GIOVANNI GENTILE Fé-UL-io9 BERNARDINO TELESIO CON APPENDICE BIBLIOGRAFICA BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TlPOGRAI'I-EDITORl-LIBRAl 191 i PROPRIETÀ LETTERARIA LUGLIO MCMXI — 28189 AVVERTENZA Questa commemorazione, scritta per imito del Comitato per le onoranze a Bernardino Telesio nella ricorrenza del quarto centenario della sua nascita, e letta, tranne poche pagine, tiel Teatro Comunale di Cosenza il 26 aprile di quest'anno, 71011 poteva e non vuol essere una monografia sul Telesio; ma soltanto una caratteristica della sua personalità e della sua filosofia guardata nel processo generale del pensiero speculativo. Ciò spiega perche essa si estenda un po ' largamente sulla storia degli antecedenti. Aggiungendovi, per questa stampa, oltre le note necessarie, una bibliografia, 1 nè sembralo opportuno riprodurre in essa dalle vecchie edi¬ zioni raiùssime degli scritti telesiani dediche e proemii, che sono documenti biografici e storici notevolissimi, poiché m'è accaduto di vederli non di rado citati di seconda mano pur dagli studiosi più diligenti, ai quali non era riuscito di averli sott'occhio. G. G. BERNARDINO TELESIO I Dietro al chiarore del rinascimento, sullo sfondo dell’orizzonte, s’addensa ancora la nebbia medievale; e la luce nascente s’im¬ porpora dei riflessi fumiganti di quella neb¬ bia, che il sole alto, splendente nel mezzo del cielo, spazzerà, quando all’alba della rina¬ scenza sarà successo il gran giorno dell’età moderna. In quella prima ora le vecchie idee sono morte; ma, pur morte, rimangono nel pensiero umano, e l’impediscono e l’oppri¬ mono con la gravezza di ciò che, estraneo alla vita, attraversa il processo della vita. Le idee nuove, quelle che sono anche oggi la sostanza del nostro spirito, si sono an¬ nunziate, anzi affermate con la vivacità im¬ petuosa e fremente, con l’entusiasmo gioioso della giovinezza, che ha per sè l’avvenire, e non sente il passato che si lascia alle spalle. Ma la loro affermazione per noi è piuttosto IO BERNARDINO TELESIO un annunzio: manca lo sviluppo logico, in cui è la vita vera e concreta delle idee, e manca l’integrazione, che il lembo della verità in- travvista raccolga nella coscienza coerente • del tutto, dove ogni parte ha il suo valore organico. E lo sviluppo e l’integrazione man¬ cano, perchè il nuovo è commisto e ravvolto nel vecchio: e si va innanzi, come infatti è dei giovani, senza sapere distintamente che cosa si lascia e che cosa si cerca, e quale è il cammino: portati dall’istinto della vita, che perverrà più tardi alla netta coscienza ■ del nuovo in quanto negazione del vecchio. Perciò tutti i pensatori di questa età hanno due facce, e ci presentano contraddizioni, che paiono spiantare i principii stessi del loro filosofare: e chi guarda a una sola faccia, non riesce a più rendersi conto dell’altra; e c’è chi di costoro ne fa gli iniziatori, a di¬ rittura, del pensiero moderno, e chi li re- ' spinge indietro, alla scolastica dei tempi di mezzo: laddove il loro significato storico è in questa posizione, che occupano, tra una filo¬ sofia che hanno solo virtualmente superata e una filosofia che solo del pari virtualmente essi affermano. Trascurare cotesto residuo esanime, che resiste nei loro sistemi alle loro IL MEDIO EVO II intuizioni innovatrici, in tutti questi filosofi, dal Poinponazzi al Bruno e al Campanella, non è possibile: vien meno tutto il significato di queste medesime intuizioni, che fanno di loro i precursori dei più grandi filosofi mo¬ derni; e non si spiegano più atteggiamenti essenziali, parti vitali del loro pensiero; ma, sopra tutto, diviene un mistero perchè il germe di verità, che essi si recano in mano, rimanga soltanto un germe, di cui la vita s’arresti appena cominciata. L’uomo del medio evo si era travagliato in una contraddizione, che si può dire orga¬ nica, perchè ne dipendeva la vita stessa del pensiero: contraddizione, i cui termini, se si vuol considerare il processo generale della storia ne’ suoi grandi tratti, si possono de¬ signare come la filosofia greca e la fede cri¬ stiana: due termini, che il pensiero tentò tutte le vie, lungo più di un millennio, di conci¬ liare; ma erano inconciliabili per lui, assolu¬ tamente, sul terreno in cui egli era posto; perchè, a dirla brevissimamente, la filosofia sua, che avrebbe dovuto operare la conci¬ liazione, era tuttavia la filosofia greca, e cioè uno dei due termini stessi antagonisti. 12 BERNARDINO TEI.ESIO La filosofia greca è il pensiero che si vede fuori di sè: e si vede perciò o come natura, nella sua immediatezza sensibile, o come idea, che non è atto del pensiero che pensa, ma cosa in cui il pensiero si affisa, e che pre¬ suppone come verità eterna e ragione eterna di tutte le cose e della sua stessa cognizione parallela alla vicenda delle cose: in entrambi i casi, come una realtà che è in se stessa quella che è, indipendentemente dalla rela¬ zione in cui il pensiero entra con essa quando la conosce. Visione la più dolorosa che l’anima umana possa avere del proprio essere nel mondo: perchè l’anima umana vive di verità, ossia della fede che sia quel che essa pensa ed afferma: e in quella visione, che è poi la visione eterna della prima riflessione, da cui si dovrà sempre pigliare le mosse, la verità, quel che è veramente, non è nell’anima umana; la cui condizione permanente ed essenziale è raffigurata da quel sensibilissimo amatore della verità, dell’essere eterno del mondo, che fu Platone, nel mito di Eros: mito pre¬ gno, nella sua classica serenità, di pathos che direi cosmico: perchè l’aspirazione fer¬ vente al divino, che è l’Amore di Platone, e che nella sua forma più alta è la filosofia, IL MEDIO EVO 13 non è solo lo sforzo supremo in cui si con¬ centra l’anima umana, ma culmina in questa, e affatica tutto l’universo, tormentato dal de¬ siderio di qualche cosa che è il suo vero essere, ma è fuori di esso. Mito, che, con tutto il suo pathos, può essere intanto se¬ reno, perchè l’occhio dell’idealista greco è attratto e fermato dalla bellezza dell’ideale lontano, e gli sfugge la miseria infinita del¬ l’amante senza speranza. In questa visione, quando, per opera prin¬ cipalmente dello stesso Platone, la verità della natura sensibile e mortale si rifrange nelle forme ideali, ond’essa si rivela al pensiero ne’ suoi varii aspetti, e diventa sistema di idee, tutta la scienza, nel suo proprio as¬ setto, come possesso adeguato della verità, non apparisce quale il perenne lavoro della mente e la celebrazione dell’ufficio supremo del mondo, ma quasi un che di remoto dalla realtà, o, come si dice, d’ideale, di cui la cognizione umana è sempre copia imperfetta. La scienza, di cui la logica deduttiva di Ari¬ stotile descrive mirabilmente il congegno, non è la scienza nostra, la scienza umana, che si fa e rifà continuamente nella storia: è la scienza che ha principi! immediati, che in sè 14 BERNARDINO TELESIO contengono sistematicamente tutti i concetti, I in cui si snoda lo scibile: è pertanto la scienza che è tale, in quanto è tutta e perfetta a un tratto, senza possibilità di svolgimento sto¬ rico. Ossia, la scienza per ottenere la quale ] tutto questo svolgimento, in cui è pure tutta la vita e tutto l’essere nostro, non giova: un ideale, al cui cospetto quel travaglio men¬ tale, che ci par tuttavia la cosa più seria del mondo, non ha valore di sorta '). Dentro questa visione si chiude tutta la filosofia greca, e ogni filosofia che, come quella del medio evo, accetta la logica, ossia la maniera d’intendere la verità, di Aristo- tile. Questa logica si può definire la logica della trascendenza; o altrimenti, la logica dell’intellettualismo: per questa logica infatti la verità, che è termine dello intelletto, è tra¬ scendente, radicalmente superiore all’intel¬ letto stesso; e questo è ridotto a semplice facoltà passiva, contemplatrice e non autrice: che è il concetto dell’intelletto nel senso de¬ teriore di questo termine: quasi una mente, che importa bensì la presenza delle cose da conoscere, ma non dell’uomo, non dello spirito che le conosce, e che ha appunto questo di proprio e di diverso rispetto alle cose: che IL MEDIO EVO 15 non è cosa da conoscere, ma l’attività cor¬ relativa, che queste presuppongono nel loro concetto di « cose da conoscere » : una mente, insomma, per cui c’è il mondo, ed essa, per cui il mondo è, non è. Che è come dire: l’uomo, questo divino artefice di quanto è bello e santo e vero nel mondo, di quanto c i umilia e ci esalta, ora facendoci piegar le ginocchia innanzi alla potenza terribile del genio, ora sublimandoci nel gaudio di quanto trascorre immortale i secoli e aduna nel con¬ senso d’uno spirito solo i morti coi vivi; que¬ st’uomo, annichilato. Annichilato, s’intende, ai proprii occhi, nella coscienza che ha del suo essere. Di un uomo così, ignaro del pro¬ prio valore, men che atomo disperso nell’in¬ finito, Chiesa ed Impero, accampatisi im¬ mediatamente come rappresentanti di Dio, possono disporre a loro talento, come cose, che non sono persone. Manca la coscienza, e manca perciò l’individuo: non c’è la libertà, come coscienza della propria legge. La legge, come la verità, scende dall’alto. Ma era questo il principio del cristiane¬ simo? Il cristianesimo voleva essere, al con¬ trario, la redenzione, la rivendicazione del valore dell’uomo; voleva sollevare l’uomo a i6 BERNARDINO TELESIO Dio, facendo scendere Dio nell’uomo, e ren¬ dendo questo partecipe della natura divina. Giacché in Gesù, che è l’uomo stesso nella sua idealità, o come dev’essere concepito, Dio stesso era uomo: con tutte le miserie j umane, soggetto all’estrema delle miserie, la morte; ed era Dio (quel dio, che redimeva) in quanto questo uomo, che eroicamente af¬ frontava la morte, otteneva in questa il premio della missione della sua vita tutta spesa uma¬ namente in un’opera d’amore. Onde l’amore risorgeva, non più, come nel mito platonico, contemplazione desiderosa dell’irraggiungi¬ bile, ma attività dell’uomo che crea se stesso perennemente: e non era più la celebrazione estatica di un mondo che è, ma la celebra¬ zione operosa, dolorosa insieme e letificante, di un mondo, che è regno di Dio essendo la purificazione della smessa volontà umana nella fiamma della carità. Onde l’uomo non è più sapere o intelletto; ma amore o vo¬ lontà, cioè creatore esso stesso della sua ve¬ rità, che è il bene: la verità che si scorge, j insomma, quando la cerchiamo con la buona volontà, col cuore puro, mettendo tutto l’es¬ sere nostro, sinceramente, ingenuamente nella ricerca; e che non è più, quindi, un che di IL MEDIO EVO 17 esterno a noi, che si presenti e s’imponga a noi passivi, ma è il premio o il risultato del nostro sforzo. L’uomo non è più spettatore; ma artefice. Si desta, e sente se stesso; sente che senza la sua volontà, senza il suo co¬ nato, senza lui, il mondo che ha valore per lui, la felicità, la vita, Dio, non si raggiunge. Acquista quindi davvero la coscienza della sua personalità, e però della sua responsa¬ bilità: poiché vede che da sè dipende tutto; e, lui caduto, tutto cade; e lui risorto, tutto risorge. L’uomo trova dunque se stesso nel cristianesimo. Se questa intuizione fosse divenuta sen¬ z’altro concetto complessivo ed organico del mondo, se questo senso nuovo del valore dello spirito umano avesse rinnovato tutta la concezione della vita, in cui l’uomo afferma la sua creatrice potenza, se insomma il con- . tenuto della nuova fede fosse assurto al vi¬ gore di una nuova filosofia, il cristianesimo avrebbe segnato fin da principio la morte dell’intellettualismo. Ma la fede non è ancora filosofia: è visione immediata della verità non integrata in sistema di pensiero. E il cri¬ stiano, quando volle pensare il suo Dio, pensò più a Dio padre che a Dio figlio, e G. Gentile, Bernardino Te lesto. 