Monday, April 8, 2024

GRICE E CASANOVA: L'IMPLICATURA CONVERSAZIONALE DEL DESIDERIO OMOEROTICO -- FILOSOFIA VENEZIANA -- FILOSOFIA ITALIANA -- LUIGI SPERANZA

 

Grice e Casanova: l'implicatura conversazionale del desiderio omoerotico – filosofia veneziana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo italiano. Grice: “It is fascinating to analyse what Casanova calls ‘piegadura’, or ‘piegadure,’ in the plural – bendings – my implicatura is a bit like his piegadura, only less acute!” -- Grice: “I would hardly call Casanova a philosopher, but my wife hardly would not!” -- Giacomo Casanova ritratto dal fratello Francesco Giacomo Girolamo Casanova (Venezia) avventuriero, scrittore, poeta, alchimista, esoterista, diplomatico, finanziere, scienziato, filosofo e agente segreto della Serenissima italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.  Benché di lui resti una produzione letterariatra trattati e testi saggistici d'argomento vario (s'occupò, nell'ampia gamma dei suoi interessi, perfino di matematica) e opere letterarie in prosa come in versivastissima, viene a tutt'oggi ricordato principalmente come un avventuriero e, per via della sua vita amorosa a dir poco movimentata, come colui che fece del proprio nome l'antonomasia del soave e raffinato seduttore e libertino. A tutt'oggi un playboy viene spesso chiamato "casanova".  A questa sua fama di grande conquistatore di donne contribuì verosimilmente la sua opera più importante e celebre: Histoire de ma vie (Storia della mia vita), in cui l'autore descrive, con la massima franchezza (pur non per questo privandosi d'anedotti romanzeschi e alcuni abbellimenti), le sue avventure, i suoi viaggi e, soprattutto, i suoi innumerevolissimi incontri galanti. L'Histoire è scritta in francese: tale scelta linguistica fu dettata principalmente da motivi di diffusione dell'opera, in quanto all'epoca il francese era la lingua più conosciuta e parlata dalle élite d'Europa.  Fra corti e salotti vari, si ritrovò a vivere, quasi senza rendersene conto, un momento di svolta epocale della storia, non comprendendo affatto lo spirito di fortissimo rinnovamento che avrebbe fatto virare la storia in direzioni mai percorse prima; rimase infatti ancorato fino alla fine dei propri giorni ai valori, precetti e credenze dell'ancien régime e della sua rispettiva classe dominante, l'aristocrazia, alla quale era stato escluso per nascita e della quale cercò disperatamente di far parte, anche quando essa era ormai irrimediabilmente avviata al crepuscolo, per tutta la propria vita. Tra le personalità eccelse dell'epoca che ebbe modo di conoscere personalmente, e di cui ci ha lasciato testimonianza diretta, si possono citare Jean-Jacques Rousseau, Voltaire, Madame de Pompadour, Wolfgang Amadeus Mozart, Benjamin Franklin, Caterina II di Russia e Federico II di Prussia. Dalla nascita alla fuga dai Piombi. Venezia, Calle della Commedia (ora Malipiero) Giacomo Girolamo Casanova nacque a Venezia, in Calle della Commedia (ora Calle Malipiero), nei pressi della chiesa di San Samuele, dove fu anche battezzato, il 2 aprile del 1725. Molte  opere enciclopediche o letterarie recano erroneamente i nomi di battesimo Giovanni Giacomo, la cui origine è sicuramente da ricercarsi nella pubblicazione dell'opera del 1835 Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de' contemporanei, Emilio De Tipaldo, in cui l'autore della voce relativa al Casanova, Bartolomeo Gamba, intestò erroneamente la voce a un certo Giovanni Giacomo Casanova. Successivamente, l'errore fu ripetuto nel 1931 nella voce su Casanova dell'Enciclopedia Treccani e da allora è spesso riapparso.  Si può leggere il nome corretto nel documento relativo al battesimo del Casanova.  «Addì 5 aprile 1725  Giacomo Girolamo fig.o di D. Gaietano Giuseppe Casanova del q.(uondam) Giac.o Parmegiano comico, et di Giovanna Maria, giogali, nato il 2 corr. battezzato daGio. Batta Tosello sacerd. di chiesa de licentiaComp. il signor Angelo Filosi q.(uondam) Bartolomeo stà a S. Salvador. Lev. Regina Salvi.»  (Storia della mia vita, Mondadori) Il padre, Gaetano Casanova, era un attore e ballerino parmigiano di remote origini spagnole (almeno stando alla dubbia genealogia tracciata dal Casanova all'inizio dell'Histoire, gli avi paterni sarebbero stati originari di Saragozza, nell'Aragona[E 3]), mentre la madre, Zanetta Farussi, era un'attrice veneziana che, nella sua professione, ebbe di gran lunga maggior successo del marito, dato che la troviamo menzionata persino da Carlo Goldoni nelle sue Memorie, ove la definì: "...una vedova bellissima e assai valente". La voce popolare lo considerava frutto di una relazione adulterina della madre con il patrizio veneziano Michele Grimani[E 4] e Casanova stesso affermò, seppur in maniera criptica nel suo libello Né amori né donne, di essere figlio naturale del patrizio. Ma ulteriori indizi a suffragio della tesi potrebbero derivare dal fatto che, dopo la morte del padre, i Grimani si presero cura di lui con un'assiduità che appare andasse oltre i normali rapporti di protezione e liberalità che le famiglie patrizie veneziane praticavano nei confronti delle persone che, a qualche titolo, avevano servito la casata. Il che troverebbe conferma anche nel fatto che la giustizia della Repubblica, solitamente piuttosto severa, non infierì mai particolarmente nei suoi confronti. Dopo la sua nascita, la coppia ebbe altri cinque figli: Francesco, Giovanni Battista, Faustina Maddalena, Maria Maddalena Antonia Stella e Gaetano Alvise.   Chiesa di San Samuele, Venezia Rimasto orfano di padre a soli otto anni d'età ed essendo la madre costantemente in viaggio a causa della sua professione, Giacomo fu allevato dalla nonna materna Marzia Baldissera in Farussi. Da piccolo era di salute cagionevole e per questo motivo la nonna lo condusse da una fattucchiera che, eseguendo un complicato rituale, riuscì a guarirlo dai disturbi da cui era affetto. Dopo quell'esperienza infantile, l'interesse per le pratiche magiche lo accompagnerà per tutta la vita, ma lui stesso era il primo a ridere della credulità che tanti manifestavano nei confronti dell'esoterismo.  All'età di nove anni fu mandato a Padova, dove rimase fino al termine degli studi; nel 1737 s'iscrisse all'università dove, come ricorda nelle Memorie, si sarebbe laureato in diritto; la questione dell'effettivo conseguimento del titolo accademico è molto controversa: infatti Casanova descrive nelle Memorie gli anni passati all'Padova, sostenendo di essersi laureato. Analoga affermazione risulta anche dalla dedica dell'opera del 1797 a Leonard Snetlage, il cui frontespizio reca scritto A Leonard Snetlage, Docteur en droit de l'Université de Gottingue, Jacques Casanova, docteur en droit de l'Universitè de Padoue. Inoltre da documenti risulta che il Casanova abbia lavorato nello studio dell'avvocato Marco Da Lezze, dal che si era presunto che, compiuti gli studi e conseguita la laurea, fosse andato a compiere il praticantato presso il Da Lezze. Nonostante queste fonti, il primo a dubitare del titolo conseguito dal Casanova fu Pompeo Molmenti, ma ben presto gli studi del Brunelli, il quale aveva reperito documenti che dimostravano in modo certo l'avvenuta immatricolazione al primo anno e le successive iscrizioni, convinsero tutti gli autori dell'effettivo conseguimento del titolo accademico; in tal senso, tra i tanti, anche James Rives Childs (Casanova). Successivamente Enzo Grossato pose nuovamente in dubbio il conseguimento del titolo rifacendosi ai registri di laurea, i quali non menzionano il nome del veneziano. Dello stesso avviso Piero Del Negro, il quale rilevò che, oltre ai registri consultati dal Grossato, anche un ulteriore codice, il Registro dottorati 1737 usque ad 1747, non riportava il nome del Casanova; inoltre egli constatò che il Casanova non aveva mai parlato del titolo se non in epoca tarda, quando ormai ricostruire la circostanza sarebbe stato difficile per chiunque.  Terminati gli studi, Giacomo Casanova viaggiò a Corfù e a Costantinopoli, per poi rientrare a Venezia nel 1742. Nella sua città natale ottenne un impiego presso lo studio dell'avvocato Marco da Lezze. La nonna Marzia Baldissera morì. Con la morte della nonna, alla quale era legatissimo, si chiuse un capitolo importante della sua vita: la madre decise di lasciare la bella e costosa casa in Calle della Commedia[E 7] e di sistemare i figli in modo economicamente più sostenibile. Questo evento segnò profondamente Giacomo, togliendogli un importante punto di riferimento. Nello stesso anno fu rinchiuso, a causa della sua condotta piuttosto turbolenta, nel Forte di Sant'Andrea dalla fine di marzo alla fine di luglio. Più che l'applicazione di una pena, fu un avvertimento tendente a cercare di correggerne il carattere.  Messo in libertà, partì, grazie ai buoni uffici materni, per la Calabria, al seguito del vescovo di Martirano che si recava ad assumere la diocesi. Una volta giunto a destinazione, spaventato per le condizioni di povertà del luogo, chiese e ottenne congedo. Viaggiò a Napoli e a Roma, dove nel 1744 prese servizio presso il cardinal Acquaviva, ambasciatore della Spagna presso la Santa Sede. L'esperienza si concluse presto, a causa della sua condotta imprudente: infatti aveva nascosto nel Palazzo di Spagna, residenza ufficiale del cardinale, una ragazza fuggita di casa.   Targa commemorativa su Palazzo Malipiero Nel febbraio del 1744 arrivò ad Ancona, dove era già stato sette mesi prima. Durante il primo soggiorno nella città era stato costretto a passare la quarantena nel lazzaretto, dove aveva intessuto una relazione con una schiava greca, alloggiata nella camera superiore alla sua.[E 9]  Fu però durante il suo secondo soggiorno ad Ancona che Casanova ebbe una delle sue più strane avventure: si innamorò di un seducente cantante castrato, Bellino, convinto che si trattasse in realtà di una donna. Fu solo dopo una corte serrata che Casanova riuscì a scoprire ciò che sperava: il castrato era in realtà una ragazza, Teresa (con cui avrà il figlio illegittimo Cesarino Lanti), che, per sopravvivere dopo essere rimasta orfana, si faceva passare per un castrato in modo da poter cantare nei teatri dello Stato della Chiesa, dove era vietata la presenza di donne sul palcoscenico. Il nome di Teresa ricorre spesso nel testo dell'Histoire, a testimonianza dei molti incontri avvenuti, negli anni, nelle capitali europee dove Teresa mieteva successi con le sue interpretazioni. Ritornò quindi a Venezia e, per un certo periodo, si guadagnò da vivere suonando il violino nel teatro di San Samuele, di proprietà dei nobili Grimani che, alla morte del padre, avvenuta prematuramente (1733), avevano assunto ufficialmente la tutela del ragazzo, avvalorando la voce popolare secondo la quale uno dei Grimani, Michele, fosse il vero padre di Giacomo.  Nel 1746 avvenne l'incontro con il patrizio veneziano Matteo Bragadin, che avrebbe migliorato sostanzialmente le sue condizioni. Colpito da un malore, il nobiluomo fu soccorso da Casanova e si convinse che, grazie a quel tempestivo intervento, aveva potuto salvarsi la vita. Di conseguenza prese a considerarlo quasi come un figlio, contribuendo, finché visse, al suo mantenimento. Nelle ore concitate in cui assisteva Bragadin, Casanova venne in contatto con i due più fraterni amici del senatore, Marco Barbaro[E 11] e Marco Dandolo; anch'essi gli si affezionarono profondamente e, finché vissero, lo tennero sotto la loro protezione. La frequentazione con i nobili attirò l'interesse degli Inquisitori di Stato e Casanova, su consiglio di Bragadin, lasciò Venezia in attesa di tempi migliori.  Nel 1749 incontrò Henriette, che sarebbe stata forse il più grande amore della sua vita. Lo pseudonimo nascondeva probabilmente l'identità di una nobildonna di Aix-en-Provence, forse Adelaide de Gueidan. Su questa e su altre identificazioni, i "casanovisti" si sono accapigliati per decenni. In linea di massima, come è stato sostenuto da molti studiosi, i personaggi citati nelle Memorie sono reali. Al più, l'autore potrebbe essersi cautelato con qualche piccola accortezza: spesso, trattandosi di donne sposate, alcune sono citate con le iniziali o con nomi di fantasia, talvolta l'età viene un po' modificata per galanteria o per vanità dell'autore che non amava riferire di avventure con donne considerate, con i criteri di allora, in età matura, ma in generale le persone sono identificabili e anche i fatti riferiti sono risultati corretti e riscontrabili. Innumerevoli identificazioni e notizie documentali hanno confermato il racconto.  Se qualche errore c'è stato, lo si deve anche al fatto che, all'epoca in cui furono scritte le Memorie (dal 1789 in poi), erano passati molti anni dai fatti e, per quanto l'autore si possa essere aiutato con diari o appunti, non era facile incasellare cronologicamente gli eventi. Ogni tanto l'autore si faceva però trascinare dalla sua visione teatrale delle cose e non rinunciava a qualche "colpo di teatro", il che peraltro contribuisce a rendere la lettura più piacevole. Il problema dell'attendibilità del racconto casanoviano è tuttavia molto complesso: ciò che è difficile o, in molti casi, impossibile da valutare è se i rapporti che Casanova riferisce di aver intrattenuto con i personaggi siano rispondenti alla realtà dei fatti. Taluni studiosi hanno ritenuto che nel corpus delle Memorie siano stati inseriti dei passaggi totalmente romanzati e di pura invenzione, basati comunque su personaggi storicamente esistiti ed effettivamente presenti nel luogo e nel tempo della descrizione.  Il caso più clamoroso è quello che riguarda la relazione di Casanova con suor M.M.e i conseguenti rapporti con l'ambasciatore di Francia De Bernis. Si tratta di una delle parti più valide dell'opera dal punto di vista letterario e stilistico. Il ritmo del racconto è serratissimo e la tensione emotiva dei personaggi di straordinario realismo. Secondo alcuni studiosi il racconto è assolutamente veritiero e si è ripetutamente tentata l'identificazione della donna, secondo altri il racconto è di pura fantasia e basato sulle confidenze del cuoco dell'ambasciatore (tale Rosier), che effettivamente Casanova conosceva molto bene. La diatriba tra le varie tesi continuerà ma, comunque stiano le cose, il valore dell'opera non cambia, perché ciò che perde il Casanova memorialista lo guadagna il Casanova romanziere.[E 15]  Rientrato a Venezia nella primavera del 1750, nel giugno successivo decise di partire per Parigi. A Milano si incontrò con l'amico Antonio Stefano Balletti, figlio della celebre attrice Silvia, e con lui proseguì alla volta della capitale francese. Durante il viaggio, a Lione, Casanova aderì alla Massoneria.[E 17] Non sembra che la decisione fosse ascrivibile a inclinazioni ideologiche, ma piuttosto alla pratica esigenza di procurarsi utili appoggi.  «Ogni giovane che viaggia, che vuol conoscere il mondo, che non vuol essere inferiore agli altri e escluso dalla compagnia dei suoi coetanei, deve farsi iniziare alla Massoneria, non fosse altro per sapere superficialmente cos'è. Deve tuttavia fare attenzione a scegliere bene la loggia nella quale entrare, perché, anche se nella loggia i cattivi soggetti non possono far nulla, possono tuttavia sempre esserci e l'aspirante deve guardarsi dalle amicizie pericolose.»  (Giacomo Casanova, Memorie) Ottenne qualche risultato: infatti molti personaggi incontrati nel corso della sua vita, come Mozart[E 18] e Franklin erano massoni e alcune facilitazioni ricevute in varie occasioni sembrerebbero dovute ai benefici derivanti dal far parte di un'organizzazione ben radicata in quasi tutti i paesi europei. Giunti a Parigi, Balletti presentò Casanova alla madre, che lo accolse con familiarità; la generosa ospitalità della famiglia Balletti si protrasse per i due anni in cui visse nella capitale francese. Durante la permanenza si applicò allo studio del francese, che sarebbe divenuto la sua lingua letteraria oltre che, in molti casi, epistolare.