Speranza
Nella mitologia norrena e germanica, Sigfrido (in norreno Sigurðr, conosciuto anche come Sigurd o Sigfried) è un eroe epico della letteratura nordica. Le sue gesta sono raccontate da numerose tradizioni, incluse la Saga del Nibelungo, la Saga dei Völsungar e il poema epico Nibelungenlied. Da queste tradizioni sono state tratte opere moderne come L'Anello del Nibelungo di Richard Wagner.
Nella Saga dei Nibelunghi, Sigfrido è il figlio postumo di Sigmundr e della sua seconda moglie Hjördís. Si narra che Sigmundr morì nella battaglia contro il padre degli dèi Odino, che gli frantumò la spada. Morendo, Sigmundr preannunciò alla consorte che avrebbero avuto un figlio, al quale lasciò i frammenti della sua spada.
Hjördís, in seguito, sposò Re Álfr, e mandò il piccolo Sigfrido da Reginn affinché lo accogliesse come figlio adottivo. Quest'ultimo tentò di deviare il giovane all'ingordigia e alla violenza, indagando se Sigfrido avesse il controllo del tesoro del defunto padre. Quando Sigfrido rivelò che il suo patrigno e la sua famiglia erano in possesso delle ricchezze lasciate dal padre, aggiunse anche che loro avrebbero dato al giovane qualunque cosa avesse desiderato. Reginn allora chiese al giovane come mai egli non avesse una posizione altolocata in palazzo, e il giovane rispose prontamente che, nonostante le apparenze, era in realtà trattato come un re. Stupito da questa risposta, il maligno Reginn replicò chiedendogli come mai si fingesse lo stalliere del re, senza avere nemmeno un cavallo per sé.
Il giovane, tratto in contropiede, andò subito a procurarsi un cavallo e sul cammino incontrò un vecchio (sotto le cui spoglie si celava Odino), il quale diede un consiglio su quale destriero fosse il migliore, e la scelta ricadde su Grani, che in realtà era diretto discendente di Sleipnir, il cavallo dello stesso Odino. Reginn, infine, cercò di tentare Sigfrido raccontandogli una storia misteriosa su dell'oro, posseduto da una lontra.
La famiglia di Reginn era composta da Hreiðmarr, il padre, e i due fratelli, Fàfnir e Ótr. Mentre Reginn era un bravo fabbro, Ótr era un capace nuotatore. Quest'ultimo era solito andare a nuotare ad Andvarafors, le cascate dove viveva il nano Andvari. Questo, era solito trasformarsi in un luccio e nuotava tranquillo; un giorno Odino, Loki e Hœnir erano nei pressi della cascata e Loki vide Ótr con un pesce sulla riva e, credendo che fosse una lontra, lo uccise.
In seguito, gli dèi, si recarono alla vicina casa di Hreiðmarr per mostrargli la loro preda e non appena il padrone di casa scoprì l'accaduto, li imprigionò. Gli dèi per riscattarsi, dovettero pagare un guidrigildo e infatti si recarono dalla dea Rán, per prendere in prestito la sua rete da pesca, con la quale intrappolarono il nano. Per riottenere la libertà, questo dovette consegnare agli dèi tutte le sue ricchezze, ma voleva tenere con sé l'anello Andvaranautr (che aveva la magica proprietà di generare oro). Gli dèi insistettero e il nano dovette consegnare anche questa sua ultima ricchezza, solamente dopo avervi scagliato sopra una pesante maledizione.
Quindi, gli dèi riuscirono a riscattarsi, perché il dazio che dovevano pagare a Hreiðmarr era quello di riempire la pelle della Lontra con dell'oro, tuttavia il padrone di casa si accorse di un piccolo lembo di pelle ancora scoperto e obbligò gli dèi a consegnare l'anello.
La maledizione scagliata da Andvari non tardò a manifestarsi, infatti Fáfnir uccise il padre e cacciò di casa il fratello, tenendo per sé tutto l'oro.
Sigfrido accettò di uccidere Fáfnir, che nel frattempo era diventato un drago fuori controllo. Sigfrido chiese a colui che l'aveva cresciuto di fabbricargli una spada, e, non appena l'ottenne, la provò immediatamente colpendo l'incudine, ma l'arma si frantumò in mille pezzi. Così Reginn gliene fece un'altra, ma anche questa si ruppe all'urto con l'incudine. Infine Sigfrido chiese allo zio di fabbricargli una spada partendo dai frammenti di quella del padre Sigmundr, e così la spada che venne forgiata fu Gramr, che, sottoposta alla prova dell'incudine, la tagliò a metà.
