Sunday, May 24, 2015

RUGGERIANA -- Alessandri

Speranza
Rug. Ah mi toffe ignoto ancora
Quel poter, che tanto eccede!
Proverebbe almen talora
Più di calma il mio pender.
A Cor»



Cara Fugge il turbo, e la procella
Ad un Ibi de' cenni fuoi»
E fi fcorda f onda ancella
Tutto l'impeto primier.
Rug, Ma più fiera in quefto petto
Si rifveglia la tempefta,
Mentre lungi è 'i cara oggetto.
Che fa folo il mio piacer.
Coro Non fittofto ella prepara
Le fue reti infidiatrici,
Ch' ogni pefce in effe a gara
Corre a farfi prigionier.
Rug. D* un diletto così vano
Perchè mai fi pafce Alcina,
Quando fa da lei lontano
Come reità «1 filo Rugger!
Coro Chi non vede a tai portenti
Che divifo han già con lei
E Nettuno, e il Re de' Venti
Tutto il loro gran poter ì
Rug. Di mia forte a lufingarmi (a)
Ah che troppo io fui veloce! Quando giura ancor d'amarmi Ah non giura Alcina il ver! Mor. Mente il tuo labbro . Rug. ( Ahi qual forprefa ! } Mor. E troppo
Facile a condannar fei chi t'adora. Rug. Con lunga dimora
Bella al certo d'amor la tua germana Prova mi dà! Mor. [a) Al^andofi fmaniofo.



fdor.Con quefto fdegno invero
Ben corrifpondi a chi, ièbben lontana,
D' un novello favor ti colma, ingrato!
Rag. Qual è quefto favor?
Mot.Codili tei dica, Additando AJlolfo
Ch' alle premure tue coniente Alcina,
Ch' oggi fi tenda alla Aia forma antica,
Rag. M' è ignoto i} vplto Aio ,
Aljl. Ma non ignota
Ti farà Ja mia voce. In me ravvifa
Queir Aftolfo, p Signor j che osò dal
mirto,
Dove chiufo il tenea l'altrui rigore,
Pregarti già d'allontanar le offefe,
Ne a' voti fuoi ti ritrovò feortefe .
Rug. Stelle! Ed è ver } A Morgana
Mar. Non dubitarne ,. . .
Rug. Errai,
Bella Maga , il confetto ,
Ma d'amore un ecceffo
Fu 1' error mio. Tu vieni intanto, o Prence,
A quefto fen. Benché tu pofla un giorno
Forfe con danno mio tornar contento,
Di quel che oprai per te, no, non mi pento,
Ali. Vano timor! D' Alcina
Chi a perder l'amor giunge una volta,
Mai pia non lo racquifta; e non faprei
Altro bramar dopo le mie {Venture,
Fuorché partir.
Afcr. Invan lo fperi, e invano
àVoferefti tentar.
A i Àf.



AJi. „ Chi più curarfi
„ Non può di me vietar noi deve. Mor.,, H vieta
„ L'inalterabil legge, onde è permei
„ Venire a noi, ma non ritrarne il pied. . jifi. Mifero, e che farò! „ Mor. Quella godrai
Felicità , che gode
Chi fuddito è d'Alcina, e un nuovo acquifto'
;' v Compenferà quanto perderti. Apprendi Che fotto quefto ciel trovafi ancora t Chi fi cura di te, Quai fenfiJ ) AJl.. Ah meglio, . .
Se non è un nuovo inganno Quefta che dar mi. vuoi dolce fperanza, Spiegati almen. Mor. Per or diffi abbaftanza.
Apri con alma forte
A nuova fpeme il core j
Le fortunate aurore
Rioafceran per te.
Grande pur fia la forte,
Che '1 fato or ti contende,
Quella, che già t' attende , Jqtfe minor non è.
f aru fignita dà Negromanti,.
SCENA IL
Ruggero, Ajlolfo, e i Seguaci £ Alcina.
Aft. i50tto accenti sì ofcurì
Chi fa qual fi nafconde alto miftero!
Rug. Nulla , qualunque fia , puoi di funefto Prefagirti, o Signor .... Ma già ritorno Fan le navi alla fponda. Andiamo Alcina Solleciti a incontrar, che s'avvicina. rìdete parte del precedente Coro , che viene accompagnato da una breve dan^a de' Pefcatori già sbarcati colla preda, e intanto giunge un belli/fimo navìglio, fu cui gli Amori fanno le veci.de Marinaj. Da quejlo fcende Alcina colle. fue Ancelle, e colle fue Guardie, dandole Ruggero il braccio, e refando fernpre alquanto più indietro Ajlolfo.
S C E N A I. I L
Ruggero, Alcina, Ajlolfo i i: Seguaci, le Ancelle, e le Guardie d'Alcina, e nelV indietro i Pefcatori. ...
Ale, Vile ogni diletto
Sempre che meco non ne venga a parte
L' amato mio Rugger . Rug. E troppo ognora,
A } Se

Se Alcina s' allontana,
Sono per chi riman crudi i monSenfi^
Ale. Penarti dunque , o mio tefor?
Rug. quanto . > .
Gioifco in rivederti t
Ale. ( Oh cari accenti ?}
Ajl. Permetti, eccella Diva'* Avan^andofi
Che le dovute grazie ornai ti renda
Più col cor i che col labbro un delinquente.
Sul mifero di cui flato penofo
Degnarti alfin girar 1' occhio pietofo.
Aké Tolto » Rogge* tu devi, Con jafltnutcfta
E nulla a me.
Af. ( Quanto è faperba ? )
Vengono i Pefcatori a prefentar* dentro •Pajic. campi la preda fatta ad Alcinay indi Ji ritirano.
Jiug. Ofterva,
Adorato mio Nume,
Di qual preda abbondante oltre 1' ofeto
Il tributario mar ti renda onore.
AUé Li mia preda gradita è il tuo bel core:
Abbiami il refto, o caro,
Il popolo , e le fquadre , e noi frattanto
La pacata ftatìehezza andiamo altrove
A fiftorarr • • In atto di partire
N •• .
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SCENA IV.
Jdreno dal colle , e tutti ifuddetti, fuorché i. Pefcatori; e intanto ritiratofi il naviglio di Alcina fi fcorge venir pel mare verfó la (f onia un avvenente Guerriero Europeo fieduto fopra una gran Balena, che fopraffando col folo dorfo all' acqua porge all' occhio dello fpettatore la figura £ un Ifola natante.
Idr. j£**Enna, o Regina, e attendi
Pria di partir, che il tuo corteggio ac-
cresca
Un novello ftranier .
Ale. Dov'è?
Idr. Dal dorfo
Del marin moftro , ove non primo ei pofe
L'incauto pie, vedi, già feende al lido.
Aft. ( Me pur così ingannò quel moftro infido.)
Ale. affretti a noi. Ad Idrtno
Rug. Perchè , mio bene? Ah meglio
Nella Reggia l'udrai.'
Ale. Qui s oda , e quivi
L'effer fuo ci palefi. Al portamento
Uom del volgo nonfembra, e degno al
volto
De' favori d' Alcina io lo direi.
Rug. (Già vi feorgo in periglio , affetti miei)
A A SCE

SCENA V.
Melica in appetto di Cavalier Europeo, e fotte nome di Portante, ed i J'uddetti. .
Mei (C Ou 1' illuftre fuo Schiavo
Ecco appunto l'indegna. Oh fé fapeffe
Qual potente nemica a Jei fen viene! >
Ma con 1' arte ingannar l'arte conviene-)
Ale. Perche s'arreHa? Ad Idreno
Idr. Ogni timor dal petto A Mehjfa.
Sgombra, o ftranier, e riverente un bacio
Su la delira felice '.'
Vieni a imprimer d' Alcina .
Mei. Oh Dio, fon quefte v «
Dunque le liete piagge , ove produce
Eterna primavera . :"
. La beltà della Fata, e tu fei quella2.(a)
Ale. , quella io fon. • . . . "Ji.
Mei. „ Minor del vero è. il grido,
„ Che ne vola d'intorno. Or che mirarla
„ Dato mi vien tutto il paffato orrore,
„ Moftro che mi rapirti , io ti perdono.
Ale. Or palefa chi fei. .< '•
Mei. Forbante io fono , . .
Se chiedi '1 nome, e fc la patria , io nacqui,; . ''\ ".. '.• . E crebbi in fu la Senna , ove più volte Udito avrai per fama
Quanta) Bacia la mano ad Alcina.

