Saturday, April 27, 2013

L'aria di Babini (tenore), "Orazio", nel melodramma di Cimarosa, "Gli Orazi ed i Curiazi" -- LIBRETTO -- Se alla patria ognor donai il sudor de' giorni miei fate ancor ch'io possa o dei in tal dì per lei pugnar ma qual mai risuona intorn alto grido di contento son gli orazi dei sento.

Speranza

GLI ORAZI E I CURIAZI: Tragedia per musica di Antonio Simeone Sografi
musicato da Domenico Cimarosa -- Prima esecuzione: 26 dicembre 1796, Venezia.

I N T E R L O C U T O R I

ORACOLO .......... BASSO

TULLO OSTILIO III
re di Roma .......... ALTRO

MEZIO SUFFEZIO
dittatore d'Alba Longa.......... ALTRO

PUBLIO ORAZIO
padre degli Orazi .......... TENORE

MARCO ORAZIO,
suo figlio .......... TENORE (creato da Babini)

ORAZIA,
sorella di Marco Orazio .......... CONTRALTO

CURIAZIO,
sposo d'Orazia .......... SOPRANO

SABINA, sorella di Curiazio,
moglie di Marco Orazio .......... SOPRANO

L'AUGURE sommo .......... BASSO

LICINIO, amico degli Orazi .......... SOPRANO

Il SACERDOTE DI GIUNONE .......... BASSO

Due altri Orazi, figli di Publio Orazio, che non parlano.

Due Curiazi, che non parlano.

Cori di Senatori romani, Albani, Auguri, Popolo.

Comparse: Ministri, Matrone, Sacerdoti, Cavalieri, Littori, Vestali, Politici, Militari.

L'azione si finge in Roma.


A T T O P R IMO

Scena prima

Atrio esteriore del tempio di Giano, con porta laterale aperta che introduce nel tempio stesso, e che a suo tempo si chiude.

Sabina con séguito di Matrone romane in mezzo a numeroso Popolo, addrizzando  verso il cielo e verso il tempio il seguente:


CORO

Odi, o ciel, i nostri lai,
vedi, o nume, i nostri affanni:
sino a quando i propri danni
Roma afflitta piangerà!

(alternativamente)

Va scemando in ogni petto...
va crescendo in ogni core...
il valore...
lo spavento...
Ah di pace il dolce accento
quando, o ciel, s'ascolterà!
Rimangono mestamente in silenzio tutti gli Attori suddetti allorché, scossi
dall'improvviso lietissimo strepito che supponesi udir dentro del tempio,
manifestano alcuni la sorpresa, alcuni altri l'allegrezza, ecc.
CORO
Ma quai risuonano giulivi canti!
Quai trombe s'odono! che mai sarà!
Scena seconda
Esce l'Augure sommo con il séguito d'Auguri.
Si chiude la porta del tempio.
L'Augure si unisce lietamente sclamando cogli altri.
CORO
Cessino i palpiti, tergansi i pianti,
di Roma il fato si cangerà.

L'AUGURE Sì, Romani, de' numi
omai chiaro è il voler. A noi, cui dato
è il penetrar gli alti segreti, alfine
il ciel parlò. Del Tebro oggi la sorte
sarà decisa: Alba fia vinta e doma
e dovrà i padri venerar di Roma.

SABINA O tu, che con tai detti
il cor di gioia e di dolor m'inondi,
a Sabina rispondi:
de' Curiazi qual sarà la sorte?
Dell'amato consorte,
d'Orazio che sarà? Per quelli io debbo
di nuovo palpitar? Per questo ancora
temer, gelar degg'io?
L'AUGURE D'appagar m'è vietato il tuo desio.
Non smarrirti però; dubbie all'inchieste
fur le risposte, e sol non dubbio e chiaro
lessi dell'avvenir ne' cupi arcani
che inaspettati e strani
decreti del destino
apron oggi alla gloria un gran cammino.
L'AUGURE
L'alto genio di Roma nascente
vidi errando su questo e quel colle,
e la fronte maestosa che estolle
splender vidi di sacro fulgor.
Non illude quel raggio verace,
non inganna la nobil cervice;
l'una e l'altro già chiaro mi dice:
sorge Roma alle palme d'onor.
(parte col séguito degli auguri)
Scena terza
Sabina con il suo Séguito.
SABINA Oh cara patria! Oh i miei germani! e quale
sarà il vostro destin!... Incauta! ah dove
dai sfogo al tuo dolor?... Sposa d'Orazio,
romana già, come i nemici sui
compianger osi e non tremar di lui!
Patria, natura, affetti
soavi, ma fatali al dover mio,
fuggitevi da me: per sempre addio.
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Atto primo Gli Orazi e i Curiazi
Scena quarta
Publio Orazio, Sabina.
PUBLIO ORAZIO A che tardi, Sabina? Ignori forse
che in pacifica tregua
è Roma in questo dì? Che Mezio e Tullo
agitan l'alto affar? Che il tuo germano
ad Orazia diletta
or or verrà per offerir la mano?
T'affretta: a tanta gioia
manchi tu sola.
SABINA Oh numi!
Così fausti presagi,
augurii così lieti,
vengon forse da voi? Deh, s'è pur vero
che la clemenza vostra
volga su Roma impietositi i lumi,
deh non vogliate, o numi,
la cara patria ed i germani amati
al rigor empio abbandonar de' fati.
SABINA
Serbate, eterni dèi,
a Roma i figli suoi,
ma chi diè vita a lei,
numi, serbate ancor.
Chi non s'attrista e geme,
chi non s'affligge e langue
se d'un istesso sangue
è il vinto e il vincitor!
(partono)

Scena quinta

Vastissima pianura tutta circondata all'intorno di magnifiche fabbriche, tra le quali il palagio degli Orazi.

