biografia scientifica. New York: Charles Scribner Sons. L’Heptameron. IONI APOLLO Ni Giuseppe PIETRO R ADANO MELODRAMMA SERIO IN 3 ATTI PER MUSICA ESPRESSAMENTE COMPOSTO maestro da rappresentarsi SULLE SCENE DEL GRAN TEATRO LA FENICE mIIcu iene» t)i/ Gauwv. e. a te perdoni Iddio La colpa inaudita . . . (un rumore la atterrisce ) SCENA iV. * Pietro d’Abàno venendo da parie opposta a quella ove si finge la casa e Detta. Lui. padre mio. Benedici alla figlia . . . ( confusa e piangendo si prò- stra a lui d' innanzi) a che di. pianto Cospersa è la tua gota ?... ahi I ben comprendo ! La miserànda prole Di tal se’ tu, cui l’ire sanguinose PlET. 9 Perseguono dell’ idra, Che umanità si appella: ecco il mio premio De lunghi studi, onde al supremo fato Vorrei fosse involato Ogni mortale ! — o povera infelice, Per la mia destra Iddio ti benedice. — Ma l’aura imbruna, e al prego consueto Appo la dolce madre io già t’attendo Fra poco _ (parte) SCENA V. Luisa sola. Lui. ciel, che intendo 1 — Come soave all’anima Scese il paterno accento, A quai dilette immagini. Rapita ancor mi sento... Mai non verrà che profuga Dal patrio foco io mova; % E Dio, che in me rinnova Di figlia il santo amor. ( move alla volta del¬ la casa — in questo punto di lontano si leva una melanconi¬ ca canzone — Luisa quale estatica si ferma.) 7 oce lontana. Di cupo oceano — m’agita l’onda. Sola è una vela — che tragge a sponda, E sola un’oasi — che in rio cammino Dal sol difende — me peregrino. Deserto, oceano — son la mia vita, Sei tu la vela, — l’oasi romita; Sei tu il bell’angelo — che ni* innamora, * Te solo il core, — te solo adora ! — Lui. ( fremendo ) Ogni fibra il suo flebile sospiro Dolce e fatai m’ investe ; Oh rio martiro! oh voluttà celeste! (la canzone a poco a poco andrà morendo, e se ne sperderà dolce¬ mente la eco per V aure della notte — Luisa prorompe-) l Vieni, il rimorso orribile Spegni deH’alma mia, De' baci tuoi s’innebrii Quest’ empia a te fedel. Vieni, o diletto, involami; Sparsa è di fior la via, Pel cui profumo gli angeli Farien deserto il ciel. (cava un piego si¬ gillato, e lo reca entro alla capanna.) SCENA VI. Passano varii istanti — poi sì vede approdare alla porta diroccata della mura una navicella , da cui scende una persona chiusa in bujo mantello , e dalla riva entra neir orto — è Arnoldo — indi Luisa. ArX. (chiamando a voce sommessa :) Luisa ! fili, (uscendo agitala dalla capanna , fra sè :) o ciel m’aita! Arn. anima mia, Presto fuggiamo: entrambo ne poiria Perdere un solo istante : ornai la queta Onda rischiara il placido pianeta Amico degli amanti, e spira amore Tutto d’intorno... Lui. ah ! taci, (esitando, e con voce Ove a’ sublimi studi il genitore tremante.) li Intende, or lì nella capanna io fui, E, qual m’attorniasse Un àer di loco santo, M’ebbi un prego sul labbro, al ciglio il pianto... I padri miei lasciar no, non poss’io... ABX ( con disperazione) Ho udito il ver? ! Eoi. perdona, idolo mio! — (si gena nelle di lui braccia — gli amanti rimangono atteggiali in amplesso , e piangendo silenziosi alcun tempo , indi :) Ar\. Quando il tuo labbro angelico A me giurava amore Estinto ogni altro palpito Io ti credeva in core ; Ma de’ tuoi padri il bacio All’ amor mio preponi ; Tu, cruda, or m’abbandoni... D’ angoscia io morirò. Lui. (fra sè) Ab ! dal suo labbro angelico Qual mai traspira amore, 0 cielo, ed incolpevole Vuoi d’una donna il core?! Miei padri, addio !! — trafiggenti L’idea del vostro pianto. Ma l’alma a tale incanto