Speranza
L’irruzione del vero tra letteratura e musica.
La "Carmen' di Giorgio Bizet
In queste pagine, ho
cercato di strutturare un percorso, tra musica ed estetica, cheruota attorno a
due nuclei tematici.
Il primo è relativo al rapporto tra
la "Carmen" di Giorgio Bizet e il suo riferimento letterario: quali sono le
relazioni tra la "Carmen" (racconto contenuto nelle Nouvelles del
1852) di Prospero Mérimée e quella di Bizet (composta tra il 1872 e il 1875),
quest’ultima mediata, fra l’altro, dal lavoro dei duelibrettisti Henri Meilhac e
Ludovic Halévy?
tr. Antonio de Lauzieres.
Il secondo nucleo tematico, di più ampio respiro, riguarda invece
il contesto letterario, poetico ed artistico all’interno del
qualenasce "Carmen", la cui rapida analisi dimostra come l’opera si
collochi al crocevia ditendenze estetiche e filosofiche che, avviatesi una
ventina d’anni prima, avrebbero di lìa poco traghettato le arti verso nuovi
orizzonti.
I protagonisti delle vicende legate a Carmen
"Giorgio" Bizet
(1838-1875) nasce a Parigi, in una famiglia di musicisti.
Sua madre era pianista
e suo padre, Adolfo, un maestro di canto e discreto compositore.
Gli zii erano
cantanti e, prima del suo ingresso in Conservatorio, insegnarono a
Georges pianoforte, canto e armonia.
A nove anni, il giovane Bizet entra in
Conservatorio, a Parigi, dove studia composizione prima con
Pierre-Joseph-Guillaume Zimmermann epoi con Jacques-François-Fromental-Élie
Halévy, più noto come Fromental Halévy,autore de L’Ebrea
e la cui figlia
Geneviève andrà in sposa proprio a Bizet.
Halévy haavuto una forte influenza su
Bizet, tra gli altri aspetti anche su una certa sua predilezione nei confronti
della poesia.
E questa attitudine sarà molto importante per la ricezione e
comprensione del lavoro di Mérimée.
L’inclinazione per la poesia, in questi anni,
si accompagna a quella per altri temi, in particolare l’esotico e L'AMORE.
Per
quanto riguarda il primo aspetto, che sarà uno dei tratti che
caratterizzerà
Carmen, emerge già in "Djamileh",
un’
opéra-comique del 1872, ispirata da un’epigrafe contenuta nel
poema“orientale” di carattere amoroso
"Namouna"
(1831-32) di Alfred de
Musset:
Une femme c'est comme votre ombre.
Courez
après, elle vous fuit
fuyez-la, elle corte apres vous.
La lettura di questi
versi, attraversati da una sottile vena di orientaleggiante sensualità,sembra
che siano stati un primo riferimento, almeno parziale, per la stesura di una
partedella celebre Habanera
della Carmen
, stesura che, come
vedremo, si deve soprattutto a Bizet.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, i
primi segnali dell’attrazione fatale che inBizet suscitano i temi legati
all’amore e alla passione emergono dopo "Djamileh"
, quandoil compositore
dovrà realizzare le musiche di scena per il dramma di Alphonse
Daudet,
L’Arlésienne
(1872).
L’intreccio tra poesia, mondo esotico e
dimensione amorosa sono alla base dell’irresistibile fascino che avrà la novella
di Mérimée su Bizet.
Prospero Mérimée (1803-1870), parigino anch’egli, 35 anni più
giovane di Bizet (conil quale, peraltro, per quello che si sa, non ha mai avuto
alcun contatto) era figlio di due pittori, che l’hanno educato in un ambiente
culturalmente anglo-filo (Borrow).
Durante l’infanzia,infatti, Mérimée incontra numerosi
scrittori e artisti britannici, e questo lo porterà ad approfondire sia la
conoscenza delle arti e della letteratura inglesi sia quella della lingua.
Suo
padre, Jean François Léonor, allievo del grande Jacques-Louis David e
di François-André Vincent, era autore di un’erudita trattazione della pittura
classica, scrittain uno stile che sembra aver avuto una certa influenza sul
figlio Prosper.
La sua prima visita in Spagna risale al 1830, ma ci sono dati che
lasciano pensare chegli elementi dai quali nascerà Carmen
erano iniziati
ad emergere prima di questa data.
Nel maggio del 1825, Mérimée pubblica "Il
Teatro di Clara Gazul", un capolavoro di parodia ironica, il cui personaggio
centrale – un’attrice spagnola –
strimpella la chitarra per accompagnare
le sue
canzoni gitane e il cui aspetto fisico prefigura quelle chesaranno le fattezze
di Carmen.
Veniamo ora agli altri due protagonisti principali delle vicende
legate a
Carmen: Ludovic Meilhac e Henry Halévy.
I due formavano una
coppia indubbiamente prolifica.
Ne è dimostrazione il fatto che, oltre a numerosi
adattamenti, due loro commedie in un atto sarebbero dovute andare in scena quasi
in contemporanea rispetto alle prove d iapertura della
Carmen
.
Meilhac era
un viveur, un esperto di biliardo e un giocatore.
Era stato inizialmente
un libraio, ma non era un intellettuale.
Riassumendo il suo contributo
alla "Carmen", Mina Curtiss suggerisce che il tocco di Meilhac lo si può
individuare nel trattamento dei capi dei contrabbandieri,
Dancairo e Remendado, trattamento attraversato da una certa vena ironica e
umoristica.
Arriva il momento dell’incontro tra i due librettisti e il
compositore.
Nel 1872, i due direttori dell’Opéra-Comique, Camille Du Locle e
Adolphe de Leuven, contattano Bizet per proporgli di comporre un’opera in
collaborazione con Halèvy e Meilhac.
De Leuven offrì a Bizet tre scenari come
spunti, ma Bizet li rifiutò.
