Sunday, April 21, 2024

CAMPAILLA

 cadaveri, s' innalza un miasma omicida, elle soffoca i bambini nella culla, .sommerge  i giovani nella palude deirozìo e della noia, e uccide i non nati nel ventre delle madri. In tutte le lìngue dei popoli civili voi trovate scritto che vi è un amore platonico, e se si è sentito da tutti il bisogno del vocabolo, vorrebbe dire che la cosa esiste, o nella natura o nel pensiero degli uomini. Noi non ci fermiamo abbastanza sopra i rapporti delle parole colle cose, e ammettiamo si esso e  volentieri  che  tra  i  molti  suoi  capricci  l'uomo  abbia  anche  codesto,  di  fabbricare  parole  per  cose  che  non  esistono.  Eppure  ciò  non  è  vero o almeno  non è vero che in parte. Se  fabbrichiamo  una  parola  per  un  essere  immaginario,  è  però  vero  che  questo  essere  fu  immaginato  da  noi  e  quindi  esìste  o  è  esistito nel nostro cervello.  Il guaio vero che si trova nello studio delle parole come  vestito  delle  cose  è  questo,  che  non  tutti  gli  uomini  applicano  lo  stesso  vocabolo  alla  cosa  stessa,  soprattutto  quando  si  tratta  dì  fenomeni  psicologici.  Di  qui  confasione,  anarchia;  torrenti  d'inchiostro  e  spreco  infinito  di  fiato  per  spiegarci,  per  intenderci  e  pur  troppo,  ahimè,  per  creare  nuove  contese  e  nuove logomachie. Sappiamo tutti che cosa sia un coltello, una mano, un occhio e a queste cose tutti applicano la stessa parola. Andiamo pure quasi  sempre d'accordo nel battezzare il piacere, il dolore, l'odio, la collera e molti altri fatti del mondo psichico, che hanno per tutte le coscienze lo stesso significato e  che  trovano  nel  dizionario  la  loro  rispettiva  veste.   Ma  ben  altro  avviene,  quando  si  tratta  di  fenomeni fugaci e confasi  o  di  momenti  impercettibili  di  un'emozione  o  di  un intreccio di  molteplici  elementi. Allora  la  parola  non  è  che  un'approssimazione grossolana o uno  sbaglio  completo,  e  noi  significhiamo  con  uno  stesso  vocabolo  le  cose  più  diverse,  facendo  come  colui  che volesse  per forza  far  entrare  il  proprio  corpo  in  un  vestito  che  non  fu  fatto  per  lui.   Questo  accade,  per esempio,  per l' aiwìre piatomeo.  Tutti  adoperano  questa  parola  per  ischerzo  o  sul  serio,  per  ludibrio  o  per  difesa, per  ipocrisia o  per  convinzione,  ma  le  idee  che  si  rivestono  con  questa  stessa  parola  son  così diverse,  come il  sì  e  il  no,  come  il  vizio  e  la  virtù,  come  l'ipocrisia  e  l'idealità.  Proviamoci  a  interrogare,  facciamo  un'inchiesta, muoviamo  un processo alla  parola,  chiamando  al  tribunale  come  giurati  gli  uomini  del  volgo  e  i  filosofi;  gli  uomini  di  buon  senso  e  le  donne oneste; chiamiamo  pure  anche  gli  scettici  e  i  credenti;  i  materialisti  e  gli  idealisti.   Che  cosa  è  l'amore  platonico?   L'amore  platonico  è  un  paradosso,  è  un'utopia;  non  è mai  esistita  e  non  esisterà  mai.   L'amore  platonico  è  una  ipocrisia  che  copre  ben  altra  merce.   L'amore  platonico  è  un  lasciapassare  per  salvare  il  contrabbando.  L'amore platonico  è  una  falsa  chiave  o  un grimaldello per poter penetrare in casa d'altri senz'esser veduti.   L'amore  platonico  è  un  travestimento  dell'  impotenza.  L' amore platonico è  una  maschera  ad  uso  dei  ladri  e  dei  malfattori.   L'amore  platonico  è  la  quadratura  del circolo.   L'amore  platonico  è  la  centesima  versione  della  favola della  volpe,  che  trovava  acerba  l' ava  che  non  poteva  arrivare.   L' amore  platonico  è l' amicizia fra un  nomo  e  nna  donna.   L'amore  platonico  è  amore vero  e  proprio,  ma senza  la  colpa. L' amore  platonico  è  l’ amore  con  tutte  le reticenze imposte dalla religione,  dalla  morale  o  dalla  necessità.   L'amore  platonico  è  il  voglio  e  non  posso. L'amore  platonico  è  l'amore  senza  il  desiderio.   L'amore platonico  è  una  fraternità  delle  anime,  senza  il  possesso  dei  corpi.   L'amore  platonico è  l' ammirazione  senza  il  desiderio.   L'amore  platonico  è  tutto  l'amore,  meno  il  pos-  sesso.   L'amore  platonico  è  tutto  l'amore spogliato  del-  l'animalità.   L'amore  platonico  è  una  doppia  menzogna  a cui  non  crede  nessuno  dei  due  mentitori.   L'amore  platonico  è  il  primo  stadio  dei  grandi  amori  e  l'ultima  fase  dei  piccoli  amori.  L'amore  platonico  è  un  patto  giurato  da  due  che  spergiureranno  domani.   L'amore  platonico  ò  un  giuramento di  marinaro  fatto  durante  la  procella.  L'amore  platonico  è  una concessione  fatta  oggi  da  ano  dei  due  contendenti  colla  speranza  o  la  sicnrezza  di  aver  Taltra  parte  domani  o  posdomani.   L'amore  platonico  può  essere  una  finta  battaglia  fra  due  che  non  sanno  battersi  o  hanno  paura  del  sangue.   L'amore  platonico è  un  vescovato  in  partibus  infidelium  concesso  a  chi  non  si  può dare  una  curia.   L'amore  platonico  è  la  metafisica  dell'amore.   L'amore  platonico  è  la  più  sciocca  parodia  della  più  bella, della  più  grande,  della  più  ardente delle umane  passioni.   L'amore platonico  è  un  leone  di  gesso,  è una tigre di carta pesta, spauracchi da bambini o ninnoli di fanciulli. L'amore platonico è la più alta espressione dell'amore ideale. L'amore  platonico  è  il  trionfo  dell'uomo  sulla  bestia,  è  l'amore  reso  eterno  dall'idealità  delle  aspirazioni.   L'amore  platonico è  la  speranza;  l'amore  vero  è  la  fede.    Estasi  umane,   Vili   Sono trenta  definizioni  molto  diverse  tra  di  loro,  alcune  anzi  opposte  alle  altre,  ma  rappresentano  a  un  dipresso  tutte  le  possibili.  Lasciando  da  parte  quelle  che,  definendo  la  cosa,  la  negano,  mettendo  in  disparte  le  altre  che  sono  ironie  o  malignità, possiam  dire,  che  tutte  hanno  una  parte  di  vero,  per  cui  forse,  mettendole  insieme  in  un  buon  mortaio  di  agata,  che  la  nobiltà  della  materia  esige  tanta  nobiltà  di  strumento,  e  porfirizzando il  tutto  con  pazienza  di  chimico  e  sensualità di  farmacista,  potremmo  forse  sperare  di  avere  la  quintessenza  della  definizione,  la vera  e  unica  e  infallibile definizione  dell'amor  platonico.   Io  mi  son  provato  in  buona  fede  a  questa  operazione chimico-farmaceutica e  confesso  dì  averne  ottenuto  un  polifarmaco  arabico-bizantino  che  mi  richiamava  alla mente i preparati  più bizzarri  del  medio  evo.  Ho  buttato  via  dunque  il mio pasticcio, e facendo  appello  al  senso  comune,  che  anche  nei  più  astrusi  problemi  della  psicologia  spesso li  risolve  meglio  d'ogni  altro  senso,  ebbi  questa risposta. L'amore  platonico  è  il  aentimmto  che  unisce  un  uomo  e  una  donna,  che  pur  desiderandosi,  rinunziano  volontariamente  all'intreccio del  corpi,  maritando  le  anime.   Fin  dove  arrivi  quest'amore,  fino  a quando  possa  vivere,  io  non  so.  Ho  scritto  un  libro  (Le  Tre  Oraaie)  per  dimostrare  la  possibilità  di  quest'amore,  ma  una  gentile  e  dotta  scrittrice  inglese  scrisse  argutamente  neWAcademy  che  io  avevo  tagliato  il  nodo  gordiano,  ma  non  l'aveva sciolto.  Consultai  molti  inglesi,  intenditori  profondi  delle  ipocrisie  dell'amore,  chiedendo  loro  che  cosa  fosse  la  flir-  taUon,  quali  i  confini  entro  i  quali  si  muovesse  questa  intraducibilissima  fra  le  intraducibili  parole e  ne  ebbi  così  svariate  risposte,  le  une  metafisiche, le  altre  ciniche,  da  scoraggiarmi  e da  fJEurmi  desistere  da  ogni  ulteriore  ricerca  in  pro-  posito.  