Resistere non può. (e risoluta soggiunge:) Or eh’ io li segua — vuol la mia sorte, Ar\. IVemmen dividerci — potrà la morte, Lui. (con amoroso delirio ) Se ancora estinta — esser dovrei, Al tuo lamento — risorgerei. Arv. Giuralo, o cara. — Lui. Pel nostro amor!! Arx. E tale è il voto — di questo cor. A due. Vieni, foggiani, beU’angelo, 12 Nel più deserto loco, Ove a’ mortali incognito Avvampi il nostro foco. Per noi l’Eliso appresta Un antro, una foresta, Delle procelle il fremito Dolce armonia sarà, Se a te d’ accanto vivere i \i Il tuo r- ' ( montano sulla navicella La tua 6 6 P°tia' e fungono rapidamente.) SCENA VII. Comparisce indi sulla riva del fiume una squadra di Scherani, i quali circospetti s internano iteli orto. Coro (sommessamente) Ben fu saggio il comando supremo) Qui protetti dall’ ombre notturne Sul maliardo piombare or dovremo Come spettri evocati dall’ urne. Di tumulto scintilla saria Trarlo in ferri alla luce del sol, Che dell’empio rapito in balia Va un fanatico e giovine stuol. (s' odono in distanza suoni e voci festive) Qual concento ! ALCUNI ScHER. ( uscendo alla riva) dall’ una all’altra sponda Tutta di barche ricoperta è l’onda, Ver qui son volte... Gli altri ( che sono nell’orlo) Zitti, del maliardo Si schiude la magion. Tutti d’ognuno al guardo Per or si fugga, e ascosi dalle fronde Non veduti osserviam. — (si appiattano fra le mac¬ chie e le ruine della mura.) SCENA Vili. 13 Pietro cì'A bàno, Maria, Lucio, e fa migliori con lumi . PlET. ( chiamando ) figlia? — risponde L eco soltanto, e dove è mai?... ( rimarca aperta la capanna — entra.) Mar. nel core Arcano un senso io provo di terrore! — PlET. ( esce pallido in volto — et tiene fra mani il piego che fu lasciato da Luisa , e con voce tremante favella alla moglie -.) Aprire or deggio?... un orrido velame •. Dischiudo io forse . .. ( frange con mano convulsa il sigillo del foglio , e leggendo al chiarore d'una face , esclama .) Ella fuggia ! , l’ infame Pietade implora... ahi!, sorte inesorata, Qual mai strale, qual onta è a noi serbata!! — ( prorompe in un sordo gemito , e cade come tramortito — Maria e gli altri rimangono atteggiati del più amaro cordoglio. — In questo punto dalla parte del fumé si alza un allegro pre¬ ludio di musica, e la seguente:) Serenata: Coro Come l’opale prezioso. Che ha dell’ iride i color, Fra le rupi sei nascoso, 0 bell’angelo d’ amor. Per segreta via profonda Ti scendesse almeno in cor, Serpeggiando al par di un’onda La canzone dell' amor. Mar. Lue. Qual mai cantica giuliva Or che sangue geme il cor?! PlET. ( scuotendosi , e come trasogìiato con istrazio:) \ E per lei, che fuggitiva Si diè in braccio a turpe amor. ( ricade in letargo — il duolo ammutisce i circostanti.) 14 La serenata continua : Ma T Eliso, ove t’ ascondi, A scoprir ne guida Amor; Dal profumo che diffondi Sei tradito, o vergili fior. Se di Gerico in fragranza È la rosa a te minor, Di qual giglio mai t’avanza, 0 bell’ angelo, il candor? — PlBT.