Porta Capena nel fondo, che supponesi condurre alla città d'Alba, la
quale si vede nel prospetto situata sopra il colle Albano. Altri edifici
profani e sacri abbelliscono il rimanente della scena.
Senatori romani congiunti degli Orazi. Albani congiunti de' Curiazi.
Marco Orazio, poi Curiazio co' due Fratelli e Séguito, poi Orazia con
Publio Orazio, Sabina e i due altri Orazi. Popolo.
All'aprirsi di questa scena veggonsi entrare dalla parte opposta al
palagio degli Orazi i Congiunti de' medesimi ed addrizzarsi verso il
palagio suddetto col seguente:
CORO Germe d'illustri eroi,
di Roma eccelso onore,
Orazio, vieni a noi...
MARCO ORAZIO Ecco Orazio, o compagni, eccolo a voi.
Marco Orazio precedendo i suoi Congiunti s'avvia presso la Porta
Capena, invitando Curiazio, che poi entra col suo Séguito e col seguente:
CORO Vieni, Curiazio, a lei:
spegni il marzial furore;
solo spirar tu déi...
CURIAZIO Puro amor, cara pace e dolce ardore.
Marco Orazio e Curiazio precedendo i loro rispettivi Congiunti
s'addrizzano di nuovo verso il palagio degli Orazi invitando Orazia, la
quale esce come di sopra è indicato.
CORO Vieni, gentil donzella,
nobil, vezzosa e bella;
ti chiama e a sé t'invita...
ORAZIA Il mio ben, la mia speme e la mia vita.
ORAZIA, MARCO
ORAZIO E CURIAZIO
Oh dolce e caro istante!
Oh giorno di contento!
Ricolmo il cor mi sento
d'amore e d'amistà.
MARCO ORAZIO Pietosi dèi, volgete
a questa parte i lumi.

ORAZIA E CURIAZIO È di voi degna, o numi,
sì gran felicità.
ORAZIA, MARCO
ORAZIO E CURIAZIO
Oh dolce e caro istante!
Oh giorno di contento!
Ricolmo il cor mi sento
d'amore e d'amistà.
ORAZIA Oh mio Curiazio, oh dolce
di tante pene e tanti
sospir, affanni e pianti
amabile cagion, ed è pur vero
ch'io ti stringo al mio sen? Che a te dappresso
in sì soave amplesso
può libero il mio core
brillar di gioia e palpitar d'amore?
CURIAZIO Non dubitarne ormai;
fissa i vezzosi rai,
Orazia, in me: lo sposo avventurato
rimira alfin che ti concede il fato.
Solo il dover potea,
il patrio amor allontanarmi, o cara,
tanto tempo da te: or che al dovere
ho servito e all'onore,
posso libero anch'io
brillar di gioia e palpitar d'amore.
MARCO ORAZIO Ah! quest'amor potesse
tra questi colli, come pur tra voi,
gli antichi dritti suoi
riprendere in tal dì! Qual ne dovrebbe
aspettar l'universo
da simiglianti voti,
forti, eccelsi nipoti! Ah troppo avanza,
ben lo conosco anch'io,
d'ogni brama il confin sì bel desio.
ORAZIA No, in così fausto giorno
tutto lice sperar. Pace ogni aspetto
sembra annunziar, gioia ogni ciglio, e parmi
che persino in tal dì "pace" risponda
ogni fonte, ogni sasso ed ogni fronda.
CURIAZIO Così voglian gli dèi.

MARCO ORAZIO Roma sia salva.

CURIAZIO La patria invitta.
MARCO ORAZIO Il roman nome intatto.
CURIAZIO Ed Alba illesa 8


MARCO ORAZIO e
salvo il patrio onore CURIAZIO
d'amistà
si favelli MARCO
ORAZIO e
poi d'amore.
CURIAZIO Ed a un tal patto solo
Curiazio può parlar, che spento in petto
quando parla la patria ha ogni altro affetto.
Questi i miei sensi son: congiunti e amici
oggi gli Orazi io bramo;
amo la patria, ed amo
il suo onor, la sua gloria, il suo decoro,
e solo, idolo mio, dopo di lei
l'anima del mio sen, l'amor tu sei.
CURIAZIO
Quelle pupille tenere
che brillano d'amore
vedran di questo core
candida ognor la fé.
Ma se il dover mi chiama,
ma se l'onor m'invita...
non palpitar, mia vita,
non dubitar di me.
Nel fier bollor dell'armi,
nel placido riposo,
non saprò mai scordarmi,
anima mia, di te.
Curiazio ed Orazia con tutti gli altri entrano nel palagio degli Orazi.
Scena sesta
Atrio interiore del palagio degli Orazi.
Licinio, Publio Orazio, Sabina.
LICINIO
(a Publio Orazio)
Non dubitar: Tullo ha riposto il sommo
destin di Roma in tre guerrieri.
SABINA E Mezio
tal proposta accettò?
PUBLIO ORAZIO Così s'apprezza
il sangue de' Romani, che a serbarlo
Roma s'espone ad un sì gran periglio!
LICINIO Ecco Orazio.
PUBLIO ORAZIO Ecco il figlio.
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Atto primo Gli Orazi e i Curiazi
LICINIO Oh come a terra
tiene le luci, pensieroso, immoto!
Scena settima
Marco Orazio, Licinio, Publio Orazio, Sabina.
PUBLIO ORAZIO Figlio...
SABINA Sposo.
LICINIO Saprai...
MARCO ORAZIO Tutto m'è noto.
PUBLIO ORAZIO La patria MARCO
ORAZIO è in gran cimento.
LICINIO In tre romani MARCO
ORAZIO è riposto il suo onore.
PUBLIO ORAZIO Che ne dici?
SABINA A che pensi?
MARCO ORAZIO A sì gran campo di marzial valore.
Sa il ciel a chi la sorte
tal gloria riserbò.
PUBLIO ORAZIO Dunque la scelta?


MARCO ORAZIO:

Tullo commette all'urna
che tutti de' Romani
i nomi accoglierà... numi, se mai
supplice e riverente
per la gloria di Roma io vi pregai,
in sì tremendo istante,
per lei, per me, dinanzi a voi mi prostro:
fate, pietosi numi,
che possa in campo e in sì bel giorno anch'io
per la patria versar il sangue mio.

----- ARIA DI MARCO ORAZIO:

MARCO ORAZIO

Se alla patria ognor donai
il sudor de' giorni miei,
fate ancor ch'io possa, o dèi,
in tal dì per lei pugnar.
Ma qual mai risuona intorno
alto grido di contento!
CORO di dentro
Son gli Orazi ~

MARCO ORAZIO:

(con esclamazione di giubilo)
Dèi, che sento!

