizzeri verso la lettera¬ 

tura tedesca, Basilea 1833) che le opere recanti il nome di Notker 

sieno state composte da vari autori, semplicemente sotto la dire¬ 

zione di lui: rfr. inoltre appresso la nota 262. FI1 Franti non 

cita Die Schriften Natkers und seiner Scinde (« (ili scritti di Notker 

e della sua scuola») editi da P. Piper, Voi. I (Scritti di argomento 

filosofico). Frihurgo-Tubinga, 1882], 


' 45 l Cose straordinarie si posson leggere invero nella Geschiehte 

Din St. Gallai («Storia di S. Gallo») di Ild. v. Arx, I, p. 262: 


Nella Dialettica, ch’essi dividevano in Logica, Peripatetica, Stoica 

e Sofica [sic/l, furono loro maestri Aristotele, Platone, Porfirio e 

Boezio: eran loro ben note le dieci categorie e le Periemerie del 

primo tra essi, le cinque Isagogi di Porfirio e il metodo d’inse¬ 

gnamento di Socrate ». Ma nientr’ è facile scorgere subito che tutta 

questa notizia può fondarsi solamente sopra la più crassa ignoranza 

dell'autore, si dovrebbe supporre tuttavia ch’esso abbia ricavato da 

mi qualche manoscritto la informazione che dà, relativamente alla 

partizione della dialettica; tuttavia anche su questo punto sono 

-tato messo tranquillo dal mio amico e collega Corrado Hofmann, 

il (piale, in occasione di sue ricerche personali, fece a S. Gallo 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



111 



Tra questi scritti il più insignificante è un « Tractatus 

inter magistrum et discipulum de artìbus »: l’autore in¬ 

fatti si è limitato qui a riassumere il Compendio di Al¬ 

enino (v. sopra le note 48 ss.), conservandone la forma 

dialogica, e ha inoltre utilizzato in compendio anche 

Boezio, ma epiest ultimo soltanto da principio, cioè a 

proposito della Isagoge e della categoria della quan¬ 

tità 24 °). 


[§ b) rifacimento delle Categorie]. — Invece un più 

diligente studio delle opere di Boezio e una rielabora¬ 

zione alquanto più libera del materiale che vi si trova, 

sono manifesti in altri due scritti, notoriamente di som¬ 

ma importanza anche per la storia della lingua tedesca, 

cioè nel rifacimento delle KaTTjyopi'at, e nel rifacimento 

del libro IlepUppTjvelas 247 ). Il primo di questi scritti si 

attiene in complesso rigorosamente, quanto al testo, alla 



anche nel mio interesse una verifica relativamente alle opere di 

logica, ma non potè trovare assolutamente nient’altro, all’ infuori 

da quali t’è stato di già pubblicato, o per lo meno accennato dal 

(iraff. dal Wackernagel e dallo Hattemer; v. anche appresso 

nota 271. ’ 


/ bsisle manoscritto alla Biblioteca Governativa di Monaco 

(Coti. lat.. 4621), di dove lo Hattemer ( Denkm. d. Mitlelalt.. [già 

Cil.l, III, p. 532 ss.) trasse per pubblicarle le sole intestazioni dei 

capitoli. La partizione della filosofia e della logica è quasi letteral¬ 

mente presa da Alcuino, ma dove si tratta delle quinque voces, la 

' numerazione delle diverse loro sottospecie e gli esempi illustrativi 

-ono ricavali da Boezio; la Sezione che tratta delle categorie è da 

principio un riassunto da Alcuino, con omissione degli homony- 

ni" ecc.; e dopo che di nuovo è stato utilizzato Boezio, solamente 

riguardo alla categoria della quantità, si viene in seguito a parlari- 

delie rimanenti categorie, attingendo parola per parola ad Alenino, 

ma soltanto fino alla categoria dell’/iufiere: e da quell" unica pro¬ 

posizione esemplificativa (v. qui sopra la nota 57) si passa subito, 

con la intestazione Quid su,il formulile syllogismorum, alle notizie 

!" -Alcuino intorno all argomentazione, le quali sono altrettanto 

'"eraunente riassunte, quanto le seguenti che riguardano Biffi■ 

niil( *\ topica e Periermertine. 


.. 1 F ;^ P 7 Ìo 24S ). ma frammezzo al testo, periodo 


traduzione di Boezio t n te 


per periodo, vi è intrecciata una spiegazione, contendi 

, S ua volta la parte più importante del commento dello 

«Z Boezio, e a Boezio una volta Fautore espressa- 

niente si richiama 249 ): molto spesso la dimostrazione 

queste spiegazioni viene articolata ne suoi e 1 


maniera perspicua, mediante cenni sommari del conte 

unto o altre intestazioni, anzi anche con la indicazione 

Propositi io, Asmmptio, Conclusi o«): e gh esempi espli¬ 

cativi sono in alcuni luoghi personalmente escogitati da 

Notker; si può osservare ancora che Fautore, con ma¬ 

nifesta predilezione per la geometria, s indugia piu a 

lungo e con maggiore originalità su quei passi, che con- 

tengono un accenno a tale disciplina • 


re) rifacimento del De mlerpretalione). - Il rif"'" 

menlo del II.pt nlliene «—« 1»"- 



• a 1 ™r«n «tesso della storia della logica, lo ho pre- 


alcun influsso nel torso , - zwe i altesten Compendien 


srwfttiSX* gj d r p ,l l8™“ ,b ‘ 


di logica in tedesco»), Monaco, , ^ aria ’ zion ;. ta ,l V olta sono ab- 


brevT.zSi od Soni ^ 


- — * — 


dere, e via dicendo. a pedo mule [el disposino ist 


PÌP -; €o S t 4 p. lC eTaT4 a n9 le s Quesfulti.na terminologia è presa 


da Hoizio. de syll. hyp.\ v. la nota a • intu itiva 


«) A questa maniera non soltanto lp. WZ ss. « u5 


mediante disegni "jò^l'^niTesaurita la trattazione della 


*- 


„ .... diseano diverso che in Roezio. 











STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



113 



to al testo, parola per parola alla traduzione di Boezio, 

e i commenti che si trovano alla stessa maniera intrec¬ 

ciati anche qui, si fondano parimente sopra il commento 

di Boezio, del quale l’autore, come accenna egli stesso, 

ha utilizzato ambedue l’edizioni ***). Ma ha importanza 

la introduzione, eh’ è premessa all’ insieme, in quanto 

che novamente c’ imbattiamo qui pure nel punto di vista 

nominalistico, che ravvisa nel significato delle parole 

l'oggetto delle Categorie; ivi inoltre, notizie, ed espres¬ 

sioni tecniche, tratte da Marciano Capella, vengono in¬ 

trecciate in maniera caratteristica con quelle osservazioni 

die riguardano l’ordine ili successione dei libri dell’ Or¬ 

ganon, e che sono ricavate da Boezio (Sez. XII, nota 77): 

e appunto rispetto a queste ultime notizie, ci è consen¬ 

tito ancora di ricavare dagl’ ingenui equivoci dell’autore 

la conchiusione sicura eh’ egli conosceva gli Analitici e 

la Topica di Aristotele, proprio soltanto per sentito dire, 

da quel passo di Boezio 20S ). 


: “) Hattemer, p. 474 a [ ed. Piper, p. 511: rifacimento del De 

interpr., Lili. I, 111: Est hoc \tractare 1 nlterius negotii. Taz isl 

anders uuur zelerenne, samoso er chade, lis mine metaphisicu 

(v. Boezio, p. 230 [ in de interpr., Prima editio: ediz. Meiser, I, 5, 

p. 74; PL, 64, 3151), dar lero ili tih iz. Ahere boetius saget iz fure 

in, in secunda editione etc. (cioè Boezio, p. 326 I ih., Seeunda edi¬ 

tio: ediz. Meiser, II, 5, p. 101; PL, 64, 444J). [Est hoc alterius nego- 

lii. Ciò dev’essere insegnato in altro luogo; così disse egli: «leggi 

la mia Metafisica; li te lo insegno». Ma Boezio lo dice apertamente 

in secunda editione ete. (Della traduzione, di questo, come dei segg. 

passi di N. L., debbo esser grato alla dottrina, tanto cortese quanto 

sicura, del rh.mo collega prof. Carlo Battisti)]. Neanche mancano 

qui (p. 479, 492 ss.) quelle figure, con le quali Boezio rende in¬ 

tuitiva la teorica del giudizio (Sez. XII, note 113 ss.), e anzi per 

esse l’autore rinunzia a servirsi del tedesco. 


“’) ìhid.. p. 465: Aristotiles sreib cathegorias, chunl zcluenne, 

uutiz einluzziu uuori pezeichenen (cfr. più sopra le. note 149 ss., 159 

c 242, e subito appresso la nota 256); nu lutile er samo chunt ketuon 

in periermeniis, uuaz zesumine gelogitiu bezeichenen, an dien veruni 

linde falsum fernomen uuirdet; tiu latine heizent proloquia; an 

dien aher neuueder uernomen neuuirdet, tilt eloquio heizent (la 

fonte di questa terminologia, vedila in Marciano Capella, Sez. XII, 

nota 51, e in Agostino, ibid., nota 33); tero uersuiget er an disamo 

buoclie. I nandù ouh proloquia geskeiden sint, unde einiu heizent 


8. — C. Pkantl, Storia della logica in Occidente, II. 





114 



CARLO PRA.NTL 



td) il «De parlibue loicae»; nominalismo]. Un altro 

scrittarello, intitolato « D e partibus loicae»™) 

si presenta come una compilazione compendiosa per uso 

delle scuole, essendovi anzitutto enumerate le sei parti* 

della logica, compresa la prima, che fu aggiunta da Porfi¬ 

rio alle cinque aristoteliche 255 ) : alla enumerazione fa poi 



Simplicio, dar eia uerbum ist, ut homo uiuit, andenu duplicia, dar 

zuei ucrba sint, ut homo si uiuit spirat, so leret er hier simplicia, 

in topicis leret er duplicia. Fone simplicibus uuerdent predicatoli 

syllogismi, jone duplicibus uuerdent conditionules syllogismi (la 

fonte di questa distinzione, in Boezio: v. la Sez. XII, nota 112). A ah 

periermeniis sol man lesen prima analitica, tur er beidero syllogi- 

smorum kemeina regida syllogislicam heizet: taranah sol man 

leseti secunda analitica, lar er sull Arrigo leret predicutinos syllo- 

gismos, tie er heizet upodiclicam (anche chi avesse dato appena 

una occhiata superficiale agli Analitici stessi, non si potrebb espri¬ 

mere a questa maniera); zc iungisl sol man lesen topica, un diener 

oidi sunderigo leret conditionales, tie er heizet dialecticam. Jiu 

purtes heizenl samenl logica. Nu uernim uuio er dih ielle zuo dien 

proloquiis (anche nel commento stesso, accanto alla terminologia 

di Boezio, vediamo sovente figurare proloquium). [Aristotele scrive 

le Categorie, per indicare che cosa significhino le parole isolate. 

Invece nelle Periermeniae egli stesso dichiarerà quello che signifi¬ 

cano le combinazioni di parole, con cui viene enunciato il verum 

e il falsimi, e che in latino soli dette proloquia ; se invece non 

viene enunciata nessuna delle due cose, «on dette eloquio. Ala su 

ciò egli tace in questo libro. Inoltre anche nei proloquia si può 

fare una distinzione, e taluni, p. es. « homo viviti, in cui c è un 

verbo solo, vengon detti « simplicia », altri, in cui ci sono due 

verbi, p. es. « homo si vivit spirat», vengon detti « duplicia». Dei 

simplicia egli ragiona qui, dei duplicia nei Topica. Dai proloquia 

semplici si fanno i predicativi syllogismi. dai duplici i conditiona- 

les syllogismi. Dopo le Periermeniae, si leggeranno i primi Anali¬ 

tici, dove si chiama sillogistica la regola comune agli uni e agli altri 

sillogismi; dopo di che si leggeranno i secondi Analitici, dov’egli 

insegna separatamente i sillogismi predicativi, la cui regola chiama 

apodittica; per ultimo si leggeranno i Topica, dove insegna sepa¬ 

ratamente i sillogismi condizionali, la cui regola egli chiama dia¬ 

lettica. Queste parti complessivamente portano il nome di logica. 

Ed ora apprendi coni’ egli ti guida ai proloquia (ed. Piper, p. 499, 

op. ull. cit., « Praefatiuncula »)]. 


251 ) Edito, di su un manoscritto zurighese, dal XX ackernacel 

negli Altdeiilsche Bliitter (« Fogli Altotedeschi ») di FIaupt e 

Hoffmann, II, p. 133 ss., e dallo Hattemer, op. cit., p. 537-540. 


*“) Hattemer, p. 537: Quot sunt partes logicue? Quinque secun- 

dum Aristolelem, sextum partem addidit aristotelicus Porphirius; 

quae sunt: isagoge, calhegoriae, periermeniae, prima analitica, se¬ 

cunda analitica, topica. 













STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



115 



seguito una più o meno lunga indicazione del contenuto 

delle parti stesse. Dopo che cioè della Isagoge sono state 

citate soltanto, nella traduzione di Boezio, le definizioni 

delle quinque voces, viene brevemente illustrata mia sola 

delle categorie, la sostanza, senza che sieno neanche no¬ 

minate le altre nove, ma in tale occasione viene enun¬ 

ciata 2o6 ) la concezione nominalistica, ancor più netta¬ 

mente di quel che s’è veduto or ora, alla nota 253; segue 

poi, riguardo ai giudizi, la semplice enumerazione delle 

quattro specie (universale affermativo, universale nega¬ 

tivo, particolare affermativo, particolare negativo), tratta 

da Marciano Capella e con la terminologia di lui 2r ‘ 7 ). 

Ma ciò che viene detto poi intorno agli Analitici primi 

e secondi, ha ugualmente per fondamento quello stesso 

passo di Boezio, dove questi espone 1’ ordine delle parti 

dell’ Organon, e certo neanche qui è fatto uso della tra¬ 

duzione da lui curata degli Analitici 23S ). Infine si tratta 

minutamente della Topica, e anzi in piena conformità 

con Isidoro (v. sopra la nota 39), aggiungendo qui 1* au¬ 

tore proverbi tedeschi come esempi dei singoli loci 259 ). 



fe) scritto De syllogismis, e sua importanza ]. Ma il 

più importante fra tutti questi scritti, provenuti da 



: “ 8 ) Ibid., p. 538 a: Quid tractutiir in cathegoriis? Prima rerum 

significano et quid singulae dictiones significent, utrum substantiam 

an accidens etc. 


sn )Ibid.: Quid narratile in periermeniis ? V. la Sez. XIT, nota 64. 


M ) Ibid : Quid consideratile in primis analiticis? Sillogistica 

quae est communis regula omnium sillogismorum, necessariorum et 

probabilium, cathegoricorum et ippolhelicorum, item praedicativo- 

rum et condilionalium (raddoppiamento insulso, risultante daH’aver 

tirato dentro la terminologia di Marciano Capella: v. la Sez. XII, 

nota 67). Quid traclatur in secundis analiticis? Apodictica id est 

demonslraliva quae demonstral veritatem, id est necessarios siilo- 

gismos. 


w ) Ibid., p. 538 b-540 b. È parimente copiato da Isidoro (nota 27) 

quanto lo Hattemer (ibid., p. 530 s.) riporta, da un altro luogo 

dello stesso manoscritto, intorno alla differenza tra dialettica e 

retorica. 










116 



CABLO PRANTI. 



S. Gallo, è la monografia De syllogismis 2G0 ) ; poi¬ 

ché, sebbene si fondi parimente ancli’essa sopra una 

compilazione di materiale svariato, il suo autore, con un 

maggior corredo di letture, mette mano qui anche sopra 

cose, per cui non bastava una conoscenza puramente su¬ 

perficiale dei compendi scolastici d’Isidoro o di Alcuino; 

inoltre egli conserva una notevole indipendenza, in 

quanto che mostra la tendenza verso una interna, uni¬ 

taria finalità della logica: con la esposizione di tale fina¬ 

lità si chiude la monografia. Prima viene enunciata 261 ) 

la definizione del sillogismo, presa da Marciano Capella 

(Sez. XII, nota 67), con l’aggiunta di alcune parole della 

Retorica d Isidoro (v. sopra la nota 43), — e qui già un 

considerevole numero di esempi in tedesco serve a chia¬ 

rire la trattazione: poscia 1 autore, facendo uso di una 

terminologia mista, presa sia da Marciano sia da Boe¬ 

zio, adduce la divisione dei sillogismi in categorici e 

ipotetici 2 ' 12 ); presenta quindi, attingendo a Marciano 

(Sez. XII, note 63 e 67), le parti costitutive del sillo¬ 

gismo categorico e del giudizio categorico 263 ), per far 

poi seguire a ciò la esposizione integrale dei diciannove 

modi del sillogismo, la quale è tratta da Apuleio (Sez. X, 



1 Integralmente riprodotto a stampa nello IIattf.mer ( loc. cit., 

p. 541-559) ; in forma di estratti, nel Deutsches Lesebuch [« Anto¬ 

logia tedesca»] di Gucl. Wackfrnacel, I, p. Ili ss. 


) C. 1, ibid., p. 541 a: Quid sii syllogismus. Syllogismus graece, 

lutine dicitur ratiocinatio.... quuedam indissolubilis oralio .... quae~ 

dam orutionis catena et inficia ratio. 


) Ibid., p. 542 a : Et ex iis videntur quidam esse qui latine 

dicuntur praedicativi, alii autem qui dicuntur conditionales.... 

(p. >12 b) Constai autem omnis syllogismus proloquiis i. e. propo- 

silionibus. Dalle parole che vengono appresso — proloquia dicumus 

cruezeda, similiter proposiliones cruezeda [ incroci, combinazioni di 

voci CI, itera proposiliones pietunga O Bietungen », offerte, trad. lett. 

di proposiliones 3, alii diami pemeinunga [« Bemeinungen », enun¬ 

ciazioni) risulta altresì che in ogni caso erano in parecchi a 

occuparsi di simili rifacimenti della logica Od. Piper, p. 597: 

r r hti minori, attinenti a Boezio, lì : «/le Syllogismis », 1], 

l C. 2, p. 542 b. Cioè sumpta, illatio, subiectivum, declaralivum. 







STOBIA DELLA LOGICA JN OCCIDENTE 



117 



n-ote 18 ss.), e chiarita con esempi tedeschi, che son 

opera dello stesso compilatore 2M ). 


Si passa quindi ai sillogismi ipotetici, e anzi per prima 

cosa viene presentato, alquanto liberamente elaborato e 

con intercalati termini di Boezio, quel che su tale argo¬ 

mento si ritrova in Marciano (Sez. XII, nota 69) 285 ) : 

solamente appresso trova posto la indicazione compiuta 

dei sette modi sillogistici enumerati da Cicerone (Sez. 

Vili, nota 60), e illustrati qui con una minuta spiegazio¬ 

ne, che l’autore trae dal commento di Boezio alla Topica 

di Cicerone, e correda parimente di esempi in tedesco 20 °). 

Ma ora c’ era pur iuoltre in Isidoro un syllogismus rhelo- 

rum (v. sopra la nota 43), e in connessione con quanto 

da lui era stato detto, viene colta qui la occasione di pas¬ 

sar a considerare più minutamente la teoria retorica, il¬ 

lustrandosi, con esplicito rinvio a Cicerone (de Inveite 

tione, I, 36: v. la Sez. Vili, nota 59), l’argomentazione 

retorica, e facendosi uso perciò di un esempio che si 

trova in Cicerone stesso 2B7 ). Ma subito 1’ autore s’in¬ 

dustria di ricondurre al sillogismo categorico tale specie 

di sillogismo, in quanto che questo è adeguato all’ esi¬ 

genze formali della riprova della verità, — accennando 

di nuovo sulle orme di Boezio agli elementi semplici dei 

sillogismi in generale 2B8 ), e a ciò unendo spiegazioni re- 


C. 3-8, p. 543-47. 


) C. 9—12, p. 548 s. L’espressioni usate «la Marciano vengono 

qui intese come specifica terminologia, cioè: pro/Htsitio, assumptio, 

conclusio. 


**) C. 13, p. 55(4—553. Qui la fonte è Boezio, ad Cic. Top., V, 

p. 831 [PL, 64, 1142] ss. 


I C. 14, p. 553 a: Transeunt vero syllogismi et nd rlietores iam 

latiores et diffusiores factì.... Ilorum esempla sunt upud Ciceronem 

in libri* Rhetoricorum. L’esempio ciceroniano del governo del- 

I universo (de Invcntione , I, 34, 59), elle del resto figura anche in 

Boezio, de cons. phil., I, p. 958 [PL, 63, 619 ss.], viene poi svolto 

parimente in tedesco. 


l Ibid., p. 554 a: Praedicntivus est ille syllogismus nut condi- 









118 



CARLO PRANTL 



lative al giudizio 269 ). E dopo che a ciò hanno fatto se¬ 

guito disquisizioni etimologiche sopra alcuni concetti, 

affini per significato al syllogismus — disquisizioni che 

sono tratte o direttamente da Isidoro, o dal così detto 

Glossario di Salomone (v. sopra la nota 185), e in parte 

anche da Boezio 27 °) — vien approfondita, in base alla 

Topica ciceroniana, la differenza tra dialettica e apodit¬ 

tica 2T1 ) ; tale differenza coincide con quella tra sillogismi 

ipotetici e categorici, ma proprio per questo, nel fine 

unico della scoperta del vero, si risolve in ima superiore 

unità, poiché con il magistero del ragionare si apprende 

ogni verità umana, mentre il divino trascendente s’in¬ 

tende senza tale arte 272 ). 



tionulis?.... Piane ergo praedicativus est.... nam et omnes purtes 

syllogismorum, sire propositio sive approbalio sive sumptum sive 

illatio sive conclusio sive ut alii dìcunt complexio (v. la Sez. Vili, 

nota 59) aut confectio, communi nomine enuntialio vocantur (v. 

ibid. la nota 45). La fonte di questa riduzione alla proposizione 

semplice è Boezio, ad Cic. Top., V, p. 823 [PL, 64, 1129]: cfr. anche 

la Sez. XII, note 131 e 140. 


"’) lbid.: Est autem enuntialio oratio verum aut falsum signi- 

ficans.... huius species sunl affirmatio et negatio (Sez. XII, nota 111): 

successivamente si vien a trattare, in lingua tedesca, di assumptio, 

illatio, conclusio. 


OT ) C. 15, p. 555 a: Cioè sopra ratiocinari, disputare, iudicare, 

experimentum ; e inoltre: argumentum dicitur, ut Boetio (ad Cic. 

Top., I, p. 763 [PL, 64, 1048]) placet, quod rem arguii i. e. probat. 


'”) C. 16, p. 556 a: Quuerendum autem magnopere est, quare 

Cicero dialecticam in ypolhelicis tantum conslituerit syllogismis.... 

Est enim medius inter Arislolelem et Stoicos (forse che quella tale 

notizia, accennata più sopra, nota 245, I. v. Arx l’ha attinta di 

qua?).... Proplerea Boetius Arislolilem in thopicis dialecticam et in 

secundis analiticis apodicticam docuisse testalur, cioè il complesso 

è preso da Boezio, ad Cic. Top., I, p. 760 LPL, 64, 1045] g., dove 

si trova uno svolgimento ulteriore del punto di vista ricordato 

nella Sez. XII, nota 77. 


*”) C. 17, p. 557 li: De potentia disputandi, i. e. Fone dero muhte 

des uuissprachonis. Si ergo satis intellectum est, omnem apodicticam 

constare in decem et novem modis syllogismorum et dialecticam in 

septem modis syllogismorum, non sit dubitandum, totam earum 

utilitatem esse in invenienda veritate. Ube niunzen sloz apodicticae 

unde sibeitiii dialccticae muda gelirnet sin, so uuizin man dormite, 

duz sie nuzze sint, alla uuarheit mit in zeeruarenne [Quando si 

sono bene appresi i 19 sillogismi apodittici e i 7 dialettici, con ciò 








STOMA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



119 



Così l’autore, la cui concezione già con questo ci 

rammenta, in maniera tanto chiara quanto consolante, 


10 Scoto Eriugena (note 111-120), può, per la sfera della 

umana aspirazione alla verità nel mondo di qua, enun¬ 

ciare una definizione unitaria della logica, nella quale 

ha la propria essenza la dialettica «ovvero» apodittica: 

e quel ch’egli trovava detto già da Boezio (Sez. XII, 

nota 76), prende da lui mia espressione più precisa ed 

energica, là dove dice, analogamente allo Scoto, che la 

logica è la scienza del giudicare o disputare 273 ) : perchè 


11 potere della forma, che si manifesta nei sillogismi di 

qualunque specie, è per lui quel che decide, è il termi¬ 

ne, nel quale vengono a confluire tutte le differenze che 

si manifestano entro la sfera della logica 274 ); la reto- 


stesso apprendiamo che essi giovano a riconoscere ogni sorta di 

veritàl. Omnia enim his Constant, quae in humanam cadunt ratio- 

nem. Al daz menniskin irratin mugin, taz uuirdit hinnan guuissot 

[Quanto gli uomini arrivano a intendere, tutto viene saputo con 

questo mezzo]. Divina excedunt humanam rationem, intcllectu enim 

capiunlur. Tiu gotelichin ding uuerdent keistlicho uernomen ane 

disa meistrrskaft ILe cose divine vengono apprese con l’intelletto, 

senza questa maestria (nel ragionare) (ed. Piper, p. 619-20, op. idt. 

cit., 17)]. 


”’) C. 18, p. 557 b: Quid sit dialectica vel apodictica. Ergo diffi- 

nienda est dialectica sire apodictica,... possunt enim unam et eandem 

suscipere diffinitionem in hunc modum.... Dialectica est sive apo¬ 

dictica iudicandi peritia vel ut olii dicunt disputandi scientia (pro¬ 

prio questo già si trova anche nello Scoto, v. sopra la nota 112). 

Meisterskafl chiesennes linde rachonnis, taz ist dialectica, taz ist 

ouh apodictica [La maestria nel giudicare e nel disputare, è la 

dialettica o l'apodittica (ed. Piper, p. 620, c. s.. 18)]. 


*") Ibid., p. 558 a [ed. Piper, ibid.] : l'rius diximus. quia ratio est 

quae ostendit rem. Reda skeinit uuaz iz ist. Pi dero redo sol man 

chiesen. ube iz uusen nuige.... Taranah mag er [Il discorso dimo¬ 

stra quel che una cosa è; con questo discorso si ricercherà se una 

cossa possa sussistere. In seguito egli potrà] rachon i. disputare, ioh 

[e anche] uuarrachon. i. ratiocinari.... Ter uuarrachot. ter mit redo 

sterchit. linde ze uuare bringel. taz er chosot.... Reda errihtet unsih 

allis tes man stritet. Ter dia chan uinden. (p. 621) der ist [Ragiona 

colui che con il suo discorso rafforza e dimostra quanto ha ricer¬ 

cato.... Il discorso c’istruisce in tutto ciò su cui si viene a contesa. 

Chi può trovare questo, è un] index, ter ist raliocinator. ter ist 

disputator. Ter ist argumentator. ter ist dialecticus. der ist apodicti- 

cus et sillogisticus. 










120 



CARLO rllANTL 



rica invece, la quale serve soltanto alla verisimigliauza 

ma non già alla verità, è perciò situata su di un altro 

campo, mentre quel che c’è di comune e di più vera¬ 

mente omnicomprensivo è la espressione verbale (ver- 

bum), nella quale deve spaziare così il sermo filosofico 

come anche la diclio retorica 275 ). Ma proprio per que¬ 

sta ragione il punto di vista che è per l’autore assoluta- 

mente ovvio e naturale, è quel punto di vista nominali¬ 

stico, che abbiamo trovato nello Scoto, poiché la diffe¬ 

renza tra vero e falso, cioè l’oggetto di ogni atto giudi¬ 

cativo o di ogni disputa nella sfera della logica, può 

manifestarsi solamente nella forma di giudizi umani, e 

anche i praedicamenta non sono appunto nient’altro che 

enunciazioni 276 ). 


Comunque, è una cosa che ci fa veramente piacere, 

esserci qui imbattuti in un autore, che sa quel che si 

vuole, e per noi questo scritto è infinitamente superiore 

ai giocherelli pedanteschi e senza costrutto di un Ger- 

berto o di un Anseimo; è anche ben difficile imaginare 

che si sarebbe venuti a presentar le « prove della esi- 



) C. 19, p. 558 b [ed. Piper, p. 621]: Nec panini hoc alten- 

dendum est. quantum intellectu quaedam distata, quae simili modo 

solent interpretati, ut sunti verbum, sermo, dictio.... Qiuie si unum 

significatela, nequaquam sermo daretur philosophis, dictio vero rhe- 

toribus; ut auctores docenl (cioè Isidoro: v. sopra la nota 27); nani 

et Aristotiles dialecticum, quae interprelatur de dictione, ad rhetores 

traxil et voluit eam esse in argumentìs rhetoricis, i. probabilibus, 

quae ille iudicavit esse (nel manoscritto: rum esse) discernenda a 

necessariis argumentìs, de quibus fiunt ypothetici syllogismi et tota 

dialecticu, ut Cicero docuit (v. Boezio, cit. nella prered. nota 271).... 

Dignior est namque sermo et gravior, ut sapientes decet, dictio 

humilior est et plus communis data rheloribus. Verbutn autem om¬ 

nium est. 


■ ''> IbidEt in interpretando proprie sermo (cfr. la nota 321[?]) 

saga diritur. sic et enuntinlio, quae similiter philosophis tradita 

est. et disputantibus necessaria est. quia inest ei semper veruni aut 

fcdsum.... Praedicare autem est, inquit Doetius (p. 127 To non forse 

124? ad Ar. pracd., I; PL, 64, 1761), aliquid de aliquo dicere, i. 

eteuuaz sagen fone etcuuiu. linde et praedicnmenlum dicitur et 

praedicatio, einis tingis kesprocheni [p. 622] fone demo undermo 

[Tesser una rosa detta di un’altra cosa]. 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



121 



stenza di Dio », se in generale si fosse conservata quel¬ 

l’avvedutezza, di esercitare cioè belisi in tutte le dire¬ 

zioni la maestria deH’argoinentare, iiell’ànibito della 

realtà da noi percettibile, ma di lasciare invece al pio 

sentimento dei credenti la rivelazione del Divino nella 

sua immediatezza. 


Del resto, dobbiamo pure qui far ugualmente rile¬ 

vare che l’autore di questa monografia non può aver 

conosciuto la traduzione degli Analitici curata da Boe¬ 

zio, perchè altrimenti, se gli fosse stata accessibile la 

sillogistica stessa di Aristotele, egli, che pur mostra in 

generale un corredo di letture maggiore di quello degli 

altri, non sarebbe certamente andato già a prendere i 

diciannove modi da Apuleio, nè, con la sua aspirazione 

alla unità interiore della logica, si sarebbe riattaccato 

esclusivamente a quegli stessi passi, che a ciascuno erano 

noti, dalle traduzioni e dai commenti più diffusi di 

Boezio 277 ). 


[f) conclusione]. — Ma in quello studio esteso della 

logica, quale ci si presenta a quest’epoca in S. Gallo, 

potremmo ben anche ravvisare un fenomeno piuttosto 

isolato, sempre che non sia determinato solamente da 

mancanza di notizie il giudizio che pronunciamo, quando 

diciamo che nella prima metà del secolo XI in generale 

ha prevalso una mancanza di attività, per quel che con¬ 

cerne il dibattito delle questioni di logica, o persino la 


*") In siffatti casi sembra che l'argumentum ex silentio sia asso¬ 

lutamente calzante, e elle pertanto si aggiunga, come una convali¬ 

dazione mollo precisa, alla circostanza generale, vale a dire non 

esserci, in tutta questa letteratura, un solo indizio positivo che sia 

stato fatto uso di quegli scritti aristotelici. TSoggiugerò qui che lo 

scritto del Prantl. da lui citato più sopra (nota 247), comparso 

negli Atti della Regia Accademia Bavarese delle Scienze (Clas¬ 

se I, voi. "Vili, Scz. I), riguarda non gli scritti logici di Notker L., 

bensì due compendi dovuti uno a Ortholph Fuchsperger, l’altro a 

Volfango Biitner, e rispettivamente stampati ad Augusta (1533) e 

a Lipsia (1576)]. 








122 



CABLO PHANTL 



compilazione di compendi. Nel corso della nostra inda¬ 

gine, dobbiamo invero a ogni passo tener presente la pos¬ 

sibilità clic una parte del materiale die esisteva, sia stata 

sottratta totalmente alla nostra conoscenza, sebbene si 

sia portati ad ammettere che difficilmente le manifesta¬ 

zioni di una certa importanza sarebbero dileguate senza 

lasciar alcuna traccia, e che un silenzio assoluto di tutte 

le fonti non sarebbe pensabile, se realmente lo studio 

della logica fosse stato più largamente diffuso. 


[§ 27. — Altri documenti relativi allo studio 

DELLA LOGICA NEL SECOLO XI: FrANCONE A LlEGI, OtLOH 

a Ratisbona, Pier Damiani], — Dalla metà circa del 

secolo XI ci giunge la notizia che un tal F r a n c o n e, 

scholasticus a Liegi (intorno al 1047), compose, sopra 

la quadratura del circolo (v. le note 191 e 251 di questa 

Sezione), ima monografia che si riattacca al relativo 

passo di Boezio 278 ) : e forse della stessa epoca possiamo 

citare almeno l’espressioni, con le quali un monaco di 

St. Emmeram, Otloh (nato intorno al 1013 [1010], 

morto a Ratisbona [dove appunto sorgeva il chiostro 

di St. Emmeram] intorno al 1083 [nel 1070]), vien a ri¬ 

conoscere che ci sono alcuni dialectici ita simplices, che 

applicano il canone dialettico a tutte le parole della Sa¬ 

cra Scrittura, e credono a Boezio più che alla Bibbia 

stessa 278 ). Ma da quest’ultima doglianza bisogna con- 



*") Sicebekti Gemblancensis Chronica ad unnum 1047 (Pertz, 

MiGH, Vili, p. 358-9) : Franco scolaslicus Leodicensium et scìentia 

litterarum et morum probitate claret; qui ad Herimannum archie- 

piscopum scripsit librum de quadratura circuii, de qua re Arislolelcs 

(com’è riferito da Boezio I in Ar. praed., II; PL, 64, 230], p. 165) 

ait: Circuii quadratura, si est scibile, scìentia quidem non est, illud 

vero scibile est |PL, 160, 209]. 


”°) Oti.ohni Dialogus de tribus Quaestionibus (riprodotto dal 

Pez, Thesaur. Anecdot., HI, 2, p. 143 ss.), p. 144-5: Peritos autem 

dico magis illos, qui in Sacra Scriptura, quarti qui in Dialectica 

sunt instructi. Nani dialecticos quosdam ita simplices inveni, ut 





STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



123 



chiudere che il su riferito monito di Fulberto (nota 

237) non fu disdegnato solamente da un Berengario, ma 

che da varie parti fu designata la dialettica come pietra 

di paragone in questioni teoretico-dommatiche 280 ). La 

maggioranza invece, com’è ben facile intendere, rima¬ 

neva fedele al punto di vista originario del Medio Evo 

cristiano, e può perciò, poiché stiamo ormai per entrare 

in un’epoca di contese, ricordarsi soltanto a mo’ d’esem¬ 

pio come Pier Damiani (nato nel 1006 [1007], 

morto nel 1072) assegnasse alla dialettica il compito di 

starsene quale pia ancella al servizio della Chiesa, e di 

tener dietro umilmente pedisequa alla sua padrona 2S1 ), 

senza che in verità la divota anima del Damiani abbia 

ancora il minimo presentimento che anche questa do¬ 

mestica possa licenziarsi e fondarsi un proprio foco¬ 

lare. 



omnia Sacrae Scriplurue dieta juxta dialecticae auctoritatem con- 

stringendo esse decernerent: mugisque Boèlio quam Sanctis Scrip- 

toribus in plurimis dictis crederent. Linde et eundern Boètium 

secuti, me reprehendebant, quod personae nomen, (dicui, nisi sub- 

stimtiae rationali, adscriberem etc. [PL, 146, 60], W. Scheber, Leben 

VTilliram’s Ables von Ebersberg [« Vita «li Williram, abate di Ebers- 

berg »] (nei Rendiconti dell’Accademia imperiale, Classe filosofico- 

storica, voi. 53, Vienna, 1866), p. 289, riferisce queste allusioni a 

scolari di Lanfranco; cfr. appresso la nota 299. 


'*') Poiché, a prescindere dal fatto che nei vari scritti teologici 

di Otloli non si parla in maniera particolare della questione della 

Santa Cena, e pertanto è difficile che la sua polemica contro i dia¬ 

lettici si riferisca a Berengario, nel passo sopra citato si tratta pro¬ 

prio di casi personali, che Otloh designa come conseguenza di un 

indirizzo generale dell’epoca. 


*“) Petri Damiani Opera, ed. Cajetano, Parigi, 1743, fol.. III, 

pag. 312 [De. divina omnipolentia, V; PL, 145, 603]: Haec piane, 

quae ex dialecticorum vel rhetorum prodeunt argumentis, non fa¬ 

cile divinai- virtutis sunl optando mysteriis; et quae ad hoc inventa 

sunt, ut in syllogismorum instrumenta proficiant, vel clausulas 

dictionum, absit ut sacris legibus se pertinaciter inferant et divinae 

virluti conclusiotiis suae necessitates opponant. Quae tamen artis 

humanae peritia, si quando tractandis sacris eloquiis adhibetur, non 

debet jus magisterii sibimet arroganler arripere; sed velut ancilla 

dominue quodam famulatus obsequio subservire, ne, si praecedit, 

oberrel eie. 








124 



CARLO PRANTL 



[§ 28. — Movimento più vivace nella seconda metà 

del SECOLO XI: 1) la scienza giuridica]. — Ma proprio 

nella seconda metà del secolo XI si manifestò nella sto¬ 

ria della cultura l’azione di fattori, i quali portarono, 

entro la tradizione della logica delle scuole che si con¬ 

servava uguale a se medesima, un movimento più vivace, 

e anche un violento rinnovarsi di vecchi contrasti fra le 

varie tendenze. Da due lati diversi si risente un influsso 

sopra la logica, ma in varia maniera e in molto vario 

grado, perchè di questi lati uno possiamo scorgerlo qui 

dapprima soltanto in tenui inizi, per poi novamente 

riattaccarci a questo punto, quando lo stesso fattore si 

manifesterà più tardi con maggiore intensità, mentre 

l'altro lato sùbito si leva su con tutta la sua forza, e 

per molto tempo determina le condizioni in cui la evo¬ 

luzione compie il suo corso. Ma questi due lati cor¬ 

rispondono alla giurisprudenza e alla teologia domina- 

tica. 


Se cioè l’amministrazione della giustizia già per se 

stessa in generale implica un richiamo alla prassi dia¬ 

lettico-retorica, è facile spiegare come, in un’epoca in 

cui in Italia s’iniziava un rinnovamento della scienza 

giuridica e incominciavano a sorgere scuole di diritto 282 ), 

si desse ora maggior peso alla logica pratica, cioè a 

ima logica, la quale veramente mal si distingue dalla 

retorica, ma nella teorica dell’argomentazione e nella 

topica rimane pure conforme al solito materiale ch’era 

in uso nelle scuole di logica. Come noi stessi per il no¬ 

stro presente intento abbiamo potuto già da prima (Sez. 

Vili, note 52 e 68) trovare la nostra fonte in passi che 

prendevamo dalle Pandette, così sembra d’altra parte 



■ fL ) Vedi Savigny, Geschichte dea Ròmischen Rcchts im MiUel- 

alter [«Storia del diritto romano nel Medio Evo»], IV, p. 1 ss. 

[voi. II, p. 15 ss. della trad. it., Torino, 1859 J , e Giesebrecht, De 

lìti, attui, ap. Itiilos, Berlino, 1845, in -4° [ir. it. Pascal, già cit.]. 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



125 



che in Italia lo studio della grammatica e della retorica 

abbia conservato una connessione ininterrotta con le ma¬ 

terie giuridiche 2SS ) : e sebbene noi preferiamo lasciar 

da parte l’aneddoto letterario, secondo il quale tutto 

quanto lo studio del diritto a Bologna avrebbe preso 

principio da una spiegazione grammaticale della parola 

« As » 2S ) Ibid., p. 34: Aristotelica didicimus disciplina duarurn spe- 

cierum commistione lertiam gigni minime. Rerum etiam naturam 

puli nomino non posse, duo contraria simili in eodem esse vel, quod 










128 



CARI.O PRANTL 



trovava nel commento (li Hoezio alle C-utegorioo ( Sez. 

IV, nota 220: e cfr. la Sez. XII, nota 95). 


Ma questa medesima questione fu anche oggetto di 

una disputa che Anseimo sostenne a Magonza, e della 

quale diede minuta relazione in una lettera al suo mae¬ 

stro Drogone. Ecco il nòcciolo della questione 280 c ) : 

Quando sussiste un’alternativa (p. es. tra lode e bia¬ 

simo), si può creder di cogliere il giusto mezzo, non fa¬ 

cendo nè una cosa nè l’altra; ma si obbietta in contra¬ 

rio, die il giusto mezzo è la unione degli opposti (come 

p. es. il rosso è la unione di nero e bianco), dunque bi¬ 

sogna pure scegliere per conseguenza una delle due cose, 

qualora non si voglia farle tutte due al tempo stesso. 

Ma a ciò da capo si obbietta che il mezzo è propria¬ 

mente la negazione dei due opposti (dunque p. es. è 



impossibilius, eandem essentium procreare. Quod veruni sit necne, 

quaerimus f Hbetorim., iib. I]. 


M ° c ) p. 57: Laudare enim vel vituperare necesse est. «Non lau- 

dabo, inquid, nec vituperabo, cuoi medium faciam, quod nec laus 

est nec viluperatio. Est igilur possibile utrum non lucere, ubi ali- 

quod neutrum est invenire ». « Si medium, inquam, ut dicitis, fece- 

rilis, lune et utrumque. Constai enim medium ex utrisque, ut ex 

albo et nigro rubrum, et ideo medium. Sicque in faciendo neutrum 

facietis utrumque. Utrum ergo facere necesse est, quoniam in utro 

vel ulroque utrum non lacere possibile non est». « Medium, inquid, 

ut dicitis, non ex utrisque, sed ex nega!ione confìcitur utrorumque, 

ut non quod et album et nigrum illud rubrum, set quod est neu¬ 

trum, illud dicimus rubrum, sicque omne medium. Utrum ergo 

lacere necesse non est, quia in meo neutro utrum vel utrumque 

possibile non est ». « Si ex negatione utrorumque. medium con- 

fectum est, quod, ut dicitis, neutrum est, non magis utrorumque 

quarti omnium rerum neutrum est. Quod bene perspectum nichil 

est. Non enim magis ex albi et nigri negatione confìcitur rubrum, 

quam cucii et lerrae ceterarumque rerum. Quia sicut est veritas ut, 

quod nec album nec nigrum est, illud rubrum existat, sic quod nec 

caelum nec terra nec celerà, illud esse rubrum a veritale non [58] 

discrepat, Quod aulem omnibus rebus negatis nichil illarum est, 

illud res praedicari inpossibile est. Rcs vero, quod non est illud, 

nichil esse necessario consequens est. Sicque in faciendo (diquid 

facietis nichil. Utrum ergo facere necesse est, utrumque enim vel 

neutrum impossibile vel nichil est ». [Epistola Anseimi ad Droco- 

nem (sic) mugistrum et condiscipulos de logica disputatione in 

Gallia habitat. 










STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



129 



rosso, quel che non è nè bianco nè nero); ma questa 

obiezione viene respinta, perchè una tale negazione va 

di là dall’alternativa data (perchè allora si potrebbe 

dire altrettanto bene, che è rosso, quel che non è nè 

cielo nè terra), e metterebbe capo infine a una nega¬ 

zione di tutti gli opposti, cioè dunque a un nulla. Il ri¬ 

sultato è, per conseguenza, che nella presente alterna¬ 

tiva bisogna pure scegliere proprio un solo dei due 

termini. 


Abbiamo una prova ulteriore di come la scienza del 

diritto entrasse in giuoco nello sviluppo della logica, 

quando in due uommi eminenti di quell’epoca, Lan¬ 

franco e Irnerio, vediamo presentarcisi, per così dire, 

ima unione personale di quei domìni. È infatti incon¬ 

testabile che Lanfranco (nato intorno al 1005 

[al 1010], morto nel 1089), sul quale dovremo subito 

ritornare ancora, ha dedicato ampiamente e con buon 

successo la prima metà della sua operosità, prima che 

scoppiasse la contesa intorno alla Santa Cena, princi¬ 

palmente allo studio del diritto 291 ), sebbene non si possa, 

per ragioni cronologiche, pensare a una relazione diret¬ 

ta, quale persino gli è stata attribuita con lo stesso Ime- 

rio 282 ); ma in ogni modo, come risulta dalle testimo- 



"9 Milonis Crispini Vita Beati Lanfranci, c. 11 , riprodotta dal 

Mabillon, Acia Bened. [Sacc. VI, P. II], Tom. IX, p. 639 [PL, 150, 

39: Cap. V, 111: Ab annis puerilibus eruditus est in scholis libe- 

ralium nrtium, et legum saecidarium ad siate morern patriae. Ado- 

lescens orulor veteranos adversantes in uctionibus causarum fre¬ 

quentar revicit, torrente facundine accurate dicendo. In ipsa aetale 

sententias depromere sapuit, quas gratnnter Jurisperiti aul Judices 

vel Praetores civitatis acceptabanl. Meminit horum Papiu (cioè 

Pavia sua patria). At cum in exsilio philosopharetur, accendit ani- 

mum ejus divinai ignis, et illuxit cordi ejus amor venie sapientiae. 

Notizie varie, specificamente giuridiche, vedile nel Merkel, op. cit., 

p. 14 e 46 s. [12 s. e 35 ss. della cit. trad. it.??J. 


5 ") Roderti De Monte Auctarium ad chronicam Sigeberti Gem- 

blacensis ad anntan 1032 (Pertz, MGII, Vili, p. 478): Lanfrancai 

Papiensis et Garnerius socius eius, repertis upud Bononiam legibus 

Romanis, quas Iustinianus.... emendaverat, Itis, inquarn, repertis, 


9. — C. Prantl, Storia della logica in Occidente, II. 












130 



CARLO FRANTI, 



manze, quella medesima abilità dialettica, della quale 

fanno fede le battaglie da lui più tardi sostenute con¬ 

tro i suoi avversari teologici, lo ha assistito di già fin 

d’allora. Ma Imerio, che fiorì tra il 1100 e il 1120 [morì 

nel 1138J e cbe con la sua comparsa segnò, com’è noto, 

per la scuola giuridica di Bologna, il passaggio dal pruno’ 

periodo embrionale a una più ricca espansione, viene, 

nelle glosse di Odofredo, designato espressamente come 

«logico»; e la circostanza ch’egli sia stato antecedente¬ 

mente maestro delle arti liberali, spiega quella esagerata 

sottigliezza cb’è venuta a trovarsi nelle sue glosse-’ 83 ). 


Avendo d'altra parte lrnerio composto anche un 

Formularium 284 ), a questo fatto dobbiamo connettere 

una osservazione preliminare, essersi cioè venuta a creare 

una particolare ed estesa letteratura, la quale serviva 

all’arte e alla prassi del notariato, e che valse a mante- 

ner viva per l’avvenire la relazione tra la retorica in uso 

nelle scuole, e la materia del diritto. Questi « F o r m u - 



operam dederant eas legere et aliis exponere; sed Garncrius in hoc 


« vero disciplinas liberales et litteras divi, 


tuis m Galli,s multo* edoccns, tandem Beccum verni, et ibi mona, 

ehm facili* est [PL, 160, 418], Forse tuttavia la obiezione croTolo- 

gira sollevata dal Savigny (op. cit., p. 21 s. [p. 25-6 della trad. it |) 

e m generale fuor di luogo, se, dove si dice « socius », non pen¬ 

siamo a relazione personale, ma piuttosto a un comune atteggia- 

spirituale nei riguardi della concezione del diritto. 


minorameli Uge 1 ldtima de in "tegrum resti,utione 


"l" , . 2, 22); Or, segnar,, plura non essent dicendo super lege 


ista Dom.nus lumen } rnenus, quia loicus fui,, et mogister fui. In 

c rifate istu in arti bus, antequum docerel in legibm, fecit imam 

g ssam sopitisticun ?, quae est obscurior , quam sii textus. — E (Co- 

Ìi% l , n /r^ miCa  M,and. Urstis, Francoforte, 1585, p. 433 [Pebtz, >MGH, XX, 376]): 

l’etrus iste (se. Abailardus).... habuit.... primo praeceptorem Rozeli- 

num quondam, qui 1377] primus noslris temporibus in logica sen- 

tenti am vocum instiluil, et post ad gravissimos viros Anshelmum 

Laudunenscm, GwUhelmum Campellensem Catalauni episcopum 

migrans, ipsorumque dictorum pondus, tanquam sublilitatis acu- 

mine vacuum iudieans, non diu sustinuit. Inde magistrum induens 

Furisius venit (v. la Sez. seguente, nota 258). 


"') [Johannes Turmair detto] Aventinus, Atinales Ducum Boia- 

riae, VI, 3 (ed. Riezler, 1883, II, p. 200): Hisee quoque temporibus 

fuisse reperto Rucelinum Brilanum, magistrum Petri A belar di, novi 

lycaei conditorem, qui primus scienliam (leggi sententinm) vocum 

sive dictionum insliluit, novam philosophandi ciani invertii. Eo 

namque authore duo Arislolelicorum, Peripateticorumque genera 

esse coeperunt, unum illud vetus, locuples in rebus procreandis, 

quod scientiam rerum sibi vendicai, qttamobrem reales vocantur, 

allerum noviim, quod eam distrahit, nominales ideo nuncupali, 

quod avari rerum, prodigi nominum atque notionum, verborum vi- 

dentar esse adsertores. 


"") Joannis Saresbehiensis Metalogicon, II, 17 (Opera, ed. Gi¬ 

lè?, V, p. 00 [ed. Webh. p. 91-2]): Naturata lamen tmiversalium 

hic omnes expediunt, et allissimum negotium et maioris inquisitio- 









144 



CARLO PRANTL 



[b) Le notizie sul conto di Roscelino rivelano Vastio 

degli avversari]. — Ma poiché Anselmo 31B ), che nella 

sua ortodossomania, inventò la squisita espressione di 

« eretici della dialettica » e la usò a carico di Roscelino, 

dice, per cieca passionalità o maligna esagerazione, che 

secondo quella opinione le sostanze universali non sono 

nient’altro che un flatus vocis, — sarà bene che noi acco¬ 

gliamo non senza cautela anche le altre notizie comuni¬ 

cate da quello zelatore del realismo, — tanto più che, 

come vedremo, se si sta ai prodotti originali della sua dia¬ 

lettica, non si può ritener che fosse capace di giudicare 

sopra questioni di logica; così pure egli non fa invero 

che dar espressione al più intransigente odio partigiano, 

quando rampogna i seguaci di Roscelino, perchè danno 



nis contro menlern auctoris esplicare nituntur. Alius ergo consistit 

in vocibus; licei haec opinio curii Rocelino suo fere omnino iam 

evanuerit. Alius sermones (v. sotto la noia 324) inluetur et ad illos 

detorquet quicquid alicubi de universalibus meminit scriptum; in 

bue autem opinione deprehensus est Peripateticus Palalinus Abae- 

lardus noster, qui multos reliquit et adhuc quidem aliquos habet 

professioni huius sectatores.... [iPL, 199, 874], — Così anche nel 

Polycruticus, VII, 12 (Opp., IV, p. 127 [ed. Webb, U, p. 142; PL, 

199, 6651): Fuerunt et qui voces ipsus genera dicerenl esse et spe- 

cies ; sed eorum inni explosa sententia est et facile cum auclore suo 

evanuil (v. la nota 325). 


"*) Ansfxmi de fide Trin., c. 2 (ed. Gerberon, p. 42 s. [PL, 

158, 265J): llli utique nostri tempori dialeclici (imo dialeclicae 

haeretici, qui non nii flatum voci putant esse universales sub- 

stantias, et qui colorem non aliud queunt inielligere quam corpus, 

nec sapienliam hominis aliud quam animami prorsus a spiritualium 

quaestionum disputatione sunt exsufflandi. In eorum quippe ani- 

mabus ratio, quae et princeps et judex omnium debel esse quae 

sunt in /tornine, sic est in imaginationibus corporulibus obvoluta, 

ut ex eis se non possit evolvere, nec ab ipsis ea, quae ipsa sola et 

pura contemplari debel, valcat discernere. Qui enim nondum intei - 

ligit, quomodo plures homines in specie sint uniis homo, qualiter 

in illa secretissima et altissima natura comprehendet, quomodo 

plures personae.... sint uiius Deus? Et cujus meris obscura est ad 

discemendum inter equum sinim et colorem ejus, qualiter discernet 

inter unum Deum et plures relationes ejus? Denique qui non potest 

intelligere aliquid esse hominem, nisi individuum, nullalenus in- 

telliget hominem, nisi humanam personam. Omnis enim individuus 

homo, persona est. Quomodo ergo iste intelliget hominem assumptum 

esse a Verbo eie. 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



145 



la ragione in balia corporalibus imaginationibus : e in 

verità è lecito sperare, tutt’al contrario, che proprio 

nulla ci faccia assurgere così alto al disopra dell acci¬ 

dentalità sensibile, come il penetrare a fondo nell uni¬ 

versale contenuto concettuale delle parole, e che sol¬ 

tanto a questa maniera ci sia aperta la via a un sapere 

effettivo, conquistato da noi stessi, mentre a una onto¬ 

logia soprannaturalistica è spesso indispensabile ima ima¬ 

ginazione irretita nella sensibilità. E possiamo lasciar 

stare il rimprovero ridicolo, mosso a Roscelino, ossia di 

non intendere come la pluralità degl’individui nel con¬ 

cetto della specie sia una unità poiché anzi proprio 

questo è riuscito invece a intendere Roscelino, che cioè la 

unità risiede nella parola enimciatrice del concetto. Do¬ 

vremo ora piuttosto rimettere, come si conviene, le que¬ 

stioni nei loro veri termini, per quanto concerne le altre 

osservazioni mosse contro Roscelino: vale a dire ch’e¬ 

gli fa confusione tra il colore di una cosa e la cosa 

stessa, e tra le proprietà e i loro substrati, e parimente 

ch’egli non si rende conto, come altro sia « Uomo », e 

altro il singolo uomo. Infatti la prima osservazione può 

significare solamente che, secondo la opinione di Ro¬ 

scelino, il concetto di una qualità, in quanto concetto, 

contiene altrettanta universalità quanta ne contiene il 

concetto di una sostanza, in quanto concetto. L’altra os¬ 

servazione poi comprende, se la sfrondiamo di quella in- 

terpetrazione odiosa che le dà il relatore, il semplice prin¬ 

cipio fondamentale del nominalismo, che cioè obbietti¬ 

vamente, nell’essere concreto, esiste dappertutto soltanto 

l’individuale, mentre i concetti della specie e del genere 

si trovano soltanto subbiettivamente nelle parole del¬ 

l’uomo, che insomma obbiettivamente gli universali non 

hanno esistenza separata dall’individuale. Che per con¬ 

seguenza la Trinità, come obbiettiva essenza di Dio, 


10. — C. Pbantl, Storia della logica in Occidente, II. 





146 



CARLO FHA.NTL 



debba parimente consistere di tre individui 320 ), è impli¬ 

cito in una tale veduta logica, coerentemente svolta: e 

così fu che, analogamente a quanto era accaduto con 

Berengario, la teologia venne a essere coinvolta nella 

lotta fra le tendenze che si dividevano il campo della 

logica. 


Ma sembra che Roscelino in generale abbia molto 

conseguentemente svolto sino in fondo da tutt i lati il 

suo punto di vista, perchè altrimenti sarebbe difficile 

spiegare, come mai nelle scarse informazioni che ci sono 

pervenute sul conto di lui, ci sia ancora una volta un 

certo punto isolato, che ci rhuanda in pieno a quel 

medesimo principio: si tratta cioè del concetto di parte, 

che Boezio aveva preso a considerare in vari luoghi 

(v. la Sez. XII, note 92, 96 e 106), e riguardo al quale, 

così per Roscelino come per l’Anonimo già ricordato 

(nota 171 g), il momento subbiettivo è ugualmente il 

momento decisivo; poiché la notizia, relativa al punto 

in questione 321 ), va intesa nel senso seguente: 


Se p. es. il tetto dev’essere considerato come parte 

della casa, si ha da riflettere che obbiettivamente, in 


“>) Ibid., Epist. n, 41, p. 357 [PL, 158, 1192] : quia Roscelinus 

clericus dicil, in Deo tres personas esse tres ab invicem separatns, 

sicut sunt tres angeli, ita tamen ut una sit voluntas et poteslas: aut 

Pulrem et Spiritum sanctum esse incarnatum, et tres deos vere posse 

dici, si usus admilteret. 


*») Abaelardi [Dialectica, P. V*. liber] divisionum et defin., 

p. 471 (ed. Cousin): Fuit aulem, memini, magislri nostri Roscellim 

tam insana sentenlia, ut nullam rem purtibus constare velici, sed 

sicut solis vocibus species, ila et partes adscribebat. Si quis aulem 

rem illam, quae domus est, rebus aliis, pariele scilicet et fonda¬ 

mento, constare diceret (è questo il solito esempio di divisione del 

tutto in parti, usato da Boezio, p. es. a p. 52 s. [in Porph. a se 

trami., I, 8; ed. Brandt, p. 154, 156; PL, 64, 80 s.] e a p. 646 [de 

divisione ; PL, 64, 888]), tali ipsum urgumentatione impugnabili: 

si res illa quae est puries, rei illius quae domus est, pars sit, cum 

ipsa domus nihil aliud sit quam ipse paries et tectum et funda- 

mentum, profecto paries sui ipsius et caeterorum pars erit. At vero 

quomodo sui ipsius pars fuerit? Amplius, omnis [pars] naturaliter 

prior est loto suo : quomodo aulem paries prior se et aliis dicelur, 

cum se nullo modo prior sit? 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



147 



quanto è una cosa, il tetto è una entità perfettamente 

indipendente, poiché, nel riguardo della obbiettività o 

dell’essere reale, quel che ci può essere, è appunto sol¬ 

tanto un tetto di ca6a, e parimente soltanto una casa 

fornita di tetto (dato cioè che debba essere realmente 

una casa); perciò, se il tetto fosse oggettivamente una 

parte della casa, verrebbe a essere ima parte di quella 

che è ima totalità obbiettivamente indivisibile, e per¬ 

tanto, in seguito a tale indivisibilità, finirebbe con l’es¬ 

sere anche una parte di se stesso: vale a dire che il con¬ 

cetto di parte, dal punto di vista obbiettivo o dell’essere 

reale, conduce a contraddizioni, e la couchiusione giusta 

è che il tetto viene caratterizzato come « parte » esclusi¬ 

vamente dalle nostre parole, racchiudenti in sé i con¬ 

cetti, sicché dunque il concetto di parte, come tale, si 

trova essere di spettanza della espressione verbale sub- 

biettiva. Lo stesso può ripetersi, anche relativamente 

alla priorità della parte di fronte al tutto, poiché dal 

punto di vista obbiettivo, in quanto è cosa, non è pos¬ 

sibile che il tetto sia antecedente alla unione obbietti¬ 

vamente inscindibile di se stesso con qualche cos’altro, 

poiché allora alla stessa maniera, a cagione della inscin¬ 

dibilità, risulterebbe che il tetto sarebbe prima di se 

medesimo : sicché bisogna conchiudere che anche la prio¬ 

rità del concetto di parte ha luogo solamente nel pen¬ 

siero subbiettivo. Ma, come anche questa idea di Ro- 

scelino fu malignamente deformata da’ suoi avversa¬ 

ri 322 ), così egli stesso l’applicò spiritosamente contro il 



ra ) Abaelardi Epist. 21 (Opera, ed. Amboes., p. 335 [ed. Cou- 

sin, II, p. 151; PL (Epist. XIV), 178, 358]): Hic sicut pseudo-Dia- 

lecticus, ita et pseudo-Chrislianus, cum in Dialeclica sua nullam 

rem, sed solam vocem partes habere astruat, ita divinam paginam 

impudenter perverlit, ut eo loco quo dicitur Dominus parlem piscis 

assi comedisse, partem huius vocis, quae est piscis assi, non purtem 

rei intelligere cogatur. (Che questa lettera [indirizzata a Gilberto 

vescovo di Parigi] sia stata scritta da Abelardo, o, com’è opinione 

del Du Boulay, da un altro intorno al 1095, è, per quel che ri- 








148 



CARLO PRANTL 



mutilato Abelardo, da ciò prendendo occasione per as¬ 

segnare, coerentemente, all’atto intellettuale subiettivo 

anche il concetto di totalità, poiché, modificandosi la 

consistenza obbiettiva di una unione inscindibile, deve 

essere subito sostituita con una denominazione diversa 

la denominazione che si conformava al suo concetto, 

e che allora non è più in grado di tener saldo il pen¬ 

siero soggettivo di una totalità" ')- 


[c) conchiusione sopra Roscelino ]. — Che del resto 

il punto di vista di Roscelino non fosse, in sostanza, 

affatto nuovo, risulta manifesto dal confronto con quel 

che siamo venuti dicendo più sopra (note 124, 151, 159, 

171 g, 242, 253, 276, 305 s.) ; soltanto che, dopo la com¬ 

parsa di Berengario, la idea che, nella questione degli 

universali e della formazion dei concetti, si tratti sola¬ 

mente di parole, e dell’uso che ne fa l’uomo, aveva prò- 

vocato ima maggiore circospezione e una più aspra osti¬ 

lità per parte della ortodossia. C è invece un punto 

solamente, e forse anzi il più importante, che, in seguito 

alla mancanza di fonti, ci rimane assolutamente oscuro; 

nel passo sopraccitato (nota 318) di Giovanni da Sali- 

sbury, è fatta cioè una netta distinzione tra coloro che 

riponevano gli universali nella « vox », e quelli che li 

riferivano ai « sermones », e si soggiunge che Abelardo 

era di questi ultimi. Ora, tenuto conto del valore gram- 



guarda questo passo, indifferente; del resto quanto è stato detto 

più sopra, nota 314, sembra avvalorarne l’attribuzione [oggi infatti 

non contestata] ad Abelardo). [Il passo citato, in Lue., XXIV, 421. 


ra ) Roscelini Epist. (v. la nota 314), p. 210 [ed. Remerà, p. ol I. 

S,,J forte Petrum te appellavi posse ex consuetudine mentiens. Cer- 

tus sum aulem, quod masculini generis nomea, si a suo genere 


deciderit, rem solitam significare recusabit - Solent emm 


nomina propriam signìficationem ami tte r e, cum eorum signi¬ 

ficata contigerit a sua perfeclione recedere. /Veglie emm ablalo tecto 

vel pariete domus, sed imperfecla domus vocabilur. Sublata igitur 

parte quae hominem facit, non Petrus, sed imperfectus Petrus ap- 

pellandus es. 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



149 



maticale delle parole vox e serrno, e antecipatamente 

riferendoci a quel che prenderemo a considerare più 

sotto (Sez. seguente, note 308 ss.) a proposito di Abe¬ 

lardo, dobbiamo senz’alcun dubbio congetturare che Ro- 

scelino, con veduta unilaterale, abbia tenuto presente 

soltanto il concetto isolato, e pertanto, senz’avere ri¬ 

guardo alla connessione della proposizione, abbia consi¬ 

derato le parole come concetti compiuti 324 ); ma non 

sappiamo invece determinare se la teoria del giudizio 

sia stata da lui semplicemente trascurala, o se forse 

egli non abbia contestato anche direttamente il valore 

del giudizio, o quale procedimento abbia seguito, nel 

portare così il nominalismo alle ultime sue conseguen¬ 

ze 325 ). 


[§ 33. — Raimberto a Lilla, e la logica « vecchia » 

di Ottone da CambraiJ. — Ma proprio per l’epoca, 

nella quale aveva fatto la sua comparsa Roscelino, pos¬ 

sediamo una notizia sommamente caratteristica, relati¬ 

vamente alla lotta delle tendenze sul terreno della lo- 



***) [Cfr., su questo punto, Ueberwec-Gf.yer, p. 217]. Tra i più 

vecchi nominalisti potrebbero pertanto essere riawicinati a Rosce¬ 

lino, per aver dato un più unilaterale rilievo alla vox, quel tale 

Pseudo-Hrabano (nota 151), Jcpa (nota 159) [? (note 166 ss.?)], 

l’Anonimo del secolo IX (nota 171 a), l’Anonimo del Cousin 

(nota 242), e l’Anonimo di S. Gallo, che ha rifuso il libro De in- 

terpr. (noia 253), come pure in parte anche lo Scoto Eriugena 

(nota 124); sarebbero invece più affini ad Abelardo, per aver tenuto 

eonto del serrno e del rapporto predicativo, Erico (nota 159), l’Ano¬ 

nimo di S. Gallo, autore della monografia De syllogismis (nota 276), 

e Berengario (nota 305). 


*“) Sarebbe possibile, qualora Roseclino avesse re alm ente av¬ 

valorato con argomenti questa orientazione unilaterale del nomi¬ 

nalismo, prender alla lettera la succitata (nota 316) espressione di 

Ottone (primus.... sententiam vocum instituit ); ma risulta comun¬ 

que da Giovanni da Salisbury (nota 318), che i seguaci del nomi¬ 

nalismo non tardarono ad abbandonare questo punto di vista an¬ 

gusto; soltanto non ci si può, come ha pur fatto già qualcheduno, 

esprimer nel senso che Giovanni da Salisbury abbia dichiarato il 

nominalismo in generale ormai spento; v. la Sez. seguente, 

note 76 ss. 






150 



CABLO PHANTL 



gica 326 ). C’era cioè a Lilla un certo Raiinberto, che 

insegnava la dialettica, al pari di « moltissimi altri », se- 


**) Hekmajvni Narratio Heslaurulionis Abbuliae Sancii Martini 

Tornacensis, riferita dal D’Acheby, Spicilegium, ed. De la Barre, 

II, p. 889 ICap. 1-2; PL, 180, 41 ss.; MGH, XTV, p. 274-5]: Iam 

vero, si scolae appropiares, cernercs magistrum Odonem nunc 

quidem Feripulelicorum more cura discipulis dovendo deambulan- 

lem, nunc vero Stoicorum instar residentem, et diversus quaestio- 

nes solventem.... Sed cum omnium septem libcruliurn artium esset 

peritus, praecipue tamen in dialeclicu eminebat, et prò ipsa maxime 

clericorum frequenlia eum expetebat. Scripsit etiam de ea duos 

libellos, quorum priorem, ad cognoscendu devitandaque sophismala 

valde utilem, inlitulavit « Sopliistem », alterum vero appellavit li- 

bruiti « Complexionum »; tcrcium quoque «De re et ente » com- 

posuit; in quo sol vii, si unum idemque sit res et ens. In his tribus 

libellis.... non se Odonem, sed, sicut lune ab omnibus vocabatur, 

nominubat Odardum. Sciendum tamen de eodem magistro, quod 

eandem dialecticam non juxta quondam modernos (è questo, qua¬ 

lora non si vogliano per caso invocare le parole citate più sopra, 

alla nota 171 g, il testo più antico dove si trovano designati i nomi¬ 

nalisti come moderni: v. invece la Sez. seguente, nota 55) in voce, 

sed more Boetii antiquorumque doctorum in re discipulis legebat 

(dunque, in opposizione alla pretesa innovazione, Boezio e Por¬ 

firio, in quanto realisti, vengon chiamati antiqui: cfr. la prece¬ 

dente nota 317). Unde et magister Baimbertus, qui eodem tempore 

in oppido Insulensi dialecticam clericis suis in voce legebat, sed et 

alii quam plures magistri ei non parum invidebant, et delrahebanl, 

suasque lectiones ipsius meliores esse dicebant; quam ob rem non¬ 

nulli. ex clericis conturbali, cui magis crederent, haesitabant, quo- 

niam et magistrum Odardum ub antiquorum doctrina non discre¬ 

pare videbant, et tamen aliqui ex eis, more Alheniensium aut discere 

aut audire aliquid novi semper humana curiositate studentes, alios 

potius laudabant, maxime quia eorum lectiones ad exercilium di- 

sputandi, vel eloquentiae, immo loquacilatis et facundiae, plus va¬ 

lere dicebant (Alcuni dunque desideravano di poter congiungere 

tuttavia all’ortodosso realismo il virtuosismo formale dei loici pro¬ 

priamente detti, cioè dei nominalisti). Unus itaque ex eiusdem 

ecclesiae canonicis, nomine Gualberlus.... tanta sentenliarum erran- 

tiumque clericorum varietate permolus, quendam pbitonicum (cioè 

un indovino rpyt/ion/cum]), surdum et mutum, sed in eadem urbe 

divinandi famosissimum, secreto adiit, et, cui magistrorum magis 

esset credendum, digilorum signis et nutibus inquirere coepit. Pro- 

tinus ille (mirabile dictu!) quaestionem illius intellexit, dexteram- 

que manum per sinistrae pulmam instar aratri terram scindentis 

perlrahens, digitumque versus magistri Odonis scholam protendens, 

signifkabat, doctrinam eius esse rectissimam ; rursus vero digìlum 

contro Insulense oppidum protendens, manuque ori admota exsuf- 

flans, innuebat, magistri Raimberti lectionem nonnisi ventosam esse 

loquacitatem. Haec dixerim, non quo pbitonicos consulendos.... 

arbitrer..., sed ad redarguendum quorundam superborum nimiam 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



151 



coudo le « moderne » idee nominalistiche (in voce), e 

costoro, insieme con i loro seguaci, apertamente si at¬ 

teggiavano ad accanita rivalità contro Oddone (che 

fu poi, dal 1106, vescovo di Camhrai), il quale aveva 

ricostituito nel 1092 il chiostro di S. Martino a i ournai, 

e ivi insegnava logica secondo lo stile « vecchio », cioè 

secondo l’indirizzo realistico (in re). Ora, poiché c’e¬ 

rano diversi che dal fascino della novità si sentivano 

attratti verso Raimberto, ma poiché nello stesso tempo, 

bilanciando tra loro i pregi delle due scuole, non sem¬ 

brava si potesse ottenere im risultato ben determinato, 

uno dei canonici di Touruai si rivolse a un indovino 

che godeva allora di gran fama : questi, sebbene sordo¬ 

muto, intese subito la questione che gli era rivolta, e 

con il linguaggio dei gesti si pronunciò incondizionata¬ 

mente — nè altro ci si poteva aspettare — nel senso di 

riconoscere come giusta ed eccellente la tendenza rap¬ 

presentata dalla scuola realistica di Oddone. Se del re¬ 

sto chi ci riferisce questa storia (l’abate Ermanno, vi¬ 

vente a Tournai nella prima metà del secolo XII), il 

quale del pari, da buon ortodosso, si professa natural¬ 

mente nemico della ventosa loquacità del nominalismo, 

ricorda nello stesso tempo scritti di logica, composti da 

Oddone, dobbiam certo deplorare ch’essi sieno andati 

perduti; puramente si può congetturare che forse il 

« Liber complexionum » fosse semplicemente tolto di 

peso da Boezio (de syll. categ.: v. la Sez. XII, note 

131 ss.), e così pure che il « Sophistes » sia stato puta¬ 

caso in relazione più stretta con le polemiche teologi¬ 

che, o che, com’è possibile, si limitasse anche a ripetere 

le nozioni esposte da Cassiodoro (Sez. XII, nota 182); 



praesumptionem, qui nihil aliud quarentes nisi ut dicantur sapien- 

tes, in 1‘orphirii Aristolelisque libris magis volimi legi suarn adin- 

ventitiam novitatem, quam Boetii caetcrorumque antiquorum expo- 

silionem. 






152 



CARLO PKANTL 



maggiore importanza può invece aver avuta lo ecritto 

« De re et ente », poiché la questione, se res ed ens sien 

lo stesso, era ivi risolta certamente in senso realistico, 

quantunque sia da presumere — come la cosa più veri¬ 

simile — che tutto il complesso semplicemente si limi¬ 

tasse a richiamarsi a un passo isolato di Boezio (Sez. 

XII, note 89 s.). — Comunque, si potrebbe ammettere tut¬ 

tavia che il nominalismo rosceliniano di allora sia stato 

rappresentato in un numero di scritti, più considere¬ 

vole di quel che le nostre fonti non ci diano a divedere; 

poiché, per siffatte notizie letterarie occasionali, siamo 

invero quasi esclusivamente rimandati ad autori teolo¬ 

gici, mal disposti sin da principio, quali avversari di 

una minoranza ch’era loro sospetta, a parlare lunga¬ 

mente di questa, e invece più propensi ad accordarsi 

con un Fulberto (nota 237) o un Lanfranco (nota 309) 

nella condanna della dialettica in generale 327 ). 


[§ 34. — Anselmo d’Aosta: a) Vargomento onto¬ 

logico 1). — Se pertanto ci volgiamo a considerare 328 ) 

F inventore del concetto di « haerelicus dialecticae » e 

dunque il rappresentante attendibile di una logica corret¬ 

tamente ortodossa, cioè Anseimo [d’Aosta, arcive¬ 

scovo] di Canterbury (nato nel 1033, morto nel 

1109), per prima cosa c’interessa soprattutto quel così 

detto argomento ontologico, al quale egli deve la sua 



•") Così dice p. es. Ildeberto [da Lavardin] (che mori arcive¬ 

scovo di Tours nel 1136 [intorno al 1133]), Sermo 69 (Opera, ed. 

Beaugendre, p. 579 s. [PL, 171, 677]): Quidum enim in philosophi- 

cis jacultatibus qiumulam subtilitalem inutilem vel inutilitatem 

subtilem quaerentes, quibusdam minutiis verborum in cavillatione 

respondenles utunlur, quibus in disputatione uli, ossa Christi est 

incinerare.... Ktsi enim deus convertii nos, arlium liberalium 

phanlusmatibus uli, si in hac Scriptum voluerimus similiter sophi- 

stice incedere, odibiles Deo erimus, strepitum ranarum Aegypti in 

terram Gessen traducere molientes. 


ra ) Quel che nella prima edizione costituiva il contenuto delle 

note 328-333, è stato qui soppresso. 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



153 



pretesa gloria imperitura 33i ), e che, quanto al suo con¬ 

tenuto teologico o speculativo, viene a cader fuori dai 

limiti che qui ci sono imposti, dovendo fermarsi la no¬ 

stra attenzione puramente sopra il suo aspetto formale. 

Che in generale l’assunto di voler dimostrare la esi¬ 

stenza obbiettiva di Dio, sia tutto quanto una pazzia 

(perciò anche lo Hegel, proprio solamente nella sua 

qualità di neoplatonico ha ripreso per suo conto l’ar¬ 

gomento ontologico), è cosa ammessa da chiunque non 

sia filosoficamente già prevenuto, a quel modo stesso 

che sicuramente si riterrebbe un controsenso l’assunto 

di dimostrare per sillogismi la esistenza di un mondo 

obbiettivo; ma che in quell’epoca antifilosofica e senza 

idee chiare potesse venir fuori un tale tentativo, si 

spiega benissimo, soprattutto perchè c’era allora, come 

sostitutivo della filosofia, solamente ima sfera culturale, 

limitata alla teologia dommatica e ad un’abilità tradizio¬ 

nale nella logica delle scuole; tostochè, per effetto delle 

controversie teologiche, ci si era dunque fatta l’abitu¬ 

dine di unire tra loro questi due elementi, in tal ma¬ 

niera che si tentava di dare un fondamento logico an¬ 

che a singole frammentarie parti del domma (v. sopra 

la nota 303), era semplicemente questione di coerenza, 

che a tale formulazione si procedesse, incominciando su¬ 

bito da quello che, nella professione di fede obbiettiva¬ 

mente dommatica, è il punto supremo. Ma era perciò 

naturalmente da porre, quale condizione essenziale, che 

la posizione dell’Autore si presentasse come un realismo 

logico, poiché a un nominalista, che avesse informato il 



“') La esposizione esaurientemente particolareggiata che del 

pensiero di Anselmo è stata pubblicata da F. R. Hasse ( Anselm 

von Canterbury, Lipsia, 1843-52, in due voli.), è informata a una 

costante sopravvalutazione della importanza di lui. Cfr. del resto 

anche G. Runze, Der ontologische Gottesbeweis, kritische Darstel- 

lung seiner Geschichte [« La prova ontologica della esistenza di 

Dio: esposizione critica della 6ua storia»]. Halle. 1882. 










154 



CABLO PRANTL 



proprio pensiero a una certa coerenza, non sarebbe ve¬ 

nuto mai in niente di dimostrare con parole subbicttiva- 

mente umane la esistenza obbiettiva di Dio (abbiamo 

veduto più sopra, nota 272, per questo rispetto, un esem¬ 

pio molto onorevole di circospezione); e questa connes¬ 

sione con il modo di vedere realistico, è anche il solo 

motivo, che c’induce a menzionare questi tentativi di 

dimostrazione, al loro primo comparire (cfr. anche la 

Sez. seguente, nota 94 a); perciò siamo anche ben con¬ 

tenti di rinunziare — per tutt’i successivi sviluppi, nei 

quali vien meno il punto di vista della logica formale, 

con la relativa distinzione di contrastanti tendenze — 

a ricordar le diverse trasformazioni, per le quali è pas¬ 

sato l’argomento ontologico (p. es. nella filosofìa di Car¬ 

tesio, Leibniz, Wolff, Mendelssolm, ilaumgarten, Kant). 


Anseimo si atteneva, nè altro c’è da aspettarsi da un 

discepolo di Lanfranco, al punto di vista, secondo il 

quale il sapere ha, nella fede cristiana, la propria con¬ 

dizione e il proprio limite 333 ) ; per conseguenza, egli 

trova, di fronte al pensiero, una realtà incondizionata¬ 

mente obbiettiva, nel riguardo intellettuale già bell’e 

compiuta, sì che a questa realtà obbiettiva il pensiero 

può semplicemente o partecipare o non partecipare: An¬ 

seimo, cioè, com’è di per sè chiaro, in logica è un rea¬ 

lista. E il singolare desiderio di costringere irrevoca¬ 

bilmente il nostro pensiero a questa partecipazione in 

senso obbiettivo, cioè d’imporre per forza di dimostra¬ 

zione il punto di vista realistico al pensiero umano, è il 

motivo fondamentale dell’argomento ontologico 336 ) : ar- 



’“) Epist., Il, 41 (Opera, cd. Gcrberon, Parigi, 1675), p. 357: 

Chrisliunus per fidem debet ad intellectum proficere, non per in- 

telleclum ad fulem accedere, aul, si intelligere non valel, a fide 

recedere. Sed cum ad intellectum valel perlingere, deleclalur, cum 

vero nequit, quod capere non potest, veneralur [PL, 158, 1193], 

”*) Broslogion, c. 2, p. 30 [te6to curato dal Daniels: Beitrage 

del Baumker, voi. "Vili, fase. I-IIJ : Convincitur ergo etiam insipiens 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



155 



gomento clie ci offre lo spettacolo della massima con¬ 

traddittorietà, dovendo invero per esso 1 obbietlivismo 

sistematico più rigoroso, ricevere, come tale, proprio un 

fondamento subbiettivo. il controsenso di questa intra¬ 

presa consiste dunque nel proposito stesso del realista, 

il quale, mentre a priori riconosce l'ideale solamente 

come obbiettivo, vuole dimostrarne la esistenza obbiet¬ 

tiva ancor soltanto con mezzi subbiettivi; ora un tale 

controsenso fu scorto cou perfetta esattezza da G a u- 

nilone (monaco nell’abbazia di Marmoutier [Tours]), 

come dimostra la sua aff ermazione che l’argomento var¬ 

rebbe altrettanto bene anche per provare la esistenza 

di un’isola incondizionatamente perfetta 337 ), poiché, di 

fatto, con la medesima formula il realismo avrebbe po¬ 

esie vel in inlellectu aliquid quo nihil maius cogitari palesi, quia 

hoc, cum audii, intelligil; et quicquid inlelligitur, in inlellectu est. 

Et certe id quo maius cogitari nequit non palesi esse in solo intei- 

leclu. Si enim vel in solo inlellectu est, potest cogitari esse et in 

re, quod maius est. Si ergo id quo maius cogitari non potest est 

in solo inlelleclu, id ipsum quo maius cogitari non potest est quo 

maius cogitari potest. Sed certe hoc esse non potest. Existit ergo 

procul dubio aliquid, quo maius cogitari non valet, et in intellectu 

et in re [PL, 158, 228J. — Liber apologeticus contro Gaunilonem, 

c. 1, p 37 [testo c. s.J : Ego dico: si vel cogitari potest esse, necesse 

est illud esse. Nani quo maius cogitari nequit, non potest cogitari 

esse nisi sine initio. Quicquid uutem potest cogitari esse et non 

est, per initium potest cogitari esse. Non ergo quo maius cogitari 

nequit, cogitari potest esse et non est. Si ergo cogitari potest esse, 

ex necessitate est, e via dicendo, con grossolana continua confu¬ 

sione tra cogitari ed esse [PL, 158, 2491. 


U! ) Liber prò insipiente, c. 6 (Anselmi Opp., p. 36 [testo c. s.]): 

aiunt quidam ulicubi oceani esse insulam, quam ex difficultale vel 

potius impossibilitate inveniendi quod non est cognominanl aliqui 

perditam, quamquam jabulanlur.... universis aliis.... usquequaque 

praestare. Hoc ita esse dicat mihi quispiam.... At si lune vel ut con- 

sequenter adiungat ac dicat: non potes ultra dubitare insulam illam 

lerris omnibus praestantiorem vere esse alicubì in re, quam et in 

intellectu tuo non ambigis esse, et quia praestantius est, non in 

intellectu solo sed eliarn esse in re, ideo sic eam necesse est esse, 

quia nisi fuerit, quaecunque alia in re est terra, praeslantior illa 

erit; ac sic ipsa iam a le praestantior intellecta praestantior non 

erit —, si inquam per hacc ille mihi velil astruere de insula illa, 

quod vere sit, etc, etc. [PL, 158, 246-7]. — Più minute notizie sopra 

Gaunilone son date da B. Hauréau, Singularités historiques et lit- 

téraires, Parigi, 1861, p. 201 ss. 








156 



CARLO PRANTL 



tuto dimostrare anche la esistenza reale di tutte quante 

le idee platoniche. Ma quando a ciò Anseimo replica 

ch’egli non ha parlato già della esistenza del concreto, 

bensì ha parlato proprio soltanto dell’ Incondiziona¬ 

to 338 ), si lascia necessariamente prendere al suo stesso 

laccio; poiché si trova costretto a ricorrer ora tuttavia 

a un’ascesa per gradi successivi, onde soltanto a poco a 

poco ci eleviamo dal minore condizionato, mentalmente, 

sino al pensiero del superlativo incondizionato 339 ) ; per 

conseguenza, come essere reale, questo Incondizionato 

non può naturalmente avere se non una realtà che sia 

posta dal pensiero; ma, da capo, con questa conchiu- 

sione molto male si armonizza invece quel che dice d’al¬ 

tra parte lo stesso Anseimo, quando in ciascun pensiero, 

e anzi espressamente anche nel pensiero drizzato verso 

cose concrete, distingue mi aspetto puramente nomi¬ 

nale (vox signìfìcans) e un intendere reale (id ipsiirn 

quod res est), in maniera tale, che in quest’ultimo sia 

già implicita la esistenza, ma nel primo sia possibile 

ogni assurdità 340 ); e infatti, stando così le cose, non c’è 



*“) Apoi. c. Gaun., c. 3, p. 38: Sed tale est, inquis, ac si aliquis 


insulam oceani etc . Fidens loquor; quia si quis invenerit mihi 


[ aliquid] aut re ipsa aut sola cogitatione existens praeter quo[d] 

maius cogitari non possit, cui optare valeat connexionem huius meae 

argumenlationis, inveniam et dabo illi perditam insulam amplius 

non perdendam [PL, 158, 252]. 


