Thursday, February 18, 2016

IL PRIMO TROVATORE ITALIANO

Speranza

COSSEZEN. - Rimatore del sec. XII, originario dell'Italia settentrionale, e solitamente considerato il primo trovatore italiano.

Di lui si ignorano sia la data di nascita sia quella di morte.
Le uniche notizie su Cossezen provengono dalla strofa XIII, vv. 73-78, del sirventese di Peire d'Alvernha Chantarai d'aquestz trobadors, rassegna satirica di trovatori e di giullari a lui coevi:

E l dotzes, us veilletz lombartz
que clama sos vezins coartz
et ill eis sent de l'espaven
pero sonetz fai mout gaillartz
ab motz maribotz e bastartz
e lui appell'om Cossezen.

Da questa testimonianza si può ipotizzare che Cessezen poetasse nella "lingua d'oco".

Inoltre, benché la datazione del sirventese continui ad essere argomento di discussione tra gli studiosi (le date proposte ruotano attorno al 1170), con buon margine di attendibilità si può dire che visse tra la prima e la seconda metà del sec. XII, anzi il "veilletz" del v. 73 permette di ipotizzare che sia nato nella prima metà del secolo.
Gli intenti ricostruttivi della vita e della personalità di Cossezen., stante l'unicità della fonte, sono proceduti di pari passo con l'esegesi e con lo studio della tradizione manoscritta dell'opera di Peire d'Alvernha.

De Bartholomaeis, per esempio, ritenne il "veilletz" del v. 73 lezione corrotta da un originario "Guillems" e che quindi "Cossezen" fosse il soprannome di un non meglio identificato "Willems".

Questa congettura, peraltro non giustificata dal punto di vista paleografico e dei senso, fu invalidata dal Bertoni e dal Rajna e in seguito rifiutata dallo stesso De Bartholomaeis.

Ma l'ipotesi interpretativa più ingegnosa e suggestiva, nonostante il dissenso degli studiosi e la debolezza di alcune argomentazioni, rimane quella del Rajna.

Valendosi degli studi del Meyer Lübke e del Guarnerio, secondo i quali la "ï" davanti a nasale sarebbe mutata in "e" nel dialetto emiliano e milanese già in epoca medievale, ritenne che "Cossezen" fosse esito dialettale dell'italiano "Cosicino".

Ipotesi suggestiva, ma invalidata dall'argomento fonetico dato che la nasalizzazione della "ï" ci è documentata solo in epoca più tarda.

Di certo si può solo dire che Cossezen era originario dell'Italia settentrionale e che la sua competenza linguistica della 'lingua d'oca' era imperfetta: limite che tuttavia non gli impedì di essere accomunato, nella satira di Peire, a trovatori di rango quali Guiraut de Bornelh, Bernard de Ventadom e Peire Rogier.

I dubbi del Bertoni sulla voce "lombartz", che ebbe spesso nel Medioevo il significato di usuraio, si risolvono facilmente se il sirventese di Peire, anziché come una vera e propria "fonte", si legge tenendo conto dello specifico poetico e del particolare impianto retorico che, in questo caso, è quello della autoesaltazione nella convinzione di essere il miglior poeta.

Peire, con "lombartz" e "motz bastartz", ci "informa" sulla provenienza e, in rapporto ad essa, sulle carenze linguistiche di C.; con "motz maribotz" vuole alludere all'altro significato, dispregiativo, di "lombartz" sì da mettere in mostra, di fronte a un pubblico di "colleghi" (si ipotizza che Peire recitasse il sirventese alla presenza dei satireggiati), le sue capacità di ammiccamento attraverso un uso sapiente della lingua.
Tanto interesse per un rimatore del quale è sopravvissuto solo il soprannome ("Cossezen", dall'etimo "Consedente" secondo il Crescini, sta per Piacente, Bellino o più opportunamente, secondo l'Ugolini, per Convenevole), a parte gli esercizi di erudizione, si spiega col fatto che, come ebbe a notare il Monteverdi, "è notevole che appaiano, già verso il 1170, a gareggiar coi provenzali, trovatori stranieri".

Quindi Cossezen va considerato come indizio del prestigio culturale di cui godeva la Provenza presso i "Lombartz" e che induceva questi ultimi, per i tentativi di poesia, ad acquisire una competenza linguistica diversa dalla propria.

Alla luce di questa prospettiva, ferme restando le coordinate cronologiche precedentemente stabilite, il recente tentativo della Lejeune di identificare C. in Peire de la Cavarana ha relativa importanza.