2 l8 BERNARDINO TELESIO s’impigliò nella rete della metafisica aristo telica che il principio della realtà, come mo¬ tore immobile, che è solo pensiero di se stesso, e non d’altro, faceva estraneo alla realtà, e poi s’affaticava invano a colmare l’abisso tra Dio e la natura; tra la causa del movimento, che non è movimento, e il mo¬ vimento, che non ha in sè la propria ragione sufficiente; e quindi tra il principio del di¬ venire, che non diviene, e la natura che in se non ha la cagione del suo perenne ge¬ nerarsi e corrompersi; e poi tra l’anima e il corpo; e poi ancora tra l’anima che in¬ tende, ed è lo stesso intendimento in atto, e 1 anima naturale solo capace di raggiun¬ gere la mera possibilità d’intendere, ma in¬ capace per sè d'intendere mai realmente: e,' in generale, tra la materia, potenza, e non più che potenza, di tutto, e la forma, realiz¬ zazione di tutto: come dire, tra l’aspirazione alla vita e la vita: eterno destino di Tantalo! Aristotelici o platonici, nominalisti o realisti, averroisti o tomisti, tutti i cristiani che nel medio evo si sono sforzati di concepire la realtà, sono giunti a questo risultato: al de¬ stino di lantalo. Tanto più doloroso, tanto più inquietante, in quanto era pur contenuto IL MEDIO EVO 19 nella fede novella, che fiammeggiava a quando a quando nei mistici, il concetto dell’imma¬ nenza di Dio nel mondo, nell’uomo, nello spirito. La teologia, tutta la filosofia scola¬ stica, anzi tutta la scienza medievale (che non è tutta filosofia) si costruisce come scienza di una verità che si sente, appena il sentimento si sveglia (basti per tutti ricordare Francesco d'Assisi e Jacopone, il suo poeta), che si sente, dico, estranea all’anima, lontana, oc¬ cupante per vano riflesso solo l’intelletto del¬ l'uomo, speculazione umbratile e di scuola, che non entra nell’ intimo e non afferra e non impegna e non riforma e non fa l’uomo. Scienza vana per chi ravvivava in sé il senti¬ mento tutto cristiano del valore spirituale: scienza elegante nel suo laborioso artifizio, sottile nella pellegrinità de’ suoi tecnicismi, delicatissima nei pazienti avvolgimenti dida¬ scalici in cui si dispiega, vasta, universale come un mondo per quanti vi si dedicavano: e, messovi dentro, talvolta, un intelletto di vasto respiro e di tempra ferrea, vi si ag¬ giravano e scendevano per meati lunghis¬ simi, con ricerche, che ora ci spaventano per la fatica di pensiero e la forza di sacrifizio che attestano, fino a toccare l’ultimo fondo 20 BERNARDINO TEI.ESIO delle difficoltà, in cui la filosofia antica urta e si arresta. E basti per tutti ricordare il no¬ stro Tommaso d’Aquino: i cui sforzi possenti per scuotersi di dosso la plumbea cappa delle conseguenze ineluttabili dell’antica filosofia, riempiono l’animo dello studioso moderno di commossa ammirazione e di reverenza. Chi vuole intendere la storia del pensiero medievale, deve figgere lo sguardo in questo contrasto delle maggiori forze spirituali che vi operavano dentro: il misticismo, che, affer¬ mando immediatamente la presenza di Dio, della verità, di quanto ha valore, nello spi¬ rito umano, nega la scienza, la cognizione che è sviluppo e sistema, e tutte le forme a cui lo sviluppo dello spirito dà luogo nella scienza e nella vita; e la filosofia intellettua* listica, che, presupponendo una realtà fuori dello spirito che la ricerca, si affanna in una costruzione, formalmente ricchissima e so¬ stanzialmente vuota, di quel che non può essere verità. O verità senza scienza, senza vita dello spirito; — o scienza, forma elevatissima di questa vita, senza verità, vana. UMANESIMO E RINASCIMENTO 2 1 II Quando il medio evo è al tramonto, un uomo di genio raccoglie in una espressione eloquente il senso di vuoto che l’anima cri¬ stiana provava nella scienza delle scuole: ma un senso, che non è più schietta conseguenza di disposizione mistica, la quale, rinunciando alla scienza, possa trovare il suo appaga¬ mento nell’immediatezza della fede; anzi, un senso che nasce da un vivo bisogno di sapere, di pensare, d’intendere. Egli è un dotto, un grande maestro di dottrina, un amante ap¬ passionato della scienza; ma aspira dal pro¬ fondo a una scienza che riempia l’anima e appaghi i bisogni che la nuova fede ha creati dando all'uomo la coscienza della sua inizia¬ tiva, della sua posizione centrale nel mondo: a una scienza insomma che dia la filosofia a questa fede. Quest’uomo, che si presenta sulla soglia del rinascimento con la coscienza di tale nuovo problema, e che, parlando un linguaggio pieno di malinconica nostalgia per un tempo che non è il suo, avvia per una nuova strada lo spirito umano, svegliando 22 BERNARDINO TELESIO intorno e innanzi a sè una lunga schiera e* folta di ricercatori, che indagano con fedel oscura ma salda una scienza nuova, che noni essi potranno trovare, è un grande poeta,! che fu anche un grande scrutatore deH’anima propria colta e sensibilissima, I'rancesco le trarca: iniziatore deH’umanesimo 2 ). L’umanesimo ha un doppio valore storico negativo e positivo. È guerra alla scienza del medio evo, — combattuta bensì con argomenti alquanto estrinseci e con spirito assolutamente restio per lo più, a passare attraverso a quelli scienza per superarla: — combattuta con 1; satira della forma letteraria, ispida, irsuta lutulenta, aspra di terminologia creata dal l’intelletto assottigliantesi nell’astrazione quello degli studi, e quell’altro, in cui purj vive come uomo, che ha famiglia e interess sociali, non è il suo mondo; il letterato in^ somma che non è uomo. Tale il Petrarca, i cui sdegni contro l’avara Babilonia e il saluto augurale ed ammonitore allo spirito gentile sono superfetazioni retoriche della sua poe? sia. Tale non era stato quell'Alighieri, che fu a lui sempre incomprensibile, nel poemi divino, contemplazione e poesia, ma di uno spirito energico, che guarda al suo tempo, e s’appassiona per tutte le lotte che gli si agitano attorno, e fa tuonare da Dio la parola che può essere la salute di tutti. Letterati UMANESIMO E RINASCIMENTO saranno tutti i poeti e filosofi della Italia fio¬ rentissima del rinascimento, che accetteranno tutti la vita quale la troveranno, poiché la loro vera vita essi se la faranno dentro, nella fantasia e nella speculazione, nel mondo creato da loro. La stessa religione, fissatasi al loro sguardo nella Chiesa, che non solo associa le anime, ma le forma e riforma, con l’ammini¬ strazione del divino commessole, con la sua teologia e con la sua filosofia, diventa per loro qualche cosa di estrinseco e indifferente, che ogni cittadino nel suo paese deve accettare come le leggi dello Stato. Cioè, in realtà, essi non partecipano alla religione del paese; ma ne hanno una per conto loro, il loro Dio è la loro arte, la loro filosofia, alle quali votano tutta infatti l’anima loro e subordinano ogni altro interesse, almeno nell’intimo del loro spirito. Non è, veramente, nè indifferentismo re¬ ligioso, nè tanto meno ateismo. Ma ateismo pare verso la religiosità ufficiale di cui si ridono, ancorché esteriormente le professino ogni riguardo. Quindi i conflitti frequenti e le prigioni e i roghi, che aspettano i nostri filosofi del secolo xvi. Il letterato, a ogni modo, stralciandosi dalla vita comune, in cui si era consolidata, 26 BERNARDINO TE DESIO in forma di instituzioni costrittive dell’indi¬ viduo, l'intuizione trascendente e intellettua¬ listica del medio evo, ereditata dalla filosofia greca, ristaurava, come poteva, la libertà dello spirito che si fa il suo mondo; e si fa un mondo di puro pensiero, poiché non gli è consentito di scrollare, d’un tratto, quell’altro della comunità sociale; al quale per altro, a suo tempo, perverrà egualmente quando il principio suo, il principio della libertà, di¬ verrà nel secolo xvm coscienza di tutti. E per questa sua ristaurazione, che è perfetta ed assoluta rispetto al mondo dell’umanista, egli, il malvisto della Chiesa, il perseguitato nei libri che saranno proibiti, nell’insegna¬ mento che sarà vietato, nella persona' che sarà bruciata, egli è più cristiano dei suoi persecutori: egli è il continuatore dello spi¬ rito vero del cristianesimo. Ha infranta e buttata via, con l’impeto. • della giovinezza, la vecchia filosofia, la fida, l’eterna alleata della chiesa medievale, come della chiesa di oggi e di ogni chiesa avvenire (poiché un medio evo bisogna che ci sia sempre); ma non si è abbandonato, come si faceva una volta, al misticismo; anzi celebra la potenza dello spirito; e, poiché una filosofia sua non UMANESIMO E RINASCIMENTO 27 ce rha (e non era facile averla, dopo il ri¬ fiuto di una filosofia opera millenaria), ei la ricerca nell’antichità più remota. La ricerca dove, a dir vero, era vano cercarla; perchè quell’antichità aveva generato il medio evo; ma l’umanista non sa questo, e non può cre¬ dere che Platone, Aristotile, quei maestri solenni di sapienza umana, che gli scrittori antichi a una voce lodano, possono avere in¬ sertato la dottrina di cui essi vedono la tar¬ diva e sfigurata immagine nelle scuole del loro tempo. E poiché, in realtà, noi troviamo solo quello che cerchiamo, gli umanisti, che imparano il greco, e vanno a leggere nei testi originali e traducono e commentano, col sussidio dei più genuini commenti greci, gli scritti di Platone ed Aristotile, scoprono un mondo nuovo; un altro Platone e un altro Aristotile da quelli che erano i maestri della filosofia del medio evo; non dico di quella filosofia, ansimante nella logica termi- nistica degli occamisti, che sul cadere del 300 lacerava le orecchie delicate dei primi uma¬ nisti fiorentini, i quali avviarono pure i lavori delle nuove traduzioni greche (chè codesta è la filosofia della decadenza medioevale); ma di quella che e la vera, la essenziale 28 bernardino telesio filosofia dell epoca: la filosofia della trascen¬ denza e dell’intellettualismo. E non occorre dire che, se essi non trovano più i maestri di questa filosofia, è perchè muovono da una condizione spirituale affatto nuova, che fa di questo ritorno all’antico, che avviene nel 400, ' qualcosa di radicalmente diverso non solo dalla primitiva ellenizzazione del cristiane¬ simo nel periodo alessandrino, ma anche, e sopra tutto, da quel primo ritorno alle fonti I greche del sapere, che era già avvenuto nel secolo xm, nel tempo stesso di San Tom- I maso. Marsilio Ticino e Pico della Mirandola, in j cui culmina la direzione platonizzante, sono j platonici; ma sono profondamente cristiani; 1 e un aura di mistica religiosità pervade tutto 1 il loro pensiero, che vede e sente Dio per ] tutto, e sommamente nell’anima umana; e, | ispirandosi ai neoplatonici anzi che a Pia- J tone, accentuano più della trascendenza, che ] non possono negare, l’immanenza del divino I nella realtà naturale e aspirante a ritornare ] all Uno da cui trae sua origine: e aprono la 1 via a Leone Ebreo e a Giordano Bruno. Pietro Pomponazzi, il maggiore aristote- 1 fico, fiorito al principio del 500 dal movimento ] UMANESIMO E RINASCIMENTO 29 filologico sui testi di Aristotile del secolo antecedente, scopre un Aristotile, che non è più quello dei tomisti, nè quello degli aver- roisti: un Aristotile che, a poco per volta, secondo apparisce dai varii gradi attraversati dalla speculazione stessa del Pomponazzi, finisce col persuadersi che la materia si possa sollevare da sè fino all’intelligenza, senza il sussidio dell’intelletto separato; e che l’anima umana, ultimo risultato così del processo della natura, possa compiere in questo mondo, con le sue forze, tutta la sua missione, che