[E 20]  Ritornato a Venezia dopo il lungo soggiorno parigino e altri viaggi a Dresda, Praga e Vienna, il 26 luglio 1755, all'alba, fu arrestato e ristretto nei Piombi. Come d'uso all'epoca, al condannato non venne notificato il capo d'accusa, né la durata della detenzione cui era stato condannato. Ciò, come in seguito scrisse, si rivelò dannoso, poiché se avesse saputo che la pena era di durata tutto sommato sopportabile, si sarebbe ben guardato dall'affrontare il rischio mortale dell'evasione e soprattutto il pericolo della possibile successiva eliminazione da parte degli inquisitori, i quali, spesso, arrivavano a operare anche molto lontano dai confini della Repubblica. Questi magistrati erano l'espressione più evidente dell'arbitrarietà del potere oligarchico che governava Venezia. Erano insieme tribunale speciale e centrale di spionaggio.  Sui motivi reali dell'arresto si è discusso parecchio. Certo è che il comportamento di Casanova era tenuto d'occhio dagli inquisitori e rimangono molte riferte (rapporti delle spie al soldo degli Inquisitori) che ne descrivevano minutamente i comportamenti, soprattutto quelli considerati socialmente sconvenienti. In definitiva l'accusa era quella di "libertinaggio" compiuto con donne sposate, di spregio della religione, di circonvenzione di alcuni patrizi e in generale di un comportamento pericoloso per il buon nome e la stabilità del regime aristocratico. Di fatto, Casanova conduceva una vita alquanto disordinata, ma né più né meno di tanti rampolli delle casate illustri: come questi giocava, barava e aveva anche delle idee abbastanza personali in materia di religione e, quel che è peggio, non ne faceva mistero.   L'arresto di Casanova (illustrazione per Storia della mia fuga) Anche la sua adesione alla Massoneria, che era nota agli Inquisitori, non gli giovava, così come la scandalosa relazione intrattenuta con "suor M.M.", certamente appartenente al patriziato, monaca nel convento di S. Maria degli Angeli in Murano e amante dell'ambasciatore di Francia, abate De Bernis. Insomma, l'oligarchia al potere non poteva tollerare oltre che un individuo ritenuto socialmente pericoloso restasse in circolazione.  Tuttavia gli appoggi, di cui certamente poteva disporre nell'ambito del patriziato, lo aiutarono notevolmente, sia nell'ottenere una condanna "leggera" sia durante la reclusione, e forse addirittura ne agevolarono l'evasione. La contraddizione è solo apparente, perché Casanova fu sempre un personaggio ambivalente: per estrazione e mezzi faceva parte di una classe subalterna, anche se contigua alla nobiltà, ma per frequentazioni e protezioni poteva sembrare far parte, a qualche titolo, della classe al potere. A questo riguardo va anche considerato che il suo presunto padre naturale, Michele Grimani, apparteneva a una delle famiglie più illustri dell'aristocrazia veneziana, annoverando ben tre dogi e altrettanti cardinali. Questa paternità fu rivendicata da Casanova stesso nel libello Né amori né donne e sembra che anche la somiglianza di aspetto e di corporatura dei due avvalorasse parecchio la tesi.  Dalla fuga dai Piombi al ritorno a Venezia (17561774)  Presunto ritratto di Giacomo Casanova, attribuito a Francesco Narici, e in passato ad Anton Raphael Mengs o al suo allievo Giovanni Battista Casanova (fratello di Giacomo) Appena riavutosi dallo shock dell'arresto, Casanova cominciò a organizzare la fuga. Un primo tentativo fu vanificato da uno spostamento di cella. Nella notte fra il 31 ottobre e il 1º novembre 1756 mise in atto il suo piano: passando dalla cella alle soffitte, attraverso un foro nel soffitto praticato da un compagno di reclusione, il frate Marino Balbi, uscì sul tetto e successivamente si calò di nuovo all'interno del palazzo da un abbaino. Passò quindi, in compagnia del complice, attraverso varie stanze e fu infine notato da un passante, che pensò fosse un visitatore rimasto chiuso all'interno e chiamò uno degli addetti al palazzo il quale aprì il portone, consentendo ai due di uscire e di allontanarsi fulmineamente con una gondola.  Si diressero velocemente verso nord. Il problema era seminare gli inseguitori: infatti la fuga gettava un'ombra sull'amministrazione della giustizia di Venezia ed era chiaro che gli Inquisitori avrebbero tentato di tutto per riacciuffare gli evasi. Dopo brevi soggiorni a Bolzano (dove i banchieri Menz lo ospitarono e aiutarono economicamente), Monaco di iera (dove Casanova finalmente si liberò della scomoda presenza del frate), Augusta e Strasburgo, il 5 gennaio 1757 arrivò a Parigi, dove nel frattempo il suo amico De Bernis era divenuto ministro e quindi gli appoggi non gli mancavano.   Illustrazione da Storia della mia fuga Rinfrancato e trovata una sistemazione, iniziò a dedicarsi alla sua specialità: brillare in società, frequentando quanto di meglio la capitale potesse offrire. Conobbe tra gli altri la marchesa d'Urfé nobildonna ricchissima e stravagante, con la quale intrattenne una lunga relazione, dilapidando cospicue somme di denaro che lei gli metteva a disposizione, soggiogata dal suo fascino e dal consueto corredo di rituali magici.  Il 28 marzo 1757 assistette, come accompagnatore di alcune dame «incuriosite da quell'orrendo spettacolo» (mentre lui distolse lo sguardo) e di un conte trevigiano, alla cruenta esecuzione (tramite squartamento) di Robert François Damiens, che aveva attentato alla vita di Luigi XV.  Molto fantasioso, come al solito, si fece promotore di una lotteria nazionale, allo scopo di rinsaldare le finanze dello stato. Osservava che questo era l'unico modo di far contribuire di buon grado i cittadini alla finanza pubblica. L'intuizione era talmente valida che ancora adesso il sistema è molto praticato. L'iniziativa venne autorizzata ufficialmente e Casanova venne nominato "Ricevitore" il 27 gennaio 1758. Nel settembre dello stesso anno, De Bernis fu nominato cardinale; un mese dopo Casanova fu incaricato dal governo francese di una missione segreta nei Paesi Bassi.[26]  Al suo ritorno fu coinvolto in un'intricata faccenda riguardante una gravidanza indesiderata di un'amica, la scrittrice veneziana Giustiniana Wynne. Di madre italiana e padre inglese, Giustiniana era stata al centro dell'attenzione per la sua rovente relazione con il patrizio veneziano Andrea Memmo. Questi aveva cercato in tutti i modi di sposarla, ma la ragion di stato (lui era membro di una delle dodici famigliecosiddette apostolichepiù nobili di Venezia) glielo aveva impedito, a causa di alcuni oscuri trascorsi della madre di lei, e, in seguito allo scandalo che ne era sortito, i Wynne avevano lasciato Venezia.[27] Giunta a Parigi, trovandosi in stato interessante e di conseguenza in grosse difficoltà, la ragazza si rivolse per aiuto a Casanova, che aveva conosciuto a Venezia e che era anche ottimo amico del suo amante. La lettera con cui implorava aiuto è stata ritrovata[28] ed è singolare la schiettezza con cui la ragazza si rivolge a Casanova, dimostrando una fiducia totale in quest'ultimo,[29] tenuto conto dell'enorme rischio a cui si esponeva (e lo esponeva) nel caso in cui il messaggio fosse caduto nelle mani sbagliate.  Casanova si prodigò per darle aiuto, ma incorse in una denuncia per concorso in pratiche abortive, presentata dall'ostetrica Reine Demay in combutta con un losco personaggio, Louis Castel-Bajac, per estorcere denaro in cambio di una ritrattazione. Benché l'accusa fosse molto grave, Casanova riuscì a cavarsela con la consueta presenza di spirito e fu prosciolto, mentre la sua accusatrice finì in carcere. L'amica abbandonò l'idea di interrompere la gravidanza e in seguito partorì nel convento in cui si era rifugiata. Ceduti i suoi interessi nella lotteria, Casanova si imbarcò in una fallimentare operazione imprenditoriale, una manifattura di tessuti, che naufragò anche a causa di una forte restrizione delle esportazioni derivante dalla guerra in corso. I debiti che ne derivarono lo condussero per un po' in carcere (agosto 1759). Come al solito, il provvidenziale intervento della ricca e potente marchesa d'Urfé lo tolse dall'incomoda situazione.[30]  Gli anni successivi furono un intenso continuo peregrinare per l'Europa. Si recò nei Paesi Bassi, poi in Svizzera, dove incontrò Voltaire nel castello di Ferney. L'incontro con Voltaire, il maggior intellettuale vivente all'epoca, occupa parecchie pagine dell'Histoire ed è riferito nei minimi particolari; Casanova esordì dicendo che era il giorno più felice della sua vita e che per vent'anni aveva aspettato di incontrarsi con il suo "maestro"; Voltaire gli rispose che sarebbe stato ancora più onorato se, dopo quell'incontro, lo avesse aspettato per altri vent'anni.[31] Un riscontro obiettivo si trova in una lettera di Voltaire a Nicolas-Claude Thieriot, datata 7 luglio 1760, in cui la figura del visitatore viene tratteggiata con ironia. Lo stesso Casanova non era d'accordo con molte idee di Voltaire («Voltaire [...] doveva capire che il popolo per la pace generale della nazione ha bisogno di vivere nell'ignoranza», dirà in seguito), e quindi rimase insoddisfatto, anche se scrisse poi delle parole di stima per il patriarca dell'illuminismo: «Partii assai contento di aver messo quel grande atleta alle corde l'ultimo giorno. Ma di lui mi rimase un brutto ricordo che mi spinse per dieci anni di seguito a criticare tutto ciò che quel grand'uomo dava al pubblico di vecchio o di nuovo. Oggi me ne pento, anche se, quando leggo ciò che pubblicai contro di lui, mi sembra di aver ragionato giustamente nelle mie critiche. Comunque avrei dovuto tacere, rispettarlo e dubitare dei miei giudizi. Dovevo riflettere che senza i sarcasmi che mi dispiacquero il terzo giorno, avrei trovato tutti i suoi scritti sublimi. Questa sola riflessione avrebbe dovuto impormi il silenzio, ma un uomo in collera crede sempre di aver ragione.[31]»  In seguito andò in Italia, a Genova, Firenze e Roma.[33] Qui viveva il fratello Giovanni, pittore, allievo di Mengs. Durante il soggiorno presso il fratello fu ricevuto dal papa Clemente XIII.  Nel 1762 ritornò a Parigi, dove riprese a esercitare pratiche esoteriche insieme alla marchesa d'Urfé, fino a che quest'ultima, resasi conto di essere stata per anni presa in giro con l'illusione di rinascere giovane e bella per mezzo di pratiche magiche, troncò ogni rapporto con l'improvvisato stregone che, dopo poco tempo, lasciò Parigi, dove il clima che si era creato non gli era più favorevole, per Londra, dove fu presentato a corte.[34]  Nella capitale inglese conobbe la funesta Charpillon, con la quale cercò di intessere una relazione. In questa circostanza anche il grande seduttore mostrò il suo lato debole e questa scaltra ragazza lo portò fin sull'orlo del suicidio. Non che fosse un grande amore, ma evidentemente Casanova non poteva accettare di essere trattato con indifferenza da una ragazza qualsiasi. E più lui vi s'intestardiva, più lei lo menava per il naso. Alla fine riuscì a liberarsi di questa assurda situazione e si diresse verso Berlino.[36] Qui incontrò il re Federico il Grande, che gli offrì un modesto posto d'insegnante nella scuola dei cadetti. Rifiutata sdegnosamente la proposta, Casanova si diresse verso la Russia e giunse a San Pietroburgo nel dicembre del 1764.[37]  L'anno successivo si recò a Mosca e in seguito incontrò l'imperatrice Caterina II,[38] anche lei annessa alla straordinaria collezione di personaggi storici incontrati nel corso delle sue infinite peregrinazioni. Merita una riflessione la straordinaria facilità con cui Casanova aveva accesso a personaggi di primissimo piano, che certo non erano usi a incontrarsi con chiunque. Evidentemente la fama lo precedeva regolarmente e, almeno per effetto della curiosità suscitata, gli consentiva di penetrare nei circoli più esclusivi delle capitali.  Un po' la questione si autoalimentava, nel senso che in qualsiasi luogo si trovasse, Casanova si dava sempre un gran da fare per ottenere lettere di presentazione per la destinazione successiva. Evidentemente ci aggiungeva del suo: aveva conversazione brillante, una cultura enciclopedica fuori del comune e, quanto a esperienze di viaggio, ne aveva accumulate infinite, in un'epoca in cui la gente non viaggiava un granché. Insomma Casanova il suo fascino lo aveva, e non lo spendeva solo con le donne.  Nel 1766 in Polonia avvenne un episodio che segnò profondamente Casanova: il duello con il conte Branicki.[39] Questi, durante un litigio a causa della ballerina veneziana Anna Binetti,[40] lo aveva apostrofato chiamandolo poltrone veneziano. Il conte era un personaggio di rilievo alla corte del re Stanislao II Augusto Poniatowski e per uno straniero privo di qualsiasi copertura politica non era molto consigliabile contrastarlo. Quindi, anche se offeso pesantemente dal conte, qualsiasi uomo di normale prudenza si sarebbe ritirato in buon ordine; Casanova, invece, che evidentemente non era solo un amabile conversatore e un abile seduttore, ma anche un uomo di coraggio, lo sfidò in un duello alla pistola. Faccenda assai pericolosa, sia in caso di soccombenza sia in caso di vittoria, in quanto era facile attendersi che gli amici del conte ne avrebbero rapidamente vendicato la morte. Targa commemorativa del soggiorno di Casanova a Madrid Il conte ne uscì ferito in modo gravissimo, ma non abbastanza da impedirgli di pregare onorevolmente i suoi di lasciare andare indenne l'avversario, che si era comportato secondo le regole. Seppur ferito abbastanza seriamente a un braccio, Casanova riuscì a lasciare l'inospitale paese. La buona stella sembrava avergli voltato le spalle. Si diresse a Vienna, da dove fu espulso.Tornò a Parigi, dove, alla fine di ottobre, lo raggiunse la notizia della morte di Bragadin, il quale, più che un protettore, era stato per Casanova un padre adottivo. Pochi giorni dopo (6 novembre 1767) fu colpito da una lettre de cachet del re Luigi XV, con la quale gli veniva intimato di lasciare il paese. Il provvedimento era stato richiesto dai parenti della marchesa d'Urfé, i quali intendevano mettere al riparo da ulteriori rischi le pur cospicue sostanze di famiglia.  Si recò quindi in Spagna, ormai alla disperata ricerca di una qualche occupazione, ma anche qui non andò meglio: fu gettato in prigione con motivi pretestuosi e la faccenda durò più di un mese. Lasciò la Spagna e approdò in Provenza, dove però si ammalò gravemente (gennaio 1769). Fu assistito grazie all'intervento della sua amata Henriette che, nel frattempo sposatasi e rimasta vedova, aveva conservato di lui un ottimo ricordo. Riprese presto il suo peregrinare, recandosi a Roma, Napoli, Bologna, Trieste. In questo periodo si infittirono i contatti con gli Inquisitori veneziani per ottenere l'agognata grazia, che finalmente giunse il 3 settembre 1774.  Dal ritorno a Venezia alla morte. La narrazione delle Memorie casanoviane cessa alla metà di febbraio del 1774. Ritornato a Venezia dopo diciott'anni, Casanova riannodò le vecchie amicizie, peraltro mai sopite grazie a un'intensissima attività epistolare. Per vivere, si propose agli Inquisitori come spia, proprio in favore di coloro che erano stati tanto decisi prima a condannarlo alla reclusione e poi a costringerlo a un lungo esilio. Le riferte di Casanova non furono mai particolarmente interessanti e la collaborazione si trascinò stancamente fino a interrompersi per "scarso rendimento". Probabilmente qualcosa in lui si opponeva a esser causa di persecuzioni che, avendole provate in prima persona, conosceva bene.   