Per il testo del sirventese di P. d'Alvernha, si vedano le edizioni critiche di R. Zenker, Die Lieder Peires von Auvergne, in Romanische Forschungen, XII e le note a pp. 855-857; A. Del Monte, Peire d'AlvernhaLiriche, Torino 1955, pp. 118-134.

Si veda anche per l'ampio commento e con bibl. di precedenti ediz. commentate: A. Roncaglia, La generaztrobadorica del 1170, Roma 1967-1968, pp. 11-14, 67, 123; M. De Riquer, Los TrovadoresHistoria literaria y textos, I, Barcelona 1975, pp. 332-341. Per la datazione si veda: F. Diez, Leben und Werke der Trobadours, Leipzig 1882, p. 65; C. Appel, Bernart von Ventadorn, Halle 1915, p. LIV; A. Kolsen, Altprovenzalisches nr9-13, in Zeitschrift für romanische Philologie, XLI (1921), p. 545; A. Jeanroy, La première génération des tronbadours, in Romania, LVI (1930), p. 503; W. T. Pattison, The Background of Peire d'Alvernhe's"Chantarai d'aquest trobadors", in Modern Philology, XXXI (1933), pp. 19-34; Id., The Tronbadours of Peire d'Alvernhe's Satire in Spain, in PMLA, L (1935), pp. 14-24; R. Lejcune, La "Galerie littéraire" du troubadour Peire d'Alvernhe, in Revue delangue et littérd'oc, XII-XIII (1962-1963), pp. 35-54; U. Mölk, Trobar clus trobar leuStudien zur Dichtungstheorie der Trobadors, München 1968, p. 113; F. Pirot, Recherches sur lesconnaissances littérdes Troubadours occitans et catalans des XIIe et XIIIe siècles, Barcellone; D. Rieger, Gattungen und Gattungsbezeichnungen der Trobadorlyrik, Tübingen 1976, p. 138. Sulla tradizione manoscritta: V. De Bartholomaeis, Avanzi di un canzoniere provenzale del secXIII, in Studj romanzi, XII(1915), pp. 139-186; Id., Poesie provenzali storiche relative all'Italia, Roma 1931, I, pp. 4-5; G. Bertoni, Note su Peire d'Auvergne, in Studi romanzi, XIII (1917), pp. 24-29; P. Raina, Varietà provenzali, in Romania, XLIX (1923), pp. 77-97. Per l'interpretaz. del Raina si veda l'artic. in Romania del 1931; per i problemi fonetici: W. Meyer Lübke, Grammatik der romSprachen, Leipzig 1890, I, p. 60; P. E. Guarnerio, Fonologia romanza, Milano 1918, pp. 195-196; G. Rohlfs, Grammstorica della lingua itale deisuoi dialetti, I, Torino 1966, pp. 52-53; critiche al Raina in V. Crescini, Le caricature trobadorichedi Pietro d'Alvernia, in Atti dell'Istveneto discienzeletted arti, LXXXIII (1923-24), pp. 781-795. Sul significato di "lombart": A. Novati, Il lombardo e la lumaca, in Attraverso il MedioEvo, Bari 1905, pp. 119-151; A. Stimming,Bertran von Born, Halle 1913, pp. 62, 156; G. Bertoni, Itrovatori d'Italia, Modena 1915, pp. 129-130. Sulla satira si veda almeno: J. U. Fechner, Zum "gap" in der altprovenzalischen Lyrik, in Germanisch-romanische Monatschrift, XVI (1964), p. 24; e le fondamentali osservaz. del Roncaglia in La generazione trobadorica, cit., pp. 116-117. Sui problemi onomastici oltre agli art. cit. del Crescini e del Raina e alle edizioni citate vedi F. A. Ugolini, La Poesia provenzale e l'Italia, Modena 1939, p. XII. Sull'ipotesi di R. Lejeune, Le troubadour lombard de la "Galerie littérairesatirde Peire d'Alvernhe (XIIº siècle), in MarcheRomane, XXV(1975), pp. 31-47, cfr. M. De Riquer, Los trovatores, cit., I, pp. 276, 379. Altre inform. su C. in V. Crescini, Per la satira diPietro d'Alvernia, in Zeitschrift für romanischePhilologie, XVIII(1894), pp. 270-272; A. Viscardi, Lettercomparate, in Problemi e orientamenti critici di lingua e di lett.italiana, Milano 1948, p. 24; A. Monteverdi, La poesia lirica provenzale, Roma 1949, p. 103; A. Viscardi, Leorigini, Milano 1957, pp. 589-591; Id., Storiadella letteratura italiana dalle origini al Rinascimento, Milano 1960, pp. 208-209; A. Roncaglia, Le origini, in Storia della letterital., a cura di E. Cecchi-N. Sapegno, I, Milano.

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