Sunday, February 26, 2012

Ernani; o, l'onore castigliano

Speranza

Il termine "onore" è usato ad indicare un

sentimento

che comprende

-- la reputazione
-- l'auto-percezione o
-- l'identità morale

di un individuo o di un gruppo.

In generale, poste di comune condivisione talune regole comportamentali nell'ambiente di riferimento, l'
"onore" corrisponde al diritto di rispetto da parte degli altri come conseguenza premiale del contemporaneo dovere di rispetto degli altri.

Nel concetto di "rispetto" sono da includersi anche regole che impongono l'obbligatorietà del sacrificio in presenza di determinate situazioni di difficoltà proprie od altrui.

In alcune culture il concetto originario d'"onore" si è ridotto a vera pretesa di "rispetto", ad esigenza di rispettabilità.

In passato, l'"onore" figurava abbondantemente come un principio guida della società, in tutti i suoi strati ad eccezione del più basso, funzionando come parte fondante del "codice d'onore" per un gentiluomo e trovando talvolta un'espressione concreta nella pratica del duello.

L'onore di un uomo, quello di sua moglie, quello della sua famiglia (di sangue) o quello della sua amata costituivano una questione importante in ogni sfaccettatura.

L'archetipo dell'"uomo d'onore" -- nel suo significato originario -- restava sempre in guardia contro insulti, effettivi o solo sospettati.

In entrambi i casi avrebbe impugnato il suo onore.

Il concetto di onore sembra aver perso di importanza nel moderno occidente secolare.

Gli stereotipi popolari vogliono che esso sopravviva in culture mediterranee dal presunto "sangue caldo" (italiani, spagnoli, arabi ...) o in società più da "gentiluomini" (come il "Vecchio Sud" degli Stati Uniti: Dixie).

Le società feudali, o altre società agrarie, focalizzate sull'uso e la proprietà della terra, possono tendere ad onorare l'"onore", più di quanto facciano le società industriali prive di radici.

Oltre alle radici sono spesso situazioni di relativa chiusura degli ambienti di riferimento (di ridotte proporzioni, tipicamente, nel caso delle società rurali) a rendere l'"onore" un valore accessorio della vita nella comunità, essendo più intensa, più longeva e più frequente la relazione sociale fra gli stessi appartenenti al gruppo.

Tracce dell'importanza connessa all'"onore" sopravvivono nell'ambiente militare, e in organizzazioni che ne riecheggiano lo stile, come ad esempio gli Scout.

Il concetto di "onore", nel caso delle donne, è storicamente spesso legato alla sessualità.

La conservazione dell'onore presso le culture mediterranee corrispondeva principalmente alla conservazione della verginità, o quanto meno al mantenimento di una monogamia esclusiva.

La violazione dell'onore di una giovinetta non maritata - in pratica la sua deflorazione non autorizzata da pubblico vincolo matrimoniale - richiedeva riparazione.

Se l'offensore non avesse voluto o potuto (ad esempio perché già sposato) addivenire a un matrimonio riparatore, lo si sarebbe punito con forme di ritorsione violenta, sino all'uccisione, da parte dei titolari dell'onore della sventurata (in genere i familiari maschi).

È possibile speculare sul fatto che il femminismo possa aver cambiato qualche utilizzo linguistico in questo senso.

Altrettanto, la lezione sui valori sociali di Pirandello induce a non escludere la prevalenza di un aspetto di pura apparenza, di mera esteriore evidenza nella gestione di tale valore.

In molti paesi il termine "onore" può essere riferito ad un premio o ad altro riconoscimento conferito dallo stato o comunque da un ente di natura istituzionale.

Questi onori includono le medaglie militari, ma più spesso si tratta di premi civili, come l'OBE britannico, il titolo di cavaliere o di membro della legione d'onore francese.

Il termine italiano

"onorificenza",

in realtà indicante l'atto del rendere pubblico onore, ne è divenuto forse per ragioni di "burocratese" un improprio surrogato linguistico (non un sinonimo, poiché il derivato non può mai equivalere alla radice).

Un particolare tipo di riconoscimento si conferisce in ambito militare per rendere ossequio al valore dell'avversario sconfitto, con il noto rito dell'onore delle armi.

Anche nell'ambiente accademico, sin dai tempi più remoti, il raggiungimento di traguardi di studio è sempre stato premiato con il conferimento di un onore.

Per questo, la conclusione di un insieme di studi segnava la fine di un percorso, di un cursus (da cui l'odierno "corso di studi") punteggiato di vari onori (nei quali i moderni sogliono rivedere gli esami universitari) al termine del quale si ornava il capo del discente con il lauro (dal quale la laurea) celebrativo.

Nel mondo latino, ciò accadeva in perfetta analogia con la carriera militare, per la quale anche valgono più o meno le medesime note.

Stante la comune valenza di norma comportamentale da applicarsi nell'ambito sociale di riferimento, è ben possibile confrontare le culture dell'onore con le culture della legge.

L'onore è in alcune legislazioni un valore sociale di cui si possa e si debba tener conto anche a fini giuridici, e specialmente se ne parla in ambito penale.