è principalmente il ben fare, la virtù; e che tutti poi i fatti della natura debbano pel filo¬ sofo spiegarsi meccanicamente, per le loro cause: un Aristotile, insomma, per cui quel che rimane di trascendente (e rimane tutto quello che nell’Aristotile originale e nell’Ari- stotile medievale, ossia nella scolastica, era tale) non serve più alla ricostruzione e spie¬ gazione della realtà che sola è per il filo¬ sofo. Sicché la filologia del secolo xv riesce, ricalcando gli antichi modelli con lo spirito nuovo dell’umanesimo, a cavarne due intui¬ zioni generali, in cui la filosofia greca riap¬ parisce trasfigurata e come ricreata dal soffio spirituale del cristianesimo, inteso, come ho BERNARDINO TEI.ESIO detto, quale autonomia e valore assoluto della natura e dell’uomo. La nuova filo¬ sofia infatti dicesi platonica e aristotelica $ ed è cristiana, ancorché mal veduta e con-] dannata dai rappresentanti ufficiali del cri-^ stianesimo. Guardatela in Machiavelli, contemporaneo di Pomponazzi e coerede suo della tradii zione filologica del secolo xv: chè tutto il suo realismo politico, quella concezione dello ^ spirito, della storia, dello Stato, tutta fon¬ data sulla visione della realtà effettuale e I illuminata dalla lezione degli antichi, non è I come il positivismo guicciardiniano un empi- I rismo, ma è una vera e propria speculazione I (Machiavelli è un idealista); la quale dello I studio degli antichi si giova solo per libe- I rare l’uomo dalle contingenze storiche, quali I sono per lei tutte le forme e istituzioni me-j I dievali sorrette dalla autorità di una tra- I dizione irrazionale; e studiarlo quindi per I quel che esso è, nelle sue forze e nelle sue I reali attinenze col resto del mondo, come il I vero ed unico autore della sua storia: una J specie di naturalismo del mondo umano. Guardate, dico, questa nuova filosofia nel I Machiavelli. Machiavellismo sarà dopo un I UMANESIMO E RINASCIMENTO 31 secolo, nel Campanella, sinonimo di « achito- fellismo », negazione di ogni fede religiosa, p l’achitofellismo, più o meno apertamente e coraggiosamente, è la conclusione defini¬ tiva e il succo delle dottrine di tutti i pen¬ satori del 500: anzi, di tutto lo spirito italiano del secolo: a cui l’interpretazione aristotelica si ispira e si conforma. Giacché averroisti e alessandristi, per diverse vie, tendono tutti alla stessa mèta: che è la spiegazione natu¬ rale di quel che una volta pareva superiore affatto alla natura; e gli artisti, si chiamino Ariosto o Folengo, non conoscono altro inondo, oltre quello naturale ed umano. Ma negavano perciò Dio? Se Dio è quel Dio, che, stando fuori della natura e del¬ l’uomo, rende impossibile concepire una na¬ tura divina e un uomo divino, Dio essi lo negavano, perchè affermavano il valore as¬ soluto della natura e deH’uomo. Ma quel Dio, che era sceso in terra, e si era fatto uomo, e aveva redento la natura, era la radice della religione, che, essi primi, dopo il lungo vano travaglio medievale, ristauravano nella storia della umanità. Essi, infatti, per la prima volta, rivendi¬ cavano in libertà, dal misticismo e dall’ in- 32 BERNARDINO TELESIO tellettiialismo, che ne sono per opposte ra-, gioni la oppressione aduggiatrice, il sensi profondo, proprio del cristianesimo, dellaI divinità della vita che crea eternamente sj stessa, dell essere che nella propria logica ha eternamente la ragione del proprio traJ formarsi e perpetuarsi trasformandosi. Quando l’umanesimo venne per tal modo in chi prima e in chi dopo, alla maturiti della rinascenza, lo spirito umano potè met¬ tere quasi 1 anelito potente di una nuova; vita, e di filologia farsi filosofia. Quando il nuovo Platone e il nuovo Aristotile ridie¬ dero all’uomo la coscienza dell’immanente suo valore, e l’ebbero allenato alla libertà dell esser suo, e dell’essere naturale, cui il suo essere appartiene, lo stesso Platone e lo stesso Aristotile, (questi sopra tutto, che era stato il vero signore delle scuole e il maestro di ogni umana sapienza) dovevano necessariamente perdere il loro prestigio di rivelatori privilegiati delle verità naturali.] L umanista e ancora un platonico o un aristotelico; cerca la scienza; e non sa nè anche come deve cercarla; e interroga gli] antichi, che la tradizione e la fama consacra nella generale estimazione come i soli filosofi. UMANESIMO E RINASCIMENTO 33 il fil° s °f° c l e H a rinascenza da questi ntichi, meglio conosciuti e studiati con lo spirito nuovo dell’umanesimo, ha appreso he la natura si spiega con la natura, la toria con la storia; e che bisogna cercare quindi nel gran libro della natura e della realtà effettuale dei fatti umani che cosa è la natura e che cosa è l’uomo. Gli antichi maestri rimandavano i nuovi scolari all’os¬ servazione diretta di quel che essi avevano osservato e inteso come era possibile a loro, senza nessun sentore della imprescindibile presenza del soggetto umano nel mondo del¬ l'uomo. La libertà, che gli scolari appresero da loro, quali essi li videro coi loro occhi nuovi, la libertà essi la affermarono ben pre¬ sto contro l’autorità dei maestri, che faceva della verità qualche cosa di dato e di estrin¬ seco alla mente come il Dio nascosto della teologia, come la realtà dell’intellettualismo. E però gli umanisti, divenuti filosofi, come parvero, e in un certo senso furono, atei e achitofellisti, furono antiaristotelici e, in ge¬ nerale, ribelli all’autorità degli antichi. Tutti invasi da un fantasma affatto nuovo, non in- travvisto mai dagli antichi scrittori: quello 34 BERNARDINO TEEESIO in cui i vecchi pensatori e sacerdoti l’avj vano posta a sedere, quasi paralitica impoJ tente: e si sgranchisce, e procede col tempo! e vive di questo suo cammino pei secoli ' anzi per le menti delle generazioni, che si succedono, e mai indarno: quasi fiamma che] passi da una mano all’altra e mai non sii spenga perchè accenda sempre nuovi incendiiJ e sempre più vasti. / eritas jilia temporis! Gli uomini, che peri lo innanzi avevano concepito la verità cornei pei se stante e non come il loro lavoro, I l’avevan sempre collocata dietro a loro', al principio della loro vita, nel paradiso ter- ] restie, nell età dell oro, nel vangelo rinnoJ vatore e iniziatore di un’era nuova già fin da principio perfetta, o, almeno (la verità acJ cessibile a mente umana) nell’insegnamento degli antichi, venuti crescendo perciò sempre ] più nella venerazione dell’universale e illuni! nandosi dell’aureola della saggezza, onde agli t occhi dei fanciulli si ricinge sempre la canizie , dei vegliardi. — Sì, è vero, si comincia a dire I sulla fine del secolo xvi : la sapienza cresci cogli anni ; ma i vecchi siamo noi, non quelli che furono prima di noi. — Così dice Bruno; ; e così ripeteranno Bacone e Cartesio, Pascali UMANESIMO E RINASCIMENTO 35 Malebranche, e poi con voce sempre più alta tutti i filosofi moderni 4 ). I quali afferme¬ ranno con coscienza sempre più salda la ] e 11, 1-5; c. 49 r e 49 v : capp. 11 e 12; c. 50 v a 51 v : cap. 14. Ma per mostrare con un solo esempio, tratto da un luogo del De retimi natura contenente alcuni periodi famosi (cfr. anche in questo voi. p. 40: quei periodi in forma poco diversa erano nel proemio del 1565, soppresso nell’ed. 1570: cfr. sopra pp. 102-3) come il Telesio lavorasse dopo il 1570 attorno al testo della sua opera, giova riferire il cap. 1 del lib. 11 dell’edizione Cacchi con le correzioni autografe dell'esemplare napoletano e la redazione corrispondente del 1588, dov’è mantenuta la più importante di quelle correzioni. Ecco il cap. dell’ed. Cacchi con le correzioni dell’autore: Quoniam, quae in superiore Commentario exposita sunt t alio omnia se habere modo Aristoteli videntur, eius I ! 1 2 APPENDICE BIBLIOGRAFICA omnino de singulis illis sxp/icondqw esse, cxcwiviividfini- que sententiam. Quoniam autem non Terra modo e sublunaribus primum corpus Aristoteli videtur; sed et aqua itidem, et qui nos ambit aer, et is, qui Coelo subiacet et cum Coelo circumvolvi videtur; et unumquodque eorum non ab unica' agente natura, sed a duplici singula illas, de- bilitatasque, at non eas tamen modo, quae unius sint corporis, sed omnes simul sibi ipsis commistas, cont- plicatasque, pene et unum factas inesse; e simplicium itaque complexu, commistioneque effecta mista Aristo¬ teli dicuntur: et nequaquam a propria Coelum natura, propriaque calefacere substantia, caloris omnino expers, nec calorem suscipere ullum aptum, commune sublu¬ naribus habens nihil, penitusque diversa praeditum na¬ tura, sed sublunarem aerem commovens, conterensque: et nec a propria omnino forma '), propriaque moveri substantia, sed ab immotìs motoribus; longe omnia a nostris dissidentia; ipsius explicanda est, excutiendaque de singulis sententìa: neque enim et aliorum itidem re- censendae sunt, examinandaeque opiniones, ab ipso satis reiectae Aristotele, et non penitus etiam notae nobis. Utinam et cum Peripateticis liceret idem: magno itaque vacuis labore aliena exponendi reiiciendique, no¬ stra tantum explicanda. esset sententia; at non admissis modo illorum placitis decretisque, sed ea acceptis fide ac religione, ut si ex ipsius naturae ore prolata essent: non igitur rei ullius 1 2 ) amplius natura inspicienda, in- dagandaque cuipiam videtur, at tantum quid de quaque Aristoteles senserit, speculandum. Non id ignoscant raor- tales rogandi, quod videlicet in singulis examinandis 1) et neqnaquam a propria Coelum.., forma, cancellato. 2) itaque rei ti ullius. SCRITTI DI B. TKLESIO 113 Arislotelis sententiis haereamus '): at quod dissentire ab ilio audeamus, et non illum numinis instar venere- mur; qui si illius dicto audiant, aut factum incitentur, nihil nobis veritatis studio illi adversantibus succenseant : quin gratias potius habeant, et idem ipsi faciant omnes: ipse enim Aristoteles veritatem amicis omnibus prae- honorandam admonet, et veritatis gratia praeceptorem etiam amicumque incusare nihil vereri videtur. Huius certe nos amore illecti, et hanc venerantes solam, in iis, quae ab antiquoribus tradita fuerant acquiescere impotentes, diu rerum naturam inspeximus: et conspe- ctam (ni fallimur) tandem aperire illam mortalibus vo- luimus, nec liberi nec probi liominis officio fungi iudi- cantes, si generi illam hurnano invidentes, at invidiam ab hominibus veriti ipsi illam occultemus. Age igitur, ut clarius illa elucescat, agentia rerum principia inqui- rentem, et prima constituentem corpora, tum reliqua ex iis componentem, postremo et Coeli Solisque motu calorem generantem, et motores immotos, a quibus Coelum moveatur, indagantem, ea omnino, quae in su¬ periore nobis tractata sunt Commentario, in quibus (ut dictum est) omnibus summe a nobis dissentit, explican- tem Aristotelem audiamus, eiusque dieta singula ratio- nesque examinemus. Ed ecco che cosa diventerà questo capitolo nella redazione definitiva del De rer. natura (ed. Spampanato, pp. 179-81), dove sarà il 1° del libro III. 1) Cancellato questo periodo Non id... haereamus, c corretto: {specu- landnm) quovis labore nostro, quovis (?) ahorum itidem fastidio, singulae eius positiones quam diligentissime et saepius eadem interdum esponen¬ do f ex am in a n daeque omnino sunt (?). Nihil si in iis tractandis plus iusto immoremur mortales nobis ut ignoscant rogandos esse existimantcs... G. GENTILE, Bernardino Telesio. 