Voleva qualcosa alla quale però si
opponevano tenacemente i suoi collaboratori: lavorare su un’opera che si
basasse sulla "Carmen" di Mérimée.
Perché questa opposizione?
Occorre fare un
piccolo passo indietro.
In questo periodo, come ci ricorda Susan McClary, in
Francia vi erano due teatri d’opera PUBBLICI: l’Opéra e l’Opéra-Comique.
Questi
due teatri, però, se non si differenziavano per il finanziamento che ricevevano,
si differenziavano invece per il tipo di pubblico che li frequentava e per il
genere musicale che veniva proposto.
La prima commissionava e allestiva "grand
opéra"
per un pubblico di classi alte.
La seconda,invece, si specializzò nella
produzione di "opéra-comique", adatte soprattutto per unpubblico borghese.
Un secolo prima, nella seconda metà del Settecento, il
genere opéra-comique era stato uno strumento di satira sociale che mirava
a prendere in giro lestantie convenzioni dello spettacolo d’opera d’élite e le
sue regole di costruzione.
Le
opéra-comique
mettevano in primo
piano uno stile che alternava espressione lirica e dialoghi parlati e davano
spazio ad argomenti di maggiore attualità.
Nonostante ciò, questo genere cambiò
rapidamente.
I suoi principali compositori (come Daniel Auber) avevano sviluppato
formule musicali e contenuti creati appositamente per soddisfare unpubblico
sempre più conservatore.
L’istituzione finì per rivolgersi ai fidanzati
e alleloro vigili famiglie.
Nel 1869 diviene con-direttore, assieme a Leuven, Du
Locle.
Il loro obiettivo eraquello di rivitalizzare l’Opéra-Comique e attirare
un pubblico più vasto.
In quello stessoanno contattarono Bizet e la prima
commissione produsse la "Djamileh" (1872), operaorientaleggiante che si
adattava bene al gusto per l’esotico sia di Bizet che di Du
Locle.
S. MCC LARY
,
Carmen
(1992), trad.
it. di A. Cecconi e S. Leoni, Rugginenti Editore, Milano 2007,
p.17.
Il pubblico
non rispose con entusiasmo, ma ciononostante Du Locle commissiona a Bizet un
secondo lavoro, appunto, "Carmen".
Rispetto però al problema del pubblico,
una funzione importante l’ha avuta Halévy, il quale ha dovuto mediare tra il
compositore e le esigenze dell’ Opéra-Comique.
Bizet,infatti, si è
trovato dinanzi ad un serissimo problema riguardante la messa in scena
della
Carmen.
Non poteva evitare di considerare lo stato d’animo
predominante dei frequentatori dell’opera della sua epoca.
Un esempio di queste
difficoltà ci è offerto dauna conversazione tra Halévy e Du Locle, il quale
supplicava di non far morire Carmen sul palco.
La morte sul palco scenico
dell'Opéra-Comique!
Una cosa del genere non siè mai vista!
Mai!
Potrai
spaventare il nostro pubblico.
Ricordiamo che Carmen è la prima eroina
dell’opera "lirica" ad essere assassinata sulla scena.
Il pubblico
borgheses arebbe rimasto decisamente scioccato alla vista della morte della
protagonista, ma anche dinanzi alla visione di una rappresentazione realistica di
personaggi del popolo mossi dalle loro passioni.
Il pubblico e la critica erano
senz’altro impreparati per il “realismo” di Bizet, così come per le sue
innovazioni musicali.
Per la messa in scena ela realizzazione di Carmen,
Bizet ha dovuto lottare sia con i propri collaboratori sia congli interpreti.
Zulma Bouffar, una cantante che lavorava con Jacques Offenbach e allaquale era
stato proposto il ruolo di Carmen, rifiutò la parte.
E un giornalista scrisse
che era fuori discussione che Zulma venisse accoltellata sulla scena.
Anche la
seconda opzione non andò a buon fine.
Si trattava di Marie Roze, la quale
considerava il personaggio troppo scabroso e quindi inadatto a lei.
Ma, alla
fine, la terza cantante coinvolta, Celestina Galli-Marié, che divenne la più
forte sostenitrice del progetto –sebbene non avesse mai sentito parlare
della Carmen
di Mérimée – accettò.
Per il primo allestimento, la parte di
"Don José" venne assegnata al tenore Paul Lhérie.
Altri problemi sorserocon il coro, il
quale generalmente andava in scena in stile oratoriale, quindi fermo difronte al
direttore.
Ci fu una sorta di rivolta quando Bizet chiese ai coristi di
fare qualcosa che essi consideravano praticamente impossibile: cantare e
muoversi contemporaneamente, soprattutto nei due cori del primo atto, quando
entrano le sigaraiee quando scoppia la rissa intorno all’ufficiale dopo
l’arresto di Carmen.
I cantanti minacciarono addirittura uno sciopero, ma,
fortunatamente, tutto si risolse
M.
C
URTISS
,
Bizet
and His World
, Alfred A. Knopf, New York 1958, p.
351.
positivamente.
Anche gli
orchestrali, come se non bastasse, lamentavano di averricevuto una partitura con
sezioni quasi ineseguibili.
Dopo lunghe prove straordinarie, durate cinque mesi
(dal 2 ottobre 1874 al 3 marzo 1875), gli strumentisti riuscirono asuonare in
modo adeguato.
Bizet era molto più interessato a penetrare lo spirito
della Carmen
di Mérimée piuttosto che allinearsi al gusto e alla tradizione
del pubblico francese dell’
Opéra-Comique
o a quello dei librettisti, dei
quali, probabilmente, immaginava di poter fare ameno.
In una lettera a sua
madre, mentre era in Italia per ritirare il Prix de Rome
(1857),un
diciannovenne Bizet scriveva.
Un musicista intelligente dovrebbe trovare da sé
leidee per i propri libretti.
