Monday, April 30, 2012

Vedrò qual sommo incanto

Speranza Vedrò qual sommo incanto di femmina nel petto rechi un novello affetto, o un lusinghiero ardor. (Bramo l’istante e il temo.) Curioso è l’accidente... (Ah che in pensarvi io fremo...) Ti credo assai possente: Del tuo trionfo io stesso sarò qui ammirator. (Ah se per te m’accendo, deh non tradirmi ancor.) --- Rossini, "La scala di seta" Atto unico Il teatro rappresenta l’appartamento di Giulia. Una porta nel fondo e due gabinetti ai lati. Sul davanti, una poprta vetrata che conduce ad un poggiuolo. Dirimpetto, una porta agriglia che guida ad una stanza. Queste due porte debbone essere situale faccia a faccia dello spettatore. Una tavola coperta da un tappeto, un burò, sedie. Scena prima Giulia e Germano, poi Lucilla Giulia (inquieta) Va’ sciocco, non seccarmi, qui sola vo’ restar. Germano (con flemma) Pazienza un pochettino, lasciatemi parlar. Giulia Da te non voglio nulla m’hai tu ben ben capito? Germano (con riso sciocco e malizioso) Capisco che vicina a prendere marito avete, o padroncina, un po’ di convulsione. Un’ottima lezione perciò vi voglio dar. Giulia (inquietandosi sempre più e passeggiando) Non voglio sentir niente! Germano (andandole dietro) Un savio colla barba... Giulia Diventi impertinente! Germano Ha detto già mill’anni... Che ognun che si marita va a caccia di malanni!.. Non vo’ che andiate in collera; saprò poi terminar. Giulia Che dica, ch’abbia detto a me non preme un zero. Non farmi andar in collera, va’ via, non mi seccar. (Germane parte.) Giulia Son pur sola, alfin respiro. S’allontani il caro oggetto. Deh corona un dolce affetto se pur senti amor pietà. (s’avvia al gabinetto alla destra. Alla voce di Lucilla, che sorte, retrocede precipitosamente) Lucilla Cugina, cugina! Giulia Un altro malanno! Lucilla Vi dice il tutore, che in sala venghiate. Giulia Verrò, ma frattanto voi prima n’andate. (Germano esce correndo) Germano Padrona, padrona... Giulia Qui ancora scioccone! Germano Mi manda il padrone... Giulia Ho inteso, son lesta... a3 Giulia Ma prima un affare Compir vo alla presta. Andate voi altri. Verrò, non capite! Uscite, finite, Mi fate inquietar. (O cielo quest’alma Mi fan palpitar.) Germano e Lucilla Lasciate l’affare Di poi finirete Andiamoci insieme Gran cose saprete. Via via colle buone, non serve gridar. (Quei detti quel foco mi fan sospettar.) (partono dalla porta del fondo, che vien chiusa da Giulia.) Scena seconda Giulia, Dorvil Giulia chiusa la porta, apre il burò e ne trae una scala di seta, indi passa al gabinetto, e n’esce Dorvil Giulia Siamo sicuri. Uscite; caro Dorvil sollecito partite. Dorvil O cielo! così presto? Giulia Un giorno intiero vi par poco? Dorvil Un momento. Giulia (gli da la scala di seta, e poi va ad aprire la porta vetrata) Eh al solito poggiuolo questa scala attaccate, che vi serve per venirmi a trovar, e tosto andate. Dorvil Ah! con quanto martir! Giulia Perché? Dorvil A momenti dee venir quel Blansac destinatovi in sposo dal tutore. Giulia Essendo vostra moglie ei non mi può sposar. Dorvil Ma quando penso alle espression d’amante ch’egli sarà per farvi... Giulia E che? geloso siete tuttora? e mai scaccierete da voi questa mania? Non basta ch’io mi sia dinanzi all’ara fatta segretamente a voi consorte? Verrà la buona zia col cui consenso v’ho sposata in segreto. Del tutore per opra sua lo sdegno cederà. E tutto allora in bene finirà. Dorvil E intanto? Giulia A mezza notte con il solito mezzo della scala a trovar mi verrete, e allo spuntar del giorno partirete. Tutt’oggi, con periglio che il tutor se ne accorga, meco vi tenni. Egli or mi chiama: dunque senz’altro indugio andate, ed alla mezza notte ritornate. Dorvil Ubbidisco, ma ancora non son le sei... Giulia (vivamente) Ogni cosa vuoi rovinar? Dorvil No, no. Vado mia sposa. (va al poggiuolo, attacca per di fuori la scala e scende) Scena terza Giulia, poi Dormont e Lucilla Giulia dopo aver ritirato dal poggiuolo e rimessa nel burò la scala di seta, e chiusa la porta serrata Giulia Egli è sceso... respiro! Apriam la porta. (va ad aprire) A tempo egli è partito. Ecco il tutore. (Escono Dormont e Lucilla.) Dormont (un po’ risentito) Per bacco! tutto il giorno perché chiusa nel vostro appartamento? Pensate che a momenti ritorna qui Blansac destinatovi in sposo Lucilla (vivacemente) O com’è bello, amabile, elegante, allegro! Dormont Eh basta, or non marito voi. Lucilla (mortificata) Lo so, pur troppo! Giulia Vi supplico signore... troppo presto concluso avete. Dormont Anzi sia fatto, e lesto. Scena quarta Detti, Germano frettoloso dal fondo Germano Signor padron, signor padron... Dormont Ch’è stato? Germano C’è il signor di... come diavol si chiama?.. Aspettate che vada a domandargli il suo nome... (per andare) Dormont (trattenendolo) E’ Blansac sicuramente. Germano Signor, sì, un nome in ac... Blansac! Dormont Stordito! Lucilla (Che gioia) Giulia (Che imbarazzo!) Dormont Vo ad incontrarlo. (a Giulia) Voi pensate al modo di ricever lo sposo degnamente. (parte) Lucilla Voglio andarlo a vedere destramente. (parte) Germano Vado anch’io, servo suo... Giulia Ferma... senti... (imbrogliata a Germano e come per parlargli, ma s’astrae e parla seco medesima fantascando) Germano Son qua. Giulia (passeggiando, e Germano le va dietro osservandola) (Per liberarmi da questo sposo qual util progetto mi passa per la testa!) Germano Onde, signora?.. Giulia (Capisco che a Lucilla mia cugina piace molto Blansac.) Germano Non ho capito neppure una parola... Giulia (Se impegnarlo potessi a sposarla in mia vece...) (guardando Germano) (La sciocchezza di costui può giovarmi.) Germano Ma parlate con me o col muro? Giulia (artifiziosamente) Caro il mio Germano! Germano (con riso sciocco) Caro!.. oh perdono alla sua gran bontà!.. Cosiccé... si si può... Giulia Sentimi qua. Io so ch’hai buon core, che m’ami davvero; e un pegno d’amore or bramo di te. Germano Ah cara padrona se amor mi chiedete, oh quanto volete ne avrete da me. Giulia (Per altro ci vuole giudizio e prudenza!) Germano (Non trova parole, cotanto è in ardenza!) Giulia (Se a lei si fa sposo, che sorte per me!) Germano (Se dice davvero che sorte per me!) (vivamente) Via chiaro spiegate... Giulia (con artifiziosa riserva) Mi manca il coraggio... Germano (incalorendosi sempre più) Son qui, comandate... Giulia Sei pronto? Germano Prontissimo. Giulia Disposto? Germano Ardentissimo. Giulia (lo piglia a se, e gli parla in aria del più grande segreto) Attento ti bramo all’ospite ognora: e se mia cugina con esso talora fa un poco la corte saper vo da te. Germano (mortificato) Io! Giulia Tu caro mio... Germano Io, grazie... pulito! Volete? ho capito. (Credea la bragiola d’avere sul piatto, ma oimè venne il gatto e via la sgraffiò.) (affettando vivacità) Oh in somma, poiché son uomo di spirito, andrò... sentirò... e tutto dirò. a2 Giulia Oh quanto son grata a tanto buon core! Gran prove d’amore t’attendi da me. Germano O quanto son grato a tanto buon core! Gran prove d’amore son queste per me! (Giulia entra in un gabinetto, e Germano parte dal fondo.) Scena quinta Blansac, Dormont, Dorvil, un sevitore Blansac Oh senza cerimonia... di buon core... Grazie... ma ov’è la sposa? Dormont Giulia e certo allo specchio, ma a momenti verrà qui. Blansac Alla campagna Non servon tante smorfie. Or finché viene, conoscete Dorvil in questo amico che vi presento. Dormont Il nome suo m’è noto. (civiltà con Dorvil che vi corresponde, ecc.) Blansac Lo incontrai qui dappresso, e testimonio lo vo del mio contratto. Dorvil (Buono!) Blansac Doman sia fatto. Dormont E doman si farà. Vò a dar degli ordini e Giulia ad affrettar. Blansac (affettatamente) Ve ne scongiuro. Dormont Tutto compito fia, state sicuro. (parte col servitore.) Scena sesta Blansac e Dorvil Dorvil (Distoglierlo tentiam da queste nozze) E che? tu ti mariti? Blansac Qual sorpresa! Dorvil So che il tuo core è instabil tanto. Blansac (in aria romanzesca) Voglio fissarlo divenendo il più fedele, il più tenero sposo. Dorvil Odi in segreto. Fai la più gran pazzia sposando Giulia. Blansac Perché? Dorvil (marcatamente) Ho le mie ragion. Blansac Qual tuono maimisterioso è questo? Dorvil (in aria di gran confidenza) Per Parigisi dice già che Giulia si fa sposa solo per obbedire al suo tutore, ma non perché ti stimi o porti amore. Blansac (vivissimamente) Ah cospetto! son punto. Ella non m’ama? Io non saprò piacere a lei? tu stesso giudicar ne dovrai. All’entusiasmo io sono già d’averti ritrovato. Dorvil Perché? Blansac Per riparare la mia gloria qui presente ti vo’ di mia vittoria. Dorvil (Quest’è proprio superbia!) Blansac Ma potrebbe Giulia in presenza tua avere dei riguardi... e allor... ci vuole un ripiego... osserviamo... (apre la porta con griglia) Dorvil (con rabbia segreta) Il mio espediente proprio è in bene riuscito!) Blansac Ottimamente! Asconditi qui dietro e osserva tutto per doverne stupir. Dorvil Tu vuoi?... Blansac Va lesto. Vedrai, godrai... Dorvil Eh lascia... Blansac Quai riserve? Dorvil (Sì, conosciamo il cor di Giulia a fondo.) Blansac Ebben, che dici? Dorvil Il tuo desir secondo. Vedrò qual sommo incanto di femmina nel petto rechi un novello affetto, o un lusinghiero ardor. (Bramo l’istante e il temo.) Curioso è l’accidente... (Ah che in pensarvi io fremo...) Ti credo assai possente: Del tuo trionfo io stesso sarò qui ammirator. (Ah se per te m’accendo, deh non tradirmi ancor.) (entra nella porta a griglia e si chiude.) Scena settima Dorvil nascosto, Blansac, poi Germano, indi Giulia Blansac Io non so conquistar un cor di donna? Un Blansac! impossibile! (esce Germano, e non veduto, si ferma indietro in osservazione presso un gabinetto) Germano (Eccolo qui, osserviamo, e a servir la pradrona incominciamo.) (entra nel gabinetto e si fa vedere a suo tempo.) Blansac Son punto, e la vedremo. (esce Giulia, concentrata in se stessa) Giulia (Sì, voglio che Blansac sposi Lucilla, E in tal guisa allontano il mio periglio. Dorvil (Mi sembra assai pensosa.) (aprendo un poco, a Blansac, che gli si trova vicino) Blansac (Taci.) Germano (osservando Dorvil) (Oh bella! Un altro lì in gabbiotto!) Giulia (Ma conosciamo in prima s’egli è tale Da renderla felice.) Blansac (scoprendosi) Ah bella Giulia posso offrirvi una volta i voti miei! N’è rapita quest’alma! Deh! perchè mai celarvi a chi v’adora? Giulia Voi supponete d’essere un amante tenero! Blansac Tenerissimo. Giulia Con vostra buona grazia non vi credo. Blansac Quest’è un ingiusto oltraggio. Giulia Voi volete piacere a tutte, e, s’ho da dirvi il vero, non mi sapete interessar. Dorvil (Va bene!) Germano (Ma perché mai quell’altro fa bao bao?) Blansac Signora!.. Giulia Ognun vi taccia di leggero. Blansac Ah che più non lo sono. E’ l’incostanza dell’età mia il difetto, ma i suoi dritti su me ragion riprende. Finché libero io fui correr potei di bella in bella, ma se d’esser fido ad una degna sposa io giurerò lei sola eternamente adorerò. Giulia Dite davvero! voi così parlando m’incantate. Dorvil (Oimè!Che vuol dir questo?) Germano (Oh bella! si rimescola!) Giulia (Egli mi par sincero, e di Lucilla Può far la sorte.) Blansac (Ella di già s’accende.) Giulia E voi certo?... Blansac Ah qual dubbio! egli m’offende! Sì che unito a cara sposa io sarò fedele ognor. Dorvil (A qual barbaro cimento or si trova questo cor!) Giulia Ah ch’io temo che sincero non sia il voto dell’amor. Germano (Qui v’è sotto qualche imbroglio, qui v’è troppo mal umor.) Blansac Sì che a lei sarò costante. Giulia Sempre fido!... Blansac Sempre amante... Di tutti i sposi sarò il miglior. a4 Giulia e Blansac I voti unanimi, la tenerezza, gioie, desiri, piaceri, ebbrezza! Ah quest’è un’anima felicitar. Dorvil (Bravi si servano, vadano avanti; godano pure de’ loro incanti, ma tutto in aria farò volar.) Germano (Quel si rimescola, quello riscaldasi... Ah qui di certo v’è uno sconcerto... Voglio la storia deciferar.) (accostandosi a Giulia ed accennando ov’è Dorvil) Padrona, è lì... Giulia (fissando Blansac) Lo vedo. Germano (incalzando il lazzo) No no ch’è lì... Giulia Sei matto! Germano E’ lì dico!.. Giulia Ma chi? (Blansac apre la porta e n’esce Dorvil. Sorpresa, ecc.) Blansac (a Dorvil in aria di trionfo) Sei già scoperto. Avanti. Dimmi, chi porta i vanti? Dorvil (ironico) Con lei me ne consolo amabile signora. Quei dolci affetti teneri si goda lieta ognora. Esempio è suo bel core Di vera fedeltà. Giulia Che ardire! che imprudenza! (Freniamci.) (a Blansac) Ei come qua? Blansac (come sopra) Io stesso l’ho condotto e il volli testimonio di mia felictà. (Ognuno tirando a sé Germano che si mostra imbarazzatissimo.) Dorvil Insolente e chi t’ha detto ch’io colà mi stava ascoso? Germano Compatite mio signore, per istinto io son curioso. Blansac Dimmi un po’ chi t’ha ordinato metter man nei fatti miei? Germano V’assicuro che l’ho fatto sol per dare gusto a lei. Giulia Io che c’entro se ciascuno qui di te si chiama offeso? Germano Padroncina, perdonate v’avrò forse mal inteso. a4 Giulia e Blansac Tu sei causa bestia matta! (a Germano) Pria si sente, pria s’intende... (a Dorvil) Per te ognuno è in convulsione... (a Germano) Sempre ben non si comprende... (a Dorvil) Ah la testa in confusione traballare or qui mi fa! Dorvil Tu sei