8 APPENDICE BIBLIOGRAFICA 114 Repeluntur complura quae superioribus traditi sunt commenlariis. Ponitur stimma positionum Aristotelìs quae infra sunt expendendae. Materia non una ei duplex natura agens, et unus calor frigusque unum, mundi huius universi principia, nec quod terrain mareque et stella? inter quodque ipsas inter stellas locatum est ens, unam idemque et ab una eademque universum constitutum natura, nec duo tan¬ tum prima esse corpora, nec entia reliqua a coeli so- lisque natura e terra effecta, quemadmodum nobis, Ari¬ stoteli videntur. Ille enim sublunaria omnia una eadem¬ que e materia; quae supra lunam sunt entia, caelum stellasque omnes, ex alia constare et quae nihil illi con- gruat naturarumque quas illa suscipit prorsus incapax sit; et quod inter lunae orbem terramque et mare est ens, in duo, in ignem aéremque (ignem enim supre- mam eius portionem quae lunae orbi subiacet, aerem vero infimam liane quae terram ambit, appellat), divi- sam esse affirmat. Et praeter caelum quattuor esse prima corpora, terram, aquam, aerem, ignem, decernit: mi- nimeque ad horum constitutionem calorem modo fri¬ gusque sed humiditatem etiam et siccitatem, ut agentes naturas, et ad illorum singulorum constitutionem nequa- quam earum unam sed oppositionis utriusque alteram affert; et duplicem omnino singulis agentem assignat naturane dictisque e quattuor corporibus, at veluti mu- tuis vulneribus confectis afflictisque et pugnam pertaesis tandem et sibi ipsis commixtis, pene et unum factis omnibus, entia reliqua constituit omnia. Et caelum stel¬ lasque omnes propria natura et quae a calore frigore- que et ab humiditate siccitateque prorsus diversa sit, do- nat. Itaque calor qui a sale fit non ab eius natura nec a propriis eius viribus, sed ab eius fit motu, a quo sic caelo suppositus ignis et bona aéris pars agitetur, conteratur, SCRITTI DI B. TELESIO 115 accendatur accensusque ad terram usque detrudatur; et nequaquam a propria caelum natura propriaque sub¬ stantia sed ab immotis moveri motoribus statuit. Longe tandem mutuo in omnibus fere dissentimus. Quas ob res Aristotelis explicanda excutiendaque est de sin- gulis sententia; nec vero et aliorum etiam opiniones, satis ab ipso, ut videtur, reiectae et quae, nulli admis- sae, ab ullius removendae sunt animo. Utinam cum Peripateticis liceret idem: magno aliena exponendi rei- ciendique labore vacuis, nostra tantum explicanda esset sententia. At quoniam non admiserunt modo illorum placita et decreta, sed ea acceperunt fide et religione ac si ex ipsius naturae ore prolata essent; itaque rei nullius amplius natura inspicienda indagandaque cuipiam videtur. sed tantum quid de quaque Aristoteles senserit speculandum: utique quovis labore nostro, aliorum etiam fastidio quovis, singulae illius positiones quam diligen¬ tissime, et saepius eaedem interdum, exponendae exa- minandaeque sunt. Nihil, si in iis tractandis plus iusto interdum immoremur, mortales nobis ut ignoscant, sed quod a summo naturae interprete dissentire audeamus et non numinis instar illum veneremur, rogandos esse existimamus: qui, si illius dictum audiant aut factum imitentur, nihil nobis veritatis studio illi adversantibus succenseant, quin gratias potius habeant idemque ipsi faciant omnes. Ipse enim liber in philosophando Ari¬ stoteles veritatem amicis omnibus praehonorandam ad- monet, et veritatis gratia praeceptorem etiam amicumque incusare nihil veretur. Huius certe solius nos amore illecti et hanc venerantes solam, in iis quae ab antiquo- ribus tradita erant acquiescere impotentes, diu rerum naturam inspeximus, et conspectam, ni fallimur, tandem mortalibus aperire voluimus; nec liberi nec probi homi- nis officio fungi iudicantes, si generi illam humano in- videntes aut invidiam ab hominibus veriti, ipsi illam APPENDICE BIBLIOGRAFICA I 16 occultaremus. Ergo, ut clarius illa eluceat, agentia re- rum principia inquirentem et prima constituentem cor- pora, tum reliqua ex iis componentem, postremo et càeli'solisque motu calorem generantem et motores im- motos, a quibus caelum moveatur, indagantem, ea de- nique, in quibus omnibus summe a nobis dissentit, explicantem Aristotelem audiamus, et singula eius dieta rationesque examinemus. 3- Bernardini Telesii Consentini De Ret urn natura \ iuxta propria principia | libri IX | ad illustriss. et Excel- lenriss. D. Ferdinandum Carrafam Nuceriae Ducem | Neapoli | Apud Horatium Salvianum | M.D.LXXXVI. In f. Sul frontespizio è riprodotta la figura femminile dell’ed. 1570. Questa edizione definitiva (di cui il Graesse, vi, ij, p. 47 ri¬ corda copie con la data 1587) è riprodotta nelle due seguenti: 4- Tractutionum pkilosophicarum tomus unus\ in quo continentu.r: I. Philippi Mocenic! Veneti Universaliutn Institutio- num ad hominum perfectionem, quatcnus industria paruri potest, contemplationcs quinque ; II. Andreae Caesat.pini Aretini Quaestionum Peri- pateticarum, libri v; III. Ber. Telesii De rerum natura , libri ix. Genevae, apud Eustach. Vignon, MDLXXXV1I1; in f. Nè anch'io I10 potuto vedere questa edizione; che il Nicekon (Mèmoires, xxx, 108-9) dice conforme all’ed. del 1586. Lo Spam¬ panato, pref. alla sua ed. p. xxi, erra dicendo genovese questa ristampa e credendo relative al De rcr. fiat, le opere del Moce- nigo e del Cesalpino. SCRITTI DI B. TELESIO I i; 5- Bernardini Thelesii Consentini De rerum natura iuxta propria principia , Coloniae, Excudebat Petrus Moulardus, MDCXLVI. Questa edizione è citata da L. Telesio, in Bernardini Thy- lesii Operimi catalogus, aggiunto alla sua ristampa dell 'Orazione del D’Aquino, p. 71.— Il Fiorentino, Pomponazzi, p. 384, cita una edizione del De rei . natura con la data di « Neapoli 1637»: che dice appartenuta a Ulisse Aldrovandi ed esistente nella Bibl. Naz. di Bologna. Se non che, come m’informa l’amico prof. Flores, questa Biblioteca possiede soltanto l’edizione 1586, e del resto l'Aldrovandi mori nel 1605. È piuttosto da tener presente il se¬ guente luogo della Orazione 8 del D’Aquino (p. 9): « Onde de’ suoi divini scritti tanta stima ha fatto il mondo, che sono stati dati più volte in luce, non solamente in Italia, ma in Fiandra(?) ed in Germania: e sebbene gli Italiani hanno innalzato le sue opere grandemente, le nazioni straniere si sono ingegnate in ciò di avanzargli, e gli Alemanni, rimosso il primo titolo del libro, dove egli per sua modestia ponea solamente il suo nome ed il suggetto dell’opera, l’hanno ornato grandemente d’un altro nuovo titolo nel quale si contiene, che quella opera è piena di molta dottrina, e che è necessaria agli studiosi delle lettere così umane come divine ». 6 . Bernardini Telesii | De rerum natura \ a cura di | Vincenzo Spampanato, | volume primo | A. F. Formiggini editore in Modena [ 1910 ]. Pp. xxn-332 in-8«. È il 1“ volume dei Filosofi italiani, col¬ lezione promossa dalla Soc. filos. italiana, diretta da Felice Tocco. Precede una pref. del Tocco e una dello Spampanato. Il (piale pubblicherà in altri due volumi il resto del Ve r. nat., e forse un 4“ e un 5» voi. contenenti dei saggi delle edizioni 1565 e 1570 e gli opuscoli. A questo i» voi. ha premesso una riproduzione del ritratto inciso dal Morghen, pubbl. per la prima volta nella Biografia degli uomini ili. del Regno di Napoli del Gervasi (1822). n 8 appendice bibliografica Riproduco qui appresso la dedica e il proemio, premessi dal Telesio all’edizione definitiva della sua opera, secondo la stampa del Salvianl. a ) Illustrissimo atque exceli.entissimo domino don Ferdinando Carrafae duci Nuceriae Bernardinus Telesius consentinus. Commentarios de rerum natura, quos, ut probe no- sti, excellentissime Princeps, magnis laboribus diutur- nisque confeceram vigiliis, edendos tandem visum cum csset, sub tuis omnino auspiciis emittendos esse duxi- mus; nani et domi tuae conscripti fuerant, et plurtmis magnisque beneficiis, quae in me contuleras, debeban- tur. Et amplius etiam, quod Aristotelis doctrinam (quam adeo Alexander excoluit veneratusque est, et quae sub Alexandri patrocinio adeo floruit tantoque habita fuit in honore) ut sensui et sibi ipsi passim repugnantem cum damnemus, aliamque et longe ab illa diversam cum ponamus, non sub regis cuiuspiam auspiciis, qui imperii amplitudine Alexandro conferri posset, sed sub herois praesidio emittendos esse duximus, qui nec in- genio nec iudicio nec animi magnitudine nec virtute omnino ulla ab Alexandro exsuperaretur, quin qui in multis illum exsuperaret. Et nostri temporis hominum unus tu talis, excellentissime Princeps, non nobis modo, sed sanis hominibus visus es omnibus, ltaque nihil ve¬ nti quod opibus potentiaque ab ilio exsupercris, sub tuis omnino auspiciis emittendos esse decrevimus. No¬ stra siquidem doctrina quoniam nec sensui nec sibi ipsi nec sacris etiam litteris repugnat unquam, quin adeo bis et illi concors est, ut ex utrisque enata vi- deri possit; quoniam omnino vera est, sese ut ab m- vidorum calumniis tueatur et, iis reiectis, sese assidue SCRITTI DI B. TELESIO 119 effundat amplificetque, nullis regum opibus nuliaque potentia sed tua modo opus habet ope; qui sic animi bonis, quae dieta sunt, nihil ab Alexandro exsuperaris, quin in illorum multis tu illum exsuperas. Nam inge¬ nio iudicioque te ilio quam longissime praestantiorem esse, vel doctrina, quam uterque admittendam decrevit, manifestai. ,Quam enim ille amplexatus veneratusque est et summis praemiis summisque dignara existimavit honoribus, quod dictum est, et sensui et sibi etiam ipsi, quin et Deo optimo maximo, passim repugnat. Itaque soli calorem lucemque abnegat: et mundum nequaquam a Deo optimo maximo constructum, sed voluti casu quodam enatum ponit; et rerum humana- rum administrationem cognitionemque Deo demit om- nem. Et non sensui modo, sed, ut nostris in com- mentariis apertissime ostensum est, sibi ipsi etiam passim dissentit adversaturque ; ut existimare liceat vel in praeceptoris gratiam, nihil eius fundamentis positionibusque inspectis examinatisque, Alexandro ad- missam fuisse, vel quam longissime illum abesse, ut ingenio iudiciove tibi conferri possit. Nam tu doctri- nam nostram non statim, sed ibi tandem admittendam perdiscendamque esse duxisti, ubi sensui et sibi ipsi universa et sacrae etiam scripturae bene concors visa est. Ut, quod dictum est, ingenio iudicioque multo te Alexandro praestantiorem esse necessario existiman- dum sit. Neque enim, si, quali tu, ingenio iudiciove donatus ille fuisset, et sensui et sibi ipsi et sacris divinis litteris passim dissentientem Aristotelis doctri- nam admittendam duxisset unquam. Animi porro ma¬ gnitudine fortitudineque nihil Alexandrum te prae¬ stantiorem fuisse res, a te in Peloponneso gestae, manifestant: ubi, innumerabilibus Turcarum equitibus in Christianorum exercitum, turbatum iam trepidan- temque, irruentibus (qui omnino nisi a te repressi 120 APPENDICE BIBI.IOGRAFICA reiectique fuissent, magnimi nostris incommodum illaturi erant), non magno veteranoque cum exercitu, ut Ale¬ xander, sed perpaucis cum peditibus, in fugam iam coniectis et a te retentis tuaque praesentia et fortitudine confirmatis, sponte tua te opposuisti; et longe illorum plurimis interfectis, reliquos in fugam coniecisti peni- tusque prodigasti. Itaque Christianorum exercitum, sum- mum iam in periculum adductum et in fugam iam con- versum confirmasti conservastique : talem omnino te praestitisti, ut eorum, qui pugnantem te conspexere, nulli dubium esse posset, quin, si unquam exercitus ductandi magnaque bella gerendi occasio tibi oblata foret, bellicam Alexandri gloriam aequaturus et supe- raturus etiam esses. At pares, quae dictae sunt, vir- tutes in utroque ut sint, puriores certe in te splendent, neque enim, quod in ilio passae interdum sunt, ab immixtis vitiis in te obscuratae sunt unquam. Et ne- quaquam, ut ille, deos tu colis ab hominibus effictos multisque obnoxios vitiis; sed Deum venerans, caeli terr:eque conditorem et qui unigeniti Filii sui morte humanum genus servari substinuit, sanctissimaque eius praecepta summa observas cum religione. Minus