Thursday, May 30, 2024

GRICE E TELESIO

   GIOVANNI GENTILE   Fé-UL-io9    BERNARDINO TELESIO   CON APPENDICE BIBLIOGRAFICA     BARI   GIUS. LATERZA & FIGLI   TlPOGRAI'I-EDITORl-LIBRAl    191 i      PROPRIETÀ LETTERARIA    LUGLIO  MCMXI — 28189       AVVERTENZA    Questa commemorazione, scritta per imito  del Comitato per le onoranze a Bernardino  Telesio nella ricorrenza del quarto centenario  della sua nascita, e letta, tranne poche pagine,  tiel Teatro Comunale di Cosenza il 26 aprile  di quest'anno, 71011 poteva e non vuol essere  una monografia sul Telesio; ma soltanto una  caratteristica della sua personalità e della sua  filosofia guardata nel processo generale del  pensiero speculativo. Ciò spiega perche essa si  estenda un po ' largamente sulla storia degli  antecedenti.   Aggiungendovi, per questa stampa, oltre le  note necessarie, una bibliografia, 1 nè sembralo  opportuno riprodurre in essa dalle vecchie edi¬  zioni raiùssime degli scritti telesiani dediche  e proemii, che sono documenti biografici e  storici notevolissimi, poiché m'è accaduto di  vederli non di rado citati di seconda mano  pur dagli studiosi più diligenti, ai quali non  era riuscito di averli sott'occhio.    G. G.            BERNARDINO TELESIO            I    Dietro al chiarore del rinascimento, sullo  sfondo dell’orizzonte, s’addensa ancora la  nebbia medievale; e la luce nascente s’im¬  porpora dei riflessi fumiganti di quella neb¬  bia, che il sole alto, splendente nel mezzo  del cielo, spazzerà, quando all’alba della rina¬  scenza sarà successo il gran giorno dell’età  moderna. In quella prima ora le vecchie idee  sono morte; ma, pur morte, rimangono nel  pensiero umano, e l’impediscono e l’oppri¬  mono con la gravezza di ciò che, estraneo  alla vita, attraversa il processo della vita.  Le idee nuove, quelle che sono anche oggi  la sostanza del nostro spirito, si sono an¬  nunziate, anzi affermate con la vivacità im¬  petuosa e fremente, con l’entusiasmo gioioso  della giovinezza, che ha per sè l’avvenire, e  non sente il passato che si lascia alle spalle.  Ma la loro affermazione per noi è piuttosto     IO    BERNARDINO TELESIO    un annunzio: manca lo sviluppo logico, in cui  è la vita vera e concreta delle idee, e manca  l’integrazione, che il lembo della verità in-  travvista raccolga nella coscienza coerente •  del tutto, dove ogni parte ha il suo valore  organico. E lo sviluppo e l’integrazione man¬  cano, perchè il nuovo è commisto e ravvolto  nel vecchio: e si va innanzi, come infatti è  dei giovani, senza sapere distintamente che  cosa si lascia e che cosa si cerca, e quale  è il cammino: portati dall’istinto della vita,  che perverrà più tardi alla netta coscienza ■  del nuovo in quanto negazione del vecchio.  Perciò tutti i pensatori di questa età hanno  due facce, e ci presentano contraddizioni, che  paiono spiantare i principii stessi del loro  filosofare: e chi guarda a una sola faccia,  non riesce a più rendersi conto dell’altra; e  c’è chi di costoro ne fa gli iniziatori, a di¬  rittura, del pensiero moderno, e chi li re- '  spinge indietro, alla scolastica dei tempi di  mezzo: laddove il loro significato storico è in  questa posizione, che occupano, tra una filo¬  sofia che hanno solo virtualmente superata  e una filosofia che solo del pari virtualmente  essi affermano. Trascurare cotesto residuo  esanime, che resiste nei loro sistemi alle loro        IL MEDIO EVO    II    intuizioni innovatrici, in tutti questi filosofi,  dal Poinponazzi al Bruno e al Campanella,  non è possibile: vien meno tutto il significato  di queste medesime intuizioni, che fanno di  loro i precursori dei più grandi filosofi mo¬  derni; e non si spiegano più atteggiamenti  essenziali, parti vitali del loro pensiero; ma,  sopra tutto, diviene un mistero perchè il  germe di verità, che essi si recano in mano,  rimanga soltanto un germe, di cui la vita  s’arresti appena cominciata.   L’uomo del medio evo si era travagliato  in una contraddizione, che si può dire orga¬  nica, perchè ne dipendeva la vita stessa del  pensiero: contraddizione, i cui termini, se si  vuol considerare il processo generale della  storia ne’ suoi grandi tratti, si possono de¬  signare come la filosofia greca e la fede cri¬  stiana: due termini, che il pensiero tentò tutte  le vie, lungo più di un millennio, di conci¬  liare; ma erano inconciliabili per lui, assolu¬  tamente, sul terreno in cui egli era posto;  perchè, a dirla brevissimamente, la filosofia  sua, che avrebbe dovuto operare la conci¬  liazione, era tuttavia la filosofia greca, e cioè  uno dei due termini stessi antagonisti.     12    BERNARDINO TEI.ESIO    La filosofia greca è il pensiero che si vede  fuori di sè: e si vede perciò o come natura,  nella sua immediatezza sensibile, o come idea,  che non è atto del pensiero che pensa, ma  cosa in cui il pensiero si affisa, e che pre¬  suppone come verità eterna e ragione eterna  di tutte le cose e della sua stessa cognizione  parallela alla vicenda delle cose: in entrambi  i casi, come una realtà che è in se stessa  quella che è, indipendentemente dalla rela¬  zione in cui il pensiero entra con essa quando  la conosce. Visione la più dolorosa che l’anima  umana possa avere del proprio essere nel  mondo: perchè l’anima umana vive di verità,  ossia della fede che sia quel che essa pensa  ed afferma: e in quella visione, che è poi la  visione eterna della prima riflessione, da cui  si dovrà sempre pigliare le mosse, la verità,  quel che è veramente, non è nell’anima umana;  la cui condizione permanente ed essenziale è  raffigurata da quel sensibilissimo amatore  della verità, dell’essere eterno del mondo,  che fu Platone, nel mito di Eros: mito pre¬  gno, nella sua classica serenità, di pathos  che direi cosmico: perchè l’aspirazione fer¬  vente al divino, che è l’Amore di Platone,  e che nella sua forma più alta è la filosofia,         IL MEDIO EVO    13    non è solo lo sforzo supremo in cui si con¬  centra l’anima umana, ma culmina in questa,  e affatica tutto l’universo, tormentato dal de¬  siderio di qualche cosa che è il suo vero  essere, ma è fuori di esso. Mito, che, con  tutto il suo pathos, può essere intanto se¬  reno, perchè l’occhio dell’idealista greco è  attratto e fermato dalla bellezza dell’ideale  lontano, e gli sfugge la miseria infinita del¬  l’amante senza speranza.   In questa visione, quando, per opera prin¬  cipalmente dello stesso Platone, la verità della  natura sensibile e mortale si rifrange nelle  forme ideali, ond’essa si rivela al pensiero  ne’ suoi varii aspetti, e diventa sistema di  idee, tutta la scienza, nel suo proprio as¬  setto, come possesso adeguato della verità,  non apparisce quale il perenne lavoro della  mente e la celebrazione dell’ufficio supremo  del mondo, ma quasi un che di remoto dalla  realtà, o, come si dice, d’ideale, di cui la  cognizione umana è sempre copia imperfetta.  La scienza, di cui la logica deduttiva di Ari¬  stotile descrive mirabilmente il congegno, non  è la scienza nostra, la scienza umana, che si  fa e rifà continuamente nella storia: è la  scienza che ha principi! immediati, che in sè      14    BERNARDINO TELESIO    contengono sistematicamente tutti i concetti, I  in cui si snoda lo scibile: è pertanto la scienza  che è tale, in quanto è tutta e perfetta a un  tratto, senza possibilità di svolgimento sto¬  rico. Ossia, la scienza per ottenere la quale ]  tutto questo svolgimento, in cui è pure tutta  la vita e tutto l’essere nostro, non giova: un  ideale, al cui cospetto quel travaglio men¬  tale, che ci par tuttavia la cosa più seria  del mondo, non ha valore di sorta ').   Dentro questa visione si chiude tutta la  filosofia greca, e ogni filosofia che, come  quella del medio evo, accetta la logica, ossia  la maniera d’intendere la verità, di Aristo-  tile. Questa logica si può definire la logica  della trascendenza; o altrimenti, la logica  dell’intellettualismo: per questa logica infatti  la verità, che è termine dello intelletto, è tra¬  scendente, radicalmente superiore all’intel¬  letto stesso; e questo è ridotto a semplice  facoltà passiva, contemplatrice e non autrice:  che è il concetto dell’intelletto nel senso de¬  teriore di questo termine: quasi una mente,  che importa bensì la presenza delle cose da  conoscere, ma non dell’uomo, non dello spirito  che le conosce, e che ha appunto questo di  proprio e di diverso rispetto alle cose: che                  IL MEDIO EVO    15   non è cosa da conoscere, ma l’attività cor¬  relativa, che queste presuppongono nel loro  concetto di « cose da conoscere » : una mente,  insomma, per cui c’è il mondo, ed essa, per  cui il mondo è, non è. Che è come dire:  l’uomo, questo divino artefice di quanto è  bello e santo e vero nel mondo, di quanto  c i umilia e ci esalta, ora facendoci piegar  le ginocchia innanzi alla potenza terribile del  genio, ora sublimandoci nel gaudio di quanto  trascorre immortale i secoli e aduna nel con¬  senso d’uno spirito solo i morti coi vivi; que¬  st’uomo, annichilato. Annichilato, s’intende,  ai proprii occhi, nella coscienza che ha del  suo essere. Di un uomo così, ignaro del pro¬  prio valore, men che atomo disperso nell’in¬  finito, Chiesa ed Impero, accampatisi im¬  mediatamente come rappresentanti di Dio,  possono disporre a loro talento, come cose,  che non sono persone. Manca la coscienza, e  manca perciò l’individuo: non c’è la libertà,  come coscienza della propria legge. La legge,  come la verità, scende dall’alto.   Ma era questo il principio del cristiane¬  simo? Il cristianesimo voleva essere, al con¬  trario, la redenzione, la rivendicazione del  valore dell’uomo; voleva sollevare l’uomo a      i6    BERNARDINO TELESIO    Dio, facendo scendere Dio nell’uomo, e ren¬  dendo questo partecipe della natura divina.  Giacché in Gesù, che è l’uomo stesso nella  sua idealità, o come dev’essere concepito,  Dio stesso era uomo: con tutte le miserie j  umane, soggetto all’estrema delle miserie, la  morte; ed era Dio (quel dio, che redimeva)  in quanto questo uomo, che eroicamente af¬  frontava la morte, otteneva in questa il premio  della missione della sua vita tutta spesa uma¬  namente in un’opera d’amore. Onde l’amore  risorgeva, non più, come nel mito platonico,  contemplazione desiderosa dell’irraggiungi¬  bile, ma attività dell’uomo che crea se stesso  perennemente: e non era più la celebrazione  estatica di un mondo che è, ma la celebra¬  zione operosa, dolorosa insieme e letificante,  di un mondo, che è regno di Dio essendo  la purificazione della smessa volontà umana  nella fiamma della carità. Onde l’uomo non  è più sapere o intelletto; ma amore o vo¬  lontà, cioè creatore esso stesso della sua ve¬  rità, che è il bene: la verità che si scorge, j  insomma, quando la cerchiamo con la buona  volontà, col cuore puro, mettendo tutto l’es¬  sere nostro, sinceramente, ingenuamente nella  ricerca; e che non è più, quindi, un che di       IL MEDIO EVO    17    esterno a noi, che si presenti e s’imponga a  noi passivi, ma è il premio o il risultato del  nostro sforzo. L’uomo non è più spettatore;  ma artefice. Si desta, e sente se stesso; sente  che senza la sua volontà, senza il suo co¬  nato, senza lui, il mondo che ha valore per  lui, la felicità, la vita, Dio, non si raggiunge.  