Thursday, May 24, 2012

Edipodia operistica

Speranza Maurizio Bettini - Giulio Guidorizzi "Il mito di Edipo. Immagini e racconti dalla Grecia ad oggi" Torino Einaudi Si tratta del terzo libro della serie “Mythologica” (Giulio Einaudi editore), una collana che si occupa di miti classici, analizzandone l’evoluzione dall’antichità ad oggi. La prima parte del saggio è occupata da "Il racconto di Edipo" (pp. 5-30), una rivisitazione fantastica del mito edipico ideata da Maurizio Bettini, secondo una consuetudine che accompagna tutti i libri della serie, e destinata ad introdurre in modo originale l’esegesi storica e filologica del mito stesso. Lo studio di Giulio Guidorizzi sul celebre mito di Edipo consta di un "Prologo" (pp. 33-40), in cui l’autore, osservando la compresenza di figure analoghe ad Edipo in diverse culture, si interroga sull’origine stessa di questo mito e sulla sua formazione in ambiti diversi da quello ellenico, riconoscendo l’inscindibilità dell’Edipo sofocleo dal momento storico in cui fu creato, ossia dal contesto sociale della polis di V sec. a. C. Il saggio G. è suddiviso in otto capitoli, in cui sono inserite sei illustrazioni pertinenti al tema di volta in volta trattato. I. "La carriera di Laio" (pp. 41-55). Laio, re di Tebe e padre di Edipo, sembra essere l’immagine speculare, oscura e interiore, del figlio, in cui colpa e violenza assumono la forma di un’inquietante eredità, destinata a perpetuare per generazioni la maledizione scagliata da Pelope sui Labdacidi. Inospitalità, stupro, infanticidio sono le tappe che scandiscono la vita di Laio, caratterizzata dalla volontà costante di sovvertire ogni norma sociale e civile, creando una catena di crimini maschili tanto gravi da richiedere una catarsi lunga e dolorosa. II. "La pre-istoria di Edipo" (pp. 56-82). Esiste un Edipo più antico di quello sofocleo, diverso, meno politico, “epico”, appartenente al passato eroico più che al presente dell’Atene classica e democratica, oggetto di numerose interpretazioni. A quelle poco plausibili di Max Müller, secondo cui la storia di Edipo sarebbe in origine un mito della natura, un mito solare, dove ogni vicenda della storia rappresenterebbe l’allegoria dei movimenti del sole nella volta celeste, e di Carl Robert, che, studiando l’antico culto di Eteono, vede in Edipo il paredro mortale di Demetra, adorato insieme alla dea nel recinto sacro del centro beotico, Guidorizzi preferisce l’esegesi antropologica e mitopoietica di Marie Delcourt. La studiosa analizza il mito, scomponendolo in una serie di sequenze narrative, in cui sarebbe riconoscibile la trasposizione mitica di un primordiale rito di successione, dove la lotta tra Vecchio e Nuovo si realizza in una sfida per la regalità. Le varianti antiche attestate in Omero, Ferecide, Pindaro e Pisandro assumono così un’importanza fondamentale in vista del tentativo di ripercorrere in termini razionali l’evoluzione subita dal mito nel tempo. III. "Il figlio del bosco e del monte" (pp. 83-102). La natura di Edipo, allo stesso tempo selvaggia e civilizzata, rivela la sua duplice origine. Figlio di un re e di una montagna, il Citerone, Edipo nasce due volte, dopo il parto e dopo la sua iniziazione in un ambiente ferino, proprio come Telefo, Paride, Ione, Iamo ed altri. L’abbandono in un luogo selvatico e inaccessibile decreta un destino di morte per i deboli e uno eroico per i forti, così Edipo, superato lo stadio di mera sopravvivenza, entra nella vita, capace solo di azioni estreme, e si impone nella società civile con doppia forza, doppia intelligenza, doppia violenza. Un’acuta osservazione dell’autore pone l’attenzione su un dato significativo: un monte, il Citerone, fa uscire Edipo da Tebe e un altro, il Phikion, dove si trovava la Sfinge, gli consente di rientrarvi. Lo stato di ferinità viene sublimato in civiltà, ma è in virtù del primo che può esistere il secondo, come dimostra anche il celebre poema di Gilgamesh. IV. "Il corpo dell’eroe" (pp. 103-129). Il nome parlante dell’eroe, “l’uomo dai piedi gonfi”, tradisce un’invalidità fisica destinata a diventare menomazione morale, facendo del corpo di Edipo una “struttura mitico-psicologica”. La zoppia, come propone l’illustre interpretazione di Lévi-Strauss, è un segno distintivo della genealogia edipica, un marchio ereditato da Labdaco, “l’uomo dalle gambe storte”, padre di Laio e nonno di Edipo. Il confronto con altri personaggi