etiam generis claritate ab Alexandro exsuperaris, siquidem Car- raforum ■) familia multis iam saeculis plurimorum ma- gnorumque principum coronis et regio etiam diademate effulget (nam tuus ille Stephanus Sardiniae regnum re¬ gio cum titulo obtinuit diuque possedit), et plurimorum magnorumque sacrorum antistitum puniceis pileis et pontificia etiam corona exornata est: ut ambigere non liceat, quin generis etiam claritate nihil ab Alexandro exsupereris. Quoniam igitur, Alexandro collatus, nec generis claritate nec ullis animi bonis inferior videri ) Spamp. Carra/arum. SCRITTI DI B. TF.LESIO I 2 I potes; age, commentarios nostros (propterea in primis tibi dicatos, quod Alexandro si ■) quidem fortuna impe- rioque, non certe et ingenio iudiciove, nec vel magnitu¬ dine vel aliis ullis animi bonis ab ilio J ) exsuperaris, quin in multis tu illum exsuperas) libens suscipe. Et si Aristo- telis voluminibus, quae tantis Alexander praemiis tan- toque digna existimavit honore, niliil deteriores tibi visi sint; et nostri mores nostrumque ingenium, quod pe- nitus tibi perspectum sit oportet, nihil me unquam (cuiusmodi Aristoteles erga Alexandrum fuit) tuorum erga me beneficiorum immemorem ingratumque futu- rum suspicari sinent 3 ); non quidem, ut non minoribus praemiis nos prosequaris, rogamus (quae scilicet a prae- senti fortuna tua exspectari non possunt et quae nulla a te expetimus, satis superque a benigni tate tua ditati), sed ut non minore me prosequaris benevolenza et, quod hactenus strenue fecisti, Peripatedcorum iniurias calurn- niasque repellas. Nihil omnino, quam Aristoteles Ale¬ xandro fuit, me tibi minus carum, neque in minore, quam ab ilio habitus fuit, nos a te in honore haberi homines intelligant. Hoc vero, ut praestes, percupimus et summopere te rogamus. Vale, o praesidium et dulce decus meum. 1) Spamp. Quod si. 2) Spamp. Ab Alexandro. 3) Spamp. Sinant. I 22 APPENDICE BIBLIOGRAFICA f>) Bernardini Telesii Comentini De rerum natura iuxta propria principia Liber primus: Prooemium '). Mandi constructionem corporumque in eo contentoram magnitu- dinem naturamque 2) non ratione, quod antiquiorihus factum est, inquirendam, sed sensu percipiendam et ab ipsis liaben- dam esse rebus. , Qui ante nos mundi huius constructionem rerum- que in eo contentarum naturam 3 ) perscrutati sunt, diu¬ turni quidem vigiliis magnisque illam indagasse 4) labo- ribus, at nequaquam inspexisse videntur. Quid enim iis illa innotuisse videri queat 5), quorum sermones omnes et rebus et sibi etiam ipsis dissentiant adversique sint? Id vero propterea iis evenisse existimare licet 1 2 3 4 5 6 7 ), quod, nimis forte sibi ipsis confisi, nequaquam, quod opor- tebat, res ipsas earumque vires intuiti, eam rebus ma- gnitudinem ingeniumque et facultates '), quibus donatae videntur, indidere. Sed veluti, cum Deo de sapientia contendentes decertantesque, mundi ipsius principia et caussas 8 ) ratione inquirere ausi, et, quae non invenerant, inventa ea sibi esse existimantes volentesque, veluti suo arbitratu mundum effinxere. Itaque corporibus, e quibus 1) Questo Proemio formava il cap. i del lib. i nella ediz. 1570 con alcune varianti che saranno qui appresso indicate: rultima delle quali assai notevole. 2) coni etti or uni naturam. 3) rerumqtu naturam. 4) indagasse illatn. 5) videri potest. 6) evenisse videtur. 7) id rebus ingenium easque facultates. 8) causas. SCRITTI DI B. TELESIO 123 constare is videtur, nec magnitudinera positionemque, quam sortita apparent, nec dignitatem viresque ‘), quibus praedita videntur, sed quibus donari oportere propria ratio dictavit, largiti sunt. Non scilicet eo usque sibi homines piacere et eo usque animo efferri oportebat, ut (veluti naturae praeeuntes, et Dei ipsius non sapien- tiam modo 1 2 3 4 5 ) sed potentiam etiam i) affectantes) ea ipsi rebus darent, quae rebus inesse intuid non forent et quae ab ipsis omnino habenda erant rebus. Nos non adeo nobis confisi, et tardiore ingenio et animo donati remissiore, et humanae omnino sapientiae amatores cul- toresque (quae quidem vel ad summum pervenisse vi- deri debet, si, quae sensus patefecerit et quae e rerum sensu perceptarum similitudine haberi possunt, inspe- xerit), mundum ipsutn et singula eius partes, et partium rerumque in eo contentarum passiones, acriones, opera- tiones et species intueri proposuimus. IUae enim 4), recte perspectae, propriam singulae magnitudinem, hae 5 ) verum ingenium viresque et naturam manifestabunt. Ut si nihil divinum, nihil admiradone dignum, nihil etiam valde acutum nostris inesse visura fuerit, at nihil ea tamen vel rebus vel sibi ipsi repugnent unquam; sen- suin videlicet nos et naturam, aliud praeterea nihil, se- cud sumus, quae, perpetuo 6 ) sibi ipsi concors, idem semper et eodem agit modo atque idem semper ope- ratur. Nec tamen, si quid eorum, quae nobis posita sunt, sacris litteris catholicaeve ecclesiae non cohaereat, tenendum id, quin penitus reiciendum, asseveramus 1) ejfmxere et corporibus. e quibus constate is videtur. non ram tua- gnUudinem eamque dignitatem et vires. 2) modo sapientiam. 3) etiam potentiam. 4) aciiones atque operationes intueri. 5) magnitudinem ac speciem, hae. 6) s unirne. 124 APPENDICE BIBLIOGRAFICA contendimusque. Nequeenim humana modo ratio quaevis, sed ipse edam sensus illis posthabendus; et si illis non congruat, abnegandus omnino et ipse etiam est sensus *). 7- Bernardini | Telesii | Consentini | De hìs, quae in Aere fiunt; et de Terrae- \ motibus. Liber (Jnicus | cum Superiorum facultate. | Neapoli, | Apud Iosephum C'ac- chium. | Anno MDLXX. Carte. 14 nuin. nel redo. Sul frontespizio è la solita figura fem¬ minile, eom’è anche nei due opuscoli seguenti. Precede questa dedica: Illustrissimo et Reverendissimo Tolomeo Gallio Cardinali Comensi ac Archiepiscopo Sipontino Bernardinus Telesius S. P. D. Quoniam plurimis gravissimisque, ut nosti, molestiis oppresso detentoque, ad te, quod summe quidem sem- per cupivi, et quo nihil mihi iucundius contingere pos- set, venire tecumque vivere non licet; nec vero alia ratione meam erga te observaniiam gratitudinemque ma¬ nifestare; utrumque, quo licet modo, ut efficerem, Com- mentarium De iis quae in aère fiunt, ad te mittere statui. Minus certe munus, quam quod tuis erga me meritis debeo; qui scilicet cum nulla alia in re studium voluntatemque tuam a me desiderati passus sis, tum vero studiorum meorum egregius imprimis fautor sem- per fuisti. Multo etiam minus quam quod virtutes tuae expostulant, surnma integritas, summaque in omnes cha- ritas; non illae quidem ad homines alliciendos simulatae, 1 ) Mancano i due ultimi periodi: JVec tamen... est sensus. SCRITTI DI B. TELESIO 125 a ut segnes unquam, sed verae puraeque, et unius honesd grada scraper vigiles semperque operantes; et summa prudentia, rerumque omnium cognido. Emicue- runt quidem illae, cum sub Pio IIII. Pontif. Max. Chri- stianam Rempublicam tu imprimis tractares, administra- resque; et ita eraicuere, ut multo spiendidius emicaturae viderentur, si tempus unquam nactae forent, in quo liberius splendere possent. Summam praeterea animi tui magnitudinem quis non summopere amet summeque ve- neretur? Qua effectum est, ut nullis bonorum quorumvis accessionibus quicquam elatus aut immutatus omnino esses unquam; bona scilicet quaevis, et quae virtus tibi pararat tua, te minora semper visa sunt, et fuere me- hercule semper minora; itaque nihil illa te extulere unquam. Me quidem diu penitusque egregias animi tui virtutes et mores cum sancdtatis tum vero et iucun- ditatis plenissimos intuitum tanta illae erga te venera- done tantoque animi tui amore desiderioque inflamma- runt, ut nec venerari te satis, nec colere amareque, et tecum esse satis desiderare posse videar. At multo, ut dixi, maiora a me meritus, parvo hoc munere, scio, contentus eris ; Deum Opt. Max. imitatus, qui non quas non habemus opes, nec opes omnino ullas, sed veram modo pietatem, esto et modici thuris evaporationem a nobis poscit. Tum qualecunque id est, perpetuum erit, spero, tuorum erga me meritorum, et meae erga te observantiae charitatisque signum. Vale. 8 . Bernardini | Telesii | Consentini | De color um generatione | Opusculum. | Cum superiorum facultate | Neapoli, | Apud Iosephum Cacchium. | Anno MDLXX. In-4 1 cc. 7 nnmiii. nel redo. Precede la seguente dedica, in alcuni esemplari premessa ai due libri del De t er. natura del '70 per errore di chi legò con essi questi opuscoli. 26 APPENDICE BIBLIOGRAFICA Illustr. mo Io anni Hieronymo Aquevivio Hadrianensium Duci Bernardini Telesius, CONSENTINUS S. P. D. Multos equidem iam annos surama te prosequor veneratione, summoque tui videndi desiderio teneor. Neque enim unus aut alter te cum caeteris animi bo- nis virtutibusquetum vero divino sane ingenio iudicio- que longe acerrimo praeditum disciplinisque omnibus apprime ornatum mihi praedicavit; sed communis om¬ nium consensus, et eorum praecipue qui et te magis norunt, et qui, quae in te sunt, bona reliquis exqui- sitius intueri possunt: in primis Marius C/aleota (qui vir et quantus!): hic quideni te non summis aetatis nostrae hominibus, sed antiquis illis haeroibus ac divinis viris conferre nihil veretur; nec vero Rempublicam vel manu vel consilio adiuvandi occasionem nactus si sis umquam, quin illorum gloriam exaeques, aut etiam exsuperes du- bitat quicquam. Admirabilem scilicet intuitus naturam tuam, et cum reliquarum honestarum disciplinarum tum vero philosophiae studiis diu summaque excultam diligen- tia, summa itaque erga te charitate ac veneratione sum¬ moque tui desiderio me inflammavit (rie). Quod si per mo- lestias, quibus multos iam annos assidue opprimor, mihi licuisset, promptius, mihi crede, ad te quani ad fortuna- tissimos reges advolassem; et praesens animi mei propen- sionem erga te patefecissem, ac dedidissem omnhio me tibi. Id quando adhuc facere non licuit studiorum meo- rum monumentum quippiam tibi offerre visum est, quod meae erga te observantiae signum esset: itaque commen- tarium De colorum generatione ad te mitto. Libens, spero, munus, qualecumque est, accipies, in quo nimi- rum hominem, qui te nunquam vidit, virtutum tuarum pulchritudine ac fulgore incensum intuebere. Nani, si SCRITTI DI B. TELESIO 127 probatus tibi ille fuerit, et perobscuram adhuc, ut videtur, colorum naturarli exortumque patefecerit, id vero opi- bus a te omnibus carius aestimatum iri certo scio; ut qui illustrissimorum maiorum tuorum more rerum cogni- tionem rebus omnibus ac regnis edam ipsis praehaben- dam semper duxeris. Vale. 9- Bernardini | Tei.esii | Consendni | De mari, \ Li- ber Unicus. | Ad Ulustriss. Ferdinandum Carrafam | So¬ riani Comitem. | Neapoli, | Apud Iosephuin Cacchium, 1570 . In fondo all'opuscolo-. Cum Licentia Superiorum. Sono cc. 12 numm. nel recto-, in-4®. Precede questa dedica: Illustriss. Ferdinando Carraeae Soriani Comiti Bernardini Telesius S. P. D. Cum primum literas tuas accepi, quibus declarabas te in iis, quae de mari ab Aristotele tradita erant, acquie- scere minime posse, et quid de eius natura et motibus sentirem, ad te conscribere mandabas: etsi plurimis (ut nosti) opprimerer molestiis, dbi tamen ut morem gererem tuique desiderio sadsfacerem, commentari uni, quem iam pridem de eo conscripseram, rudem adhuc, quantum per praesentes occupadones licuit, polivi. Et praeter morem nostrum, prius quae ab Aristotele tra¬ dita sunt, in eo exponuntur examinanturque, ut fa¬ cile homines intelligerent iure te in iis acquiescere non potuisse: tum nostra apponuntur. Perleges vero tu il¬ luni, et si tibi probatus sit talisque visus, qui et tuo sub nomine in lucem prodire queat, prodeat. Neque I 28 APPENDICE BIBLIOGRAFICA enim, quae tu admittenda