“*) Ibid., c. 8, p. 39: Quoniam namque omne minus bonum in 

tantum est simile maiori bono in quantum est bonum, patel cuilibel 

rationabili menti quia de bonis minoribus ad maiora conscendendo 

ex bis quibus aliquid maius cogitari potest multum possumus coni- 

cere illud quo nihil potest maius cogituri,... Est igitur linde possit 

conici quo maius cogitari nequeat | PL, 158, 2581. 


M0 ) Prosi., c. 4, p. 31: Aliter enim cogitatur res cum vox eam 

significans cogitatur, aliter cum id ipsum quod res est intelligitur. 

Ilio ilaque modo potest cogitari Deus non esse, isto vero minime. 

[Nella ed. Gerberon: Nullus quippe intelligens id quod sunt ignis 

et aqua palesi cogitare ignem esse aquam secundum rem ; licet hoc 

possit secundum voces, ita igitur nemo intelligens id quod Deus 

est....] IS'ullus quippe intelligens id quod Deus est potest cogitare 

quia Deus non est, licet haec verbo dicat in corde aut sine ulta 

aut cum aliqun estranea significatione [PL, 158, 229], 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



157 



bisogno, in generale, nè di ima prova della esistenza, 

nè di un’ascesa all’Incondizionato, bensì non c è allora 

nient’altro da fare, che pensare appunto ciascuna cosa 

dal suo lato obbiettivo reale. 


Con molta accortezza perciò Anseimo non si adden¬ 

tra con una sola parola neanche nella più calzante 

obiezione di Gaunilone; quest’ultimo rappresenta un no¬ 

minalismo molto ragionevole, quando dice eh è bensì 

vero che la vox da sola, come semplice vox, cioè pura¬ 

mente come suono di lettere (dell’alfabeto), non con¬ 

tiene verità di sorta, ma che nella Bfera della esperienza, 

dove il significato intelligibile della parola viene con¬ 

nesso con cose note e commisurato a queste, si pensa ef¬ 

fettivamente nelle parole l’essere obbiettivamente reale, 

dovendosi dunque, per quella sfera che trascende ogni 

esperienza, star contenti alla significano perccptae vocis, 

che non implica in sè la esistenza obbiettivamente reale 

della cosa significata 341 ). Dice cioè Gaunilone: nelle no- 



*“) L. prò insip., c. 4, p. 36[testo c. s.] : Neque enim aut rem 

ipsam [girne deus est] novi aut ex alia possum conicere simili, 

quandoquidem et tu talcm asseris illam ut esse non possil simile 

quicquam. Nam si de homine aliquo mihi prorsus ignoto, quem 

etiam esse nescirem, dici lamen aliquid audirem, per illam specia- 

lem generalemve notiliam, qua quid sit homo vel homines novi, 

de ilio quoque secundum rem ipsam quae est homo cogitare pos- 

sem. Et tamen fieri posset ut, mentiente ilio qui diccret, ipse quem 

cogitarem homo non esset; cum tamen ego de ilio secundum veram 

nihilominus rem, non quae esset ille homo sed quae est homo qui- 

libet, cogitarem. Nec sic igitur ut haberem fulsum istud in cogi- 

tatione vel in intellectu, habere possum istud, cum audio dici 

« Deus » aut « aliquid omnibus maius », cum, quando illud (cioè 

quell'uomo) secundum rem veram mihique notum cogitare possem, 

istud (cioè Dio) omnino nequeam nisi tantum secundum vocem, 

secundum quam solam aut vix aut nunquam potesl ullum cogitaci 

verum. Siquidem cum ila cogitatur, non tam vox ipsa quae res 

est utique vera, hoc est litterarum sonus vel syllabarum, quam 

vocis auditae significatio cogilelur, sed non ita ut ab ilio qui novit 

quid ea soleat voce significavi, a quo scilicet cogitatur secundum 

rem vel in sola cogilatione veram : verum ut ab eo qui illud non 

novit et solummodo cogitat secundum animi molum illius auditu 

vocis effeclum significationemque perceptae vocis conanlem effin- 

gere sibi. Quod miruin est si unquam rei peritate potuerit. Ita ergo. 







158 



CABLO PRANTL 



stre parole abbiamo la esperienza concreta convertita 

in concetti, e nelle parole possediamo anche la forza 

di trascender la immediata realtà; ma tostochè questo 

accada, ci troviamo esclusivamente nella sfera del pen¬ 

siero, ed è fatica sprecata voler fare venir fuori da que¬ 

sto, in quanto puramente subbiettivo, la esistenza ob¬ 

biettiva del pensato, perchè, proprio quando ci si volge 

al cogitavi, si rende manifesto che esse e non esse ap¬ 

partengono alla sfera obbiettiva, sicché la prova onto¬ 

logica non prova niente, perchè va di là dal proprio 

campo, e così prova troppo. 


[b) realismo anselmino, privo di fondamento scien¬ 

tifico, nel Dialogus de veritate]. — Se dunque l’argo¬ 

mento ontologico è nato solamente perchè Anseimo non 

era riuscito a venire logicamente in chiaro neanche del 

suo proprio punto di vista realistico, questa medesima 

debolezza si mostra anche in quella professione di fede 

realistica, cli’è contenuta nel « Dialogus de veritale s >. 

Già più sopra (nota 319), nel passo indirizzato contro 

Roscelino, abbiamo veduto la espressione schiettamente 

realistica «substantiae universales » ; ma proprio un tal 

modo d’intendere impedisce naturalmente ad Anseimo 

qualsiasi comprensione di quel che significhi la forma 

del giudizio logico: poiché, potendo egli sin dal prin¬ 

cipio considerare la enuntiatio solamente come rical¬ 

cata sopra l’essere o il non-essere obbiettivo, nemmeno 

in tale forma assegna alla enuntiatio stessa la verità, ma 

questa trasferisce in modo esclusivo nella sfera obbiet¬ 

tiva, la quale, lungi dall’esser vera nel suo presentarsi 

come oggetto del giudizio, contiene invece solamente la 



nec prorsus al iter. adirne in intellectu nuo constai illud haberi, 

cum audio intelligoque dicentem esse aliquid maius omnibus quae 

valeanl cogitari. — Haec de eo quod somma illa natura iam esse 

dicitur in intellectu meo [PL, 158, 244-5]. 






STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



159 



causa della verità del giudizio 342 ) ; Anselmo auzi espres¬ 

samente irride alla forma del giudizio: questo infatti 

— com'egli si esprime — anche quando è in contraddi¬ 

zione con lo stato di fatto oggettivo, continua pur sem¬ 

pre a essere un giudizio giusto, per quanto si attiene 

puramente all’enunciare e al significare, mentre la vera 

giustezza, cioè la stessa verità, risiede appimto solamente 

in quella obbiettività, a raggiunger la quale, in senso 

obbiettivo, s’ha da tender con uno sforzo, ch’è designato 

quasi come dovere morale 343 ) : poiché, dato che tutte 

le cose ricevono Tesser loro solamente dalla suprema 

Verità 344 ), Tessere stesso prende infine la forma di un 



*°) Dialogus de ventate, c. 2, p. 109 s.: Magister. Quando est 

numi intuì vera? — Discipulus. Quando est, quod enuntiat si ve 

affermando sive negando; dico enim esse quod enuntiat, eliam 

quando negai esse quod tuta est; quia sic enuntiat, quemadmodum 

res est. — XI. An ergo libi videtur, quod res enunliata sit veritas 

enunlialionis? -— D. Non. — XI. Quare? — D. Quia nihil est veruni, 

itisi participando verilatem: et ideo veri veritas in ipso vero est; 

res vero enunliata non est in enuntialione vera, unde non ejus ve¬ 

ritas, sed causa veritatis ejus dicendo est [PL, 158, 4691. 


"*’) Ibid., p. 110: XI. Ergo non est illi [se. enuntiationi\ aliud 

veritas [?], quam reclitudo.... — D. Video quod dicis: sed doce me, 

quid respotulere possim, si quis dicat, quod ctiam cum [ojratio 

significai esse quod non est, significai quod dehet: ttariler namque 

accepit significare esse et quod est et quod non est. Nam si non 

accepisset significare esse eliam quod non est, non id significarci. 

Quare eliam cum significai esse quod non est, significai quod debet. 

Al si, quod debet significando, recto et vera est, sicut ostendisti, 

vera est oralio, edam cum enuntiat esse quod non est. — XI. Vera 

quidem non solet dici, cum significai esse quod non est; veritatem 

tamen et rectitudinem habet, quia jacil quod debet. Sed cum si¬ 

gnificai esse quod est, dupliciter jacil quod debet: quoniam signi¬ 

ficai et quod accepit significare, et [adì quod facta est. Sed secun- 

dum hanc rectitudinem et veritatem, qua significai esse quod est, 

usu recto et vera dicitur enuntiatio, non secundum illam, qua signi¬ 

ficai esse eliam quod non est.... Alia igitur est rectitudo et veritas 

enuntiationis, quia significai ad quod significandurn facta est: alia 

vero quia significai quod accepit significare. Quippe ista immuta- 

bilis est ipsi oralioni: illa vero, mutabilis [ PL, 158, 4701 


w ) Ibid., c. 7, p. 111-2: An putas aliquid esse aliquando, aut 

alicubi, quod non sit in stimma ventate, et quod inde non accepcril 

quod est inquantum est: aut quod possil aliud esse, quam quod 

ibi est? [PL, 158, 475], 











160 



CABLO PRANTL 



Dovere S4B ). Per conseguenza risulta sì un fondamento 

unitario, semplicemente obbiettivo, della verità 346 ), ma 

con quanto maggior energia vien dato rilievo all’ ap¬ 

prendimento esclusivamente spiritualistico di quello 317 ), 

tanto meno si riesce a capire, come mai rimanga an¬ 

cora una qualsiasi funzione di principio alla forma lo¬ 

gica del giudizio. 


[c) punto di vista compassionevolmente basso, nel 

Dialogus de grammatico]. — Ma quanto poco accurata¬ 

mente elaborata sia stata in generale nell’opera di An¬ 

seimo la concezione della logica, appare manifesto con 

la massima chiarezza dallo scritto intitolato « Dialogus 

de grammatico » 34S ). È vero che si tratta semplicemente 



*“) Ibid., c. 9, p. 113: In rerum quoque exislemia, est simililer 

vera vel falsa significano ; quoniam eo ipso quia est, dicil se debere 

esse [PL, 158, 478], Con quest’affermazione è connessa anche la 

totale identilicazione che Anseimo stabilisce tra il Non-essere reale, 

ovvero il Nulla che è, da una parte, e, dall’altra, il Male ( Epist., 

II, 8, p. 343 s. [PL, 158, 1155-8J), onde, confrontato con lo Scoto 

Eriugena (note 133 ss.), egli fa una più risoluta professione di rea¬ 

lismo platonico. 


'“) Ibid., c. 13, p. 115: Si recliludo non est in rebus illis, quae 

debent rectiludinem, nisi cum sunt secundum quod debenl, et hoc 

solum est illis rectas esse, manifestum est, earum omnium unam 

solam esse rectiludinem.... Quoniam illa (se. veritasj non in ipsis 

rebus, aut ex ipsis, aul per ipsas, in quibus esse dicitur, habet suum 

esse; sed cum res ipsae secundum illam sunt, quae semper praesto 

est his, quae sunt sicut debent, tunc dicitur hujus vel illius rei 

veritas IPL, 158, 486], 


*") Ibid., c. 11, p. 113: Nempe nec plus nec minus continet isla 

diffinitio veritatis, quam expediat, quoniam nomen reclitudinis di¬ 

vidii eam ab ornili re, quae rectitudo non vocatur. Quod vero sola 

mente percipi dicitur, sepurat eam a reclitudine visibili [PL, 

158, 480]. 


**) Dice lo stesso Anseimo (Prologus ad dial. de ver., p. 109 

[PL, 158, 4671): [edidi tractatum ] non inulilem, ut puto, inlrodu- 

cendis ad dialecticam, cujus initium est « De grammatico»: e da un 

passo di SiciBKftTO da Gsmbloux (de scriptoribus ecclesiaslicis, 

c. 168), dov’è ripetuta questa notizia (vedilo riprodotto dal Fabri- 

cius nella Dibl. eccl., p. 114 [PL, 160, 586] : scripsit.... alium li- 

brum inlroducendis ad dialecticam admodum utilem, cujus initium 

est « De grammatico »), ha avuto origine la opinione erronea, 

ch’egli abbia scritto una particolare « Introducilo in dialecticam ». 









STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



161 



di un esercizio scolastico, composto da Anseimo, come 

dice egli stesso, soltanto in considerazione delle solite 

numerose trattazioni analoghe 3 '* 9 ) ; ma mentre ci è 

ignoto se quegli altri scritti consimili sieno mai stati 

migliori, scorgiamo in ogni caso che questo di Anseimo 

si tiene a un punto di vista compassionevolmente basso. 

Poiché è un continuo insulso giocare con proposizioni 

ricavate da Boezio, e apprese macchinalmente, senza 

trarsi fuori dalla tediosa fatica di scovare in un primo 

tempo difficoltà, là dove un uomo ragionevole non ne 

saprebbe trovare, e poi da capo presentarne la soluzione 

adeguata; — insomma è il prodotto di una erudizione 

scolastica estremamente limitata, tanto meschino quanto 

lo scritto ricordato più sopra di Gerberto; e di un qual¬ 

che impulso che sia da esso derivato allo studio della 

dialettica, si può tanto meno parlare, in quanto che, 

persino relativamente alla questione che divideva il 

campo della logica in contrarie tendenze, si presenta 

estremamente ottuso e scolorito. 


Tutta la trattazione si volge intorno alla questione, 

se « grammaticus » sia sostanza o sia qualità, dato 

che ima e l’altra alternativa debbano entrambe esser 

ammesse, ma non sia possibile che sieno in pari tempo 

tutt’e due vere 35 °). Ma alla risposta ragionevole, che 



**) Diulogus de grammatico, c. 21, p. 150: Tamen quoniam scis, 

quantum noslris temporibus diulectici certent de quaestione a te 

proposila, nolo le sic his quae diximus inhaerere, ut ea perlinaciter 

teneas, si quis validioribus argumentis haec destruere et diversa 

valuerit astruere: quod si conti gerii, saltem ad exercitationem di- 

sputandi nobis haec profecisse non negabis [PL, 158, 582]. 


B °) lbid., c. 1, p. 143: De grammatico peto ut me cerlum jacias, 

utrum sit substantia an qualitas, ut, hoc cognito, quid de aliis quae 

similiier denominative dicuntur, sentire debeam, agnoscam. La 

questione ha la propria fonte in Boezio (p. 121 [in Ar. praed., I; 

PL, 64, 171-2]), il quale, dove nelle Categorie vien citato gramma¬ 

ticus come denominalivum da grammatica, nomina nel commento 

Aristarco quale esempio di grammaticus, — e inoltre, nel trattare 

della categoria della sostanza (p 134 [ibid.; PL, 64, 189]), espres¬ 

samente riconduce grammaticus su su ad animai, mentre è da ag¬ 

li. — C. Pkantl, Storia delta logica in Occidente, II. 







162 



CABLO PFANTL 



cioè son pur vere tutte due le alternative, ci si arriva 

per via indiretta nel modo più artificioso 351 ). Alla opi¬ 

nione di chi ammette che « grammaticus » è sostanza, 

perchè invero il grammatico è un uomo, ma l’uomo è 

sostanza, si contrappone cioè anzitutto un sillogismo de¬ 

forme, il quale ha per conchiusione che nessun gram¬ 

matico è uomo 352 ) : conchiusione, che per prima cosa 

viene confutata con l’argomento, che alla stessa maniera 

potrebbe anche dimostrarsi che nessun uomo è un es¬ 

sere vivente 353 ) ; ora soltanto a tale argomento vien dis¬ 



giungere che (p. 185 s. [i6., HI; PL, 64, 256-7J) per la categoria 

delia qualità, grammuticus era diventato l’esempio stereotipato. 

Perciò Anselmo pone ora una accanto all'altra come reciprocamente 

contraddittorie le seguenti espressioni: Ut quidem grammaticus prò - 

betur esse substantia, sufficit quia omnis grammaticus homo, et om- 

nis homo substantia (cfr. Boezio [ad Porph. a se fransi.], p. 63 s. 

[probabilmente si deve leggere 36 6.: lib. H, c. 11; ed. Brandt, 

p. 103-4; PL, 64, 57]).... Quod vero grammaticus sit qualitas, aperte 

jatentur philosophi, qui de hoc re tructaverunt, quorum auclorita- 

lem de his rebus est impudenlia improbare. Item quoniam necesse 

est, ut grammaticus sit aut substantia aul qualitas.... Cum ergo alte- 

rum horum verum sit, alterum jalsum, rogo ut julsìtatem detegens, 

aperius mihi veritatem [PL, 158, 561]. 


K1 ) Ibid„ c. 2: Argumenla, quae ex utraque parte posuisti, ne¬ 

cessaria sunt; nisi quod dicis, si alterum est, alterum esse non posse. 

Quare non debes a me exigere, ut alteram partem esse falsam osten- 

dam, quod ab ulto fieri non potesti sed quomodo sibi invicem non 

repugnent, aperiam, si a me fieri polest. Sed vellem ego prius a te 

ipso audire, quid his probalionibus tuis oblici posse opineris \ib., 

561-2]. 


K ‘) Ibid.: Ulani quidem propositionem quae dicit, grammaticum 

esse hominem, hoc modo repelli existimo : quia nullus grommati• 

cus potest intelligi sine grammatica, et omnis homo polest intelligi 

sine grammatica. Item, omnis grammaticus suscipit magis et minus 

(questo è ricavato da Boezio, p. 186 [in Ar. Praed., Ili; PL, 64, 

257]), et nullus homo suscipit magis et minus: ex qua utraque con- 

textione binarum propositionum conficitur una conclusio, id est, 

nullus grammaticus est homo [PL, 158, 562]. 


* sl ) C- 3, p. 143 s. : Non sequitur.... Contexe igitur tu ipse qua- 

tuor.... propositiones.... in duos syllogismos:... « Orane animai polest 

intelligi praeler rationalitatem; nullus vero homo potest intelligi 

praeter rationalitatem>. Item: que multipliciter appellatur.... 

Et communis est multiplex appellatio, edam in his nominibus, quae 

veluti genera de speciebus dicuntur; — e (p. 183 [ibid., PL, 64, 

253]): Grammatici enim a Grammatica nomìnantur, atque hoc est 

in pluribus, ut posilo nomine, si quid secundum ipsas qualitales, 


quale dicilur, ex his ipsis qualilatibus appellatio derivetur. Etc . 


distinctis qualitatum vocabulis appellantur.... Così neanche Anseimo 

oltrepassa dunque assolutamente la limitata sfera delle fonti sin qui 

note, e se si fosse già fin d’allora conosciuta la traduzione degli 

Analitici, è da credere che in generale tali disquisizioni sarebbero 

state impossibili. 









168 



CARLO FRANTL 



Anseimo tuttavia non ci consente ancora di gustare su¬ 

bito la sua concezione realistica, bensì ancora per qual¬ 

che tempo ci mena strascicando attraverso uno sciocco 

gingillar con le parole. Se cioè si obietta che « gram¬ 

matico » e « uomo » vengono per conseguenza a essere 

ugualmente predicati significativi, e che pertanto il pri¬ 

mo abbraccia del pari in una unità reale il concetto di 

uomo e il concetto di grammatica — tale obiezione 

dev’essere ora confutata con la considerazione, che al¬ 

lora « grammatica » non sarebbe accidente, ma diffe¬ 

renza sostanziale, il che dovrebb’essere altrettanto vero 

di tutte le qualità simili: e così pure ne risulterebbe 

la illazione che un non-uomo, il quale fosse gramma¬ 

tico, dovrebbe allora proprio perciò essere nello stesso 

tempo uomo 364 ) ; inoltre bisogna ben riflettere appunto 

sopra la forma di aggettivo che ha la parola gramma- 

ticus, poiché se « uomo » fosse già per sè contenuto in 

« grammatico », potrebbe darsi che, con la sostituzione, 

si dovesse continuar a ripetere all’infinito la parola 

« uomo », e in generale si sconvolgerebbe il punto di 

vista proprio degli appellativi derivati, perchè allora 

p. es. anche hodiemus dovrebb’essere un verbo 363 ). 



J C. 13, p. 14 ì: Sicut enim homo constai ex ammali et rationa- 

litate et morlalitale, et idcirco homo significai liaec trio, ila gram¬ 

matici^ constai ex homine et grammatica; et ideo nomen hoc signi¬ 

ficai utrumque.... — M. Si ergo itti est, ut tu dicis, diffinitio et esse 

grammatici est « homo sciens grammalicam ».... Non est igitur gram¬ 

matica accidens, sed substantialis differentia; et homo est genus, 

et grammaticus species: nec dissimilis est ratio de albedine, et simi- 

libus accidentibus: quod falsum esse totius artis traclatus ostendit 

((Boezio fin Porph. a se transl., IV, 1: ed. Brandi, p. 239 ss.; PL, 

64, 115 ss.], p. 79 ss.).... Ponamus, quod sit animai aliquod rationale, 

non tamen homo, quod ita sciai grammalicam sicut homo ... Est 

igitur aliquis non homo sciens grammaticam.... At omne sciens gram¬ 

malicam est grammaticum.... Est igitur quidam non homo gramma¬ 

ticus.... Sed tu dicis in grammatico intelligi hominem.... Quidam 

ergo non homo est homo quod falsum est [PL, 158, 571-2], 


) Jbid. : Si homo est in grammatico, non praedicatur cum eo 

simul de aliquo...; non enim apte dicitur, quod Socrates est homo 

animai (Boezio [loc. ult. cit., II, 6: ed. Brandt, p. 192; PL, 64, 96], 













STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



169 



Dopo che si dà così per dimostrato che grammatica* 

non chiude in sè unitariamente la sostanzialità dell’uo¬ 

mo, bensì vale soltanto quale significazione adeguata 

della grammatica, deve adesso chiarirsi ancora tuttavia 

in qual modo grammaticus sia puramente un appella¬ 

tivo mediato dell’uomo; e ciò si fa, con il più balordo 

scambio di concetti attributivi, mediante questo esem¬ 

pio, che cioè, se ci sono, uno accanto all’altro, un ca¬ 

vallo bianco e un bove nero, dicendosi senz’altro  S, qUoJ 7. homo solus, i. e. sine grammatica, est gromma - 

auinno f b ‘ m °' l,S ,ntell W POtest: uno vero, altero falso. Homo 

quippe (questo e il verni modus) solus, i. e. absque grammatica est 


qiTnecToh Ter habe ^ ^ m maticam: grammatica nam- 


que, nec sola nec cum honune. habet grammaticum. Sed homo so - 


irammn ' grammat,ca - ««* grammatici; quia, absente 


grammatica, nullus esse grammatici potest (il falsus modus consi 

alerebbe cioè ne 1 intender quella proposizione nel senso che non 


per^ r „a n n e ted a n> ^amniotica alla sostanza 


7 ». stante dell uomo): sicut qui praecedendo ducit alium, et so - 

. 1 praevius, quia qui sequitur non est praevius,... et solus non 


lvL pr i5T l 5m l, !cr n T f qui T‘ evius esse non P° test 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



171 



la prima delle due alternative viene utilizzata per la pro¬ 

fessione di fede realistica, e qui Anselmo aderisce, con 

l’accento di chi si rassegna di mala voglia, alle idee dei 

dialettici aristotelici, per salvare almeno quel che po¬ 

teva essere salvato, poiché, visto che le Categorie gode- 

van pure di ima così grande autorità, da non poter es¬ 

sere del tutto rigettate, bisognava far il tentativo d’inter- 

petrarle in senso realistico. Dice Anselmo cioè, che de¬ 

signare il grammatico esclusivamente come qualità, è 

giusto soltanto dal punto di vista delle Categorie ari¬ 

stoteliche, poiché in quest’opera si tratta in verità non 

dell’essere reale delle cose stesse, e neanche della desi¬ 

gnazione puramente appellativa mediante parole, bensì 

delle voces significativae (v. sopra la nota 363), in quanto 

che queste significano immediatamente l’essere sostan¬ 

ziale in se stesso: e perciò è giusto che tra i dialettici 

sia rimasto in uso di tenersi puramente nell’orbita di 

questa significazione sostanziale, cioè di servirsi del 

grammatico, soltanto com’esempio di qualità 3T0 ) ; peroc- 



”“) C. 16: Cum vero dicitur, quod grammaticus est qualilas, non 

recte, nisi secundum tractatum Aristotelis de categoriis, dicitur. 

C. 17: D. An aliud habet ille tractatus quam « omne quod est, aut 

est substantia, aut quantitas, aut qualilas, etc. » (Boezio [in 

Ar. Praed., I; PL, 64, 180J, p. 127).... — M. Non tamen fuit princi- 

palis intentio Aristotelis, hoc in ilio libro ostendere, sed quoniam 

omne nomen vel verbum atiquid horum significai; non enim inten- 

debal ostendere, quid sint singulae res, nec qiiarum rerum sint ap- 

pellalivae singulae voces, sed quorum significativae sint. Sed quo¬ 

niam roces non significant nisi res, dicendo quid sit quod voces 

significant, necesse fuit dicere quid sint res.... De qua significatione 

videtur libi dicere, de illa qua per se significant ipsae voces, et quae 

illis est subslantiulis, an de altera, quae per aliud est, et acciden- 

talis? — D. Non nisi de ipsa, quam idem ipse eisdem vocibus esse, 

diffiniendo nomen et verbum (Boezio [in de interpr., ed. Becunda, 

I, 1: rdiz. Meiser, Pare Post., p. 13 ss. ; PL, 64, 398-9], p. 293 s.), 

assignuvil, quae per se significant. — M. An pulas.... aliquem 

eorum, qui eum sequentes de dialectica scripserunt, aliter sentire 

voluisse de hac re, quam sentii ipse? — D. Nullo modo eorum 

scripta hoc aliquem opinari permilliinl: quia nusquam invenitur 

aliquis eorum posuisse aliquam vocem ad ostendendum aliquid 

quod significet per aliud, sed semper ad hoc quod per se signifi¬ 

cai [PL, 158, 576]. 










172 



CABLO PBANTL 



chè, in questo senso realistico, il grammatico, per ri¬ 

spetto alle categorie, è, parimente dal punto di vista del 

linguaggio come nella realtà, una qualità — laddove, fatta 

astrazione da questa considerazione dialettica, la quale 

tuttavia deve pertanto contenere Tessere essenzialmente 

sostanziale, ciò che rimane è solamente il campo della 

comune maniera di parlare appellativa, nella quale il 

grammatico è chiamato «uomo»: non diversamente p. 

es., nel considerare le forme grammaticali, è giusto 

chiamare maschile il sasso, mentre, nell’uso comune del 

linguaggio, non c’è nessuno che designi il sasso come mi 

essere mascolino 3n ). 


Dunque Anseimo scorge bensì nelle categorie un pò- 

tere formale, ma lo riferisce esclusivamente alla Tabula 

logica, già obbiettivamente data, dell’Essere sostanziale. 

Ma quanto rozzamente ciò da lui sia stato inteso, ap- 

pare manifesto dalla concliiusione dello scritto, dove si 

discute ancora la questione, se una sola cosa possa ca¬ 

dere sotto più categorie; poiché, quando p. es. si dice 

c ìe armatus può anche rientrare nella categoria della 

sostanza, perchè l’armato ha in sè una sostanza, vale a 



In C ' 18, U s .- : Si crgo proposila divisione oraefata (cioè 

L!X n 7 e ;' leCÌ categorie), quaero a te, q uid sii grammaticm 

secundum hanc divisionem, et secundum eos. qui illuni scribendo 


D P™lT2Z qUUn,Ur t: qU,d QUaer0 ’ ° Ut QUÌd mihi rospondebi? - 

_ -A " ÌUC P ° test quaeri ’ nisi de voce aut de re 


quam significati quare, qu ia constai grammaticum non significare 


respondebo^i '"'“'"'T hominem sed grammaticum, Incuneiamo 


Tve^oauàerlde de - V ° Ce ' quu ) vox significans quali totem, 


si vero quaens de re, q uia est q ualitas.... Quare si ve quaeralur de 


yZZlil Ve J e ,l f’ CUm quuer,tur quid sit gr animai-ras secundum A ri- 

stoici s tractatum et secundum sequaces ejus. recte respóndZr 


-Mila' "t t * men s f cundum oppellationem vere est subslanliu. 

scribuntd emm V Vere " OS debet ' quod d ulectici ahler 


utùmur InLc J bUt S0C ‘ ,ndum quod sunt significativae, ,diter eis 

dèi Idi //T '" secun dum qiwd sunt appellativae: si et gromma- 


tic ahud dietim secundum formam vocum. aliud secundum reium 

naturam. Dicunt quippe lapidem esse mascolini generis.... cum tu rno 

dicat lapidem esse masculum [PL, 158, 576-7). 











STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



173 



dire le armi, cou ciò si tocca veramente il colmo della 

incomprensione della logica; e a noi piace chiudere con 

la sentenza che Anselmo pronuncia su tale argomento, 

essere difficile cioè (— poiché non vuole affermare nean¬ 

che questo con assoluta certezza —) che una cosa, la 

quale eia un tutto uno, possa cadere sotto più categorie, 

laddove invece una parola, includente più significati, 

può ben essere considerata, come non unitaria, dal 

punto di vista di più categorie: tal è p. es. il caso di 

albus, ch’e di pertinenza così della categoria della qua¬ 

lità, come anche di quella dell’avere 372 ). 


Cosi quest’ottuso realismo s’inviluppava, per la sua 

propria impotenza, in difficoltà, che in generale, per chi 

consideri le questioni secondo un criterio realmente lo¬ 

gico, sono inesistenti, e tutto l’atteggiamento di Anseimo 

ci appare soltanto come un documento di una congenita 

disgraziata disposizione, dalla quale è affetto, in ordine 

alle questioni di logica, l’oggettivismo realistico. 


[§ 35. — Grado ancor basso di sviluppo del con¬ 

trasto FRA LE TENDENZE. ONORIO DA AUTUN] . - Ma ili 


generale sembra in quel tempo, cioè al limite fra l’XI e 

il XII secolo, essersi manifestato, quale risultato di più 



*”) C. 19, p. 149: Nam, si grammaticus est qualilus, quia signifi¬ 

cai qualitatem, non video cur armalus non sit substantia,... quia 

significai habentem substantiam, i. e. arma:... sic grammaticus signi¬ 

ficai habere, quia significai habentem disciplinam. — M. Nullale- 

nus.... negare possum, aut armatum esse substantiam aut gromma- 

ticum [esse] habere.... Rem quidem unam et eamdem non puto sub 

diversis apiari posse praedicamentis, licet in quibusdam dubitari 

possit: quod majori et altiori disputationi indigere existimo (sa¬ 

remmo stati in verità smaniosi (li leggerla, questa altior disputatio).... 

Unam aulem vocem plura significamela non ut unum, non video 

quid prohibeat pluribus uliqucndo supponi praedicamentis, ut si 

albus dicitur qualitas, et habere [PL, 158, 577-8], Successivamente si 

prende ancor in esame (C. 20 s.) il concetto di albus, per sostenere 

ch’esso non è unitario, ma risulta appunto da qualitas e habere 

appiccicati insieme. 








174 



CARLO PRANTL 



e meno recenti controversie logiche e teologiche, un 

contrasto, ancora dichiaratosi in maniera anzichenò gros¬ 

solana, tra nominalisti e realisti: si era cioè incapaci, 

all’infuori da questi due punti di vista, di prenderne in’ 

considerazione alcun altro, come pure si enunciava cia¬ 

scuno di quei due unilateralmente, ancora in forma 

estrema e per così dire grezza. Uno svolgimento di gran 

lunga più ricco e meglio disciplinato, ce lo presente¬ 

ranno di già subito i prossimi decenni, e più che mai 

1 epoca ulteriore, che per il momento preferiamo tuttavia 

passar del tutto sotto silenzio. 


La usata logica delle scuole poteva anzi esser al¬ 

lora intesa da alcuni singoli scrittori in maniera tale, 

che rimanesse ancor affatto immune da qualsiasi in¬ 

flusso del contrasto fra le tendenze, e qual esempio 

di assoluta ingenuità, così per questo rispetto come 

relativamente alla logica in generale, possiamo, per 

chiudere questa Sezione, citare ancora, del principio 

del secolo XII, alcune amene osservazioni di Ono¬ 

rio da A u t u n (la cui attività di scrittore si è svolta 

fra il 1100 e il 1120 fv. sopra la nota 302]), il quale 

rappresenta le sette arti liberali come altrettante sedi 

dell’anima: ed ecco tutto ciò che, a tal proposito, egli 

sa metter avanti, relativamente alla dialettica: per cin¬ 

que porte (le quinquc voces) si entra nella vera e pro¬ 

pria fortezza (cioè le dieci categorie), dove stan pronti 

due campioni, vale a dire il sillogismo categorico © 

quello ipotetico, che Aristotele ha armati nella Topica 

e ha portati poi, nel libro de interpr., sul campo di bat- 

taglia, sicché ci si può qui metodicamente addestrare 

nella lotta contro gli eretici S7S ). 



TO ) Honorii Aucustodunensis de Animae Exsilio et Patria, c. 4, 

riprod. dal Pez, Thesaur., II, 1, p. 229 s. : Tenia civilus est Dialet¬ 

tica, multis quaestionum propugnando munita.... Uaec per quinque 













STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



175 



portas adventantes recipit, scilicet per genus, per species, per diffe- 

rens, per proprium, per accidens; unde et Isagogae introductiones 

dicuntur, quia per has repatriantes introducuntur. Arx hujus urbis 

est substantia; turres circumslantes novem sunt accidentia. In hoc 

duo pugiles sunt et litigantes certa ratione dirimunt: Calhegorico 

et hypothetico Syllogismo quasi praeclaris armis viantes muniunt. 

Quos Aristoteles in Topica recipit, argumenlis instruit, in Periher- 

meniis ad lalum campum syllogismorum educit. In hac urbe docen- 

tur itineranles haereticis, et aliis hostibus armis rationis resistere eie. 

[PL, 172, 1244], 



















Sezione XIV. 



PROGRESSO GRADUALE VERSO LA CONOSCENZA 

COMPIUTA DELLA LOGICA ARISTOTELICA 


[§ 1- — Si colmano le lacune del materiale degli 


STUDI DI LOGICA, CON LA CONOSCENZA DEI DUE ANALITICI 


e della Topica, oltre che degli Elenchi Sofistici]. 


— Dopo aver detto più sopra (pag. 6-7) che c’è un solo 

motivo di dividere in periodi la storia della logica me¬ 

dievale, motivo che consiste per me nella misura estrin¬ 

seca della conoscenza, più limitata o più estesa, che si 

aveva degli scritti aristotelici, e che la differenza di 

contenuto fra la precedente e la presente Sezione si ri¬ 

duce in ultima analisi al fatto che sino al principio del 

sec. XII non erano noti nè utilizzati i due Analitici e la 

Topica, insieme con gli Elenchi Sofistici, mentre in se¬ 

guito, a poco a poco, anche questi libri furon tratti 

entro la sfera dei dibattiti sopra le questioni di logica, 


— m’incombe ora qui per prima cosa il dovere di fissare 

anzitutto precisamente quei dati di storia letteraria, che 

stanno a fondamento della separazione. Per tutta que¬ 

sta Sezione, con la quale entriamo nell’agitata epoca 

di Abelardo e procediamo sino al termine del XII se¬ 

colo, bisogna cioè in primo luogo metter sott’occliio 


12* C. PitANTL, Storia della logica in Occidente, II. 









178 



CARLO PRANTL 



l’àmbito del materiale di cui disponevano gli studiosi di 

logica, e dal quale scaturirono le numerose controversie 

di questo periodo, vale a dire bisogna mostrare che, e 

in qual modo, a poco a poco, per un verso si pervenne 

alla conoscenza di tutta quanta la produzione letteraria 

di Boezio, che aveva appunto tradotto l’Organon per 

intiero, e per l’altro verso si apprestarono traduzioni 

nuove dei libri suddetti: perchè, solamente dopo fatto 

ciò, potremo riferire quale attività si sia svolta nel frat¬ 

tempo sopra questo terreno gradatamente ampliato. 


Che quella suindicata limitazione sia effettivamente 

sussistita fino al principio del secolo XII, si può forse 

darlo ora per dimostrato, sia dalle notizie positive, ad¬ 

dotte nella Sezione precedente (note 98, 156, 183, 196, 

209, 253, 258, 277, 288, 310, 363), sia anche dall’asso¬ 

luta mancanza di qualsiasi accenno in contrario. Ma ap¬ 

punto, quanto più per questo periodo antecedente invo¬ 

chiamo in nostro favore la forza dell 'argumentum ex 

silentio ’), tanto più diligentemente abbiamo preso in 

considerazione anche le tracce isolate e per così dire 

cancellate, di manifestazioni, dalle quali quel silenzio 

viene rotto, a partire da un dato momento. Il punto 

critico si ha cioè, quando viene presa conoscenza degli 

Analitici e della Topica, oltre che degli Elenchi Sofi¬ 

stici*), e per quanto ciò sia accaduto soltanto insensi- 


l ) Certo non deve perciò negarsi la possibilità di nuove sco¬ 

perte in qualche Biblioteca, dalle quali vengano messe in luce 

notizie, contrastanti con questa nostra veduta; ma tuttavia si tratte¬ 

rebbe sempre soltanto di casi isolati, senz’alcun indosso sopra lo 

svolgimento generale della logica in quel tempo, perchè a ricono¬ 

scere l’andamento della logica in generale, sembrano sufficienti le 

fonti sinora accessibili, 


") Lo Jourdain nelle sue Rechcrches critiques si era invero pro¬ 

posto solamente il compito di ricercare le traduzioni nuove, venute 

fuori nel Medio Evo, e poteva escludere dunque dalla propria con¬ 

siderazione questa rivoluzione, in quanto essa concerne la cono¬ 

scenza di Boezio: ma gli sono sfuggiti testi d'importanza decisiva 

anche per quel suo intento particolare (v. qui appresso le note 

14, 19, 26 ss.) 











STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



179 



bilmente e a poco a poco, ci si può bene aspettare che 

una conoscenza, sia pur ancora frammentaria, di queste 

principali opere aristoteliche non sarà senza connes¬ 

sione con lo studio della logica, fattosi ora più ricco e 

variato. 


[§ 2. — Giacomo da Venezia]. — Già una notizia 

che risale al 1128, e che c del seguente tenore: « un tale 

Giacomo da Venezia tradusse dal greco i due 

Analitici, la Topica e gli Elenchi Sofistici, e nello stesso 

tempo li corredò di un commento, sebbene degli stessi 

libri ci sia stata una traduzione più antica » *), — riguar¬ 

da, come si vede, proprio quelle opere, che il periodo 

precedente non aveva nè conosciute nè utilizzate: e, com’è 

da rilevare da un lato, che l’informatore, appartenente 

egli pure al secolo XII, era edotto della esistenza della 

traduzione, curata da Boezio, di quei libri, — poiché 

dove si parla di una traduzione « più antica », non può 

alludersi se non a quella —, è parimente chiaro, d’altra 

parte, che quel tale Giacomo ignorava che la traduzione 

stessa esistesse, e proprio da ciò era stato indotto a 

curar egli stesso la sua propria versione di quei libri. 

Ma il paese, al quale siffatte circostanze vanno ambe¬ 

due riferite, è l’Italia. 


[§ 3. — Prima ancora che si disponga del testo 


DEI LIBRI ARISTOTELICI SU RICORDATI, TRAPELANO D’ALTRA 

FONTE NOTIZIE SPORADICHE. Si DIMOSTRA CIÒ CON ARGO- 



*) In nota a un passo di Roberto da Mont-St.-Michel (Roberti 

de Monte Cronica [ad ann. 1128], riprod. dal Pertz, MGH, Vili, 

p. 489), un continuatore (cioè « alia manus », ma, come afferma il 

Pertz [rectiiu: L. C. Bethmann], ibid., p. 293-4, anche questa del 

secolo XII) osserva quanto segue: Iacobus Clericus de Venecia trans- 

tulit de Graeco in Latinum quosdam libros Aristolilis, et commen¬ 

tatili est; scilicet Topica, Anal. priores et posteriores, et Elencos; 

quamvis anliquior translatio super eosdem libros haberetur fPIL, 

160, 443, nota 555]. 







180 



CARLO PRANTL 



MENTI TRATTI dagli scritti di AbelardoJ. — Questa im- 

portante notizia, la quale contiene dunque elementi re¬ 

lativi alla conoscenza di quelle opere, e inoltre nello 

stesso tempo elementi relativi alla non-conoscenza delle 

opere stesse, non sta tuttavia così isolata, come si ere- 

deva 4 ). Una conoscenza di quei libri sembrerebbe cioè, 

ben è vero, rimaner esclusa a prima vista da dichiara- 

zioni di Abelardo, affatto categoriche e di amplissima 

portata. Fatta astrazione dal lamento ch’egli leva, e che 

qui non c’interessa, per la mancanza di una traduzione 

della Fisica e della Metafisica di Aristotele 5 ) — Abelardo 

c’indica egli stesso espressamente le fonti della sua lo¬ 

gica, e dice che la letteratura in lingua latina, riguar¬ 

dante la logica, ha per fondamento sette scritti, ripartiti 

fra tre autori: di Aristotele cioè si conoscono soltanto 

le Categorie e il de interpr., di Porfirio la Isagoge, ma 

di Boezio sono in uso i trattati de divisione, de diffe¬ 

renti™ topicis, de syllogismo categ., de syllogismo hy- 

poth. b ); inoltre, anche una osservazione, tratta dagli 



, ora ’ ®“P ra Giacomo da V., anche Ueberwec-Geyer, 


p. 146] .11I Cousin (Ouvr. inédits d’Abélard, p. L ss, e anche Fragni. 

de pini, du moyen àge Parigi, 1855, p. 56 ss.) è assolutamente in 

errore, e dai passi di Abelardo che dovremo citare subito appresso, 

trae conchiusioni, solamente in base al tenore delle parole, estrinse¬ 

camente considerate, senza por mente al contenuto delle dispute 

intorno ai problemi della logica. 


. “I Abaelardi Dialectica, negli Ouvr. inéd. (ed. Cousin), p. 200: 

in l hysicis [et].... in his libris, quos Metaphysica vocat, exequitur 

(se. Aristoteles). Quae quidem opera ipsius nullus adhuc translator 

latinae linguue aptavit. 


) Ibid., p. 228: Confido.... non pauciora vel minora me praesti- 

turum cloquentiae peripateticae munimenta, quam illi praestiterunt, 

quos latinorum celebrat studiosa doclrina.... Sunt autem tres, quo¬ 

rum septem codicibus omnis in hac arte eloquenza latina armalur. 

Aristotelis enim duos tantum, Praedicamentorum scilicel et l J eri 

ermenias libros usus adhuc latinorum cognovil; Porphyrii vero unum, 

qui videlicet de Quinque vocibus conscriptus, genere scilicet, specie, 

differentia, proprio et accidente, introductionem ad ipsa praeparal 

praedicamenta ; Boethii autem qualuor in consuetudinem duximus 

libros, videlicet Divisionum et [2291 Topicorum cum Syllogismis 

tam Categoricis quam Hypotheticis. Quorum omnium summam no- 












STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



181 



Elenchi Sofistici, Abelardo la cita una volta, soltanto di 

seconda mano, espressamente riferendosi a Boezio, come 

a propria fonte 7 ). Mentre dunque Abelardo, com’è di per 

sè chiaro, da quei passi di Boezio (Sez. XII, n. 77) già più 

volte menzionati (Sez. preced., note 253, 258, 277), do¬ 

veva aver appreso esattamente quali sieno i libri scritti 

da Aristotele, si direbbe ch’egli riconosca con le parole 

ora riferite, in modo assolutamente inequivocabile, che 

non gli era possibile far "uso delle traduzioni degli Ana¬ 

litici, della Topica e degli Elenchi Sofistici. Ma tutto 

quel che ci è lecito conchiudere anche da questo ricono¬ 

scimento, si è che Abelardo non aveva a disposizione 

quelle opere principali di Aristotele, perchè queste in 

generale non si trovavano tra gli scritti entrati nell’uso 

(si ponga mente all’espressioni « usus.... cognovit » e «in 

consuetudinem duximus »); vediamo cioè che allora in 

Francia, in tutti quei luoghi, per i quali Abelardo si 

andò aggirando o dove in generale ci si occupava di lo¬ 

gica, non si possedeva un esemplare del testo genuino 

di quei libri; poiché 6e se ne fosse posseduti, con l’ar¬ 

dore per gli studi di logica, caratteristico di quell’e¬ 



strae dialecticae textus pienissime concludet etc. Che per Topica 

qui non sia da intendere nient’altro che lo scritto de diff. top., è 

dimostrato, oltre che dalla esposizione che di questo ramo della 

dialettica si trova nello stesso Abelardo (v. appresso le note 392 ss.), 

anche da una quantità di passi, dov’egli cita punti singoli 'del de 

di/}, top. come « Topica» di Boezio, tout court: così, p. es., lntrod. 

ad thcol. [ed. Amboes.], II, 12, p. 1078 [ed. Cousin, II, 93; PL, 178, 

1065] (si riferisce al de diff. top., I, p. 858 s. [corrisponde a PL, 

64, 1175-8]), Theol. Christ. [ed. Martène], IU, p. 1281 [ed. Cousin, 

II, p. 488: PL, 178, 1249] (si riferisce c. s.). Sic et Non, c. 9, p. 41 

della ediz. Henke e LindenkohI [PL, 178, 1365] (de diff. top., II, 

p. 866 [PL, 64, 1187]), ibid., c. 43, p. 105 [PL, 178, 1405] (de diff. 

top., III, p. 873 [PL, 64, 1197]), ibid.. c. 144, p. 397 [PL, 178, 1591] 

(de diff. top., II, p. 867 [PL, 64, 1188]). 


') Dialect., ed. Cousin, p. 258: Sex autem sophismatum genera 

Aristotelem in Sophisticis Elenchis suis posuisse, Boethius in se¬ 

cando editione Peri ermenias commemorai (Boezio, p. 337 s. [in 

de inlerpr., Secunda editio, II, 6: ed. Meiser, Pars Post., p. 133-4; 

PL, 64, 460 s.]). 









182 



CABLO PBANTL 



poca, li si sarebbe certamente messi in piena luce. Non 

rimane invece esclusa in tali circostanze la possibilità 

che qualche elemento di quegli scritti sia tuttavia ve¬ 

nuto altrimenti a conoscenza del pubblico dei dotti: e 

sol che si trovasse anche una unica notizia soltanto, della 

quale si riuscisse a dimostrare che non possa essere stata 

ricavata da uessun’altra fonte se non da uno di quei libri, 

sarebbe fornita la prova che in qualche maniera, da 

qualche altra parte, dati isolati ricavati dagli Analitici 

e dalla Topica sono filtrati nell’atmosfera degli studiosi 

francesi di logica. Ma dimostrare per opera di quali 

uomini e in quale maniera ciò sia accaduto, non è com¬ 

pito da assegnare a noi; è impossibile fornir tale prova, 

anzi nemmeno possiamo designare la fonte locale. 


Che cioè al tempo di Abelardo si fosse venuti a co¬ 

noscenza di elementi staccati, tratti da quegli scritti ari¬ 

stotelici che fin allora non erano ancora stati messi a 

profitto, è cosa della quale possiamo trarre le prove 

precisamente da Abelardo stesso, e anzi riferendoci non 

a un pimto soltanto, ma a parecchi. Abelardo osserva 

una volta, a proposito della definizione del genus 8 ), che 

in determinate circostanze anche l’individuo può fare 

da predicato, come p. es. nella proposizione « hoc al¬ 

bum est Socrates», oppure «/tic veniens est Socrates » : 

— una considerazione questa, che sarebbe vano ricercare 

in tutta la serie dei commenti di Boezio, ma che si 

trova bensì negli Analitici Primi, con letterale coinci¬ 

denza di quelle proposizioni esemplificative; e proprio 

di là questa notizia dev’essere venuta anche a cono- 



*) Glossae in Porph., ibid., p. 560: videtur esse falsum, quod 

individua de uno solo praedicenlur, cum hoc individuum Socrates 

de pluribus habeat praedicari, ut « hoc album est Socrates », « hic 

veniens est Socrates». Il luogo aristotelico corrispondente si trova 

negli Anal. pr., I, 27 (nella traduzione di Boezio [cap. XXVIII; PL, 

61, 669], p. 490). 






STOMA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



183 



scenza di vari altri cultori della logica 9 ). Abelardo rife¬ 

risce inoltre che ci son « molti » che traspongono la es¬ 

senza della definizione esclusivamente nella indicazione 

delle qualità 10 ) : e non sarebbe il caso di dire che que¬ 

sta opinione è soltanto una conseguenza estrema rica¬ 

vata da un passo [delle Categorie] già da gran tempo 

conosciuto [nella traduzione di Boezio] ll ), perchè un 

contemporaneo di Abelardo formula quella opinione 

stessa in termini tali da ricondurci alla vera sua fonte, 

che troviamo soltanto nella Topica di Aristotele 12 ). 


Abelardo poi, a proposito della controversia intorno 

agli universali, usa inoltre una maniera di esprimersi 

(cioè universalia « appellant in se »), spiegabile soltanto 

ove si ammetta che la idea fondamentale di quei passi 

degli Analitici secondi, dove Aristotele tratta di xaxà 



•) Che la cosa abbia dato occasione a una controversia di moda 

nelle scuole, ai desume da Joh. Saresb., Metalog., II, 20 (p. 110, ed. 

Giles [p. 113, ed. Webb; PL, 199, 887]) : Hoc enim ex opinione 

quoTundam sensisse visus est Aristotiles in Ancdeticis dicens 

(segue quel passo medesimo [cit. nella nota precedente]). 


’”) Dialect., p. 492: Unde multi, cum significationem substantiae 

hitjus nominis quod est « homo » agnoscant, nec qualitates ipsius 

satis ex ipso percipiant, tantum propter qualitatum demonstrationem 

diffinitionem requirunt. 


“) Abistotele, Cut., 5 (v. la Sez. IV, nota 476); in Boezio, 

p. 138 [lib. I; PL, 64, 194]. 


“) L’autore dello scritto De generibus et speciebus, dal Cousin 

attribuito a torto ad Abelardo (v. sotto le note 49 e 148), dice a 

p. 541 9.: Concedunt omnes, species ex differentiis constare.... Dicunl, 

omnes differentias esse in qualitate etc. In tale forma accentuata, 

quest’ultima affermazione poteva esser ricavata solamente da Ari- 

stotele. Top., VI, 5, 144 a 18 ss. (cioè dalla trattazione, che ivi si 

trova, della definizione, con la quale si accordano poi altri passi, 

ib., IV, 2, 122 b 16, e 6, 128 a 26; v. la Sez. IV, nota 475), e ha 

dovuto in tal maniera appartenere al novero di quelle notizie spo¬ 

radiche, che ora contribuivano a moltiplicare, le controversie scola¬ 

stiche; l’autore del De gen. et spec. fa poi sforzatamente risalire la 

idea ora citata a un altro passo di Boezio, p. 62 (ad Porph. [a se 

transl., II, 5: cd. Brandt, p. 186; PL, 64, 93-4]), e dunque è certo 

che possedeva come fonti solamente i testi universalmente diffusi. 

Invece Joh. Saresb., loc. cit., p. 100 [edL Webb, p. 103; PL, 199, 

880] mette già in connessione con tale questione anche Sopii. El., 

22, 178 b 36. 









184 



CARLO PRANTL 



7tavTÓ£ e di xn pr,ma  d °° Magalo! 


bi >]U,S cairn istas concedei ; « nllLl , Secunda figura coni,agii 

m > oni oe justum possibile est ! lum Possibile est esse bo - 


zs‘?r, • *■*» : ìt . ’z *• 


vZ’-£z 


iz"tr;« ,ur Zssrzzzr 6 “" ■ *5 


(ibid., nota 5721 _ E-.-, . 41 jnstani esse». Sic et ..._ 


6u * veraciter componi. ÉZpus enT n Td Syllog,smi  Ibid., c. 27, p. 183 [ed. Webb, p. 193; PL, 199, 931-2]: Cete- 

rum conira eos qui veterum favore potiores AristotiUs libros exclu- 

dunt Boetio fere solo contenti, possent plurima allcgari. 


■) Ibid., c. 6, ip. 162 s. [ed. Webb, p. 170-1; PL, 199, 919-20]: 

rosteriorum vero Analeticorum subtilis quidem scientia est et paucis 





■STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



193 



Ma come da questa lamentanza risulta naturalmente 

manifesto che quei libri eran conosciuti, così d’altra 

parte viene riferito ancora che la Topica aristotelica, 

da gran tempo trascurata, proprio allora è stata, per 

così dire, richiamata da morte a vita 2S ) : e alla infor¬ 

mazione, secondo la quale questa idea di tirar fuori la 

Topica ha anche trovato a sua volta i suoi oppositori, 

si collega anche l’altra notizia, concernente un certo 

D r o g o n e , che non ci è ulteriormente noto, e che a 

Troyes manifestamente lavorò attorno alla topica, se¬ 

condo il modello di quella di Aristotele 2B ). 


[| 7. — Nuove traduzioni dell’Organon, nella 

Bassa Italia e nell’Impero Bizantino]. — Ma per 

quanto concerne ora in particolare il venire in luce 

di traduzioni nuove, si ricava in verità assai poco da 

una lettera di Giovanni, che da Costanza richiede copie 



ingeniis pervia.... Deinde huec ulenlium raritate iam fere in desue- 

tudinem abiil, eo quod demonstralionis usus vix apud solos malhe- 

malicos est.... Ad haec, liber quo demonslrativa trudilur disciplina 

(cfr. la nota 25), ceteris longe lurbutior est, et transposilione sermo- 

num, traiectione litterarum, desuetudine exemplorum, quae a di- 

versis disciplinìs mutuata sunt, et postremo, quod non conlingil 

auctorem, adeo scriplorum depravatiti est vitio, ut fere quot capita, 

tot obstacula hubeul. Et bene quidem ubi non sunt obstacula capi- 

tibus pluru. Unde a plerisque in interpretem difficultalis culpa re- 

junditur, asserenti bus librum ad nos non vede translulum | perve¬ 

nisse]. A qual traduttore si fa qui allusione, a Boezio o a un 

altro? 


B ) Ibid., Ili, 5, p. 135 [ed. Webb, p. 140] : Cum itaque tam 

evidens sii utilitas Topicorum, miror quare cum aliis a maioribus 

tam diu intermissus sit Aristotilis liber, ut omnino aul fere in desue- 

tudinem abierit, quando aetate nostra, diligentis ingenii pulsante 

studio, quasi a morte vel a somno excitalus est, ut revocarvi er¬ 

rante* et i iam veritalis quaerenlibus aperiret [PL, 199, 902]. 


“) Ibid., IV, 24, p. 181 [ed. Webb, p. 191: e v. ivi la nota]: 

Salis ergo mirari non possum quid mentis habeant (si quid tamen 

hubent) qui haec Aristotilis opera carpunt.... Magisler Theodoricus, 

ut memini. Topica non Aristotilis, sed Trecasini Drogonis irridebat; 

eadem tamen quandoque docuil. Quidam auditores magistri Rodberti 

de Meliduno (v. appresso le note 453 e.) librum hunc fere inutilem 

esse calumnianlur [PL, 199, 930], 


13. — C. Prantl, Storia della logica in Occidente, TI. 







CABLO PRANTL 



194 




di Jibn aristotelici in generale, e prega inoltre che ven¬ 

gano anche aggiunte annotazioni, data la possibilità che 

non ci sia da fidarsi del traduttore 3 °). È invece di grande 

importanza veder da lui citato un medesimo passo, sia 

nella traduzione di Boezio, sia anche, e contemporanea- 

mente, nella versione « nuova >«); e come quest’ultima 

si distingue per essere più letterale, così in generale Gio- 

vanni si era fatta una opinione abbastanza precisa in 

latto di traduzioni (soltanto cioè quando queste aderì- 

scono, quanto strettamente è possibile, secondo una re- 

gola rigorosa, all’originale, è dato ottenere una con,- 

prensione, garentita contro qualsiasi pericolo di unila- 

teralna da una « ratio indifferentiae »); egli dice che 

una tale opinione ha trovato allora conferma e appog¬ 

gio in un Greco da Severinum (cioè da Szoreny in Un- 

gliena), versato in entrambe le lingue 32 ). Ora quella 



I Epist. 211 (II, p. 54 s ed. Giles 1PL 19Q oacn ri. > ■ 

stotehs, quos habelis, mihi facialis exscribi ) \. M,ro . s Ar " 


supplicatione, quatinus in operibus Aristoteìis ubiZitr 'T "7"“ 


haaonetn: cicadàtionès enimJùntJ -IL ^ 


rPL 199 io A m ct ' 11 .’ Sl sunt > menu ad rutionem 


Sei HI° IT ^ ÌPÌat ° n T dÌ ArÌS, ° , • A’sitcaft 










STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



195 



ratio indifferentiae per se stessa non c’interessa per il 

momento qui, bensì la si vedrà intrecciarsi alla nostra 

esposizione della logica di Giovanni da Salisbury (note 

574 ss.); ma è ben cosa che c’interessa lino da ora, che, 

in connessione con quella, egli ricordi inoltre anche un 

secondo traduttore (parimente, è vero, senza riferirne 

il nome), del quale aveva l'atto la conoscenza nelle Pu¬ 

glie 33 ). Ma se, coni’ è attestato da questi importanti 

passi, il comparire di traduzioni nuove, ebbe impulso 

nell’ Impero tuzantino, e, per opera di Greci, nell’ Ita¬ 

lia meridionale, e se di ciò ebbero notizia gli studiosi 

di logica a Parigi o in Inghilterra, si avrebbe qui una 

prima traccia, sebbene passeggierà, di un influsso del¬ 

l’epoca di Anna Comncna (v. qui appresso le note 219 

e 370, come pure altre notizie nella prossima Sezione, 

note 1-5 ss.). — Finalmente può ricordarsi ancora, per 

così dire ad abundantiam, che negli scritti di Giovanni, 

accanto a citazioni coincidenti in modo assolutamente 

letterale con la traduzione di Boezio, se ne trovano anche 

di quelle, che bisogna chiamare per lo meno inesatte, 

semprechè non sieno state originariamente attinte ad 

altra fonte 34 ). 


manga, aU’infuori da quel Severinum che si trova in Ungheria 

[Webb: / orsan e civitate Sanctae Severinae in Calabria (Santa Se- 

verina, prov. di Catanzaro)]. 


") Ibid., I, 15, p. 40 [ed. Webb, p. 37; PL, 199, 843] : non pigebit 

re/erre, nec forte audire displicebit quod a Graeco interprete et qui 

Latinum linguam commode noverai, durn in Apulia morarer, ac- 

cepi eie. 


M ) Tra le prime vanno annoverate: Metal., II, 15, p. 86 [ed. 

Webb, p. 88; PL, 199, 872] (Top., I, 11: nella traduzione di Boezio, 

p. 667 [I, 9: PL, 64, 916]) — e II, 20, p. 110 [ed. Webb. p. 113; PL, 

199, 887] (Anal. pr., I, 27: p. 490 della traduzione di Boezio [I, 

28: PL, 64, 669]). — Tra le seconde vanno annoverate: Metal., 

II, 9, p. 76 [ed. Webb, p. 75-6; PL, 199, 866] (Top., I, 11: p. 667 

della traduzione di Boezio |I, 9; PL, 64, 917]) -— II, 20, p. 100 

[ed. Webb, p. 103; PL, 199, 880] (De sophisticis Elenchis, cap. 22: 

nella traduzione di Boezio, p. 750 [II, 3; PL, 64, 1032]) — III, 3, 

p. 126 [ed. Webb, p. 131; PL, 199, 897] (Top., I, 9: p. 666 della 

traduzione di Boezio [I, 7; PL, 64, 915. Invece lo Webb rinvia a 

Cat., 4, 1 b 25 ss.]). 









196 



CARLO PRANTL 



f§ - S’iIVTENSIFlCA LO STimm np, , . 


—A LOGICA C„„ la " tT Cm ' 


BEL Pseudo-BoezioJ. — Ora ch’è f , Tr filate 


strato a sufficienza come antece 1 , C °“ C1 ° dÌmo " 


letteraria di Abelardo ^ “ f 1 ^ 6 aI1 ’ atti vità 


studio della logica fos’se stataT^à arrfccWt^ T ^ 

sovra punti particolari e „ P arricchita, abneno 


piersi a poco a dopo 1 , ^ Ve “ Uta P OÌ a c °®- 


Jisbury (di questo sr T°i 3 temP ° ^ Giovanni da Sa- 


ranno ancora “ ale « ; 0m P Ìme «‘o « si presente- 


- ci è reso noto cosìVfattor T’- * ?8 ’ 219 


allora derivare un birre T t™™: ^ qUale doveva 

nell’attività svolti 1 • "V™ ° ' lntensità e di estensione 


si SDie^a t rapporto scambievole die ben 


SJ spiega, una forza cooperante era do, . . . 


dalla teologia donunatica: e ciò nere! ' “ a f Uardo ' 

die Sia di fronte allo Scoto EringLt a 

ortodossia, ,„„l le ta Materi , * * " ' “ «“*“'»«. ’• 

stata all’erta così • . q e tloni mgJche, era 


resse, ora che la diale1 1 ^'^ ViSta dtd n,e(lesin '° inte- 


si» «.loro. z:::~ * r**r « 


lotte, si tiraron fuori a Ài * propria vita d intime 

incularlo teologico affinclo" ordeea> dall’arma- 


eon,tastanti J '*— 


Sci. era 'L SS ““ •“'« 1o»n« eliic’ 

mischiati anche elementi di ^ ^ ,rapassassero fra m- 

■fera dogmatica 


p ri » L :,tr;i%r P a a'rr;“ ì r te: - *■* * * 


valere, ma ora inZiT' . T *°' * “* P Ur fatta 

mettersi in più inten ^ d " C ^ pOSltlvamente a nitro- 

logica messa in condizioTeTdot ““ !" 8t ° rÌa deUa 

~ no'opera di „ 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



107 



grazie a una certa formulazione di principii logico-onto¬ 

logici, potè esercitare azione cooperatrice nelle contro¬ 

versie dei dialettici. Si tratta del de Trinitene del Peeu- 

do • B o e z i o, e a tal proposito non mancò natural¬ 

mente di manifestar il proprio influsso il fatto che fosse 

ritenuto suo autore proprio Boezio, il rappresentante di 

tutta la logica S5 ). Appunto in quell’epoca cioè, ossia a 



K ) Da Fr. Nitzsch (Dos System des Boethius und die ihm zu- 

geschriebenen theologischen Schrijten [«Il sistema di Boezio, e gli 

scritti teologici a lui attribuiti »]), Berlino, 1860, furono svolte le più 

valide ragioni elle si oppongono alla tesi [oggi invece generalmente 

accettata] che sia Boezio l’autore dei trattati teologici a lui attri¬ 

buiti. E se poi Hermann Usener, Anecdoton Holderi [ : ein Bei- 

Irug zur Geschichte Roms in Ostgotischer Zeit (« Testo inedito co¬ 

municato all’Usener da Alfred Holder: contributo alla storia di 

Roma nel periodo ostrogotico »). Festschrift zur Begriissung dcr 

XXXII. Versammlung deutscher Philologen und Schulmiinner in 

Wiesbaden], Lipsia [rectius : Bonn], 1877, ha pubblicato di su un 

manoscritto di Reichenau del secolo X un passo di un sunto di uno 

scritto di Cassiodoro finora sconosciuto (— il passo Tp. 4] suona così: 

« Boethius dignitatibus summit excelluit. ulraque lingua peritissima 

orator fuit.... scripsit librimi de sanciti trinitate et capita quaedam 

dogmatica et librum contro Nestorium. condidit et carmen bucali- 

cum. sed in opere artis logicae id est dialecticae transferendo ac 

mathematicis disciplinis talis fuit ut antiquos auctores aut uequi- 

peraret aut vinceret » —) e a ciò è unito un tentativo di dimostra¬ 

zione dell’autenticità di quei trattati, — non direi che gli sia riu¬ 

scito con ciò di confutar effettivamente la opinione, rappresentata 

dal Nitzsch e ripetutamente suffragata dai competenti specialisti. 

Poiché rimane senza soluzione la contraddizione innegabile, che 

cioè un uomo, il quale si mantiene assolutamente entro la sfera 

della filosofia della tarda antichità e non fa mai il nome di Cristo, 

nè dice mai una parola intorno alla consolazione della idea cristiana 

dell’opera di redenzione, si sia occupato minutamente di sottili 

questioni di doinmatica cristiana. Se l’Usener (p. 50) dice che si 

devono appunto tener separate le due personalità, dell’uomo e dello 

scrittore appartenente alla storia della letteratura, questa è cosa che 

non sembra possibile in tal maniera per l’autore della Consolatio 

philosophiae, il quale anzi si trova direttamente in presenza della 

questione della teodicea, questione appartenente all’orbita della 

religione. Ma poiché in quel manoscritto di Reichenau neanrhe 

abbiamo un testo che sia dovuto allo stesso Cassiodoro, bensì sola¬ 

mente l’opera di un epitomatore, che, come ammette l’Usener 

(p. 28), riassume tutto il lavoro originale frettolosamente, e attri¬ 

buisce a Boezio fra l’altro anche un Carmen bucolicurn , rimane co¬ 

munque possibile che l’epitomatore stesso, stando sul terreno della 

tradizione ch'era in circolazione dal tempo di Alcuino, abbia fatto 














198 



CARLO PRANTL 



partir da Abelardo 36 ), si accumulano le citazioni tratte 

da quei quattro libri intorno alla Trinità, e Gilbert de 

la Porrée li accompagnò con un ampio commento, sì 

che non era più possibile lasciarli da parte, nel trattar 

delle questioni relative. 


,. Ma ’ 111 ordine a un influsso esercitato sopra la logica, 

c interessano qui essenzialmente quegli assiomi, che l’Au¬ 

tore in principio del 3» Libro [cioè del libro «Quo- 

modo substantia, in eo quod sint, bonae sint, cum non 

sint smistanti alia bona »] mette in testa a tutto, per poi 

ri arsi da essi, quando costruisce nel corso ulteriore dei- 

opera l’edifizio delle sue prove. Premessa una defini¬ 

zione della communis conceptio, gli assiomi stessi”) si 

riferiscono alla differenza, invalsa nella teologia, tra es¬ 

senza Oòcfa) ed esistenza (òrtóaraai?), in quanto che 

a quest ultima deve ancora aggiungersi la forma dell’Es- 

sere, e per essa lia pertanto luogo una partecipazione, 

come pure risulta la possibilità di un avere-in-sc, il che 

poi conduce alla distinzione di sostanza e accidente, e 

serve di fondamento a distinguere due modi di essere 

di quella partecipazione; ma, a tale proposito, viene 

ato rilievo anche alla unità, in cui sono congiunte negli 

esseri semplici, a differenza dai composti, la essenza e 

la es.stenza, e da ultimo viene messa in vista mia na- 

turale affinità di essenza in seno alla diversità esplicata. 



“Tp* * di 


Parigi, traua r]af uth ’ ’ !•’ P ' ? 039 ’ Amho ™- [ed. di 


d’Anjboisel W.Co^II.mTpI.iS 10Mr ,Ser,,ti ^ Fra " S ° ÌS 


ZtaontZb no,a 


tìSu/ti£'Za rÌ39Ue etiam d “ ci,jlinis:Pr ° pOSUÌ «E 











STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



199 



Questi prineipii, dei quali non ci concerne qui 1 uso che 

se ne faccia nel campo teologieo-dommatico, non tar¬ 

darono a essere citati, anche da cultori della dialettica, 

come « regulae », insieme con altre « auctoritates », e e 

da ritenere che vari studiosi di logica sin da principio, 

su questioni ontologiche, si guardassero daH’andar con¬ 

tro questi assiomi, perchè poteva inoltre esserci la mi¬ 

naccia di conseguenze pericolose, relativamente alla Tri¬ 

nità. Così ne venne, che si ebbe qui non già soltanto una 

più larga applicazione della logica alla teologia, ma an¬ 

che un diretto influsso di elementi dominatici sopra il 

movimento di elaborazione della logica nel suo aspetto 

ontologico. 


[§ 9. — Contrasto fra logica e dogma]. — Senza 

dubbio, con questa mescolanza viene a verificarsi una 

situazione caratteristica, ed è cosa notevole che in quel¬ 

l’epoca, naturalmente incapace di una chiara e medi¬ 

tata separazione dei due campi (nel senso in cui 1 hanno 

intesa p. es. Cristiano Thomasius o Pietro Bayle), venga 

enunciata tuttavia la incommensurabilità delle due ve¬ 

rità, teologica e logica, mentre si continuava a svol¬ 

gere nello stesso tempo i due punti di vista inconcilia¬ 

bili. Anzi proprio Abelardo stesso, il Peripateticus Pw- 

latinus, ne dà la più eloquente testimonianza, quando 



2) Diversum est esse, et id quod est. Ipsum enim esse nondum est. 

At vero quod est, accepta essendi forma, est alque consistit. 3) Quod 

est, participare aliquo potest. Sed ipsum esse nullo modo aliquo 

participat.... 4) Id quod est. Iutiere aliquid praeterquam quod ipsum 

est, potest, ipsum vero esse nihil aliud praeler se, habet admistum. 

5) Diversum est.... esse aliquid, et esse aliquid in eo quod est: illic 

enim uccidens, hic substantia significalur. 6) Omne quod est, parli■ 

cipat eo quo est esse, ut sit, ulio vero participat, ut aliquid sit.... 

7) Omne simplex esse suum, et id quod est. unum habet. 8) Omni 

composito aliud est esse, aliud ipsum est. 9) Omnis diversitas est 

discors, similitudo vero quaedam appetendo est. Et quod appetii 

aliud, tale ipsum esse naluraliter ostenditur, quale est illud ipsum, 

quod appetit fFL, 64, 1311]. 










200 



CARLO PRANTL 



dice che ai cultori della logica, ovvero Peripatetici, Dio 

rimane ignoto, perchè da quelli tutto viene sussunto a 

una o l’altra delle dieci categorie, laddove Dio non può 

cadere sotto alcuna di queste 38 ) : e mentre ciò potreb- 

b’eseere ancora interpetrato come il punto di vista ge¬ 

nerale, venuto in uso fra i teologi da Agosthio in poi 

(efr. lo Scoto Eriugena, Sez. precedente, note 120 s.), 

Abelardo, proprio relativamente alla dottrina della Tri¬ 

nità, si pronuncia con la massima chiarezza, nel senso 

che quella ha i suoi nemici più pericolosi nei dialettici 

o peripatetici 39 ), argomentando costoro, dal punto di 

vista della logica, la unità individuale dalla unità di 

essenza delle tre Persone, e, viceversa, dalla diversità 

delle tre Persone la diversità della loro essenza 40 ). E non 



ténTI D B nRANn D VP e0/ ' Chrht " V- 1271 (ne,la di Mar- 

tene e Uuram) Thesaurus novus Anccdotorum, Parigi, 1717, voi V) 


ed- t-ousin, II, p. 478]: Quod autem illi quoque doctore's nostri 

UT intendimi Logieae. ill„ m summam majestatem, quam 

in n . L eUm eSSe ' ,rofì "; nt ", r - omnino ausi non sunt attingere, aut 

Cum e Z oZ ? COm P rehender *’ ex ipsorum scriptis liquidum est. 

Cum erum omnem rem aut substantiae aut alieni aliorum genera- 

lissimorum sub],ciani: inique et Deum, si inter res ipsum eom- 


dZnnZT ’ aut ? ubstantiis ’ quanti tali bus, aut ceterorum prue- 

dicamentorum rebus connumerarent, quod nihil omnino esse ex 

ipsis convmcitur (p. 1273) [480].... qui tamen omnem rem aut 

siibstantiae aut alieni aliorum praedicamenlorum applicanti palei 

leni 1 ■’ ruCU,lu h .enpalelicorum illuni summam [481] majesla- 


tem omnino esse exclusam [PL, 178, 1242 e 1244 ], ' 


Christi'^tion / C 1 ’, P ‘ 1242 C44 , 8] j S " Pr " univers °> s autem inimicos 

sani-lue TriniZZZ*’ J,,daeo \ sive Oenliles, subtilius fide,,, 

essores d el Perquuunt. e , ucutius arguendo contendimi prò- 

fessores dialecticae, seu import,mitas sophistarum. quos verborum 

agrume atque sermoni,m inundatione bentos esse Plato irridendo 

apZtzl mm T dem ’ ° ^ nane dZeZeos 


[PL^l 78, ]2 lT™ UUaS ^ maXlmM haere *es.... esse repressas eie. 


eillinl "'Z'f 'I' P ' 1266 r472,: in loco Kravissimae et diffi¬ 


cili,mae Dialecticorum quaestiones occurrunt. Hi quippe ex unitale 


duZsTtn, n " ,tuU ' m Pecsonarum impugnanti ac cursus ex [473] 

rìnZn , Pf ‘ rSO " an,m ldentlt !' u ‘ m essentiae oppugnare laborant. 

rPL T?8 A C, TH Z'T"r P onamus ' r>°'« a dissolvamus 


di A . r '° A, "dfd fa ora seguire una enumerazione 


, ' f P t nl, . tre *«■, ‘•«""•o 'a Trinità, ricavate dalla logica, per 

confutarle poi teologicamente. 1 














STORIA DEI.LA LOGICA IN OCCIDENTE 



201 



è facile (lifatti metter d’accordo il concetto aristotelico 

della sostanza individuale con il domina della Trinità, 

sicché a rigore tutt’i cultori della logica, che seguivano 

Aristotele, si trovavano inevitabilmente esposti alla tac¬ 

cia di eresia. 



[ § io. — Pietro Lombardo. Bernardo da Ciiiara- 

valle]. — Così si riesce a spiegare come Pietro 

Lombardo (morto nel 1164 [1160.'']), mentre sta ad 

attestare la connessione tra la controversia intorno alla 

Trinità, e la scissione delle tendenze sul terreno della 

logica, respinga nello stesso tempo qualsiasi applica¬ 

zione della logica a quella fondamentale questione della 

teologia 41 ). Anzi egli stesso è esclusivamente puro teo¬ 

logo in così alto grado, che per lui la questione degli 

universali in generale non è neanche oggetto di con¬ 

tesa; e mentre più tardi (particolarmente nella Sez. 

XIX) avremo a sazietà occasione di ravvisare nei nume¬ 

rosi commenti ai « Sententiarum libri quatuor » del Lom¬ 

bardo (ch’eran divenuti, com’è noto, il fondamento di 

tutta quanta la letteratura teologica) un principale tea¬ 

tro della guerra intorno agli universali, il Lombardo 



“) Petri Lomhardi Sententiarum 1, 19, 9 (/. 27, ed. dl 

Ira, 1516 fdi Quaracclii: S. Bonaventurae Opera omnia l,p. ifUj): 

Videlur tamen mihi ita posse accipi. Cum alt (se- AugustinusJ 

« substantia est commune, et hypostasis est particulare » ; non ita 

haec accepit, cum de Pro dicantur, ut aecipiuntur m phtlosophtca 

disciplina, sed per similitudinem eorum quae a philosophis dicun- 

tur. locutus est; ut sicu/ ibi commune vel universale dicitur quod 

praedicatur de pluribus. particulare vero vel individuimi quod d 

uno solo; ita hic essentia divina dieta est universale, quia de omni¬ 

bus personis simili et de singulis separutim dicitur, particulare 

vero singula quaelibet personarum, quia nec de alus 

hoc de aliqua aliarum singulariler praedicatur. I ropter similitudinem 

ergo pruedicalionis substantiam Pei dixit universale, et P^ s °nas 

particularia vel individua.... (e. 101 Dicuntur enim ^ d^erre 

numero, quando ita difjerunt. ut hoc non sit tUud.... dl b 


ferunt Socrates et Pialo et huiusmodi, quae apud philosophos di- 

cuntur individua vel particularia; iuxta quemi modum non possunt 

dici tres personae differre numero. Etc. [PI-, 192, 57 1 (I, 1, 14 e 1 )]. 














202 



CARLO PRANTL 



non si è in alcun luogo immischiato egli medesimo in 

questa controversia, bensì solamente, con l’uso di de¬ 

terminate innocenti parole, ha offerto a’ suoi conunen- 

tatori motivo occasionale di dare, nella lotta già divani- 

pata, libero corso al loro infiammato zelo. E come ciò 

si è verificato nella più larga misura per le parole testé 

mentovate del Lombardo, così il lettore delle « Sente*- 

tiae » non può, a proposito di moltissimi luoghi, avere 

neanche il piu lontano sentore della caterva di discus- 

«oni, attinenti a, problemi logici, che vi si sarebbe più 

tardi riattaccata la). De] resto ^ p.^ 


riproducono anche le sofistiche quistioni, più sopra 

(Sez. precedente, nota 303) citate, dibattute dalla teolo¬ 

gia medievale « ■»). Nello stesso senso può ricordarsi che 

anche un altro celebre contemporaneo, cioè Bernar- 

do da Chi ara valle (nato nel 1091, morto nel 

53) apertamente si professa nemico della dialettica «). 



simplex, i. e.'indivisibìlh et inmateliaÙs^pluna’ Es " cn, j a 


restie! f r ia ’ te r de 


•h 1-2)1. O similmente L^L^ T-'T^ 


Qua «u,r'rÌ’ V 49 ’ r 61 ‘ 5 f?) ’ n, 17, i m ; ’ 19 ’ 1 fed ' 


logia trovò e aÌche°i dd in — -Ha teo- 


tenga esclusivamente alla letteratura tcXrir° 0013 478) ’ appar " 

libro di Fr. Protois Pierri* tomi ì ■ .° 0f!ter m veniendam neces- 


cst logica causa elLuenZZ N P™ Slma «»'*•» omnium inventa 

disciplinas investigarmi et ’unireM Tert'’ ^ prn ! !tl ' ct , as Principales 

tractare, et disserro de UlZc Zà veracl ™’ honestius dlas 


cius per dialecticum, honestius ner rhoZ ** ^ (,mmati c«m, vera- 

cundiae rectitudinem veritatem heU, rtcam. Logica namque fa- 

^asi testualmente nel mZZ’X"‘TZ ad ^ nitt ^ U s,esso - 

809]); cfr. ibid.. I r „ ) ì 2 Vn 7 m’ TI ; P - 39 fPL > 17 6, 


745, 752, 765], P ' ’ 2 (l >- 7); III, 1 (p . i 5) tPL> 176 . 


1 Lhdasc., I, 12 (Opp., HI, p . fj) mj j 7fi 7 . q| . 

repertae fuerant; sed necesse luitloZ ’ * . ' • Ceterae pnus 


nemo de rebus con veniente J PljZ quoque invemn ; quoniam 


quandi rationem agnoverii. — / 6 ,u"vi TmÓ' iqf IpZZZm ^ 

Istae tres usu prirnae lucrimi to/ i * * 176, 8091: 


venta est logica Ouae cum dt i p ? stca P r °Pter eloquentiam in- 


debet in doctrina - Fr, J ‘, -''"'T' Ul " ma ' prima tamen 


Excerpt. pnor., loc. ciL, c. 23 (p. 339): In 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



205 



designa la logica come « sermocionalis », perché tratta 

« de vocibus » 47 ), e la divide ora in una maniera che ci 

ricorda molto da vicino lo Scoto Eriugena (Sez. prece¬ 

dente, nota 105), dimodoché, appartenendo alla logica, 

secondo la più vasta accezione della parola Àóyoc, ogni 

manifestazione della facoltà di parlare, la logica stessa 

si divide così in grammatica e logica rarìonalis: que- 

st’ultima, corrispondente all’accezione più ristretta della 

parola Àóyo;, viene poi ulteriormente suddivisa nella 

maniera ordinaria, tenuti presenti i passi ovunque divul¬ 

gati di Boezio 4S ). 


[§ 12. — Movimento più intenso: grande estensio¬ 

ne, E IN PARI TEMPO CARATTERE UNILATERALE, DELLA LET¬ 

TERATURA ATTINENTE ALLA LOGICA]. — Ben è vero che sa¬ 

rebbe stato certo più comodo lasciare sin da principio 



legendis urtibus talis est orda servandus. Prima omnium compa¬ 

rando est eloquentia, et ideo expetenda logica, deinde etc. [PL, 

177, 202], 


■") Didasc., II, 2 (p. 7) [PL, 176, 752J : Philosophia dividitur in 

theoricam, practicam, mechanicam, et logicum. Hae quatuor omnem 

continenl scientiam.... Logica sennotionalis, quia de vocibus tractat.... 

Hanc divisionem Boetius fucit uliis verbis.... (segue il passo citato 

più sopra, Sez. XII, nota 76). 


*) Ibid., I, 12 (p. 6): Logica dicitur a Graeco vocabulo Àóyog, 

quod nomen geminam habet interpretationem. Dicitur enim Xiyog 

sermo sive ratio (v. Isidoro, Sez. precedente, nota 27): et inde logica 

sermotionalis sive rationalis scientia dici polesl. Logica ralionalis, 

quae discretiva dicitur, continet dialecticam et rhetoricam. Logica 

sermotionulis genus est ad grammaticum, dialecticam atque rheto¬ 

ricam: et continet sub se disertivam. Et haec est logica sermotionalis, 

quam quartam post theoricam, practicam et mechanicam annume¬ 

rami^ [PL, 176, 749-501. — Excerpt. prior. TI1, c. 22 (p. 339): 

Logica dividitur in grammaticum, et rationem disserendi.... Ratio 

disserendi dividitur in probabilem, necessariam. et sophisticam. Pro- 

babilis dividitur in dialecticam et rhetoricam. Necessaria pertinet 

ad philosophos, sophistica ad sophistas (v. Boezio, Sez. XII, nota 82). 

Grammatica est scientia recto loquendi. Dialeclica dispulalio acuta, 

verum a falso distinguens. Rhelorica est disciplina ad persuudendum 

quaeque idonea [PL, 177, 201-21. — Didasc., Il, 29 (p. 14): Logica 

dividitur in grammaticam. et in rationem disserendi.... grammatica,... 

est litteralis scientia.... Ratio disserendi agii de vocibus secundum 

intellectus fPL, 176, 7631. — Ibid-, 31 (p. 15): Ratio disserendi 










206 



CARLO PRANTL 



esaurirsi tutta quauta la logica in un simile cliché tradi¬ 

zionale, e a questo modo anche le idee platonico-cristia¬ 

ne, del pari che la dommatica teologica, avrebbero po¬ 

tuto continuare, senz’essere turbate nella loro ingenuità, 

la innaturale loro alleanza con avanzi di aristotelismo 

atrofici e contorti. Tuttavia l’intimo impulso ch’è pecu¬ 

liare alla dialettica, era pur anche rimasto vivo, già fino 

a questo momento, in seno alla stessa ecclesia docens, e 

poiché ora, come s’è visto, da due lati si faceva strada 

una più energica spinta (da due lati: vale a dire, da un 

lato, proprio per effetto della controversia dommatica 

intorno alla Trinità, e dall’altro, per effetto della cono¬ 

scenza sporadica, la quale gradualmente veniva com¬ 

piendosi, dei libri aristotelici fin allora ignoti), si levò 

ora, nel tempo stesso, sul terreno della logica, accanto 

alla scuola di S. Vittore, con tutto il suo misticismo, un 

ricco movimento, diviso in molteplici diramazioni : e qui 

la stona della logica, dovendosi stare alle fonti esistenti, 

entra in un periodo di difficoltà estrema. La difficoltà 

consiste cioè per prima cosa in questa circostanza, che 

le informazioni a noi accessibili discendono bensì con 

abbondanza di notizie sino al minuto particolare, ma in¬ 

tanto, con la loro forma semplicemente frammentaria, ci 

lasciano all’oscuro, riguardo a tutt’i fili di collegamento: 

a ciò si aggiunge ancora il carattere indeterminato della 

usuale espressione « quidam » ch’era in uso [per desi¬ 

gnare i rappresentanti di una data tendenza], o della 


integrale* * partes habet, inventionem et judicium (v. più sopra Boe- 

XII, nota 76): divisivas vero demonstrationem, probabilem, 

sopluslicam■ Demonstratio est in necessariis argnmentis, et pertinet 

ail philosophos. Probubilis pertinet ad dialecticos et ad rhetores. 

