Saturday, January 16, 2016

Calaf; ossia, i tre indovinelli della principessa: melodramma tratto da Carlo Gozzi (La Scala, 1926)

Speranza

"Turandot" è un melodramma in tre atti e cinque quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta da Giacomo Puccini e successivamente completata da Franco Alfano.

La prima rappresentazione di "Turdandot" ebbe luogo nell'ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, con

Rosa Raisa
Francesco Dominici
Miguel Fleta
Maria Zamboni
Giacomo Rimini e
Giuseppe Nessi

sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!» (alla morte di Liù), ovvero dopo l'ultima pagina completata dall'autore, rivolgendosi al pubblico con queste parole:

"Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il maestro è morto."

La sera seguente, "Turandot" fu rappresentata, sempre sotto la direzione di Toscanini, includendo anche il finale di Alfano.

L'incompiutezza dell'opera è oggetto di discussione tra gli studiosi.

C'è chi sostiene che Turandot rimase incompiuta non a causa dell'inesorabile progredire del male che affliggeva l'autore, bensì per l'incapacità, o piuttosto l'intima impossibilità da parte del maestro di interpretare quel trionfo d'amore conclusivo, che pure l'aveva inizialmente acceso d'entusiasmo e spinto verso questo soggetto.

Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò invano di risolvere, è costituito dalla trasformazione della principessa Turandot, algida e sanguinaria, in una donna innamorata.

Lingua originale: italiano
Musica: Giacomo Puccini (finale completato da Franco Alfano)
Libretto: Giuseppe Adami e Renato Simoni
Fonti letterarie: "Calaf; ossia, i tre indovinelli della principessa Turandot" di Carlo Gozzi
Atti: tre
Epoca di composizione; luglio 1920 - ottobre 1924
Prima rappr.: 25 aprile 1926
Teatro: Teatro alla Scala di Milano
Versioni successive: Un nuovo finale dell'opera è stato composto da Luciano Berio (2001)

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Personaggi:

Turandot, principessa ---------------- soprano
Altoum, suo padre, imperatore della Cina ----------- tenore
Timur, re tartaro spodestato --------------------------- basso
Calaf, il Principe Ignoto, suo figlio ------------------- tenore
Liù, giovane schiava, guida di Timur ----------------- soprano
Ping, Gran Cancelliere ---------------------------------- baritono
Pang, Gran Provveditore -------------------------------- tenore
Pong, Gran Cuciniere ------------------------------------ tenore
Un Mandarino -------------------------------------------- baritono
Il Principe di Persia -------------------------------------- tenore
Il Boia (Pu-Tin-Pao) (comparsa)
Guardie imperiali, servi del boia, ragazzi, sacerdoti, mandarini, dignitari, gli otto sapienti, ancelle di Turandot, soldati, portabandiera, ombre dei morti, folla

Autografo: Archivio Storico Ricordi, Milano

Il soggetto della "Turandot", ispirato al nome dell'eroina di una novella persiana, fu tratto dall'omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi, già oggetto di importanti adattamenti musicali, dalle musiche di scena composte da Carl Maria von Weber nel 1809, all'opera di Ferruccio Busoni, rappresentata nel 1917 e preceduta da suite orchestrale (op. 41) eseguita per la prima volta nel 1906.

Più esattamente, il libretto della "Turandot" di Puccini si basa, molto liberamente, sulla traduzione di Andrea Maffei dell'adattamento tedesco di Friedrich Schiller del lavoro di Carlo Gozzi.

L'idea per l'opera venne a Puccini in seguito a un incontro con i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni, avvenuto a Milano nel marzo 1920.

Nell'agosto dello stesso anno, quando si trovava per un soggiorno termale a Bagni di Lucca, Puccini poté ascoltare, grazie al suo amico barone Fassini, che era stato per qualche tempo console italiano in Cina, un carillon con temi musicali proveniente da quel paese.

Alcuni di questi temi cinese sono presenti nella stesura definitiva della partitura della "Turandot".

Alla fine della sua parabola creativa, Puccini si cimentò con un soggetto fiabesco, d'impronta fantastica.

Non era mai accaduto, se si eccettua la scena finale della sua prima opera, "Le Villi".

Nel Natale del 1920 Puccini riceve la prima stesura in versi del libretto del primo atto.

Nel gennaio del 1921 giunge a Puccini la versione definitiva del testo del primo atto, e nell'agosto dello stesso anno la partitura è completata.