Dunque?   Dunque  io ,  aspettando  da  altri  più  profondi  conoscitori  del  cuore  umano,  definizione  più  precìsa, più scientifica, conservo  la  mia,  bastandomi  per  ora  di  affermarvi  che  io  credo fermamente  nell'esistenza  dell'amore  platonico,  che credo  nella  sua  rarità,  nella  sua  altissima  idealità,  e  che  lo riconosco per uno dei  fiori  più  belli  e  più  fragranti  che  fioriscono nel  cuore   umano.  É  capace di  rapimenti  ineffabili,  di  estasi  degne  di  vivere all'altezza dell'estasi religiosa e  dell'affetto  materno.    Non  ammetto  amore  platonico  fra  dae  vecchi,  fra  due  brutti, fra  due  creature  che  non  possono  desiderarsi.  Si  dice da  tutti,  ma  falsamente,  che  le  anime  non  invecchiano,  ma  invece  le  anime  invecchiano come i corpi,  e  le  anime  che  si  uniscono  nel  santo  vincolo  dell'amore  platonico,  hanno  ad  essere  giovani  e bèlle.   Questo  sentimento  sublime  non  è  possibile  che  a  rare creature  elette,  che  sanno  compiere  il  mi-  racolo di  spogliare  le  anime  da  ogni  veste  corporea, che sanno  spogliare  la  passione  da  ogni  desiderio  della  carne,  e  contemplandosi  si  ammirano e  si amano.   Anche  le  anime  come  i  corpi  hanno  un  sesso,  e nell'amor  platonico  stanno  faccia  a  faccia  e  guardandosi  eternamente  si  rimandano  senza toccarsi, torrenti di  luce  e  di  calore.  Due  astri  che  girano  nella  stessa  orbita,  che  non  si  toccanmai;  che  sorgono  insieme  con  una  stessa alba,  che  collo  stesso  tramonto  svaniscono  e  sfumano  nella  grande  voragine  dell'infinito.  Sempre  in  moto,  ma  sempre  distanti  Vnn  dal*  l'altro,  attratti  allo  stesso  centro  e respinti  dagli stessi poli;  in  relazione  tra  di  loro  soltanto  per  fasci  di  luce e  oitde di calore. L'anima  dell'aomo  fatta di  forza  e di  azione,  l'anima  della  donna  è  fatta  di  grazia  e  di  bontà;  e  queste  dne  natnre  umane  che  sommate  insieme  formano  l'uomo  completo  si  attraggono eternamente, ma non  si  fondono  insieme,  arrestate  dal  dovere,  che  permette  loro  di  amarsi,  ma  proibisce  loro  di  toccarsi  e  di  fondersi.  La massima  delle  attrazioni  diventita  immobilità,  la  massima  delle  forze  divenuta  ammirazione,  contemplazione,  estasi  divina.   Nessun  attrito,  nessuna  resistenza,  nessuna  trasformazione di energia;  nessuna  cenere  perchè  non  vi  è  fiamma;  ma  luce;  nessuna  stanchezza, perchè  non  vi  è  lavoro;  nessuna  morte  perchè  la  vita  è  arrestata  dal  miracolo  sublime  che  faceva  arrestare il sole  nel  cielo  nei  tempi  della  Bibbia.  Nessun  bisogno  di  mutamento,  perchè  solo  la  stanchezza  o  la noia  (che  non  è  altro  che  una  forma  di  stanchezza)  può  dar  desiderio  d' incostanza. L'amore  platonico  deve  essere  puro  da  ogni  voluttà terrena;  è  questa  la  sua  grandezza,  è  questa  l'acqua  lustrale  che  lo  battezza  e  lo  santifica.   Quelle  due immense  forze  che  si  attraggono  senza  toccarsi  e  senza  confondersi,  rimangono  immobili e  fìsse;  ma  se  una  delle  due  vacilla,  dimi-  nuisce d'un battito  solo  la  propria  energia,  la  più  debole  è  subito  attratta dall'altra  e  l'urto  è  irre-  sistibile. Schizza  una  scintilla  o  divampa  una  fiamma  ;  ma  l' amore  platonico  è  distrutto.  Più  volte  i  due  astri  vengono  così  vicini  l'uno  all'altro  che  ne  oorrusoan  lampi.  Son  due  .  creature  che nello  spazio  si  son  toccate  appena  con  un  fremito  di  ali  spasimanti,  ma  l'ala  deve  fuggire  con  santo  e  rapido  pudore  dal  contatto  dell'ala.  Guai  a  chi  crede  o  sogna  che  due  grandi amori  possano  vivere della  vita  celeste  delle  cose  eterne,  dopo  una  carézza  o  dopo  un  bacio.   Molti,  anzi  i  più  degli  amori platonici,  muoiono  in  questa  maniera,  perchè  le  due  anime  innamorate sognano  questo  sogno,  che  si  possa  fermarsi  a  metà  strada  sulla  china   di   certi  pendii;   ohe    li' credono o  sperano   che  Torlo   di   certi   precipizi  possa  essere  pietoso.   Non  un  bacio,  non  una carezza,  non  fosse  che  qaella  delle  ali.  Anche  le  ali  sono  materia  e  materia viva  e  calda.  Quando  due  labbra  si  son  toc-  cate, ahimè, l'amor  platonico  è  ferito  e  per  lo  più  a  morte.  Le  anime  sole  possono  amarsi  platonicamente e la  materia  è  sempre  dotata  di  gravità;  fosse  pnre  piuma  d'ala,  vello di  cotone  o  massa  di  piombo.  Il  precipitare  di  essa  sarà  lento  o  veloce secondo  la  diversa  densità  della  materia:  i  venti  pietosi  delle  reticenze,  delle  difese,  delle  foghe  faranno  volare  per  l'aria  Iqngamente  il  filo di  seta  e  il  fiocco  di  cotone,  ma  fatalmente,  ma  inesorabilmente  avranno  a  cadere.  O  tutto  o  nulla  è  in  amore  un  assioma  di  quasi  matematica  pre-  cisione, e le  donne,  sempre  più  sapienti  di  noi  in  questa  materia,  lo  sanno  e  lo  ripetono  sempre  all'orecchio degli  impazienti. Esse  sono  le  vestali  del-  l'amore platonico,  le  custodi  del  pudore,  e  quando  esse  vengon  meno  per  le  prime  ai  giuramenti  dell'amore platonico, non  v'ha  quasi  uomo  su  questa  terra,  che  le  aiuti  a  salire.  La  caduta  è  fatale,  è  irresistibile!  Al  contrario di  quanto  si  crede  volgarmente,  non  sono  i  piccoli  aniQri,  ma  i  f^frandi  che  soli  sono  capaci  di  salire  alle  altezze dell’estasi  platonica, di subire  quella  sublime  transustanziazione,  che  arresta  il  desiderio  alla  soglia  del  tempio,  che  trasforma  la  più  ardente  delle  passioni in  una  luce  di  luna,  che  illumina,  ma  non  riscalda.   I  piccoli  amori  son  pruriti  animaleschi,  che  si  soddisfano  grattandoci  o  applicandovi  dei  pannolini bagnati  nell’acqua  fredda.  Essi  non  possono  salire  le  alte  cime,  perchè  son  deboli,  molto  meno  poi  possono  attraversare  lo  spazio,  perchè sono  senz'ali.  Molte  false  virtù  non  sono  che  piccoli  amori  domati  coi  fomenti  freddi  e  quando  li  vedo  innalzati  ai  supremi  onori  del  sagrificio  e  dell'eroismo mi vien  voglia  di  ridere.   I  grandi  amori  invece  non  si  domano  che  colla  morte  o  con un  miracolo.  Questo  miracolo  è  Vamoi  e  platonico.   II  credente,  pieno  di  fede,  di  speranza  e  soprattutto d'amore  è  venuto  al  tempio,  per  pregare  ed  amare.  È  venuto   da   lontano:   almeno  per  venti,    forse  per  trent'anni  ha  viaggiato  e  sudato  per  monti e  per  valli,  attratto  alla  Mecca  dall'amore.  Nel  lungo  pellegrinaggio  ha  sudato  e  ha  pianto,  ha  patito  la  fame  e  la  sete,  ma  è  giunto  vivo  alle  porte  del  tempio.  I  minareti dorati  scintillano  al  sole  e  dalle  porte  aperte  escono  profumi  di mirra  e  di  rose.   I  grandi  amori  sono  religione  o  idolatria,  e  il  pellegrino  s' inginocchia  e  prega  prima  di  essere  ammesso  all'adorazione  del  Dio.  Ed  egli  lo  vede,  ed  egli  lo  sente  vicino.  Nella  luce  rosea  del  tempio egli  ha  veduto  il  gran  Dio,  che  dispensa  la  vita  e  la  morte:  ai  suoi  occhi  lampeggianti  d'impazienza  e  di, ardore  hanno  risposto  altri  due  occhi,  lampeggianti e ardenti  come  i  suoi.  