E, in un’altra lettera, non apprezzando affatto i
versi di uncollaboratore, dichiara di considerarli come qualcosa di così assurdo
dall’avernerichiesto ripetute riscritture.
Se necessario – scrive Bizet –
potrei andare avanti senza un collaboratore.
Differenze principali tra le
due
CarmenIl racconto di Mérimée era apparso il 1° ottobre 1845 su «La Revue
des deux mondes», che era inizialmente un bisettimanale di viaggi.
Nelle sue
pagine si raccontavano al “civilissimo mondo” della Francia esotici paesaggi e
avventure inquello che oggi chiameremmo “terzo mondo”
Il numero del 1°
ottobre conteneva, grosso modo, questo:
un articolo sul Partito Cattolico in
Belgio, un pezzo sulle satire di Lucullo, uno sulla situazione politica tedesca
nel 1830, una sintesi degli avvenimentipolitici delle due settimane precedenti e
una recensione dei drammi storici delloscrittore triestino Giuseppe Révere.
In
questo contesto, e senza alcune indicazioni sullasua natura letteraria, il
racconto
Carmen
sembrò una tipica “lettera dall’estero”, tanto che neppure
i critici di professione sembrarono notare che si trattava di una storia
di fantasia, cosa che risultò chiara nel 1852, sette anni dopo, quando la novella
uscì in una raccolta.
In estrema sintesi, la novella di Mérimée racconta di un
archeologo francese che sireca in Spagna per individuare il luogo della
battaglia di Munda nella quale Cesare
sconfisse le forze repubblicane.
Una serie di fatti interrompe questa
ricerca, tra i qualil’incontro con un bandito spagnolo, Don Josè, che il
narratore riesce a domare (richiamando, in questo, il tema dell’uomo civile che
riesce a tenere a bada il selvaggio,cercando di “incivilirlo”).
A Cordoba, l'archeologo si imbatte in una zingara che predice il futuro, Carmen,
affascinante donna gitana che lo seduce, lo inganna, e loderuba dell’OROLOGIO.
Passa qualche tempo e l'archeologo viene a sapere che don Josè èstato condannato
a morte per l’uccisione di Carmen.
Decide così di recarsi in visita dalui,
facendosi raccontare la sua storia.
Don Josè era un brigadiere basco di stanza
in Andalusia, dove conobbe la splendida Carmen, che certo non era una donna
facile da conquistare.
Carmen era infatti una ladra,
una contrabbandiera
e una
prostituta.
Josè avrebbe dovuto arrestarla ma, ammaliato dal suo fascino, la
lascia invece fuggire.
Per questa leggerezza, Josè viene degradato e finisce col
fare da guardia a un colonnello.
Dilì a poco, l’ex
brigadiere ritrova Carmen,
la
quale lo sedurrà nuovamente, passando conlui una notte d’amore.
È qui che si
colloca il punto di non ritorno.
Don Josè uccide un tenente, amante di Carmen,
fuggendo poi insieme ai contrabbandieri compagni della donna, dopodiché, scoperto
il fatto che Carmen era sposata, le uccide il marito.
Compiuti questi due
omicidi, a Don Josè non resta che un ultimo passo, e cioè imporre a Carmen un
aut
aut
: fuggire con lui in America o morire.
Per Carmen, però, la libertà
è qualcosa di incommensurabilmente più importante di qualsiasi altro valore.
E
così, rifiutando, morirà pugnalata.
Nella novella di Mérimée ricorrono diversi
temi, che qui ora non analizzerò, ma dei quali nominerò i principali:
-- il rapporto
tra la condizione civile e quella selvaggia
-- l’esotismo
-- la superstizione
-- la
morte
-- la lotta fra i sessi.
Alcuni fra questi elementi accenderanno l’interesse
di Bizet e confluiranno, seppur adattati e rimodellati, nella
sua
Carmen.
Alcuni critici sostengono però che il libretto
di Carmen
non sia esattamente quello di Meilhac e Halévy, quanto piuttosto
una versione rielaborata erimaneggiata da Bizet.
Bizet, convinto che i
due librettisti non avessero compreso il racconto di Mérimée, distorcendone il
significato originale e l’estetica sottostante, avrebbe introdotto modifiche
importanti, cambiamenti critici, riorganizzando la sequenza e componendo versi
proprio in alcuni passaggi chiave dell’opera (come nella
celebre
Habanera
).
Rispetto all’intervento di Bizet, i dubbi sono ormai pochi, per quanto ci
siano posizioni differenti rispetto all’entità di tale intervento.
Se
nel
Dizionario dell’opera
, a cura di Piero Gelli, si parla di un
«presumibile intervento di Bizet»
nella stesura finale del libretto, Angelo
Foletto si dimostra ancora più cauto.
Nnon sappiamo quanto Bizet
contribuì alla stesura, al di là dialcune parole aggiunte a penna sulle bozze
del libretto.
Ad esempio le frasi di Carmen nella scena e monologo delle carte
del III atto.
Molto più convinta della rilevanza dell’intervento di Bizet è
Judith Nowinski.
In un articolo uscito nel 1970 sulla rivista«The French
Review», intitolato
Sense and Sound in Georges Bizet’s Carmen, Nowinski suggerisce l’opportunità di un cambio nella dizione: non più
«Opèra-Comique di Bizet su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halèvy»,
ma «
Opèra-Comique di Bizet, con la collaborazione di Henri Meilhac e
Ludovic Halèvy».
Ma perché Bizetavrebbe ripudiato la versione dell’opera di
Mérimée realizzata dai suoi librettisti?
Equale sarebbe il senso che Meilhac e
Halévy non sarebbero riusciti a cogliere e a“versificare”?
Innanzitutto occorre
ricordare come un’opera, a differenza di un testo letterario, oltre alla forma e
al soggetto contiene anche altre dimensioni – melodia, valori ritmici,tonalità e
orchestrazione.