^ ( rinvenendo , come sopra:) Quali accenti ! oh truce scherno Pel tradito genitori — Empia figlia, dell’Eterno Ti persegua l’ira ognor. (il Coro della sere¬ nata andrà allontanandosi , e sempre col ritornello 0 bell’iride d’amor, 0 bel giglio di candor. Piet. Mar. Ah! quell’ iri di speranza Più non brilla a questo cor. Tutti ( con gemito) E svanita la fragranza Di quel giglio e il suo candor !! — SCENA ULTIMA. Dal ripostiglio escono gli Scherani e detti * • i Coro 0 Pier d’Abano, mago incolpato, Del tuo arresto comando ne diè La suprema Giustizia . . . Mar. Lue. % Rio fato!... Piet. Altre folgori il cielo ha per me ?! (viene trascinato dagli Scherani — Maria cade tramortita nelle braccia di Lucio.) Fine dell’ atto I. SCENA PRIMA. L’interno d’un rustico casolare di poveri montanari sulFApenni* no — al chiarore di lumicini che pendono da un solajo as¬ sidono raccolte a veglia varie donne intente a filare sulla rocca — Montanari di varie età, quali occupati in lavori d’in¬ taglio, quali conversano fra loro e colle donne. S’ode al di fuori lo scroscio della piova e il sibilare dei venti . Coro Che diluvio! orrenda serale Mugge irato l’Aquilone! — Ma che importa una bufera, Se la pace in cor ne sta? Forse accade più sovente Che de’ cor sia la tenzone, Quando il cielo è pur ridente, Nelle splendide città. ( verranno bussati più colpì all’uscio di strada.) Parte del Coro (con sorpresa) Or chi è là? Voci al di fuori: pietosa gente, Due vegliardi ricovrate, Che del turbine fremente Son percossi dal furor. 16 SCENA II. I montanari aprono , ed entrano coperti di neve e molli per la pioggia i due misteriosi in brune cap¬ pe — sono Pietro da Reggio, e Landò il suo con¬ fidente. Detti. PlET. D. R. PlET. " PlET. D. R ( depongono Coro. Se di canna offrirvi un tetto Sol possiamo, perdonate... Piet. d. R. Landò. Sì il tugurio è benedetto Che una reggia dal Signor, t mantelli , che vengono raccolti dai montanari.) Ove il giogo d* A pennino E più sterile e sublime Sol chi cerchi , o peregrino , Rinvenir da te si può. Un Romito in tali accenti 'avviava a queste cime, Ed un raggio fra gli stenti Di conforto a me brillò. La mia speme, il voto mio Compia alfin benigno Iddio, Che a sfidare gli elementi Per quel voto mi chiamò. (e volgendo S: al Coro ) Dite, un giovane albergato Qu iveniva?... Sì, da un anno. Mio nepote è il disgraziato, Che una perfida ammaliò. CORO ( rimangono sorpresi e soggiungono .-) Disperata ella s’ è uccisa, 17 E lui strugge orrendo affanno... ( s’ode nelVinterno un lamento . ) Ab! Coro I’ udite ? Voce interna mia Luisa ! Coro La sua mente il duol turbò. PiET. D. R. (con dolore) Che intendo ! — Arnoldo mio !... (move verso rinterno, chiamando ad alta voce.) SCENA III. Si spalanca di prospetto un uscio, e comparisce Arnoldo pallido, dimesso nelle vesti, e detti. * Arn. Da quai labbra nomato ora son io? (nel ravvisare l'avo si atteggia di estrema sorpresa.) Piet. D. R. Sì, tu sei desso, ti rinvenni a Mi ne, Ma in qual misero stato!... Arn. Vittima io son del più tremendo fato. A me ramingo ed orfano, Affranto dal dolore, Una beltade angelica Giurava eterno amore, E di cotale un giubilo Quest’ anima beò, Che nell’ Empireo un fremito Di gelosia destò. Quando, fatai memoria!!. Smarrita un dì la mente, Colei mi fugge e affogasi IVell’acque d’un torrente... (e ad un tratto rasserenandosi , esclama come in delirio .•) 1S Ma all'amoroso palpito Destarla io ben saprò, Che al pianto mio rivivere Quell' angelo giurò. PlET. I). R. E in lui destò sì orribile, Inverecondo amore La figlia di Pier d’Àbano... Lo. Un maliardo . . . Coro orrore!. .. Un reprobo, che ai demoni Lo spirilo donò ? ! Piet. d. R. Ma sterminar quell1 empio Un giorno io ben saprò. Ovunque al fiero eccidio moverai Di quell’ uomo infelice, Trema, o crudel, della mia spada ultrice. Quel vile accento sperdasi Di sangue e di vendetta, Fiamma novella, indomita S’ accende nel mio cor. Il padre tuo difendere, Luisa, a me s’aspetta... Del brando mio paventino [ barbari