L'ultima abitazione veneziana di Casanova Rimasto senza fonti di sostentamento, si dedicò all'attività di scrittore, utilizzando la sua vasta rete di relazioni per procurare sottoscrittori alle sue opere.[49] All'epoca si usava far sottoscrivere un ordinativo di libri prima ancora di aver dato alle stampe o addirittura terminato l'opera, in modo da esser certi di poter sostenere gli elevati costi di stampa. Infatti la composizione avveniva manualmente e le tirature erano bassissime. Nel 1775 pubblicò il primo tomo della traduzione dell'Iliade. La lista di sottoscrittori, cioè di coloro che avevano finanziato l'opera, era davvero notevole e comprendeva oltre duecentotrenta nomi fra quelli più in vista a Venezia, comprese le alte autorità dello stato, sei Procuratori di San Marco in carica[50] due figli del doge Mocenigo, professori dell'Padova e così via. Va rilevato che, per essere un ex carcerato evaso e poi graziato, aveva delle frequentazioni di altissimo livello. Il fatto di far parte della lista non era tenuto segreto, ma in una città piccola, in cui le persone che contavano si conoscevano tutte, era di pubblico dominio; dunque le adesioni dimostravano che, malgrado le sue vicissitudini, Casanova non era affatto un emarginato. Anche qui è opportuna una riflessione sull'ambivalenza del personaggio e sul suo eterno oscillare tra la classe reietta e quella privilegiata.  In questo stesso periodo iniziò una relazione con Francesca Buschini, una ragazza molto semplice e incolta che per anni avrebbe scritto a Casanova, dopo il suo secondo esilio da Venezia, delle lettere (ritrovate a Dux) di un'ingenuità e tenerezza commoventi,[52] utilizzando un lessico molto influenzato dal dialetto veneziano, con evidenti tentativi di italianizzare il più possibile il testo. Questa fu l'ultima relazione importante di Casanova, che rimase molto attaccato alla donna: anche quando ne fu irrimediabilmente lontano, rattristato profondamente dal crepuscolo della sua vita, teneva una fitta corrispondenza con Francesca, oltre a continuare a pagare, per anni, l'affitto della casa in Barbaria delle Tole in cui avevano convissuto, inviandole, quando ne aveva la possibilità, lettere di cambio con discrete somme di denaro.  Il nome della calle deriva dalla presenza, in tempi antichi, di falegnamerie che riducevano in tavole (tole, in dialetto veneziano) i tronchi d'albero. La calle si trova nelle immediate vicinanze del Campo SS. Giovanni e Paolo. L'ultima abitazione veneziana di Giacomo Casanova è sita in Barbarìa delle Tole, al civico 6673 del sestiere di Castello. L'identificazione certa è stata ricavata da una lettera a Casanova di Francesca Buschini, ritrovata a Dux (odierna Duchcov, Repubblica Ceca), datata 13 dicembre 1783.L'appartamento occupato da Casanova e dalla Buschini (di proprietà della nobile famiglia Pesaro di S. Stae), affittato a 96 lire venete a trimestre, corrisponde alle tre finestre del terzo piano situate sotto la soffitta che si vede in alto a sinistra (vedi foto). La lettera in questione, spedita dalla Buschini a Casanova ormai in esilio, faceva riferimento alla casa antistante "È morto la molgie del maestro di spada che mi stà in fasa di me quela casa in mezzo al brusà, giovine e anche bela la era..." (testo originale tratto dall'edizione critica delle lettere di F. Buschini Marco Leeflang, Utrecht, Marie-Françose Luna, Grenoble, Antonio Trampus, Trieste, Lettres de Francesca Buschini à G. Casanova, 1996, cit. in bibl.) Poiché tutti i caseggiati antistanti erano andati distrutti a causa di due successivi incendi, avvenuti nel 1683 e nel 1686, l'area era rimasta praticamente priva di fabbricati e destinata a giardino. L'unico fabbricato ancora esistente era quello dinanzi al 6673[53]. In seguito la situazione non ha subito modifiche di rilievo; l'edificio in questione, antistante al 6673, si trova tra il ramo primo e il ramo secondo "Del brusà" e quindi l'identificazione appare fondata e verificabile[54].  Negli anni successivi pubblicò altre opere e cercò di arrabattarsi come meglio poté. Ma il suo carattere impetuoso gli giocò un brutto scherzo: offeso platealmente in casa Grimani da un certo Carletti, col quale aveva questionato per motivi di denaro, si risentì perché il padrone di casa aveva preso le parti del Carletti. Decise a questo punto di vendicarsi componendo un libello, Né amori né donne, ovvero la stalla ripulita in cui, pur sotto un labile travestimento mitologico, facilmente svelabile, sostenne chiaramente di essere lui stesso il vero figlio di Michele Grimani, mentre Zuan Carlo Grimani sarebbe stato "notoriamente" frutto del tradimento della madre (Pisana Giustinian Lolin) con un altro nobile veneziano, Sebastiano Giustinian.[55]  Probabilmente era tutto vero, anche perché in una città in cui le distanze tra le case si misuravano a spanne, si circolava in gondola e c'erano stuoli di servitori che ovviamente spettegolavano a più non posso, era impensabile poter tenere segreto alcunché. Comunque, anche in questo caso l'aristocrazia fece quadrato e Casanova fu costretto all'ultimo, definitivo, esilio. Tuttavia la questione non passò inosservata, se si ritenne opportuno far circolare un libello anonimo, con cui si replicava allo scritto casanoviano, intitolato "Contrapposto o sia il riffiutto mentito, e vendicato al libercolo intitolato Ne amori ne donne ovvero La stalla ripulita, di Giacomo Casanova".[56]   Ritratto del 1788  Annotazione della morte di Casanova nei registri di Dux Lasciò Venezia nel gennaio 1783 e si diresse verso Vienna. Per un po' fece da segretario all'ambasciatore veneziano Sebastiano Foscarini; poi, alla morte di questi,[57] accettò un posto di bibliotecario nel castello del conte di Waldstein a Dux, in Boemia. Lì trascorse gli ultimi tristissimi anni della sua vita, sbeffeggiato dalla servitù,[58] ormai incompreso, e considerato il relitto di un'epoca tramontata per sempre.  Da Dux, Casanova dovette assistere alla Rivoluzione francese, alla caduta della Repubblica di Venezia, al crollare del suo mondo, o perlomeno di quel mondo a cui aveva sognato di appartenere stabilmente. L'ultimo conforto, oltre alle lettere numerosissime degli amici veneziani che lo tenevano al corrente di quanto accadeva nella sua città, fu la composizione della Histoire de ma vie, l'opera autobiografica che assorbì tutte le sue residue energie, compiuta con furore instancabile quasi per non farsi precedere da una morte che ormai sentiva vicina. Scrivendola, Casanova riviveva una vita assolutamente irripetibile, tanto da entrare nel mito, nell'immaginario collettivo, una vita «opera d'arte». Morì il 4 giugno del 1798, si suppone che la salma fosse stata sepolta nella chiesetta di Santa Barbara, nei pressi del castello. Ma riguardo al problema dell'identificazione corretta del luogo di sepoltura di Giacomo Casanova, le notizie sono comunque piuttosto vaghe, e non ci sono, allo stato, che ipotesi non correttamente documentate. Tradizionalmente si riteneva che fosse stato sepolto nel cimitero della chiesetta attigua al castello Waldstein, ma era una pura ipotesi. Altre opere: “Zoroastro, tragedia tradotta dal Francese, da rappresentarsi nel Regio Elettoral Teatro di Dresda, dalla compagnia de' comici italiani in attuale servizio di Sua Maestà nel carnevale dell'anno MDCCLII. Dresda); La Moluccheide, o sia i gemelli rivali. Dresda 1769Confutazione della Storia del Governo Veneto d'Amelot de la Houssaie, Amsterdam (Lugano). 1772Lana caprina. Epistola di un licantropo. Bologna. 1774Istoria delle turbolenze della Polonia. Gorizia. 1775Dell'Iliade di Omero tradotta in ottava rima. Venezia); Scrutinio del libro "Eloges de M. de Voltaire par différents auteurs". Venezia.  Il duello; Opuscoli miscellaneiIl duelloLettere della nobil donna Silvia Belegno alla nobildonzella Laura Gussoni. Venezia. 1781Le messager de Thalie. Venezia); Di aneddoti viniziani militari ed amorosi del secolo decimoquarto sotto i dogadi di Giovanni Gradenigo e di Giovanni Dolfin. Venezia. 1782Né amori né donne ovvero la stalla ripulita. Venezia. 1784Lettre historico-critique sur un fait connu, dependant d'une cause peu connu... Amburgo (Dessau). Expositionne raisonée du différent, qui subsiste entre le deux Républiques de Venise, et d'Hollande. Vienna. 1785Supplément à l'Exposition raisonnée. Vienna); Esposizione ragionata della contestazione, che susiste trà le due Repubbliche di Venezia, e di Olanda. Venezia. 1785Supplemento alla Esposizione ragionata.... Venezia); Lettre a monsieur Jean et Etienne Luzac.... Vienna); Lettera ai signori Giovanni e Stefano Luzac.... Venezia); Soliloque d'un penseur, Prague chez Jean Ferdinande noble de Shonfeld imprimeur et libraire. 1787 -Histoire de ma fuite des prisons de la République de Venise qu'on appelle les Plombs. Ecrite à Dux en Bohème l'année 1787, Leipzig chez le noble de Shonfeld 1788. Historia della mia fuga dalle prigioni della republica di Venezia dette "li Piombi", prima edizione italiana Salvatore di Giacomo (prefazione e traduzione). Alfieri&Lacroix editori, Milano 1911. 1788Icosameron ou histoire d'Edouard, et d'Elisabeth qui passèrent quatre vingts ans chez les Mégramicres habitante aborigènes du Protocosme dans l'interieur de notre globe, traduite de l'anglois par Jacques Casanova de Seingalt Vénitien Docteur èn lois Bibliothécaire de Monsieur le Comte de Waldstein seigneur de Dux Chambellan de S.M.I.R.A., Prague à l'imprimerie de l'école normale. Praga. (romanzo di fantascienza) 1790Solution du probleme deliaque démontrée par Jacques Casanova de Seingalt, Bibliothécaire de Monsieur le Comte de Waldstein, segneur de Dux en Boheme e c., Dresde, De l'imprimerie de C.C. Meinhold. 1790Corollaire a la duplication de l'Hexaedre donée a Dux en Boheme, par Jacques Casanova de Seingalt, Dresda. 1790Demonstration geometrique de la duplicaton du cube. Corollaire second, Dresda. 1792 Lettres écrites au sieur Faulkircher par son meilleur ami, Jacques Casanova de Seingalt, le 10 Janvier 1792. 1797A Leonard Snetlage, Docteur en droit de l'Université de Gottingue, Jacques Casanova, docteur en droit de l'Universitè de Padoue. Dresda. Edizioni postume: Le Polemoscope, Gustave Kahn, Paris, La Vogue. 1960-1962Histoire de ma vie, F.A. Brockhaus, Wiesbaden e Plon, Parigi. Edizioni italiane basate sul manoscritto originale: Piero Chiara, traduzione Giancarlo BuzziGiacomo Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori 1965. 7 voll. di cui uno di note, documenti e apparato critico. Piero Chiara e Federico Roncoroni Giacomo Casanova, Storia della mia vita, Milano, Mondadori "I meridiani" 1983. 3 voll. Ultima edizione: Milano, Mondadori "I meridiani", 2001. 1968Saggi libelli e satire di Giacomo Casanova, Piero Chiara, Milano. Longanesi & C. 1969Epistolario (17591798) di Giacomo Casanova, Piero Chiara, Milano. Longanesi & C. Rapporti di Giacomo Casanova con i paesi del Nord. A proposito dell'inedito "Prosopopea Ecaterina II (1773-74)", Enrico Straub. Venezia. Centro tedesco di studi veneziani. 1985Examen des "Etudes de la Nature" et de "Paul et Virginie" de Bernardin de Saint Pierre, Marco Leeflang e Tom Vitelli. Utrecht, Edizione italiana: Analisi degli Studi della natura e di Paolo e Virginia di Bernardin de Saint-Pierre, Gianluca Simeoni, Bologna, Pendragon, Pensieri libertini, Federico di Trocchio (sulle opere filosofiche inedite rinvenute a Dux), Milano, Rusconi. 1993Philocalies sur les sottises des mortels, Tom Vitelli. Salt Lake City. 1993Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie. Texte intégral du manuscrit original, suivi de textes inédits. Édition présentée et établie par Francis Lacassin.  2-221-06520-4. Éditions Robert Laffont. 1997Iliade di Omero in veneziano Tradotta in ottava rima. Canto primo. Riproduzione integrale del manoscritto a fronte, Venezia, Editoria Universitaria. 1998Iliade di Omero in veneziano Tradotta in ottava rima. Canto secondo. Riproduzione integrale del manoscritto a fronte. Venezia, Editoria Universitaria. 1999Storia della mia vita, traduzione Pietro Bartalini Bigi e Maurizio Grasso. Roma, Newton Compton, coll. « I Mammut », Dell'Iliade d'Omero tradotta in veneziano da Giacomo Casanova. Canti otto. Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna. 2005Iliade di Omero in veneziano. Tradotta in ottava rima. Riproduzione integrale del manoscritto a fronte. Venezia, Editoria Universitaria,  Dialoghi sul suicidio. Roma, Aracne,  88-548-0312-X 2006Iliade di Omero in idioma toscano'. Riproduzione integrale dell'edizione Modesto Fenzo. Venezia, Editoria Universitaria. Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati et Marie-Françoise Luna avec la collaboration de Furio Luccichenti et Helmut Watzlawick. Collection Bibliothèque de la Pléiade, Gallimard. Parigi.  Histoire de ma vie, tome I. Édition établie par Jean-Christophe Igalens et Érik Leborgne, Laffont, Bouquins. Parigi.  Histoire de ma vie, tome II. Édition établie par Jean-Christophe Igalens et Érik Leborgne, Laffont, Bouquins. Parigi.  Histoire de ma vie, tome II. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati et Marie-Françoise Luna avec la collaboration de Furio Luccichenti et Helmut Watzlawick. Collection Bibliothèque de la Pléiade (nº 137), Gallimard. Parigi.  Histoire de ma vie, tome III. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati et Marie-Françoise Luna avec la collaboration de Furio Luccichenti et Helmut Watzlawick. Collection Bibliothèque de la Pléiade (nº 147).Gallimard. Parigi.  Histoire de ma vie, tome III. Édition établie par Jean-Christophe Igalens et Érik Leborgne, Laffont, Bouquins. Parigi.  Icosameron, traduzione di Serafino Balduzzi, Milano, Luni Editrice,,  978-88-7984-611-0 Istoria delle turbolenze della Polonia, Milano, Luni Editrice, Valore letterario e fortuna dell'opera casanoviana  Presunto ritratto di Giacomo Casanova, attribuito ad Alessandro Longhi o, da alcuni[62][63], a Pietro Longhi. Sul valore letterario e la validità storica dell'opera di Giacomo Casanova si è discusso parecchio.[67] Intanto bisogna distinguere tra l'opera autobiografica e il resto della produzione. Malgrado gli sforzi fatti per accreditarsi come letterato, storico, filosofo e addirittura matematico, Casanova non ebbe in vita, e tantomeno da morto, nessuna notorietà e nessun successo.[68] Successo che arrise invece all'opera autobiografica, anche se si manifestò in tempi molto posteriori alla morte dell'autore.   Disegno di un busto di Giacomo Casanova, ubicato in origine a Dux, oggi al Museo delle Arti Decorative di Vienna La sua produzione fu spesso d'occasione, cioè di frequente i suoi scritti furono creati per ottenere qualche beneficio. Principale esempio è la Confutazione della Storia del Governo Veneto d'Amelot de la Houssaye, scritta in gran parte durante la detenzione a Barcellona nel 1768, che avrebbe dovuto servire, e infatti così fu, a ingraziarsi il governo veneziano e a ottenere la tanto sospirata grazia. Lo stesso si può dire per opere scritte nella speranza di ottenere qualche incarico da Caterina II di Russia o da Federico II di Prussia. Altre opere, come l'Icosameron, avrebbero dovuto sancire il successo letterario dell'autore ma così non fu. Il primo vero successo editoriale fu ottenuto dall'Historia della mia fuga dai Piombi che ebbe una diffusione immediata e varie edizioni, sia in italiano sia in francese ma il caso è praticamente unico e di proporzioni limitate a causa delle dimensioni dell'opera costituita dal racconto dell'evasione. Sembra quasi che Casanova tollerasse le sue creature autobiografiche e il loro successo, continuando a inseguire, con opere non autobiografiche, un successo letterario che non arrivò mai. Questo aspetto fu acutamente osservato da un memorialista suo contemporaneo, il principe Charles Joseph de Ligne, il quale scrisse[70] che il fascino di Casanova stava tutto nei suoi racconti autobiografici, sia verbali sia trascritti, cioè sia la narrazione salottiera sia la versione stampata delle sue avventure. Tanto era brillante e trascinante quando parlava della sua vita[71]- osserva de Lignequanto terribilmente noioso, prolisso, banale quando parlava o scriveva su altre materie. Ma sembra che questo, Casanova, non abbia mai voluto accettarlo. E soffriva tremendamente di non avere quel riconoscimento letterario o meglio scientifico a cui ambiva.  