Ogni linguaggio si avvale di strumenti peculiari, specifici,
ilche significa che, come accade anche per la trasposizione cinematografica di
opereletterarie, quando un soggetto letterario si trasforma in musica, il
contenutoinevitabilmente ne risulta alterato.
Vi è poi un altro elemento che
distingue la letteratura dalla musica.
Per sua natura, laparola scritta comunica
in modo più diretto di quanto non faccia il suo equivalentevocale.
Questo
aspetto assume un accento ancora più rilevante in Mérimée, il cui stileera
particolarmente condensato, preciso e sobrio.
In Bizet, invece, i
protagonistiappaiono decisamente più ridondanti rispetto ai loro omologhi
letterari.
Ma quali sono le principali differenze tra le
due
Carmen
?
L’opera, come si sa, per ragione di convenzioni, richiede per
i ruoli principali le voci di soprano, contralto, tenore e basso.
Ci sono poi
varie combinazioni vocali di questi quattro timbri, un coro, interludi
orchestrali e accompagnamenti.
Il compositore assegnail ruolo dell’eroina,
Carmen, ad un mezzosoprano, ma Bizet aveva comunque bisogno
di un personaggio da assegnare
alla voce di soprano.
E così, nonostante la zingara diMérimée non avesse rivali
femminili, Bizet, a parte i personaggi minori Frasquita e Mercédès, ha dovuto
inventare Micaela, la quale, nell’opera di Bizet, viene mandata,dalla madre, da
Don Josè, per proporsi come possibile sposa.
Nel mondo di Mérimée
tutti gli
uomini
ruotano attorno a Carmen,
come se si trattasse dell’unica
donna
sulla terra.
In Bizet, invece, Micaela viene concepita
come contrappeso, come
figura di contrasto
rispetto a Carmen, come la brava ragazza.
Viene eliminato il
narratore, la voce onnisciente
che guida le vicende, interpretandociò
che si
vede e si sente.
Si passa, quindi, dalle convenzioni monologiche della
finzione narrativa alle convenzioni polivocali del dramma teatrale.
Per
quanto riguarda poi il personaggio di Carmen, nella novella di Mérimée essa
èpresente ora attraverso i ricordi di Don José ora attraverso le parole del
narratore.
La Carmen di Bizet, invece, parla in prima persona, senza l’intervento
delle voci narranti, il che motiva anche la presenza di Micaela con una funzione,
come abbiamo detto, dicontrappeso e contenimento.
Anche gli altri protagonisti
principali sono riplasmati.
In Mérimée, Don José è un bandito e un assassino.
Solo alla fine diviene vittima.
In Bizet, è un soldato sostanzialmente ingenuo,
la cui caduta appare graduale e inevitabile.
Omicida sì, masolo per un estremo
gesto di auto-distruzione (in Mérimée Don José uccide anche il marito di Carmen e
il tenente).
A Escamillo Bizet concede uno spazio più ampio rispetto a quanto
accade nella novella di Mérimée (nella quale ha il nome di Luca), anche perché,
nell’opera di Bizet, Escamillo costituisce l’oggetto
(drammaturgicamente necessario) della gelosia di José.
In più, in Bizet manca il
marito di Carmen.
L’azione, nell’opera lirica, è notevolmente ridotta e
compressa.
Al di là di queste differenze, abbiamo detto come Bizet fosse convinto
che i suoi librettisti non avessero colto e penetrato lo spirito del personaggio,
di Carmen.
Prova ne è l’intervento di Bizet sulla parte testuale della
famosissima
habanera.
Gli amori iniziano così.
L’amore
è un uccello selvaggio
che nessuno può domare
Ed
ecco che per la vita,
Per otto giorni o per sei mesi,
Un bel giorno si trova
l'amore
sul proprio cammino.
Arriva inaspettato
E inaspettato se ne va
Vi prende, vi
rapisce,
Fa di voi tutto ciò che vuole.
È un delirio, un sogno
Ed è
invano che lo si chiami
Se gli va di rifiutare.
Nulla vale, minaccia o
preghiera
L’uno parla bene, l’altro tace
Ed è l’altro che preferisco,
non ha
detto nulla, ma mi piace.
L’amore, l’amore…L’amore è zingaro,
Non ha mai
conosciuto legge;
Se tu non m’ami, io t’amo;
Se t’amo, stai attento a te…
L’uccello
che credevi di sorprendere
Batté le ali e volò via…
L’amore è lontano, lo puoi
attendere;
Non lo attendi più… ed è là…
Intorno a te, in fretta, in fretta,Viene,
se ne va, poi ritorna…
Credi di averlo, ti evita,
Vuoi evitarlo, ti ha.
----
La
superiorità della versione di Bizet (colonna di destra) è evidente.
Le parole
diHalévy difficilmente sarebbero state pronunciate dall’eroina di Mérimée.
I
versi di Halévy privano Carmen della sua grazia felina, della sua spontaneità e
del suo temperamento.
Tra l’altro, Halévy ignora quelle movenze che Mérimée
attribuisce a Carmen.
Bizet, al contrario, è attento alle sfumature.
I suoi versi
restano fedeli all’immaginario evocato dall’autore, che descrive un’eroina
impetuosa che emerge come un uccello orgoglioso e grazioso.
Questa è davvero
l’immagine più adatta di Carmen, la quale, per giunta, afferma diessere nata
libera e che libera morirà.
Aver creato l’analogia tra donna e gatto
ha significato, in Mérimée, caratterizzare la sua eroina come una ragazza zingara
ribelle, sfrontata e sprezzante di codici e comandi.
I versi di Bizet sembrano
essere in perfetta sintonia con la
prosa di Mérimée, anzi, rafforzando il ritratto di Carmen e consentendoallo
spettatore di entrare immediatamente nella psicologia del personaggio.