oppressor. JPiF/r. b. E. Lo. e Coro % E folle, insano il misero, Perverso è ornai quel cor!! — Piet. d. R. Nel sangue di Pier d’Abano Si spenga il mio furor!! — {Arnoldo impetuosamente , indarno ratlenuto, si spinge fuor i dell'abituro — tutti inorriditi lo inseguono.) SCENA IV. 19 Luogo solitario — Notte — in fondo torreggia una città — da un lato scalea, che mette al vestibolo d' un tempio, a cui attiguo sorge di prospetto antico edilizio sostenuto da ampie gotiche volte, da cui a traverso cancelli si vede schiaralo fiocamente dalla luna un campo sacro ai defonti — Tutto è silenzio. Reagendosi a stento inoltra una donna pallida , ema¬ ciata , con vesti e chiome discinte — è Luisa. Lui. Ecco Bologna ! — le paterne mura Vicine io scorgo I — o soglia venerata, Varcare io ti potrò?? — la dispietata, Che in abisso d’ infamia e di sventura Spigneva i padri suoi, forse io non sono?.. Pur m’avviva una speme di perdono. Va, mi disse il pietoso eremita, Che salvommi dai gorghi dell’onda, E tuo simbolo l’agna smarrita, Che de’ padri s’attende alTovil. Dio benigno, se è vero che il ciglio Or di pianto sincero mi gronda, Al perdono del prodigo figlio Deh ! rinnova portento simìl. E Arnoldo ? !. . . essere estinta Deggio per lui !! — « solenne voto al cielo » Io ne sciogliea ; così l’orrendo crime » Anco espiar si possa, onde, perduta » La fè, la speme del perdon di Dio, » Pieci dere io tentava il viver mio. Tal in’ impose il vecchiardo eremita, Che salvommi dai gorghi dell’onda ; Or mio simbolo è l’agna smarrita, Che de’ padri s’attende oìPovil. 20 Dio pietoso, se vero è die il ciglio Or di pianto sincero ini gronda, Al perdono del prodigo figlio Deh ! rinnova portento simìl. ($* inginocchia sui gradini della scalea , e trafelata cade in sopore.) ì oci confuse nel tempio : Va, fuggi, t’ invola, — maliardo aborrito, Il truce tuo viso — contamina il rito! — SCENA V Pietro d’Abaino in cima alla gradinala del tempio, e detta. PlET. (con ira ) Anime inique, un’adorata salma Ch’io posi nell’avello a me impedite?! Dalle soglie del nume io son rejetto... Un eretico or sono, un maledetto?! — Indarno adunque V innocenza mia Proclamò il vaticano?, onde, «l’orrendo » Carcere a me dischiuso, un più solenne » Trionfo io m’ebbi che a Lutezia un giorno! . . . » E Padoa forse fra lo stuol docente Me non chiama suo figlio sapiente?... Come a spiaggia desiata, sì il mio spirto Anelando veleggia A te, natia cittade! — eppur ch’io deggia D’un rio livor soccombervi alla guerra Cupo, fatai presagio il cor mi serra! — (discende c intoppando nella figlia) Chi è là?... una mendica... — Ed. (si scuote , lo ravvisa , c con isgomento fra sè :) mio padre, gran Dio!... Piet. Chi se’ tu, infelice?...- — Lei. (si prostra, e con voce tremola, e piang.) tua t fig|,*a son j0 21 ( orrore , indignazione di Pietro , c/ie Za misura di un guardo terribile , e wia/e frenandosi simula di non riconoscerla j» Lui. Pentita ritorno ... — non m’ hai ravvisata ?... PlET. (con singulto) Non sei tu mia prole ! — t’arretra, insensata !... A due poveretti — per gli anni languenti Rendea, sì, una figlia — i giorni ridenti, Fu lampo, fu sogno — del vergine fior L’olezzo, e pel fango — ne sparve il candor... De’ padri alle soglie — non mova l’indegna... Per essa l’infamia, — la morte vi regna!... Lui. ( prorompe con disperazione .) 