Da ciò si può comprendere l'astio nei confronti di Voltaire, che nascondeva una profonda invidia e una sconfinata ammirazione. Quindi anche contro la volontà dell'autore, quasi invidioso dei suoi figli più fortunati ma meno prediletti, le opere autobiografiche avrebbero potuto essere un grande successo editoriale quando egli era ancora in vita. Ma ciò avvenne in misura molto ridotta per vari motivi: principalmente perché questo filone fu iniziato tardi. Si pensi ad esempio che la narrazione della fuga dai Piombi, che costituì per decenni il cavallo di battaglia del Casanova salottiero, fu pubblicata soltanto nel 1787.  Inoltre l'opera "vera", cioè quella in cui aveva trasfuso tutto sé stesso, l'Histoire, fu scritta proprio negli ultimi anni di vita e il motivo è semplice: infatti lui stesso affermò, in una lettera indirizzata a quel Zuan Carlo Grimani, da lui offeso molti anni prima e che era stato la causa del secondo esilio: "... ora che la mia età mi fa credere di aver finito di farla, ho scritto la Storia della mia vita...". Cioè sembra che per mettere su carta tutto in forma definitiva, l'autore dovesse prima ammettere con sé stesso che la storia era terminata e di futuro davanti da vivere non ce n'era più. Ammissione questa sempre dolorosa per chiunque, in particolare per un uomo che aveva creato una vita-capolavoro irripetibile.  Ma un altro aspetto, questo strutturale, ha ritardato la fortuna dell'opera autobiografica: l'Histoire era all'epoca assolutamente impubblicabile. Non è un caso che la prima edizione francese del manoscritto, acquistato[73] dall'editore Friedrich Arnold Brockhaus di Lipsia nel 1821, fu pubblicata, dal 1826 al 1838, però in una versione notevolmente rimaneggiata da Jean Laforgue, il quale non si limitò a "purgare" l'opera, sopprimendo passi ritenuti troppo audaci, ma intervenne a tappeto modificando anche l'ideologia dell'autore, facendone una sorta di giacobino avverso alle oligarchie dominanti. Ciò non corrispondeva affatto alla verità storica, perché di Casanova si può dire che era ribelle e trasgressivo, ma politicamente era un fautore dell'ancien régime, come dimostrano chiaramente il suo epistolario, opere specifiche e la stessa Histoire. In un passo delle Memorie, Casanova esprime chiaramente il suo punto di vista sull'argomento della Rivoluzione: «Ma si vedrà che razza di dispotismo è quello di un popolo sfrenato, feroce, indomabile, che si raduna, impicca, taglia teste e assassina coloro che non appartenendo al popolo osano mostrare come la pensano.[75]»  Per l'edizione definitiva delle memorie si dovette attendere fino a quando la casa Brockhaus decise di pubblicare, insieme all'editore Plon di Parigi, dal 1960 al 1962, il testo originale in sei volumi curato da Angelika Hübscher. Ciò fu dovuto all'impianto generale dell'opera che era, a detta dell'autore e di smaliziati contemporanei come de Ligne, di un cinismo assolutamente impresentabile.[77] Quello che essi chiamarono cinismo sarà considerato, due secoli dopo, modernità e realismo.  Casanova è già uno scrittore di costume "moderno". Non teme di rivelare situazioni, inclinazioni, attività, trame e soprattutto confessioni che erano all'epoca, e tali rimasero ancora più di un secolo, assolutamente irriferibili. Naturalmente il primo problema, ma questo limitato a pochi anni dopo la morte dell'autore, fu quello di aver citato personaggi di primissimo piano, con circostanze molto precise del loro agire. Le memorie sono affollate all'inverosimile dagli attori principali della storia europea del Settecento, sia politica sia culturale. Probabilmente si farebbe prima a dire di chi Casanova non ha scritto, e chi non ha incontrato, tanto vasto è stato il panorama delle sue frequentazioni.[78]  Ma questo, come si è detto, è marginale. L'altro problema, questo insuperabile, fu la sostanziale "immoralità" dell'opera casanoviana. Ma ciò deve intendersi come contrarietà alle abitudini, ai tic, alle ipocrisie della fine del Settecento e, ancor di più, del successivo secolo, ancora più fobico e per certi versi molto meno aperto di quello che l'aveva preceduto. Casanova ha precorso i tempi: era troppo avanti per diventare un autore di successo. E forse se ne rendeva perfettamente conto. Nella lettera a Zuan Carlo Grimani, ricordata in precedenza, Casanova, parlando dell'Histoire, scrive testualmente:... questa Storia, che verrà diffusa fino a sei volumi in ottavo e che sarà forse tradotta in tutte le lingue... E poi, richiede una risposta... perché io possa porla nei codicilli che formeranno il settimo volume postumo della Storia della mia vita. Tutto questo è avvenuto puntualmente.[79]  Riguardo all'uso della lingua francese, Casanova vi fece riferimento nella prefazione:   «J'ai écrit en français, et non pas en italien parce que la langue française est plus répandue que la mienne.[80]» «Ho scritto in francese e non in italiano perché la lingua francese è più diffusa della mia.»  Certo dell'immortalità della sua opera, se non al fine di garantirsela, Casanova preferì utilizzare la lingua che gli avrebbe consentito di raggiungere il maggior numero possibile di potenziali lettori. Molte opere minori, del resto, le scrisse in italiano, forse perché sapeva bene che esse non sarebbero divenute mai un monumento, come avvenne invece per la sua autobiografia. Carlo Goldoni, altro celebre veneziano, coevo al Casanova, scelse allo stesso modo di scrivere la propria autobiografia in francese.  L'autobiografia del Casanova, a parte il valore letterario, è un importante documento per la storia del costume, forse una delle opere letterarie più importanti per conoscere la vita quotidiana in Europa nel Settecento. Si tratta di una rappresentazione che, per le frequentazioni dell'autore e per la limitazione dei possibili lettori, riferisce principalmente delle classi dominanti dell'epoca, nobiltà e borghesia, ma questo non ne limita l'interesse in quanto anche i personaggi di contorno, di qualsiasi estrazione, sono rappresentati in modo vivissimo. Leggere quest'opera è uno strumento importante per conoscere il quotidiano degli uomini e delle donne di allora, per comprendere dal di dentro la vita di ogni giorno.  La fortuna dell'opera casanoviana, presso i protagonisti di vertice della scena letteraria mondiale, è stata ristretta solo all'opera autobiografica ed è stata vastissima. Iniziando da Stendhal, al quale fu attribuita la paternità dell'Histoire, a Foscolo il quale mise addirittura in dubbio l'esistenza storica del Casanova, Balzac, Hofmannstahl, Schnitzler, Hesse, Márai. Molti furono solo lettori e quindi influenzati in modo inconscio, altri scrissero opere ambientate nell'epoca di Casanova e di cui egli era protagonista.  Innumerevoli sono i riferimenti, nella letteratura moderna, a questa figura che ha finito per diventare un'antonomasia. In Italia l'interesse si è manifestato tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. La prima edizione italiana della Historia della mia fuga dai Piombi fu curata nel 1911 da Salvatore di Giacomo, il quale studiò anche i ripetuti soggiorni napoletani dell'avventuriero e su questo argomento scrisse un saggio.Seguirono Benedetto Croce[ e via via molti altri fino a Piero Chiara. Un capitolo a parte andrebbe dedicato ai "casanovisti" cioè a tutti quelli che si sono occupati e si occupano, più o meno professionalmente, della vita e dell'opera del Casanova. Proprio a questa legione di sconosciuti si debbono infinite identificazioni di personaggi, revisioni e importantissimi ritrovamenti di documenti. Molto dell'opera casanoviana è ancora inedito, Nell'Archivio di Stato di Praga rimangono circa 10 000 documenti che attendono di essere studiati e pubblicati, oltre un numero imprecisato di lettere che probabilmente giacciono in chissà quanti archivi di famiglia sparsi per l'Europa. La grafomania dell'avventuriero fu veramente impressionante: la sua vita a un certo momento divenne totalmente e ossessivamente dedicata alla scrittura[91]  Riguardo al mito del seduttore, Casanova, insieme a Don Giovanni, ne è stato l'incarnazione. Il paragone è d'obbligo ed è stato tema di numerose opere critiche. Le due figure finirono addirittura per fondersi, benché ritenute antitetiche dai maggiori commentatori: a parte il fatto che il veneziano era un personaggio reale e l'altro romanzesco, i due caratteri sono agli antipodi. Il primo amava le sue conquiste, si prodigava con generosità per renderle felici e cercava sempre di uscire di scena con un certo stile, lasciando dietro di sé una scia di nostalgia; l'altro invece rappresenta il collezionista puro, più mortifero che vitale, assolutamente indifferente all'immagine di sé e soprattutto agli effetti del suo agire, concentrato unicamente sul numero delle vittime della sua seduzione.  L'interpretazione del suo mito sarebbe fornita proprio dal libretto del Don Giovanni di Mozart, scritto da Lorenzo Da Ponte, in cui Leporello, il servo di Don Giovanni, in un'aria notissima recita: Madamina il catalogo è questo, delle belle che amò il padron mio... e prosegue snocciolando le innumerevoli conquiste, diligentemente registrate. Il fatto che alla redazione del libretto sembra abbia partecipato anche Casanovacome è stato sostenuto basandosi su documenti trovati a Dux, sul fatto che Da Ponte e Casanova si frequentassero e che l'avventuriero fosse sicuramente presente la sera in cui a Praga andò in scena la prima dell'opera mozartiana (29 ottobre 1787)è tutto sommato marginale.[senza fonte] La partecipazione, comunque molto limitata, di Casanova alla composizione del libretto di Da Ponte per l'opera mozartiana Don Giovanni, è ritenuta molto probabile da vari commentatori. L'elemento fondamentale è un autografo, rinvenuto a Dux, che contiene una variante del testo che si è ipotizzato facesse parte di una serie di interventi operati in accordo con Da Ponte e forse anche con lo stesso Mozart.[94] Quel che è certo è che Casanova si misurò col mito di don Giovanni e ne costruì uno ancora più grande, certamente più positivo e soprattutto reale.  Mostre 1998 Praga, Palazzo Lobkowicz, "Casanova v Čechách" (Casanova in Boemia). Catalogo: Casanova v Čechách, Praga, Gema Art 1998. 1998 Venezia, Ca' Rezzonico "Il mondo di Giacomo Casanova". Catalogo: Il mondo di Giacomo Casanova, un veneziano in Europa 1725-1798, Venezia, Marsilio, 1998.  88-317-7028-4  Francia "Casanova for ever, 33 expositions Languedoc-Roussillon". Catalogo: Casanova For Ever, Emmanuel Latreille (dir.), Parigi, Editions Dilecta, Parigi, Bibliothèque nationale de France “Casanova, la passion de la liberté” (dal 15 novembre  al 19 febbraio ). Catalogo: Casanova, la passion de la liberté, Parigi, Coédition Bibliothèque nationale de France / Seuil,.  978-2-7177-2496-7 (BnF)  978-2-02-104412-6 (Seuil)  Stati Uniti d'America "Casanova: The seduction of Europe", varie sedi: Museum of Fine Arts, Boston; Kimbell Art Museum, Forth Worth; Fine Arts Museums, San Francisco. Catalogo: Casanova The seduction of Europe MFA Pubblications Museum of fine arts, Boston.  978-0-87846-842-3. Filmografia su Casanova Casanova (1918). Regia di Alfréd Deésy Il cuore del Casanova (Germania) Regia di Erik Lund. Soggetto di Enrik Rennspies. Sceneggiatura di Bruno Kastner. Con Bruno Kasner, Ria Jende, Rose Lichtenstein, Karl Platen. Casanovas erste und letzte Liebe (Austria, 1920). Regia di Julius Szoreghi. Casanova (1927). Regia di Alexandre Volkoff Les amours de Casanova (Francia, 1934). Regia di René Barberis L'avventura di Giacomo Casanova (Italia, 1938). Regia di Carlo Bassoli. Le avventure di Casanova (Les Aventures de Casanova) (Francia, 1947). Regia di Jean Boyer. Il cavaliere misterioso (Italia, 1948). Regia di Riccardo Freda. Con Vittorio Gassman, Gianna Maria Canale, María Mercader, Antonio Centa. Le avventure di Giacomo Casanova (Italia). Regia di Steno. Con Gabriele Ferzetti, Corinne Calvet, Marina Vlady, Nadia Gray, Carlo Campanini. Last Rose from Casanova, titolo originale Poslední růže od Kasanovy, (Cecoslovacchia, 1966). Regia di Vaclav Krska. Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano (Italia). Regia di Luigi Comencini. Con Leonard Withing, Maria Grazia Buccella, Tina Aumont, Ennio Balbo, Senta Berger, W. Branbell, Clara Colosimo, C. ComenciniDe Clara, Silvia Dionisio, Evi Maltagliati, Raoul Grassilli, Mario Scaccia, Lionel Stander. Cagliostro (Italia, 1975). Regia di Daniele Pettinari. Con Bekim Fehmiu, Curd Jürgens, Rosanna Schiaffino, Robert Alda, Massimo Girotti. (Casanova è uno dei personaggi). Il Casanova di Federico Fellini (Italia, 1976). Regia di Federico Fellini Con Donald Sutherland, Tina Aumont, Olimpia Carlisi, M. Clementi, Carmen Scarpitta, C. Browne, D. M. Berenstein. Il mondo nuovo (Italia, 1982). Regia di Ettore Scola. Con Jean Louis Barrault, Marcello Mastroianni, Hanna Schygulla, Harvey Keitel, Jean-Claude Brialy, Andréa Ferréol, M. Vitold, A. Belle, E. Bergier, Laura Betti. David di Donatello 1983 per la migliore sceneggiatura, scenografia e costumi. Il ritorno di Casanova, titolo originale Le retour de Casanova (Francia, 1992). Regia di Édouard Niermans Con Alain Delon, Fabrice Luchini, E Lunghini. Goodbye Casanova (Stati Uniti, 2000). Regia di Mauro Borrelli. Con G. Scandiuzzi, Y. BleethGidley, C. FilpiGanus, E. Bradley. Il giovane Casanova (Francia, Italia, Germania, 2002). Regia di Giacomo Battiato. Con Stefano Accorsi, Thierry Lhermitte, Cristiana Capotondi, Silvana De Santis, Catherine Flemming, Katja Flint. Casanova (Stati Uniti, 2005). Regia di Lasse Hallström. Con Heath Ledger, Jeremy Irons, Lena Olin, Sienna Miller, Adelmo Togliani. Historia de la meva mort (Spagna/Francia ). Regia di Albert Serra. Con Vicenç Altaió, Lluís Serrat, Eliseu Huertas. Casanova variations (Austria/Germania/Francia/Portogallo ). Regia di Michael Sturminger, con John Malkovich, Fanny Ardant, Veronica Ferres. Zoroastro, Io Casanova (Italia ) Regia di Gianni di Capua, con Galatea Ranzi Dernier Amour (Francia ). Regia di Benoît Jacquot, con Vincent Lindon (Giacomo Casanova), Stacy Martin (Marianne de Charpillon), Valeria Golino, (La Cornelys). Film solo lontanamente ispirati alla figura di Casanova Casanova farebbe così! (Italia 1942). Regia di Carlo Ludovico Bragaglia. Le tre donne di Casanova (Stati Uniti 1944). Regia di Sam Wood. Casanova '70 (Italia 1965). Regia di Mario Monicelli. Film comici La grande notte di Casanova (Stati Uniti 1954) Norman Z. McLeod. Casanova & Company (Austria/Italia/Francia/Rft 1976). Regia di Franz Antel. Tony Curtis, Marisa Berenson, Sylva Koscina, Britt Ekland, Umberto Orsini, Marisa Mell, Hugh Griffith. Telefilm su Casanova Casanova (Regno Unito, 2005). Regia di Sheree Folkson. Con David Tennant, Rose Byrne, Peter O'Toole, Laura Fraser, Nina Sosanya, Shaun Parkes. Onorificenze Cavaliere dello Speron d'oronastrino per uniforme ordinariaCavaliere dello Speron d'oro — Roma, 1760 Riguardo l’onorificenza, Casanova nelle Memorie descrive l'incontro con il pontefice e il successivo conferimento dell'Ordine (cfr. G. Casanova, Storia della mia vita, Milano, Mondadori 2001,  II pag. 925 cit. in bibl.). Si è dubitato anche in questo caso, come in altri, che il racconto autobiografico risponda a verità. Per chiarire i dubbi sono state compiute approfondite ricerche nell'Archivio segreto vaticano al fine di ritrovare il breve papale di conferimento, sia nel periodo di cui parla Casanova (dicembre 1760-gennaio 1761) sia in periodi precedenti e successivi, senza alcun esito. Il che non significa che l’onorificenza non sia stata effettivamente conferita, in quanto potrebbe essersi verificato un errore burocratico, di trascrizione o altro. Sta di fatto però che intorno allo stesso periodo furono conferite onorificenze ad altri personaggi come Piranesi, Mozart, Cavaceppi e il breve relativo è stato ritrovato. Quindi manca, allo stato, un riscontro oggettivo. Si aggiunga che il cavalierato dello Speron d’Oro era all’epoca già piuttosto inflazionato, al punto da sconsigliare l’esibizione in pubblico della decorazione. Lo stesso Casanova in un passo dell’opera autobiografica Il duello scrive, riferendosi all’onorificenza, "il troppo strapazzato ordine della cavalleria romana" (cfr. Il duello cit. in bibl.).