La ragione si insinua nella considerazione della motivazione delle azioni umane, che in date culture possono tener profondamente ed anche tragicamente conto di esiti estremi della pressione esercitata dalla reputazione sociale.

Questa muove le decisioni dell'individuo talvolta ben oltre le norme codificate ordinamentali, ma pur sempre occorrerà valutare - almeno in diritto latino - della qualità dell'

"animus nocendi".

Si veda per questo la voce sul delitto d'onore.

In antropologia diversi studiosi, specialmente di scuola nordamericana o comunque anglosassone, non fanno alcuna differenza fra l'onore e la prevaricazione.

L'assimilazione concettuale nasce dall'osservazione precipua del presunto onore mafioso e non contempla affatto la storia europea-continentale del concetto, né le sfumature di significato comuni invece alle lingue neolatine fra le varie accezioni e dunque fra i diversi utilizzi dello stesso termine.

Cosicché, in tali ambienti di studio, l'onore socialmente accettabile, ed anzi meritorio, scompare senza lasciare traccia dinanzi al deviato "onore" delle consorterie criminali.

Quanto di seguito riportato richiede pertanto di aver cauta considerazione di tale diverso approccio analitico.

Secondo queste ora dette teorizzazioni, culture dell'onore compaiono tipicamente tra le genti nomadi e tra quelle dedite alla pastorizia, che portano con sé le loro proprietà più preziose e rischiano di vedersele sottratte, senza poter fare ricorso all'applicazione della legge o al governo.

In questa situazione, sempre secondo questi (e con l'autorevole avallo a latere del Machiavelli), ispirare timore costituisce una strategia migliore del promuovere l'amicizia e coltivare una reputazione di vendetta rapida e sproporzionata aumenta la sicurezza della persona e della proprietà.

Pensatori che vanno da Montesquieu a Steven Pinker hanno commentato l'attitudine mentale necessaria per una cultura dell'onore.

Culture dell'onore appaiono tra i Beduini, le comunità di pastori, e molte popolazioni simili, che - si sostiene da taluni - avrebbero poca fedeltà ad un governo nazionale, tra cowboy, uomini di frontiera e rancheros del West americano, dove le forze dell'ordine spesso rimanevano fuori portata (come viene notoriamente celebrato nei film western) e tra gli aristocratici, che godevano di privilegi ereditari che li ponevano oltre la legge comune.

Deviazioni delle antiche culture dell'onore si ritrovano anche nel mondo della criminalità e delle gang, dove ad esempio chi traffica in droga, denaro sporco, o merci di contrabbando, non può rivolgersi alla giustizia ordinaria se subisce un furto. L'incoraggiamento delle violente culture dell'onore appare ad alcuni come uno degli svantaggi della legislazione, che crea crimini senza vittime.

Una volta che una siffatta cultura dell'onore - o meglio, dell'onore mafioso - esista, sarà difficile per i suoi membri cambiarla per un cultura della legge; questo richiederebbe che le persone diventino volenterose a rinunciare e rifiutare di reagire immediatamente, e dal punto di vista della cultura dell'onore, questo appare come una debolezza ed un'imprudenza.

Nelle relazioni internazionali contemporanee, il concetto di credibilità assomiglia a quello dell'onore: quando la credibilità di uno stato o di una alleanza appare indebolita, politici moralmente obbligati possono invocare misure drastiche.

Comparare i concetti di lealtà, apparenza nelle culture orientali stereotipate, o di legame nella società polinesiana.

Per un concetto simile con molte connotazioni opposte all'onore, guardare la voce disonore.

Nella Inghilterra medioevale, un onore (honour) consisteva nella signoria di una grande proprietà, comprendente dozzine o centinaia di ville (manors, "manieri") ossia fattorie.

I proprietari degli onori (e i re cui questi tornavano per incameramento, per morte in assenza di eredi o fellonia) spesso tentarono di preservare l'integrità di un onore nel tempo, amministrando le sue proprietà come un unico complesso, mantenendo integre le eredità, ecc.

Il tipico onore comprendeva proprietà sparse su diverse contee, inframmezzate con proprietà di altri.

Usualmente, comunque, era presente da qualche parte un gruppo più concentrato, dove si trovava il capo (caput) dell'onore, con un castello che dava il suo nome all'onore e serviva come centro amministrativo.

Una proprietà (lordship) poteva avere qualunque dimensione, da un campo o due fino a vasti territori su tutta l'Inghilterra. Invece con onore si indicava una grande proprietà, distinguendola da una piccola. Il termine ha significato soprattutto nel XI e nel XII secolo, prima dello sviluppo della gerarchia nobiliare.

Gli onori terrieri nell'Inghilterra medioevale comprendevano:

l'onore di Huntingdon
Voci correlate [modifica]Duello
Cavalleria
Bushidō
L'onore nella letteratura e nella cultura [modifica]Pietro Germi, Sedotta e abbandonata, 1964, stralcio da Youtube
Altri progetti [modifica] Wikimedia Commons contiene file multimediali sull' onore
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