0 santo eremita, — l’ovile paterno Ripudia la prole!... — Piet. Va, mostro d’inferno!! — Lui. E in te così muta — 1’ umana pietà ?... Non cruda cotanto — la madre sarà. — ( Luisa è in atto di partire — Pietro V arresta e mette un sordo gemito — in questo punto nell ’ interno dell' edifizio s' ode una lugubre salmodia , e si vede attraversare lentamente il fune¬ bre campo uno stuolo di anacoreti con ceri , indi una bara e popolo a capo chino. ) Coro Eterna requie all’ anima Che abbandonò la terra, A cui del vero giubilo La speme or si disserra ; Del bacio tuo santissimo Confortala, o Signor, E nel perpetuo secolo La irraggi il tuo splendor. PlET. ( trascinando la figlia atterrila ai cancelli.) Tetro baglior, funereo Rischiara il cimitero, 22 Per chi moria si mormora Un cantico severo !... Or vedi tu quel feretro? . . . E lì tua madre estinta, Che venne al die novissimo Da te, o crudel, sospinta . . . Del suo tremendo anatema Per me ti colga il ciel ! ! — Dui. ( con g rido disperato , angoscioso -.) Gran dio ! ! — me stessa invadere Possa di morte il gel ! ! — ( cade tramor¬ tita. Pietro rimane immobile insensato contemplando la figlia , che dopo vari istanti rinvenendo esclama come in delirio :) 0 tu, che sei fra gli angeli Fuggito al duol terreno, Scendi, o materno spirito, Del genitore in seno, Per te fia dato estinguere Del suo corruccio il foco ... ( e stringendo al padre le ginocchia , e additandogli il cielo . ) Per essa, per queir angelo, 0 padre mio, t’ invoco . . . Perdona, e questa misera Dal ciel perdono avrà ! — Pi ET. ( soggiunge e quale forsennato va ripetendo :) j\è Iddio, nè il padre, o reprobo, Perdono a te darai! ( momento di terribile silenzio; riprenderà internamente il salmeggiare degli anacoreti:) Coro Un cor contrito ed umile Da te non sia rejetto, Su me l’issopo aspergasi, O nume benedetto, E immacolato, niveo Lo spirto mio sarà. — 23 Perdona, e inspira agli uomini Peli' ofìensor pietà. ( tutto ritorna in silenzio — Pietro avrà ascoltato attentamente la salmodia — contempla nuovamente la figlia — una lagri¬ ma gli spunta sul ciglio — e prostrandosi in atio di preghie¬ ra, mal suo grado :) Piet. A che mi commosse — quel flebile canto? Perchè le mie ciglia — son molli di pianto? Quai mistici sensi — or provo!* Lui. È il Signore, Che a te la pietade — infonde nel core... PlET. ( piangendo ) 0 salmi pietosi, — o sacro concento !... Lui. (con anima crescente-.) Dall’ urna materna — pur esce un accento, Che all’alma d’ un padre — perdono consiglia!... Ascoltalo. .. Pi et. figlia... — Lui. (c. s.) perdona... PlET. ( schiudendole l'amplesso) Mia figlia!!.. . Lui. Gran dio, forse è vero?! — Piet. È spento il furor... Qual io ti perdono — perdoni il Signor!! — A DUE ( prostrati e con espansione :) Oh! sia benedetto — pur sempre l’Eterno, Che all’ uomo soccorre — nel dì del dolor. sposa, 0|. |jeata — ne] cje]0 superno madre, Ognor de’ tuoi cari — favella al Signor ! ! — P I ET. ( sorgendo esclama:) a 11 volgo io derido — che un empio mi crede, » Non più m’atterrisce- — dell’uomo il furor, » Se ancora una figlia — Iddio mi concede, » E un tempo m’aspetta — di gloria e splendor!!» Fune dell’ atto II. h SCENA PRIMA Padova — il Prato della Valle — baracche d’ ogni sorta — da un lato padiglione all’ ingresso di magnifico recinto apparato per un torneo — accorre d’ ognidove immensa folla di popolo. — CoRo.TTripudio e baldoria! — esultino i cori! Sia gaja, sia splendida — la Festa dei fiori ! — Dell’ aureo carroccio — la nobil difesa, La giostra del Satiro — rammenta un'Impresa, Che somma pei secoli, — ed inclita andrà Ne’ fasti che annovera — 1’ Euganea Città. (varii