legati a questo difetto, come Cipselo figlio di Labda (“la zoppa”) e tiranno di Corinto, ha permesso di constatare come zoppia e tirannide rappresentino un binomio ideale, considerando che, nell’immaginario greco, l’essere zoppi veniva associato ad una serie di anomalie comportamentali eccessive (violenza, perversione sessuale, etc.). In Edipo, dunque, zoppia e cecità, altro tratto significativo dell’eroe sofocleo, presente anche in altre storie mitiche violente e di carattere sessuale, rivelano la natura del personaggio, presagendone l’empietà e la colpa. V. "Uccidere il padre" (pp. 130-145). L’assassinio di Laio avviene all’incrocio di tre strade, che diventano lo scenario dello scontro di due sconosciuti apparenti, simili nella sostanza, che si concluderà con la fine di un vecchio re e con l’inizio del compimento di una profezia senza scampo. In questo capitolo Guidorizzi riporta una serie di varianti mitiche sulla dinamica dei fatti e sulle cause che portarono Edipo a macchiarsi di parricidio. VI. "Il potere della parola": oracoli, enigmi, ambiguità (pp. 146-164). La parola, che sia proferita da Tiresia, dalla Sfinge, da Giocasta o dallo stesso Edipo, fa parte di un linguaggio insondabile, il cui svelamento significa morte, condanna, punizione e vergogna. In questo contesto le domande sono chiare, le risposte ambigue e gli avvenimenti, che ne derivano, aberranti e disastrosi, procedono in un sentiero parallelo a quello del giusto e del normale senza però mai incrociarlo. L’errore, anche se non voluto e inconsapevole, trascina tre generazioni di uomini alla rovina, all’omicidio e all’estinzione. Edipo è l’emblema della crisi del linguaggio, testimoniando come la parola, in quanto voce onirica e formula magica, sia foriera di una verità incomprensibile in astratto. VII. "Le donne di Edipo" (pp. 165-182). Simbolo della violenza e degli appetiti maschili, Edipo è costantemente assistito, sostanzialmente, da tre figure femminili: Giocasta, la Sfinge e Antigone. Nella società greca era opinione comune che nell’atto procreativo l’uomo desse l’anima, mentre la donna il corpo, la materia. Giocasta e Antigone, seppur coinvolte nell’orrore dell’incesto e consapevoli di rappresentare un abominio nell’ambito della società civile, tuttavia rimangono su un piano estremamente concreto e razionale. Giocasta non presta fede né a sogni né a oracoli. Antigone si occupa del padre-fratello durante il suo ultimo esilio. La Sfinge, il cui enigma permette ad Edipo di rientrare trionfante nella civiltà, rappresenta l’ultima tappa del suo percorso iniziatico, che si concretizza con la metamorfosi del salvatore di Tebe in pharmakòs, del re in reietto, dell’inconsapevole in colpevole. VIII. "Epilogo" (pp. 183-190). Il saggio si conclude con il confronto tra la storia edipica e la Metamorfosi di Franz Kafka, di cui Guidorizzi evidenzia alcune somiglianze: dalla presa di coscienza della propria mostruosità di entrambi i protagonisti alla chiusura in se stessi; così, come Gregorio Samsa viene imprigionato nella sua stanza, anche Edipo chiude per sempre il suo sguardo al mondo, accecandosi. La vita di Edipo è una storia di sofferenza, solitudine e violenza; la catarsi interiore e fisica, a cui l’eroe si sottopone, tuttavia non è sufficiente ad estirpare il seme della mostruosità e dell’odio, che si perpetuerà nelle vicende di accanimento fratricida di Eteocle e Polinice. La sezione Letture (pp. 215-236) consta di tre parti. La prima, "Edipo nel tempo", analizza la fortuna del mito di Edipo nel corso dei secoli e al di fuori dell’ambito puramente ellenico, passando in rassegna la letteratura latina, rappresentata sostanzialmente da Seneca e Stazio, quella medievale, in cui i protagonisti delle vicende edipiche sono Gregorio Magno, Giuda Iscariota e Andrea Cretese, fino ad arrivare alla produzione letteraria cinquecentesca di Alessandro Pazzi de’ Medici, Ludovico Dolce e Giovan Andrea Anguillara, così fedele e rigorosa nei confronti sia del modello sofocleo che di quello senecano. Nel Seicento il mito di Edipo diventa oggetto di composizioni corali di artisti come Andrea Gabrieli (1585), Leone Leoni (1616), Jean Baptiste Lully (1859) e Henry Purcell (1668) che musicarono rispettivamente l’Oedipe di Corneille e l’Oedipus di Dryden e Lee. --- Legrenzi, Wilderer. Anche nel Settecento Edipo rivestì un ruolo centrale nella letteratura europea, basti pensare alla rielaborazione di