Egli  ama  e sarà  amato;  ancora  una  preghiera  e  san consacrato  li in  fondo  al  santuario  del  Sancta  sanctorum,  dove  il  fumo  degli  incensi  gli  nasconde  la  voluttuosa  visione,  dove  un  coro  di  angeli  gli  cela  i  sospiri,  di  chi  come  lui  aspetta  e  desidera.  Un  istante  ancora,  ancora  una  preghiera,  e  tu  avrai  il  premio  del  lungo  pellegrinaggio,  dei  lunghi  dolori  patiti.  Sei  nato  e  hai vissuto  venti,  trent'anni  per  cogliere quel fiore,  che  anch'esso  non  sbocciò  che  dopo  altri  venti  o  trent'  anni  vissuti  da  un'  altra  creatura  che  nacque  e  visse  per  te.  Oh  perchè  quelli  istanti  non  diventan  secoli   e   quei  secoli      Vili    non  ardono  in  un  istante  sulUara  del  desiderio  e  dell'  amore?   Una  voce  vi  ha  chiamato,  vi  chiama.  Voi  siete  esauditi; voi  siete  ammessi  nel  tempio.  La  creatura sognata  per  tanti  anni,  intraveduta  fra  le  nuvole  della  fantasia  e  le  iridi  del  desiderio,  è  là,  vivente,  calda,  giovane,  davanti  a  voi  e  vi  sorride.  Anch'  essa  aveva  sognato,  desiderato,  aspettato:  se  1'  asceta  ha  bisogno  di  un  Dio,  anche Dio ha  bisogno  dell'adoratore,  e  voi  siete  la  creatura  sognata  e  aspettata  da  lei.  Ogni  vostro  sguardo  diventa  una  carezza,  ogni  vostra  carezza un desiderio  di  carezze  nuove,  e  i  baci  aleggiano  per  l'aria  facendo  intorno  a  voi  un  nembo  di  pe-  tali  di  rose.  I  desiderii  son  divenuti  benedizioni:  due  primavere,  due  vite,  due  amori  aspettano  di  fondersi  fra  un  istante  in  un  solo  paradiso  di  fiori,  di  profumi  e  di  voluttà.  Venga  pure  la  morte;  avrete  vissuto abbastanza,  il  mare  vi  sommerga  pure,  il  fuoco  vi  incenerisca,  la  terra  vi  ingoi;  al  di  là  dell'infinito  non  v'  ha  altro  pensabile  ;  al  di  là  del  tutto,  che  cosa  desiderare  ancora?  Amate  e  morite!   Ma  ecco  che  fra  voi  e  lei  un  angelo  o  un  demonio, il fato  o  il  dovere  ha  messo  una  spada  di  fuoco.  Voi  vi  amate  e  vi  amerete  fino  all'  ultimo  respiro,  ma  voi  non  vi  toccherete.  Non  una  carezza,  non  un  bacio;  neppure  i   flati  confonderanno i tepori  delle  anime.   Io  afiretto  colla  penna  impaziente  ciò  che  in  natura  avviene  lentamente,  più  spesso  per  una  serie  non  interrotta  di  uragani.  Senza  lotta,  senza  agonia,  senza  l'orto  di  Getsemani  non  avviene  quella  trasformazione  che  muta  due  desiderii  in  una  rassegnazione,  due  passioni  in  un'estasi,  due  soli nell'astro  della  notte.  Nulla  si  perde  di  quanto  vive  o  si  muove,  non  la  materia,  non  la  forza  che  non  è  altro  che  l'at-  teggiamento della  materia,  e  anche  ì  cataclismi  della  terra  e  del  cielo,  anche  i  cicloni  che  scon-  volgon  la  terra  e  rovesciano  le  città  sono  trasformazioni di forze,  sono  equazioni  matematiche  nelle  quali  il  prima  e  il  poi  si  dimostrano  come  quan-  tità eguali.   Così  avviene  anche  negli  uragani  del  cuore.  Due  amori  dovevano  confondersi  insieme  per  riaccendere la  fiaccola  della  vita,  due  baci  dovevano  sa-  lire al cielo  confusi  in  una  sola  benedizione  della  vita  trionfatrìce.  E   invece,   passata  la  procella,    vin    rasserenato  il  cielo,  noi  vediamo  il  pellegrino  venuto da lontano  al  tempio  d'amore  ancora  sulla  soglia,  ancora  prosternato  e  in  atto  di  rassegnata  e  serena  adorazione.  E^  nel  tempio,  là  in  fondo,  fra  le  nuvole  degli  incensi  e  il  coro  degli  angeli,  immoto  il  Dio,che  guarda  il  pellegrino  con  tenerezza serena;  e  là  rimarranno  entrambi  Dio  e  crea-  tura, idolo e  sacerdote  fino   all'  ultimo  respiro.  L'amore  che  feconda  è  divenuto  l'amore  che ammira; l'amore   che   ama  è   divenuto  l'amore  che  adora;  il  sole  che  tutto   colorisce  e  riscalda  si  è  trasformato  nella  luna,  che  fa  fantasticare  e  sospirare.   Se  avete  letto  la  mia  Filologia  del  dolore,  dovete ricordare  le  pagine,  nelle  quali  ho  tentato  di  studiare  la  psicologia  della malinconia.  Fra  questo  caro  fiore  del  giardino  del  cuore  e  l'amore  platonico  vi  sono  grandissimi  rapporti  di  somiglianza.   L'amore  platonico  è  una  grande  e  soave  ma-  linconia e  chi  l'ha  potuto  e  saputo  godere,  non  rimpiange  la  gioia,  perchè  quel  sentimento  ha  bellezze  più alte,  ha  misteri  più  delicati,  segreti  più  riposti  e  sublimi.  Dei  vulcani,  dei  terremoti,  degli  uragani  che  sono  vita  quotidiana  dell'amore  nulla  è  rimasto  :  delle  battaglie  combattute  nes-  sun  cadavere,  nessun  membro divelto;  il  terreno    l'amob  platonico lacerato  dalle  bombe, solcato  dalle  artiglierie,  madido di  sangue  umano,  è  ritornato  all'aratro;  e  le  spighe  fioriscono,  dove  corsero  i  gemiti  dei  moribondi e gli  urli  dei  feroci.  Una  croce  di  legno  piantata  sull'orlo  del campo  vi  ricorda  però  la  storia  del  dolore  e  spande  all'intorno  un'aria  ma-  linconica.    Non  invano  io  ho  invocato  il  tempio  ad  esprimere e  contenere  i  misteri  dell'amore  platonico,  perchè  questo  ha  forme  mistiche  e  le  sue  estasi  presentano  molti  caratteri  del  rapimento  religioso.   Soffocato  e  spento  il  desiderio,  inutile  la  lotta,  che  cosa  rimane  fuorché  l'adorazione?  E  questa  adorazione  che  prima  è  consagrata  all'  idolo,  si  affina  sempre  più,  man  mano andiamo  perdendo  la  memoria  delle  battaglie  combattute e  la  figura  che  adoriamo  perde  ogni  giorno  più  la  propria  personalit\  per  prendere  forma  di  mito  o  di  simbolo. La  donna  che  adoriamo  d'amore  platonico  non  è  più  per  noi  Laura  o  Beatrice,  ma  è  la  donna,  la  donna  unica  e  sola  che  per  noi  personifica  tutte  le  bellezze,  tutte  le  grazie,  tutti  gli  incanti  di  Venere  e  di  Eva.    La  donna  amata  ha  occhi  che  ci  incantano,  membra  che  le  mani  accarezzano,  chiome  entro  le  quali si  smarriscono  i  desiderii come  in  un  la-  birinto incantato.  La  donna  amata  d' amore  platonico  non  ha  occhi,  non  membra,  non  chiome,  e  perchè  le  avrebbe  se  noi  non  possiamo  baciarli  e  possederli  ?  Dio  ha  forse  occhi,  membra  e  chiome  f  Noi  amiamo  platonicamente,  ma  amando  adoriamo;  e  l'adorazione  è  l'estetica  divenuta  affetto  o  l'affetto divenuto  estetica,  o  direi  meglio  è  un  sentimento che aleggia  eternamente  fra  l'ammirazione di  una  bellezza  assoluta e  un  amore  infinito  per  questa  bellezza,  a  cui  non  osiamo  dar  forma,  perchè  anche  questa  ci  sembra  una  profanazione.   L' amore abbraccia  sempre  qualche  cosa,  colle  mani  o  colle braccia,  colle  labbra  o  col  cuore;  l'amore  platonico  non  abbraccia,  perchè  l'infinito  non  si  stringe;  l'amore  platonico,  contempla,  ammira, adora. Siamo  in  piena  estasi  e  in  estasi  permanente:  nessun  carattere  del  rapimento  gli  manca,  non  la fissazione,  non  lo  sprofondarsi  di  tutte  le  sensazioni in  una  sensazione  sola,  non  la  immobilità  per  tensione  di  tutti  i  muscoli  antagonisti,  non  la  ca-  talessi, non  la  insensibilità  per  eccesso  di  sensazione. E le  estasi  son  due:  due  come  le  creature  che  mutuamente  si  contemplano  e  si  adorano;  due  come  le forze,  che  campate  nello  spazio  e  sempre  lontane  si  invocano  e  si  attraggono  e  eternamente  rimangono  fìsse,  senza  avvicinarsi  di  nna  lìnea  né  toccarsi  mai.  