Tuesday, August 9, 2011

I Palazzi di Genova

Luigi Speranza

Nell'estate del 1607 il Duca Vincenzo si recò quindi a Genova per i bagni di mare, Rubens fu al suo seguito, ed ebbe l'occasione per ancor meglio apprezzare quelle ville e quei palazzi che aveva già avuto modo di osservare, e che gli si combinarono in quell'occasione nella mente in una sorta di gemellaggio ideale con la patria e con il gusto maturo di collezionista, il quale lo orienta a farne una raccolta omogenea di rilievi.

Nell'introduzione del libro, "I palazzi di Genova", ("Palazzi Genovesi") pubblicato nel 1622, Rubens dichiarò

"di fare un'opera meritoria
verso il ben publico di tutte le
Provincie Oltramontane".

Rubens fa un bel discorso per convincere i suoi corregionali che i parametri della cultura abitativa nordica - buon gusto e comodità - non si scontravano affatto con la cultura neo-renascimentale italiana.

Il libro dei palazzi genovesi ha come destinatario Don

Carlo Grimaldi,

uomo di lettere e di scienze, nipote di

Gio. Battista Grimaldi,

il fondatore del

Palazzo della Meridiana

e della Fortezza.

Rubens pubblicò la prima volta il volume a sue spese, i palazzi furono rappresentati con le lettere dell'alfabeto

dalla A alla K

e solo due con meno tavole hanno l'indicazione dei proprietari

--

Palazzo Tursi

e

Palazzo Pallavicino Cambiaso.

Per la SECONDA edizione fu scelto il criterio di pubblicare tutti gli altri palazzi in una successione numerica che non privilegia nè la supposta datazione storica, nè comuni caratteri stilistici, ma riporta il nome dei proprietari contemporanei.

Si pensa che questa seconda edizione sia databile 1626.

A questa seconda edizione si associa una lettera, scritta da Rubens a Pieter Van Veen di Anversa, in cui lo stesso Rubens giustifica la decisione di sceglire l'anonimato per indicare i palazzi

"Non habbiamo posto i nomi delli
padroni, perchè ogni cosa in
questo mondo permutat dominos,
e transit in altera iura."

"Si
come alcuni di questi palazzi si sono
già alienati d'alli primi loro possessori...
Ho posti li numeri et misure di
ciascuno membro, non per tutto,
ma doue si hanno potuto auere."

"Li
quali quando tal volta non corrispondessero, così a punto alli misure del Sesto, bisognerà in ciò usar della discrezione, e scuzar il disegnatore et intagliatore, per essere le figure alquanto minute."

"Sarà ben ancora d'auertire, che le quattro Reggioni non sono poste d'ordine consueto, girando di

Riviera di Levante

verso

Riviera di Ponente,

ansi al rovescio, derivando questo componente dalla stampa".

Il libro ebbe varie vicissitudini, tanto che oggi risultano esservi addirittura due "prime edizioni", la cui storia risulta ancora controversa.

Nella prefazione di quest'opera non vi è detto che vi fosse altro materiale, o più semplicemente che Rubens stesso volesse ampliare l'opera.

Senza alcun preavviso il seguito fu pubblicato riunito in una seconda serie di 67 tavole.

La variante più evidente, in rapporto alla prima serie, è che

ogni palazzo risulta
contrassegnato dal nome
del proprietario

e, a uso appendice, contraddicendo il titolo

"Palazzi di Genova",

sono aggiunte le tavole delle quattro maggiori chiese di Genova: Santa Maria di Carignano, San Siro, Sant'Ambrogio, Santissima Trinità del Vastato.

Il Meursio, nell'edizione del 1652 -la prima dopo la morte del poeta - sistemò le tavole sotto due frontespizi distinti

"Palazzi antichi"

per la prima parte e

"Palazzi moderni"

per la seconda.

Dei

12

dodici palazzi della prima parte,

6

sei appartengono a

"Strada Nuova"

e uno

- Palazzo Pallavicino - alla contigua piazza Fontane Marose.

I restanti

5

cinque sono _ville_ tra le più rilevanti e famose dei dintorni della città.

Due a Sampierdarena --

la villa detta "Fortezza", appartenuta a Grimaldi.

L'altra degli Spinola - una in Albaro -

villa Cambiaso - e due nei sobborghi orientali - la

villa detta "delle Peschiere" e l'altra di proprietà dei Sauli, poi passata ai Grimaldi.

La seconda parte del libro si trovano i

5

cinque palazzi di Strada Nuova
che erano stati esclusi dal primo gruppo, integrando l'immagine della strada estendendola fino al palazzo detto "della Meridiana"

Mario Labò scrive:

Come si sia procurato, Rubens, il
materiale per il libro, come
abbia raccolto tutti questi
disegni, è stato finora un mistero.

Dentro certi limiti, nella sua prefazione,
egli avvia ad una risposta dichiarando
di avere raccolti i disegni 'in Genova
con qualche fatica e spesa et alcun buon riscontro di potersi prevalere in parte delle altrui fatiche'.

Andrebbe inteso che qualcosa disegnò, qualche cosa fece disegnare, ed inoltre poté servirsi di disegni già pronti.

Egli venne in Italia con Deodatvan der Mont, di quattro anni più giovane di lui, suo allievo in pittura, ed abile nel disegno architettonico.

I disegni sono poveri, di grafia arida, ma di stile sicuro.

Molti disegni portano istruzioni, suggerimenti che l'incisore utilizzò, accentuando con abili punteggiature e tratteggi il chiaroscuro, e la diversità dei materiali.

Nelle diciture abbondano le forme dialettali genovesi.

Evidentemente, mentre era a Genova, egli scelse i palazzi, assoldò i disegnatori, e diede loro gli ordini perchè potessero mandargli i disegni in Fiandra


Palazzi di Genova,
Pietro Paolo Rubens - Tormena ed.2001

"Vita privata di Rubens" Simonetta Nuvolari Duodo Valenziano - De Ferrari ed.2004

"Rubens" Didier bodart - Art dossier - Giunti

"Il barocco" -La storia dell'arte - La biblioteca di Repubblica - Electa ed.

"Viaggio in Italia. Un corteo magico dal Cinquecento al Novecento." Giuseppe Marcenaro e Paolo Boragina - Electa ed. 2001

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