Quanto con Palla, e Marte in pregio fia
Gentilezza di tratto, e cortesia .
Jlug. Ti bafti, Alcina .
Ale. Ancor non bafta • Il grado?
Mei. (Giova mentir.) Qual fempre in giuft» impero
L'ottien chi accoppia a nobiltà di fangue
Fede , e valor .
Ale. Non m' ingannai, Ruggero .
Rug. ( Oh fbfferenza ! )
Ale. In parte'
. Sei venuto, o Forbante , ove a te fia
Più che 'i valore util la fc. Se cjuefta
Serbar mi fai, dal grato cor d' Alcina
Sperar tutto ti lice.: Rag. ( Ah quefto è troppo!
Meglio è eh' io parta. ) Addio tiranna, (a) Ak. Attendi.
Hug.ChQ attenda? Ah no. Se rimaner t'ag-
grada, .• . ...:
Rimanti pur, ma non vietar ch'io vada.
Parto: tu refta intanto
Con chi t' alletta , e piace,
Ma quefto cor più .pace,
Barbara , non avrà .
Rabbia, difpetto, amore
Freme Dell' alma mia ,
La fiera gelosia
i.' . .. Già delirar mi fa.. . Parte
SCE
(a) Con aria fdegnata.  SCENA VI.
Alc'ina , AJlolfo , Idreno , Melijfa., ee.
Ale. Hi mi dice di voi come fia giunta ; Queir ira a meritar? ,'
Mei. Io ne fon forfè
L'innocente cagion.
Idr. Forfe intorbante
Un oftacplo ei teme alla fua pace.
Ale. S' «Ila è fol gelofia, non mi difpiace:
Ma perchè troppo Amore
Quefta non giunga a intiepidire, Aftolfo,
Raggiungi i pafli fuoi, procura almeno
Di calmarne i'~fofpetti, a lui rammenta
La tenerezza mia, quant'io direi
Digli in fohima per me. Non ti fia graytf
Queft'ufficio adempir, fe gli fei grato.
Aft. ( A che m'aftringi ancor, barbaro fato ! )
Per placar chi t'innamora
Porto altrove, o bella, il piede,
£ il candor della tua fede
Il mio labbro vanterà.
Vedrai poi quel fiero core
Far fommeflb a te ritorno,
Che s è figlia dell' amore
L'ira mai durar non fa. Si ritira
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SCENA VIL
Alcina t Idreno , Melijfa, ed
Ale. J~b Qual ufo icf dtìftiùi ì tuoi talenti
Nella Reggia, o Forbante, in etìi ti bramo,
Torto Caprai, folo uh momento io chiedo
11 tumulto dell'alma
A rkompor.
tdr> Come , o Regina? É dove ,
Dov' c quel cor, a cui fef viano un tempo
Di traftullo , e di' gioco
I rimproveri altrui ì 1
Ale. Pur troppo , Idreéo,
Quel tempo già palio , già vo pur troppo»
E n" ho vergogna, conofcendo aderto,
Che più quello mio cor non è l'ifteffo.
Vo provando aderto anch' io
Quel che -ancora io non provai:
Un accento, un gaardo ormai
Bada a farmi palpitar.
Cosi in me V orgoglio afato
Or confonde il Dio bendato i
Ò così di mille amanti
Vuole 1 pianti vendicar .
Parte con JdreAo, ed è fegitita dalle fui
Ancelle? dal Coro, e dalle fot Guardie,
4C%

SCENA Vili.
Mèlijfa fola.
Ltri mali, infelice,
Che quefti, onde ti lagni, a te prepara
Chi alle ileffe arti tue coglier fi lafcia,
Perchè fia meglio quel poter delufo,
Di cui fatto hai finor sì enorme abufo.
Diftrutto il regno
Cadrà d'errore,
E '1 giogo indegno
D' un vile amore
In un momento
.; .Si fpezzerà.
La gran rovina
Già pende in alto:
Già s' avvicina
L' orrendo aflalto ,
•: . Che tutto al vento
Difperderà. Parte
SCENA 1
Superba Sala illuminata dai raggi d' un Sole ':' artifiziale •
Morgana. col feguito de fuoi Negromanti,
• .1. ,:,<,yc» »... ed Jdreno . t
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Mor. Effe tropp' alto
Srefero il voi.
Idr. Tante fatiche, e tanti
Servigi miei?'
Mor. N' averti
La giufta ricompenfa
In quel grado fupremo,
A cui ti ibllevò la grata Alcina.
Idr. Tanto amor?
Mor. Per tutt' altra • • . • •
Impiegar lo dovevi,
Che per me, che gradirlo or più noi poffo. Jdr. ( Sconofcente ! ) E perchè Mor. Perchè il mio core'!
Non fu fatto per te, perchè non foqo
Più in libertà gli affetti miei. {dr. Chi fia
Quel felice rivai., che tanto Teppe r Cattivarfi il. tuo genio,
• Intendere potrei? Mor. Fu Aftolfo. 1 Idr. Oh Cieli!
Un rifiuto d' Alcina \
Che ftravaganza è i;
'. ~ Mor. Il genio è ftrano ,
Lo veggo anch' io, ma il contraftarvi è vano. Idr. Ed ei ti corrifponde? Mor.E temer puoi, 1
Che s'io gli chiedo amor, neghi d'amarmi; Idr, Non che temerne, un .impoffibiipatmi. . .' Sprez

Sprezzami guanto vuoi,
Deludi un fido umore:
Ma chi t'accende il core
Ingrato a te farà.
Troppo degli occhi tuo»
Ti fidi alla poflanza.,
Ma quella tua fidanza
forfe t'i ingannerà, Farta
SCENA X.
Morgana sol feguito fuddetto, ed Ajlolfo.
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Di Regina non ha, dal trono almeno
Lungi è d' un grado fol.
Jfl. Povero Idreno!
Mcr. Quefta pietà, che n' hai,
Capir mi fa , che appien conofci il pregio
Di ciò, che a lui fi niega , e a te fi dona.
Sia tua Cura pertanto
Guidarti in guifa in avvenir, eh' io pofla
Di mia fcelta applaudirmi, e che non fia',
Come Alcina già fu, coftretta un giorno
Fra lo fdegno , e '1 roffor d'averlo amato
A punire in Aftolfo un Prence ingrato.
Si ritira col fuo JeguitQ
SCENA XI
jójlolfo , e poi Melijfa fegtùta dai Minijlri
del Palalo .
4f, C He dine! che sfcoltai! M' am»
Morgana, .
Ardita mei palefa , e come fofle
Badante il lolo annunzio ad obbligarmi, »
Senz' attender neimnen 1" affenfo mio,
E leggi mi preferive,
E prorompe in minacce. Oh amor funefto,
Che guidandomi ognor di pena in pena
Abborrir più mi fa la mia catena! (a\ .
Mei. Queft' è il loco, oMiniftri, ove fi denno
Tra i profumi odorofi erger le menfe.
Nel
(a) Si gena a federe in uniate della Scena*


Nel reale apparato ognun di voi' Gareggi sì, che corrifponda in tutto D'Alcina alla grandezza, e n'abbia lodo Chi reto a lei dal cafo oggi l'oggetto Viene all' onor di precedervi eletto. Partono i Miniflri, e ritornano poi tojto a preparare, ed imbandir lautamente una magnifica menfa , disponendovi pure ali* intorno le fedie per li convitati, Ma qui Aftolfo, ed in atto D' uom , cui la mente ingombra Tetro penfier! Di palefarci a lui Ecco il tempo opportun. Prence?
AJl. Forbante ì Al{andoJì
Mei. Qui dove tutto fpira
E letizia, e piacer, perchè tu folo
Non dubbj kgni hai di dolor fui voltQ?
Afi,' Mi fa orror quanto veggo, e quanto afcolto.
Mei. Tanto faggio ora fei ì
AJl. Qual prò , fe ancora
Chiufo mi vuol nel labirinto infame
Un' empia tirannia ì
Mei, Giunta all' occafo
E'quefta, o Aftolfo, e fe faper tu brami
Chi all' inique forelle
Vien 1' eccidio a portar, quefta un iftante
Gemma in dito riponti, e poi mi guarda. (a)
AJi. Che miro, o Cieli Tu fei Melina; al noto
Sem
(a) 1' anello d'Angelica ad Aftolfo, eh tojto je lo mette in dito.


Sembiante io ti ravvi fo. Ah narra....
Mei. In poco
Tutto dirò. Piange d' Amon la figlia
Il rapito Rugger, Rugger, che tanto
Caro a lei, caro al Cielo ora fi fcorda
L' amor della gran Donna , al di cui letto
Lo deltinano 1 Fati. Ov'ei fi trovi
Noto Je fo, m' offro in aita: accetta
EfTa 1' offerta, e a liberar 1' amante
Quella gemma mi affida: io parto, e come
Hai veduto tu fteflò
Giungo ad Alcina trasformata in guifa,
Che la rea Fata un Cavalier mi crede,
Nè dell'inganno mio punto s'avvede.
AJi. Felice inganno! Or che più tardi ì
Mei. All' opra
M'accingo già: con fecondarmi intani»
Di quella libertà, che in dono avrai, *
Renditi degno.
jtjì. Eccomi pronto: imponi:
Per te, per chi t'invia non è perìglio,
Ch' io ricufi incontrar.
Mei. Nulla paventi
Chi ferve a' cenni miei. L' anel fatale J
Cauto afcondi per or: da folo a folo
Parla a Rugger: di Bradamante in lui
Rifveglia il fovvenir: fa, che i rimorfi
Del fuo dover tradito
Incominci a provar: da te fol quello
Chiede MelifTa: a lei s'afpetta il retto.
4(1. Ma con Morgana poi ? ..u.
.' B Mei.