CORO
di dentro
~ destinati a trionfar.


Scena ottava
Coro di molti Senatori, Marco Orazio, Licinio, Publio Orazio, Sabina.
MARCO ORAZIO (incontrandoli)
Padri, amici...
CORO Esulta e godi.
MARCO ORAZIO Sposa, padre...
CORO È giusto il fato.
MARCO ORAZIO Oggi dunque...
CORO In campo armato...
MARCO ORAZIO Ma egli è ver?
CORO Non dubitar.
MARCO ORAZIO
Ah di giubilo quest'alma
sì ripiena è in tal istante,
che confuso, palpitante,
non la posso a voi spiegar.
Nel cimento
or or in campo
a voi tutti il vivo lampo
parlerà di questo acciar.
Marco Orazio co' Senatori esce dall'atrio; Publio Orazio, Licinio, Sabina
entrano nel palagio.
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Atto primo Gli Orazi e i Curiazi
Scena nona
Magnifico portico nel palagio che introduce ad un tempio domestico
adornato di ghirlande per la festa nuziale d'Orazia.
Sacerdote di Giunone con altri Ministri i quali portano l'are, le faci, le
conche per le libazioni ecc. ecc.
Viene da una parte Curiazio co' suoi Fratelli, Amici e Congiunti.
Dall'altra Publio Orazio, Sabina, Licinio col loro Séguito. Poi al suono
di amorosa marcia sorte accompagnata da alcune Matrone Orazia
coperta del flammeo, e viene condotta nel mezzo della scena.
CORO
Scopransi i vaghi rai.
(si leva il velo ad Orazia)
Ah sì vezzosa e bella
no, non si vide mai
l'immagine d'amor.
Il labbro, il ciglio, il viso
spiega dell'alma i voti
quanto quel dolce riso
desta piacer nel cor!
SACERDOTE DI
GIUNONE
Appressatevi all'ara, e innanzi al nume
de' nuziali voti
il sacrato costume
a seguir v'apprestate,
e amore e fedeltà qui vi giurate.
CURIAZIO E ORAZIA (s'avvicinano all'ara porgendosi la destra e dicendo:)
Ti giura il labbro e il core
amore e fedeltà.
ORAZIA Sì, mia vita, sarai
sempre com'or tu sei
la delizia e il pensier de' giorni miei;
e se di questo petto
la pura fé, l'affetto,
o scemarsi o cangiar potesse mai,
mi detesti il tuo cor quant'io...
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto primo
Scena decima
Marco Orazio con gli altri Orazi, tutti gli Attori precedenti.
MARCO ORAZIO (con foglio in mano)
Che fai?
Non proseguir. Sospendi
i giuramenti tuoi; le faci, il foco
estinguete, o ministri: a voi non meno
che a te di gran novella
io vengo apportator.
CURIAZIO Parla.
ORAZIA Favella.
MARCO ORAZIO Alba de' tre guerrieri
che pugnar denno il nome
con questo foglio a noi fa manifesto.
(spiega il foglio su cui v'è scritto «I TRE CURIAZI»)
ORAZIA Numi eterni del ciel, che colpo è questo!
(I germani!)
SABINA (Al consorte!)
ORAZIA (Allo sposo!)
SABINA (I fratelli!)
CURIAZIO (Oh giorno!)
ORAZIA (Oh sorte!)
MARCO ORAZIO Qual pallor! Qual silenzio! E che? succede
alla sorpresa un reo dolor! Sì presto
da ciascuno s'oblia
di che si tratta in questo dì! Rinfranca
tu in quest'alme avvilite
la debole virtù: mostra che sei
nata sul Tebro, sì, che sei romana,
che sei figlia d'Orazio e mia germana.
ORAZIA Lascia almen ch'io riprenda
lo smarrito vigor: colpo sì atroce
mi gelò il sangue e m'arrestò la voce.
(I germani o lo sposo
dunque perder degg'io?
che sciagura crudel! che caso è il mio!
Ah no, tanta costanza,
alma capace a superar non sento
il terribile orror d'un tal momento.)
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Atto primo Gli Orazi e i Curiazi
ORAZIA
Nacqui è ver tra grandi eroi,
son tua figlia, tua germana,
ma sul Tebro, ma romana,
nel mio petto un cor vi sta.
Un cor che tenero
nutriva amore,
che un dolor barbaro
ucciderà.
Pietà delle mie lagrime,
del mio dolor pietà.
Un cor che misero
vede svanita
la tua compita
felicità.
Pietà delle mie lagrime,
del mio dolor pietà.
Orazia parte. Partono seco lei il Sacerdote di Giunone col suo Séguito, i
due Orazi, i due Curiazi coi loro Congiunti ed Amici ecc. rimanendo
soltanto in scena i Personaggi qui sotto indicati.
Scena undicesima
Sabina, Publio Orazio, Marco Orazio, Curiazio.
SABINA
(a Marco Orazio)
Dunque Roma vorrà?...
MARCO ORAZIO Che si dimostri
dai cittadini suoi
quella virtù che s'oltraggiò tra noi.
SABINA
(a Curiazio)
Tu pur, german, vorrai...
CURIAZIO Che tu parta alla fin. T'intesi assai.
PUBLIO ORAZIO Sabina, andiam, il tuo dolor non turbi
l'anime generose
in cui la patria il suo destin ripose.
(parte conducendo seco Sabina)
Scena dodicesima
Marco Orazio, Curiazio.
CURIAZIO (Oh terribil dover!)
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto primo
MARCO ORAZIO (Oh sacra voce,
tu mi penetri il cor... tu mi domandi
un caro sangue, tu l'avrai.)
CURIAZIO (S'asconda
la debolezza mia.)
MARCO ORAZIO (S'eviti in lui
un inciampo novello al dover mio.)
Al campo.
CURIAZIO Al campo.
MARCO ORAZIO Addio Curiazio.
CURIAZIO Addio.
Ah senti: non partir...
MARCO ORAZIO Che vuoi?
CURIAZIO Se mai...
MARCO ORAZIO Di'.
CURIAZIO Nella pugna...
MARCO ORAZIO E che?
CURIAZIO Soccomber deggio...
MARCO ORAZIO Ebben!...
CURIAZIO Consola, assisti
la sventurata mia sposa dolente...
MARCO ORAZIO E il dolor d'una sposa or hai presente!
CURIAZIO Puoi tu scordar i vincoli soavi
(con rapidità)