In  cielo  fra  gli  astri  avvengono  que-  sti fenomeni che  gli  astronomi  studiano;  nel  cuore  umano  avvengono  gli  stessi  fenomeni  con  leggi  eguali,  con  eguale  miracolo  di  potenza  e  di  bellezza. Se  l'amore  platonico  per  la  sua  alta  idealità  si  avvicina  ai  rapimenti  mistici  dell'asceta,  ha  per  altri  suoi  caratteri  le  profonde  sensualità  del-l'avarizia.   L'avaro  e l'amor  platonico  hanno  questo  di  co-  mune: possedere un  tesoro  che  contemplano,  che  adorano,  ma  che  non  spendono.   Quella  donna  che voi  adorate,  è  d'  altri  o  di  nessuno  in  apparenza,  ma  nessuno  l'ama  come  voi,  per  nessuno  è  bella  quanto  lo  è  per  vói.  I  vostri  sguardi,  le  vostre  aspirazioni,  i  vostri  pensieri  sempre  rivolti  a  lei  la  circondano  d' un’aureola,  che  la  isola  dal  mondo.  Essa  è  chiusa  in  uno  scrigno  invisibile,  ma  non   meno  inviolabile;   in    uno  scrigno  d'oro  e  di  gemme  di  cui  voi  solo  avete  la  chiave.  E  anch'essa,  voi  lo  sapete,  non  ama  che  voi.  È  il  possesso  potenziale,  è  la  proprietà  ideale.  Gosì  appunto  è  dell'avaro:  egli  contempla  quei fasci  di  biglietti  miracolosi  che  possono  a  un  cenno  trasformarsi  in  gioie,  in  lusso,  in ogni  ben  di  Dio.  E  per  volontà  nostra  quella  donna  è  intangibile,  quel  denaro  '  non  si  muove,  ma  quella  donna  è  nostra,  quel  tesoro  è  nostro.  L'amore  platonico,  ricco  com'  è  di  rapimenti,  ci  presenta  allucinazioni  di  trascendente  bellezza.  Nessuno  più  abile  sarto  per  vestire  i  corpi  nudi,  nessuno  più  ardito  per spogliare  i  corpi  vestiti.   Nelle  visioni  dell'  asceta  Dio  appare  (come  vedremo più  innanzi)  in  aspetti  svariati,  ma  sempre  bellissimo;  e  l'adorazione  che  crea  l'immagine  si  raddoppia  neir estasi  d'ammirazione  di  quelle  bellezze. E così è  noli'  amore  platonico,  in  cui  tutte  le  forze del  pensiero,  tutte  le  energie  del  senti-  mento, concentrandosi  in  un  punto  solo,  danno  tali  ali  alla  fantasia  e  tale  energia  al  suo  pennello da trasformare  l'uomo  in  un  poeta  e  in  un  pittore  in  una  volta  sola.  Poeta  che  abbellisce  e idealizza  tutto  ciò  che  tocca;  pittore  che  della  sua  tavolozza  fa  una  verga  magica  che  tntto  riveste di  un'iride  afiascinante.   La  donna  adorata  e  non  posseduta  è  sempre  Venere  per  noi;  Venere  Afrodite  quando  la  fan-  tasia la spoglia,  Venere  Urania  quando  la  fantasia la  ravvolge  nei  densi  veli della  nostra  gelosia e  del  nostro  rispetto.  Nuda  o  vestita  è  sem-  pre una  Dea  per  noi,  e  noi  ne  siamo  i  sacerdoti.  Anche  le  sante  vedono  Dio  nudo  nelle  loro  visioni, né quella  nudità  è  meno  casta  o  meno  pudica.  L'amore  platonico è  tutto  un  pudore,  perchè  il  pudore  è  la  riverenza  dell'amore,  è  la  santificazione del  desiderio.    Oh  quante  volte  nei  sileuzii  della  notte  le  tenebre si illuminano  per  noi  alla  luce  mistica  della  fantasia  e  dall'onda  azzurra  d'un  mare  tranquillo  sorge per  incanto  al  fremito  impercettibile  d'una  brezza  che  vien  dal  profondo  una  visione  di  donna.  E  noi  assistiamo  al  mistico  nascere  della  Dea  d'amore,  assistiamo  al  nascer  della  vita.   Estasi  umane,  vili    E  sorge  dall'onda  Spumeggiante  pregna  degli  inebbrianti  e  salsi  aromi  del  mare  la  visione  della creatura  amata,  della  sola  donna  che  per  noi  è  donna,  e  che  nuda  e  casta  come  una  statua  di  Fidia,  lucente  dell'  onda  che  cade  in  mille  perle  su  quella  perla  sola  che  è  il  corpo  di  lei,  s'innalza  fremente  e  flessuosa,  come una  palma  umana;  e  sorge  e  s'innalza sulle  sue  colonne  di  marmo  pario,  inghirlandata  dalle  chiome  fluenti,  che  fanno  piovere  una  pioggia  di  perle  sui  morbidissimi flanchi intomo a  lei  bolle  e  freme  l'onda,  quasi  ebbra  dei  contatti voluttuosi  della  Dea,  e  guizzano  nereidi  e  naiadi  a  farle  corona  di  bellezze  minori,  mentre  angioletti  rosei  svolazzano  all'intorno  di  lei,  im-  pazienti di  accarezzarla  colle  ali  convulse.  E  nes-  suna lascivia scuote  le  nostre  membra  e  nessun  desiderio  osa  turbare  Testasi  di quella  contemplazione. Voi  siete  sempre  in  ginocchio,  col  corpo  o  col  pensiero,  davanti  alla  divina  immagine  che  adorate.    E  altre  volte  Venere  non  esce  dal  mare,  umida  e  calda  delle  sue  feconde  aspergini,  ma  in  un  bosco di allori  sotto  il  cielo  ellenico,  scende  dal  tempio e  passeggia  sorvolando  sull'erba, quasi  statua  che  ubbidisce  all'evocazione  del  suo  creatore  e  ritoma alla  vita.  E  gli  inni  dei  poeti  e  le  corde  d'oro  delle  arpe  eolie  cantano  e  suonano  le  loro  armonie,  facendo  coro  di  ammirazione  e  osanna  di  adorazione alla dea  della  bellezza,  alla  madre  di  tutti  ì  viventi.  E  noi  prostesi  al suolo  baciamo  l'orma  profumata,  che  il  piede  divino  lascia  sui  muschi  vellutati  e  fra  l'erbe  odorose. Ma  terra  e  mare  non  bastano  più  a  fare  cor-  nice alla  nostra  visione  trascendente  e  noi  vediamo la nostra  Dea  farsi  creatura  alata  e spiccare  il  volo  nelle  alte  regioni  del  cielo.  Non  più  carni  rosee  o  colonne  di  marmo  parlo,  ma  la  carne  dive-vni nuto  opale  e  le  membra  trasformate  in  ali.  E  vìa  per  Paria  e gli  spazi  infiniti  del  vuoto,  un  aleggiar  robusto  e  un  ondeggiar  di  chiome,  or  dorate  dai  raggi  del  sole,  or  argentine  al  chiaror  della  luna,  or  buie  come  le  tenebre  degli  abissi.  E  un  fiam-  meggiar degli astri,  che  anch'essi  nell'eterna  pace  dei  secoli,  fremono  alla vista  di  quella  divina  bel-  lezza e  scintillano  più  caldi  e  più  splendidi,  salutando colle  ebbrezze  della  luce  una  creatura  deUa  terra.   E  noi  dietro  a  quella  visione,  convertiti  da  creature mortali in  un  sospiro  di  desiderio  che  vola  e  insegue  la  donna  alata.  La  via  lattea ci  è  guida  al  nostro  volo  audace  e  tra  la  polvere  degli  astri  che  non  abbiam  tempo  di  ammirare  e  fra  gli  abissi  dell'infinito  e  le  meteore  deUo  spazio  cogli  occhi  fissi  a  quella  creatura  che  è  cosa  nostra  e  di  cui  sentiamo  nel  vuoto infinito  il  batter  dell'ali, Siam  rapiti  in  estasi  e  speriamo  di  confonderci e sparire  in  quella  donna,  che  non  è  più  donna,  ma  angelo;  che  non  è  più  angelo,  ma  Dio;  un  Dio creato  dalla  nostra  fantasia  e  dal  nostro  amore.  Sparire  per  sempre  e  con  lei,  come  dicesi  che  le  comete  attratte  dal  sole  si  consumino  in  un  bacio  ardente  come  loro,  ciclopico  come  lo  spazio.   Sparire  e  confondersi, non  ritrovar  più  il  nostro Io,  non  distinguere  più  qua! differenza passi  tra  noi  e  lei,  fra  l'amare  e  Tessere,  fra  l'uno  e  il  due;  non  ricordarsi  della  terra,  del  nascere  e  del  morire, della gioia  e  del  dolore;  non  pensare  altro  pensiero  che  il  pensiero  di  lei,  perdere  tutta  la  coscienza  e tutta  la  memoria,  per  sommergerle  nel  grande  oceano  di  una  sensazione  sola,  l'estasi;  spogliarsi  di  tutte  le  passioni,  dimenticarle  tutte,  per  non  ardere  che  d'una  sola  passione,  l'amore.  L'uomo  e  la  donna  disgiunti sulla  terra,  ricongiunti nel  cielo  e  per  sempre  con  un  bacio  che  non  ha  domani,  con  un  amplesso  che trasforma  le  anime  nella  carezza  di  quattro  ali.    *    Le  estasi  dell'amore  platonico  non  sono  tutte  di  adorazione,  ma  possono  presentarci  le  forme  della  devozione,  del  sagrifizio  spinto  fino  al  mar-  tirio. Allora noi  abbiamo  i  rapimenti  già  descritti  nell'amore  materno,  nell'amor  figliale  e  negli  altri  affetti  minori.  Inutile  ripetizione  sarebbe  quella  di  ritrarre  i  lineamenti  di  questi  quadri  sublimi,  che  tanto  si  rassomigliano. L'ionico  carattere  che  distingue  tutte  queste  forme  svariate  è  quello  di  essere  accompagnato  dall'ardore della  più  calda  delle  passioni,  di  esser  tutto imbevuto  di  quell'amore  che  fu  chiamato  con  questo  nome  senza  aggiunta  di  alcun  agget-  tivo, quasi  prototipo  di  tutti  gli  altri  amori.   L'amore  platonico  può  essere  potente  e  fecondo  di  estasi,  anche  quando  non  è diviso da  un'altra  creatura.  Anche  quando  vibra  in  un  solo  cuore,  anche  quando  contraddice  (rarissima  eccezione)  il  verso  famoso  del  poeta:   Amor  ch'a  nullo  amato  amar  perdona,   può  durare  tutta  la  vita,  può  essere  il  palpito  di  ogni  ora,  il  sogno  d'ogni  notte,  la  religione  mi-  stica di un solo  cuore.  In  questi  casi  soltanto  vi  ha  di  diverso  e  di  caratteristico  una  soave  ma-  linconia, forse  confortata  da  una  speranza  lontana  che  il  nostro  amore,  pur  rimanendo  sempre  pia*  tonico,  8iia  diviso  da  un'  altr'  anima.  Xie  estasi  dell' amicizia. Rapimenti  dell'amor  fraterno.    Anche  senza  il  fascino  del  sesso,  anche  senza  i  vincoli  del  sangue  l'nomo  può  amar  l'uomo  di  quel  sentimento  che  si  chiama  amicizia.  Ho  gii\  parlato  troppe  volte  e  a  lungo  nella  mia  Fisiologia del piacere e  in  altri  miei  libri  più  recenti  dell'amicizia,  né  starò  a  ripetermi.  Qui  non  dob-  biamo occuparci che  di  quelle  rarissime  forme  di  questo  sentimento  che  possono  portarci  fino  al-  l'estasi.   L'amicizia  è  possibile  fra  uomini  e  uomini,  fra  uomini  e  donne,  fra  donne  e  donne;  ma  il  sesso  è  tale  un  elemento  perturbatore  d'ogni  altro  af-  fetto,  che  non  sia  amore,  da  rendere  1'  amicizia  assai  rara  fra  ue persone  di  sesso  diverso,  e  anche  quando  i  sensi  non  parlano  e  nessun  desiderio accompagna  l'amicizia,  questa  è  però  modi-  ficata profondamente  da  quella  tenerezza  irresistibile che l'uomo  ha  per  la  donna,  di  quel  bisogno  di  protezione  che  la  donna  sente  dinanzi  all'uomo.  Ecco  perchè  preferirei  separare  dal  gruppo  delle  Estasi  umane.  L’ amicizie  vere  quella  che  Tuomo  e  la  donna  pos-  sono intrecciare tra  di  loro,  ravvicinando  queste  alla  famiglia  degli  amori  platonici.    V  amicizia  è  un  sentimento  di  lusso  e  noi  lo  vediamo  mancare  affatto  o  presentarci  forme  atrofiche negli uomini  di  bassa  gerarchia  psichica.  Le  sue  energie  sono  deboli,  talché  cedono  subito  il  campo  ad  altri  sentimenti  più  imperiosi  e  che  hanno  una  grande  missione  nel  ciclo  della  vita.  È  anche  per  questo  che  le  donne  ci  presentano  più  raramente  esempio  di  calde  e  tenere  amicizie.  In  esse  l' amore e  la  maternità  occupano  tanta  parte  del  cuore  da  non  lasciare  il  posto  per  altri  sentimenti  minori,  e  d'altronde  la  galanteria  virile  fa  delle  donne  altrettanti  rivali  e  semina  la  gelosia e  inviperisce  le  vanità  e  solletica  la  malizia  e  la  maldicenza;  per  cui  V  amicizia  fra  donne  è  pianta  rara,  che  vive  per  lo  più  vita  breve  e  fra  le  pareti  di  una  stufa  ben  calda  e  custodita.   Che  l'amicizia  sia  una  pianta  di  lusso  lo  prova  il  vederla  fiorire  nell'  età  delle  massime  energie  affettive,  cioè  nella  giovinezza. Col  primo  aocenno di  capelli  bianchi,  col  primo  chinar  della  curva  vitale,  le  amicizie  nuove  sono  molto  rare  e  le  antiche si  conservano  spesso  per  abitudine,  per  ri-  conoscenza, ma  son  fiacche  e  messe  quasi  sempre nel secondo  giro  degli  affetti.   Se  r  amicizia  è  sentimento  raro,  è  tanto  più  delicato  e  si  muove  in  una  sfera  di  altissima  idea-  lità. Intendo  sempre  parlare  della  vera,  della  sublime amicizia,  di  quel  sentimento  che  fa  di  due  nomini  un  nomo  solo,  che  li  unisce  mano  con  mano,  cuore  con  cuore,  anima  con  anima.  Per  lo  più  fra  la  massa  del  volgo  si  chiamano  con  quésto  nome  simpatie  fugaci,  associazioni  d'interessi,  con-  suetudini d'occasione  ed  altre  cose  ancor  più  vol-  gari e più  basse.  Per  questa  via  di  certo  nessun  rapimento  è  possibile.   Ciò  che  dà  il  marchio  di  nobiltà all'amicizia  è V eleziùne che  ne  è  il  midollo  e  lo  scheletro,  che-  ne  è  il  motivo  informatore.  Non  è  soltanto  negli  ordini  politici  che  relezione  sostituita  all'eredità  o  alla  forza  segna  un  gigantesco  progresso:  anche  nel  campò  degli  affetti  l'elezione  è  il  battesimo  che  li  consacra  ad  una  vita  gloriosa,  che  li  tra-sporta dai  bassi  fondi  delle  necessità  organiche  nel  cielo  dell'  idealità.  Neil'  amore,  nell'  affetto  di  patria,  nella  maternità,  in  tutti  i  potenti  affbtti  che  stringono  l'uomo  coi  vincoli  della  famiglia,  vi è  un  vigore  irresistibile,  vi  è  una  forza  trascen-  dente, ma  nello  stesso  tempo  noi  ci  sentiamo  ra-  piti dal fato,  dalla  necessità:.  Siamo  ben  felici  di  questa  cara  necessità,  Ina  V Io,  sempre  superbo,  sente  qualcosa  più  forte  di  lui  e  riverente  s' inchina e  ubbidisce  alle  leggi  della  natura.   Nell'amicizia  invece  nulla  di  tutto  questo:  nessun fato,  nessuna  necessità,  nessuna  tirannia  d'uomini, di cose  o  di  tempi.  Due  anime  umane  si  incontrano  nel  viavai  della  folla,  si  contemplano  e  s'intendono.  Un  riso  sorriso  in  due,  una  lagrima  pianta  in  due,  un  grido  d'  entusiasmo  escito  prorompente, irresistibile  in  uno  stesso  momento  da  due  petti  umani,  avvicina  i  cuori  e  stringe  le  destre.  Son  due  note  musicali,  che  partito  da  due.  strumenti  lontani  si  sono  incontrate  per l’aria,  formando  un  accordo  d'armonia.   E  quello  stringersi  delle  mani  rivela  nella  sua  espressione  semplicissima  tutta  la  psicologia  più  fine e  più  profonda  dell'amicizia.  In  amore  son  le  labbra  che  tendon  Farco  e  si  cercano;  in  amore  son  le  viscere  che  si  intrecciano  e  si  fecondano:  neir  amicizia  son  le  mani,  che  si  cercano  e  si  stringono;  gli  istrumenti  del  pensiero  e  dell'azione.  Sentire  insieme  e  sentire  egualmente,  ammirare  le  stesse  cose  e disprezzare  gli  stessi  uomini,  par-  lare commossi  cogli  stessi  i)oeti  e  benedire  con una  voce  sola  lo  stesso  sole,  ci  fa  parenti  nelle  anime,  come  in  amore  le  simpatie  fanno  di  due  sangui  un  sangae  solo,  di  dae  desiderii  un  desiderio solo, e colla fiisione intima di due esistenze, creano una terza vita.  L'amicizia  è  una  parentela  d'elezione,  è  un  amore  delle  anime,  è  un  sentire  il  proprio pensiero  sommato a un  altro;  i  proprii  sentimenti,  le  proprie  simpatie,  le  proprie  aspirazioni  ripercossi  sempre  dall'eco  affettuosa  di  un'altra  simpatia,  di  un'altra  natura  umana,  che  risponde  alla  nostra.  Dolcezze  ineffabili,  voluttìi  di  altissima  sfera,  che  fanno  l'uomo  superbo  d'esser  uomo.   