Mei, Di quell' altera
( So quanto mi vuoi dir ) fingi fommelTo ,
Fin eh' altro io ti configli ,
D' aderire alle brame . Eccola appunto
Con la germana, e con Rugger. Sepolto
Or ti refti nel core il grande arcano .
AJl. So il mio dover: tu mei rammenti invano.
SCENA XII.
/ fuddetti, Alcina, Ruggero, Morgana, e làreno •preceduti dal Coro de' feguaci d' Alcina , e feguitati dalle Ancelle, dai Negromanti, e dalle Guardie.
Ale. ^Z'On noi fiedano entrambi
Ed Adolfo, e Forbante; e perchè goda
Più d3 un fenfo ad un tempo, allor che
al gufto
Porge la menfa un pafcolo fquifito
Nel canto i fuoi diletti abbia l'udito.
Siedono tutti gli Attori alla menfa, cioè Alcina , e Ruggero nel me^o , Morgana alla jlniflra d' Alcina , Aflolfo alla jinifra di Morgana, Idreno vicino a Ruggero, e Mèliffa vicino ad Aftolfo , e mentre fervono i Miniflri, i feguaci della Fata contano il feguente
CORO


CORO,
j
Siegua follecito
D' amor gì' inviti
Chi nel fior trovafi
Di gioventù.
Prefto s'involano
Gli anni fioriti,
E quando partono
Non tornan più, •
Invan defidera
Chi gli trafcnra
Le latte perdite
Poi rifaicir,
Fra i pender torbidi
D' età matura
E' imperfettillìmo
Sempre il gioir.
Amor, eh' è giovane ,
Più volentieri
Con li fuoi iìmilì
Gode fcherzar. •
Perfetti ottengono
Quefti i piaceri:
Pocar egli è folito
Gli altri curar. Nel terminarfi il Coro fi reca da una delle Ancelle d' Alcìna una gran fottocoppa d' oro coperta d' un bel drappo, e fi depone fulla menfa davanti a Ruggero.
B 2 " Rug.
Rug. (Che farà!)
Ale. Quefto è un nuovo
Pegno d'amor. Togli quel drappo, e accetta
Il don, eh' ivi fi Cela : egli è il più degno,
Che offrir io poffa a chi già diedi il core.
Rug. L'accetterò, perchè mei porge amore.
Qual fragor, giufto Gel!
Nel momento, in cui Ruggero fcuopre la.
fottocoppa, fulla quale fi vede una ma-
gnifica corona ingiojellata, s'ode uno feop-
pio di tuono, e perde ad un tratto la jua.
luce il fole, onde atterriti tutti fi aliano.
Ale. Come si ofeura
Al più limpido dì notte fuccede!
Mot. Partiam , germana .
Voce d'Atlante. Olà, fermate il piede.
Rug. Qual voce!
Ale. Qual orrori
Idr. Nulla comprendo .
Afi. Io gelo , e fudo. i
Mei. Eh non temer . Piano ad Afiolfo
Afi. T intendo. Piano a Meliffa
Voce d' Atlante .
Oda Atlante Ruggero , e tremi ormai
Chi '1 tien fepolto in oziofi amori:
Ei torni fai cammin, eh' io gì' infegnai,
O di chi 1' educò tema i furori .
Ale. San perduta, o Morgana: offerva, oh Dio!
Al rimprovero amaro,
Qual divenne Rugger .
Mor. Rechin riparo
: . Di

Dì querelarti in vece a ciò che temi, Le confuete lufinghe. Ale. E' ver . Rimanga Ai circostanti
'Sola Alcina con lui* 1 Mor. Meglio in tal guifa Pianò ad Alcina
Del trionfo afficuri a te la gloria" .• Me/.Mapoco durerà qu'eftavittoria.P/awoSi
ritirano tutti, eccetto Alcina, e Ruggero/
f SCENA XIII.
Alcina , e Ruggero foli <
Rug. o H vergogna! oh roflbr! Quafi dat fuolo ~ .>
Io più non ofo erger le luci. Ai detti
Fieri bensì} ma giufti
Dell' antico Maeftro * oh come fento
Ripullular nel core
L'eftinta mia virtù! D'ozio, e d'amore
La catena fervile, ah sì, fi fcuota,
E mia guida fedele
Torni ad effer ragion. In atto di partire
Ale. Dove , o crudele? . .
Rug. A calmar di queft' alnia ,
Se pur poffo, i rimorfi. Ale. E da me lungi
Speri trovar la tua perduta calma?
Di' piuttofto, o fpietato,
Che tu voli a tradirmi. Rug. Io?
È * Ah.

Ale. Sì: ne prova
Quel pallore del volto, e quella cura,
Con cui de' miei 1' incontro
Fuggono i lumi tuoi. Chi avria penfato.
Che doveffer sì prefto
I noftri avvelenar dolci contenti
Sì pochi, e forfe ancor mentiti accenti 1
Rug. ( Son confufo. )
Ale. Ma quali
Son que' rimorfi , che obbliar ti fann«
Quel che devi a chi t' ama?
Rug. Io non T obblio:
Ma rammentar m'è forza
Quanto deggio a me fteffo. Alfine .... .
Ale. Alfine ,
Pur troppo lo prevedo, avrai coraggio
Di lafciarmi, e partir.
Rug, „ Ma non per fempre:
„ ( Mi fa pietà) prode qual nacqui, ah folo
„ Là ne' campi di Marte io vo'per poco
„ Efercitar la mia virtù, di gloria
„ Seguitare i veffilli, e tornar poi
„ Coronato d'allori a'piedi tuoi.
Ale. E chi m' accerta intanto,
„ Che degli allor, che ti figuri, in vece „ Sol funerei cipreffi „ Non t' attendan colà? „ No, fe veraci Fur le protefte tue, fe finte ad arte Non fur le gelofie , Ruggero amato, Cangia penfier . Rug. ( Che fiero affalto ! )
Ale.

Ale. Ingrato,
Puoi refiftermi ancor? Tutto fu dunque
Menzogna, e frode?
Rug. Il Gel tei dica .
Ale. Il Cielo
Punirtene faprà. Me fventurata,
Di chi mai mi fidai! Di chi fedotto
Da un nome van, da un van desio d'onore
Comincia i fuoi trofei dal mio dolore.
Rug. Vaneggi , Alcina .
Ale. E la cagion tu folo,
Scellerato, ne fei: ma fenti: invano
Speri, me viva, di partir.
Rug. Che dici!
Ale. Giacché afpiti alle ftragi,
S'incomincin da me. Merta ogni pena
Chi all'onor t'involò: prendi,emifvena.(
Rug. ( Dove fono ! )
Ale. T arretri?
Ma il penfìer di lafciarmi
Non deponi però. Su via , l'appaga ,
Involati da me: quanto mi detta
Un dolor difperato altrove anch' io
Già men vado a compir. [b)
Rug. Ferma, ben mio:
( Ah refifta chi può. )
Ale. T opponi invano:
c B 4 Voglio
(a) Cavando uno Jìile vuol porgerlo a Rug
gero , il quale Ji tira indietro.
(b) In atto di partire, tenendo fempre nella.
mano lo jiile.

Voglio morir .:
Rugi Più d'ogni gloria, o cara, (a)
E' cotefta tua vita
Preziofa per me. Non più , trovarti
Di vincermi la via: ti cedo, e Tempre
M' avrai tuo prigionier t Se mai ritorno
A farmi reo d un fol penfier , che poffa
Involgere il tuo cor fra nuovi affanni,
M'incenerifca il Cielo *
Ale. Eh tu m'inganni.
Rug. Io t' inganno! AF domanda
Qual più da me tu brami
Prova , e 1' avrai, non dubitar. Già tutt»
Sacrifico per te: quanto gli piace
Torni fevero a rammentarmi Atlante
Le leggi dell' onor, meco fi fdegni:
Sì incomode dottrine .
Sprezzo, e carpello, e 1'irefue non curo*
Ale. Giuralo.
Rug. Oh Dio! per que' bei rai lo giuro.
Cara, deh torna in pace, Penfa, che tuo fon io, E che tu fola, oh Dio! Sei 1' alma del mio fen. Ale. Teco già torno in pace, OgDi tuo fallo obblio; Ma per pietà, ben mio, Più non tradirmi almen «
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Rug. Dammi la delira in pegno.
Aid Prendi, mio dolce amor .
Rug. Ah nel giurarti fede .
Ale. Ah nel depor lo fdegno.
a 1 Già mi vien meno ia fena
Per tenerezza il cor. Rug. Torni la calma all' aima, Ale. Dileguifi 1' affanno , a 2 Nè turbi il Gel tiranno Mai più caro ardor. Quanto il pattar dai pianti 'A gioja tal confoli, Per noi lo dite, o amanti, Se lo provarle ancor « Partono i
Une delt Atto primo *
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I
ATTO SECONDO.
KB N A PRIMA.
Orti deliziofì d'Alcina.
Ruggero, ed Ajiolfo.
Rug. H^Rence, affai mi parlarli
D' un larnor , che non fece .1
Se non nafcere appena, e che non ebbe
Neppur vtx lungo converfare il tanto
tv N^ceffarip alimento.. A quella Donna,
Ch' oltre 1' ufo del feffo
L' armi trattando di fua fama il mondo
Empiendo va, più conferva! non pollo
Fuorché (lima, e rifpetto; „ e neppur
credo
„ Ch' altri fenfì ora in lei
„ Si nodrifcan per me che quei, che
fempre •• • ■ . „ Vivi mantiene in ben formato cuore „ Somiglianza di lludi, e di valore. „ Jfi. Bradamante infelice! Avrefti mai Penfato , aimè! che della data fedo Così pretto dovette Scordarfi l'idol tuo? Ma fe tu puoi Obbliarla , o Rugger, come più cauto Non ti rende il mio efempio , e non paventi,
"i . *.;Poiché