Sophistica ad sopliistas et caviliutores. Probubilis dividitur in dia- 

lecticam et rhetoricam, quorum utraque integrales partes habet in- 

venhonem et judicium [PL, 176, 764], Parimente ibid.. Ili, 1 


• i i * k’ 176, 765], Le stesse notizie ritornano in una € Epitome 

iti philosophiam » «li Ugo, edita dall’ Hauréau (Hugues de Saint-Vi- 

ctor: nouvel examen de l’èdition de ses oeuvres, Parigi, 1859 -8°) - 

v. quivi le pp. 167 ss. 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



207 



indicazione del nome di im cultore della logica, con la 

semplice lettera iniziale; e così in generale (particolar¬ 

mente p. es. riguardo a quel frammento, al quale il 

Cousin diede il titolo « De generibus et speciebus ») 4 "), 

la ricerca, che comunque sarebbe di già malagevole, 

viene attraversata inoltre da molteplici difficoltà lette¬ 

rarie; per di più fra i relatori ce n’è parecchi che in se 

medesimi son poco degni di fede, e c’imbattiamo in 

contraddizioni, che non possiamo, per mancanza di al¬ 

tre fonti, risolvere in maniera adeguata. 


Ma se poi si domanda ancora come questo materiale 

slegato e lacunoso debba venir elaborato per la pre¬ 

sente esposizione, ecco quel che debbo limitarmi a ri¬ 

spondere: data la impossibilità di svolgere il pensiero 

dei singoli autori (per la maggior parte non meglio 

conosciuti) secondo Cordine della successione storica, io 

sono riuscito a trovare, dopo molta riflessione, soltanto 

l’espediente di presentare l’epoca di Abelardo in blocco, 

e precisamente in tal modo che, analogamente a quel 

che ho fatto nella Sezione XI, vengano messe sott’oc- 

cbio le numerose controversie, secondo l’ordine di suc¬ 

cessione di quei gruppi che, negli studi di logica di quel¬ 

l’epoca, prevalgono per importanza, quanto al conte¬ 

nuto; a tal riguardo è da notare che le varie opinioni 

intorno alla Isagoge, cioè la disputa intorno agli Uni- 



«) Non poteva non esser «ausa di grave confusione, l’errore 

degli eruditi francesi, i quali con il Cousin hanno ritenuto che 

questo frammento sia opera di Abelardo; sopra tale punto ha più 

rettamente giudicato H. Ritter (sebbene non sia per noi accetta» 

bile la sua congettura, riguardo l’autore di quello scritto: v. ap¬ 

presso la nota 146); invece — a prescindere dal Rousselot, che non 

poteva ancora avere sott* occhio, quando compose la sua opera 

[Études sur la philosophie dans le Moyen a Parigi, 1840-21, il 

VII 0 volume del Ritter — anche il RÉMUSAT e persino I’Haureau 

han fatto le. viste di non conoscer affatto la opinione del Ritter,. e, 

aderendo al Cousin, si sono fondati sopra quello scritto per costruire 

argomentazioni, che dovevano nuocere alla esatta esposizione della 

controversia intorno agli universali. 










208 



CABLO PRANTL 



versali, offrono un materiale più vasto che non i dibat¬ 

titi sopra le rimanenti parti della logica. Ma mentre 

degli autori più eminenti e meglio conosciuti si viene 

così a parlare, in connessione con questi motivi atti¬ 

nenti al contenuto, bisognava senza dubbio che io facessi 

una eccezione, proprio per Abelardo: le vedute di lui 

intorno agli universali potranno pine a loro volta esser 

fatte oggetto di sufficiente disamina solamente più tardi, 

quando si tratterà di esporre la caratteristica di tutta 

quanta la sua Dialettica, poiché egli è invero il solo, 

del quale possediamo uno scritto, che abbracci quasi in¬ 

tiera la sfera della logica. Tuttavia mi è sembrato che 

un tale smembramento della esposizione delle contro¬ 

versie, per quanto si riferiscono agli universali, fosse 

qui proprio il minore degl’inevitabili inconvenienti. Ad 

Abelardo potremo poi far seguire, allo stesso modo, 

principalmente Gilbert de la Porrée e Giovanni da Sa- 

lisbury. 


Per effetto delle ragioni suindicate, lo studio della 

logica, a prescinder dalla sua universale diffusione in 

tutt’i paesi, decisamente progredì, quanto alla inten¬ 

sità, in rigore e precisione, e per quanta era la esten¬ 

sione del materiale allora accessibile ai cultori della 

logica, ci si abituò, con la maggior esattezza possibile, a 

ponderar e lumeggiare da vari lati tutte le particolari 

tesi o controversie: certo con questo lavoro, mancando 

in modo assoluto una base propriamente filosofica, po¬ 

teva venir fuori soltanto una sottigliezza contraddistinta 

da unilaterale formalismo, e die per un verso doveva 

condurre al massimo sminuzzamento nella formazione 

di contrastanti indirizzi, mentre per l’altro verso fu, a 

sua volta, parimente alimentata e rafforzata da quello: 

e il numero dei magiatri, che in tal maniera, per lo più 

risolvendo polemicamente i contrasti di opinioni, esplo¬ 

rarono con cura tutto il campo della logica, non può 













STORIA DELLA LOCICA LN OCCIDENTE 



209 



forse, nella sola Francia, essere rimasto molto al di sotto 

del centinaio. Non farà meraviglia che in un tale movi¬ 

mento quelli che non avevano a priori, per ragioni teo¬ 

logiche, un sacro orrore della logica, si trovassero spesso 

imbrogliati, al primo momento che ne intraprendevano 

lo studio 50 ) ; anche a noi vengon pure quasi le verti¬ 

gini, quando dai particolari frammentari risaliamo a 

una conchiusione concernente quella totalità, alla quale 

essi avevano appartenuto. È una grande illusione, a pro¬ 

posito del movimento di quell’epoca nel campo della 

logica, creder di potersela cavare con i due termini di 

« nominalismo » e « realismo », tutt’al più aggiungen¬ 

done ancora un terzo, cioè « concettualismo », poiché 

in primo luogo, come apparirà manifesto, la divisione 

in tendenze contrastanti è ben più molteplice, e questa, 

in secondo luogo, costituisce soltanto una parte dell’at¬ 

tività complessiva spiegata nello studio della logica. 


[§ 13. — Le vicende dello studio della logica, 


NEL RACCONTO CIIE NE FECE GIOVANNI DA SALISBURY]. - 


Se ci possiamo interamente fidare di Giovanni da Sali- 

sbury, il quale spesso in verità si è limitato a metter 

giù impressioni generiche, e in buona parte puramente 

a memoria (v. appresso la nota 536), in quei decenni 

il corso seguito dalla logica nel suo svolgimento, in 

quanto essa fu rielaborata in compendi (artes) o in com¬ 

menti o semplicemente in glosse 51 ), sarebbe 6tato in 

complesso il seguente. Giovanni parla cioè di un awer- 



M ) Abael. Dialect., ediz. Cousin, p. 436: Sed quia labor hujus 

doclrinae diuturna*.... jatigat Icctores, et multorum studia et aelates 

sublilitas nimia inaniter consumit, multi.... de ea diffidentes, ad ejus 

angustissimas fores non audenl accedere; plurimi vero ejus subtili- 

tate confusi, ab ipso aditu pedem referunt. 


51 ) Joh. Sakesb. Metal., ITI, Prol., p. 113 (ed. Giles, voi. V [ed. 

Wclib, p. 117; PL, 199, 889]): Nec in transitu vel semel dialecti- 

corum attigi scripta, quae vel in arlibus vel in commentariis aul 

glosematibus scienliam pariunt aut retinent aut reformanl. 


14. — C. Pbantl, Storia delta logica in Occidente. II. 






210 



CARLO PRANTL 



sario della sua concezione della logica, da lui simboli¬ 

camente denominato Cornificio (v. appresso le note 

528 se.), e in tale occasione dice 52 ) che quel modo di 

fare, venuto in voga, di chi, senza uno studio metodico 

e faticoso, vuol diventare filosofo, ma riesce in realtà a 

diventare solamente un sofista e a addestrare gli altri 

nella pura sofistica, proviene da quella scuola, nella quale 



) Ibid., I, 1, p. 13 [ed. Webb, p. 8]: Cornificius non ter, stu- 

diorum eloquenliae imperilus et improbus impugnatoti. (2, p. 14 

[ed. Webb, p. 9]): populum qui sibi credat habet; et.... ei.... turba 

insipientiurn adquiescit. lllorum tnmen maxime, qui.... videri quam 

esse appelunt sapientes.... 3, p. 15 ss. 110J: sine arlis beneficio.... 

faciet eloquentes et tramite compendioso sine labore philosophos.... 

Eo autem tempore ista Cornificius didicit quae nunc docenda re- 

servut,... quando in liberalibus disciplinis Intera nichil erat et ubique 

spiritus quuerebutur, qui (ut aiunt) latet in littera. Ylum esse ab 

Hercule, validum scilicel argurncnlum a forti et robusto argumen- 

tutore..., et in hunc modum docere omnia, sludium illius aetatis 

erat. Insolubilis in illa philosophantiurn scola lune temporis quae¬ 

stio habebatur, an porcus, qui ad renalicium agilur, ab homine an 

a funiculo teneatur. Item, an capucium emerit qui cuppam integram 

comparava. Inconveniens prorsus erat oratio, in qua haec verbo, 

«conveniens » et « inconveniens », « argumentum » et « ratio» non 

perslrepebant, multiplicatis particulis negativis, et traiectis per 

« esse » et « non esse », ita ut calculo opus esset, quotiens fuerat di- 

sputandum.... [11] Sufficiebat ad victorium verbosus clamor; et qui 

undecumque aliquid inferebat, ad propositi perveniebat metam. Eoe- 

tae, liisloriographi habebanliir infames, et si quis incumbebat labo¬ 

ri bus anliquorum (cioè degli autori dell’antichità, Porfirio, Boezio), 

.... omnibus erat in risum. Suis enirn atit magistri sui quisque incum- 

bebat inventis. l\ec hoc tamen diu licitum, curn ipsi auditores.... 

urgerentur , ut et ipsi, spretis bis quae a doctoribus suis audierant, 

cuderent et conderent novas scctas. Fiebant ergo summi repente phi- 

losophi; nani qui illiteratus accesserat, fere non morabatur in scolis 

ulterius quam eo curriculo temporis, quo avium pulii plumescunl. 

Jtaque recentes magistri e scholis ... pari tempore.... avolabanl.... [12] 

Bcce nova fiebant omnia; innovabatur gramalica, immutabatur 

dialectica, contemnebatur rethorica; et novas totius quadruvii vias, 

evacuatis priorum regulis, de ipsis philosophiae aditis proferebant. 

Solam « convenientiam » sive « rationem » loquebantur, « argumen¬ 

tum » sonabat in ore omnium, et.... nominare.... aliquid opertim 

naturar instar criminis erat aut ineptum nimis aut rude et a phi- 

losopho alienum. Impossibile credebatur « convenienter » et ad 

rationis » normam dicere quicquam, aut facere, nisi « convenien- 

tis» et « rationist mentio cxpressim esset inserta. Sed nec argu¬ 

mentum fieri licitum, nisi praemisso nomine argumenti [PL, 199, 

827-830], 









STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



211 



ci si voleva mostrar geniali di suo, con l’occuparsi, sen¬ 

z’altro fondamento che l’attitudine logica innata, di con¬ 

troversie del genere più balordo (p. es., se un maiale, 

portato al mercato, è tenuto dalla fune o dall’uomo, e 

simili), sempre tuttavia sputando con arrogante alba¬ 

gìa alquanti termini tecnici della logica, — un indirizzo, 

questo, tanto intollerante nei riguardi di qualsiasi altra 

scienza e studio, quanto destinato, con la sua mania del 

nuovo e il rapido trapasso dall’apprendere all’insegnare, 

a frantumarsi subito nella più confusa varietà di vedute 

individuali. Questo anfanare senza ima direzione, ha 

avuto ora per conseguenza 53 ), che ialini, persuasi della 

vanità di siffatte cose, in preda a un pessimismo uni¬ 

versale, si son rifugiati nei monasteri, altri han posto 

mano, a Salerno e a Montpellier, allo studio della me¬ 

dicina, per coltivare ora questa scienza con lo stesso 

spirito cavilloso che prima mettevano nello studio della 

logica : ma altri a lor volta cercavano di campare alle 

corti dei ricchi e dei potenti, e altri infine, a nulla 

pensando fuorché a guadagnare quattrini, si son dedi¬ 

cati alle sfere più basse di attività (v. appresso la nota 

530): insomma, con tutta questa genia, la logica e la 

scienza in generale son cadute nel massimo dispregio. 

In seguito tuttavia — continua Giovanni 54 ) — per opera 



") Ibid., c. 4, p. 18 ss. [ini. Webb, p. 12; PL, 199, 830-1]: Alii 

namque monuchorum aul clericorum claustrum ingressi sunt.... de- 

prehendentes in se et aliis praedicantes quia quicquid didicerant 

vanitus vanitatum est.... [13] Alii autem.... Salernum vel ad Montem 

Pessulanum projecli, facti sunt clientuli medicorum, et repente, 

quales fuerant pliilosophi, tales in momento medici eruperunt.... [15] 

Alii.... se nugis curiulibus mancipaverunt ut, magnorum virorum 

patrocinio jreli, possent ad divitias aspirare.... Alii autem.... ad 

vulgi profession.es easque profanas relapsi sunt; parum curante* 

quid philosophia doceat.... dummodo rem faciant  f 11 » 6 > P- 138 [ed. Webb, p. 143; PL, 199, 904]: Non... 

inanem reputem operam modernorum, qui equidem nascentes et 

convalescentes ab Aristotile, inventis eius nudlas adiciunt rationes 

et regalas prioribus aeque firmas.... [1441 Habemus graliam.... Peri¬ 

patetico Palatino, et alus praeceptoribus nostris, qui nobis proficere 

studuerunt vel in explanatìone veterum vel in inventione novorum. 


) Epist. 181 (voi. I, p. 298, ed. Giles) [PL, 199, 179]: Sludiis 

tuis cangratulor, quem agnosco ex signis perspicuis in urbe garrula 

et ventosa, ut pace scholarium dictum sit, non tam inutilium argu- 

mentationum locos inquirere, quam virlutum. Tuttavia è anche pos¬ 

sibile, poiché non sappiamo nient’allro sul conto del Maestro Ra- 

«E*» N,CER ' destinatario dt questa lettera, che per urbs ventosa 

debba intendersi Avignone, essendo passato in proverbio: « Avenio 

ventosa, stne vento venenosa, cum vento fastidiosa ». 









214 



CARLO FRANTI. 



fluiva col non sapere nemmeno più quale fosse la opi¬ 

nione sua propria S8 ) : e intanto poi, per amor di gloria 

personale, si disprezzavano anche gli autori antichi, e 

si metteva da parte quell’ordine, al quale la logica sco¬ 

lastica si soleva attenere 5B ). E infine vien fatta ora inol¬ 

tre espressamente la osservazione, che questo enorme e 

stupido dispendio di tempo e di energie aveva per suo 

principale obbietto la Isagoge, e che questa veniva com¬ 

mentata, assumendosi a compito esclusivo e supremo la 

contesa intorno agli universali 60 ), sicché da ultimo nella 



*') Melai., II, 6, p. 72 [od. Webb, p. 71]: Indignantur.... puri 

philosophi et qui omnia praeter logicam dedignantur, aeque gram- 

maticae ut phisicae experles et ethicae.... c. 7, p. 73 [72] : qui da- 

mant in compilis et in triviis docent, et in ea, quam solam profi- 

tentUT, non decennium aut vicennium, sed lolam consumpserunt 

aelatem.... Fiunt itaque in pile rili bus Achadcmici senes, omnem 

dictorum aut scriplorum excutiunt sillabam, immo et litleram; dubi- 

lanles ad omnia, quaerentes semper, sed numquam ad scientiam 

pervenientes; et tandem convertuntur ad [73] vaniloquium, nescien¬ 

te* quid loquantur aut de quibus asserant, errores condunt novos, 

et antiquorum (cioè degli autori dell’antichità, come più sopra, 

nota 52) aut nesciunt aut dedignantur sententias imitari. Compilant 

omnium opiniones, et ea quae eliam a vilissimis dieta vel scripta 

sunt, ab inopia iudicii scribunt et referunl.... Tanta est opinionum 

oppositionumque congeries, ut vix suo nota esse possit auctori [PL, 

199, 863-1], — lbid-, c. 18, p. 93 [96; PL, 199, 876] : De magistris ani 

nullus aut rarus est qui doctoris sui velit inhaerere vesligiis. Ut 

sibi faeiat nomea, quisque proprium cudit errorem. — Polycr., VII, 

12, p. 126 [cd. Webb, li, p. 141] : Veterem.... quaestionem in qua lobo- 

rans mundus iam senuit, in qua plus temporis consumptum est 

quam in adquirendo et regendo orbis imperio consumpserit Coesa- 

rea domus.... Haec enim tam diu multos tenuit ut, cum hoc unum 

in tota vita quaererent, tandem nec istud nec aliud invenirent [PL, 

199, 664]. V. inoltre appresso, nota 540. 


“1 Enthetìcus, v. 41 ss.: Si sapis auctores, veterum si scripta 

recenses , Ut staluas, si quid forte probare velis, Undique clamabunt 

« i ctus hic quo tendit asellus? Cur veterum nobis dieta vel acta 

refert? A nobis sapimus, docuit se nostra juventus, Non recipit ve¬ 

terum dogmata nostra cohors. Non onus accipimus, ut eorum verbo 

sequamur, Quos habet auctores Graecia, Roma colit.... » (v. 59) 

« Temporibus pioniere suis veterum bene dieta. Temporibus nostris 

jam nova sola placent ».... Haec schola non curat, quid sit modus, 

ordove quid sit, Quam teneanl doctor discipulusque viam [PL, 

199, 9661. 


"’) Metal., II, 16, p. 89 [ed Webb, p. 901: Sed quia ad hunc 

elementarem librum (cioè le Categorie) magis elementarem quodam- 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



215 



disamina dello scritto di Porfirio si finiva con il cac¬ 

ciar dentro tutta la filosofia, offrendosi in tal modo un 

campo alla sodisfazione della vanità personale, e ugual¬ 

mente recandosi danno all’insegnamento 61 ). 


[§ 15. — La polemica intorno agli universali: si 


PUÒ DIMOSTRARE CHE ALMENO TREDICI ERANO LE CORRENTI, 

NELLE QUALI SI DIVIDEVANO LE OPINIONI SU QUESTO PRO¬ 

BLEMA], — Così le notizie, di carattere più generale, 

trasmesseci da Giovanni da Salisbury, ci portano natu¬ 

ralmente a prender in esame le controversie intorno agli 

universali, e da quel che abbiamo veduto sinora, ci è 

lecito concliiudere legittimamente, che la contesa di¬ 

vampò, in quella maniera unilaterale e sofistica, nei 

primi decenni del secolo XII, sicché qui si presenta ma¬ 

nifesta la connessione storica con la comparsa di Ro- 

scelino e con le lotte insorgenti in quell’epoca (v. la 

Sez. precedente, note 312 ss., e particolarmente 326). Ci 

sono anzi ragioni interne, militanti a favore della opi- 



modo scripsit Porphirius, eum ante Aristotilem esse credidit anti- 

quilas praelegendum. Recte quidem, si recte doceatur; id est ut 

tenebras non inducat [91] erudiendis nec consumat aetatem.... c. 17, 

p. 90: Naturam tamen universtdium hic omnes expediunt, et altissi- 

munì negotium et maioris ìnquisitionis contro menlem auctoris expli- 

care [92] nituntur. — Ibid., Ili, 5, p. 136 [141]: qui in Porphirio 

aut Categoria explanandis singuli volumina multa et magna con- 

scribunt [PL, 199: 873-4, 903]. Ciò trova conferma in una espres¬ 

sione di Abelardo: v. appresso la nota 104. 


I Ibid., I], 20, p. 113 [ed. Webb, p. 116] : Nec fideliter cum 

/ or ph trio nec utiliter cum introducendis versantur qui omnium de 

generibus et speciebus recensent opiniones, omnibus obviant, ut tan¬ 

dem suae inientionis erigant titulum. — Ibid., Ili, 1, p. 117 [ c d. 

Webb, p. 121]: Austerus nimis et durus magister cst'lollens quod 

positura non est et metens quod non est seminatum, qui Porphirium 

cogit solvere quod omnes pbilosophi acceperunt; cui salisjactum 

non est, nisi libellus [122] doceat quicquid alicubi scriptum inve- 

nitur. — Polycr., VII, 12, p. 129 [ed. Webb, II, p. 144]: Qui ergo 

Porpniriolum omnibus philosophiae partibus replent, introducendo- 

rum obtundunt ingenia, memoriam lurbant | PL, 199: 888, 891, 

666], Vedi inoltre il passo di Guglielmo da Conches, che si tro¬ 

verà citato appresso, nota 98. 









216 



CARLO PRANTL 



ne, secondo la quale, a partir da quel momento, nelle 

controversie concernenti gli universali, sarebbe stata 

piuttosto prevalente, in un primo tempo, la concezione 

nominalistica : non soltanto infatti è indizio di una tale 

prevalenza la circostanza, che quei cultori della logica, 

a quanto riferisce Giovanni, assumevano un contegno 

esclusivistico e intollerante contro qualsiasi scienza 

reale (note 52 e 58), ma riesce anche facile argomen¬ 

tare che gli scrittori citati da Giovanni, come beneme¬ 

riti del risveglio degli studi di logica, tutti quanti alieni 

da un nominalismo estremo, o anche in parte avanzati 

sino ai limiti estremi del realismo, hanno provocato o 

promosso in ogni caso una rivoluzione, la quale deter¬ 

minò il passaggio dai principii nominalistici verso dif¬ 

ferenti cammini. 


Ma da una più esatta e approfondita ispezione delle 

fonti a noi accessibili, risulta chiaro che, per tale ri¬ 

guardo, come abbiamo già detto, il dissidio delle opi¬ 

nioni non si aggirava soltanto entro i limiti di un con¬ 

trasto dicotomico o tricotomico, bensì si manifestava di¬ 

stinto in una serie di graduazioni più numerose. La più 

precisa notizia ce la dà ancor una volta Giovanni da 

Salisbury, e, stando a quella, la diversità di opinioni 

relativamente agli universali, ha preso la forma seguente: 


1) la opinione di Roscelino, che gli universali sieno 


voces 6J ) : — v. le note 76 ss. di questa Sezione; 


2) quella di Abelardo e de’ suoi seguaci, che cioè 

gli universali vadano ridotti a sermones, non potendo 



K ) Metal., Il, 17, p. 90 [ed. Webb, p. 92; PL, 199, 874], dove 

alle parole testé citate (nota 60) fa seguito immediatamente quel 

passo intorno a Roscelino, che abbiamo veduto alla nota 318 della 

Sezione precedente. 








STORIA DELLA LOGICA LN OCCIDENTE 



217 



mai il predicato di una cosa esser esso stesso una 

cosa 03 ): — v. appresso le note 283 ss.; 


3) la tesi, che intellectus o nono, nel senso attri¬ 

buito a questi termini da Cicerone (cioè dagli Stoici), 

sia ciò che si chiama « universale » M ) : — v. appresso 

le note 581 se. 


Da costoro Giovanni distingue poi quelli che si ten¬ 

gono attaccati alle cose ( « rebus inhaerent »), ma a lor 

volta si scindono in varie tendenze, e dunque: 


4) la opinione che fu poi subito ancora abbando¬ 

nata, di Gualtiero da Mortagne, secondo la quale gli uni- 


e! ) lbid.: Alius sermones intuetur et ad illos detorquel quicquid 

alicubi de universalibus meminil scriptum ; in hoc attieni opinione 

deprehensus est Peripateticus Palatinus Abaelardus nosler, qui mul- 

tos reliquit et adhuc quidem aliquos habet professionis huius seda- 

tores et testes. Amici mei sunt ; licet ita plerumque captivatam de- 

torqueant litleram ut vel durior animus miseratione illius movetur. 

Rem de re praedicari monslrum dicunt; licet Aristotiles monstruo- 

sitatis huius auctor sit, et rem de re saepissime asseral praedicari; 

quod palam est, nisi dissimulent, familiaribus eius. 


**) lbid. (in continuazione): Alius versatur in intellectibus, et 

eos dumtaxat genera dicit esse et species. Sumunt enim occasionem 

a Cicerone et Boetio, qui Aristotilem laudani auclorem, quod haec 

credi et dici dcbeant noliones. « Est autem », ut aiunt, « notio ex 

ante perceplu forma cuiusque rei cognitio enodatione indigens » 

(cosi effettivamente Cicerone, nel passo citato alla nota 37 della 

Sez. Vili, passo che mostra tuttavia nello stesso tempo com’egli si 

riferisse non già ad Aristotele, bensì a « Graeci », cioè agli Stoici). 

Et alibi; « Nodo est quidam intellectus et simplex animi concepito » 

(così Boezio, ad Cic. top. [Ili], p. 805 [PL, 64, 1106], dove si com¬ 

menta quel passo di Cicerone: solo [che in Boezio si legge r, " ltUr - ea in Versoi 


r "“°" e singularibus specialissima gene- 


lerce 1 aque ™nstuml. Sunt qui more mathematicorum « fornuis » 


142] rifinì AW'/ 1  lddquid de univLalibus 


lert.l.,,1 referunl. Alu discutiunt « tntellectus » (3) et eos uni- 


iZ “ U uomimbus censeri confirmanl. Fuerunt et qui «voces» (lt 


ìm*h. UùJZ U L S "'“ *•-»» «M,,c qui 


r l JVella ediz. Cousin degli Outr. inéd. d’Abélard p 513- n P 

genertbus et speciebus diversi diversa sentiunt. Alii namqul voces 


rebus Zo a n?hil P ho PS «dngularcs esse affirmant, in 


rebus vero mìni horum assignant. Alti vero res generales et spe- 


ciales universales et singulares esse dicunt; sed et ipsi interne 


cieTe» 0 * , ' ntlUnt P'"d« m enim dicunt singularia individua esse spe- 

cies et genera subalterna et generalissima, alio et alio modo alterna 











STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



221 



mento la distinzione tra coloro che qualificano gli uni¬ 

versali come vox [voces], e quelli che li considerano 

come res, ma della posizione di questi ultimi vengono 

nominate soltanto due sottospecie, cioè 



10) la così detta ratio indifferentiae (v. appresso le 

note 132 ss.) e 


11) il punto di vista di Guglielmo da Champeaux, 

— v. le note 102 ss. 



Di queste varietà di opinioni parla inoltre una volta 

anche Abelardo 7S ), ricordando, in seno al realismo, pri- 



(lo stesso autore indica questa opinione come « sentendo de indif- 

ferendo »: v. appresso la nota 133). Atti vero quasdam essendas 

universales fingimi, quas in singulis individuis totas essentialiter esse 

credunt (che qucst'ultima sia la opinione di Guglielmo, risulterà 

chiaramente appresso). 


™) iE cioè nelle Glossulae super Porphyrium, già più sopra 

(nota 13) ricordate, e riferite dal Rémusat, op. cit., p. 96 (neanche 

qui purtroppo ci vicn fatto conoscere il testo originale): La grande 

queslion que PorphyTe indique en débutant.... arrète Abélard, et 

il est presque obligé de la traiter seulement pour la poser. Toules 

les opinions sur les universaux se prévalent, diuil, de grundes auto- 

rités [testo originale, ed. Geyer: «De generibus et s pe¬ 

ci eh us quaestiones enodarc compeUiinur, quas (nec ipse Por- 

pkyrius ausus est solvere, cum cas tamen tangendo ad earum 

inquisitionem accenda! lectorem ». E, dopo aver accennato alla va¬ 

rietà delle soluzioni proposte : «tamen unusquisque lue- 

tur se aurtorilate i u d i c e » (p. 512)] (già qui la traduzione 

del Rémusat è sbagliata, poiché nella nota egli riproduce le parole 

dell'originale, « unus quisque se tuetur auctoritale iudice », e queste 

voglion dire che ciascuno avvalora la propria opinione con l’auto¬ 

rità tradizionale, cioè Aristotele).... p. 97 : Le premier syslème est 

celiti de l’existence des choses universelles. lì est plusieurs manie- 

res de Vétablir. Suivant l’une eie. [Geyer, p. 515: .... primam (se. 

sententiam de universalihus) quae de rebus est, primi- 

tus exequamur. De qua etiam sunt plurcs opiniones, cum alii 

aliter res universales esse affirmant. Nominili cnim....] (ora 

viene la opinione di Guglielmo da Champeaux: v. appresso la 

nota 105)... p. 99: «La seconde manière» ecc. [Geyer, p. 518: 








222 



CARLO PHANTL 



ma di tutto le due tesi dottrinali 

anche 



testé ricordate, ma poi 



12) una concezione, secondo la quale la differenza 

ra genere e individuo risiede soltanto in un modo par- 

ticolare (propalasi) di esistere, in quanto che 1W 

versale può presentarsi così in parecchie cose insieme 

come anche in esseri singoli. 


Invece nel De intellectibus del Pseudo-Ahelardo (v 

appresso le note 416 ss.) si trova soltanto espressa, in 

amerà ^determinata e generica, la distinzione tra rea- 

sii, nominalisti, e opinione di Abelardo u ). 



l'ZL'mZp mTtó, appreso 


pou r soutenir que les universali sonldesdoses VoulZT "T^ 

la communauté, l’on dii ai,'entri- l„ Voulant expliquer 


singtdière est une diffide TlrtruTl et l * cho.se 

a etre universelle, la proprietà ani Inni' " ,> . ropne, ' i ( l ul consiste 


mal, le corps est nniZZl et Zel " ? ^ • bt ****- L'ani- 


et quelque corps ; mais dire  un étre 

qui aliter re, universales esse videninV affi “ " n® r , u m a 1 i i , 

nitatem assignnntes dicunt rem .,t;„ • ® ,rniare * Hj re bns comrmi- 


id est alterins proprietatis (il C uru . ver . 6a ^ em > aliam singularem, 

inéd., p. 522 IDe Zen et s Jc \ « V “ CoVSIN ’ Ou.tr 


esse ex hoc quod est onivTsai et ^ V ” EAV ’ V, 313) 


Iaris. Ut animai est universale et mm!!""* h ° C q ” od est sin SB- 

vel aliquod corpus. Tale est enini ^ ’ j CC t ? men al| quod animai 

mal esse universale, ne si dieatnr- ni. Undum ,lanc sen tentiam ani- 

animal est, et tale est hoc animai " a s “ nl quorum unumquodque 

dieatnr: una sola rea«J°hoc d T , 8ol °» ac - 

espressa in forma indeterminata la r „ n l . na]ment ^ (P- 106) segue, 

voces [cfr. Geyer, p. 522 - 31 . ’ oncezione degli universali come 


^à-VtoZ^ 63 : Philosophie sco - 

Quidam enim volimi omnZloZ f * diversa -^ntiunt. 


dam nullas ^ro folti snnt 


(mane. Il lo,., ”ha "“(til T 


:zh r p- * T„,-irr 


rato vel albo Zane cana l VOCabul °' !" ^pus ipsum a colo- 












STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



227 



altri invece, e certamente i più sconsiderati e più radi¬ 

cali, come p. es. un tal magister « \ . si appigliavano 

unicamente al « significare », sì che per e6si in ciascuno 

dei predicati assegnati a una cosa qualunque, si trova 

insieme già significata la cosa stessa: e degno di nota 

è che costoro si appoggino per tal riguardo alla gram¬ 

matica, secondo la quale ogni nome significa così una 

sostanza, come anche, al tempo stesso, una qualità 83 ). 

Dovevan essere nominalisti di quest’ultima specie anche 

coloro che, forse seguendo in maniera unilaterale le 

vedute di Rosceliuo (Sez. precedente, nota 321), si spin¬ 

sero sino ad affermare che la semplice dictio (vale a 

dire la parola singola, in opposizione con il giudizio) 

non porta in generale affatto in sè parti dell’atto intel¬ 

lettivo, vale a dire neanche parti simultanee, bensì come 

un punto, comprende in uniLà indifferenziata tutto quel 

che cade entro l’accezione della parola 84 ). — Alcune 

particolari conseguenze del nominalismo, in ordme alla 

teoria delle categorie, vedile appresso, alle note 196 s. 

e 199. 



M J lbid.: ....Hi vero, qui onirtem vocum impositionem in signi- 

ficutionem deducunt, auctorilatem protendimi, ut eu quoque signi¬ 

ficati dicant a voce, quibuscumque ipsa est imposila, ut ipsum quo¬ 

que hominem ab animali, t ei Socratem ab homine, vel subjectum 

corpus ab albo vel colorato; nec solum ex arte, verum edam ex 

auctoritate grammalicae id [211] conantur ostendere. Cum enim 

tradat grammatica, omne nomen substantium cum qualitate signi¬ 

ficare, album quoque, quod subjcctam nominat substantium, et qua- 

litqlem determinai circa eam, utrumque dicitur significare (dunque, 

secondo il Cousin, questo dovrebb’essere il modo di vedere proprio 

del realista Guglielmo da Cbampeaux!). 


M ) Pseudo-Auael. de ititeli-, loc. cit-, p. 472: Sunt iluque intei- 

lectus conjunctarum ve! divisatimi rerum, dictionum tantum; coti- 

jungentes vero vel dividentes intellectus, oralionum tantum sunt. 

liti quippp simplices sunt, isti compositi (Tale la opinione del- 

1 Autore). Sunt plerique fortassis (cioè nominalisti), qui intellectus 

simplices nullas ninnino purtes habere concedant, ncque scilicet per 

sticcessionem nequc simili (vale a dire parti non-simultanee, o suc¬ 

cessive, ne ba in generale soltanto il giudizio, ma non mai la parola 

singola). Qui enim, inquilini, plura simul intelligit, una simplici 

actione omnia simul attendit [Arali.. Opera, ed. Cousin, II. p. 740). 







228 



CABLO PRANTL 



[§ 18. — La teoria che gli universali sono « ma- 

neries » : Ucuccione]. — Ma era certo una ramifica- 

zione del nominalismo la tesi sostenuta relativamente 

alla « manerics » (v. sopra la nota 69); poiché è vero 

che Giovanni da Salisbury l’annovera tra le opinioni 

realistiche; ma, d’altra parte, non soltanto suscita in 

noi gravi dubbi quel passo di lui, riferito più sopra 

(nota 70), dov’egli già finisce con il qualificare tutto 

quanto come realismo, bensì dobbiamo anche tener 

conto di un’altra fonte d’informazioni: infatti, secondo 

quel che viene altrove perentoriamente riferito, erano 

i nominalisti che, a sostegno della loro opinione, se- 

condo la quale generi e specie sono soltanto le parole, 

piu universali o più particolari, enunciate nel soggetto 

o nel predicato, senz’altro denominavano, nei rispettivi 

passi di Boezio e di Aristotele, la « res » « vox » e il « ge¬ 

misi « maneries » *>). La parola « maneries » per "se 

stessa non e, parimente, nè così mostruosa nè così rara, 

come Giovanni mostra di ritenere nella notizia più sopra’ 

(nota 69) riferita: non soltanto infatti la s’incontra, con 

accezione generica, in Bernardo da Cliiaravalle 8S ), ma, 

addirittura in senso specificamente logico, in un altro au- 



) De gen et spec., loc. cit., p. 522: Ntmc illam sementiam 

quue toces solas genera et species unìversales et partici,lares prae- 

subjectas asserii et non res, insistamus.... ( p 523 ) Boe- 

thius, ira commentano super Categorias ([L. I], p . 114 rp[, 64 162n 

dici « quoniam rerum decem genera sunt prima, necessefuUdSem 


suhilrH i eSS \ S,m f. llces voces > dune de simplicibus fin Boezio- 

subtectis J rebus d,perenti,r ». Hi tamen exponunt: « genera id est 


Z"Z1* S L r : 0 r dam ™ Aerili 1 


S f 7 Jm - rme p aS ,raduzi0ne di Boezio [Prima 


Ldino, 1 , 7. ed. Meiser, Pars Pnor, p. 82; PL, 64, 318], p 233)- 


«rerum alme sani unìversales, aline sunt singulares». Hi tamen 


rUatibic Lo r onTì; ,d T ■° C " m HU "“ tem tnm «PertM aucto- 

mentili aut e n‘ l ir"* " ,lentes ’ aut di ™nt «udori,a,es 


TncTdunt. P labor «utes, quia excoriare nesciunt, pellem 


. Epi y- 402 S° pera ’ , d - Martène, Venezia, 1765, 1 , p. 156)- 

m"614] 1 wn ' s pro * ,f!lll ° sU - dilla ad mommi non erat [PL, 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



229 



tore dei primi del Duecento, cioè nel canonista Uguc- 

cione (morto nel 1212), il quale nel suo scritto lessi¬ 

cale definisce « species » come « rerum maneries » 87 ). E a 

quel modo che questa parola (il francese « manière »), 

se stiamo alla sua precisa etimologia, ci riporla da ul¬ 

timo al significato di « maneggio » o « modo di trat¬ 

tare » [« Behandlungsweise » da « Hand », come «ma¬ 

neries » da « manus »] S8 ), cosi, nel suo uso logico, ha do¬ 

vuto anzitutto significare il modo d’intendere subbiet- 

tivo, e pertanto raccostarsi alla concezione nominali¬ 

stica, o a quel tale « colligere » che abbiamo veduto alla 

nota 68; invece, soltanto allorché «maneries» dall’ac¬ 

cezione « maniera, guisa », a poco a poco fu volta a si¬ 

gnificare una « sorta », fu possibile prenderla, come ter¬ 

mine della logica, in senso oggettivo, per tal modo che 

potè entrare in giuoco la questione dello « status » (nota 

65), sebbene, anche trattandosi di « sorta », venisse an¬ 

cor fatto abbastanza facilmente di pensare all’ « assor¬ 

tire » (cioè colligere). 


[§ 19. — I Platonici: a) Bernardo da Cliartres ]. — 

Gli avversari unilaterali degli unilaterali nominalisti fu¬ 

rono comunque i veri e propri platonici, tra i 

quali ci si presenta per primo, come principale rappre¬ 

sentante, Bernardo da Cbartres, soprannomi- 


*0 Uguccione, autore di una Stimma Decrelorum e di altri scritti 

canonistici (sul conto di lui, notizie più precise nel Sarti, de claris- 

simis Arcbigymnasii tìononiensis projessoribus, I, p. 296 ss., c nella 

Prefazione del Du Cange al suo Glossario, § XLVI [« Ugutionis 

vocabularium »]), aveva scritto un vocabolario (liber derivationum), 

ricavato in parte da quello su ricordato (Sez. precedente, note 286 ss.) 

di Papias, e conservatoci in numerosi manoscritti. Da esso il Du 

Cange j. v . «Maneries » riferisce le seguenti parole: Species dicitur 

rerum Maneries, secundum quod dicitur « Herba huius speciei, id 

est, Maneriei, crescit in borio meo ». 


“) Vedi Diez, Etymtdogisches Wórlerbuch der romanischen 

Sprachen, p. 216 [s. v. «Maniero», p. 203 della 5" ediz.j. Parola 

del tutto diversa è maneria, derivante da maneo e affine a mansio, 

con il significato di « soggiorno » (v. il Du Cance, s. v. « Maneria »). 









230 



CARLO PRANTL 



nato S ìlv e s t e r (viveva intorno al 1160). [Oggi dai 


P,U . 81 r,t, ° '' 


dell, pera idea platonica, laddove il “tLÀTSH”' 

fica iniziarsi della mescolanza co „ "*”>■ 


■la olitolo l’aggettivo {album) è ritenuto e , •’ m °“ lre 

contaminazione insanabile della idea coó 1 T"' '* 


orna Pertanto ci didicUe del".;.7b ‘ “"T 


sieno state rese ne.» . «eptorare che non ci 


* —i .™.,r,:;LT H ~ ri ,e 


nere)], _ PmtaLtt',2ri tu’in  893hVr"“ a o f C 2;;.™* idem 120 [ed i Wcbb ’ “■ 124; PL 

AÌebai a R et q “ Ìbus dominamtur den °- 


a ~r, 


2 ?»SSS. tn ffi 


emm il/ud , ‘ x culiàs^ l qùod^vJ r b 1 ui^ l lg > ' ,t ^ nem ,/ >v. 

nelle Opere del Venerabile Beda (ediz. di Colonia, 1688, li. p. 206 ss. 

[PL, 90, 1127 ss.]). Ma proprio questa medesima parte della Phi¬ 

losophia detta minor la si ritrova da capo, non soltanto ristampata 

nella Maxima Bibliotheca Patrum [di Lione], voi. XX, p. 995 [PL, 

172, 40 ss.], dov’è indicato come suo autore Onorio da Autun 

(Sez. precedente, nota 373) [Honorii Augustodunensis De Philo¬ 

sophia Mundi 11 IVI. bensì ancora in un libro che sta a sè, con 

il titolo: Philosophicarum et astronomicarum institutionum Gui- 

lei mi, Hirsaugiensis olim abbatis , libri tres, Basilea, 1531, in -4°. 

(Questo abate Guglielmo da Hirschau, nato nel 1026, morì nel 

1091: v. Pertz, MGH, VII, p. 281; XII, p. 54 e p. 64 ss.; XIV, 

p. 209 ss.). Se ora 1’ Hauréau ( Singularilés hist. et litlér., p. 240) 

a favore dell’attribuzione di quello scritto a Guglielmo da Conches 

può richiamarsi a un manoscritto di Parigi, e nello stesso tempo 

allega la testimonianza di Guglielmo da S. Thierry, un avversario 

contemporanco, io ritengo senza dubbio questi argomenti conte de¬ 

cisivi, ma è da richiamare in ogni caso l’attenzione sopra il fatto 

che nella stampa nominata per ultima (fatta astrazione da frequenti 

piccole modificazioni della espressione letterale) è menzionato in 

più luoghi per nome l’autore arabo Costantino Cartaginese, e del 

pari è nominato una volta anche Johannitius, cioè Hunain Ibn 

Tshàk, mentre nelle altre edizioni a stampa, in luogo di questi nomi 

figurano soltanto le espressioni indeterminate « philosophus » o 

« philosophì », sicché questa variante richiede forse ancora una ri¬ 

cerca più approfondita. Le glosse di Guglielmo da Conche* al De 

consol. phil. di Boezio ei sono state fatte conoscere da Ch. Jour- 

DAIN (nelle Notices et Extraìls des manose., voi. XX, p. 21. Ma se, 

come vuole 1’ Hauréau ( op. ull. cit ., p. 242 s.ì sia da attribuirai al 

nostro Guglielmo anche il commento al Timeo, che il Cousin 

(Ouvr. inéd. d’Abél., p. 644 ss. r648-157]) ha pubblicato in estratti, 

attribuendolo a Onorio da Autun, sarebbe cosa da lasciar in dubbio. 

Senza contestazione sono invece di Guglielmo quei frammenti [della 

secunda e tertia philosophia (Antropologia e Cosmologia)], che il 

Cousin ha pubblicati ibid.. p. 669 ss. r670-7. — 1 ,’Ott AVMNO ha 

curato la pubblieaz. di Un brano inedito della « Philosophia » di 

G. di C., Napoli, 1935, illustrando nella Prefazione lo stato attuale 

delle questioni relative]. 












234 



CARLO PRANTL 



glielmo »^) svolge, secondo I ‘ P l8tIca ~ che G u . 


grafìa, psicologia e fisica 9 ‘ c ). ben sì ^p 21 ™ 16 di co »nio- 


f, oens! ci limiteremo a quel 


Bcda, p. 207 r (PL. e 9o" 112820l ■ per mundi ère, ,iohoc 


foctus est aLmT ** ° ngel,,s “-/"'deus \ f To nnifice ; (irlif( , x 


mundutn creanti )T°’  r,i ^ v„i. 75 ( 'i873! R ;.1;rs. dc,rArcatlt ' mi; d 'Vie.;: 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



235 



poco clic c’è ila rammentare, in ordine alle questioni 

di logica vere e proprie. 


Guglielmo, che sul terreno della gnoseologia si pone 

dal punto di vista platonico, di un idealismo che pro¬ 

cede verso l’alto er ’), e anche espressamente sentenzia che 

tra i filosofi pagani egli dà la palma a Platone " 6 ), di¬ 

stingue si una quadruplice maniera di considerare tutte 

quante le cose, cioè dialettica, sofìstica, retorica, filoso¬ 

fica 87 ), ma relativamente alle prime due (quanto alle 

due ultime, è per lui cosa che già s’intende da sè) si 

schiera risolutamente dalla parte dei realisti, combat¬ 

tendo coloro che volevano escludere qualsiasi realtà, o 

infine da ultimo neanche volevano ammettere più i nomi 

delle cose, bensì, in generale, alquante parole solamente 

(che sarebbero poi le quinque voces) 9S ). Ma, analoga¬ 

mente allo Scoto Eriugena, egli almeno riconosce tut¬ 

tavia, richiamandosi a Boezio, che appartiene allo spi¬ 

rito umano la funzione d’imporre alle cose che hanno 



“) V. i frammenti riprodotti dal Cousin, op. cit., c special- 

mente p. 673 s. 


M ) Nella edizione già ricordata del Gratarolus, p. 13: Si gen¬ 

tili* adducenda est opinio, malo Plalonis quam alterius inducalur; 

plus numque cum nostra fide concordai. 


”) Ibid., p. 4: De eodem numque dialectice, sophistice, rhelo- 

rìce, vel philosophice disserere possumus. Considerare numque de 

ali quo, an sit singultire un universale, est dialeclicum; probare, ip- 

sum esse quod non est vel non esse quoti est, sophisticum est: pro¬ 

bure, ipsum esse dignum proemio vel poena, rhetoricum: sed de 

natura ipsiusque moribus et officiis disserere, est pbilosophicum. 

Dialecticus ergo, sophistn, oralor, philosophus, de eudem re diversa 

considerunles et intendentes disputare possimi. 


”) Ibid., p. 5: Quod intelligentes quidam res omnes a dialec- 

lica et sophisticu di sputulione exter minar erunt , nomina lamen ea- 

rum receperunt, eaque sola esse universalia vel singulttria prae- 

dicaverunt; deinde supervenit stultior aetas, quue et res et earum 

nomina exclusit alque omnium disputationem ad qualuor fere no¬ 

mina reduxit; ulraqiie tamen seda, quia non erat ex deo, per se 

defecit. Quei qualuor nomina non posson essere altro elle le quinque 

voces, escluso forse il proprium : in antitesi ron una siffatta ridu¬ 

zione di numero, incontreremo in compenso anche sex voces: v. la 

nota 278. 











2 % 



mulo franti. 



^r^roi 1 zj ,,on'» 


- Se Be 'ZlTcZ, “‘“T* O—»»]. 


8rao platonico, princiml mamfe8tava J ano reali- 

lenm affermazioni idealistiche"' 6 . e8prÌBlendo8Ì con so- 

ficanti, era in ogni caso imn ° 3 am P lificazi om edi- 


t0ria *”**• d i prender oranti JT ° ^ meri * 


relazione debba pensarsi che L ,]i “ 8lderare “ quale 

esistenti, stiano con gl’individuf.- U1 "r erSah> come eose 


c7° C ° nSÌ8te Ia ^portanza 2*^J, * ten * 


C h ani P e a ux (morto nel 119 !) ; U ^ llel «o da 


! ma lo 8Ìeo, nel realismo di hii n ’ U pnnto * 


Imea, rispetto al pimto di ’ P “” ancora m seconda 


varsi tuttavia, fin da principio i ^ De ™ rile- 

Guglielmo da Champeaux siàm^l "‘T" 0 * Ue idee di 

C081 minutamente informati , ^ ,lmgi dall’essere 


8in ; di ahri,. pe re h è rir; r r^ ioj,e dei c - 


assolutamente andar oltre il n na non Possiamo 

notizie, a noi accessibili, che ,mnT° * ^ ghw - ono le 

a equivoci «»*). “ lascino per nulla adito 


w ) Ibid., p. 29 - o, • i 


Hit 12’un°A OCUlÌS muìlT 1 constituto 


tr :~«4 ^.rr »" 


stolrfe in prìmam T? “‘T"' sub °P™£ dicati?’s "’ m istn 


Stendi . aliai,,,,,,} * secun dam dividitur ■ ali,, ‘H*’ un & e "b Ari - 


\ T ° P° S! "*sio. ’ allf P‘»ndo ... actus b . 


199, 8321 ’ SARESB - I, s, p . 2 , 


S li r . led - ^cbl», p. 16-7; PL 









STOMA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



237 



Della produzione letteraria di Guglielmo, non ab¬ 

biamo sotto mano nulla, cbe riguardi oggetti di perti¬ 

nenza della logica 103 ) : siamo così ridotti a servirci prin¬ 

cipalmente di una notizia di Abelardo, il quale mena 

vanto di avere combattuto con felice successo le idee di 

Guglielmo intorno agli universali, di guisa che quest’ul¬ 

timo le modificò in misura notevole: ma con questo il 

suo insegnamento ci scapitò, per autorità e per concorso 

di uditori, a tal punto che finirono con il passare for- 



glielmo da Champeaux tutte quante quelle abbreviazioni (« magi- 

ster V. », « magister noster V. ») che si trovano nel manoscritto, 

nè più nè meno che quei passi, dove si trova « If illelmus » ; anzi 

ha persino fatto lo stesso in un certo luogo, dove (de gerì, et spec., 

p. 509) con le parole « Vel uliter secundum magistrum G. », è indi¬ 

cata in modo abbastanza chiaro una posizione antitetica a quella 

del mngister Willclmus antecedentemente (p. 507) nominalo, E co¬ 

me ora è francamente segno di leggerezza trovare ugualmente in 

quel magister G. un'allusione al nostro Guglielmo, cosi non è detto 

cbe in compenso abbiamo un punto di appoggio nell’abbreviatura 

€ V. », tanto più che questa lettera stessa parla in senso contrario. 

Poiché Abelardo, prima di recarsi presso Guglielmo da Cliam- 

peaux, aveva cercato d’istruirsi presso tutti i dialettici eminenti 

( Epist ., I, c. I, p. 4, Amboes. Ted. Quercetanus di Parigi 16161, 

[ed. Cousin, I, p. 4; PL, 178, 115]: Proinde diversas disputando 

perambulans provincias, ubicunque huius arlis vigere studium au- 

dieram, peripaielicorum uemulalor fuctus sum), come « magister no¬ 

ster » egli può indicare una quantità di uomini, dei quali ci è 

ignoto il nome, c dobbiamo guardarci daU’argomentare, senza suf¬ 

ficiente ponderazione, che si alluda a persone determinate, per 

evitar di andare fuor di strada (v. per es. più sopra la nota 82 ). 

Ma alle deduzioni del Cousin aderirono il Rousselot, l’Hauréau, e 

anche H. Rittcr. 


lra ) L’Hauréau (De la phil. scoi., I, p. 223 [cfr. Ili ut. de la phil. 

scol^, I, 322]) riferisce che il Ravaisson ha trovato, nella Biblioteca 

di Troyes, 42 frammenti di Guglielmo; e con la pubblicazione di 

questi frammenti, E. Michaud, nel suo scritto Guillaume de Cham- 

peaux et les écoles de Paris au Xll.e siede (2’ ediz., Parigi, 1868), 

si sarebbe potuto acquistare una benemerenza. In base a quel ch’è 

stato detto più sopra (nota precedente), non si può argomentare 

che Guglielmo da Champeaux abbia scritto «Glossulae super Pe- 

riermeneias », perchè il passo relativo nella Dialectica di Abelardo 

(p. 225) attribuisce uno scritto così intitolato semplicemente a un 

« magister noster V. ». [Ma ora son da vedere i 47 frammenti 

« Guillelmi Campellensis Sententiae vel Quaestiones XLVII » 

puhbl. da G. Lefèvrk. Les variations de Guillaume de Champeaux 

et la question des Universaux, Lilla, 1898, pp. 19 ss.]. 









238 



CARLO PRANTL 



malmente tutti alla opinione di Abelardo 104 ). Guglielmo 

cioè avrebbe affermato ili primo luogo che gli univer¬ 

sali, in quanto sono, nella loro unità, cose uguali, ineri¬ 

scono nello stesso tempo essentialiter, in indivisa tota¬ 

lità, a tutti cpianti gl’individui che cadono nella loro 

estensione, e pertanto fra gl’individui non sussiste dif¬ 

ferenza di essenza, bensì le differenze hanno fondamento 

soltanto nella molteplicità di determinazioni acciden¬ 

tali. E come ciò trova letterale conferma nel passo del 

De gen. et spec., citato più sopra (nota 72), ivi appunto 


ci viene data una spiegazione più precisa-la quale 


persino ci riporta a un passo, affatto isolato, di Boezio, e 

ci dà così maniera di veder bene addentro come il daf¬ 

fare che si davano a quel tempo con le controversie tra 

opposti indirizzi, avesse fondamento in minuzzaglie di 

erudizione scolastica, piuttosto che in contrasti intimi 

fra modi di vedere teoretici. 



IM ) Abaf.l. Epist., 1, c. 2, p. 4 [ed. Consinl : Perveni tandem 

ransius, uh, jam maxime disciplina liaec florere consueverat, ad 

\rUiUclmum scilicet Campellensem praeceptorem meum in hoc lune 

magisleno re et fama pruecipuum: cum quo aliquanlulum moratus 

primo et acceptus, poslmodum gravissimiis extiti, cum nonnuttas 

scuicet ejus sententias refellere conarer, et ratiocinari conira eum sae- 

pius aggrederer, et nonnunquam superior in disputando viderer 

tp. a) lum ego ad eum reversus, ut ab ipso rhetoricam audirem. 

mler caetera disputationum nostrarum conamina, antiquam ejus de 

uni versali bus sententiam patentissimis argiimentorum dispulationi- 

hus ipstim commutare, imo destruere compiili. Erat autem in ea 

senlenlia de commentiate universalium, ut eamdem essentialiter rem 

imam simul smgulis suis inesse astenerci individuisi quorum quidem 

nulla esset m essenti!, diversitas, sed sola multitudine accidentium va- 

netas. ile autem tstam lune suam correxil sententiam, ut deinceps 

rem eamdem non essentialiter. sed individualiter (la variante « indil- 

ferenter » [accolta dal Comuni, che la ed. d’Ambois segna in mar- 

gme Si trovava anche in vari manoscritti; vedi I’Hauréau, op. cit, 

1, p. 236 ( H,st. de la ph. scoi., I. p. 3381), dicere,. Et.... quum hanc 

"le correxisset, imo coactus dimisisset sententiam, in tanlam lectio 

ejus devoluta est negligentiam, ut jam ad dialecticae lectionem vix 

admitteretur: quasi in huc scilicet de universalibus senlenlia tota 

hiijiis artis consisterei summit (cfr. la nota 60). Ilinc tantum roboris 

et auctontatis nostra suscepit disciplina, ut ii, qui antea vehemen- 

j nogutro tilt nostro adhaerebant. et maxime nostram infestabant 

aoctnnam. ad nostras convolarent scholas fPL, 178, 115.6 e 110-1201 









STOMA OEI.LA LOCICA IN OCCIDENTE 



239 



Affermava cioè Guglielmo che in quel quid di acci¬ 

dentalmente superaddito (adveniens) son da ravvisare 

le forme individuali, le quali improntano la materia, 

consistente nel concetto del genere (malcriam infor¬ 

marli), in tal maniera, che con ciò la essenza univer¬ 

sale ne risente una individualizzazione secundum totam 

sitarti quanlitatem : e lo stesso può ripetersi poi, a que¬ 

sta maniera, per tutta quanta la scala, dal genere, attra¬ 

verso la specie, sin giù giù airindividuo 103 ). Inoltre, co¬ 

me riferisce altrove Ahelardo, Guglielmo, incomin¬ 

ciando dalle dieci categorie, svolgeva a fondo questo pro¬ 

cesso d'informazione giù giù sino agl’individui, e poteva 

allora, poiché quelle stesse forme più individuali diffe- 

renzianti rimandano da capo agli universali, spiegare la 

predicahilità degli universali con il fatto che questi spet¬ 

tano agl'individui, o essenzialmente o adiettivamente 

iadjacenter) 10 °). Ma proprio in ciò consiste decisamente 



Ite gen. et sper., p. 513 s. : Uomo quaedam species est, res 

una essenti ali ter, cui adveniunt forntae quaedam et efficiunt Socra- 

lem: Ulani eamdetn essentiuliter eodem modo informata formae fa- 

cientes Platonern et caetera indiridua hominis ; nec aliquìd est in So¬ 

crate, praeler illas jormas informanles il latti malcriam ad fuciendum 

Socratem, quia iìlud idem eodem tempore in Platone informatimi sit 

formis Plalonis. Et hoc intelligunt de singulis spcciebus ad individua 

et de generi bus ad species.... Ubi enim Socrates est, et homo univer- 

salis ibi est, secundum totani suoni quantitatem informatus Socratitate 

(riguardo al concetto di Socratitas, v. la concezione corrispondente di 

I orfirio e Boezio: Sez. XI, nota 43). Quicquid enim res universalis 

suscipit, tota sui quantitate retinet.... Quicquid suscipit, tota sui quoti- 

filale suscipit. Ma anche questo' è proprio ricavato da Boezio, che 

dice, a proposito della differenza {ad Porph. a se transl., p. 87 tEd. 

Brandt, IV, 9, p. 263; PL, 64, 1261): Aeque enim sicnt in corpore so¬ 

ler. esse alia pars alba, alia nigra, ita fieri in genere potcst; getius 

enim per se consideratimi partes non habet, itisi ad species referalur. 

Quicquid igitur habet, non purtibus, sed tota sui magnitudine reti- 

nebit. Cosi, dove si tratta di storia della filosofia medievale, spesso 

1 apparenza [della originalità, o della novità! viene a ridursi | grazie 

alla indicazione delle fonti antiche] a quella ch’è la vera sua portata: 

“ r - H U ' a PP r re riprod. XTTe"^"'^: dÌ  ( ?* 


differentiam et secundum IdZtiZ^eZd^^' ^ 


Secundum intUfferentiam l> , e J ll *dem prorsus essentiae. — - 


n hZ£ s : adem -=£t2; nrtlSTò 


ifhix Sfe isrF"’ SS 


ff *7 


rs s »;s£*Atas 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



243 



pure appartiene infine alla tradizione la notizia isolata, 

che, riguardo alla topica, egli portava la essenza della 

inventio a consistere nella scoperta di un termine me¬ 

dio 110 ). 


[§ 21. — Le difficoltà e i gradi del realismo]. — 

È probabile che proprio le difficoltà, alle quali si trova 

esposta la opinione di Guglielmo da Champeaux, ab¬ 

biano dato ai realisti — mentre in generale essi pote¬ 

vano approvare il punto di vista di lui — motivo di 

scindersi essi medesimi a lor volta fra loro, a forza di 

tentativi di correggere quella opinione, o di darle nuovo 

fondamento: si è così formata una quantità d’indirizzi 

divergenti, ai quali — anche passando affatto sotto si¬ 

lenzio il nome dei loro rappresentanti — non ci è più 

possibile tener dietro, considerando minutamente il de¬ 

terminarsi delle loro particolari differenze. 


A parte le difficoltà teologiche die si sollevavano, sia 

che si assumessero gli universali quali prodotti di una 

creazione, sia che li si assumesse quali entità eterne, 

tanto più che alcuni effettivamente designavano per tal 

modo come « cose » tutt’i singoli attributi di Dio nl ), — 



positìonem ejusdem parti* sequatur pars illius. Sequitur enim bi- 

punctalem lineam pars ejus, i. e. punclum., non tamen ad punctum 

pars ejus sequitur, quia indiani habet. 


u ") Joh. Saresb. Metal. Ili, 9, p. 115 [ed. Webb, p. 152] : Versa- 

tur in his (se. in Topici*) incentionis muteria, quam hilaris memoriae 

fVillelmus de Cam pelli*.... diffinivil, etsi non perfecte, esse scienliam 

reperiendi medium terminimi et inde eliciendi argumentum [PL, 

199, 9091. 


m ) De gen. et spec., p. 517 : Genera et species aut creator sunt 

aut creatura. Si creatura sunt, ante juit suus creator quam ipsa crea¬ 

tura. Ila ante juit Deus quam justitia et jortitudo.... Itaque ante juit 

Deus quam esset justus vel fortis. Sunt auleta qui.... illam divisio- 

nem.... sic jaciendam esse dicunt: quicquid est, aut genitum est aut 

ingenitum. Universalia autem ingenita dicuntur et ideo coaeterna, et 

sic secundum eos qui hoc dicunt,... [noni Deus aliquorum jactor 

est. — Abael. Inlrod. ud theol., II, 8, p. 1067 ( Amboes. [ed. Cousin, 

II, p. 85; PL, 178, 1057]): Terlius vero praediclorum (se. magistro- 

rum divinae paginae, cioè un magister in pago Andegavensi ) non so- 







244 



CARLO PRANTL 



ciò che dal punto di vista ontologico si voleva evitare 

era proprio quel vicendevole invilupparsi di tutti eli 

universali. 6 


Perciò alcuni si appigliarono all’espediente, certo 

grossolano di assumere quel «sovraggiungersi» (che 

abbiamo veduto piu sopra, alla nota 105) delle diffe¬ 

renze specifiche, come qualche cosa di puramente pas¬ 

seggierò, per salvare così la indipendenza del genere »*) 

Altri invece tiraron fuori un modo di vedere, ch’era 

proprio di Aristotele, considerando il genere come la 

materia che nella sua essenza rimane identica, e che 

viene diversamente formata nelle specie: ma, proprio 

per quella identità di essenza, vennero a trovarsi in con- 

lutto con la teoria degli opposti 11S ). 


Onde a ccadde, da un lato, che, relativamente a questo 


«i™ isssrwtsar ir-" -s™ ~~~ 


hujusmodi, quae iuxta fiumani * erlcor( i‘ ,im , tram et caelera 

gnificantur, res quasdam et amil i lonls , c ? nsuetu di nem in Deo si- 


t ig jfer 


res diversas conslituat. ' aicumur, tot in Deo 


dicunt quidam , quia differentiÌe "quldmn m "J° rU . slm P l icitatis, quod 

genere non fondanti* U%kVt generi ’ sed in 

subjectum. per se d,c,tur e- 

sia inasprita, e ahL ►ia n* 1 « a anZ * C ^ C c * uesta diffìcile controversia si 


« gran somaro », non essendo C cT alu U " C " t0 ^ r Z ° sco,astico del 

passo del De gen. et spec u ( man,era . dl comprendere il 

quod scilicet incoteMens eduttl „ ° PPOSlta - «*• in codem, 

sententiam tenenl perchè non *" • n { >oss n nt > qui grandis asini 


:±,rr"° év-J 


quale n.n fl 1ZS ». 










245 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



processo, con il quale alla materia si dà la forma, venne 

fuori da capo la questione, se cioè la differenza speci¬ 

fica sia solamente il mezzo per formare le specie, o se 

essa invece, insieme con il genere, trapassi nello stesso 

tempo nella essenza della specie medesima, — e alcuni 

(evidentemente tenendosi più vicini a Guglielmo da 

Champeaux) si son pure effettivamente decisi a favore 

della seconda soluzione 114 ) —: e così, d’altra parte, per 

i concetti di genere e di specie, veniva in luce una diffi¬ 

coltà, anche per il fatto degli opposti che (almeno nella 

loro esistenza individualizzata) si trovano in imo e me¬ 

desimo soggetto: ciò ha per conseguenza che, qualora 

un uomo sia bensì casto ma in pari tempo sia avaro, 

dovrebbe in lui coincidere l’universale del bene con 

quello del male; ora, taluni se la cavavano con una di¬ 

stinzione tra i generi superiori da un lato, e dall’altro 

lato le specie degli opposti, nella loro specializzazione, 

escludendo almeno queste ultime dalla possibilità d’in¬ 

contrarsi [in un medesimo soggetto], laddove altri esten¬ 

devano persino ad esse la pericolosa concessione 115 ). 



1H ) Abael. Dial., p. 477 : Rationalitas enim et mortalitas, adve- 

niente* subtantiae animulis, eam in speciem creunt. quae est homo. 

Nec cum ipsae generis substuntium in speciem reddunt, ipsae quoque 

in essentiam speciei simul transeunt, sed sola genera vel subjecta 

specificantur.... non quidem cum differentiis, sed per differentias.... 

Si enim differentiae in speciem transferrentur cum genere,.... sicul 

quorumdam sententia tenet,... profecto cogeremur jateri, et dijjeren- 

tias ipsas cum genere aeque in essentia speciei convenire ; linde et 

ipsas de substanlia rei esse, et in partem maleriae venire contingcrel. 


m ) Ihid.. p. 390: Sunt uutem quidam qui contraria genera in 

eodem esse non abhorrent, sed contrarias species in eodem esse im¬ 

possibile confitentur. Dicunt enim quod cum omnia accidenlia per 

individua in subjecta veniant, et ipsa contraria genera per individua 


sua subjeclis contingunt . ut virtus et vitium, quae in hoc homine 


per hanc castitatem et hanc avaritiam recipiunliir, quae individua 

sunt caslitatis et avaritiae, quae invicem species non sunt contrarine.... 

Verum species contrarias esse in eodem per aliquu sua individua, 

illud prohibet, quod nec ipsarum individua in eodem possunt esse, 

quorum sunt tota substantia ea quae sunt contraria, utpote species.... 

Sunt autem et qui species contrarias in eodem posse consistere non 

denegant. 











246 



CABLO PRANTL 



adol e , T ^ C1 " aUrÌ 3UCOra « indotti a 

adottare 1 esperte radicale, di affermare cioè che la 


.uizmne della differenza specifica in generale ha luogo 


tu ta quanta solamente nella categoria della sostanza 


laddove, quando si tratta delle qualità, le così dette sue’ 


eie o sottospecie son propriamente da considerare sen 


z altro come formazione d’individui, sicché n es h' 


e nero sarebbero due essenze diverse a cuci 1 h 


che son tali due individui umani ”)’ " ^ 816880 


farina, non c’è nane » , . 3 ,10n c e 


* c e pane », dovendo prima la 


~7 n p, *“’ ” c,,e - “ cb - '»a»c»„r;.jr 


,o " awo cì **•£ 


[§ 22. Controversie intorno alla definizione- 


INTORNO al CONCETTO D, « PARTE »| E 


cakie»j. — M a controversie 


) De gerì, et spec. d ?4i. c 


tmnsubnantiae differentiis haberTdilZTe?™ Solum P^edicamen- 

tn duas proximas species. dicunt illaT'nn l cllm . J ff uaht ^ dividati,r 

aliquas differenti,: »ed 

et in micas converti tur linde nèn • sc, i ,c el furinam esse deserit 

non sit , panis desit. Eie. equicquam concedila ut, si farina 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



247 



di questo genere, che venivano per lo più agitate, con 

grande sfoggio di passi di Boezio, sfiorando già, come si 

vede, il confine della stupidità, venivano altresì dibat¬ 

tute, secondo il modello della logica in uso nelle scuole, 

anche nell arringo affine della teoria della divisione (v. 

sopra la nota 75) e della definizione. Ben è vero che i 

realisti si trovavano tutti d’accordo nel preferire, in ar¬ 

monia con il modo di pensare di Boezio (Sez. XII, nota 

98), o piuttosto di Porfirio (Sez. XI, note 41 ss.: cfr. la 

Sez. Ili, note 78 ss.), il procedimento platonico di ima 

continua dicotomia 118 ); ma subito a proposito della di¬ 

visione del genere, necessaria per la definizione, doveva 

già ripresentarsi la questione del come vadan le cose con 

le parti della essenza, distinguibili nel concetto del ge¬ 

nere: e mentre da taluni si affermava che tali parti sono 

unite per mescolanza, press’a poco a quel modo che an¬ 

che dalla mescolanza di bianco e nero si genera un 

terzo colore differente 119 ), altri facevano osservare che 

tutte le parti della essenza del genere posson pure, 

anche singolarmente, esser enunciate come predicati de¬ 

gl’individui, appartenenti al genere stesso 120 ); per con- 



) Ibid., p. 458: Si aulem genus seni per nel in proximas species 

t ei in proximas differenlias dìvideretur, omnis divisio generis, sicut 

Boethio (de divis p. 643 [PL, 64, 8831) placuit, bimembris essel.,.. 

Hoc autem ad eam philosophicam sententiam respicil , girne res ipsus, 

non tantum voces, genera et species esse confitetur. 


) Oilberti 1 orretae in l. 1 . Boethii de S . Trinitele commenta • 

ria_ (Bokth. Opera, eri. [costantemente cit. dal Franti] di Basilea, 

1570), p. 1144 [PL, 64, 12721 : Butani quidam imperiti.... quod non sit 

vera dictio. si quis dical « homo est corpus », non addens et ani¬ 

ma »: uut si dicat « homo est anima », non addens c et corpus ». Opi - 

nantes quod, ex quo diversa, ut unum componant, conjuncta sunt. 

esse utriusque adeo sit ex illa conjunctione confusimi, ut sicut cum 

album et nigrum permìscentur, quod ex illis fit, nec album nec ni- 

grum dicilur, sed ciijusdam alterius coloris ex illa permixtione pro¬ 

venienti».... 


1 Ibid., p. 1143:.... corporalitàs, non modo de hominis illa parte 

I qua e corpus e.st], verum etiarn de homine praedicetur. Et.... ratio- 

nalitas.... non modo de hominis illa parte, quae spiritus est, sed etiam 

de homine praedicatur.... (p. 1144).... quicquid de parte nuturaliter, 

idem et de composito affirmandum [PL, 64, 1272-3]. 








248 



CABLO PHANTL 



irò, anche questo fu da capo contestato da alcuni, per- 

che quelle parti della essenza sono predicati, soltanto in 

quanto sono concetti più generali, fatta cioè astrazione 

dalla loro connessione con altre note essenziali; dellW 

mo, p. es„ viene affermata cioè, come predicato, non -dà 

la corporeità specificamente umana, ma proprio in gè- 

neraie la corporeità nella sua accezione universale, e 

tosi parimente anche la spiritualità 121 ). 


Un’altra controversia manifestamente comiessa con 

quel che precede, concerneva la seguente questione se 


' fr J “ dMÌ *"• ^ il 7o,Z 


f dilTereuza -pacifica si riferisca «oltau.o alla .peci. 


O anche, nello stesso tempo, al genere che st r , ’ 


mento della specie 122 ! Y , 3 fonda - 


ia specie ). Via via che si separava più net. 


amente a t ìlferenza dal genere (note 112, 114) g j po 


z::i re p t n r pit °  lbid., p . H44 f PL 6 , ,, 


'illuni rationalitatem guani Uhm quuè est A,"” al ‘ qU ‘ d ‘ cere 8esti unl, 

d‘ci. et simUiter scienti,, a liam et alUmr ‘ T™"*' de homine 

human, corporis est. ’ 1 sparai,totem quam quae 


notila. PaSS ° re,atÌV ° è ri P r « d »« integralmente più sopra> 


• ^ Abael. Dialect. n 402 • \f 1 * * 


noe hujus nominis quod est « homo » 'nen™ s,gn, fi cat ‘t»iem substan- 


s , at ±' f* x P so percipiant , tantum nronlèr nT 7?’ nec ^ ualitat ^ ipsius 

diffinitionem requirunt. P P r qualitatum demonstrntionem 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



24 9 



il suo significalo concettuale, fosse stata accolta, in sen¬ 

so realistico, quest’ultima soluzione, sicché la proprietà 

sarebbe definita come un quid, formato da un univer¬ 

sale (p. es. [il «bianco» è un] formatum albedine), si 

poteva da capo domandare se questa sia la definizione 

della proprietà stessa ( albedo ), o del sostrato qualifi¬ 

cato (album); e se poi ci si atteneva alla seconda alter¬ 

nativa, dato che la prima conduce a mia reduplicazione 

priva di senso, sorgeva il dubbio, se con ciò sia definito 

ciascun singolo di siffatti sostrati, o non forse invece 

tutti quanti insieme: e necessariamente ambedue le ipo¬ 

tesi si mostravan da capo insostenibili, poiché da un 

lato non si tratta di definire le cose stesse, bensì soltanto 

ima proprietà, nè d’altra parte le cose, per una sola 

proprietà che abbian comune, sono identiche nella loro 

essenza 121 ). 


Ma a quel modo che tutta questa discussione si at- 


Ibid., p. 495: Ai vero in fiis diffinitionibus quae sumplorum 

(con questo termine Abelardo suole indicar gli aggettivi: v. appresso 

la nota 321) sunl vocabulorum, magna, memini, quaestio solet esse ub 

his, qui in rebus universalia primo loco ponunt....; duplex enim ho- 

rum nominum quae sumpta sunt, significatio dicitur, altera.... prin- 

cipalis, quae est de forma, altera vero secundaria, quae est de for¬ 

malo. Sic enim « album », et albedinem, quam circa corpus subjec¬ 

tum determinai, primo loco significare dicitur, et secundo ipsius 

subjectum, quod nominai. Cum ilaque album hoc modo diffinimus 

« formatum albedine », quueri solet. ulrum haec diffinitio sii tantum 

hujus vocis, quae est « album », an alicujus siine significationis. Al 

vero cum vocem non secundum essenliam suam, sed significulionem 

diffiniamus, videlur haec diffinitio recte ac primo loco illius esse. 

Restat ergo quaerere, sive illius significationis sit, quae prima est, i. 

e. albedinis, sit e cjus, quae seconda est. quae est « subjectum idbe- 

dinis ». At vero si haec diffinitio albedinis sit, praedicalur de ipsa, 

et de quocumque albedo dicitur, et ipsa diffinitio prucdicatur. At 

vero quis vel albedinem vel hanc albedinem formuri albedine conce¬ 

dei?... Si vero diffinitio supraposita ejus rei, quam « album » nomi- 

nani, esse dicatur,... quaerilur, utrum uniuscujusque sit per se, quod 

albedinem susci pi unt.... | il Cousin corregge: suscipiat], sive omnium 

simul acceptorum. Quod si uniuscujusque sit illa diffinitio, utique et 

margaritae. Vnde de quocumque illa diffinitio dicitur, et margarita 

praedicatur, quod omnino falsum est. Si vero omnium simul accep¬ 

torum esse concedatur, oporlebit ut, de quocumque diffinitio illa 

enuntiatur, omnia simid praedicenlur. quod iterum falsum est. 








250 



CARLO PRANTL 



tiene ancora di regola a quello stesso basso punto di vi- 

sta, che abbiamo trovato più sopra (Se*, precedente, 

note 350 ss.), dove si trattava del realista Anseimo, cosi 

anche le dispute sopra il secondo metodo di divisione 

(Sez XII, note 96 e 100), cioè sopra la partizione della 

o alita ne suoi elementi, recano in sè una ben grave uni- 

lateraLta. I oiche la questione di stabilire che cosa s’in- 

tenda per parte originaria (pars principalis), fu forzata a 

prendere la forma di un’alternativa, in quanto che cioè 

gli uni denonimavano originarie quelle parti le quali, 

mentre costituiscono la essenza della totalità, non sono 

piu a lor volta parti di una parte (p. es„ nell’uomo, 

anima e corpo), e invece gli altri consideravano come ori- 

gmane quelle parti costitutive ultime, distrutte le quali 

viene distrutto il tutto (p. es. la testa o il cuore) -»)• ma 

a questa maniera, in seguito al realismo ontologico, adot- 

andosi la prima soluzione, tutto questo punto di vista 

della divisione rimaneva falsato, e surrettiziamente scam¬ 

biato con il terreno proprio della definizione, laddove, 

se »! adottava la seconda soluzione, sconsideratamente 

« trasponeva la funzione subiettiva dell’intelletto urna- 


“’ !• q S ° la . Crea ÌJ COncetto di P«le, nella realtà 

ZTl ì C0MCeZ1One "«usa, della quale già si era li- 


noi ^ 9 ! “T m ° r ° 8CelÌniauo (Sez. precedente, 

note 321 s.). Mentre gli uni intendevano la divisione ab 


«finito come obbiettivamente materiale, ed esclude- 

no cosi dalla considerazione l’attività formale [die gè- 



cundarias'^àrtès ZocaH^TnTat^alf 0 ’ o- 

crates. destructa ungula, remanet Socrates et ila quod prius non 

erat Socrates, fìt Socrates. O, similmente, ibid., p. 512: Haec.... sen- 













252 



CARLO FRANTI. 



t§ 23. La teoria dello « status », come tenta¬ 

tivo di conciliazione: Gualtiero da Mortacne]. — Se 

a questa maniera il realismo offriva in realtà molteplici 

documenti di quella cattiva sorte, che nelle questioni 

di logica propriamente dette, deve rimanere insepara. 


. Je da esso ’ non fa maraviglia che da vari lati si sieno 

battute vie nuove per rendersi conto degli universali, 

r csidcrandosi co 8I di sfuggire alle difficoltà del reali- 

amo non meno che alla unilateralità del nominalismo. 


mbra doversi interpetrare quale forma di passaggio 

prima di tutto quella concezione, che potrebbe, dal suo 

termine tecnico caratteristico, denominarsi «teoria 

e lo status »: e parimente sembra (cfr. la nota 


“ e *f a 813 8tata originata dalle obiezioni sorte 

contro le affermazioni di Guglielmo da Champeaux. Se 

cioè la essenza universale del genere deve, per tutta 

quanta la sua estensione, venire specializzata mediante 

lorme individuali (v. sopra la nota 105), è difficile veder 

bene addentro, come stiano le cose, riguardo a quelle 

«proprietà superaddite » (advenicntia), che, in seno a 


IimiT’ ° T Ìan ° ° 80U0 S ° lamente P asse ggiere. Ora 

alctmi si appigliarmi qui all’espediente di ammettere che 


! universale e bensì modificato da siffatte qualità, ma 


non tuttavia proprio in quanto è un universale: e una 


faeffe 1 ir e - a arriVatÌ dn ° 3 qUeSt ° P unto ’ 8i rendeva 

acile la effettiva trasformazione degli miiversali, i quali 


dai realisti erano stati tenuti b, conto di cose (res) in 


daT >: i CÌOè ° ra ne »a serie graduale che va 

dal genere all individuo, non fu più tenuto conto del- 

1 Universale, bensì dello .status universali*»: ima con- 

cezione questa, che era così abbastanza facilmente sug- 

gerita dal motivo usuale di ma Tabula logica, come an- 


lentia medium digiti naturam unam esse nonni , 


creaturam esse merito dubitat. Aut er J Zò , ' 











STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



253 



che poteva, dal canto suo, trovare parimente appoggio 

in un passo di Boezio 129 ). 


Un rappresentante di questo modo di vedere fu 

Gualtiero da Mortagne [de Mauretania] (inse¬ 

gnante a Parigi al tempo di Abelardo, e morto, vescovo 

di Laon, nel 1174) : egli dedicò, è vero, con preponde¬ 

rante ardore, la propria attività alle controversie dom- 

maticlie ), ma fece sentire, per incidenza, il suo in¬ 

flusso anche nel campo della dialettica. Cercò cioè di 

conciliare la unità numerale deH’universale con la con¬ 

nessione essenziale, in cui esso sta con le cose singole. 



> Ibid., p. 514 s.: Amplius sanitas et lunguor in corpore ani- 

mahs fundalur; albedo et nigredo simpliciter in corpore. (Juod si 

animai totum existens in Socrate languore afficilur, et totum, quia 

quicquid suscipit. Iota sui quantitale suscipit, eodem et momento 

nusquam est sine lang[u)ore; est autem in Platone totum illud 

idem; ergo edam ibi languerel; sed ibi non languet. Idem de albe¬ 

dine et nigredine circa corpus. Ad haec enim non rejugiant, ut di- 

cani etc.... Addurli: animai universale languet, sed non in quantum 

est universale. L tinum se videant !... Si ad status se transfer ani , di - 

centes I animai in quantum est universale non languet in univer¬ 

sali statu », ■ respondcant, de quo velint agere per has voces $ in 

stata universali ». Ma di questo concetto di « status universalis » 

scorgeremo a buon diritto la fonte in Boezio, là dov’egli dice, a pro¬ 

posito della qualità (ad Ar. praed. [I. 11IJ, p. 180 |PL, 64. 250J): 

Nihil impedit, secundum aliam scilicet ulque aliam causam, unam 

eamdemque rem gemino generi spedai suae supponere, ut Socrates 

in eo quod pater est, ad aliquid dicitur, in eo quod homo, substan¬ 

tia est, sic in calore atque frigore, in eo quod quis secundum ea 

videtur esse dispositus, in disposinone numerula sunt, perchè quel 

rhc qui deride, è lu espressione « in eo quod » : e rosi pure in un al¬ 

tro passo ancor più chiaro (ibid., p. 189 [PL, 64, 2611): Si secun¬ 

dum aliam atque aliam rem duobus generibus eadem res.... supponu- 

tur, nihil inconveniens cadit. Ita quoque et habitudines, in eo quod 

alicuius rei habitudines sunt, in relutione ponuntur, in eo quod 

secundum eas quales aliqui dicuntur, in quotitele numerantur. 

Quare nihil est inconveniens, unam atque eamdem rem, secundum 

dnersas naturae suae potenlias (proprio questo son gli univer¬ 

sali),... pluribus adnumerare generibus. 


Le euc lettere (stampate nello Spicil. del D’Achery, ed. De 

la Barre, Parigi, 1723, III, p. 520 ss.) sono soltanto di contenuto 

dommatico, e non hanno menomamente rhe fare con la storia della 

filosofia. [Ora è da vedere il trattato sopra la teoria della indiffe¬ 

renza, attribuito a Gualtiero da Mortagne e pubblicato dall’Hau- 

rcau (1892), poi dal Willner (1903)]. 










254 



CABLO PRANTL 



procedendo a questa maniera, vale a dire con il distin¬ 

guere nell’individuo, uno per uno, come status diffe¬ 

renti, la individualità, e il concetto della specie, e così 

pure il concetto del genere, fino su su al sommo gene¬ 

re 1SI ). Comunque, sebbene ci manchino del tutto notizie 

più precise sopra un tal modo di vedere, c’è questo di 

notevole in esso, che cioè da un lato l’universale è rac¬ 

costato alle cose singole, e dall’altro lato, per quel te¬ 

nere distinti i diversi « stati », la operazione intellet¬ 

tuale subbiettiva si fa più avanti nel primo piano. Per¬ 

ciò neanche appare indegna di fede quella notizia (v. 

sopra la nota 69), secondo la quale sembra che taluni, 

dalla tesi nominalistica della « maneries » sieno passati 

alla questione dello status (v. la nota 88). 