Questo  consenso  non  cercato  ma  trovato,  questo combaciarsi  intero  e  completo  di  due  anime,  questo  libero  matrimonio  di  due  nature  umane può  bastare a rapirci  in  estasi  ;  quando  soprattutto  ci  rifugiamo  in  seno  all'  amicizia  per  sfug;^ire  dagli  urli  del  profanum  vulgus;  quando  siamo  inseguiti  dal  latrato  dei  cani  ;  quando  ci  sentiamo  asfissiati  dal  lezzo  del  fango  in  cui  pur  troppo  dobbiamo  le  tante  volte  camminare  e  sommergerci.  È  allora  che  l'oasi  dell'amicizia ci  stende  la  sue  braccia  e  ci  involge  colle  sue  ombre  profumate,  colle  sue  brezze  inebbrianti,  e  proviamo  la  santa  gioia  di  chi  escito  da  una  cloaca  immonda  e  oscura,  si  trova  nell'aperto  cielo  in  mezzo  alla  luce,  all'aria pura;  fors'anche  fra  il  profiimo  dei  fiori  e  il  sorriso dei bambini.   L'estasi  di  due  amici  che  si  comprendono,  che  ^i  stringon  le  mani.  che  si  guardan  negli  occhi,  leggendovi  riflessa  Pimmagine  di  so  stessi,  è  muta  come  quasi  tutti  i  rapimenti  della  vita.  É  muta  ed  è  profonda:  è  serena  eie  azzurra.  Non  si  sa  eome  incominci  e  dove  finisca;  appunto  come  noi  non sappiamo,  guardando  in  alto,  dove  il  cielo  incominci  e  dove  esso  finisca.  Tiriamo  profondo  profondo  il  respiro,  perchè vorremmo quasi ingrandirci di dentro,  come  ci  sentiamo  raddoppiati  di  fuori;  e  il  nostro  Io  si  confonde,  si  sprofonda  con  un'altra  coscienza,  quasi  due  parti  di  un'anima  sola,  che  separate  dalla  violenza,  incontratesi  nello  spazio,  ritornano  ad  essere  una  cosa  sola.  In  quei  momenti  beati  ogni  confine  ben  definito  della  coscienza  si  ofiftisca  e si  sperde  :  ci  pare  di  essere  due,  perchè  godiamo  sentimenti,  bellezze,  splendori el  vero  o  del  buono  in  due;  ci  par  di  essere  uno,  perchè  sentiamo  vibrare  due  coscienze  in  unacocienza  sola;  perchè  le  due  anime  si  son abbrao-  -ciate e  strette  e  confuse  in  un'anima  sola.  Sante  e  care  e  dolci  ebbrezze  dell'amicizia,  che  si  elevano  per  la  loro  purezza  nelle  sfere  più  alte  dei  sentimenti  umani.  Se  sono  men  calde  di  quelle  dell'amore,  sono  però  più  durevoli  e  serene;  se  vi  è  meno  volutto,  vi  è  più  pensiero;  se  vi  è  meno  fuoco,  vi è  più  luce. Ma  perchè  questi  sterili  e  vani  confronti?  Perchè sagrificare  anche  noi  a  quel  maledetto  gallo  d' Esculapio,  che  costringe  sempre  l’uomo  a  confrontare le  cose  che  studia  e  descrive?  Forse  che  si  pota risolvere  il  problema la  rosa  sia  più  bella  del  giglio,  lo  zafiBro  più  splendido  del  diamante, il cavallo  più  bello  del  leone?  Lasciamo  ogni  bellezza  al  suo  posto  e  non  tormentiamo  le  creature  del  nostro  pianeta,  facendole  passare  sotto  le  forche  caudine  delle  nostre  gerarchie.  La  natura  feconda  e  generosa  non  ha  mai  scrìtto  dei  numeri  sulle  proprie  creature:  nessuna  prima,  nessuna ultima, e  il  muschio  microscopico  che  nasce  e  fiorisce  fra  le  fessure  del  tronco  d' una  palma  superba,  è  bello  quanto  l'albero  maestoso  che  le  offre  l'ospitalità;  e  la  stretta  di  mano  dell'amicizia  è  cara  quanto  lo  stringersi  insieme delle labbra innamorate.  Le  estasi  dell'amicizia  sono  di  varie  forme,  ma  quasi  tutte  possono  ridursi  a  queste  due:  estasi  di  simpatm  e  estasi  di  conforto.   Delle  prime  ho  parlato  fin  qui,  riducendole  ad  un'espressione  sola.  Le  altre  sono  più  facili  e  più.  comuni.  Esse  non  sono  che  estasi  di  carità  rese  più  intense,  più  cald,  più poetiche,  perchè  il  sentimento che  le  ispira  è  di  più  alta  natura.  Nella  carità  facciamo  il  bene  agli altri,  solo  perchè  uomini; all'amico  diamo  tutto  noi  stessi,  per  lui  facciamo i  maggiori  sagrifizii,  perchè  uomo  e  perchè  amico.   Dall'elemosina  che  ci  umilia  e  può  anche  avvilirci, incomincia  una  scala  ascendente  e  che  ha  mille  gradini  e  pei  quali  si  sale  alle  forme  più  squisite  della  beneficenza.   Sulla  più  alta  cima  sta  sempre  1'  amicizia,  che  conforta  e  aiuta  e  soccorre  senza  umiliare  e  porge  il  dono  con  tale  delicatezza,  che  mal  sapresti  dire,  se  sia  più  prezioso  il  dono  o  più  caro il  modo con  cui  ti  vien  presentato.    ESTASI  dell'amicizia  Impiccolire  il  sagrifizio  fino  a  nasconderlo  affatto, mostrare  che  chi  dà  è  invece  colui  che  riceve, ohe  il  donatore  rimane  debitore  ;  nascondere  nella  gioia  di  dare  l'orgoglio  di  dare  e  soffocare  fin  dal  suo  nascere l' involontario rossore  di  chi  riceve,  sono  altrettanti  miracoli  che l’amicizia  compie  colla  massima  agilità ,  colla  maggiore  naturalezza di  questo  mondo.   Indovinare  il  dolore  anche  senza il  pianto, presentire l'imbarazzo quando  nessuno  lo  sospetta,  prevedere  la  sventura  prima  che  arrivi,  il  pericolo  prima  che  l'allarme  sia  dato,  non  attender  mai  che  la  mano  si  stenda  a  voi,  ma  stendere  la  vostra  e  nella  stretta  di  mano  nascondere  il  benefizio,  sono  le  prime  lettere  dell'  alfabeto  dell'  amicizia;  son  problemi  elementari che  il  cuore  risolve  di  primo  acchito  e  senza  bisogno  di  studiare  la  matematica.   Davvero  che  in  questi  ca^i  è  diflBcile  dire  chi  più  goda  dei  due,  chi  primo  arrivi  al  rapimento  del  benefizio  fatto  o  della  riconoscenza  caldissima.   L'uno  ha  preveduto,  ha  presentito,  ha indovi-nato. L'  amico  soffre  ed  io  posso  far  tacere  quel  dolore.  L'amico  ha  bisogno  di  soccorso,  di  con-  forto, ed  io  sarò  quei  fortunato  che  potrò  soccorrere e  confortare.  Il  cuore  batte  forte  forte  in  petto,  le  mani  tremano  per  1'  emozione  e  un sorriso involontario e  angelico  corre  sul  nostro  volto.  Tutti  gli  artificii  più  astati  sono  da  noi  adoperati  per  far  sembrar  facile  ciò  che  è  difficile,  naturale  ciò  che  forse  è  per  noi  un  doloroso  sagrìflzio. Nessuna astuzia è  più  raffinata,  nessuna  ipocrisia  più  opaca,  nessuna  fantasia  più  immaginosa  di  quella  che  adopera  l'amico  per  occultare  il  benefizio,  per  giungere  in  tempo;  per  abbellire  la  carità  collo  splendore  della  sorpresa.  Il  dono  dell'amico  è  un  fiore  bello  e  profumato  che  ci  presenta  la  mano  di  un  bambino,  innocente e  giulivo  come  la  bontà  sempre  aperta  dell'uomo  generoso,  rìdente  come  tutte  le  primavere  della  vita  e  della  natura.   E  chi  riceve  ed  è  costretto  a  non  vergognarsi  di  ricevere  e  chi  indovina  tutte  le  sante  astruserie  e  i  fini  accorgimenti  che  accompagnano  V  opera  del  conforto  e  chi  misura  tutta  1' altezza dell'  anima  che  corre  soccorrevole  a  noi,  rimane  confuso  e  commosso  e  dallo  strazio  della  disperazione  è  portato  di  volo  alla  beatitudine  più  sicura  e  più  alta.  L'amico  ci  ha  indovinato  e  l'amico  risponde  con  un'onda  di  riconoscenza;  il  sorriso  di  chi  fa  il  bene  è  nobile  come  il  sorriso  di  chi  lo  riceve,  e  due estasi  si  confondono  in  un'estasi  sola.   Chi  più  felice  dei  due?  Nessuno.  Chi  più  grande?  Nessuno. Quale  il  debitore,  quale  il  creditore?  Nessuno  dei  due;  o  entrambi  creditori,  entrambi  debitori.  