Poiché fazia di te divenga Alcina,
D' effer condotto al formidabil palio
D' entrar in fiera , in fonte, in legno,
o in faflb ì
Rug. Se giultamente , o a torto
Alcina ti puniffe,
Non voglio efaminar. So ben che ftrano
Mi par, che fotto a così belle forme
Si celi alma sì rea*
Qual da te fi dipigne; e fo che al danno,
Di cui tu mi minacci, e che provarti,
Meglio riparerò. Ma quando ancora
Soggiacer vi doveffi, apprendi, Adolfo,
Che di tal tempra è quell' amore, oncF
ardo,
Che fempre adorerò , qualunque fìa,
Perchè da lei verrà, la forte mia. Ajl. Senfi indegni fon quefti,
Non che dell'alta origine che vanti,
D' uom, che in tutto fpogliato
Non fia d' ogni ragione . . •
Rug. Ed il foverchio . '/ .'
Zelo, che oftenti in configliarmi, fotfe
Più che desio di tormi
Al mal, che mi fovrafta, è gelosia
Del ben, che godo . Jft. Oh Dio, ti fdegni l Rug.E in pace
Sopporterò, che dove
Più vivo è ilfenrimento , altri mi venga1
A pungere, a ferir?
Ajt.


A&. Qualora tento
Di renderti più accorta L' affafcinata mente, io teco adempia Le parti di pietofo e grato amico . Rug. Chi tal cura fi prende è mio nemico*
Parts
• SCENA IL
Adolfo , e Melijfa ,
[graphic]
A colui che ottenerti?
AJ1. Oh Dio, che mai
Si potrebbe ottener! Egli è , Meliffa,
Qual frenetico infermo ,
Che i farmaci miglior da fc difcaccia »
E chi lo vuol fanar perfin minaccia.
Mei. „ Di Bradamante ì ....
•AJl. „ Appena
Sen rifovvien.
Mei.„ Quanto a te fteflb avvenne? ....
AJl. Del mio foverchio ardire
„ Forfe fu degno frutto , e maggior pena », Sidovea, lèi' afcolti, al mio delitto.
Mei. Che cecità!
AJl. Credimi, o Fata, è vano
Per farlo ravveder che più s' adopri
D'Adolfo il labbro, e a fronte a tali
incanti
Debol fia pur tutto il poter, che vanti.
Mei Troppo prefto difpeii *;
Ali. Ed a che valfe
y


D' Atlante furibondo
Il fargli già la minaccievol voce
Agli orecchi tonar? Si fcofle, c vero 1
Si dibattè, ma fol per poco. Alcina
Parlò, volle morire, e dopo tanta
Confufion la fua vittoria or canta .
Mei. Non dilli a te che breve
Quel trionfo faria? Ciò che promifi
Coftante manterrò. Vedrai fra poco
D'una gioja immatura,
Con cui fembra infultarci ora 1' altera,
Quale il fine farà: fidati, e fpera.
Canti pus lieta , e rida,
Prefto faprà 1' infida
Di qual funefto pianto
Quel canto fia forier.
Più di lei forfe ancora
Noi rideremo allora,
Ma non fia '1 noftro rifo
Un rifo pafleggier. Si ritira
SCENA III.
Jftolfo .
Ho non difpero, no: fo che la faggia
Melina non s'accinge
A niuna imprefa invan. Fingo folranta
Di dubitar,.perchè vorrei che foffe
Men tarda in affrettar quel gran momento,
Che deve all' opra fua dar compimento.
Dal
S C E N|a I V.
Gabinetto di criftaHilneh" Appartamento d' Alclpa.
Alcina, che Ji rijyeglia agitata.
JEi Afciatemi una volta,
Larve importune, e da queft' occhi, o
fonno, I Se offrir tu non mi fa? altro che affanni, Porta per Tempre , oh Dio! lungi i tuoi
vanni. Ah che pur defta ancora Sento un orribil ghiaccio Corrermi al fen! Saria mai vero, o Stelle, Quel che fognai? Pur troppo Dubitarne degg' io . Chi me prefente Al fuo dover lece ritorno a ltento Può compir, me lontana, un tradimento. Alla barbara idea, Che m'ingombra la mente *
No,
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Dal poter d' una tiranna
So che fciolto andar degg' io,
E pur peno, e pur m'affanna
L' afpettar la libertà.
Se il mio cor le fue catene
Tollerava un dì con pace,'
Al ritardo or di quel bene
Più refiftere non fa .
SCENA IV.
Gabinetto di criftalli neh" Appartamento d' Alcina.
Alcina , che defiandojì agitata corre fmaniofa per la Scena.
Arve infaufte e difpiètate,
Voi col fonno mi lattiate ,
Che da voi mi li turbò.
Ma il velen , che in fen mi refta,
Fiero c sì, che ancorché della
Smanio, e pace al cor non ho.
Mifera! E chi potrebbe
Diflipar tanta pena,
Se non colui, che n' è il foggetto ì
Oh Dio!
Chi fa dove s aggira?
Chi fa fe più queit' aure egli refpira ì
Che fe qui preffo ancora
Rivcl
[graphic]

Rivolge il piè , chi mi fa dir s'è fido.
O fe in quefto momento
Va meditando ingrato un tradimento?'
Dubbio crudel, tu il feno
Mi laceri cosi, tu .... Sconfigliata!
Perchè dunque di tutto
A chiarirmi non volo? E non potrebbe
Effer falfo quel ch' io
Mi dipingo al penfier? Sì, sì, tron-
chiamo
L'inutile dimora:
Corriam .... Latta! E fe poi
Fofle mai vero, ah come
Al dolor che n' avrei
Refiftere potrei? No , no , fi redi:
Penfiam... Ma che penfar, qualor del pari
L' andar mi ftrazia , ed il reftar , qualora
Peggior di tutto è 1' incertezza accora?
Va per partire
SCENA V.
Jdreno, Morgana feguita dai Negromanti, e la fuddetta.
Idr. 10^Ove, o Regina?
Ale. In traccia
Del mio Rugger.
Mor. Fors' egli fteflo in breve
A te verrà.
Ale Che? Lo vederti >
No, che più nonj refifto. Invano, invano,
.Spiriti alteri , io vi richiamo. Il core
Già più non vi conofce,
E giunta in mixla debolezza è a tanto,
Che il pie vacilla , e m'abbandono al
pianto. §
Piangi, cor |mio, sì, piangi
Il tuo tradito amor:
Mai più si- giufte lagrime
Ah non vferfafti ancor.
Piangi!
Ma no: fi accflfrti
Pria di piangeri almeno
La fventura crudel. Forfe che troppo
Mi fedufle il timor: il caro bene
Su la fede d' uft fogno
Forfe a torto accufai. Sì, andiamo il vero
A rintracciar; 4 tu frattanto, o core,
Sofpendi alquanto ancora il tuo dolore.
Va per partire
SCENA V.
ìdreno, Morgana feguita dai Negromanti > e la [addetta.
lor. jLJFOve, o Regina?
Ale. In traccia
Del mio Rugger.
Mor. Fors' egli Hello in breve
A te verrà.
Ale. Che ì Lo vederti ì
Mor.

pipr.W vidi
Teftè nel trapaffar.
Jdr. E non ha. molto
Che del Real giardino
L'incontrai fu l'ingreflò.
Ale. Ah voi rendete
La vita a quefto cor!
Mor. Ma que' foipiri,
£ quelle luci torbide e fmarrite
Che vpglion dir?
Jdr. Parla, o Regina .
Ale. Udite. (na
Su quelle piume al forino in grembo appe-
$' eran chiulì queft'occhi allor ch'io vidi,
O parvemi veder, fevera in volto
Logiltiila venir, da quelle braccia
Rugger rapirmi a forza, e da me poi
Colla preda involarfi in un momento,
Com' ali avefle, o la portaffe il vento.
s, Dall' angofeia crudele
„ Rifcofla tolta più che un fogno il mio
„ Ben veggo or che non fu: ma lo ("pa-
vento
„ Non fi calma perciò. Tornami a mente
„ D'Atlante il minacciar; di Logiftilla
„ Sempre a nuocermi intenta
M Penfo al genio perverfo; alfin rifletto *
Ch e fopita in Rugger, ma non eltinta
L' avidità di gloria, e in mezzo a quefte
„ Funeftiffime idee leggo nel fogno
Quei che deggio temer, quello ch' io
voglio Pene-