Acquista quindi davvero la coscienza della  sua personalità, e però della sua responsa¬  bilità: poiché vede che da sè dipende tutto;  e, lui caduto, tutto cade; e lui risorto, tutto  risorge. L’uomo trova dunque se stesso nel  cristianesimo.   Se questa intuizione fosse divenuta sen¬  z’altro concetto complessivo ed organico del  mondo, se questo senso nuovo del valore  dello spirito umano avesse rinnovato tutta la  concezione della vita, in cui l’uomo afferma  la sua creatrice potenza, se insomma il con-  . tenuto della nuova fede fosse assurto al vi¬  gore di una nuova filosofia, il cristianesimo  avrebbe segnato fin da principio la morte  dell’intellettualismo. Ma la fede non è ancora  filosofia: è visione immediata della verità non  integrata in sistema di pensiero. E il cri¬  stiano, quando volle pensare il suo Dio,  pensò più a Dio padre che a Dio figlio, e    G. Gentile, Bernardino Te lesto.    2       l8    BERNARDINO TELESIO    s’impigliò nella rete della metafisica aristo  telica che il principio della realtà, come mo¬  tore immobile, che è solo pensiero di se  stesso, e non d’altro, faceva estraneo alla  realtà, e poi s’affaticava invano a colmare  l’abisso tra Dio e la natura; tra la causa del  movimento, che non è movimento, e il mo¬  vimento, che non ha in sè la propria ragione  sufficiente; e quindi tra il principio del di¬  venire, che non diviene, e la natura che in  se non ha la cagione del suo perenne ge¬  nerarsi e corrompersi; e poi tra l’anima e  il corpo; e poi ancora tra l’anima che in¬  tende, ed è lo stesso intendimento in atto,  e 1 anima naturale solo capace di raggiun¬  gere la mera possibilità d’intendere, ma in¬  capace per sè d'intendere mai realmente: e,'  in generale, tra la materia, potenza, e non  più che potenza, di tutto, e la forma, realiz¬  zazione di tutto: come dire, tra l’aspirazione  alla vita e la vita: eterno destino di Tantalo!  Aristotelici o platonici, nominalisti o realisti,  averroisti o tomisti, tutti i cristiani che nel  medio evo si sono sforzati di concepire la  realtà, sono giunti a questo risultato: al de¬  stino di lantalo. Tanto più doloroso, tanto  più inquietante, in quanto era pur contenuto         IL MEDIO EVO    19    nella fede novella, che fiammeggiava a quando  a quando nei mistici, il concetto dell’imma¬  nenza di Dio nel mondo, nell’uomo, nello  spirito. La teologia, tutta la filosofia scola¬  stica, anzi tutta la scienza medievale (che non  è tutta filosofia) si costruisce come scienza di  una verità che si sente, appena il sentimento  si sveglia (basti per tutti ricordare Francesco  d'Assisi e Jacopone, il suo poeta), che si  sente, dico, estranea all’anima, lontana, oc¬  cupante per vano riflesso solo l’intelletto del¬  l'uomo, speculazione umbratile e di scuola,  che non entra nell’ intimo e non afferra e  non impegna e non riforma e non fa l’uomo.  Scienza vana per chi ravvivava in sé il senti¬  mento tutto cristiano del valore spirituale:  scienza elegante nel suo laborioso artifizio,  sottile nella pellegrinità de’ suoi tecnicismi,  delicatissima nei pazienti avvolgimenti dida¬  scalici in cui si dispiega, vasta, universale  come un mondo per quanti vi si dedicavano:  e, messovi dentro, talvolta, un intelletto di  vasto respiro e di tempra ferrea, vi si ag¬  giravano e scendevano per meati lunghis¬  simi, con ricerche, che ora ci spaventano per  la fatica di pensiero e la forza di sacrifizio  che attestano, fino a toccare l’ultimo fondo     20    BERNARDINO TEI.ESIO    delle difficoltà, in cui la filosofia antica urta  e si arresta. E basti per tutti ricordare il no¬  stro Tommaso d’Aquino: i cui sforzi possenti  per scuotersi di dosso la plumbea cappa delle  conseguenze ineluttabili dell’antica filosofia,  riempiono l’animo dello studioso moderno  di commossa ammirazione e di reverenza.  Chi vuole intendere la storia del pensiero  medievale, deve figgere lo sguardo in questo  contrasto delle maggiori forze spirituali che  vi operavano dentro: il misticismo, che, affer¬  mando immediatamente la presenza di Dio,  della verità, di quanto ha valore, nello spi¬  rito umano, nega la scienza, la cognizione  che è sviluppo e sistema, e tutte le forme  a cui lo sviluppo dello spirito dà luogo nella  scienza e nella vita; e la filosofia intellettua*  listica, che, presupponendo una realtà fuori  dello spirito che la ricerca, si affanna in una  costruzione, formalmente ricchissima e so¬  stanzialmente vuota, di quel che non può  essere verità.   O verità senza scienza, senza vita dello  spirito; — o scienza, forma elevatissima di  questa vita, senza verità, vana.     UMANESIMO E RINASCIMENTO    2 1    II   Quando il medio evo è al tramonto, un  uomo di genio raccoglie in una espressione  eloquente il senso di vuoto che l’anima cri¬  stiana provava nella scienza delle scuole: ma  un senso, che non è più schietta conseguenza  di disposizione mistica, la quale, rinunciando  alla scienza, possa trovare il suo appaga¬  mento nell’immediatezza della fede; anzi, un  senso che nasce da un vivo bisogno di sapere,  di pensare, d’intendere. Egli è un dotto, un  grande maestro di dottrina, un amante ap¬  passionato della scienza; ma aspira dal pro¬  fondo a una scienza che riempia l’anima e  appaghi i bisogni che la nuova fede ha creati  dando all'uomo la coscienza della sua inizia¬  tiva, della sua posizione centrale nel mondo:  a una scienza insomma che dia la filosofia  a questa fede. Quest’uomo, che si presenta  sulla soglia del rinascimento con la coscienza  di tale nuovo problema, e che, parlando un  linguaggio pieno di malinconica nostalgia  per un tempo che non è il suo, avvia per  una nuova strada lo spirito umano, svegliando    22    BERNARDINO TELESIO    intorno e innanzi a sè una lunga schiera e*  folta di ricercatori, che indagano con fedel  oscura ma salda una scienza nuova, che noni  essi potranno trovare, è un grande poeta,!  che fu anche un grande scrutatore deH’anima  propria colta e sensibilissima, I'rancesco le  trarca: iniziatore deH’umanesimo 2 ).   L’umanesimo ha un doppio valore storico  negativo e positivo.   È guerra alla scienza del medio evo, —  combattuta bensì con argomenti alquanto  estrinseci e con spirito assolutamente restio  per lo più, a passare attraverso a quelli  scienza per superarla: — combattuta con 1;  satira della forma letteraria, ispida, irsuta  lutulenta, aspra di terminologia creata dal  l’intelletto assottigliantesi nell’astrazione   quello degli studi, e quell’altro, in cui purj  vive come uomo, che ha famiglia e interess  sociali, non è il suo mondo; il letterato in^  somma che non è uomo. Tale il Petrarca, i  cui sdegni contro l’avara Babilonia e il saluto  augurale ed ammonitore allo spirito gentile  sono superfetazioni retoriche della sua poe?  sia. Tale non era stato quell'Alighieri, che  fu a lui sempre incomprensibile, nel poemi  divino, contemplazione e poesia, ma di uno  spirito energico, che guarda al suo tempo,  e s’appassiona per tutte le lotte che gli si  agitano attorno, e fa tuonare da Dio la parola  che può essere la salute di tutti. Letterati     UMANESIMO E RINASCIMENTO    saranno tutti i poeti e filosofi della Italia fio¬  rentissima del rinascimento, che accetteranno  tutti la vita quale la troveranno, poiché la  loro vera vita essi se la faranno dentro, nella  fantasia e nella speculazione, nel mondo creato  da loro. La stessa religione, fissatasi al loro  sguardo nella Chiesa, che non solo associa le  anime, ma le forma e riforma, con l’ammini¬  strazione del divino commessole, con la sua  teologia e con la sua filosofia, diventa per loro  qualche cosa di estrinseco e indifferente, che  ogni cittadino nel suo paese deve accettare  come le leggi dello Stato. Cioè, in realtà, essi  non partecipano alla religione del paese; ma  ne hanno una per conto loro, il loro Dio è la  loro arte, la loro filosofia, alle quali votano tutta  infatti l’anima loro e subordinano ogni altro  interesse, almeno nell’intimo del loro spirito.   Non è, veramente, nè indifferentismo re¬  ligioso, nè tanto meno ateismo. Ma ateismo  pare verso la religiosità ufficiale di cui si  ridono, ancorché esteriormente le professino  ogni riguardo. Quindi i conflitti frequenti e  le prigioni e i roghi, che aspettano i nostri  filosofi del secolo xvi.   Il letterato, a ogni modo, stralciandosi  dalla vita comune, in cui si era consolidata,     26    BERNARDINO TE DESIO    in forma di instituzioni costrittive dell’indi¬  viduo, l'intuizione trascendente e intellettua¬  listica del medio evo, ereditata dalla filosofia  greca, ristaurava, come poteva, la libertà  dello spirito che si fa il suo mondo; e si fa  un mondo di puro pensiero, poiché non gli è  consentito di scrollare, d’un tratto, quell’altro  della comunità sociale; al quale per altro, a  suo tempo, perverrà egualmente quando il  principio suo, il principio della libertà, di¬  verrà nel secolo xvm coscienza di tutti. E  per questa sua ristaurazione, che è perfetta  ed assoluta rispetto al mondo dell’umanista,  egli, il malvisto della Chiesa, il perseguitato  nei libri che saranno proibiti, nell’insegna¬  mento che sarà vietato, nella persona' che  sarà bruciata, egli è più cristiano dei suoi  persecutori: egli è il continuatore dello spi¬  rito vero del cristianesimo. Ha infranta e  buttata via, con l’impeto. • della giovinezza,  la vecchia filosofia, la fida, l’eterna alleata  della chiesa medievale, come della chiesa  di oggi e di ogni chiesa avvenire (poiché un  medio evo bisogna che ci sia sempre); ma  non si è abbandonato, come si faceva una  volta, al misticismo; anzi celebra la potenza  dello spirito; e, poiché una filosofia sua non     UMANESIMO E RINASCIMENTO    27    ce rha (e non era facile averla, dopo il ri¬  fiuto di una filosofia opera millenaria), ei la  ricerca nell’antichità più remota. La ricerca  dove, a dir vero, era vano cercarla; perchè  quell’antichità aveva generato il medio evo;  ma l’umanista non sa questo, e non può cre¬  dere che Platone, Aristotile, quei maestri  solenni di sapienza umana, che gli scrittori  antichi a una voce lodano, possono avere in¬  sertato la dottrina di cui essi vedono la tar¬  diva e sfigurata immagine nelle scuole del  loro tempo. E poiché, in realtà, noi troviamo  solo quello che cerchiamo, gli umanisti, che  imparano il greco, e vanno a leggere nei  testi originali e traducono e commentano, col  sussidio dei più genuini commenti greci,  gli scritti di Platone ed Aristotile, scoprono  un mondo nuovo; un altro Platone e un  altro Aristotile da quelli che erano i maestri  della filosofia del medio evo; non dico di  quella filosofia, ansimante nella logica termi-  nistica degli occamisti, che sul cadere del 300  lacerava le orecchie delicate dei primi uma¬  nisti fiorentini, i quali avviarono pure i lavori  delle nuove traduzioni greche (chè codesta  è la filosofia della decadenza medioevale);  ma di quella che e la vera, la essenziale          28    bernardino telesio    filosofia dell epoca: la filosofia della trascen¬  denza e dell’intellettualismo. E non occorre  dire che, se essi non trovano più i maestri  di questa filosofia, è perchè muovono da una  condizione spirituale affatto nuova, che fa di  questo ritorno all’antico, che avviene nel 400, '  qualcosa di radicalmente diverso non solo  dalla primitiva ellenizzazione del cristiane¬  simo nel periodo alessandrino, ma anche, e  sopra tutto, da quel primo ritorno alle fonti I  greche del sapere, che era già avvenuto nel  secolo xm, nel tempo stesso di San Tom- I  maso.   