causa bestia matta! (a Germano) Tutto chiaro ho ben sentito... (a Giu. e Blansac) Per te ognuno è in convulsione... (a Germano) Pienamente ho già capito... (a Giulia) Ah la testa in confusione traballare or qui mi fa! Germano Ma pazienza miei signori... Veh che caso indiavolato! Vi dirò la mia ragione... Bella mancia che ho pigliato! Ah la testa in confusione traballare or qui mi fa! (Giulia e Germano partono.) Scena ottava Blansac e Dorvil Blansac (vivamente) Va là presto, va là! del mio trionfo Riempi tutta Parigi. Dorvil Io! Blansac Te ne spiace? Dorvil Anzi ne godo, e corro sul momento a darti lode. (O gelosia, o tormento!) (parte dal fondo) Scena nona Blansac e Lucilla Blansac Or andiam dal tutor... (esce Lucilla) Bella Lucilla, voi qui? Lucilla Credea trovarvi mia cugina... Io vado!.. Blansac Deh! un istante. Mi sembrate Molto più bella. Lucilla Oh adesso mi burlate! Blansac Parlo da senno. Lucilla E mia cugina? Blansac E come vicino a voi d’altra beltà si puote rammentar o parlar? Lucilla Che dite mai? Forse che mia cugina?.. Blansac Essa è adorabile, ma non è sola in cui beltà s’accolga. V’è qualch’altra... Lucilla Signore, arrossir voi mi fate. Blansac Ebben, più cara vi rende quel rossor. Lucilla Cara! a chi mai? Priva di merti, io temo che la vostra eccedente bontà a riguardo mio ingannare vi posa. Blansac O quanto mai felice si saria arrivando a piacervi! Lucilla Veramente non ho crudele il core, né mi duole goder l’altrui favore. Sento talor nell’anima Un dolce movimento, Che lusinghiero e tenero Mi va parlando in sen. Allor se un caro sposo Avessi al fianco mio, Quanto nel cor desio Saria compito appien. (parte) Scena decima Blansac poi Germano, con lume Blansac Bellissima! il casetto e proprio nuovo! Cerco una bella, e duo qui ne ritrovo. (Esce Germano.) Germano Signore. (posa il lume sul burò) Blansac Cosa vuoi? Germano La compagnia è già rientrata nel Salone. Blansac Han detto che ad avvertir mi venga? Germano Signor no. Ma non importa. Allor che si sta solo si prova noia... ma... (con riso sciocco) Oh sì sì... vicino alla signora Giulia... mi capite... è vero?.. si sta bene, anzi benone. Blansac Ah bravo! hai dello spirito. Vedete come si vanno calunniando gli uomini! Dicono che sei sciocco! Germano (in aria di goffo complimento) Oh signor mio!.. Grazie... voi siete buono... Blansac (ridendo) Addio, addio. (parte dal fondo) Scena undicesima Germano solo Germano E ognun mi dice sciocco! E anche Tognetta se fo’ all’amor con lei... me ne dispiace... Io so che ho dello spirito... Oh finiamo le ciarle. Si fa notte. Chiudiam porte e finestre. (sbadiglia) Veramente ho bevuto un pochetto... Cominciamo da questo gabinetto. (entra nel gabinetto alla sinistra, lasciando il lume sul burò.) Scena dodicesima Giulia, poi Germano Giulia Sollecitiam perché Blansac si sposi domani a mia cugina... E quel Dorvil qui trattenersi? Ah perché un sol momento, almeno alla sfuggita, non potei favellargli! Ma appieno il torto suo conoscerà, e per forza perdon mi chiederà. Germano (uscendo, trattenendosi in disparte, parlando da sé, non veduto da Giulia, che parla sempre astratta) Qui ancor la padroncina... Giulia Ma nol potrà ottenere sennon a mezza notte... Or sotto il mio balcon forse m’attende. Germano (Sotto il balcon! Giulia Sarei troppo crudel, se a lui negassi il randevu. Germano (Il randevu! picciole bagatelle! Giulia Esso è geloso, è vero, ma d’un amor sincero quest’è prova fedele... ormai vicina è già la mezzanotte. Germano (La mezzanotte!) Giulia Al punto egli è già di venir. Dunque attacchiamo la nostra scala sul balcone e andiamo. (s’incammina al burò poi si ferma con riflessione) E il povero Blansac! Germano Blansac! ah! intendo. E’ l’amico aspettato... Ora capisco tutto. Giulia Ma se mai, ora che il mio tutore è in si gran movimento o sospetta o discopre... Ah! qual cimento! Il mio ben sospiro e chiamo vita e speme a questo core; ma fra l’ombre del timore son costretta a palpitar. Ah si vada... qui che fai? (accorgendosi di Germano che fa vista d’entrare nell’altro gabinetto) Vai a chiuder?.. Ti dispenso... Vien qualcun... Chi sarà mai?.. (osservando verso la porta del fondo) E’ il tutor sicuramente!.. Gli dirai... (cresce l’imbroglio...) Tu va pur... (confusa incerta io mi sento vacillar.) (Quanto pena un’alma amante! Quanto costa un vero amar!) (entra nel gabinetto a sinistra e si chiude.) Scena tredicesima Germano, poi Blansac Germano Brava!.. vada, si serva... Che grand’uomo che son io! Scoperto ho il tutto E’ chiaro, è indubitabile, è sicuro. qui il signor di Blansac Deve venire a mezzanotte! buono! Un randevu! va bene. Vengano adesso a dirmi che son sciocco? E’ un randevu al signor Blansac, sì sì. E la causa di questo... (pensa un poco) Bravo Germano! ho ben capito il resto. Amore dolcemente tu prima accendi il core; poi crescer fai l’ardore, e a delirar si va. Perciò la padroncina... (sbadiglia e siede a canto alla tavola) Che sonno!.. stamattina... volea... pensiamo un poco... che io... facessi... il gioco... se... l’altro... che... si sa!.. (mezzo s’addormenta.) (Esce Blansac.) Blansac (fermandosi un poco indietro) Giulia dov’è?.. oh colui seduto lì che fa? Germano (mezzo stordito dal sonno) Sì... la signora Giulia... Blansac (interesandosi ad ascoltare senza muoversi) Che? Germano Ha dato...il randevu... Blansac Il randevu!.. Germano A Blansac... Blansac A me!.. Germano Stanotte... Blansac E che? Sogna? e finzion? sappiamo. Germano!.. (lo scuote) Germano Chi va la! (s’alza impetuosamente ed impaurito) Blansac Che dici in tua malora! Germano (ridendo e rassicurato) Eh nulla... sono un sciocco... Blansac Su parla alocco! Germano (puntigliato) Io alocco!.. Attento e ve lo spifero tal quale la sarà. Quando suona mezzanotte voi dovete venir qua; (Blansac è stupito assai) e una scala la padrona per salir vi calerà! (accennandogli la porta vetrata) Voi entrato che sarete poi direte, poi farete... Io non cerco i fatti altrui, e sarà quel che sarà! Su via ditemi bravissimo! Argutissimo, acutissimo! Della vostra bella sorte mi consolo in verità. (parte dal fondo) Scena quattordicesima Blansac, poi Dormont, Lucilla e Germano Blansac Cosa? come? a me Giulia un randevu? E non mel dice?.. ora capisco!.. brava! Che donnesca finezza! Perché n’ha certo un poco di rossore mel fa sapere dal suo servitore. Ma che vorrà mai dirmi? Ah che certo le è nato qualche grande accidente... Vien mezzanotte! Io sono impaziente. (Escono i suddetti.) Dormont Perché spariste? Già s’è ritirato Dorvil l’amico vostro. Un poco troppo perseguitate Giulia. Lucilla E questo è vero. Blansac Io l’ho cercata invano. Dormont Eh, eh, la troveremo, e il contratto doman soscriveremo. Ritiriamoci tutti. Lucilla Immantinente. Blansac Bella Lucilla addio. (Vien mezzanotte! o qual ardore è il mio!) (parte dal fondo) Dormont Tu seguimi, o Germano (segue Blansac) Germano Servo. Gran novità! Lucilla Cos’è successo? Germano Vostra cugina in questo appartamento ha dato a mezzanotte un randevu... Lucilla A chi? Germano Eh!.. al signor Blansac. Lucilla Come? Germano Ma zitto! Fate com’io, tacete, o nascerà qualche diavol... Dormont (di dentro) Germano! Germano Sono qua. (via correndo) Lucilla Qui per Giulia, Blansac! Sentir potessi! Faccio per imparare... Ho una smania... Vien gente... Ascondiamci lì dentro prestamente. (entra nella porta a griglia, e si chiude) Scena quindicesima Germano solo Germano Buono non c’è persona. Un randevu e s’io piglio Tognetta per la mano mi regala per solito un schiaffone? Eh, il signor di Blansac mi può insegnare il mestiere, e da lui voglio imparare. Qui bisogna nascondersi... ma dove? Gnaffe! sotto la tavola. Che gusto sarà il mio! Imparerò, e doman vo’ che Tognetta Trovi caro carino il suo Germano... Apron la porta... a noi. Sotto, pianpiano. (si nasconde sotto la tavola.) Scena sedicesima Detti nascosti. Giulia dal suo gabinetto, poi Dorvil, indi Blansac. Giulia va a chiudere la porta del fondo. Giulia Dorme ognuno in queste soglie, ma qualcun veglia in giardino. Il momento è omai vicino e la scala io vo’ calar. (trae dal burò la scala, e va ad attaccarla al poggiuolo) Germano Si comincia per mia fè. (facendosi vedere a suo tempo dietro la tavola) Giulia (al poggiuolo) Perché attendere si fa? Zitto, è desso... zi zi zi (chiamando sottovoce) Siete voi? Dorvil (dal di fuori) Son io... Germano (Ci siamo Or a scuola ce ne andiamo.) (Dorvil comparisce e scende) Dorvil Posso alfine... Giulia In pria chiudete. (Dorvil chiude la porta vetrata) Germano (Come! qui il signor Dorvil! Oh veh veh! due randevu!) Dorvil Di vedervi in tutto ardea... Giulia Uomo ingrato, e core aveste di suppor ch’io fossi rea! Dorvil Ma se intesi... Giulia E che intendeste? Finsi allor... ciel! (Si batte alla porta vetrata, poi di fuori.) Dorvil Fu battuto! (Si volgono tutti due ed ascoltano.) Germano (Va benon! vien l’altro amico.) Giulia e Dorvil Ascoltiam... Si batte ancora! (Si replica la battuta.) Dorvil (torbido assai) Che vuol dir?... Giulia (agitatissima) Che brutto intrico! Germano (Incalzando va l’affar.) Blansac (dal di fuori) E’ mezzanotte! Oggetto amabile, Deh vien quest’anima A consolar. E’ mezza notte! Dorvil (avviandosi incollerito alla vetrata) E’ Blansac! Giulia Quale imprudenza! Dorvil Vo’ punir la su insolenza! Giulia Qui celatevi un istante. (accennandolgli il gabinetto all sinistra) Dorvil Voi volete!... Giulia Lo dovete, o si va a precipitar. (ve lo costringe) Blansac (come sopra) E’ mezzanotte!.. Oggetto amabile, è mezzanotte!.. Dorvil E mi posso o ciel frenar! (entra per forza nel gabinetto) Giulia Può sentirlo il mio tutore, che vicina ha qui la stanza. Ah ci vuole ardire e core; convien tutto cimentar. (apre la porta vetrata che resta aperta) (Blansac scende ed entra.) Germano (Quanto vado ad imparar!) Blansac (con brio) Che fortuna imprevveduta! Tant’osare io non avrei... Giulia (risentita assai) Qual ragion v’ha qui guidato? Io saperlo or ben vorrei! Blansac Resto assai maravigliato! Giulia Su parlate. Blansac Io... Giulia Vi spiegate. Blansac Io ne vengo al randevu. Giulia Chi vel diede! Blansac Bella! voi. Germano (O pur io.) Giulia Farneticate! Germano Per la voce di Germano... Germano (Ahi!) Giulia Germano! Blansac Vi calmate, e quel tenero pudore... Giulia Oh finiamola signore! Chi vi rese si insolente? Blansac Chi? la scala ivi pendente. Giulia (Ah! levarla m’ho scordato!) a4 Blansac Deh poiché fui qui chiamato, oltraggiarmi è crudeltà. Giulia Qui nessuno v’ha chiamato, del destin è crudeltà. Dorvil (Qui nessuno l’ha chiamato, del destino è crudeltà.) Germano (Ah quell’altro era chiamato! Ho sbagliato come va.) Scena ultima Detti. Dormont, che comparisce in berretta da notte un po’ alla volta dal di fuori del poggiuolo, poi scende. Giulia Finir convien la scena, Sbrigatevi, scendete... Dormont Oh lode al ciel: ci sono! Giulia Ah! (al sommo della paur alla voce di Dormont) Blansac Zitto e non temete. (si nasconde nell’altro gabinetto) Giulia Oh cielo! Dormont (con riso sardonico) Ah ah! stupite? Non era atteso, è vero? Giulia Signor... Dormont Non serve fingere. La scala e il canterino scoperta han già ogni cosa. (in gran collera apre la porta a griglia ov’è rinchiusa Lucilla) Fuori costui! Lucilla (correndo fuori timidamente) Son qui... Giulia, Dormont e Germano Oh bella! chi può intenderla? Dormont Estrema è la mia collera! Altri ci debbon essere... Vediamo un po’... (apre la porta del gabinetto e n’esce Blansac) Blansac Son qui... Dormont (a Lucilla) E che garbuglio è questo? Lucilla Io seppi da Germano che quivi a mezza notte seguiva un randevu, e venni ad imparar. Germano Ahi, ahi! che sono fritto!) Dormont (a Giulia risolutamente) Un randevu! bennissimo! Ora sposarlo subito vorrete voi medesima. Tiriamo innanzi il tavolo... (tira in qua la tavola e si scopre Germano che resta in ginocchio e mal coperto dal tappeto che gli cade a ridosso) Germano Ahi che ci son!... Tutti eccetto Lucilla Germano! Dormont Un altro! Lì che fai Germano (timidamente) Sapea che qui dovea seguire un randevu. E venni ad imparar. (rimette il tappeto) Dormont (minaccioso a Germano e Lucilla) I conti avremo a fare! Frattanto soscriviamo. (cava una carta e la mette sul tavolino) Giulia (Or qui convien parlare.) Signor... Dormont (risolutissimo a Lucilla) Vostro marito Senza ritardo... Dorvil E’ qui... (esce animosamente e si mette a canto di Giulia) Dormont Un altro! in quanti siamo! Blansac Ah ah! quest’è un portento Un randevu in duecento! Dormont (a Dorvil incollerito) Spiegatevi. Dorvil (con nobile fermezza) Di Giulia sono il marito... Dormont Voi! Giulia Perdono o mio tutore, causa di tutto è amore. La buona zia per lettera il nodo ci ha permesso. (cava una lettera e la dà a Dormont che la scorre e se la ritiene) Sposar chi non amava non erami concesso. Voi troppo fiero... ah voi dovete perdonar. Dormont L’ardir eccede... (accennando Blansac) E lui? Blansac (con molto brio) Lucilla io sposerò, e tutto aggiusterò. Dormont Lucilla. Lucilla (raccomandandosi) Ah sì! Blansac (a Dormont accennandogli Lucilla) Vedete? Tutti Perdon! Dormont Quel che volete; non serve più parlar. Tutti Quando amor si fa sentire troppo egli è nei cor possente. Si contrasta inutilmente vince ognora il suo poter.