In settembre Puccini scrive:

""Turandot" dovrebbe essere in due atti, che ne dici? Non ti pare troppo, diluire dopo gli enigmi per giungere alla scena finale?"

"Restringere avvenimenti, eliminarne altri, arrivare ad una scena finale dove l'amore esploda."

Il vero ostacolo per Puccini fu, fin dall'inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot, da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata.

Ancora Puccini scriveva:

"Il duetto tra Calaf e Turandot per me dev'essere il clou - ma deve avere dentro a sé qualcosa di grande, di audace, di imprevisto e non lasciar le cose al punto del principio."

"Potrei scrivere un libro su questo argomento."

E ancora:

"Il duetto! Il duetto! tutto il decisivo, il bello, il vivamente teatrale è lì!"

"Il travaso d'amore deve giungere come un bolide luminoso in mezzo al clangore del popolo che estatico lo assorbe attraverso i nervi tesi come corde di violoncelli frementi."

Puccini si lamentò spesso della lentezza con cui i due librettisti rispondevano alle sue richieste di revisioni del libretto, ma si può dubitare che questo sia il vero motivo per cui la "Turandot" è rimasta incompiuta.

Nel giugno 1922 Puccini confermò a Casa Ricordi che "Simoni e Adami mi hanno consegnato con mia completa soddisfazione il libretto di Turandot finito."

Eppure i dubbi non erano scomparsi e sei mesi dopo confessava ad Adami:

"Di Turandot niente di buono."

"Se io avessi avuto un soggettino come da tempo lo cercavo e lo cerco, a quest'ora sarei in scena."

"Ma quel mondo cinese!"

"A Milano deciderò qualcosa, forse restituisco i soldi a Ricordi e mi libero."

I soldi non furono restituiti e nel dicembre del 1923 Puccini aveva completato tutta la partitura fino alla morte di Liù, cioè fino all'inizio del duetto cruciale.

Di questo finale egli stese solo una versione in abbozzo discontinuo.

Puccini morì a Bruxelles il 29 novembre 1924, lasciando le bozze del duetto finale così come le aveva scritte il dicembre precedente.

L'azione della "Turandot" si svolge a Pechino, «al tempo delle favole».

Nell'atto I, un mandarino annuncia pubblicamente il solito editto.

Turandot, figlia dell'Imperatore, sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli da lei stessa proposti.

Colui però che non sappia risolverli, dovrà essere decapitato.

Il principe di Persia, l'ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna.

All'annuncio, tra la folla desiderosa di assistere all'esecuzione, sono presenti Timur che, nella confusione, cade a terra e la sua schiava fedele Liù chiede aiuto.

Un giovane si affretta ad aiutare il vegliardo: è Calaf, che riconosce nell'anziano uomo suo padre, re tartaro spodestato.

Si abbracciano commossi e Calaf prega il padre e la schiava Liù, molto devota, di non pronunciare il suo nome.

Ha paura, infatti, dei regnanti cinesi, i quali hanno usurpato il trono del padre.

Nel frattempo il boia affila la lama preparandola per l'esecuzione, fissata per il momento in cui sorgerà la luna, la folla si agita ulteriormente.

Ai primi chiarori lunari, entra il corteo che accompagna la vittima.

Alla vista del principe, la folla, prima eccitata, si commuove per l'età della vittima, e ne invoca la grazia.

Turandot allora entra e, glaciale, ordina il silenzio alla folla e con un gesto dà l'ordine al boia di giustiziare il principe.

Calaf, che prima l'aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla regale bellezza di Turandot, e decide di tentare anche lui la risoluzione dei tre enigmi.

Timur e Liù tentano di dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale.

Tre figure lo fermano.

Sono Ping, Pong e Pang, tre ministri del regno, che tentano di convincere Calaf a lasciar perdere, descrivendo l'insensatezza dell'azione che sta per compiere.

Ma Calaf, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot.

Turandot appare quindi sulla loggia imperiale del palazzo e accetta la sfida.

Nell'atto II È notte. Ping, Pong e Pang si lamentano di come, in qualità di ministri del regno, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna.

Sul piazzale della reggia, tutto è pronto per il rito dei tre enigmi.

C'è una lunga scalinata in cima alla quale si trova il trono in oro e pietre preziose dell'imperatore.

Da un lato ci sono i sapienti, i quali custodiscono le soluzioni degli enigmi, poi ci sono il popolo, il Principe ignoto ed i tre ministri. ci sono anche Liù e Timur.