di natura, d'amore,
la sposa, il genitore,
i congiunti, gli amici!...
MARCO ORAZIO E padre e sposa
e congiunti ed amici
più non vivon per me; gli affetti miei
tutti ha la patria e tutto io trovo in lei.
CURIAZIO Fasto crudel d'una virtù tiranna.
MARCO ORAZIO Che un cor d'amante e non d'eroe condanna.
CURIAZIO Amo io pure la patria e l'onor mio.
MARCO ORAZIO Ma roman tu non sei come son io.
CURIAZIO Dunque?...
MARCO ORAZIO A pugnar...
CURIAZIO Almeno
in quest'ultimo istante
riconoscimi, e allora...
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Atto primo Gli Orazi e i Curiazi
MARCO ORAZIO Tu sei albano, io più non ti conosco.
CURIAZIO Roman tu sei, ma ti conosco ancora.
CURIAZIO
Quando nel campo armata
d'acciar la destra avrai,
allor, crudel, vedrai
se vacillar saprò.
MARCO ORAZIO
A questi accenti adesso
degno di me ti trovo;
prendi l'estremo amplesso:
al campo or or sarò.
CURIAZIO E MARCO ORAZIO
(Ah perché sei sì barbaro,
destino inesorabile!
Perché sì cara vittima,
o dèi, svenar dovrò!)
MARCO ORAZIO
(con sdegno e rapidità)
Fuggi dagli occhi miei,
debole alfin mi vedi:
che brami ancor? che chiedi?
CURIAZIO Ti calma... io partirò.
CURIAZIO E MARCO ORAZIO
(Ah che fatal momento,
o dèi, pe 'l valor mio!)
Rapido è il tempo; addio.
(Dove io mi sia non so.)
(partono)
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto secondo
A T T O S E C O N D O
Scena prima
Atrio interiore del palagio degli Orazi.
Sabina, Licinio.
LICINIO Ferma, Sabina: e dove
pensi volger il piè?
SABINA Chieder lo puoi!
Ad Orazio, ai germani.
LICINIO Ah senti; pensa
che alla lor gloria assai disdice il tuo
infrenabil dolor; che a te medesma
onta, e alla patria danno,
recar potria l'intempestivo affanno.
SABINA Sensi di chi nel petto
un cor non ha da tanti
teneri affetti combattuto. Io pure
così parlar saprei
se della patria sola
l'augusta voce udir potessi e, oh dio!
riguardar non dovessi d'un consorte,
fausta o infelice, con orror la sorte.
LICINIO Dunque?...
SABINA Mira che Orazia
a noi se n' viene: anch'essa
e piange e prega. (Onnipossenti dèi,
secondate pietosi i voti miei.)
(parte dal lato opposto d'Orazia)
Scena seconda
Licinio solo.
LICINIO Ah non si lasci. Oh Roma,
oh cara patria, quanti in sì gran giorno
forti nemici a te si stan d'intorno!
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Atto secondo Gli Orazi e i Curiazi
LICINIO
Mugge il nembo, fischia il vento,
l'aere è fosco, il ciel s'imbruna;
in balia della fortuna
io ti veggo trasportar.
Ah pietosi dèi clementi,
in voi spero, in voi confido:
la guidate illesa al lido
faustamente a riposar.
(segue Sabina)
Scena terza
Curiazio, Orazia che lo segue, poi la Schiera.
CURIAZIO Lasciami, per pietà, l'ora è vicina
prescritta del pugnar.
ORAZIA Invan presumi
ch'io ti lasci, o crudel.
CURIAZIO (Soccorso o numi.)
E creder puoi che a tua cagion non sia
da mille affanni questo core oppresso!
ORAZIA Se questo è ver, sopprimi
d'una gloria crudel l'ardor insano.
CURIAZIO Se tant'osi sperar, lo speri invano.
ORAZIA Dunque un sangue a me caro
intrepido a versar corri spietato!
E i giorni tuoi, che sono
pur giorni del tuo ben, in tal cimento,
sordo alle mie querele, a espor te n' vai!
Ah no, crudel, tu non mi amasti mai.
CURIAZIO Ah perché non poss'io
offrir ai sguardi tuoi
quell'egro cor che lacerar tu vuoi!
Deh ascoltami, idol mio, che queste sono
forse le voci estreme
del tuo misero ben. Vuoi che il mio core
lasci la patria e avvampi sol d'amore?
T'obbedirà. Vuoi che l'infamia sia,
non la gloria, sol cara all'alma mia?
Sarà così: ma stringi
questo acciar ch'io medesmo a te presento,
versa tutto il mio sangue, io son contento.
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto secondo
ORAZIA (Si deluda l'ingrato.) Ebben si ceda
a un barbaro dover: rammenta solo
qual mi lasci, o crudel, e quanto orrore
costar mi deve il tuo fatal valore.
CURIAZIO Ah pur troppo il vegg'io!...
ORAZIA Dunque?...
(sentesi lo squillar delle trombe)
CURIAZIO Senti.
ORAZIA E CURIAZIO Ah mio ben, per sempre addio.
ORAZIA Se torni vincitor
célati ai sguardi miei:
se più non torni, oh dèi,
ah che sarà di me!
Nel pianto e nel dolor
io morirò per te.
CURIAZIO Se torno vincitor
compiangi i miei trofei:
se più non torno, oh dèi!
rammenta la mia fé.
Caro mio dolce amor,
speranza più non v'è.
Esce la Schiera avanzandosi nell'atrio, invitando Curiazio.
ORAZIA E CURIAZIO Ma la schiera, o numi, è questa!
CURIAZIO Vado...
ORAZIA Senti.
CURIAZIO Ah no...
ORAZIA T'arresta.
CURIAZIO Di', che brami?
ORAZIA Ah, déi partir!
ORAZIA E CURIAZIO Qual gelo, o ciel, quest'anima
fa tutta inorridir!
ORAZIA Amore...
CURIAZIO Onore...
ORAZIA E CURIAZIO Assisti
un cor fra tante pene.
CURIAZIO Pugnar...
ORAZIA Partir...
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Atto secondo Gli Orazi e i Curiazi
ORAZIA E CURIAZIO Conviene.
E poi...
(guardandosi teneramente l'un l'altro)
mio ben, morir.
(partono)
Scena quarta
Campo Marzio con veduta delle due città Alba e Roma poste dirimpetto