Marsilio Ticino e Pico della Mirandola, in j  cui culmina la direzione platonizzante, sono j  platonici; ma sono profondamente cristiani; 1  e un aura di mistica religiosità pervade tutto 1  il loro pensiero, che vede e sente Dio per ]  tutto, e sommamente nell’anima umana; e, |  ispirandosi ai neoplatonici anzi che a Pia- J  tone, accentuano più della trascendenza, che ]  non possono negare, l’immanenza del divino I  nella realtà naturale e aspirante a ritornare ]  all Uno da cui trae sua origine: e aprono la 1  via a Leone Ebreo e a Giordano Bruno.   Pietro Pomponazzi, il maggiore aristote- 1  fico, fiorito al principio del 500 dal movimento ]      UMANESIMO E RINASCIMENTO    29    filologico sui testi di Aristotile del secolo  antecedente, scopre un Aristotile, che non è  più quello dei tomisti, nè quello degli aver-  roisti: un Aristotile che, a poco per volta,  secondo apparisce dai varii gradi attraversati  dalla speculazione stessa del Pomponazzi,  finisce col persuadersi che la materia si possa  sollevare da sè fino all’intelligenza, senza il  sussidio dell’intelletto separato; e che l’anima  umana, ultimo risultato così del processo della  natura, possa compiere in questo mondo, con  le sue forze, tutta la sua missione, che è  principalmente il ben fare, la virtù; e che  tutti poi i fatti della natura debbano pel filo¬  sofo spiegarsi meccanicamente, per le loro  cause: un Aristotile, insomma, per cui quel  che rimane di trascendente (e rimane tutto  quello che nell’Aristotile originale e nell’Ari-  stotile medievale, ossia nella scolastica, era  tale) non serve più alla ricostruzione e spie¬  gazione della realtà che sola è per il filo¬  sofo. Sicché la filologia del secolo xv riesce,  ricalcando gli antichi modelli con lo spirito  nuovo dell’umanesimo, a cavarne due intui¬  zioni generali, in cui la filosofia greca riap¬  parisce trasfigurata e come ricreata dal soffio  spirituale del cristianesimo, inteso, come ho      BERNARDINO TEI.ESIO    detto, quale autonomia e valore assoluto  della natura e dell’uomo. La nuova filo¬  sofia infatti dicesi platonica e aristotelica $  ed è cristiana, ancorché mal veduta e con-]  dannata dai rappresentanti ufficiali del cri-^  stianesimo.   Guardatela in Machiavelli, contemporaneo  di Pomponazzi e coerede suo della tradii  zione filologica del secolo xv: chè tutto il  suo realismo politico, quella concezione dello ^  spirito, della storia, dello Stato, tutta fon¬  data sulla visione della realtà effettuale e I  illuminata dalla lezione degli antichi, non è I  come il positivismo guicciardiniano un empi- I  rismo, ma è una vera e propria speculazione I  (Machiavelli è un idealista); la quale dello I  studio degli antichi si giova solo per libe- I  rare l’uomo dalle contingenze storiche, quali I  sono per lei tutte le forme e istituzioni me-j I  dievali sorrette dalla autorità di una tra- I  dizione irrazionale; e studiarlo quindi per I  quel che esso è, nelle sue forze e nelle sue I  reali attinenze col resto del mondo, come il I  vero ed unico autore della sua storia: una J  specie di naturalismo del mondo umano.   Guardate, dico, questa nuova filosofia nel I  Machiavelli. Machiavellismo sarà dopo un I          UMANESIMO E RINASCIMENTO    31    secolo, nel Campanella, sinonimo di « achito-  fellismo », negazione di ogni fede religiosa,  p l’achitofellismo, più o meno apertamente  e coraggiosamente, è la conclusione defini¬  tiva e il succo delle dottrine di tutti i pen¬  satori del 500: anzi, di tutto lo spirito italiano  del secolo: a cui l’interpretazione aristotelica  si ispira e si conforma. Giacché averroisti  e alessandristi, per diverse vie, tendono tutti  alla stessa mèta: che è la spiegazione natu¬  rale di quel che una volta pareva superiore  affatto alla natura; e gli artisti, si chiamino  Ariosto o Folengo, non conoscono altro  inondo, oltre quello naturale ed umano.   Ma negavano perciò Dio? Se Dio è quel  Dio, che, stando fuori della natura e del¬  l’uomo, rende impossibile concepire una na¬  tura divina e un uomo divino, Dio essi lo  negavano, perchè affermavano il valore as¬  soluto della natura e deH’uomo. Ma quel Dio,  che era sceso in terra, e si era fatto uomo,  e aveva redento la natura, era la radice della  religione, che, essi primi, dopo il lungo vano  travaglio medievale, ristauravano nella storia  della umanità.   Essi, infatti, per la prima volta, rivendi¬  cavano in libertà, dal misticismo e dall’ in-      32    BERNARDINO TELESIO    tellettiialismo, che ne sono per opposte ra-,  gioni la oppressione aduggiatrice, il sensi  profondo, proprio del cristianesimo, dellaI  divinità della vita che crea eternamente sj  stessa, dell essere che nella propria logica  ha eternamente la ragione del proprio traJ  formarsi e perpetuarsi trasformandosi.   Quando l’umanesimo venne per tal modo  in chi prima e in chi dopo, alla maturiti  della rinascenza, lo spirito umano potè met¬  tere quasi 1 anelito potente di una nuova;  vita, e di filologia farsi filosofia. Quando il  nuovo Platone e il nuovo Aristotile ridie¬  dero all’uomo la coscienza dell’immanente  suo valore, e l’ebbero allenato alla libertà  dell esser suo, e dell’essere naturale, cui il  suo essere appartiene, lo stesso Platone e  lo stesso Aristotile, (questi sopra tutto, che  era stato il vero signore delle scuole e il  maestro di ogni umana sapienza) dovevano  necessariamente perdere il loro prestigio di  rivelatori privilegiati delle verità naturali.]   L umanista e ancora un platonico o un  aristotelico; cerca la scienza; e non sa nè  anche come deve cercarla; e interroga gli]  antichi, che la tradizione e la fama consacra  nella generale estimazione come i soli filosofi.       UMANESIMO E RINASCIMENTO    33    il fil° s °f° c l e H a rinascenza da questi  ntichi, meglio conosciuti e studiati con lo  spirito nuovo dell’umanesimo, ha appreso  he la natura si spiega con la natura, la  toria con la storia; e che bisogna cercare  quindi nel gran libro della natura e della  realtà effettuale dei fatti umani che cosa è  la natura e che cosa è l’uomo. Gli antichi  maestri rimandavano i nuovi scolari all’os¬  servazione diretta di quel che essi avevano  osservato e inteso come era possibile a loro,  senza nessun sentore della imprescindibile  presenza del soggetto umano nel mondo del¬  l'uomo. La libertà, che gli scolari appresero  da loro, quali essi li videro coi loro occhi  nuovi, la libertà essi la affermarono ben pre¬  sto contro l’autorità dei maestri, che faceva  della verità qualche cosa di dato e di estrin¬  seco alla mente come il Dio nascosto della  teologia, come la realtà dell’intellettualismo.  E però gli umanisti, divenuti filosofi, come  parvero, e in un certo senso furono, atei e  achitofellisti, furono antiaristotelici e, in ge¬  nerale, ribelli all’autorità degli antichi. Tutti  invasi da un fantasma affatto nuovo, non in-  travvisto mai dagli antichi scrittori: quello       34    BERNARDINO TEEESIO    in cui i vecchi pensatori e sacerdoti l’avj  vano posta a sedere, quasi paralitica impoJ  tente: e si sgranchisce, e procede col tempo!  e vive di questo suo cammino pei secoli '  anzi per le menti delle generazioni, che si  succedono, e mai indarno: quasi fiamma che]  passi da una mano all’altra e mai non sii  spenga perchè accenda sempre nuovi incendiiJ  e sempre più vasti.   / eritas jilia temporis! Gli uomini, che peri  lo innanzi avevano concepito la verità cornei  pei se stante e non come il loro lavoro, I  l’avevan sempre collocata dietro a loro', al  principio della loro vita, nel paradiso ter- ]  restie, nell età dell oro, nel vangelo rinnoJ  vatore e iniziatore di un’era nuova già fin  da principio perfetta, o, almeno (la verità acJ  cessibile a mente umana) nell’insegnamento  degli antichi, venuti crescendo perciò sempre ]  più nella venerazione dell’universale e illuni!  nandosi dell’aureola della saggezza, onde agli t  occhi dei fanciulli si ricinge sempre la canizie ,  dei vegliardi. — Sì, è vero, si comincia a dire I  sulla fine del secolo xvi : la sapienza cresci  cogli anni ; ma i vecchi siamo noi, non quelli  che furono prima di noi. — Così dice Bruno; ;  e così ripeteranno Bacone e Cartesio, Pascali    UMANESIMO E RINASCIMENTO    35    Malebranche, e poi con voce sempre più alta  tutti i filosofi moderni 4 ). I quali afferme¬  ranno con coscienza sempre più salda la  ] e  11, 1-5; c. 49 r e 49 v : capp. 11 e  12; c. 50 v a 51 v : cap. 14.   Ma per mostrare con un solo esempio, tratto da un luogo del  De retimi natura contenente alcuni periodi famosi (cfr. anche  in questo voi. p. 40: quei periodi in forma poco diversa erano  nel proemio del 1565, soppresso nell’ed. 1570: cfr. sopra pp. 102-3)  come il Telesio lavorasse dopo il 1570 attorno al testo della sua  opera, giova riferire il cap. 1 del lib. 11 dell’edizione Cacchi con  le correzioni autografe dell'esemplare napoletano e la redazione  corrispondente del 1588, dov’è mantenuta la più importante di  quelle correzioni.   Ecco il cap. dell’ed. Cacchi con le correzioni dell’autore:   Quoniam, quae in superiore Commentario exposita  sunt t alio omnia se habere modo Aristoteli videntur, eius    I    ! 1 2 APPENDICE BIBLIOGRAFICA   omnino de singulis illis sxp/icondqw esse, cxcwiviividfini-  que sententiam.   Quoniam autem non Terra modo e sublunaribus  primum corpus Aristoteli videtur; sed et aqua itidem,  et qui nos ambit aer, et is, qui Coelo subiacet et cum  Coelo circumvolvi videtur; et unumquodque eorum non  ab unica' agente natura, sed a duplici singula illas, de-  bilitatasque, at non eas tamen modo, quae unius sint  corporis, sed omnes simul sibi ipsis commistas, cont-  plicatasque, pene et unum factas inesse; e simplicium  itaque complexu, commistioneque effecta mista Aristo¬  teli dicuntur: et nequaquam a propria Coelum natura,  propriaque calefacere substantia, caloris omnino expers,  nec calorem suscipere ullum aptum, commune sublu¬  naribus habens nihil, penitusque diversa praeditum na¬  tura, sed sublunarem aerem commovens, conterensque:  et nec a propria omnino forma '), propriaque moveri  substantia, sed ab immotìs motoribus; longe omnia a  nostris dissidentia; ipsius explicanda est, excutiendaque  de singulis sententìa: neque enim et aliorum itidem re-  censendae sunt, examinandaeque opiniones, ab ipso  satis reiectae Aristotele, et non penitus etiam notae  nobis. Utinam et cum Peripateticis liceret idem: magno  itaque vacuis labore aliena exponendi reiiciendique, no¬  stra tantum explicanda. esset sententia; at non admissis  modo illorum placitis decretisque, sed ea acceptis fide  ac religione, ut si ex ipsius naturae ore prolata essent:  non igitur rei ullius 1 2 ) amplius natura inspicienda, in-  dagandaque cuipiam videtur, at tantum quid de quaque  Aristoteles senserit, speculandum. Non id ignoscant raor-  tales rogandi, quod videlicet in singulis examinandis    1) et neqnaquam a propria Coelum.., forma, cancellato.   