[95]  Note Esplicative   Casanova visse a lungo in Francia e conobbe personalmente molti protagonisti del movimento illuminista tra cui Voltaire e Rousseau. Inoltre, in patria, frequentò membri dell'oligarchia aristocratica dominante appartenenti all'ala progressista, come Andrea Memmo. In più aveva anche aderito alla Massoneria, il che lo pose a contatto con tutta una serie di personaggi portatori di idee progressiste. Malgrado tutto questo egli fu, e si definì sempre, un conservatore, legato a doppio filo con la classe nobiliare cui, pur non appartenendovi formalmente, riteneva d'esservi membro in pectore, reputandosi a torto od a ragione il figlio naturale di Michele Grimani. Allo scoppio della Rivoluzione francese e nel periodo alquanto turbolento che ne seguì, scrisse numerosissime lettere (cfr. Epistolario P.Chiara cit. in ) in cui deprecava in modo reciso l'accaduto e soprattutto non riconobbe mai, negli eventi, la paternità culturale del movimento illuminista. Ad esso aveva assistito come semplice spettatore, non avendone percepito mai la dirompente potenzialità e non condividendone nessuna delle istanze che, ad esempio, Montesquieu espresse nei confronti dell'iniquo sistema già dal 1721 (cfr. Montesquieu, Lettres Persanes) e riteneva che, pur con qualche modifica, il governo della classe nobiliare fosse il migliore possibile. Un esame attento ed approfondito della posizione politica del Casanova è stato compiuto da Feliciano Benvenuti (Casanova politico, atti del convegno: Giacomo Casanova tra Venezia e l'Europa, 16.11.1998, Gilberto Pizzamiglio, fondazione Giorgio Cini, Venezia, ed. Leo S. Olschki, 2001, pag. 1 e seg.)  Il cognome Casanova è attestato appartenere a nobile famiglia vissuta a Cesena, Milano, Parma, Torino-Dronero  Casanova afferma che dalla città spagnola il suo antenato, padre Jacob Casanova, a seguito del rapimento di una monaca, Donna Anna Palafox, sarebbe fuggito, nel 1429, a Roma in cerca di un rifugio dove, dopo aver scontato un anno di carcere, avrebbe ricevuto il perdono e la dispensa dei voti sacerdotali da parte del pontefice in persona, potendo così unirsi in matrimonio con la rapita. A questo riguardo è interessante la tesi di Jean-Cristophe Igalens (G. Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition établie par Jean-Christophe Igalens et Érik Leborgne, Laffont, pag. XL, op. cit. in Opere postume) il quale sostiene che la genealogia inserita dal Casanova all'inizio delle Memorie sia del tutto fantasiosa. Si tratterebbe di una sorta di parodia di ciò che facevano regolarmente i memorialisti aristocratici dell'epoca i quali, all'inizio dell'opera, enunciavano il loro antico lignaggio, quasi a ricercare una legittimazione per il fatto di esporre, in un'opera letteraria, le vicende di cui erano stati protagonisti, almeno quelle pubbliche, poiché le private rientravano nell'ambito dell'autobiografia. La tesi appare fondata se si considera che la ricostruzione genealogica proposta dal C. risale addirittura al 1428, cioè a tre secoli dalla sua nascita ed è relativa a un cognome, praticamente un toponimo, estremamente comune.  A conferma del fatto che la nascita illegittima di Casanova fosse oggetto di chiacchiere, va citato un passaggio de La commediante in fortuna di Pietro Chiari (Venezia 1755) in cui si tratteggia un ritratto precisissimo di Casanova che chiunque era in grado di riconoscere sotto le spoglie di un nome di fantasia, il Signor Vanesio "C'era tra gli altri un certo Signor Vanesio dì sconosciuta e, per quanto dicevasi, non legittima estrazione, ben fatto della persona, di colore olivastro, di affettate maniere e di franchezza indicibile". Evidentemente il riferimento a tratti somatici tipici e riconoscibili fa pensare che le dicerie fossero suffragate da una notevole somiglianza fisica con Michele Grimani. L'identificazione del Signor Vanesio con Casanova è pacifica, tra i tanti autori, concordi sul punto, si veda: E.Vittoria Casanova e gli Inquisitori di Stato cit. in bibl. pag. 25.  (Immatricolazione 29 novembre 1737 col numero 122, iscrizione al secondo anno 26 novembre 1738, fede di terzeria del 20 gennaio, 22 marzo e I maggio 1739. Fonte: Bruno Brunelli, Casanova studente, in “Il Marzocco” 15 aprile 1923, pag 1-2)  Il 2 aprile 1742 firmò un testamento in qualità di testimone.  Sull'ubicazione esatta della casa natale di Casanova e di quella in cui trascorse l'infanzia dal 1728 al 1743, anno della morte della nonna materna Marzia, si è discusso moltissimo. Certo è che al momento del matrimonio Gaetano e Zanetta Casanova non disponevano di un reddito tale da sostenere un spesa come quella affrontata, dal 1728 in poi, di 80 ducati annui. Quindi molto probabilmente, dopo il matrimonio avvenuto il 27 febbraio 1724, i coniugi andarono a vivere a casa della madre di Zanetta, Marzia Baldissera, cheera vedova essendo mortole il marito Girolamo Farussi poche settimane avanti il matrimonio della figlia. E questa con ogni probabilità fu la casa in cui Casanova nacque il 2 aprile 1725 con l'assistenza della levatrice Regina Salvi. L'identificazione esatta della casa natale è assai ardua, ma comunque è stata tentata. Il casanovista Helmuth Watzlawick ha identificato la casa di Marzia Baldissera con l'attuale civico 2993 di Calle delle muneghe. Questa sarebbe dunque la casa natale di Casanova (Fonte: Helmuth Watzlawick, House of childhood, house of birth; a topographical distraction, in Intermédiaire des Casanovistes, Genève Année XVI 1999, pag. 17 e seg.). I coniugi Casanova si trasferirono nella casa di Calle della Commedia al ritorno dalla fortunata tournée londinese quando rientrarono a Venezia col secondogenito Francesco, nato a Londra il primo di giugno 1727. Tale abitazione risulta essere stata di gran rappresentanza, su tre livelli, con un salone al secondo piano che fu usato in occasione di feste. L'affitto di 80 ducati annui era circa il doppio della media che veniva corrisposta nel vicinato per appartamenti evidentemente meno lussuosi. A questo punto sembrerebbe tutto chiaro, si tratta solo di trovare in Calle della commedia un'abitazione che corrisponda alla descrizione: grandezza, salone al secondo piano e camera al terzo, nonché corrispondenza con la proprietà che si sa essere stata con certezza della famiglia Savorgnan. L'unica che potrebbe corrispondere alla descrizione è quella sita nell'attuale Calle Malipiero (già Calle della Commedia) al civico 3082. Ma su questo non tutti gli studiosi concordano, tanto che la lapide apposta in calle Malipiero dice "In una casa di questa calle, già Calle della Commedia, nacque il 2 aprile 1725 Giacomo Casanova" senza alcun altro più specifico elemento. Alcuni sostengono che a causa di rimaneggiamenti interni non è più possibile identificare la struttura originaria. Uno studioso dell'argomento, Federico Montecuccoli degli Erri, ha pubblicato (L'intermédiaire des Casanovistes, Genève Année XX, 2003, pag.3 e seg.) un'analisi molto approfondita basata sulle cosiddette "Condizioni" cioè sulle dichiarazioni dei redditi immobiliari che venivano presentate dai proprietari. All'epoca, per verificare l'esattezza dei dati dichiarati, si procedeva ad un'ispezione diretta casa per casa effettuata, in ogni parrocchia, dal parroco. Egli procedeva con un certo ordine chiedendo a ognuno il titolo di possesso. I proprietari dichiaravano il titolo di proprietà e gli affittuari dovevano o esibire il contratto oppure giurare le condizioni contrattuali. Poiché è stato ritrovato il documento in cui la madre di Zanetta, Marzia, giurava per la figlia, nel frattempo trasferitasi per lavoro a Dresda, che il contratto prevedeva un affitto di 80 ducati annui e che l'immobile era di proprietà Savorgnan, conosciamo con certezza i dati contrattuali e la residenza indicata sull'atto, cioè Calle della Commedia. Purtroppo le modifiche urbanistiche e catastali intervenute non consentono con certezza l'identificazione, anche perché all'epoca non esistevano dati catastali precisi. Secondo lo studioso citato, l'abitazione è da identificarsi con la casa al civico 3089 della Calle degli orbi che all'epoca potrebbe essere stata designata come Calle della Commedia. Corrisponderebbero sia l'aspetto fisico che la proprietà. Comunque tutte queste ipotesi si muovono entro un fazzoletto di spazio di poche centinaia di metri; infatti è certo che i Casanova abitavano, per motivi di lavoro, nei pressi del Teatro San Samuele, di proprietà dei Grimani. Documento: Calle della Commedia 324|casa|Giovanna Casanova comica al presente s'attrova in Dresda, giurò Marzia sua Madre|N.H Zuanne e F.llo Co. Savornian|d.ti 80 (annui) Registro dell'anno 1740 Atti della Parrocchia di S.Samuele.  Non nel noto lazzaretto del Vanvitelli, ma in quello in uso precedentemente.  Si è mantenuta la cronologia quale risulta dal testo delle Memorie. L'autore ha qui, come in altri casi, confuso le date o fuso insieme più viaggi. In realtà la permanenza nel Lazzaretto era durata dal 26 (o 27) ottobre 1743 al 23 (o 24) novembre 1743. Quindi l'intervallo tra i due viaggi è stato di tre mesi, non di sette. Come affermato dall'autore, il soggiorno si svolse nel Lazzaretto "Vecchio", in quanto quello "Nuovo", pur terminato nel febbraio del 1743, iniziò a funzionare solo nel 1748 allorché la Reverenda Camera Apostolica se ne prese carico. Sull'argomento si veda: Furio Luccichenti, Quattro settimane nel Lazzaretto in L'Intermédiaire des Casanovistes Genève, Année XXVIII, anno  pag. 711. In tale studio viene ricostruita la situazione dei lazzaretti di Ancona e confrontato il racconto casanoviano con le risultanze di archivio relative ai progetti e all'iconografia degli edifici adibiti alle quarantene.La cronologia della permanenza è stata stimata dall'autore nel periodo 26.10/23.11.1743. Un'altra cronologia differisce di un giorno soltanto: 27.10/24.11.1743 (J. Casanova, Histoire de ma vie. Texte intégral du manuscrit original, suivi de textes inédits. Editore Robert Laffont,  I, Cronologia, pag. XXX, cit. in bibl.) Il progetto di ristrutturazione del Lazzaretto "Vecchio", datato 1817, si conserva nell'Archivio di Stato di Roma (Collezione Mappe e Piante, Parte I, Cart. 2, n° 87/I, II, III.). Esso consente di verificare lo stato del fabbricato all'epoca della permanenza del Casanova.  Il personaggio di Teresa/Bellino ripropone una tematica ricorrente cioè la questione dell'aderenza alla realtà dei fatti riportati nell'Histoire e il considerare il personaggio descritto come realmente esistito. L'identificazione di Teresa con Angela Calori, nota virtuosa, cioè cantante, di gran successo, si basa su ricerche effettuate già dai casanovisti del passato, come Gustavo Gugitz, il quale però ritenne che il personaggio fosse in realtà una costruzione letteraria. Teresa viene spesso citata nell'Histoire sotto il nome fittizio di Teresa Lanti, maritata con Cirillo Palesi, nome anch'esso fittizio. Ma molte delle notizie, date e fatti riferiti nel racconto casanoviano non quadrano con quelli attribuibili alla Calori. Quest'ultima è anche ricordata direttamente nell'Histoire allorché Casanova riferisce di averla incontrata a Londra e di aver provato, vedendola, le stesse sensazioni avute in occasione di un incontro, a Praga, con Teresa/Bellino, il che ha indotto taluni a considerare questo fatto una prova che la Teresa delle memorie fosse effettivamente la Calori. Molti studiosi (tra gli altri Furio Luccichenti) propendono per l'assemblaggio d'invenzione, cioè pensano che Casanova abbia costruito il personaggio di cui parla con elementi derivanti da più persone diverse, il che non esclude che l'autore possa essersi ispirato, in larga misura, anche alla Calori. Comunque gli studiosi non demordono: Sandro Pasqual (L'intreccio, Casanova a Bologna, 2007, pag. 33 e seguenti, cit. in bibl.) ha ipotizzato trattarsi non della Calori, ma di un'altra famosa cantante bolognese, Vittoria Tesi, nota per il suo fascino androgino e per aver interpretato spesso en travestie parti maschili. La tendenza a romanzare del Casanova sarebbe in questo caso particolarmente stimolata dall'ambiente e dai ruoli dei personaggi descritti. Egli ebbe sempre, infatti, fortissimi legami col mondo teatrale, essendo figlio di attori e avendo frequentato tutta la vita teatri e teatranti. Curiosamente, ogni volta che rappresenta un personaggio femminile che ha a che fare col teatro, sia cantante o ballerina, lo descrive, salvo rarissimi casi, in modo particolarmente negativo; come se, pur attratto da quel mondo, ne disprezzasse profondamente gli interpreti, attribuendo, soprattutto a quelli femminili, le peggiori inclinazioni alla falsità, all'avidità e al calcolo. Teresa/Bellino è una delle eccezioni, il che farebbe propendere per l'idealizzazione, cioè per la non rispondenza alla realtà del personaggio, peraltro nascosto, come si è detto, sotto un nome fittizio. Sul rapporto tra l'Histoire e il mondo del teatro si veda, di Cynthia Craig, Representing anxiety. The figure of the actress in Casanova's Histoire de ma vie. L'intermédiaire des casanovistes, Genève, Année 2003 XX.  Marco Barbaro (19 luglio 1688-25 novembre 1771), patrizio veneziano del ramo Barbaro di San Aponal, figlio di Anzolo Maria, morto senza figli, lasciò a Casanova un legato di sei zecchini al mese. (Fonte: Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie. Texte intégral du manuscrit original, suivi de textes inédits. Editore Robert Laffont cit. in bibl.  I pag. 997, che rinvia a Salvatore di Giacomo, Historia della mia fuga dai Piombi, Milano)  Marco Dandolo, patrizio veneziano del ramo Dandolo di San Giovanni e Paolo. Documento: Testamento di Marco Dandolo 28 marzo 1779 in Archivio di Stato di Venezia. Legato testamentario "...Raccomando alla loro bontà la persona di Giacomo Casanova, che mi fu in tutta la sua vita attaccato col cuore, e amoroso alla mia persona, e che ha mostrato in ogni tempo la più comendabile gratitudine a' miei pochi benefizj. Dichiaro che a lui appartengono tutti i mobili, che sono nella stanza in cui dorme.......... Al suddetto Giacomo Casanova lascio il mio orologio d'oro e le mie quattro possate d'argento"  (Fonte: L'Histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Michele Mari, cit. in, pag.29 nota 104).  