Chi  più  bello  del  sole  che  illumina  o  della  terra  che  è  baciata  dal  sole!  Chi  più  bello  del  cielo  che  si  specchia nel mare  o  del  mare  che  si  fa  azzurro  al  sorriso  del  cielo?  Chi  più  dà  e  più  riceve della  gloria  dei  grandi  o  del  riflesso  d' amicizia che  le  turbe  innalzate  dal  genio  rimandano  al  sole  del  pensiero? Beata  ignoranza  codesta,  di  non  poter  distinguere  due  bellezze  che  si  fondono in una  bellezza  sola  ;  due  gioie  che  si unificano ìa una  voluttà  sola;  due  grandezze  che  si  sperdono  e  si  consumano  in  una  sola   immensità.   Non  malediciamo  la  vita,  se  questa  ci  lascia  lo  spazio  e  il  tempo  per  essere  uno  di  questi  amici  o  per  assistere  ad  una  di  queste  scene  del  mondo  morale.  Quante  bassezze,  quante  viltà,  quanto  fango  si  devono trovare nei  sentieri  pedestri  della  vita  por  dimenticare  uno  di  quei  quadri,  quante  tenebre ci  vorranno  per  cancellare  tanta  luce,  quanto  male  per  far  dimenticare  tanto  bene!  Nessun  fiume,  per  fangoso  che  sia,  ha  potuto  togliere  all'oceano  le  sue  trasparenze;  nessun  sofiQo  di  uomo  ha potuto spegnere  il  sole,  nessun  gelo  Tha  mai  potuto  raffreddare! L'affetto che  ravvicina  i  nati  tVuno  stesso  padre  e  d'una  stessa  madre,  esiste  abbozzato  anche  negli  animali.  Gli  uccellini  allevati  in  uno  stesso  nido,  spesso  anche  quando  Thanno  abbandonato,  vivono  assieme  e  si  amano:  spesso  anche  le  scimmie  ed  altri  mammiferi  sentono  di  essere  fréitelli,  ma  queste fratellanze son  pallide  e  di  piccola  durata.  I  colpi  di  fucile del cacciatore crudele,  i  lunghi  viaggi,  i  nuovi  amori,  spezzano  ben  presto  i  vincoli di  fratellanza,  e  dopo  pochi  giorni,  o  poche  settimane,  o  pochi  mesi,  secondo  i  casi;  ogni  riconoscimento di uno  stesso  sangue  si  dilegua  e  scompare.  I  fratelli  possono  intrecciare  un  nuovo  nido,  un  incestuoso  amore,  o  possono  farsi  la  più  spietata  guerra.   Anche  fra  gli  uomini  l'amore  fraterno  è  spesso  pallido  e  non  presenta  che  deboli  energie;  i  molti  cuculi  deposti  nel  nido  d'una  famiglia,  le  antipatie  e  le dissonanze dei  caratteri  troppo  frequenti  ad  onta  della  comune  genealogia,  le  lotte  d'interesse  opposto,  le  lunghe  e  necessarie  assenze  imposte  dalle  vicende  della  vita,   sono   altrettante  cause l'amoe  fraterno che  possono  rallentare  o  rompere  le  catene fraterne. Fra fratello  e  fratello,  fra  sorella  e  sorella  si  aggiunge  poi  la  ruggine  delle  gare  di vanità  e  di  emulazione,  e  questa  ruggine  corrode  più  ohe  la  lima  di  forti  passioni.  Per  tutte  queste  ragioni  i  forti  amori  fraterni  son  rari,  rarissime  le  estasi  affettive.   Oserei  però  dire  che,  meno  rare  eccezioni,  Tamore fraterno  non ci  mostra  scene  commoventi  e  sublimi,  che  quando  è  rafforzato  dalla  simpatia  dei  sessi  opposti.  Earo  V  affetto  intenso  fra  due  fratelli,  forse  più  raro  ancora  quello  fra  due  sorelle;  più  comune  invece  il  sentimento  che  lega  il  fratello  alla  sorella.   Quando  fratello  e  sorella  si  amano  davvero,  si amano  molto, il  sentimento  che  li  unisce  è un'amicizia resa ancor  più  calda  dalla  comunanza  del  sangue  e  può  giungere  a  tanta  forza  e  a  tanta  idealità  da  avvicinarsi  assai  all'  amore  platonico.  Son  due  creature  che  non  possono  amarsi  d'amore,  perchè  troppo  rassomiglianti,  perchè  esciti  dalle  stesse  viscere,  perchè  hanno  ricevuto  il  primo  bacio  dalle  stesse labbra,  perchè hanno  succhiato  dallo  stesso  seno  quel  secondo  sangue  che  è  un  secondo  vincolo  di  parentela.  E  poi  son  cresciuti  insieme,  hanno  respirato  i)er  tanti  anni  l'aria  dello  stesso  nido,  hanno   dormito   tra   le   pareti  della Stessa  casa,  hanno  pregato  sotto  la  vòlta  della  stessa  chiesa,  hanno  pianto  le  tante volte  insieme; hanno  diviso  i  terrori  infantili,  si  sono  inebbriati  insieme  nelle  feste  dell'  infanzia  e  insieme  hanno  subito  le  procelle  dell'adolescenza  e  della  prima  giovinezza.  Come  e  perchè  non  si  amerebbero  quelle  due  creature,  che  vedono  a  vicenda  rispecchiata tanta parte di  sé  stesso  nel  cuore  e  nel  pensiero  dell'altra? La  comunanza  delle  memorie  è  parentela  del  cuori  e  ad  essa  basta  un  cenno,  un  sorriso,  una  parola  per  rifare  quei  viaggi poetici e affascinanti nel  tempo  che  fu.  Quei  due  forse  hanno  già  passata  più  che mezza  la  vita  insieme,  fors'anche  hanno  insieme  composto  nella  fossa  il  loro  babbo  e  la  loro  mamma,  e  in  un  certo  giorno  dell'anno,  anche  lontani  e  senz'essersi  chiamati, si trovano insieme  sopra  una  stessa  tomba.  E  come  e  perchè  quelle  due  creature  non  si  ame-  rebbero; non  si  amerebbero  molto;  non  si  amerebbero sempre?   La  nostra  sorella  slam  noi  stessi  incarnati  in  un  sesso  diverso  e  quando  in  essa  noi  vediamo  riprodotti i nostri lineamenti,  rifatti  gli  stessi  gesti,  riprodotti  gli  stessi  gusti,  le  stesse antipatie;  sor-ridiamo di  compiacenza,  esclamando:  s'io  fossi  una  donna,  sarei  lei!   E  la  nostra  sorella  non  solo  ci  rassomiglia  nel volto,  nei  gesti,  ma  desidera  le  stesse  cose, sorride degli stessi scherzi,  ha  come  noi  qnelle  stesse  debolezze,  delle  quali  dobbiamo  spesso arrossire.  E  si  ride  insieme,  e  si  arrossisce  insieme,  dicendoci nell'orecchio  :  Anche  tuf  —  8Ì  anch^io!   E  la  nostra  sorellina  (che  sorellina  è  sempre  ogni  sorella,  quando  è  molto  amata),  e  la  nostra  sorellina rassomiglia tanto alla  nostra  mamma,  che  la  si  direbbe  la  mamma  ringiovanita.  Essa  ha  per  noi  tenerezze  materne,  indulgenze  materne;  essa  ci  può  abbracciare  e  baciare,  benché  essa  sia  una  donna.  Quanto  è  indulgente  e  buona!  —  Con  lei  possiamo  sfogare  le  nostre  bizze,  confessare  i  nostri rancori; con lei  possiamo  dividere  tutte  le  amarezze  dell'  orgoglio  offeso,  dell'  ambizione  delusa ,  delle  speranze  svanite.  Essa  non  e'  invidia ma ci ama. Essa non riderà di noi, né ci vorr.Y consolare coll’accusarci fattori della nostra sventura. Essa è donna e con noi quasi madre; nessuna osservazione, nessun rimprovero prima di averci medicati e guariti. Nessuna domanda importuna o impertinente prima di averci fasciata la ferita. Possiamo essere più vecchi di lei; essa ci tratterà sempre come bambini, sarà capace perfino di  prenderci fra le sue  braccia  e  di  farci  la  ninna  nanna.   E  la  sorella  si  getta  fra  le  braccia  del  fratello.  come  non  può  fare  colle  braccia  di  nessun  altro  uomo.  Del  marito  ha  suggezione,  del  padre  ha  rispetto;  davanti  al  figlio  vuol  essere  infallibile.  Il  fratello  invece  non  è  né  marito,  né  padre,  né  figlio, ma  un po' di tutto questo. Egli è un uomo e la sorella può appoggiarsi a lui come alla forza che protegge e difende. Egli é un uomo, ma non sarà mai un giudice severo,  perchè anch' egli prima di gridare al peccatore, vorrà guarire il peccato e risanare la ferita. La sorella è sicura che il fratello di lei avrebbe peccato come lei, s'egli si fosse trovato nelle stesse circostanze ed essa è sicura di trovare una grande  indulgenza,  una misericordia grande come quella del Cristo. Ma non occorre peccare per rifugiarsi fra le braccia fraterne del figlio  della  nostra  mamma.  