È stato
notato come la costruzione drammatica di Bizet sia effettivamente meno cruda
della novella, ciò non toglie che sia perfettamente funzionale alla
dimensione teatrale, con una progressione che dal descrittivismo già percorso da
presagi di morte del primo atto giunge, attraverso la disfatta di Don José,
all’epilogo violento e risolutivo.
Una progressione drammaturgica che i dialoghi
parlati dell’originale rendono sicuramente più incalzante e della quale la
caratterizzazione “spagnola” della musica non è accessorio coloristico, ma parte
integrante e necessaria.
Rispetto a questi temi, non è affatto estrinseca la
caratterizzazione “spagnola” della musica.
La Spagna creata da Bizet è prima
ancora che un luogo geografico (da lui maivisitato), il luogo della psicologia
umana, il luogo della passionalità e dell’istinto, dei conflitti primari:
amore/odio, libertà/legami, universo maschile/universo femminile.
Edè in questi
dualismi, in questa doppia connotazione (contesto, da un lato, scavopsicologico,
dall’altro) che va ricercata l’universalità dell’opera di Bizet.
Più
che la«sensualità fiammeggiante», in modo ben più attuale è l’inafferrabilità di
Carmen adavvincere Don José, quel suo darsi e negarsi continuamente.
E questi
caratteri definiscono le linee di sviluppo della personalità di Carmen e diDon
José.
Mentre Don Jose alla fine dell’opera («Ah! Laisse-moi te sauver, et
mesauver avec toi») «perviene alla consapevolezza della propria inadeguatezza a
vivere un’esistenza separata da quella di Carmen, tanto da preferire, per
debolezza edisperazione, l’annientamento di entrambi», Carmen, nella
scena delle carte, prende con sapevolezza piena del proprio destino in modo
diverso, non passivo, ma orgoglioso,con una fierezza che ne ribadisce
l’anticonformismo e la fedeltà a se stessa come primaragione di vita.
Purtroppo,
«tale complessità psicologica raramente trova riscontro nella prassi teatrale
corrente.
Troppo spesso le interpreti di Carmen ci mostrano, nella
zingarainventata da Mérimée, solo la dimensione ancheggiante e rapace,
dimenticando la storica
lezione di Maria Callas, dove per la prima volta fu dato scorgere quanto
diaudacemente luciferino si celi nel personaggio creato da Bizet.
Per
quel che riguarda l’elemento seduttivo, andrebbero rilevati poi due aspetti.
I lprimo rinvia alla radice etimologica del nome Carmen.
Esso deriva dal
latino "carmen", che può significare sia canto, componimento poetico, più
precisamente lirico, sia predizione, formula magica (probabilmente per il fatto
che gli oracoli tendevano adesprimersi in versi).
Dalla stessa radice, poi,
deriva il termine francese, "charme", che Bizet conosceva bene, e del quale è
superfluo precisare il significato.
Questi dettagli di tipo etimologico possono
ulteriormente accentuare la dimensione fascinosa, ambigua, magica, quasi oscura,
vaga alla quale rinvia il nome Carmen e, se si vuole, anche ilpersonaggio.
Il
secondo aspetto, invece, ci riporta direttamente alle origini gitane di Carmen
e,quindi, ad un’atmosfera che si può definire genericamente esotico-orientale.
La malia diquesta dimensione geografica e simbolica, peraltro, ha attratto
diversi altri autori francesi, che hanno composto musica spagnola affascinati dal
suo carico di sensualità,ritmo e grande varietà di colori.
Basti pensare
a "España" di Emmanuel Chabrier, a "La puerta del vino," "La
soirée dans Granade
(da Estampes) o "Iberia" di Debussy,
alla "Rapsodia spagnola" di Maurice Ravel o alla "Havanaise" di
Camille Saint-Saens.
Per quelche riguarda Bizet, il fascino dell’esotico si presentacome attenzione al colore locale, pur non
partendo da un folclore vero e proprio, tantoche dalla musica spagnola il
compositore non trae che qualche ritmo (nell’habanera, adesempio, il cui
tema è ripreso quasi fedelmente da "El Arreglito", una canzone composta nel
1864 da Sebastiàn Yradier, l’autore, per intenderci, della
celebre
Paloma, e che aveva goduto di una certa visibilità a Parigi come
insegnante di tecnica vocale dell’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III,
spagnola di nascita.
L’orientalismo di Bizet, però, non è quello
tipicamente ottocentesco.
Si trattava, in quel caso, di un gusto che rifletteva
l’interesse della cultura europea nei confronti di un mondo sostanzialmente
nuovo, scoperto a partire dalla spedizione di Napoleone in Egitto nel 1798.
Turchia e Asia minore, Egitto, Siria, Libano, Palestina, tutti paesi neiquali
Inghilterra e Francia avevano interessi politici e commerciali.
È stata una
tendenza soprattutto pittorica che ad
un certo momento diventò così rilevante da meritarel’istituzione, in Francia,
della Société des Peintres Orientalistes Français.
L’Oriente rappresentato da
Eugène Delacroix o Jean-Léon Gérome era un Oriente fantastico,popolato da figure
sconosciute in Occidente, ma anche da donne particolarmenteaffascinanti.
Rispetto a questo orientalismo, quello di Bizet non è
colorismo, ma ha una precisa funzione drammatica e drammaturgica, che
pone l’opera all’interno di un orizzonte in cui il rapporto con la realtà è molto
più immediato di quanto si fosse fatto prima d’allora.
Escamillo e Micaela si
muovono invece nell’ambito di una rassicurante tradizione.
Tra i due, forse
Escamillo appare un po’ più interessante.
Sicuramente macho, matroppo
vacuo e fatuo.
Per il suo ruolo Bizet prescrive che si canti
avec fatuité
per nonapparire convenzionale.
Un’affocata sensualità è il motore
primo dell’opera, come ben dimostral’invasamento orgiastico della
chanson
bohème all’inizio del II Atto.