[§ 24. — La teoria dell’iindifferenza] . — Ma la evo¬ 

luzione interna degli studi di logica ci conduce con 

ciò spontaneamente alla teoria della indiffe¬ 

renza, la quale in particolare occupa ima posizione 

di mediatrice tra le varie tendenze. A suo fondamento 

sta il principio, che una medesima cosa è, nello stesso 

tempo, universale e singolare, nel senso non già che si 

dia un universale essenzialmente inerente alle cose, bensì 

semplicemente che in queste, in quanto sieno più cose e 

simili per natura, si presenti alcunché, che esse hanno 

indifferenziatamente ( indiff&renter ) in comune; per con¬ 

seguenza, ciò che più cose hanno d’indifferente o intrin¬ 

secamente simile (indifferens o consimile), è dunque 

indicato nella definizione come « genere », e, per l’uni¬ 

versale così inteso, è salva la possibilità della predica¬ 

zione (praedicari de pluribus ), laddove il realismo ha 

sempre corso pericolo di dover, di una cosa, predicare 

ima cosa (v. appr. la nota 287): e quest’ultimo aspetto 

suhbiettivamente logico poteva ora caso mai venir pure 



M1 ) Il passo in appoggio, vedilo più sopra, alla noia 65. 















STOMA DELLA LOCICA LN OCCIDENTE 



255 



unilo anche con il concetto di status, di modo die cia¬ 

scuna cosa avrebbe in sè uno « stato » d’individualità e 

nello stesso tempo uno « stato » di universalità 132 ); ma si 

tratta nonpertanto di un punto di vista, tutto diverso 

da quello di Gualtiero. 


Mentre là, cioè, si tiene ancor ferma la esistenza del- 



u ‘) Abael. Glossulae sup. l’orph., riferite dal Rémusat (v. le 

note 13 e 73), p. 99 s. : La seconde manière de soutenir l’universalilé 

des choses, c’est de prétendre que la ménte chose est universelle et 

particulière; ce n’est plus essentiellement, mais indifféremment que 

la chose commune est en divers.... Ce qui est dans Platon et dans 

Socrate, c’est un indifférent, un semblablc, « indifferens vel consi¬ 

mile ». Il est de certaines choses qui conviennenl ou s’accordent 

entre elles, c esl-à-dire qui sont scmblables en nature, par exemple 

en tanl que corps, en lant qu’animaux ; elles sont aitisi universelles 

et particulières, universelles en ce qu’elles sont plusieurs en coni- 

munaulé d attributs essenliels, particulières, en ce que chacune 

est disimele des autres. La définition du genre (« praedicari de piu- 

ribus »....) ne s’applique alors aux choses qu’elle concerne qu’en 

tanl qu’elles sont semblables, et non pus en lant qu’elles sont indi- 

viduelles. Ainsi les mèmes choses ont deux états, leur étal de genre, 

leur état d’individus, et, suivant leur étal, elles comportenl ou ne 

comportenl pas une définition differente. [Vedasi ora il testo ori¬ 

ginale, ediz. Geyer, p. 518: Sunt a lii in rebus unii-er salitatela 

assignantes, qui eandem rem universalem et parlicularem esse 

astruunl. Hi namque eandem rem in diversis in differente r, 

non essentialiter inferioribus affirmunt. Veluti cum dicunt idem 

esse in Socrate et Plutone, « idem » prò indifferenti, idest consimili, 

intelligunt. Et cum dicunt idem de pluribus praedicari vel inesse 

aliquibus, tale est, ac si aperte diceretur: quaedam in aliqua con¬ 

venire natura, idest similiu esse, ut in eo quod corpora sunt vel 

ammalia. 


Et iuxta hanc.... senlentium eandem rem universalem et parti- 

cularem esse concedunt, diversis tamen respeclibus; universalem 

quidem in eo quod cum pluribus communitutem habet, particularem 

secundum hoc quod a ceteris rebus diversa est. Dicunt enim singu- 

las substunlius ita in propriae suae essentiae discretione diversas 

esse, ut nullo modo haec substantia sii eadem cum illa, etiamsi 

substantiae materia penitus formis carerei, quod tale secundum 

illos praedicari de pluribus, ac si dicatur: aliquis status est, 

participatione ctiius multae sunt convenientes, praedicari de uno 

solo, uc si dicatur: aliquis status est, parlici patione cuius mul¬ 

tae sunt non convenientes 1 . Se il Rémusat abbia effettivamente 

trovato qui [come (v. s.) effettivamente ha trovato] nel manoscritto 

il termine « status » — cosi almeno sembra che sia — o se si tratti 

di un’aggiunta, fondata solamente sopra il suo personale modo 

di vedere, io non lo so; comunque, si vedano tuttavia subito ap¬ 

presso la nota seguente e le note 135 s. 










256 



CARLO PRANTL 



l’universale, e proprio a quest’ultimo vengono atmbu 

«stati» differenti, per i sostenitori della tesi della indif¬ 

ferenza viene avanti in prima linea, con tutto il suo ri¬ 

gore, la idea, appartenente al nominalismo (note 77 ».), 

vale a dire che in generale null’altro esiste, all infuori 

dai soli individui, e apprendendosi il pensiero a questi, 

come a’ suoi propri oggetti, gli universali si generano 

soltanto per la diversità dell’apprendimento (aliter et 

aliter attentum), sicché status o natura dell’essere indi¬ 

viduo o dell’essere specie e via dicendo, sono da consi¬ 

derare soltanto come modi di vedere soggettivi: e a tal 

proposito è prima di tutto da considerare il carattere, 

per così dire, negativo del procedimento che conduce 

dall’individuo all’universale, in quanto che Ymtellectus 

gradualmente lascia da parte (non concipit), intenzio¬ 

nalmente dimentica ( oblitus ), posterga e abbandona 

( postponit, relinquit) le differenze individuali, per prò- 

gredire nell’apprendimento dell’indifferenziato, sino al 

grado supremo, cioè alla sostanza 1 ). 


Pertanto anche questo modo di vedere, analogamente 



«*) De geli, et spec., p. 518: Nane itaque >Uam, quae de indif- 


ferentia est. sententi,im perquiramus Cujus *«£«**£**£ JJJJ 

ninnino est nraeter individuimi; sed et illud aliter et aliter atten 

tum specie* et genus et genertdissimum est (ugualmente nel pas.o 

' ùo già opra! nota 72). Itaque Sacrate* in ea natura (m ponga 

mente al termine « natura », in luogo del quale subno dopo « 


de Socrate, quod nota, idemj homo » -^CmfPponat Zio- 


aagsH’S 


z zzi: zzi::‘oli.. „ . .» —«—» bocr “ m 


quod notul « substantia », generulissimttm est. 






STORIA DELI.A LOGICA IN OCCIDENTE 



257 



agli altri, può richiamarsi a passi isolati di Boezio, 

quando si tratta di affermare che l’individuo, conside¬ 

rato come individuo, non reca in sè nulla d indifferen¬ 

ziato, ch’egli abbia in comune con altri individui, bensì, 

per così dire, egli è la differenza stessa, laddove, 

quanto più si considera questo medesimo individuo come 

specie o come genere, tanto in maggior numero si sco¬ 

prono in lui momenti indifferenziati comuni, e allora si 

abbraccia, come concetto del genere o della specie, tutto 

quel che c’è di elemento comune 134 ) : cosicché con ciò, 

poiché infine ogni manifestarsi d’individui si può pren¬ 

derlo anche dal lato (status) del suo genere più univer¬ 

sale, ci sono in verità tanti generi universalissimi, quanti 

sono gl’individui: ora questi generi supremi si raggrup¬ 

pano a lor volta in dieci classi (categorie), soltanto me¬ 

diante la considerazione di quel che d’indifferenziato 

hanno in comune, ma d’altra parte tutt’insieme vengono 

a formare da capo una unità universalissima, consistente 



m ) Ibid. : Socrates, in quantum est Socrutes, nidlum prorsus 

indifferens habet, quod in alio inveniatur; sed in quantum est 

homo, plura habet indifferentia, quae in Platone et in aliis inve- 

niuntur. Nam et Plato similiter homo est, ut Socrates, quamvis non 

sit idem homo essentialiter, qui est Socrates. Idem de animali et 

substantia. Ma per ricondurre questo testo alla sua fonte, bastano 

i seguenti passi di Boezio, ad Porph. a se trunsl., I, 11, p. 56 [ed. 

Brandt, p. 166; PL, 61, 85J : Cogitantur vero univcrsalia, nihilque 

aliud species esse putanda est, nisi cogilatio collecta ex individuo- 

rum, dissimilium numero, substantiali similitudine: genus vero co¬ 

gitano collecta ex spoderimi similitudine. Sed haec similitudo cum 

in singularibus est, fit sensibilis: cum in universalibus, fit intelli- 

gibilis ; inoltre ibid.. Ili, 9, p. 76 [ed. Brandt, p. 228; PL, 64, 

111]: Individuorurn quidem simililudinem species colligunl, spe- 

cierum vero genera. Similitudo autem nihil est aliud, nisi quaedam 

unitas qual itati s ; c ibid., TU, 11, p. 78 [ed. Brandt, p. 235; PL, 

64, 114]: ea enim sola dividuntur, quae pluribus communio sunt; 

his enim unum quodque dividitur, quorum est commune, quorum- 

que naturam ac simililudinem continel. llla vero, in quibus com¬ 

mune dividitur, communi natura parteciparti, proprietasque com- 

munis rei his, quibus communis est, convenit. Al vero individuorurn 

proprietas nulli communis est. Qui cioè è abbastanza chiaramente 

preannunriato così il simile o commune, come anche il colligere 

(nota 136). 


17. — C. Pbantl, Storia della logica in Occidente, II. 









258 



CARCO prantl 



ili ciò che son proprio essi 1 elemento comune e indif¬ 

ferenziato 135 ). 


Nella stessa maniera si configura poi anche la rela¬ 

zione predicativa, poiché, mentre l'individuo è sempre 

soltanto il suo proprio predicato, quell’aspetto suo, che 

viene inteso come specie o come genere, può recare con 

sè un riferimento reciproco ad altri individui: cioè, p. es., 

Tesser uomo, di Socrate, è predicato (inhaeret) anche 

per Platone, e viceversa: e questo esser genere, dell’in- 

dividuo, è concetto collettivo (colligitur), cosi per que¬ 

sto stesso individuo come anche per gli altri della me¬ 

desima specie 13 °) — insomma il rapporto dell’universale 

e del singolare si riduce a un « in quntum », e, non es¬ 

sendoci nè un puro universale nè un puro individuale, 

dipende dalla diversità del punto di vista (diversus re- 

spectus), che l’universale venga considerato come singp- 

lare, e il singolare come universale 13T ). 


[§ 25. — Adelardo da Bath: intonazione platonica 


DA LUI DATA ALLA TEORIA DELLA INDIFFERENZA]. - Ora 



U5 ) Jbid., p. 519: Solvunt.... illi dicentes: generalissima quidem 

infinita esse essenlialiter, sed per indifferentiam decem tantum ; quot 

enim individua substanliae, tot et sunt generulissimae substantiae. 

Omnia lamen illa generalissima generalissimum unum dicuntur, 

quia indifferentia sunt. Socrates enim in eo quod est substantia, in- 

difjerens est cum qualibel substantia in eo statu, quod substantia est. 


”“) Ibid.: Sed et hi dicunt: Socrates in nullo slatti aliati inhae¬ 

ret nisi sibi essenlialiter; sed in statu hominis pluribus dicitur in- 

haerere, quia olii sibi indifferentes inhaerent; eodem modo in statu 

animalis.... (p. 520) Dicunt ita: Socrates, in quantum est homo, de 

se colligitur (si ponga mente a questa espressione) et de Platone 

caelerisque; unumquodque individuimi, in quantum est homo, de se 

colligitur. 


ls, > Ibid., p. 521: Itti tamen non quiescunt, sed dicunt: nullum 

singulare, in quantum est singulare, est universale, et e converso; 

et cum universale est, singulare est universale, et e converso. — 

Ibid., p. 520: Negant hanc consequenliam € si est universale, non 

est singulare». Nam imposilione suae sententiae habelur: omne 

universale est singulare, et omne singulare est universale diversis 

respcctibus. 








STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



259 



questa dottrina dell’ indifferenza viene tuttavia a sua 

volta ad armonizzare infine con il principio « Singultire 

senti tur, universale intelligitur », sicché le era dato di 

trovare un appoggio anche in Boezio (Sez. XII, nota 91), 

e comunque si poteva ammettere che per noi quaggiù, 

in questa valle di lacrime, gli universali soltanto come 

individui hanno una esistenza percettibile, mentre va 

riconosciuta a essi in verità una realtà intelligibile: 

stando così le cose, anche i Platonici, particolarmente 

per via di quella tendenza dell’ individuale a deviare 

all’insù, « lasciando » [relinquere] le sue caratteristiche 

singolarità (nota 133), potevano prender gusto alla teoria 

della indifferenza, mentre nello stesso tempo gli Aristo¬ 

telici erano inclini a por mente in essa alla relazione 

scambievole tra universale e particolare, come anche 

al conto in cui quella tiene la operazione suhbiettiva 

dell’intelletto (di quest’ultimo modo di vedere trove¬ 

remo un esempio appresso, note 432 s., in imo scolaro 

di Abelardo). S’intende pertanto come Adelardo 

da B a t li, il quale compose intorno al 1115 [tra il 

1105 e il 1116] imo scritto De eodem et diverso, che 

aveva per fondamento il platonismo 138 ), credesse di 

potere, proprio con la dottrina della indifferenza, com¬ 

porre il contrasto fra Platone e Aristotele. Si lamenta 

Adelardo dell’aspro contrasto fra opposte tendenze, nel 

campo della logica, come pure della mania d’innova¬ 

zioni dominante al tempo suo 13,) ), ma è d’opinione che, 



lss ) V. sul conto suo maggiori particolari nelle Recherches cri- 

tiques dello Jourdain (2* ed. 1843, p. 26-7, 97-9 e 258-277), dove si 

riproducono tradotti, di su un manoscritto parigino, notevoli fram¬ 

menti di questo libro. [Ma ora del trattato di Adelardo è stato 

pubblicato integralmente il testo originale, a cura di H. Willner, 

nei Beitriige del Baunikcr, IV, 1, Miinster, 1903, p. 3-34]. 


“”) Ibid., p. 262: L'un prétend qu’on doit partir dcs choses sen- 

sibles , l'autre commence par les choses non sensibles. Celui-là sou- 

tient que la Science n'est que dans les premières, cclui-ci qu’elle 

est. hors des dernières; ils s’inquiètent aitisi mutuellement, à fin 

qu’aucun d’eux ne s’altire la confiunce.... (p. 263) A qui donc faul-il 







260 



CABLO FRANTI. 



con il venir bene in chiaro di quel che concerne gli 

universali, si potrebbe appianare la contesa 140 ). Intorno 

ai concetti di specie e di genere, egli si esprime qui 

in perfetto accordo con la teoria della indifferenza, 

anzi facendo pereino uso quasi degli stessi termini 

(p. es. diversus respectus, oblivisci, non attendere ecc.), 

sicché può ritenersi che il nostro informatore su ci¬ 

tato [v. s. la nota 133] avesse sottocchio lo scritto 

di Adelardo, non essendoci altra variante, se non che 

qui non è messo in campo il concetto di status, ed è forse 

dato un certo maggior peso alla denominazione 141 ). Ma 



croire d'entre ceux qui tourmenle.nl nos oreilles de leurs innova- 

tions journalières, qui cheque jour naisscnt pour nous, nouveaux 

Aristotes et nouveaux Piatomi, qui prometterà également et les 

choses qu’ils savent, et celles qu’ils ignorent? Ili testo originale, 

ediz. Willner, p. 6, suona così: « Alius enim a sensibilibus inve- 

sligundas (se. res) esse censuil, alter ab insensibilibus incepit; alius 

eus in sensibilibus tantum esse arguii, alter praeter sensibilia etiam. 

esse divinavit. Sic dum uterque alterum inquietat, neuter fidem 

adipiscitur.... (p. 7) Cui tandem eorum credendum est, qui cotidia- 

nis novitatibus aures vexant.” Et assidue quidem etiam nunc cotidie 

Platones, Aristoleles novi nobis nascuntur, qui aeque ea, quae nc 

sciant, ut et ea, quae scianl, sine frontis iacluru promittant.... » |. 


M “> Ibid., p. 267: L’un d’eux (cioè Platone e Aristotele), tran- 

sporté par l’élévation de son esprit et les uiles qu’il semble s’ètre 

créés par ses efforts, a entrepris de connuilre les choses par les 

principes eux-mémes ; a esprime ce qu’ils élaient avant qu’ils ne se 

reproduisissent dans les corps, et a definì les formes archétypes des 

choses. L’autre, au conlraire, a commencè par les choses sensibles 

et composées ; et puisqu’ils se rencontrent dans leur route, doit-on les 

dire opposés? Si l’un a dit que la Science étuit hors des choses sen¬ 

sibles, et l’autre, qu'elle était dans ces mémes choses, voici coni¬ 

mela il jaul les interpréter. [Ed. Willner, p. 11: « Unus eorum meri- 

lis altitudine clatus pennisque, quas sibi indui obnixe nisus, ab 

ipsis iniliis res cognoscere aggressus est, et quid essent, antequam in 

corpora prodirent, expressit, archelypas rerum formas, dum sihi 

loquilur, definiens. Alter autem.... a sensibilibus et compositis orsus 

est. Dumque sibi eodem in itinere obviant, contrarii dicendi non 

sunt.... Quod autem unus ea extra sensibilia, alter in sensibilibus 

tantum existere dixit, sic accipiendum est. »1. 


«*) Delle parole ohe ora fanno immediatamente seguito 

(p. 267-8 del Jourdain), FHauréau (De la philos. scol., I, p. 255 

IHistoire de la phil. scol., I, p. 349]) riproduce il testo latino origi¬ 

nale [che qui si riferisce secondo la ediz. Willner] : Genus et species 

— de his enim senno est — etiam rerum subiectarum nomina sunt. 












STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



261 



fan poi seguito, secondo lo spirito del platonismo, espres¬ 

sioni di lamento, perchè agli uomini runiversale si pre¬ 

senta oscurato dalla indispensabile percezione sensibile, 

mentre gli universali, nella loro pura semplicità, esi¬ 

stevano originariamente soltanto nel No0{ divino 11- ); 

e*a questo si connette subito la strana affermazione, che 

proprio perciò hanno ragione tutti due, così Aristotele, 

il quale ha trasportato gli universali in quella sfera, 

cli’è la sola dove sieno a noi accessibili, come anche Pla¬ 

tone, che li confina là dov’essi hanno la vera loro realtà, 

che insomma entrambi, mentre nella maniera di espri¬ 

mersi sembra si contraddicano, nel merito si trovan 

d’accordo 143 ). Per arrivare a questa conciliazione, Ade- 



Nam si res consideres, eidem essentiae et generis et speciei et indi¬ 

vidui nomina imposita sunt, sed respectu diverso. V olcntes etenim 

philosophi de rebus agere secundurn Itoc quod sensibus subiectae 

sunt, secundurn quod a vocibus singularibus notantur et numeraliter 

diversae sunt, individua vocarunt, se. Socratem, Platonem et celeros. 

Eosdem autem altius intuente s, videlicet non secundurn quod sen- 

sualiter diversi sunt, sed in eo quod notantur ab liac voce « homo », 

speciem vocavertuti. Eosdem item in hoc tantum, quod ab hac voce 

« animai » notantur, considerantes genus vocaverunt. Nec tamen in 

consideratione speciali jormas individuales tollunt, sed obliviscuntur, 

cum a speciali nomine non ponantur, nec in generali speciales oblatas 

inielligunt, sed incsse non attendunt, vocis genendis significatione 

contenti. Vox enim haec « animai » in re illa notai substantiam cum 

animatione et sensibililate ; haec autem « homo » totum illud et in¬ 

super cum ralionulitale et mortalitate: « Socrates » vero illud idem 

addila insuper numerali accidentium discrelione [ed. Willner, p. 

11 - 121 , 


m ) lbid., p. 256 [349] : Assueti enim rebus . cum speciem in- 


tueri nituntur, eisdem quodammodo caliginibus implicantur nec 

ipsam simplicem notam.... contemplari nec [350] ad simplicem spe- 

cialis vocis positionem ascendere queunl. Inde quidam, cum de 

universalibus ageretur, sursum inhians « Quis locum earum [se. 

vocimi] mihi ostendet? », inquit. Adeo rationem imaginatio pertur¬ 

bai.... Sed id apud mortales. Divinae enim menti.... praesto est et 

muteriam sine formis et jormas sine aliis, immo et omnia cum 

aliis.... distincte cognoscere. Nani et antequam coniuncta essent, 

universa quae vide?in ipsa noy simplicia erant [ed. Willner, p. 12]. 


lbid.: Nunc autem ad propositum redeamus. Quonium igitur 

illud idem, quod vides, et genus et species et individuimi sit, merito 

ea Aristoteles non nisi in sensibilibus esse proposuit. Sunt etenim 

ipsa sensibilia, quamvis acutius considerata. Quoniam vero ea, in- 









262 



CARLO PRANTL 



lardo non deve davvero essersi molto stillato il cer¬ 

vello 144 ). 


[§ 26. — Gauslenus o Joscellinus da Soissons: 

sua idea del colligere ]. — Un modo di vedere analogo 

al principio della teoria della indifferenza, sebbene il 

metodo seguito fo9«e alquanto diverso, potrebbe ravvi¬ 

sarsi nella opinione di Gauslenus o Joscelli¬ 

nus da Soissons (dove fu vescovo dal 1125 [1122] 

al 1151), il quale ritiene cioè che gli universali non si 

trovano già negl’individui presi per se stessi, bensì com¬ 

petono a questi, solamente in quanto l’individuale viene 

raccolto in una unità (in unum collectis ) 145 ) ; poiché 

questa è ima tesi che sarebbe perfettamente in armo¬ 

nia con il principio su riferito (nota 133), vale a dire 

che esistono esclusivamente individui; soltanto che il 

formarsi degli universali nel pensiero umano sarebbe 

ottenuto qui non già con mi lasciar da parte [(re/in- 

quere ) le differenze individuali], bensì fin da principio 

con un metter assieme ( colligere ), del quale infine non 

poteva pur fare a meno neanche la teoria della indiffe¬ 

renza (nota 136). Ma sopra la opinione di Gauslenus 

non sappiamo assolutamente nulla di più preciso 14e ) : 



quantum dicuntur genera et species, nemo sine imaginatione presse 

pureque intuetur (qua pertanto troviamo veramente «li già la « ignota 

cosa in sé»), Plato extra sensibilia, scilicet in niente divina, et con- 

cipi et existere dixit. Sic viri illi, licet verbis contrarii videantur, 

re lamen idem senserunt [ed. Willner, p. 12], 


Tanto più che poteva ben essergli accessibile, almeno attra¬ 

verso Agostino (de civ. Dei, Vili, 6 f?j), il noto passo ciceroniano 

dello stesso tenore ( Acad. Prior., I, 6 Tv. anche ih., 41, relativa¬ 

mente ad Antioco [d'Ascalonal). Abbiamo veduto più sopra (nota 

66) come anche Bernardo da Chartres si sforzasse di conciliare Pla¬ 

tone e Aristotele. 


’“) Vedi la fonte più sopra, nota 68. 


“*) Poiché, se H. Bitter, che sopra Gualtiero da Mortagne, 

Adelardo da Balli ecc. ci dà notizie, in parte prive della necessa¬ 

ria precisione, in parte addirittura erronee, vuole senz’altro riven¬ 

dicare a Gauslenus lo scritto De generibus et speciebas, per indurci 








STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



263 



e mentre da un lato già molto avanti abbiamo veduto 

(Sez. prec., nota 175) cbe anche il realista Ottone da 

Cluny si serviva di una espressione analoga, e anzi an¬ 

che Giovanni da Salisbury sembra riconoscere in Gau- 

eleno un realista (il che tuttavia non ha forse grande 

importanza: v. sopra le note 70 e 85), d’altro lato può 

darsi che soltanto la separazione degli universali da¬ 

gl’individui singoli sia per noi il principale motivo che 

c’induce a raccostare la tesi di Gausleno alla teoria della 

indifferenza: e a conferma di ciò potrebbe fors’anche 

valere il fatto, ch’egli ha promosso il passaggio alla teo¬ 

ria nominalistica della « mancries » (v. sopra la nota 68). 

Allora avremmo qui una ripetizione di quel che fu già 

affermato, a proposito dei primi inizi di una formazione 

di contrastanti tendenze dalla parte dell’indirizzo nomi¬ 

nalistico liT ). 


[ § 27. — Lo scritto anonimo de generibus et specie- 

bus: punto di vista del suo autore: a) critiche ad al¬ 

tre soluzioni del problema degli universali], — Ma se, 

relativamente agli universali, l’ordine al quale dobbia¬ 

mo dar la preferenza (v. sopra la p. 208), ci porta a 

prender in esame le vedute di AEelardo, come pure di 

Gilbert de la Porrée e di Giovanni da Salisbury, sola¬ 

mente qui appresso, in connessione cioè con la totalità 

della loro dottrina, — per il momento ci rimane da con¬ 



ati ammettere quest’attribuzione non basterebbero le poche parole 

di quel l'unica fonte che possediamo intorno a Gauslenus, neanche 

qualora esse fossero in armonia con le vedute dell’autore dello 

scritto Do gen. et spec. Ma che un tale accordo sia molto dubbio, 

può risultare da quanto dovremo ora subito dire, a proposito di 

quello scritto anonimo [che invece oggi si tende ad attribuire ap¬ 

punto a Gauslenus o a un discepolo di lui. Del Ritter v. la 3“ parte 

della già cit. St. d. fil. cristiana, p. 381-6 (Allei, da Bath) e 397401 

(Gualt. da Mortagne)]. 


Cioè il Pseudo-Rabano (Sez. precedente, nota 153) e quel 

co,i detto Jepa (ibid., nota 170) si sono espressi, intorno al con¬ 

cetto di genere, in maniera affatto simile. 








264 



CABLO PRANTL 



siderare un unico scrittore ancora, e questi è l’autore sco¬ 

nosciuto dello scritto «De generibus et specie- 

bus» liS ), il quale ci mostrerà taluni punti di contatto o 

di affinità con parecchie delle opinioni menzionate «in¬ 

ora. In origine il lavoro, nel suo complesso, si presen¬ 

tava certo come ima monografia «De divisione » (cfr. 

le note 118-128), assolutamente alla stessa maniera dello 

scritto omonimo di Abelardo (v. appresso le note 277 

e 353 ss.), e, come in principio del testo da noi con¬ 

servato si tratta ancora della questione delle parti ori¬ 

ginarie di ima totalità, così anche qui l’Autore, altret¬ 

tanto colto quanto acuto, ha poi preso occasione, dalla 

discussione intorno alla divisione del genere, per inter¬ 

venire nella disputa intorno agli universali, e lumeg¬ 

giando criticamente le opinioni degli altri, e ancora 

esponendo le ragioni delle sue proprie vedute 149 ). 


Per prima cosa combatte alla spiccia il nominalismo, 

con l’argomento che le parole in generale non hanno 

un essere, poiché ciò che si genera soltanto per suc¬ 

cessione temporale, non può costituire un tutto unita¬ 

rio: ima osservazione, questa, che è volta appunto, per 



14 “) Del libro, edito dal Cousin ( Ouvrages inédits d'Abélard, 

p. 507-550) di su un manoscritto di St. Gerniain, manca il principio; 

e il titolo, che è invenzione dello «tesso Cousin, si può forse con¬ 

tinuare a adottarlo, ma certamente fatta eccezione per l’aggiunta 

«Petti Abelardi » ; poiché, che nel suo complesso non sia un’opera 

di Abelardo (v. sopra la nota 49), se ne sarebbe dovuto accorgere 

anche il Cousin; la cosa appare manifesta non soltanto da parti¬ 

colarità stilistiche (p. es. Fespressioni « Attende » o « Solutio », 

intercalate dove si tratta di risolvere obiezioni, o ancora, il carat¬ 

teristico termine « rationabile ingenium », clic l’Autore mostra di 

prediligere, ecc.), ma anche da intrinseche divergenze che modi¬ 

ficano la teoria stessa, e si acuiscono persino in forma polemica. 

Sopra questo punto, a scanso di ripetizioni, mi limito a rinviare 

alle note seguenti, 150, 167, 168, e particolarmente 171, dove si 

vedrà addirittura designata come « ridicola » una opinione che è 

di Abelardo. 


’*) Con lo studio accurato di questo scritto, potrebbero forse 

venir meno del tutto le censure enunciate a suo carico da H. Rrr- 

ter (VII, p. 363), che lo giudica malcostrutto e oscuro. 











STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



265 



quanto in essa si attiene alla funzione del pensiero nel 

giudizio, anche contro le idee di Abelardo (v. appresso 

la nota 315) 15 °); ma poi la relazione tra materia e for¬ 

ma, dominante nel passaggio dal genere alla specie, 

neanche sarebbe già assolutamente possibile esprimerla 

con parole, poiché mai ima parola è materia di un altra 

parola 151 ). 


D’altra parte, l’Autore combatte anche il realismo di 

Guglielmo da Champeaux, poiché se l’universale, in 

tutto quanto il suo contenuto, viene individualizzato 

nell’individuo (nota 105), non soltanto questo mede¬ 

simo contenuto dovrebbe pur trovarsi da capo nello 

stesso tempo tutto quanto in un altro individuo 152 ), ma 

dovrebbero altresì spettare a tutti gl’individui anche le 

proprietà varianti o transitorie 153 ), e nioltre nel concetto 

del genere si troverebbero poi simultaneamente anche 

gli opposti 154 ). 


E ugualmente egli assume più oltre un atteggiamento 



m ) Cousin, loc. cit., p. 523: ltem voces nec genera sunt nec 

species nec universales nec singulares nec praedicatae nec subjectae, 

quia omnino non sunt. Nani ex his, quae per successionem fiunt, 

nullum omnino totum constare, ipsi qui hanc sententiam tenent, 

nobiscum credunt. 


*') Ihid., p. 523 6.: Quemadmodum statua constai ex aere ma¬ 

teria, forma autem figura, sic species ex genere materia, forma au- 

tem differentia (v. la nota 160 s.), quod assignare in vocibus im¬ 

possibile est. Nam cum animul genus sit hominis, vox vocis nullo 

modo est altera alterius materia. 


m ) p. 514: Quod si ita est, quis polest solvere, quin Socrates 

eodem tempore Romae sii et Athenis? Ubi enim Socrates est, et 

homo universalis ibi est, secundum totani suam quantitatem infor- 

matus Socratitate.... Si ergo res universalis, tota Socratitate affecta, 

eodem tempore et Romae est in Plutone tota, impossibile est, quin 

ibi etiam eodem tempore sii Socratitas, quae totani Ulani essentiam 

conlinebat. Ubicumque autem Socratitas est in homine, ibi Socrates 

est: Socrates enim homo Socraticus est. 


Ibid. Il passo si trova citato già più sopra, n. 129. 


”*) p. 515: Quam statim enim rationalitas illam naluram tangit, 

se. animai, tam statim species efficitur, et in ea rationalitas funda- 

tur. llla ergo totum informat animai.... Sed eodem modo irrationa- 

lilas totum animai informat eodem tempore. Ita duo opposita sunt 

in eodem secundum idem. 








266 



CARIO PRANTL 



polemico contro la teoria della indifferenza, cosi attac¬ 

candola nel suo principio, cioè in quel tale concetto del 

« comune » (nota 134) 155 ), come anche contraddicendo 

sia la opinione, che i sostenitori di quella teoria profes¬ 

sano, relativamente al concetto collettivo (collidere, nota 

136) 15 “), sia del pari la conseguenza, che si ricava, e 

che consiste nelTobliterarsi della differenza tra univer¬ 

sale e particolare 157 ). 


[b) soluzione da lui stesso proposta ]. — La sua pro¬ 

pria opinione traspare già, in primo luogo, dov’egli 

tratta della divisione all’infinito (note 126 s.), e rico¬ 

nosce che una totalità può ancora continuar a sussistere, 

quand’anche una sua parte perda la propria forma e 

subisca, quanto alla materia, ima diminuzione 158 ), — 

e cosi pure particolarmente, in secondo luogo, dov’egli 

esprime la idea, che due punti non vengono ancora a 

formare una linea, se non c’è la cooperazione di una 

energia creatrice unitaria (una creatura ) 15B ). Anche nella 



p. 519: Ncque enim Socrnles aliquam naturarti, quarti ha- 

beat, fiatoni communicut, quia neque homo qui Socrales est neque 

animai, in aliquo extra Socratem est. 


!M ) p. 520: Socrates.... lumen nullo modo de pluribus colligitur, 

quia in pluribus non est. Già questo dovrebbe renderci circospetti, 

nell attribuzione di tale scritto a Gausleno: ma v. appresso la 

nota 162. 


15t ) P- 521: Al vero nec particuluritas nec universalitas in se 

transenni. Namque universalitas potest praedicari de particularitate, 

ut animai de Socrate vel Platone, et particularitas suscipit praedi- 

calionem universalitatis ; sed non ut universalitas sit particularitas, 

nec quod particolare est, universalitas fiat. [Queste parole fan 

parte di una eitaz. da Boezio, ad Ar. Praed., I, p. 120; PL, 64, 

170]. 


P- 510: Non sequitur « si hic asser est, et medietas hujus 

asseris est»; posset enim destrui medietas,.... non quanlum ad to¬ 

tani ejus massam, sed quanlum ad formam, et tamen remanentibus 

ejus aliquibus particulis non destrueretur hic asser, quoniam me- 

dietatis ejus materia, forma tantum pereunte, tota non periret. 


P- 511 : Si quuelibet duo puncta proxime juncla faciunt 

bìpunctalem lineam, quue sit una creatura, tunc habebit unum 

fundamentum; sed una atomits non erit ejus fundamentum; jam 






STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



267 



polemica contro un emendamento [proposto per sfuggire 

alle difficoltà] del realismo (nota 112), egli risolutamente 

si attiene alla similitudine derivata da Porfirio (Sez. 

XI, nota 44), e indi passata nelle teorie di Boezio (Sez. 

xn, nota 97) : la similitudine, cioè, dell’opera d’arte, sic¬ 

ché per lui il genere è la materia e la differenza è la 

forma, ma il prodotto stesso, cioè la specie, nella quale 

la materia è il sostrato della forma (formarti sustinet ), 

viene considerato come una unione permanente, e desi¬ 

gnato anche con il termine « materiatum » 160 ) ; in luogo 

di questo termine, d’altro canto, trovasi pure, ferma re¬ 

stando rigorosamente la idea di parte, la caratteristica 

espressione « diffinitivum totum » J01 ). 


Ma un più preciso fondamento a questa sua opi¬ 

nione egli lo dà nella maniera seguente: Nell’individuo 

una certa «essentia», cli’è la materia, porta in sè ( su¬ 

stinet ) la forma della individualità, ed è composta con 

essa, dal che appunto si genera la diversità degl’indi¬ 

vidui singoli; ora, proprio questa essenza, in quanto la 

si trova non soltanto in uno o nell’altro individuo, ma 

nello stesso tempo anche, come materia, in tutti quanti 

insieme, è la specie, la quale pertanto, per molte che 

sieno le essenze singole ( essenrìaliter multa), viene tutta¬ 

via designata come concetto collettivo ( collectio) con le 



enim esset bipunctaliter linentum.... p. 513 : postarlius dicere quod 

ipsa bipunctaìis linea fundutur in illis duabus alomis ut in sub- 

jeclis, non in subjecto. 


’*’) p. 516: Sed dico: facta est species ex genere et substanliali 

differentia, et sicut in statua aes est materia, forma autem figura, 

similiter genus est materia speciei, forma autem differentia. Materia 

est, quae suscipit formam. Ita genus in ipsa specie constituta for¬ 

mimi sustinet. Nani et postquum constituta est, ex materia et forma 

constai, i. e. ex genere et differentia.... p. 517: ontne materiatum 

sufficienter constituitur ex sua materia et forma. 


’") p. 522: Speciem ex genere et substanliali differentia con¬ 

stare, ut statua ex aere et figura, alidore Porphyrio (in Boezio, ad 

Porph. a se trinisi., IV, 11, p. 88 fed. Brandt, p. 268; PL, 64, 128]), 

constat. Itaque pars est speciei materia et similiter differentia. Ipsa 

vero species est totum diffinitivum eorum. 







268 



CARLO PRANTL 



parole « un universale », ovvero « una natura », press a 

poco come anche il concetto di «popolo» abbraccia 

molti individui 162 ); non già viene cioè individualizzata 

in ciascun individuo singolo la specie tutta quanta, bensì 

solamente una sua parte, cioè appunto una sola siffatta 

essenza, la quale non è già identica alla totalità che co¬ 

stituisce la specie (concollectio), ma ha con essa in co¬ 

mune soltanto la simile composizione o la simile ener¬ 

gia creatrice (similis compositio, similis creatio ): onde 

neanche la similitudine con il popolo o con un eserci- 

cito calza perfettamente, sussistendo tra l’essenze smgole 

e la loro totalità, data quella somiglianza nella produ- 

zione, una maggiore identità di essenza che non tra un 

soldato e l’esercito; tutta questa relazione si presta in¬ 

vece meglio a esser paragonata con il caso di una massa 

di metallo piuttosto grande, la quale in una delle sue 

parti può esser lavorata in forma di coltello, e nello 

stesso tempo, in un’altra sua parte, in forma di stile 163 ). 



'«■-) p. 524; Quid nobis polius lenendum rideatur de his, Deo 

annuente, amodo ostendemus. Unumquodque individuimi . ex materia 

et forma compositum est, ut Socrates ex homine materia et Socra- 

titate forma; sic Plato ex simili materia, se. homine, et forma di¬ 

versa, se. Platonitale, componitur; sic et singuli homines. Et sicut 

Socratilas, quae formaliler constituit Socratem, nusquam est extra 

Socralem, sic illa hominis essentia, quae Socralitatem sustinet in 

Socrate, nusquam est nisi in Socrate. Ita de singulis. Speciem igitur 

dico esse non illam esscntiam hominis solum, quae est in Socrate, 

vel quae est in aliquo alio individuorum, sed tolam illam collectio- 

nem ex singulis tdiis [5251 hujus naturae conjunc.tam. Quae tota 

colleclio, quamvis essentialiter multa sit, ab auctoritatibus (cioè da 

Porfirio e Boezio) tamen una species, unum universale, una natura 

appellarne, sicut populus (v. la Sez. precedente, nota 153), quamvis 

ex multis personis collectus sit, unus dicitur. 


'«) p . 526: Speciem esse dicimus multitudinem essentiarum in- 

ter se similium. ut hominem.... lllud tantum humanitatis informatur 

Socratitate. quod in Socrate est. Ipsum autem species non est, sed 

illud quod ex ipsa et caeteris similibus essentns conficttur. Attende. 

Materia est omnis species sui individui et ejus formam suscipit, non 

ita scilicet, quod singulae essentiae illius speciei informentur illa 

forma sed una tantum, quae tamen.... similis est compositioms, 

prorsùs cum omnibus aliis ejusdem naturae essenliis.... Neque.... 

diversum judicaverunt [se. auctores] unam essenJiam illius con- 







STOMA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



269 



Ora questa medesima relazioue si ripete per il con¬ 

cetto di genere, essendo ciascuna delle esscntiae, appar¬ 

tenenti alla totalità di una specie, composta a sua volta 

di una materia e di una forma, con questa sola diffe¬ 

renza, che cioè la forma qui non è più esclusivamente 

quella sola della individualità, ma involge essa mede¬ 

sima in sè la pluralità delle differenze specifiche, cioè 

sostanziali; ma quella materia come tale appare indif¬ 

ferenziata ( indifferens ) in quelle essenze singole, che, 

come materia, stanno a fondamento della formazione 

della specie, e si chiama ora genere la multitudo dell’es- 

senze, che possono far da sostrato (sustinere, recipere) 

alle differenze specifiche 164 ). 


E lo stesso può infine ripetersi anche relativamente 

al « primo principio », perchè le essentiae appartenenti 

a un genere, consistono a lor volta di materia e forma, 

e sono, quanto alla materia, parimente indifferenziate 



colleclionis a tota collectione, sed idem, non quod hoc esset illud, 

sed quia similis creationis in materia et forma hoc eral cum ilio.... 

Massam aliquam ferream, de qua fuciendi suiti cultellus et Stylus, 

videntes, dicimus: hoc fulurum materia cultelli et styli, cum tàmen 

nunquam tota suscipiut formam alterulrius, sed pars styli, pars 

cultelli.... (p. 527) Major.... identitas alicujus essentiae illius collec- 

tionis ad totum, quarti alicujus personue ad cxercitum; illud enim 

idem est cum suo tato, hoc vero diversum. — Inoltre p. 535: Hoc 

enim habet nostra sententia, quod animai illud genus in parte sui 

suscipit rationalilalem et in parte irrationalitalem. 


1M ) p. 525 : Item unaquaeque essentia hujus collectionis, quae 

humanitas appellalur, ex muteria et forma constai, se. ex animali 

materia, forma autem non una, sed pluribus, rationalitate et mor- 

talitate et bipedalitate, et si quae sunt ei aliue substantiales. Et sicut 

de homine dictum est, se. quod illud hominis, quod sustinet Socru- 

titalem, illud essentialiter non sustinet Platonitatem, ita de animali. 

Nam illud animai, quod formas [Cousin corregge: formami huma. 

nilatis, quae in me est, sustinet, illud essentialiter alibi non est, sed 

illi indifferens est in singulis materiis singulorum individuorum 

animalis. Hanc itaque mullitudincm essentiarum animalis, quae 

singularum specierum animalis formas sustinet, genus appellandum 

esse dico: quae in hoc diversa est ab illa multitudine, quae speciem 

facit. Illa enim ex solis illis essentiis, quae individuorum formas 

sustinent, collecta est; ista vero, quae genus est, ex his, [quae] 

diversurum specierum substantiales differentias recipiunt. 









270 



CABLO PRANTL 



(indiff erentes ), mentre recano in sè, come loro forma, 

le differenze del genere, e così ancor una volta si ar¬ 

riva a una multiludo di essenze, come al generalissi- 

mum, del quale infine può ancora dirsi soltanto, che la 

sua materia è la « mera essentia » o la sostanza stessa, 

mentre la sua forma è la susceptibilitas contrario- 

rum 165 ). 


Così l’Autore, con il suo caratteristico potenziamento 

o incastramenti della essenza, si accosta tuttavia ancora 

molto dappresso a Guglielmo da Cliampeaux; pertanto 

non si può in verità dire di lui che, come Gauelenus, ab¬ 

bia staccato l’universale dalPiudividilo (v. le note 145 s.), 

ma nello stesso tempo, mediante i concetti di collectio 

e d’indifferens, egli viene a contatto con la teoria della 

indifferenza, mentre quei concetti stessi, hanno certa¬ 

mente per lui, in grado di gran lunga maggiore, una va¬ 

lidità obbiettiva. 


[c) dottrina del giudizio ]. — Ma tanto più caratte¬ 

ristica è perciò la forma che deve qui assumere la con¬ 

cezione della funzione logica subbiettiva, cioè del giudi¬ 

care, nei riguardi degli universali, mentre d’altra parte, 

soltanto con la enunciazione del modo di vedere dell’Au- 



’*) Ibid.: Item, ut usque ad primum principium perducalur, 

sciendum est, quod singulae essentiae illius multitudinis, quue ani¬ 

mai genus dicitur, ex materia aliqua essendo corporis et formis 

substantialibus, animatione et sensibililale, constat, quae, sicut de 

animali diclum est, nusquam alibi essentialiler sunt; sed illae in¬ 

differentes jormas susdnent omnium specierum corporis. Et haec 

taliurn corporis essentiarum multiludo genus dicitur illius naturae, 

quam ex moltitudine essentiarum animalis confectam diximus. Et 

singulae corporis, quod genus est, essentiae ex materia, se. aliqua 

essentia substandae, et forma, corporeitate Constant. Quibus indif- 

ferentes essentiae incorporeitalem, quae forma est, species, susti- 

nent ; et illa taliurn essentiarum multiludo substantia generalissimum 

dicitur, quae tamen nondum est simplex, sed ex materia mera es¬ 

sentia, ut ita [526] dicam, et susceptìbilitate contrariorum forma 

constat. 









STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



271 



tore sopra questo punto, le idee di lui trovano la loro 

esplicazione compiuta. Egli si lamenta della mancanza 

di una definizione della relazione predicativa; poiché 

intenderla senz’altro come inerenza obbiettiva, è un uso 

non giustificato, a prescinder dal fatto che la inerenza 

stessa la si può prendere soltanto nel senso sumdicato 

di divisione 166 ) : e come ci si deve guardare dalle con¬ 

seguenze della teoria della indifferenza, è in generale da 

respingere la identificazione di praedicari e di esse, dal 

punto di vista del contenuto definitorio della specie 187 ) : 

— mia osservazione, questa, che certamente è rivolta con¬ 

tro Abelardo (v. appresso la nota 318), e più che mai 

assume il carattere di una espressione specificamente 

polemica, allorquando, prendendosi posizione, come non 

si può disconoscere, contro una teoria di Abelardo (re¬ 

lativamente ai « sumpta»: v. appresso la nota 321), si 

afferma che tutte quante le denominazioni universali, 

sieno aggettivi eieno sostantivi, si riferiscono indiret¬ 

tamente a forme obbiettive 166 ). Insomma, il giudizio 



) p. 526: Audi et attende; praedicari quidem inhaerere di¬ 

clini. Usus quidem hoc habet; sed ex auctoritate non imeni ■ con - 

cedo tamen; inhaerere autem dico humanitatem Socrati, non quod 

tota consumatili- in Socrate, sed una tantum ejus pars Socratitate 

mformatur (v. la nota 163). - p. 531: Nasse debes quod nusquam, 

quid sii praedicari, piane dicit auctoritas. Nani quod solet dici quod 

praedicari est inhaerere, usus est ex nulla auctoritate procedens. 


, p ; 21 '■ ltem «pec'es in quid praedicatur de individuo (que¬ 

st abbreviazione «praedicari in quid» la incontriamo qui per la 

prima volta - efr. la nota 282: cioè nella traduzione di Boezio 

[in  p. 527 8.: Sed, dicuril^.. « ralionale » alterius nomen est, 

prò impositione scilicet animalis, et aliud est quod principaliter 

significai, se. rationalitas, quam praedicat et subjicit; t homo > 










272 



CARLO PRAVI. 



non asserisce mai che quel dato soggetto e quel dato pre¬ 

dicato, bensì asserisce solamente che il soggetto va anno¬ 

verato fra quell’ essenze, che o son costituite da una de¬ 

terminata materia, o sottostanno a una determinata 

forma 168 )! pertanto (e ad avvalorar le sue parole 1 Au¬ 

tore può persino richiamarsi qui a un passo isolato di 

Boezio) il nome che significa una specie, viene dato ap¬ 

punto soltanto ai rispettivi individui singoli, ma non 

mai alla specie stessa 170 ); e per tal riguardo si distin¬ 

guono i sostantivi e gli aggettivi, in quanto che quelli 

si riferiscono alla materia e questi alla forma, sicché 

chi parlasse di un accidentale, cioè di un « adiacens » 

— ma è proprio ancora Abelardo che fa così : v. ap¬ 

presso le note 283 s. —, commetterebbe il più grande 

degli errori m ) ; ma se così stanno le cose per quel che 

concerne il significato originario dei termini, modi di 

dire, come p. es. « Uomo è un concetto di specie », sono 

soltanto espressioni traslate, imposte dalla necessità 17 ). 



vero nihil aliud vel nominai vel significai, quam illam speciem. 

Absit hoc; imo, sicut « Tallonale » et « homo», sic et quodlibet 

aliud universale substantivum alterius nomen est, per impositionem 

quidem ejus, quod principaliter significai. V. g.: rationale vel al¬ 

bum imposi timi luit Socrati vel alicui sensilium ad nommundum 

propler formas, i. e. rationalitalem et albedmem, quas principali- 


ter significant. . . . 


’*) p. 528 : Itaque cimi dicitur « Socrates est homo », lue est 

sensus «Socrates est unus de materialiter constitulis ab homine».... 

Sicut cum dicitur « Socrates est ralionalis », non iste est sensus 

« res subjecta est res praedicata », seti « Socrates est unus de sub- 

jectis huic jormae, qvae est rationalitas ». ... 


"») Ibid.: Quod aulem « homo » impositum sit lus, quae ma¬ 

terialiter consliluiinlur ab homine, i. e. individuis, et non speciei, 

dicit Boethius, in commentario super Calegonas, his verbis etc. (v. 

Boezio liti ir. praed.. II. p. 129); cfr. la Se-/., precedente, nota 121. 


m ) Ibid.: Nomina illa tantum dicunlur substantiva, quae im- 

ponuntur ad nominandum aliquem propter ejus malenam.... vel.... 


expressam essentiam .; adjectiva vero Ma dicuntur, quae ,mpo- 


nuntur alicui propler formam, quam principaliter significai.... I\a 

quod dici solet, adjectivum esse, quod significai accidens, secun- 

dum quod adjacet, et substantivum, quod significai essentiam, ut 

essentiam, ridiculum est vel sine inlellectu. 


'”) p. 529: Sciendum est ergo: vocabula, quae imposita sunl 








STORIA DELLA LOGICA LN OCCIDENTE 



273 



[d) propensione al platonismo ]. — Già da ciò è ma¬ 

nifesto che l’Autore (in antitesi con Abelardo) discono¬ 

sce il valore effettivo della sintesi che ha luogo nel giu¬ 

dizio, e, secondo lo spirito del platonismo, isola le pa¬ 

role tutte quante, come imagini subbiettive di esem¬ 

plari obbiettivi: pensiero che non potrebb’enunciarsi 

con maggior chiarezza di quel ch’egli stesso fa, quando 

p. es. dice : « razionale » non è il nome di ciò che, come 

soggetto, sottostà al predicato della razionalità, bensi è 

il nome di una entità, che vien costituita dalla « razio¬ 

nalità » 17S ) ; anzi, a questa maniera, bisogna ch’egli con¬ 

cepisca il rapporto predicativo in guisa così indetermi¬ 

natamente generica, ch’esso si trovi in generale a coin¬ 

cidere con il prodursi del termine « significante », ed es¬ 

sendo quest’ultimo momento, per il soggetto e per il 

predicato, il medesimo, la differenza tra uno e l’altro 

si riduce a essere puramente esteriore e accidentale; ma, 

a tal proposito, l’Autore si appoggia a un passo di Pri- 

sciano, dove, in base alla terminologia generalmente adot¬ 

tata dagli Stoici (v. la Sez. VI, note 112 ss.), le parti- 

celle vengono denominate « syncategoreumata », dal che 

si può argomentare che allora tutte le altre parole sono 

appunto categoreumata, cioè predicati 174 ). 



rebus propter aliud significandum principaliter circa eas, quando- 

que transjerunlUT ad agendum de principali signi ficatione ; ut cum.... 

translative .... dicilur « rationale est differentia » et « album est spe- 

cies coloris i, nihil aliud intclligo quam « ralionalitas » et « al- 

bedo ». Sic.... cum dicilur « homo est species ».... Concedimus ita- 

que, hanc translationem necessitate fieri. 


*”) p. 547: Rationale enim non est nomen subjecti rationalitatis, 

sed rei quae a rulionalitale constiluitur, quae non est ipsum animai. 


m ) p. 531: Mihi autem videlur, quod praedicari est principa¬ 

liter signi ficari per vocem praedicatam; subjici vero, significavi 

principaliter per vocem subjectam, et hoc quodammodo videor ha- 

bere a Prisciano, quod in tractatu orulionis, unte nomen (cioè nel 

capitolo che precede la trattazione del Nomen), dicit praepositiones 

et conjunetiones « syncategoreumata », i. e. consignificantia. Scimus 

autem « syn » apud graecos « cum » praepositionem [532] signifi¬ 

care, « categorare » autem « praedicuri » ; unde « categoriae » « prne- 


1S. — O. Prantl, Storia delta topica in Occidente, II. 















274 



CARLO PRANTL 



Questi syncategoreumaia die, presi dalla grainma. 

tica, son qui messi in campo di passata, e che noi in 

questa Sezione incontreremo ancora qualche volta (note 

206, 348, 620), esercitarono più tardi, a partire da Psello 

(Sez. seguente, note 9 e 92) e da Pietro Ispano (Sez. 

XVII, nota 256), un influsso estremamente esteso: ma 

questo è im argomento che, com’è ben naturale, dob¬ 

biamo riserbare al seguito della presente esposizione. 

Invece la conseguenza che da ciò ricava qui il nostro 

anonimo Autore, conduce a un platonismo, che deve 

farci ricordare da vicino lo Scoto Eriugena. 


Se cioè « praedicari », a questa maniera, è la stessa 

cosa che « significari principaliter », la funzione dell’in¬ 

telletto umano trapassa in quelle forme e maniere di 

essere obbiettive, che stanno a fondamento degl’indi¬ 

vidui, poiché il concetto si genera (intellectus consti - 

tuitur, generante) per mezzo della parola, in vista del- 

l’universale obbiettivo 1 ”), e anche la inerenza, se con 

essa si vuole, secondo l’abitudme tradizionale, identi- 

beare la relazione predicativa, ha tuttavia appunto 

esclusivamente mi valore obbiettivo nel processo del 

divenire delle cose ”•). Insomma si tratta soltanto delle 



irifcantLl d ,"" ur - S .' td . em est «eategoreumata» quoti «si- 

fótér» Til n d0m p « praedicari » quoti « significar, principa- 


vol i , S41 s „ ,n SCUN ',°> II, 15 [ed. Hertz, 


voi I p. 54] suona così: Partes ignur orationis sunt secundum 


dudecticos dune, uomo,, et verbum, quia hae solae eliam per Te 

coniunctae plenum facium ortUionem, alias attieni partes « syncate- 

goremata », hoc est consignificantia, appellabant). 


WiJJV i" 1 erl * « praedicari. » quoti « si.gnificari princi¬ 

pali ’ q i SO r‘ m s, Z m J ìc ationem recepit Aristoteles, juxta iUud 

albani mi significai, msi qualilatem (Cai., 5: v. la Sezione IV 

nota 476; cosi si storceva qualsiasi testo a favore del proprio perso’ 

" • m °'!° dl V e dere) : n Cu m enim album «subjectum albedinis » 


nominando significa, illuni solam significationem notaviI. Aristole- 

les m qua mtellectus constituitur per vocem.... Sicut ensis et g/a- 

diuseumdem generant mlcllcelum, ita ilio duo nomina jacerent. 


) p. 53.1: Quod si «praedicari» quidem prò « inhaerere » ac- 


liPl ì q “° d ?* c ° ncedl ™us, ncque enim bonum usimi abo- 


e lolumus sic dicendum est: omms natura, quae pluribus in¬ 

olierei indivulins materuiliter, species est. 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



275 



« nature » unitarie, che stanno a fondamento delle 

cose: e, quando il concetto di natura viene ridotto 

alla similis creatio (v. sopra la nota 163) o rispettiva¬ 

mente, per mantener la separazione da altre formazioni, 

alla dissimilis creatio m ), a ciò si connette una teoria 

platonico-mistica della Creazione, la quale qui non c’in¬ 

teressa 17S ). Ma è da considerare, a questo proposito, che, 

da un lato, secondo è stato detto più sopra, vien a essere 

posta massimamente in rilievo, per la predicazione, la 

distinzione tra essentia materialis ed essendo forma- 

lis 17 °), come pure, dall’altro lato, che nel rispetto onto¬ 

logico viene attribuita una efficienza alla forma soltan¬ 

to 1S0 ) ; per tali ragioni va combattuta quella opinione 

— la quale del resto appartiene del pari ad Abelardo 

(v. appresso la nota 306) — secondo la quale il sommo 

genere ( genus generalissimom) sarebbe la materia stessa, 

e pertanto le forme sarebbero le sue specie prossime 181 ); 



OT ) 1 Ititi. : Hic aulem tantum agitur de naturis. Si uutem quae- 

ras, quid appellem naturimi, exaudi: naturam dico, quicquid dissi¬ 

milis crealionis est ab omnibus, quae non sunt vel illud vel de 

ilio, sive una essentia sii sive plures, ut Socrutes dissimilis crea- 

tionis ab omnibus, quae non sunt Socrates. Similiter et homo spe- 

cies est dissimilis creationis ab omnibus rebus, quae non sunt illa 

species vel aliqua essentia illius speciei. Anche la obiezione relativa 

alla f enice, la quale esiste soltanto in esemplare unico (v. la Sez. XII, 

nota 87), viene presa in ronsiderazionc, ma (p. 534) la si rimuove, 

con la osservazione che la opposizione tra materia e materiatum 

(v. sopra la nota 160) dev’essere tuttavia mantenuta nella sua uni¬ 

versalità. 


™> p. 538-540. 


*'") P- 548 s. : Concedo, rationulilatem praedicari de homine in 

substantia, ut animai, sed illud ut formalem essenliam, aliud [Cou- 

sin corregge: animali vero ut materialem. Vere attieni assero, imi- 

Inni simpUcem jormam de alio praedicari substanlialiter, quam de 

his, quae formaliter constiluit. 


P- 549: Non est diversus effectus materiarum, imo forma- 

rum.... Apparvi, quod ille effectus sequitur formas, et non maleriam. 


m ) p. 546: .... ne concedere cogamur, et muteriam substantiae 

generalissimum esse genus, et susceptibilitatem contrariorum, et 

quaslibet simpliccs formas esse species.... Respondendum est, quod 

in diffinitione generis intelligcndum est, id quod genus est debere 









276 



CABLO PHANTL 



e questo perchè, come s’è veduto (nota 165), già nel 

sommo genere stesso l’Autore ravvisa un prodotto di ma¬ 

teria e forma, e perciò per queU’ultima materia su¬ 

prema, cioè per la « mera essenza », altro predicato non 

gli rimane all’infuori dal puro essere, vale a dire 

« est » 182 ) ; precisamente alla stessa maniera che anche 

(v. la nota 170) quella essenza, la quale, come materia, 

sta a fondamento degl’individui, non ha di già essa 

stessa un nome che sia dato a lei quale predicalo, per¬ 

chè invece mi tale nome collettivo viene predicato sola¬ 

mente dei rispettivi individui 183 ). 


Ma quest’ultima considerazione viene ora estesa an¬ 

che alle forme, cioè alle differenze specifiche; in un 

lungo dibattito, d’intonazione polemica estremamente 

accentuata, contro la tesi usuale (Sez. XI, nota 44, e Sez. 

XII, nota 87), si dimostra cioè la impossibilità che la 

differenza specifica venga a cadere sotto la categoria 

della qualità, perchè allora la qualità dovrebbe scom¬ 

porsi in due specie supreme, ciò sono la differenza e la 

qualità residua, ma ciascuna di esse a sua volta potreb- 

b’essere costituita solamente mediante mia differenza 

specifica, e quest’ultima d’altra parte dovrebbe pure ve¬ 

nir a cadere parimenti sotto la categoria delle qualità, 

il che non le è possibile in nessuna maniera, cioè nè 

come genere nè come specie o sottospecie; e così anche, 

nemmeno in un’altra categoria ci può essere poi ima dif- 



praedicari de pluribus speciebus proxime sibi supposids, quod, 

quia deest illi maleriae [Cousin corregge: materia], idcirco non 

est genus. 


*) Ibid.: Possumus edam dicere, quia illa mera essendo ad 

interrogadonem factum per quid convenienler non respondetur.... 

Si ergo quaeritur «quid est [547] substantia », respondeamus «est». 

Neque enirn potest responderi per nomen « sub stantia »; namque 

non est nomen nisi materialorum a substantia, vel ipsiits substan- 

dae. Per transladonem supervacue responderi manifestum est. 


“’) p- 534: Opponetur: illa essendo hominis, quae in me est, 

aliquid est aut nihil.... Respondemus, tali essentiae nullum nomen 

esse dalum, nec per imposidonem nec per transladonem. 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



277 



ferenza specifica, poiché ciascuna specie della qualità 

(e a queste la differenza stessa dovrebbe ben appartenere) 

potrebb’essere soltanto una differenza specifica nell’àm¬ 

bito della qualità stessa 18, II, p. 98; PL, 199, 640]: Sunt autem dubitubilia sapienti 

quae.... suis m ulramque parlem nituntur firmamenti. Talia.... sunt, 

quae quaerunlur.... de materia et motu et principiis corporum. de 

progressu multttudims et magnitudini sectione an terminos omnino 


non habeanl (v. sopra le noie 125 ss.). de tempore et loco de 


numero et mattone, de codoni et diverso, in quo plurima attrilio 

est, de dividilo et individuo, de substanlia et forma vocis, de statu 

universalium , de usu et fine orluque virlulum eie. 












STORIA DELLA EOLICA IN OCCIDENTE 



279 



logica, la tendenza propria di quell’epoca; con ciò di¬ 

remmo di poter in pari tempo rendere compiuta la co¬ 

noscenza del terreno, sul quale si esercita la operosità 

tal proposito, anzitutto le Categorie, di fronte alle 

quali alcuni che ne hanno trattato, hanno assunto invero 

di Abelardo. 


[a) sopra le Categorie]. — Per quel che riguarda, a 

un atteggiamento svalutativo 18 “), già quei concetti pre¬ 

liminari di aequivocum, univocum e denominativum (v. 

sopra la nota 93) hanno dato motivo a discrepanze ™°). 

Ma poi la contrapposizione di sostanza e accidente (Sez. 

XII, nota 90) fu da taluni contestata, da altri invece o 

giustificata, limitatamente alle cose naturali concrete, o 

riferita alla mera relazione predicativa (cfr. la nota 186), 

o anche, con uno scambio tra forma e accidente, tra¬ 

sportata nel concetto di totalità costituita da parti m ). 



*'"l Lo stesso, Metal., IV, 2-1 ( Opp ., V), p. 181 [ed. Velili, 

p. 191J: Alti detrattimi Catliegoriis IPL, 199, 930J. 


*) lbid-, III, 2, p. 120 [ed. Wehb, p. 124; PL, 199, 893]: 

Ex opinione plurima idem principtditer significala denominativa 

et ca a quibus denominuntur (un’affermazione come questa, può es¬ 

sere stata fatta esclusivamente da segnaci dell'indirizzo realistico). 

— Arali. . Dialecl., p. 481 : Alee aequivoca ex sola debent praedU 

catione judicari ; sed nec unìvoca propler eamdem communionis 

causarti.... Sani autem nonnulli, qui.... non ad ca, quibus est impo- 

siturn vocabulum acquivocum et de quibus enuntiatur, respiciunt; 

imo ad ea, ex quibus est imposilum ; ut « amplector », cum ad 

eamdem personam, amplectenlem simul et umplexam. acquivocum 

dicatur, secundum diversarum proprietatum diffinitioncs, uclionis 

scilicet et passionis, non ad personam commune dicatur, sed ad prò- 

prietales, quas aeque designat. 


M Pseudo-Abael. De inlell. (riferito dal CousiN, Fragments piti- 

losophiques, Parigi, 1840, p. 493 [Abael. Opera, II, p. 753]): Quae- 

ritur, un linee divisin, leonini qttae sunt, aliud est substantia, uUud 

est accidens », sit sufficicns. Quod si concedatur, tunc, cum Tulionuli- 

tas sit, opnrtet esse substantiam vel accidens. Si autem accidens fuerit, 

potesl adesse et abesse....; quod falsum est.... Quidam dicunt, quod 

de quocumque veruni est dicere « istud est una res», de eodem ve¬ 

runi est dicere, esse substantiam vel accidens. Hi tamen non conce¬ 

duti/, rem imam debere dici, quod per opus hominum liabet exi- 

slentium, ut domus, nec quod habet pnrtcs disgregalas, sicut popu- 















280 



CARLO PRA.NTL 



Anche la disamina delle singole categorie diede pa¬ 

recchia materia a controversie, le quali non varcarono 

tuttavia il limite di quel che si trovava negli scritti di 

Boezio. Così, per quel che riguarda la relazione, la di- 

vergenza, che già si era manifestata fra Platone e Ari¬ 

stotele, rispetto al modo d’intendere questa categoria, si 

era trasmessa, attraverso i commentatori (Sez. Ili, nota 

49; IX, nota 31; XI, nota 71), sino a farsi sentire anche 

nella discussione che s’incontra in Boezio (Sez. XII, nota 

93), e pertanto questo punto controverso torna a com¬ 

parire anche qui I92 ). Si disputava altresì, se i concetti 

di somiglianza o di uguaglianza non sieno da ascrivere 

alla qualità, piuttosto che alla relazione, a quel modo 

che studiosi isolati assegnavano alla qualità persino la 

categoria della situazione ( situs) 193 ). Ovvero si metteva 

hi dubbio che fosse giusto considerare ubi e quando 

come categorie, dato che son ricavati dai concetti di 

spazio e di tempo, i quali appartengono alla quantità, e 



lus.... Alti vero duobus modis dicunl [754] divisionem sufficiente ni 

esse: praedicatione scilicet, et continentia secundum naluram. Pre¬ 

dicanone quidem.... v. g.: animalium aliud est rationale, aliud irra- 

ttonale ; haec divisto est sufficiens praedicatione, quia de quocum- 

que poterit dici: «istud est animai», de eodem statim consequelur, 

esse vel rationale vel irrutionale. Continentia.... ut tale sit exem- 

plum: « domus alia pars paries, alia tectum, alia fundamentum ».... 

Accidens tamen ibi large accipitur prò forma. 


) Abael, Dialect., p. 201 s.: Quae quidem [ diffinitio ] ab alia 

in eo maxime diversa creditur, quod itane Aristoteles secundum re¬ 

rumnaluram protulil, illam vero Plato secundum conslruclionein 

nominum dedit.... Sunt autem qui quemadmodum Platonicam diffi- 

nilionem nirnis laxum vituperata, ila et Aristolelicam nimis strictam 

uppellant. 


' (kid., p. 204: Sunt tamen, qui « acqualis et inaequalis, simi- 

hs et dissimilis » inter qualitates contrarias recipianl. — p. 208: Hi 

vero, qui similitudinem potius inter qualitates enumerant, ut Ma- 

gislro nostro V. (v. la nota 102) piacili t. (La fonte di questa con¬ 

troversia è Boezio, p. 157, messa a confronto con p. 187 \in Ar 

Praed., II e III: PL, 64, 219 e 259]). — Ibid., p. 201: Unus, memini, 

Magisler noster erat, qui positionis nomea ad qualitates quasdam 

aequivoce detorqueret. V. inoltre su questo punto, qui appresso la 

nota 501. 











STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



281 



sono pertanto in perfetto parallelismo, p. es., con l’av¬ 

verbio interrogativo « qualiter » 104 ). O, ancor una volta, 

si domandava quale fosse la corretta subordinazione dei 

concetti di « morte », o di « sonno », e simili 1B5 ). Op¬ 

pure si discuteva sul come vada inteso il magis vel mi- 

nus che compare sovente nelle Categorie, se cioè la gra¬ 

duazione concerna puramente il sostrato, o puramente la 

proprietà, o uno e l’altra al tempo stesso 106 ). Li tali occa¬ 

sioni poteva anche venir fuori la distinzione tra i diversi 

indirizzi sopra la questione di principio, in quanto che 

i nominalisti, p. es., designavano il concetto di « ieri » 

come un Non-essere 1B7 ), o facevan valere il proprio 



lw ) Ibid., p. 199: Videntur autem nec generalissima esse « Ubi » 

vel « Quando », eo quod prima principia non videantur. Quae enim 

ex alio nascuntur, prima non videntur principia, sed ipsa quoque 

principia habenl; Ubi autem ex loco. Quando autem ex tempore..,, 

originem ducimi.... Solel autem a multis in admiratione[m] ac quae- 

si ione [ ni ! deduci, cur magis ex loci vel temporis udjaccntia praedi- 

camenta innascantur, quum ex adhaerenlia aliarum specierum sire 

generum. Tarn enim bene « Qualiter » unius nomiti generalissimi 

videtur, sicut « Ubi » vel « Quando », cujus quidem species bene 

vel male dicerentur [Cousin: bona vel mala dicereturl, sicut 

« Quando » heri vel nudiustertius, vel « Ubi » Romae vel Antiochiae 

[200] esse. La fonte di questa controversia, — oltre che la Sezione 

riguardante la quantità, e nella quale anzi locus e tempus hanno 

avuto una speciale trattazione (Bof.zio, p. 146 [in Ar. praed.. Il: 

PL, 64, 205]), — è in particolare il commento dello stesso Boezio, 

p. 190: « quando» et «ubi» esse non polesl, nisi locus ac tempus 

fuerit [in Ar. praed.. Ili: PL, 64, 262], 


”“) Ibid., p. 402: Solel autem de morte et vita quaeri, utrum in 

privalionem et habilum, un potius in contraria recipiuntur. — 

p. 406: Si.... f in dormiente ], inquiunt, visio esset..., ridere eum 

oporleret. Si vero caecitas inesset, nunqunm amplius ipsum ridere 

contingeret. 


“*) Gilb. Porret. de sex princ., 8 (puhhl. nella ediz. lat. delle 

Opere di Aristotele, Venezia, 1552, I, f.34) : Dicitur autem « magis 

et minus suscipere » tripliciter. Aiunt enim quidam secundum ere- 

mentum vel diminutionem eorum, quae suscipiunt, subiectorum. 

Aliter autem et olii, ipsa quidem, quae suscipiuntur, in suscipiente 

diminuì et crescere, annuntiant. Alii autem secundum ulrumque, am- 

borum diminutionem et augmentationem [cfr. PL, 188, 1268. e la 

nota 21 di questa Sez.]. 


w ) Abael. Dinlect., p. 196: Cum.... « Iteri » rei existentis de- 

signativum non videatur.... Sed fortasse hi, qui magis in speciebus 













282 



CABLO PRANTL 



punto di vista, anche in ordine alla relazione e agli op. 

posti, mentre allo stesso modo operava, dal canto suo, 

la corrente realistica 19S ). 


Ma sembra che, più spesso di tutto, si sia parlato della 

categoria della quantità, già per il fatto che questa of¬ 

friva la opportunità di passare di nuovo alle questioni 

concernenti il concetto di parte (note 125 ss.). Mentre i 

nominalisti intendevano i concetti numerali in modo 

perfettamente analogo a tutto il resto [ intendi : dei con¬ 

cetti], e perciò designavano i singoli numeri come spe¬ 

cie, il cui genere è il concetto stesso di Numero I99 ), ciò 

era negato dai loro avversari; secondo costoro infatti, 

mancava nei numeri quella essenziale unità di natura, 

eh e necessaria per il concetto di specie o di genere, e 

per conseguenza i numeri vanno semplicemente qualifi¬ 

cati come espressioni aggettivali di un procedimento 

collettivo; quest’ultimo poi si applicava altresì a tutti 

quanti i momenti della quantità, in quanto che a ima 

realtà sostanziale posson pretendere soltanto i fonda¬ 

menti semplici della quantità, vale a dire i concetti di 



rerum naturimi quarn vocabulorum impositionem attendimi, per 

* ^ Qunmduiji praesentem (idjacenliam designari volunt. 


) lbid., p. 392: Quod qitidem multos in hanc sententiam in- 

duxtt, ut contrarium nomen tantum universalium, non eliam sitigli- 

larium confiterentur, albedinis quidem et nigredinis, non hujus 

albedmis vel hujus nigredinis. Sic quoque et relutivum et « priva- 

lio et habitus » nomina tantum universalium diclini. Relativa qui¬ 

dem.... tantum universalìa dicebanl ex relatione construclionis. « Ha¬ 

bitus» quoque et « prie alio » universalium tantum nomina diclini, 

eo quod in individuis non possimi servaci. — lbid.. p. 398: Quidam 

talem eum (se. Boethium ) divisionali invilisse dicunl, quod contra¬ 

ria alia siint genera, alia specialissima. Specialissima vero sic subdi- 

viduniur, ut cornili alia sub eodem genere, alia sub diversis con- 

trariis ponantur. 


' ') lbid., p. 190: Hi vero, quibus videtur. in speciulibus uut 

generalibus vocabulis non solimi ea contineri, quae una sunt natu- 

raliter, sed magis ea, quae substantialiter ab ipsis nominantur, pos¬ 

simi forlasse et istu (rior i singoli ronrrtli numerali) species appel¬ 

lare, quum videlicel magis logicum in impositione vocimi sequuntur, 

quam physicam in natura rerum investigando. 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



283 



punto, unità, istante, lettera [dell’alfabeto, come suono 

elementare], luogo, ma tutto il resto si riduce a pure 

espressioni collettive 200 ); fu altresì da alcuni fatto cenno 

della differenza che sussiste, rispetto alla divisibilità, fra 

il concetto di tempo e quant’altre quantità ci sono, di¬ 

visibili e continue 201 ). 


[b) sopra la teoria del giudizio in generale]. — Nella 

teoria del giudizio sembra essere stato spesso com¬ 

pendiato tutto quanto il contenuto essenziale della lo¬ 

gica, entro i limiti in cui di questo si faceva uso, sempli¬ 

cemente per la istruzione degli scolari più giovani; im¬ 

perocché si riduceva il libro De interpretatione in forma 

di compendi, di « Introductiones » o di « sumrna artis », 



”») Ibid., p. 188 Numentm autem colleclionem unilatum de¬ 

terminimi....’ I ndo maxime Magistri nostri sementiti, membri, con- 

firmabut, binarium, ternarium, caeterosque numeros spectes numeri 

non esse, nec numerimi genus oorum, cujus videlicet res una natu- 

r,diter non esset. Hae namquc dime unitates in hoc homine liomae 

habitante, et in ilio qui est Antiochiae consistimi, atque lume bina- 

riunì componimi. Quomodo una res in natura diceretur, aut quomodo 

ipsae spatio tanto disluntes imam simili specialem seti generalem na- 

turam reci pieni? Linde potius numeri nomen et binarli et ternani et 

caeterorum a collectionibus imitatimi sumpta dicebant [così il 

codice: ma il C. legge « (Magister noster) dicebal»]. — Ibid., 

p. 179 s.: Ilarum autem (se. qu.mtilalum) aline sunl simplices, alme 

compositae. Simplices vero quinque dicunt: punctum scilicet. uni- 

totem, instans quod est indivisibile lemporis momentam, dementimi 

quoti est vox individua, simplicem locum.... Ilas autem tantum, quae 

simplices sunt, Magistri nostri sementili speciales appellabili natu- 

ras, eo videlicet quod sint unite nuturaliter, quae partibus careni, 

quae vero e* bis sunt compositae, composita individua dicebat, 

nec una naturaliter esse....; mugisque eurum nomina.... sumpta esse 

a collectionibus quibusdam.... 


™) Ibid., p. 186: Cimi autem res singulae sua habeant tempora 

in se ipsis jundata, sua scilicet momento, suas horus, silos dies, rei 

menses, vel annos, omnes lumen dies simul existentes, vel menses, 

vel anni prò uno accipiuntur.... (p. 187) In ttliis.... lotis, lotum po- 

situm ponil partem, et pars desimela perimit totum.... In tempore 

vero e converso est, velati in die. Si enim prima est, dies esse dicitur, 

sed non convertitur.... Al vero si dies non est, prima non est. sed 

non convertitur.... In his itaque totis, quae per unum tantum partem 

semper existunt, iUud, quod de inferenlia totius et partis Boethms 

(de difj. top.. TI, p. 867 [PL, 64, 1188]) docet, non admittunt. 














284 



CARLO FRANTI. 



e si mettevano assieme regole sopra le parti e le forme 

del giudizio, la quantità, qualità ed equipollenza, il con- 

trano e il contraddittorio, la verità e la falsità, la con 

versione e la modalità dei giudizi ecc., cercandosi a que - 

sta maniera di meglio conformare, per così dire, il li. 

bro aristotelico all’uso scolastico, e di apportarvi in vari 

mod! compimenti o ampliamenti 202 ). Ma, per quest’ul¬ 

timo riguardo, nessuna più precisa notizia ci è stata tra¬ 

mandata: che a tale lavoro si collegassero da capo altre 

controversie sovra punti particolari, ci risulta invece an- 

i le t a e ristrette fonti, a noi accessibili. Furon così sol- 

evale subito difficoltà, già riguardo al concetto di vox 

significativa (Se*. XII, nota 109), e tali difficoltà, relati¬ 

vamente alla propagazione del suono, arrivarono a un 

tale colmo di astruseria, che alcuni finirono con il de- 

«ignare addirittura l’aria, come ciò che ha la funzione 

di « significare » *). Non vale molto di più la questione, 


QuiZ^n 135]: 


manifestiti* poteril nuilihet , mterpr.), compendiosius et 

excepla reverenti vZborZL fn ZT’ T° d " 

quas Introduciiones foconi Vix est Jn," l ‘ b "r rudintentìs > 


non doceat, adirai* aUis non mtnTn^LlrS^a 


qmd nomea, ql ,id verbum, quid oratio none Urrunt ,taque 

quae vires enuntiationom 1 orano, qU ae spectes eius, 


tate, q U ae determinate verae sunt auUahà^ SOrtÌant “ T aut ( i ,lnlU 

team, quae consentiant sibi quae dissentine? 11 ™ qu,bus , l ?qu>pol 

visim, coniunctim praedicenlur alt con? " ’ 9 “ ae P raed,ca ‘“ dU 


quae sii natura modalium et auae si et quae non >' il em 


n ni 11171 . /> • * Quae smgularium contradìctio _ 


Pcriermeniis docet?"o'uis^'liimd? *** quae vel Aristotile* in 

cairn totius artìs sumZm Zfc, C ° nq “ lslta l « dicit? Omnes 


Cfr - ! qUÌ a PP-^ ’la noU 366. /aC ‘ 7,7 "“ fra, „ b „ n j~ 






STOKIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



285 



sollevata a proposito della unità della significano, se 

cioè una parola possa « significare » anche le lettere da 

cui è costituita 204 ). 


Poteva invece esercitare più profondo influsso, — 

sebbene non ci sia stata tramandata notizia di ulteriori 

conseguenze —, la netta delimitazione che si segnò, a pro¬ 

posito del nomea, tra significare e nominare, in quanto 

che di quello è oggetto la universalità, e di questo il 

singolare 205 ). E così pure, prima di tutto, — in occa¬ 

sione della controversia, se le preposizioni e le congiun¬ 

zioni sieno parimente parole « significanti », o non pos¬ 

sano invece assolutamente esser annoverate tra le parti 

del discorso — grande importanza potè avere il contatto 

che si venne a determinare tra i dialettici e i gramma¬ 

tici: di questi ultimi, taluni si decisero, da un punto 

di vista unilaterale, per la seconda alternativa, ma altri 

tennero conto anche degl’interessi della logica, rendendo 

con ciò effettuabile una conciliazione, in base alla quale 

si potè almeno preparare a quelle parti del discorso 



aeres..., ipsis etiam, quos reverberat, consimilem soni formam attri¬ 

buita illeque fortasse aliis, qui ad aures diversorum perveniunt. — 

p. 190: Nostri tamen, mcmini, sententia Magislri ipsum tantum aè- 

rem proprie audiri ac sonare ac significare volebat. Cfr. qui ap¬ 

presso la nota 499. 


) lbid., p. 488: Totum constai ex suis parli bus, vox ex suis 

non conslituitur significationibus. Et fil quìdem divisio totius in 

partes, vocis vero [non] in significationes. Nam etsi hoc in quibus- 

dam vocibus contingat, ut scilicet ex suis jungantur significationi- 

bus. ut hoc vocabulum quod est xens» ex littcris suis, quas etiam 

significai, non tamen id ad naturam vocis, sed totius referendum 

est; in eo enim quod ex eis constai, totum est earum, non eas signi- 

ficans. Est etiam et alia quorumdam solutio, ut scilicet concedant, 

nullam vocem conjungi ex signi ficationibus diversis, ad quas videli- 

cet diversas impositiones secundum aequivocationem habeal. Ncque 

enim « eris » ad quaelibet plora dicunt aequivocum, sed tantum ad 

divcrsorum subslantias praedicamenlorum. linde de lilleris, quae in 

eodem clauduntur praedicamento. aequivoce non dicilur. 


*“> J°«- Saresb. Metal., II, 20, p. 100 [ed. Webb, p. 104; PL, 

199, 881] : Quod fere in omnium ore celebre est, aliud scilicet esse 

quod appellativa significant et aliud esse quod nominant. Nominan¬ 

te singularia, sed universalia significantur. 








286 



CABLO PRANTL 



(analogamente, si direbbe, al modo tenuto dall’autore 

del De gen. et spec.: v. «opra la nota 174) il successivo 

loro ingresso nella logica 20 °). Può essere ugualmente at¬ 

tribuita a im influsso della grammatica (ed è possi¬ 

bile sia stato per opera di Bernardo da Cliartres: v. la 

preced. nota d9) la introduzione di una terminologia, per 

la quale giudizi, come ad es. «Uomo è un sostantivo», 

furon denominati « materialiter im posila», ovvero giu¬ 

dizi « de significante et significato» 207 ). Ma nei dibat¬ 

titi sopra la questione della essenza deiraffermazione 

e della negazione, poteva ricomparire il contrasto fra 

opposti indirizzi, attenendosi alcuni alla forma gramma¬ 

ticale, altri ai concetti, altri ancora alla realtà obbiet¬ 

tiva 208 ). 



) Abael. Dialect., p. 216: Praepositiones et conjunctiones de 

rebus corion, quibus apponuntur, quosdum inlellectus facere viden- 

tur, alque in hoc impericela canon significalo dicilur, quod... ipsu 

quoque res, de qua inlellectus habetur, in hujusmodi dictionibus 

non tenelur stetti in nominibus et eerbis, qtute simul et res de- 

monstrant ac..... I nde certu apud grammaticos de praepositionibus 

sementili exlitit, ut res quoque eorum, quorum vocabulis apponun- 

tur , ipsae destgnarent.... Vnde illa quorumdam dialecticorum seti- 

tentia potior yidetur, qttam grammaticorum opinio, quae omnino a 

parlibus orationis hujusmodi voces, quas signifieativas esse per se 

non judicavit, divisti, uc magis ea quucdarn supplemento ac colli- 

gamenta (v. la Sezione XII, note 43, 60 e 111) partirne orationis esse 

aicit.... (p. 217) soni etiam nominili, qui omnino a significativi 

hujusmodi dictiones remorisse diulecticos adstruant. Cfr. appresso 

le note 349 Reggi: 348] e 620. 


1Q0 1J?"- 1 S . AK T B - MetaL ’ jfl,. 5 , P- 137 [ed. Webb, p. 142; PL, 


JU4J. Interdum tamen dictionem rem esse contingit, cimi idem 

sermo ad agendum de se assumitur, ut in his quae jtraecepto- 

res nostri materialiter dicebant imposi la et dicibilia; quale est: 

«Uomo est nomea », «CurriI est verbum ». — Abael. Dial... p 248- 

IJitidam tamen trnnsitivam grummaticam in quibusdam propositio- 

m US esse volimi; qui quidem propositionum alias de consignifi- 

cantibus vocibus ulias vero de significante et significato fieri 

diclini, ut soni dlae, quae de ipsis vocibus nomina sua enunciant 

hoc modo « homo est nomea vcl vox vel disyUabum ». Cfr. la 

nota 618. 


) Abaei.. Dialect., p. 404: Quidam aiitem per « jacere sub af- 

firmatioae et negatione » finitum et infinitum vocabulum accipiunl. 













STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



287 



[c) sopra questioni particolari, attinenti alla teoria 

del giudizio]. — Anche a proposito di vari punti parti¬ 

colari, che si trovavano dibattuti nel commento di Boe¬ 

zio, ci si decise senz’altro iu senso contrario all’autorità 

di lui: così, p. os., riguardo alla unità del giudizio 2UB ), 

o relativamente alla scomposizione del verbo in due ele¬ 

menti, la copula e un participio 210 ), o a proposito di 

cpiei giudizi, nei quali 1 « est » non implica la esistenza 

effettiva del soggetto 211 ), o a proposito della questione 

del rapporto quantitativo tra soggetto e predicato 212 ), 



ut « sedet, non sedetti quidam vero intellectus ab affirmalione et 

negatione generalos (v. la nota 175): sed nos polius va, quae ab af- 

firmatione et negatione dicunlur, aceipimus, essentias scilicel rerum, 

de quibus per affirmulionem et negationem agitar. Ma non si riesce 

a intender bene Joh. Saie Metal., 11, 11, p. 81 Led. Webb, p. 83; 

IL, 199, 869]: expedit [ dialeclicu J quaestiones...; quale est: An 

affirmare sit enuntiare (viceversa, se si potesse leggere « an titilli- 

tiare sit affirmare », ci sarebbe qualche maggiore possibilità di con- 

getturare un significato), et: An simili exture possit contradictio. 


•“) Abael. L)ial., p. 298: Sunt aulem, qui udslruanl, diversa ac- 

cidentia unam enuntiationem lucere, cum tulio sumuntur, quae ad 

diversa referuntur, veluti si dicatur : «/ionio citliaroedus bonus» 

(v. Boezio, p. 419 [in de interpr., ed. secunda, V, 11; cdiz. Meiser, 

Pars Post., p. 363: PL, 64, 573J). 


'") lbid., p. 219: Idem dicit « homo ambulata, quunlum prò- 

ponit «homo est ambulatisi) (Boezio [ ib., V, 12; p. 390: PL, 64, 

586], p. 429). Sed ad hoc, memini, magister nosler V. opponete so' 

let: si, inquit, verbum proprium significationem inhuerere dicit, ve¬ 

runi autem sii, cam inhuerere, projeclo ipsum verum dicit, ac sen- 

sum propositionis perfidi. 


‘ ) Ibidem, p. 223 s.: Unde quidem, cum dicitur, Homero quo¬ 

que defuncto, «Homerus est poiitu » (Boezio [//>., V, il; p. 3734: 

PL, 64, 578], p. 423).... «esse» quoque, quoil inlerponilur, in desi- 

gnatione non existentium vqlunt accipi.... Nostri vero sementili Ma- 

Bistri non secundum verbum accidentalem dicebat praedicationem, 

sed secundum tolius construclionis significaturam, atque impro- 

priam loculionem.... Sed quaero in ilJu significativa locutione, « Ho¬ 

merus est poeta», cujus nomea « Homerus» aul « poeta» acci- 

piatur. At vero, si hominis, falsa est enunciutio, co defuncto ', si vero 

poemutis.... est.... nova vocis aequivocalio. 


' ) lbid., p. 247: In liis autem quae secundum accidens praedi- 

cunlur nec totani subjecti substantium continent, sed in parte tan¬ 

tum subjectum attingunt (Boezio [in de interpr., ed. prima, II, 11; 

ed. Meiser, Pars Prior, p. 159: PL, 64, 358], p. 263).... non est 

necesse, praedicatum vel majits esse subjecto vel aequale, veluti 

cum dicitur « animai est homo », vel « quiddam animai est homo » 







288 



CARLO PHANTL 



alla quale questione potevan riattaccarsi pure sotti¬ 

gliezze grammaticali 213 ). Anzi le opinioni furono divise, 

anche in ordine a quei cenni intorno al « giudizio in¬ 

definito », con i quali Boezio aveva dato il compimento 

che ci voleva allo scritto aristotelico De interpretatione 

(Sez. XII, nota 115), essendo stato tale compimento da 

taluni giustificato, ma da altri respinto, — e fra que¬ 

sti ultimi ci vien fatta menzione di un Magister « V. », 

autore di « Glossulae super Periermenias » 214 ). 


Riguardo ai giudizi modali — v. la Sez. XII, nota 

119: il termine tecnico « modalis » appare ora piena¬ 

mente invalso —•, si deve ravvisare veramente un modo 

di vedere individuale nell’ atteggiamento di alcuni, i 

quali deducevano i giudizi stessi dai giudizi non-modali, 

in tal maniera che dalle parole « possibilmente » o « ne¬ 

cessariamente » rimanesse modificato non il contenuto 

di fatto, ma il senso della enunciazione, — ovvero nel¬ 

l’atteggiamento di altri, i quali dicevano che in tali giu- 



(cfr. Boezio ( iniroiì. ad cuthegoricos Syll.: PL, 64, 768], p. 562). 

Quamvis tamen et hic quidam concedunt, animai quod subjicitur 

non esse majus homine. Diclini cnim, quia animai, quod homo est, 

ibi subjicitur , quod non est majus homine. 


“> J° H - Saresb. Metal., n, 20, p. 101 [ed. Webb, p. 105; PL, 

199, 881]:.... quia « omnis homo diligit se». Quod si ex relativae 

dictionis proprietate discutias, incongrue dictum forte causabaris 

et falsum; siquidem.... sive collcclive sire distributive accipialur 

quod dicium est « omnis », pronomen relativum « se », quod subiun- 

gitur, nec universitati singulorum nec alicui omnium veraciter el necesse est, So- 

cralem non esse equum, possibile est vel necesse esse non equum.... 

In.... universali bus.... non ita concedunt, ut videlicet tantumdem va- 

leat « non » ad «esse» praepositum, quantum id [Cousin: ei], 

quod « esse » copulai compositum. 


"i Ibid., p. 442: Sunt lamen quidam, qui nec discretionem ul- 

lam inler categoricam et hypotheticam in disjunclione compositas 

habenl. sed idem dicunt proponi, cum dicitur « Socrates est vel sa¬ 

nile vel aeger », et cum dicitur « aut Socrates est sanus aut aeger »; 

ut scilicet omnis enunliatio, quae disjunctas recipit conjunctiones, 

hypothetica credatur. Volunt itaque semper in hujus modi catego¬ 

rici s. quae disjuncliones recipiunl, hypotheticae sensurn intelligi.— 

veduti cum dicitur «Socrales est sanus vel aeger », tale est ac si 

dicatur « aut Socrates est sanus aut Socrates est aeger ». 


t9. — C. Prantl, Storia della logica in Occidente, II. 
















290 



CABLO PBANTL 



[d) sopra difficoltà inerenti alla teoria del sillogi¬ 

smo ]. — Dalla sfera della sillogistica non pos¬ 

siamo a tutta prima aspettarci ima così fatta letteratura 

sovra punti controversi, perchè, mentre da un lato i 

relativi compendi di Boezio, essendo, per così dire, puri 

formulari scolastici, non porgono occasione a diver¬ 

genze di opinioni, dall’altro lato, come abbiamo veduto 

(qui sopra, note 8-34), solamente a poco a poco si venne, 

appunto in quell’epoca, a conoscenza degli Analitici ari¬ 

stotelici, i quali inoltre mancavano anche allora di mi 

apparato esegetico, quale da gran tempo erasi avuto per 

le rimanenti parti della Logica. Si trova tuttavia, al¬ 

meno in Giovanni da Salisbury, una notizia, dalla quale 

sembra potersi argomentare che sia stato preso parti¬ 

colarmente in considerazione quel tal passo estrema- 

mente difficile degli Analitici Primi, concernente la con¬ 

versione dei giudizi modali (Sez. IV, nota 546), in 

quanto che si trovò necessaria una particolare termino¬ 

logia ( materia naturalis, contingens, remota), per signi¬ 

ficare i concetti, che ivi s’incontrano, di quel eh’ è 

naturalmente determinato [tte^’jxcs], del possibile, e 

del non-aver-luogo 219 ). Dalla medesima fonte appren¬ 

diamo altresì, che dei sillogismi, già noti ad Abelardo 



") Joh. Sar. Metal., IV, 4, p. 160 [ed. Webb, p. 168; PL, 199, 

918], dove in un sommario del contenuto degli Analitici Primi si 

legge anche quanto segue: quid in loto esse aul non esse , quas prò - 

positiones ad usum sillogisandi converti contingat et quas non; 

quidve optinent in his quae modcrnorum (v. la nota 55) usti dicun- 

tur esse de naturali materia aut contingenti aul remota. Quibtis 

praemissis, trium figurarum subneclit rationes etc. La eennata tri- 

partizione poteva essere ricavata da Boezio (Sez. XII, nota 119), il 

quale dal canto suo aveva attinto ad Ammonio (Sez. XI, nota 157); 

la terminologia di quest’ultimo passò nel Compendio di Psello 

(Sez. XV, nota 14), dove il passo corrispondente presenta, nelle tra¬ 

duzioni latine, le tre espressioni testé ricordate (Sez. XVII, note 

38 e 155). Ci troviamo pertanto, anche qui, dinanzi alla possibilità 

che verso la fine delI’XI secolo si sieno fatti strada nell’Occidente 

latino sparsi frammenti della letteratura scolastica bizantina. Cfr. 

più sopra le note 33 s., e appresso la nota 370. 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



291 



(nota 17), formati da giudizi modali, fu ora fatto uso 

frequente, così per parte dei teologi, come pure nelle 

scuole di dialettica 220 ). Un’argomentazione insidiosa, oc¬ 

casionalmente menzionata ima volta, e relativa alla pos¬ 

sibilità del futuro, è d’imitazione ciceroniana 221 ). 


[e) sopra questioni di Topica ]. — Invece la To¬ 

pica ebbe a godere ancor una volta di una più vasta e 

varia attività di studiosi; e ciò risulta già in generale dal¬ 

l’opera di Abelardo, il quale, a proposito dei singoli loci, 

si esprime in tal modo da indurci a ritenere ch’egli abbia 

trovato dappertutto già pronto un numero determinato 

di « regole » formulate, le quali rappresentavano la reda¬ 

zione, fatta nelle scuole, delle notizie riferite da Boezio 

nel suo scritto De diff. top. 222 ); inoltre, a partire dal tem¬ 

po in cui fu tratta fuori novamente la Topica aristotelica 

(v. sopra le note 28 s.), ci furono effettivamente alcuni, 

che tentarono di arricchire questo ramo della dialettica 

con la invenzione di nuovi loci e di nuove « regole » 223 ), 



Ibid. : Deinde habila modalium rutione transit ad commix- 

tiones qitae de necessario sunt aut contingenti rum bis quae sunt 

de inesse.... Expositores vero divinar paginae rationem modornm 

pernecessariam esse diclini.... [169] Est enim modus, ut aiunt, quasi 

quidam medius habitus terminorum (ofr. la Sez. XII, nota 150). Et 

prafecto, licei nullus modos omnes, linde modales dicuntur, singu¬ 

ltitivi enumerare sufficiat, quod quidem nec ars exigit (v. ibid., 

noia 163), lumen mugistri scolarum inde commodissime disputant, 

Cfr. appresso la nota 623. 


Lo stesso, Polvcr.. II, 23. p. 125 [ed. Webb. I, p. 132; PL, 

199. 455] : Restai libi illius Stoici lui quaestio.... Quaerebat.... 

enim.... an posses aliquid facete eorum quae minime faclurus es etc. 

Cfr. la Sez. VI, note 136 e 164. 


'“) Abael. Dialect., p. es. p. 334 (sunt igitur quatuor hujus in- 

ferentiae regnine), p. 353 (regulae antecedentis et consequentis), 

p. 375 (regidae ab interpretatìone), p. 376 (tres autem regidas a ge¬ 

nere in usum duximus), e cosi via pereorrendo tutta la Topica. 


■’l Joh. Sar. Metal., Ili, 9, p. 145 [152]: Non omnes tamen locos 

buie operi (cioè Boezio, de diff. top.) insertos arbitror, quia nec po- 

tuerunt, cum et a modernis, huiiis praeeunte benefìcio, aeque necessa- 

rios evidentius cotidie docerì conspiciam. — lbid., 6, p. 138 [1431: 









292 



CARLO PRANTL 



ma potè nello stesso tempo diffondersi altresì una idea 

giusta del posto e della importanza della dialettica ). 

Trasparivano tuttavia anche qui le differenze di ordine 

generale tra punti di vista, quando da taluni erano posti 

unilateralmente in maggior rilievo i concetti isolati, 

fatta astrazione dalla espressione verbale 225 ), da altri in¬ 

vece s’insisteva solamente sopra la necessità interna del¬ 

l’ordine di successione nell’argomentazione 22 “), mentre 

altri ancora, al contrario, ci tenevano a veder presa in 

considerazione proprio la probabilità subbiettiva 227 ). 

Ma c’erano poi varie controversie, che si collegavano 

anche a singoli loci o a regole particolari 22S ). 



Non tamen huic operi (cioè alla Topica aristotelica) tantum tribuo, 

ut inanem reputem operam modernorum, qui equidem nascentes et 

convnlescentes ab Aristotile, inventis eius multas adiciunt rationes 

et regulas prioribus aeque jirmus | PL, 199, 909 e 9011. V. appresso 

la nota 413 a. 


“) Ibid., 5, p. 134 [ed. Webb, p. 139; PL, 199, 9021:... scienti 

Topicorum.... ex opinione multorum dialeclico et oratori principu- 

liter faciat. 


™) Abael. Dialect., p. 426: Dieunlur in argumentis ea, quae a 

propositionibus ipsis significanti^, ipsi quidem intellectus, ut qui- 

busdam plucet, quorum conceptio, sine eliam vocis prolulione, ad 

concessionem alterius ipsum cogit dubitanlem. 


**•) Ibid-, p- 427: Sunt autem, meniini, qui, verbis auctoritatis 

nimis adhaerentes, ornile necessarium argumentum in se ipso ne- 

cessarium dici velini. 


**) Ibid., p. 335: Sunt autem quidam, qui non solum necessa- 

rias consecutiones, sed quaslibel quoque probabiles verus esse fa- 

teanlur. Dicunl enirn, verilatem hypotheticue proposilionis modo in 

necessitale, modo in sola probabilitale consistere; in qua quidem 

sentenliu Magistrum etiam nostrum deprehensum dolco.... (p. 336) 

Dicunl tamen, quia omne quod probabile est, verum est, saltem 

secundum eum, cui est probabile. 


*“) Così taluni volevano che tra le maximae propositiones (Sez. 

XII, nota 165) fossero annoverate anche le regole principali del giu¬ 

dizio categorico (Abael. Dial., p. 339 s.), e c’eran altri che vole¬ 

vano estenderle anche di più (ibid., p. 366): oppure si trasferi¬ 

vano l 'antecedere e il consequens nei [intendi: «si allargava l'ap¬ 

plicazione delle regulae antecedenti et conseguenti, fino a com¬ 

prendere anche le relazioni tra i »] singoli termini del sillogismo 

(ibid., p. 353 s.), o si restringeva il locus a praedicalo puramente a 

giudizi categorico-ipotetici (p. 381), mentre da altri lo si faceva 

valere soltanto come principio di prova del locus a genere (p. 384); 







STORIA DELLA LOC1CA IN OCCIDENTE 



293 



U 29 . — Negli studi di logica, la qualità conti¬ 

nua A RIMANER MOLTO AL DISOTTO DELLA QUANTITÀ]. - 


Ma riflettiamo ora come quasi tutta la materia, che ave¬ 

vamo da presentar sino a questo punto, si sia dovuto 

ricavarla da due scrittori soltanto, vale a dire Abelardo 

e Giovanni da Salisbury, dei quali per caso ci sono con¬ 

servate opere di più lunga lena, cosicché ci sarebbe co¬ 

munque da imparar ancora ben di più, qualora si dispo¬ 

nesse di fonti più abbondanti: e riflettiamo così pure, 

inoltre, che ciascuna delle opinioni sopra citate, relative 

a punti particolari, ci permette di argomentare, per 

parte dello scrittore che se ne fa sostenitore, un’opero¬ 

sità di studioso, estesa a tutta quanta la sfera della lo¬ 

gica di quell’epoca; se terremo presenti queste conside¬ 

razioni, ci sarà difficile andar tropp’oltre, nell’ imagi- 

narei la estensione dell’attività, svolta in quel tempo, so¬ 

prattutto in Francia, nel campo della logica. Ben è vero 

che, ad avvalorare, per così dire, una impressione gene¬ 

rale ben nota, può darsi che, quanto a intensità, le cose 

andassero diversamente, perchè in nessuna parte ab¬ 

biamo trovato, non che una concezione filosofica, nean¬ 

che segni di effettiva originalità. Come in generale il 

Medio Evo era e rimase dipendente dal materiale di 

una tradizione, imposto dal difuori, così anche le nu¬ 

merose controversie attinenti alla logica, non prende¬ 

vano principio da un intimo impulso, bensì si fondano 

sopra uno stimolo esterno, dato dal materiale della tra¬ 

dizione scolastica, e bisognava, a così dire, che aspettas¬ 

sero questo stimolo, per avere in generale occasione di 



inoltre, anche sopra questo stesso ultimo /ocus, si dibatteron da 

rapo varie controversie, disputandosi cioè se esso abbia validità 

incondizionata (p. 378), o sia da intendere soltanto in senso cau¬ 

sale (p. 386): e controversie analoghe concernevano il locus ab ef¬ 

ficiente. con partecipazione anche di motivi teologici (p. 413), o 

il locus ab interpretatione, trattandosi di decidere fino a qual punto 

coincida con la etymologia (p. 375). 










294 



CARLO PRANTL 



manifestarci. Così anche i rappresentanti delle più im¬ 

portanti opinioni, caratteristiche dei vari indirizzi, ab¬ 

biamo pur dovuto spogliarli della gloria di essersi aperti 

da sè la loro strada; poiché certi passi isolati di Boezio, 

strappali dal contesto, e che sono stati appunto oggetto 

di studio appassionato, ci si sono rivelati (note 105, 129, 

134, 170) come i punti di partenza, in base ai quali, a 

forza di stiracchiare, è stato poi messo insieme il resto, 

E se in mani nostre neanche Abelardo si sottrae forse a 

un simile destino (nota 286), non ne abbiamo colpa noi, 

ma la ragione ne va rintracciata nella verità storica 

come tale. 


[§ 30 . — Abei.ardo : a) suo ingegno: caratteristica ge¬ 

nerale], — Proprio la considerazione ora esposta, che 

cioè in quell’epoca, da un lato, una grande moltitudine 

di maestri si occupavano, discendendo sino ai più mi¬ 

nuti particolari, del materiale di studi di logica, quale 

veniva tramandato, e che, dall’altro lato, per l’appunto 

nella letteratura tradizionale tutto questo genere di pro¬ 

duzione veniva a trovare le proprie condizioni, derivan¬ 

done il suo proprio indirizzo — ci doveva già da prin¬ 

cipio indurre a procedere con circospezione nel nostro 

giudizio sul conto di Abelardo (nato nel 1079, 

morto nel 1142): e di fatto, a prender in esame più da 

presso l’opera sua in connessione con quella dei contem¬ 

poranei, ci troveremo anche messi in guardia contro 

ogni esagerazione nell’apprezzamento di lui 22B ). Mentre 



“) In particolare gli studiosi francesi sembrano propensi a so¬ 

pravvalutare il loro connazionale, e in ciò, fra i tedeschi, va per 

lo meno a pari con loro [Federico Cristoforo] Schlossf.r [in un 

libro del 1807, su Ab. e fra Dolcino]. La vasta opera di Charles 

de Rémusat, Abélard, Parigi, 1845, in due voli., è, per la parte bio¬ 

grafica, quanto di meglio possediamo, nella letteratura moderna, sul 

conto di Abelardo: aH’inoontro, nella esposizione della dottrina, 

i presupposti storici, consistenti nei movimenti spirituali generali, 

propri di quell’epoca, son forse lasciati troppo nell’ombra, in con- 






STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



295 



cioè, riguardo all’etica, ci compiacciamo di ravvisare e 

riconoscere in Abelardo un eretico del tempo suo, e delle 

sue benemerenze di teologo 22Ba ) dobbiamo lasciare in- 

vece che si occupi la storia della teologia, ci apparirà 

chiaro come, nel campo della logica, egli non abbia 

esplicato un’attività più originale di forse cento altri 

suoi contemporanei 23 °). È innegabile la sua grande vi¬ 

vacità d’intelletto, e prima di tutto la sua straordinaria 

abilità nella forma retorica di esposizione: anche alla 

dialettica, come a tutto ciò su cui metteva le mani, si 

slanciò sopra con appassionato fervore, e si manifestò 

subito come maestro estremamente suggestivo 231 ) ; la sua 

attenzione era qui essenzialmente volta all’intento di 



fronto con le benemerenze personali di Abelardo : a ciò si ag¬ 

giunge ancora, riguardo alla dialettica, l’inconveniente già più 

sopra (nota 49, e cfr. la nota 148) rilevato con espressioni di bia¬ 

simo. 


w ‘) Su questo argomento, v. la vasta opera di S. Maht. Deutsch, 

Peter Abàlard: ein kritischer Theologe des 12. Jahrhunderts [P. 

A.: un teologo critico del XII secolo], Lipsia, 1883. 


a ") Non s’insisterà mai abbastanza nel ricordare che la nostra 

indagine si svolge tutta quanta entro i limili segnati esclusivamente 

dal quantitativo del nostro materiale di fonti. E tra Abelardo c 

gli altri dialettici dell’epoca sua sussiste qui una differenza sol¬ 

tanto, che cioè di quello ci sono conservati casualmente moltissimi 

scritti, si che di lui, per conseguenza, siamo in grado di ricono¬ 

scere e pienamente svolgere le idee fondamentali, più largamente 

ricostruite nel loro ordine sistematico, mentre per gli altri non ci 

è possibile fare altrettanto. Ma dobbiamo guardarci dal convertire 

in una obbiettiva superiorità di Abelardo, questa circostanza favo¬ 

revole, che torna a vantaggio della nostra esposizione. 


m ) Ch’egli sia stato scolaro di Roscelino, ma anche di Gu¬ 

glielmo da Champeaux, e che inoltre abbia cercato e trovato ispi¬ 

razione in tutti gli altri eminenti maestri, si vede dalla nota 314 

della Sezione precedente, c dalle note 102 e 104 di questa. Del suo 

presentarsi come maestro fa il racconto egli stesso, Epist., I, c. 2, 

p. 4 (Amboes.) [ed. Cousin, I, p. 4 c 6] : Perverti tandem Parisius... 

Factum tandem est ut supra vires aetatis meae de ingenio meo prae- 

sumens, ad scholarum regimen adolescentulus aspirarem, et locum, 

in quo id agerem, providerem ; insigne videlicet tunc temporis Me- 

liduni castrum, et sedem regiurn.... (p. 5) Ab hoc autern scholarum 

noslrarum lyrocinio [Amboes .: exordio] ita in arte dialeclica no¬ 

mea meum dilatori coepit, ut non solum condiscipulorum meorum, 

verum etiam ipsius magistri (cioè Guilelmi Campellensis) fama 












296 



CARLO FRANTI 



farsi capire facilmente, adattandosi egli, anche nella 

scelta del materiale, all’esigenze della scolaresca 232 ), ed 

è naturale che fosse perciò invitato sovente a esercitare 

a profitto di altri il suo talento di maestro di logica **). 

Ma il nomignolo di « Peripateticus Palatimis » [nativo 

di Palet o Palais] egli lo deve soltanto a questo suo vir¬ 

tuosismo formale, perchè, da un lato, per i suoi contem¬ 

poranei « peripatetico » e « cullor della logica » eran 

espressioni sinonime, nulla conoscendosi in generale di 

Aristotele aH’infuori dall’Organon, e con quella espres¬ 

sione volevasi soltanto significare uno che si occupasse 

molto estesamente o con particolar efficacia di questi 

scritti aristotelici 2S4 ), senza che con ciò si pensasse già 

a un pieno esauriente svolgimento del principio aristote¬ 

lico; ma, d’altro lato, lo stesso Abelardo ha avuto pure 



contrada paulatim extinguerelur.... (p. 6) [6] 1 unc ego Melidunum 

reversus, scholas ibi nostras, sicut antea, constitui.... Meliduno l'ari- 


sius redii . extra civilatem in monte S. Genovejae, scholarum no- 


slrarum castra positi [PL, 178, 115-7 e 120J. 


“) Joh. Saresb. Metal., Ili, 1, p. 116 (ed. Giles [cd. Webb, 

p. 120]): Sic omnem librimi legi oportet, ut quam facillime potasi 

eorum quae scribuntur hubeatur cognitio. Non enim occasio quae- 

renda est ingerendue difficultatis, sed ubiqiie facilitas generando. 

Qttem morem secutum recolo Peripateticum Palatinum. Inde est, ut 

opinor, quod se ad puerilem de generibus et spedebus, ut pace 

suorum loquar, inclinavit opinionem: malens instruere et promo¬ 

vere suos in puerilibus quam in gravitate philosophorum esse obscu- 

rior. Faciebat enim studiosissime quod in omnibus praecipit fieri 

Augustinus, i. e., rerum intellecltii serviebut I PL, 199, 890-1J. 


at ) Abael. Introd. ad llteol., I, Pro!., p. 974 (Amboes. [ed. Con¬ 

fiti, II, 31): Ad has itaque dissolvendas controversias cum me suf- 

ficere arbitrarentur, quem quasi ab ipsis eunubitlis [Cousin: inai- 

nabulis] in Philosophiae studiis ac praecipue Dialecticue, quae om¬ 

nium mugislra ralionum videtur, conversatimi sciant, atque experi¬ 

mento, ut aiunt, didicerint, unanimiter postulane, ne talenlum miht 

a Domino commissum multiplicare differam. — Ep. 1, c. 2, p. 5 [51 : 

Non multo aiitem interjecto tempore, ex immoderata studii afflic- 

lione correptus infirmitate, coactus sum repatriare, et per unnos 

atiquot a Francia quasi remolus. quaerebar ardentius ab iis, quos 

dialectica sollicitabat doctrina [PL, 178. 979 e 118]. 


=“) Joh. Saresb., loc. cit., I, 5, p. 21 [171 : Peripateticus Pula- 

tinus, qui logicue opinionem praeripuit omnibus coetuneis suis, 

adeo ut solus Aristotilis crederetur usits colloquio [PL, 199, 832]. 







STORI* LOCICA IN OCCIDENTE 



297 



una felice idea, a tenor della quale poteva, rifacendosi 

da un unico passo che si trova in Boezio [v. appr. nota 

2861, «connettere ad esso il riconoscimento della giu- 

"tozza della teoria aristotelica del giudizio; ma invece 

e;>/., p. 226, Abelardo dice, nel passare da questa prima 

parte principale alla seconda: Hactenus quidem, Dagoberte frater, 

de partibus orationis , quas dictiones appeUamus , sermonem texuimus. 

Quorum tractatum tribus vóluminibus comprehendimus. Primarn nam- 

que partcm libri Partium ante Praedicamenta posuimus ; dehinc autem 

Praedicamenta submisimus , denique vero Postpraedicamenta novis¬ 

sime adjecimus, in quibus Partium textum complevimus. Come ven¬ 

gano intesi gli Antepraedicamenta , apparirà chiaro appresso; ma 

intanto nel procedere dai Praedicamenta ai Postpraedicamenta , si 

dice (p. 209): Evolutus superius textus ad discretionem significano- 

nis nominum et rerum natura s, quae vocibus designantur , diligenter 

secundum distinctionem decem praedicamentorum aperuit. Nunc autem 

ad voces significativas recurrenles , quae solae doctrinae deserviunt , 

quol sint modi significanti studiose perquiramus ( similmente alla 

p. 245: Non itaque propositiones res aliquas designant simpliciter 

quemadmodum nomina): e pertanto, alle p. 209—226, segue non già, 

come fa ritenere il titolo, arbitrariamente imposto dal Cousin, la 

Sezione de intcrpretationc , bensì solamente una trattazione delle 

parti della proposizione. Con questa denominazione e suddivisione 

della prima parte principale si accordano poi anche le citazioni che 

Abelardo fa di se stesso, sia che rinvìi alla Sezione complessiva, 

denominandola Liber partium (p. 377 : sicut in libro Partium do- 

cuimus , e p. 477: sicut in libro Partium , tractatu speciei , disseruimus ), 

sia che ricorra proprio a quella denominazione nel menzionar pure 

le suddivisioni (p. 174: sicut secundus anle-praedicamentorum de 

differentia continet; — p. 249: Nam« homo mortuus» ....compositura 

nomen est.... sicut in primo Posl-praedicamentorum ostendimus : e 

questa citazione, al pari delle due altre dello stesso tenore, alle pa¬ 

gine 296 e 299, si riferisce alla p. 214; negli altri due rinvìi—p. 204: 

sicut in Libro Partium ostendimus , e p. 205: in Libro Partium requi - 

rantur — va certamente letto primo , anziché libro). Dei resto, con 

tutto questo sistematico rilievo dato alle « parti del discorso », riu¬ 

sciamo ora a spiegarci come Abelardo potesse effettivamente deno¬ 

minare « Grammatica » un rifacimento delle Categorie (v. qui sopra 

la nota 241). 


273 ) p. 227: Susta et debita serie textus exigente , post tractatum 

singularum dictionum occurrit comparano orationum .... Non autem 

quarumlibet orationum construclionem (anche questa e una esptes- 











STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



311 



questa Sezione Abelardo diede il nome di « Libcr cale- 

goricorum » 274 )- Ma quando ha poi da far sèguito la teo¬ 

ria del giudizio ipotetico, Abelardo, anche a ciò deter¬ 

minato da Boezio (de diff. top.: v. la Sez. XII, nota 167), 

fa che la validità di queste forme di giudizio sia con¬ 

dizionata dai loci (v. la nota 269), e pertanto premette 

il « Liber topicorum », così che soltanto dopo di esso ven¬ 

gono lo stesso giudizio ipotetico e i sillogismi fondati so¬ 

pra di questo 275 ) : a quest'ultima Sezione dà il nome di 

« Liber hypotheticorum » 27e ). 


Così Abelardo, secondo il suo modo d’ intendere, ha 

compiutamente svolto la teoria deirargomentazione, pro¬ 

cedendo dal semplice, cioè dagli elementi, al complesso: 

quanto al « Liber divisionum », designato dal Cousin 

come quinta parte della dialettica, non ha alcun nesso 



sione di Prisciano; v. sopra la noia 263) exequimur, sed in his tantum 

opera consumenda est , quae verilatem seu falsitatem continent, in quo¬ 

rum inquisitione dialecticam maxime desudare meminimus. Undc cum 

inter propositiones quaedam earum simplices sinl et natura priores , 

ut categoricae, quaedam vero compositae ac posteriores, ut quae ex ca¬ 

tegorici jungunlur hypotheticae, has quidem quae simplices sunt prius 

esse tractandas...., unaque earum syllogismos ex ipsis componendos 

esse apparet. 


274 ) È vero che il manoscritto reca qui il titolo (p. 227) « Abae- 

lardi.... Analyticorum priorum primus», ma non soltanto si cor¬ 

regge da se stesso nella seconda suddivisione di questa Sezione, 

dove a p. 253 si legge questo titolo: « Explicit primus; incipit se- 

cundus eorundem, hoc est categoricorum », bensì ancora dallo stesso 

Abelardo questa Sezione è citata come Liber categoricorum (p. 395: 

Sed de hoc quidem uberius in libro Categoricorum egirnus). 


275 ) p. 437 : Congruo.... ordine , post categoricorum syllogismorum 

traditionem , hypotheticorum quoque, tradamus constitulionem. Sed sicut 

ante ipsorum categoricorum complexiones categoricas propositiones opor- 

tuit tractari, ex quibus ipsi materiam pariter et nomea ceperunt, sic 

et hypotheticorum tractatus prius est in hypotheticis proposìtionibus 

eadem causa consumendus , de quorum quidem locis ac veritate infe- 

rentiae , quia in Topicis satis, ut arbitror , disseruimus, non est hic in 

eisdem immorandum. Sed satis earum divisiones exequi. 


27e ) Anche qui si verifica la medesima singolare circostanza, 

che cioè il manoscritto reca da prima (p. 434) il titolo « Abaelardi.... 

Analyticorum posteriorum primus », ma poi nel passaggio dalla 

prima alla seconda suddivisione, la indicazione esatta (p. 446): 

Explicit primus hypotheticorum , incipit secundus. 








312 



CABLO PRANTL 



con quel che precede 2 "), ma è ima monografia che sta a 

sé, concernendo lo stesso oggetto che lo scritto De getter, 

et spec.; in questa monografia Abelardo unì immediata¬ 

mente uno all’altro gli scritti di Boezio, de divisione e 

de definitione, cosicché, a chi consideri 1’ intima diver¬ 

sità fra questi due (Sez. XII, nota 103), appare con tutta 

chiarezza, come in Abelardo l’interesse per la logica si 

converta in interesse per la retorica. Seguendo noi ora 

perciò, per la nostra esposizione, il suindicato motivo, do¬ 

minante nella divisione della materia secondo Abelardo, 

ci atterremo interamente all’ordine già tenuto per Boe¬ 

zio, e inseriremo, ancor prima della teoria del giudizio, 

quel che sarà necessario dire della Sezione de divisione, 

la quale si riattacca alla teoria del concetto. 


[li) esposizione della Isagoge (Antepraedicamenta), 

quale risulta dalle Glossae, e soprattutto dalle Glossulae, 

super Porphyrium: atteggiamenti polemici sopra la que¬ 

stione degli universali]. — Quanto alla prima Sezione 

della prima parte principale, cioè la Isagoge o i così detti 

Antepraedicamenta, la grave lacuna già ricor¬ 

data dobbiamo cercar di colmarla attingendo ad altra 

fonte, e precisamente, in special modo, ai testi riferiti 

dal Rémusat (nota 238) : ma inoltre ricorreremo anche a 

tutti quegli altri luoghi, che possano aiutarci a compren¬ 

dere, con maggior vigore o maggior ampiezza, la posi¬ 

zione di Abelardo nel contrasto fra i diversi indirizzi, 

sicché già qui si ha da chiarire, quante possibile com¬ 

piutamente, le questioni essenziali e di principio, e da ot¬ 

tenere mia conoscenza esatta e approfondita della logica 

di Abelardo in generale: resterà poi, relativamente alle 

altre parti della dialettica, da addurre ancora, su tale 



277 ) Neanche si trova, in alcun punto del libro, fatto cenno a un 

ricollegamento con altre parti della dialettica. 








STORIA BELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



313 



fondamento, soltanto i testi relativi a punti più parti¬ 

colari. 


Ha in sè qualche cosa di sorprendente il fatto che 

Abelardo, nelle glosse alla Isagoge, non soltanto parla di 

« sei parole », aggiungendo alle solite cinque anche « in- 

dividuum », ma osserva altresì che si tratta, oltre che di 

queste parole stesse, anche di ciò ch’esse significano — 

significala eorum — 27S ); tuttavia la prima circostanza si 

spiega in parte con quel passo di Boezio ch’è la fonte, a 

cui Abelardo attinge 2T9 ), e in parte con la espressa os¬ 

servazione [fatta dallo stesso Abelardo], che cioè Por¬ 

firio non ha avuto bisogno di comprendere, subito da 

principio, nel novero delle voces il concetto d’individuo, 

perchè già 1’ individuo vien comunque a rientrare sotto 

le altre cinque parole, e in se stesso è una denomina¬ 

zione predicativa di un oggetto, nè più nè meno che i ge¬ 

neri e le specie 28 °). Ma se ora proprio questo rilievo che 



27s ) Glossae in Porph., riferite dal Cousin, p. 553: Intendo Por- 

phyrii est in hoc opere tractare de sex vocibus, i. e. de genere, e! de specie, 

et de dijjerentia, el de proprio, et de accidenti, et de individuo et de 

signijìcatis eorum.... Considerare, nullas voces magis esse necessarias 

ad Categorias quam istas sex voces, quoniam ex istis sex vocibus con - 

stituunlur praedicamenta, ideo perelegit tractare de istis sex vocibus. 

Hujus operis sunt materia istae sex voces el earum significata, finis ipse 

catcgoriae (il Cousin. con le sue modificazioni e con la interpun¬ 

zione, ha guastato il giusto significato del manoscritto). Scicntiae 

inveniendi supponitur iste traclatus ([passo già più sopra cit.,] nota 

268), quia hic docemur invenire rationcs sufficienles ad probandas 

quaslibet quaestiones Jactas de istis sex vocibus et de signijìcatis earum. 

Cfr. appresso la nota 603. 


27 *) Questo numero di sei non ha cioè niente che fare, come si 

capisce da sè, con quel passo, che si è avuto da citare, ricavandolo 

dai commentatori greci (Sez. XI, nota 134). ma ha per fondamento 

il contenuto di quelle notizie, date da Porfirio (ibid., nota 43), che 

son riferite come segue da Boezio, p. 15 [ad Porph. a Vict. transl. 

I, 16; ed. Brandt, p. 44: PL, 64, 28]: Eorum, quae. dicuntur, alia 

ad unitatem dicuntur, sicut sunt omnia individua, ut est Socrates et 

hic et illud, alia quae ad mulliludinem, ut sunt genera (et) species et 

differentiae et propria et accidentia. 


280 ) p. 553: Et cum intendat tractare de istis sex vocibus et omne 

(leggi omnes) tractat, lamen non proponit nisi [Cousin: vocibus, et 

omne tractare tamen non proponit, nisi....] de quibusdam tantum ; ideo 







314 



CARLO PRANTL 



Abelardo dà alla relazione predicativa, torna a coincider 

pure con il secondo punto, cioè con la presa in conside¬ 

razione anche di « quel ck’è significato dalle sei parole », 

d’altra parte Abelardo sopra tale questione fondamentale 

non presenta qui spiegazioni più precise: bensì, — per¬ 

sino a proposito di quel passo di essenziale importanza 

(prima quaestio), al quale da gran tempo abbiamo ve¬ 

duto riattaccarsi tutta la questione, che dividea tra loro 

le tendenze contrastanti — egli presenta esclusivamente 

una sottile distinzione, insignificante nei riguardi degli 

universali, tra solus intellectus, nudus intellectus e pu- 

rus intellectus 2S1 ) : e anche nel rimanente della esposi¬ 

zione, si tiene aderente al testo della Isagoge, prevalen¬ 

temente limitandosi a dare spiegazione delle parole 282 ). 


Invece proprio sopra questo punto che ci rimane qui 

ancora oscuro, gettano la più vivida luce le altre così 

dette glosse minori alla Isagoge. Ivi cioè Abelardo, alle 

notizie che dà sopra le opinioni altrui (e per questo ci 

è servito più sopra egli stesso quale fonte) collega in 

primo luogo osservazioni polemiche, per poi svolgere 

la sua personale concezione degli universali. Contro Gu- 



non ponit de individuo, quia individuum continetur sub unoquoque, 

et in significatione et in praedicamentali ordine : nam quemadmodum 

genera et species proprie ponuntur in praedicamento, eodem modo in¬ 

dividua ipsorum. Anche questo si trovava nel commento di Boezio 

al passo citato — dove (p. 16 s. [loc. ult. cit., p. 49: PL, 64, 30]) 

si legge: Ita individua, quae ad unitatem dicunlur, cunctis superio- 

ribus (cioè quinque vocibus) supposita sunt.... Individua vero.... ad 

nihil aliud praedicantur nisi ad se ipsa, quae singula atque una sunt. 

Atque.... « ad unitatem dicunlur». Abelardo cioè ne ricavò che le de¬ 

nominazioni individuali vengono purtuttavia predicate — dicunlur, 

praedicantur. 


2S1 ) p. 555: Illa dicimus poni in solis intellectibus, quae tantum in- 

telliguntur et non sunt.... Illa dicimus poni in nudis intellectibus. quae, 

cum sint, aliter intelliguntur esse, quam sirtt.... Illa dicimus poni in 

puris inlelleclibus, quae intelliguntur simpliciler ut sunt. 


a82 ) Si può osservare che anche qui la locuzione abbreviata, ri¬ 

cordata già più sopra (nota 167) „praedicari in quid “ o ., praedicari 

in quale “ è comunemente adottata nel senso di „ praedicari in eo 

quod quid “ o ,, praedicari in eo quod quale". 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



315 



glielmo da Champeaux osserva (v. sopra la noia 106) che, 

se si ammette una così poco stretta connessione tra le 

forme individualizzanti e le sostanze universali, tutte le 


sostanze _non eccettuata neanche la Fenice, che esiste 


esclusivamente mia volta sola — appunto come sostanze, 

dehhon finir con l’essere uguali e identiche fra loro, e 

neanche possono per conseguenza distinguersi dalla so¬ 

stanza di Dio : e parimente osserva che questa identità 

di essenza di tutte le sostanze, o la loro indifferenza ri¬ 

spetto a qualsiasi forma individuale che vengan a pren¬ 

dere, conduce a dover ammettere anche la coincidenza 

degli opposti in ima stessa sostanza 283 ). 



“*) Glossulae s. l’orph ., riferite dal Rémusat, toc. cit., II, p. 97-99: 

Ce SYStème exige que les jormes aient si peu de rapport avec la malière 

qui leur seri de sujet, que dès qu'elles disparaissenl, la malière ne 

diffère plus d'une aulre malière sous aucun rapport, et que tous les 

sùjets individuels se réduisent n l'unité et à l'identité. Une grave hérésie 

est au bout de cotte doctrine ; car avec elle, la substance divine, qui est 

reconnue pour n'admettre aucune forme, est nécessairement identique 

à toute substance quelconque ou à la substance en generai.... Et non - 

seulement la substance de Dieu, mais la substance du Phénix (v. la 

Sez. XII, nota 87), qui est unique, n'est dans ce système que la sub- 

stance pure et simple, sans accident, sans propriélé, qui, partoul la 

méme, est ainsi la substance universelle. C'est la mème substance qui 

est raisonnable et sans raison, absolumenl camme la mème substance 

est à la Jois bianche et assise ; car étre blanc et ótre assis ne soni que 

des jormes opposées, comme la rationnalité et son contraire, et puisque 

les deux premières Jormes peuvent notoirement se trouver dans le méme 

sujet, pourquoi Ics deux secondes ne s'y trouveraient-elles pas égale- 

menl ? Est-ce parce que la rationnalité et Virrationnalité soni contrai- 

res ? Ellcs ne le sont point par l'essence, car elles sont toutes deux de 

Vessence de qualité ; elles ne le sont.... per adjacentia, car elles sont, 

par la supposilion, adjacentes à un sujet identique. Du moment que 

la mème substance convient à toutes les Jormes, la contradiction peut 

se réaliser dans un seul et mème ótre [ed. Geycr del testo originale, 

p. 515:... « Quibus hoc obicimus: quod si hanc sententiain 

concedi convenit, quippe si formas contingeret a subiecta materia 

discedere, ita scilicct quod subiecta bis penitus rarerent, in nullo 

pcnitus hir et ille differrent, sed iste et ille omnino idem efiicerentur. 

Ex quo scilicet pessimain haeresim incurrunt, si hoc ponatur, clini 

scilicet divinam substantiam, quae ab omnibus formis aliena est, 

idem prorsus oporteat esse cum substantia.... — Ibid., p. 517 :... Nec 

(propter) deum solum verum est, sed etiam propter alias substantias 

fortasse, ut est phoenix. — Oportet igilur secundum praedictam 









316 



CARLO PRANTL 



Contro la dottrina della indifferenza, egli oppone 

(v. la nota 132) per prima cosa la definizione del con¬ 

cetto di genere ( genus est, quod praedicatur de pluri- 

bus ), dalla quale rimane escluso che ima e medesima cosa 

possa essere mai al tempo stesso genere e individuo: e 

poi le oppone anche la relazione predicativa in gene¬ 

rale, stando alla quale bisogna mantenere la distinzione 

tra individui e concetti specifici, e deH’universale stesso è 

impossibile predicare la individualità, — laddove, se si 

prende l’individuo già nello stesso tempo come specie o 

come genere, il concetto di genere, in quanto vieu pre¬ 

dicato, resta privato del proprio soggetto, o, quando si 

tratta di qualità (cioè di adiacentia ), non può appunto 

essere più un predicato, valido per diversi soggetti 

[cfr. il testo originale, ed. Geyer, p. 520: « .... non omni 

generi convenit, eum omne genus non habeat praedicari 

in adiacentia »] 2Si ). 



sententiam substantiam divinam idem esse cubi qualibet substantia, 

quam constat esse veram et simplicem et ab ni nni proprietate irn- 

muncm. Praeterea si cadem substantia essentialiter sit in omnibus, 

ita scilicet (ut) ea quae informata est ralionalitate, sit irrationalitate 

occupata, quomodo negari potest, quin substantia rationalis sit sub¬ 

stantia irrationalis ? Quibus obiectis nidlatenus refragari queunt, cum 

eadem substantia penitus omnibus f'ormis informari ostendatur. Quis 

enim cum eandem substantiam albedine et nigredine et sessione 

occupatam viderit, ncgabit substantiam albani esse sedentem ? — Si 

quis vero dicat insistens rationale esse irrationale, veluti substantia 

alba est substantia sedens, cum hae oppositae formac contrarrne sint, 

illae vero non, fallitur, quia nec in essentia magis sunt oppositae 

istae quam illae, cum eadem essentia qualitatis sit penitus, nec in 

adiacentia, cum eidem substantiae penitus adiaceant. Sed si quis di- 

cit formas istas oppositionem habere ex oppositis formis quibus in- 

formantur, fallitur, cum eadem ratione non possit assignare, onde 

illae oppositionem trahant »]. 


2S1 ) Ibid., p. 100: Muis c’est là ce qui n'esl pus soutenable. La défi- 

rtition qui veul que le gerire soit ce qui est attribuable à plusieurs, a été 

donnée à l'exclusion de Vindividu. Ce qu’elle définit ne peut en soi 

étre à aucun titre , en aucun état, individu. Dire qu'une méme chose 

tour à tour comporle et ne comporte pas la définition du genre, c'est 

dire que cette chose est, comme genre, attribuable à plusieurs, mais que, 

comme genre aussi, elle ne Vest pas, car un individu qui serait attri¬ 

buable ò plusieurs serait un genre ; par conséquent Vassertion est con- 











STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



317 



Finalmente, anche contro quella tesi, a noi non 

meglio nota, che concerne una proprietas delle cose 

(v nota 73), rivolge ripetutamente la stessa obiezione 

tratta dalla definizione del concetto di genere, e denota 

in generale come la cosa più pericolosa e insostenibile. 



tradicloire, ou plutòt elle n’a aucun gens. Les auteurs disent que celle 

nroposition : L’homme se promène, vraie dans le particulier, est fausse 

de l’espèce (qui tuttavia il Réniusat deve o aver avuto sottocchio 

un testo scorretto, o aver inteso scorrettamente il testo corretto, 

poiché lu dottrina ripetutamente enunciata da Boezio, a p. 15 [in 

Porph. a Vici, transl., I, 16: ed. Brandt, p. 45; PL, 64, 27], p. 36 

[i6.. II, 10 (« Cicero sedet.... homo sedei»): cd. Brandt, p. 103; PL, 

64, 57], ecc., facendo uso dello stesso esempio — Cicero ambulai , 

homo ambulai — è espressa naturalmente nel senso, che l’accidente 

è predicato, primitivamente dell’ individuo e derivativamente della 

specie, ma non che questa seconda predicazione sia falsa). Commenl 

maintenir cotte dislinction, si une ménte chose est espèce et individu ? 

(p. 101) V individuai ile résultant de formes accidentelles ne saurait 

èlre l'attribut essentiel d’une substance susceptible d'universalité ; cc- 

pendant certe substance, en tant que particulière, distincte de ses som- 

blables, est esscntiellement individueUe, violation manifeste de la règie 

de logique qui porte que „dans un mème, Vaffirmalion de l'opposé 

exclut Vaffirmation de l’autre oppose’'’. Lorsqu'on dit que le genre est 

atlribuable à plusieurs, on parie ou d'attribution essentielle (praedicari 

in quid), ou de toute autre ; s’il s’agit d'attribution essentielle, camme 

on le nie aprìs Vavoir affirmé, elle cesse d’ètre essentielle, ou elle em- 

porte avec elle son sujet ; s'il s’agit d’attribution accidentelle (in adja- 

ceutia), la définition n’est plus exacte, elle ne convient plus à tout 

genre [ed. Geyer, p. 518 ss. : « .... Huic autem sentcntiae o p p o na¬ 

ni u s . . . . In primis inquirendum iudico, quomodo Porphyrius 

dicit praedicari de pluribus ad cxclusioncm individuorum, cum illa 

scilicet praedicentur de pluribus secundum illos. Sed dicunt mihi, 

quod cum dicitur genus de pluribus praedicari, tale est, ac si dica- 

tur: genus in quantum est genus, praedicatur de pluribus. quod con¬ 

stare non potest.... Amplius cum diffinitio generis sit, quod 

praedicatur etc., oportet eum concedere quod individuimi ex stalli 

individui sit genus, quia ex ilio quod praedicatur de pluribus, [quod] 

est animai. Propterea quomodo dicunt « praedicari de pluribus », 

quod generi convenit, genus ab individuo removcrc, cum idem pror- 

sus individuo conveniat ?... Amplius quomodo dicit B o e t h iu s 

super Peri ermenias [Boezio, in libr. de interprete ed. se¬ 

conda, L. II, c. 6 (ed. Meiser, Pars Post., p. 133: PL, 64, 461), p. 337] 

quod haec propositio « homo ambulat » de speciali falsa est, de par¬ 

ticolari vero vera est ? Numquid et de universali similiter vera est, 

cum idem sit universale et particulare ? Sed fortassis inquies, quod 

ab hoc universali ambulatio prorsus removeri potest, a particulari 

vero non, hoc modo: nullum universale ex statu universali ambulat. 

Sed similiter dici potest, quod nullum particulare ex statu particu- 








318 



CARLO FRANTI. 



qualsiasi scambio o confusione tra individuo e univer¬ 

sale 285 ). 


[i) soluzione proposta da Abelardo : il senno praedi- 

cabilis]. — Ma secondo il suo personale modo di vedere, 

egli credeva di aver trovato la via giusta per poter al¬ 

fine comporre, com’è sua opinione, il contrasto fra Pla¬ 

tone e Aristotele, vale a dire appigliandosi a quell’unico 

passo del libro De interpr., dove l’universale è designato 

come ciò, ch’è « naturalmente fatto per essere predicato 



laris anilnilationcm habeat. Haec quippe enuntiatio: « in co quod 

est universale, non ambulata, duobus modÌ9 potest intelligi, sive 

interpositum sive praepositum. Interpoeituin sic: in eo quod univer¬ 

sale, non ambulat, ac si diceretur: proprictas universalis non patitur 

ambulationem, quod omnino falsum est, eum eidem subiecto uni- 

versalitas et particularitas et ambulatio adiaceant. Quod si praepo- 

nilur, intelligitur boc modo: non in eo quod est universale, ambu¬ 

lat, sicut est illud: non in eo quod animai est, habet caput, hoc 

est: non exigit proprietas universalis, ut ambulet, sicut non exigit 

natura animalis, quod habeat caput. Sed eodem modo verum crii 

de particulari, orai proprietas particularis non exigat ambulatio¬ 

nem ». Ecc. ecc., sino alla p. 521], 


286 ) Ibid., p. 102: La difficulté est toujours de faire cadrer ce système 

avec la définition du genre. Il faut que la propriété d'ètre attribuable 

à plusieurs séparé Vuniversel de l'individuel ; or, on vieni de dire 

que de plusieurs choses chacune est individuellement animai ; le nom 

indiriduel d'animal serait—il donc le nom de plusieurs ? V indie Uhi se- 

rait-il attribuable à plusieurs ? Cela ne se peut. Mais comme animai 

ne peut plus se dire de plusieurs, mais de chacun, il n’y a plus de genre, 

ou plutòt tout est renversé, c'est l’individu ou le non-universel qui 

prend la place de Vuniversel, c'est ce qui ne peut s'ajfirmer de plusieurs 

qui s'affirme de plusieurs. et c'est une pluralité où chacun s'affirme 

de plusieurs que l'on appelle Vindividu [ed. Geyer, p. 521-22 : « Pri- 

mum quaerendum est.... quomodo secundum hanc sententiam in¬ 

dividuimi ab universali differat per praedicari de pluribus, cum indi¬ 

viduimi habeat praedicari de pluribus, id est plura sunt, quorum 

unumquodque est individuimi. Sed fortasse inquies, quod recte prae¬ 

dicari de pluribus in diffinitione universalis ponitur ad exclusionem 

individuorum, cum omne universale praedicari de pluribus habeat, 

nullum autem individuimi de pluribus praedicetur. Sed eodem modo 

inter universale et animai differentia potcrit assignari, cum omne 

universale de pluribus et nullum animai de pluribus... Praeterea 

secundum banc sententiam concedere oportet, quod non-universale 

sit universale et res quae non praedicatur de pluribus, praedicetur 

de pluribus et multos quorum unumquodque de pluribus praedi¬ 

catur, concedat individuimi appellali»]. 





STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



319 



di più cose» (quod natura est de pluribus praedicari ); 

poteva Abelardo con questo, nella maniera già più sopra 

ricordata (nota 254 1 , far procedere insieme la genesi delle 

cose qual è data obbiettivamente in natura, e quella pro¬ 

duzione subbiettivamente umana che è la denominazione, 

e anzi esprimere questa relazione, persino ricorrendo alla 

similitudine della statua, la quale è costituita dalla pie¬ 

tra, che lia esistenza obbiettiva, e dalla forma, ch’è ag¬ 

giunta dalla mano dell’uomo 286 ). 


Ma su ciò si fonda ora il vero e proprio sciboleth, 

che contraddistingue la posizione di Abelardo nel con- 



2BC ) liuti., p. 104 s. : Aristote, au dire d'Abélard, parati l'insinuer 

clairement, qunnd il définit l'universel ce qui est né altribuable à plu~ 

sieurs, quod de pluribus natum est praedicari. Cest une propriété 

uree laqtielle il est né, qu’il a d’origine, a nativitate sua. Ór, quelle 

est la nativité, l'origine des discours ou des noms ? Vinstitution humaine, 

tandis que l’origine des choses est la création de leurs natures. Celle 

différence d’origine peut se rencontrer là méme où il s’agit d’une mème 

essence. Ainsi dans cel exemple : cette pierre et cette statue ne font 

qu’un, l'étal de pierre ne peut ótre donné à la pierre que par la puissance 

divine, l’état de statue lui peut ótre donné par la main des hommes. 

[ed. Geycr, p. 522: «Est alia de universalibus sen¬ 

te n t i a rationi vieinior, quae nec rebus nec vocibus communi- 

tatem attribuit; sed serinones sivc singulares sive 

universales esse disserunt. Quod etiain Aristote¬ 

le s ... . aperte insinuat, cuin ait: « Universale est, quod est natum 

praedicari de pluribus », idest a nativitate sua hoc contrahit, ex insti- 

tutione scilicet.... Hoc enim quod est n o m e u sive s c r m o , ex 

hominum institutione eontrahit. Vocis vero sive rei nativitas 

quid aliud est, quam naturar creatio, e uni proprium esse rei sive 

vocis sola operatione nalurae consistat ? — Itaquc nativitas vocis et 

sennonis diversitas, etsi penitus in essentia identitas. Quod diligen- 

tius exemplo declarari potest. Cum idem penitus sit hic lapis et 

haec imago, alterius tamen opus est iste lapis et a[terius haec imago. 

Constat enim a divina substantia statura lapidis solummodo posse 

conferri, statum vero imaginis hominum comparatione posse for- 

mari»]. Nella traduzione di Boezio, p. 338 [ed. secunda, II, 7: ediz. 

Meiser. Pars Post., p. 135; PL, 64, 462], il passo aristotelico citato 

nella Sez. IV. nota 197, è cioè del seguente tenore: Quoniam autem 

sani haec quidem rerum universalia, illa vero singillatim ; dico autem 

universale, quod in pluribus natum est praedicari , gingillare vero, quod 

non, etc. Qui dunque Abelardo poteva appoggiarsi, per la tesi reali¬ 

stica, alla parola « natum », e al tempo stesso, per la tesi nominali¬ 

stica, alla parola « praedicari ». Così in quell’epoca, ch’era incapace 

di assurgere alla visione dei principii, ma si limitava allo studio 






320 



CARLO PRANTL 



« tra ' Van mdirizzi; ««Perocché, una volta che il 

predicato venga r, conosciuto come naturalmente determi 

nato, ne consegue che nè le cose come tali, nè le paroJ ' 

come tali sono 1 universale, bensì la universalità è ri 

posta soltanto nello stesso praedicari, e dunque in' 

quella maniera di esprimersi ch’è il giudizio, insomma 

el « sermo » : con questo si evita ora la opinione sba 

ghata e insostenibile, che cioè di una cosa possa ori 

carsi una cosa, sì che, a questa maniera, mia co a f 


ugual r e in più - 


e una cm., ma « per r.ppnnto „„ preJica | 0 ' 


E, mettendo „ ra Abelardo in eo„„e„i„„ e eon ' 


conseguenza 1, definizione già riferita del genere ne ‘ 

espressamente che  nega 


mo) sia di • universale il predicato (ser- 


” 3 3ll ° ra ‘“tersale anche la parola in quanto 


paro a poiché alla stessa maniera si potrebbe 


d mLT U Cl,e è “• «. 'ce 


dell alfabet o; „ deve rnvece, in ,„eli„ definir .. tener 


rizzi sano statesenz^tmcozUuIt^o^^* 1 !, 0 he dei J ' vcra ' 'odi- 

lati diversi da uno all’altro scrittore 77'l f°? dame ? to di passi iso¬ 

lai/ Ctteratura in uso nelle scuole Cfr -Y* !u testi e l‘e formavano 


^)Ibid aPPre - S .° k DOta 293 -‘ P1U S ° Pra n ° tC I05 ’ 129 ’ 

buatte à plufieurs, ni ìefchòses'n'i fet* 1 umversel Pst d'origine altri - 

c p n est paste mot. la voix. mais le dilriu, T" Car 


stori du mot, qui est attribuable à divers C e ? t ~ d ~ dire l ' p *prcs- 


dis mots, ce ne sont pas les mots mais Ù . 9 lw, 


g “ P ' Ù S ° Pra (nota 63 > "tato, di GiovauTda Salisb^ “ PaSS °’ 








STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



321 



fisso l’occhio sopra l’oggetto da essa definito, cioè sopra 

lo stesso genere, e con ciò si rende manifesto che nella 

parola singola non è già contenuto il genere stesso nella 

sua totalità, bensì invece la parola ch’esprime il genere, 

viene, in un giudizio, predicata di diverse cose, insomma 

che proprio il giudizio è predicabile, — « sermo est prue - 

dicabilis » —, perchè il pensiero dispone per ordine le pa¬ 

role, in vista della descrizione delle cose 2SS ). Se per con¬ 

seguenza la parola è predicata, non secondo la esterio¬ 

rità del suo effettivo suono, bensì secondo il suo intimo 

significato, e è dunque il suo significato che ne fa un uni- 



- ) Ibid., p. 107 s.: Mais Abelard se faii des objeclions. Comment 

l oraison peni-elle elre un,vergelle, et non pas la voix, quand la des- 

criplion du genre convieni aussi bien à l’une qu'à Vautre ? Le genre 

est ce qui se dii de plusieurs qui diffèrent par Vespèce ; ainsi le décrit 

PorphyTe. Or, la descnption et le décrit doivenl convenir à tout suiel 

quelconque ; c est une règie de logique, la règie De quocumque, et camme 

le discours et Ics mots ont le ménte sujet, ce qui est dit du discours est 

dii des mots. Vane, comme le discours, la voix est le genre. Celle prò- 

posti,on est incongrue, non congruit; car la lettre étant dans le mot 

et par consequent s attribuant à plusieurs comme lui, il s'ensuivrait 

que la lettre est le genre. Cesi que, pour que la description ou définition 

du genre so,t appi,cable il faut qu'on Vapplique à quelque ckose qui 

uit en so, la realite du défim, rem definiti; c'est la condilion de l'appli- 

catwn de la regie De quocumque, et ici catte condition n'existe pus 

Le mot ne contieni pas tout le défini, il n'en a pas laute la compréhen- 

s,on et ,1 n est atlnbue a plusieurs, affirmé de plusieurs, pracdicatum 

de pluniras. qU e parce que le discours est prédicable. est sermo prac- 

dicabibs, c est-a-d,re parce que la pensée dispose des [si direbbe che 

Franti intenda come « fosse scritto « Ics »] mots pour décrire toutes 

choses [ed. Geyer. p. 522-23: «Cui sementine opponi- 

tur. 1 rimimi enun quaeritur, cur sermones et non voces esse uni- 

versale? astmant cum descriptio generis tam vocibus quam sermo- 

mbus conveniate De quocumque enim praedicatur descriptio, et de- 

scriptum; sed descriptio generis praedicatur de voce, cum vox sit 

ifiud quod praedicatur de pluribus differentibus specie etc.; vox «ri- 

tur est genus. — Quod sic s o 1 v i t u r: Huic argumentationi; 


Cst ' , . , '' ,j US ' ^ mUd q "° d praedicatur ' ( iuia est sermo 



PaANTL, Storia detta logia, in Occidente, II. 










322 



CARLO PRANTL 



versale 289 ), ben può dirsi a questa maniera che il genere 

e la specie sono una parola (vox), ma non già, viceversa, 

che la parola è la specie o il genere, perchè la essenza 

individuale, che è la parola, non può essere predicata 

di più cose, mentre si può, con una tale concezione, am¬ 

mettere invece, senza difficoltà, un essere obbiettivamente 

reale, corrispondente ai generi e alle specie 2D0 ). Generi e 



2#s ) Ibid.. p. 108: On peut dotte dire que le discours étanl un gente, 

et le discours étant un mot, un mot est le genre. Seulement il faul ajouter 

que c'est ce mot uvee le sens qu’on a entendu lui donner. Ce n'est pus 

l essence du mot, en tant que mot, qui peut ètre attribuée à plusieurs ; 

le son vocal qui constitue le mot est toujours actuel et particulier à 

chaque fois qu’on le prononce, et non pas universel ; mais c'est la si- 

gnification qu'on y attaché qui est générale [cd. Geyer, p. 523-4:« Cum 

haec vox sit hic sermo et hic sermo sit genus, quomodo ratiouab ili- 

ter negari poterit, quin haec vox sit genus ? Quod sic solvitur: Cum 

dicimus « hic sermo est genus», tale est ac si dicamus: sermo huius 

institutionis est genus. Sed cum dicimus « haec vox est genus », 

tale est ac si dicamus: haec essentia vocis est praedicabilis ctc., 

quod falsum est.... — Concedimus itaque has esse veras: Hoc nomen 

est genus, hoc nomen est universale. Similiter: Hic sermo « animai» 

est genus, hoc vocalndum « animai » est genus et universale, et si¬ 

militer omnes in quihus subicitur vox innuens institi! tionem, 

non simpliciter essentiam vel prolationem, sed signifìcationem 

et praedicans eommunitatem, sicut est: genus, universale, sermo, vo- 

cabulum, dictio, oratio.... »]. 


*®°) Ibid., p. 108-9: Abélard.... permei qu'on dise que le genre 

ou l'esp'ece est un mot, est vox, et il rejette les propositions converses ; 

car si l on disait que le mot est genre, espèce, universel, on attribue- 

rait une essence individuelle, celle du mot, à plusieurs, ce qui ne se 

peut. C'est de mème qu'on peul dire: cet animai ( hic status animai) 

est cette matière, la socratité est Socrate, l’un et l’aulre de ces deux 

est quelque chose, quoique ces propositions ne puissent ètre renversées 

[ed. Geyer, p. 524: « Nota tamen, quod haec propositio vera est: 

genus est vox et species est vox. Tale est enim ac si dicatur: generale 

vocabulum est vox vel speciale. Convcrsae harum, scilieet: vox est 

genus vel vox est species, non sunt concedendae, cum per illas com- 

munitas essentiae ostendatur, quae similiter in omnibus reperitur. 

Concedimus exiirn propositiones: hic status animai est, haec materia 

Socratis est Socrates, utrumque istorum est aliquid; conversas vero 

istarum negamus omnino, scilieet: homo est hic status animai, 

Socrates est materia Socratis, aliquid ast utrumque istorum»), — 

Dialect., p. 480: in significationibus suis vocabula saepe nominantur , 

ut cum ea quoque vel genera vel species vel universalia vel singularia 

rei substantias vel accidentia nominamus. Nomen autem.... hoc loco 

accipiendum est quaelibet vox significativa simplex, qua rebus prae- 

posita vocabula praedicamus. 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



323 



specie, cioè, in quanto sono da noi pensati, si riferiscono 

bensì a qualche cosa che esiste, e questa cosa afferrano, 

ina soltanto in senso figurato poteva dirsi che essi esistono 

quali universali pensati da noi, poiché il senso proprio di 

tale espressione è solanieute questo, che esiste cioè qual¬ 

che cosa che dà luogo a questi universali 291 ). 



2tfl ) Ibid., p. 109 10: Il décide que. bien que ces concepts (ma chi 

sa se nell’originale latino ri leggerà in questo punto « conceptus » ? 

io eongetturo piuttosto che vi si dica « intellectus » : v. appresso le 

note 313 ss.) ne donneiti pas les choses camme discrètes , L, 64, 121-2], p. 84: rfr. 

la Sez XI, nota 44), secundum quas ipsa genera, quae ab ipsis di¬ 

visa sii nt. specificantur.... Nec cum ipsae generis subslantiam in spe¬ 

derà reildunt, ipsae quoque in essentiam speciei simul transcunt, sed 

sola "enera vel subjecta specificantur, non qmdem separata a difie- 

rentiis. sed, nisi ei differentiae adveniunt, ipsa sola non etiam 

differentiae species efficitur, non quidem cum differentiis, sed per 

differentias, sicut in libro Partium, tractatu speciei, disseruimus 

(v la nota 272). Si enim differentiae in speciem transferrentur cum 


lenere . ipsas de substantia rei esse, et in partem malenae venire 


rontineeret.... (p. 478) Nihil.... aliud materia jam fannie aclual,ter 

contunda quam ipsum materiatum, ut nihil aliud est hic annulus 

aureus quam aurum in rotundilalem duetum.... Stalline.... compostilo, 


quem Boethius (p. 88) ponit . species non riddar, cum nec materia 


sit unum, sed operatione hominum, nec substantiae nomen, sed acci- 

dentis cum statua videtur et a quadam compositione sumptum. 


z»«) Introd. ad t/no/.. II, 13, p. 1083 [98]: Cum autem species ex 

genere creaci seti gigni dicantur, non lanieri ideo ri eresse est,genus 

speries suas tempore, vel per existentiam precedere, ut videlicet 

ipsum prius esse contigeril quam Mas. Numquam eternai genus nifi 

per aliquam speciem suam esse contingit, vel ullatenus animai juit, 

antequam calumale vel irrationale fuerit : et ita quaedam species cum 

suis generibus simul [99] naturaliter existunt, ut dMlatenus genus 

sino illis, sicut nec ipsae sine genere esse‘pomerint [PI., 178, lOtuj. 










328 



CABLO PRANTL 



praedicatio, la quale può riferirsi ora alla forma, ora alla 

cosa formata da questa, e via dicendo 29? ). 


Ma dovendosi, a proposito di questo generarsi delle 

specie dai generi, toglier di mezzo quella più difficile que- 

stione riguardante gli opposti (v. sopra le note 113 e 

ilo s.), ecco qual è su questo punto il modo di vedere di 

Abelardo: La diversità delle specie può essere determi¬ 

nata soltanto dal fatto che sussiste ima diversità delle so¬ 

stanze; ma questa è un prodotto della differenza specifica 

la quale si chiama sostanziale, proprio perchè realizza 

entro la sostanza ima separazione di gruppi, e con ciò, 

al tempo stesso, una unità dei gruppi così separati, eia- 

scuno dei quali ha una comune natura 888 ); e a quel 

modo che, per conseguenza, la materia, ch’è il genere, non 

si presenta più, hi identità di essenza, in tutte quante le 

specie, cosi dalla differenza specifica vengono esclusiva- 

mente prodotte soltanto le specie della sostanza stessa; se 

perciò tutte le altre specie, che non procedono dalla so¬ 

stanza, si debbono generare senza l’azione esercitata da 

una differenza sostanziale e debbono pertanto aver il prò- 

pno fondamento nella sola materia, la unità di quest’ul- 

tnna va intesa come somiglianza di essenza (consimili- 

tudo), dalla quale per es„ nonostante la comune essenza 



ipslls^nriti^t ^ P> 1277 f183]: ^oprie,as ilaque n,aterine 

ZZ, v/, , secundum quam ex ea materialitcr al,quid fieri 


habe'. Materiati vero proprietàs est ipsa e converso postcrioritas Pro 

prietates itaque ipsae impermixtae sunt per praedicMionem licei iosa 

proprietà.... permixtim de eodem praedicentur. Aliud quippe est prue 

Ì7{/~\^]. f ° rma,Um ÌPSUm ' h - e - iP sam Jormae subjec- 

“ ) Dialect., p. 418: Diversitas itaque subslantiae diversitatem 


quae natura substantiae divina univit operatio. 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



329 



(lell'esser colori, non rimane esclusa la opposizione con¬ 

traria del bianco e del nero 2 "). 


Così Abelardo tiene distinte, da un lato, quelle forme, 

che son, esse medesime, essenze, e che bisogna pur che 

entrino nella materia, la quale sta a loro fondamento 

( subiectum ), per far di questa qualche cosa, che senza 

quelle non sarebbe, — e, dall’altro lato, quelle forme, che 

per se stesse non sono essenze, ma son di già contenute 

nella materia del genere 300 ) ; naturahnente nelle prime 

c’è la differenza specifica vera e propria, a quel modo che 

nelle seconde c’è la così detta nota casuale di differenze 

accidentali, cioè queU’adiacerma (nota 284), cli’è oggetto 

della predicazione non-sostanziale 301 ). Ma, con ciò, gli 

opposti, nelle forme sostanziali, sono derivati soltanto 


! ") Uh/., p. 400, dove al passo citato più sopra (nota 113) fa 

sèguito: Si enim omnium specierum est eadem in essentia materia , tunc 

albedinis et nigredinis et caeterorum contrariorum, quae omnia.... ejus- 

dem generis species esse necesse est.... Nostra quoque sententi a te net, 

solas substantiae species differentiis confici , caeterasque species per 

solam subsistere materiam, sicut in libro Partium ostendimus. Si ergo 

eadem prorsus est materia, quae est in ipsis diversitas ? Sed eadem 

(cioè diversitas in ipsis est), quae est in consimilitudine substantiae, 

non indeterminatae essentine. Ncque enim ea qualitas, quae est essentia 

albedinis , essentia est nigredinis , essel enim albedo nigredo, sed con¬ 

similis in natura generis superioris. Consimilitudo autcm vel sub- 

stantiae vel jormae contrarietatem non impedit. Riguardo alla consi¬ 

militudo, e£r. qui appresso la nota 307. 


30 °) Pseudo-Abael. de intell., edito dal Cousin, Fragm. phil. 

(1840), p. 495 s. [Opera, II, p. 755]: Alii autem, qui quasdam formas 

essentias esse , quasdam minime, perìiibenl. sicut Abaelardus et sui , 

qui artem dialecticam non obfuscando sed diligentissime perscrutando 

dilucidante nullas formas essentias esse approbant, nisi quasdam qua- 

litates, quae sic insunt in subjecto , quod subjectum ad esse earum non 

sufficit , sicut ad esse quantitatum ipsum subjectum sufficit... et ad 

esse sessionis necessaria est dispositio partium... Nullam enim for- 

mam essentiam esse asserunt, cui... poterit assignari... subjectum ad 

esse illius sujfficere. 


Theol. Christ., Ili, p. 1280 [487]: sire illa forma sii com- 

munis differentia, h. e. separabile accidens. ut nasi curvitas, si ve magis 

propria differentia, i. e. substantialis, sicut est rationalitas, quae sci - 

licet substantialis differentia non solum facit alterum , i. e. quoquo 

modo diversum, verum etiam aliud, h. e. substanlialiter atque specie 

diversum [PL, 178, 1251]. Qui la fonte è Porfirio (Sez. XI, nota 44), 

cioè Boezio [ad Porph. a se transl., lib. IV], p. 79 ss. 










330 



CARLO PRANTL 



dall'attività della differenza specifica e sono senz'altro 

separati, mentre, trattandosi delle forme non-sostanziali, 

ci si presentano nella materia del genere, quali possibi¬ 

lità’' 2 ): e Abelardo, dato che per lui a base di tutte 

quante le opposizioni puramente qualitative non c’era 

un substratum sostanziale, mentre un tale substratum 

andava riconosciuto esclusivamente per quelle opposi¬ 

zioni che vengono a costituir delle specie, poteva molto 

facilmente, con il mantenere la non-unificabilità degli 

opposti, sottrarsi a quella difficoltà che più sopra (nota 

115) abbiamo veduta 303 ). ' 


Ma mentre a questo modo quel processo di creazione, 

nel quale la differenza specifica opera separando, e le spe¬ 

cie cosi separate si raccolgono in raggruppamenti unitari 

(nota 298), si estende, in progrediente graduazione, sino 

all individuo singolo, il quale è, come tale, essentialiter 

o entialitcr (non tuttavia secondo la sua sostanza) sepa- 

rato dal suo simile 3 °fre (B0tZI0 ’ P- ™ 

nox7Lì h -md ÌS lil l P Ì80 3 r487F-T ^ già , più s °P ra ' aUa 


mero sun, difierenlia. q uae loia JL ,.,L. Z^ZTentt disTctsum 

sire solo numero ab inviami disteni , ut Socrate* e, i>LT ’ 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



331 



mente come im nome generale equivoco 305 ), ma invece la 

« subsiantia », in quanto è questo il concetto del genus 

generalissimum, dev'essere considerata come quella su¬ 

prema ultima materia, sulla quale incomincia a eserci¬ 

tarsi Fattività della differenza specifica 308 ). 


Così Abelardo, in quanto è platonico, insegna mia 

ontologia obbiettiva degli universali, la quale da un lato 

vantaggiosamente si distingue, per la maggior cura con 

cui si giova di Boezio, dal più grossolano realismo di 

Guglielmo da Cbampeaux, ma al tempo stesso, mediante 

il concetto già sopra menzionato (nota 299) di consimili- 

tulio, viene, d’altra parte, in certo modo, a mettersi in 

contatto con l’autore dello scritto De gen. et spec. (no¬ 

te 163 e 177) o con la teoria (nota 132) della indiffe¬ 

renza 807 ). 


[mi ma dallo stesso principio Abelardo trae insieme 

partito secondo il punto di vista aristotelico ]. — Ma ora, 

quanto a quell’altro modo di vedere di Abelardo, die si 



305 ) Glossae ad Porph. (riferite dal Cousin), p. 568: Ens est aequi- 

vocimi.... [569] videlicet illam definilionem, quam habel ens in prae- 

dicamento substantiae, nunquam habebit in praedicamento quantità- 

tis.... Ens non habet unam substantialem diffinitionem, cum qua prae- 

dicalur de omnibus generalissimis, cum hac diffinitione praedi- 

catur ens de substantia : substantia est ens, quod ncque est qualitas 

nec quantitas etc. — V. la Sez. XII, nota 89. 


30li ) Ibid.. p. 565: Substantia est generalissimum, quia est solum 

genus.... — (p. 566) quemadmodum substantia est genus generalis¬ 

simum, cum suprema sii, eo quod nullum genus supra eam sit, etc. — 

Inoltre il passo citato più sopra, nota 298, e Dialect., p. 485: Genus 

omne naturaliter prius est suis speciebus.... genus [est materia] spe- 

cierum. 


307 ) In una maniera consimile, che ricorda quelle teorie, si espri¬ 

me Abelardo, Theol. Christ., Ili, p. 1261 [468]: Sed nec Socrates, 

cum sit a Platone numero diversus, li. e. ex discretione propriae essen- 

tiae ab ipso alius, litio modo ideo ab ipso aliud dicitur. h. e. substantia- 

liier differens, cum ambo sinl ejus[dem ] naturae secundum ejusdem 

speciei convenientiam, in eo scilicet [1262] quod uterque ipsorum homo 

est. — Ibid., p. 1279 [486]: Idem vero similitudine dicuntur quaelibet 

discreta essentialiler, quae in aliquo invicem similia sunl, ut specics 

idem sunt in genere vel individua idem in specie [PL, 178: 1232 e 

1250]. — Cfr. anche appresso la nota 337. 










332 



CABLO FRANTI. 



accorda con il punto di vista logico di Aristotele, bisogna 

che tentiamo di metter in chiaro, in qual maniera do¬ 

vesse, secondo lui, intendersi il concetto già ricordato 

(note 286 ss.) di « sermo », e com’egli ne determinasse 

minutamente il fondamento: e qui fin da principio sem¬ 

bra esser degno di nota ch’egli, rimanendo assolutamente 

fedele al punto di partenza da cui lì aveva preso le mosse, 

si attiene a passi contenuti nel libro De interpr. 


Se cioè deve tenersi fermo il principio dianzi enun¬ 

ciato, vale a dire che il praedicari è degli universali, quali 

sono naturalmente determinati, si ha anzi tutto una sem¬ 

plice parafrasi dello stesso principio, quando si afferma 

che la predicazione (sermo) è in rapporto di originaria 

affinità con le cose 308 ) : tuttavia, com’è naturale, ciò va 

inteso nel senso che la denominazione (vocum impositio ), 

venendo dopo, è condizionata e dipendente dalle cose ob¬ 

biettive che essa significa ( res significala) 30S ), anzi che, in 

questo senso, anche la significano della parola è ancora 

quel primum, dal quale soltanto dipende la parola come 

parola 310 ). Vero è poi che a questa maniera i generi e 

le specie non sono nient’altro che ciò che da queste 

parole è significato 3n ), ma quel che da esse è significato. 



3 " 8 ) Introd. ad theol., II, 10, p. 1074 [90]: Conslat quìppe , juxta 

Boethium ac Platonem , cognatos de quibus loquuntur rebus oportere 

[91] esse semiortes [PL, 178, 1062]. — V. Boezio, ad Ar. de interpr. 

[ed. seconda, II, 4: ediz. Meiser, Pars Post., p. 93; PL, 64, 440-11, 

p. 323. J 


30 °) Dialect., p. 487: vocem secundum imposilionis suae originem 

re significata posteriorem liquet esse. — Ibid., p. 350: Si nòminis 

hujus. quod est « homo », propriam impositionem tenueril, secundum 

id scilicet, quod substantiae hominis ut existenti ex animali et rationa- 

litote et mortalitate datum est, ratam omnino conseculionem viderit. — 

Inoltre il passo ricordato più sopra, nota 255. 


31 °) Dialect ., p. 345: neque enim nomina ncque verbo sunt, suis 

non existentibus significationibus. — Ibid.. p. 482: [propria signifi- 

catio. illa ] scilicet. de qua inlelleclum proprie vox queal generare. 


3iI ) Glossae in Porph.. p. 567: genera et species. id est ipsa signi¬ 

ficata harum vocum, come pure nel passo riferito più sopra (nota 

278) si dice sempre: sex voces et significata eorum. 












STORI \ DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



333 



in altro non può consistere, a sua volta, se non nei pro¬ 

dotti (li quel processo di creazione, onde dal genere si 

scende giù giù sino all’individuo: e avendo i generi e le 

specie una esistenza concreta soltanto negl’individui, nella 

proposizione « Socrate è un uomo » noi parliamo per 

esempio soltanto di quel che significato da queste pa¬ 

role, ina non già delle parole stesse, in quanto parole 312 ). 


Ma proprio poiché i generi e le specie non sono ciò 

ch’esiste concretamente, l’antico motto « singultire senti- 

lur, universale intelligitur » conserva il proprio valore: 

ed essendo, dal concetto intellettivo ( intellectus ), affer¬ 

rato ciò che non cade sotto i sensi 3113 ), bisogna che — 

poiché quell’universale che non cade sotto i sensi, è ciò 

ch'è destinato a esser predicato — 1 esso concetto necessa¬ 

riamente contenga in sé il principio onde si genera la 

predicazione, e venga alla coscienza, attraverso qualsiasi 

predicato, come principio del generarsi di questo, ovve- 

rossia: sermo generalur ab intellectu et generar infelice- 

tum 314 ). Così il « predicare » (sermo) è il terreno degli 



312) Diale et., p. 204: Neque enim substantia specierum diversa 

est ab essentia individuorum, sicul in Libro (leggi primo: v. la nota 

272) rartium ostendimus , nec res ita sicut vocabolo diversas esse con- 

tingit. Sunt namque diversae vocabulorum in se essentiae specialium 

et singularium, ut « homo » et « Socrates sed non ita rerum diver¬ 

sae sunt essentiae. Unde Ulani rem, quae est Socrates. Ulani rem. quae 

homo est, esse dicimus ; sed non illud vocabulum, quod est « Socrates », 

illud, quod est « homo», linde quod in re speciali contingit, et in ipsius 

individuis necesse est contingere, cum videlicet nec ipsae species ha- 

beanl nisi per individua subsislere, nec in ea, quae informant et ad 

invicem jaciunt respicere, nisi per individua, venire (cfr. la nota 296). 


313) Introd. ad theol., li, 3, p. 1061: Proprie.... de invisibilibus 

intellectus dicitur, secundum quod quidem intellectuales et risibiles 

naturar dislinguuntur [PL, 178. 1052: e cfr. PL, 76, 1202], 


3U ) Theol. Christ.. I, 4, p. 1162 a. [365]: Licei etiam ipsum no- 

strae mentis conceptum ipsius sermonis lan i effemini quam causam 

ponere, in proferente quidem causam. in audiente effeclum, quia et 

sermo ipse loquenlis ab ejus intellectu proficiscens generalur, ut cum - 

(leni rursus in auditore generel intellectum. Pro hac itaque maxima 

sermonum et intellectuum cognatione non indecenler in eorum nominibus 

mutuas fieri licei translationes : quod in rebus quoque et nominibus pro- 

pter adjunctionem significationis frequenter contingit [PL, 178, 1130]. 












334 



CABLO PRA.NTL 



alcunché di predicato), bensì soltanto nel 

fn) ispirazione aristote/im 


al giudizio (praedicari) I _ jù a m dato 

ce- intellettivo lin e" ^ 1“' “n- 


non cade , ,1,,,; e "p *» ■“ ■»“» 


lenivo. Con Jè U 00 “ en “ U Intel- 


povalità (cfv. la nota 252) Tv '7 ’ m mon,e n‘o di tem. 


M»v enunciato, richiede „„ cèrio i'.'mm,!!" per 


"'ente significante, * non dopo che tnt.e k ,T ' '“'i 


.teno successi va mente fatte innanzi- e r, ' r„ alicujus exist.it.... fìuod intei 


cativam dicere, quod unum P de hU*eó"""l ."™‘ 9u, ' ml,bel ’ta signifi- 

,V U ! ,a f,,nte è Boezio (ad Ar de ituern l ? tellectus ooncipiatur. 

Meiser p ars Post ^ ss • PI T, P ‘ Ynf 1 ' 1 seeu “ da - I. 1; ed. 


Sez. XII, nota 110. - 64 ’ 402 S -L P- 296 s.; V. Ja 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



335 



siste nella unità di quel pensiero, che esso fa nasce- 


-re sl8 )- 


Ma proprio perciò il giudizio, al pari della parola, in 

quanto questa è elemento del giudizio stesso, ha essen¬ 

zialmente due lati a un tempo, uno dei quali consiste 

nelle cose, delle («de») quali il giudizio tratta {signi¬ 

ficai io reali*), mentre l’altro riguarda il pensiero, che 

esso giudizio contiene e genera, ma del quale non tratta 

(significatio intellectualis ): e c’è pertanto parallelismo 

tra essere e non-essere, nella realtà obbiettiva, ed esser 

vero e falso, rispetto al giudizio 317 ). Ben è vero, cioè, 


316 ) Ibid., p. 297: ....ut multiplìcem illam dictionem dicamus, 

quae pluribus imposila est, ex quibus non fit unum, li. e. plura in 

sentenlia tenet non secundum id, quod ex eis unus procedal intellectus. 