Il  fratello  ha  piti  ingegno  di  noi,  più  di  noi  ha  studiato  e  vissuto.  Egli  ci  darà  la  luce  per  camminare nelle tenebre della vita,  egli  ci  darà  un  braccio  poderoso  per  appoggiarsi,  egli  sarà  la nostra bussola nel  gran  mare  delle  umane  dubbiezze.  E  che  faresti  tu  In  questo  caso  f  Come  esciresii  tu  da  questo   labirinto  f  Dimmi  se   io   ho  fatto   benet  Dimmi  vi  è  ancora  un  rimedio  a  tanto  male  f  „   E  le  domande  si  succedono  le  une  alle  altre,  senza  attender  risposta  e  le  risposte  diventan  altrettante domande; ed è un affollarsi confuso e prorompente di  parole,  di  sorrisi,  di  lagrime :  e  sono  abbracci  che  interrompono  domande  e  risposte  e  sono  baci  che  valgono  più  d'un  volume  di  ragionamenti  e  son  singhiozzi  che  taciono  alla  soavità  d'una carezza e son carezze che vogliono  esser  rimproveri  e  rimangono  invece  carezze  dolcissime  e  sono  due  anime  di  uomo  e  di  donna,  che  possono  vedersi  nudi  l'un  l'altro  senza  arrossire,  perchè  non  hanno  sesso  e  sono  come  Adamo  ed  Eva  prima  che  avessero  bisogno  di  coprirsi  delle  foglie  dell'albero mistico dell'Eden.  n questi casi e in altri consimili  la  commozione  può  giungere  fino  al  rapimento,  e  l'estasi  si afferma con tutti i suoi  caratteri  di  isolamento  dal  mondo  esterno  e  di  concentrazione  di  tutte  le  forze  del  sentimento  e  del  pensiero  in  un  punto  solo  del  mondo  psicologico.  Beati  coloro  che l’hanno  Estasi  liman, provata,  fosse  poi  gioia  che  prendeva  il  posto  d'un  grande  dolore  o  gioia  che  si  faceva  cento  volte maggiore,  perchè  si moltiplicava  colla  igioia  d'  nn'  anima  sorella.   L'amore  fraterno  è  un  sentimento  di  lusso,  tanto  è  vero  che  è  appena  abbozzato  e  fuggevole  negli  animali  e  così  pure  è  debole  nelle  razze  e  nelle  nature  inferiori.  I  sentimenti  di  lusso  sono  i  più  indistinti,  quelli  che  hanno  frontiere  meno sicure,  per  modo che si confondono  facilmente  con  altri  affetti  di  analoga  natura.  L' amore fraterno confina  coir  iimore  platonico  e  coli' amicizia,  e  tanto  è  vero  che  spesso  udiamo  escire  dalle  labbra  commosse  di  due  amici,  che  non  pensan  punto  a  far  della  psicologia,  questi  gridi  dell'anima:   Io  il  amo  più  che  un Fratello. Tu mi sei  più  fraUllo  che  amico. La  nostra  amicizia  è  una  vera  fratellanza  delle  anime. Noi non siamo  amici  ma  frnt4ilU!   E  d' altra  parte  non  di  raro  due  fratelli  escla-  mano alla  lor  volta. Ma  il  nostro  affetto  è  una  santa  amicizia. Ma  anche  senza  i  lincoli  del  sangue  noi  saremmo  due amici. Se mi fosse permesso tentare di  distinguere  il caratt-ere proprio delle estasi dell'amicizia  e  quello  dei  rapimenti  dell'affetto  fraterno,  direi  che  nel  primo  caso  vi  è  una  grande  fratellanza  nell'urna-  nità  che  ci  eleva  al  disopra  del  volgo  e  che  nel  secondo  la  voce  del  sangue  ci  tiene  più  vicini  al  nido  e  quindi  piti  caldi,  più  commossi,  più  inteneriti. Nei rapimenti dell'amicizia  vi  è  più  pensiero, in  quelli  dell'affetto  fraterno  vi  è  più  viscere.Nei primi  la  differenza  di  sesso  turba  l'estasi  o  la  porta  in  altre  regioni,  nei secondi invece questa differenza è quasi sempre necessaria e contribuisce assai ad accendere i cuori, ad affinare, a intenerire, a commuovere gli animi che salgono  insieme in  quest'Olimpo del sentimento. Descrivere  tutte  le  possibili  estasi  umane  s.irebbe  dar  fondo  all'universo  psicologico  e  nessuna  forza  d'uomo  vi  basterebbe.   Io   mi  accontenterli  accennare  ad  alcuni  rapimenti  dell'affetto fratemo:  altrettanti  quadri  presi  dal  vero  e che potrebbero ispirare il poeta, il pittore, lo scultore.Due fratelli vivono in paesi lontani Uun dall'altro e vengono a conoscere per via indiretta, che il babbo si trova in grave imbarazzo di afifari commerciali. Accorrono non chiamati, si incontrano sulla soglia della casa paterna. Si sorprendono, si  interrogano. Son  venuti  per  la  stessa  ragione  chiamati  dalla  stessa  voce  interiore.  Hanno pensato la stessa cosa, lo stesso piano, gli stessi progetti per salvare l'onore del padre. Lo possono fare e lo faranno. Esaltati, commossi, si gettan nelle braccia l'un dell'altro e godono un soavissimo rapimento dell'anima. Due fratelli che lavorano insieme, hanno pensato uno stesso libro, senza scambiarsi una sola parola. Venuti a comunicarsi a vicenda i loro progetti, si trova che essi si incontrano e si combaciano.Lo stupore diventa ammirazione, Tammirazione contentezza, beatitudine. Essi si abbraccino, si inebbriano della gioia di aver fusi due pensieri in un solo pensiero. I fratelli De Goncourt devono aver provato più volte quest'estasi deliziosa. Due sorelle hanno perduto runico fratello, vedovoe  padre  di  numerosa  famiglia.  Sul cadavere del  caro  perduto  suggellano un bacio in due,  che  è  conclusione  d'un  giuramento fatto  in silenzio, nello stesso momento. Esse non prenderanno marito,esse daranno tutto il loro tempo, il loro dinaroai nipotini che fanno loro figlinoli, che si stringono al seno in uno slancio di carità generosa. Quelle due anime beate di aver pensato in uno stesso istante la stessa cosa si abbracciano,  si stringon forte forte  cuore  contro  cuore; confondono lagrime, singhiozzi, sorrisi e godono una delle estasii fraterne più complesse e più alte che possa godere anima umana. Una donna è tradita, tradita nel santuario della famiglia, precipitando nella disperazione dall'alto d'ana felicità senza nubi.Tutto si oscura, l’aria diviengelo, la terra spine, il cielo un'uragano. Essa ha un fratello, le scrive una parola sola: Vieni e mi salva! Ma il fratello  ha saputo la sventura piombata sul capo della sorella, prima ancora che la lettera fosse scritta. Suona un campanello, si apre un uscio, vi si precipita un uomo. La sorella lo guarda, non sa piangere e non può ridere. Gli porge la lettera ancora umida dall'inchiostro ed egli legge quelle quattro parole e neppur lui può ridere o piangere o parlare. Perchè quei due fortunati non cadrebbero in estasi in quel momento? Due naufraghi iV una fiera procella della vita son rimasti soli nel mondo. La donna in un mese ha perduto tuttii figliuoli uccisi dalla difterite, ruomo era solo ed è divenuto cieco. Quei due non  hanno più né padre, né  madre, né zii, né cugini, ma essi son fratello e sorella. Questi hanno attraversato continenti e mari e si sono abbracciatiper non separarsi più mai. Perché non cadrebberoessi in estasi? L'estasi è sempre uno stato eccezionale, passeggero,e la più partedegli uomini non l'hanno mai provato.Taluni piìl rozzi e incolti durano fatica anche a immaginarselo. La sua bella etimologia greca f x-a radice, lo star fuori, esprime mirabilmente questo concetto. La parola di estasi è dunque greca, e i greci pia poeti dei latini, dovettero conoscere meglio di questi uno stato di trascendente idealità. I romani, gente positiva, patica, popolo d'azione, non conobbero Vestasi, ma l'indicarono con perifrasi diverse : mentis excessu, animi abalienatio. Tommaso Campailla. Keywords: oposcolo, ecstasi, estasi, animis abalienation, mentis excessus. discorso disordinato, discorso ordinato, discorso umano, uomo, vita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Campailla” – The Swimming-Pool Library.

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