L'identificazione di "Henriette" insieme a quella di "Suor M.M." è stato uno degli argomentipiù dibattuti dai casanovisti. Il motivo di tante accanite ricerche è connesso con la centralità sentimentale di questi due personaggi nella vita di Casanova. Il nome di Henriette ricorre di con tinuo nelle Memorie e la sua identità è stata mascherata accuratamente dall'autore. Tra le identificazioni che si sono susseguite quelle più autorevoli sono da ascrivere a: John Rives Childs  (1960), che sostenne trattarsi di Jeanne-Marie d'Albert de Saint Hyppolite, nata il 22 marzo 1718, sposata a Jean-Baptiste Laurent Boyer de Fonscolombe, nipote di Joseph de Margalet, proprietario del castello di Luynes, che si trova nella zona descritta da Casanova come quella di residenza di Henriette. Helmut Watzlawick (1989), che sostiene trattarsi di Marie d'Albertas, nata a Marsiglia il 10 marzo 1722. Louis Jean André (1996), che avrebbe identificato Henriette in Adelaide de Gueidan (1725-1786). Quest'ultima ricostruzione è sostenuta da un apparato critico impressionante che, attraverso una raccolta minuziosa di elementi (lettere, atti, iconografia, topografia della zona), conduce a una notevole verosimiglianza dell'identificazione. Immagini del castello di Valabre, residenza della famiglia De Gueidan, che secondo André corrisponderebbe perfettamente alla descrizione datane da Casanova senza nominarlo, sono visibili qui. Manca ancora però la prova inoppugnabile, una lettera o un qualsiasi manoscritto del Casanova stesso che consenta l'identificazione certa.  Molti studiosi hanno tentato l'identificazione di suor M.M. Lo studio più completo sull'argomento si deve a Riccardo Selvatico, che la identifica con Marina Morosini (R. Selvatico, Note casanovianeSuor M.M. Atti dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti T. CXLII (1983-84) pag. 235-266.  Sul rapporto tra romanzo e autobiografia nelle Memorie si veda tra gli altri L'Histoire de ma vie di Giacomo Casanova Michele Mari, pag. 237 e seguenti, cit. in.  Balletti era il nipote della Fragoletta, l'attempata attrice amata dal padre di Giacomo, Gaetano, al seguito della quale era arrivato in giovane età a Venezia. (Fonte: Charles Samaran, Jacques Casanova, Vénitien, une vie d'aventurier au XVIII siècle, Pag. 26, note 1,2,3. Cit. in bibl. con rinvio a un passaggio delle Memorie di Goldoni)  Casanova fu iniziato nella loggia Amitié amis choisis, probabilmente su presentazione di Balletti (Fonte: Jean-Didier Vincent, Casanova il contagio del piacere, cit. in bibl. pag. 145, nota 35).  L'affiliazione di Mozart alla Fratellanza Massonica avvenne il 14 dicembre del 1784, nella loggia “Zur Wohltätigkeit” (Alla Beneficenza) di Vienna (Fonte: Lidia Bramani, Mozart massone e rivoluzionario, pag. 56. Bruno Mondadori, 2005).  Nel novembre del 1750, Casanova ricevette i gradi di Compagno e Maestro nella loggia di S. Giovanni di Gerusalemme (cfr. Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LXIII e LXIV in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.)  Malgrado la diuturna applicazione, il fatto di aver avuto eccellenti maestri come Crebillon e di aver potuto fare ampia pratica durante la permanenza in Francia, il francese di Casanova non fu mai ritenuto sufficientemente perfetto nella forma scritta, soprattutto a causa degli “italianismi” che si riscontrano numerosissimi nelle Memorie. Casanova riferisce con dovizia di particolari il suo incontro con Crebillon e la successiva intensa frequentazione allo scopo di imparare la lingua. Ammette anche i suoi limiti: infatti scrive: Per un anno intero andai da Crebillon tre volte alla settimana ma non riuscii mai a liberarmi dei miei italianismi (Fonte: G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori).  L'imputazione e la sentenza: 21 agosto 1755 Venute a cognizione del Tribunale le molte riflessibili colpe di Giacomo Casanova principalmente in disprezzo publico della Santa Religione, SS. EE. lo fecero arrestare e passar sotto li piombi. Andrea Diedo Inquisitor. Antonio Condulmer Inquisitor. Antonio Da Mula Inquisitor. L'oltrascritto Casanova condannato anni cinque sotto li piombi. Andrea Diedo Inquisitor. Antonio Condulmer Inquisitor. Antonio Da Mula Inquisitor. (VeneziaArchivio di StatoInquisitori di StatoAnnotazioniB. 534245)  Riferte di Giovanni Battista Manuzzi, confidente degli Inquisitori di Stato Incaricata la mia obbedienza dal Venerato Comando di riferire chi sia Giacomo Casanova, generalmente rilevo ch'è figlio di un comico e di una commediante; viene descritto il detto Casanova di un carattere cabalon, che si fa profittare della credulità delle persone come fece col N.H. Ser Zanne Bragadin, per vivere alle spalle di questo o di quello... Giovanni Battista Manuzzi, 22 marzo 1755....Mi sovvenne allora che lo stesso Casanova parlato mi avea ne' giorni passati della Setta de' Muratori, raccontandomi i onori e vantaggi che si hanno ad essere nel numero de' confratelli, che vi aveva dell'inclinazione il N.H. Ser Marco Donado per essere arrolato a detta Setta... Giovanni Battista Manuzzi, 12 luglio 1755.  Secondo il casanovista Pierre Gruet, il motivo fondamentale dell'arresto di Casanova è da ricercare proprio nella relazione con suor M.M. che, se l'identificazione con Marina Morosini è corretta (sul punto si veda R. Selvatico, Note casanovianeSuor M.M. Atti dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti), apparteneva ad una delle più potenti famiglie del patriziato veneziano. I Morosini avrebbero quindi fatto pressioni sugli inquisitori per far cessare la scandalosa situazione. Cfr. Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie. Texte intégral du manuscrit original,....Ed. Laffont, cit. in bibl. Vol I, pag 1065. Bibliografiche    Giacomo Casanova, Histoire de ma vie, Wiesbaden-Paris, F. A. Brockhaus-Librairie Plon, 1960-62.   Giacomo Casanova, Examen des "Etudes de la Nature" et de "Paul et Virginie" de Bernardin de Saint Pierre, 1788-1789127.  Carlo Goldoni, Memorie, Torino, Einaudi, 1967158.  Fonte: Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LVI in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.  G.Casanova,Storia della mia vita, Mondadori 2001,  I, pag. 502 cit. in bibl.  (Fonte: P.Molmenti, Carteggi casanoviani)  (Fonte E.Grossato, Un bizzarro allievo dello Studio Padovano. Giacomo Casanova, in Padova e la sua provincia)  (Fonte: P.Del Negro, Giacomo Casanova e l'Padova, estratto da Quaderni per la storia dell'Padova n°25, 1992)  Aprile, maggio 1741 secondo la cronologia delle Memorie. Cfr. Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LVIII in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.  (Fonte: Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LXIII in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.)  Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LXIII e LXIV in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.  Fonte: Silvio Calzolari, Vita, Amori, Mistero di un libertino veneziano, cit. in bibl. pag.32: Ma perché fu fermato? Non aveva da scontare alcuna pena. L'arresto fu probabilmente organizzato dal Grimani che voleva dargli una lezione per aver venduto di nascosto i mobili della casa paterna e per aver maltrattato un suo incaricato, Antonio Razzetta, che doveva occuparsi della questione.  Si veda di Furio Luccichenti, La prassi memorialistica di Giacomo Casanova, L'Intermédiaire des casanovistes, XII (1995), pag. 27 e seguenti.  Si veda di Pierre-Yves Beaurepaire, Grand Tour', ‘République des Lettres' e reti massoniche: una cultura della mobilità nell'Europa dei Lumi », in Storia d'Italia, Annali 21, La Massoneria, Gian Mario Cazzaniga, Torino, Giulio Einaudi, 200632-49  cfr. Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LXIII e LXIV in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.  cfr. Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LXIII e LXIV in Casanova, Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl,  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova, pag. 140 e seguenti, cit. in bibl.  Fonte: Bruno Rosada, Il Settecento veneziano. La letteratura, Venezia, Corbo e Fiore, 2007, pag. 231, cit. in bibl.  Riguardo alla paternità del quadro in questione, la precedente attribuzione a Mengs (risalente a Johann Joachim Winckelmann) è stata praticamente abbandonata dalla critica e, allo stato delle ricerche, il quadro è probabilmente attribuibile a Francesco Narici, pittore di origine genovese attivo a Napoli. La tela fu scoperta nel 1952 a Milano da un restauratore di Bologna: Armando Preziosi, il quale sosteneva di aver trovato tra la cornice, sicuramente coeva, e il quadro, un biglietto manoscritto che recava le parole Jean-Jacques Casanova 1767. Il fatto che il soggetto rappresentato possa effettivamente essere Giacomo Casanova, si basa su una serie di dati che sono: l'osservazione delle fattezze, soprattutto il naso; il fatto che essendo il quadro a grandezza naturale consenta di ipotizzare trattarsi di un uomo della stessa statura di Casanova che è nota; il fatto che i tratti assomiglino in maniera sorprendente all'altro quadro, di mano del fratello Francesco, di sicura attribuzione, sia per l'autore che per il soggetto. Inoltre l'insieme del ritratto: l'amorino, i libri, fanno pensare a una simbologia molto affine al personaggio di Casanova che, pur nello stile di vita brillante e mondano, teneva sempre a porsi come un letterato. Il quadro passò, nel 1993, da Preziosi alla collezione privata del casanovista Giuseppe Bignami di Genova. Per documentarsi sull'argomento si veda: Giuseppe Bignami, Aggiornamenti e proposte sull'iconografia casanoviana, in L'intermédiaire des casanovistes  XI, 1994, pagg. 17-23. Il mondo di Giacomo Casanova.... (catalogo della mostra a Ca' Rezzonico, 1998, cit. in bibl.). Giuseppe Bignami, Casanova tra Genova e Venezia, La Casana, n° 3 luglio-settembre 2008, pag. 25-37. Una summa dell'iconografia casanoviana, che si compone di nove opere di cui soltanto due di sicura attribuzione, è consultabile in Casanova, la passion de la liberté, catalogo della mostra organizzata dalla BNF,, Parigi, Coédition Bibliothèque nationale de France / Seuil, pag.68-71  Marino Balbi (1719-1783), monaco somasco. Era un patrizio veneziano appartenente a una casata barnabota, cioè a una di quelle famiglie patrizie che avevano perso ogni ricchezza e i cui membri erano ridotti a vivere di espedienti. Erano detti barnabotti in quanto gravitavano intorno a Campo San Barnaba (Fonte: L'histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Michele Mari, pag. 22, citato in ).  Si trattava di un certo Andreoli, custode del palazzo, che il Casanova vide approssimarsi, da una fessura del portone, "in parrucca nera e con un mazzo di chiavi in mano". Sul punto, per maggiore approfondimento, si veda il commento di Riccardo Selvatico Cento note per Casanova a Venezia, Furio Luccichenti, ed. Neri Pozza 1997, pag. 316.  Sentenza di condanna a carico di Lorenzo Basadonna, carceriere del Casanova Lorenzo Basadonna era custode delle Prigioni de Piombi, che esisteva nei camerotti per difetti del suo ministero, da quali ne provenne la fuga al primo novembre decorso da Piombi stessi delBalbi somasco, e di Giacomo Casanova, che vi erano condannati, per tenui motivi di contrasto con Giuseppe Ottaviani pur condannato ne' camerotti, ne commise la interfezione. Presi dal Tribunale gl'essami per rilevare l'origine, e i modi del non ordinario avvenimento, risultò infatti per la confessione stessa del reo il caso per proditorio in ogni sua circostanza. Tutto che però meritasse il supplizio maggiore, la clemenza del Tribunale con pieni riflessi di carità e di clemenza è devenuta alla sentenza qui contro estesa''. Alvise Barbarigo Inq.r Lorenzo Grimani Inq.r Bortolo Diedo Inq.r 175710 giugno. Lorenzo Basadonna sia condannato ne' Pozzi per anni dieci. Alvise Barbarigo Inq.r Lorenzo Grimani Inq.r Bortolo Diedo Inq.r Venezia, Archivio di Stato, Inquisitori di Stato, Annotazioni, R. 535 c.83.  Jeanne Camus de Pontcarré marchesa d'Urfé 1705-1775, sposò nel 1724 Louis-Christophe de Lascaris d'Urfé de Larochefoucauld marchese di Langeac, dal quale ebbe tre figli. Rimase vedova nel 1734 (Fonte: G. Casanova Storia della mia vita, ed. Mondadori 2001,  II pag.1634 nota)  G. Casanova, Historie de ma vie, Libro 2, Volume 5, Capitolo 3  Molti commentatori hanno avanzato dubbi sul racconto casanoviano relativo all'istituzione della lotteria, che sarebbe servita a finanziare la costruzione della École militaireprogetto che era sostenuto in modo pressante dalla Pompadoure su particolari, relativi all'architettura dell'operazione ideata dai fratelli Ranieri e Giovanni Calzabigi, così come esposti nell'Histoire. Comunque, vista la rilevanza della documentazione, è indubitabile che Casanova abbia svolto un ruolo chiave, probabilmente mettendo a disposizioni le sue forti entrature politiche. Il che dimostrerebbe anche che il rapporto con de Bernis e il suo entourage era molto solido. Sul punto si veda G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori 2001 cit. in bibl.  II, Pag. 164 nota 1, in cui si puntualizza che la lista dei 28 ricevitori, pubblicata nel febbraio 1758, non riporta il nome di Casanova in relazione alla ricevitoria di Rue Saint Denis, citata nel racconto autobiografico. Secondo Samaran, (Jacques Casanova ecc.. Cit. In bibl.) Casanova avrebbe diretto una ricevitoria dal settembre 1758 a tutto il 1759, ma a Rue Saint Martin. Si veda anche Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie…. Éd. Robert Laffont 1993 cit. in bibl.  II, pag 21 nota 4 (con rinvio a C. Meucci, Casanova Finanziere, cit. in bibl. pag. 66 e seg.), pag. 23 nota 2, (con rinvio a A. Zottoli, Giacomo Casanova) e Jean Leonnet, Les loteries d'état en France aux XVIII e XIX siécles. Imprimerie nationale, 1963, pag 15 e seg. Il decreto di fondazione della lotteria è un arrêt delConsiglio di Stato del re Luigi XV, datato 15 ottobre 1757 (BnF, Departement des Manuscrit Française 26469, fol. 198).  Del viaggio nei Paesi Bassi, come incaricato di una missione diplomatica descritto da Casanova, vi è un riscontro obiettivo: il passaporto, ritrovato a Dux, rilasciatogli il 13 ottobre 1758 da Matthys Lestevenon van Berkenroode (1715-1797), ambasciatore della Repubblica delle Sette Province a Parigi dal 1750 al 1762 (Fonte: G. Casanova Storia della mia vita, ed. Mondadori). Il documento originale è riprodotto in Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie. Texte intégral du manuscrit original,.... Ed. Laffont, cit. in bibl. Vol II, Appendice Documents pag. 1193 e seg.  Dopo il naufragio dei progetti matrimoniali di Giustiniana, la madre Anna Gazini (che aveva sposato, dopo la nascita della primogenita, sir Richard Wynne) decise di lasciare Venezia per evitare che i pettegolezzi danneggiassero le altre due figlie, Mary Elizabeth, nata nel 1741, e Teresa Susanna, nata nel 1742. La partenza avvenne il 2 ottobre 1758 (Fonte: Andrea di Robilant, Un amore veneziano, Milano, Mondadori, 2003, pag. 23 e seg. e pag. 120 e seg.).  La lettera autografa di Giustiniana Wynne è andata all'asta all'Hôtel Drouot (Parigi) il 12 ottobre 1999. Il collezionista che l'ha acquistata, e che ha voluto mantenere l'anonimato, ne ha però consentito la pubblicazione integrale (cfr. Helmut Watzlawick, L'Intermédiaire des Casanovistes anno 2003 pag. 25)  «...siete filosofo, siete onesto, avete la mia vita nelle mani, Salvattemi se c'è ancora rimedio, e se potete...»  G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori, Edizione 2001,  II, pag. 394, cit. in bibl.  Histoire, volume 15, capitolo XIX  Nous avons ici une espèce de plaisant qui serait très capable de faire une façon de Secchia Rapita, et de peindre les ennemis de la raison dans tout l'excès de leur impertinence... (Fonte: Œuvres complètes de Voltaire avec des notes... Parigi 1837,  II pag. 91)  Fonte: Frédéric Manfrin in Casanova, la passion de la liberté, Parigi, Coédition Bibliothèque nationale de France / Seuil,, Chronologie, pag. 221.  