banditori di storie dispensano fra il popolo delle pergame¬ ne — chi legge su quelle, chi ascolta ) Parte del CORO ( leggendo : ) Pel Sire di Svevia — in Padoa regnava Un Conte Pagano — un’ anima prava, Di vampa amorosa — lo ardea Speronella, Ed esso, l’infame!, — rapì la donzella; Con prodi seguaci — allor Dalesmanno Ritolse la figlia, — sconfisse il tiranno ! — Tutti. Tripudio e baldoria ! — esultino i cori ! Sia gaja, sia splendida — la Festa dei fiori! — Varii del popolo (osservando all’ interno .) Oh come s’avanza — leggiadro il Silvano, Fedele sembianza — del Conte Pagano ! — (intanto varie persone ammantellale si ragunano fra loro , e gua¬ tando sdegnose alla folla baccante , dicono sommessamente : Or qui si tripudia, — e ali’ alba vegnente Fia spento, fia cenere — di Padoa il sapiente ! Salvarlo, o l’ infamia — di tale empietà Col sangue de’ giudici — scontar si dovrà. ( si disperdono ) SCENA II. Suono fragoroso di trombe — preceduti da alfieri colle Insegne di loro casato diffilano i Cavalieri della Marca splendidamente ar¬ mati — indi viene il carroccio* sormontato da un padiglione di porpora con in cima un’ antenna riccamente guernita di frange d’oro, e avente l’arme della Città ( drago verde a due teste) — turbine di fiori lanciati da giovani nobili, che figu¬ rano così 1’ assalto del carroccio, a cui oppongono resistenza) con armi eguali leggiadre fanciulle, che ne stanno alla difesa sotto al padiglione — paggi con ceste di fiori da apprestarsi agli assalitori continuamente — dietro il carro nuova schiera di Cavalieri, indi coll’Insegna del Satiro una squadra di ar¬ mati in nera assisa — Scudieri, valletti, giullari, popolo. — Lieta marcia , e Coro Tripudio, e baldoria! — esultino i cori! Sia gaja, sia splendida — la Festa dei fiori ! — Dell’ aureo carroccio — la nobil difesa, La giostra del Satiro — rammenta un’ Impresa, Che somma pei secoli — ed inclita andrà Ne’ fasti che annovera — 1' Euganea Città. — ( arrivato lo splendido Corteo all* ingresso dello steccato , tutti si fermano — discendono dal carroccio ì due consoli in ampio rob- bone di velluto rosso, e le dodici donzelle coronate di gigli e di rose. — Terminato il Coro , si udrà nell ’ interno la voce d' un trovatore, che accompagnata mestamente da un liuto, canta . ) Di cupo oceano — m’ agita 1’ onda. Nessuna vela — mi tragge a sponda, Non veggo un’ oasi, — che in rio cammino Dal sol difenda — me peregrino; Cor. Qual fiebil melodia Dell’ anima ne infesta or l’allegria?! — 26 Voce interna Deserto, oceano — son la mia vita, Perì la vela, — Y oasi è svanita ! Ben crudo è 1’ angelo — che m’ innamora, Se al giuramento — infido è ancora ! ! — SCENA III. Il menestrello comparirà cantando gli ultimi versi esso è Arnoldo. Coro. Sospendi, o menestrello, il tuo lamento ; In tal giorno di giubilo e contento Ali’ Antenoree sponde il trovatore Sol move a celebrar virtude e amore. — Ballata Arn. Del trovador la cetra è voluttuosa, La sua canzone è tenera, amorosa ; Che vai, se a lui deserto e afflitto il core Gema per sangue intanto e per dolore? Con un sorriso, che il suo labbro infiora, E ad allegria ne finge il viso, ognora Sull’ arpa ei canterà: Beato il core. Cui solo è vita il palpito d’amore! \ E melodia divina in ciel rapita Quando la donna al bacio suo t’ invita. E pur supplizio Amor, se avverso fato Da te divide 1’ angelo adorato ! Ma sia delizia Amore o sia martiro, Per la sua vampa io sol vivo, respiro, E sempre canterò : beato il core, Cui solo è vita