Speranza
Pubblicato nel 1782, il romanzo epistolare "I LEGAMI PERICOLOSI; ovvero, lettere raccolte in una società e pubblicate per l'instruzione di alcune altre" è uno dei capolavori della letteratura di ogni
tempo.
Colpisce – ma forse non più di tanto, se si considera il secolo di
cui si parla – che Laclos, l’autore di questo libro scandaloso e a lungo proibito,
di straordinaria qualità letteraria ed enorme successo (molto amato anche
dalla regina MariaAntonietta), fosse uno scrittore per diletto:
l’ufficiale di artiglieria, poi anche diplomatico e funzionario
Pietro Ambrogio Francesco Choderlos di Laclos, morto a Taranto.
Nel Novecento
la fortuna dei "LEGAMI PERICOLOSI", che osserva e racconta con implacabile
cinismo la società aristocratica dell’ancien régime sul baratro
della Rivoluzione francese e costituisce
per certi versi la
quintessenza della letteratura erotica settecentesca, si è riflessa in
diversi adattamenti per la scena e per lo schermo.
In ambito
cinematografico si ricordano soprattutto "Les liaisons dangereuses" di Roger Vadim, "Dangerous Liaisons" di Stephen Frears, "Valmont" di Milos Forman e "Cruel Intentions" di Roger
Kumble.
In
quello teatrale, :Quartetto" di Heiner Müller e "Les liaisons dangereuses" di Christopher Hampton.
Proprio dal lavoro
teatrale di Heiner Müller che dopo la messa in scena allo
Schau Spiel Haus di Bochum con la regia di Klaus
B.Tragelehn ha conosciuto notevole fortuna (in allestimenti firmati anche
dall’autore stesso, Robert Wilson e Michael Haneke), è tratta l’opera
omonima composta
da Luca Francesconi.
Molto più che un semplice
adattamento, I LEGAMI PERICOLOSI di Mueller è una riscrittura e re-interpretazione scenica del
romanzo di Laclos, cui l’autore si è peraltro ispirato in modo molto
generico.
Müller riduce le serrate ma plurime geometrie del romanzo a una
claustrofobica partita a due tra i protagonisti, la marchesa di Merteuil e
il visconte di Valmont.
Una partita resa ancor più opprimente dal fatto di
svolgersi in una dimensione che è puramente cerebrale.
Come per effetto di
un processo di distillazione estrema, in scena restano a fronteggiarsi i
protagonisti in una guerra dei sessi dal respiro quasi metafisico per la
spietatezza e la tensione dello scontro che riduce l’amore – e il sesso
stesso – a mera corporeità reificata e lo raggela in un
freddo discorso.
Lo scintillio astratto della retorica e della dialettica che cela
una disperazione assoluta, il gusto compiaciuto per la perversione e la
brutalità soffocano così la vita, annichiliscono qualsiasi
relazione ed
emozione sino alla totale distruzione di sé e dell’altro.
In questo
vortice senza ritorno, dove la dimensione teatrale è decisiva:
Recitare?
Che altro si può fare?
Si chiede la marchesa di Merteuil.
I protagonisti
a un certo punto, in un mirabolante gioco delle parti, non soltanto si
scambiano i ruoli ma danno voce anche ai personaggi – immaginari
o, meglio, della memoria – della Signora di
Tourvel e di Cecilia di Volanges, mentre scompare, rispetto al romanzo, il cavalier
Danceny.
Da
qui, appunto, il titolo "Quartetto".
Già autore di diversi lavori per il
teatro, tra cui Ballata e Gesualdo considered as a murderer,
Luca Francesconi ha sottolineato i numerosi aspetti di interesse e
attualità di Quartetto che hanno poi
orientato la realizzazione della sua
opera.
In particolare, l’identità che si perde in una moltiplicazione
infinita di specchi dove nulla ha valore, in un delirio nichilistico e
tragico può valere come metafora della intera civiltà occidentale e
immagine
del destino che sembra ripercuotersi anche sul ruolo dell’arte
oggi.
D’altro canto, Francesconi coglie nella sua lettura un pensiero che
è non tanto negativo quanto piuttosto critico.
Francesconi si serve
della grande forza teatrale del testo di Müller, per tradurla in una forma
nuova.
Da un lato il testo è ridotto con un dialogo più serrato.
Dall’altro, con una seconda orchestra e un coro in eco, gli spazi fisici
generano una teatralità dell’ascolto.
Il libretto, dello stesso Francesconi e la natura autenticamente operistica della
reinterpretazione si ravvisa su più piani.
La sceneggiatura
distribuisce anzitutto la vicenda in scene, all’interno delle quali sono
enucleati passaggi riferibili agli archetipi dell’
arioso, dell’
aria o del
duetto
o comunque assimilabili a zone formalmente circoscritte di
trasognamento.
Di natura propriamente melodrammatica, poi,
sono le voci dei due personaggi, la marchesa di Merteuil (soprano) e il
visconte di Valmont (baritono), e l’apporto del coro, con le sue funzioni
di amplificazione o proiezione sonora del canto e delle azioni dei
personaggi stessi.
Per rappresentare la vicenda in un sensibile diagramma,
il trattamento virtuosistico delle voci ricorre a un ampio spettro di
stili, tecniche, registri, inflessioni e timbri.
Le due orchestre
svolgono compiti drammaturgici tendenzialmente diversi.
Se la prima orchestra registra le pulsioni private dei protagonisti nei loro
spazi claustrofobici, la seconda orchestra è una specie di riflesso della sfera
sociale e collettiva, quasi un’eco lontana del mondo, sia come forza
naturale e senza tempo, sia come rumore di una massa minacciosa e in
avvicinamento.
Alla cassa di risonanza di quanto accade in scena – e alla
sua percezione – contribuisce infine, oltre al coro e alle due orchestre, l’elaborazione elettronica di suoni e spazi, mirata a coinvolgere il
pubblico in un’esperienza multidimensionale.
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