l'una all'altra lateralmente, e porta parimenti laterale di Roma.
All'aprirsi di questa scena sono di già situati ne' loro posti Mezio
Suffezio, dittatore d'Alba, e Tullo Ostilio, re di Roma, colle loro
rispettive Schiere le une dirimpetto alle altre. Credesi del tutto inutile
l'indicare precisamente quale debba essere la pompa con cui è
preceduto ed accompagnato il combattimento.
Licinio con Publio Orazio sono presso a Tullo.
TULLO OSTILIO Suonin le trombe e lieto
echeggi in ogni parte
il suon gradito al popolo di Marte.
Scena quinta
Gli Orazi e i Curiazi armati con séguito di Senatori romani ed Albani.
Qui incomincia una strepitosa marcia militare, mentre da Roma escono
gli Orazi co' Romani, e passano all'altra parte; e da Alba escono i
Curiazi cogli Albani, e passano dalla parte opposta.
Incontrandosi cantano al suono della marcia le seguenti parole.
Insieme
I TRE ORAZI Combatteremo,
trionferemo!
Roma, per te.
I TRE CURIAZI Combatteremo,
trionferemo!
Alba, per te.
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto secondo
MARCO ORAZIO (vedendo il padre)
Deh parti, genitor. Ha Roma assai
di che ammirar, senza che offriamo a lei
un spettacol novello
nella presenza tua. Vanne, e se vuoi
di tua costanza a noi,
dell'amor tuo donar la prova estrema,
va' ad Orazia, a Sabina
e fa' che il tuo valore
d'esempio e di sostegno ad ambo sia,
come il Tebro or sarà la destra mia.
PUBLIO ORAZIO Voglian gli dèi così; vi lascio, o figli;
o vincitori o estinti
di rimirarvi avrò l'eccelso vanto:
addio miei figli. (Ah mi tradisce il pianto.)
(parte)
Scena sesta
Gli Orazi, i Curiazi, Tullo, Mezio, Licinio, Senatori albani e romani,
Cavalieri, Littori, Popolo.
CURIAZIO Albani, è questo, è questo
di nostra gloria il decisivo istante:
al nume altotonante
innalzate devoti i sacri carmi...
MARCO ORAZIO Viva Roma.
CURIAZIO Viva Alba.
GLI ORAZI All'armi.
TUTTI All'armi.
Si mettono tutti in attitudine per incominciare il combattimento.
Scena settima
Orazia, Sabina, l'Augure sommo, Sacerdoti, Popolo, tutti uscendo da
Roma; i suddetti.
L'Augure con Orazia, Sabina e gli altri.
CORO Ah fermate... non osate...
Là sull'are, là nel tempio
par che sdegni il ciel lo scempio
che tra voi si destinò.
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Atto secondo Gli Orazi e i Curiazi
GLI ORAZI E I
CURIAZI
(tornando in attitudine di combattere)
Non s'ascolti, all'armi, all'armi.
CORO Qual furor! qual reo consiglio!
GLI ORAZI E I
CURIAZI
(tra di loro)
È l'onore in gran periglio.
CORO Di pugnar cessate...
GLI ORAZI E I
CURIAZI
No.
(gli Orazi e i Curiazi restano coll'armi in atto di combattere trattenuti dagli auguri ecc.)
L'AUGURE Ma udite almen, o in me tutti volgete
i sacrileghi acciar. Gli dèi, gli dèi
forse sdegnan che voi, congiunti e amici,
per la patria dobbiate
con inumano esempio
oggi pugnar. Dunque gli stessi numi
nell'antro consultiam, e il loro accento
sia di norma e di guida al gran cimento.
SABINA Ah sì, sposo, germani, umil la fronte
piegate al ciel: forse da lui concesso
il pugnar vi sarà.
(Tullo e Mezio s'alzano dai loro seggi)
SABINA Mirate: Tullo
assente col partir.
ORAZIA (sopra un luogo eminente del Circo)
Popolo, amici,
padri, ministri, tutti
seguite me, che disarmar può sempre
la voce della patria i forti eroi,
e una voce sì cara è solo in voi.
(scende e con tutti gli uomini de' sacerdoti, senatori, ecc. parla agli Orazi e ai Curiazi)
ORAZIA Ah sì, succeda, anime eccelse, invitte,
al marzial bollore
sollecita pietà. Roma con Alba
ve 'l chiede, ve 'l comanda
e in cor co' mesti dolci moti suoi
forse ancor ve 'l domanda
dolente umanità. Deh questo pianto,
questo che intorno a voi regna profondo
feral silenzio in voi calmi il furore,
e con pietoso e di voi degno esempio
gli dèi vi tragga a consultar nel tempio.
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto secondo
ORAZIA
Se pietà nel cor serbate,
deh calmate il vostro ardor.
Che ve 'l chiede, già mirate,
la mia pena, il mio dolor.
Tornerete armati in campo,
offrirete a' colpi il petto:
ah ritorni un dolce affetto
a regnar nel vostro cor.
Dèi che veggo! Vi arrendete!
Qual istante! Qual diletto!
Ah già torna un dolce affetto
a regnar nel vostro cor.
(tutti sortono dal Circo preceduti da Mezio e Tullo ecc.)
Scena ottava
Boschetto ristretto ed ameno consacrato da Numa alle Muse, con
cadute di acque limpide ecc., per cui si passa all'ingresso dell'antro
degli oracoli nell'Aventino.
Publio Orazio, poi Sabina.
PUBLIO ORAZIO Numi, che sarà mai?
Ovunque il passo io movo
non rinvengo Sabina,
Orazia non ritrovo! Potria forse
l'eccesso del dolor... Ma chi s'appressa
sì sollecito a me?
SABINA Sabina istessa,
che ricolma di spene
nunzia di gran novella a te se n' viene.
E Roma ed Alba unite
per esser spettatrici
del sublime cimento,
al mirar quegli eroi
che stavan per pugnar, voller che prima
approvasser gli dèi
la scelta de' guerrier. S'affretta ognuno
all'antro dell'Oracolo che giace
appiè dell'Aventin. I passi tuoi
drizza colà; vieni a sperar con noi.