2) itaque rei ti ullius.     SCRITTI DI B. TKLESIO    113    Arislotelis sententiis haereamus '): at quod dissentire  ab ilio audeamus, et non illum numinis instar venere-  mur; qui si illius dicto audiant, aut factum incitentur,  nihil nobis veritatis studio illi adversantibus succenseant :  quin gratias potius habeant, et idem ipsi faciant omnes:  ipse enim Aristoteles veritatem amicis omnibus prae-  honorandam admonet, et veritatis gratia praeceptorem  etiam amicumque incusare nihil vereri videtur. Huius  certe nos amore illecti, et hanc venerantes solam, in  iis, quae ab antiquoribus tradita fuerant acquiescere  impotentes, diu rerum naturam inspeximus: et conspe-  ctam (ni fallimur) tandem aperire illam mortalibus vo-  luimus, nec liberi nec probi liominis officio fungi iudi-  cantes, si generi illam hurnano invidentes, at invidiam  ab hominibus veriti ipsi illam occultemus. Age igitur,  ut clarius illa elucescat, agentia rerum principia inqui-  rentem, et prima constituentem corpora, tum reliqua  ex iis componentem, postremo et Coeli Solisque motu  calorem generantem, et motores immotos, a quibus  Coelum moveatur, indagantem, ea omnino, quae in su¬  periore nobis tractata sunt Commentario, in quibus (ut  dictum est) omnibus summe a nobis dissentit, explican-  tem Aristotelem audiamus, eiusque dieta singula ratio-  nesque examinemus.   Ed ecco che cosa diventerà questo capitolo nella redazione  definitiva del De rer. natura (ed. Spampanato, pp. 179-81), dove  sarà il 1° del libro III.    1) Cancellato questo periodo Non id... haereamus, c corretto: {specu-  landnm) quovis labore nostro, quovis (?) ahorum itidem fastidio, singulae  eius positiones quam diligentissime et saepius eadem interdum esponen¬  do f ex am in a n daeque omnino sunt (?). Nihil si in iis tractandis plus iusto  immoremur mortales nobis ut ignoscant rogandos esse existimantcs...    G. GENTILE, Bernardino Telesio.    8     APPENDICE BIBLIOGRAFICA    114   Repeluntur complura quae superioribus traditi sunt  commenlariis. Ponitur stimma positionum Aristotelìs quae  infra sunt expendendae.   Materia non una ei duplex natura agens, et unus  calor frigusque unum, mundi huius universi principia,  nec quod terrain mareque et stella? inter quodque ipsas  inter stellas locatum est ens, unam idemque et ab una  eademque universum constitutum natura, nec duo tan¬  tum prima esse corpora, nec entia reliqua a coeli so-  lisque natura e terra effecta, quemadmodum nobis, Ari¬  stoteli videntur. Ille enim sublunaria omnia una eadem¬  que e materia; quae supra lunam sunt entia, caelum  stellasque omnes, ex alia constare et quae nihil illi con-  gruat naturarumque quas illa suscipit prorsus incapax  sit; et quod inter lunae orbem terramque et mare est  ens, in duo, in ignem aéremque (ignem enim supre-  mam eius portionem quae lunae orbi subiacet, aerem  vero infimam liane quae terram ambit, appellat), divi-  sam esse affirmat. Et praeter caelum quattuor esse prima  corpora, terram, aquam, aerem, ignem, decernit: mi-  nimeque ad horum constitutionem calorem modo fri¬  gusque sed humiditatem etiam et siccitatem, ut agentes  naturas, et ad illorum singulorum constitutionem nequa-  quam earum unam sed oppositionis utriusque alteram  affert; et duplicem omnino singulis agentem assignat  naturane dictisque e quattuor corporibus, at veluti mu-  tuis vulneribus confectis afflictisque et pugnam pertaesis  tandem et sibi ipsis commixtis, pene et unum factis  omnibus, entia reliqua constituit omnia. Et caelum stel¬  lasque omnes propria natura et quae a calore frigore-  que et ab humiditate siccitateque prorsus diversa sit, do-  nat. Itaque calor qui a sale fit non ab eius natura nec a  propriis eius viribus, sed ab eius fit motu, a quo sic caelo  suppositus ignis et bona aéris pars agitetur, conteratur,     SCRITTI DI B. TELESIO    115    accendatur accensusque ad terram usque detrudatur;  et nequaquam a propria caelum natura propriaque sub¬  stantia sed ab immotis moveri motoribus statuit. Longe  tandem mutuo in omnibus fere dissentimus. Quas ob  res Aristotelis explicanda excutiendaque est de sin-  gulis sententia; nec vero et aliorum etiam opiniones,  satis ab ipso, ut videtur, reiectae et quae, nulli admis-  sae, ab ullius removendae sunt animo. Utinam cum  Peripateticis liceret idem: magno aliena exponendi rei-  ciendique labore vacuis, nostra tantum explicanda esset  sententia. At quoniam non admiserunt modo illorum  placita et decreta, sed ea acceperunt fide et religione  ac si ex ipsius naturae ore prolata essent; itaque rei  nullius amplius natura inspicienda indagandaque cuipiam  videtur. sed tantum quid de quaque Aristoteles senserit  speculandum: utique quovis labore nostro, aliorum etiam  fastidio quovis, singulae illius positiones quam diligen¬  tissime, et saepius eaedem interdum, exponendae exa-  minandaeque sunt. Nihil, si in iis tractandis plus iusto  interdum immoremur, mortales nobis ut ignoscant, sed  quod a summo naturae interprete dissentire audeamus  et non numinis instar illum veneremur, rogandos esse  existimamus: qui, si illius dictum audiant aut factum  imitentur, nihil nobis veritatis studio illi adversantibus  succenseant, quin gratias potius habeant idemque ipsi  faciant omnes. Ipse enim liber in philosophando Ari¬  stoteles veritatem amicis omnibus praehonorandam ad-  monet, et veritatis gratia praeceptorem etiam amicumque  incusare nihil veretur. Huius certe solius nos amore  illecti et hanc venerantes solam, in iis quae ab antiquo-  ribus tradita erant acquiescere impotentes, diu rerum  naturam inspeximus, et conspectam, ni fallimur, tandem  mortalibus aperire voluimus; nec liberi nec probi homi-  nis officio fungi iudicantes, si generi illam humano in-  videntes aut invidiam ab hominibus veriti, ipsi illam    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    I 16   occultaremus. Ergo, ut clarius illa eluceat, agentia re-  rum principia inquirentem et prima constituentem cor-  pora, tum reliqua ex iis componentem, postremo et  càeli'solisque motu calorem generantem et motores im-  motos, a quibus caelum moveatur, indagantem, ea de-  nique, in quibus omnibus summe a nobis dissentit,  explicantem Aristotelem audiamus, et singula eius dieta  rationesque examinemus.    3-   Bernardini Telesii Consentini De Ret urn natura \  iuxta propria principia | libri IX | ad illustriss. et Excel-  lenriss. D. Ferdinandum Carrafam Nuceriae Ducem |  Neapoli | Apud Horatium Salvianum | M.D.LXXXVI.   In f. Sul frontespizio è riprodotta la figura femminile dell’ed.  1570. Questa edizione definitiva (di cui il Graesse, vi, ij, p. 47 ri¬  corda copie con la data 1587) è riprodotta nelle due seguenti:    4-   Tractutionum pkilosophicarum tomus unus\ in quo  continentu.r:   I. Philippi Mocenic! Veneti Universaliutn Institutio-  num ad hominum perfectionem, quatcnus industria paruri  potest, contemplationcs quinque ;   II. Andreae Caesat.pini Aretini Quaestionum Peri-  pateticarum, libri v;   III. Ber. Telesii De rerum natura , libri ix.   Genevae, apud Eustach. Vignon, MDLXXXV1I1; in f.   Nè anch'io I10 potuto vedere questa edizione; che il Nicekon  (Mèmoires, xxx, 108-9) dice conforme all’ed. del 1586. Lo Spam¬  panato, pref. alla sua ed. p. xxi, erra dicendo genovese questa  ristampa e credendo relative al De rcr. fiat, le opere del Moce-  nigo e del Cesalpino.    SCRITTI DI B. TELESIO    I i;    5-   Bernardini Thelesii Consentini De rerum natura  iuxta propria principia , Coloniae, Excudebat Petrus  Moulardus, MDCXLVI.   Questa edizione è citata da L. Telesio, in Bernardini Thy-  lesii Operimi catalogus, aggiunto alla sua ristampa dell 'Orazione  del D’Aquino, p. 71.— Il Fiorentino, Pomponazzi, p. 384, cita  una edizione del De rei . natura con la data di « Neapoli 1637»:  che dice appartenuta a Ulisse Aldrovandi ed esistente nella Bibl.  Naz. di Bologna. Se non che, come m’informa l’amico prof. Flores,  questa Biblioteca possiede soltanto l’edizione 1586, e del resto  l'Aldrovandi mori nel 1605. È piuttosto da tener presente il se¬  guente luogo della Orazione 8 del D’Aquino (p. 9): « Onde de’  suoi divini scritti tanta stima ha fatto il mondo, che sono stati  dati più volte in luce, non solamente in Italia, ma in Fiandra(?)  ed in Germania: e sebbene gli Italiani hanno innalzato le sue  opere grandemente, le nazioni straniere si sono ingegnate in ciò  di avanzargli, e gli Alemanni, rimosso il primo titolo del libro,  dove egli per sua modestia ponea solamente il suo nome ed il  suggetto dell’opera, l’hanno ornato grandemente d’un altro nuovo  titolo nel quale si contiene, che quella opera è piena di molta  dottrina, e che è necessaria agli studiosi delle lettere così umane  come divine ».    6 .   Bernardini Telesii | De rerum natura \ a cura  di | Vincenzo Spampanato, | volume primo | A. F.  Formiggini editore in Modena [ 1910 ].   Pp. xxn-332 in-8«. È il 1“ volume dei Filosofi italiani, col¬  lezione promossa dalla Soc. filos. italiana, diretta da Felice Tocco.  Precede una pref. del Tocco e una dello Spampanato. Il (piale  pubblicherà in altri due volumi il resto del Ve r. nat., e forse  un 4“ e un 5» voi. contenenti dei saggi delle edizioni 1565 e 1570  e gli opuscoli. A questo i» voi. ha premesso una riproduzione  del ritratto inciso dal Morghen, pubbl. per la prima volta nella  Biografia degli uomini ili. del Regno di Napoli del Gervasi (1822).    n 8 appendice bibliografica   Riproduco qui appresso la dedica e il proemio, premessi dal  Telesio all’edizione definitiva della sua opera, secondo la stampa  del Salvianl.   a )   Illustrissimo atque exceli.entissimo  domino don Ferdinando Carrafae duci Nuceriae  Bernardinus Telesius consentinus.   Commentarios de rerum natura, quos, ut probe no-  sti, excellentissime Princeps, magnis laboribus diutur-  nisque confeceram vigiliis, edendos tandem visum cum  csset, sub tuis omnino auspiciis emittendos esse duxi-  mus; nani et domi tuae conscripti fuerant, et plurtmis  magnisque beneficiis, quae in me contuleras, debeban-  tur. Et amplius etiam, quod Aristotelis doctrinam (quam  adeo Alexander excoluit veneratusque est, et quae sub  Alexandri patrocinio adeo floruit tantoque habita fuit  in honore) ut sensui et sibi ipsi passim repugnantem  cum damnemus, aliamque et longe ab illa diversam  cum ponamus, non sub regis cuiuspiam auspiciis, qui  imperii amplitudine Alexandro conferri posset, sed sub  herois praesidio emittendos esse duximus, qui nec in-  genio nec iudicio nec animi magnitudine nec virtute  omnino ulla ab Alexandro exsuperaretur, quin qui in  multis illum exsuperaret. Et nostri temporis hominum  unus tu talis, excellentissime Princeps, non nobis modo,  sed sanis hominibus visus es omnibus, ltaque nihil ve¬  nti quod opibus potentiaque ab ilio exsupercris, sub  tuis omnino auspiciis emittendos esse decrevimus. No¬  stra siquidem doctrina quoniam nec sensui nec sibi  ipsi nec sacris etiam litteris repugnat unquam, quin  adeo bis et illi concors est, ut ex utrisque enata vi-  deri possit; quoniam omnino vera est, sese ut ab m-  vidorum calumniis tueatur et, iis reiectis, sese assidue      SCRITTI DI B. TELESIO    119    effundat amplificetque, nullis regum opibus nuliaque  potentia sed tua modo opus habet ope; qui sic animi  bonis, quae dieta sunt, nihil ab Alexandro exsuperaris,  quin in illorum multis tu illum exsuperas. Nam inge¬  nio iudicioque te ilio quam longissime praestantiorem  esse, vel doctrina, quam uterque admittendam decrevit,  manifestai. ,Quam enim ille amplexatus veneratusque  est et summis praemiis summisque dignara existimavit  honoribus, quod dictum est, et sensui et sibi etiam  ipsi, quin et Deo optimo maximo, passim repugnat.  