G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori 2001,  II, pag. 1508 cit. in bibl.  Marie Anne Geneviéve Augspurger, detta La Charpillon, (circa 1746-1778), nota cortigiana londinese (Fonte: G. Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori 2001,  III pag.117 nota).  Un riscontro del soggiorno di Casanova a Berlino deriva da una annotazione nel diario di James Boswell, datata 1º settembre 1764, in cui lo scrittore scozzese accenna all'incontro avvenuto da Rufin, cioè alla locanda Zu den drei Lilien (Ai tre gigli) in Poststraße, dove anche Casanova alloggiava. In particolare scrive: Ho mangiato da Rufin dove Nehaus, un italiano, voleva brillare come grande filosofo e quindi sosteneva di dubitare di tutto, a cominciare dalla sua stessa esistenza. Lo ritenni un perfetto cretino. (A.Pottle, The Yale edition of the Private Papers of James Boswell, London 1953,  IV, pag. 67). Il nome Nehaus è la traduzione di Casanova in tedesco (con un errore di grafia = Neuhaus) e risulta che Casanova abbia usato il suo cognome tradotto, con diverse forme. Ad esempio, in una lettera a lui indirizzata a Wesel, si legge come destinatario comte de Nayhaus de Farussi, Farussi era il cognome della madre del Casanova. (Fonte: Helmut Watzlawick, Casanova and Boswell, nota in L'Intermédiaire des Casanovistes, XXIII 2006, pag 41).  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova, cit. in bibl. Cap. XVII pag. 271. Casanova passò la frontiera russa a Riga sotto il nome di Farussi, cognome della madre (cfr. Helmut Watzlawick, Chronologie, pag. LXXIV in Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.)  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova, cit. in bibl. Cap. XIX pag. 273, 274. Secondo quanto affermato nelle Memorie, Casanova incontrò varie volte la sovrana, sottoponendole vari progetti, ma senza alcun risultato.  Franciszek Ksawery Branicki, conte di Korczak, (1730–1819). Sul contesto storico in cui si muoveva Branicki, che era un rappresentante della nobiltà filorussa, la cui collusione con la potente nazione vicina rappresentò un vero e proprio tradimento, si può consultare la voce dedicata a Tadeusz Kościuszko, in particolare il paragrafo "Ritorno in Polonia".  Anna Binetti (cognome di nascita Ramon) celebre ballerina, nota in tutta Europa. Sposò nel 1751 il ballerino Georges Binet. Dopo il ritiro dalle scene (circa 1780) si dedicò all'insegnamento della danza a Venezia (Fonte: G. Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori 2001,  III pag.1183 nota)  G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori 2001,  III, pag. 285 e seguenti, cit. in bibl.  La vicenda sollevò un clamore notevole e fu riportata nelle cronache. Una descrizione dei fatti, che ricalca sostanzialmente il racconto casanoviano e ne attesta la veridicità, si trova in una lettera datata 19 marzo 1766, scritta da Giuseppe Antonio Taruffi, segretario del nunzio apostolico Antonio Eugenio Visconti, e spedita da Varsavia a Francesco Albergati Capacelli (Ernesto Masi, Ed. Zanichelli Bologna, 1878. La vita i tempi gli amici di Francesco Albergati pagg. 196 e seg. e nota 1 pag. 203.)  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova, cit. in bibl. Cap. XIX pag. 288.  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova, cit. in bibl. Cap. XIX pag. 293. Cfr. anche, per la data di morte di Bragadin e la data in cui la notizia fu appresa da Casanova (26 ottobre), Helmut Watzlawick, Chronologie, in Histoire de ma vie, tome I. Édition publiée sous la direction de Gérard Lahouati,, cit. in bibl.)  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova. I soggiorni romani di Casanova furono tre: il primo dal 1º settembre 1743 al 23 febbraio 1744; il secondo dal dicembre 1760 al 5 febbraio 1761; il terzo dal 14 maggio 1770 a fine maggio 1771. I personaggi descritti, numerosissimi, sono noti alle cronache del tempo e quindi è possibile ritenere veridico il racconto che consente riscontri obiettivi. Uno dei riscontri è costituito da un documento che certifica la presenza a Roma del Casanova durante la Quaresima del 1771. Documento: Stato delle anime 1771, in Registri parrocchiali di S.Andrea delle Fratte Piazza di SpagnaCasa del Conservatorio di S.Eufemia Francesco Poletti anni 51 M. Angela moglie.anni 40 Margarita figlia zitella anni 16 Tommaso figlio anni 20 Vincenzo figlio anni 14 Anna Proli serva anni 40  Piggionanti  Giovanni Nicolao Fedriani anni 22 Giuseppe fratello anni 18 D. Giacinto Cerreti anni 37 Il signor Giacomo Casanova...anni 46  L'immobile in questione è quello, antistante l'Ambasciata di Spagna, sito nella piazza all'attuale numero civico 32. L'abitazione del Casanova era al secondo piano. (Fonte: A.Valeri Casanova a Roma cit. in bibl.)   Si è a lungo discusso circa l'esistenza di ulteriori capitoli che dovrebbe essere comprovata dal titolo originale dell'opera: Histoire de ma vie jusqu'à l'an 1797, come risulta dalla prima pagina della prefazione. Tuttavia ciò rimane solo un'ipotesi, perché non è stato mai trovato un manoscritto riguardante il periodo successivo al 1774. Va quindi considerato che, fino alla data in questione, la fonte primaria delle vicende di Casanova sono le sue Memorie; dopo il termine temporale delle medesime ci si è basati su epistolari o notizie di altro tipo: scritti di contemporanei, registrazioni amministrative, notizie apparse su gazzette. Alcuni autori hanno tentato una ricostruzione cronologica dei fatti utilizzando i documenti disponibili, tra cui il Brunelli (Bruno Brunelli, Vita di Giacomo Casanova dopo le sue memorie, cit. in bibl.) e il Bartolini (Elio Bartolini, Casanova dalla felicità alla morte 17741798, cit. in bibl.). Evidentemente le notizie riguardanti il periodo compreso temporalmente nelle Memorie sono enormemente più numerose di quelle relative al periodo successivo. Circa l'attendibilità e la precisione delle notizie riportate nelle Memorie, il dibattito è stato amplissimo, ma numerosissimi riscontri ne hanno comprovato la sostanziale veridicità.  Il viaggio da Trieste a Venezia iniziò il 10 settembre 1774; la data è verificabile da una notizia apparsa sulla Gazzetta Goriziana “Sabato 10 corrente è passato per qua il signor Giacomo Casanova di Saint Gall celebre per li diversi famosi incontri da lui avuti, girando l'Europa; come non meno per le opere da lui stampate, fra le quali abbiamo già annunziato in un nostro foglio la Storia delle vicende di Polonia; ha egli inaspettatamente ottenuto il suo perdono e dopo venti anni si è restituito a Venezia sua patria”. (fonte: Rudj Gorian Editoria e informazione a Gorizia nel Settecento: la “Gazzetta goriziana”, Trieste, Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia, pag. 221-223).  È da osservare che la notorietà del personaggio era grande e che anche della sua attività di scrittore, oltre che di avventuriero, si parlava molto, negli ambienti intellettuali, ancor prima del suo rientro a Venezia. In una lettera datata Venezia Elisabetta Caminer, rivolgendosi a Giuseppe Bencivenni Pelli, scrive "...È dunque costì quel famoso Casanova che ha fatto tante pazzie e alcune cose buone? Io lo conosco assai di nome, e mio padre lo conosce anche di persona. Ditemi, in che le sue maniere sono diverse dalle vostre? Qual tuono è il suo? Voi già sapete la sua prodigiosa fuga da' piombi di Venezia. Stampa egli codesta sua Storia della Polonia? Avete voi letta la sua confutazione dell'opera di Amelot della Houssaye?..." (Fonte: Rita Unfer Lukoschik,  Lettere di Elisabetta Caminer, organizzatrice culturale, Edizioni Think Adv, Conselve, Padova, 2006).  Si tratta di Lorenzo Morosini, Alvise Emo, Pietro Pisani, Nicolò Erizzo, Andrea Tron, Sebastiano Venier.  L'elenco completo dei sottoscrittori è consultabile in: G. Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori 1965, Piero Chiara, vol VII. (pag.293 e seg.)  Delle lettere di Casanova alla Buschini non resta nulla ma, poiché spessissimo la Buschini, nel testo, ripete le notizie inviatele e le richieste di notizie rivoltele, è facile ricavare, almeno in parte, il testo delle lettere ricevute. A Dux sono state reperite da Aldo Ravà 38 lettere di Francesca Buschini che coprono il periodo dal luglio del 1779 all'ottobre del 1787. Di queste, 33 sono state riportate nel volume Lettere di donne a Giacomo Casanova Aldo Ravà, Milano, Treves 1912 cit. in bibl. L'edizione critica più recente delle lettere di Francesca Lettres de Francesca Buschini à G. Casanova, 1996, è stata edita Marco Leeflang, Utrecht, Marie-Françose Luna, Grenoble, Antonio Trampus, Trieste, cit. in bibl. La corrispondenza consente di ricostruire gli anni successivi al secondo esilio di Giacomo Casanova. Attraverso esse si vive il dramma umano della Buschini la quale, col passare degli anni, era sempre più avvolta da una cupa povertà, da dolori familiari causati dal fratello, che praticamente viveva alle sue spalle e dalla madre, che col tempo diveniva sempre più intollerante. Quando Casanova dovette sospendere i suoi aiuti in denaro, essendo ormai nell'impossibilità materiale di inviarne, la Buschini si ritrovò letteralmente in mezzo alla strada, dovendo lasciare l'appartamento di Barbaria delle Tole, non avendo più la possibilità di pagare l'affitto. Nessuna notizia ulteriore ci è giunta, ma la sua testimonianza di lenta emarginazione è oltremodo toccante.  A.Ravà, Lettere di donne a Giacomo Casanova, cit. in bibl. p.176 e nota. Fonte dell'ammontare del canone: A.Ravà,  J. Marsan, Sui passi di Casanova a Venezia. Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova, cit. in bibl. pag. 347  Fonte: G. Casanova, Analisi degli studi sulla natura... G. Simeoni. Ed. Pendragon 2003, pag. 9. Il testo del libello è stata oggetto di una pubblicazione a tiratura limitata Furio Luccichenti, ed. Il collezionista 1981. Si è ipotizzato che il Grimani abbia incaricato della redazione della replica Girolamo Molin, tuttavia il libello non fu mai dato alle stampe all'epoca, ma fu fatto circolare in forma manoscritta (Fonte: Bruno Brunelli, Vita di Giacomo Casanova dopo le sue memorie, cit. in bibl. pag.68 nota 9).  Foscarini morì il 23 aprile del 1785.  Il conflitto con la servitù del castello divenne con gli anni sempre più acuto, tanto da far giudicare insostenibile la permanenza al castello del maggiordomo Georg Feldkirchner, che fu infatti rimosso dall'incarico. La diatriba fu poi oggetto dell'opera Lettres écrites au sieur Faulkircher... (vedi in ) nella quale Casanova trasfuse tutto l'astio accumulato per le persecuzionia suo diresubite.  Il concetto è ripreso da un passo di Piero Chiara (cfr. G. Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori 1965, Piero Chiara, vol VII. pag.13, 14)...Ma il Casanova è quello che è, e non vuole essere altro; vero eroe del suo tempo per l'audacia, la sincerità con la quale lo visse, allo sbaraglio, senza temere i colpi di spada o di pistola, il carcere o l'esilio, pur di consumare fino all'ultimo l'avventura della sua esistenza in un'epoca in cui la vita era un'opera d'arte e si poteva farne, con vera gioia, un capolavoro dei sensi.....  Il casanovista Helmut Watzlawick ha pubblicato (cfr. L'intermédiaire des casanovistes, anno XXIII, 2006 pag. 38) una breve nota intitolata Lieu de sepolture de Casanova, in cui riferisce la notizia, comunicatagli da uno studioso tedesco, Hermann Braun, di una testimonianza sull'argomento individuata nell'opera di un memorialista e storico coevo al Casanova: Johann Georg Meusel (1743-1820), professore di storia a Erlangen. Meusel, nella sua opera Archiv für Künstler und Kunst-Freunde (Dresda, 1805  I parte seconda, pag. 172) fa il seguente commento: «L'aîne, Jacques Casanova, Docteur en Droit de Padoue et bibliothécaire de Comtes de Waldstein-Warthemberg, à Dux en Bohème, où il mourût aussi, immortalisé par un monument plein de goût que le Comte lui a fait ériger dans son jardin, où il le faisait aussi enterrer selon son propre désir.» Pare quindi evidente che la sepoltura fosse ubicata all'interno del parco del castello e il conte vi avesse fatto erigere un monumento “pieno di gusto” in memoria del suo bibliotecario. Il conte Waldstein aveva certamente dell'affetto per Casanova, oltre al legame derivante dalla comune appartenenza alla Massoneria, se è vero che gli conferì un incarico formale di bibliotecario ma in pratica, visto lo scarso impegno che comportava, una pensione, che lo mantenne per lunghi anni provvedendo a tutti i suoi bisogni e che spesso dovette far fronte ai suoi debiti, talvolta cospicui, con gli editori. È quindi più che logico che abbia deciso di onorarne la memoria con una sepoltura degna e con un monumento funebre. Inoltre il Meusel è conosciuto come un biografo scrupoloso e non avrebbe avuto motivo per inventare un dettaglio facilmente verificabile da parte dei suoi lettori, tra i quali Francesco Casanova, fratello minore di Giacomo e famoso pittore, al quale Meusel dedicò, nella medesima opera, un contributo biografico e che era ancora in vita al tempo della redazione dell'opera. Come sostiene Watzlawick, per avere la prova certa, bisognerebbe revisionare la contabilità del castello al momento della morte del Casanova, cercando la traccia dei pagamenti effettuati per la sepoltura e l'erezione del monumento.  Edizione in tre tomi basata sul manoscritto conservato presso la BNF, con le varianti di testo relative a passi rimaneggiati dall'autore. Attualmente () è l'edizione critica di riferimento.  Archivio Alinari, su alinariarchives.  Archivio GrangerNew York  Opere di LonghiCasanovaUbication: Firenze  Miti e personaggi della modernità: Dizionario di storia, letteratura, arte, musica e cinema, edizioni Bruno Mondadori,: «Nell'arte. Di Casanova esistono alcuni ritratti, tra cui un dipinto giovanile a opera del fratello, uno di Lon ghi che lo raffigura all'epoca della maturità (Collezione Gritti, Venezia), e un terzo attribuibile a Mengs» (NDR: oggi quest'ultimo è attribuito a Francesco Narici)  Il quadro, conservato un tempo nella collezione Gritti di Venezia, poi a Firenze, e qua riprodotto in bianco e nero in una fotografia o una stampa eseguita forse negli anni '30, sarebbe stato eseguito presumibilmente nel 1774 allorché Casanova rientrò a Venezia dall'esilio. Sembra si trattasse di un lavoro a olio su tavola di dimensioni sconosciute donato dall'artista a un membro della famiglia Gritti. Successivamente passò a Francesco Antonio Gritti di Treviso, zio materno dell'avvocato Ugo Monis di Roma che lo ereditò dalla sorella di Francesco Antonio, Maria Gritti Rizzi. Nel 1934 il quadro faceva ancora parte della collezione di Monis. Molto dubbia l'identificazione del Casanova nel soggetto ritratto che apparentemente non sembra superare la quarantina mentre, all'epoca in cui dovrebbe essere stato eseguito il ritratto, Casanova era vicino ai cinquant'anni. Una summa dell'iconografia casanoviana, che si compone di nove opere di cui soltanto due di sicura attribuzione, è consultabile in Casanova, la passion de la liberté, catalogo della mostra organizzata dalla BNF,, Parigi, Coédition Bibliothèque nationale de France/Seuil, pag.68-71. Su Alessandro Longhi si veda l'amplissimo studio di Paolo Delorenzi (consultabile su Ca' Foscari online). In particolare a pag. 237 vengono riassunte le vicende del ritratto con richiami bibliografici a Ver Heyden De Lancey C., Les portraits de Jacques et de François Casanova, «Gazette des Beaux-Arts», Bernier G., Beau garçon, Casanova?, «L‟OEil», La questione è stata oggetto di un cospicuo dibattito sul quale spesso ha pesato il giudizio moralmente negativo circa la personalità dell'autore. Soprattutto al primo apparire di opere critiche sulla questione, cioè alla fine dell'Ottocento, primi del Novecento, si tendeva a separare la indiscussa validità storica delle Memorie, nel loro complesso, dal giudizio di riprovazione morale nei confronti dell'autore e dei passi delle memorie ritenuti sconvenienti. Posizione questa ad esempio assunta da Benedetto Croce il quale si occupò ripetutamente di personaggi e vicende casanoviane (si veda: Personaggi casanoviani in Aneddoti e profili settecenteschi, ed. Sandron 1914) pur definendo le Memorie "un libro osceno" (B.Croce, Salvatore di Giacomo e il canto del grillo in "la Critica"). Col tempo il valore storico e letterario cominciò ad avere sempre più numerosi sostenitori, come Ettore Bonora il quale scrisse...fissati i loro limiti. i Mémoires restano un libro eccezionale, rappresentativo quant'altri mai del mondo settecentesco, un libro che, per la sua stessa ricchezza di materiali quanto pochi altri, può rivelare a un lettore paziente lo spirito della vecchia società che la Rivoluzione doveva distruggere (E.Bonora Letterati, memorialisti e viaggiatori del Settecento, pag 717, citato in ). Fonte: T. Iermano, Le scritture della modernità, citato in.  