Sic autem e converso omnis illa una est diclio, quae plurium signi¬ 

ficativa est. secundum id, quod ex eis unus intellectus procedal. V. Boe¬ 

zio, p. 335 [o non forse 328? Loc. ult. cit. II. 6. p. 106 ss.: PL, 64, 

447-8] (cioè Aristotele: v. la Scz. IV, note 185 ss.). 


317 ) Ibid., p. 238: Sunt igitur veruni ac falsum nomina intel- 

lectuum, voluti cum dicimus „intellectus verus et falsus “, h. e. habi¬ 

tus de eo, quod in re est vel non est, quos quulem intellectus in animo 

audientis prolata propositio generai.... Sunt cursus vertim ac falsum no¬ 

mina proposti 1 onum, ut cum dicimus ,,propositio vera vel falsa" i. e. 

veruni vel falsum intellectum generane. Significant propositiones idem, 

quod in re est, vel quod in re non est. Sicut enim nominum et verborum 

duplex ad rem et ad intellectum significatio. ita etiam propositiones, quae 

ex ipsis componuntur, duplicem ex ipsis significationem contrahunt, 

unam quidem de intelleclibus, aliam vero de rebus.... Patet insuper 

adco, per propositiones de rebus ipsis. non de intellectibus nos agere. 

— p. 240 s.: Restat itaque, ut de solis rebus, ut dictum est, propositiones 

agant, sive idem de rebus, quod in re est, enuncient, ut „homo est ani¬ 

mai, homo non est lapis “, sive id, quod in re non est, proponant, ut 

„homo non est animai, homo est lapis “, ut etiam de significatione reali 

propositionis, non tantum de intellectuali, suprapositae [Prautl cor¬ 

regge: supraposita] propositionis diffinitio (Boezio, p. 291 [? Corri¬ 

sponde a loc. ult. cit., Prooem., p. 7 ss.: PL, 64, 395-6]) possit exponi 

sic significane veruni vel falsum, i. e. dicens illud, quod est in re 

vel quod non est in re“, et in hac quidem significatione veruni et fal¬ 

sum nomina sunt earum exislentiarum rerum, quas ipsae propositio¬ 

nes loquuntur. Cum autem eamdem dijfinilionem et de intellectibus 

ipsis hoc modo exponimus „significanles [Prantl: significane] verum 

vel falsum, h. e. generane secundum inventionem suam de rebus, de 

quibus agitur. verum vel falsum intellectum “, lune quidem ipsos nomi- 

nani [Prantl: nominai] intellectus. Nota autem, sive de intellectibus 

sive de rerum existentiis exponamus, orationis praemissionem necce- 







336 



CARLO PRANTL 



che la parola « praedicari » ha tre significati: vale a dire, 

ni primo luogo la si usa, in modo affatto estrinseco, per 

significare la semplice collocazione di un soggetto e di 

un predicato, imo di seguito all’altro, fatta astrazione da 

qualsiasi contenuto reale; ma poi quella stessa parola 

concerne, in doppio senso, la relazione, qual è data effet¬ 

tivamente nella realtà obbiettiva, in quanto che, riguardo 

a quel tale processo di creazione (note 294 ss. e 312), il 

praedicari mette in rapporto con la materia del genere 

o il formato ( materiatum ) o la forma ; tuttavia, com’è 

naturale, soltanto tale relazione, espressa dal termine 

praedicari in queste due ultime sue accezioni, è ciò di 

cui («de quo») tratta il giudizio: e in tale significalo 

praedicari vai quanto esse, sicché, — in quanto non pos¬ 

siamo enunciare giudizi, se non con parole — che im 

giudizio sia affermativo, o un altro negativo, e via di¬ 

cendo, queste son distinzioni che ricadon nell’orbita della 

modalità della espressione 318 ). Inoltre c’è pur coinci¬ 

denza tra quel duplice riferimento che può esser con¬ 



tenuto nei giudizi, e l’antica distinzione tra « de subie- 



soriani esse. Qui la fonte si trova in Boezio, p. 321 [corrisponde 


a tm iM ' V/ 7 64 ’ 437 ~ 8] -~ Cf "- anche la 347 - 


) Unii., p. 366-7 : Tnbus autem modis „praedicari “ sumilur : 


uno quidem secundum enuntiationem vocabulorum ad se invicem in 

conslructione ; duobus vero secundum rerum ad se inhaerentiam, aut 

cum videlicel in essentia cohaeret sicut materia materiato, aut cum 

alterum alteri secundum adjacentiam adhaeret, ut forma materiae. Ac 

secundum quidemenuntiationem omnis enunliatio.... praedicatum et sub- 

jectum li a bere dicitur.... Sed non de his in propositione aeitur. sed 

de predicanone tantum rerum, illa scilicet solum. quae in essentia, 

quae verbo subs,antico expnmitur. consista!.... Tantum itaque ..praedi- 

can illud accipimus, quantum si „hoc Mud esse 1 * diceremus. tantum 

per ,,removeri'\ quantum per ,,non esse 1 *.... Cum itaque per ..praedi- 

cari , „esse accipiamus, superflue rei „rere“ vel .. affermative “ appo- 

nitur: Quod emm est aliquid, vere est illud, affirmative autem enun- 

tiatioms est determinano, quia tantum in vocibus consisti/ affirmatio 

sicul et modi vel determinationis oppositio [leggi con il Pronti appo- 

sitio). Modus emm vel determinano (v. la Sez. XII, nota 119) tantum 

vocum sunt designatila, quae solae moderanmr vel determinata [Prantl: 

determinantur] in enuntiatione positae. V. le note 327 e 375. 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



337 



c/o» e « in subiccto » (v. la Sez. XII, nota 92), e la h>x 

praedicamenti ha la propria sfera d’influenza proprio 

in quelle due accezioni reali del giudizio 31 °). 


Con ciò ci è resa ora soltanto interamente perspicua 

la su riferita partizione della dialettica (note 272 ss.) 

secondo Abelardo. Tutto sta nel sermo, cioè nel giudi¬ 

zio. Ma è anche vero che gli universali sono i predicati 

che son nati, che sono stati generati nel processo della 

creazione, e il pensiero li aff erra, secondo la dottrina di 

Platone, e, secondo la logica di Aristotele, li enuncia, 

come universali, nel giudizio: e anzi perciò Abelardo, 

accanto alle solite quinque voces, ne annoverò ancora 

mia sesta, cioè anche l’individuo (note 278 ss.), poiché 

l’individuo, quale prima substantia (Sez. XII, nota 91), 

ovvero, come qui anche lo si denomina, quale princi- 

palis substantia, viene designato appunto con quella pa¬ 

rola (vox), che corrisponde all’ultimo grado del pro¬ 

cesso della creazione 3l2 °). Ma poi, giacché Abelardo con¬ 

siderava la differenza specifica esclusivamente come 

forza efficiente, e non come tale che passi essa medesima 

nella materia del genere (nota 295), egli si trovava a 

dover prendere qui il nome della differenza non quale 

sostantivo, come aveva fatto Guglielmo da Champeaux 



319 ) Glossae in Categ ., p. 579 s. : omnia.... aut dicuntur de princi ’- 

palibus substantiis sibi subjectis.... servata lege praedicamenti.... aut 

sani in eis subjectis. Un diverso modo di esprimersi, in luogo di 

questo, si ha (ibid ., p. 585 s.) nella distinzione tra praedicari sub - 

stantialiter e praedicari accidentaliter (Boezio, p. 131 \i.n 4r Praed 

I; PL, 64, 189]): cfr. la nota 322. 


m> ) Ibid., p. 584: species, in quibus conlinentur principales sub- 

slamine.... genera et species ordinata post principales substantias sola.... 

dicuntur secundac substantiae (e ripetutamente a questa stessa ma- 

mera). p. 591 : Vere primae substantiae significanl aliquid hoc indi¬ 

viduale, quia illud, qund significatur a prima substnnlia, scilicet quae 

tox est sicut et consimilia (così si deve leggere secondo il mano¬ 

scritto, con una piccola modificazione; la lezione del Cousin dà un 

controsenso), est individuum et unum numero, i. e. parificalum nu¬ 

merali descriptione, i. e. significatur ab hac voce, quae est individuum 

et unum numero. 


" 0* Prantl, Storia della- topica in Occidente, II. 













338 



CABLO PRANTL 



(nota 108), bensì alle obiezioni che su questo punto 

furono sollevate anche da altri (nota 122), poteva sot¬ 

trarsi con l’interpetrare la parola che designa la diffe¬ 

renza, come un aggettivo derivato da questa ( — « sump- 

, um » —,) ss)). Ma a quei predicati nati seguono poi 

nelle Categorie le cose stesse, in quanto vengono desi¬ 

gnate con parole — « naturae, quae vocibus designati- 

tur » — e per conseguenza le categorie contengono le 

cose a22 ), mentre appresso vengono prima di tutto con¬ 

siderate le parole, in quanto esse sono ciò che designa, 

e costituiscono il passaggio al giudizio (sermo) stesso, 

che è composto da quelle. 


[o) anche il preteso intellettualismo di Abelardo de¬ 

riva dal suo aristotelismo]. — Ma allora il giudizio non 

contiene già le cose, bensì contiene il pensiero ( in- 

telleetus), e invece tratta intorno alle cose, ma non 



321) Dialect., p. 456 : De nominibus dififerentiarum sciendum est, ut 

non quidem substantiva, sed sumpta a dififierentiis sumantur, posita 

lumen loco specierum. Oportet eitim in eadem significai ione vocabula 

dijjerentiarum sumi in divisione generis, in qua significatione ipsa 

in dijfinitione speciei ponuntur, cum scilicel nomini generali adjacent.... 

(p. 457) sicut in nostra fixum est senlentia, nullo modo inter accidentia 

dififerentias admiltamus (v. sopra le note 300 s.). Quod autem Porphyrius 

per dififerentias genus in species dividi dixit, secundum eam dictum 

est sentenliam. qua naturam generalem in species redigi atque distri¬ 

buì per susceptionem dififereniiarum realiter voluit ; aut potius per difi¬ 

ferentias genus in species dividi voluit, cum earum vocabula adjuncla 

nomini generis speciem designant, atque diffinìtionem speciei compo- 

nunt. hoc modo „animai aliud ralionale, aliud irrationale animai .‘ — 

Ihid , p. 189: In sumplis enim non ea, quae ab ipsis nominantur, com- 

parantur, sed tantum fiormae, quae per iosa circa subjccta determinane 

tur ; alioquin et subslantias ipsas comparaci contingeret, quae saepe 

a sumptis nominibus nominantur, ut ab eo quod est album.... 


322 ) lbid.. p. 209 e 245, cioè due passi, che sono stati citati di 

già più sopra, nota 272. Ma vedi inoltre a p. 220: Subiectarum vero 

rerum diversitas secundum decem Praedicamentorum discretionem su- 

perius est ostensa, qua [Cousin: quae] principale ac quasi substan- 

tialis nomini significano detur. Caeterae vero significationes, quae se¬ 

cundum modos significando accipiuntur, quaedam posteriores atque ac¬ 

cidentale* dicuntur. — Cfr. la nota 319. 






STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



339 



già ili quanto le significhi, bensì in quanto contiene la 

connessione, afferrata dal pensiero, tra le cose e il pro¬ 

cesso di creazione. Laddove per conseguenza il predi¬ 

care Tessere (nel giudizio) non è esso medesimo un es¬ 

sere, nel predicare si tratta di uno stato di cose reale, 

cioè della connessione obbiettivamente reale tra ciò ch’è 

significato dal soggetto, e ciò cli'è significato dal predi¬ 

calo 323 ). Questa distmzione fra « contenere » e « trat¬ 

tare » forma l’intimo nòcciolo della concezione del giu¬ 

dizio secondo Abelardo 324 ). È ben vero, cioè, che il predi¬ 

cato ha un suo aspetto grammaticale, e che, designando 

noi nel giudizio una sola e medesima cosa con varie de¬ 

nominazioni (come per esempio quando chiamiamo So¬ 

crate ora uomo, ora corpo, ora sostanza), appunto in ciò 

consiste una differenza tra la espressione verbale e la 

realtà (efr. la nota 312); ma mentre la praedicatio per 

eè sola, avulsa dalla obbiettiva rerum inhaerentia, non è 

assolutamente nulla, precisamente la logica ha il compito 

di studiare il giudizio, in questo senso, dal lato della 

espressione verbale S2S ). Anzi quel che più importa è pro- 



32S ) lbid., p. 241: Digrumi miteni inquisitione censemus, utrum 

Mae existentiae rerum. quas propositiones loquiintur, sint aliquae de 

rebus existentibus.... — p. 245: Clanim ilaqiie ex suprapositis arbi¬ 

trar esse, res aliquas non esse ea, quae a propositionibus dicuniur.... 

Palei insuper, ea quae propositiones dieunt nullas res esse, cum vi- 

delicet nulli rei praedicatio eorum apiari possit ; de quibus enim dici 

putest, quod ipsa sint ..Socrates est lapis “ vel ..Socrates non est lapis"?. 

...Esse autem rernaliquam vel non esse, nulla est omnino rerum essentia. 

Non itaque propositiones res aliquas designant simpliciter quemadmo- 

dum nomina. Imo qualiter sese ad invicem habeant, utrum scilicel sibi 

conveniant annon, proponunt ; quae idcirco verae sunt, cum ita est in 

re sicut enunciant, lune autem falsae, cum non est in re ita. Et est 

projecto ita in re, sicut dicit vera propositio, sed non est res aliqua, 

quod dicit. linde quasi quidam rerum modus habendi se per proposi- 

liones exprimitur, non res aliquae designantur. 


s24 ) Soltanto dall’avere disconosciuto questa differenza è derivato, 

che il Cousin, e con lui l’Hauréau e il Rémusat, abbiano ravvisato 

nella dottrina di Abelardo un intellettualismo o concettualismo. 


3 “) Dialecl., p. 247 s.: Si quis itaque secundum rerum inhaeren - 

tiam rcalem acceperit praedicationem ac subjectionem , secundum id 






340 



CARLO FRANTI. 



prio ciò, di cui il giudizio « tratta »; ma ciò non è nè la 

parola nè il pensiero (intellectus), poiché non può dirsi 

che dalla esistenza di tuia data parola venga posta la 

esigenza che esista un’altra parola, e neanche sussiste, 

tra i pensieri, che i giudizi « contengono », una reci¬ 

proca affinità che li leghi a forza: poiché in ciascun 

giudizio abbiamo pure un unico pensiero soltanto, e ad 

ammettere che ne abbiamo parecchi insieme, si arrive¬ 

rebbe alla conseguenza che avremmo al tempo stesso 

un numero infinito di pensieri, essendo obbiettivamente, 

di fatto, contenuti in ciascuno stato elementi infiniti in 

serie continua: invece solamente in ciò, di cui il giu¬ 

dizio « tratta », deve trovarsi o fissarsi la connessione 

reale, ovvero quell’obbiettiva relazione reciproca (nota 

32 3) 326 ) : e perciò anche la modalità della espressione, 

sia cioè affermazione o negazione o via dicendo (v. la 



scilicet, quod unaquaeque res in se recipit ac subsistit, sicut nihil esse 

eam viderel praeter ipsam, ita eam nihil esse per se ipsam invenerit. 

Al vero magis praedicationem secundum verbo proposiiionis , quam se¬ 

di ndum rei exislenliam, nostrum est attendere, qui logicae deservimus, 

secundum quod quidem de eodem diversas facimus enuntialiones hoc 

modo Socrates est Socrates vel homo vel corpus vel substantia. Aliud 

enim in nomine Sacratis quam in nomine hominis vel caeteris intelli- 

gitur ; sed non est alia res unius nominis, quod Socrati inhaeret, quam 

altcrius. V. inoltre il passo citato più sopra, nota 255. 


328 ) lbid., p. 352 s.: Neque enim veram Itane consequenliam „si 

est homo, est animai “ de vocibus agentem possumus accipere, sive 

diclionibus sive propositionibus. Falsum est enim, ut, si haec vox 

..homo" existat, haec quoque sit quae est ,.animai “ ; ac similiter de 

cnuntiationibus sive earum intellectibus. Ncque enim necesse est, ut qui 

intellectum praecedenti propositione generatum habet, habeal quoque in- 

tellectum ex consequenti conceptum. Nulli enim diversi intellectus ita 

sunt affines, ut ulterum cum altero necesse sit haberi, imo nullos simul 

intellectus diversos animam retinere, ex propria quisque discretione 

convicerit, sed totani singulis intellectibus, dum eos habet. vacare in¬ 

venerit. Quod si quis essentiam intellecluum ad se sequi sicut essentiam 

rerum, ex quibus habentur intellectus, concesserit, profecto quemlibet 

intelligentem infinilos intellectus habere concederei, secundum id sci- 

licei, quod quaelibet propositìo innumerabilia consequentia habet.... 

Ut igitur verilatem consecutionis teneamus, de rebus tantum eam agere 

concedamus, et in rerum natura regulas anteccdentis ac consequentis 

accipiamus. 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



341 



nota 318), non risiede nè nelle parole nè nei pensieri, 

bensì è da ricondurre soltanto al loro fondamento ob¬ 

biettivamente reale 32r ). 


[p) ma in Abelardo, vero spirito aristotelico non c’è: 

il suo interesse centrale è volto, sotto l’impulso di Boezio 

e dello stoicismo, alla teoria retorica dell'argomentazio¬ 

ne}. — Ma se a questa maniera, secondo Abelardo, nel 

giudizio si ha clic fare non con il pensiero ( intellectus ), 

ma con la inerenza di fatto nella sfera della oggettività, 

si capisce ora altresì perchè egli (e il motivo al quale in 

ciò si conforma, è dato dal giuoco di combinare assieme 

elementi stoici con elementi boeziani) tratti il giudizio 

categorico solamente come un grado preparatorio al giu¬ 

dizio ipotetico, nel quale ultimo s’inserisce la topica, 

come base della sua validità. Il giudizio ipotetico, in 

quanto è complesso, ha anzi la funzione di servire come 

espressione adeguata della connessione, e questa viene 

resa manifesta nel procedimento dell'argomentazione, 

mediante ragionamenti, nella ipotesi che le premesse 

abbiano, per chi ascolta, un valore di enunciazione 

espressiva. Quel, cioè, che l’uomo pensante afferra con 

la mente, nella maniera rivelata da Platone, ed enuncia 

con il giudizio, nella maniera fissata da Aristotele, deve 

ora esser utilizzato per l’argomentazione, nella maniera 

propria della tradizione retorico-ciceroni alia. Vale a dire 

che anche neH’argomentazione — come viene osservato 

con tono polemico contro altri studiosi: v. la nota 225 — 

non si tratta già dei pensieri ( intellectus ), bensì di quel 

medesimo oggetto del quale trattano i giudizi, che costi¬ 

tuiscono rargomentazione stessa, con questa sola differen¬ 

za, che cioè qui la necessaria connessione ( necessitas ) che 

ci si presenta nello stato di fatto obbiettivo, è nel ragiona- 



337 ) Ibid., p. 404: passo citato già più sopra, nota 208. 









342 



CARLO PRANTL 



re espressa precisamente dalla sussunzione (injeren- 

tia) 32S ): ne ad Abelardo sembra d’insistere mai abbastan¬ 

za nel rilevare che la relazione di dipendenza tra « antece¬ 

dens » e « consequens » (v. Sez. XII, nota 144) non è data 

nel pensiero, ma, come esclusivamente obbiettiva, sus¬ 

siste già da se stessa nella natura creata, e nel fonda¬ 

mento reale di tutt i giudizi 329 ). L perciò, anche a quel- 

1 altro modo di vedere unilaterale, che abbiamo incon¬ 

trato più sopra (nota 215), egli nettamente contrappone 

la idea, che alla modalità dei giudizi, anche relativa¬ 

mente ai concetti di possibile e di necessario (del pari 

che più sopra, nota 327), sia da metter a fondamento 

una modificazione obbiettiva dell’essere 33 °). 



328) Ibìd.. p. 426 s. : Dicunlur in argumentis ea. quae a proposi- 

tionibus ipsis significantur. ipsi quidem inlcllectus, ut quibusdam pla¬ 

cet, quorum conceptio , sine etiam vocis prolatione, ad concessionem al- 

terius ipsum cogit dubitantem. XJnde et bene rationis nomea in prae- 

missa diffinitione (cioè in quella di Cicerone [intendi la definizione 

ciceroniana di argumentum ; Top., cap. 2, § 8]: vedila, riprodotta 

in Boezio, neljla Sez. XII, nota 165) dicunt apponi ; ratio enim no- 

men est intcllcclus. qui in anima est. Sed, si divisioni verbo altendamus, 

potius argumentum accipiendum erit in designatane eorum, quae a 

propositionibus dicunlur, quam eorum intellecluum, qui ab ipsis " e- 

nerantur.... Neque enim in propositione quidquam de intellectu dicilur. 

sed, cum de rebus agitur, per ipsam intcllectus generatur, qui neque 

in sua essentia necessilatem tenet, neque in/erentiam ad alterum ... linde 

potius de bis, quae propositiones ipsae dicunt, supraposita diffinitio 

....est accipienda. 


3 “ 9 ) Introd. ad theól III. 7, p. 1134 [141] : Ex quo apparet , quarti 

veruni sit,... in illa.... philosophorum regula , cujus possibile est ante - 

cedens, et consequens, eos ad creaturarum tantum [142J nomea accommo- 

dare [IL. 178, 1112]. — Dialect p. 239 s.: Ex his itaque manife- 

slum est, in consequentiis per propositiones de earum inlelleclibus agen- 

dum non esse, sed magis de essentia rerum.... Et in hoc quidem signifi- 

calione eorum, quae propositiones loquuntur, una tamen exponitur re¬ 

gula, quae ait, posito antecedenti, poni quodlibet consequens ejus ipsitts, 

h. e.: existente aliqua antecedenti rerum essentia, necesse est existere 

quamlibet rerum existentiam consequentem ad ipsam. — Ibid., p. 351: 

Si quis itaque vocum impositionem recte pensaverit, enunliationum 

quarumlibet veritatem facilius deliberaverit, et rerum consecutionis ne¬ 

cessitatali velocius animadverterit. — Parimente alle p. 343 s. e 382. 


33 °) Dialect., p. 270: Unde oportet, ut rcctae sint modales, ut etiam 

de rebus, sicut simplices. agant ; et tunc quidem de possibili et impos¬ 

sibili et necessario ; quod quidem tam in his, quae singultire subjectum 

hdbenl, quam in his, quae universale, licei inspicere. — V. la nota 379. 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



343 



Con quel che siamo venuti dicendo intorno alla es¬ 

senza, al principio e allo svolgimento della dialettica di 

Abelardo, crediamo di esser giunti a farcene ima idea 

giusta e approfondita, che, ove ce ne fosse bisogno, po¬ 

tremmo noi stessi avvalorare con un documento estrin¬ 

seco, servendoci di un epitafio 331 ) composto in onore di 

Abelardo, da un suo contemporaneo. In questa dialet¬ 

tica, non è certamente spirito aristotelico quel che ci 

alita in fronte, bensì di gran lunga più manifesto vi 

risentiamo l’influsso ammorbante dello stoicismo (v. la 

Sez. VI, note 47-56), che s’era fatto strada negli scritti 

di Boezio; poiché quell’associazione di mi rozzo empi¬ 

rismo con un motivo formale, dato dal progresso verso 

mia sempre più complessa composizione, e con l’inte¬ 

resse retorico delFargomentazione, prende — proprio là, 

dove Abelardo sacrifica dappertutto i motivi logici, per 

considerare lo stato di fatto obbiettivo — il posto di 

una sillogistica che torni veramente a profitto del sapere 

definitorio: e a chi tenga presente la logica di Abelardo 

nel suo nucleo centrale, egli appare come un retore che 

fa la teoria dell’argomentazione, piuttosto che come un 

platonico o un aristotelico. Tuttavia egli è ampiamente 

giustificabile, perchè delle opere principali di Aristo¬ 

tele, conosceva, semplicemente per sentito dire, soltanto 

alcuni particolari frammentari (note 8-18), e in special 

modo perchè, dato, per un verso, 1 ordine irrazionale in 

cui erano disposte le parti dell’Organon, come pure date, 


881) Citato, attingendo al Rawlinson, dal Rémusat, II. p. 101: 

Hic docuit voces cum rebus significare , Et docuit voces res significando 

notare; Errores gencrum correxit , ita specierum. Hic genus et species 

in sola voce locavit , Et genus et species sermones esse notavit . Sigili* 

ficativum quid sit (questo, cioè, è il giudizio: v. la nota 315), quid 

significatami Significans quid sit (questa è la parola singola), pru- 

dens diversificar il. Hic quid res essenti quid voces significar enti Luci - 

dius reliquis palefiecit in arte perilis. Sic animai nullumque animai 

genus esse probalur. Sic et homo et \sed?] nullus homo species vo- 

citatur [PL, 178, 104], 










344 



CARLO PRANTL 



per 1 altro verso, le idee che Boezio aveva prese da Por¬ 

firio, era inevitabile che traesse origine da ciò mia con¬ 

cezione contorta e contraddittoria. In Abelardo, e forse 

in tutti i suoi contemporanei, si compie la vendetta del 

fatto che, da un lato la Isagoge e le Categorie [delle 

quali, come sappiamo, il Franti contesta l’autenticità: 

v. la Sez. IV, nota 5] si tengono più vicine al platoni¬ 

smo, e che d’altro canto, al tempo stesso, nei libri suc¬ 

cessivi si trova contenuto l’aristotelismo; e inoltre può 

darsi che Abelardo dal suo medesimo personale talento 

fosse portato a non curarsi d’intendere più profonda¬ 

mente queste antitesi, e trascinato ad assumere Patteg¬ 

giamento del retore. Si direbbe ch’egli, se fosse vissuto 

in quei secoli più vicini a noi, sarebbe stato certamente 

un seguace di Pietro Ramo. 


[ql continua l'analisi del contenuto della Dialettica: 

le Categorie]. — Ma adesso ci rimane il compito di se¬ 

guire, anche attraverso le singole parti della dialettica. 

Io svolgimento che questa ha avuto da Abelardo, il quale 

ci si presenta sulla stessa linea degli altri autori di cui 

sopra, che hanno promosso le particolari controversie 

già ricordate, e dei quali ci è ignoto il nome. 


Seguendo la partizione dello stesso Abelardo (no¬ 

te 2,2 ss.), dobbiamo supporre colmata la lacuna del 

testo qual è a noi giunto, dovuta alla mancanza degli 

Antepraedicarnenta , e pensar di essere già stati condotti 

così a trattare le questioni più generali, e che più pro¬ 

priamente si posson dire questioni di principio. Agli An¬ 

te praedicament a tien ora dietro la seconda Sezione della 

prima parte principale, cioè i Praedicamenta, do¬ 

ve, come ben s’intende, è preso a fondamento Boezio, 

che viene ormeggiato a passo a passo. I concetti di uni- 

vocum, e simili, conforme a quanto abbiamo detto più 

sopra, sono naturalmente di spettanza dell [a teoria della 







STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



345 



predicazione, in quanto quest’ultima ha anche un] aspet¬ 

to grammaticale 332 ). La categoria della substantia, che 

altrove, d’accordo con il de Trin. del Pseudo-Boezio, 

viene intesa anche come subsistentia 333 ), è l’atta qui og¬ 

getto di una trattazione, che in tutto e per tutto si man¬ 

tiene nel più pieno accordo con Boezio 334 ). 


Più minutamente è presa in esame la quantità, seb¬ 

bene qui Abelardo si dovesse appoggiare a quel che 

n’era stato detto da altri, perchè, com’egli medesimo 

confessa, era ignorante di aritmetica M5 ) ; egli consente 

con coloro Icfr. le note 109 e 127), i quali eran di opi¬ 

nione che la linea consista di punti 33 °), e, riguardo al 

concetto di numero, si attiene al principio della unità 

naturale, condizionata dal processo della creazione (no¬ 

ta 304) : per conseguenza, in contrasto con le su riferite 

opinioni di altri (note 199 s.), qui il fondamento reali¬ 

stico è formato dal singolo, in quanto è particolare, co¬ 

sicché da un lato il « numero in generale » include già 

la pluralità e ha lo stesso significato che « [le] unità », 

e d’altra parte i diversi numeri determinati sono, come 

sostantivi, le denominazioni di diverse unità collettive su¬ 

periori, in maniera comparabile con il procedimento col¬ 

lettivo, onde, secondo diversi punti di vista, raccogliamo 


332 ) Così, occasionalmente, Dialect., p. 480: Hoc ituque nomea, 

quoti est aequivocum sive univocum, ex vocabulis tantum in rebus con- 

tingit. 


333 ) Introd. ad theol., II, 10. p. 1071 [88]: Unde et subslanliae 

quasi subsistentiae esse dictae sunt, et cactcris rebus, quae ei assistunt, 

[ci] non per se subsistunt. naturaliter priores sunt [PL, 178, 1060], 


334 ) Dialect., p. 173—178. (Il testo del manoscritto incomincia pro¬ 

priamente soltanto a mezzo della categoria substantia, cioè in corri¬ 

spondenza con Boezio [in Ar. praed., I: PL, 64, 187-8], p. 133). 


333 ) Ibid., p. 182: Etsi multas ab arithmeticis solutiones audie- 

rim, nullam tamen a me praeferendam judico, quia ejus artis ignarum 

omnino me cognosco. 


336 ) Ibid. : Talem autem, memini, rationem Magistri nostri senten- 

tia praetendebat, ut ex punctis lineam constare convinccretur.... — 

(p. 183) Alioquin supraposita Magistri sententia , cui et nostra con¬ 

sentii, etc. 









346 



CARLO FRANTI. 



le cose ili specie, o sottospecie, o altrimente ili gruppi 337 ). 

In quanto che nello stesso luogo si deve trattare anche 

del discorso umano inteso come alcunché di quantita¬ 

tivo, Abelardo combatte il modo di vedere unilaterale, 

che abbiamo trovato più sopra, onde si ritenne che fosse 

l’aria a adempiere l’ufficio di «significante»: e, asse¬ 

gnando egli invece al suono questa funzione di « signifi¬ 

care », va in cerca di autorità che suffraghino tale sua 

opinione 338 ). 


Ma, immediatamente dopo la quantità, fa posto alle 

categorie ubi e quando, come a quelle che per natura 

sono collegate, nella loro origine, con i concetti di luogo 

e di tempo, presi hi esame nella trattazione della quan¬ 

tità 339 ), e mentre così intende quelle due categorie in 


337 ) P- 186: [numerus] semper.... in natura discretionem habct, qui 

solam unitatis parlicularilatem requiril.... cum nomea numeri plurale 

simpliciter videatur atque idem cum co, quod est unitates.... — p. 189: 

Unde opportunius nobis videtur, ut, sicut supra tetigimus, numeri no¬ 

mea substantivum tantum sii ac particulare unitatis, atque idem in 

significai ione quod unitates. Binarius vero vel ternarius cacteraque nu - 

merorum nomina in/eriora sunt ipsius pluralis, sicut homines vel equi 

ad animalia, aut albi homines et nigri, vel tres vel quinque homines 

ad homines. Et fonasse quoniam omnia substantiva numerorum no- 

mina in unitalibus ipsis pluraliter accipiuntur, omnia ejusdem singu- 

laris pluralia poterunt dici, secundum hoc scilicet, quod diversas uni- 

tatum collecliones demonstranl (c£r. la nota 307). Numerus quidem 

simplex metialur plurale, alia vero secundum certas collectiones deter¬ 

minala. A ciò fa poi seguito il passo citato più sopra, nota 199. Cfr. 

anche alla p. 421: Haec enim unitas hominis Parisiis habitanlis et 

illa hominis Romae manentis, lume f aduni binarium. Unde sola uni- 

latum pluralitas numerimi perfidi. — Così pure a p. 486. 


) P* 190: Nos autem ipsum proprie sonum audiri ae significare 

concedimus.... — p. 192: unde et Priscianus ( Inst. gramm., I, 1 [ed. 

Hertz, p. 5]) ait, voccm ipsam tangere aurem, dum auditur, ac cursus 

ipse Boethius (deMusica [cap. XIV: PL,63, 1177], p. 1071 [della ediz. 

delle Opere di Boezio, Basilea 1546, cit. dal Cousin: p. 1379 della 

ediz. di Basilea 1570, alla quale, come s’è visto, suol riferirsi il 

Prantl]) totam vocem.... ad aures diversorum simul venire perhibet, dopo 

di che ci si richiama ancora, con le seguenti espressioni, di forma 

singolare, ad Agostino e a Boezio (p. 193): Ipsum etiam Augusti- 

num in Categoriis suis asserunt dixisse..., e etiam Boethius dicitur 

in libro musicae artis.... [194] adhibuisse. 


33 °) P- 195: Hactenus de quantitale disputationem habuimus. Nunc 

ad tractalum pracdicamentorum reliquorum operam transferamus, eaqtie 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



347 



geuso realistico, includendovi anche p. es. il concetto di 

« ieri » * * 3 '* 0 ), arriva, per via dell’« essere nel luogo » e del- 

T« essere nel tempo », a considerare i vari significati di 

« messe » 341 ), ma cerca, in contrasto con obiezioni di al¬ 

tri, riferite più sopra (nota 194), le quali mettevano in 

campo l’analogia con l’avverbio interrogativo qualiter, di 

assegnare quell’espressioni concernenti l’inesse, all’uso 

del linguaggio secondo la grammatica 342 ), e di giustifi¬ 

car invece quelle due categorie, come tali, con la consi¬ 

derazione che in quelle è possibile una comparazione, e 

che pertanto non è il caso di ricondurle alla quantità, 

la quale esclude ima comparazione 343 ) : a ciò del resto 

si lega ancora il lamento che Aristotele sia stato in ge¬ 

nerale così parsimonioso nella trattazione delle ultime 

sei categorie 344 ). 


posi quantitatem exequamur, quae ei naturalitcr adjuncta videntur ac 

quodam modo ex ea originem ducere ac nasci. Ilaec aulem ., quando *" 

ei ..ubi." nominibus Aristoteles designai. Quorum quidem alterum ex 

tempore , alterum ex loco duxit exordium. 


***) p. 196: v. sopra la nota 196 [reclius 197J. 


3)l ) p. 197 : Quum aulem et ..quando" in tempore esse et ..ubi" 

in loco esse determinamus, non incommodo hoc loco demonstrabimus, 

quot modis ..esse in aliquo" accipimus ; Boelliius autem in edilione 

prima [198] super Categorias novem computai (dei quali modi segue 

qui la enumerazione, ricavata da Boezio [in Ar. praed., I; PL, 64. 

172], p. 121: v. Sez. XII, nota 92; il Cousin si scandalizza, per non 

aver trovato questo passo di Boezio !). 


3 «) p. 200: Si quis autem „qualità ■“ dica! nihil aliud quam quali- 

tatem demonstrare, et ..ubi"' dicemus nihil aliud quam locurn designare , 

vel „ quando “ nihil aliud quam lempus. Unde et carlini definitiones 

recte vel „in loco esse “ vel „in tempore [esse]" dicimus, quae, si gram- 

maticae proprietatem insistamus, nihil aliud a loco vel tempore diver- 

sum ostendunt.... Videntur itaque magis prò nominibus accipienda esse 

..esse in loco “ vel ..esse in tempore", quam prò definitionibus. 


M3 ) Ibid .: Haec autem generalissima ipsa, ut arbitror, compara- 

tionis necessitas meditari compulit. Cum enim quantitates non comparaci 

constarci (Boezio [in Ar. praed.. II; PL, 64, 215], p. 154), non po- 

teramus comparalionem ,,diu “ vel „diuturni “ vel ..extra" ad tempus vel 

locum reducere: indeque maxime inveniri pracdicamentu arbitror, ad 

quae illa reducantur. 


3M ) Ibid. : Ac de his quidern praedicamenlis difficile est pertractare, 

quorum doctrinam ex auctoritate non habemus, sed numerum tantum. 

Ipse enim Aristoteles, in tota praedìcamentorum serie, sui studii operam 










348 



CANLO PRANTL 



Nella controversia intorno alla categoria della rela¬ 

zione (v. sopra la nota 192), Abelardo finisce con il de¬ 

cidersi a favore dell’autorità della definizione aristote¬ 

lica 3, * n ), e così pure la questione del posto da assegnare 

ai concetti di simile e di uguale (nota 193) è da lui ri¬ 

solta nel senso che essi appartengano alla qualità 346 ). 


[r) i PostpraedicamentaJ. — I Postpracdica- 

menta poi, che costituiscono la terza Sezione del Liber 

partium, contengono, come si è veduto (nota 272), la 

trattazione del nome e del verbo, in quanto questi so¬ 

no i modi di significare le cose, e vengono considerati 

quali parti, da cui il giudizio, come totalità, è costituito. 


La opinione di Abelardo, riguardo al concetto di si¬ 

gnificavi o significatio, da noi precedentemente messa in 

chiaro, lo porta qui a dichiararsi d’accordo con quel 

Garinondo (nota 82), ch’era un nominalista moderato, e 



ìwn nisi qualuor praedicamerUis ndhibuit, Substanliae scilicct. Quan¬ 

titali, ad Aliquid, Qualitati ; de Facere autem vel Pati nihil aliud 

docuit , nisi quod contrarietatem ac comparalionem susciperent.... De 

reliquis autem qualuor. Quando scilicet. Ubi, Situ, Ilabere, eo quod ma¬ 

nifesta sunt, nihil praeter exempla posuit.... De Ubi quidem ac Quando, 

ipso quoque attestante Boethio (p. 190 [in .-Ir. praed., HI; PL. 64, 

262 s.].), in Physicis, de omnibusque altius subtiliusque in his libris, 

quos Metaphysica vocat, exequilur. Quae quidem opera ipsius nullus 

adirne translator lalinac linguae aplavit ; ideoque minus natura horum 

nobis est cognita. Cfr. più sopra la nota 18, dove abbiamo dovuto 

accennare di già alla integrazione, portata più tardi da Gilbert de 

la Porrée: v. appresso le note 488 ss. 


Ms ) p. 204: Aristoteles de imperfcelione restrictionis sicut Plato de 

acceptatione nimiae largilatis culpabilis videlur ; uterque enim modum 

excesserit, alque hic quasi prodigus, ille tanquam avarus redarguendus. 

Sed et si Aristotelem Peripateticorum principem culpare praesumamus, 

quem amplius in hac arte recipiemus ? Dicamus itaque, omni ac soli 

relationi ejus diffìnitionem convenire eie. 


346 ) p. 208: At vero, cum similitudo relationibus aggregetur (Boe¬ 

zio [in Ar. praed., II; PL, 64. 219], p. 157),.... non videtur secundum 

solas qualitates simile dici.... His autem. qui simile ac dissimile inter 

qualitatcs computant (Boezio [in Ar. praed., Ili; PL, 64, 259], p. 187), 

monstrari potcst, res quaslibct in eo, quod dissimiles sunt, esse similes.... 

At fortasse non impedit , si in eo, quod dissimilitudinem participanl, 

similes inveniantur (si attiene cioè al passo ult. cit. di Boezio). 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



349 



pertanto scorgeva la essenza della significazione non 

nella parola come tale, bensì nel contenuto concettuale 

della parola stessa: un modo di vedere, questo, che Abe¬ 

lardo trova confermato da passi di Boezio ,7 ). Nella di¬ 

sputa intorno alla questione, se le preposizioni e le con¬ 

giunzioni sieno da considerarsi come parti del discorso 

( nota 206), cerca di conciliare i punti di vista imilate¬ 

rali dei grammatici e dei dialettici, attribuendo bensì a 

quelle parti del discorso la capacità di significare, ma ri¬ 

conducendo questa capacità, alla stessa maniera che la 

modalità della predicazione (note 327 e 330), a una mo¬ 

dificazione obbiettiva 348 ); onde, come si vede, anche se¬ 

condo la opinione di Abelardo, i così detti byncatego- 

reumata (cfr. le note 174 e 206) dovrebbero coerente¬ 

mente trovar posto in una o nell’altra parte della lo¬ 

gica- . . 


Ma in tutto il resto egli si tiene strettamente vicino a 

Boezio, e cerca di confutare obiezioni, sollevate da al¬ 

tri 349 ), cogliendo la occasione che di ciò gli era offerta. 



sn\ 210, dove alle parole già citate (nota 82) fa seguito im¬ 

mediatamente: linde manifestimi est, eos velie vocabula non omnia 

illa significare, quae nominimi (che p. es. animai non « significhi » 

•ria senz’altro homo), sed ea tantum, quae definite designata, ut animai 

se, Hat animai sensibile, aut album albedinem, quae semper m ipsis 

denotanlur. Quorum scntentiam ipse commendare Boethius (p. bij ['«' 

divisione: PL, 64, 877]) videlur, cum ait in divisione vocis „vocis 


attieni in proprias significationes divisto fit etc .(p. ZÌI) Oiiamen 


sanificare" proprie ac secundum rectam et propnam ejus dijjinilio- 

nen, signamus, non alias res significare dicemus, msi quae per vocem 


concipiuntur. — Cfr. la nota 317. 


348 ) p. 217: llla ergo mihi sententia praelucere videtur, ut gram¬ 

matici consentientes, qui eliam logicae deserviunt, has quoque per se 

sisnificativas esse confiteamur, sed in eo significatwnem earum esse 

dicamus, quoti quasdam proprietates circa res forum vocabulorum, qui- 

bus apponi,ntur praepositiones, quodam modo determinerà.... t.onjunc- 

tiones quoque, dum quidem rerum demonstrantconjiinctionem, quamdam 

circa eas determinant proprietatem. — Cfr. la nota 620. 


;n ») p eg- 219, dove di fronte alla obiezione ricordata piu 

sopra (nòta 210), si osserva: Veruni ipse verbo deceptus erat, ac 

prave id ceperat , verbum dicere rem suam inhaerere. 











350 



CARLO PRANTI. 



così relativamente a quei giudizi (nota 211) che non im¬ 

plicano la esistenza effettiva del proprio soggetto 35 ), e questo nesso, che consiste in quella ri¬ 

spondenza, onde i due concetti son riferiti uno all’altro, 

è ciò per cui si distingue esso giudizio dal giudizio ca¬ 

tegorico: questo cioè enuncia la semplice esistenza, men¬ 

tre l’ipotetico c valido con assoluta necessità, fatta astra¬ 

zione dalla esistenza delle cose, ma appunto per questo 

ricorre all'aiuto dei loci, relativamente a ciò che non 

può desumersi dalla semplice realtà 396 ). In questo senso 



ex loco firmitalcm halent. Cujus quidem loci proprietas hacc est : vim 

inferentiae ex habiludine, quarti habet ad terminum illatum, conferre 

consequentiae, ut ibi tantum, ubi imperjecta est inferentia, locum va¬ 

lere confiteamur.... Hoc ergo, quod ad per]eclionem inferentiae deest, loci 

supplet assignatio. La deno mutazione « inferentia » è derivata dal 

termine boeziano « inferre » : e così parimente anche la idea che la 

consecuzione abbia a fondamento il nesso della necessità, è presa 

da Boezio: v. la Sez. XII, note 153 s. 


301 ) p. 330 s.: Quae enim in ea ponuntur vocabula, essentiae tan¬ 

tum, non habitudinis, sunt designativa, ut « homo » et « animai » et 

« lapis». Qui itaque dicuut « si est homo, est animai, si est homo, non 

est lapis», nullo modo de habitudinibus rerum, sed de essentiis agunt, 

ila.... ut, si aliquid sit essentia hominis, et essenlia animalis esse con- 

cedatur, et lapidis subslanlia esse denegelur. 


39S ) p. 336: Quod autem veritas hypotheticae propositionis in ne¬ 

cessitate consistat, tam ex auctoritate quam ex ralione tenemus. Questa 

maniera d’intendere il giudizio ipotetico sembra essere stata, in 

modo speciale, peculiare di Abelardo. (Jon. Saresb. Polycr. II, 22, 

p. 122 [ed. Webb, I, p. 129]): Solebai nostri temporis Peripateticus 

Palalinus omnibus his conditionibus obviare, ubi non sequentis intei- 

leclum anlecedentis conceptio claudit, aut non antecedentis contrarium 

conseqitentis destructoria ponit, eo quod omnes necessariam tenere 

consequentiam velint. — Dello stesso, Metalog., Ili, 6, p. 138 [144]: 

Miror tamen quare Peripateticus Palatinus in ipoteticarum iudicio 

tam artam praescripseril legem.... Siquidem.... ipotelicas respuebat, 

nisi manifesta necessitate urgente [PL, 199, 453 e 904]). 


39 °) p. 343: Categoricarum autem propositionum veritas, quae re¬ 

rum aclum circa earum existentiam proponil, simul cum illis incipit 

et desinit. Hypotheticarum vero sententia nec finem novit nec princi- 











366 



CARLO PHANTL 



pertanto, nelle discussioni dialettiche la concessione fatta 

daH’mterlocutore va intesa, fatta astrazione dalla sua 

esatta corrispondenza alla realtà, come una tale neces¬ 

sità 3B7 ), e nel giudizio ipotetico non si tratta già, come 

taluni ritengono (nota 228), de’ suoi singoli membri, 

bensì proprio di tutto quanto il nesso tra antecedens e 

consequens 3BS ) ; inoltre, per la medesima ragione, nel 

giudizio disgiuntivo, come già è stato mostrato da Boezio 

(v. la Sezione XII, nota 141), è semplicemente da rav¬ 

visarsi un’altra forma di enunciazione del giudizio ipo¬ 

tetico 3BB ). Li base a tale fondamento si parla poi, d’ac¬ 

cordo con Boezio, delle cosi dette « maxitnae proposi - 

tiones » (v. ibid., nota 165), le quali, in polemica con le 

idee di altri (v. sopra la nota 228), vengono ristrette 

alla forma del giudizio ipotetico 1B0 ). Indi fan seguito 



pium. Ulule el antequam homo et animai creata Juerint, vel postquam 

cliam omnino perierint, aeque in veritate consisti! id, qupd haec conse- 

quentia proponit « si est homo animai ralionale mortale, est animai ». 

— p. 347: Quia vero calegoricae enuntiationes actum rerum proponunt 

quuntum ad enuntiationes inhaerentiae praedicati. actus vero rerum 

ex ipsarum rerum praesentia manifestila est, necessitas autem infe- 

rentiae ex aclu rerum perpendi non potest, quae acque, ut dictum est, 

et rebus existcntibus et non existentibus. permanet, arbitror. hinc. lo- 

cum tantum in hypotheticis propositionibus requiri ; cum de vi infe- 

rentiae rerum earum dubitatur, quae ex actu rerum convinci non possimi. 


3BT ) p. 342: Ncque mirri dialecticus curai, sive vera sit sive falsa 

inferentia proposilae consequenliae, ilummodo prò vera eam recipiat 

ille, cum quo sermo conseritur.,.. Seti liaec.... concessio vcrae inferen- 

tiae in necessitate recipienda est. 


>W) p. 353: Quidam lamen has regulas non solum in tota antecc- 

ilenlis et consequcntis enuntiatione , veruni ctiam in terminis eorum 

assignaiUes.... Sed.... regulae sunt accipiendae in his, quae tota pro- 

positionum enuntiatione dicuntur. 


3 »s) p . 368: Quoti autem antecedens et consequens in disjunctis 

quoque lloethius accipit, non ad renna essentias, sed ad enuntiatio- 

num constitutionem respexit ....Quod ex resolutione disjunctae di e no- 

sci tur ; ex qua etiam resolutione. hypothelicae, i. e. condilionales, dis- 

junctivae quoque sunt appellatae. 


40 °) p. 359 s.: Maximarum.... proposilionum proprielales inspi- 

ciamiis, quibus quitlem singularum veritas consequenliarum expri- 

mitur, quaeque ultimam et perfeclam omnium consecutionum proba- 

tionem tcnent.... Cum itaque diximus, eas conseculionis sensum habere, 

categoricas enuntiationes exclusimus. 







STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



367 



i singoli loci, e qui Abelardo, esclusi quelli retorici, 

vuole metter in campo solamente i dialettici 401 ); l’or¬ 

dine di successione in cui son disposti, trova fondamento 

in Boezio, che, trattando di questo argomento, cerca 

(de dijf. top . : v. la Sez. XII, nota 168) di accordare i 

loci di Temistio (Sez. XI, nota 96) con quelli cicero¬ 

niani ‘"'); ma la conchiusione è costituita da osservazioni 

sopra ^argomentazione in generale, e sopra la impor¬ 

tanza che han per la retorica la induzione e l’enti- 

mema 40S ). Come già più sopra (nota 222) è stato rile¬ 

vato, la dichiarazione dei singoli loci consiste nella indi¬ 

cazione ed enumerazione di « regole », fissate secondo 

l’uso delle scuole: e anche nella esposizione dello stesso 

Abelardo si fa manifesto, hi connessione con quel che 



401 ) p. 334 : Illud praesciendum est, nos, qui haec ad doctrinam artìs 

dialecticae scribimus, eos solum laens exsequi, quibus ars ista consuevit 

uti. 


102 ) In confronto con quell’ordine di successione [seguito da Cas- 

siodoro], del quale abbiamo dato notizia nel 1° voi. (Sez. XII, nota 

184), la materia si dispone qui nella forma seguente: Anche qui 

(p. 368) si presentan da principio i loci tratti dalia sostanza stessa, 

cioè a diffinitionc, a descriptione, a nominis inter pretal ione ; ma ap¬ 

presso vengono, in una scelta risultante da una combinazione di 

elementi derivali da Temistio c da Cicerone, i loci che son tratti 

dalle conseguenze della sostanza (p. 375), cioè a genere, a toto, a par- 

tibus divisivis, a partibus constilulivis, a pari, a praedicato, ab ante¬ 

cedenti, a consequenli ; a questi fan seguito (p. 386), come loci presi 

extrinsecus, solamente le sottospecie del locus ab oppositis, cioè a 

relatione (inclusi simul e prius), a contrariis, a privatione et habitu, 

ab ajfirmatione et negatione (in questa trattazione delle quattro spe¬ 

cie di opposizione vien tirata dentro quasi per intiero la corrispon¬ 

dente Sezione delle Categorie); poi, come loci medii, seguono a re¬ 

lativi^, a divisione et parlitione, a conlingenlibiis, e sono quindi indi¬ 

cati inoltre a compimento — come quelli che vengono raramente 

in uso (p. 409 : sunt autem alii, quibus diabetici raro ac nunquam fere 

utuntur, quos tameri Boethius.,.. non praetermisit) — tra i « loci» 

ex consequentibus substantiam, quelli a causa, a materie, a forma, 

a fine, a motu. Del resto in tutta questa Sezione il Cousin si è spesso 

limitato ad accennare con intestazioni di titoli l’ordine della succes¬ 

sione, senza pubblicare il contenuto stesso. 


4 " 3 ) p. 430 ss. I passi ai quali attinge qui Abelardo, son presi 

da Boezio, de dijf. top., su cui si fondano queste notizie: v. la Sez. 

XII, note 82 e 137. 









368 



CABLO PRANTL 



»i è visto più sopra (nota 228), a quanto muneroso con- 

Lvorsic generale abbi. 1. ..pi» tonato nelle svuole 

l’argomento e la occasione 404 )- 


r z) i sillogismi ipotetici. Giudizio conclusivo sopra 

l'opera di Abelardo]. - Infine nel Liber hypo 

, h e ticorum, cioè nella teoria dei gtudtzi e 8 dlo 

gismi ipotetici, viene ora riprodotto per urti ero d con 

tenuto dello scritto di Boezio de syll. hypoth Attui 

trendo a tale scritto, Abelardo incomincia con lo syol 

aere per prima cosa 406 ) la partizione del gmdmo ipo 

tetico (v. la Sez. XII, note 139 ss.), e, relativamente ai 

giudizi che s’iniziano con la congiunzione « cum »  n( . h ,, intorno alla 

causa efficiente e a motu (p. 41.5 ss.) si e g . 376 8B .) 


causalità divina del creatore de mondo H locas « ge ^ Crca . 

porla a prender in coimderazione il processo Stendere il locus a 

..one e così comdde cernii m iUimit; , ta ,nenie universale 


praedicato (p. 484), i fi incontriamo qui la ter- 


(p. 381). A proposito del Incus °*>opP - 4fl7 . comp lexa autem 

miuologia « complexa » c « in P ^ ^ cod em contraria cnun- 

contraria eas dicimus proposilionc , 7 acgerrt). e così pure 


tiant hoc SS* immediata inferra- 


« constantia » (p. 408 [nassunto ue ' imme diMa smt ; qiiam 


linai habeant , adjietendumesse..ag»J p hrdus]) _ Abelardo 


ìss'ù.w ù. >. 


(v. le note 18 e 344). 


405) p. 437-439. 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



369 



tici 406 ); inoltre combatte la opinione già ricordala (nota 

218) di altri, relativamente alla posizione del « vel.... 

vel » nei giudizi disgiuntivi 407 ). Ma è poi notevole quel 

che vien detto appresso, circa la conversione dei giudizi 

ipotetici; questi cioè, quando sono in forma disgiuntiva, 

potrebbero esser convertiti simpliciter (scambiandosi di 

posto i termini della disgiunzione!), e lo stesso potrebbe 

pure ripetersi del giudizio, che contenga [la enuncia¬ 

zione di] una [relazione di] contemporaneità, e che inco¬ 

minci con «cum»; invece, quando si tratti del giudizio 

propriamente ipotetico, fondato sopra il nesso della ne¬ 

cessità naturale, il principio fondamentale, a tutti noto, 

della consequenlia (vedilo in Boezio, Sez. XII, nota 145) 

sarebbe da prendere [cfr. ibid., nota 130] nel senso che 

qui si dia un caso di conversiti per contrapositionem 40S ). 

Ma se questo preteso compimento della teoria tradizio- 



40 "««■ sed ad conceptus 


tummodo leritatem Aeque cairn unus est intellectus ..lapis ratio,la- 


multos intellectus ' *“"iplicem l’ero intellrctum dicimus 


muuos intellectus ab invicem dissolutos , ut si dicam animai" 


pauluhim quiescens, addam „rationale'\ ’ Cfr iuvece 

' 4 ?» C " Abc,:!r US Wmim ■ P erso ' lalem discreti,m,m attendimi, h. e. 

simpliciter hominem excogilo, ,n eo scilicel tantum, quod homo est i e 


animai rat tonale mortale, non edam in co, quod esVhic ho moti file 

ri!!ru rSale h “ J iu ‘ c ", s “hslraho individui s. SU itaque abstractio supe¬ 

rna r‘ l "- feTtor , lbus : «“ scilicet universalium ab individui per 

praedicationem subjecds, sme Jarmari,m a materiis per fundationem 


no/, Subtrac "° f ero e con, rario dici potest,... cum alìquis subjeclae 

naturam essenti,,,- absque omn, forma nidtur speculari. Uterque autem 

mtellectus, tam abstrahens scilicel quam subtrahens, aliter quam res se 

habet concipere V, detur.... p. 482: Nusquam enim ita pure subsistit 


S smt“- Pl T C ° n rP llUr '- E *. m,ìla esl na •)■ 

p. 93 a: Non vidctur ergo transferenda conversatio dialeclicorum ad 

huiusmodi propter inconvenientia.... — 33, p. 91 b: Quod ergo dica 

Johannes Damasceni is (v. la Scz. XI. nota 170), non ita accipiendum, 

ut universalia et individua ita accipiantur sicut in philosophicis di- 

sciplinis.... Si quaeratur, an hoc praedicabile ,.deus“ sii universale rei 










390 



CARLO PRANTL 



tavia in molte delle sue trattazioni al De Trinitate del 

Pseudo-Boezio (v. le note 35 ss.), e anzi con la comica 

osservazione che quello scritto è fdosofico (!) più che 

teologico, e che perciò non si deve lasciarsene sviare 451 ) ; 

inoltre la distinzione della sostanza come soggetto e della 

sostanza come forma, del pari che la distinzione della 

forma sostanziale come produttrice dell’individuo e come 

suscitatrice delle specie e dei generi, ci fan soltanto ve¬ 

dere il realismo platonico-teologico nella sua forma più 

rozza 452 ). 


Parimente nel suo contemporaneo Roberto da 

M e 1 u n [m. 1167], molto celebrato per la sua superfi- 

ciale abilità nella dialettica 453 ), si trova nient'altro che il 

solito realismo ontologico, il quale teoreticamente è tanto 

ottuso da non poter in generale interessarsi ai momenti 



individuimi, neutrum hic admittendum [PI,, 211 922 e 921], E tutta¬ 

via fu anche lui accusato di eresia : v. lu nota 478. 


451 ) Ibid., I, 4, p. 8 b: Ideo imponitur Boelio, quod illam diffmi- 

tionem (cioèfdi persona ) magis posuit ut philosophus, quam ut thcolo- 

P" s - — 32, p. 93 b. : Sed nostri thcologi plerique non habent illam 

diffinitionem prò aulhentica, quia magis Juit philosophus quam theo- 

^^923 I {t mag * S  “) Ibid,, 1,6, p. 12 a: Subslantia a subslando dicitur ipsum sub- 

jectum, quod substat Jormis, sive sit corpus sive alia res. Substantia 

a subsistendo dicitur forma, quae adveniens subjecto illud subsistit, i. 

e. sub se et aliis Jormis sistit, i. e. substare sibi et aliis Jacit , sìcut 

imago sigilli ceram.... Sed substantialis forma duplex est, vel quae facit 

„quis“, et lalis est omnis individualis proprielas, i, e. individuo et 

proprio nomine, ut Platonitas, cujus parlicipatione Plato est quis ; vel 

quae facit „quid“. ut speciale vel generale, i. e. quae speciali vel gene¬ 

rali nomine significatur, ut humanitas, animalitas, cujus participa- 

tione Plato est ..quid", non vero „quis“ [806-7], 


4M ) Joh. Saresb. Metal.. II, 10, p. 78 s. (ed. Giles [e Webb]): 

Sic ferme loto biennio conversatus in monte (cioè Sanctae Genovefae), 

artis huius praeceploribus usus sum Alberico (v. sotto la nota 521) 

et magistro Rodberto Meludensi (ut cognomine designetur quod meruil 

in scolarum regimine, natione siquidem Angligena est); quorum al¬ 

ter.... Alter aulem (cioè Roberto), in responsione promptissimus, sub- 

terfugii causa propositum numquam declinavit articulum, quia alteram 

contradictionis partem eligeret ani determinata multiplicitate sermonis 

doceret unam non esse responsionem.... In responsis perspicax , brovis 

et commodus [PL, 199, 867]. 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



391 



logici, oppure, dove s’interessa, si mostra appunto in 

tutta la sua debolezza, come p. es. quando si polemizza 

contro chi riconosce carattere unitario al significato che 

è racchiuso in « est », e a quello ch’è racchiuso in 

« ens » 154 ). Ma per conseguenza non fa maraviglia che 

gli scolari di questo Roberto vilipendessero la Topica 

aristotelica, giudicandola un libro inutile (v. sopra la 

nota 29). 


[§ 35. — Gilbert de la porrée: a) il commento al 

De Trinitate del Pseudo-Boezio : posizione teoretica inge¬ 

nua e contraddittoria]. — Invece LnGilbert de la 

Porrée (nato a Poitiers, e perciò detto anche Pietà- 

viensis, morto nel 1154) l’alterco dei teologi intorno alla 

Trinità ha dato occasione a una concezione logica, net¬ 

tamente determinata, riguardo agli universali, e bisogna 

pertanto che ci teniamo presente più da vicino, oltre allo 

scritto De sex principila, reputato di grande importanza 

nei secoli successivi, anche il commento dello stesso Gil¬ 

berto al De Trinitate del Pseudo-Boezio 45 °). Che Gilberto 

conoscesse di già gli Analitici di Aristotele, è stato ricor¬ 

dato già più sopra (nota 21); tuttavia, fatta astrazione 

da quella citazione, egli in realtà non trae ulteriormente 


1M ) Oltre alle notizie che si trovano nel De Bollai', Hist. Uni- 

versitatis Paris., II. p. 264 [ivi, p. 585—628, testi di R. da M.], 

I’IIauréaU, de la phil. scolasi., I, p. 333 ss. [Hist. de la ph. scol., I, 

p. 491ss.], ha riprodotto ancora vari tratti da manoscritti ; di quel ch’egli 

riferisce, poiché tutto il resto non ha che fare con il nostro presente 

intento, può citarsi, riguardo a un punto di logica, il passo seguente 

(p. 333 [492]): Has verovoces „esl“ et „ens** ejusdem esse significa- 

tionis, omnes philosophicae clamitanl scriplurae. In istis ergo locutio- 

tlibus ,,tiiundiis est ens**, ..mundus esf”, terminis oppositis idem signi¬ 

ficatile; sed nullus tanta amentia ignorantiac excaecatus est, qui aliquam 

harum vocum „essentia, est , ens** in illa significalione retenta, in qua 

creaturis convenit , Deuni vcl essenliam divinam significati praesumut, 

e via dicendo [Su Rob. da Melun, v. ora Uebervveg-Geyer, p. 272 

e 276-8], 


«*) Riprodotto a stampa nel voi. delle Opere di Boezio, ed. di 

BasUea 1570, p. 1128-1273 [PL, 64, 1255-1412], 










392 



CARLO PRANTL 



partito da una conoscenza intrinseca dei principii ivi con¬ 

tenuti, bensì si limita ad aggirarsi entro l’orbita, più ri¬ 

stretta, della logica scolastica generalmente in uso 4S0 ). 


Mentre anch’egli ci mostra il singolare spettacolo della 

contraddizione, onde da un lato si fa sfoggio di tutto 

l’acume logico nella discussione sopra la Trinità (v. tut¬ 

tavia la nota 478), e intanto, dall’altro lato, si mantiene 

ima separazione assoluta di Dio e del mondo della na¬ 

tura, — semiira in verità che, sul compito e la posizione 

della logica, egli non sia stato in se stesso del tutto 

chiaro. Nè si può in Gilberto, neanche allo stesso modo che 

in Abelardo, distinguere le sfere della ontologia e della 

logica, ma, a mal grado di tutto il suo fondamentale 

tono realistico, egli accetta con piena ingenuità e senza 

incertezze il principio della funzione della espressione lin¬ 

guistica umana; poiché l’eccitazione della intelligenza egli 

la fa dipendere affatto ugualmente, ripetendo un detto 

di Boezio, dalla proprietà delle cose, altrettanto che dal 

significato costituito delle parole 45 . 7 ): e se alla stessa ma¬ 

niera trova la qualità del giudizio nella successione delle 

cose e delle parole, o nella modalità della espressione, 

— ciò che potrebbe rammentarci Abelardo : v. le note 318, 

327, 330 —, e con questo richiama energicamente l’at¬ 

tenzione sopra la forma verbale 458 ), — egli torna da capo 


156 ) Così p. es. a p. 1185 [1315] egli ricorda la differenza tra sil¬ 

logismo ed entiinena, a p. 1187 [1317] la« dialecticorum omnibus nota 

topica generalis, », a p. 1225 [1361] la «regula dialeclicorum 

[de conversione] », ap. 1187 [1317] la «concepito communis », a p. 122 1 

[1360] il « conceptus non entis [rectius : ejus quod non esl] » (p. es. i 

Centauri), a p. 1226 [1362] il nihil come nomea infinitum. e via di¬ 

cendo: c anche la menzione che fa de’ sei sofismi (p. 1130 [1258]) 

può averla attinta alla stessa fonte che Abelardo (v. sopra la nota 7). 


457 ) p. 1131 [1258]: Cum in aliis inlelligenliam excilel rei certa 

proprietas , aul certa vocis positio, ctc.... — p. 1132 [1260] : Trio quippe 

sunt. res, et intellectus, et sermo. Res intellectu concipitur, sermone 

significatur (Boezio, p. 296 [toc. tilt. cit. (alla nota 436), p.20:PL, 

64, 402]: v. la Sez. XII, nota 110). 


45s ) p. 1130 [1258]: Qualitas autem orandi vel in rerum atque die- 

tionum consequentia. vel in earumdem tropis attenditur. — p. 1268 







STORIA DELLA 



logica in occidente 



393 



a collocare il contenuto filosofico, che 6 considerazione 

approfondita della proprietàs rerum, immediatamente ac¬ 

canto alle loqttendi rationes, che son di competenza 

della logica, e in pari tempo accanto a, momenti gram¬ 

maticali, e a quelli sofistici, e a quelli retorici • ). 


fb) concetto di sostanza. Teoria delle formae nativae]. - 

Pertanto Gilberto, nelle questioni riguardanti la relazione 

della obbiettività ontologica con la subbie»,vita logica, 

è persino ancor più ingenuo che non fosse stato lo Scoto 

Eringena: ma invece, dal primo di tal, punti d, vista, 

cioè dal lato obbiettivo-ontologico, il concetto, ond eg i 

prende posizione tra gl’indirizzi che si contrastavano nella 

contesa intorno agli universali, è il concetto d, sostanza; 

e se la sua posizione ci mostra punti d, contatto essenziali 

con altre correnti, questa è appunto una prova novella 

dell’incrociarsi delle opposte tendenze in vari punti nodali. 


. Nel concetto di sostanza che, in maniera omnicom¬ 

prensiva, va considerato come genere supremo d, tutti 

gli esseri, così corporei come incorporei, Gilberto distin¬ 

gue cioè, conforme al punto di vista della terminologia 

teologica (ossia dtel Pseudo-Boezio), due aspetti, onde m 

un essere viene designata quale g ua sostanza così que 

ch’esso è (quod est - subsistens), come anche ciò, per cui 

esso è quel che è {quo est - subsistenUa) ). Ma ora, m 



[1406]: Quia omnis dictio diversa significa,, quid e, de quo diligens 

“ u,U X 1246 113831: Ne ergo lectorem decipere possit aliqua dictio, 


«Hfndat ; ^ locis am siderans, de tot signifi- 


irSX’lSto pertinet, convenientium illi rationum admt- 


nÌC ‘t i'X 2 [1281]: Hoc nomea, quod est ..substa,aia“ non a pe- 


_-\ d. 1145 112741: Subsistentia causa est, ut id, quod per eam 

est aliquid, suis propriis sit subjectum. — p. 1175 [1305]: Quoties 

enim subsistens ex subsistentibus conjunctum est. necesse est, ejus 

totum esse, i. e. Ulani qua ipsum perfectum est subsistentiam, ex om¬ 

nium parlium suarum omnibus subsistenlus esse conjunctam. 














398 



CABLO PRANTL 



concetti ili genere e di specie hanno un altro essere da 

quel delle cose stesse; poiché i primi hanno appunto so¬ 

lamente l’essere della sussistenza, e invece le seconde 

hanno l’essere, come soggetti e sostrati degli attributi uni¬ 

ficati nella sussistenza 4 ' 0 ). E così il pensiero intende i 

concetti generici e specifici, come gli universali di fronte 

alle cose particolari, argomentando, con un atto di met¬ 

ter assieme (colligere), dagli oggetti particolari concreta¬ 

mente esistenti, ai quali ineriscono gli attributi, l’es¬ 

sere della sussistenza 471 ); e da tale punto di vista poi 

le cose naturali, rispetto alla sussistenza del genere e 

della specie, alla quale [sussistenza] partecipano, come le 

cose singole partecipano all’essere sostanziale, vengono 

significate con i nomi di specie e di genere, del pari che 

gli attributi vengono enunciati come predicati, e, anche 

denominativamente, la sussistenza stessa viene chiamata 

soggetto 472 ). 


Ma, come il concetto del metter assieme ( collectio ), for- 



47,) ) p. 1239 [1375]: Genera et species, i. e. generales et speciales 

subsistentiae, subsistunt tantum, non substanl vere.Ncque enim acci- 

denlia generibus speciebusve contingunt. Ut quod sunt, accidentibus 

debea ni (il concetto di accidens, qui come dappertutto, è preso in tal 

senso da comprendere, di fronte alla sostanza, tutte nove le altre 

categorie).... Individua vero subsistunt quidem vere.... Informata enim 

sunt jam propriis et specificis differentiis, per quas subsistunt. Non 

modo autem subsistunt, veruni etiam substanl individua, quoniam et 

accidentibus, ut esse possitit, ministrant : dum sunt scilicel subjecta.... 

accidentibus. 


471 ) p. 1238 [ 1371—5] : Essentiae in universalibus sunt, in partimi- 


laribus substant . Subsistentiae [così il Prantl, ma nelle ediz. cit. : 


substantiae] in universalibus sunt, in parlicularibus capiunt substan- 

tiam, i. e. substant.... Universalia, quae intellectus ex parlicularibus 

colligit, sunt, quoniam particularium illud esse dicuntur, quo ipsa 

particularia aliquid sunt. Particularia vero non modo sunt, quod 

utique ex hujusmodi suo esse sunt, veruni etiam substant. 


472 ) p. 1137 [1265]: Ad generales quoque et speciales subsistcn - 

tias, quae subsistentium, in quibus sunt. esse dicuntur, eo quodeis, 

ut sint aliquid, conferunt, ejusdem nominis, i. e. matcriae, alia fil 

denominatio. — p. 1140 [1269]: Essentia est illa res, quae est ipsum 

esse, i. e. quae non ab alio lume mutuai dictionem, et ex qua est 

esse, i. e. quae caeteris omnibus eamdem quadam extrinseca partici- 

patione communicat .... Namque et in naturalibus omne subsislen- 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



399 



maluiente usato da Gilberto per dar una definizione del 

genere 473 ), lo abbiamo di già incontrato più sopra nella 

teoria della indifferenza (nota 136), in Gausleno (nota 146) 

e nell’autore dello scritto De gen. et spec. (nota 162), — 

così Gilberto associa a questo concetto, ispirandosi a ve¬ 

dute realistiche, una concezione, da lui designata con 

le espressioni « substantialis similitudo » o « conjormantes 

subsistentiae », ma di preferenza con il termine, che ri¬ 

corre in lui così frequentemente, di« conjortnilas», anche 

esteso ai nomi delle cose 471 ); nè può qui disconoscersi 



tinnì esse ex forma est, i. e. de quocunque subsistcnte dicitur « est », 

formar, quam in se habet, participatione dicitur. — p. 1141 [ 1270J : 

Omnia de subsistente dicuntur : ut de aliquo homi/ie tota forma 

substanliae, qua ipse est perfectus homo, et omne genus omnisque dif- 

fercntia, ex quibus est ipsa composita, ut corporalitas et animatio, ...et 

denique omnia, quae vel loti illi formae adsunt, ut humanitati risi- 

bilitas, vel aliquibus partibus ejus. — p. 1145 [1274]: Quoniam... 

subsistentia causa est, ut id quod per eam est aliquid, suis propriis 

sit subjectum, ipsa quoque per denomi nalionem eisdcm subjecta dici¬ 

tur, et eorunUkm materia.... (p. 1146 [rectius : 1142 (1270)]): et ideo 

gerteraliter cum qualitalibus qualitas ....dicitur, et cum solis albedini- 

bus specialiter albedo. Atque adeo multa sunt. quae de. istis dicuntur : 

ut saepe etiam efficiendi ralione a coaccidentibus ad ea, quibus coacci- 

dunt, denominativa transsumptio fiat. Ut « linea est longa, albedo est 

clara». — p. 1199 [1329]: Hoc igitur, quod* habet a sua substantia, 

nomea, ad ea, quae ex ipso [il Pranll legge: ipsa] fluxerunt, denomi¬ 

native transsumptum est. 


473 ) p. 1252 [1389]: Genus vero nihil alimi putandum est, nisi 

subsistentiarum secundum totam eorum proprietatem, ex rebus secun¬ 

dum species suas differentibus, similitudine comparata collectio. 


174 ) p. 1135 [1263] : ,l)iversae,... subsistentiae, ex quartini aliis 

homines, et ex aliis equi, sunt ammalia, non imitationis vel imaginaria, 

sed substantiali similitudine ipsos, qui secundum eas subsistunt, fa¬ 

cilini esse conformes. — p. 1136 [1263 s.] : Dicuntur etiam multa sub¬ 

sistentia unum et idem, non naturar unius singularilate, sed multa- 

rum, quae ralione similitudinis fit, unione ....Ilio, quae divcrsarum 

nnlurarum adunai conformitas, genere vel specie unum dicuntur .... 

Tres homines.... neque genere ncque specie, i. e. nulla subsistentia¬ 

rum dissimilitudine, sed suis accidenlibus dissimilitudinis distant . 


Sunt conformantium ipsos subsistentiarum numero plures. — p. 1175 

[1305]: Conformitate aliqua.... plures homines dicuntur unus homo. 

— p. 1192 [1322]: Secundum proposìtae naturar plenitudinem.... di¬ 

citur substantialis similitudo : qualiter album albo simile est, et homo 

homini. — p. 1194 [1324]: Tales sunt omnes differentiae illae, quae- 

[cunque] rei huic generalissimo proxime cum ipso quaedam contrae- 











400 



CABLO PRANTL 



l’affinità con la« similia creatio» del libro De gen. et spec. 

(nota 163), e particolarmente con la « consimilitudo » di 

Abelardo (nota 299) ; ma è degno di nota che il termine 

« indìfierentia », che pur doveva offrirglisi affatto sponta¬ 

neamente, Gilberto lo usi esclusivamente a proposito di 

discussioni teologiche intorno alla Trinità « 5 ), e che pur 

si serva invece, così per sostanze come per attributi, del 

termine « identitas» 47B ). In generale egli intende questa 

virtù formativa degli universali in senso realistico, a tal 

punto, che, p. es., non solamente la bianchezza, ma anche 

la unità appare a lui come una tale forma, la quale deve, 

qualunque sia il predicato, cooperare per far del soggetto 

di esso una cosa 477 ): e, mentre con ciò si trova esposto 

alla obiezione sopra citata (nota 438) : ed è possibile che 

fosse diretta proprio contro Gilberto), arriva qui a sta¬ 

bilire una distinzione, utilizzabile per la questione della 

Trinità, ma poi da capo violentemente combattuta da 

altri, fra la unità e 1’ Uno, o in generale tra gli aggettivi 

numerali e le forme ideali che stanno loro a fondamento — 

in quanto che quelli posson essere predicati soltanto delle 



fiorii similitudinis consumimi genera , quae a logica.... subalterna vo- 

canlur ■ vel subalterna similiter adhaerentes, quamlibet siib ipsa Sub- 

sistentiam specialem componunt- p. 1231 [Ì370]: ffomo 

subsistentia spedala, quae est hujus nomina qualità» una uulan 

conformilate, sed plures essenliae singulantate, de singola honuni- 

bus.... Parimente p. 1251 [?}» 1262 [1399], ecc. |9Q0) 


in ) Così, p. es., p. 1134, 1152 e 1169 [1262, 1280 e 1-99]. 


4tg\ p H 69 [1299]: Identitate unionis.... homo idem quod nomo 

est. Nam'piato et Cicero unione speciei sunt idem homo. .. 

auae ex proprietate est unitatis |Prantl legge: propnetata est unitale ], 

q “ra,ion P ale P idem quod rationate est , eduli anima hommu, et,pse 

homo, non unione speciei, sed unitale propnetata, sunt unum ra 


donale. [ 1309 ]: Vnilas omnium.... praedicamentorum Comes 


est. Narri de quocunque aliquid praedicatur, idpraticato ?“**'” «* 

hoc, quod nomine ab eodem sibi indilo, et verbi iubifonm'i compos.- 

tione ... esse significata, sed unitale ,psi cooccidenfe esf um m ul 

album albedine quiden, album est, sed un,late cocce,dente albedim, 

unum, et simul albedine et ejus comite annate est album unum. 











STORI* DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



401 



cose concrete, che appunto sottostanno all’azione forma¬ 

tiva degli universali ideali 478 ). 


Ma poi al concetto di conjormitas si associa inoltre an¬ 

che un modo d’ intendere, secondo il quale nell’ individuo 

tutte le determinazioni possibili sono unificate per tal 

maniera, che esso, nella totalità della sua sussistenza (cfr. 

la nota 462), non è conforme a nessun altro essere, e per¬ 

tanto la individualità consiste in questa dissimiglianza di 

essenza, mentre all’ incontro tutto quel che c’è di non¬ 

individuale si fonda sopra una somiglianza, e può per¬ 

tanto venire compartito ne’ suoi modi di manifestarsi, 

individuali e concreti, che in esso sono simili, ma tra 

loro son dissimili: concezione questa, che Gilberto carat- 



47S ) p. 1148 [1277]: Quod est unum, res est unitali subjecta, cui 

scilicet vel ipsa unilas inest, ut albo : rei adest, ut albedini. Unitas 

vero est id, quo ipsum, cui inest, et ipsum, cui adest, dicimus unum: 

ut album unum, albedo una. liursus ea, quae dicimus esse duo, in re¬ 

bus sunt, i. e. res sunt dualitati similiter subjcctae, quae dune sunl.... 

ldeoque non unitas ipsa, sed quod ei subjeclum est, unum est ; nec dua- 


litas ipsa, sed quod ei subjectum est, recle dicitur duo . Nani vere 


omnis numerus non numeri ipsius, sed rerum sibi suppositarum est 

numeriti. Ma che in generale persino questo sforzo, ispirato alla 

più stretta ortodossia, abbia raccolto poca gratitudine dalla parte 

di vari altri teologi, lo desumiamo dal fatto che, come riferisce il 

Du Houlay, Il istoria Universitatis Parisiensis, I, p. 404 [rectius : 

p. 402 ss.: y. inoltri ibid. p. 741, e particolarmente p. 200], il Priore 

Gualtiero di S. V ittore compose egli stesso uno scritto contro i« quat¬ 

tro labirinti di trancia» [Contro qualtuor labyrinthos Franciae : lo 

scritto si suol citare appunto con questo titolo], cioè contro Pietro 

Lombardo (v. sopra le note 41 ss.), Abelardo, Pietro da Poitiers 

e Gilberto; da manoscritti di tale opera (conservati nella Biblioteca 

di S. Vittore) il Launoi, de varia Aristot. in Acad. Paris. Jori., c. 3. 

p. 29 [p. 189 della ediz. di Vittemberga, 1720], comunica il passo 

seguente: Quisquis hoc legerit, non dubitabit, qualuor Labyrinthos 

Franciae, i. e. Abaelardum et Lombardum, Pelrum. Pictavinum et 

Gilbertum Porretanum. uno spiritu Aristotelico afflalos, dum ineffa- 

bilia Trinitatis et Incarnationis scholastica levitate tractarent, mul- 

tas haereses olim vomuisse, et adhuc errores pullulare [Cfr. UEBERtYEG— 

Geyer, p. 271]. Maggiori particolari sopra questo alterco fra teo¬ 

logi sono stati riferiti dall’UsENER nei Jahrbiicher fiir protestanti- 

sche rheologie, voi. V (1879), p. 183 ss. [« Gislcbert de la Porrée» 

è il titolo della nota, riprodotta nel IV voi. della raccolta delle Kleine 

Schriflen dell’Usener, Lipsia 1913, p. 154-162], 


26. C. Prantl, Storia della logica in Occidente, II. 







402 



CABLO PRANTL 



terizza scegliendo, per i così detti nomina appellativa, il 

termine « dividila », che troviamo qui per la prima volta, 

e, per i così detti nomina propria, il termine « indivi¬ 

dua » 479 )- 


Per la logica, una maniera di trarre partito da questo 

realismo ontologico consiste nell’andar su e giù per la 

Tabula logica, come si fa, secondo il procedimento di 

Boezio, nella definizione e nella divisione 48 °) : consiste per¬ 

tanto nella funzione predicativa, inquantochè quel che 

dal predicato si predica, relativamente alle cose concrete, 

non è mai l’essere concreto per se stesso, ma solamente 

la essenza, cioè la sussistenza e gli attributi essenziali 481 ): 

vale a dire che il realismo di Gilberto trova la propria 

espressione in ciò, ch’egli considera tutte le categorie come 

le causalità reali del loro manifestarsi nelle cose con¬ 

crete, e le designa pertanto come sommi generi non dei 



47 9\ y 1164* 112941: Si enim dividuum facit similitudo, consequens 

est ut individuimi dissimilando. - p. 1236 11372]: Homo et sol a 

Grammatici appellativa nomina, a Dialeclicis vero dividila vocantiir 

Plato vero et eius singularis albedo, ab eisdem Grammatica propria, a Dia 

lecticis vero individua. Sed horum homo tam aclu quam natura appella 

tivum vel dividuum est; sol vero natura tantum, non aclu. Multi nam 

que non modo natura, verum etiam actu, et fuerunt, et sunt, et 

sant, subslanliali similitudine similes hommes. — p. 1165 11294] . 

Pestai igitur, ut illa tantum sint individua, quae ex omnibus compo¬ 

sita. nullis aliis in loto possimi esse conformia, ut ex omnibus, quae 

et actu et natura fuerunt vel sunt vel futura sunt, Platoms collecta Ha- 


tomtas. 112g jj 255 j. Sia* in diffinitiva demonstratione specie» 

aenere, sic in divisiva genus specie declaratur. — p. 1130 [1258]: 

«Nulla species de suo genere praedicatur» in diffimtionum genere 

verum est; itero « orarti* species de suo genere praedicatur » in divisto- 


num genere verum est. , 


48 i\ p. 1244 [1381]: Nunquam enim id , quod est , praedicatut % sea. 


esse et quod illi adest, praedicabile est, et sine tropo, non msi de eo, 

quod est. (Se Gilberto con queste parole designava ì giudizi pura¬ 

mente esistenziali come inconcludenti, si metteva con ciò da capo 

in contrasto con certi teologi: v. Otto Frisino, de gest. Fnd.. I, 

52 n. 437, ed. Urstis [MGH, XX, p. 379-80]: Erat quippe quorun- 

da'm in logica sententia, [quod.] cum quis diceret, Socratem esse, nihil 

diceret. Quos praefatus episcopus [intendi appunto 1 episcopus (i tc- 

taviensis) Gisilbertus ] seclans, talem dicti usuro haud premeditate 

„d theologiam verterà!). 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



403 



predicati ma degli oggetti, si che per conseguenza la ja- 

cultas logica contiene semplicemente un ricalco della 

realtà 482 ). Ma, su questo punto, non si limita a distin¬ 

guere le categorie, alla solita maniera, onde quella della 

sostanza si contrappone a tutte le altre nove, bensì que¬ 

ste ultime si dividono a lor volta, secondo che appar¬ 

tengono all’ intima essenza, o han per contenuto sola¬ 

mente una relazione estrinseca 483 ) ; cioè, qualità e quan¬ 

tità, che appartengono alla « natura» (nota 461) o alla 

sussistenza, servono perciò ancora a predicare il vere esse, 

laddove le altre sette categorie, — inclusa dunque pur 

quella della relazione —, esclusivamente ricadono nella 

sfera degli status e delle loro esterne mutevoli circostanze 

(status : cfr. circumstantia in Boezio, Sez. XII, nota 

166) «“). 



4S2 ) p. 1173 [1303]: Ilorum nominum illa significata, quae diver- 

sis rationibus Grammatici qualilates, Dialectici cathegorias, i. e. prae- 

dicamenla, vocant, praedicantur substantialiter, — p. 1153 11281-2]: 

Qualilas ....omnium qualitatum gcneralissimum est, et quantilas om¬ 

nium quantilatum.... Ideoque qualitas est qualitas genere cujuslibet 

qualitatis, quale vero est quale qualitate cujuslibet generis.... Sirni- 

liter nullum, quod est ad aliquid, relatio est. et nulla relatio est ad ali- 

quid. Sed.... id, de quo ijJsa dicilur, est ad aliquid.... Ubi quoque, et 

quando, et habere, et situm esse, et Jacere, et pati, rwmina sunt gene¬ 

ralissima, non eorum quae praedicantur, sed eorum de quibus prae¬ 

dicantur.... Ilaec igitur praedicamenta talia sunt relationibus logicae 

jacullatis, qualia illa subjecta, de quibus ea convenit dici, permiserint. 