In questocaleidoscopio di luce,
colori e ombra, Bizet trova anche il modo di incastonare unapagina di rarefatta
contemplazione.
Un momento musicale che, leopardianamente, soloin apparenza ha
le tinte bucoliche e serene di un quadretto agreste.
Si
trattadell’
entr’acte
(cioè dell’intermezzo sinfonico) tra il secondo e il
terzo atto, con la suatersa e sospesa luminosità affidata agli arabeschi dei
legni che si stagliano contro iltimbro morbido degli archi.
Infine, anche l’uso
del Leitmotiv, già sperimentato nei Pescatori di perle
, troverà
la sua massima applicazione in
Carmen
, con quel “tema del destino” che,
dopo la sua folgorante apparizione durante il preludio, tornerà nel
corsodell’opera variamente rielaborato.
.Già da quanto detto finora si
comprende con chiarezza come la
Carmen
sia attraversata da una varietà di
temi:
-- il rapporto tra cultura borghese e cultura popolare
-- ilruolo della donna
-- lo sguardo al mondo esotico
- l’attenzione alla realtà quotidiana.
Rispetto, ad
esempio, al secondo elemento, e cioè al modo in cui Bizet tratta il tema della
donna, è stato osservato come la
Carmen
condivida due temi con la
precedente
Traviata
(1853) di Giuseppe Verdi e la
successiva
Boheme
(1896) di Giacomo Puccini:una simbolica vendetta del
maschile sul femminile ed un’esorcizzazione del
moralmente diverso
portata avanti da una affascinata ma terrorizzata classe borghese.
Carmen
ha goduto di un ritorno di popolarità nel 1980, così come era accaduto nei primi
anni Ventie nuovamente negli anni Cinquanta.
Tuttavia, negli ultimi anni la
figura di Carmen èstata ripresa rivalutando un aspetto particolare.
Non più vamp
proibita, ma donna giovane, seducente, indipendente, emancipata e consapevole di
se stessa.
Carmen diventa così un punto di riferimento per nuove identificazioni
e nuove interpretazioni.
Abbiamo già detto
come Carmen sia stata composta tra la fine del 1872 e i primimesi del
1875, e si è già detto come il primo allestimento, il 3 marzo del 1875, fu
unclamoroso insuccesso.
Per l’autunno dello stesso anno,
Carmen
fu
inserita nella stagione viennese.
Bisogna essere cauti nel ritenere che i
viennesi abbiano realmente compreso l’opera.
La
Carmen
“compresa” a Vienna
non era quella rappresentata a Parigi, questo significa che essa fu compresa
quando le premesse, i materiali musicali ele fonti non erano più individuabili.
A Vienna, per consuetudine non si allestivano operedel genere
comique
.
Si
è perciò reso necessario preparare una nuova versione, nellaquale i recitativi
musicati sostituissero quelli originali, che erano parlati.
Il 3 giugno,Bizet,
era alle prese proprio con questa rielaborazione, quando, all’improvviso, morì.
Ilcompositore non poté quindi assistere al successo planetario della
sua
Carmen
né poté lavorare sull’edizione viennese, della quale invece si
occupò l’amico Ernest Guiraud.
Questa nuova edizione viene pubblicata nel 1877 e
sarà quella che, da allora, verràmessa in scena in tutto il mondo.
È qui che si
innesta un problema di tipo filologico, che riguarda, appunto, la
“vera”
Carmen
.
Le difficoltà aumentano anche per il fatto che la
partitura originale utilizzatadal direttore d’orchestra al debutto
di
Carmen
non è la stessa venduta all’editore Choudens per la
pubblicazione.
Nel 1964, Fritz Oeser, basandosisu sette
fonti principali
pubblica una revisione critica della partitura che ha
avuto il
(((1. la partitura autografa di Bizet; 2. una copia del
manoscritto utilizzata nel 1875 (esuccessivamente); 3. parti orchestrali
incompleti manoscritte, utilizzate anche nel 1875 (e più tardi); 4. lacopia
manoscritta redatta nell'estate del 1875 per la prima esecuzione a Vienna
prevista per l’ottobre di))
merito di ristabilire
l’autenticità dei dialoghi parlati (che può essere ascoltatanell’esecuzione
parigina del 1950 diretta da André Cluytens e che vede Solange Michel nel ruolo
di Carmen e Raoul Jobin in quello di Don José.
Bizet, per quanto fosse
consapevole che per un’utilizzazione estensiva dell’opera avrebbe dovuto
rivederla subito, opta per la convenzione dei dialoghi parlati, che
offrivaalcuni indubbi vantaggi:
I dialoghi parlati rendono possibili
scambi
di battute più ampi e plastici tra i personaggi,
mentre il recitativo cantato,
introdotto da Guiraud, inevitabilmente
riduce e comprime molto materiale testuale
che, nella
versione originale, ci consentiva, ad esempio,
di saperne molto di più
su Don Josè.
Il dialogo parlato consente di sfruttare al
meglio le differenze
tra parola e canto,
grazie alla quale Bizet ha caratterizzato i personaggi.
Ad
esempio Don Josè che, nella versione originale,
per gran parte del I atto parla
soltanto, facendo aumentare
nell’ascoltatore il desiderio diascoltarlo.
Tipici
dell’
opéra-comique
sono poi altri fattori.
Il preludio presenta
un’esposizionedi melodie orecchiabili che ritorneranno durante l’opera; i
personaggi di Micaela edEscamillo, in fondo, sono tipici
dell’
opéra-comique
, così come lo è il coro che, al di làdi alcuni
elementi estranei, presenta frasi regolarmente strutturate e disegni
formalisimmetrici.
Al di là di questo, è un fatto che il pubblico reagì molto
male all’opera di Bizet e, sibadi bene, non perché si scandalizzò del
personaggio.
Halévy, ripensando a quella sera, scriverà infatti che «l’entrata in
scena di Carmen fu accolta bene e applaudita, così come il duetto tra Micaela e
Don Josè.