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Atto secondo Gli Orazi e i Curiazi
SABINA
Un raggio sereno
che brilla, che splende,
ancora riaccende
la speme nel cor.
Ah voglian gli dèi
pietosi, clementi,
in dolci contenti
cangiar tanto orror.
(entra nella selva)
Scena nona
Publio Orazio, Licinio, poi Marco Orazio e numeroso séguito di
Senatori romani.
PUBLIO ORAZIO Giusto ciel, tanta adunque
regna in alme romane
debolezza, viltà!... Da tal vergogna
rifugge il mio pensiero:
creder non lo poss'io...
MARCO ORAZIO Pur troppo è vero;
è vero genitor... Lungi n'andate,
celatevi, lasciate
che un istante di calma
ritrovi questo cor lungi da voi.
(si ritirano i senatori nella selva)
MARCO ORAZIO Ecco, Roma, i tuoi figli: ecco gli eroi.
Va', genitor, deh va': la tua presenza
quell'alme imbelli intimorisca, affreni;
il decoro di Roma ah tu sostieni.
(Publio Orazio segue i senatori con Licinio)
Scena decima
Marco Orazio solo.
MARCO ORAZIO Eccoti, Orazio alfine
in libertà: potrai
sfogar tutto del core
il tumulto, l'affanno, il rio dolore.
Continua nella pagina seguente
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto secondo
MARCO ORAZIO Dunque a tanta viltà Roma s'abbassa
in sì gran dì! E 'l mio medesmo sangue
è quel che alla mia gloria
fa contrasto maggior! Oh patria! oh sacra
di cittadin romano
sublime ed avvilita
augusta dignità, tu sei schernita!
Se l'oracol funesto
vietasse mai!... Possenti dèi, vibrate
piuttosto in questo seno
tutti i fulmini vostri, ma la gloria
del nome mio vi piaccia
dall'alto riguardar. Non vi domando
altro, clementi dèi:
vissi fin'or, vogl'io morir per lei.
MARCO ORAZIO
Dolce fiamma di gloria, d'onore,
che serpendo nel seno mi vai,
bella gloria, tu sola sarai
di quest'alma la speme, l'amor.
Tuoni il cielo, minacci la sorte,
l'aura echeggi di queruli lai:
bella gloria, tu sola sarai
di quest'alma la speme, l'amor.
(entra nella selva)
Scena undicesima
Publio Orazio che ritorna, Licinio, Senatori.
PUBLIO ORAZIO Padri, amici, il vedeste:
un passeggero nembo
fu quel che del mio nome
lo splendore adombrò. Gli dèi faranno
che l'oracol secondi
di questo cor le generose brame,
e che di Publio i figli
tornino in campo per mostrar a voi
che ha Roma in essi ancora i figli suoi.
(entra nella caverna)
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Atto secondo Gli Orazi e i Curiazi
Scena dodicesima
Antro oscurissimo e profondo incavato nelle rupi dell'Aventino, in cui
si discende per varie scoscese gradinate le quali dalla sommità del
teatro sino al fondo vanno serpeggiando verso i laterali della suddetta
caverna.
Al tempo indicato si schiuderà nel fondo il tempio risplendentissimo
d'Apollo da cui sortir dovranno le risposte degli oracoli.
Curiazio, poi Orazia, poi Marco Orazio, poi Publio Orazio, poi tutti i
Personaggi successivamente secondo l'ordine con cui sono chiamati,
avvertendo che tutti entrano per la sommità, e poi or veduti or non
veduti discendono sino al basso.
CURIAZIO (con i due Curiazi, sulla sommità della caverna discendendo)
Qual densa notte! qual silenzio! Quale
spaventevol, funesto,
a' fati sacro, orrido albergo è questo!
Numi! qui non penetra
sottil raggio di luce
che in questi alpestri sassi
additi un'orma a' miei tremanti passi.
(si perdono tra le volte della caverna)
ORAZIA Guidami, amor, scendiam... il cor m'investe
profondo orror... che fia? Qui non s'ascolta
che il cader raro e lento
d'umide stille... e il basso mormorio
dell'aer grave e del cadente rio.
Marco Orazio con gli Orazi, Publio Orazio, Senatori romani.
MARCO ORAZIO
(con rapidità)
Genio di Roma, tu m'aggiri intorno:
io ti vedo, io ti seguo, i passi tuoi
costante io seguirò dentro le porte
de' regni del dolore e della morte.
Scende e seco tutti gli altri.
Tullo, Mezio, l'Augure sommo, Sabina, Licinio, Littori, Popolo. Questi
restano sull'ingresso dell'antro e verso la metà della rupe.
ORAZIA Ecco i germani.
SABINA Ecco l'istante. Oh dio!
LICINIO Frena il dolor.
MARCO ORAZIO Curiazio ov'è?
PUBLIO ORAZIO Tra noi
non s'ode ancora.
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto secondo
MARCO ORAZIO A favellar d'amore
intento forse, oblia
gli oracoli d'Apollo e il sacro spreco.
Ricomparisce con gli altri Curiazi e con séguito di Senatori albani da una
delle vie la più vicina al piano e all'innanzi del teatro.
CURIAZIO Curiazio vil non è, Curiazio è teco.
CURIAZIO
Ei stesso intrepido
tra queste tenebre
al sacro Oracolo
favellerà.
TUTTI I PERSONAGGI E TUTTI I CORI
(sottovoce)
Regni silenzio
muto, profondo,
e il sacro Oracolo
dal cupo fondo
risponderà.
CURIAZIO Voce augusta del ciel, che dal profondo
esci di questo a veritade sacro
fatidico soggiorno,
dégnati a questi popoli pietosi
chiaro spiegar i tuoi voleri ascosi.
Versar un caro sangue
si doveva in tal dì. Patria ed onore
chiedeano il bel cimento,
ma natura ed amore
l'alme tutte ingombrar d'alto spavento.
Parla tu, tu disvela
se approva il ciel che il nostro sangue sia
o versato ne' campi del valore
o serbato in tal dì per man d'amore.