„ Penetrare, impedir, fe pur già troppo
„ Non indugiai, fi non mei vieta, oh Dio!
„ Qualche p^ter maggior del poter mio. „
Mor. Tal è il prefagio , Alcina ,
Che il trascurarlo in tutto
Imprudenza farebbe . Egual follia
Egli c però queil'affannarti a fegno,
Che di più non farelti, ove già forte
Avverato il tuo fogno. E che può mai
Vinta più volte , inerme quafi , e a tanti
A te venduti efplorator fugli occhi
Logiftilla tentar , che pria faputo
Impedir tu noi poffa? E a che mai giova
D'un vecchio Precettor tutto il furore,
Se in Rugger contro lui combatte amore?
Ale. Chi fa , chi fa , germana,
Se quefto amor, che al primo
Urto crollò, d' una feconda fcoffa
L'*mpeto fofterrà? Chi fa, fe adeflb
Non condanna ei pentito
I giuramenti forfe, e le promefle,
Che vinto fol da mie lufinghe efpreffe?
Più che gli sforzi altrui
Rugger temo in Ruggero, e quello, ahi
laffa!
M'affretta a lui per difcoprir, fe lice, Ciò che fi pana entro il fuo cor. Mor. Se meglio
Vuoi dirtinguere il ver, 1'alma fconvolta
Pria ricomponi. Io ftefTa intanto, io fteffa
Di Ruggero in fu l'orme
C . "' Sol

Sollecita men volo, e a te lo guido. Ak. Oh Dio! iWor. fidati a ine ,
Ale. Di te mi fido. Morgana parte colfuo accompagnamento. SCENA VI.
Alcina, e Unno,
Ale, JLDreno , or fia tua cura
Dagli ertemi attentati
Alcina afficurar. Navi, ed armati
Scorrano i lidi, e pera
Senzarifpetto alleno, o in mar fommerfo,
O trafitto dal ferro ogni ftraniero,
Che accoftar vi fi voglia. Il mio ripofo
Chiede così,
I4r. Se necefifaria è tanto,
Non fi vieta, o Regina,
La crudeltà: ma tu pur anche ah ceffa
P' effer sì induftre in tormentar te fteffa.
Si ritira
SCENA VII.
Alcina, e poi Ruggero *
Ale. Jlyae infelice! Se detto
M'aveffe alcun: farai ridotta in breve
Alla condizion dell' altre amanti,
„ Ridendogli fui volto
„ lo rifpofto gli avrei, quanto fe' (tolto!
Eppur ... Ma chi s'inoltra? ...Oh Dio!
compito Mor-

Morgana ha forfe già quanto ha promeffo?
Vediain..., Mal non m/appofi. E'delio, è deffo, (a) Rug, Qual premura è mai quefta ,
Alcina , an ma mia, per cui sì tofto * Al tuo co.petto il tuo Rugger richiami?
Ale, Che al fianco mio ti brami
Forfe è nuovo per te?
Rug. No, ma sì brevi
Dopo tanto vegghiare i tuoi ripofi
Suppor io non dovea, Se tu noi fai,
Son pochi Manti fol, che ti lafciai.
Ale. Eh che fe qual m appelli
Veramente fofs' io ,
Secoli gli diretti,
Come iembrano a me ,
Rug. Dolce , e gradito
M' è il rimprovero, o cara: ma, perdona,
Nói meritai,
Ale. Chi fa?
Rug. Chi fa, mi dici?
Perchè? Da te più mai
Non mi difcofterò, quando è badante
Sì corta lontananza
A farti dubitar di mia coftanza.
Ale. ( M'è fido ancor. )
Rug. Ma di', quai larve, e quali
Nuovi fantafmi a té dipingi?
Ale. Oh Diol
Ci. Tu,
(a) Con trasporto dopo aver guardato, e ve-.*.
ditto che giunge Ruggero.
Tu, che fai come è tua coftanza invitta,
Indovinar gli dei . ....
Rug. Ma. il pentimento,
Ma le protefte replicate almeno
Rafficurar ti dee no . In più folenne
Guifa vuoi tu, ch1 io le rinnuovi; A tutto
Eccomi pronto: invocherò, fe'l brami,
Lo fteflo di Macon gran nome ancora.
Jlc. Qui del Piacer s' adora , .
Il Nume folo.
Rug. E quello
M'afcolti, e poi mio punitor fi renda, Se avvien giammai, ch' io la mia fede offenda.
/ile. „ (Parla il cor fu quel labbro,
„ Nè fu mai cosi amante . Eh giacché ancora
„ M'è sì propizio amor, perchè non tento
„ Di togliermi una volta
„ Di perderlo il timor? Alfin men grave
„ Sarà il giogo d'Imene, .
„ Che il vivere cosi per lempre in pene. . „ Son rifoluta. ) Rug.„ Ah quel tacer, quel volto
„ Mi dice affai, che sì infelice io fono,
„ Che malgrado i più facri giuramenti
„ L' amato idolo mio poco mi crede. Me, No, mio Rugger, t'inganni: intera fede
;, Io predo a' detti tuoi: ma perchè fia
„ Più ftabile la mia
„ Tranquillità ci vuol di più .
... Rug.

Rug. Prefcrivi:
Che deggio far?
Ah. Al noftro Nume innanzi
Qual mi fedi del cor, della tua deftra
Farmi folenne irrevocabil dono,
E mio compagno afcender quindi al trono.
Rug. Di quefto allo fplendore
Non s' abbaglia Rugger . Egli in Alcina
Non adora che Alcina, e non afpira
Che a poffederne il cor.
Ale. Dunque acconfenti?
Oh me beata! Or sì che in me ritorno
Farà la dolce calma! Or sì che appieno
Refpirerò! Nelle vicine ftanze,
Finché tutto io difpongo, or non t'in-
crefca
D' attendermi per poco:
Ma per pietà non ti fcoftar.
Rug. Ben fai,
Se un fol de'cenni tuoi, cara mia face,
Efler pofs' io di trafgredir capace.
Per voi fole, o luci amate ,
Quefto cor fofpira, e pena: ... •..
.'Di temere, oh Dio! ceffate,
Care luci del mio ben .
Pria che lafci un fol momento
Di voler ciò, che volete,
Sciolta l'alma voi vedrete,
Vaghi rai, da quefto fen . Parte
C } SCE

ATTO
SCENA Vili. Alcina, e Morgana col fuo accompagnamento.
Ale. Ffrettati, Morgana, e vieni a.parte
Di più faufte novelle.
Mor. Inoflervata
Tutto afcoltai.
Ale. Dunque fai pur ....
Mor.Che Alcina
Nelle maffime fue cangiofli a fegno,
Che brama or quel ch'ebbe già tanto a
fdegno.
Ale. Le mie nozze condanni ì
Mor. Anzi le approvo;
Ma fien pronte, o germana, e non ti fpiaccia
D' unirvi anche le mie . Ale. Tu '1 vuoi? Si faccia:
Ma chi farà il tuo Spofo ì Mor. Adolfo ei fia:
Ei mi piacque, ed io l'amo. A te par forte
Stravaganza la mia? ^ Ale. Tale a tutt' altra
Potria fembrar, ma non a me
SCENA IX.
Idreno , e le predette.
Idr. Sicura
Dalle infidie ftraniere Vivi

Vivi oramai, bella Regina . A tutto
Già provvide il mio zelo.
Ale. Elfo in più lieto
Ufo or s'adopri, Idren. Vola a Forbante
Nunzio de" cenni miei. Quanto fa d'uopo
Al nuzial folenne
Rito, con cui deve a Ruggero Alcina,
E Morgana ad Adolfo
Porger la delira , egli prepari, e fappia,
Ch' ogn' indugio fi rende a noi molefto. Idr. (Mifero me, che fiero annunzio è quello !) Mor. Udirti? Idr. Udii .
Mor. Sia pur tua. cura Adolfo
Di tutto prevenir, e far, che torto
Si guidi a me riconofcente e grato .
Idr. (Quefto ancora di più? Soù difperato.)
O fenza cor nafcefti
Quando nafcefti al giorno ,
O che fe un core avefti
Fu d'empia tigre il cuor.
Solo in amore ingrata
Io ti provai finora,
Ma barbara e fpietata
Ora ti provo ancor. Parte
SCENA X.
Alcina , Morgana ec.
P (.. Mor. JETErchè invano m'amò, perchè non mai D' un fuddito gli affetti
C 4 Seppi

