Friday, May 9, 2014

LOEB IS ALL YOU NEED: MARZIALE

Speranza

 
Profilo di Marco Valerio Marziale.

Marco Valerio Marziale (Augusta Bilbilis, 1º marzo 40Augusta Bilbilis, 104) è stato un poeta romano, comunemente ritenuto il più importante epigrammista in lingua latina.

« Era un uomo ingegnoso, acuto e pungente, che aveva nello scrivere moltissimo di sale e di fiele e non meno di sincerità. »
(Gaio Plinio Cecilio Secondo, Epistole, III, 21)

Indice

 
Le notizie biografiche su Marziale provengono principalmente dai numerosi cenni autobiografici contenuti nella sua opera.

Sappiamo che nacque a Bilbilis, una cittadina della Spagna Tarragonese, nei pressi dell'odierna Calatayud (in Aragona), allora assoggettata all'Impero romano, fra il 38 e il 41 e che ebbe la sua prima educazione a Tarragona, sotto la guida di grammatici e retori.

Nel 64 si recò a Roma, sperando di farvi fortuna come era accaduto ad altri letterati della regione quali Seneca, Lucano, Quintiliano.

 

Nella capitale imperiale si indirizzò ad una vita da cliens, ricevendo in cambio la sportula, un donativo in cibo o danaro. Non volle mai fare la carriera di avvocato, perché non apprezzata da lui.

Verso l'80, in occasione dei giochi inaugurali dell'Anfiteatro Flavio, Marziale pubblicò il primo libro di epigrammi detto" Liber de spectaculis" (sugli spettacoli del Colosseo) che gli procurò onori e gloria.

Grazie a questo primo successo ebbe dall'imperatore Tito lo ius trium liberorum, che comportava una serie di privilegi per i cittadini che avessero almeno tre figli, nonostante - a quanto pare - il poeta non fosse nemmeno sposato.

Il successore di Tito, Domiziano, confermò i privilegi concessi dal fratello e lo nominò tribuno militare, e con esso ottenne anche il rango equestre.

Verso l'anno 84 o 85 comparvero altri due libri di epigrammi: "Xenia" (doni per gli ospiti) e "Apophoreta" (doni da portar via alla fine del banchetto), composti esclusivamente di monodistici. L'accoglienza di tali libri, però, deluse le aspettative del poeta che si ritirò per alcuni mesi a Forum Cornelii (Imola), ospite di un potente amico. Lì pubblicò il suo terzo libro ma, la nostalgia dell'ambiente variopinto e multiforme romano, fonte di ispirazione della sua poesia, lo fece tornare nella capitale.
Dopo l'assassinio di Domiziano nel 96, sotto i principati di Nerva e poi di Traiano, si instaurò a Roma un clima morale austero. Marziale tentò di ingraziarsi i nuovi governanti, ma i suoi epigrammi mal si conciliavano con il nuovo orientamento del potere. Inoltre probabilmente egli era ormai troppo noto per i suoi passati rapporti con l'odiato predecessore di Nerva. Nel 98, infine, compì il viaggio di ritorno alla città natia. Tra il 90 e il 102 pubblicò complessivamente altri otto libri di epigrammi.

 

A Bilbilis una ricca vedova di nome Marcella, presa d'ammirazione per la fama e la poesia del poeta, gli addolcì gli ultimi anni della vita, mettendolo nella situazione di poter vivere agiatamente col dono di una casa e di un podere. Marziale morì a circa 64 anni a Bilbilis come attesta una lettera dell'anno 104, inviata da Plinio il Giovane a Cornelio Prisco, nella quale il mittente dà un giudizio sul poeta spagnolo, che gli aveva indirizzato alcuni epigrammi di elogio per la sua attività di avvocato.

 

Di Marziale ci sono pervenuti quindici libri di epigrammi, per un totale di 1561 componimenti, pubblicati tutti dallo stesso poeta. Quelli monotematici non hanno un numero progressivo ma sono noti con un nome: nel caso di Xenia e Apophoreta anche il nome è autoriale. Sembra anche che i dodici libri di epigrammi vari siano stati così numerati dal poeta medesimo. I libri sono inoltre preceduti da una prefazione in prosa che ha la funzione di fornire al lettore elementi sulla composizione dell'opera.

Chiamato anche Liber spectaculorum, nell'edizione del filologo Gruterus del 1602, fu pubblicato nell'80 e rappresenta la prima raccolta di epigrammi di cui abbiamo notizie (nessun epigramma giunto fino a noi sembra essere precedente a questa data). La raccolta contiene 33 o 36 epigrammi in distici elegiaci che descrivono i vari spettacoli offerti al pubblico in occasione dell'inaugurazione del Colosseo ad opera dell'imperatore Tito, figlio di Vespasiano.

Xenia e Apophoreta[modifica | modifica sorgente]

(Libri XIII e XIV)[modifica | modifica sorgente]
Nell'edizione che suddivide i lavori di Marziale in quindici libri, queste due raccolte costituiscono rispettivamente il XIII e XIV libro, secondo l'ordine in cui sono riportati nei manoscritti, benché criteri interni rendano quasi certa la loro seriorità rispetto al I libro. Sono composti esclusivamente di epigrammi in distici elegiaci. I titoli (o lemmata) che menzionano l'oggetto descritto di volta in volta furono dati dall'autore stesso.
I "doni per gli ospiti" (xenia) sono una raccolta di 127 (124 e 3 introduttivi) epigrammi che accompagnavano, appunto, i doni che ci si scambiava durante i Saturnali.
I "doni da portar via" (apophoreta), invece, sono quelli (221 più due introduttivi) che accompagnavano i doni destinati ai commensali alla fine di un convivio. Bisogna sapere che tali doni venivano sorteggiati tra gli invitati: da questo fatto potevano derivare talvolta situazioni curiose o comiche (ad esempio: un pettine assegnato a un calvo) su cui il poeta poteva sbizzarrirsi divertendo i lettori.