— p. 1146 [1274]: Caeteras, quae in corporibus sunt, vocantes formas, 

hoc nomine abutimur, dum non ideae, sed idcarum sint eìxóveq, 

i. e. imagines, quod ulique nomen eis melius convenit. Assimilantur 

enim.... quadam extra substantiam imitatione his formìs, quae non 

sunt in materia constitutae, sinceris. 


483 ) p. 1153 [1282]: Quidquid hoc est subsistentium esse; eorundcm 

substantia dicilur. Quod ulique sunt omnium subsistentium speciales 

subsistentiae, et omnes ex quibus hae compositac sunt, scilicet, eorum- 

dem subsistentium, per quas ipsa sibi conformia sunt, generales, et 

omnes, per quas ipsa dissimilia sunt, dijjerentiales.... Accidenlia vero 

de illis quidem substantiis, quae ex esse sunt, aliquid dicuntur, sive 

in eis creata, sive extrinsecus affixa sint, sed eis tantum, quae esse sunt, 

accidunt. 


484 ) p. 1156 [1285]: Ilare quidem, i. e. subslantiae, qualitates, 

quantitates, sunt talia, quibus vere sunt, quaecunque his esse propo- 

nuntur, ideoque recte de ipsis praedicari dicuntur. Reliqua vero sep- 










404 



CARLO PRANTL 



[d) lo scritto De sex principiis: un'abborracciatura]. — 

Ma proprio quest’ultimo argomento ci porta a prender in 

esame lo scritto di Gilberto De sex principiis , un pasticcio 

veramente pietoso, che fu già commentato da Lamberto 

da Auxerre (v. la Sez. XVII, nota 116), e poi, in conse¬ 

guenza dell’autorità goduta da Alberto Magno (ibid., 

note 439 s.), venne a essere tenuto in così grande conto 

da essere formalmente incorporato aH’Organon 485 ). ivi 

c’ imbattiamo novamente (cfr. la nota 461) nel concetto 

di essere sostanziale, nel quale risiede la forma di un in¬ 

trecciarsi degli elementi della essenza 486 ) : e a tale pro¬ 

posito si fa la osservazione, la quale, come più sopra 

(nota 464), resta senza motivazione, che cioè dalla sin¬ 

golarità delle cose concrete il pensiero trae fuori e in¬ 

tende quell’elemento, cb’è, nella sua unità, commune e 

universale 487 ). Ma poi si passa a considerar le categorie. 



lem generai» accidentia.... [non] vera essendi rationc praedicantur. 

Narri.... extrinsecis scilicet eircumfusus et determinatili minime prae- 

dicaretur, si non prius suis esset per se propri elalibus informatili. 


— p. 1160 [1290]: Sic ergo praedicatio alia est, qua vere inhaerens 

inhaerere praedicatur ; alia, quae quamvis forma inhaerentium fiat, 

tamen ila exterioribus datur, ut ea nihil alieni inhaerere inlelligatur. 


— p. 1255 s. [1393]: Caetera vero (cfr. la nota 461). quae de ipso no- 

turaliter dicuntur, quidam ejus status vocantur, eo quod nunc sic, nunc 

vero aliler, rctinens has. quibus aliquid est, mensuras et qualitalcs et ma¬ 

xime subsistentias, statuatur.... Situ, vel loco, vel Inibita, vel relatione, 

vel tempore, vel actione, vel passione slatuitur. Cori, quanto alla cate¬ 

goria della relazione, vien detto inoltre, nella forma più esplicita, a 

a p. 1163: relativa praedicatio ....consislil.... non in eo, quod est esse. 


485 ) In conseguenza del suo accoglimento neH’Organon, è stato 

stampato in quasi tutte le più antiche traduzioni latine di Aristo¬ 

tele; io cito dal voi. I delle Opere di Aristotele in versione latina, 

Venezia 1552, in fnl. [Qui s’includono tra parentesi quadre i riferi¬ 

menti al testo accolto nella PL: cfr. più sopra la nota 21]. 


4S “) Cap. 1, f. 31, v. A: Forma est compositioni contingens, sim- 

plici et invariabili essentia consistens.... Substanliale vero est, quod 

conferì esse ex quadam composilione compositioni, ut in pluribus, 

quod impossibile est deesse ei [PL, 188, 1258—9]. 


487 ) f. 31, v. B: Sicut ex plurium partium coniunclionc constitutio 

quaedam primorum excedens quantitatem ejfìcilur, sic ex singularium 

discretione unum quoddam intelligilur. eorum excedens praedicatio- 

nem. — Così anche [Cap. 2], f. 32, r. B: omnes quidem homines eius 

hominis. qui communis est, et universale [1259, 1261]. 







STORIA BELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



405 



con quella stessa dicotomia (note 483 ss.) di categorie in¬ 

trinseche ed estrinseche, ma con questa differenza tutta¬ 

via, che cioè qui la categoria della relazione non viene 

ora più annoverata fra le categorie estrinseche, bensì 

questo gruppo viene a esser costituito dalle ultime sei 

categorie soltanto (actio, passio, ubi, quando, situs, ha- 

bere) : e poiché delle prime quattro categorie ha di già 

parlato a sufficienza Aristotele, Gilberto vuole trattare 

ora più compiutamente appunto di queste altre sei 488 ). 

Sodisfa cosi un bisogno, che abbiamo veduto di già mani¬ 

festato piu sopra (note 18 e 344): e qualificando Gil¬ 

berto, con la sua mania realistica, anche queste categorie 

come « principia» (cfr. le note 477 e 482), tale suo scritto, 

privo di senso comune, venne ad assumere più tardi, an¬ 

che in considerazione del suo titolo, una cosi grande im¬ 

portanza, da esser accolto per cosi dire nelFOrganon come 

sua parte integrante. 


[e) i sei « principii»: actio, passio, quando, ubi, si¬ 

tus, habitus]. — Per prima cosa vien definita l 'actio, e, 

con il più netto dualismo tra azione corporea e azione 

psichica, la si qualifica come legata da relazione di reci¬ 

procità con il concetto di movimento 489 ) : a ciò fa seguito 

la osservazione che la particolarità delazione ha per 



4#8 ) [Cap. 2], f. 32, r. A: Eorum vero, quae contingunt exislenti, 

singultirli aul extrinsecus advenit, aul intra subslanliam consideratur 

simpliciler : ut linea, superficics, corpus. Ea vero, quae extrinsecus 

contingunt, aut actus, aut pati, aul dispositio, aut esse alicubi, aul 

in mora, aut habere necessario erutti. Sed de his, quae subsistunt, 

et quae non solum in quo existunt exigunl, in eo qui « de Categoriis» 

libro inscribilur, disputatimi est: de reliquis vero continuo aeamus 

[1260], * 


4S “) Cap. 2, ibid. : Actio vero est, secundum quam in id, quoti sub- 

iicitur, agere dicimur.... Differunt autem, quoniam ea, quae corpo- 

ris est, rnovens est necessario illud, in quo est,.... actio autem animae 

non id movet, in quo est, sed coniunclum : anima enim, dum agii, im¬ 

mobile est.... Omnis ergo actio in mota est : omnisque motus in actione 

firmabitur [1260]. 







406 



CARLO PRANTL 



sua proprietà (li produrre la passio, e che pertanto l'actio 

è il « principio » primordiale 49 °): a questo punto il 

concetto di « jacere » viene applicato anche a tutte le 

rimanenti categorie in ima serie di affermazioni che son 

delle più aride e peggio fondate 491 ) : e secondo il modello 

delle quattro prime categorie si fa vedere, anche nel 

jacere e nel pati, il rapporto di contrarietà e la gradua¬ 

zione di più o meno 492 ). 


Ma poi viene, ciononostante, in secondo luogo la pas¬ 

sio, dandosi per essa rilievo alla varietà di accezioni di 

questo termine 493 ). 


Viene appresso presentata, in terzo luogo, la catego¬ 

ria del quando, la quale è bensì afline al tempus, ma pur 

se ne distingue, in quanto che i tre tempi, passato e pre¬ 

sente e futuro, non son già un quando, ma sono solamente 

un effetto e una proprietà, conforme a cui qualche cosa 

viene denominata come passata e via dicendo (v. alcun¬ 

ché di simile alla precedente nota 194); inoltre nulla può 

misurarsi secondo il quando, ma secondo il tempo sì 494 ). 


49 °) f. 32, r. B: Naturqlis vero actionis propnetas est, passionem 

ex se in id, quod subiicitur, inferre : omnis enim aclio passionis est 

effectiva.... Et sic actus quidem est primordiale principiata [1261]. 


491 ) Ibid.: Facere vero id, quod quale est, ex se gignit.... Quanti- 

tatum vero particularium positio effectrix est, et qunlilatum uni¬ 

versa enim liaec a situ substantiam et generalionem kabent.... Situs 

autem, agere et pati : in dispositionis nonuple compositione quaedam 

generalio simplicium fil, quam in motiva actione consistere necesse 

est. Quando vero tempus. Ubi vero locus. Habere autem corpus : ea 

enim, quae circa corpus sunt, habere dicuntur [1261], 


492 ) Ibid.: Recipit autem facere et pati contrarielalem, et magis 

et minus : secare enim ad plantare contrarium est....: et calefieri magis 

et minus dicilur [1261-2]. 


493 ) C. 3, f. 32, v. A: Passio est effectus illatioque actionis.... Est 

autem pati eorum, quae multipliciter dicuntur : animae enim actio- 

num unaquaeque passio dicitur.... Dicilur quoque passio, quod in 

naturam agii : ut morbus.... Ea vero, quae nunc relinquuntur, in eo 

qui est « de Generatione» libro tractanlur (questa citazione è presa 

da Boezio [in Ar. praed.. Ili: PL, 64, 262], p. 190). 


494 ) C. 4, ibid. : Quando vero est, quod ex adiacentia (cfr. la nota 504) 

temporis reliquitur. Tempus vero quando non est, utriusque autem 

ratio coniuncta est, ut tempus quidem praeteritum quando non est, 








STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



407 



A ciò fa seguito, come il colmo della stupidità, la indica¬ 

zione di una differenza tra quando e ubi, in quanto che 

il quando del presente, in pari tempo che l’istante stesso, 

è in eodem , ciò che non si verifica per Vubi 49S ), e cosi 

pure ima divisione del quando e del tempus in semplici 

e in composti 496 ), e infine la notizia che la relazione di 

contrarietà, e di più o meno, non ha luogo nel quando 497 ). 


Quarto viene ora ubi, e qui si presenta la distinzione 

analoga tra ubi e locus 498 ): e alla impossibilità che due 

cose sieno in uno stesso luogo o una stessa cosa in diversi 

luoghi, si collega anche la controversia sopraccennata 

(nota 203) circa la propagazione del suono 499 ); anche 

Vubi vien distinto in semplice e in complesso, e si esclude 

che, rispetto ad esso, abbia luogo la relazione di più 



efeclus autemcius, et affectio , secundum quarti dicilur aliquid fuisse, 

quando est. Instans autem quando non est, sed secundum quod ali- 

quid aequale, tei inacquale est: eius autem affectio, secundum quam 

aliquid dicilur in instanti esse, quando est. Futurum similiter tempus 

quando non est. — f. 32, v. B: Distai autem et tempus ab eo, quod 

quando: quoniarn secundum tempus aliquid est mensurabile : ut mo- 

tus animus.... Al vero secundum quando ri ih il mensuratur, sed ali- 

quando dicilur esse [1262]. 


4 96 ) f. 32, V. B : Differì enim quando ab eo, quod est ubi : quoniarn 

in quocunque, tempus est vel fuitvcl erit, in eo quidem quando, est vel 

fuit vel erit, quod secundum idem tempus dicilur: quando enim, 

quod exislenti est, curn ipso instanti est, et simili in eodern sunt.... 

Ubi vero et locus, a quo est, vel fit, nunquam simili in eodem : ubi 

enim in circumscriptione est: locus autem in compicciente [1263], 

19a ) Ibid. : Quando ....sicut autem et tempus, aliud quidem compo- 

situm est, aliud vero simplex. Est autem compositum, quod in compo¬ 

sita anione consista: simplex vero, quod cum simplici procedit [1263], 

497 ) Ibid.: Inest autem quando, non suscipere magis et minus.... 

Amplius quando nihil est contrarium [1263]. 


48s ) C. 5, f. 33, r. A: Ubi vero est circumscriptio corporis, a circum¬ 

scriptione loci proveniens. Locus autem in eo, quod capii, est, et cir- 

cumscribit.... Non est autem in eodem locus et ubi: locus enim in eo, 

quod capii, ubi vero in eo, quod circumscribitur et complectitur [1264]. 


4 ") Ibid, : Nequaquam igitur duo in eodem loco esse simul pos- 

sunt, nec idem unum in diversis.... Movet autem quis quaestionem 

f orlasse, idem in diversis et pluribus concludens ; etenim vox in auri- 

bus diversorum est.... Confiteli oportel omnino, urtarti particulam aeris 

ad aures diversorum pervenire.... Relinquitur igitur, diversum sensum 

esse imaginabiliter se generanlium, et similiter [1264-5]. 






408 



CABLO PRANTL 



o ili meno, e così pure quella di contrarietà, a proposito 

della quale l’Autore persino espressamente si riferisce ai 

concetti di sopra e di sotto 50 °). 


Quinto segue situs , ovvero la categoria, come la chia¬ 

ma Gilberto, della positio , intesa secondo il realismo più 

rozzo possibile, sicché tutte le particolari manifestazioni 

di questa categoria, nel cui novero vengono compresi, 

p. es., anche lo scabro e il levigato (cfr. la nota 193), 

sono considerate soltanto come espressioni derivate 501 ); 

si contesta che questa categoria comporti opposizione 

contraria, e ciò perchè i contrari appartengono soltanto 

a un medesimo genere, e invece lo star seduti e il gia¬ 

cere vanno assegnati a generi differenti, in quanto che 

soltanto esseri ragionevoli possono star seduti, laddove gli 

altri stanno a giacere 502 ); e mentre qui è inammissibile an¬ 

che la relazione di più o di meno, questa categoria va messa 

nella più stretta connessione con quella della sostanza, pro¬ 

prio in essa trovando le sostanze il loro ordinamento 503 ). 



Ml °) f. 33. r. B: Ubi autem. aliud quidem simplex, aliud vero com- 

posilum. Simplex quidem, quod a simplici loco procedit : composilum 

autem, quod ex composito.... C.arct autem libi inlenlione et remissione : 

non enim dicitur alterum altero magis in loco esse vel minus.... Inesl 

autem ubi, nihil esse contrarium.... Sursuni enim et deorsum esse 

contraria pluribus videntur.... Conlingit autem contraria in eodem esse.... 

Si enim sursum esse et inferius esse contraria sunt, cum idem sursum 

et deorsum sit, colligitur, idem sibimet contrarium fieri [1265]. 


601 ) C. 6, f. 33, v. A: Positio est quidam parlium situs, et genera¬ 

ti onis ordinatio, secundum quam dicuntur stantia vel sedentia.... Se¬ 

dere autem et lacere positiones non sunt, sed denominative ab his dieta 

sunt. Solet autem quaestio induci de curvo et recto, aspero et leni.... 

Non sunt autem positiones ea, quae dieta sunt omnia, sed qualia circa 

situm existentia [1265-6]. 


60S ) Ibid. : Suscipere autem videtur situs contrarietates : nam sedere 

ad id quod stare contrarium esse videtur.... Ponentibus autem nobis, 

haec contraria esse, inconvenientia recipere cogimur, hoc, quod unum sit 

contrarium plurium.... Amplius autem conlrariorum quidem ratio est, 

circa idem natura existere. : sedere enim et iacere non circa idem natura 

sunt seiuncta : est enim sedere proprie circa ralionalia, iacere vero et 

accumbere circa diversa [1266]. 


603 ) f. 3, V. B.: Proprium autem positionis, ncque magis neque mi¬ 

nus dici.... Magis autem proprium videtur esse positionis, substantiae 






STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



409 



Riinane poi ancora in sesto luogo Vhabitus, categoria 

identificata con il concetto di adiacentia, già familiare 

a noi, che conosciamo Abelardo (nota 284) 504 ); quando 

poi si legge che per habere la relazione di più o di meno è, 

di regola, ammissibile, ma talora, come, p. es., nel caso 

dell’« esser vestito », è inammissibile, e che in questa 

categoria non sussiste contrarietà, perchè esser armato 

ed esser calzalo non sono opposti 505 ), — anche ciò rende 

sufficiente testimonianza del talento logico dell’Autore; 

come particolarità di questa categoria, viene indicato il 

fatto che essa rimanda sempre a una pluralità, il che 

può, soltanto per certi rispetti, ripetersi anche per le 

categorie della quantità e della relazione 508 ); finalmente 

vengono citate ancora cinque accezioni differenti del ter¬ 

mine habere 507 ). 


[f) la controversia intorno al magis e al minus]. — Ma 

venuta poi a una conchiusione questa disamina dei « prin¬ 

cipi » 508 ), fa ancor seguito una trattazione speciale del 



proxime assistere , omnibus qiiidem aliis/ormis suppositis. Posilio autem 

nihil aliati est. quatti naturalis ipsius subslantiae ordinatio [1260]. 


S04 ) C. 7, f. 33, v. B: Habitus est corporum, et eorum quae circa 

corpus suoi, adiacentia : secundum quam hoc quidem habere, illa vero 

dicunlur halteri. Haec autem non secundum totum dicunlur, sed se¬ 

canti uni particularem divisionem, ut armatum esse [1267], 


s01i ) f. 34, r. A: Suscipit autem habitus magis et minus : armatior 

enim est eques pedite.... In quibusdam autem non videtur, quoti rum 

magis et minuspraedicentur : ut vestitum esse, et similia. IIabitui quoque 

nihil est conlrarium : elenim armatio calceationi non est contraria 

[1267], 


60 °) Ibid. : Proprium quidem habitus est, in pluribus existere.... In 

paucis autem aliis principiis huiusmodi invenies : in quantilate enim 

solum, et in his quae ad aliquid sunt, similia reperies.... Habitus autem 

omnis in pluribus necessario existit, ut in corpore. et in his quae circa 

corpus sunl [1267]. 


507 ) Ibid. : Dicilur autem habere multis modis : habere enim dicitur 

alterationem.... Dicilur etiam ras aliquid habere.... Habere quoque in 

membro dicimur,... Dicitui vir uxorem habere, et recipere uxor virum.... 

Quare modi habendi, qui dici consueverunt, quinario numero terminan- 

lur [1267-8], 


50s ) Ibid. : Et quidem de principiis haec dieta sufficiant : reliqua 

vero in eo, quod de Analylicis est. quaerantur volumine (v. la nota 21) 

[1268], 





410 



CARLO PRANTL 



magis et minus ; e qui Gilberto taglia il nodo della contro¬ 

versia ricordata più sopra (nota 196), non potendo l’or- 

dine delle graduazioni risieder già nella sostanza stessa, 

poiché questo urta contro il concetto di sostanza, ma 

d’altra parte nemmeno negli accidenti, perchè allora il 

grado superiore, p. es., di bianchezza dovrebbe consi¬ 

stere nell’ampiezza della superficie (!) : donde consegue 

che il più o il meno neanche ha la propria sede nell’ima 

e negli altri insieme, cioè nella sostanza e ne’ suoi acci¬ 

denti 509 ). Ma la soluzione positiva, che dà ora Gilberto, 

ha questo fondamento, che cioè il magis vel minus con¬ 

siste nel grado in cui lo stato di fatto reale sta più vicino 

o più lontano dall’accezione del termine che designa la 

qualità, una graduazione questa che non si manifesta, 

dove si tratta di sostanze, per la ragione che la denomina¬ 

zione delle sostanze stesse rimane compresa entro saldi 

confini (in terminis) : tuttavia a tal proposito viene a confes¬ 

sare egli stesso quali assurdità sieno queste che presenta, 

quando deve aggiungere che una tale saldezza si ritrova tut¬ 

tavia anche nella denominazione di talune qualità 51 °). In- 


60 “) C. 8, f. 34, r. B: Non ergo secundum suscipicntium ipsorum 

Crementum vel decremenlum, cum „magis vel minus “ aliqua dicuntur. 

Nulla cnim ratio obviarel dicenti, hominem et animai et substantiam 

et caetcra consimilia cum „magis et minus" dici.... Mons eliam alio 

monte maior dicitur , cum neuler crescat vel decrescat.... Amplius autem 

ncque secundum ea, quae inficiunt. Si enim, secundum magnitudinem 

albedinis vel alicuius caelerorum, dicitur aliquid albius aliquo, vel, se¬ 

cundum parvitatem , minus album, vel quomodolihet aliter, utique et 

magis albus equus vel homo, vel quodlibet aliud albius margarita di- 

cetur : etenim maior albedinis quantitas equo accidit quam marga- 

ritae.... f. 34, v. A: l’atet itaque, nihil secundum ,.magis et minus“ 

praedicari, ncque secundum suhiecti solum augmentum vel diminutio- 

nem, neque secundum accidentis ; quare ncque secundum utrunaue 

[1268-9], ^ 


61 °) 6 34, v. A: Oportet igilur ab alio ea invenire, quae cum „magis 

et minus" dicantur. Huiusmodi vero sunt ea, quae. sunt in voce eorum, 

quae adveniunt, et non secundum subiecti vel mobilis cremenlum vel 

diminutionem, sed quoniam eorum, quae sunt in voce, impositioni pro- 

pinquiora sunt, sive ab eadem remotiora sunt : de his etenim cum „ magis" 

dicuntur, quae proximiora sunt ei, quae in ipsa voce est , impositioni, 

cum „minus" autem de his, quae remotiora consistunt.... Quanto igitur 





STORI* DELL* LOCIC* IN OCCIDENTE 



411 



V —-- 


// tìne la faccenda mette pur capo anche alla tesi essenziale, 

che cioè nella pluralità della realtà materiale in gene¬ 

rale, hanno loro proprio luogo il divenire e la relatività 511 ), 

e F illogico realista assume poi a criterio per questo campo 

la espressione verbale, mentre, per Forbita del vero es¬ 

sere, possiede nella parola solamente il ricalco di una 

idea. 


Così lo scritto di Gilberto intorno alle categorie ci 

porge un documento veramente miserevole, per provare 

come quell’epoca non fosse per nulla meno goffa e inetta 

dei secoli precorsi, tostochè sol si tentasse mai, senza 

le dande della tradizione, di muover un passo indipen¬ 

dente, anche senza uscir dall’ambito delle cose più sem¬ 

plici. 


[§ 36. — Ottone da Freising, seguace di Gilberto. 

Lo scritto pseudo—boeziano De imitate et uno]. — 

Ma quale seguace di Gilberto, riguardo alla concezione 

degli universali, ci si presenta Ottone da Frei- 

8 i'n g (nato nel 1109 [rectius : nel 1114 o 1115], morto 

nel 1158), che alle sue opere storiche intreccia talvolta 

disgressioni formali di contenuto filosofico, manifestando 

in esse, con i modi consueti di espressione, il suo rispetto 

di teologo verso Platone, e in pari tempo il conto in cui 



ad vocis impositionem accedens puriori inficitur alitarne, tanto et can- 

didior assignabitur.... Dubitabit autcni aliquis, quarc haec quidem cum 

..magis et minus LL dicantur, substantiae vero minime : hoc autem con- 

tingit. quoniam subslantiarum impositio quidem in termino est, ultra 

quem transgredi impossibile est. Additur autem et de accidenlibus qui- 

busdam, quae sine ..magis et minus “ dicuntur : ut quadrangulus, et 

triangulus, et similia [1269], 


6U ) f. 34, v. B: In subiecto enim duo sunt. quorum haec quidem 

estjorma secundum rationem, haec autem secundum materiam ; quando 

igitur in his duobus est transmutatio, generatio et corruptio crii sim- 

pliciter secundum veritatem.... Est autem materia maxime quidem subiec- 

lum gencrationis et corruptionis proprie susccptibile.... Haec autem 

hoc aliquid significant et substantiam, haec autem quale, haec autem 

quantum. Quaecunque igitur non substantiam significant, non dicuntur 

simpliciter , sed secundum aliquid generari [1270]. 







412 



CARLO PRANTL 



tiene la logica aristotelica 512 ). Come Ottone occasional¬ 

mente aderisce una volta alla tesi, che gli esseri concre¬ 

tamente esistenti formano il contenuto e l’oggetto dei 

predicati dichiarativi, laddove i concetti di specie e di 

genere vengono predicati, avuto riguardo alla causalità 

delle cose che ha in essi fondamento 513 ), — così un’altra 

volta egli si pronunzia più distesamente sopra questa 

relazione, in tutto e per tutto ripetendo la opinione di 

Gilberto, con il quale si accorda anche nella espressione 

letterale ( nativum , natura , Jorma, con.jorm.is, coadunatio, 

— « omne esse ex Jorma est» —) 514 ). Nello stesso senso, 



612 ) Chron. II, 8, p. 27, cri. Urstis [MGH, XX, p. 147]: Sacrale*.... 

educaviI Platonem et Aristotilem, quorum alter de potentia. sapientia, 

bonilate creatoris ac genitura mundi creationevc hominis tam luculenter, 

lam sapienter, tam vicine verilati disputai.... alter vero dialecticae [li- 

bros] arti* vel primus edidisse, tei in melius correxisse, aculissimeque 

ac disertissime iride disputasse invenilur [cfr. il testo della ediz. Wil- 

mans (M G II), e ivi l’apparato critico], 


61a ) De gest. Frid. Prolog., p. 405, cd. Urstis [MGH, XX, p. 352]: 

Sicut enim iuxta quorundam in logica nolorum positionem, cum non 

formarum, sed subsistentium proprium sii praedicari seu declarari. ge¬ 

nera tamen et species praedicamento transsumpto ad causam praedi¬ 

cari dicuntur. Vel, ut communiori utar exemplo, sicut albedo clara, 

mors pullida, eo quod claritatis altera, palloris altera causa sit, appel- 

latur, etc. (La espressione transsumptio, come pure lo stesso esempio 

albedo clara, si trovano in Gilberto, p. 1142 [1270] : v. la nota 472). 


M4 ) De gest. Frid. I, 5, p. 408 [354]: Nativum velut natimi aut 

gemtum, descendens a genuino (v. la nota 464).... In nalivis igitur 

omnem naturata seu formam, quac integrata esse subsistentis sii, vel 

adii et natura, vel natura sallem conformem habere necesse est.... Partes 

aulem hic vaco eas formas (nota 468), quae ad componendarn speciem 

aut in capite ponuntur, ut generales, aut aggregante, ut differentiales, 

aut eas comitantur, ut accidentales.... [355] Potei.... humanitatem So- 

cratis secundum omnes partes et omnimodum effectum humanitali Plu¬ 

toni* conformem esse, ac secundum hoc Socratem et Platonem eundem 

et unum in universali dici solere (nota 474),... Concretìo etiam in 

naturaiibus non solum coadunatione formae et subsistentis. sed ex mol¬ 

titudine accidentium, quae substanliale esse comilantur, consideravi po- 

test (note 464 e 471).... Sunl aliae formae subiectum integrum infor¬ 

mante*, quae naluram tantum conformem habenl. Esse quippe soli*, 

etsi non aclu, natura conformem habere noscitur. Quare, quamvis plu- 

res soles non sint, sine repugnanlia tamen naturae plures esse possunt 

(nota 479).... (p. 410) Omne namque esse ex forma est.... Tantum de 

co, quae a philosophis genitura, a nobis faclura seu creatura dici solet, 

disputai inumi inslituimus. Sed notandum, quod compositio alia for- 










STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 413 



ébìin altro luogo (con. intonazione polemica contro Gu¬ 

glielmo da Champeaux) qualifica l’universale come« quasi 

in unum versale», e a ciò unisce una giustificazione eti¬ 

mologica dei termini e dei concetti di dividuum e indivi- 

diium 515 )', inoltre condivide con Gilberto l’ingenuo rac- 

costamento delle cose e delle parole 516 ), come pure ri¬ 

corda altresì ima volta quell’esercizio ginnastico, che vien 

fatto nello studio della logica, sull’albero di cuccagna 

della Tabula logica 517 ). 


Appartiene allo stesso gruppo anche uno scrittarello 

anonimo [oggi è riconosciuto esser opera di Domenico 

Gundissalino] «De unitate et uno», che mani¬ 

festamente è una produzione determinata dalle polemi¬ 

che di quel tempo intorno alla Trinità, ma che, al pari 

di quella più antica opera De Trinitate [oggi, come ab¬ 

biamo veduto, attribuita appunto a Boezio], fu ritenuta 



marum, alia est subsistentium.formarum ex formis, subsistenlium ex sub- 

sistentibus..,. [356] Formarum autem aliae compositae, aline simplices ; 

simplices, ut albedo, compositae, ut humanitas.... Ulule Boetius in 

oclava rcgula libri llebdomade „omni composito aliud est esse, aliud 

ipsum est“ (v. la noia 37). 


61S ) Ibid., 53, p. 437 [380] : Universalem..., dico, non ex eo, quod 

una in plurilius sii, quod est impossibile (noia 105), sed ex Iwc, quod 

plura in similitudine vivendo [rectius : uniendo] ab assimilamii unione 


univcrsalis. quasi in unum versalis dicalur.... Ex quo palei . quare.... 


singularem, individualem vel parlicularem dixerim proprietatem, eam 

nimirum, qttae suum subiectum non assimilai aliis. ut humanitas, sed 

ab aliis dividii, discernit, partitur. ut ea, quam fido nomine solemus 

dicere ,,Platonitas “, a dividendo individua, a parliendo particularis, 

a dissimilando singularis dieta. Nec opponas, quod potius a dividendo 

dividuam, quam individuam dici oporteat. Nam cum suum subiectum 

non solum ab aliis dividat vel dissimilet. sed etiam in sua individua¬ 

litale et dissimilitudine tam firmiter manere faciat, ut nec sii nec fuerit 

neo futurum sit aliud subiectum, quod secundum eiusmodi proprieta- 

lem illi assimUari queat, melme individuum privando, quam dividuum 

ponendo vocalur, eiusque oppositum, quod dividendo pluribus com- 

munical, et communicando dividii, rectius dividuum dici debet 

(noia 479). 


“ 1G ) Ibid., p. 438 [ifc.] : Cum enim omne esse ex forma sii, quodlibet sub- 

sistens rem et nomea a sua capit forma (note 458, 174, 482). 


s17 ) Ibid.. 60, p. 444 [386] : iuxta logicorum enim regulam methodus 

a genere ad destruendum, a specie valet ad aslruendum (nota 480). 








414 



CARLO PRANTL 



fattura di Boezio (v. sopra la nota 35) «»). Domina nella 

questione della unità, che anche Gilherto era stato tratto 

a discutere (note 477 s.), quello stesso realismo di Gil¬ 

berto o di Ottone 519 ), e forse possiamo tutt’al più ri¬ 

cordare che qui si trova una singolare enumerazione di 

accezioni varie del termine « unum» 520 ). 



[§ 37. — Alberico (da Reims ?), a Parigi. Willi- 


RAM DA SoiSSONS. VARI ALTRI AUTORI, MENZIONATI DA 

Walter Mapes]. — Ma nello stesso tempo, cioè press’a 

poco tra il 1140 e il 1170, viene a cadere anche la com¬ 

parsa di alcuni altri autori, dei quali conosciamo quasi 

esclusivamente i nomi, e a ogni passo della nostra in- 

dagme torna a imporsi la considerazione, che cioè le 

fonti a noi accessibili ci consentono pur sempre soltanto 

una conoscenza frammentaria. Si dovrà anzi designare 

come casuale la notizia dataci da Giovanni da Salisbury, 

quando, raccontando il corso de’ suoi studi, fa il nome 

di un certo Alberico, che, morto Abelardo, insegnò 

aS.te Geneviève in Parigi, e imprese energicamente la 



„ Q M^n. tampata °P cre di Boezio, ediz. di Basilea 1570, p. 1274 


l'òleslpaTJTwTìMiT l * 3 bibli0thè 1 ue * *.s dipar,ements de 

. ’ 1 ungi 1841, p. 169) trovo m un manoscritto di St -Michel 


Hd/nf t0 an0nmM p rh e T nd ° aUe righe “ iziali d “ lui citate, 

c identico a questo Pseudo-Boezio. 


".*> p -.,. 1274 t PL ’ „ 63 - 1075]: Omne enim esse ex forma est , in 


unita* r f ' S> ' " ullum eSSC ex f° rma nini cum forma maleriae 

unita est. Esse xgitur est nonnisi ex eoniunctione formae cum materia 

j.m autem forma matenae unitur , ex eoniunctione utriusque necessario 

al,quid unum consti,ni,ur.... Uni,io autcm non fi, nisi un.tatZ Z- 

mam autcm non tene, uni,am cum materia nisi unitasi ideo materia 

egei untiate ad umendum se.... et de natura sua habet multiplicari 

Uni,as vero retine,, umt e, colligi,. Ac per hoc ne materia divida,ur 

et spargami -, necesse est, ut ab unitale retineatur ecc. [testo cit. se- 

0nd ° a ed £- C r ™ (Beitràge del Baumker, I, 1, p. 3 - 5 )]. 


) p. 12/6 fPL, 63, 1077-8]: Unum enim aliud est essentiae 

Simpl,Citate.... Ahud simplicium eoniunctione.... Aliud.... continui- 

tate.... Ahud... compositione.... Alia dicuntur unum aggrega,ione 

Alta.... proportione.... Alia.... accidente.... Alia.... numerai Alia 


ZZI'"' Al,a ":;. natura . unum ’ ut participatione speciei plures 

hommes unus. Alia.... natwne.... Alia.... more [testo c. s„ p. 9-10]. 








415 





STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



lotta contro i nominalisti, nella quale pare lo abbia so¬ 

stenuto un considerevole talento per le distinzioni 521 ). 

Riferisce inoltre Giovanni, ch’egli stesso ha impartito 1’ in¬ 

segnamento della logica a tale W i 1 1 i r a m [Gugliel¬ 

mo ?] da Soissons, il quale, da lui presentato 

poscia a Adamo dal Petit-Pont (note 440 ss.), ha ideato 

in seguito una speciale machina contro i seguaci della 

vecchia logica (antiqui, logicae vetustas: v. sopra le note 

55 ss.) 522 ). Giovanni menziona poi un’altra volta, oltre 



621 ) Jou. Saresb. Metal., II, 10, p. 78 s. (ed. Giles [e Wcbbj): 

Contali me ad Peripateticum Palatinum qui. Iurte in monte Sanctae 

Genoue/ae clarus doclor et admirabilis omnibus praesidebat. Ibi ad 

pedes eius prima artis huius rudimento accepi.... Deinde post discessum 

eius, qui michi praeproperus visus est, adhaesi magistro Alberico, qui 

inter ceteros opinalissimus dialeclicus enitebal et erat revera norninalis 

sectae acerrimus impugnator. Sic ferme tota biennio conversatus in monte, 

artis huius praeceptoribus usus sum Alberico et magistro Rodberto Me- 

ludensi (v. sopra la nota 453)....; quorum alter (cioè Alberico), ad 

omnia scrupulosus, locum quaestionis inveniebal ubique, ut quamvis 

polita planilies ojjvndiculo non carerei et, ut aiunl, ei [sjcirpus non 

esset enodis. Nam et ibi monstrahat quid oporleal enodari ....Apud hos, 

toto exercilatus biennio, sic locis assignandis assuevi et regulis et aliis 

rudimentorum elementis, quibus pueriles animi imbitumar, et in qui- 

bus praejati doctores potentissimi crani et expeditissimi, ut etc. [PL, 

199, 867-8). Menzione di questo Alberico si trova fatta da Giovanni 

anche nell’ Enthelicus, v. 55 s. : Iste loquax dicaxque parum redolel 

Melidunum, Creditur Albrico doctior iste suo [PL, 199. 966). Ma di 

quale Alberico si trattasse, fra i parecchi con questo nome, menzio¬ 

nati in quell’epoca, non è possibile determinare con sicurezza; la 

indicazione cronologica su riferita rende probabile che fosse Albe¬ 

rico da Reims, soprannominato de Porta Veneris, il quale fece più 

tardi accoglienza ospitale a Giovanni da Salibury e all’arcivescovo 

Tommaso [Becket], quando furon esuli in Italia. V. Du Boulay, 

Hist. Univ. Par.. II, p. 724. e la Ilistoire littér. de la France, XII, 

p. [72-6, e particolarmente] 75. 


522 ) Ibid., p. 80 [81]: linde ad magistrum Adam.... familiarilalem 

contraxi ulteriorem.... Interim Willelmiim Suessionensem, qui ad expu- 

gnandam, ut aiunt sui, logicae vetustatem et consequentias inopinabi- 

les construendas et antiquorum sentcntias diruendas rnachinam post- 

modum fedi, prima logices docili dementa et tandem iam dieta prae- 

ceplori appositi. Ibi forte didicit idem esse ex contradictione, cum Ari- 

stotiles obloquatur, quia « idem cum sit et non sit, non necesse est idem 

esse » (queste parole si trovano negli Anni, pr., II, 4, 57 b 3: v. la 

Sez. TV, nota 614), et item, cum aliquid sit, non necesse est idem esse 

et non esse. Nichil enim ex contradictione [82] evenit et conlradictio- 

nem impossibile est ex aliquo evenire. Unde nec amici machina im- 










416 



CARLO PRANTL 



a quel suo avversario, denominato da lui Cornificio (v. 

subito appresso), il rappresentante di un altro indirizzo, 

a quanto sembra, esagerato e astruso, nello studio della 

logica, e lo designa con il nome imaginario di Serto- 

r i u s 523 ). 


Ma a ciò si aggiunge, oltre a notizie mal verificate 

circa un tal Davide, a ITirschau, e un Giovanni 

Serio, a A ork r ’ 24 ), un’altra informazione ancora, che 

dobbiamo a un autore della fine del secolo XII», cioè a 

Walter M a p e s , il quale nelle sue poesie occasio¬ 

nalmente dimostra conoscenza delle personalità e delle 

tendenze dominanti nelle scuole; costui menziona (con 

la osservazione, che il maggior numero di seguaci lo ha 

Abelardo), oltre a Bernardo da Chartres, Pietro da Poi- 

tiers e Adamo dal Petit—Pont, anche un certo Regi¬ 

na I d o , uno straordinario sbraitone, che criticava tutti 



pellente urgeri potili ut credam ex uno impossibili omnia impossi- 

bitia provenire [PI,, 199, 868], Anche a prescindere dalla questione 

di determinare in che cosa inai potesse consistere questa misteriosa 

machina , tutto il passo, del quale può anche ben darsi che il testo 

sia guasto, mi è rimasto assolutamente incomprensibile; tutto quel 

che risulta da un altro passo (v. appresso la nota 624), è che si ten- 

tav f di riattaccare a quelle parole di Aristotele i sillogismi ipotetici. 


) Enthet.,\. 116 ss. |PL, 199, 967-8]: Si i/uis credatur logicus , 

hoc satis est ; Insanire putes potius. quam philosophari , Seria sani 

etemm cuncta molesta nimis. Dulcescunt nugae, vultum sapientis abhor- 

rent, lormenti geritts est saepe videre librum. Ablactans nimium te- 

ncros Sertorius olim Discipulos Jerlur sic docuissc suos ; Doctor mini 

juvrnum prelio compulsila et aere Pro magno docuit munere scire nihil. 

tuo ), 1THKMI1 Ann ? liì Uirsaugienses , ann. 1137 (ediz. di S. Gallo. 

1690, I, p. 403): David.... monachicum habitum suscepil.... Scripsil 

quaedam non spernendae lectionis opuscolo.... de grammatica L. 1, 

in Perihermenias Aristotelis libros duos. Che tuttavia le notizie di 

Tritemio abbiano scarso valore, lo sanno tutt’ i competenti; d’al¬ 

tra parte è noto che le cose vanno di gran lunga anche peggio per 

il 1 ITSEUS [John Pits, 1560-1616], il quale spesso, quando non co¬ 

piava il Lei and [John Leland (Leyland, Laylonde), antiquario in¬ 

glese m. 1552], inventava semplicemente menzogne, sicché forse 

neanche vai la pena di ricordare quel ch’egli dice. De illustribus 

Anghae scriptoribus. p. 223 s. (ad ann. 1160): Joannes Serio dictus 

magister Serio.... ex Eboracensi canonico Jactus est.... Fontanus Abbas.... 

Scripsit.... de aequivocis diclionibus librum unum, de univocis dictio- 

nibus librum unum. 









STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



417 



e appiccò Porfirio alla l'orca (laqueo suspendit), sicché 

potremmo forse ravvisare in lui quel Comifìcio di cui 

parla Giovanni da Salisbury [e da altri diversamente 

identificato; cfr. la nota del Webb alla p. 8 della sua 

ediz. del Metalogicus] ; menziona inoltre, insieme con Ro- 

bertus Pullus, un Manerius, estremamente sottile, 

mi arguto Bartolomeo e un Roberto Ami¬ 

ci a s 525 ). Si può anche ricordare che la poesia finisce 

con la cacciata dei monaci dalle scuole dei filosofi 528 ): 

e c’è del pari un’altra poesia, che appartiene press’a poco 

alla stessa epoca, e rappresenta con molto spirito il con¬ 

trasto fra il pretume, dedito ai piaceri del senso, e la 

fine cultura logica 527 ). 



5 “) The latin poems commonty attributcd to Walter Mapes, col- 

lected and edited by TnOMAS Wrigiit (Londra, 1841-4), dove uella 

Introduzione è anche esposto quel che di più preciso risulta sul 

conto di Walter Mapes. In una delle poesie, Metamorph. Goliae, v. 

189 ss. (p. 28), si trova il passo seguente: Ibi doctor cernitur 

ille Carnotensis, Cujus lingua vehemens truncat vclut ensis ; Et hic 

praesul praesulum stai Pictaviensis , Prius et nubenlium [studenlium ?] 

miles et castrensis (seguono i versi cit. più sopra, nota 442).... 

[v. 199 ss.) ....Celebrem theologum vidimus Lumbardum ; Cum Yvone, 

Helyam Petrum (entrambi grammatici), el Bernardino [p. 29], Quo¬ 

rum opobalsamum , spiralo*, el riardimi. Et professi plurimi sunt Abaie- 

lardimi. Reginaldus monachus dumose contendit. Et obliqui s singu- 

los verbi s comprehendit ; Hos et hos redarguii, nec in se descendit. 

Qui nostrum Porphyrium laqueo suspendit. Roberlus theologus corde 

vivens mando Adest, el Manerius quem nullis secando ; Alto loquens 

spiritii el ore profundo. Quo quidem subtilior nullus est in rnundo. 

Hinc et Bartholomaeus faciem acutus. Retar, dialecticus. sermone astu- 

tus, Et Robertus Amiclas simile secutus , Cum hiis quos praetereo , 

populus minutus. 


5 -’) Ibid., v. 233 (p. 30): Quidquid tantae curiae sanctione datur. 

Non ceda t in irritum, ratuni habealur ; Cucullatus igitur grex vilE 

pendatur. Et a philosophicis scolis expellatur. — Amen. 


5 “') De presbytero et logico (parimente edito dal Wrigiit, op. cit., 

p. 251 ss.) in 216 versi, dove a dire il vero non si trova alcun con¬ 

tributo d’ informazione storica per il nostro intento. Il contrasto 

degl indirizzi ha p. es. la sua espressione nei versi 29 ss.: Logicus: 

«Fallis. fallis, presbvter, coelum Christianum, Abusive loqueris. laedis 

Priscianum; Te probo falsidicum, te probo vesanum»; ....Presbyter. 


« Tace, tace , logice ; tace , tir fallator; Tace , (lux insaniae, legis 

vanne lator ;....» Log. — « Peccasti, sed gravius adjicis peccare. Le- 

gem hanc adjiciens vanam nominare; Sanum est, dissercre nel gram- 


C. Prantl, »S 'torio, della logica in Occidente, H. 









418 



CABLO PRANTL 



[§ 38. — Il così detto Cornificio, oggetto della 

polemica di Giov. da Salisbury]. — Ai già nominati 

si unisce finalmente ancora tutto quell’ indirizzo, che Gio¬ 

vanni da Salisbury, volendo combattere non contro la 

persona, ma esclusivamente contro la cosa, qualifica con 

il nome simbolico di Cornificio 528 ). I numerosi passi 

dov’egli rammenta questo suo avversario o i seguaci di 

lui, coincidono in un punto, che è questo: c’erano cioè 

parecchi, i quali a priori respingevano come inutile ogni 

tecnica della parola nudrita di pensiero (eloquentia o lo¬ 

gica), perchè tutto ha fondamento nella disposizione na¬ 

turale, e pertanto, chi possieda questa, senza punta tec¬ 

nica, tocca da se medesimo il segno, e invece chi non ha 

talento, non fa progressi neanche in grazia della teo¬ 

ria 629 ). E quando si soggiunge che questi « filosofi di 



mutilare, — Si insanum reputai, velim dicas quare». Prcsb. — « Dco 

est udibile vestrum argumentum ; Ibi nulla veritas, toturn estfigmentum ;», 

o p. es. ai versi 129 ss.: Log. —« Audi, inter phialas quid philoso- 

pharis ; follus, non philosophus, bine esse probaris ; Stulto sunt si- 

milia singola quac faris, [parte tua caream quarti ibi lucraris ]. Epi- 

cure lubrice, dux ingluviei, Cujus Deus venter est, dum sic servis ei etc. ». 


62S ) J OH. Saresb. Metal., I, 2, p. 14 [ed. Webb, p. 8|: Utique 

par est sine derogatione personae sententiam impugnari ; nichilque 

lurpius quam cum sententia displicet aut opinio, rodere nomea auclo- 

ris.... [9] Celerum opinioni reluclor, quae multos perdidit, eo quod 

populum qui sibi credat habet ; et licei antiquo novus Cornificius inep- 

tior sii, ei tamen turba i nsipienlium adquiescit. — Polycr., I, Prol., 

p. 15 [16]: Aemulus non quiescit, quonium et ego meum Cornificium 

habeo.... Quis ipse sit, nisi ab iniuriis temperet, dicam.... Procedat 

tamen et publicet, arguat meum ralione vel auctoritate mendacium [PL, 

199, 828 e 388], Dal modo di esprimersi dello scrittore in questi 

due ultimi passi, risulta come Giovanni non abbia fatto che traspor¬ 

tare simbolicamente il nome di Cornificius da un personaggio del- 

1 antichità al suo proprio nemico, e può ammettersi con certezza 

che a ciò gli abbiano dato occasione le notizie di Donato (Pila Vir- 

gilii, c. 17 s. : vedi le Opere di Virgilio, ed. Wagner, I, p. XCIX s.), 

riguardo a un tale Cornificio, avversario di Virgilio « ob perversam 

naturami> [cfr., nella ediz. Brummcr delle Vitae Vergilianae, il « Ple- 

nus apparatus ad vitam Vergilii Donatianam», p. 31], 


529 ) Ib., Metal., I, 1, p. 12 [ed. Webb, p. 6]: Miror ilaque.... quid 

sibi vull, qui eloquentiae negat esse studendum.... p. 13 [8[: Cornifi¬ 

cius noster, studiorum eloquentiae imperitus et improbus impugnalor. 

— C. 3, p. 15 [10]: Fabellis tamen et nugis suos pascit interim audi- 






STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



419 



testa propria », avendo a disdegno F intiero trivio e qua¬ 

drivio. si son gettati sopra forme di attività pratica e 

sovra profitti pecuniari ;>3 °), sarebbe in ciò da riscontrare 

un indizio significativo, in quanto si direbbe che tale 

corrente, non prendendo ispirazione da vedute clericali 

o dommatiche bensì per effetto di un impulso pratico, 

si sarebbe mostrata avversa al farraginoso viluppo della 

scienza scolastica, e avrebbe richiamato l’attenzione so¬ 

pra il valore immediato del talento individuale. Così po¬ 

tremmo intendere tali manifestazioni come un preludio 

di tendenze svoltesi più tardi. Qualora ci fosse lecito 

riferire al così detto Cornificio anche la notizia, che ta¬ 

luni rigettarono le Categorie e la Isagoge come inutili 

libri elementari 531 ), potremmo forse ritenere che il già 


tores quos sine artis beneficio, si vera sunt quae promittit , fa ci et elo- 

quentes et tramite compendioso sine labore philosophos. — C. 5-6, 

p. 23 [20]: Neque erti rii. ut Cornificius, meipsum docui.... Non est 

ergo ex eius sententia.... sludendum praeceplis eloquentiae ; quoniam 

eam cunctis natura ministrai aut negai. Si ultra ministrai aut spante, 

opera superflua et diligentia ; si vero negai, inefficax est et inanis. 

— C. 9, p. 29 [26]: Eo itaque opinionis vergit intentio, ut non omnes 

mutos faciat. quod nec fieri potcst nec expedit, sed ut de medio logicam 

tollal. — Ibid.. II, Praef., p. 62 [60]: Logica, quam. etsi mutilus sit 

et amplius mutUandus, Cornificius, parielem solidum eccoti more pal- 

pans, impudenter attemptat et impudenlius criminatur. — Ibid., IV, 

25, p. 181 [192]: Sed Cornificius nosler, logicar criminator, phi- 

losophantium scorra, non immerito contemnetur. — Enthel., v. 61 ss. 

« Quum sit ab ingenio totum, non sit libi curae. Quid prius addiscas 

posteriusve legas ». Ilare schola non curai, quid sit modus ordove quid 

sit. Quam teneant doctor discipulusve viam [l’L, 199: 827, 828, 833 

837, 857, 931, 966], 


530) j \Jctal. I, 4, p. 20 [15]: Alii autem Cornificio similes ad vulgi 

professiones easque prophanas relapsi sunt; parum curantes quid phi- 

losophia doceat, quid appetendum fugiendumve denuntiet ; dummodo 

rem faciant, si possunt, recte ; si non, quocumque modo rem (Hor. 

Ep. 1, 1, 65[-6])....Evadebant illi repentini philosophi et cum Corni¬ 

ficio non modo trivii nostri sed totius quadruvii contemptores IPL, 

199. 831], 


531 ) Ibid., III, 3, p. 123 [128]: Sunt qui librum islurn (cioè le Ca- 

tegoriae), quoniam elementarius est, inutilem fere dicunt, et satis esse 

putant ad persuadendum se in diabetica disciplina et apodictica esse 

perfectos, si contempserinl vel ignoraverint illa, quae in primo com¬ 

mento super Porphirium anlequam artis aliquid attingatur docel Boe- 

lius praelegenda [PL, 199, 895]. 







420 



CARLO PRANTL 



nominato Reginaldo fosse per lo meno un rappresentante 

di questa tendenza 532 ), se non apparisse inutile, con tante 

lacune nella conoscenza delle fonti, presentare semplici 

congetture. Ma quale idea si fosse fatta lo stesso Gio¬ 

vanni della origine di siffatta opposizione alla logica sco¬ 

lastica, è stato già più sopra indicato, alle note 52 s. 


[§ 39. — Giovanni da Salisbury: a) i suoi studi: 

il « Metalogicus»]. — Ma così è venuto il momento 

di occuparci proprio di quello stesso autore, che già tante 

volte abbiamo finora dovuto usare quale fonte, cioè di 

Giovanni da Salisbury 533 ). Costui (morto nel 

1180) aveva intrapreso lo studio della logica alla scuola 

di Abelardo, lo aveva proseguito presso il già ricordato 

Alberico, Roberto da Melun e Guglielmo da Conches, 


M2 ) È possibile che nella espressione sopra citala « laquco su- 

spendi!» (nota 525) si celi anche un’altra volta un giuoco di pa¬ 

role con Cornificius e carni/ex. V. upprcsso, nota 545, un altro giuoco 

di parole con cornicari. 


693 ) Approfondite ricerche sopra Giovanni da Salisbury, dal punto 

di vista della storia letteraria, sono state presentate da Cristiano 

I’ETERSEN nella sua edizione dell’Uref/ietieus (Amburgo, 1843). La 

monografia, nella quale Ermanno Reuter (Johann von Salisbury : 

Zur Geschichte der christlichen Wissenschaft im 12. Jnhrhundcrl [G. 

da S. : Per la storia della scienza cristiana nel 12° Secolo], Berlino, 

18 12) ha tentato di svolgere la dottrina di Giovanni, generalmente si 

risente dell’orientamento proprio dell’Autore, e che è tanto sbagliato 

quanto estremamente insufficiente. Una ricca esposizione della dot¬ 

trina stessa la dobbiamo a C. ScHAARSCHMIDT, Joh. Saresberiensis nach 

Leben und Studiai, Schriften und Philosophie [G. da S. ueda vitu e 

negli studi, negli scritti e nella filosofia] (Lipsia, 1862): ma le osserva¬ 

zioni ch’egli muove in questo suo libro (p. 303 ss.) contro il mio modo 

di vedere, non in’ inducono per nulla a modificare la mia opinione, 

che trova appoggio nelle fonti. — Le citazioni son fatte sulla base 

della edizione complessiva di A. Giles (Oxford 1848, in 8°, 5 voli., 

dei quali il 3° e il 4° comprendono il Policraticus, mentre il Metalo¬ 

gicus si trova nel 5°), sebbene tale edizione non sia adatto compiuta 

con diligenza, e sia particolarmente da rilevare conte essa, con la 

più assurda interpunzione, renda spesso difficile l’intelligenza del 

testo (le necessarie modificazioni ce le introduco tacitamente). [Qui 

sono aggiunti, per il Policraticus e per il Melalogicon, i rinvii alle più 

recenti ediz., curate dal Webb. e seguite in massima nella riprodu¬ 

zione dei testi]. 





STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



421 



poi entrò in relazioni scientifiche con Adamo' dal Petit- 

Pont, ascoltò di nuovo lezioni di dialettica presso Gil- 

lierto de la Porrée, di teologia presso Roberto Pulleyn 

[e Simon Pexiacensis], indi ritornò agli Abelardiani, che 

nel corso di quei vent’anni nulla avevano appreso e nulla 

dimenticato 534 ), e compose intorno al 1160 535 ) il suo Me- 

talogicus, dove principalmente espose le sue vedute rela¬ 

tivamente alla logica. Giovanni ha scritto, come dice egli 

medesimo, quest’opera sua soltanto a memoria, fretto¬ 

losamente e in breve tempo, dopo che da molti anni 

aveva interrotto i suoi studi di logica, e fu suo intento 

non già di comporre un commento che servisse a inse¬ 

gnare o a imparare, bensì essenzialmente di dimostrare 

la utilità della logica, contro gli attacchi che le erano 

stati mossi, e così difenderla 636 ). 



534 ) Metal., II, 10, dove al passo citato più sopra (n. 521) fa se¬ 

guito (p. 79) [79]: Deinde.... [80] me ad gramaticum de Concilia trans- 

tuli, ipsumque triennio docentem audivi. Viene appresso il conte¬ 

nuto della precedente nota 522, e poi (p. 81) [82]: Reversus itaque.... 

repperi magistrum Gileberlum. ipsumque audivi in logicis et divinis ; 

sed nimis cito subtractus est. Successa Rodbertus Pullus, quem vita 

pariter et scienlia commendabanl. Deinde me excepit Simon Pexia¬ 

censis [J’issiacensis. Pisciacensis, cioè da Poissy: è lecito congettu¬ 

rare eon lo Wcbb che si tratti dello stesso Simone, di cui v. qui so¬ 

pra. nota 54].... Sed hos duos in solis theologicis habui praeceptores.... 

locundum itaque visum est veteres quos reliqueram et quos adhuc dia¬ 

betica detinebat in monte recisero socios, conferve cum eis super ambi- 

guilatibus pristinis, ut nostrum invicem ex collatione mutua commeli- 

remur profectum. Inventi suiti qui fuerant et ubi ; neque enim ad pal- 

mam visi sunt processisse. Ad quaesliones pristinas dirimendas neque 

propositiunculam unam adiecerant. — Ibid., Ili, 3, p. 129 [134]: 

Habui enim hominem (cioè Adamo dal Petit — Pont: v. la nota 441) 

familiarem assiduitate colloquii et communicatione librorum et coti- 

diano fere exercitio super emergentibus articulis conferendi ; sed nec 

una die discipulus eius fui. Et lamen Italico gratias, quod eo docente 

plura cognovi, plura ipsius.... ipso arbitro reprobavi [PL, 199, 868-9 

e 899]. Cfr. inoltre la nota 54. 


53ó) V. Petersen, loc. cit., p. VI e 73 ss. 


63B ) Metal.. Prol., p. 8 [2]: Siquidem cum opera logicorum vehe- 

mentius tanquam inulilis rideretur, et me indignanlem et renitenlem 

aemulus cotidianis fere iurgiis provocare!, tandem litem excepi et ad.... 

cnlumnias.... studiti responderc.... [3] Placiti! itaque sociis ut hoc ip- 

sum tumultuario sermone dictarem ; cum nec ad sententias subtiliter 








422 



CARLO FRANTI. 



[b) punto di vista utilitaristico, alla maniera di Cice¬ 

rone. La divisione del sapere ]. — Per lui il punto di vista 

decisivo è quello della utilità, e per conseguenza dob¬ 

biamo già aspettarci di trovar in lui un eclettico, che 

procede assolutamente senza scorta di principii 537 ). Do¬ 

minato com’è anche lui dalla pratica tendenza utilitaria, 

si distingue dal suo avversario Cornifichi, soltanto per¬ 

chè non rigetta, come costui, la dottrina delle scuole, 

bensì vuole render pratica questa dottrina stessa; ma 

egli è filosofo tanto poco quanto Cicerone, con il quale 

si trova in intimo accordo. Anzi fa anche espressamente 

professione di aderire alla dottrina probabilistica di quella 

setta degli Accademici, ch’era caldeggiata da Cicerone 63S ), 

e per conseguenza trova nella utilità pratica il fine unico 

di ogni scienza 539 ). In tal senso si esprime circa il pe- 



examinandas nec ad verbo expolienda studium supcresset aut otium.... 

(p. 9) Nam ingenium hebes est et memoria infidelior quarti ut anti¬ 

quorum (v. le note 55 ss.) subtilitates percipere aut quae aliquando 

percepta sunt diutius valeam retinere.... Et quìa logicae suscepì patro - 

cinium. Metalogicon inscriptus est liber. — Ibid., Ili, Praef. p. 113 

[117]: Anni fere vigilili elapsi sunt ex quo me ah officiai» et palaestra 

eorum qui logicam profitrntur rei jamiliaris avulsit angustia.... Unde 

me excusaliorem habendum pillo in bis quae obtusius et incultius a 

me dieta leclor internet.... (p. 115) [119] Ergo procedat oratio. et quae 

anliquatae occurrent memoriae de adolescentiae sludiis, quoniam io- 

cunda aetas ad menlem reducilur ctc. — III, 10, p. 156 [164]: ....prò- 

positura est ; scilicet, ut potius aemulo occurratur, quarti ut in artes, 

quits omnes docenl aut discunt, commentarli scribantur a nobis TP!, 

199: 824, 889-90, 916], 1 ’ 


537 ) Ermanno Reuter s’inganna a partito, quando parla di un 

« superiore punto di vista filosofico», che Giovanni avrebbe assunto, 

elevandosi al disopra degl’ indirizzi allora contrastanti. 


) I olycr., I, Pro!., p. 15 [1. 17] : [cum]....in phitosophicis academice 

disputane prò ralionis modulo quae occurrebant probabilia sectatus 

sim. Nec Academicorum erubesco professionem. qui in bis quae sunt 

dubilahilia sapienti, ab eorum vestigiis non recedo. Licei enim seda 

haec tenebras rebus omnibus videalur inducere, nulla ventati exami- 

nandae jidelior et, auctore Cicerone qui ad eam in senectute divertii, 

nulla profectui familiarior est. — Metal., II, 20, p. 102 [106]: qui 

me in bis, quae sunt dubitabilia sapienti, Academicum esse pridem 

pro/cssus sum [PL, 199: 388 e 882|. 


63 ") Metal., Eroi., p. 9 [4]: De moribus vero nonnulla scienter 

inserui ; ratus omnia quae legiintur aut scribunlur inutilia esse, nisi 






STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



423 



dantesco verbalismo e la sottigliezza dei dialettici, fa¬ 

cendo uso di termini così energici, che il più sistematico 

nemico della logica in generale, non potrebbe pronun¬ 

ziarsi con maggiore veemenza 54 °); anzi persino in quelle 

discettazioni sopra le Categorie, alle quali il suo maestro 

Gilberto s’era dedicato, egli trova, pur essendo per molti 

lati d’accordo con lui (v. appresso le note 582 ss., 593 ss. 

e 606 ss.), da criticare tuttavia qualche cosa, che possa 

cioè scapitarne la conoscenza morale di noi stessi 5U ) : 

e trascinato dal suo zelo per la teologia morale, qualifica 

la logica aristotelica, che pur vuole difender contro chi 

l’attacchi, con il termine aslutiae, che siamo abituati a 

veder usato dai nemici fanatici della filosofìa 542 ). 



quatenus afferunl nliquod adminiculum vilae. Est enirn quaelibet pro¬ 

fessi philosophandi inutili et falsa, quae se ipsam in cultu virlulis 

et vitae exhibitione non aperit [PL, 199, 825]. 


MO) Polycr., VII, 9, p. 110 [II, 123]: Suspice ad moderatores phi- 

losophoruni temporis nostri....; in regula una aut duobus aut pauculis 

verbis invenies occupalos. aut ut mullum pauculas quaesliones aplas 

iurgiis elegerunt, in quibus ingenium sutim exerceant et consumatit 

aetatem. Eas tamen non sufficiunt etwdare, sed nodum et tolam ambi- 

guitatem cum ititricntione sua per auditores suos transmittunt posteris 

dissolvendum.... Latebras quacrunt, variant faciem, nerba distor- 

quenl,... si in eo perstiteris, ut quocumque verbo defluant et volvan- 

tur. quid velit, intelligas et quid sentiat [II, 124] in tanta varietale 

varborum, et tandem vincietur sensu suo et capielur in verbo oris sui, 

si substantiam eorum quae dicunlur attigeris firmiterque tenueris. — 

lbid., 12, p. 122 [II, 136]: Erranl ulique et impudenler errant qui 

philosophiam in solis verbis consistere opinantur ; erranl qui virtutem 

verbo putant.... Qui verbis inhaerent, malunt videri quam esse sapien- 

tes.... [II, 137] quaestiuneulas movent, intricala verbo ut suum et alie- 

num obducant sensum, paratiores ventilare quam examinare si quid 

difficultalis emersit [PL, 199, 654 e 662]. Inoltre, la precedente nota 58. 


511 ) Jbid., Ili, 2, p. 164 [I, 174]: Inde est forte quod illi, qui prima 

totius philosophiae elemento posteris tradcre curaverunt, substantiam 

singulorum arbitrati sunl intuendam, quantilatem, ad aliquid. quali- 

totem, situai esse, ubi, quando, habere, facete, et pati , et suas in omnibus 

his proprietates, ari intcnsionem admittant, et susceptibilia sint con- 

trariorum, et ari eis ipsis aliquid invenialur adversum (queste ultime 

son tutte questioni discusse appunto da Gilberto: v. le note 489-509 

[507]). Provide quidem haec et diligenter, etsi in eo negligentiores exsti- 

terint. quod sui ipsius notitiam in tanta rerum luce non asseculi 

sunt etc. [PL, 199, 479]. 


5! -) Jbid., IV, 3, p. 227 [I, 243]: Astutias Aristolilis, Crisippi acu- 








424 



CARLO PRANTL 



Ma se cerchiamo quindi di scoprire quale sia la posi¬ 

zione che Giovanni assegna alla logica, dal punto di 

vista di un ordinamento sistematico, vediamo una volta, 

relativamente alla divisione delle scienze, accennato da 

lui un tono fondamentale, che ci ricorda molto da vi¬ 

cino Ugo da S. Vittore (note 45 s.), designandosi come 

forze ancillari, sotto la sovranità della divina pagina, 

le discipline meccaniche, teoriche e pratiche, e con esse 

la filosofia che erige il saldo baluardo 543 ) : e a tal propo¬ 

sito è degno di nota che anche da Ugo il compito della 

logica è trasferito nel perfezionamento della espressione 

verbale. E quando un altra volta, tenendosi attaccato, 

nella maniera più lampante, a Gilberto (nota 465), Gio¬ 

vanni distingue ima triplice funzione della ratio, — in 

quanto che l’uso concreto di questa (modus concretivus) 

è rivolto alla natura sensibilmente percettibile, Tatti- 

vita astrattamente analitica ( resolvere ) conduce alla mate¬ 

matica, e la comparazione riferente (conjerre et rejerre) 

è compito della logica 544 ), — già da ciò desumiamo l’at¬ 

titudine di Giovanni ad afferrare a capriccio opinioni 

varie di altri, e a metterle ancora, ecletticamente, una 

accanto all’altra. 



mina, omniumque philosophorum lendiculas resurgens mortuus con- 

futabat. - Metal., Ili, 8, p. 141 [147]: Pithagoras naluram exculit, 

Socrates morurn praescribit normam, Plato de omnibus persuader , Ari¬ 

stotile* argutias procurai [PL, 199. 518 e 906], Cfr. la nota 560. 


,,J3 ) Enthet., v. 441 ss.: Ilaec scripturarum regina vocalur, eandem 

Divinam dicunt.... Haec caput agnoscil Philosophia suum ; Huic omnes 

artes famulae ; medianica quaeque Dogmala, quac variis usibus apio 

videi, Quae jus non reprobai, sed publicus approbat usus, Iluic operas 

debent militiamque suam ; Practicus buie servii servitque theoricus; 

arcem Imperli sacri Philosophia dedii [PL, 199, 971-5]. Riguardò 

a Ugo, cfr. più oltre la nota 555. 


64 ‘) Ibid., v. 659 ss.: Res triplici spedare modo ratio perhibetur, 

Nec quartum poluit meni reperire modani ; Concretivus hic est, alius 

concreta resolyit, Res rebus confert tertius atque refert ; Naluram pri- 

mus, mathesim medius comilatur, Vindical extremum logica sola sibi 







STORIA DELLA I.OLICI IN OCCIDENTE 



425 



[c) punto di vista retorico , come in Cicerone. Gramma¬ 

tica e dialettica ]. — Ma invero per la logica il punto di 

vista propriamente eclettico è il punto di vista retorico, 

perchè questo si libera di tutte le difficoltà che si possono 

presentare nelle questioni filosofiche fondamentali: e così 

anche Giovanni è esonerato dalla fatica di decidersi per 

ima data concezione filosofica, a preferenza delle altre. 

Senza determinare più precisamente il posto della logica 

nel campo delle scienze, nè discutere in base a una qual¬ 

siasi veduta, pur che fosse una e ben definita, la relazione 

del pensiero subbiettivo con la obbiettività o con la for¬ 

ma della espressione verbale, egli può qui accontentarsi 

di opporre ai nemici della logica, sfoggiando una ricca 

colorita varietà di frasario, e traendo partito dalla so¬ 

lita tradizione scolastica, il concetto e il valore della 

« eloquentia» 64S ). La maniera in cui il pensiero si atteggia 

rispetto alla espressione verbale, è qualificata mercè un 

fioretto retorico, parlandosi di un « dolce e fecondo con¬ 

nubio» della ragione e dell’eloquio 546 ), nè diverso va¬ 

lore ha l’altra frase, che cioè le proprietà delle cose « ri¬ 

dondano» nelle parole: e data l’affinità che sussiste fra 

le cose e ciò che di queste si dice [.sermones] (lo stesso 



5Ji ) Melai.. I, 7, p. 24 [21]: Cornicatur haec domus insulsa (suis 

tamen verbis ) et quarti constai totius eloquii contempsisse praecepta.... 

[22] Ait cairn : Superflua sunl praecepta eloquentia, quoniam ea na- 

turaliler adest aut abest (nota 529). Quid, inquarti, falsius ? Est enim. 

eloquentia facullas dicendi commode quod sibi cult animus expediri.... 

(p. 25) Ergo cui facilitas adest commode exprimendi verbo quidem quod 

sentii, eloquens est. Et hoc faciendi jacultas rectissime eloquentia no- 

minatur. Qua quid esse praeslantius possit ad usum, compendiosius 

ad opes. fidelius ad gratinai, commodius ad gloriam , non facile video 


[PL. 199. 834]. 


M6) lbid., I, 1, p. 13 [7]: Ratio, sciattine virlutumque parens..., 

quae de verbo frequentius concipil et per verbum numerosius et fructuo- 

sius parit, aut omtrino sterilis permanerei aut quidem infecunda, si 

non conceptionis eius fructum, in lucem ederet usus eloquii; et invicem 

quod sentii prudens agitano mentis hominibus publicaret. Haec autem 

est illa dulcis et fructuosa coniugatio rationis et verbi, quae etc. [PL, 

199, 827]. 







426 



CABLO PKANTL 



si legge in Abelardo — cfr. la nota 308 —, e qual¬ 

che cosa di simile in Gilberto — cfr. la nota 457), si 

tratterebbe semplicemente di possedere in mente una 

quantità di cose, e in bocca una quantità di parole 547 ). 

Insomma per Giovanni il punto di vista più essenziale 

è rappresentato dalla consistenza dei mezzi, che s’ab- 

biano una volta a disposizione, appropriati per la manife¬ 

stazione del pensiero con il discorso, e pertanto la « lo¬ 

gica nel significato più esteso» della parola, è da lui defi¬ 

nita in termini ciceroniani come ratio loquendi vel disse- 

rendi, onde è di sua competenza l’addestramento all’uso 

del discorso (magisterimn sermonum): e qui essa, mentre 

da un lato rivela la propria utilità, dall’altro lato tiene 

anche il primo posto fra le arti liberali, poiché in quella 

più vasta accezione comprende anche la sfera della gram¬ 

matica 548 ). 


Ma mentre con ciò si renderebbe tuttavia manife¬ 

sta la esigenza di una più rigorosa determinazione, in 

ordine a questa estesa definizione, della relazione reci¬ 

proca tra grammatica e logica (cfr. subito appresso la 



) Ibid., 16, p. 42 [39]: Natura enìm copiosa est et ubertatis 

suae pratiam Immotine mdigentiae facit. Inde ergo est, quod [401 prò- 

pnetas rerum redundat in voces, dum ratio offertat sermone, rebus de 

quibus loquUur esse cognatos. — Polycr., VII, 12, p. 124 fll. 1391 - 

A telili cairn utilius, nichil ad gloriam aut rcs adquirendas com'modius 

inventati quam eloquenza quae ex eo plurimum comparatile si rerum 

ln r re copia sit ver,l ° rum fPL, 199, 845 e 6631. 


etuTrìJ , 1 ': 10 ’ P ‘ w 8 - [ 2 J ]: Est ita ^ e lo * ica '  ). 

Ma poiché ciascun’argomentazione o disputa consiste di 

espressioni verbali, si la ora la distinzione — in maniera 

simile che in Abelardo (nota 271), e tenuto conto di que¬ 

sta definizione più ristretta (cfr. invece la nota 548) — 

fra la grammatica, che tratta soltanto della dictio, e la 

dialettica, che ha per oggetto e contenuto i dieta : ma 

a tal proposito, con atteggiamento di puro indifferenti¬ 

smo, si qualifica come irrilevante la questione se si tratti 

qui del profferire, o di quello che vien profferito 556 ). 

E mentre Giovanni a ciò novamente ricollega la parci- 



secundo super Porphirium asserii (p. 47 [PL, 64, 73; ed. Brandt, 


140]), est orlus logicai disciplinae. Oporluit enim esse scientiam 

quae veruni a falso discerncret. et doceret quae ratiocinatio veram te- 

neat similari i disputarteli, quae verisimibm, et quae fida sit, et quae 

debeat esse suspecta ; alioquin veritas per ratiocinantis operam non po¬ 

terai diveniri. — I, 15, p. 41 [39]: Diabetica autem id dumtaxalac¬ 

centai. quoti verum est aut verisimile , et quicquid ab his longius dissi- 

det ducil absurdum [PL. 199: 857, 858 e 844]. 


5M) ihid.. II, 3. p. 65 [64]: Profecta igitur hinc est et sic perfecta 

scientia disserendi ; quae disputandi modos et rationes probationiim 

aperit...; aliis philosophicis disciplinis posterior tempore, seti ordine 

prima (parimente Ugo da S. Vittore, nota 46: e cfr. la nota 543). 

Inchoanlibus enim philosophiam praelegenda est , eo quod vocum et 

intellectuum inlerpres est. sine quibus nullus philosophiac articulus 

recte procedil in lucern [PL, 199, 859]. 


5M ) lbid., 4. p. 67 [65] : Est autem diabetica, ut Angustino placet 

(v. la Sez. XII, nota 30), bene disputandi scientia.... Est autem dis¬ 

putare, aliquid eorum, quae dubia sunt aut in [66] contradictione po¬ 

sila aut quae sic rei sic proponunlur catione supposita probare rei irn- 

probare ; quod quidem quisquis ex arte probabiliter facit, ad dialectici 

pertingil metani. Hoc autem ei nomea Aristotiles auctor suus impostili, 

eo quod in ipsa et per ipsam de diclis disputatile : ut enim grama- 

tica de diclionibus et in dictionibus. teste Ilemigio (Sez. precedente, 

nota 172), sic ista de dictis et in diclis est. Ilio verbo sensuum P rln ~ 

cipaliter : sed linee examinat sensus verborum ; nani lecton [aev. .ov] 

graeco eloquio (sicut ait Isidorus) (Sez. precedente, nota 27) dietum 

appellalur. Sire autem dicatur a Graeco lexis [>.£''.;], quod locutio 

interpretalur.... site a lecton [)£Xt6v], quod dietum nuncupatur. non 

multum refert ; cum ex aminare loculionis vim et eius quod dicitur ve- 

ritalem et sensum. idem aut fere idem sit ; vis enim verbi sensus est. — 

III, 5, p. 137 [142]: Est autem res de quo aliquid, dicibile quod de 

aliquo, dictio quo dicitur hoc de ilio : e a ciò fan seguito le parole 

sopra citate, alla nota 207 [PL. 199, 860 e 904]. 










430 



CABLO PBANTL 



zione delia logica, venuta in voga nella scuola, da Boe¬ 

zio in poi 537 ), la conoscenza ch’egli ha di Aristotele, lo 

porta in pari tempo a distinguere tra apodittica e dia¬ 

lettica: in tale distinzione tuttavia, neanche la prima delle 

due reca in se stessa una propria interna finalità, bensì 

rimane pur sempre come cosa essenziale la utilità della 

logica, così divisa, nella sua totalità 558 ). 



[d) conoscenza compiuta . 66 [64]: Pro co namquc logica dieta est. quod 

rationalis, i. e. rationum ministraloria et examinalrix est. Divisti eam 

Plato in dialeclicam et rethoricam ; sed qui efficaci am eius altius me- 

tiuntur, et pitica attribuunt. Siquidem ci demonstrativa. probabilis et 

sopii'stira subicmntur, ecc., in piena conformità con Boezio (v. in 

Sez. XH, nota 82). Così pure 5, p. 68 [67]: Demonstrativa. pro- 

babilis, et sophistica, omnes quidcm consistimi in inventione et iudicio, 

et itidem dividentes, diffinientes, et colligentes, domestici rationibus 

utuntur : v. ibid. la nota 76 [PL, 199, 859 e 861], 


yotq Uiid.. II, 14, p. 85 [87]: Principia inique dialecticae proba- 

bilia sunt ; sicut demonstralivae necessaria . — III, IO, p. 152 [160]: 

Sophisma est sillogismus litigatorius ; philosofimn vero , demonstrativus ; 

argumentum aulem. sillogismus dialecticus ; sed aporisma (v. la Scz. 

IV, nota 33), sillogismus dialecticus contradictionis. Horum omnium 

necessaria estcognitio, et in facultatibus singulis perutilis est exercilalio. 

— p. 154 [162]: Sic simrum instrumentorum necessc est logicum expe- 

dilam habere faciillatem, ut scilicet principia noverii. probabilibus habun- 


too et inducendi omnes ad manum habeat rationcs [PL, 


199: 871) 913-4]. 











STORIA DELTA LOGICI LN OCCIDENTE 



431 



iiosce più gli scritti logici parzialmente, e soltanto per sen¬ 

tito dire, è da lui qualificato come vero duce (campiduc- 

tor) di tutti gli studiosi di logica, e in ogni caso, sebbene 

con le riserve dovute all’autorità della fede cristiana e 

della teologia morale, come maestro dell’arte di dispu¬ 

tare 559 ): al ciceroniano Giovanni, cioè, manca natural¬ 

mente il senso dell’ intimo valore filosofico della logica 

aristotelica, nella quale scorge invece soltanto una tecnica 

estrinseca: e perciò è anche sua opinione — questo ci 

fa ricordare la espressione su ricordata (nota 542) « astu- 

tiae» — che Aristotele mostri maggior vigore nella po¬ 

lemica contro altri, che non nella costruzione positiva 

della sua propria dottrina 58 °). 


Prese le mosse dalla tesi che la logica, come tecnica 

dei discorsi ( sermones ), comprendendo inventio e iudicium 

(Sez. XII, nota 76), è lo strumento di tutte le discipline, 

per la quale ragione appunto Aristotele si è meritato di 

essere soprannominato « il Filosofo » 581 ), Giovanni con- 


559 ) Ihid., Ili, 10, p. 147 [154]: Rei rationalis opifex et campi- 

doctor (Giles legge campi doctor [PrantJ, campiductor ]) eorum qui lo- 

gicam profitentur. — IV, 1, p. 157 [165]: Campidoctor (come sopru) 

itaque Peripateticae disciplinae, quae prae ceteris in veritatis indaga- 

lione laboret, infelicem summam operis dedignatus, taluni compqnil 

(allusione a Hor. Ars poet., v. 34); cerlus quoti cuiusque operis per- 

fectio gloriam sui praeconalur aucloris. — IV, 23, p. 180 [190] : 

Sicul optimus campidoctor (qui anche il Giles dà la lezione corretta 

[ campiductor ]) hunc ad infcrendam pugnimi, illum inslruit ad cau- 

telam. — 27, p. 183 [193]: Nec tamen Aristotilem ubique bene aut 

sensissc aut dixisse protestar, ut sacrosanctum sit quicquid scripsit. 

Nam in pluribus [194], optinente ratione et auctoritatc fidei, con- 


vincitur errasse . linde sic accipiendus est, ut ad promovendos iu- 


vrnes ad gravioris philosophiae instituta doctor sit, non morum sed 

disceptaiionum [PL, 199: 910, 915-6, 930, 932], 


5 ““) Ibid., III, 8, p. 141 [147]: Aristotilem prue ceteris omnibus 

tam aliae disserendi ratiocinationes quam diffiniendi titulus (cioè il 

contenuto del 6° Libro della Topica) illustrarci, si tam patenter 

astrarrei propria quam potenter destruxil aliena [PL, 199, 906], 


M1 ) Enlhel., v. 821 ss.: Magnus Arisloleles sermonum possidet artes 

Et de virtutum culmine nomen habvt. Judicii libros componil et inve- 

niendi Vera, facultales tres famulantur ei; Physicus est moresque docet, 

sed logica servii Alidori semper officiosa suo ; Haec illi nomen proprium 

Jacit esse, quod olim Donai amatori sacra Sophia suo ; Nam qui prae - 






432 



CARLO PRANTL 



sidera l’intiero Organon in una maniera che perfetta¬ 

mente si accorda con il modo di pensare di Abelardo 

(note 271 ss.); Aristotele cioè avrebbe ricevuto dalle mani 

dei grammatici la semplice vox significativa, della quale 

avrebbe preso a trattare nelle Categorie, in tal guisa che 

essa possa poi (De Interpretatione) venire considerata come 

elemento della complessa struttura del giudizio, e a ciò 

possa far seguito Io svolgimento di quanto si attiene alla 

inventio e al iudicium ; la Isagoge compilata da Porfirio 

[per introdurre] alla prima di queste parti principali, ap¬ 

partiene al tutto, proprio soltanto quale introduzione, e 

non si deve, come si suole da molti (note 56 ss.), farne 

per così dire la cosa principale 562 ). 


Così però si opera nell’Organon anche una nuova di¬ 

visione in due gruppi principali, in quanto che la Isa¬ 

goge, le Categorie e il De interpr. posson valere solamente 

da gradi preparatorii (praeparaticia artis), essendo tali 

libri ad artem, piuttosto che de arte, laddove la tecnica 

vera e propria, nella quale la inventio e il iudicium tro¬ 

vano la loro piena esplicazione, si presenta nelle tre opere 


celiò, liluli communis honorem Vindicat. — Metal., II, 16. p. 88 

[90]: fìrnnes se Aristotilis adorare vestigio gloriantur ; adeo quidem, 

ut communi' omnium philosophorum nomea praeminentia quadam 

sihi proprium fecerit. Nam et antonomasice, i. e. excellenter. Philo- 

sophus appellatile [PL, 199: 983 c 873], 


562) jVf e (a/., II, 16. p. 89 [90]: Ilic ergo (cioè Aristotele) proba- 

bilium rationes redegit in artem et, quasi ab dementis incipiens, usque 

ad propositi perfectionem evexit. Hoc autem pianura est his qui scru- 

tantur et diseutiunt opera cius. Voces enim primo significativas. i. 

e. sermones incomplexos, de gramolici menu accipiens, differentias 

et vires eorum diligenler exposuit, ut ad complexionem enuntiationum 

et inveniendi iudicandique scientiam facilius qccedant. Sed quia ad 

lume elementarem librum magis elementarem quodammodo scripsit Por- 

phirius, eum ante Aristotilem esse credidii antiquitas praelegendum. 

Recte quidem, si recte doceatur ; i, e. ut tenebras non inducal [91] eru- 

diendis nec consumai aetatem,,.. linde quoniam ad aliu introduclo- 

rius est, nomine Ysagogarum inscribitur. Itaque inscriptioni dero- 

gant qui sic versantur in hoc, ut locum principalibus non relinquant 

[PL, 199, 873-4]. 






STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



433 



principali: Topica, Analitici e Soph. Elenchi 563 ). Ma pro¬ 

prio per rispetto alla inventio e al iudicium, risulta di 

nuovo un altro punto di vista da adottar quale princi¬ 

pio della partizione, in quanto che la Topica, insieme 

con i libri precedenti, riguarda prevalentemente e fon¬ 

damentalmente la inventio, laddove alla stessa maniera 

Analitici e Soph. El. debbono servire al iudicium ; tut¬ 

tavia neanche si potrebbe daccapo mantenere rigorosa¬ 

mente questa partizione (della quale poi non sappiamo 

davvero perchè in generale sia stata assunta come fon¬ 

damentale), perchè alla inventio contribuiscon pure gli 

Analitici e i Soph. El., e viceversa anche la Topica giova 

al iudicium 564 ). D’altra parte, oltre a tutto ciò, troviamo 

che Giovanni, per far intendere che cos’è l’Organon, uti- 



M3 ) Dopo che cioè nel lib. Ili, cap. I, del Metal, si è trattato 

della Isagoge, nei cap. 2 e 3, delle Categorie, c nel cap. 4, del De in- 

terpr., al principio del c. 5, p. 134 [139] si legge: Artis praeparalitia 

praecesserunl, ad quam suus opifex et quasi legislator rudem omnino 

tironem irreverenter el, ul dici- solet, illotis manibus non censuit ad- 

mittendum.... Utilissima quidem sunt et, si non satis proprie dican- 

tur esse de arte, satis vere dicuntur esse ad artem : parum autem refert, 

si magis dicatur ari sic. Ipsum itaque quodammodo corpus artis, de- 

ditctis praeparatiliis, principaliter consistit in tribus ; scilicet Topi- 

corum. Analeticorum. Elenchorumquc notitia; his enim perfecte co- 

gnitis, et habitu eorum per usum et exercilium roboratis, inventionis 

et iudicii copia suffragabitur in omni facultate tam demonstratori 

quam dialectico et sophistae [PL, 199, 902]. 