Seppi gradir, s adira
Quello ftolto or con me.
Ale. Di rifanarlo
Alla neceffità, cui tutto cede,
Redi l'impaccio, e noi penfiam prudenti
I noftri a ftabilir dolci contenti .
• Dei mar cefsò lo fdegno,
Amica è 1' aura , e I' onda:
Su la bramata fponda
Ah fi riduca il legno
'Prima che torni infido
Ad adirarfi il mar.
Chi di falvar le vele
Trafcura a tempo in porto,
Non chiami il Ciel crudele,
Se corre a naufragar. Si ritira
SCENA XI.
Morgana co fuoi Negromanti.
o Ve or fon iti i tanto
Trifti prefagi, e le fognate larve?
Tutto in pochi momenti ecco difpaive .
Ah che non trovali
Follia maggiore,
Che il fren difciogliere
Troppo al timore,
Quando par fremere
Torbido il Ciel!
NonNon fempre ei fulmina,
Se tuona ancora:
Sdegno fuol fingere
i Bensì talora,
Ma pofcia a fplendere
Torna più bel. Parte
SCENA XII.
Tempio della Dea Volupia aperto nella parta fuperiore, con due fcaloni praticabili in_ profpetto , e varj gruppi rapprefentanti o Numi , o Eroi foggiogati già dal Piacere , difpofti nelle nicchie , o nei medaglioni, ond è adorno il fontuofo edificio. Nel mezzo fi vede fopra gran bafe la lratua_ della Divinità fuddetta in figura di belliffi
• ma Donna tenente in una mano un globo alato, ed affifa fopra uno ftrato di rofe con alcuni profumieri all' intorno .
Adolfo , e Meliffa feguita da alcune Furie , due delle quali in figura d'Amore, e d'Imeneo fi fermano di quà e di del fimulacro fuddetto, e le altre in figura di feguaci dei due Numi fi difpongono ai lati della Scena.
Mei. JT Iù che a te fteflo, Adolfo,
Creder devi a Meliffa. Io, che già feppi
Del convito poc' anzi ,
La gioja fraftoraar, con più vigore _

Ai nuovi delle Fate empj difegDi
Il corfo or troncherò. Coftor , che meco
In giocondo fembiante
*HQuafi pronubi traili, afcro che moftri
Del Tartaro non fono , e in Flegetonte
Quelle faci fpietate
Accefe fur, ond'han le delire armate.
Ajl. Gelo in penfarvi .
Mei. Or a Morgana afcendi
Cupido amante in apparebza, e quando
Di quefte inique le fperanze audaci
Confonderò > fa, che a Ruggero in dito
Palli 1' anel , che hai teco, onde ravvifi
Qual lìa quella beltà, che l'innamora,
E l'abborrifca alfin quanto or l'adora.
Ajì. Tutto farò. Deh arrida almeno il Cielo
Più che finor non fece al noflro zelo!
Parte , e /ale lo fcalone.
SCENA XIII.
Meliffa , quindi '/dreno.
Mei. „ '^Emplice! non s' avveda,
„ Ch' io ftefla, e non il Ciel, la mia vittoria
„ Con arte ritardai , perchè più volte „ Replicato il dolore „ Delle nemiche mie forte maggiore. „ Ma viene Idren . „ Idr. Stupir m'c forza, amico ,
• la

*
In veder quel che veggio. Ah di te Aicina
Non ebbe ancora , e non avrà giammai
Nè follecito più, nè più fagace
Efecutor de' fuoi voler.
Mei. Tal fia,
* Se perdere non vuol dell' opra il mprto,
Chi ferve a real cenno. Or dal tuo labbro
Sappian le Principeffe,
Che tutto è in pronto , e che il brama-
to rito
Poflbno a lor piacer render compito.
Idr. L'avvifo io parto ad arrecar: ma oh quanto
N' andrei più lieto, fe la pompa illuftre,
Che ad un doppio imeneo qui fi deftina,
Servir folo dovefle a quel d' Alcina!
Si ritira falendo pure lo fcalorie
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SCENA XIV,
Melijfa, e le Furie fuddette.
È ciò che coftui teme,
Ne ciò cfye bramar fembra
A quel fin giungerà, eh' ei fi figura.
Non ha la Coppia impura, ..
.Che fatti d'Ozio, e di Piacer fuoi numi
Qui uccide ogni ragion, arte poflente
A fchernire i miei sforzi, e deve il
campo;
Cedere il Vizio , e fempre andar fconfitto
Quando Virtù con lui vjene a conflitto.
. • "SCE

SCENA XV.
Al fuono d'una maejlofa marcia fcendono per i 'due fcaloni primieramente i Sacerdoti, e leSacerdoteffe del Tempio, quindi i Negromanti, pofcia Alcina fervita di braccio da Ruggero, e Morgana fervila da Ajlolfo, dietro a quejli Jìeguono le Ancelle, e finalmente chiudono il tutto le Guardie Reali. I Sacerdoti, e le Sacerdolejfe ji fchierano tojìo di qua e di dall' Ara ., e reftando Alcina , Ruggero, Morgana, ed Ajlolfo alquanto più indietro, •cantano il feguente
CORO.
N Odi ancora maggiori di quefti <
Non fi ftrìnfer dinanzi al tuo Nume,
Bella Diva, che in Gelo nafcefti,
Dagli ampleffi di Pfiche, e d'Amor .
Alcina, e Morgana a due.
O gran madre di tutti i diletti,
O nemica di cure, e d' affanni,
In noi rendi perenni gli affetti,
Che n' accendi tu ftefla nel cor.
• . Coro.
L' Ara facra d' intorno cingete,
Lieti amanti, e vi fuoni fui labbro
Mentre palma con palma ftringete
Quell' accento , che ha tanto valor.

Alc'ma, e Morgana a due.
Oh momento bramato, oh bel giorno,
Che per Tempre m'unifce al mio bene!
Prendono qui entrambe per mano i loro Spoji incamminando^. ver/o l'Ara, ma nell' acco-. Jìarfele Amore, Imeneo, e le altre Furie fot
"to piacevoli forme fcuotono le loro fiaccole^ partendo poi fubito con Meliffa, incomincia a farjì orribilmente udire il tuono, e cadendo un fulmine attraverfa loro il cammino, cofìcchè spaventate fi arreflano. Nel tempo Jìeffo principia ad empierfi tutto il Tempio di vapori denfifjimi, e cala dall' alto una nuvola , da cui efcono frequentissimi lampi .
Ma qual fiamma mi ferpe d' intorno!
Qual m'aflbrda novello fragor!
Coro .
Lungi, lungi fuggite, non lice Preflb l'Ara più fcorgere il piede, Finché celli 1' augurio infelice, E del Cielo fi plachi'1 furor. / Sacerdoti, e le Sacerdoteffe ji ritirano indietro portando vìa l'Ara, i quattro Attori fi fpingono più verfo il profcenio , divìdendofi però, e recando le due Donne da una parte , e Rug* gero, ed Aflolfo dall' altra, e nel tempo fìeffo aprendoji con un nuovo fcoppio di tuono la nuvola predetta, ji vede nel me^o di effa Atlante di Carena, che canta in tuono minaccevole i feguenti verfi.
Empj
Ernpj > ^*e^ non ^ placa
Qualora ogni mifura
Trafcetìde iniquità; ma la vendetta ,
Che indarno minacciò, fremendo affretta.
Sotto i colpi fatali
Primo lovini il fimulacro infame,
Che un culto uturpa altrui dovuto, e
mentre
Di chi l'ereffe il reo poter fi fquarcia,
Gli occhi fui proprio l'iato
Apra malgrado Aio Ruggero ingrato.
JVei terminare di quejle parole rovina giù dalla fua bafe la Jiatua della Dea Voliif ia, ji chiude di nuovo la nuvola , ed al^andoji la medesima in alto cade una terribile e copiofijjìma pioggia di fuoco .
Rug. Ah non più ;• fui capo mio
Di tonar ceffate, o Cieli:
Quel parlar, queir ira , oh Dio!
Bada a farmi ravveder . (a)
Ale. Ah crude!, che dici mai? (b)
Dove il pie rivolgi, infido?
Deh t'arretra, e io quefti rai
Yrima leggi il tuo dover *
'r ^
(a) In atto di riti^arfi.
(b) Accoftandofì alquanto a Ruggero, che
più indietro ji ritira con Ajiolfo , ma dando però a conofeere di non ejjere ancora ben risoluto di lanciarla.

AJì. Quefta gemma , e non quel volto (a) Di Rugger decida i moti: Mira adeflb, e offerva, o ftolto, Se finor vedefti il ver. Ale. Ei mi guarda , e non rifpOnde! (b) * Mor. Anche Aftolfo fi confonde! (c) Rug. (Imparate , o voi che amate, AJt. (Più che a credere a temer. Ale. a 4 (Di trafiggerci celiate (d) Mor. (Con quel barbaro tacer. Rug. I tuoi doni, che detefto, (e) AJt. Quefti fior , che già calpefto, Rug. Più che il labbro a voi 1' arcan» Afl. Spiegheran del noftro cor. Ale. Traditor , cosi mi fprezzi? (f) Mor. Così, ingrato , mi rifpetti? (g) a 4 Tempo più non è d' affetti, D' odio c tempo, e di furor.
Ale.
(a) Ponendo V anello incantato in dito a
Ruggero fen{a che le Fate ne accor-
gano , dopo del che Ruggero guarda
Alcina Jlupefatto .
(b) - A Morgana.
(e) Ad Alcina .
(d) A Ruggero, ed AJlolfo.
(e) Gettando entrambi via con fommo dif
pre^o i monili, e le ghirlande, onde fono adorni.
(f) A Ruggero .
(g) Ad AJlolfo.