CURIAZIO
A versar l'amato sangue
bel desio d'onor ne invita:
ma natura inorridita
sparge ovunque il suo terror.
Deh tu, o ciel, disvela a noi
se t'è grato un tal valore:
tra la gloria e tra l'amore
dubbia è l'alma, incerto il cor.
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Atto secondo Gli Orazi e i Curiazi
CORO
(tutti i personaggi, senatori, ecc.)
Trema il suol, l'antro si scuote,
mormorando sacre note
già l'Oracolo si sta.
Si spalanca l'antro e vedesi il tempio lucentissimo d'Apollo da cui
parlano gli oracoli, pronunziati da alcuni Sacerdoti sulla porta del
tempio.
SACERDOTI Si combatta. Sia il cimento
nuovo esempio di valore:
tal discese in quest'orrore
la suprema volontà.
CORO Dunque al campo.
CURIAZIO Io vi precedo.
(avviandosi vede Orazia)
ORAZIA Io ti perdo.
CURIAZIO Dèi, che vedo...
da me fuggi, per pietà.
Ah chi vide mai di questa
più terribile, funesta,
più crudel fatalità.
TUTTI (ripetendo gli oracoli intorno agli Orazi e Curiazi)
Si combatta. Sia il cimento
nuovo esempio di valore.
CURIAZIO Tra la gloria e tra l'amore.
TUTTI Tal discese in quest'orrore
la suprema volontà.
CURIAZIO Ah chi vide mai di questa
più terribile, funesta,
più crudel fatalità.
Tutti sortono confusamente dall'antro.
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto terzo
A T T O T E R Z O
Scena prima
Prospetto esterno del Massimo Circo con porta chiusa
che introduce nello stesso. Sole che spunta.
Senatori albani, Senatori romani, Augure sommo;
poi Matrone romane, Littori, Popolo.
L'AUGURE Tutti nel Circo accolti
i padri son d'Alba e di Roma, e solo
da ciascuno s'attende
della pugna il segnal. Numi! a che mai
tanto indugiar!... deh non dispiaccia a voi...
Ma Curiazio già affretta i passi a noi.
Più non si tardi: si preceda, andiamo.
O dèi di Roma, in questo
istante formidabile e bramato
in voi riposto è de' Romani il fato.
Entra nel Circo preceduto dai Littori ed accompagnato da Senatori
albani e romani.
Scena seconda
Curiazio, Orazia, séguito di Matrone romane, poi l'Augure.
CURIAZIO Eccoci al fatal loco ove per sempre
ne divide la sorte, idolo mio.
Sia di noi degna, o cara,
division così amara;
e l'universo apprenda
dalla nostra costanza
che il patrio amor ogni altro affetto avanza...
ORAZIA Sensi degni di te ch'io pur vorrei,
caro, sentir, ma troppo ha ingombro il seno,
il cor, la mente, oh dio!
l'invincibile orror del caso mio.
Già ti compiango estinto.
Vincitor ti pavento.
Continua nella pagina seguente.
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Atto terzo Gli Orazi e i Curiazi
ORAZIA Da cento furie e cento
mi veggo trasportar. Dolente, oppressa,
esco fuor di me stessa;
temer non so, bramar non posso, incerta
fremo, sospiro, inorridisco, agghiaccio
e colma d'alto orror mi dolgo e taccio.
L'Augure sull'ingresso con un gesto sollecita Curiazio, poi rientra nel
Circo.
CURIAZIO Ah mia cara, non più...
ORAZIA Dove?...
CURIAZIO M'invita
al Circo il sacerdote.
ORAZIA Attendi almen...
CURIAZIO È colpa l'indugiar.
ORAZIA Il suon fatale
ancora non s'udì.
CURIAZIO Dell'onor mio
tuonò la voce: addio, mia vita, addio.
ORAZIA E puoi, crudel, lasciarmi!...
CURIAZIO E vuoi, spietata,
indebolir adesso il valor mio!
ORAZIA Vanne, vanne, non più.
CURIAZIO Mia vita, addio.
CURIAZIO
Resta in pace, idolo mio,
non scordar a chi sei sposa:
qualche lagrima pietosa
non negar al tuo fedel.
Farmi a te d'orrore oggetto
vuol la sorte avversa e ria:
resta in pace, anima mia,
ti consoli amico il ciel.
(entra nel circo)
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto terzo
Scena terza
Orazia, Matrone romane.
(s'ode un forte squillar delle trombe nel Circo, per cui Orazia si scuote dal profondo suo orrore)
ORAZIA Giusti dèi!... della pugna
ecco il segnal... lasciatemi... lasciate...
Deh per pietà!... dell'armi
ecco il fragor... le grida
del popolo s'innalzano... i germani...
lo sposo... Oh dio! che sento...
due Orazi estinti!... Onnipossenti dèi!...
mancar mi sento il core...
Fuggiamo, deh fuggiam da tanto orrore.
(parte col suo séguito)
Scena quarta
S'apre una vastissima piazza di Roma con lunga via nel prospetto, la
quale lascia scorgere in lontano l'ingresso in Roma di Marco Orazio,
che viene condotto sopra un carro trionfale ornato delle spoglie de' tre
uccisi Curiazi, tra le acclamazioni e le grida del Popolo esultante per la
riportata vittoria. Il rimanente della scena, ingombrato di magnifiche
fabbriche e di numerosi Spettatori del detto trionfo, forma un quadro
compito della strepitosa festa che gli ordini vari del Sacerdozio, Politici
e Militari s'accingono a formare intorno al trionfante Marco Orazio.
Marco Orazio, Augure sommo, Sacerdoti, Auguri, Littori, Vestali,
Popolo. Senatori romani che circondano il carro e l'accompagnano. Lo
seguitano i Senatori albani, con Suffezio, Ostilio, Licinio.
CORO
S'adorni la chioma
al forte guerriero
che a Roma
l'impero,
la gloria, l'onore,
col proprio valore,
col sangue serbò.
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Atto terzo Gli Orazi e i Curiazi