Alla fine del primo atto di furono grandi applausi e Bizet, dietro le
quinte, ricevette complimenti e congratulazioni.
Il secondo atto si
aprìbrillantemente, con l’entrata di Escamillo, ma poi il pubblico si raffreddò,
vinto dalloscontento e dal disagio.
Finito il secondo atto, dietro le quinte,
pochi ammiratori e menocongratulazioni.
Nel terzo atto, nessun entusiasmo, se
non per l’aria di Micaela.
Il pubblico restò gelido durante il quarto atto e solo
alcuni sostenitori di Bizet, alla finedell’opera, vennero dietro le quinte.
Di
diverso parere erano compositori come JulesMassenet o Saint-Saens, che parlarono
di opera meravigliosa, di un grande successo.
((quell’anno; 5. la prima
edizione della partitura vocale pubblicata da Choudens; 6. la prima edizione
dellibretto stampato e 7. il calendario delle prove dell’Opéra-Comique durante
l’inverno 1874-5))
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The True ‘Carmen’? Carmen.
Kritische Neuausgabe nach den Quellen von Fritz Oeser
,in «The Musical
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I
motivi dell’insuccesso in Francia
(salvo ripresentare l’opera trionfalmente
diecianni dopo il debutto,
sempre all’Opéra-Comique, salutandola come l’opera
perfetta)
erano diversi:
-- la ripugnanza verso l’“orientale” (in questo caso
l’andaluso), verso i cabaret di basso rango, le prostitute, il movimento delle
anche nella danza.
Carmen viene considerata un animale (un gattopardo, un
serpente, la definiscono i critici dopo la prima) e i personaggi maschili come
figure fortemente influenzabili e vittime di questa
femme fatale.
Nessuno colse nella
Carmen
la magistrale fusione di linguaggi
differenti.
Achille de Lauzières, ad esempio, non ha esitato a definire Bizet
come
«un autore insozzato nella fogna della società».
Théodore de Banville è
autore, invece, di una delle pochissime recensioni positivedella prima
rappresentazione.
Scrive: «al posto di quelle graziose marionette rosapallido e
color del cielo che furono la gioia dei nostri padri, Bizet ha cercato di
mostrare uomini e donne veri, accecati, torturati dalla passione», compiendo,
così, un vero eproprio «colpo di stato».
Ed in effetti, i caratteri del colpo di
stato c’erano tutti: l’utilizzazione di una novella considerata disdicevole,
l’accoltellamento in scena dellaprotagonista, una certa esposizione della
sessualità, nonché una musica contaminata dacanzoni e danze conosciute da Bizet
durante le sue esplorazioni notturne.
Non è un caso che questa confessata doppia
presenza di cultura alta e bassa abbia acceso l’interesse didiversi registi
cinematografici e produttori, fino, addirittura, alla realizzazione di
un hip-hopera, intitolata
Carmen
(2001), diretta da Robert Townsend e
prodotta da MTV.
C’è poi chi ha parlato di Bizet come un wagneriano
doc, un wagneriano intransigente, con la sua erudizione, l’oscurità, il grigiore
e le melodie infinite.
C’è,invece, chi, tra i wagneriani, l’ha considerato poco
wagneriano e troppo impegnato acompiacere i seguaci dell’
opéra-comique
.
Anti-wagneriano, ad esempio, lo consideravaNietzsche, il quale, ne saggio
Il
caso Wagner
, confessa di aver assistito a venti rappresentazioni di quello
che egli definisce un capolavoro, musica perfetta, nella qualeconvivono
morbidezza, leggerezza, cortesia, ma anche malvagità, raffinatezza e
fatalità.
Questa musica rende liberi
.Estimatori di
Carmen
sono stati anche
Johannes Brahms, Peter I.
Čajkovsky e, aquanto pare, anche Richard
Wagner, per quanto quest’ultimo non abbia colto nell’operaalcun riferimento alla
propria musica e al
leitmotiv
, aspetto invece rilevato da
alcuni critic.
Questi sono solo
accenni, ma bastino a sottolineare come la ricezione immediatadi
Carmen
è
stata complessa, articolata e non priva di incomprensioni.
La prima produzione
dell’opera va avanti per 48 rappresentazioni.
Nel frattempo la salute di Bizet
peggiora.
Soffre di malattie croniche, soprattutto nei momenti di stress emotivo,
di ascessi laringei e reumatismi articolari.
Alla fine di maggio del 1872
si sposta in campagna e sembra migliorare, tanto da concedersi una nuotata nella
Senna.
Ma alcuni giorni dopo viene colpito da febbre alta e da un primo attacco
di cuore.
Il secondo, all’alba del 3 giugno, lo uccide, a tre mesi dal disastroso
debutto della
Carmen
, e solo alla sua 36a replica.
La produzione va
avanti all’Opéra-Comique fino al15 febbraio 1876.
Per quella data, come scrive
Susan McClary, la
Carmen
aveva conquistato Vienna ed era ormai sulla strada
della gloria.
La via era tracciata, il percorso era chiaro.
Carmen
era
entrata, trionfalmente, nel pantheon dei grandissimi
successi operistici
I vari aspetti di novità rilevati nel paragrafo precedente,
richiamano poi un altrotema, a mio avviso particolarmente interessante e che
colloca Bizet e la
Carmen
all’interno di una tendenza estetica, poetica e
filosofica che già una ventina d’anniprima, poco dopo il giro di boa di metà
secolo, ha traghettato le arti verso nuoviorizzonti.
Mi riferisco all’estetica
del brutto.
La categoria del brutto vive, nel corso dell’Ottocento, una fase di
recupero eritematizzazione.