L'imperatore Altoum invita il principe ignoto, Calaf, a desistere, ma quest'ultimo rifiuta.

Il mandarino fa dunque iniziare la prova, ripetendo l'editto imperiale, mentre entra Turandot.

La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, in seguito a ciò, una sua antenata era finita nelle mani di uno straniero.

In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo, aveva inventato questo rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti.

Calaf riesce a risolvere uno dopo l'altro gli enigmi e la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero.

Ma per l'imperatore la parola data è sacra.

Turandot si rivolge allora al principe e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio.

Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida.

Se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita.

Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale.

Nell'atto III, È notte e in lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire a Pechino, il nome del principe ignoto deve essere scoperto a ogni costo, pena la morte.

Calaf intanto è sveglio, convinto di vincere e sognando le labbra di Turandot, finalmente libera dall'odio e dall'indifferenza.

Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa per il suo nome.

Ma il principe rifiuta.

Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri.

Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare.

Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non svelerà mai questo nome.

Subisce molte torture, ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot.

Le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, e Liù risponde che è l'amore a darle questa forza.

Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma torna ad essere la solita gelida principessa: ordina ai tre ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto.

Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa di sorpresa il fermacapelli (che è anche un pugnale) alla principessa e si trafigge a morte, cadendo esanime ai piedi di Calaf.

Il corpo senza vita di Liù viene portato via seguito dalla folla che prega. Turandot e Calaf restano soli e lui la bacia. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l'aveva visto, e di essere ormai travolta dalla passione. Tuttavia ella è molto orgogliosa, e supplica il principe di non volerla umiliare. Calaf le fa il dono della vita e le rivela il nome: Calaf, figlio di Timur. Turandot, saputo il nome, potrà perderlo, se vuole.

Il giorno dopo, davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla. Squillano le trombe.

 Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore».

Tra le grida di giubilo della folla la principessa si abbandona tra le braccia di Calaf.

In realtà il lavoro sulla Turandot da parte dello stesso autore non rimase effettivamente incompiuto.

Certamente a questo episodio contribuì anche - e non poco - il fatto che Puccini stesso in quel periodo non godesse di buone condizioni di salute, tanto che morirà prematuramente poco tempo dopo per un tumore maligno alla gola. Puccini, dopo aver scritto l'ultimo coro funebre (dedicato alla morte di Liù), in cui raggiunse "il massimo splendore" della sua musica, non volle più continuare, ritenendo il lavoro già perfettamente concluso. Il lavoro di stesura di un vero e proprio finale alternativo iniziò praticamente poche settimane prima della morte, quando l'autore stava per essere ricoverato, ma non rimasero che abbozzi più o meno compiuti.

Gli abbozzi sono sparsi su 23 fogli che il Maestro portò con sé presso la clinica di Bruxelles in cui fu ricoverato nel tentativo di curare il male che lo affliggeva. Puccini non aveva indicato in modo esplicito nessun altro compositore per il completamento dell'opera. L'editore Ricordi decise allora, su pressione di Arturo Toscanini e di Antonio, il figlio di Giacomo, di affidare la composizione al napoletano Franco Alfano (allora Direttore del Conservatorio di Torino), che due anni prima si era distinto nella composizione di un'opera, La leggenda di Sakùntala, caratterizzata da una suggestiva ambientazione orientale.

La composizione del finale procedette lentamente a causa sia della malattia agli occhi di cui Alfano soffriva che della richiesta da parte dell'editore Ricordi (sollecitato da Toscanini che non ritenne all'altezza una prima versione consegnata) di rifare il lavoro. In un primo momento Alfano compose integralmente una propria versione del finale, incorporando nel miglior modo possibile i materiali rimasti negli abbozzi pucciniani. Questa è la vera e propria versione integrale del finale di Alfano, che oggi viene erroneamente considerata come "prima versione" ed eseguita piuttosto raramente. Nella nuova versione (comunemente eseguita), Alfano fu costretto ad attenersi più fedelmente agli schizzi e tagliò centodieci battute degli appunti pucciniani e forse anche parte dei propri. L'effetto di questi interventi, che l'autore eseguì molto controvoglia, è avvertibile nella condotta armonica e drammatica, piuttosto vuota e a tratti irregolare. Inoltre Alfano trascurò alcuni schizzi di Puccini e richiese la partitura d'orchestra del resto dell'opera solo pochi giorni prima di consegnare il lavoro.
A partire dalla scoperta della prima versione di Alfano, sono state studiate e proposte varie soluzioni alternative. Una studiosa statunitense, Janet Maguire, si è cimentata nello studio degli abbozzi per dodici anni (1976-1988) per comporre una nuova versione del finale. La sua versione non è stata tuttavia mai eseguita. Si dovette attendere il 2001 per ascoltare un nuovo finale di Turandot, commissionato a Luciano Berio dal Festival de Musica de Gran Canaria, basato anch'esso sugli abbozzi lasciati da Puccini e ufficialmente riconosciuto dalla Ricordi.