Itaque soli calorem lucemque abnegat: et mundum  nequaquam a Deo optimo maximo constructum, sed  voluti casu quodam enatum ponit; et rerum humana-  rum administrationem cognitionemque Deo demit om-  nem. Et non sensui modo, sed, ut nostris in com-  mentariis apertissime ostensum est, sibi ipsi etiam  passim dissentit adversaturque ; ut existimare liceat  vel in praeceptoris gratiam, nihil eius fundamentis  positionibusque inspectis examinatisque, Alexandro ad-  missam fuisse, vel quam longissime illum abesse, ut  ingenio iudiciove tibi conferri possit. Nam tu doctri-  nam nostram non statim, sed ibi tandem admittendam  perdiscendamque esse duxisti, ubi sensui et sibi ipsi  universa et sacrae etiam scripturae bene concors visa  est. Ut, quod dictum est, ingenio iudicioque multo te  Alexandro praestantiorem esse necessario existiman-  dum sit. Neque enim, si, quali tu, ingenio iudiciove  donatus ille fuisset, et sensui et sibi ipsi et sacris  divinis litteris passim dissentientem Aristotelis doctri-  nam admittendam duxisset unquam. Animi porro ma¬  gnitudine fortitudineque nihil Alexandrum te prae¬  stantiorem fuisse res, a te in Peloponneso gestae,  manifestant: ubi, innumerabilibus Turcarum equitibus  in Christianorum exercitum, turbatum iam trepidan-  temque, irruentibus (qui omnino nisi a te repressi        120    APPENDICE BIBI.IOGRAFICA    reiectique fuissent, magnimi nostris incommodum illaturi  erant), non magno veteranoque cum exercitu, ut Ale¬  xander, sed perpaucis cum peditibus, in fugam iam  coniectis et a te retentis tuaque praesentia et fortitudine  confirmatis, sponte tua te opposuisti; et longe illorum  plurimis interfectis, reliquos in fugam coniecisti peni-  tusque prodigasti. Itaque Christianorum exercitum, sum-  mum iam in periculum adductum et in fugam iam con-  versum confirmasti conservastique : talem omnino te  praestitisti, ut eorum, qui pugnantem te conspexere,  nulli dubium esse posset, quin, si unquam exercitus  ductandi magnaque bella gerendi occasio tibi oblata  foret, bellicam Alexandri gloriam aequaturus et supe-  raturus etiam esses. At pares, quae dictae sunt, vir-  tutes in utroque ut sint, puriores certe in te splendent,  neque enim, quod in ilio passae interdum sunt, ab  immixtis vitiis in te obscuratae sunt unquam. Et ne-  quaquam, ut ille, deos tu colis ab hominibus effictos  multisque obnoxios vitiis; sed Deum venerans, caeli  terr:eque conditorem et qui unigeniti Filii sui morte  humanum genus servari substinuit, sanctissimaque eius  praecepta summa observas cum religione. Minus etiam  generis claritate ab Alexandro exsuperaris, siquidem Car-  raforum ■) familia multis iam saeculis plurimorum ma-  gnorumque principum coronis et regio etiam diademate  effulget (nam tuus ille Stephanus Sardiniae regnum re¬  gio cum titulo obtinuit diuque possedit), et plurimorum  magnorumque sacrorum antistitum puniceis pileis et  pontificia etiam corona exornata est: ut ambigere non  liceat, quin generis etiam claritate nihil ab Alexandro  exsupereris. Quoniam igitur, Alexandro collatus, nec  generis claritate nec ullis animi bonis inferior videri    ) Spamp. Carra/arum.     SCRITTI DI B. TF.LESIO    I 2 I    potes; age, commentarios nostros (propterea in primis  tibi dicatos, quod Alexandro si ■) quidem fortuna impe-  rioque, non certe et ingenio iudiciove, nec vel magnitu¬  dine vel aliis ullis animi bonis ab ilio J ) exsuperaris, quin  in multis tu illum exsuperas) libens suscipe. Et si Aristo-  telis voluminibus, quae tantis Alexander praemiis tan-  toque digna existimavit honore, niliil deteriores tibi visi  sint; et nostri mores nostrumque ingenium, quod pe-  nitus tibi perspectum sit oportet, nihil me unquam  (cuiusmodi Aristoteles erga Alexandrum fuit) tuorum  erga me beneficiorum immemorem ingratumque futu-  rum suspicari sinent 3 ); non quidem, ut non minoribus  praemiis nos prosequaris, rogamus (quae scilicet a prae-  senti fortuna tua exspectari non possunt et quae nulla  a te expetimus, satis superque a benigni tate tua ditati),  sed ut non minore me prosequaris benevolenza et, quod  hactenus strenue fecisti, Peripatedcorum iniurias calurn-  niasque repellas. Nihil omnino, quam Aristoteles Ale¬  xandro fuit, me tibi minus carum, neque in minore,  quam ab ilio habitus fuit, nos a te in honore haberi  homines intelligant. Hoc vero, ut praestes, percupimus  et summopere te rogamus. Vale, o praesidium et dulce  decus meum.    1) Spamp. Quod si.   2) Spamp. Ab Alexandro.   3) Spamp. Sinant.      I 22    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    f>)   Bernardini Telesii Comentini De rerum natura iuxta  propria principia Liber primus:   Prooemium ').   Mandi constructionem corporumque in eo contentoram magnitu-  dinem naturamque 2) non ratione, quod antiquiorihus factum  est, inquirendam, sed sensu percipiendam et ab ipsis liaben-  dam esse rebus. ,   Qui ante nos mundi huius constructionem rerum-  que in eo contentarum naturam 3 ) perscrutati sunt, diu¬  turni quidem vigiliis magnisque illam indagasse 4) labo-  ribus, at nequaquam inspexisse videntur. Quid enim iis  illa innotuisse videri queat 5), quorum sermones omnes  et rebus et sibi etiam ipsis dissentiant adversique sint?  Id vero propterea iis evenisse existimare licet 1 2 3 4 5 6 7 ), quod,  nimis forte sibi ipsis confisi, nequaquam, quod opor-  tebat, res ipsas earumque vires intuiti, eam rebus ma-  gnitudinem ingeniumque et facultates '), quibus donatae  videntur, indidere. Sed veluti, cum Deo de sapientia  contendentes decertantesque, mundi ipsius principia et  caussas 8 ) ratione inquirere ausi, et, quae non invenerant,  inventa ea sibi esse existimantes volentesque, veluti suo  arbitratu mundum effinxere. Itaque corporibus, e quibus    1) Questo Proemio formava il cap. i del lib. i nella ediz. 1570 con  alcune varianti che saranno qui appresso indicate: rultima delle quali  assai notevole.   2) coni etti or uni naturam.   3) rerumqtu naturam.   4) indagasse illatn.   5) videri potest.   6) evenisse videtur.   7) id rebus ingenium easque facultates.   8) causas.     SCRITTI DI B. TELESIO 123   constare is videtur, nec magnitudinera positionemque,  quam sortita apparent, nec dignitatem viresque ‘), quibus  praedita videntur, sed quibus donari oportere propria  ratio dictavit, largiti sunt. Non scilicet eo usque sibi  homines piacere et eo usque animo efferri oportebat,  ut (veluti naturae praeeuntes, et Dei ipsius non sapien-  tiam modo 1 2 3 4 5 ) sed potentiam etiam i) affectantes) ea  ipsi rebus darent, quae rebus inesse intuid non forent  et quae ab ipsis omnino habenda erant rebus. Nos non  adeo nobis confisi, et tardiore ingenio et animo donati  remissiore, et humanae omnino sapientiae amatores cul-  toresque (quae quidem vel ad summum pervenisse vi-  deri debet, si, quae sensus patefecerit et quae e rerum  sensu perceptarum similitudine haberi possunt, inspe-  xerit), mundum ipsutn et singula eius partes, et partium  rerumque in eo contentarum passiones, acriones, opera-  tiones et species intueri proposuimus. IUae enim 4), recte  perspectae, propriam singulae magnitudinem, hae 5 )  verum ingenium viresque et naturam manifestabunt. Ut  si nihil divinum, nihil admiradone dignum, nihil etiam  valde acutum nostris inesse visura fuerit, at nihil ea  tamen vel rebus vel sibi ipsi repugnent unquam; sen-  suin videlicet nos et naturam, aliud praeterea nihil, se-  cud sumus, quae, perpetuo 6 ) sibi ipsi concors, idem  semper et eodem agit modo atque idem semper ope-  ratur. Nec tamen, si quid eorum, quae nobis posita  sunt, sacris litteris catholicaeve ecclesiae non cohaereat,  tenendum id, quin penitus reiciendum, asseveramus    1) ejfmxere et corporibus. e quibus constate is videtur. non ram tua-  gnUudinem eamque dignitatem et vires.   2) modo sapientiam.   3) etiam potentiam.   4) aciiones atque operationes intueri.   5) magnitudinem ac speciem, hae.   6) s unirne.     124    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    contendimusque. Nequeenim humana modo ratio quaevis,  sed ipse edam sensus illis posthabendus; et si illis non  congruat, abnegandus omnino et ipse etiam est sensus *).   7-   Bernardini | Telesii | Consentini | De hìs, quae in  Aere fiunt; et de Terrae- \ motibus. Liber (Jnicus | cum  Superiorum facultate. | Neapoli, | Apud Iosephum C'ac-  chium. | Anno MDLXX.   Carte. 14 nuin. nel redo. Sul frontespizio è la solita figura fem¬  minile, eom’è anche nei due opuscoli seguenti.   Precede questa dedica:   Illustrissimo  et Reverendissimo  Tolomeo Gallio Cardinali Comensi  ac Archiepiscopo Sipontino  Bernardinus Telesius S. P. D.   Quoniam plurimis gravissimisque, ut nosti, molestiis  oppresso detentoque, ad te, quod summe quidem sem-  per cupivi, et quo nihil mihi iucundius contingere pos-  set, venire tecumque vivere non licet; nec vero alia  ratione meam erga te observaniiam gratitudinemque ma¬  nifestare; utrumque, quo licet modo, ut efficerem, Com-  mentarium De iis quae in aère fiunt, ad te mittere  statui. Minus certe munus, quam quod tuis erga me  meritis debeo; qui scilicet cum nulla alia in re studium  voluntatemque tuam a me desiderati passus sis, tum  vero studiorum meorum egregius imprimis fautor sem-  per fuisti. Multo etiam minus quam quod virtutes tuae  expostulant, surnma integritas, summaque in omnes cha-  ritas; non illae quidem ad homines alliciendos simulatae,    1 ) Mancano i due ultimi periodi: JVec tamen... est sensus.     