Sunday, April 29, 2012

Decameron

Speranza ---- La struttura del "Decameron" è un articolato sistema con il quale Giovanni Boccaccio presentò le cento novelle del suo capolavoro. La cornice vede dieci giovani (tre ragazzi e sette ragazze) che per sfuggire alla peste nera che imperversa su Firenze si riuniscono in una villa di campagna. Per passare il tempo ciascun pomeriggio (tranne i giorni di venerdì e sabato dedicati alla penitenza) ognuno di loro racconta una novella agli altri secondo un tema stabilito il giorno prima. Il tema viene scelto dal "Re" o dalla "Regina" del giorno. Solo il personaggio di Dioneo - a partire dalla seconda giornata - viene dispensato dall'obbligo di seguire il tema prestabilito e la sua novella è narrata sempre per ultima. Boccaccio curò molto ogni piccolo particolare; per esempio già dalla scelta dei nomi possiamo capire quale sia il carattere e la funzione del personaggio: Panfilo, che dal greco significa "Tutto Amore", racconterà spesso novelle piene di carica erotica. Tutti i personaggi insieme riflettono poi il vero carattere dell'autore. Prima giornata Nella giornata I, mercoledì, la regina è Pampinea e nessun tema viene stabilito. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Panfilo 1 - Ser Cepparello con una falsa confessione inganna un santo frate e muorsi; e, essendo stato un pessimo uomo in vita, è morto reputato per santo e chiamato san Ciappelletto. Musciatto Franzesi, Carlo di Valois, Bonifacio VIII, Cepparello da Prato, due fratelli fiorentini, frate venerabile Francia, Toscana, Prato, Parigi, Borgogna Neifile 2 - Abraam giudeo, da Giannotto di Civignì stimolato, va in corte di Roma; e, veduta la malvagità de' cherici, torna a Parigi e fassi cristiano. Giannotto di Civignì, Abraam giudeo, Parigi, Roma, Cattedrale di Notre-Dame Filomena 3 - Melchisedech giudeo con una novella di tre anella cessa un gran pericolo dal Saladino apparecchiatogli. Saladino, Melchisedech giudeo Babilonia, Alessandria d'Egitto Dioneo 4 - Un monaco, caduto in peccato degno di gravissima punizione, onestamente rimproverando al suo abate quella medesima colpa, si libera dalla pena. Giovane monaco, giovinetta, abate Lunigiana Fiammetta 5 - La marchesana di Monferrato con un convito di galline e con alquante leggiadre parolette reprime il folle amore del re di Francia. Corrado degli Aleramici (marchese di Monferrato), Re Filippo il Guercio, la Marchesana di Monferrato (una imprecisata delle mogli di Corrado) Monferrato, Francia, Genova, Emilia 6 - Confonde un valente uomo con un bel detto la malvagia ipocresia de' religiosi. Fra' Mino da San Quirico, uomo inquisito Firenze, Basilica di Santa Croce Filostrato 7 - Bergamino con una novella di Primasso e dello abate di Clignì onestamente morde una avarizia nuova venuta in messer Can della Scala. Cangrande della Scala, Federico II, Bergamino, Primasso, Abate di Cluny Verona, Cluny, Parigi Lauretta 8 - Guglielmo Borsiere con leggiadre parole trafigge l'avarizia di messer Ermino de' Grimaldi. Guglielmo Borsiere, Ermino de' Grimaldi Genova Elissa 9 - Il re di Cipri, da una donna di Guascogna trafitto, di cattivo valoroso diviene. Guido da Lusignano (primo re di Cipro), Goffredo da Buglione, una gentil donna di Guascogna Cipro, Basilica del Santo Sepolcro Pampinea 10 - Maestro Alberto da Bologna onestamente fa vergognare una donna, la quale lui d'esser di lei innamorato voleva far vergognare. Alberto da Bologna, Margherita dei Ghisolieri Bologna Seconda giornata [modifica] La seconda giornata cade di giovedì e la regina è Filomena, che per la prima volta stabilisce un tema al novellare, quello delle avventure a lieto fine. Dioneo chiede di poter novellare liberamente e per ultimo. La sua richiesta viene accolta dalla regina e dagli altri. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Neifile 1 - Martellino, infignendosi attratto, sopra santo Arrigo fa vista di guarire, e, conosciuto il suo inganno, è battuto, e poi, preso e in pericolo venuto d'esser impiccato per la gola, ultimamente scampa. Beato Arrigo da Treviso, Martellino, Stecchi, Marchese, Sandro Agolanti Treviso Filostrato 2 - Rinaldo d'Asti, rubato, capita a Castel Guiglielmo ed è albergato da una donna vedova e, de' suoi danni ristorato, sano e salvo si torna a casa sua. Rinaldo d'Asti, Azzo VIII d'Este, San Giuliano, masnadieri, il fante di Rinaldo, una vedova bellissima, la sua serva Castel Guglielmo, Bologna, Ferrara, Verona Pampinea 3 - Tre giovani, male il loro avere spendendo, impoveriscono; dei quali un nepote con uno abate accontatosi tornandosi a casa per dispe lui truova essere la figliuola del re d'lnghilterra, la quale lui per marito prende e de' suoi zii ogni danno ristora, tornandogli in buono stato. Tebaldo de' Lamberti o Tebaldo degli Agolanti, i suoi tre figli Lamberto, Tedaldo e Agolante, loro nipote Alessandro, giovane abate (Principessa d'Inghilterra), un oste, il papa (probabilmente Alessandro III), Firenze, Londra, Roma, Parigi, Cornovaglia, Scozia Lauretta 4 - Landolfo Rufolo, impoverito, divien corsale e da' Genovesi preso, rompe in mare, e sopra una cassetta, di gioie carissime piena, scampa, e in Gurfo ricevuto da una femina, ricco si torna a casa sua. Landolfo Rufolo, marinai genovesi, una povera femminetta e la sua figlioletta, drappieri fiorentini Reggio Calabria, Gaeta, Salerno, Ravello, Cipro, Mar Egeo, Costantinopoli, Corfù, Brindisi, Trani Fiammetta 5 - Andreuccio da Perugia, venuto a Napoli a comperar cavalli, in una notte da tre gravi accidenti soprapreso, da tutti scampato con un rubino si torna a casa sua. Andreuccio da Perugia, giovane siciliana, una sua mica vecchia, la sua serva, Scarabone Buttafuoco, Filippo Minutolo Perugia, Napoli, Mercato di Napoli, Sicilia, Malpertugio, Cappella dei Capece Minutolo, Palermo, Agrigento, Ruga Catalana, Duomo di Napoli Emilia 6 - Madonna Beritola, con due cavriuoli sopra una isola trovata, avendo due figliuoli perduti, ne va in Lunigiana; quivi l'un de' figliuoli col signor di lei si pone e colla figliuola di lui giace ed è messo in prigione. Cicilia ribellata al re Carlo, e il figliuolo riconosciuto dalla madre, sposa la figliuola del suo signore e il suo fratello ritrova e in grande stato ritornano. Federico II, Manfredi, Arrighetto Capece, madama Beritola Caracciolo (la Cavriuola), Carlo d'Angiò, Giuffredi Capece (poi detto Giannotto di Procida), Scacciato Capece, una balia, una capriola e i suoi due figli, Corrado Malaspina, sua moglie Orietta, Gasparino Doria, Spina Malaspina, Niccolò da Grignano, Pietro III d'Aragona Napoli, Palermo, Sicilia, Benevento, Lipari, Isola di Ponza, Lunigiana, Magra, Genova, Lerici, Alessandria d'Egitto Panfilo 7 - Il soldano di Babilonia ne manda una sua figliuola a marito al re del Garbo, la quale per diversi accidenti in spazio di quattro anni alle mani di nove uomini perviene in diversi luoghi; ultimamente, restituita al padre per pulcella, ne va al re del Garbo, come prima faceva, per moglie. Beminedab sultano, Alatiel, Re dell'Algarvio (re del Garbo), donne di compagnia di Alatiel, Pericon da Visalgo, Marato da Visalgo, due proprietari di nave, prenze della Morea, Duca di Atene, Ciuriaci, un matto, duchessa di Atene, imperatore di Costantinopoli, Constanzio, Manovello, Uzbech, Basano, Antioco, mercante di Cipro, Antigono di Famagosta, re di Cipro, Babilonia, Alessandria d'Egitto, Sardegna, Maiorca, Chiarenza, Atene, Egina, Chio, Smirne, Cappadocia, Rodi, Cipro, Pafo, Armenia, Famagosta, Aigues Mortes, San Cresci in Valcava, Creta, Gerusalemme, Basilica del Santo Sepolcro Elissa 8 - Il conte d'Anguersa, falsamente accusato, va in essilio; lascia due suoi figliuoli in diversi luoghi in Inghilterra; e egli sconosciuto tornando di Scozia, lor truova in buono stato; va come ragazzo nello essercito del re di Francia, e riconosciuto innocente, è nel primo stato ritornato. Gualtieri d'Anversa, donna del figlio del re di Francia, Luigi d'Anversa (Perotto), Violante d'Anversa (Giannetta), maniscalco del re d'Inghilterra, sua moglie e suo figlio Giachetto Lamiens, altro maniscalco del re, un medico, arcivescovo di Rouen Parigi, Calais, Inghilterra, Londra, Galles, Irlanda Filomena 9 - Bernabò da Genova, da Ambrogiuolo ingannato, perde il suo e comanda che la moglie innocente sia uccisa; ella scampa, e in abito d'uomo serve il soldano: ritrova lo 'ngannatore, e Bernabò conduce in Alessandria, dove, lo 'ngannatore punito, ripreso abito feminile, col marito ricchi si tornano a Genova. Bernabò Lomellin, due mercanti, Ambrogiuolo da Piacenza, madonna Zinevra (poi Sicuran da Finale), un familiare di Bernabò, il sultano Parigi, Genova, Acri, Alessandria d'Egitto Dioneo 10 - Paganino da Monaco ruba la moglie a messer Ricciardo da Chinzica; il quale, sappiendo dove ella è, va, e diventa amico di Paganino; raddomandagliele, e egli, dove ella voglia, gliele concede; ella non vuol con lui tornare, e, morto messer Ricciardo, moglie di Paganin diviene. Riccardo di Chinzica, Lotto Gualandi, Bartolomea Gualandi, Paganino da Monaco Pisa, Ravenna, Montenero, Monaco Terza giornata [modifica] La terza giornata ha luogo di domenica pomeriggio, dopo la pausa del venerdì e sabato, giorni dedicati alla preghiera e alla penitenza. La regina Neifile impone come tema che si narri di chi ottiene o ritrova una cosa desiderata da tanto tempo. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Filostrato 1 - Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano di uno monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui. Masetto da Lamporecchio, un gastaldo, Nuto, la badessa, otto monache monastero nella contrada di Firenze, Lamporecchio Pampinea 2 - Un pallafrenier giace con la moglie d'Agilulf re, di che Agilulf tacitamente s'accorge; truovalo e tondelo; il tonduto tutti gli altri tonde, e così campa della mala ventura. Agilulfo, Teodolinda, Autari, un palafreniere Pavia, Lombardia Filomena 3 - Sotto spezie di confessione e di purissima conscienza una donna innamorata d'un giovane induce un solenne frate, senza avvedersene egli, a dar modo che 'l piacer di lei avesse intero effetto. una gentil donna, suo marito lananiuolo, un assai valoroso uomo, un frate confessore Firenze, Genova Panfilo 4 - Don Felice insegna a frate Puccio come egli diverrà beato faccendo una sua penitenzia; la quale frate Puccio fa, e don Felice in questo mezzo con la moglie del frate si dà buon tempo. Puccio di Rinieri, monna Isabetta, Don Felice San Pancrazio (Firenze), Parigi Elissa 5 - Il Zima dona a messer Francesco Vergellesi un suo pallafreno, e per quello con licenzia di lui parla alla sua donna ed, ella tacendo, egli in persona di lei si risponde, e secondo la sua risposta poi l'effetto segue. Francesco de' Vergellesi, Riccardo detto il Zima, la moglie di Francesco Pistoia, Milano Fiammetta 6 - Ricciardo Minutolo ama la moglie di Filippello Sighinolfo, la quale sentendo gelosa, col mostrare Filippello il dì seguente con la moglie di lui dovere essere ad un bagno, fa che ella vi va, e credendosi col marito essere stata, si truova che con Ricciardo è dimorata. Ricciardo Minutolo, Catella, Filippello Sighinolfi, una buona femina Napoli Emilia 7 - Tedaldo, turbato con una sua donna, si parte di Firenze; tornavi in forma di peregrino dopo alcun tempo; parla con la donna e falla del suo error conoscente, e libera il ma ito di lei da morte, che lui gli era provato che aveva ucciso, e co' fratelli il pacefica; e poi saviamente colla sua donna si gode. Tedaldo degli Elisei (poi chiamato Filippo di San Lodeccio), monna Ermellina, Aldobrandino Palermini, quattro fratelli di Tedaldo, un frate, Faziuolo da Pontremoli Firenze, Ancona, Cipro, Lunigiana Lauretta 8 - Ferondo, mangiata certa polvere, è sotterrato per morto; e dall'abate, che la moglie di lui si gode, tratto della sepoltura, è messo in prigione e fattogli credere che egli è in purgatoro; e poi risuscitato, per suo nutrica un figliuolo dello abate nella moglie di lui generato. un abate, Ferondo, moglie di Ferondo, un frate da Bologna, Benedetto Ferondi una badia in Toscana Neifile 9 - Giletta di Nerbona guerisce il re di Francia d'una fistola; domanda per marito Beltramo di Rossiglione, il quale, contra sua voglia sposatala, a Firenze se ne va per isdegno, dove vagheggiando una giovane, in persona di lei Giletta giacque con lui ed ebbene due figliuoli; per che egli poi, avutola cara, per moglie la tenne. Isnardo, Gerardo di Narbona, Giletta di Narbona, Beltramo di Rossiglione, Re di Francia, un'albergatrice, una gentil ma povera femmina e sua madre, due bambini gemelli Francia, Rossiglione, Parigi, Toscana, Firenze, Montpellier Dioneo 10 - Alibech diviene romita, a cui Rustico monaco insegna rimettere il diavolo in inferno; poi, quindi tolta, diventa moglie di Neerbale. Alibech, Gafsa in Barberia (Tunisia), deserto della Tebaide, primo monaco, secondo monaco, Rustico, Neerbale Quarta giornata [modifica] Nella quarta giornata, lunedì, il re è Filostrato e il tema è dato dagli amori infelici. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Fiammetta 1 - Tancredi prenze di Salerno uccide l'amante della figliuola e mandale il cuore in una coppa d'oro; la quale, messa sopr'esso acqua avvelenata, quella si bee, e così muore. Tancredi di Salerno, Ghismonda, Guiscardo, Duca di Capua Salerno Pampinea 2 - Frate Alberto dà a vedere ad una donna che l'Agnolo Gabriello è di lei innamorato, in forma del quale più volte si giace con lei; poi, per paura de' parenti di lei della casa gittatosi, in casa d'uno povero uomo ricovera, il quale in forma d'uomo salvatico il dì seguente nella piazza il mena, dove, riconosciuto, è da' suoi frati preso e incarcerato. Berto della Massa (poi detto Frate Alberto), San Francesco d'Assisi, Lisetta da ca' Quirino, i cognati di Lisetta Imola, Venezia, Assisi, Fiandre, Rialto, piazza San Marco Lauretta 3 - Tre giovani amano tre sorelle e con loro si fuggono in Creti. La maggiore per gelosia il suo amante uccide; la seconda, concedendosi al duca di Creti, scampa da morte la prima, l'amante della quale l'uccide e con la prima si fugge: ènne incolpato il terzo amante con la terza sirocchia; e presi il confessano e per tema di morire con moneta la guardia corrompono, e fuggonsi poveri a Rodi e in povertà quivi muoiono. , Restagnone, Folco, Ughetto, Ninetta, Magdalena, Bertella, duca di Creti , Elissa 4 - Gerbino, contra la fede data dal re Guglielmo suo avolo, combatte una nave del re di Tunisi per torre una sua figliuola, la quale uccisa da quegli che su v'erano, loro uccide, e a lui è poi tagliata la testa. , , Filomena 5 - I fratelli dell'Isabetta uccidon l'amante di lei; egli l'apparisce in sogno e mostrale dove sia sotterrato. Ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo di bassilico; e quivi su piagnendo ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, ed ella se ne muore di dolore poco appresso. Elisabetta da Messina, Lorenzo, fratelli di Elisabetta Messina e Napoli, Panfilo 6 - L'Andreuola ama Gabriotto; raccontagli un sogno veduto ed egli a lei un altro; muorsi di subito nelle sue braccia; mentre che ella con una sua fante alla casa di lui nel portano, son prese dalla signoria, ed ella dice come l'opera sta; il podestà la vuole sforzare; ella nol patisce; sentelo il padre di lei, e lei innocente trovata fa liberare; la quale, del tutto rifiutando di star più al mondo, si fa monaca. , , Emilia 7 - La Simona ama Pasquino; sono insieme in uno orto; Pasquino si frega a' denti una foglia di salvia e muorsi; è presa la Simona, la quale, volendo mostrare al giudice come morisse Pasquino, fregatasi una di quelle foglie a' denti, similmente si muore. , Simona, Pasquino, Lagina, l'Atticciato, lo Stramba , Neifile 8 - Girolamo ama la Salvestra; va, costretto da' prieghi della madre, a Parigi; torna e truovala maritata; entrale di nascoso in casa e muorle allato; e portato in una chiesa, nuore la Salvestra allato a lui. , , Filostrato 9 - Messer Guiglielmo Rossiglione dà a mangiare alla moglie sua il cuore di messer Guiglielmo Guardastagno ucciso da lui e amato da lei; il che ella sappiendo, poi si gitta da una alta finestra in terra e muore e col suo amante è sepellita. , , Dioneo 10 - La moglie d'un medico per morto mette un suo amante adoppiato in una arca, la quale con tutto lui due usurai se ne portano in casa. Questi si sente, è preso per ladro; la fante della donna racconta alla signoria sé averlo esso nell'arca dagli usurieri imbolata, laond'egli scampa dalle forche e i prestatori d'avere l'arca furata sono condannati in denari. Mazzeo della Montagna, Ruggieri d'Aieroli Salerno, Amalfi Quinta giornata [modifica] Nella quinta giornata, martedì, la regina è Fiammetta e si ragiona sulla felicità raggiunta dagli amanti dopo avventure o sventure straordinarie. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Panfilo 1 - Cimone amando divien savio, ed Efigenia sua donna rapisce in mare; è messo in Rodi in prigione, onde Lisimaco il trae, e da capo con lui rapisce Efigenia e Cassandra nelle lor nozze, fuggendosi con esse in Creti; e quindi, divenute lor mogli, con esse a casa loro son richiamati. Emilia 2 - Gostanza ama Martuccio Gomito, la quale, udendo che morto era, per disperata sola si mette in una barca, la quale dal vento fu trasportata a Susa; ritruoval vivo in Tunisi, palesaglisi, ed egli grande essendo col re per consigli dati, sposatala, ricco con lei in Lipari se ne torna. Elissa 3 - Pietro Boccamazza si fugge con l'Agnolella; truova ladroni; la giovane fugge per una selva, ed è condotta ad un castello; Pietro è preso e delle mani de' ladroni fugge, e dopo alcuno accidente, capita a quel castello dove l'Agnolella era, e sposatala con lei se ne torna a Roma. , , Filostrato 4 - Ricciardo Manardi è trovato da messer Lizio da Valbona con la figliuola, la quale egli sposa, e col padre di lei rimane in buona pace. , , Neifile 5 - Guidotto da Cremona lascia a Giacomin da Pavia una fanciulla, e muorsi; la quale Giannol di Severino e Minghino di Mingole amano in Faenza; azzuffansi insieme; riconoscesi la fanciulla esser sirocchia di Giannole, e dassi per moglie a Minghino. , Pampinea 6 - Gian di Procida trovato con una giovane amata da lui, e stata data al re Federigo, per dovere essere arso con lei è legato ad un palo; riconosciuto da Ruggieri de Loria, campa e divien marito di lei. Giovanni da Procida, Federico II del Sacro Romano Impero, Ruggiero di Lauria , Lauretta 7 - Teodoro, innamorato della Violante figliuola di messere Amerigo suo signore, la 'ngravida ed è alle forche condannato; alle quali frustandosi essendo menato, dal padre riconosciuto e prosciolto, prende per moglie la Violante. , , Filomena 8 - Nastagio degli Onesti, amando una de' Traversari, spende le sue ricchezze senza essere amato. Vassene, pregato da' suoi, a Chiassi; quivi vede cacciare ad un cavaliere una giovane e ucciderla e divorarla da due cani. Invita i parenti suoi e quella donna amata da lui ad un desinare, la quale vede questa medesima giovane sbranare; e temendo di simile avvenimento prende per marito Nastagio. Nastagio degli Onesti Ravenna Fiammetta 9 - Federigo degli Alberighi ama e non è amato e in cortesia spendendo si consuma e rimangli un sol falcone, il quale, non avendo altro dà a mangiare alla sua donna venutagli a casa; la quale, ciò sappiendo, mutata d'animo, il prende per marito e fallo ricco. , , Dioneo 10 - Pietro di Vinciolo va a cenare altrove; la donna sua si fa venire un garzone; torna Pietro; ella il nasconde sotto una cesta da polli; Pietro dice essere stato trovato in casa d'Ercolano, con cui cenava, un giovane messovi dalla moglie; la donna biasima la moglie d'Ercolano; uno asino per isciagura pon piede in su le dita di colui che era sotto la cesta; egli grida; Pietro corre là, vedelo cognosce lo 'nganno della moglie con la quale ultimamente rimane in concordia per la sua tristezza. , , Sesta giornata [modifica] La sesta giornata cade di mercoledì e regna Elissa; il tema è quello delle risposte pronte e argute che permettono di togliersi d'impaccio o da una situazione pericolosa. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Filomena 1 - Un cavaliere dice a madonna Oretta di portarla con una novella a cavallo, e malcompostamente dicendola, è da lei pregato che a piè la ponga. Madonna Oretta, Cavaliere campagna di Firenze Pampinea 2 - Cisti fornaio con una sola parola fa raveder messer Geri Spina d'una sua trascutata domanda. Cisti fornaio, Geri Spini, un servo Firenze, chiesa di Santa Maria degli Ughi Lauretta 3 - Monna Nonna de' Pulci con una presta risposta al meno che onesto motteggiare del vescovo di Firenze silenzio impone. Vescovo Antonio, Dego della Ratta, Nonna de' Pulci Firenze, Barcellona Neifile 4 - Chichibio, cuoco di Currado Gianfigliazzi, con una presta parola a sua salute l'ira di Currado volge in riso, e sé campa dalla mala ventura minacciatagli da Currado. Chichibio, donna Brunetta, Currado Gianfigliazzi Firenze, Venezia Panfilo 5 - Messer Forese da Rabatta e maestro Giotto dipintore, venendo di Mugello, l'uno la sparuta apparenza dell'altro motteggiando morde. Forese da Rabatta, Giotto Mugello Fiammetta 6 - Pruova Michele Scalza a certi giovani come i Baronci sono i più gentili uomini del mondo o di maremma, e vince una cena. Michele Scalza, Neri Vanni, Piero di Fiorentino Firenze Filostrato 7 - Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare. Madonna Filippa, Lazzarino di Guazzaliatri, Rinaldo de' Pugliesi Prato Emilia 8 - Fresco conforta la nepote che non si specchi, se gli spiacevoli, come diceva, l'erano a veder noiosi. Fresco da Celatico, Cesca Firenze Elissa 9 - Guido Cavalcanti dice con un motto onestamente villania a certi cavalier fiorentini li quali soprappresso l'aveano. Guido Cavalcanti, Betto Brunelleschi Firenze Dioneo 10 - Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell'agnolo Gabriello; in luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono san Lorenzo. Frate Cipolla, Giovanni del Bragoniera, Biagio Pazzini, Guccio Porco, Nuta Certaldo Settima giornata [modifica] La settima giornata, giovedì, regna Dioneo e si narra delle beffe fatte dalle donne, per amore o per paura, ai loro mariti. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Emilia 1 - Gianni Lotteringhi ode di notte toccar l'uscio suo; desta la moglie, ed ella gli fa accredere che egli è la fantasima; vanno ad incantare con una orazione, e il picchiar si rimane. Gianni Lotteringi, monna Tessa, Federigo di Neri Pegolatti vicino Firenze Filostrato 2 - Peronella mette un suo amante in un doglio, tornando il marito a casa; il quale avendo il marito venduto, ella dice che venduto l'ha ad uno che dentro v'è a vedere se saldo gli pare. Il quale saltatone fuori, il fa radere al marito, e poi portarsenelo a casa sua. Peronella, marito, Giascrignari Napoli Elissa 3 - Frate Rinaldo si giace colla comare; truovalo il marito in camera con lei, e fannogli credere che egli incantava i vermini al figlioccio. Frate Rinaldo, madonna Agnesa, marito di madonna Agnesa, figlio Siena Lauretta 4 - Tofano chiude una notte fuor di casa la moglie, la quale, non potendo per prieghi rientrare, fa vista di gittarsi in un pozzo e gittavi una gran pietra. Tofano esce di casa e corre là, ed ella in casa le n'entra e serra lui di fuori, e sgridandolo il vitupera. Tofano, monna Ghita Arezzo Fiammetta 5 - Un geloso in forma di prete confessa la moglie, al quale ella dà a vedere che ama un prete che viene a lei ogni notte; di che mentre che il geloso nascostamente prende guardia all'uscio, la donna per lo tetto si fa venire un suo amante, e con lui si dimora. ricco mercante geloso, moglie, Filippo Rimini Pampinea 6 - Madonna Isabella con Leonetto standosi, amata da un messer Lambertuccio, è da lui visitata; e tornando il marito di lei, messer Lambertuccio con un coltello in mano fuor di casa ne manda, e il marito di lei poi Leonetto accompagna. madonna Isabella, marito, Lionetto, Lambertuccio Firenze Filomena 7 - Lodovico discuopre a madonna Beatrice l'amore il quale egli le porta; la qual manda Egano suo marito in un giardino in forma di sé, e con Lodovico si giace; il quale poi levatosi, va e bastona Egano nel giardino. Ludovico (Anichino), Beatrice, Egano dei Galluzzi Bologna Neifile 8 - Un diviene geloso della moglie, ed ella, legandosi uno spago al dito la notte, sente il suo amante venire a lei. Il marito se n'accorge, e mentre seguita l'amante, la donna mette in luogo di sé nel letto un'altra femina, la quale il marito batte e tagliale le trecce, e poi va per li fratelli di lei, li quali, trovando ciò non esser vero, gli dicono villania. Arriguccio Berlingeri, Sismonda, Ruberto, fratelli di Sismunda Firenze Panfilo 9 - Lidia moglie di Nicostrato ama Pirro, il quale, acciò che credere il possa, le chiede tre cose, le quali ella gli fa tutte; e oltre a questo in presenza di Nicostrato si sollazza con lui, e a Nicostrato fa credere che non sia vero quello che ha veduto. Pirro, Lidia, Nicostrato, Lusca Argo Dioneo 10 - Due sanesi amano una donna comare dell'uno; muore il, compare e torna al compagno secondo la promessa fattagli, e raccontagli come di là si dimori. Tingoccio Mini, Meuccio Tura, monna Mita Siena Ottava giornata [modifica] L'ottava giornata, domenica, regna Lauretta e si narra di qualunque tipo di beffa. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Neifile 1 - Gulfardo prende da Guasparruolo denari in prestanza, e con la moglie di lui accordato di dover giacer con lei per quegli, sì gliele dà, e poi in presenzia di lei a Guasparruolo dice che a lei gli diede, ed ella dice che è il vero. Gulfardo, Guasparuolo Cagastraccio, madonna Ambruogia Milano Panfilo 2 - Il Prete da Varlungo si giace con monna Belcolore; lasciale pegno un suo tabarro; e accattato da lei un mortaio, il rimanda e fa domandare il tabarro lasciato per ricordanza; rendelo proverbiando la buona donna. Prete di Varlungo, monna Belcore, Bentivegna del Mazzo Varlungo Elissa 3 - Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per lo Mugnone vanno cercando di trovar l'elitropia, e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia, ed egli turbato la batte, e a' suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui. Calandrino, Bruno e Buffalmacco, Maso del Saggio Firenze e rive del Mugnone Emilia 4 - Il proposto di Fiesole ama una donna vedova; non è amato da lei, e credendosi giacer con lei, giace con una sua fante, e i fratelli della donna vel fanno trovare al vescovo suo. Prevosto di Fiesole, monna Piccarda, fratelli di monna Piccarda, Ciutazza, vescovo Fiesole Filostrato 5 - Tre giovani traggono le brache ad un giudice marchigiano in Firenze, mentre che egli, essendo al banco, teneva ragione. Messere Nicola di San Lepido, Maso del Saggio, Ribi, Matteuzzo Firenze Filomena 6 - Bruno e Buffalmacco imbolano un porco a Calandrino; fannogli fare la sperienzia da ritrovarlo con galle di gengiovo e con vernaccia, e a lui ne danno due, l'una dopo l'altra, di quelle del cane confettate in aloè, e pare che l'abbia avuto egli stesso; fannolo ricomperare, se egli non vuole che alla moglie il dicano. Calandrino, Bruno e Buffalmacco, prete campagna di Firenze Pampinea 7 - Uno scolare ama una donna vedova, la quale, innamorata d'altrui, una notte di verno il fa stare sopra la neve ad aspettarsi; la quale egli poi, con un suo consiglio, di mezzo luglio ignuda tutto un dì la fa stare in su una torre alle mosche e a' tafani e al sole. Riniero, Elena, amante di Elena Firenze Fiammetta 8 - Due usano insieme; l'uno con la moglie dell'altro si giace; l'altro, avvedutosene, fa con la sua moglie che l'uno è serrato in una cassa, sopra la quale, standovi l'un dentro, l'altro con la moglie dell'un si giace. Spinelloccio Tavene, Zeppa di Mino, moglie di Spinelloccio, moglie di Zeppa Siena Lauretta 9 - Maestro Simone medico, da Bruno e da Buffalmacco, per esser fatto d'una brigata che va in corso, fatto andar di notte in alcun luogo, è da Buffalmacco gittato in una fossa di bruttura e lasciatovi. Maestro Simone,Bruno e Buffalmacco Firenze Dioneo 10 - Una ciciliana maestrevolmente toglie ad un mercatante ciò che in Palermo ha portato; il quale, sembiante faccendo d'esservi tornato con molta più mercatantia che prima, da lei accattati denari, le lascia acqua e capecchio. Niccolò da Cignano detto Salabetto, madama Iancofiore, Pietro Camigiano Palermo, Napoli Nona giornata [modifica] Nella nona giornata, martedì, la regina è Emilia e ciascuno racconta ciò che più gli piace. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Filomena 1 - Madonna Francesca, amata da uno Rinuccio e da uno Alessandro, e niuno amandone, col fare entrare l'un per morto in una sepoltura, e l'altro quello trarne per morto, non potendo essi venire al fine imposto, cautamente se gli leva da dosso. Alessandro Chiarmontesi, Rinuccio Palermini, Francesca de' Lazzari Firenze, Pistoia Elissa 2 - Levasi una badessa in fretta e al buio per trovare una sua monaca, a lei accusata, col suo amante nel letto; ed essendo con lei un prete, credendosi il saltero de' veli aver posto in capo, le brache del prete vi si pose; le quali vedendo l'accusata e fattalane accorgere, fu diliberata, ed ebbe agio di starsi col suo amante. Isabetta, amante,badessa Usimbalda, prete, monache Lombardia Filostrato 3 - Maestro Simone, ad instanzia di Bruno e di Buffalmacco e di Nello, fa credere a Calandrino che egli è pregno; il quale per medicine dà a' predetti capponi e denari, e guarisce della pregnezza senza partorire. Calandrino, Bruno e Buffalmacco, Nello, maestro Simone Firenze Neifile 4 - Cecco di messer Fortarrigo giuoca a Buonconvento ogni sua cosa e i denari di Cecco di messer Angiulieri, e in camicia correndogli dietro e dicendo che rubato l'avea, il fa pigliare a' villani e i panni di lui si veste e monta sopra il pallafreno, e lui, venendosene, lascia in camicia. Cecco di messer Fortarrigo, Cecco Angiolieri Siena, Buonconvento, Marca d'Ancona, Corsignano Fiammetta 5 - Calandrino s'innamora d'una giovane, al quale Bruno fa un brieve, col quale come egli la tocca, ella va con lui, e dalla moglie trovato, ha gravissima e noiosa quistione. Calandrino, Bruno e Buffalmacco, Nello, Filippo Cornacchini, la Niccolosa, monna Tessa Camerata Panfilo 6 - Due giovani albergano con uno, de' quali l'uno si va a giacere con la figliuola, e la moglie di lui disavvedutamente si giace con l'altro. Quegli che era con la figliuola, si corica col padre di lei e dicegli ogni cosa, credendosi dire al compagno. Fanno romore insieme. La donna, ravvedutasi, entra nel letto della figliuola, e quindi con certe parole ogni cosa pacefica. Pinuccio, Adriano, buon uomo, moglie del buon uomo, Niccolosa, fratellino Pian del Mugnone Pampinea 7 - Talano d'Imolese sogna che uno lupo squarcia tutta la gola e 'l viso alla moglie; dicele che se ne guardi; ella nol fa, e avvienle. Talano d'Imolese, Margherita contado vicino Firenze Lauretta 8 - Biondello fa una beffa a Ciacco d'un desinare, della quale Ciacco cautamente si vendica, faccendo lui sconciamente battere. Biondello, Ciacco, Corso Donati, messere Filippo Firenze Emilia 9 - Due giovani domandano consiglio a Salamone, l'uno come possa essere amato, l'altro come gastigar debba la moglie ritrosa. All'un risponde che ami, all'altro che vada al Ponte all'oca. Melisso, Gisefo, moglie di Gisefo, Salomone Gerusalemme, Antiochia, Laiazzo Dioneo 10 - Donno Gianni ad istanzia di compar Pietro fa lo 'ncantesimo per far diventar la moglie una cavalla; e quando viene ad appiccar la coda, compar Pietro, dicendo che non vi voleva coda, guasta tutto lo 'ncantamento. Donno Giovanni Barolo, Pietro da Tresanti, comar Gemmata Barletta, Tresanti Decima giornata [modifica] La decima e ultima giornata cade di mercoledì, sotto il regno di Panfilo, e si narra di chi, con cortesia e magnanimità, ha avuto avventure d'amore o di altro genere. Narratore Novella Personaggi Luoghi citati Neifile 1 - Un cavaliere serve al re di Spagna; pargli male esser guiderdonato, per che il re con esperienzia certissima gli mostra non esser colpa di lui ma della sua malvagia fortuna, altamente donandogli poi. Ruggeri de'Figgiovanni, Alfonso re di Spagna, famigliare del re Spagna Elissa 2 - Ghino di Tacco piglia l'abate di Clignì e mèdicalo del male dello stomaco, e poi il lascia; il quale, tornato in corte di Roma, lui riconcilia con Bonifazio papa, e fallo friere dello Spedale. Ghino di Tacco, abate di Clignì, Papa Radicofani, Roma Filostrato 3 - Mitridanes, invidioso della cortesia di Natan, andando per ucciderlo, senza conoscerlo capita a lui, e da lui stesso informato del modo, il truova in un boschetto, come ordinato avea; il quale riconoscendolo si vergogna, e suo amico diviene. Mitridanes, Natan Cattaio Lauretta 4 - Messer Gentil de' Carisendi, venuto da Mòdona, trae della sepoltura una donna amata da lui, sepellita per morta, la quale riconfortata partorisce un figliuol maschio; e messer Gentile lei ed il figliuolo restituisce a Niccoluccio Caccianimico marito di lei. Gentil Carisendi, madonna Catalina, Niccoluccio Caccianemico, figlio Gentile Modena, Bologna Emilia 5 - Madonna Dianora domanda a messer Ansaldo un giardino di gennaio bello come di maggio; messere Ansaldo con l'obligarsi ad uno nigromante gliele dà; il marito le concede che ella faccia il piacere di messer Ansaldo, il quale, udita la liberalità del marito, l'assolve della promessa, ed il nigromante, senza volere alcuna cosa del suo, assolve messer Ansaldo. Madonna Dianora, Gilberto, Ansaldo Gradense, negromante Udine Fiammetta 6 - Il re Carlo vecchio vittorioso, d'una giovinetta innamoratosi, vergognandosi del suo folle pensiero, lei ed una sua sorella onorevolmente marita. Carlo d'Angiò, Guido di Monforte, Neri degli Uberti, Ginevra e Isotta Castellammare di Stabia, Reggia di Quisisana, Firenze Pampinea 7 - Il re Piero, sentito il fervente amore portatogli dalla Lisa inferma, le conforta, e appresso ad un gentil giovane la marita; e lei nella fronte baciata, sempre poi si dice suo cavaliere. Pietro di Raona, Bernardo Puccini, Lisa Puccini, Minuccio d'Arezzo, Mico da Siena, Perdicone Filomena 8 - Sofronia, credendosi esser moglie di Gisippo, è moglie di Tito Quinzio Fulvo, e con lui se ne va a Roma; dove Gisippo in povero stato arriva, e credendo da Tito esser disprezzato, sé avere uno uomo ucciso, per morire, afferma; Tito, riconosciutolo, per iscamparlo, dice sé averlo morto, il che colui che fatto l'avea vedendo, sé stesso manifesta; per la qual cosa da Ottaviano tutti sono liberati, e Tito dà a Gisippo la sorella per moglie e con lui comunica ogni suo bene. Tito Quinzio Fulvo, Cremete, Grisippo, Sofronia, Plubio Ambusto, Ottaviano, sorella di Tito Atene, Roma Panfilo 9 - Il Saladino in forma di mercante è onorato da messer Torello; fassi il passaggio; messer Torello dà un termine alla donna sua a rimaritarsi; è preso, e per acconciare uccelli viene in notizia del soldano; il quale, riconosciutolo e sé fatto riconoscere, sommamente l'onora; messer Torello inferma, e per arte magica in una notte n'è recato a Pavia, e alle nozze, che della rimaritata sua moglie si facevano, da lei riconosciuto, con lei a casa sua se ne torna. Saladino, Torello di Strà da Pavia, moglie di Torello Milano, Pavia, Alessandria, Acri Dioneo 10 - Il marchese di Saluzzo, da' prieghi de' suoi uomini costretto di pigliar moglie, per prenderla a suo modo, piglia una figliuola d'un villano, della quale ha due figlioli, li quali le fa veduto di uccidergli; poi, mostrando lei essergli rincresciuta e avere altra moglie presa, a casa faccendosi ritornare la propria figliuola come se sua moglie fosse, lei avendo in camicia cacciata e ad ogni cosa trovandola paziente, più cara che mai in casa tornatalasi, i suoi figliuoli grandi le mostra, e come marchesana l'onora e fa onorare. Gualtieri marchese di Saluzzo, Griselda, Giannucole, figlio e figlia Saluzzo, Bologna Altri progetti [modifica] Commons contiene file multimediali su Struttura del Decameron Portale Letteratura Portale Medioevo Categoria: Decameron