decreveris, alii ut damnent vereri licet; libens certe confectum tibi opus, qualecum- que id sit, accipies; summara in eo meam erga te charitatem observantiamque intuitus et grati animi si- gnum cura erga te, tum et erga illustrissimos parentes tuos, Alfonsum Nuceriae Ducem, virum unum omnium optimum constantissimumque, et loannam Castriotam, quae cum maxime fortunae corporisque bonis affluat, et tantis omnino, quantis plura ne optare quidem liceat, si cum alias eius animi virtutes, tum vero, quae aegre si- tnul coire videntur, lenitatem sublimitatemque summe in ilio coniunctas, pene et unum factas quis inspiciat, vix illorum splendorem intueatur; ut mihi quidem nostrae aetatis homines nihil ea amabilius, nihil etiam divintus conspicere posse videantur. Haec vero tu eius paren- tisque tui splendorem summamque utriusque generis claritatem ne novis luminibus non illustres dubitandum est quicquam. Nam mihi quidem te illosque intuenti, quae in illorum utroque corporis animique bona sunt, ex utroque hausisse videris omnia: minimeque vel eo- rum vel avorum gloria vel tantarum opum possessione, totve ac tantorum populorum dominatione contentus tuo tibi ut studio tuoque labore novum decus novos- que honores acquiras summa attendis cum diligentia. Age vero, qua coepisti perge, et mihi crede, non sum- mam modo gloriam, sed veram adipisceris felicitatem, summae nimirum fortunae summam adiicies sapientiam. Vale. io. Bernardini | Telesii | Consentini | Vani de natu- ralibus | rebus libelli \ ab Antonio Persio editi. | Quo¬ rum alii nunquam antea excusi, alii meliores | facti pro- deunt. | Sunt autem hi | de Cometis, et | Lacteo Cir- culo. | De liis, quae in Aere fiunt. | De Iride. | De Man. SCRITTI DI B. TELESIO 129 | Quod Animai universum. | De Usu Respirationis. | De Coloribus. | De Saporibus. | De Somno. | Unicuique libello appositus est capitum Index. | Cum privilegio | [insegna tipografica) | Venetiis M.D.XC. | Apud Felicem Valgrisium. Dopo la pref. Antonine Persine camiido Perfori, c’è l’ Inde a opusculorum, diviso in due parti: — Prima pars, in qua precipua Metereologica continentur; _ Secunda pars, in qua, quae Parva naturalia dici possimi, tractantur. Nella 1“ classe sono compresi i quattro opuscoli De Cometis et tacteo circolo, De bis quae in apre fiunl (dedicati entrambi a Gian Iacopo Tomaie), De iride (al vescovo di Padova Luigi Cornelio) e De mari (a Francesco Patrizio). Nella 2 a altri cinque opuscoli : Quod animai universum ab unica animae substantia gubernatur contro Calenum (a Giov. Vincenzo Tinelli), De usu respirationis (a Giovanni Micheli), De coloribus (a Benedetto Giorgi), De saporibus (a Fed. Pendasio), De somno (a Girolamo Mercuriale). Il volume consta di 4 carte inn. a principio, 5 parimenti inn. in fine e dei 9 opuscoli ciascuno dei quali con numerazione a sé, sul recto, e con frontespizio particolare; tranne il primo. Il I- 1 I op. di cc. 26 (De Com. e De Air); il III (De ir.) di cc. 20; il IV (De mari) di cc. 19; il V (Quod anim.) di cc. 47; il VI (De usu) cc. 8; il VII (De color.) cc. 15; l’VIII (De sapor.) cc. 15; il IX (De somno) cc. 15. Riporto la prefazione generale e le sin¬ gole dediche. «) Antonius Persius CANDIDO LECTORI. Novem haec Bernardini Telesii physica opuscula, quo¬ rum tria tantum antehac excusa fuerunt, eodem omnia volumine complexa, ut publici iuris efficienda curarim id fuit causae potissimum, Candide lector, quod, cum paucissima eorum exempla circumferrentur, adeo ut jpsi mihi, qui Telesio inter vivos agenti coniunctissimus, G. Gentile, Bernardino Telesio. 9 APPENDICE BIBLIOGRAFICA 1.^0 ac, ni fallor, carissimus fueram, antequani unius ex sin- gulis compos fierem, sudandum fuerit, liuic malo quani primum eonsulere necessarium existimarim. Timebam enim ego duorum alierum, vel scilicet ne labores Ili perirent omnino, vel ne quis eos tanquain proprii sibi partum ingenii vindicans, suuni iis noinen, Telesii ex- puncto nomine, inscriberet, et ut sua tandem in com- mune proferret. Cuiusmodi non defuturos homines fuisse ut milii persuaderem effecere multi, quos novi egomet consimilem lusisse ludum. Ac profecto nostra liac tem¬ pestate, si ulla unquam alia factum est, malis hisce ar- tibus prò sapientia uti licet. Ut autem rem piane intelligas, erant ex his tres tan¬ tum modo, ut dixi, excusi libri, De his quae in aere fiunt scilicet unus, alter De mari, tertius De colorum generatione. Ac De mari quident ille non- nullis auctior capitibus tibi datur, quae nos in ipsius calcem omnia reiecimus. Qui vero De coloribus est, longe prodit alius, non verbis tantum, sed et sententiis atque opinione. Caeteri omnes nunc primum publi- cantur. Ex iis, qui mihi a Telesio missi fuere (sunt autem hi; De somno, De saporibus, De bis quae in aere, De mari), hi longe aliis emendatiores exhi- bentur; reliqui autem, quos aliunde expiscatus sum (cu- ravit eos mihi Franciscus Mutus, praestanti vir doc- trina ac Telesianae philosophiae cognitione liaud levi praeditus), ii non solum alicubi imperfecti, veruni etiam tam male exarati ac mendose exscripti erant, ut divi- nandum mihi fuerit in plerisque locis. Cum autem in iis exentplaribus, quae nacti sumus, loci nulli neque Aristotelis, neque Galeni, neque aliorum, qui a I elesio laudantur authores, neque in contextu, neque in mar¬ gine notati extarent, nos eos omnes in tuum commo- dum, Amice Lector. ad oram cuiusque libelli rite ad- scripsimus. Ad haec schemata quaedam in libello De SCRITTI DI B. TET.ESIO '.il iride ab authore nominata, vel saltem subintellecta, quod nullum eorum in nostris codicibus vestigium exta- r et, accurate delineavimus, ut facilius id, quo de agitur, intelligeres. Atque haec nos tibi tanquam in alieno solo (ut cum nostris loquar iurisconsultis) elaboravimus, pro- pediem te in nostro accepturi, atque ex ugello ingenioli nostri, quae tibi forte non ingrata videantur, multo li- beralius deprompturi. Quod reliquum est, Lector Imma¬ nissime, quo nobiscum ab illius sapientissimi viri ma- nibus gratinili aliquam in eas, ac magis udlitati publi- cae consulamus, si forte meliores, quam nostri sunt, codices fuerit nactus, ut et ego meliores edere possim, mihi eos, quaeso candidus imperti; si non, his utere mecum. Vale. f >) Ai primi due opuscoli è premessa la dedica seguente: Antonius Persius IGANNÌ IACOBO TONIALO VIRO PRAESTANTISSIMO S. P. D. Quod in studio mathematices, quo maxime omnium semper es delectatus, in primisque astronomicae facul- tatis, totus usque sis, laudo te, mi Tomaie, vehementer, ac vere virum censeo, qui non te otio, quod plerique ista fortuna, hoc est opibus, abundantes homines faciunt, corrutnpi sinas; sed, cum ingenio iudicioque cum paucis sis conferendus, animum tuum optimis artibus perpoli- tum nobilissima rerum excelsissimarum excolis cogni- tione. Cui tantum detulit Aristoteles, ut eam vel imper- fectam perfecta inferiorum rerum scientia multo duxerit esse praestantiorem. Utere igitur fortunae bono dum per florentem aetatem tuam licet, et viaticum senectuti para. 132 APPENDICE BIBLIOGRAFICA Collocupleta tuum solidis atque immortalibus bonis ani¬ mimi: amicitias quoque, quod facis, adiunge tibi liberali- tate hac tua, omnique officiorum genere, quae ego abs te expertus non vulgaria, perlibenter soleo praedicare. Et quo extaret eoruni significano diuturnior, a me tibi nun- cupati ut exirent duo hi Telesii nostri libelli De come- tis et lacteo circulo unus, De iis quae in aere fiunt alter, libentissime curavi: simul ut haberes oc¬ casionerei de rebus coelestibus, coeloque proximis, quo te rapit astrorum studium, novam Telesii nostri dispu- tationem alacrius legendi. Cuius tu philosophiam magno animo amplexatus maxima cum iudicii et ingenii laude tueris. Ac liber ille quidem, quo De iis, quae in aere fiunt, disseritur, editus antehac est, nunc emacu- latior prodit. Alter vero nunc primum publici iuris ef- ficitur. Vale, et Persium tuum ex animo nunquam elabi tuo patiare. Patavio Kalendis Aprilis. MDXC. c) Illustrissimo ac reverendissimo Aloysio Cornelio episcopo Paphiensi et Patavino designato. Antonius Persius. S. P. D. Post nobilem illum universae terrae cataclysmum, ex quo Noe, cum familia servatus, humanum genus re- paravit, apud Ethnicos quoque pervulgatum, ac Deuca- leonearum undarum nomine a poeds significatimi, scrip¬ tum fecit Moses summi ille Dei scriba atque interpres, Illustrissime ac Reverendissime Episcope, Deum ipsum edidisse arcum, seu Iridem pacti indicem ac foederis inter se atque humanum genus constituti, ut quoties id in coelo appareret toties divinae potentiae beneficiique nobis divinitus collati memoriam renovaret. Hoc mihi, SCRUTI DI B. TELESIO 1 .1 ,ì dura eximii philosophi Bernardini Telesii libellum De iride in lucem proferre cogitarem animo repetenti cu¬ pido incessit, ut haud ita dissimilis in re simili tui erga me animi significatio exstaret, operam dare. Est igitur a me curatimi, ut ii, in quorum oculos haec Telesiana Iris incurreret, de tuorum in me magnitudine merito- rum brevi hac ad te epistola quoquo pacto admoneren- tur. Namque, ut alia praeteream, maximorum semper in loco beneficiorum mihi delatum putabo, quod in ali- qua apud te grada vigeam, ac me ipse in tuorum tibi addictissimorum numero censeri velis. Cum enim per- crebuerit te non nisi doctos, probos ac sapientes viros, tui scilicet simillimos, amare, fovere atque ornare so¬ lere, cum tu non solum maiorum splendore summaque familiae nobilitate, verum edam doctrinae, probitatis ac sapientiae laude nemini concedas (quarum quidem vir- tutum singulare specimen in administradone Episcopatus Patavini tibi ab amplissimo Cardinali Federico patruo tuo, prudentissimo viro delata maximo cum ecclesiae Patavinae fructu quotidie exhibes); quid mihi proficisci abs te maius atque optabilius unquam posset, quam ex tua consuetudine, qua me dignum tua esse voluit humanitas singularis, tantarum mihi virtutum famnia, ac nomen aliquod comparare? Quod igitur opusculum hoc tuo sacratum nomini dicarim, id primum boni ut consulas vehementer cupio; deinde ut tuam in me animi propensionem, in qua maximam existimadonis meae par- tem esse positam inteiligo, (quod facis) tueare te iterum rogo obsecroque. Vale. Patavii. 