il palpito d’ amore. $7 Coro Ben canti, o trovador, felice il core, Cui solo è vita il palpito d’amore. — Tutti Tripudio e baldoria! — esultino i cori' Sia gaja, sia splendida — la Festa dei fiori. — ec. ec. ec. POPOLO e Giullari ( scherzando attorno l’insegna del Satiro) Oli! come innamori, — leggiadro Silvano... Fedele sembianza del conte Pagano ! ! — ( tutti entrano nello steccato — intanto che la folla va diradan¬ dosi , e s ’ allontana il suono della musica , le persone ammantel¬ late si ragunano di nuovo , e c. s.) Or qui si tripudia — e all’ alba vegnente Fia spento, fia cenere — • di Padoa il sapiente ! — S tlvarlo ! , o l’ infamia — di tale empietà Col sangue de’ giudici — scontar si dovrà! ( partono ) SCENA IV. Cella solitaria — le pareti e la volta ne son piate di immagini a fresco — scarsa luce di una lampada. — Racchiuso in ampia Umica di colore violetto s’ avan¬ za un vecchio — è Pietro da Reggio. Piet. Nell’orgie ancor, nel futile tripudio Immersa è la cittade ; indi fra poco Insensata del pari e curiosa A ben altro spettacolo La folla accorrerà: di Pietro d’ Abano Al supplizio. — Di te 1’ alta facondia Ove ne andò, maliardo?., oh ben caduchi Fur gli osceni trionfi, onde più volte I giudici hai schernito, Sacrilego, aborrito!! — Prepotente un destili sull’ orme tue 28 Mi trasse ognora, e giudice di morte Essere a te giurava allor eli’ io seppi Di mio nepote infame ammaliadrice La prole tua; io ti raggiunsi, il mio Corruccio alfin ti coglie al suol natio!! SCENA Y. Laindo e detto. » Piet. d. R. Che rechi?... Laiv. Arnoldo . . . Piet. d. R. ( con interesse) R misero Ritrovo alfin?... Lan. L’indegno Sotto sembianza in Padova Giugnea di trovador. Piet. d. R. Che parli! Lan. Pietro d’Abano Salvare è suo disegno... Piet. d. R. Stolto! Lain. Con lui cospirano Ben altri. . . Piet. d. R. Oh mio furor ! ! Maledetti, alla congiura Qual delirio vi trascina?! Non per essa men secura La vendetta mia sarà. Il mio foco è struggitore Come folgore divina . . . Ben dei roghi Io splendore Luce e gloria a me darà. Lan. Sì, dei roghi lo splendore Luce e gloria a te darà. SCENA VI. 29 La Piazza di Padova — è il crepuscolo mattutino — al mesto rin¬ tocco di lugubre campana per varie bande convengono i po¬ polani — Squadre di armigeri occupano lo sbocco di ogni con¬ trada — Di lì a qualche istante dal Palazzo della Ragione, preceduto da pietose fraternità, dallo stuolo dei giudici, cir¬ condato da sgherri comparisce Pietro d" Abano — due uomini vestiti a bruno ne sorreggono la persona affranta per la tor¬ tura — Pietro da Reggio con a lato il suo confidente è fra i giudici. Durante questa funerea processione, che move lentamente al luogo del supplizio, che si figura nello interno, si canta il seguente Coro : Pietà, Signor del misero, Che impenitente muore, Che sol devota a Satana Ebbe la mente e il core; Pria che del dì terribile A lui si squarci il vel. Converti a te quell’ anima, Possente re del ciel ! Pi ET. ( arrivato nel mezzo della piazza , si ferma e con voce fie¬ vole, ma secura : ) Qui al cospetto degli uomini, di Dio Altamente proclamo iniqua e stolta La mia condanna ; agl’ invidi nemici Io muoio perdonando ; e al mondo invoco Un tempo illuminato, ove s’ apprenda Esser divina l’anima dell’uomo, Onde ai portenti per la scienza mia Sol giunsi, che opra d’ infernal malia Estima il volgo folle ed insensato .... (/a parola gli muore sul labbro — lo copre un pallore dì morte. ) Egli bestemmia ! Coro. 30 SCENA VII. Picchio di spade al di fuori , voci tumultuose , confusio¬ ne a un angolo della piazza — Luisa come forsennata, facendosi largo tra la folla , arriva a suo padre. Lui. padre sventurato! 