SCRITTI DI B. TELESIO    125    a ut segnes unquam, sed verae puraeque, et unius  honesd grada scraper vigiles semperque operantes; et  summa prudentia, rerumque omnium cognido. Emicue-  runt quidem illae, cum sub Pio IIII. Pontif. Max. Chri-  stianam Rempublicam tu imprimis tractares, administra-  resque; et ita eraicuere, ut multo spiendidius emicaturae  viderentur, si tempus unquam nactae forent, in quo  liberius splendere possent. Summam praeterea animi tui  magnitudinem quis non summopere amet summeque ve-  neretur? Qua effectum est, ut nullis bonorum quorumvis  accessionibus quicquam elatus aut immutatus omnino  esses unquam; bona scilicet quaevis, et quae virtus tibi  pararat tua, te minora semper visa sunt, et fuere me-  hercule semper minora; itaque nihil illa te extulere  unquam. Me quidem diu penitusque egregias animi tui  virtutes et mores cum sancdtatis tum vero et iucun-  ditatis plenissimos intuitum tanta illae erga te venera-  done tantoque animi tui amore desiderioque inflamma-  runt, ut nec venerari te satis, nec colere amareque,  et tecum esse satis desiderare posse videar. At multo,  ut dixi, maiora a me meritus, parvo hoc munere, scio,  contentus eris ; Deum Opt. Max. imitatus, qui non quas  non habemus opes, nec opes omnino ullas, sed veram  modo pietatem, esto et modici thuris evaporationem a  nobis poscit. Tum qualecunque id est, perpetuum erit,  spero, tuorum erga me meritorum, et meae erga te  observantiae charitatisque signum. Vale.   8 .   Bernardini | Telesii | Consentini | De color um  generatione | Opusculum. | Cum superiorum facultate |  Neapoli, | Apud Iosephum Cacchium. | Anno MDLXX.   In-4 1 cc. 7 nnmiii. nel redo. Precede la seguente dedica, in  alcuni esemplari premessa ai due libri del De t er. natura del '70  per errore di chi legò con essi questi opuscoli.     26    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    Illustr. mo Io anni Hieronymo  Aquevivio Hadrianensium Duci  Bernardini Telesius,   CONSENTINUS S. P. D.   Multos equidem iam annos surama te prosequor  veneratione, summoque tui videndi desiderio teneor.  Neque enim unus aut alter te cum caeteris animi bo-  nis virtutibusquetum vero divino sane ingenio iudicio-  que longe acerrimo praeditum disciplinisque omnibus  apprime ornatum mihi praedicavit; sed communis om¬  nium consensus, et eorum praecipue qui et te magis  norunt, et qui, quae in te sunt, bona reliquis exqui-  sitius intueri possunt: in primis Marius C/aleota (qui vir  et quantus!): hic quideni te non summis aetatis nostrae  hominibus, sed antiquis illis haeroibus ac divinis viris  conferre nihil veretur; nec vero Rempublicam vel manu  vel consilio adiuvandi occasionem nactus si sis umquam,  quin illorum gloriam exaeques, aut etiam exsuperes du-  bitat quicquam. Admirabilem scilicet intuitus naturam  tuam, et cum reliquarum honestarum disciplinarum tum  vero philosophiae studiis diu summaque excultam diligen-  tia, summa itaque erga te charitate ac veneratione sum¬  moque tui desiderio me inflammavit (rie). Quod si per mo-  lestias, quibus multos iam annos assidue opprimor, mihi  licuisset, promptius, mihi crede, ad te quani ad fortuna-  tissimos reges advolassem; et praesens animi mei propen-  sionem erga te patefecissem, ac dedidissem omnhio me  tibi. Id quando adhuc facere non licuit studiorum meo-  rum monumentum quippiam tibi offerre visum est, quod  meae erga te observantiae signum esset: itaque commen-  tarium De colorum generatione ad te mitto. Libens,  spero, munus, qualecumque est, accipies, in quo nimi-  rum hominem, qui te nunquam vidit, virtutum tuarum  pulchritudine ac fulgore incensum intuebere. Nani, si      SCRITTI DI B. TELESIO    127     probatus tibi ille fuerit, et perobscuram adhuc, ut videtur,  colorum naturarli exortumque patefecerit, id vero opi-  bus a te omnibus carius aestimatum iri certo scio; ut  qui illustrissimorum maiorum tuorum more rerum cogni-  tionem rebus omnibus ac regnis edam ipsis praehaben-  dam semper duxeris. Vale.    9-   Bernardini | Tei.esii | Consendni | De mari, \ Li-  ber Unicus. | Ad Ulustriss. Ferdinandum Carrafam | So¬  riani Comitem. | Neapoli, | Apud Iosephuin Cacchium,  1570 . In fondo all'opuscolo-. Cum Licentia Superiorum.   Sono cc. 12 numm. nel recto-, in-4®.   Precede questa dedica:   Illustriss. Ferdinando  Carraeae Soriani Comiti  Bernardini Telesius  S. P. D.   Cum primum literas tuas accepi, quibus declarabas  te in iis, quae de mari ab Aristotele tradita erant, acquie-  scere minime posse, et quid de eius natura et motibus  sentirem, ad te conscribere mandabas: etsi plurimis  (ut nosti) opprimerer molestiis, dbi tamen ut morem  gererem tuique desiderio sadsfacerem, commentari uni,  quem iam pridem de eo conscripseram, rudem adhuc,  quantum per praesentes occupadones licuit, polivi. Et  praeter morem nostrum, prius quae ab Aristotele tra¬  dita sunt, in eo exponuntur examinanturque, ut fa¬  cile homines intelligerent iure te in iis acquiescere non  potuisse: tum nostra apponuntur. Perleges vero tu il¬  luni, et si tibi probatus sit talisque visus, qui et tuo  sub nomine in lucem prodire queat, prodeat. Neque      I 28    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    enim, quae tu admittenda decreveris, alii ut damnent  vereri licet; libens certe confectum tibi opus, qualecum-  que id sit, accipies; summara in eo meam erga te  charitatem observantiamque intuitus et grati animi si-  gnum cura erga te, tum et erga illustrissimos parentes  tuos, Alfonsum Nuceriae Ducem, virum unum omnium  optimum constantissimumque, et loannam Castriotam,  quae cum maxime fortunae corporisque bonis affluat, et  tantis omnino, quantis plura ne optare quidem liceat, si  cum alias eius animi virtutes, tum vero, quae aegre si-  tnul coire videntur, lenitatem sublimitatemque summe in  ilio coniunctas, pene et unum factas quis inspiciat, vix  illorum splendorem intueatur; ut mihi quidem nostrae  aetatis homines nihil ea amabilius, nihil etiam divintus  conspicere posse videantur. Haec vero tu eius paren-  tisque tui splendorem summamque utriusque generis  claritatem ne novis luminibus non illustres dubitandum  est quicquam. Nam mihi quidem te illosque intuenti,  quae in illorum utroque corporis animique bona sunt,  ex utroque hausisse videris omnia: minimeque vel eo-  rum vel avorum gloria vel tantarum opum possessione,  totve ac tantorum populorum dominatione contentus  tuo tibi ut studio tuoque labore novum decus novos-  que honores acquiras summa attendis cum diligentia.  Age vero, qua coepisti perge, et mihi crede, non sum-  mam modo gloriam, sed veram adipisceris felicitatem,  summae nimirum fortunae summam adiicies sapientiam.  Vale.   io.    Bernardini | Telesii | Consentini | Vani de natu-  ralibus | rebus libelli \ ab Antonio Persio editi. | Quo¬  rum alii nunquam antea excusi, alii meliores | facti pro-  deunt. | Sunt autem hi | de Cometis, et | Lacteo Cir-  culo. | De liis, quae in Aere fiunt. | De Iride. | De Man.     SCRITTI DI B. TELESIO    129    | Quod Animai universum. | De Usu Respirationis. |  De Coloribus. | De Saporibus. | De Somno. | Unicuique  libello appositus est capitum Index. | Cum privilegio |  [insegna tipografica) | Venetiis M.D.XC. | Apud Felicem  Valgrisium.   Dopo la pref. Antonine Persine camiido Perfori, c’è l’ Inde a  opusculorum, diviso in due parti:   — Prima pars, in qua precipua Metereologica continentur;   _ Secunda pars, in qua, quae Parva naturalia dici possimi,   tractantur.   Nella 1“ classe sono compresi i quattro opuscoli De Cometis  et tacteo circolo, De bis quae in apre fiunl (dedicati entrambi  a Gian Iacopo Tomaie), De iride (al vescovo di Padova Luigi  Cornelio) e De mari (a Francesco Patrizio).   Nella 2 a altri cinque opuscoli : Quod animai universum ab  unica animae substantia gubernatur contro Calenum (a Giov.  Vincenzo Tinelli), De usu respirationis (a Giovanni Micheli), De  coloribus (a Benedetto Giorgi), De saporibus (a Fed. Pendasio),  De somno (a Girolamo Mercuriale).   Il volume consta di 4 carte inn. a principio, 5 parimenti inn.  in fine e dei 9 opuscoli ciascuno dei quali con numerazione a sé,  sul recto, e con frontespizio particolare; tranne il primo.   Il I- 1 I op. di cc. 26 (De Com. e De Air); il III (De ir.) di cc. 20;  il IV (De mari) di cc. 19; il V (Quod anim.) di cc. 47; il VI (De  usu) cc. 8; il VII (De color.) cc. 15; l’VIII (De sapor.) cc. 15;  il IX (De somno) cc. 15. Riporto la prefazione generale e le sin¬  gole dediche.    «)   Antonius Persius   CANDIDO LECTORI.   Novem haec Bernardini Telesii physica opuscula, quo¬  rum tria tantum antehac excusa fuerunt, eodem omnia  volumine complexa, ut publici iuris efficienda curarim  id fuit causae potissimum, Candide lector, quod, cum  paucissima eorum exempla circumferrentur, adeo ut  jpsi mihi, qui Telesio inter vivos agenti coniunctissimus,    G. Gentile, Bernardino Telesio.    9      APPENDICE BIBLIOGRAFICA    1.^0   ac, ni fallor, carissimus fueram, antequani unius ex sin-  gulis compos fierem, sudandum fuerit, liuic malo quani  primum eonsulere necessarium existimarim. Timebam  enim ego duorum alierum, vel scilicet ne labores Ili  perirent omnino, vel ne quis eos tanquain proprii sibi  partum ingenii vindicans, suuni iis noinen, Telesii ex-  puncto nomine, inscriberet, et ut sua tandem in com-  mune proferret. Cuiusmodi non defuturos homines fuisse  ut milii persuaderem effecere multi, quos novi egomet  consimilem lusisse ludum. Ac profecto nostra liac tem¬  pestate, si ulla unquam alia factum est, malis hisce ar-  tibus prò sapientia uti licet.   Ut autem rem piane intelligas, erant ex his tres tan¬  tum modo, ut dixi, excusi libri, De his quae in  aere fiunt scilicet unus, alter De mari, tertius De  colorum generatione. Ac De mari quident ille non-  nullis auctior capitibus tibi datur, quae nos in ipsius  calcem omnia reiecimus. Qui vero De coloribus est,  longe prodit alius, non verbis tantum, sed et sententiis  atque opinione. Caeteri omnes nunc primum publi-  cantur. Ex iis, qui mihi a Telesio missi fuere (sunt  autem hi; De somno, De saporibus, De bis quae  in aere, De mari), hi longe aliis emendatiores exhi-  bentur; reliqui autem, quos aliunde expiscatus sum (cu-  ravit eos mihi Franciscus Mutus, praestanti vir doc-  trina ac Telesianae philosophiae cognitione liaud levi  praeditus), ii non solum alicubi imperfecti, veruni etiam  tam male exarati ac mendose exscripti erant, ut divi-  nandum mihi fuerit in plerisque locis. Cum autem in  iis exentplaribus, quae nacti sumus, loci nulli neque  Aristotelis, neque Galeni, neque aliorum, qui a I elesio  laudantur authores, neque in contextu, neque in mar¬  gine notati extarent, nos eos omnes in tuum commo-  dum, Amice Lector. ad oram cuiusque libelli rite ad-  scripsimus. Ad haec schemata quaedam in libello De      SCRITTI DI B. TET.ESIO    '.il    iride ab authore nominata, vel saltem subintellecta,  quod nullum eorum in nostris codicibus vestigium exta-  r et, accurate delineavimus, ut facilius id, quo de agitur,  intelligeres. Atque haec nos tibi tanquam in alieno solo  (ut cum nostris loquar iurisconsultis) elaboravimus, pro-  pediem te in nostro accepturi, atque ex ugello ingenioli  nostri, quae tibi forte non ingrata videantur, multo li-  beralius deprompturi. Quod reliquum est, Lector Imma¬  nissime, quo nobiscum ab illius sapientissimi viri ma-  nibus gratinili aliquam in eas, ac magis udlitati publi-  cae consulamus, si forte meliores, quam nostri sunt,  codices fuerit nactus, ut et ego meliores edere possim,  mihi eos, quaeso candidus imperti; si non, his utere  mecum. Vale.    f >)   Ai primi due opuscoli è premessa la dedica seguente:   Antonius Persius   IGANNÌ IACOBO TONIALO VIRO PRAESTANTISSIMO   S. P. D.   