Voltaire dal contenuto polemico e antireligioso. Se l’Ottocento si è rivelato un secolo caratterizzato da uno scarso interesse per il mito edipico, il Novecento ha prodotto, invece, delle novità ermeneutiche di grande peso, prima fra tutte l’interpretazione psicoanalitica del mito da parte di Sigmund Freud, di cui Jean Cocteau, André Gide e Pier Paolo Pasolini subirono il fascino e l’influenza. La seconda sezione (pp. 225-230), Testimonianze, consiste nell’elenco delle fonti antiche, divise per tema, sui vari momenti della vicenda edipica. Il catalogo si presenta completo e comodo da consultare. Segue una sostanziosa Bibliografia (pp. 231-236) con riferimenti a testi (ben centoventi sono i titoli registrati) anche di recentissima pubblicazione, e utilissima per chi desiderasse ampliare le proprie competenze sul tema. Stefano Chiodi e Claudio Franzoni sono i curatori dell’Iconografia, dedicata all’esame della fortuna iconografica di Edipo tramite un breve excursus storico-artistico (pp. 241-244), atto a commentare un apparato fotografico fatto di immagini relative all’arte greca, rinascimentale, ottocentesca e novecentesca, culminante in alcune scene tratte della versione cinematografica dell’Edipo Re di Pier Paolo Pasolini. In conclusione, si tratta di un lavoro di grande interesse, che offre un'ottima sintesi degli aspetti più marcati della vicenda edipica, evitando sia le remore di una mera rassegna delle molte fonti e delle innumerevoli riprese del tema nei secoli posteriori, sia le troppo facili suggestioni di uno scontato psicologismo di stampo freudiano. La scelta di evidenziare gli aspetti del racconto edipico che offrono particolare rilevanza antropologica si rivela in ultima analisi particolarmente fruttuosa, e conferma la validità delle ricerche che fanno capo all'associazione "Antropologia e Mondo Antico", attiva a Siena e in altre città italiane dalla metà degli anni '80. Ci si può attendere dai prossimi volumi di questa collana - sono in preparazione "Il mito di Teseo", "Il mito di Medusa" un ulteriore ampliamento e nuovi progressi nello studio generale della sopravvivenza dei miti nelle culture dell'Europa antica, medievale e moderna. Una linea di ricerca che appare particolarmente seria e fruttuosa, soprattutto in un campo come la mitologia classica, che appare oggi sempre più esposto a letture selvagge e speculazioni dilettantesche. Guidorizzi è riuscito con intelligenza ad affrontare brillantemente un compito particolarmente arduo, ed ha saputo affrancarsi, per quanto possibile, dai filtri tipicamente moderni delle letture freudiane e dai loro derivati, interpretando il mito antico in modo da tener sempre presenti i suoi contesti sociali, storici e antropologici più pertinenti. Il volume si giova inoltre di una scrittura piana e di piacevole leggibilità, che senza rinunciare al rigore dell'analisi scientifica e a un vasto impiego della più recente letteratura sui temi affrontati, lo rende una lettura gradevole anche per un pubblico non specializzato. Note (1) M. Müller, Mythologie comparée (trad. francese), a cura di P. Brunel, Robert Laffont, Paris 2002. (2) C. Robert, Oidipus, 2 voll., Weidmann, Berlin 1915. (3) M. Delcourt, Oedipe ou la légende du conquérant, Droz, Liège-Paris 1944. (4) Sull’argomento si vedano anche: E. Pellizer e N. Zorzetti (a cura di), La paura dei padri nella società antica e (1) (1) medievale, Roma-Bari 1982; J. G. Frazer, The Golden Bough, voll. XII, Macmillan, London 1915. (5) L. Edmunds, Il corpo di Edipo: struttura psico-mitologica, in Gentili e Pretagostini (a cura di), Edipo. Il teatro greco e la cultura europea, Ateneo, Roma 1986, pp. 237-246. Sul medesimo tema: M. Bettini e A. Borghini, Edipo lo zoppo, in Gentili e Pretagostini (a cura di), Edipo. Il teatro greco e la cultura europea, Ateneo, Roma 1986, pp. 215-225. (6) C. Lévi-Strauss, Antropologie Structurale I, Plon, Paris 1958. (7) Si tenga presente G. Guidorizzi (a cura di), Il sogno in Grecia, Laterza, Roma-Bari 1988. (8) In proposito: S. Campese, P. Manuli, G. Sissa, Madre materia. Sociologia della donna greca, Boringhieri, Torino 1983. (9) Sul pharmakòs: W. Burkert, Homo necans. Antropologia del sacrificio cruento nella Grecia antica, Boringhieri, Torino 1981; R. Girard, Il capro espiatorio, Adelphi, Milano 1987. (10) E. Fabbro, Il mito greco nell’opera di Pasolini, Forum, Udine 2004.

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