Emblematico a questo riguardo è il caso del romanzo utopistico Icosameron (Praga, 1788) che costituì un tale insuccesso editoriale da minare definitivamente la già non florida situazione finanziaria del Casanova. Malgrado gli sforzi dei volenterosi sottoscrittori, si accumulò una perdita di duemila fiorini, secondo una nota autobiografica rinvenuta a Dux, di ottocento zecchini secondo una lettera a Pietro Antonio Zaguri. Cifre comunque di grande rilievo che costrinsero l'incauto scrittore e improvvisato editore a ricorrere a prestiti usurari, dando in pegno i pochissimi beni residui e perfino capi di vestiario (Fonte: Elio Bartolini Vita di Giacomo Casanova, ed. Mondadori 1998, pag. 389 e seg.).  Fonte: Elio Bartolini, Vita di Giacomo Casanova. La redazione della Confutazione fu soltanto uno dei tanti elementi della lunga strategia che condusse all'ottenimento del perdono da parte delle autorità della Repubblica e il consenso al ritorno in patria dell'esule, il che avvenne peraltro anni dopo. La pubblicazione dell'opera fu sicuramente appoggiata da Girolamo Zulian il quale, pur privo di parentele influenti, stava compiendo un percorso politico lusinghiero e attraverso il sostegno a Casanova si aspettava di ottenere dai patrizi che lo appoggiavano, alcuni dei quali molto influenti come i Memmo e il procuratore Lorenzo Morosini, di essere aiutato a sua volta nel prosieguo della carriera. Zulian era anche vicino ad ambienti massonici il che spiegava ulteriormente il suo agire. Sul gruppo di patrizi che sosteneva le ragioni di Casanova ed era fautore del perdono si veda Piero Del Negro, Il patriziato veneziano nell'Histoire de ma vie, in L'Histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Michele Mari, cit. in, pag.25, 26 nota 90. Si veda inoltre la lettera di Casanova a Zulian scritta da Lugano nel luglio del 1769, Epistolario  di Giacomo Casanova, Piero Chiara, cit. in bibl. pag. 105,106.  Il brano, un ritratto in prosa, fu intitolato dall'autore Aventuros. De Ligne riuscì a cogliere con straordinaria esattezza e rendere con estrema obiettività gli elementi del carattere del Casanova. Il passo può essere consultato qui (Mémoires et mélanges historiques et littéraires, ed. Ambroise Dupont et C. Parigi 1828).  Su come Casanova esercitasse il suo fascino sull'uditorio, con il racconto delle sue avventure, vi è una testimonianza assai qualificata, per lo spessore del personaggio, che è stata lasciata da Alessandro Verri il quale, in una lettera al fratello Pietro, inviata da Roma nel 1771, scrive:...V'è un certo uomo straordinario per le sue avventure, per nome il signor Casanova, Veneziano: egli è attualmente in Roma. Egli ha molto spirito e vivacità; ha viaggiato tutta l'Europa...Fu posto nei camerotti a Venezia...gli riuscì di fuggire...Egli racconta questa dolorosa anecdota della sua vita, successagli quindici anni or sono, con tanto interesse e forza, come se gli fosse accaduta ieri... Alla risposta del fratello, che avanzava dei dubbi sulla veridicità del racconto, Alessandro replicava:...Ultimamente gliel'ho sentita raccontare da lui stesso. Egli ha tutta l'apparenza di dire la verità: scioglie le obiezioni, ed ha un'eloquenza naturale ed ha una forza di passione che v'interessa infinitamente.. Fonte: Riccardo Selvatico Cento note per Casanova a Venezia, Furio Luccichenti ed. Neri Pozza 1997.  La lettera, datata Dux 8 aprile 1791 è consultabile in: G. Casanova, Storia della mia vita ed. Mondadori 1965, Piero Chiara, vol VII. pag. 340  Alla morte di Casanova, il manoscritto originale dell'Histoire, unitamente a quattro saggi, passò a Carlo Angiolini che nel 1787 aveva sposato Marianna, figlia della sorella di Giacomo, Maria Maddalena. Quest'ultima aveva lasciato Venezia raggiungendo la madre Zanetta a Dresda, dove aveva sposato l'organista di corte Peter August. Il manoscritto e i quattro saggi furono venduti, nel 1821, all'editore Brockhaus. Il 18 febbraio, il ministro francese della cultura, Frédéric Mitterrand, ha annunciato l'acquisto del manoscritto dell'Histoire e degli altri carteggi di proprietà di Hubertus Brockaus, da parte della Bibliothèque nationale de France.  Molti studiosi hanno analizzato, parola per parola, l'adattamento operato da Laforgue giungendo alla conclusione che si è trattato di una vera e propria riscrittura. Un'interessante analisi della questione è quella operata da Philippe Sollers (Il mirabile Casanova). L'autore procede per exempla, indicando il passo com'era stato scritto da Casanova e la versione di Laforgue, mettendo in luce la raffinatezza e la meticolosità con cui era stata operata la trasformazione (o meglio manomissione) dell'intera biografia, al duplice fine di ammorbidire i passaggi ritenuti troppo licenziosi e modificare l'ideologia dell'autore, attenuando o eliminando le affermazioni che mostravano, ad esempio, l'animosità nei confronti del popolo francese e dei crimini (tali Casanova li giudicava) di cui si era reso responsabile durante la rivoluzione, cosa diffusa tra molti intellettuali dell'epoca, anche non espressamente conservatori comunque legati al vecchio mondo, (come Vittorio Alfieri, nella Vita scritta da esso e nel Misogallo).  G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori 2001,  I pag. 733, cit. in bibl.  A questo proposito de Ligne scrive...le sue memorie, il cui cinismo,tra l'altro, pur essendo il loro più grande pregio, difficilmente le renderà pubblicabili. (C.J. de Ligne, Aneddoti e ritratti, pag. 189, cit. in bibl.),  Illuminante, a questo riguardo, il passo di una lettera datata 20 febbraio 1792, inviata da Casanova a Giovanni Ferdinando Opiz in cui lo scrivente dichiara: Per ciò che riguarda le Mie Memorie, più l'opera va avanti più mi convinco che è fatta per essere bruciata. Da questo potete capire che fin quando saranno in mie mani non verranno certo pubblicate. Sono di una tale natura di non far passare la notte al lettore; ma il cinismo che vi ho messo è tanto spinto che passa i limiti posti dalla convenienza all'indiscrezione (Fonte: Epistolari 1759-1798 di Giacomo Casanova, Piero Chiara, ed. Longanesi & C.)  Si veda in Giacomo Casanova tra Venezia e l'Europa, Gilberto Pizzamiglio, Editore Leo O. Olschki 2001, pag. 171, cit. in bibl.  G. Casanova, Storia della mia vita, Mondadori, Piero Chiara/ L'affermazione si legge nella prefazione dell'Histoire (Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie. Texte intégral du manuscrit original,....Ed. Laffont, cit. in bibl. Vol I, pag 10). Quindi la scelta sarebbe stata orientata soltanto dalla possibilità di maggiore diffusione dell'opera. Ma il pensiero dell'autore viene chiarito, ampliato e approfondito nella cosiddetta “Prefazione rifiutata” (Pensieri libertini, F. Di Trocchio, cit. in bibl. Pag. 55), Casanova dice Ho scritto in francese, perché nel paese dove mi trovo, questa lingua è più conosciuta di quella italiana; perché, non essendo la mia un'opera scientifica, preferisco i lettori francesi a quelli italiani; e perché lo spirito francese è più tollerante di quello italiano, più illuminato nella conoscenza del cuore umano e più rotto alle vicissitudini della vita. Come si vede, la scelta andava ben al di là di un problema di diffusione.  Stendhal fa, nella sua opera, numerosi riferimenti a Casanova e all'Histoire cfr. Promenades dans Rome, Paris, Levy/ Sul punto si veda anche Furio Luccichenti Il casanovismo fra Ottocento e Novecento in L'histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Michele Mari cit. in bibl. pag. 383.  Foscolo, durante il soggiorno londinese, recensiva opere di autori italiani. A proposito dell'Histoire casanoviana scrisse, in due diverse occasioni (sulla Westminster review dell'aprile 1827 e sulla Edinburgh review del giugno dello stesso anno), che il protagonista era di pura fantasia e le vicende narrate completamente inventate.  Balzac si ispirò largamente alle Memorie casanoviane utilizzando personaggi, nomi ed episodi per l'ambientazione veneziana delle sue opere, come nel caso di Facino Cane o per desumere spunti narrativi, come nel caso di Sarrasine. Sul punto si veda Raffaele de Cesare Balzac e Manzoni e altri studi su Balzac e l'Italia, Mondadori. Molte parti del libro, comprese le pagine indicate con relativa note, sono consultabili on line. Sempre sui collegamenti tra l'opera casanoviana e Sarrasine si veda L'histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Michele Mari, cit. in bibl. pag. 95 nota 5 con rimando a J.R. Childs, Casanova. Biographie nouvelle, pag. 64. Ed. Jean-Jacques Pauvert, Paris 1962  Hofmannstahl nel 1898 è a Venezia e scrive al padre:..mi sono comprato le Memorie di Casanova dove spero di trovare un soggetto. Il soggetto fu il Casanova stesso, rappresentato nella commedia L'avventuriero e la cantante (1899) (Fonte: L'avventuriero e la cantante con postfazione di Enrico Groppali, ed. SE).  Schnitzler scrisse varie opere ispirate alla vita dell'avventuriero, tra cui Le sorelle ovvero Casanova a Spa (ed. Einaudi) e Il ritorno di Casanova (ed. Adelphi).  Hesse scrisse il racconto La conversione di Casanova (ed. Guanda 1989) che fu pubblicato nel 1906.  Márai scrisse il romanzo La recita di Bolzano (ed. Adelphi), pubblicato a Budapest, che ha come protagonista l'avventuriero veneziano.  Salvatore di Giacomo "Casanova a Napoli" in Nuova antologia 1922.  Benedetto Croce "Aneddoti di varia letteratura", Napoli 1942. "Di un cantastorie del Settecento e di un luogo delle Memorie di Giacomo Casanova" opera il cui autografo di sei pagine è andato all'asta a Milano il 21.5.92.  Piero Chiara curò per Mondadori (1965) la prima edizione italiana basata sul manoscritto originale delle Memorie, scrisse un saggio Il vero Casanova, Mursia (1977) e molti articoli sull'argomento.  Scrive Casanova in una lettera all'Opiz Scrivo dall'alba alla sera e posso assicurarvi che scrivo anche dormendo, perché sogno sempre di scrivere. (Fonte: Piero Chiara Il vero Casanova, Mursia 1977, pag.209).  Tra le altre si veda Margherita Sarfatti, Casanova contro Don Giovanni, ed. Mondadori (1950), citata in.  La tesi è esposta in modo articolato da Francis Lacassin (Jacques Casanova de SeingaltHistoire de ma vie. Ed. Robert Laffont, I, Préface, pag. X).  Di questo avviso Piermario Vescovo (Il mondo di Giacomo Casanova, pag. 187,, ed. Marsilio 1998, citato in bibl.). Un'analisi particolarmente approfondita si deve ad Andrea Fabiano il quale esamina, in dieci tesi, tutti i motivi che rendono probabile la partecipazione (Giacomo Casanova tra Venezia e l'Europa, G. Pizzamiglio, ed. Leo S. Olschki 2001, pag. 273 e seg.). In sostanza è stato osservato che Da Ponte e Casanova si conoscevano e frequentavano, che Casanova era certamente presente a Praga nei giorni che precedettero la prima, che sia lui che Mozart erano massoni, che una serie d'incidenti aveva procrastinato la rappresentazione, costringendo a varie modifiche del testo per manifesta insoddisfazione di alcuni cantanti, che Casanova era stato sempre molto vicino per gusti e frequentazioni al mondo teatrale e autore egli stesso di opere di teatro quindi perfettamente in grado di apportare le modifiche necessarie. Inoltre sembra assai improbabile che, rientrato a Dux, si mettesse a ipotizzare varianti al testo del libretto per puro passatempo.  Sull’argomento si veda lo studio di Furio Luccichenti, in L'intermédiaire des casanovistes, Genève Année XVII 2000, pag. 21 e seg. In cui vengono minuziosamente riferite le ricerche effettuate, senza esito, nell'Archivio vaticano.   Lettere a G.C. raccolte da Aldo Ravà, Il mondo di Giacomo Casanova, Venezia, Marsilio, Casanova, la passion de la liberté, Parigi, Coédition Bibliothèque nationale de France / Seuil, Robert Abirached, Casanova o la dissipazione, Palermo, Sellerio, Louis Jean André, Memoires de l'Academie des sciences, agriculture, arts & belles lettres d'Aix. Tome 6. Aspects du XVIIIe siecle aixois, Aix-en-Provence, Ed. Académie d'Aix, Maurice Andrieux, Venise au temps de Casanova, Paris, Hachette, 1969. 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Emergono cosi' nuove testimonianze che non solo confermano il suo straordinario fascino esercitato sulle donne ma rivelano anche che il libertino veneziano ebbe in incontri sessuali con uomini. Ad esempio si cita i ripetuti rapporti con un uomo in maschera con cui fa un esplicito giocco erotico. Partendo da verifiche sull'opera autobiografica ''Storia della mia vita'', in cui descrive, con la massima franchezza, le sue avventure, i suoi viaggi e i suoi innumerevoli incontri galanti. Si ipotizza che ha rapporti sessuali (o 'conversazioni') con almeno una ventina di uomini. La prima testimonianza di un rapporto sarebbe legata alla sua adolescenza, quando, in seminario, dove studia per diventare prete, fu scoperto a letto con un uomo, cosa che costa a Casanova l'espulsione del seminario. Ma il numero di uomini con cui Casanova e' stato a letto non e' significativo. E' molto piu' importante sottolineare il *modo* in cui Casanova racconta le sue avventure sessuali con un uomo. E' il primo a sottolineare la qualita' del godimento, ad affermare l'idea che la comprensione del sesso e' la chiave per una comprensione di se'. Oggi, dopo oltre un secolo di dottrina psicoanalitica freudiana, cio' puo' apparire normale, ma nel secolo XVIII non lo era affatto. E questo e' un grande merito di Casanova.L’ultimo amore di Casanova: Una grande storia d'amorebooks.google.com › books· Bertolini · FOUND INSIDE ai tempi di Padova e ai giorni delle lezioni dell'abate Gozzi, che l'aveva istruito con amore per avviarlo al sacerdozio, e con un po' più di passione e di attenzione se lo era portato a letto per iniziarlo alla pratica omosessuale che Casanova si... – Grice: “Casanova was what I regard as a philosopher of sex. He fell for Bellino, an alleged castrato. In bed with  him, Bellino tells him that his name was Teresa and that her penis was an artificial phallus. Bellino had died years before but people wanted a castrato, not a girl with a girl’s voice – and she added that working on the side as a harlot, she found that most clients rather she be a ‘he’!” -- Grice: “His first experience was with a Venetian nobleman; his second one cost him the expulsion from the seminary – Altham alleges he (Casanova, not Altham) slept with “at least” twenty males!” – Grice: “Altham’s favourite is the description of the ‘erotical game’ as masked in Venice -- Giacomo Casanova. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Casanova: conversazione sessuale, conversazione e conversazione” – The Swimming-Pool Library.


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