Per uccidere il drago, Reginn gli consigliò di scavare una fossa, mettervisi dentro, e aspettare che il mostro si collocasse sopra, per poi trafiggerlo. Un vecchio, sotto le cui spoglie si celava Odino, consigliò al giovane di scavare molte buche per far defluire il sangue e farci il bagno dopo aver ucciso il Fáfnir; infatti immergersi nel suo sangue avrebbe conferito al giovane il dono dell'invulnerabilità.
Così il giovane seguì scrupolosamente il piano congegnato e uccise il drago e si immerse completamente nel sangue, ma una parte del suo corpo, la spalla, rimase intatta perché una foglia di tiglio si era posata su di essa. In seguito, il giovane assaggiando il sangue del drago, acquisì anche la capacità di comprendere il linguaggio degli uccelli. Questi, gli consigliarono di uccidere Reginn, perché stava tramando alle sue spalle. Così Sigfrido decapitò Reginn, arrostì il cuore di Fáfnir e ne mangiò una parte, e questo gli diede la capacità della profezia.
È da collocarsi dopo l'uccisione di Fáfnir, l'incontro fra Sigfrido e Brunilde, una valchiria: Sigfrido la sconfisse in combattimento e salvò la vita alla bella fanciulla; i due si innamorarono, ma una profezia vuole che la donna si debba sposare ad un altro.
Sigfrido andò alla corte di Heimar, che era sposato con Bekkhild, sorella di Brunilde, e poi alla corte di Gunther, dove andò a vivere. Gunther aveva una sorella molto bella di nome Crimilde. Hagen, cortigiano di Gunther, fece bere a Sigfrido una pozione che gli fece dimenticare Brunilde e che lo indusse poi a chiedere in sposa Crimilde; Gunther avrebbe accettato solo se in cambio Sigfrido l'avesse aiutato a corteggiare Brunilde.
Brunilde promise che si sarebbe unita soltanto a colui che avesse osato passare in mezzo a delle mura di fuoco che la circondavano. Solamente Grani, il cavallo di Sigfrido, l'avrebbe fatto, e solo montato da Sigfrido. Sigfrido allora, assunte le sembianze di Gunther (grazie ad un elmo magico rubato al drago Fáfnir) cavalcò oltre le fiamme e vinse Brunilde per Gunther, in cambio di sua sorella Crimilde.
Brunilde, delusa per l'esito della prova e per l'indifferenza che ora Sigfrido aveva nei suoi confronti, accettò a malincuore di sposare Gunther, ma non si concesse mai a lui, legandogli polsi e caviglie durante la prima notte di nozze. Il re allora chiese nuovamente aiuto a Sigfrido che, spacciandosi nuovamente per lui, privò la valchiria della cintura che le donava la forza, e la donna, impressionata, infine cedette al re, e gli si donò completamente.
Successivamente, recandosi in chiesa, Brunilde, invidiosa, rinfacciò a Crimilde di avere un marito di rango migliore, e di aver dunque il diritto di entrare nella chiesa per prima; vedendo che Crimilde indossava la cintura che le era stata sottratta, Brunilde intuì l'inganno e di essere stata raggirata; provando amarezza per essere stata prima illusa e poi ingannata dal marito che aveva desiderato, Brunilde giurò vendetta. Prima di tutto, si rifiutò di parlare con chiunque e si allontanò, in seguito, quando Sigfrido fu mandato da Gunther per capire cosa avesse, Brunilde lo accusò di prendersi libertà con lei.
Per questo motivo re Gunther tramò la morte di Sigfrido assumendo il fedele cortigiano Hagen per compiere il delitto. Hagen convinse l'ingenua Crimilde a rivelare il punto debole del marito, con la scusa che, conoscendolo, gli sarebbe stato più facile proteggerlo durante le battaglie; accompagnò poi Sigfrido nei boschi per una battuta di caccia e, quando questo si chinò ad una fonte per dissetarsi, Hagen lo uccise colpendolo alla schiena con una lancia scagliata a tradimento. Brunilde troncò il collo a Gunther con la spada appartenuta a Sigfrido e in seguito provò però un rimorso tale che la spinse a suicidarsi, pugnalandosi con un coltello, per poi gettarsi nel rogo funebre e bruciare insieme al corpo dell'amato Sigfrido. In seguito Crimilde vendicò la morte dell'amato marito quando, sposata in seconde nozze col re degli Unni Attila, fece massacrare dagli uomini del marito l'intero esercito del fratello, e infine troncò il collo ad Hagen con la spada appartenuta a Sigfrido.
Bibliografia [modifica][1] Edgar Haimerl, "Sigurd – ein Held des Mittelalters: Eine textimmanente Interpretation der Jungsigurddichtung," Alvíssmál 2 (1993): 81–104 (English summary, p. 104).
Voci correlate [modifica]Pietre di Sigfrido
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Categorie: Mitologia norrenaLeggende medievali
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