Quod in studio mathematices, quo maxime omnium  semper es delectatus, in primisque astronomicae facul-  tatis, totus usque sis, laudo te, mi Tomaie, vehementer,  ac vere virum censeo, qui non te otio, quod plerique  ista fortuna, hoc est opibus, abundantes homines faciunt,  corrutnpi sinas; sed, cum ingenio iudicioque cum paucis  sis conferendus, animum tuum optimis artibus perpoli-  tum nobilissima rerum excelsissimarum excolis cogni-  tione. Cui tantum detulit Aristoteles, ut eam vel imper-  fectam perfecta inferiorum rerum scientia multo duxerit  esse praestantiorem. Utere igitur fortunae bono dum per  florentem aetatem tuam licet, et viaticum senectuti para.         132    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    Collocupleta tuum solidis atque immortalibus bonis ani¬  mimi: amicitias quoque, quod facis, adiunge tibi liberali-  tate hac tua, omnique officiorum genere, quae ego abs te  expertus non vulgaria, perlibenter soleo praedicare. Et  quo extaret eoruni significano diuturnior, a me tibi nun-  cupati ut exirent duo hi Telesii nostri libelli De come-  tis et lacteo circulo unus, De iis quae in aere  fiunt alter, libentissime curavi: simul ut haberes oc¬  casionerei de rebus coelestibus, coeloque proximis, quo  te rapit astrorum studium, novam Telesii nostri dispu-  tationem alacrius legendi. Cuius tu philosophiam magno  animo amplexatus maxima cum iudicii et ingenii laude  tueris. Ac liber ille quidem, quo De iis, quae in  aere fiunt, disseritur, editus antehac est, nunc emacu-  latior prodit. Alter vero nunc primum publici iuris ef-  ficitur. Vale, et Persium tuum ex animo nunquam elabi  tuo patiare. Patavio Kalendis Aprilis. MDXC.   c)   Illustrissimo ac reverendissimo  Aloysio Cornelio episcopo  Paphiensi et Patavino designato.  Antonius Persius. S. P. D.   Post nobilem illum universae terrae cataclysmum,  ex quo Noe, cum familia servatus, humanum genus re-  paravit, apud Ethnicos quoque pervulgatum, ac Deuca-  leonearum undarum nomine a poeds significatimi, scrip¬  tum fecit Moses summi ille Dei scriba atque interpres,  Illustrissime ac Reverendissime Episcope, Deum ipsum  edidisse arcum, seu Iridem pacti indicem ac foederis  inter se atque humanum genus constituti, ut quoties id  in coelo appareret toties divinae potentiae beneficiique  nobis divinitus collati memoriam renovaret. Hoc mihi,    SCRUTI DI B. TELESIO    1 .1 ,ì    dura eximii philosophi Bernardini Telesii libellum De  iride in lucem proferre cogitarem animo repetenti cu¬  pido incessit, ut haud ita dissimilis in re simili tui erga  me animi significatio exstaret, operam dare. Est igitur  a me curatimi, ut ii, in quorum oculos haec Telesiana  Iris incurreret, de tuorum in me magnitudine merito-  rum brevi hac ad te epistola quoquo pacto admoneren-  tur. Namque, ut alia praeteream, maximorum semper  in loco beneficiorum mihi delatum putabo, quod in ali-  qua apud te grada vigeam, ac me ipse in tuorum tibi  addictissimorum numero censeri velis. Cum enim per-  crebuerit te non nisi doctos, probos ac sapientes viros,  tui scilicet simillimos, amare, fovere atque ornare so¬  lere, cum tu non solum maiorum splendore summaque  familiae nobilitate, verum edam doctrinae, probitatis ac  sapientiae laude nemini concedas (quarum quidem vir-  tutum singulare specimen in administradone Episcopatus  Patavini tibi ab amplissimo Cardinali Federico patruo  tuo, prudentissimo viro delata maximo cum ecclesiae  Patavinae fructu quotidie exhibes); quid mihi proficisci  abs te maius atque optabilius unquam posset, quam  ex tua consuetudine, qua me dignum tua esse voluit  humanitas singularis, tantarum mihi virtutum famnia,  ac nomen aliquod comparare? Quod igitur opusculum  hoc tuo sacratum nomini dicarim, id primum boni ut  consulas vehementer cupio; deinde ut tuam in me animi  propensionem, in qua maximam existimadonis meae par-  tem esse positam inteiligo, (quod facis) tueare te iterum  rogo obsecroque. Vale. Patavii.     134    APPENDICE BIBLIOGRAFICA    d)   Antonius Persius  Francisco Patricio  Platonicae Philosophiae  in Ferrariensi Gymnasio  Professori Celeberrimo  S. P. D.   Meministi, eruditissime Patrici, cum Venetiis coninto-  raremur, me tibi novam Telesil Philosophiam ac phi-  losophandi rationem saepius commendare, et te hortari,  ut libros eius de natura legeres diligenter. Quod ubi  est a te factum, cum multa offenderes in iis, quae ve¬  lini Democritea Delio quopiam natatore indigerent, me  identidem tanquam in eorum lectione diutius versatuni,  ac Telesii familiarem consulebas, ego igitur libenter et  obscura quaecunque tibi essent interpretabar, et obii-  cientium sese dubitationum scrupulos eximebam, quod  poteram. Ita ad calcem usque operis cum legendo per-  venisses, tum honorifice de eo loqui caepisti, ut ipsurn  veteribus philosophis anteferres. Scripsisti quoque a me  rogatus in eam philosophiam dubitationes tuas nonnul-  las, quas ad Telesium transmisi. Ex eo candidissimus  philosophus quanti tuum lacere iudicium haud obscure  significavit, cum deinceps sua scripta ad tuum sensum  exigere non sii gravatus. Cum igitur libellum eius De  mari ab ipso primum editum, atque aliquibus ex eius-  dem scriptis ad eandcm rem pertinentibus auctum, de-  nuo imprimendum curarem, patrem ipsi ac patronum  nullum Patricio aptiorem in venire me posse existimavi,  tuaeque idcirco ipsum fidei commendare decrevi. Tu,  si constans es in summi viri laude, ut te esse mihi et  natura et consuetudo tua suadet, huiusce opusculi pa-  trocinium suscipias libenter, ac tuam in eo tuendo non    SCRITTI ni n. TELESlO    t35   vulgarein eruditionem plaudentibus omnibus explicabis.  Feceris autem mihi pergratum, si meis verbis coni-  raunem amicum ac fatniliarem Franciscum Mutum et  tuum et Telesii praeclarum propugnatorem ingenii, et  eruditionis laude ornatissimum, salutaveris, meoque ipsi  nomine dixeris, cura ego ipsius beneficio plerosque ex  iis, quos iam edo libellos, fuerim nactus, expectare, ut  eosdem idem ipse meliores, atque alios eiusdem Aucto-  ris nondum editos nobis eruat alicunde. Vale, ac mei  mutuo memor est. Patavio.   Dopo il cap. x segue quest’avvertenza (c. 13 t f ):   Tria haec, quae sequuntur capita de maris aestu,  a Telesio quidern et ipsa elucubrata sunt, sed tamen ab  eodem in prima huiusce libelli editione consulto prae-  termissa; idque ea, ut puto, de causa, quod in hac con-  teraplatione nondum sibi piane satisfaceret. Erat enim  tum in alienis, tum maxime in propriis sententiis iudi-  candis sane quam difficilis atque morosus. Itaque nihil  edere ille solebat, quod non longa adhibita discussione  lente prius ac fastidiose probasset. Nos tamen, ne ea  quidern intercidere aequum putantes, quae ipse rudia  atque imperfecta reliquerat, pauca haec de manuscripto  exemplari diligenter excepta, priusquam ea sibi aliquis  vindicaret et ut sua venditaret, in calce huiusce libelli  excudenda curavimus.    l H. TELEStO    139    doctrina et eloquentia tectum sartumque praestes ab  aculeis reprehensorum, libenter curavi ut nonien tuum  clarissimum prae se ferret imprcssus. Neque enim dubito,  quin maximum apud omnes hoc tuum patrocinium sit  pondus habiturum. Perspectum iam enim est ac notum,  quanto te discipulo gloriaretur dignus ille tnagnorum  philosophorum magister Iacobus Zabarelia, nobis im¬  portuna morte praereptus. Cuius sane viri quoties mihi  venit in mentem, venit autem saepissime, toties ego  Patavinae, in qua profitebatur, Academiae ingemisco,  quae tot tantisque infra paucos annos orbata viris, ci-  vem hunc suum, qui facile omnium desiderium leniret,  rednere diutius in vita non potuerit, cum tamen ea de-  cesserit aetate, quae senectutem vix a limine attingebat.  Verum alieno quidem patriae et amicis, sibi autem,  hoc est nomini, et gloriae suae liaud quam importuno  tempore cessit e vita, relictis ingenii sui monumentis,  nunquam intermorituris. Cuius vocem porticus illae eru-  ditae Lycei Patavini frustra nunc, frustra, inquam, de-  siderant. atque eum, si possent, suum ipsae civem, qui  philosophiam non praeceptis tantum ac scriptis, verum  et factis praeclarissime exprimebat, omnium virtutum,  imprimis humanitatis ac modestiae, singulare exemplunt  erat, perpetuo lugerent ; ut eos contra philosophos ri-  derent, qui non tam in academiae porticis prò Peripa-  teticae doctrinae primatu, quam in publicis hisce, quae  promiscere ab omnibus ultro citroque commeantibus te-  runtur, prò peripatetica, hoc est, ambulatoria (ut sic  dixerim) praerogativa tanquam prò aris et focis ridi-  culc dimicant, quasi in eo sitae sint Graeciae divitiae,  si cui occurrens, caput aperias, aut interiorem Porticus  partem, videlicet parietem ambulanti concedas. Sed iam  nos iis homulis et xaipeiv dicamus et vyicuveiv. Te vero  iterum iterumque rogo, ut animum tuum familiae tuae  splendidissimae nobilitate dignissimum mihi benevolum       1 4 «    APPENDICE BIBI.IOGRAEICA    ae meae summae in te observantiae memorerà tueri,  munusculumque hoc, novum piane munus (cum libel-  lus hic it prodeat ab eodem Auctore iam pridem multis  additis, detractis, immutatis interpolatus, ut, si cum an-  tea edito conferas, mirum quantum ab eo difierre de-  prehendas) tanquam maximum a maximo ad te missum  animo gratificandi tibi suscipere ne dedigneris. Vale.   h)   Antonius Persius  Eminentissimo Phii.osopho  Federico Pendasio,. S. P. D.   Si quantum Aristoteli philosophorum filii, tantum  tibi, Federice Pendasi, philosophorum memoriae nostrae  facile princeps, ipsum debere Aristotélem dixerim, nae  ego vera praedicarim. Illustrasti etenim publicus tot an-  nos in ceteberrimis Italiae Gymnasiis interpres Aristote-  licam usque adeo philosophiam, ut non tibi minus, quam  Aristotelicorum librorum, qui situ obsiti parum ab in-  teritu aberant, erutori ac vindicatori iHi gratiae debea-  tur. Quos si nobis inimicum fatum ad exitium usque  invidisset, poteras tu novus illucere mortalibus Aristo-  teles, iacturamque tantam undequaque compensare. Ita-  que subinvideo Ascanio fratri, quod ipsi, te Bononiae  degente, Bononiae degenti fruì licet, ac de te non pu-  blicos solum, sed, quae tua in omnes privatimque in  ipsum est benignitas, domesticos haurire sermones. Fe-  rebam ego antea tui desiderium paullo lenius, dum vi-  veret alterum Italiae lumen Iacobus Zabarella philoso-  phiae scientia, ut tibi uni secundus (quem scilicet ille  sibi non solum praeferebat, sed auctorem ctiam recte  philosophandi fuisse olim praedicabat), sic caeteris omni¬  bus meo ac multorum iudicio anteponendus. Eo nunc,    SCRITTI I>! R. TEt.ESIO    M    quo familiarissime utebar, extineto, nisi tua me aliquando  usurum consuetudine sperarem, vitarn mihi profecto  acerbam putarem. Interim autem quia te libenter et stu¬  diose legere ea scripta, in quibus ingenii et eruditionis  lumina haud vulgaria conspiciantur probe novi, cuius-  modi sunt Telesii philosophica monumenta, idcirco ut  ex ungue leonem agnosceres: ad haec ut sententiarum  novitate animum tuum consuetis fessum contemplatio-  nibus recreares, liunc eius De saporibus libellum tan-  quam èvSóoipav ad reliquam ipsius philosophiam cogno-  scendam, et, ut sapiat, iudicandam ad et mittere, adeoque  tuo inscriptum nomini publicare decrevi. Accipies igi-  tur hilari fronte hanc meae in te benevolentiae atque  observantiae significationem, ut meum in te studium  nunquam in posterum obliviscaris. Vale. Patavii.    