48 ATTO SECONDO. Ale
jyo'raiDovQ fiete, o vani incanti!
a i Vili inganni, or dove fiete!
a 4 Ah la palma voi cedete
A un poter di voi maggior.
ritirano le Fate da una parte , e Raggerà con AJiolfo dall' altra.
Fine dell' Atto feconda .
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49
ATTO TERZO.
SCENA PRIMA.
Interno della Torre magica, in cui Morgana efercita 1' arce fua.
Alcina , Morgana, e ldreno .
S> I, mia Regina, non lìttofto al Tempio. Dier le fpalle i felloni, Che colà, dove i lor guerrieri arnefi Sai, che per cenno fuo ferbati fono, S'introduffer con arte . A me 1' avvilo Reconne un mio fedel, altri fui campo Io ne raccolfi, ed. ebbi Deftra la forte al mio difegno in guifa, Che l'entrar dentro al violato loco Con quel, che mi feguiva, amico duolo, E l'avergli in poter fu un colpo folo. Ale. Quanto ti deggo, Idren! Mor.„ Di ferri io penfo,
„ Che aggravati gli avrai. Idr. ,, No , Principeffa:
„ Quefto folo riguardo „ Credei che fi doveffe a' traditori, „ Che gl'idoli fon pur de'voftri cori.,, Ale. Germana, or che farem? Mor. Dell' un la forte
Già decifa ho fra me: dell'altro, Alcina,
D A

A te redi il penfier .
Ale. „ Se meno amante
„ Foffi. di quel che fon, faprei ben io
„ Ciò che farei : ma non mei loffre il core.
Mor.„ Pur rifolver convien.
Ale. Per quefta volta
Vinca f affetto ancor- A me fi gifidi
Tolto Rugger ben cuftodito. Io voglio
Seco parlar . Chi fa che ancor non ceda ì
Chi fa che già pentito
Forfe non fia ì
Mor. Ma dilla torre in fondo
Co' ceppi a' pie*d'» e con le mani avvinte
Chiudali Aftolfo alla vendetta mia
Vittima detonata . •
Idr. Entrambi i cenni
Adempirò. Deh almeno or che 1' ingrato
Vuoi punire, o Morgana, alla mia fede
Qualche giuftizia alfin renda il tuo core.
Mor. Fa il tuo dover, ne mi parlar d' amore.
Idr. " Freno il labbro, e ancor tiranni
Mi fon facri i cenni tuoi: .
Ma t'inganni, oh Dio! fe vuoi
Che frenar io poffa il cor.
E fe in fronte ognora efprelfo
Quel che taccio mi vedrai;
Dimmi, a che ti ferve mai
Queir' eccello di rigor? Parte
SCESCENA IL
Alcina , e Morgana.
Ale. ^✓Redi tu, mia germana.
Che di Rugger fopra l'inftabil core
L' arti d' Alcina avran tuttora, oh Dio!
La (olita virtù?
Mor. Che dir pofs' io ,
Se le gettate forti altro non. fanno
Prefagirmi che mali, e fe coftretta
A creder fon, che un Genio avverfo, e forfè
Più poflente di noi guerra ci move?
Ale. Oimè , dunque difperi? Oirnè, fia vano,/
Ch' io lo rivegga ì
Mor. No: con più coraggio
Saprai, così difingannata almeno ,
Quel partito abbracciar, che ti conviene.
Ale. lo tremo , ahi laffa!
Mor. Eh di tremare in vece
Fa che 1' amor tradito i mal deporti
Spiriti antichi in te richiami, e provi
Chi può fprezzarti il tuo rigor. Se poi
Di tenerezza un refto |
Vieta il rigido ufficio alla tua mano,
S' abbandoni alla mia.
Ale. Ver noi s'avanza
Il traditor: colà ti cela alquanto,
Finché f eftrema prova
Io feco tento.
: . Di Mor.
AJor. E s'ella c vana?
Ale. Allora ...


(Dicali alfin)come faretti i tui
Vendica, sì, tutti i miei torti in lui.
Morgana fi ritira
SCENA III.
Alcina, e Ruggero con l armadura
condotto dalle Guardie Reali, che fi
fermano in fu l'ingreffo .
Rug. ^iun' empia ingannatrice , una tiranna.
Che a forza di preftigi
All'alme impone un deteftabil giogo,
Da me che vuol?
Ale. (Oh non più intele voci,
Voi già d'ogni fperanza mi fpogliate,
E la rabbia nel cor l'olmi la lci a te!)
Rug.Ss le difcolpe mie
Vaga è folo d'udir, fenza ch'io parli,
Alle palefi già Tue frodi indegne
Chiederle può: fe pentimento attende,
Sappia oramai, che da chi l'occhio ha fano
Un nuovo pentimento attende invano.
Ale. ( Oh mio xoflor ! )
Rug.Ma. che? Ammutifci? Ah quefto
Mi forprende a ragion. Parla, c dolore,
O fdegno quel tacer?
Ale. Dillo furore,
Ma del più nero, onde avvampar fi poffa
In


In veder con che indomita baldanza
Il giudice a infultar un reo' s'avanzaRug. Vuoi gì'infulti evitar ì Fa che totetli
Tuoi fateliiti infami
Mi partano dal fianco, e lafcia ormai
Che Rugger t abbandoni.
Ale. E dove andrai?
Rug. Dove mi chiedi? A cancellar con cento
Fatiche illuftri la memotia infaufta
D' un error vergognofo, i giufti pianti
A rafciugar d'una beltà non finta,
Che adorai, che m'amò, che, infido ancora
Di fue cure mi degtia, ancor m' adora.
Ale. Qual arcano or mi fveli! Io dunque errai
Quando a desio di gloria
Afcriffi unicamente i tuoi rimorfi?
Rug.Per tua confufion fappilo adeflb.
Ale In mal punto il dicelti, e fol mancava
All'incendio crudel , che mi divora,
L' efca di gelosia . Nè chi t' aperfe
Gli occhi malgrado mio, nè chi fi a quefta
Rivai finor taciuta ora mi curo
Intendere da te: fol de' miei mali
Non vo' che vada altri faftofo. Ad onta
Di tutti, e di tefteflo in quefto punto
Mio Spofo diverrai. Dove condurti
Più amor non può, forza ti tragga, (a)
Rug. Ah prima, .
Scellerata, io morrò. Lafciami, o temi,
Che ftanco già di più fofftirti il Cielo,
D 3 Sca-
{a) Afferrandola per un braccio.


Scarichi fui tuo capo il colpo eftrerao.
Ale. Fuorché perder Ruggero altro non temo»
Sieguimi, o ch' io mi fpoglio
Teco d' ogni pietà.
Rug. No, forfennata,
Non lo fperar. Pur mi lafciaftì. (a)
Ale. Iniquo ,
Non ten vantar: che fe ti cedo, è folo
Per dar di piglio alla vendetta. Oh Dio!:
Pria che mi efca dal labbro
La fentenza fatai, penfa al cimento,
A cui t etponi; a difarmar mie furie
Anche un momento io ti concedo.
Rug. A querce
Sciogli pure ogni fren: per incontrarle,
Ma non per ubbidirti, ho cor che batta.
Ale. Troppo, i acauto, prefumi: ancor non fai
Quanto fia grave il pefo
Del mio furor.
Rug. So che fupplicio eguale
Non ha tutto i' Inferno infierii raccolto»
A quel che provo in rimirarti in volto.
Ale. Alma rea, cor protervo, e degno invero
Dell'Affricano fuol, dove nafcefti >
Vodrai, vedrai fe Alcina
Abbattere faprà quefta che 'olienti
Ferocia intempeftiva . A quell' orrenda
Sorte in preda rimanti,
Che tu fteflb ti eleggi. E' giufto alfine,
Ch'ecceda in fuo rigor anche il mio fdegno
Con chi mi vilipende a quefto fegno .
(a) Sciagiiendojl a for%a d' Alcina *