Wednesday, April 25, 2012

Orombello (Bellini, "Beatrice di Tenda")

Speranza --- Vincenzo (Salvatore Carmelo Francesco) Bellini (1801-1835) Beatrice di Tenda: Tragedia lirica in 2 Atti, è stata rappresentata a Venezia (Teatro la Fenice) il 16 marzo del 1833 Personaggi Filippo Maria Visconti, duca di Milano, baritono. Beatrice, contessa di Tenda, sua moglie, soprano Agnese del Majno, sua damigella di corte e amante di Filippo (Mezzosoprano) ********************************** Orombello, signore di Ventimiglia, cugino di Beatrice e suo confidente, tenore. Anichino, amico di Orombello, tenore. Rizzardo del Majno, fratello di Agnese, tenore. Cortigiani, giudici, ufficiali, armigeri, dame e damigelle, soldati La scena è nel Castello di Binasco. L'epoca è dell'anno 1418. ATTO PRIMO SCENA PRIMA Atrio interno nel castello di Binasco. Un'ala di palazzo è illuminata. Tutto indica che in quello ha luogo una festa. Alcuni cortigiani attraversano la scena, e s'incontrano in Filippo. CORO Tu, signor! lasciar sì presto Così splendida assemblea? FILIPPO M'è importuna... io la detesto... Per colei che n'è la dea. CORO Beatrice! FILIPPO Si: di peso Emmi il nodo a cui son preso. Non regnar che per costei! Simular gli affetti miei! Un molesto amor soffrire, Un geloso rampognar! È tal noia, è tal martire Ch'io non basto a tollerar. CORO Sì: ben parli... è grave il giogo... Ma spezzarlo non potrai? FILIPPO Io lo bramo. CORO E pieno sfogo A tua brama a che non dai? Sei Visconti... Duca sei, Sei maggior, signor di lei... Se più soffri, se più taci, Non mai paghi, ognor più audaci I vassalli in lei fidanti Ponno un dì mancar di fè. Non lasciar che più si vanti Degli stati che ti diè. (Sono interrotti dalla musica che parte dal palazzo. Porgono attentamente l'orecchio: odesi la voce di Agnese che canta la seguente romanza) I. AGNESE Ah! non pensar che pieno Sia nel poter diletto: Senza un soave affetto Pena anche in trono un cor. FILIPPO O Agnese! è vero. CORO Il suo canto seconda il tuo pensiero. II. AGNESE Dove non ride amore Giorno non v'ha sereno: Non ha la vita un fiore, Se non lo nutre amor. FILIPPO Né più fia lieta D'un sol fiore la mia! CORO Beatrice il vieta. Ah! se tu fossi libero Come gioir potresti! Di quante belle ha Italia Nobil desio saresti: Tutte a piacerti intese, Tutte le avresti al piè. FILIPPO Tutte! (O divina Agnese! Tu basteresti a me. Come t'adoro, e quanto Solo il mio cor può dirti: Gioja mi sei nel pianto, Pace nel mio furor. Se della terra il trono Dato mi fosse offrirti, Ah! non varrebbe il dono, Cara del tuo bel cor) CORO Di spezzar gli odiati nodi Il pensier depor non déi: Se d'un'altra amante sei, L'arti sue t'insegni amor. FILIPPO e CORO Forse già disposti i modi Ne ha fortuna in suo segreto; E non manca a far mi/ti lieto. Che sorprenderne il favor. (Partono) SCENA SECONDA Anichino e Orombello. ANICHINO Soli siam qui - Liberamente io posso Svelarti il mio timor. OROMBELLO Che temi? ANICHINO Io temo Il cieco amor che ognun ti legge in volto. O figlio in te rivolto Era ogni sguardo, e più di tutti Agnese Di spiar non cessava i moti tuoi: Ah! Beatrice e te perder tu vuoi. OROMBELLO Salvarla io voglio. - In propria corte schiava La compiangon le genti: e quanti han prodi Del Tanaro le sponde e del Ticino Che dell'eroe Facino La videro sul trono, apprestan l'armi A vendicarla ed a spezzar suoi nodi. ANICHINO Di Filippo non sai l'arti e le frodi? E dove ancor sovrana Foss'ella appieno, l'alta donna è troppo Gelosa di sua fama Per nutrire tue speranze... OROMBELLO Ella pur m'ama. ANICHINO Che dici tu? t'ama? OROMBELLO Sì, m'ama... il credi... ANICHINO Tremar mi fai. OROMBELLO Mira. (Mostra un biglietto) ANICHINO Qual foglio! OROMBELLO Un paggio Mel diè furtivo, e mi sparì d'innanti. Odi... Fra pochi istanti, Prima dell'alba, ella in segreta stanza Mi attenderà... Scorta mi ho sommesso Un suono di liuto... ANICHINO Orombello!... ah! se vai, tu sei perduto. De' suoi nemici e tuoi Insidia è forse... OROMBELLO E per un dubbio speri Che a mia ventura io manchi?... Oh! Vedi... intorno Regna silenzio, e spente son le faci. Lasciami. ANICHINO Incauto!... OROMBELLO Ah! Taci… Non turbar la mia gioia... In quelle soglie Morte pur sia... la sfido. ANICHINO Oh! forsennato!:.. Abbi di te pietà. OROMBELLO Me tragge il fato. (Si scioglie da Anichino, ed entra frettolosamente nel palazzo. Anichino si allontana dolente) SCENA TERZA Appartamento di Agnese. Agnese siede inquieta ad un tavolino: un liuto è sovr'esso. Dopo alcuni momenti si alza, e va spiando alla porta come persona che attende qualcuno. Verrà - non mente il paggio... Gioir lo vide, e l'amoroso foglio Premersi al cor - Oh! sì, verrà. - Ti calma, Dubbiosa e timid'alma, Né sospetto ti dia breve dimora; Forse ogni loggia non è sgombra ancora. Regna una volta, o sonno... E tu più tardo Le tenebre a fugar t'affaccia, o giorno. Silenzio - È notte intorno, Profonda notte. -Del liuto il suono Ti sia duce, amor mio. (Prelude sul liuto, indi si arresta e porge l'orecchio) Udiamo. - Alcun s'appressa. SCENA QUARTA Orombello entra frettoloso, e guardingo. Appena scopre Agnese si ferma maravigliato e guardando d'intorno. OROMBELLO Ove son io? AGNESE Onde così sorpreso? Inoltrate. OROMBELLO Perdono. - Udìa... passando... Soavi note... e me traea vaghezza Di saper da che man venian destate. Perdono, Agnese... (Per partire) AGNESE Uscite voi? - Restate. - Sedete. OROMBELLO (O ciel!) AGNESE Sedete. - E fia pur vero Che curiosa brama Sol vi spingesse? OROMBELLO (Oh! incauto me!) AGNESE Null'altro Desir fu il vostro? OROMBELLO E qual, Contessa? AGNESE E in queste Ore sì tarde non può forse un core Vegliar co' suoi pensieri... e sospirando Confidar al liuto un caro nome... Il nome d'Orombello? OROMBELLO Il nome mio? Chi mai? AGNESE Che val tacerlo? Avvi. OROMBELLO (Gran Dio!) AGNESE Voi fra il ducal corteggio Non veggo io forse? Sospirar non v'odo? Gemer sommesso?... OROMBELLO (Oh! che mai sento?) AGNESE Un giorno Si riscontrar i nostri occhi intenti e fissi Egli ama, egli ama, io dissi... Degno è d'amor, più che non sia mortale... Più che l'altero suo rival... OROMBELLO (alzandosi) Rivale! AGNESE Sì: rival... regnante. OROMBELLO (Ciel! che ascolto!) AGNESE Ma che giova? Nulla è un regno ad alma amante: Più che un trono in voi ritrova... Ogni ben che in terra è dato È per essa il vostro amor. OROMBELLO (Tutto, ah! tutto è a lei svelato... Simular che giova ancor?) AGNESE Né vi basta?... OROMBELLO O Agnese! AGNESE E un foglio Un suo foglio non aveste? OROMBELLO L'ebbi... ah! sì... fidar mi voglio... Amo, è vero, e in questo amore È riposto il ciel per me. AGNESE (Al piacer resisti, o core. Chi beato al par di te?) OROMBELLO Oh! celeste Beatrice! AGNESE (con un grido) Ella! OROMBELLO Agnese!... (correndo a lei sbigottito) AGNESE Oh! me infelice! OROMBELLO Ciel! che feci? AGNESE (con disperazione) Amata ell'è! Ella amata! ed io schernita!... Io delusa!... ahi crudo arcano! OROMBELLO Ah! pietade... la sua vita, La sua fama è in vostra mano! AGNESE E la mia?... la mia... spietato! Nulla è dunque agli occhi tuoi? Ah! l'incendio in me destato Spegni in pria, se tu lo puoi... Fa che un'ombra, un sogno sia La mia pena e. l'onta mia... Ed allora... allor capace Di pietà per lei sarò. OROMBELLO M'odi, ah! m'odi.. ah! tu non sei Né oltraggiata, né schernita. Per calmarti io spenderei Il mio sangue, la mia vita... Me perdona se costretto Da potente immenso affetto Tutto il prezzo del tuo core Il mio cor sentir non può. AGNESE Taci, taci. OROMBELLO Ah! no... AGNESE T'invola... L'ira mia di più s'accende. OROMBELLO Ah! crudele, da te sola La sua vita omai dipende. AGNESE Fa che un'ombra, un sogno sia La mia pena e l'onta mia, Ed allora, allor capace Di pietà per lei sarò. OROMBELLO Ah! perdona se costretto Da potente, immenso affetto, Tutto il prezzo del tuo core Il mio cor sentir non può. (Agnese lo accommiata minacciosa, Orombello si allontana) SCENA QUINTA AGNESE (sola) Ogni mia speme è al vento... A vano amore Sottentrò la vendetta... Essa, o Filippo, A te mi getta in braccio - Ah! negli abissi Mi getti ancora, perché sia punito Chi mi schernì, purché non resti inulto Il mio rossore estremo, e il mio cordoglio Mi fia compenso d'Orombello... un soglio. (Parte) SCENA SESTA Boschetto nel Giardino Ducale. Beatrice esce correndo; le sue Damigelle la seguono. BEATRICE Respiro io qui... Fra queste piante ombrose, All'olezzar de' fiori, a me più dolce Sembra il raggio del dì. (Siede) DAMIGELLE Come ogni cosa Il suo sorriso allegra, A voi dolente ed egra Rechi conforto ancor! BEATRICE Oh! mie fedeli! Quando offeso il suo stelo il fior vien meno, Più ravvivar nol puote il Sol sereno, Quel fior son io: così languir m'è forza, Lentamente perir. - Ah! non è questa La mercé ch'io sperai d'averti accolto E difeso, o Filippo, e al soglio alzato! DAMIGELLE Misera! è ver. BEATRICE Che non mi dee l'ingrato? (Mala sola, oimè! son io, Che penar per lui si veda? O mie genti! o suol natio! Di chi mai vi diedi in preda? Ed io stessa, ed io potei Soggettarvi a tal signor?) DAMIGELLE (Ella piange) BEATRICE (Oh! regni miei!) DAMIGELLE (Smania, freme..) BEATRICE (Oh! mio rossor!) Ah! la pena in lor piombò Dell'amor che mi perdé; I martir dovuti a me Il destino a lor serbò. Ma se in ciel sperar si può Un sol raggio di pietà, La costanza a noi darà, Se la pace ne involò. DAMIGELLE (Ah! per sempre non sarà Vilipesa la virtù: Più contenta e bella più Dalle pene sorgerà) SCENA SETTIMA Mentre Beatrice si allontana colle sue damigelle, entrano Filippo e Rizzardo. Ambidue l'osservano in silenzio da lontano. RIZZARDO Vedi?... La tua presenza Fugge sdegnosa. FILIPPO Ove fuggir può tanto Che non la segua il mio vegliante sguardo? Va, la raggiungi. (Rizzardo parte) Io fremo d'ira ed ardo. D'esser da lei tradito Duolmi così? Non lo bramai finora? Non ne cercai, non ne sperai le prove? SCENA OTTAVA Beatrice e Filippo. BEATRICE Tu qui, Filippo? FILIPPO E altrove Poss'io trovarti, che in segreti luoghi, Ove misteriosa ognor t'aggiri? BEATRICE Sì... non vo' testimoni a' miei sospiri. E a te celarli io tento, Più che ad altrui. Troppo ti son molesti Già da gran tempo. FILIPPO Né molesti mai Stati sarian, se la cagion verace Detta ne avessi. BEATRICE Oh! ben ti è nota... e grave Più me la rende il simular che fai Tu d'ignorarla. FILIPPO E ch'io la ignori speri? Non sai che i tuoi pensieri, E i più segreti, e i più gelosi e rei Io ti leggo cogli occhi, in fronte, in core? BEATRICE Io rei pensieri!!! e quali? FILIPPO Odio e livore. BEATRICE Odio e livore! - ingrato! Né il pensi tu, né il credi, Duolo d'un cor piagato, Pianto d'amor vi vedi, Speme delusa, e smania Di gelosia crudel. FILIPPO Smania gelosa, è vero, Negli occhi tuoi si stampa... Ma