Il punto più controverso del materiale lasciato da Puccini è costituito dall'episodio del bacio.

È il momento clou dell'intera opera: la trasformazione di Turandot da principessa di gelo a donna innamorata. Se nell'abbozzo pucciniano le prime 56 battute del finale sono già ad uno stadio di elaborazione avanzato, questo episodio appare forse abbozzato in un solo foglio, secondo l'ipotesi di Harold Powers e William Ashbrook.

Se Berio ha imbastito un esteso episodio sinfonico a partire da questa pagina, Alfano si limitò a comporre sedici nuove battute, ridotte nella versione definitiva a un solo accordo seguito da pochi colpi di timpano.

In un precedente schizzo di Puccini, al medesimo episodio è abbinato un diverso materiale tematico. Sul foglio 11 recto egli aveva infatti scritto le ultime due battute, seguite da una battuta con un accenno del tema per il bacio, per poi cancellarle e riscriverle sull'altro lato del foglio. Il tema in questione è lo stesso che poche battute prima Turandot canta sulle parole «No, mai nessun m'avrà! Dell'ava lo strazio non si rinnoverà!»: ciò sembrerebbe attestare come l'idea del compositore lucchese potesse essere radicalmente diversa da quella dei suoi più giovani colleghi. Un bacio su questo tema accentrerebbe infatti l'attenzione sul cedimento della principessa, piuttosto che sul suo orgoglio ferito, come nella versione di Alfano, o sulla trasformazione più interiorizzata della versione di Berio.


La partitura prevede l'utilizzo di 3 flauti (III anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti in Sib, clarinetto basso in Sib, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni in Fa, 3 trombe in Fa, 3 tromboni, trombone contrabbasso, timpani, triangolo, rullante, grancassa, piatti, tam tam, gong cinesi, glockenspiel, xilofono, xilofono basso, campane tubolari, celesta, 2 arpe, organo, violini (I e II), viole, violoncelli, contrabbassi. Inoltre, sulla scena: 2 sassofoni contralti in Mib, 6 trombe in Sib, 3 tromboni, trombone basso, tamburo di legno, gong grave (o tam tam).

Brani celebri:

Atto I
Gira la cote!, (coro del popolo e dei servi del boia)
Perché tarda la luna? Invocazione alla luna (coro)
Là sui monti dell'est (coro di ragazzini che invocano Turandot; melodia tratta dalla canzone folk cinese Mo Li Hua).
Signore, ascolta!, romanza di Liù
Non piangere, Liú!, romanza di Calaf
Concertato finale
Atto II
Olà Pang! Olà Pong!, terzetto delle maschere
In questa reggia, aria di Turandot
Straniero, ascolta!, scena degli enigmi
Atto III
Nessun dorma, romanza di Calaf
Tanto amore, segreto e inconfessato [...] Tu che di gel sei cinta, aria (in due parti) e morte di Liù