Trema d'aver mirato,
Superbo, il mio fonore:
No, più non meni, ingrato,
Ne amore, nè pietà.
Odio, vendetta , ed ira
Sol per te chiudo in petto»
E quanto fu l'affetto,
Tanto il furor farà. Partt
SCENA IV.
Morgana con la bacchetta magica in mano feguita dai Negromanti, e Ruggero cujlodito dalle Guardie, che però al cenno della predetta jubito ritirano.
Rag. ^JJFRazie, o Cieli, partì: ma oimè, qual altro
Funeftiffimo oggetto
Su gli occhi mi ritoma! Mor.Xn poter mio
Coftui refti, o cuftodi : e voi, compagni,
Mentre pronunzio il fiero carme, intorno
Raccoglietevi al reo. (a)
Rag. Che fate, audaci?' .
Mor. Frena la lingua , fcellerato , e taci.
D 4 Dall'
(a) Defcrive con la bacchetta un circolo intorno a Ruggero, che vien fubito circondato dai Negromanti.
Dall'ampie d'Averno Voragini orrende, Voi , Furie tremende y Venite, punite Chi al noftro potere Pretende infultar. Al voftro furore Io già lo confegno: • D'un barbaro indegno» D' un vii traditore Eterno fia'l pianto, Eterno il penar. Nel terminare V evocazione percuote con la bacchetta il fuolo , e ritirandojì effa ed Negromanti , efcono parte di [otterrà x e parte dai lati della Scena varie Furie , ed altri Mojlrt infernali.
SCENA V.
Ruggero folo in me^o alle Furie, ed ai Mojlrt fuddetti , parte de' quali gli dan^a orribilmente intorno mojlrando di volcrfegli avventare , e parte canta nel tempo Jleffo il Coro*
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Chi fu noi regna:
L' empio punifcafi,
Che ha tanto ardir.
E tu preparati,
Stolto , la degna
E

Pena a ricevere.
Del.tuo fallir.
Ritg. Deh tacete, deh fermate ,
Moftri fieri, ingiufte Furie:
Queirerror, che in me trovate,
Furie, Moftri, error non è. Coro, L'irrevocabile
Sentenza è data
Nè Ayerno è folito
Djfcolpe udir.
Oh quali attendere,,
Anima ingrata, .
'Da' tuoi carnefici
Devi martjr! s
Rug. Ah quai voci, iniquo fato!
• Dunque'i aimè, perduto io fono,
E nel barbaro mio ftato
Vano è ormai cercar mercè! Coro. Che nuova incognita
Di noi non degna,
Pietà que' gemiti
Ci fan fentir! ....
No no, fi vendichi
Chi fu noi regna;
No no, punifcafi
L'infano ardir.
Ryg. Ah Melifla, in tal periglio
Come » oh Dio , lafciar mi puoi 1
Da chi aita, o almen configlip
Spero più, fe non da te.3
Di . D»

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La (olita virtù Jevai per poco,
Perchè meglio nel cor ti folle impreffo
L' orrer de' tuoi trafcoifi ,
Rug. Ah fe più beila
Render vuoi 1' cpra tua, perchè piuttofto
Tutta non me ne togli
La memoria crude!?
Mei. Troppo , Ruggero ,
Neceflaria è per te Più non inciampa
Chi non obblia d' efler caduto. Ài fianco
Bnlifarda or ripon, lo fcudo imbraccia (a)
Dono e kvor d'Atlante, e distro a quelle
Sol vifibili a te ridate fcorte
Precedimi allo ftrétto, ond'è più breve
Il varco a Logiftilla . Ivi canuto
.Nocchief t attende, alcendi
L'amica prora, e fenza
Curar fe queta.» o minacciofa è l'onda,
Tronca il canape, e fuggi ali.altra fponds.
Rug.Pet quai vie difufate , •
E credibili appena
Mi conduci, o gran Fara! Ah che di
tanto
Capace è Ibi chi di faviefczd ha il vanto
A trionfar mi .chianti •.:-. ' •'-
Tu per le vie d'onore:
L' antico mio valore
Tu mi raccendi in fen»
Afpri
{a) Ruggero fi cinge la fpada, e prende
vi i0 J'cudo,

Afpri cimenti, è vero ,
Ad incontrar nv invio,
Ma dall' eterno obblio
Così mi falvo almen.
Parte preceduto dai due Gerì) di Melifpty
SCENA VII,
Jjlolfo x e Melijfa ,
$Atl. J^t, Stolto, or che ti par; Paventi ancora Che deboi fia dogli empj incanti a fronte Il mio poter, o che il favor del Cielo Non fecondi abbaftanza il noftro zelo ì
rAjt. Meljffa, ad altro tempo
I rimproveri tuoi ferbar ti piaccia:
Or foltanto Ruggero
Penfiamo a feguitaf.
Mei. Sopra l'ajato
Corlìer , che meglio io frenerò, fra poc$
Meco il raggiungerai: ma pria conviene
, •.. Che Mejifla compiuto
( Renda il proprio trionfo,
rAp, E che più mai
Ti rimane ad oprar?
Mei. Vieni, e '1 faprai.
Si ritira
SCE,
SCENA Vili.
Afiolfo.
kJ^H fe dovunque han luogo
Quefti perfidi incanti, ivi giugnefle
Di Meliffa il poter , quanti , che dentro
La rete micidial vanno ogni giorno,
Fariano a te , bella Virtù, ritorno!
Di Rugger fi parte al pari
Quau ognun dal buon fentiero,
Ma chi poi come Ruggero
Lo ritorna a ricalcar ì
Son gli efempi ognor sì rari,
Che fé tanto è alcun felice
Come 1' unica Fenice
Ben 11 deve riguardar . Parte
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SCENA IX.
Luogo vafto e magnifico nella Reggia d'Alcina.
Jlcina feguhata dalle fue Guardie , e Morgana con l'accompagnamento de' fuoi Negromanti.
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„ O non feppe, o non volle
,, La fua fuga impedir ì
Ìdr. „ Così gran torto
Deh non mi far . N' ebbi novella ap-
pena
„ Che di guerrieri un nembo
„ Sopra io gli fpinfi. Altri da fronte »
ed altri . »
„ L'urtò da tergo , e contro un fol ne-
mico
„ Dubbiofa la vittoria
„ Eflere non potea, quando allo feudo
„ Togliendo il vel, che lo coprla, sì viva
Luce negli occhi ei tìe vibrò, che tutti
,, Ne abbagliò , ne acciecò . Senza con.,
trailo
(E chi più potea farlo?) allor l'indegna „ Si traffe al lido, e lo raccolfe il legao. „ Ale. Ciel tiranno! Altri ingiufti! Io dunque inulta
Ho da reftar? E vi farà chi 1 vanto D" avermi oggi delufa » Dar fi potrà ì Nè un mio prigione al
meno
Tenterò d'infeguir ì Olà, chi amico
E' della gloria mia, chiunque all'armi
Incapace non è la fua Regina
S' affretti a feguitar
Mor.E dove, Alcina?
Ale. Alle navi, alle navi» • ••
Ìdr. E non t' avvediT }••
Che

Che à Logiftilla forfè Già pervenne Rugger? Ale. E quefta o il renda,
O fé '1 trafuga , non fi torni indietro
Se con fcempio inudito
Non abbiam prima ogni fua gente uc
cifa, »
E Y altere fue rocche arfe e fpianate.
Alle navi.
Mor. Alle navi. Vanno per partire.
SCENA XI.
Melijfa , ed Ajlolfo feguitati dal Cor» de' Genj, ed i (addetti.
« 2 JiZtfMpie, fermate . Mor.Tu qui, Aftolfo! Ale E con lui
Congiurato Forbante! MeU Aprite , o cieche,
Meglio ormai gli occhi , e in queft*
Mentite fpoglie ravvifate alfine
L' autrice fortunata
D' ogni voftra fciagura. Io fola , io fola Sempre ne' voftri danni intenta e fifla Oprai tanti portenti, e fon Melifia . Mor. Siam perdute, o Germana: il poter noItio
A fuperar non giunge
Quel di coitei. . .
V Ale.

Ale. (Fremo di flegno. E incaute
Chi perder ne dovea ! ) Crudel nemica, (a)
Vanne fuperba, sì, poiché fu il Cielo
Teco sì liberal, con noi avaro:
Ma nè il Ciel, nè tu fteffa
Farai però, che fi rallenti il corfo
A quello sfogo, a cui più d'altra brama
Difperato difpetto ora ci chiama.
irte furibonda, ed è feguita precipitofamertte
da Morgana , da Idreno , daUp Guardie,
dai Negromanti.
SCENA ULTIM A.
Melijfa, Astolfo, ed il Coro de' Genj.
Sieguano pur le ftolte: altro non fanno
Che da un popol malvagio al par di loro
Quefto fuolo mondar . Effo un afpetto
Da quel che fu si differente or prenda,
Che dove i neri ingannì
Le Fate efercitar fiffare appena
Sappia chi altrui ne canterà la ftoria,
E fi compia cosi la mia vittoria
66 ATTO TERZO. CORO
'dei Genj di Melijfa .
Sciolgafi in polve, e pera
* La Reggia lufìnghiera
Del falfo e reo Piacer .
E fopfa i lidi infami
Sorga alla Gloria un Tempio ,
Ch' alla Virtù richiami
L'errante. paffegger.
Mentre cantano quefii verfi rovina la Reggia a" A teina , e fopra le rovine della medejìma jt vede forgere il Tempio maefìofo della Gloria y con. darji principio dagli Amanti disincantati ivi raccolti al Ballo s che termina lo Spettacolo .
FINE DEL DRAMMA. .
Ci raccogliemmo in grembo
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,

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