134 APPENDICE BIBLIOGRAFICA d) Antonius Persius Francisco Patricio Platonicae Philosophiae in Ferrariensi Gymnasio Professori Celeberrimo S. P. D. Meministi, eruditissime Patrici, cum Venetiis coninto- raremur, me tibi novam Telesil Philosophiam ac phi- losophandi rationem saepius commendare, et te hortari, ut libros eius de natura legeres diligenter. Quod ubi est a te factum, cum multa offenderes in iis, quae ve¬ lini Democritea Delio quopiam natatore indigerent, me identidem tanquam in eorum lectione diutius versatuni, ac Telesii familiarem consulebas, ego igitur libenter et obscura quaecunque tibi essent interpretabar, et obii- cientium sese dubitationum scrupulos eximebam, quod poteram. Ita ad calcem usque operis cum legendo per- venisses, tum honorifice de eo loqui caepisti, ut ipsurn veteribus philosophis anteferres. Scripsisti quoque a me rogatus in eam philosophiam dubitationes tuas nonnul- las, quas ad Telesium transmisi. Ex eo candidissimus philosophus quanti tuum lacere iudicium haud obscure significavit, cum deinceps sua scripta ad tuum sensum exigere non sii gravatus. Cum igitur libellum eius De mari ab ipso primum editum, atque aliquibus ex eius- dem scriptis ad eandcm rem pertinentibus auctum, de- nuo imprimendum curarem, patrem ipsi ac patronum nullum Patricio aptiorem in venire me posse existimavi, tuaeque idcirco ipsum fidei commendare decrevi. Tu, si constans es in summi viri laude, ut te esse mihi et natura et consuetudo tua suadet, huiusce opusculi pa- trocinium suscipias libenter, ac tuam in eo tuendo non SCRITTI ni n. TELESlO t35 vulgarein eruditionem plaudentibus omnibus explicabis. Feceris autem mihi pergratum, si meis verbis coni- raunem amicum ac fatniliarem Franciscum Mutum et tuum et Telesii praeclarum propugnatorem ingenii, et eruditionis laude ornatissimum, salutaveris, meoque ipsi nomine dixeris, cura ego ipsius beneficio plerosque ex iis, quos iam edo libellos, fuerim nactus, expectare, ut eosdem idem ipse meliores, atque alios eiusdem Aucto- ris nondum editos nobis eruat alicunde. Vale, ac mei mutuo memor est. Patavio. Dopo il cap. x segue quest’avvertenza (c. 13 t f ): Tria haec, quae sequuntur capita de maris aestu, a Telesio quidern et ipsa elucubrata sunt, sed tamen ab eodem in prima huiusce libelli editione consulto prae- termissa; idque ea, ut puto, de causa, quod in hac con- teraplatione nondum sibi piane satisfaceret. Erat enim tum in alienis, tum maxime in propriis sententiis iudi- candis sane quam difficilis atque morosus. Itaque nihil edere ille solebat, quod non longa adhibita discussione lente prius ac fastidiose probasset. Nos tamen, ne ea quidern intercidere aequum putantes, quae ipse rudia atque imperfecta reliquerat, pauca haec de manuscripto exemplari diligenter excepta, priusquam ea sibi aliquis vindicaret et ut sua venditaret, in calce huiusce libelli excudenda curavimus. l H. TELEStO 139 doctrina et eloquentia tectum sartumque praestes ab aculeis reprehensorum, libenter curavi ut nonien tuum clarissimum prae se ferret imprcssus. Neque enim dubito, quin maximum apud omnes hoc tuum patrocinium sit pondus habiturum. Perspectum iam enim est ac notum, quanto te discipulo gloriaretur dignus ille tnagnorum philosophorum magister Iacobus Zabarelia, nobis im¬ portuna morte praereptus. Cuius sane viri quoties mihi venit in mentem, venit autem saepissime, toties ego Patavinae, in qua profitebatur, Academiae ingemisco, quae tot tantisque infra paucos annos orbata viris, ci- vem hunc suum, qui facile omnium desiderium leniret, rednere diutius in vita non potuerit, cum tamen ea de- cesserit aetate, quae senectutem vix a limine attingebat. Verum alieno quidem patriae et amicis, sibi autem, hoc est nomini, et gloriae suae liaud quam importuno tempore cessit e vita, relictis ingenii sui monumentis, nunquam intermorituris. Cuius vocem porticus illae eru- ditae Lycei Patavini frustra nunc, frustra, inquam, de- siderant. atque eum, si possent, suum ipsae civem, qui philosophiam non praeceptis tantum ac scriptis, verum et factis praeclarissime exprimebat, omnium virtutum, imprimis humanitatis ac modestiae, singulare exemplunt erat, perpetuo lugerent ; ut eos contra philosophos ri- derent, qui non tam in academiae porticis prò Peripa- teticae doctrinae primatu, quam in publicis hisce, quae promiscere ab omnibus ultro citroque commeantibus te- runtur, prò peripatetica, hoc est, ambulatoria (ut sic dixerim) praerogativa tanquam prò aris et focis ridi- culc dimicant, quasi in eo sitae sint Graeciae divitiae, si cui occurrens, caput aperias, aut interiorem Porticus partem, videlicet parietem ambulanti concedas. Sed iam nos iis homulis et xaipeiv dicamus et vyicuveiv. Te vero iterum iterumque rogo, ut animum tuum familiae tuae splendidissimae nobilitate dignissimum mihi benevolum 1 4 « APPENDICE BIBI.IOGRAEICA ae meae summae in te observantiae memorerà tueri, munusculumque hoc, novum piane munus (cum libel- lus hic it prodeat ab eodem Auctore iam pridem multis additis, detractis, immutatis interpolatus, ut, si cum an- tea edito conferas, mirum quantum ab eo difierre de- prehendas) tanquam maximum a maximo ad te missum animo gratificandi tibi suscipere ne dedigneris. Vale. h) Antonius Persius Eminentissimo Phii.osopho Federico Pendasio,. S. P. D. Si quantum Aristoteli philosophorum filii, tantum tibi, Federice Pendasi, philosophorum memoriae nostrae facile princeps, ipsum debere Aristotélem dixerim, nae ego vera praedicarim. Illustrasti etenim publicus tot an- nos in ceteberrimis Italiae Gymnasiis interpres Aristote- licam usque adeo philosophiam, ut non tibi minus, quam Aristotelicorum librorum, qui situ obsiti parum ab in- teritu aberant, erutori ac vindicatori iHi gratiae debea- tur. Quos si nobis inimicum fatum ad exitium usque invidisset, poteras tu novus illucere mortalibus Aristo- teles, iacturamque tantam undequaque compensare. Ita- que subinvideo Ascanio fratri, quod ipsi, te Bononiae degente, Bononiae degenti fruì licet, ac de te non pu- blicos solum, sed, quae tua in omnes privatimque in ipsum est benignitas, domesticos haurire sermones. Fe- rebam ego antea tui desiderium paullo lenius, dum vi- veret alterum Italiae lumen Iacobus Zabarella philoso- phiae scientia, ut tibi uni secundus (quem scilicet ille sibi non solum praeferebat, sed auctorem ctiam recte philosophandi fuisse olim praedicabat), sic caeteris omni¬ bus meo ac multorum iudicio anteponendus. Eo nunc, SCRITTI I>! R. TEt.ESIO M quo familiarissime utebar, extineto, nisi tua me aliquando usurum consuetudine sperarem, vitarn mihi profecto acerbam putarem. Interim autem quia te libenter et stu¬ diose legere ea scripta, in quibus ingenii et eruditionis lumina haud vulgaria conspiciantur probe novi, cuius- modi sunt Telesii philosophica monumenta, idcirco ut ex ungue leonem agnosceres: ad haec ut sententiarum novitate animum tuum consuetis fessum contemplatio- nibus recreares, liunc eius De saporibus libellum tan- quam èvSóoipav ad reliquam ipsius philosophiam cogno- scendam, et, ut sapiat, iudicandam ad et mittere, adeoque tuo inscriptum nomini publicare decrevi. Accipies igi- tur hilari fronte hanc meae in te benevolentiae atque observantiae significationem, ut meum in te studium nunquam in posterum obliviscaris. Vale. Patavii. Antonius Persius PRAECLAR 1 SSIMO MEDICO Hieronymo Mercuriali S. P. D. Homericus ille Iuppiter, quod te non fugit, Hiero- nymeMercurialis, medicorum choryphaee, ut Agamemno- nem de sonino excitaret, misisse ipsi somnium a poeta perhibetur. Ego vero, ne tu mihi dormias, hoc est, ne me tibi e memoria atque ex animo excidere patiare, tui amantissimum studiosissimumque tui nunquam oblitum, non vanum aut mendax aliquod somnium, sed erudi- tum ca veridicum Somnum Telesianum a Telesio tum, cum minime dormitabat, elucubratum ad te mitto, qui somnum arcere quovis somnio validius possit. Hunc ego, et ut sedulum monitorem, et ut non obscurum mei in te animi interpretem ad Te destinavi, dum aliud * TOSINO U2 APPENDICE 11IBI-IOGRAEICA quaero tibi mnemosynon, quo pateat illustrius non so¬ limi quantuni tibi ipse ego debeam deferamque, ve¬ runi edam quam ab aliis omnibus esse deferenduni exisdniem; etsi tu unica de te clarissimae Bononiensis Academiae existimatione (ut communem eruditorum om¬ nium sensum praetermittam) contcntus esse potes, quae te tanto studio ac contentione ad eminentissimam me- dicinae cathedram ingentibus atque ante te nemini pro¬ positi praemiis pertraxit. Atque hoc sapienter B0110- nienses, ut alia omnia, sapienter te quoque ipsum, qui condicionem acceperis, fecisse sapientissimus quisque existimat, cum tibi in ea urbe domicilium statueris, quae bonorum omnium ornatu ac copia comparari cum ur- bibus' omnibus merito potest. Quo tit ut non iniuria et te ego Bononiae, et tibi Bononiam invideam, hoc est summorum virorum doctrinae et huraanitatis laude ce- leberrimorum Bononiae degentium consuetudinein. Pe- regrinos nunc taceo, ne te plus aequo legentem morer. De civium numero unum tantum honoris caussa com- memorabo, Camillum Palaeottum, tuorum, ut tu te me¬ rito gloriaris, principem amicorum; quem virimi pri- mum Romae sum contemplatus, allocutus, admiratus, cum in eo omnia maiora opinione ac fama deprehende- rim. Itaque Alexandrum Burghium summa insignem timi scientia et eloquentia, tum probitate virum amo plurimum, qui ut Romae Palaeottum cognoscerem at¬ que ab eo cognoscerer et auctor et interpres mihi fuit. Obsecro igitur te, vir preclarissime, per humanitatem et comitatem iliam tuain, qua vel sola aegrotis restituere valetudinem soles, ut me illi addictissimum diligentis¬ sime commendes, et a me salutem dicere ne graveris. Te vero mei muneris ne poeniteat, siquidem id, quod ab optimo in te est animo profectum, optimum putas. Vale, et diu vive, ut diutius alii vivant. Patavio. In fine della raccolta sono 3 cc. di Errata-corrige , SCRITTI DI B. TELESIO 43 1 I. Due opuscoli inediti del Telesio De fulmine e Quae et quomodo febres facilini furono per la prima volta pub¬ blicati dal Fiorentino, Telesio , n, pp. 325-374, insieme con la risposta del Telesio al Patrizi: Soluliones Thyìesii, pp. 391-98- Dal Fiorentino fu anche ristampato il Carmen ad Ioannam Castriotam del Telesio (pp. 311-2), inserito nel volume Rime et versi in lode della illustriss. et eccel- len/iss. S. D. Giovanna Castrio/a Carr. Duchessa dì Nocera et Marchesa di Civita Santo Angelo , scritti in lingua toscana, latina et spagnuota da diversi huomini illustri in varii et diversi tempi et raccolti da Don Sci¬ pione de’ Monti, Vico Equense, 1585; già ristampato da S. Spiriti, Memorie , pp. 92-3 e da Luigi Telesio, o. c. pp. 55-6. Circa l’apocrifità dell’epigramma per la storia di Scipione Mazzella v. Bartelli, Note, p. 55 n. Manoscritti e opere smarrite. Oltre la notizia importante dataci da Giov. Paolo d’Aquino, riferita a p. 54, e quelle del Persio (cfr. so¬ pra pp. 130-1 e 135), è da considerare la lettera del Quattromani, su cui richiamò già l'attenzione il Ni- codemi nelle Addizioni copiose alla Bibl. Nap. del dott. N. Toppi, Napoli, Castaldo, 1683, p. 53: e l’accenno dello stesso Telesio De rer. nat., v, 1: « Tum maris aquarumque et eorum quae im sublimi fiunt iridisque et colorum exortus in propriis est explicatus commenta- riis. Metallorum lapidumque et reliquorum, si quae APPENDICI-: BIBLIOGRAFICA 144 alia supersunt, quin in superioribus manifestatus sit, pa¬ rimi cannino deesse videri potest, et alias, si coeptis faverit Deus, manifestabitur magis ». Per un opuscolo De pluvfis, cui si allude nel De mari, c. x, cfr. Al- magiA, I.e dottr. geofisiche di B. Telesio, p. 333, II SCRITTI SU B. TELESIO* La Filosofia di Berardino Telesio ristretta in brevità, et scritta in lingua toscana dal Montano Accademico Cosentino [Sertorio Quattromani] , in Napoli, ap¬ presso Giuseppe Cacchi, 1589. Ora/ione di Gio. d‘Aquino in morte di Bernardino Telesio, philosopho eccellentissimo, agli Accademici Cosen¬ tini. In Cosenza, per Leonardo Angrisani, 1596. Rist. a Napoli, Fratelli Traili, MDCCCXL a cura di L[uigi) T[klesio], Precede (pagine xxvi) una lettera del T. al marchese di Villarosa; e seguono (p. 55) il Carme del Telesio a Giovanna Castriota con la trad. italiana del Cavalcanti, l’epigramma a Sci¬ pione Mazze-Ila (p. 60) col distico contro Aristotile, il son. di Lelio Capilupi (p. 61) e due poemetti di Antonio Telesio. Sul p. Luigi Telesio prefetto della Biblioteca dei Gerolamini v. Luigi Maria Greco, Elogio del p. L. T., negli Atti dell’Ac¬ cademia Cosentina, voi. Ili, pp. 345 sgg. Francesco Bacone, De principiis atque originibus secundum fabulas Cupidinis et Coeli: sive Parmenidis et Telesii et praecipue Democriti philosophia, tractata iti fabula de Cupidine ; in Philosophical Works edited by Ellis and Spedding, in, pp. 63-118 (con pref. del- l’EUis e note). La prima volta questo opuscolo fu pubblicato da Isacco Gru- ter in Franc. Baconi de Verulamio Scripta in naturali et uni¬ versali philosophia, Amsterdam, 1653, pp. 208 sgg. * Sono citati gli scritti più notevoli. Delle storie generali della filo¬ sofia soltanto quelle che contengono esposizioni originali. G. Gentile, Bernardino Telesio. 