 


« Non hic Centauros, non Gorgonas Harpiyasque / invenies: hominem pagina nostra sapit »

« Qui non troverai né Centauri, né Gorgoni, né Arpie: la mia pagina sa di uomo »
(Epigrammi, X, 4)
Dappertutto, nella sua opera, l'autore è presente in prima persona ed è sempre possibile scorgere la sua personalità. Ciò che risalta spesso è la sua insofferenza verso la vita da cliente, che vive come una vera e propria mortificazione, che contrasta fortemente con le aspirazioni e i sogni della sua vita.
Ciò che prevale, comunque, è l'aspetto comico-satirico, spesso reso dal fulmen in clausula, o in cauda venenum (in italiano stoccata finale), ovvero la tendenza a concentrare gli elementi comici e pungenti nella chiusa dei componimenti, terminati con una battuta inaspettata, chiamata aprosdoketon. gli epigrammi sono brevissimi (come voleva la tradizione): l'elemento comico è concentrato nella seconda parte del componimento. Si tratta di una struttura bipartita. Tale tecnica è lo strumento privilegiato della sua poesia: il senso stesso e lo spirito di moltissimi componimenti sono da ricercare nel finale dell'epigramma, «che a volte riassume i termini di una situazione in una formulazione estremamente incisiva e pregnante, altre volte li porta ad una comica iperbole, altre volte li costringe a un esito assurdo o a un paradosso, altre volte li pone all'improvviso sotto una luce diversa e rivelatrice» (Mario Citroni). Marziale dimostra di riuscire sempre a cogliere la comicità che si annida nelle situazioni reali, specie nei vizi e nei difetti umani. È così che si delineano nei suoi versi molti tipi umani: dal pervertito al finto ricco, dalla lussuriosa all'ubriacona e così via.
Non mancano però esempi di elevata delicatezza e lirismo: è il caso della poesia funebre (non molto frequente) che ci permette di scoprire un Marziale insolitamente delicato e raffinato (è il caso dell'epigramma dedicato a Erotion, una fanciulla morta sei giorni prima del suo sesto anno, per la quale il poeta chiede alla terra di non gravare sul suo piccolo corpo, giacché lei non l'ha fatto su di essa). Di grande originalità si rivelano i componimenti caratterizzati dalla commistione di elementi di comicità a motivi funebri.

Con Marziale si ha l'affermazione dell'epigramma come strumento letterario: prima di lui l'epigramma, risalente all'età greca arcaica, aveva una funzione essenzialmente commemorativa e veniva usato per ricordare positivamente una cosa o una persona (ed infatti la parola "epigramma" deriva dal greco e significa "iscrizione"); grazie alla sua opera invece esso, pur conservando la sua brevità, si occupa di nuovi temi quali la parodia, la satira, la politica e l'erotismo.
Dal punto di vista stilistico egli contrappone la mobilità dell'epigramma sia al genere epico, sia alla tragedia greca, che con i loro temi illustri e "pesanti" si tenevano lontani dalla realtà quotidiana. Costante è infatti nei suoi versi la polemica letteraria, spesso usata per difendersi da chi considerava il genere epigrammatico di scarso valore artistico, ma anche da coloro che gli rimproveravano di essere aggressivo o osceno.
La lingua da lui usata risulta colloquiale e quotidiana. Il suo costante realismo gli permette però di sviluppare un linguaggio ricco facendo passare nella letteratura molti termini e locuzioni che non avevano mai trovato posto prima. Riesce, infine, a dimostrare grande duttilità nell'alternare frasi eleganti e ricercate a frasi sconce e spesso vernacolari. La novità di marziale consiste nell'eliminazione della mitologia, considerata falsa e inverosimile. Il fine poetico sta nel rifarsi totalmente alla realtà.

 

  • Giuseppe Lipparini, Zanichelli, Milano, 1950
  • Alberto Gabrielli, UTET, Torino, 1957
  • Mario dell’Arco, Andreocci, Roma, 1963
  • Guglielmo Zappacosta, Curcio, Roma, 1965
  • Guido Ceronetti, Einaudi, Torino, 1966
  • Roberto Sanesi, Corubolo & Castiglioni, Verona, 1967
  • Geda Jacolutti, Fiorini, Verona, 1977
  • Arturo Carbonetto, Garzanti, Milano, 1979
  • Franco Zagato, Newton Compton, Roma, 1985
  • Giuliana Boirivant, Bompiani, Milano, 1988
  • Gianfranco Lotti, Armenia, Milano, 1989
  • Luciano Parinetto, Stampa Alternativa, Roma, 1991
  • Cesare Vivaldi, Newton Compton, Roma, 1993
  • Simone Beta, Mondadori, Milano, 1995
  • Mario Scandola, BUR, Milano, 1996
  • Giuseppe Norcio, UTET, Torino, 2006
  • Mario Fresa, Edizioni L’Arca Felice, Salerno, 2011

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