Thursday, June 11, 2015

Francesconiana: I LEGAMI PERICOLOSI; ovvero, lettere raccolte in una società e pubblicate per l'instruzione di alcune altre.

Speranza

Pubblicato nel 1782, il romanzo epistolare "I LEGAMI PERICOLOSI; ovvero, lettere raccolte in una società e pubblicate per l'instruzione di alcune altre" è uno dei capolavori della letteratura di ogni tempo.

Colpisce – ma forse non più di tanto, se si considera il secolo di cui si parla – che Laclos, l’autore di questo libro scandaloso e a lungo proibito, di straordinaria qualità letteraria ed enorme successo (molto amato anche dalla regina MariaAntonietta), fosse uno scrittore per diletto: l’ufficiale di artiglieria, poi anche diplomatico e funzionario Pietro Ambrogio Francesco Choderlos di Laclos, morto a Taranto.

Nel Novecento la fortuna dei "LEGAMI PERICOLOSI", che osserva e racconta con implacabile cinismo la società aristocratica dell’ancien régime sul baratro della Rivoluzione francese e costituisce
per certi versi la quintessenza della letteratura erotica settecentesca, si è riflessa in diversi adattamenti per la scena e per lo schermo.

In ambito cinematografico si ricordano soprattutto "Les liaisons dangereuses" di Roger Vadim, "Dangerous Liaisons" di Stephen Frears, "Valmont" di Milos Forman e "Cruel Intentions" di Roger
Kumble.

In quello teatrale, :Quartetto" di Heiner Müller e "Les liaisons dangereuses" di Christopher Hampton.

Proprio dal lavoro teatrale di Heiner Müller che dopo la messa in scena allo Schau Spiel Haus di Bochum con la regia di Klaus B.Tragelehn ha conosciuto notevole fortuna (in allestimenti firmati anche dall’autore stesso, Robert Wilson e Michael Haneke), è tratta l’opera omonima composta
da Luca Francesconi.

Molto più che un semplice adattamento, I LEGAMI PERICOLOSI di Mueller è una riscrittura e re-interpretazione scenica del romanzo di Laclos, cui l’autore si è peraltro ispirato in modo molto generico.

Müller riduce le serrate ma plurime geometrie del romanzo a una claustrofobica partita a due tra i protagonisti, la marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont.

Una partita resa ancor più opprimente dal fatto di svolgersi in una dimensione che è puramente cerebrale.

Come per effetto di un processo di distillazione estrema, in scena restano a fronteggiarsi i protagonisti in una guerra dei sessi dal respiro quasi metafisico per la spietatezza e la tensione dello scontro che riduce l’amore – e il sesso stesso – a mera corporeità reificata e lo raggela in un
freddo discorso.

Lo scintillio astratto della retorica e della dialettica che cela una disperazione assoluta, il gusto compiaciuto per la perversione e la brutalità soffocano così la vita, annichiliscono qualsiasi
relazione ed emozione sino alla totale distruzione di sé e dell’altro.

In questo vortice senza ritorno, dove la dimensione teatrale è decisiva:

Recitare? Che altro si può fare?

Si chiede la marchesa di Merteuil.

I protagonisti a un certo punto, in un mirabolante gioco delle parti, non soltanto si scambiano i ruoli ma danno voce anche ai personaggi – immaginari o, meglio, della memoria – della Signora di
Tourvel e di Cecilia di Volanges, mentre scompare, rispetto al romanzo, il cavalier
Danceny.

Da qui, appunto, il titolo "Quartetto".

Già autore di diversi lavori per il teatro, tra cui Ballata e Gesualdo considered as a murderer, Luca Francesconi ha sottolineato i numerosi aspetti di interesse e attualità di Quartetto che hanno poi
orientato la realizzazione della sua opera.

In particolare, l’identità che si perde in una moltiplicazione infinita di specchi dove nulla ha valore, in un delirio nichilistico e tragico può valere come metafora della intera civiltà occidentale e immagine
del destino che sembra ripercuotersi anche sul ruolo dell’arte oggi.

D’altro canto, Francesconi coglie nella sua lettura un pensiero che è non tanto negativo quanto piuttosto critico.

Francesconi si serve della grande forza teatrale del testo di Müller, per tradurla in una forma nuova.

Da un lato il testo è ridotto con un dialogo più serrato.

Dall’altro, con una seconda orchestra e un coro in eco, gli spazi fisici generano una teatralità dell’ascolto.

Il libretto, dello stesso Francesconi e la natura autenticamente operistica della reinterpretazione si ravvisa su più piani.

La sceneggiatura distribuisce anzitutto la vicenda in scene, all’interno delle quali sono enucleati passaggi riferibili agli archetipi dell’

arioso, dell’

aria o del

 duetto

o comunque assimilabili a zone formalmente circoscritte di trasognamento.

Di natura propriamente melodrammatica, poi, sono le voci dei due personaggi, la marchesa di Merteuil (soprano) e il visconte di Valmont (baritono), e l’apporto del coro, con le sue funzioni di amplificazione o proiezione sonora del canto e delle azioni dei personaggi stessi.

Per rappresentare la vicenda in un sensibile diagramma, il trattamento virtuosistico delle voci ricorre a un ampio spettro di stili, tecniche, registri, inflessioni e timbri.

Le due orchestre svolgono compiti drammaturgici tendenzialmente diversi.

Se la prima orchestra registra le pulsioni private dei protagonisti nei loro spazi claustrofobici, la seconda orchestra è una specie di riflesso della sfera sociale e collettiva, quasi un’eco lontana del mondo, sia come forza naturale e senza tempo, sia come rumore di una massa minacciosa e in avvicinamento.

Alla cassa di risonanza di quanto accade in scena – e alla sua percezione – contribuisce infine, oltre al coro e alle due orchestre, l’elaborazione elettronica di suoni e spazi, mirata a coinvolgere il pubblico in un’esperienza multidimensionale.

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