gelosia d'impero, Ma d'altro amore è vampa, Ma l'ira insieme e l'onta D'un'anima infedel. BEATRICE Filippo! FILIPPO Sì: spergiura! Più simular non giova. BEATRICE Filippo!! FILIPPO Ho in man sicura Del tuo fallir la prova. Trema. BEATRICE Filippo!!! Basti. FILIPPO La tua perfidia è qui... (Cava un portafogli) BEATRICE Ciel!... violare osasti... Tu i miei segreti? FILIPPO Io... Si. Qui di ribelli sudditi Soffri le mire audaci: D'un temerario giovane Qui dell'ardor ti piaci... E a me delitti apponi? E a me d'amor ragioni? Oh! non ti avrei sì perfido Giammai creduto il cor. BEATRICE Questi d'amanti popoli Voti e lamenti sono. S'io gli ascoltassi, o barbaro Meco saresti in trono? Oh! non voler fra questi Vili cercar pretesti. Se amar non puoi, rispettami... Mi lascia almen l'onor. Quei fogli, o Filippo - quei fogli mi rendi. Infami il tuo nome. FILIPPO E tanto pretendi? BEATRICE Non farti quest'onta: io sono innocente... FILIPPO No, tutto t'accusa: tua l'onta sarà. BEATRICE Filippo! (Supplichevole) FILIPPO Ti scosta. BEATRICE Tel chiedo piangente... La morte piuttosto... FILIPPO Attendila... va. (A2) BEATRICE (sorgendo) Spietato! codardo! eccesso cotanto Mi rende a me stessa, impietra il mio pianto: Paventa lo sdegno d'un'anima offesa, Il grido d'un core che macchia non ha. Il mondo che invoco, che io chiamo in difesa, Il mondo d'entrambi giustizia farà. FILIPPO Del fallo cancella, distruggi la traccia... Annientala; indegna! poi fremi e minaccia... Poi vanta costanza, poi spera che illesa Sarà la tua vita, tua fama sarà. Il mondo che invochi, che chiami in difesa, Il mondo d'entrambi vendetta farà! (Beatrice parte) SCENA NONA Filippo e Rizzardo. FILIPPO Udisti? RIZZARDO Udii. FILIPPO Libero troppo all'ira Il freno io diedi. Se Orombel movesse Antica fè soltanto!... e se delusa, O menzognera, mi traesse Agnese A fallo estremo, a irreparabil danno! RIZZARDO E sospettar d'inganno Potresti, Agnese? Oltre ogni cosa in terra Prova pur dianzi a te non dava? FILIPPO È vero. RIZZARDO Fra Beatrice a lei Se' tu sospeso ancor? FILIPPO No... ma più grave, Onde giusto apparir d'Italia al guardo, Vuolsi cagione che non sia pretesto. RIZZARDO E l'avrai tale, e presto, Se vinci i dubbii tuoi, se intera fede Riponi in me. FILIPPO Tanto prometti? RIZZARDO E tanto Pur d'eseguir confido. FILIPPO E sia. Vieni: a tua suora, e a te mi fido. (Partono) SCENA DECIMA Parte rimota nel castello di Binasco: da un lato è la statua di Facino Cane. Un drappello d’Armigeri esce dal corridoio e s'innoltra guardingo. Coro. 1 Lo vedeste? 2 Sì: fremente Ei ci parve, e insiem confuso. 1 Nulla ei disse? 2 No: tacente Ei si tenne, e in sé rinchiuso. 1 Or dov'è? 2 Qua e là s'aggira, Qual chi scopo alcun non ha. 1 Finge invan: l'amore o l'ira A tradirsi il porterà. TUTTI Arte egual si ponga in opra; Nulla sfugga agli occhi nostri, Ma spiarlo alcun non mostri, Né seguirlo ovunque va. Vel non fra, per quanto il copra, Che da noi non sia squarciato, S'ei si stima inosservato, S'ei si crede in securtà. (Si allontanano) SCENA UNDICESIMA Beatrice sola, indi Orombello BEATRICE Il mio dolore, e l'ira... inutil ira... S'asconda a tutti. - Oh! potess'io celarla A te, Facino!... a te obbliato, o prode, Appena estinto, a te, che forse or miri Siccome tua vendetta ogni mio scorno. (Si prostra sul monumento) Deh! se mi amasti un giorno, Non m'accusar - Sola, deserta, inerme Io mi lasciai sedurre... e caro assai Della mia debolezza io pago il fio. (Esce Orombello) Mi abbandona ciascun. OROMBELLO Ciascun non io. BEATRICE Chi vedo? tu Orombello! Tu qui furtivo? OROMBELLO Della tua sventura Favellan tutti - Opro sol io - Le lunghe Dubbiezze tue vincer tu devi alfine, Usar del tuo poter. Io tutto ho corse Le terre a te sogette, e mille in tutte Fedeli braccia a tua difesa armai. Vieni - Si spieghi ormai Di Facino il vessillo; e di tue genti Vendica i dritti offesi e i propri insulti. BEATRICE Son essi al colmo, e non saranno inulti . OROMBELLO Oh! gioja! Appena annotti, Fuggirem queste mura e di Tortona Ci accorranno i ripari... Ivi raggiunta Dai più prodi sarai... Solo prometti, Che non porrai più inciampo al mio disegno, Che meco in salvo ti vedrà l'aurora. BEATRICE Oh! che mai mi consigli? OROMBELLO E indugi ancora? BEATRICE A ciascun fidar vorrei, Fuor che a te la mia difesa. OROMBELLO Che dì tu? BEATRICE Sospetto sei... La mia fama io voglio illesa. OROMBELLO La tua fama! BEATRICE Sì - la fede Che in te pongo... amor si crede; La pietà che tu nudrisci... Tua pietà... creduta è amor. OROMBELLO Io.. lo So. BEATRICE Né inorridisci? OROMBELLO Ah! non legger nel mio cor. BEATRICE Qual favella! OROMBELLO Ah! tu v'hai letto. BEATRICE Io! t'acqueta... intesi... intesi... OROMBELLO Sì: d'immenso, estremo affetto Da' primi anni in te m'accesi... Coll'età si fè maggior... Si nutrì del tuo dolore... Mi sforzai celarlo invano... O perdono o morte avrò. BEATRICE Taci... parti... audace! insano! Oh! in qual cor più fiderò? OROMBELLO (prostrandosi) Deh! perdona. BEATRICE Sorgi. SCENA DODICESIMA Filippo, Rizzardo, Agnese con seguito, Anichino, indi Cavalieri, Dame e sol-dati. AGNESE (a Filippo) Vedi? FILIPPO Traditori! BEATRICE e OROMBELLO Oh! ciel! FILIPPO V'ho colti. Guardie! BEATRICE Arresta. FILIPPO Ed osi… e credi Poter sì che ancor t'ascolti? La tua colpa... BEATRICE Non seguire. Ella esiste in tuo desire. Ti conosco. FILIPPO E a mia vergogna Conosciuta or sei tu qui. OROMBELLO (L'ho perduta!) BEATRICE O vil rampogna! FILIPPO Puoi scolparti? CORO (Oh! infausto dì!) BEATRICE Al tuo core, al reo tuo core Lascio, indegno, il discolparmi; Cerchi invano, o traditore, D'avvilirmi, d'infamarmi. Ah! tal onta io meritai Quando a me quest'empio alzai. Dell'amor che mi ha perduta Sol tal frutto a me restò. FILIPPO A ben tristo e amaro prezzo Di tal donna ebb'io l'amore: Se il disprezzo è in me maggiore O lo sdegno io dir non so. OROMBELLO (Sconsigliato! in qual la trassi Di miseria abisso orrendo! Giusto ciel, neppur morendo L'error mio scontar potrò) AGNESE (Godi, esulta, o cor sprezzato, Del dolor di questo ingrato: Vide il tuo, lo vide estremo, Né pietà per te provò) ANICHINO (Ciel, tu sai com'io volea Prevenir sì ria sventura! Ah! fu vana ogni mia cura... Il destino l'affrettò) CORO (Tutto, ah! tutto a farla rea Qui congiura a un tempo istesso: Giusto ciel, d'innanzi ad esso Come mai scolpar si può?) FILIPPO Al castigo a lor dovuto Ambo in ferri custodite. BEATRICE E tu l'osi? FILIPPO Ho risoluto. BEATRICE L'empio l'osa!! OROMBELLO Duca, udite... Innocente è la duchessa... Insultata a torto è d'essa... Calunniata... FILIPPO Te, non lei, Traditor, difender déi. Va... BEATRICE Filippo! è troppo eccesso... Pensa ancor: ti puoi pentir. FILIPPO (alle guardie) Ubbidite! CORO Ah! certo è desso, Certo appien del suo fallir.. BEATRICE Né fra voi, fra voi si trova Chi si levi in mia difesa? Uom non avvi che si muova A favor di donna offesa? Ah! se onor più non ragiona, Se la terra m'abbandona, A te, vindice supremo, Io mi volgo e fido in te. OROMBELLO Deh! un momento un sol momento Un acciaro a me porgete, Se è colpevole, s'io mento, Alme perfide, vedrete. Oh! furor! inerme io fremo... Ah! più fè, più onor non v'è. FILIPPO Ite, iniqui! all'impossente Ira vostra io v'abbandono. Ogni core è qui fremente, Sa ciascun che offeso io sono: Pena estrema a fallo estremo Terra e ciel domanda a me. AGNESE (Questo, ingrato, il primo è questo Colpo in te di mia vendetta: Altro in breve, e più funesto Più terribile ne aspetta. Ambo miseri saremo; Sì... ma tu... più assai di me) ANICHINO e CORO Ah! quel nobile suo sdegno, Quel rossor di cui s'accende, D'innocenza è certo pegno, D'ogni accusa la difende... A te, giudice supremo, Noto è solo il reo qual è. (Beatrice e Orombello sono circondati dalle guardie) Cala il sipario ATTO SECONDO SCENA PRIMA Sala nel castello di Binasco preparata per tener tribunale. Guardie alle porte. Damigelle di Beatrice e Cortigiani. DAMIGELLE Lassa! E può il ciel permettere Questo giudizio infame? CORO Ella non può sottrarsene: Già cominciò l'esame. Possa dinanzi ai giudici Darvi fedele amore Forza e virtù maggiore Che ad Orombel non diè! DAMIGELLE Come! L'incauto, il debole Forse al timor cedè? CORO Dal tenebroso carcere, Ove rinchiuso ei venne, Al tribunal terribile Fermo si presentò. Quivi minacce e insidie Intrepido sostenne; Quivi martiri e spasimi, Quanti potea, sfidò. DAMIGELLE Ahi! sventurato! ahi misero! Né i barbari placò! CORO Tratto tre volte in aere, Tre volte in giù sospinto, Sol con profondi gemiti Prima il suo duol mostrò. Quindi spossato e livido, D'atro pallor dipinto, China la fronte e mutolo, Esanime sembrò. DAMIGELLE Ahi ferrei cori! Ahi barbari! Tanto il meschin penò? CORO Ma poi che gli occhi languidi Ebbe dischiusi appena... Quando il feroce strazio Anco apprestar mirò... Più non potendo reggere All'insoffribil pena: Sé confessò colpevole, Complice lei gridò. DAMIGELLE Ahi! sventurata! ahi misera! Niuno salvar la può. (Si allontanano) SCENA SECONDA Filippo, Anichino, soldati. FILIPPO Omai del suo destino arbitra solo Esser deve la legge. ANICHINO E qual v'ha legge Che a voi non ceda? - Oh! ve ne prego, o Duca, Per l'util vostro. A voi funesto io temo Questo giudizio: già ne corse il grido Per le vicine terre, e il popol freme, E lei compiange. FILIPPO Né Filippo il teme. Fino al novello dì sian di Binasco (ai soldati) Chiuse le porte, né venir vi possa, Né uscirne alcuno. - Allor che il popol veda Quest'idol suo di tanto error convinto, Dirà giustizia quel che forza or dice. ANICHINO E chi di Beatrice Retto giudice fia dove l'accusa Filippo intenti? FILIPPO Or basta... Omai pon modo al tuo soverchio zelo. Il Consiglio s'aduna. ANICHINO (Oh! istante! io gelo) SCENA TERZA Escono i Giudici, e si vanno a collocare ai loro posti. Rizzardo presiede al consiglio. Filippo siede in un seggio elevato. La scena si empie di dame e di cavalieri: in mezzo alle dame vedesi Agnese. ANICHINO (O troppo a mie preghiere Sordo Orombello! Fu presago jeri Il mio timor) (Va a sedersi anch'esso) AGNESE (Di mia vendetta è giunta L'ora bramata... eppur non sono io lieta, Qual mi sgomenta il cor voce segreta!) SCENA QUARTA Beatrice fra le guardie, e detti. GIUDICE Di grave accusa il peso Pende sul capo vostro - A noi d'innanzi Vi possiate scolpar! BEATRICE E chi vi diede Di giudicarmi il dritto? Ovunque io volga Gli occhi sorpresi, altro non veggio intorno Che miei vassalli. FILIPPO E il tuo sovran non vedi? Il tradito tuo sposo? BEATRICE Io veggo un empio Che i beneficii miei paga d'infamia, L'amor mio di vergogna. FILIPPO Amor tu dici Tramar co' miei nemici, Ribellarmi i vassalli e far mia corte Campo di tresche oscene Con citaredi, quanto abbietti, audaci, Chiami Filippo amar? BEATRICE