Citazione dall'aria In questa reggia.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
William Ashbrook, Harold Powers, Turandot di Giacomo Puccini. La fine della grande tradizione, Ricordi, Milano 2006. ISBN 978-88-7592-823-0 (edizione originale in lingua inglese, Puccini's Turandot. The End of the Great Tradition, Princeton, Princeton University Press, 1991. ISBN 0-691-09137-4).
Jürgen Maehder, Turandot (con Sylvano Bussotti), Pisa, Giardini, 1983.
Jürgen Maehder, Puccini's Turandot – Tong hua, xi ju, ge ju, Taipei, Gao Tan Publishing, 1998, 287 pp. (in collaboratione con Kii-Ming Lo).
Jürgen Maehder, Puccini's Turandot – A Fragment, in Turandot, a cura di: Nicholas John, London/New York, John Calder/Riverrun, 1984, pp. 35–53.
Jürgen Maehder, Studi sul carattere di frammento della «Turandot» di Giacomo Puccini, in: Quaderni Pucciniani 2/1985, Milano, Istituto di Studi Pucciniani, 1986, pp. 79–163.
Jürgen Maehder, La trasformazione interrotta della principessa. Studi sul contributo di Franco Alfano alla partitura di Turandot, in Esotismo e colore locale nell'opera di Puccini, a cura di Jürgen Maehder, Pisa, Giardini, 1985, pp. 143–170.
Jürgen Maehder, Turandot-Studien, Deutsche Oper Berlin, Beiträge zum Musiktheater VI, Spielzeit 1986/87, pp. 157–187.
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ Cit. in: Nigel Jamieson, Un'opera nel tormento, Amadeus, giugno 1997
^ a b c Ibidem
^ William Ashbrook, Harold Powers, Turandot di Giacomo Puccini. La fine della grande tradizione, Ricordi, Milano 2006, p. 209.
Discografia[modifica | modifica wikitesto]
Incisioni in studio[modifica | modifica wikitesto]
Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur, Ping) Direttore Etichetta
1938 Gina Cigna, Magda Olivero, Francesco Merli, Luciano Neroni, Afro Poli Franco Ghione Warner Fonit
1953 Inge Borkh, Renata Tebaldi, Mario Del Monaco, Nicola Zaccaria, Fernando Corena Alberto Erede Decca Records
1957 Maria Callas, Elisabeth Schwarzkopf, Eugenio Fernandi, Nicola Zaccaria, Mario Borriello Tullio Serafin EMI Classics
1960 Birgit Nilsson, Renata Tebaldi, Jussi Björling, Giorgio Tozzi, Mario Sereni Erich Leinsdorf RCA Victor
1965 Birgit Nilsson, Renata Scotto, Franco Corelli, Bonaldo Giaiotti, Guido Mazzini Francesco Molinari Pradelli EMI Classics
1972 Joan Sutherland, Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Nicolaj Ghiaurov, Tom Krause Zubin Mehta Decca Records
1977 Montserrat Caballé, Mirella Freni, José Carreras, Paul Plishka, Vicente Sardinero Alain Lombard EMI Classics
1981 Katia Ricciarelli, Barbara Hendricks, Plácido Domingo, Ruggero Raimondi, Gottfried Hornik Herbert von Karajan Deutsche Grammophon
1992 Éva Marton, Margaret Price, Ben Heppner, Jan-Hendrik Rootering, Bruno de Simone Roberto Abbado RCA Victor
Registrazioni dal vivo[modifica | modifica wikitesto]
Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Registrazione
1961 Birgit Nilsson, Leontyne Price, Giuseppe Di Stefano, Nicola Zaccaria Francesco Molinari Pradelli Wiener Staatsoper, 22 giugno
1989 Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Roberto Scandiuzzi Daniel Oren Teatro Margherita, 20-27 gennaio
2008 Maria Dragoni, Maria Luigia Borsi, Franco Farina Keri Lynn Wilson Teatro dei Quattromila, Torre del Lago Puccini
2009 Maria Guleghina, Marina Poplavskaja, Marcello Giordani, Samuel Ramey Andris Nelsons Metropolitan Opera House, 3 novembre
DVD parziale[modifica | modifica wikitesto]
Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Etichetta
1983 Éva Marton, Katia Ricciarelli, José Carreras, John Paul Bogart Lorin Maazel TDK
1983 Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Ivo Vinco Maurizio Arena NVC Arts
1988 Éva Marton, Leona Mitchell, Plácido Domingo, Paul Plishka James Levine Deutsche Grammophon
1998 Giovanna Casolla, Barbara Frittoli, Sergej Larin, Carlo Colombara Zubin Mehta Warner Classics
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
Registrazione MP3 sotto licenza Creative Commons,classicistranieri.com.
Programma di Sala, con libretto e note, per l'allestimento 2007 al Teatro La Fenice di Venezia
Turandot, registrazione su Magazzini Sonori dal Teatro Comunale di Bologna diretta dal Maestro Fabio Mastrangelo, 22 gennaio 2012.
(EN) Turandot, su AllMusic, All Media Network.
Giacomo PucciniGiacomo Puccini automobilistaOpere di Giacomo Puccini

Le Villi (1884) · Edgar (1889) · Manon Lescaut (1893) · La bohème (1896) · Tosca (1900)
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Il trittico: Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi (1918) · Turandot (1926)
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