1 PlET. ( apre languidamente gli occhi , e a lei mesto sorride ) Ch’io ti serri al mio sen pria di morire Iddio concede !... Voci interne evviva Pietro d’ Abano ! . PlET. ( sorgendo ) Viva il suo genio ! ( indi con voce manchevole •) i ferri declinate, Per una salma or voi sol guerreggiate . . . ( ricade . — Il tumulto andrà cessando ) PlET. D. R. (con derisione) Repressa è la congiura. . . (e osservando Pietro ' d’ Abano morente ) ma, oh furore ! , Del supplizio al dolore Lui sottragge la morte ! . . Piet. « sìj sentendo » I funerei suoi vanni . . . ella . . a me viene . . . » Dolce amica . . il tuo boccio ... ed il sorriso » Di più. . . splendida vita .... » SCENA ULTIMA Impetuoso , con ispada alla mano , indarno rattenulo , Ap^noldo s innoltra , e scorgendo Luisa : Arw. (con grido di gioia ) li paradiso Si schiude?! 31 Lui. ( sorpresa , e sgomentata estremamente ) Arnoldo ! ? . Arn. « del tuo fido al pianto » Risorgi alfine ? . . Piet. d. R. orrendo, novo incanto » Questo è dell’ empio, un’ alma trapassata » Ei rivoca ! ! . . (orrore generale). Lui. dai vortici dell’ onde » Mi salvava un Romito . . . Ar:v. Alfin ti stringo » Ombra, o donna, al mio seno . . . » Ma . . . tu sei dessa . . . parla a me d’amore. Te mia sposa consacri il genitore. Lui. ( inorridita lo respinge, e accenna il padre assorto in agonia) Tutti Lui. In quest’ ora di morte tremenda Chiudi il labbro all’ accento d’amore, Sul passato un velame si stenda, Lunghi giorni il mio viver non ha. Fra i silenzi! di chiostra romita, Ove un giuro la chiama al Signore, Or quest’ orfana, grama, pentita Per te all’ ara pur supplice andrà. Arx. ( disperato ) Va, de’ morti la prece m’ intuona Or che spento hai la fiamma d’ amore ! — Empia lei, che il suo fido abbandona. Mai la pace dell’ anima avrà 1 1 Pur fra 1’ ombre del claustro silente, Ove un Dio ti rapisce al mio core, 32 Del mio spirito 1’ ombra dolente Le tue gioie a turbare verrà ! ! PlET. ( come invaso da sublime apparizione , raccogliendo tutte r estreme sue forze, e sorgendo atteggiato di splendido sorriso : ) Del mio genio sui vanni rapita Sento io T alma alle sfere lucenti . . . Ei Venezia ... la grande nv addita . . . Salve, salve immortale . . . città ! ! . . . Poi Fiorenza, e . . . in arcane . . . parole Mille e mille predice sapienti . . . Son quei sommi, onde .. . splender . .. qual sole Sovra... il mondo la pa...tria dovrà!! — PlET. D. R. ( fra sè confuso:) Qual mai lampo balena sul viso A quel gratide nell’ora di morte?!... Oh ! qual lampo; il mio spirto è conquiso . Nella polve piombare mi fa. Coro Egli muore ! — dell’ erebo ardente Si disserran le orribili porte . . Santo giudice, nume clemente, Di quell’alma proterva pietà!! — (Pietro d'Abano è spirato — Luisa volge un ultimo sguardo al cadavere del padre, e ad Arnoldo in atto di estremo conge¬ do — uno stuolo di Suore velate a sè la accoglie — Pietro da Reggio trae seco il ncpote desolato. — Stupore , atteggia¬ mento di tristezza generale.). F I N E. Refs.: Luigi Speranza, “The reception of pseudo-Aristotle via Abano’s edition”. Abano. Keywords: filosofia del linguaggio. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Abano," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Grice ed Abano #Abano. Sclavione.
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