10 146 appendice bibliografica Iohannis Imperiala Musaeum kistoricum et pky- sicum, Venetiis, ap. Iuntas, An. MDCXL, pp. 79-80. A p. 78 c’è un ritratto del Telesio. Pel cui valore storico si osservi che nello stesso frontespizio del libro è detto che le ima- gines del Museo storico sono ad vivum expressae, e nella pre¬ fazione al lettore: « Icones ad vivum ubique locorum a nobis anxio perennique studio conquisitas, vix cogere in unum licuit paucas, nec impensae pepercimus, nec oleo, aliquam interdum, prout minus congrua censebatur, abolendo, aliquam reformando, et cum probatioribus conferendo, quo studiosa cupidaque huius- modi elegantiarum tua non falleretur fiducia». Petri Freheri Theatrum viro rum eruditione claro- rum, Norimbergae 1688, p. 1484. C’è un ritratto del Telesio, riprodotto da Rixner e Sibek innanzi al vojutne qui sotto citato. Ioh. Georgii Lotteri De vita et philosophia Ber¬ nardini Telesii commentarmi ad illustrandas historiam philosophicam universam et literariam saeculi XVI C/iri- stiani sigillativi, Lipsiae, apud Bernh. Christoph. Breit- Kopfium, 1733 in 4 0 . Nei Nova Acla eruditorum di Lipsia, MDCCXXXI 1 I, pa¬ gine 551-3 c'è una recensione di questa monografia. I. Bruckeri, Historia critica philosophiae, to. iv, pars 1, Lipsiae, MDCCXXXXIII, pp. 449-460. Mémoires pour servir à filisi, des hommes illustres dans la republique des le/tres avec un catalogne raisonné de leurs ouvrages par le R. P. Niceron barnabite, to. xxx, Paris, 1734. PP- 194-1 io. H 4 - Salvatore Spiriti, Memorie degli scrittori cosen¬ tini , Napoli, 1750, pp. 83-93. J. G. Buhle, Gesch. d. neueren Philosopkie seit der Epoche d. Wiederhers/ellung der Wissenschaften, SCRITTI SU B. TELESIO 147 Gòttingen, 1800-1805, Bd. il, Abth. 11, pp. 648 ss.; trad. frane. Jourdan, Paris, 1826, II. n, pp. 563-71. P. L. Ginguené, Histoire littéraire d’Italie [conti¬ nuata da F. Salfi], to. vii, Paris, Michaud, 1819. I- e PP' 5 °°* 1 4 relative al Telesio sono un’aggiunta di F. Salfi. Rixner e Siber, Leben und Lehrmeinungen berukm- ter Physiker am Ende des XVI und am Anfange des XVII fakrhunder/s, Bd. ni (Sulzbach, 1820) ( B. Te¬ le sius) . Oltre una biografia del Telesio, contiene la traduzione'(molto libera) di molti brani del De rei' . natura. Giuseppe Boccanera da Macerata, Bernardino Te¬ lesio, nella Biografia degli uom. illustri del Regno di Napoli , to. vni, Napoli, N. Gervasi, 1822 (col ritr. del Morghen). Francesco Saverio Sai.ki , Elogio di Bernardino Telesio, 2“ ediz., Cosenza, Migliaccio, 1838 (di pp. 48 in-16 0 ). Ristampato in Salpi, Prose varie, Cosenza, Migliaccio, 1S42. La prima volta era stato pubblicato nel giorn. La Fata Morgana di Reggio Calabria, 15 marzo 1838; e contro di esso allora com¬ parve un opuscolo: Luigi Telesio, Risposta all'art. inserito nel giorn. intitolato La Fata Morgana... Su la vita e la filosofia dì Bernardino Telesio, in Napoli, nella Stamp. della Società Filomatica, 1839 (cit. da F. Bartelli, Note, p. 70). Ferdinando Scaglione, [La filosofia di B. Telesio]-, negli Atti della Accademia Cosentina, Cosenza, pe’ tipi di G. Migliaccio, 1842, voi. 11, pp.15-115. In risposta al tema assegnato dall’Accademia l’anno 1838: « Esporre con lucidezza e precisione il sistema filosofico di B. T., e far conoscere quale e quanta influenza abbia esercitato sul progresso delle scienze, e quali scrittori, sian essi calabri o stra¬ nieri, abbiano maggiormente contribuito a propagare la nuova dottrina Telesiana ». APPENDICE BIBLIOGRAFICA 148 Chr. Bartholmèss, De Bernardino Telesio, Paris, 1849. H. Ritter, Geschichte dcr Philosopkie, r l heil (Bd. I della Gesch. d. neutra Pkilos. ) , Hamburg, Perthes, 1850, PP- 56 i- 7 S- J. E. Erdmann, Grundriss der Geschichte der Phi- losophie, 1 , Berlin, 1869, i, 243- PP- 523-26. F. Fiorentino, Bernardino Telesio , ossia studi sto¬ rici su l’idea della natura nel Risorgimento italiano, Firenze, Le Monnier, 2 voli. 1872, e 1874. Della psicologia del T. il Fior, s’era occupato nel Pompo- nazzi (v. sopra p. 98). A proposito del volume del Telesio furono pubblicati i seguenti scritti del Ferri e del Francie. Luigi Ferri, La filosofia della natura e le dottrine di B. T.\ nella Filos. ileUe scuole i/al., a. 1873. Ad. Franck, Bernard. Telesio, ou Études histort- ques sur l’idée de la nature pendant la renaissance ita- lienne par F. Fiorentino, in Journaldes Savanls, a. 18731 pp. 548 sgg. e 687 sgg. M. Carriere, Die philosophische Weltanschauung der Reformationszeit* , Leipzig, 1887, 11, 34 ss. La prima ediz. è del 1847. Telesio, rivista di scienze lettere ed arti, Cosenza, a. 1, fase. 1, 28 febbr. 1886 (direttori Vincenzo Iulia e Domenico Bianchi). Ne conosco 3 fase., che non contengono nulla sul Telesio, salvo un cenno neil’art. di G. M. Greco, Il Qualiromani cri¬ tico (nel fase. 3 del 30 aprile 1886, pp. 154-5) a 8 a teoria del¬ l’anima del filosofo cosentino, difesa dalle critiche del Fiorentino. SCRITTI SI! B. TELESIO 1 49 K. Lasswitz, Geschichte der Atomisti): vom Afitte/- alter bis Newton, Hamburg u. Leipzig, 1890, I B., pp. 312-14- Karl Heiland, Erkenntnisslehre nnd Ethik des Bernardinus Telesius ; Inaug.-Dissert., Leipzig, 1891 (pp. 52 in-8“). A pp. 1-2 c’è una bibliografia della letteratura telesiana. Felice Tocco, Le fonti più recenti della filosofia del Bruno, Roma, 1892 (estr. dai Rend. Lincei). A pp. 72-5 i rapporti del Bruno col Telesio. Cui è da ag¬ giungere l'osservazione dell' Eli.is nella pref. al De principiis di Bacone, ed. cit., p. 75 n. Gio. Sante Felici, Le dottrine fi/osofico-religiose di T. Campanella con particolare riguardo alla filos. della rinascenza italiana. Lanciano, Carabba, 1895. A pp. 34-51 sono studiati i rapporti del Camp, col Telesio. St. de Chiara, Bricciche lelesiane. Nozze Tancredi- Zumbini, xix aprile mdcccxcvii (Cosenza, tip. ApreaJ, pp. 8 in-4 0 . Spigolature dall’archivio cosentino relative al nome della madre del T. e ad alcuni de’ suoi figliuoli. A p. 4 n. 1, è detto: c Un solo, il Bruckero, dice ch'egli sia nato nel 1508: ma questo non è assolutamente possibile, perchè nel sett. del 1508, come abhiam visto [«nelle schede del notar Benedetto Arnone, sotto la data del 6 di sett. 1508, i capitoli di un secondo matri¬ monio, che Giovanni Telesio, padre del nostro Bernardino, con¬ trasse con la signora Vincenza Garofalo »], il padre passava a se¬ conde nozze. La data del 1509, poi, si desume anche dalla se¬ guente notizia cortesemente comunicatami dal mio nob. amico Luciano de Matera e da lui ricavata di su un antico ms.: « A di 8 di sett. 1588 si sepelì nella sua sepultura della sua cappella dentro la Chiesa magiore il filosofo Bernardino tilese d’età d’anni settantanove ». APPENDICE BIBLIOGRAFICA 150 Francesco Bartelli, Note biografiche (B. Telesio e Galeazzo di Tarsia) Cosenza, A. Troppa, MCMVI. Sul Telesio, pp. 7-73. È il miglior saggio biografico che si abbia per l’esame rigoroso delle notizie e per la larga • esplora¬ zione dei documenti inediti cosentini. I Roberto Almagià, Le dottrine geofisiche di B. Te - lesto: primo contributo alla storia della geografia scien¬ tifica nel cinquecento, Firenze, Ricci, 1908 (estr. dagli Scritti di geografia e storia della geografia pubbl. in onore di G. Dalla Vedova). Duilio Ceci, Bernardino Telesio (con bibliografia) ne La cultura contemporanea , Roma, a. n, n. 3, 1 feb¬ braio 1910, pp. 41-45. Articoluccio d’occasione. Nella Bibliografia si cita: « Fran¬ cesco Bonci, Il volgarizzamento dello scritto latino di B. (sic) T: I colori presso gli antichi Romani, Pesaro, Federici, 1894. Ma si tratta del De coloribus di Antonio Telesio. Erminio Troilo, Bernardino Telesio, Modena, For- miggini, 1910 (pp. 77 in-i6° picc.; col ritr. del Morghen; N. 11 dei Profili del Formiggini). I 53970 \ INDICE Avvertenza.. Bernardino Telesio. » Sommario: I. Il medio evo (9-20); II. Uma¬ nesimo e rinascimento (21-38); III, Vita e scritti del Telesio (38-54); IV. La filosofia del Telesio ( 54 - 77 ); V. Chiarimenti (77-92). Note. » Appendice bibliografica. » I. Scritti di B. Telesio. » II. Scritti su B. Telesio. » 5 7 93 99 101 ■45 GIUS. LATERZA & FIGLI - Editori BIBLIOTECA DI CULTURA MODERNA Elegante collezione in-8 1. P. Orano — Psicologia sociale (esaurito). •2. B. King e T. Okkv — 1/ Italia d'oggi (3» edi¬ zione) . 4, 3. E. Ciccotti — Psicologia del movimento socialista . * 4. G. Amadori-Virgiu — L’Istituto fami¬ gliare nelle Società primordiali . . * -,f>0 5. A. Martin — L’Edncazione del carattere (esaurito). 6. G. De Lorenzo — India e Buddhismo antico (2* edizione). * L— 7. V. Spinazzola — Le origini ed il cammino dell’Arte.» 3,50 8. R. de Gourmont — Fisica dell’Amore. Mag¬ gio su l' istinto sessuale . » 3,50 y. C. Cassola — I sindacati industriali. Car¬ telli - Pools - Trusts . » 3,50 10. G. Marchesini — Le finzioni dell’anima. Saggio di Etica pedagogica .... » 3, — 11. E. Kbioh — 11 Successo delle Nazioni. . » 3, — 12. C. Barbagali .0 — La fine della Grecia an¬ tica . » 5,— 13. F. Novati — Attraverso il Medio Evo . » 4,— 14. I. E. Spingarn — La critica letteraria nel Rinascimento.. — 15. T. Carlyle — Sartor Resartus (2* edizione) » 4,— 16. F. Carabki.lbse — Nord e Sud attraverso i secoli. » 3,— 17. B. Spaventa — Da Socrate a Hegel . . » 4,50 18. A. Labriola — Scritti vari di filosofia e politica a cura di B, Croce. ...» 5,— GIUS. LATERZA & FIGLI - Editori 19. A. I. Balfour — Le basi della fede . . L. 3, — 20. C. Db Freycinet — Saggio sulla Filosofia delle Scienze ......... » 3,50 21. B. Crock — Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel. » 3,50 22. L. Hearn — Kokoro. Cenni ed echi dell’in¬ tima vita giapponese .» 3,50 23. F. Nietzsche — Le origini della tragedia » 3,— 24. V. Imbriani — Studi letterari e bizzarrie satiriche. » 5, — 25. L. Hearn — Spigolature nei campi di Bml- dho .» 3,50 26. C. W. Saleeby — La Preoccupazione ossia la malattia del secolo. » 4,— 27. K. Vossi.br — Positivismo e idealismo nella scienza del linguaggio. » 4,— 28. G. Arcoleo — Forme vecchie, idee nuove » 3,— 29. Il pensiero dell’Abate Galiani - Antologia di tutti i suoi scrìtti editi e inediti . » 5,— 30. B. Spaventa — La filosofia italiana nelle sne relazioni con la filosofia europea \ 3,50 31. G. Sorbi. — Considerazioni sulla violenza » 3,50 32. A. Labriola — Socrate. Nuova edizione . » 3,— 33. G. Kohlkr Moderni problemi del Diritto » 3,— 34-1. K. Vossi.br — la Divina Commedia stu¬ diata nella sua genesi e interpretata — Voi. I - Parte I. Storia dello svolgi¬ mento religioso-filosofico. » 4,— 34 -n. _ Voi. I - Parte lì. Storia dello svol¬ gimento etico-politico. » 4, — 35. G. Gentile — Il Modernismo e i rapporti tra religione e filosofia.» 3,50 36. G. B. Festa — Un galateo femminile ita- liano del trecento. » 3,— 37. S. Spaventa — La politica della destra . » 5, — 38-1. J. Royce — Lo spirito della filosofia mo¬ derna— Parte.,1. Pensatori e Problemi » 4,— 38-U. — Parte II. Prime linee d’un sistema . » 4,— GIUS. LATERZA & FIGLI - Editori 39. R. Rrnier — Svaghi critici . 40. E. Gbbhart — L’Italia mistica ■ 41. A. Farinelli — Il romanticismo in Ger¬ mania .* ‘ ' 42. A. Tari — Saggi (li Estetica e di Meta¬ fisica . . 43. E. Romagnoli — Musica e Poesia nell an¬ tica Grecia . ; • ‘ ’ 44. F. Fiorentino — Studi e ritratti • 45. G. Fkrrarelli — Memorie militari del Mezzogiorno d'Italia . 46. B. Spaventa - Principii di Filosofia . 47. A. Anile - Vigilie di Scienza e di Vita » 48. J. Royce — La Filosofia della Fedeltà . 49. R. W. Emerson — L’anima, la natura e la saggezza - Saggi 50. G. Rbnsi — Il genio etico ed altri saggi 51. G. Gentile — Bernardino Telesio • • • 3,50 5- 3,50 3.50 4.50 L- 2.50 tS 39 u I ✓ <• «. '
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