Taci, deh! taci. Ferma udir posso ogni altra Accusa tua... ma il cor si scote e freme A sì vil taccia. Oh! non voler, Filippo, De' Lascari la figlia, e d'un eroe La vedova avvilir. GIUDICE Il reo t'accusa Complice tuo. - Venga Orombello. BEATRICE (Oh cielo! La mia virtù sostieni) GIUDICE Eccolo. SCENA QUINTA Orombello fra le guardie, e detti. AGNESE (Oh! come Lo ridusse infelice il furor mio!) OROMBELLO A quai nuovi martir tratto son io! GIUDICE Ti rinfranca: a noi t'appressa. Parla: e il ver conferma a lei. (Orombello appoggiato sulle guardie s'innoltra lentamente) BEATRICE Orombello! OROMBELLO (Oh! voce! è dessa... E morire io non potei!) BEATRICE Orombello!! – Oh sciagurato! Dal mentir che hai tu sperato? Viver forse? ah! dove io moro Vita speri da costoro? Tu morrai con me morrai, Ma qual reo, qual traditor. OROMBELLO Cessa, cessa. - Ah tu non sai... Di me stesso io son l'orror. Io soffrii... soffrii tortura Cui pensiero non comprende... Non poté la fral natura Sopportar le pene orrende... La mia mente vaneggiava... Il dolor, non io, parlava... Ma qui, teco, al mondo in faccia, Or che morte ne minaccia, Innocente io ti proclamo, Grido perfidi costor. BEATRICE Grazie, o cielo! AGNESE (Oh! mio rimorso!) ANICHINO (L'odi o Duca?) FILIPPO (L'odo e fremo) GIUDICE Troppo omai tu sei trascorso: Bada e trema. OROMBELLO Io più non tremo. Sol ch'io mora perdonato Da quest'angelo d'amor! FILIPPO e GIUDICE V'han supplizii, o forsennato, A strapparti il vero ancor. (Orombello si strascina verso Beatrice: essa gli va incontro e lo regge) BEATRICE Al tuo fallo ammenda festi Generosa, inaspettata. Il coraggio mi rendesti, Moro pura ed onorata... Ti perdoni il ciel clemente, Col mio labbro, col mio cor. OROMBELLO Non morrai: né ciel, né terra Soffrirà sì nero eccesso. A me stanco in tanta guerra, A me sia morir concesso. Mi offrirò col tuo perdono Lieto innanzi al mio signor. FILIPPO e GIUDICI (In quegli atti, in quegli accenti V'ha poter ch'io dir non posso, Cederesti ai lor lamenti, Ne saresti o cor commosso? No: sottentri a vil pietade Inflessibile rigor) AGNESE e DAMIGELLE (Ah! sul cor, sul cor mi cade Quel compianto e quel dolor) FILIPPO Poi che il reo smentì se stesso, Fia sospesa la sentenza? ANICHINO Sciorgli entrambi è mio pensiero: Fia giustizia la clemenza. FILIPPO Sciorgli? AGNESE Oh! gioja! GIUDICI No: non puoi, Vuol la legge i dritti suoi. Nuovo esame infra i tormenti Denno in pria subir costor. AGNESE, ANICHINO e DAMIGELLE (Ella pure!) BEATRICE (O iniqui!) OROMBELLO Oh! mostri! Chi porrà su lei le mani? Tuoni pria sui capi vostri, Tuoni il cielo... GIUDICI Si allontani. BEATRICE (ai Giudici) Deh! un istante... (a Filippo) Un solo accento Non temer di udir lamento... Sol t'avverto... Il ciel ti vede... O Filippo! hai tempo ancor. FILIPPO Va: pei rei non v'è mercede... Ti abbandono al suo rigor. BEATRICE (si volge ad Orombello e a lui si avvicina) Vieni, amico... insiem soffriamo: A soffrir per poco abbiamo. Il destin per breve pena Ci riserba eterno onor. OROMBELLO Teco io sono. AGNESE (Io reggo appena) ANICHINO (Oh! pietà! si spezza il cor) TUTTI FILIPPO e GIUDICI Ite entrambi, e poi che il vero Il rimorso non vi detta, Il supplizio che vi aspetta. Vi costringa, e strappi il vel. AGNESE e ANICHINO (Chi mi cela al mondo intero?) (O misfatto! ho in core un gel!) BEATRICE Ah! se in terra a tai tiranni È virtude abbandonata, D'una vita sventurata È la morte men crudel. OROMBELLO e BEATRICE Di costanza armiamo il core: Qui supplizii, onore in ciel. (Orombello e Beatrice partono fra le guardie da' lati opposti. Il consiglio si scioglie) SCENA SESTA Agnese e Filippo. Filippo rimane pensoso, e passeggia a lunghi passi. Agnese si avvicina ad esso tremante. AGNESE Filippo! FILIPPO Tu! - Ti appressa... D'uopo ho d'udir tua voce. AGNESE Oh! al cor ti scenda Pietosa sì, che al perdonar lo pieghi. FILIPPO Sei tu che preghi, Agnese! E per chi preghi? Vieni: ogni tema sgombra: Il regal serto è tuo. AGNESE Serto! Ah! piuttosto Si aspetta a me de' penitenti il velo. FILIPPO Agnese! AGNESE Innanzi al cielo, Innanzi al mondo, io rea mi sento... rea Della morte cui danni un'innocente. FILIPPO Qual dubbi or volgi, strani dubbi, in mente? Io sol rispondo, io solo Di quel reo sangue - Omai t'acqueta, e pensa Che ad altri tu non dei, fuor che all'amore, Di Beatrice il soglio. Ritratti. AGNESE Ah! mio Signor!... FILIPPO (severamente) Ritratti... il voglio. (Agnese parte piangendo): SCENA SETTIMA Filippo solo, indi Anichino, , Dame, Cortigiani. FILIPPO Rimorso in lei?... Dove io non ho rimorso Altri lo avrà? - Dove alcun l'abbia, il celi: Il mostrarlo è accusarmi. Esser tranquillo, Sereno io voglio - E il sono io forse, e il posso! No da terror percosso Mi sento io pur, qual se vicino avessi Terribil larva, qual se udissi intorno Una minaccia rimbombar sul vento - M'inganno?... o mi colpi flebil lamento! (Porge l'orecchio) No, non m'inganno... è dessa, Ch'io non n'oda la voce - Oh! chi s'appressa! (All'uscir di Anichino si ricompone) ANICHINO Filippo, la duchessa Non confessò... pur la condanna a morte Tutto il consiglio, e il nome tuo sol manca Alla mortal sentenza. (Filippo riceve la sentenza) FILIPPO Non confessò!! ANICHINO Costante è l'innocenza. CORO È in vostra man, signore, Dell'infelice il fato: Ceda il rigor placato Al grido di pietà. FILIPPO No... si resista... Il decreto fatal si segni alfine... (Si appressa al tavolino per segnare la sentenza: si arresta) Ah! non poss'io: mi si solleva il crine. Qui mi accolse oppresso, errante, Qui dié fine a mie sventure... Io preparo a lei la scure! Per amor supplizio io do! Ah! mai più d'uman sembiante Sostener potrò l'aspetto: Ah! nel mondo maledetto, Condannato in ciel sarò. CORO (Ella è salva, se un istante Il rimorso udire ei può) FILIPPO Ella viva. (Per stracciare la sentenza) Qual fragore! Chi si appressa? - Ite - vedete. (I cortigiani escono frettolosi) DAMIGELLE Crudo inciampo! FILIPPO Ebben? CORO Signore, Alle mura provvedete. Di Facin le bande antiche Si palesano nemiche, Osan chieder la duchessa, E Binasco minacciar. FILIPPO Ed io, vil, gemea per essa! M'accingeva a perdonar! Si eseguisca la sentenza. (Sottoscrive) CORO Ah! Signor pietà, clemenza. FILIPPO Non son'io che la condanno: È la sua, l'altrui baldanza. Empia lei, non me tiranno Alla terra io mostrerò. (Cada alfine, e tronco il volo Sia così di sua fidanza. Un sol trono, un regno solo Vivi entrambi unir non può) CORO (Ah! per lei non v'ha speranza. Il destin l'abbandonò) (Partono) SCENA OTTAVA Vestibolo terreno che mette alle prigioni del castello. Grand'arco a cui si ascende per una gradinata e dà accesso a lungo corridoio esterno. Damigelle, e famigliari di Beatrice escono dalle prigioni. Sono tutti vestiti a lutto. - D'ogni lato sentinelle. CORO Prega. - Ah! non sia la misera Nel suo pregar turbata. Mai non salì di martire Prece al Signor più grata: Né mai più puro spirito Ei contemplò dal cielo, Santo d'amor, di zelo, Santo del suo soffrir. Oh! la costanza impavida Onde sfidò i tormenti, Data le sia negli ultimi Terribili momenti! E la virtù che tentano Macchiare i suoi tiranni, Provin gli estremi affanni, Suggelli un pio morir! SCENA NONA Beatrice esce dalla prigione umilmente vestita, e coi capelli sugli omeri: passeggia lentamente e a fatica. Tutti la circondano inteneriti e in silenzio. BEATRICE Nulla diss'io... Di sovrumana forza Mi armava il cielo... Io nulla dissi, oh, giòja! Trionfai del dolor. - Perché piangete! Né con me v'allegrate? Io moro, o amici! Ma gloriosa, ma di mia virtute Nel manto avvolta. Non così gl'iniqui, Che calpestata e afflitta han l'innocenza!... Dell'iniqua sentenza L'universo gli accusi. CORO Ah! sì. BEATRICE Mia morte Filippo infami, e il sangue mio versato Piombi sul traditor, qualunque ei sia, Che dell'indegno complice si rese. Dio lo punisca... colla vita. SCENA DECIMA Agnese dall'alto ode le parole di Beatrice, getta un grido e scende rapidamente. AGNESE Ah! TUTTI Agnese! AGNESE Pietà... la mia condanna Non proferir... a piedi tuoi mi lascia Morir d'angoscia e di rimorso. BEATRICE Oh! Agnese! Rimorso in te! AGNESE Rimorso eterno. A morte Ti spingo io sola... Io d'Orombello ardea. BEATRICE Oh! che dì tu? AGNESE Credea Te la mia rivale... e violai tue stanze, Furai tuoi scritti... e il sangue tuo comprai Coll'onor mio... BEATRICE Perfida!... cessa... fuggi Ch'io non ti vegga... ch'io non sia costretta In quest'ora funesta Col cor morente a maledir... AGNESE Oh! arresta... (Odesi dalle torri un flebile suono. Beatrice si scuote) BEATRICE Qual suon! CORO e ANICHINO Un'altra vittima L'ultimo canto intuona. OROMBELLO (dalle torri) Angiol di pace all'anima La voce tua mi suona. Segui, o pietoso, e inspirami Virtù di perdonar... AGNESE Egli... perdona!... (Beatrice vivamente commossa si ap-pressa ad Agnese. Segue il canto di Orombello) BEATRICE Con quel perdono, o misera, Ricevi il mio perdono. Salga con queste lagrime A un Dio di pace e amor. AGNESE Ah! la virtù di vivere Da te ricevo in dono... Vivrò, vivrò per piangere Finché si spezzi il cor. ANICHINO e CORO Salga quel pianto al trono D'un Dio di pace e amor. (Odesi marcia funebre) BEATRICE Chi giunge? AGNESE Oimè! BEATRICE Lo veggio... Il funebre corteggio... SCENA ULTIMA Rizzardo con Alabardieri e Uffiziali si presenta sulla gradinata. AGNESE, ANICHINO, CORI E più speme non v'è! BEATRICE La mia costanza Non mi togliete. Anche una stilla, e poi Fia vuotato del tutto e inaridito Questo calice amaro. TUTTI E Iddio ritrarlo Dal labbro tuo non può! BEATRICE Mi dié coraggio Per consumarlo Iddio. (Rizzardo s'innoltra cogli alabardieri) Eccomi pronta... AGNESE Io più non reggo (sviene) BEATRICE Addio Deh! se un'urna è a me concessa Senza un fior non la lasciate, E sovr'essa il ciel pregate Per Filippo, e non per me. (Si avvicina ad Agnese svenuta) Raccontate a questa oppressa Che morendo io l'abbracciai: Che all'Eterno il core alzai A implorar per lei mercé. ANICHINO e CORO Oh! infelice! Oh a qual serbate Fur le genti orrendo esempio! Tristo il suolo in cui lo scempio Di tal donna, o Dio, si fe'! BEATRICE Per chi resta il ciel pregate, Per chi resta, e non per me. BEATRICE (ai soldati) Io vi seguo. CORI Deh! un amplesso... Un amplesso concedete... BEATRICE Io vi abbraccio... non piangete... CORI Chi non piange non ha cor. BEATRICE Ah! la morte a cui m'appresso È trionfo, e non è pena. Qual chi fugge a sua catena, Lascio in terra il mio dolor. È del Giusto al sommo seggio Ch'io già miro e già vagheggio, Della vita a cui m'involo Porto solo - il vostro amor. (Beatrice si allontana fra le guardie, si volge dall'alto e pronunzia l'ultimo Addio. Tutti gli astanti s'inginocchiano) CORI Il suo spirto, o ciel, ricevi, E perdona all'uccisor. FINE