Se per Platone e Plotino il brutto era stato
considerato come il gradozero del bello, essenzialmente come pura privazione,
nel Settecento, la dimensione del brutto inizia ad essere ridiscussa, in
particolare attraverso la rivalutazione estetica dialtre categorie, come
l’orrido, il tragico, il sublime, l’immenso, il disarmonico, ecc. Allafine
del
XVIII
secolo, come ci ricorda Remo Bodei nel saggio di
presentazionedell’
Estetica del brutto
di Karl Rosenkranz, Friedrich
Schlegel scrive nel 1795 uno
Studio della poesia greca
(rielaborato poi
nel 1823), nel quale lamenta l’assenza disaggi, degni di questo nome, sulla
«teoria del brutto». In questo contesto, il brutto
assume «la natura
di
negazione del bello
(e non più di mero essere) e di elementospecifico
dell’
arte moderna
, di cui l’
Amleto
è il simbolo.
Quest’ultima si
connetteinfatti […] al brutto in quanto presente nel caratteristico,
nell’individuale,nell’interessante, nel mondo delle astrazioni».
È in
queste pagine di Schlegel che si apre la strada ad un’idea estesa del bello,
tale dacomprendere anche il brutto e le tendenze più peculiari dell’arte
moderna, nella quale ilbrutto, l’effimero e il banale hanno un ruolo di primo
piano.
A questo riguardo, l’operadi Charles Baudelaire (1821-1867), in
particolare, è una delle manifestazioni piùemblematiche delle modificazioni
intercorse nella sensibilità e nella coscienza esteticadell’uomo. L’Ottocento,
accentuando una tendenza avviatasi durante il secoloprecedente, libera
definitivamente il livello sensibile, aprendolo ad un contesto piùampio, più
onnicomprensivo, dal quale non sfuggono dimensioni fino ad alloratendenzialmente
taciute (il «bizzarro», l’«insolito», il «mostruoso», il
«perturbante»,l’«effimero»).Charles Baudelaire ha un ruolo rilevantissimo in
questa evoluzione, facendo «viverel’infinito e l’eterno nella contingenza,
nell’effimero, nello
spleen
che domina lamodernità (la metropoli parigina
e i suoi “passaggi”, la moda, la prostituta, l’ineditovincolo dell’artista con
il mercato, la folla, le merci, ecc.)».
. Il legame tra il bello
el’effimero, all’inizio del Novecento sostenuto e rilanciato dai futuristi, è
chiaramentetratteggiato da Baudelaire, per il quale la bellezza si materializza
nell’istante, effimeroed eterno, di un incontro, di un’impossibile promessa di
felicità, costantemente rinviata.In questo contesto si situa l’
Estetica del
brutto
di Rosenkranz, la cui analisi èparticolarmente interessante anche per
il fatto di aver inserito il tema del bruttoall’interno di un contesto più
ampio, relativo alla
patologia sociale
, tanto che «la suadiagnosi non
implica soltanto una discesa nel sottosuolo dell’arte, ma anche negli inferidel
proprio tempo», fatti di vacuità, dissoluzione, orrore. Sebbene
Rosenkranzcontinui a confidare nella forza della ragione, inizia ad emergere
qualche incrinaturarispetto alla ferrea fiducia hegeliana nella razionalità del
reale. Il concetto di
brutto,
21
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Presentazione
di K.
R
OSENKRANZ
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Estetica del Brutto
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9.
22
P.
P
ELLEGRINO
,
La bellezza tra arte e tradizione.
Storia e modernità
, Congedo Editore, Galatina2008, p. 65.
23
Ivi, p.
20.
considerato come termine
medio tra quello di bello e quello di comico («il brutto –scrive Rosenkranz – ha
dunque due frontiere: il limite iniziale del bello e il limite finaledel
comico»
24
), viene analizzato da Rosenkranz, percorrendo un itinerario
che, nelleintenzioni dell’autore, punta a dispiegare «tutto l’universo del
brutto dalle sue primenebulose – l’amorfia e l’asimmetria – per arrivare fino
alle sue formazioni più intensivenell’infinita varietà della disorganizzazione
del bello, attraverso la caricatura»
25
. Vi è, difondo, la convinzione
che l’inferno non sia solo etico e religioso, ma anche
estetico.
La "Carmen" di Bizet, mettendo in scena il mondo dei bassifondi,
dei ladri e delle zingare si inserisce lungo questa linea di sviluppo che da
Baudelaire (Fiori del male,1857 e 1861) giunge alla letteratura
decadente e verista.
La Parigi nella quale vive Bizetè quella tratteggiata da
Baudelaire, e cioè anche un palcoscenico triste, nella sua eccitazione, e
desolante, nel suo dinamismo.
A mio avviso, quindi, quello di Bizet non èun
capolavoro soltanto dal punto di vista strutturale, musicale, compositivo, ma
ancheperché si colloca al crocevia di nuove tendenze estetiche e di rinnovate
poetiche.
La
Carmen
, in qualche modo, getta luce su un mondo sotterraneo,
su un sottobosco socialeche era già il fulcro della «letteratura industriale» e
dei bassifondi (pensiamo a I miserabili
di Victor Hugo, uscito dieci anni
prima, nel 1862).
Queste opere aspirano adessere il riflesso delle tensioni
sociali e della condizione degradata delle grandi città.
«Sono tedesco per
convinzione, cuore e anima, ma qualche volta mi perdo in caseartisticamente
malfamate».
In questo modo Bizet confessava la sua passione per la frequentazione
dei bassifondi, dei night-club e dei cabaret, dove tra l’altro ascoltò
la canzone "El Arreglito".
Non ostante in "Carmen"
non sia tematizzato
il disagio sociale, ma,in qualche modo, resta sullo sfondo, anche forzando un
po’ la lettura, ma ampliando losguardo, questo lavoro di Bizet lo possiamo
collocare in quella fase di passaggio –tipica della letteratura e dell’arte
europee – dal romanticismo al realismo, ponendo lebasi per la successiva
evoluzione nel verismo.
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