M4 ) Ibid., IV. 1, p. 157 [165]: Unde cum inventionis instrumenta 

procurasset et usum. quasi in conflatorio setlens, examinatorium quod- 

dam studuit cadere, quo diligentissima fieret examinatio rationum. 

Ilic autem est Analeticorum liber, qui ad iudicium principaliter spe¬ 

cial, et lanieri ad inventionem aliquatcnus proficit. Nani [166] disci- 

plinarum omnium connexae sunt rationes, et qucelibel sui perfectio- 

nem ah aliis mutuatur. — III. 5, p. 134 [139]: Scientia Topicorum. 

quae, etsi inventionem principaliter instruat, iudiciis tamen non me- 

diocriler sujjragatur.... Siquidem sibi invicem universa contribuunt. coque 

in [140] proposito facultate quisque expeditior est, quo in vicina el 

cohaerente instructior fueril. Ergo et tam Analetice quam Sophistica 

conferunt inventori, et Topice itidem conducit indicanti ; facile tamen 

adquieverim singulas in suo proposito dominari et accessorium esse 

beneficium cohaerentis. — IV, 8, p. 164 [173]: Licei ad iudicium ma¬ 

xime dicatur hacc scientia (se. demonstrativa) pcrtinere, invenlioni 

tamen plurimum conferì [PL, 199: 916, 902. 920]. 


28 . — C. Franti,, Storia della logica in Occidente, II. 






434 



CARLO PRAfiTL 



lizza una similitudine, e compiutamente la svolge, fa¬ 

cendo corrispondere alle lettere dell’alfabeto le Categorie, 

e alle sillabe il libro De interpr. 56S ); fa poi seguito la To¬ 

pica, che rappresenta la parola (dictio) e v’incliiude la col- 

leclio degli elementi 566 ) : e ciò anzi in tal guisa, che, pro¬ 

cedendo lo sviluppo nel senso di una costante ascesa, a 

fondamento di tutta quanta la logica stia il primo libro 

della Topica 567 ), e cosi poi il libro ottavo corrisponda alla 

connessione della proposizione ( constructio , espressione di 

Prisciano — cfr. la nota 273), ond’è proprio questo il 

libro, in cui si dà la scalata al punto culminante della 

logica, ed esso, al paragone di tutta la letteratura mo¬ 

derna (dei moderni : v. le note 55 ss.), dev’essere quali¬ 

ficato come lo scritto di gran lunga più utile 588 ). Gli Ana- 



5C5) Jbid., Ili, 4, p. 130 [135]: Libcr Pcriermeniarum, vel potius 

Periermenias (v. la Sez. precedente, nota 33), ratione proporlionis 

sillabicus est, sicul Praedicamenlorum elementarius ; nam dementa 

ralionum, quae singulatim tradii in sermonibus incomplexis. iste col- 

ligil, et in modum sillabae comprehensa producit ad veri falsiquc si- 

gnijlattionern. Tantae quidem subtilitatis est habitus ab antiquis, ut 

in praeconium eius celebralum ferat Isidorus (v. ibid. la nota 34), 

quia Aristotiles, quando Periermenias scriplilabat, calamum in mente 


tinguebat [PL, 199, 899]. _ 


66r >) Ibid.. 6, p. 137 s. [143]: Sicul autem elementarius est Praedi- 

camentorum, Pcriermeniarum vero sillabicus, ila et Topicorum liber 

quodammodo dictionalis est. Licei enim in Periermeniis agatur de 

simplici enunliatione , quae ulique veri falsine dictio est, nondum to¬ 

rnea ad vim colligendi pertingit , nec illud assequilur. in quo dialecll- 

ces praecipua opera versalur. Ilic vero prirnus est in rationtbus ex pii- 

candis, doctrinamquc facit localium argumentationum, et sequcntium 

complexionum pandit initia ]PL, 199, 904]. _ 


567 ) Ibid., 5, p. 135 [140]: Odo quidem voluminibus clauditur, 

fiuntquc semper novissima eius potiora prioribus. Primus autem quasi 

materiam praeiacit omnium reliquorum [141] et lolius logicae quae- 

dam conslituit fundamenta [PL, 199, 903]. 


56S ) Ibid., 10, p. 147 [154]: Arma lironum siiorum locami m arena, 

dum sermonum simplicium significationem evolverei et ilem cnunlia- 

tionum locorumque naturam aperiret.... Ut autem praemissae simili- 

tudinis sequamur proporlionem, quemadmodum Categoriarurn clcmen- 

tarius, Pcriermeniarum syllabicus, proemiasi Topici dictwnnles libri 

sunt ; sic Topicorum octavus constructorius est ralionum , quorum eie- 

menta vel loca in praecedentibus monstrala sunt. Solus itaque versatur 

in praeceptis, ex quibus ars compaginatur , et plus confort ad scientiam 






STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



435 



litici Primi, che si riattaccano a quel libro stesso, ven¬ 

gono, con l’aggiunta di una barbarica interpretazione 

[etimologica] del titolo (cfr. la nota 23 e la Sez. prece¬ 

dente, n. 288), lodati bensì parimente per la loro utilità, 

ma nello stesso tempo criticati tuttavia per la sterile loro 

forma, poiché non soltanto si trova lo stesso contenuto 

svolto altrove (cioè evidentemente in Boezio, de syll. cat. 

e Introd. ad syll. cat.) in forma molto più facile e pene¬ 

trante, ma ancora perchè quell’opera, in generale, con il 

suo stile conjusus e inintelligibile, è poco meno che inser¬ 

vibile per dare all’argomentazione il suo apparato este¬ 

riore (ad phrasim instruendam) : e però ci si doveva limi¬ 

tare a imparar a memoria le regole in essa contenute 

(dunque press’a poco alla stessa maniera che troviamo 

in Boezio, loc. cit. [direi che si riferisca alla nota 77 della 

Sez. XII, richiamata nella nota 569 — o, più precisa¬ 

mente, al seguito del testo corrispondente, dove si parla 

di Boezio, come del primo autore di una logica, indiriz¬ 

zata all’unico intento di far entrare un certo numero di 

regole nelle teste dei più stupidi]), ma il rimanente si 

poteva lasciarlo da parte, come loppa o foglie secche 589 ). 


disserendi, si memoriter habeatur in corde... .quam omnes fere libri 

dialecticae, quos moderni patres nostri in scnlis legere consueverant ; 

nani sine eo non disputatile arte., sed casu [PI,. 199, 910]. 


60 °) Jbid.. IV, 2, p. 158 [166]: Analeticorum quidem perutilis 

est scienlia, et sine qua quisquis logicam profitetur, ridiculus est. Ut 

vero ratio nominis exponatur , quam Graeci Analeticen diclini , nos 

possumus Rcsolutoriam appellare (questo è un pensiero che Giovanni 

ha preso da Boezio : v. la Sez. XII, nota 77), familiarius tamen assi- 

gnabimus. si dixerimus aequam locutionem; nam illi anu « acquale », 

lexim « locutionem » dicunl. Frequens autem est, cum sermo parum est 

inlellectus, et eum in notiorem resolvi desideremus aequivalenter ; unde 

et interpres meus (probabilmente uno o l’altro di que’ due tradut¬ 

tori, che abbiamo trovati più sopra, note 32 s.), cum verbum audi¬ 

rei ignotum, et maxime in compositi », dicebat « Analetiza hoc » quod 


volebat aequivalenter exponi . Ceterum, licei necessaria sit dottrina, 


liber non eatenus necessarius est ; quicquid enim continet, alibi faci - 

lius et fidelius traditur, sed certe verius aut forlius nusquam. Siquidem 

et ab invito fidem extorquel.... Porro exemplorum confusione et tra- 

iectione litterarum quas tuoi de industria, tum causa brevilatis, tum 





436 



CARLO PRAXTL 



E se è opinione di Giovanni che questa incomprensibi¬ 

lità si manifesti per es. particolarmente neU’ultimo ca¬ 

pitolo degli Analitici Primi (Sez. IV, note 649 s.) 57 °), lo 

stesso biasimo è da lui rivolto anche contro tutti quanti 

gli Analitici Secondi, soltanto con raggiunta, che una 

parte di colpa ce l’ha forse la traduzione 571 ). 


Invece il ciceroniano Giovanni si trova ora di nuov o, 

da buon retore, nel suo elemento, con i Soph. Elenchi, che 

pertanto, staccati dalla Topica, egli colloca alla fine del- 

l’Organon; dice che nessun altro libro è più utile di que¬ 

sto per la gioventù, e com’esso porge il più grande ausilio 

per la retorica (ad phrasin), così va preferito anche ai 

due Analitici, perchè promuove, in maniera più facil¬ 

mente intelligibile, la eloquentia , cioè la espressione del 

pensiero mediante la parola 572 ). Ma dalla Topica 



ne falsitas alicubi cxemplorum argueretur, interseruit, coleo confusus 

est, ut cum magno labore co perveniatur, quoti faciliime tradì potest. 

■— 3, p. 159 [167] : Sicut autem regulae utiles sunt et necessariae ad 

scientìam, sic liber fere inutilis est ad frasim instruendam, quam nos 

verbi supellectilem possumus appellare.... Ergo scientia memoriter est 

firmando, et verbo pleraque excerpenda sunt ; ....quac alio commode 

transferunlur et quorum potest esse frequentior usus. Reliquae coae- 

quantur foliis sine fructu, et oh hoc aut calcantur aul sua relinquuntur 

in arbore. (Qui fa seguito il passo citato più sopra, nota 20). — Ibid., 

HI, 4, p. 132 [137]: Sunt autem pleraque quae, si a suis avellas sedi- 

bus, aut nichil aul minimum sapiunt auditori; qualia fere sunt omnia 

Analelicorum exempla, ubi litterae ponunlur prò terminisi quae, sicut 

ad doclrinam profìciunt.. sic tracia alias inutilia sunt. Regulae quo¬ 

que ipsae, sicut plurimum vigorie habent a veritate doclrinae, sic in 

commercio verbi minimum possunt [PL, 199, 916-7 e 900-11. 


67 °) Ibid., IV, 5, p. 162 [170]: Postremo agii de cognitione natu- 

rarum. Grande quidem capitulum et quod, licei aliqualenus propo¬ 

sito conferai , fidem tamen prom issi nequaquam irnpìet. Unum scio, 

me huius capituli beneficio neminem in cognitione nalurarum vidisse 

perfectum [PL, 199, 919], 


S71 ) Il passo è stato citato di già più sopra (nota 27). 


E72 ) Metal., IV. 22, p. 178 s. [188]: Sophisticam esse dicium est, 

quae falsa imagine tam dialecticam quam demonslralìvam acmulatur, 

et speciem quam virtulem sapientiae magis affettai.... Opus quidem 

dignum Aristotile et quo aliud magis expedire diventati non facile 

dixerim .... Frustra sine hac se quisquam [189] gloriabitur esse philo- 

sophum; cum nequeat cavere mendacium aut alium deprehendere men- 

lientem.... Unde et ad frasim eoncilìandum et totius philosophiae in- 






STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



437 



[di Aristotele], che contiene proprio il fondamento della 

logica, sono scaturiti i rispettivi scritti di Cicerone e 

di Boezio, come pure il libro di quest’ultimo De divi¬ 

sione (su questo punto non c’è dubbio che Giovanni ha 

perfettamente ragione), il quale tra le opere di Boezio 

occupa un posto particolarmente eminente 573 ). 


[e) la « ratio indijjerentiae » come indifferentismo scien¬ 

tifico]. — Con questo ci siamo ora perfettamente orien¬ 

tati riguardo al punto di vista di Giovanni, e in esso 

ravvisiamo certo con buon fondamento un’accentuazione 

di quella, che Abelardo aveva chiamata (nota 267) elo- 

quentia Peripatetica ; e se nel rispetto filosofico già in 

Abelardo aveva prevalso una conciliazione inorganica di 

opinioni opposte, anche questo può ripetersi in più alto 

grado per Giovanni. È in verità un atteggiamento coe¬ 

rente il suo, quand’egli, stando con l’attenzione rivolta 

in modo esclusivo alla eloquenza dell’argomentazione, va 

in cerca persino di una formula determinata, con cui 

elevarsi a tutta prima al disopra di quante difficoltà po¬ 

trebbero esser riposte in una salda posizione filosofica, 

che fosse assunta nel contrasto fra le tendenze. Questa 

formula è la sua« ratio indijjerentiae », vale a dire il pro¬ 

cedimento del perfetto indifferentismo. Egli cioè anzitutto, 

trattandosi della conoscenza delle cose che posson essere 

oggetto dei discorsi (rerum praedicamenlalium : v. appresso 


vesligationes sophisticae exercitatio plurimum prodest ; ita tamen ut 

veritas, non verbositas, sit huitis excrcilii fructus. — 24, p. ] 81 [191]: 

In eo autem michi videntur (se. Elenchi ) Analelicis praejerendi , quod 

non minus ad exercitium conferunt et faciliori intellectu eloquenliam 

promovent [PL, 199, 929-30], 


57a ) Ibid.. Ili, 9, p. 145 [152]: Qui vero librum hunc (cioè la To¬ 

pica aristotelica) diligentius perscrutatur, non modo Ciceronis et 

Boetii Topieos ab his septem voluminibus (cioè dai primi sette libri) 

erulos deprehendet. sed librum Divisionum, qui compendio verborum 

et eleganlia sensuum inter opera Boetii , quae ad logicam spectant, 

singularcm gratiam nactus est [PL, 199, 939]. 





438 



CARLO PRANTL 



la nota 605), e dei discorsi stessi (sermonum), richiama 

l’attenzione sopra la molteplicità di significato a cui i 

discorsi si prestano, e osserva che questi all’epoca di Ari¬ 

stotele potevano avere un significato diverso, perchè in¬ 

vero, secondo la sentenza oraziana, le parole van via scor¬ 

rendo in continuo mutamento, e solamente 1’ uso le fissa 

a questo o quel modo 574 ). E sebbene ora si conceda che, 

a parità di significato, la terminologia degli antichi sia 

più degna di reverenza, che non quella dei moderni 57S ), 

in linea di principio tuttavia l’uso è più potente che non 

sia lo stesso Aristotele: e perciò, in quanto venga in que¬ 

stione la verità di fatto nella sua obbiettività, e con essa 

il senso reale delle parole, ben possono anche sacrificarsi 

l’espressioni verbali, mentre d’altra parte, fin che la cosa 

sia soltanto ammissibile, si può conservar insieme, del- 

1 antica dottrina, e la lettera e l’intimo significato 576 ). 


S71 ) Ibid., 3, p. 128 [133]: Profecto rerum praedicamentalium et 

sermonum pcrulilis est notitia.... Et quia multiplicitas sermonum ple- 

rumque inlelligentiam claudit, quoliens dicatur unumquodque docci 

(se. Aristotiles) esse quaerendum.... Conlingit autem tractu temporis, 

et adquiescente utentium voluntate, multipticitalem sermonum nasci 

itemque extingui.... (p. 129) [134: Esse in aliquo] multiplicius dici- 

tur quam Aristotelis tempore diceretur ; et quae lune verbo aliquam. 

nunc forte nullam habenl significalionem ; siquidem « Multa rena- 

scentur quae iam recidere, cadentque Quae nunc sunt in honore voca- 

buia, si volet usus, Quem penes arbitrium est et ius et norma loquendi » 

(Hor. Ars poet., v. 70 ss.) [PL, 199, 898-9J. 


“"') Ibid., 4, p. 131 [136]: Praeterea reverentia exhibenda est verbis 

auctorum, cum culla et assiduitale utendi ; tum quia quondam a ma - 

gnis nominibus antiquitatis praeferunt maiestalem, tum quia dispen- 

diosius ignorantur, cum ad urgendum aut resistendum potentissima 

sint.... Licei itaque modernorum et veterum sii sensus idem, venera- 

bilior est velustas [PL, 199, 900]. 


6,r ') Ibid., p. 133 [138]: Patet itaque quod usus Aristotile poten- 

tior est in derogando verbis vel abrogando verbo ; sed veritatem rerum. 

quoniam eam homo non statuii, nec voluntas Humana convellit. [139] 

Itaque. si fieri polest, artium verba teneantur et sensus. Sin autem mi- 

nus, dum sensus maneat, excidant verbo ; quoniam artes scirc non 

est scriptorum verbo revolvero, sed nasse vini earum atque senlentias. 


Enthel., v. 27 ss.: Qui sequitur sine mente sonum, qui verbo capessit. 

Non sensum, judex integer esse nequit : Quum vim verborum dicendi 

causa minislrel, Ilaec si nescilur, quid nisi ventus erunl? [PL, 199: 

901-2 e 965], 






STOMA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



439 



Già di qua si desume che tale principio deve condurre 

a una maniera estremamente comoda di fare sparir tutte 

le difficoltà che vengono a galla, perchè in tutti questi 

casi basterà dire che la espressione verbale nel corso del 

tempo è venuta ad assumere un significato diverso, op¬ 

pure che in generale essa non ha importanza. Cosi dice 

appunto Giovanni stesso (a proposito di una opinione di 

Bernardo da Cliartres) che non è per lui di nessun mo¬ 

mento il prender una parola alla lettera, e che non c’è 

punta necessità di metter in armonia con un singolo 

passo, in tal senso, anche tutti gli altri passi 577 ). E di 

fatto a questa maniera la ratio indijjerentiae, ch’egli ri¬ 

tiene il punto di vista giusto anche ai fini del tradurre 

(nota 32), prende forma, dov’egli si richiama a essa, di 

esplicito metodo di negazione dello spirito scientifico. Poi¬ 

ché certamente è somma leggerezza non soltanto il con¬ 

siderare, com’egli fa, « significare-» e « praedicare » quali 

perfetti sinonimi, mentre Abelardo si era pure sforzato 

di arrivare a una rigorosa definizione (nota 318), — ma 

anche il denotare, a tal proposito, come cosa assoluta- 

mente indifferente che p. es. con gli aggettivi si voglia 

intendere la qualità, ovvero l’oggetto che n’è qualificato; 

e rimettendosi egli su questo punto per ciascun singolo 

caso a una benigna interpretatio, fa valere le Categorie 

come un fondamento essenziale ad avvalorare il suo pro¬ 

cedimento, proprio perchè in esse si tratta, ora delle pa¬ 

role significanti, ora delle cose significate 578 ). Similmente 


677 ) Metal., Ili, 2, p. 120 [125], dove al passo che abbiamo già 

citato qui sopra (nota 93) fa seguito: Habet haec opinio sicut impu- 

gnatores, sic defensores suos. Michi prò minimo est ad nomea in ta- 

libus disputare, cum intelligentiam dictorum sumendam noverim ex 

causis dicendi. Nec sic memoratam Arislotilis aliorumve auctoritates in- 

terprelandas arbitrar, ut trahalur istuc quicquid alicubi dictum re- 

peritur [PL, 199, 893]. 


57S ) Ibid., p. 122 [126]: Ex quo liquel quoniam « significare », 

sicut et « praedicare », multipliciler dicitur ; sed quis modus familia- 

rissimus sit, discernere palam est. Inde est, quod iustus et similia 








440 



CARLO PRANTL 



si comporta Giovanni, a proposito di un passo aristote¬ 

lico, e viene su questo punto, conforme alla sua indiffe- 

rentia o ratio licentiae, al risultato, che 1’ individuo sin¬ 

golo, percettibile per mezzo dei sensi, può essere tauto 

predicato quanto soggetto”»). E se nella trattazione di 

tali questioni siamo con Giovanni al punto dove la lo¬ 

gica finisce, prima di esser in generale neanche incomin¬ 

ciata, non può farci maraviglia che, presentandosi difficoltà 

un poco più riposte, egli enunci subito con tutta disin- 



passim apudauctores rame dicuntur iustum, nunc iustitiam signifi¬ 

care vel predicare.... [127J Tale est iUud Aristntilis : Qualitalem si- 

gnificant, ut album; quantilatem, ut bicubitum (Cai., 4: v. la Sez. 

IV. nota 303 [dove la citaz. si arresta avanti le esemplifieaz. : Sinr/u 

Xsuxiv...]; in Boezio [ad Ar. praed., I; PL, 64, 180], p. 127) .Sic 

ulique quia dantur a quahtale vel quanlitate, ila et qualitalem praedi- 

cant, quam apposita demonstrant inesse subieclis ; inlerdum dicuntur 

significare quatta, quomam apposilione sua declarant quali,i sint su- 

biecta. Sed haec a se, si sit benignus inlerpres, non multum distaili, 

etsi andito albusintelhgatur in quo albedo ; cum autem albedo (licitar, 

non mteUigiturin quo talis color ; sed polius color jaciens tale. Illud 

vero quod nudità voce concipit iniellectus, ipsius familiarissima si- 

gnificalio est. 3, p. 122 s.: Quia ergo aut acquivoce aul univoco aut 

denominative, ut sequmtur indifferentiae rationem, singula praedi- 

canlur, ipsaque praedicatio quaedam ratiocinandi materia est. praedi- 

camenlorum praemissa sunt instrumenta.... Rationem vero indifferen- 

tuie, LI—“J quarti semper approbamus, liber iste commendai prue 

cetens ; etsi ubique dilìgenter inspicienti manifesta sit. Agii enim 

nunc de sigmficantibus, nunc de significati, aliorumque doctrinam 

J acU n nomuitbus aliorum [PL, 199, 894-5], 


« Ih>d " 2 ;?‘ P'., 110 Mine forte est illud in Analeticis 


Aristomenes intclligibihs semper est; Aristomenes autem non sem- 

per .'"\ >> ( Ar l al - pr .,, I, 33; in Boezio [cap. XXXV: PL, 64, 677], 

p. 445). Et hoc quidem est singulariter individuum, quod salum qui¬ 

dam munì posse de al,quo praedicari.... Ego quidem opinionem hanc 

vehementernec impugno, nec propugno; nec enim multum referre 

arbitror, ob hoc quod illam amplector indifferentiam in vicissitudine 

sermonum, sino qua non credo quempiam ad mentem auctorum fide- 

hter pervenire . (p 111) [114], Itaque hic. sicut et alibi, executus 

est quod decet libertdium artium pracceptorem, ugens, ut dici solet. 

Minerva pinguion [Cic. de Amie., V, 19] ut intelligeretur.... Quid 

ergo prohihcl ,uxta hanc licentiae rationem ea quae sunt sensibilia 

vel praedicari vel subici? Nec opinor auctores hanc vim imposuisse 

sermoni, ut alligatus sit ad imam in iuncturis omnibus signìficatio- 

nem, sed doctnnaliter sic esse locutos, ut ubique servianl inlelleclui 

Ino c ° n ‘™ n f!' !i '! mus est el Q upm ‘bi haberi prue ceteris ratio exigit [PL. 

149, 886-/]. V. inoltre appresso [il seguito, nella] nota 604. 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



441 



voltura il suo punto di vista, come p. es. quando, ri¬ 

guardo al giudizio universale, prende per equivalenti la 

inerenza obbiettiva e la predicazione subbiettiva, e tut- 

t’al più ravvisa qui ima modificazione di terminologia, 

presentatasi nel corso del tempo 580 ). 


[f) la Isagoge. Concezione deglia universalia in re»]. — 

Se dopo di ciò seguiamo nei loro particolari l’espressioni 

di Giovanni relativamente alla sfera propria della logica, 

tenendo dietro al filo della partizione da lui stesso as¬ 

sunta come fondamentale per l'Organon, — incontriamo 

in lui anzitutto, come ben s’intende, nell analisi della 

Isagoge, cioè nella questione degli universali, 1 estremo 

sincretismo o eclettismo, cbe sfocia da ultimo in una con¬ 

cezione stoico-ciceroniana. Non già al punto di vista di 

un filosofo cbe stia al disopra della unilaterale contesa 

tra i contrastanti indirizzi, bensì a mancanza di acume 

filosofico o a faciloneria da retore praticone, s’informa 

l’atteggiamento di Giovanni, quando qualifica come in¬ 

fantile tutta la disputa sui concetti di genere e di specie : 

e invero, a tal proposito, egli si limita a tirarsi indietro, 

riferendosi a quella molteplicità di significati delle parole, 

di cui più sopra (note 574 s.) abbiamo fatto cenno : im¬ 

perocché genere e specie possono significare cosi il prin¬ 

cipio della generazione, cioè la base ontologica delle cose, 

come anche il predicabile, cioè il valore logico dei con¬ 

cetti universali 58 ^). E a quel modo cbe su questo punto 


m°) JHd„ IH, 4, p. 132 [137]: Quod dicitur „in loto esse allerum 

alteri “ vel .. 'in loto non esse ", et „universaliler aliquid de aliquo prae - 

dicari '“ vel „ab aliquo removeriidem est (cfr. la nota 16); frequens 

tamen usus est alterius verbi , et alterius fere inlercidit, nisi quatenus 

ex condicto inlerdum admittitur. Fuit /orlasse tempore Aristotilisutrius- 

que usus celebrior, sed nunc prae altero viget alterum, quoniam ita 

vu lt usus. Sic et in co quod dicitur contingens. aliquatenus derogatimi 

est ei quod apud Aristotilem optinebat [PL, 199, 901] (cfr.la nota 216). 


581 ) lbid., 1, p. 116 s. [120]:... sed ad puerilem de genenbus et 

speciebus.... inclinavit opinionem (s’intende Abelardo); malens in- 









442 



CARLO PHAJNTL 



Giovanni si appoggia al commento boeziano della Isagoge 

di Porfirio, così insomma è ancor una volta, come ve¬ 

dremo (nota 602), in un passo isolato di Boezio che ci 

si offre concentrata la opinione di lui, sicché anche in lui 

ritroviamo di nuovo un argomento per provare quanto 

strettamente tutto il movimento degli studi di logica 

in quell’epoca si tenesse attaccato a sentenze frammen¬ 

tarie degli autori tradizionalmente più autorevoli. 


Perfettamente analogo all’atteggiamento di Abelardo, 

che si riattaccava a un solo unico passo [della versione 

boeziana del De inlerpr.] per avvalorare la duplicità del 

suo modo di vedere [nella questione degli universali] 

(nota 286), è l’atteggiamento complessivo anche di Gio¬ 

vanni, in quanto ch’egli presta agli universali un valore 

ontologico, e logico al tempo stesso; con la sola differenza, 

che in lui la confusione dei punti di vista è non soltanto più 

complessa e stravagante, ma anche ben più contraddit¬ 

toria che non in Abelardo. Giovanni, cioè, non soltanto 

parla occasionalmente, quale teologo, intorno ai concetti 

di sostanza e di essenza, alla stessa maniera che si tro¬ 

vano trattati questi argomenti nel Pseudo-Boezio de Trin. 

e in Gilberto 582 ), ma anche in quello scritto ch’è dedi- 



slruere et promovere suos in puerilibus quam in gravitate philosopho- 

rum esse obscurwr.... Itaque sic Porphirius legendus est, ut sermonum 

de quibus agitar, significatici teneatur, et ex ipsa superficie habeatur 

sensus verborum.... Sufficiai ergo introducendo nosse quia nomen ge¬ 

neris multiplex est et a prima instilutione significai generationis prìn- 

cipium.... Deinde hinc translatum est ad significandum id, quod de 

differentibus specie in quid pratdicatur (sopra questa terminologia ab¬ 

breviata, v. la nota 282). Item et species [121] multipliciter dicilur ; 

nam ab instilutione formam significai.... Hin autem sumptum est ad 

significationem eius quod in quid de differentibus numero praedicalur. 

(lutto ciò ha fondamento in Boezio [ad Porph. a Vict tranci I 

22: ed. Brandt, p. 66; PL, 64. 38], p. 22, e [od Porph. a se fransi, lì, 2: 

ed. Brandt, p 171 ss.; PL, 64, 87-8] 57 s.).... Quid ergo sibi volunt 

[Webb: voi in qui.... quicquid aliud exeogitari potest, adiciunt ?.... Vo- 

cabulorum simpliciter aperiantur significai ioncs, apprehendatur illa quae 

proposito congruit per descriptiones certissimas etc. [PL, 199 091]. 


oS ") Epici. 169 (I, p. 270): Quicquid autem subsistit, sine dubìo 

in genere vel in natura vel in substantia manet. Quum ergo essentiam 








8T0B1A DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



443 



cato alla logica, espressamente manifesta il suo accordo 

con Platone e con il suo realismo ontologico, secondo il 

quale il vero essere appartiene all’ intelligibile, mentre le 

cose concrete neanche son degne del verbo «esse» 083 ). 

E com’egli all’erma quale base reale dell’essere la natura 

non peritura della sostanza e la persistente efficienza della 

forma, attenendosi in ciò pedissequamente al motto, tra¬ 

smesso per antica tradizione « singultire sentitur, univer¬ 

sale intelligitur » 6M ), così a lui Gilberto è guida, anche 

relativamente alla definizione della natura, e alla forza 

plastica- della differenza specifica 686 ): Giovanni anzi si 

serve persino del termine « jorma nativa » (cfr. la nota 467); 

nè parimente manca in lui, come non manca in alcuno 

tra i realisti, il concetto di partecipazione 586 ) ; infine la 



dicimus significare naturam, vel genus rei suhstantiam. intelligimus 

ejus rei, qua e in his omnibus semper esse subsistat.... Quod si apud 

Graecos expressam habent dififerenliam lutee, quae Ilio totics inculcata 

sunt, essendo, natura, genus, substantia, cam expediri omnium arbitror 

interesse quamplurimum [PL, 199. 162-3]. 


i > 83 ) Metal., IV, 35, p. 193 [204]: Plato quoque eorurn quae vere 

sunt et eorum quae non sunl sed esse videntur, dififerenliam docens, 

intelligibilia vere esse asseruit.... Unde et eis post essenliam primam 

reale competei esse; i. e. firmus certusque status, quem verbum, si 

proprie, ponilur, [205] cxprirnil substantivum ; temporalia vero videntur 

quidem esse, co quod intelligibilium praetendunt imaginem. Sed appel- 

latione verbi substanlivi non satis digna sunt quae rum tempore trans- 

eunt, ut nunquam in eodem statu permansavi, sed ut fumus evane - 

scant ; fugiunt enim, ut idem ail in Thimaeo (p. 49 E), noe expeetant 

uppellutionem .... p. 195 [206]: Ideam vero.... sicut aelernam audebat 

dicere, sic coaeternam esse negabal [PI., 199, 938-9]. 


6M) Enthet., v. 1013 s. : Nulla perire potasi substantia, formaque 

jormae Succedens prohihet, quod movet, esse nihil. — v. 1233 s. : Solis 

corporeis sensus carnalis inhaeret, Res incorporcae sub ratione jacent 

[PL. 199. 987 e 992]. 


m ) Metal., I, 8, p. 26 [23]: Est autem natura, ut quibusdam placet 

(evidente allusione a Gilberto: v. la nota 461), ( licei eam sit dijfinire 

difiìcile,) vis quaedam genitiva, rebus omnibus insita, ex qua /arare 

vel [24] pati pnssunt. Genitiva autem dicitur, eo quod ipsam res quaeque 

controllai, a causa suae generalionis, et ab eo quod cuique est princi- 

pium existendi.... (p. 27) Sed et unamquamque rem injormans spe¬ 

cifica differenza, aut ab eo est, per quem facta sunt omnia. aut omnino 

nichil est.... [25] Esto ergo ; sit potens et ejficax vis illa genitiva, indita 

rebus originaliter [PL, 199, 835—6]. 


686 ) Énthet.. v. 395 ss.: Est idea potens veri substantia, quae rem 








444 



CARLO FRANTI. 



stessa concezione della individualità assume una forma 

tale, che vi riconosciamo la distinzione di Gilberto (nota 

489) tra dividila e individua 587 ). 


[g) grossolano eclettismo, nella questione degli univer¬ 

sali]. — Ma, dopo avere udito Giovanni pronunziarsi in 

tal maniera, che non lascia adito a equivoco, abbiamo 

ragione di maravigliarci che egli, per il fatto che l’in¬ 

telligibile non può esser universale, ma può soltanto es¬ 

ser concepito universalmente, dichiari che quella intorno 

agli universali è una disputa priva di oggetto, nella quale 

si cerca di acchiappare la sostanzialità di un’ombra o 

di una nube fuggevole 688 ). Vien ora anche, per quel che 

riguarda la logica, dato formalmente congedo a Platone, 

oltre che ad Agostino e a tutt’ i Platonici, per far posto 

ad Aristotele, sia pure con l’aggiunta, a mo’ di conso¬ 

lazione, che la dottrina di quest’ultimo può ben darsi 


Quamlibet informat ut Jacit esse, quod est ; Omne quoti est vcrum , con¬ 

vinci! forma vel actus, Necfalsum clubites , si quid utroque caret. Forma 

suo generi quaevis addirla tcnelur Et peragil semper, quicquid origo 

jubet; Ergo quod informa nativa constai agilve, Quod natura mancns 

in ratione rnonet Esse sui generis, veruni quid dicilur idque Indicai 

effectus aut sua forma probat. — Polycr.. Ili, 1, p. 162 [I, 172]: Ini- 

plet autem haecvita omnem creaturam, quia sine ea nulla est substantia 

creaturae. Omne enim quod est, eius participatione est id quod est 

[PL, 199: 973-4 e 478], 


S8 ‘) Metal., II, 20. p. 105 [109]: Ergo si genera et species a Deo 

non sunt, omnino nichil sunt. Quod si unumquodque eorum ab ipso 

est, unum piane et idem bonum est. Sì autem quid unum numero est , 

protinus et singulare est. Nam quod quidam unum aliquid dicunt, non 

quod unum in se. sed quod multa unial expressa plurium conformitate, 

articulo praesenti non derogant.... Omnis namque substantia acciden - 

tium pluralitate numero subest. Accidens autem omne et forma quae- 

libet itidem numero subiacet, sed non accidentium aut formarum par- 

ticipatione, sed singularitate subiecti [PL, 199, 884], 


Polycr., VII, 12, p. 127 [II, 141]: Sicut in umbra cuiuslibel 

carpari, frustra solidilatis substantia quaeritur, sic in his quae intelli- 

gibilia sunt dumtaxat et universaliter concipi nec tamen univcrsaliler 

esse queunt, solidioris existentiae substantia nequaquam invenitur. In 

his aetatem terere nichil agentis et frustra laborantis est ; nebulae si- 

quidem sunt rerum fugacium et, cum quaeruntur avidius, citius da¬ 

nese uni [PL, 199, 664], 







STORIA DELLA LORICA IN OCCIDENTE 



445 



che non sia per nulla più vera, ma è comunque his di- 

sciplinis magis accommoda [tale (v. la nota 589) è la espres¬ 

sione di Giovanni, resa dal Prantl con le parole « fiir 

die logischen Partien passender »] sa9 ). Vengon ora per¬ 

tanto criticati tutti coloro, che nella Isagoge voglion 

metterci dentro un modo di vedere ispirato al platoni¬ 

smo, o che in altra maniera si scostano da Aristotele: 

e, richiamandosi nel modo più risoluto alla sentenza ari¬ 

stotelica, che cioè gli universali non hanno per se stessi 

esistenza separata, Giovanni respinge a priori qualsiasi 

teoria che parli di un essere degli universali stessi 590 ), 

combattendo così in particolare, da questo punto di vi¬ 

sta, anche la teoria dello status 591 ). 


Ma se siamo ora effettivamente curiosi di vedere come 

si risolva cjuesta contraddizione con le tesi prima enun¬ 

ciate, il nostro stupore crescerà forse ancora di passo 

in passo. Giovanni cioè anzitutto mette pur in prima 

linea P intellectus, in tal maniera che, accordandosi quasi 


58 B ) Metal., II, 20, p. 112 [115]: Licei Plato cetum philosophorum 

grandetti et lam Augustinum quatti alios plures nostrorum in statuen- 

dis ideis habeat assertores, ipsius lanieri dogma in scrutinio univer- 

salium nequaquam sequimur ; eo quoti hic Peripateticorum principem 

Aristotilem dogmatis huius principem prafilemur.... [116] Ei qui Pe¬ 

ri palei ieorutn libros aggredilur, magis Aristotilis sentendo sequenda est ; 

forte non quia verior, sed piane quia his disciplinis magis accommoda 


'est [PL, 199, 888], 


60 °) Ihitl.. 19, p. 94 [97] : Quasi ab adverso pectentes (cioè i commen¬ 

tatori della Isagoge), veniunt contro menlem auctoris et, ut Aristo- 

liles planior sit, Platonis sententiam docent aut erroneam opinionem, 

quae aequo errore deviai a sententia. Aristotilis et Platonis; siquidem 

omnes Aristotilem profilentur. 20, p. 94: Porro hic genera et species 

non esse, sed intelligi tantum asseruit (Anni, post., I, 22 e 11: v. la 

Sez. Ili, nota 66, e la Sez. IV, nota 373) ....(p. 95) Ergo si Aristo- 

tiles verus est. qui eis esse tollit. inanis est opera praecedentis inve- 

stigationis.... [98] Quare [oul] ab Aristotele recedendum est, concedendo 

ut universalia sint [oul....] [PL, 199, 877], e via dicendo (v. la 

nota 70). 


B91 ) Ibid., 20, p. 102 s. [106]: Sed esto ut statimi aliquem generalem 

appellativa significent ,... status ille quid sit , in quo singola uniuntur, 

et nichil singulorum est, etsi aliquo modo somniare possim ; lamen 

quotando sententiae Aristotilis coaptetur. qui universalia non esse con- 

lendit, non perspicuum habeo [PL, 199, 882], 







446 



CARLO PRANTL 



parola per parola con l’autore dello scritto De intellec- 

tibus, non soltanto dà rilievo all’ intellectus coniungens et 

disiungens (v. la nota 427), e in priino luogo principal¬ 

mente alla forza dell’astrazione ( intellectus absirahens: 

v. la nota 432), — ma, respingendo anche la obiezione 

che 1 intellectus abstrahcus sia illegittimo ( cassus : v. la 

nota 429), rivendica all’ intellectus la facoltà di conside¬ 

rar le cose, altrimenti da quel che sono in concreto (v. 

le note 432 s.): e con ciò designa l’astrazione, quale con¬ 

dizione fondamentale di tutta la tecnica dell’intelletto : 

a tal proposito, mentre si trova d’accordo con Gilberto 

(abstractim attendere: v. la nota 464), va facendo uso 

altresì di espressioni che abbiamo trovate adottate dai 

rappresentanti della teoria della indifferenza ( generaliter 

intueri, diverso modo attendere: v. [per una terminologia 

analoga] le note 133 e 13/), e nello stesso tempo viene 

a trovarsi ancora d’accordo, nel concetto del raccogliere 

le somiglianze (v. le note 162 s.), con l’autore dello scritto 

De genenbus et speciebus: anzi, con la risèrva che si 

tratta qui soltanto della facoltà intellettiva subbiettiva, 

e che obbiettivamente nella natura gli universali non 

esistono, si serve persino di quello, ch’era il ter min e in- 

valso nella teoria, da lui combattuta, dello status (v la 

nota 132) S92 ). 


’*-) limi., 20, p. 95 [98]: Nec verendum ut cassus sii intellectus, 

qui ea percepent scorsimi a singularibus, cum lumen a singularibus 

seorsum esse non possint. Intellectus enim quandoque rem simpliciter 

tntuetur, velut si hominem per se intucatur...; quandoque gradalim suis 

inceda passibus, ut si hominem albore.... contemplelur. Et hic quidem 

dicitur esse compositus. Porro simplex rem interdum inspicit ut est, 

ut si Platonem attendai, interdum alio modo ; nunc enim componendo 

quae non sunt composita, nunc abstrahendo quae non possunt esse 

distancta.... p. 96 [99] Ceterum componens, qui disiuncta coniungit 

(1 esempio è hircocervus [oltre che centaurus]), inanis est ; abstra - 

hens vero fidelis, et quasi quaedam officina omnium artium. Et qui- 

ocm rebus existendi unus est modus, quem scilicel natura conlulil, sed 

easdem intelligendi aut significatali non unus est modus. Licet enim 

esse nequeat homo qui non sit iste vel alias homo, intelligi tamen potest 

et significari.... Ergo ad significationem incomplexorum per abstra - 










STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



447 



Se così, in una variata scelta di motivi, ricavati dalle 

opinioni di altri autori, si vedon convergere diversi fili, 

a formar la concezione della operazione subbiettiva del- 

T intelletto, deve ora riuscirci inaspettato che a ciò si 

ricolleghi da capo il realismo di Gilberto: la dottrina, 

cioè, secondo la quale la incorporeità qualifica gli uni¬ 

versali soltanto negativamente, — laddove, rispetto al 

loro fondamento positivo, questi debbono, come in ge¬ 

nerale tutte le cose, esser messi in relazione di dipen¬ 

denza da Dio; ma Dio ha creato la materia formata, 

vale a dire che tutte quante le forme, sicno sostanziali 

sieno accidentali (v. questo punto in Gilberto, alle pre¬ 

cedenti note 461 s.), hanno da Dio il loro essere e la loro 

efficienza, e così nell'atto onde sono state espresse le 

cose, ha predominato un riguardo ai concetti delle spe¬ 

cie, concetti che pertanto il cultore della logica non può 

tener separati da Dio, ma in virtù dei quali « le cose 

son venute fuori [ma Prantl rende « prodierunt » con 

« eingiengen»] dapprima nella loro propria essenza, e ap¬ 

presso nell’intelletto umano» 593 ). In seguito a tale cau- 


hentem inteUectum genera concipianlur el species ; qaae tamen, si quis 

in rerum natura dùigentius a sensibilibus remota quaerat, nichil aget 

et frustra laborabil; nichil cnim tale natura peperit. Ratio autem ea 

deprehendil, substantialem simililudinem rerum differentium perirne- 

tans apud se. — Polycr., II, 18, p. 96 [I, 103]: InteUectus.... nunc 

quidem res ut sunt, nunc aliter imudar, nunc simpliciter, nunc com¬ 

posite, mine disiuncta coniungit, nunc coniuncta distroihil et disiun- 

gii.... p. 97 [104] Si abstrahentem tuleris inteUectum, liberalium arliurn 

officina peribit.... Sic hominem intellectus attingit, ut ad neminem 

hominem aspectus illius descendat, generaliter intuens, quod non nisi 

singulariter esse potest.... Dum itaque rerum similitudines et dissimi- 

litudines colligit, dum differentium convenientias el convenientium 

dijfcrentias altius perscrutata,... [105] multos apud se rerum invenit 

status, alios quidem universales, alias singulares [PL, 199, 877-8 

c 437-8]. 


5#3) Metal., II, 20, p. 103 [106]: Sed et nomina, quae proemisi, 

,.incorporeum“ et insensibile “, universalibus convenire, privativa in 

eis dumtaxat sunt, nec proprietates aliquas, quibus natura universa- 

lium discernatur, illis attribuunt ; siquidem nichil incorporeum aut 

insensibile universale est.... Quid est autem incorporeum quod non sit 

substantia creata a Deo vel ipsi concretum ?... Valeanl autem, immo 








448 



CAKLO PRANTL 



salita mistica di quella clic Gilberto aveva chiamata for¬ 

ma sostanziale, Giovanni ora può dire che la sostanzia¬ 

lità degli universali è vera, soltanto riguardo alla causa 

cognitionis, e in pari tempo riguardo al generarsi delle 

cose (natura), perchè ciascun ente, secondo ch’è situato 

a un grado più basso nella Tabula logica, ha bisogno, 

per il suo proprio essere ed essere pensato, di un altro 

ente, che si trovi rispettivamente a un grado più alto; 

ma d’altra parte gli universali non hanno un essere, nè 

come corpi, nè come spiriti, nè come individui 591 ). 


Cosi dunque Giovanni, mentre segue Gilberto, crede 

di poter in pari tempo essere un aristotelico, e come 

ritiene di sfuggire a quella non necessaria duplicazione 

di sostanze (v. la Sez. Ili, nota 64), ch’è una conseguenza 

della concezione platonica 5 95 ), cosi dice nella maniera 



dispereant univcrsalia, si ei obnoxia non sunt. Omnia per ipsum farla 

sunl, inique lam subiecta formarum quam formae subiectorum.... For- 

mae quoque, tam substantiales quam accidentales, habenl ab ipso ut 

sinl et ut suos subiectis operentur effectus. Quod itaque ei obnoxium 


non est, omnino nichil [107] est (v. inoltre appresso la nota 613)_ 


p. 104: Ut enim ait Auguslinus, formatam creavit Deus materinm.... 

Eo spectat illud fìoetii in primo de Trinitate ,.omne esse ex forma 

esl“ (nota 37).... [108] CuiUbet ergo esse quod est, aul quale aut quan- 

tum est, a forma est.... p. 105:.... fundamenta iecit Deus; et in ipsa 

expressione rerum habita est mentio specierum. Non illarum dico, quas 

logici fìngunt non obnoxias creatori ; sed formarum in quibus res prò- 

dierunl primo in essentiam suam, et in liumanum deinde intelleclum. 

Nam hoc ipsum quod aliquid coelum aut terra dicitur, formae. effe¬ 

ctus est [PL, 199, 882-4], 


6M ) ìbid., p. 97 [100]: Quod autern univcrsalia dicuntur esse sub- 

stantialia singularibus, ad causam cognitionis referendum est singu- 

lariumque naturam (analogamente lo Scoto Eriugcna aveva, rife¬ 

rendosi agli universali, fatto uso dell’espressioni causaliter ed effec- 

tualiler : Sez. XIII. nota 129); hoc enim in singulis patet. siquidem 

inferiora sine superioribus nec esse nec intelligi possunt.... Quia ergo 

tale exigit tale, et non exigitur a tali, tam ad essentiam quam ad noti- 

tiam, ideo hoc illi substantiale dicitur esse. Idem est in individuis, 

quae exigunt species et genera, sed nequaquam exiguntur ab eis.... Uni- 

versalia tamen et res dicuntur esse, et plerumque simpliciter esse ; sed 

non ob hoc aut moles corporum aut subtilitas spirituum aut singula- 

rium discreta essentia in eis attendendo est [PL, 199, 878-9]. 


695 ) Ibid., p. 98 [101]: Itaque detur ut sint univcrsalia, aut etiam 

ut res sint, si hoc pertinacibus placet ; non tamen ob hoc rerum erit 







STORIA DELLA LOCICA IN OCCIDENTE 



449 



più esplicita che gli universali — i quali stanno a fon¬ 

damento delle cose, non diversamente dal modo in cui 

il piano detrazione, che è incorporeo, sta a fondamento 

delle azioni, che sono invece sensibilmente percettibili, — 

li troviamo appunto, esclusivamente, soltanto nelle cose 

singole, le quali ultime si presentano visibilmente come 

ex empia, in cui gli stessi universali si fanno manifesti: 

Giovanni cioè risolutamente rappresenta — e su questo 

punto è il primo, ad assumere tale atteggiamento — la 

concezione degli « universalia in re», e persino combatte 

la dottrina platonica degli « universalia ante rem », per¬ 

chè fuori dal singolo non c’è universale 596 ). 


Ma poiché, in questa sua posizione, gli sta sempre 

dinanzi il concetto che ha Gilberto della forma sostan¬ 

ziale, è naturale che si attenga a quei passi di Aristotele, 

dove il concetto di genere e il concetto di specie ven¬ 

gono designati come qualche cosa di qualitativo 597 ). 


rerum numerum aligeri vel minai prò eo, quoti iuta non sunl in nu¬ 

mero' rerum [PL, 199, 879], 


C ' J6 ) Ihid. : Nirli il au tem universale est, nisi quoti in singularibus 

invenitur.... Nec moveat quoti singularia et corporea exempla sunl uni- 

versalium et incorporalium ; cttm omnis ratio gerendi... incorporea sit 

et insensibile, illud tamen quoti geritur, et actus quo geritur, plerum- 

qite sensibilis sit (anche ciò fa tornare a mente il significato che lo 

Scolo Eriugena ripone nel termine ,,agcre“: v. la Sez. XIII, nota 

131). — p. 108 [111]: Habita tamen ratione aequivocationis. qua ens 

vel esse distinguitur prò diversilate subiectorum, species et genera utrum- 

qite non sine ratione esse dicuntur. Persuadet enitn ratio ut ea dicantur 

esse, quorum exempla conspiciuntur in singularibus, quae nullus am¬ 

bigli esse. Non autem sic dicuntur genera et species exemplaria sitigli - 

lorttm, ut. iuxta Platonici [112] dogmalis sensum, formae sint exem- 

plares, quae in mente divina intelligibiliter constiterint, antequam pro- 

dirent in corporei (questo è il passo di Prisciano. già cit. nella nota 263); 

sed quotiiam, si quis eius quod communiter concipitur, audito hoc no¬ 

mine ..homo", aut quod dijjinitur, cttm dicitur ..homo esse animai ra- 

tionale mortale l % quaerat exemplum, slalim ei Plato aliusve hominum 

singulorum oslenditur. ut communiter significantis aut dìffinientis ratio 

solidelur [l’L, 199, 879 e 885-6]. 


ia, ) Ihid.. p. 100 [103]: /lem Aristotiles : Genera, inquit, et 

species circa substantiam qualitatem determinanl (Cai., 5: v. Sez. IV. 

nota 476).... Item in Elenchis (c. 22: in Boezio [II, 3: PL, 64. 1032], 

p. 750, con una traduzione che alquanto si scosta dal testo: v. so- 


— C. Peantl, S lori a. della logica in Occidente, II. 






450 



CABLO PBANTL 



In queste forme qualificanti scorge la « mano [dell’Arte¬ 

fice] della natura», che ha dato alle cose la veste delle 

forme, perchè l’uomo le possa più facilmente compren¬ 

dere: e perciò si presenta ora con il più spiccato rilievo 

la prima substantia di Aristotele, cioè l’individuo, mo¬ 

vendo dal quale l’intelletto da sè solo si eleva, in linea 

ascendente — per mezzo della uguaglianza di forma che 

accomuna i singoli ( conjormitas : v. questo concetto in 

Gilberto, alla precedente nota 474) — sino alla univer¬ 

salità dei concetti di specie e di genere 598 ): e come Gio¬ 

vanni si ritrova su questo punto ancora in accordo con 

la teoria della indifferenza, così adopera anche a tal ri¬ 

guardo persino la espressione» conjormis status» 599 ). A 


pra la nota 34): ,,/Jomo et omne commune non hoc aliquid, sed quale 

quid, (rei) ad aliquid vel aliquo modo vel huiusmodi quid significai". 

Et post paura : „Manifestum quoniam non dandum hoc aliquid esse 

quod communiter praedicalur de omnibus , sed aut quale aut ad aliquid 

aut quantum aut talium quid significare". Profecto [104] quod non est 

hoc aliquid, significatione espressa non potest explanari quid sii [PL, 


199, 880]. 


69S ) Polycr., II, 18, p. 98 [I, 105]: Et primo substantiam, quae 

omnibus subest , acutius intuetur (se. intellectus), in qua manus naturae 

probalur artificis, dum cam variis proprietatibus et formis quasi suis 

quibusdam vestibus induit et suis sensuum perceplibilibus informat, 

quo possit aptius humano ingenio comprehendi. Quod igitur sensus 

percipit, formisque subiectum est, singularis et prima substantia est. 

Id vero sine quo illa nec esse nec inlclligi potest, ei substantiale est, 

et plerumque secunda substantia nominatur.... Universale, si, licei non 

natura, conformitate tamen sii commune multorum. Quod forte faci- 

lius in intellectu quam in natura rerum poterit inveniri, in quo genera 

et species, dijferenlias, propria et accidentia, quae universaliter dicun- 

tur, planum est invenire, cum in actu rerum subsistentiam universa- 

lium quaerere exiguus fructus sii et labor infinitus, in mente vero Mi¬ 

litar et faciliime reperiuntur. Si cnim rerum solo numero differen'.ium 

substantialem similitudinem quis mente pertractet, speciem tenel; si 

vero etiam specie differentium convenientia menti occurrat, generis 

lalitudo mente diffunditur. Denique dum rerum, quas natura substan- 

lialiter vel accidenlaliter assimilavit, conformitatem percipit intellectus, 

in universalium comprehensionc movetur.... p. 99 [106] Numquid ab- 

strahens intellectus, dum haec agit, otiosus est aut inutilis, per quem 

animus honestarum artium gradibus ad thronum consummatae philo- 

sophiae consccndit? [PL, 199, 438-9]. 


69e ) Enthet., v. 849 ss.: Est individuum, quicquid natura creavit, 

Conformisque status est ralionis opus : Si quis Arislotelem primum 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



451 



questo modo la uguaglianza delle cose tra loro, riguardo 

alla forma, viene messa in connessione immediata con 

la inlellectus communitas (communiter intelligi) 600 ), ma 

gli universali stessi vengono, come tali, trasferiti pura¬ 

mente nel modus intelligendi (e ciò è in armonia anche 

con la teoria della maneries : v. la nota 88), sì ch’essi 

vengono denominati parole « figurali», e appartenenti 

esclusivamente alla « dottrina » (di figura locutionis ave¬ 

vano parlato anche i nominalisti: v. la nota 81), o, in 

una parola, « jigmenta », che, con le cose singole, si tro¬ 

vano nella relazione scambievole di mostrare e di essere 

mostrati, e però han potuto da Aristotele esser accon¬ 

ciamente denominati « monstra » (— monstrare —) 601 ). 


[h) concetto indeterminato di notio]. — Ma questo modo 

di considerare gli universali è ora in verità così elastico, 

che nel concetto di« figmentum» Giovanni ci può tra¬ 

sportare anche l’apprendimento, per parte dell’ intelletto, 


non censet liabendum, Non reddit merilis proemia digita sttis [PL, 

199. 983], 


6°°) Melai., II, 20, p. 98 [101]: Ergo quod mcns communiter in - 

teìligil et od qingularia multa aeque perlinet, quod vox [102] commu- 

niter significai et acque de mullis ve rum est, indubitanter universale 

est. — p. 107 [110] Secundum intellectum illuni [111] deliberari pa¬ 

lesi de re subiecta, i. e. actualiter exemplificari, ob inlellectus commu- 

nitatem ; res, quae sic intelligi potest, etsi a nullo intclligalur, dicitur 

esse communis ; res enim conjormes sibi sunt, ipsamque conjormi- 

latem deducta rerum cogitatione perpendit inlellectus [PL, 199, 879 

e 885], 


® 01 ) Jhid., p. 107 [110]: Ergo dumlaxat intelligunlur, secundum 

Aristotilem, universalia ; sed in actu rerum nichil est quod sii uni¬ 

versale. A modo enim intelligendi figuralia haec, licenter quidem et 

doctrinaliter. nomina indila sunt. p. 108 [111J : Ergo ex sententia Ari- 

stotilis genera et spccies non omnino quid sunt sed quale quid quodam- 

modo concipiuntur ; et quasi quaedam sunt figmenla rationis, seipsnm 

in rerum inquisilione et doctrina suhtilius exercentis.... [112] Possunt 

et monstra dici (si riferisce al noto passo antiplatonico di Aristotele: 

vedilo qui più sopra, nota 31), quoniam invicem res singulas mon- 

.siranf, et monstrantur ab eis. — III, 3, p. 127 [132]: Ea vero quae 

intelligunlur a singularibus abstracta,.... animi figmenla sunt.... quae 

ex conformitale singularium intellectu non casso concipiuntur [PL.. 

199: 885-6 e 897]. 






452 



CARLO PRANTL 



dei modelli originari (exempiano), che misticamente eser¬ 

citano il loro influsso, dalle cose (exempla), sopra l’anima: 

a tal proposito enuncia con sufficiente chiarezza il suo 

sincretismo eclettico, qualificando, — oltre che far uso 

di quell’espressioni d’intonazione nominalistica —, gli 

universali come prodotti psicologici (phantasiae, termine 

che ricorda lo Scoto Eriugena: v. appresso la nota 613 

[per altre reminiscenze delle dottrine doU’Eriugena]), ma 

a ciò collegando nel medesimo tempo la concezione stoico¬ 

ciceroniana, secondo la quale gli universali stessi sono 

concetti subbiettivi (svvoiou, notiones: v. il luogo ci¬ 

tato più sopra alla nota 64); e inoltre egli passa ancora, 

in modo molto manifesto, rasente al platonismo, o per 

lo meno va d’accordo con Gilberto, in quanto che anche 

da lui gli universali son tenuti in conto d’ imagini di 

una originaria purezza ideale, tralucenti dalle somiglianze 

delle cose singole: con ciò si trova infine ancora commisto 

l’aristotelismo, poiché queste figurazioni fantastiche non 

possiedono già una esistenza separata dalle cose singole, 

bensì, quando si volesse così afferrarle, si dileguano come 

ombre o come imagini di sogno 602 ). Se ora sembra che 

non sia effettivamente possibile accumulare, una sull’altra. 


602) lbid.. II, 20, p. 96 [99]: Sunt itaque genera et species nor. qui- 

dem res a singularibus aclu et naturaliter alienae, sei! quaedam notti- 

ralium et aclualium phantasiae (anche questo termine si trova pa¬ 

rimente — cfr. [per la concezione di Giovanni degli universalia in 

re, nella sua relazione con quella dello Scoto Eriugena] le note 594 

c 596 — nello Scoto.Eriugena: v. la Sez. XIII, nota 125) renitentes 

in intellectum, de similitudine aclualium. tamquam in speculo, nativae 

puritatis ipsius animar, quas Gracci ennoyas [evvoia;] sire yconay- 

fanas [elxovo22 ) Policr., VII, 7, p. 103 [II, 115]: Sic et geometrae primo peti- 

nones quasdam quasi totius artis iaciunt fondamento, deinde comma- 

nes animi conceptiones adiciunl et sic quasi acie ordinala ad ea quae 

stb, sunt demonstranda procedunt [PL, 199, 649], 








STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



461 



ch’è stata colmata dagli studiosi venuti più tardi (Sez. XII, 

nota 136), ma anche riguardo ai sillogismi consistenti 

in combinazioni di giudizi categorici con giudizi di ne¬ 

cessità e di possibilità (Sez. IV, note 558 ss.), dice che 

essi non sono esposti da Aristotele in maniera esauriente: 

e pertanto rimane qui ancora aperto ad altri il campo 

a un’attività, la quale tuttavia, sussistendo il bisogno 

pratico di così fatte forme di ragionamento, dovrà for¬ 

nire. per sodisfarlo, mezzi che sieno, dal punto di vista 

pratico, più convenienti 623 ) — e queste sono ehiaccbieie, 

per le quali, anche dal canto suo, egli stesso sembra do¬ 

ver pretendere quella benigna interpretatio, di cui s’è fatto 

cenno più sopra. Similmente Giovanni si pronunzia circa 

i sillogismi ipotetici, da Aristotele lasciati forse intenzio¬ 

nalmente da parte, a causa della loro difficoltà; tuttavia, 

oltre a un accenno a questi sillogismi, che si trova già nella 

Topica, è stato in particolare un certo passo degli Ana¬ 

litici. che ha determinato Boezio e altri a colmare la 

lacuna, sebbene neanche per opera loro sia stata ancora 

raggiunta la vera compiutezza 624 ). Che Giovanni anche 


623) Metnl.. IV, 4, p. 160 [168]: Trium figurarum subnectil rationes 

(se. Aristotiles) ..'■■et qui modi in singulis figuri* ex complexione extre- 

mitatum provenirmi docci : data quidem semente rationis eorum quos, 

sicul Boetius asserii (il passo è stato citato più sopra, Sez. V, nota 46), 

Theofrastus et Eudcmus addiderunt. Deinde habita modalium ratione 

transil ad commixtiones quae de necessario sunl aul contingenti cum 

his quae sunl de inesse.... A ec tamen dico ipsum Aristotilem alicubi , 

quod legerim, nisi forte quod ad propositum, de modalibus sujficienler 

egisse ; sed procedendi de omnibus fidelissimam scientiam trudidit. Expo- 

silores vero divinae paghine rationem modorum pernecessariam esse 

dicunt.... [169] Et prof celo licei nullus modos omnes, unde modale s 

dicuntur, singulatim enumerare sufficiat. quod quidem ncc ars exigit, 

tamen magistri scolarum inde commodissime disputali t. et, ut pace mul- 

titudinis loquar, Aristotile ipso commodius [PL, 199, 918j. Cfr. la 

nota 220. 


62') Jhid.. 21, p. 177 [187]: Dialecticam et apodicticam.... prue - 

cedentia docent ; in his tamen de ipoteticis syllogismis nichil aut parum 

est actitatum, Seminarium tamen datum est ab Aristotile, ut et istuc 

per industriam aliorum possit esse processus. Cum cairn tam proba- 

bilium quam necessariorum loci monstrati siili, ostensum est quid ex 

quo sequilur probabiliter aut necessario. Quod quidem ad vpoteticarum 









462 



CARLO FRANTI. 



negli Analitici avesse dinanzi agli ocelli soltanto lo scopo 

pratico dell’argomentazione, è manifesto dove fa men¬ 

zione così della pelino principii B2S ), come pure di alcuni 

altri momenti della tecnica, tra cui il procedimento della 

controprova, per il quale sceglie il termine « catasyllo- 

gismus » «»). Dagli Analitici secondi lia potuto attin¬ 

gere la conoscenza dei così detti quattro principii ari¬ 

stotelici 6 “'), e aneli egli è stato inoltre portato a entrare 

nelle questioni di teoria della conoscenza, che tuttavia 

discute assai peggio che non l’autore dello scritto De 

intellectibus (note 418 ss.), perchè a un esordio, d’into¬ 

nazione ancora abbastanza aristotelica, concernente la 

percezione sensibile, la fantasia e la opinione, fa se- 



imUcinm maxime special.... Praeterea Boetius (De syll. hypothetico 

( 1. IL, 01 . 836], p. 609) hoc prò seminio inveniendorum dicit acceptum 

quod Aristotile$ ait in Analeticis (v. sopra la nota 522): ..Idem cum 

su et non SI', non neresse est idem esse." Ergo ipse et olii (v. la Sez. XII 

nota 139) aliquatenus suppleverunt imperfectum Aristotilis in line 

. parte; seti quidem, ut michi visum est , imperjecte (sino a qual punto 


‘,‘Zn r:r oss I er ': azione sia v. Md., note 155 e imi 


[188],Sea forte ab Aristotile de industria relictus est hic lahor. co quòd 

plus difficultatis quam utilUatis videtur habere libcr illius qui dilLen- 

ttssime scnpsit. Prof ceto si hunc Aristotiles more suo exequerelur, ve- 

nsimile est tantae difficultatis fare librum ut praeter Sibillam inlelli- 

gat nomo. Nec tamen hic de ypotelicis satis arbitrar expeditum, sud- 

P ien ^ nia vero scolorimi perutilia et necessaria sunt [PI,. 199 928-01 


nota 62BW 5 ' P | 161 t 1 . 7 ?] 1 , Adicit (-inai. pr.. II, 16: v. la Sez. IV\ 

nota 628) et regulampetitwnis principii, quae speculatio tam demon- 

straton quam diabetico satis accommodata est ; licei hic probabilitale 

gaiiaeat* tue verUatem aumtaxat amplectatur fPL 199 9191 


e ) md.; p. 162 [170]: Segui tur de causa falsae conclusioni, et 

catasillogismi (cosi è anche intitolato effettivamente nella traduzione 

di Boezio, p. 516 [cap. XX „De falsa ratiocinalione. catasyllogismo 


iZlZTu l Z l '° ne ì e l e ' en rt° : PL - 64 ’ 7 ° 51 ’ 11 ri8 P««ivo capitolo 

AnaL pr II, 19. v. la Sez. IV, nota 631) et elenchi (ibid. ; nota 632) 


et de fallacia secundum opinionem (ibid. : nota 634 s.) et de conver 

sione medi! et extremerum (ibid., nota 636 s.), cuius tamen tota utili 

tas longe commodius tradi potest [PL, 199, 919], 


w ') Enthct., v. 375 ss. [PL. 199, 973]: Quatuor ista solerei laudem 

praeslare creatis : Subjectum, species, artificisque manus. Finis item 

cunclis qui nomina rebus adaptat. Arist. Anal. post., II, 11: v la’ 

Sez. IV, nota 696. Era pertanto affatto inutile che si mettesse in 

librila SS U " a COnOSCenZa ’ P" ài Giovanni, dei 









STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



463 



guito subito il concetto ciceroniano di prudenza pratica, 

al quale viene appresso la concezione platonica della ra¬ 

do i, per metter capo infine alla sapientia, intesa in senso 

teologico, come ultima meta 628 ). 


Parimente, come tratto dalla conoscenza dei Sopii. 

Elenchi, posti da Giovanni a conchiusione dell’Organon 

aristotelico, potrebbe tutt’al più essere degno di ricordo 

il termine « reluclatorius [eluctatorius : v. la nota] syllo- 

gismus » 629 ), e così pure, come ricavata dairàmbito degli 

scritti di Boezio, la menzione delle quindici specie di 

definizione (v. la Sez. XII, nota 107); e qui la lettura 

superficiale del libro di Boezio ha indotto Giovanni a 

ritenere che Cicerone abbia composto anche lui uno scritto 

De definidone 63 °). 



6as ) Melai., IV, 9, p. 165 [174]: Cum sensus secundum Aristo- 

tilem ( Anal. post., II, 19: Scz. IV, nota 51) sit naturalis potenlia 

indicativa rerum, aut omnino non est aut vix est cognitio, deficiente 

sensu.... p. 166: Aristotiles autem sensum potius vim animae asserii 

quarti corporis passioncm. 10, p. 167 [175]: Imaginatio itaque a ra¬ 

dice sensi!um per memoria’ fomitem oritur. — 11, p. 168 [177] : Primum 

enim iudicium viget in sensu.... Secundum vero imaginationis est; ut 

cum aliquid perceptorum. relenta imagine, tale vel tale asserii, de fiu- 

turo iudicans vel remoto. Hoc autem alterutrius iudicium opinio ap- 

pellalur (così in Boezio si trova tradotto il termine Só^a: v. sopra 

la nota 19; invece per existimatio v. la nota 423). — 12, p. 169: Pru- 

dentia autem pst, ut ait Cicero, virtus animae, quae in inquisitione et 

perspicientia sollertiaque veri versatur. — 13, p. 169 [178] : Inde est quod 

maiores prudentiam vel scientiam ad temporalium et sensibilium noti- 

liam retulerint : ad spiritualium vero, intellectum vel sapienliam. Nam 

de humanis scientia, de divinis sapienlia dici solet. — 16, p. 172 [181] : 

Ergo et potenlia et potentine motus ratio appellatur. Ilunc autem mo- 

tum asserii Plato in Politia vim esse deliberativam animae ctc. — 19, 

p. 175 [184]: Sapendo vero sequitur intellectum, co quod divina de 

his rebus quas ratio discutit, intellectus excerpsit, suavem habenl gu¬ 

sta ni et in amorem suum animas intelligentes accendunt [PL, 199: 

921-3, 925, 927], 


629 ) Ibid., IV, 23, p. 180 [ed. Webb, p. 189]: Sicut enim dialec- 

ticus elencho, quem nos eluctalorium dicimus sillogismum, eo quod con- 

tradiclionis est,.... utitur ctc. [PL, 199, 930]. — Cfr. Polycr., II, 27, 

p. 145 [ed. Webb, I, p. 153; PL, 199, 467], dove, sotto il nome [di 

syllogismus] „cornutus“, viene messo in opera un dilemma. 


oso) Vietai., Ili, 8, p. 141 [147]: Sumpserunt hinc (cioè da Arist., 

Top. VI) doctrinae suae primardio Marius Victorinus et Boelius cum 

Cicerone, qui singuli libros dififinitionum cdiderunt. Illi quidem difi- 








464 



CARLO PRANTL 



[§ 40. — Alano da Lilla], — Mostra qualche affi¬ 

nità con Giovanni da Salisbury, nei riguardi della onto¬ 

logia teologica. Alano da Lilla [ab Insulis], scrit¬ 

tore tanto scipito quanto affettato (morto intorno al 1200 

[circa nel 1203]), a entrambi servendo da comune punto 

di partenza, circa tali questioni, la concezione di Gilbert 

de la Porrée. Alano tuttavia non ba trovato che valesse 

la pena di prender in considerazione, neanche a quella 

maniera che ci si fa manifesta in Gilberto o magari an¬ 

che in Giovanni, il valore di questa ontologia dal punto 

di vista della logica, dovendo, in ordine a quella, rima¬ 

nere riservato ai teologi il compito di giudicare o apprez¬ 

zare: bensì ba assunto, nell’ampolloso suo poema « A/i- 

ticlaiidianus », rispetto alla logica, il punto di vista della 

dottrina scolastica piu volgarmente ordinaria, che an- 

cb egli ha in buon conto, solamente come mezzo di ar¬ 

gomentazione per la battaglia contro gli eretici 631 ). Fa¬ 

cendo comparire, analogamente a Marciano Capella, le 

sette arti quali figure simboliche, egli, dopo che per pri¬ 

ma è stata introdotta la grammatica, rappresenta, in 

secondo luogo, la logica come una vergine estremamente 

industriosa e solerte, nel cui volto scolorito si scorgono 

solamente pelle e ossa, sicché vi si riconoscono le con¬ 

seguenze delle veglie trascorse nell’applicazione allo stu¬ 

dio 63 -); enumera poi i suoi doni, ch’essa reca con sé 


finicndi nomen usque ad quindecim species dilataverunl, describcndi 

modns dijfinitionis vocabulo subponentes ; hiiic vero de substanliali prae- 

cipue cura est fPL, 199, 906] (v. la fonte di questo errore alla Sez. XII. 

note 103 c 106). 


' 1 ) Anticlaud ., V II, 6 (Alani Opp., ed. C. de Visch, Anversa 1654, 

fol., p. 394 [PL, 210, 554]): Succedit Logicae virlus arguta,... Haec 

docet argutum JMartem ralionis mire , Adversae parti concludere , fran¬ 

gere vires Oppositas , parlenupie su ani ratione Uteri : Eestigare fugarti 

veri, falsumque fugare , Schismaticos logicce , falsosque retundere fratres. 

Et pseudologicos et denudare sophislas [testo cit. secondo la ediz 

Wright, 11, p. 391: Dist. VII, eap. VI, 1 ss.]. 


6 ‘-) Ibid., III, 1, p. 345 [PL, 210, 509]: Latius inquirens, sollers, 

studiosa , laborans. Virgo secando starlet, intrat penetralia mentis, Sol- 

licitatque manum, mentem manus excitat , urget Ingenium.... Et decor 







STORIA DELLA LOGICA IN OCCIDENTE 



465 



nella battaglia per la verità, e tra essi precisamente no¬ 

mina anzitutto la topica, con le sue maximae proposi- 

tiones, a questa intrecciando la sillogistica, come pure 

la induzione e Vexemplum: seguono poi la definizione, 

con inclusa la descrizione (cfr. la Sez. XII, nota 9), e 

la divisione del genere nelle specie, come pure del lutto 

nelle parti, e inoltre il ricostituirsi della connessione tra 

i membri così differenziati: tutte funzioni, queste, con 

le quali la logica agisce quale strumento o chiave della 

verità, come pure quale arma per tutte le altre arti 633 ). 

Finalmente Alano, enumerando gli scrittori di logica, 

esalta Porfirio come un secondo Edipo, critica Aristo¬ 

tele, per la confusione di parole che ha introdotta, onde 

la logica è stata novamente oscurata e velata : ma dopo 

di lui è venuto Boezio a riportare nel tutto, luce e or¬ 

dine 634 ). 


e t species afilasset virginia arlus, Sicul praesignis membrorum disseril 

orda. Ni facies quadam macie, respersa iacerel. Vallai eam macies, 

macie vallata profunde Su lisi del. et nudis culis ossibus arida nubit. 

Ilaec habitu . gesta, macie, pallore, figurai Insomnes animi motus, vi- 

gilemque Minervam Praedicat, et secum vigiles vigilasse lucernas [p. 310 : 

Dist. Ili, cap. I, 1 ss.]. 


633 ) Ibid., p. 345 f. [PL, 210, 509-10]: Monslrat elenchorum pugnas, 

logicaeque duellum : Qualiter ancipiti gladii mucrone coruscans Vis lo- 

gicae veri facie tunicata recidit Falsa, negane falsum veri latitare sub 

umbra.... Quid locus in logica dicalur quidve localis Congruitas, quid 

causa loci, quid maxima, quid sitVis argumenli, mattana a fonte locali, 

C.ur argumentum firmeI locus, armet elenchum Maxima, quae vires 

proprias largitur elencho.... Cur ligel extremos medius mediator eorum 

Terminus, et firmo confibulel omnia nexu...., Qualiter usurpans vires 

et robur elenchi Singula percurrit inductio, colligit omne.... Qualiter 

excmplum de se paril.... Quomodo diffinit, parlitur, colligit, unii Sin¬ 

gula, quaegremio complectitur illa capaci. Quomodo res pingens descriptio 

claudit easdem, Nec sinit in varios descriptio currere vultus. Quid 

genus in species divisum separai, aut quid Dividit in partes totum, 

rursusque renodal, Quae sunt sparsa prius, divisaque cogil in unum. 

Qualiter urs logicae tanquam via, janua, clavis, Ostendil, reserat, aperii 

secreta sophiae. Qualiter arma gerii, et in omni militai arte.... [p. 311: 

c. s.. 34 ss.]. 


B34 ) Ibid., p. 347 [PL, 210, 511]: Auctores logicae, quos donai 

fama perenni Vita,... recole.ns defu nctos suscitai orbi. [Illic Porphyrius 

directo tramite pontem Dirigit, et monstrat callem quo lector abyssum 

latrai Aristotilis, penetrane penetralia libri.] Illic Porphyrius arcana 


30. — 0. Phantl, Storia della lojjica in Occidente, II. 












466 



CARLO PRANTL 



[§ 41. — Passaggio alla letteratura del se¬ 

colo XIII 0 ]. Eccoci giunti così al limite del XII 0 e del 

XIII° secolo, limite caratterizzato anche dal fatto, che 

proprio in quel momento da varie parti è stato recato al¬ 

l’Occidente latino materiale nuovo : la considerazione di 

questo deve formare l'oggetto delle due prossime Sezioni, 

perchè sia poi possibile distesamente illustrare i vasti ef¬ 

fetti di questo materiale nuovo che ha da sopraggiungere. 

Per quanto si attiene al progresso della storia della ci¬ 

viltà, è un fatto che la nostra ricerca, sino al punto a 

cui Pabbiamo condotta, non ci ha davvero presentato 

punti di vista, i quali ci dian motivo a rallegrarci. Ci 

siamo sì fatti passare dinanzi multa, ma certamente non 

multum. Anzi, persino la conoscenza che un poco per 

volta si ridesta, delle principali opere aristoteliche, non 

è stata feconda di frutti che meritino di essere ricordati: 

e al posto di un modo veramente filosofico d’ intendere 

la logica, quale avrebbe potuto essere determinato dallo 

studio di Aristotele, sembrò infine volersi ancora far va¬ 

lere, più che mai di gusto, P impulso alla retorica 

pratica. E anche le Sezioni che seguiranno più tardi, 

ci faranno, pure in un’epoca in cui uno spirito nuovo 

spezza le catene della tradizione e dell’autorità esteriore, 

assistere, nel campo della logica, solamente a una ripe¬ 

tizione intensificata di questo giuoco della storia, onde 

la logica, frammezzo a molte diverse concezioni, con¬ 

tinua sempre a esser di nuovo cacciata via da una base 

intimamente filosofica. 



resolvit, ut alter Aedipodes nostri solvens aenigmata sphingos, Verborum 

turbator adest, et turbine multos Turbai Aristotiles noster gaudelque In¬ 

tere. Sic logica tractat, ut non tractasse videtur ; Non quod oberret in 

hoc, scd quod velamine verbi Omnia sic velai, Quod vix labor ista re- 

velet.... In lucem tenebrosa rejert, nova ducit in usum, Exusalque 1 ra¬ 

po s, in normam schema reducit, Exerit ambiguum Severinus ; quo duce 

linquens Natalem linguam nostri, peregrinai in usum Sermonis logi¬ 

car virlus, ditatque Latinum [c. s., 107 ss.]. 





ELENCO DEI NOMI 

E DELLE COSE PIO NOTEVOLI (i) 



Abbonc da Orléans, 93. 

Abelardo, 294 ss. 

abslraclio, 380, 446. 

Adalberone, 104. 


Adamo dal Pelit-Pont, 188. 383 

ss. 


Adelardo da Balli, 258 ss. 

udjticcnler, 239. 

adjacenlia, 329. 

aequi pollentia, 360. 


Alano da Lilla, 464 s. 


Alberico, 414. 


Alberico da Monle Cassino, HO 

Alruino, 29 ss. 


Anonimo, De gener. et specieb., 

263 ss. 


— De intellectibus, 373 ss. 


— De interprete 371 ss. 


De unii, et uno, 413. 


San gali. De p<irt. loicae. Ili. 

SangaU. De syllog., 115 ss. 


— sec. IX, 78 ss. 


— sec. XI, 107 ss. 


Anselmo d’Aosta, 152 ss. 


Anseimo il Peripatetico, 127. 

Anlepraedicamenta, 139 [n.], 312. 

antiqui, 415. 


antiqui e moderni, 213. 


Aristotele (nuove traduzioni di) 

190 ss. 


Arnolfo da Laon, 141. 


Asino (Prova dell’), 381. 


Bartolomeo, 417. 


Berengario, 132 ss. 



( l ) Questo Elenco è mantenuto ei 

eli'erano stati segnati dai Franti (N. 



Bernardo da Chartres, 229 ss. 

Bernardo da Chiaravalle, 202. 

Bernhard da Hildesbeim, 93. 

Borgognone da Pisa, 191. 


calasyllogismus, 462. 


Categorie, 279, 344, 403. 

colligere, 266 ss., 398. 

concepito, 372. 

conceptus communes, 50. 

conformilas, 399, 450. 

consimilitudo, 331. 

contingens c possibile, 360. 

copida, 358. 


Cornifieio, 418 ss. 


Costantino Cartaginese, 233 s. 

[note], 


Damiani, 123. 


Davide da Hirsebau, 406. 

Definizione, 247 ss., 350. 

Differenza, v. Porfirio. 


Diritto (Scienza del), v. Giuri¬ 

sprudenza. 

dividenlia, 359. 

dividuum, 402. 


Drogone da Troyes, 193. 


eloquentiu, 425 ss. 

eloquentia peripatetica, 307. 

Erico da Auxerre, 72 s. 


forma subslantialis, 394. 

formae nativae, 397. 


Formularii, 130 s. 



ìtro gli stessi limiti, molto ristretti 

(I. J'.), 









468 



ELENCO DEI NOMI E DELLE COSE 



Francone da Liegi, 122. 

Fredegiso, 35 ss. 


Fulberto da Charlrcs, 106. 


Gannendo, 226. 


Caunilone, 165. 


Gauslenus da Soissons, 262. 

Genere (Concetto di), v. Uni¬ 

versali. 


Gerberto, 96 ss. 


Giacomo da Venezia, 179. 

Gilbert de la Porrée, 391 ss. 

Giovanili da Gorze, 89. 

Giovanni da Saiisbury, 420 ss. 

Giovanni Scoto Eriugena, 40 ss. 

Giovanni Serio, 416. 


Giselberto da Reims, 96. 

Giudizio, 270, 283, 334, 356. 

Giurisprudenza, 124. 


Gualtiero Mapes, v. Mapes. 

Gualtiero da Mortagne, 253 s. 

Gualtiero da S. Vittore, 401 

[nota]. 


Gualtiero da Spira, 94. 

Guglielmo da Champeaux, 236 


ss. 


Guglielmo da Conches, 232 ss. 

Guglielmo da llirscliau, 233 

[nota]. 


Gunzone Italo, 90 ss. 


Uraliano Mauro, 37 ss. 


identitas, 400. 


Jepa (?), 75 ss. 

indifferentia, 437. 


Indifferenza (Dottrina della), 

254 ss. 


individualiter, 241. 

inesse, 347. 

informare, 239. 


Intellettualismo, 373. 

inlelleclus, 334 ss. 

intellcclus conceptus, 334. 

intellectus coniungens e divi- 

dens, 377 s., 446. 


Josccllinus da Soissons, v. Gaus- 

lcnus. 


Irnerio, 130. 


Isidoro da Siviglia, 22 ss. 

Lanfranco, 133 ss. 



Logica, vecchia e nuova, v. an¬ 

tiqui c moderni. 


maneries, 228 s. 


Manerius, 4117. 


Mapes, 416. 


malerialite.r imposila, 286. 

materialum, 267, 326. 

modulis, 288. 

moderni, 151, 356, 434. 

moderni e antiqui, v. antiqui 

e moderni, 

monstra, 451. 


Nominalismo, 224. 


Nominalismo e realismo, 18, 65, 


216 ss. 


nominaliter, 57. 

notio, 451. 


Notker Labeone, 110 ss. 


Oddone do Candirai, 151. 

Onorio da Autun, 174. 


Otloli da Ratisbona, 122. 


Ottone da Cluny, 81. 


Ottone da Freising, 190, 411. 


Papia, 125. 


Parte (Concetto di), 250, 352. 

perihermeniae, 25. 


Pietro Lomburdo, 201. 


Pietro da Poitiers, 389. 

Plutonici, 229 ss. 


Poppone, 88. 


Porfirio (Isagoge di), 16, 214 


ss. 


possibile e conlingens, v. con- 

tingens e possibile, 

l’ostpraedicamenta, 309. 

praedicamentalis, 437. 

praedicari, 332 ss. 

praedicari in quid, 271 [nota]. 

proprium, v. Universali. 

Pscudo-Abclardo, 373 ss. 

Pseudo-Boczio, De Trin., 39 s., 

197 ss. 


Pseudo-Boezio, De unii, et uno, 

413. 


Pseudo-Erico, 73 «s. 

Pseudo-Hrabano, 65 ss. 


Rainibcrto da Lilla, 150 s. 





ELENCO DEI NOMI E DELLE COSE 



469 



rntionale, 28, 99. 


Realismo, 248 ss. 


Realismo e nominalismo, v. No¬ 

minalismo e realismo. 

Reginaldo, 416. 


Reinhard da Wiirzburg, 88 s. 

Remigio da Auxerre, 80. 

res de re non praedicalur, 320, 

454. 


Rhahano Mauro, v. Hrahano. 

Roberto Amiclas, 417. 


Roberto da Melun, 390. 


Roberto da Parigi, 141. 

Roberto Pulleyn, 388. 


Roscelino, 141 ss., 224 s. 


Salomone (Glossario di) 86. 


S. Gallo, 84 ss., 110 ss. 


Scoto Eriugcna, v. Giovanni 

S. E. 


Sensismo, 224. 

aerino, 120, 318 ss., 427. 

sermocinalis, 205. 


Sertoriu9, 416. 

sex principia, 404 ss. 

significatimi, 22jj. 


Sillogismi' (Teoria dei) 290, 

362, 460. 


Sillogismi ipotetici, 368. 



Silvestro li, v. Gerberto. 

Simeone, 4. 

speries, v. Universali. 

status, 252 ss. 

sumplum, 338. 


syllogismi imperfccti, 362 [n.]. 

syncalegoreumata, 273, 349, 460. 


Tendenze contrastanti, 215 ss. 

Teologia, 131 ss., 196. 


Topica, 291, 364 ss. 


Ugo di S. Vittore, 203 ss. 

Ugucrione, 229. 


universale intelligitur, singultire 

sentitur, 54, 333. 


Universali (Disputa intorno 

agli), v. Tendenze contrastanti. 

Universali in re, 449. 


vcrbaliter, v. nominaliter. 

vocalis, 59. 


voce» signativae, 109. 

vocis flatus, 144. 

vocum impositìo, 303, 332. 

Volfango da Ratisbona, 93. 


Williram da Soissons, 415. 












Finito di stampare, in 1500 

esemplari numerati, nella 

Tipografia Fratelli Stianti 

in Sancasclano Fai di Pesa 

addì 31 agosto 1937-XV. 


910 



Esemplare N. 






" IL PENSIERO STORICO „ 


SOTTO GLI AUSPICI DELL’ENTE NAZIONALE DI CULTURA