MARCO ORAZIO
Sfidando il destino,
costante, fedele,
guerrier, cittadino,
a Roma sarò.
CORO
S'adorni la chioma
al forte guerriero
che a Roma
l'impero,
la gloria, l'onore,
col proprio valore,
col sangue serbò.
MARCO ORAZIO Vinsi, Romani. Palpitante in petto
di gioia e di dolore
ah pur mi sento il core;
ma al nome solo della patria mia,
al rammentar che cittadin son io,
tutto vassi in oblio,
fugge tutto da me, scerner non posso
che il mio dover. Non oso
sentir che la sua gloria,
e di affetti sì grandi ingombro il seno,
sol di fiamme d'onore ho il cor ripieno.
LICINIO Ah qual ver noi s'appressa
turba affollata e mesta! Oh santi numi!
Furibonda, piangente e desolata
Orazia a noi se n' viene!
Scena quinta
Orazia colle chiome sparse e sortendo in estrema desolazione; poi verso
la fine della scena Publio Orazio e Sabina con Séguito.
ORAZIA Dov'è lo sposo mio? Dov'è il mio bene?...
Dèi! che miro! son quelle
di Curiazio le spoglie!... il mio tesoro
più non è!... dèi crudeli... io manco... io moro.
(cade quasi svenuta in braccio alle sue seguaci)
MARCO ORAZIO S'allontani quel vile
spettacolo d'orror dagli occhi miei.
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ORAZIA (riavendosi lentamente e inveendo contro Marco Orazio)
Tu! di Curiazio!... l'uccisor tu sei!...
Mostro infernal!... e vieni
lordo e fumante d'un sì caro sangue
pomposo ad ostentar la tua vittoria!
Oh scellerata gloria!
oh cor di tigre! Oh Roma disumana,
ebra per fasto, e per orgoglio insana.
MARCO ORAZIO Perfida! e tanto puoi
te stessa abbandonar a un folle ardore
che ardisci l'onor mio,
la patria gloria, i sacri e lieti plausi
funestar co' tuoi lai!
Célati, fuggi, va', va' orror mi fai.
ORAZIA Oh mio Curiazio! oh mio sposo diletto!
(abbracciando le spoglie di Curiazio; poi a Marco Orazio:)
Sazia, via, in questo petto
le furie tue. Che tardi? al tuo trionfo
non poca parte già mancar vegg'io.
Prenditi, disumano, il sangue mio.
MARCO ORAZIO Numi di Roma, ah voi
frenate in questo sen gli sdegni miei.
ORAZIA Voglion sangue da te Roma e gli dèi.
Questo è il solo tributo
che piace a lor, ch'è dal tuo cor dovuto.
MARCO ORAZIO Indegna! ebben... dunque... tu il vuoi... morrai...
(Orazio... giusti dèi! ferma: che fai!)
ORAZIA Che ti trattien?
MARCO ORAZIO Pietà.
ORAZIA Morte vogl'io...
MARCO ORAZIO La patria...
ORAZIA Aborro.
MARCO ORAZIO Il sangue tuo...
ORAZIA Detesto.
MARCO ORAZIO I numi.
ORAZIA Ingiusti son...
MARCO ORAZIO Che giorno è questo!
ORAZIA Svenami ormai, crudele;
compi i trionfi tuoi:
sangue tu brami e vuoi?...
eccoti il seno, il cor.
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Atto terzo Gli Orazi e i Curiazi
MARCO ORAZIO Non cimentar lo sdegno
che m'arde in questo petto:
toglimi quell'aspetto...
trema del mio furor.
ORAZIA Barbaro!... ah sposo!...
MARCO ORAZIO Perfida!
ORAZIA Tiranno!... oh sorte!
MARCO ORAZIO Invólati.
(incontrandosi nel mezzo della scena e guardandosi furiosamente l'un contro l'altro)
Insieme
ORAZIA Sei per me oggetto orribile
d'angoscia, di dolor.
MARCO ORAZIO Sei per me oggetto orribile
d'angoscia, di rossor.
CORO
(sotto voce, osservando tutti Marco Orazio e Orazia)
Che sarà!... giusti dèi!... qual cimento,
qual momento d'affanno, d'orror!
MARCO ORAZIO
(furibondo)
Non ha più fren quest'anima...
ORAZIA
(piangente)
Idolo mio, ove sei?
MARCO ORAZIO
(agitatissimo)
Ho mille furie in core...
ORAZIA
(desolata)
(abbracciando le spoglie di Curiazio)
Mio ben, mio dolce amore...
Insieme
ORAZIA Sei per me oggetto orribile
d'angoscia, di dolor.
MARCO ORAZIO Sei per me oggetto orribile
d'angoscia, di rossor.
ORAZIA (salendo in una eminenza)
Numi, se giusti siete
vendicatemi voi.
(furibonda)
Fate che Roma
paghi degl'empi cittadini suoi
pena condegna ai lor delitti. Piombi
sopra lei l'ira vostra. Fulminate
e l'are e i templi, e quanto il fasto aduna
entro 'l suo sen, e non ritrovi mai
ne' precipizi sui
quella pietà che non conoscesse altrui.
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A. S. Sografi / D. Cimarosa, 1796 Atto terzo
MARCO ORAZIO Ma pria tu pagherai,
empia, col sen trafitto
la pena ben dovuta al tuo delitto.
La ferisce e la precipita dalla gradinata.
PUBLIO ORAZIO E
SABINA
(accorrendo al tumulto)
Giusti dèi! che facesti!
MATRONE (inveendo contro Marco Orazio)
Spietato!
MARCO ORAZIO (in atto feroce)
Il dover d'un romano ho compito.
POPOLO E SENATORI Vivi, o forte; alla patria hai servito.
Insieme
PUBLIO ORAZIO,
SABINA E MATRONE
Giorno orrendo, di morte, di orror.
POPOLO E SENATORI Giorno eccelso! di gloria, d'onor.
Marco Orazio rimane immobile nel mezzo della scena in atto feroce,
Publio e Sabina in attitudine di tristezza assistiti da Licinio. Le Matrone
inveiscono contro Orazio, il Popolo e i Senatori lo esaltano, parte del
Popolo va sulle gradinate inorridita per l'uccisione di Orazia ecc. In tal
modo con la confusione, allegrezza e costernazione de' vari Personaggi
della scena stessa termina l'azione.

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