Thursday, April 12, 2012

Cinque tori in un sol giorno

Speranza

Verdi,
"Traviata:

SCENA X

Detti, e molte signore mascherate da Zingare, che entrano dalla destra.)

ZINGARE

Noi siamo zingarelle --------- a

venute da lontano -------- b
d'ognuno sulla mano ------ b

leggiamo l'avvenir ------------ c

se consultiam le stelle -------- a
Null'avvi a noi d'oscuro --- d
E i casi del futuro -------- d
Possiamo altrui predir. ------- c

I.

Vediamo! Voi, signora,

Prendono la mano di Flora e l'osservano.

Rivali alquante avete.

Fanno lo stesso al Marchese.

II.

Marchese, voi non siete
Model di fedelta'.

FLORA al Marchese


Fate il galante ancora?
Ben, vo' me la paghiate

MARCHESE a Flora

Che dianci vi pensate?
L'accusa e' falsita'.

FLORA

La volpe lascia il pelo,
non abbandona il vizio
marchese mio, giudizio
o vi faro' pentir.

TUTTI

Su via, si stenda un velo
Sui fatti del passato;
Gia' quel ch'e' stato e' stato,
Badate/Badiamo all'avvenir.

Flora ed il Marchese si stringono la mano.

SCENA XI

Detti, Gastone ed altri mascherati da Mattadori, Piccadori spagnuoli,
ch'entrano vivamente dalla destra.)

GASTONE E MATTADORI

Di Madride noi siam mattadori --------- a
Siamo i prodi del circo de' tori ------ a
Teste' giunti a godere del chiasso ---- b
Che a Parigi si fa pel bue grasso ----- b
E una storia, se udire vorrete -------- c
Quali amanti noi siamo saprete -------- c

GLI ALTRI
Si', si', bravi: narrate, narrate:
Con piacere l'udremo

GASTONE E MATTADORI
Ascoltate.

E' Piquillo un bel gagliardo ---------- a
Biscaglino mattador ------------------- b
Forte il braccio, fiero il guardo ----- a
Delle giostre egli e' signor ---------- b
D'andalusa giovinetta ----------------- c
Follemente innamoro' ------------------ d
Ma la bella ritrosetta ---------------- c
Cosi' al giovane parlo' --------------- d

Cinque tori in un sol giorno ---------- a
Vo' vederti ad atterrar --------------- b
E, se vinci, al tuo ritorno ----------- a
Mano e cor ti vo' donar --------------- b

Si', gli disse, e il mattadore -------- a
Alle giostre mosse il pie' ------------ b
Cinque tori, vincitore ---------------- a
Sull'arena egli stende' --------------- b

GLI ALTRI

Bravo, bravo il mattadore,
Ben gagliardo si mostro'
Se alla giovane l'amore
In tal guisa egli provo'.

GASTONE E MATTADORI

Poi, tra plausi, ritornato
Alla bella del suo cor,
Colse il premio desiato
Tra le braccia dell'amor.
GLI ALTRI
Con tai prove i mattadori
San le belle conquistar!

GASTONE E MATTADORI

Ma qui son piu' miti i cori;
A noi basta folleggiar

TUTTI
Si', si', allegri Or pria tentiamo
Della sorte il vario umor;
La palestra dischiudiamo
Agli audaci giuocator.

Gli uomini si tolgono la maschera, chi passeggia e chi si accinge a giuocare.