Antonius Persius   PRAECLAR 1 SSIMO MEDICO   Hieronymo Mercuriali  S. P. D.    Homericus ille Iuppiter, quod te non fugit, Hiero-  nymeMercurialis, medicorum choryphaee, ut Agamemno-  nem de sonino excitaret, misisse ipsi somnium a poeta  perhibetur. Ego vero, ne tu mihi dormias, hoc est, ne  me tibi e memoria atque ex animo excidere patiare, tui  amantissimum studiosissimumque tui nunquam oblitum,  non vanum aut mendax aliquod somnium, sed erudi-  tum ca veridicum Somnum Telesianum a Telesio tum,  cum minime dormitabat, elucubratum ad te mitto, qui  somnum arcere quovis somnio validius possit. Hunc  ego, et ut sedulum monitorem, et ut non obscurum mei  in te animi interpretem ad Te destinavi, dum aliud         *    TOSINO    U2    APPENDICE 11IBI-IOGRAEICA    quaero tibi mnemosynon, quo pateat illustrius non so¬  limi quantuni tibi ipse ego debeam deferamque, ve¬  runi edam quam ab aliis omnibus esse deferenduni  exisdniem; etsi tu unica de te clarissimae Bononiensis  Academiae existimatione (ut communem eruditorum om¬  nium sensum praetermittam) contcntus esse potes, quae  te tanto studio ac contentione ad eminentissimam me-  dicinae cathedram ingentibus atque ante te nemini pro¬  positi praemiis pertraxit. Atque hoc sapienter B0110-  nienses, ut alia omnia, sapienter te quoque ipsum, qui  condicionem acceperis, fecisse sapientissimus quisque  existimat, cum tibi in ea urbe domicilium statueris, quae  bonorum omnium ornatu ac copia comparari cum ur-  bibus' omnibus merito potest. Quo tit ut non iniuria et  te ego Bononiae, et tibi Bononiam invideam, hoc est  summorum virorum doctrinae et huraanitatis laude ce-  leberrimorum Bononiae degentium consuetudinein. Pe-  regrinos nunc taceo, ne te plus aequo legentem morer.  De civium numero unum tantum honoris caussa com-  memorabo, Camillum Palaeottum, tuorum, ut tu te me¬  rito gloriaris, principem amicorum; quem virimi pri-  mum Romae sum contemplatus, allocutus, admiratus,  cum in eo omnia maiora opinione ac fama deprehende-  rim. Itaque Alexandrum Burghium summa insignem  timi scientia et eloquentia, tum probitate virum amo  plurimum, qui ut Romae Palaeottum cognoscerem at¬  que ab eo cognoscerer et auctor et interpres mihi fuit.  Obsecro igitur te, vir preclarissime, per humanitatem et  comitatem iliam tuain, qua vel sola aegrotis restituere  valetudinem soles, ut me illi addictissimum diligentis¬  sime commendes, et a me salutem dicere ne graveris.  Te vero mei muneris ne poeniteat, siquidem id, quod  ab optimo in te est animo profectum, optimum putas.  Vale, et diu vive, ut diutius alii vivant. Patavio.   In fine della raccolta sono 3 cc. di Errata-corrige ,    SCRITTI DI B. TELESIO    43    1 I.   Due opuscoli inediti del Telesio De fulmine e Quae  et quomodo febres facilini furono per la prima volta pub¬  blicati dal Fiorentino, Telesio , n, pp. 325-374, insieme  con la risposta del Telesio al Patrizi: Soluliones Thyìesii,  pp. 391-98-   Dal Fiorentino fu anche ristampato il Carmen ad  Ioannam Castriotam del Telesio (pp. 311-2), inserito nel  volume Rime et versi in lode della illustriss. et eccel-  len/iss. S. D. Giovanna Castrio/a Carr. Duchessa dì  Nocera et Marchesa di Civita Santo Angelo , scritti in  lingua toscana, latina et spagnuota da diversi huomini  illustri in varii et diversi tempi et raccolti da Don Sci¬  pione de’ Monti, Vico Equense, 1585; già ristampato  da S. Spiriti, Memorie , pp. 92-3 e da Luigi Telesio,  o. c. pp. 55-6. Circa l’apocrifità dell’epigramma per la  storia di Scipione Mazzella v. Bartelli, Note, p. 55 n.    Manoscritti e opere smarrite.   Oltre la notizia importante dataci da Giov. Paolo  d’Aquino, riferita a p. 54, e quelle del Persio (cfr. so¬  pra pp. 130-1 e 135), è da considerare la lettera del  Quattromani, su cui richiamò già l'attenzione il Ni-  codemi nelle Addizioni copiose alla Bibl. Nap. del dott.  N. Toppi, Napoli, Castaldo, 1683, p. 53: e l’accenno  dello stesso Telesio De rer. nat., v, 1: « Tum maris  aquarumque et eorum quae im sublimi fiunt iridisque  et colorum exortus in propriis est explicatus commenta-  riis. Metallorum lapidumque et reliquorum, si quae      APPENDICI-: BIBLIOGRAFICA    144   alia supersunt, quin in superioribus manifestatus sit, pa¬  rimi cannino deesse videri potest, et alias, si coeptis  faverit Deus, manifestabitur magis ». Per un opuscolo  De pluvfis, cui si allude nel De mari, c. x, cfr. Al-  magiA, I.e dottr. geofisiche di B. Telesio, p. 333,    II    SCRITTI SU B. TELESIO*    La Filosofia di Berardino Telesio ristretta in brevità,  et scritta in lingua toscana dal Montano Accademico  Cosentino [Sertorio Quattromani] , in Napoli, ap¬  presso Giuseppe Cacchi, 1589.   Ora/ione di Gio. d‘Aquino in morte di Bernardino  Telesio, philosopho eccellentissimo, agli Accademici Cosen¬  tini. In Cosenza, per Leonardo Angrisani, 1596.   Rist. a Napoli, Fratelli Traili, MDCCCXL a cura di L[uigi)  T[klesio], Precede (pagine xxvi) una lettera del T. al marchese  di Villarosa; e seguono (p. 55) il Carme del Telesio a Giovanna  Castriota con la trad. italiana del Cavalcanti, l’epigramma a Sci¬  pione Mazze-Ila (p. 60) col distico contro Aristotile, il son. di  Lelio Capilupi (p. 61) e due poemetti di Antonio Telesio.   Sul p. Luigi Telesio prefetto della Biblioteca dei Gerolamini  v. Luigi Maria Greco, Elogio del p. L. T., negli Atti dell’Ac¬  cademia Cosentina, voi. Ili, pp. 345 sgg.   Francesco Bacone, De principiis atque originibus  secundum fabulas Cupidinis et Coeli: sive Parmenidis  et Telesii et praecipue Democriti philosophia, tractata  iti fabula de Cupidine ; in Philosophical Works edited  by Ellis and Spedding, in, pp. 63-118 (con pref. del-  l’EUis e note).   La prima volta questo opuscolo fu pubblicato da Isacco Gru-  ter in Franc. Baconi de Verulamio Scripta in naturali et uni¬  versali philosophia, Amsterdam, 1653, pp. 208 sgg.    * Sono citati gli scritti più notevoli. Delle storie generali della filo¬  sofia soltanto quelle che contengono esposizioni originali.    G. Gentile, Bernardino Telesio.    10     146    appendice bibliografica    Iohannis Imperiala Musaeum kistoricum et pky-  sicum, Venetiis, ap. Iuntas, An. MDCXL, pp. 79-80.   A p. 78 c’è un ritratto del Telesio. Pel cui valore storico si  osservi che nello stesso frontespizio del libro è detto che le ima-  gines del Museo storico sono ad vivum expressae, e nella pre¬  fazione al lettore: « Icones ad vivum ubique locorum a nobis  anxio perennique studio conquisitas, vix cogere in unum licuit  paucas, nec impensae pepercimus, nec oleo, aliquam interdum,  prout minus congrua censebatur, abolendo, aliquam reformando,  et cum probatioribus conferendo, quo studiosa cupidaque huius-  modi elegantiarum tua non falleretur fiducia».   Petri Freheri Theatrum viro rum eruditione claro-   rum, Norimbergae 1688, p. 1484.   C’è un ritratto del Telesio, riprodotto da Rixner e Sibek  innanzi al vojutne qui sotto citato.   Ioh. Georgii Lotteri De vita et philosophia Ber¬  nardini Telesii commentarmi ad illustrandas historiam  philosophicam universam et literariam saeculi XVI C/iri-  stiani sigillativi, Lipsiae, apud Bernh. Christoph. Breit-  Kopfium, 1733 in 4 0 .   Nei Nova Acla eruditorum di Lipsia, MDCCXXXI 1 I, pa¬  gine 551-3 c'è una recensione di questa monografia.   I. Bruckeri, Historia critica philosophiae, to. iv,  pars 1, Lipsiae, MDCCXXXXIII, pp. 449-460.   Mémoires pour servir à filisi, des hommes illustres  dans la republique des le/tres avec un catalogne raisonné  de leurs ouvrages par le R. P. Niceron barnabite,  to. xxx, Paris, 1734. PP- 194-1 io. H 4 -   Salvatore Spiriti, Memorie degli scrittori cosen¬  tini , Napoli, 1750, pp. 83-93.   J. G. Buhle, Gesch. d. neueren Philosopkie seit  der Epoche d. Wiederhers/ellung der Wissenschaften,    SCRITTI SU B. TELESIO    147    Gòttingen, 1800-1805, Bd. il, Abth. 11, pp. 648 ss.; trad.  frane. Jourdan, Paris, 1826, II. n, pp. 563-71.   P. L. Ginguené, Histoire littéraire d’Italie [conti¬  nuata da F. Salfi], to. vii, Paris, Michaud, 1819.   I- e PP' 5 °°* 1 4 relative al Telesio sono un’aggiunta di F. Salfi.   Rixner e Siber, Leben und Lehrmeinungen berukm-  ter Physiker am Ende des XVI und am Anfange des  XVII fakrhunder/s, Bd. ni (Sulzbach, 1820) ( B. Te¬  le sius) .   Oltre una biografia del Telesio, contiene la traduzione'(molto  libera) di molti brani del De rei' . natura.   Giuseppe Boccanera da Macerata, Bernardino Te¬  lesio, nella Biografia degli uom. illustri del Regno di  Napoli , to. vni, Napoli, N. Gervasi, 1822 (col ritr. del  Morghen).   Francesco Saverio Sai.ki , Elogio di Bernardino  Telesio, 2“ ediz., Cosenza, Migliaccio, 1838 (di pp. 48  in-16 0 ).   Ristampato in Salpi, Prose varie, Cosenza, Migliaccio, 1S42.  La prima volta era stato pubblicato nel giorn. La Fata Morgana  di Reggio Calabria, 15 marzo 1838; e contro di esso allora com¬  parve un opuscolo: Luigi Telesio, Risposta all'art. inserito nel  giorn. intitolato La Fata Morgana... Su la vita e la filosofia  dì Bernardino Telesio, in Napoli, nella Stamp. della Società  Filomatica, 1839 (cit. da F. Bartelli, Note, p. 70).   Ferdinando Scaglione, [La filosofia di B. Telesio]-,  negli Atti della Accademia Cosentina, Cosenza, pe’ tipi  di G. Migliaccio, 1842, voi. 11, pp.15-115.   In risposta al tema assegnato dall’Accademia l’anno 1838:  « Esporre con lucidezza e precisione il sistema filosofico di B. T.,  e far conoscere quale e quanta influenza abbia esercitato sul  progresso delle scienze, e quali scrittori, sian essi calabri o stra¬  nieri, abbiano maggiormente contribuito a propagare la nuova  dottrina Telesiana ».      APPENDICE BIBLIOGRAFICA    148   Chr. Bartholmèss, De Bernardino Telesio, Paris,  1849.   H. Ritter, Geschichte dcr Philosopkie, r l heil (Bd. I  della Gesch. d. neutra Pkilos. ) , Hamburg, Perthes, 1850,  PP- 56 i- 7 S-   J. E. Erdmann, Grundriss der Geschichte der Phi-  losophie, 1 , Berlin, 1869, i, 243- PP- 523-26.   F. Fiorentino, Bernardino Telesio , ossia studi sto¬  rici su l’idea della natura nel Risorgimento italiano,  Firenze, Le Monnier, 2 voli. 1872, e 1874.   Della psicologia del T. il Fior, s’era occupato nel Pompo-  nazzi (v. sopra p. 98). A proposito del volume del Telesio  furono pubblicati i seguenti scritti del Ferri e del Francie.   Luigi Ferri, La filosofia della natura e le dottrine  di B. T.\ nella Filos. ileUe scuole i/al., a. 1873.   Ad. Franck, Bernard. Telesio, ou Études histort-  ques sur l’idée de la nature pendant la renaissance ita-  lienne par F. Fiorentino, in Journaldes Savanls, a. 18731  pp. 548 sgg. e 687 sgg.   M. Carriere, Die philosophische Weltanschauung der  Reformationszeit* , Leipzig, 1887, 11, 34 ss.   La prima ediz. è del 1847.   Telesio, rivista di scienze lettere ed arti, Cosenza,  a. 1, fase. 1, 28 febbr. 1886 (direttori Vincenzo Iulia e  Domenico Bianchi).   Ne conosco 3 fase., che non contengono nulla sul Telesio,  salvo un cenno neil’art. di G. M. Greco, Il Qualiromani cri¬  tico (nel fase. 3 del 30 aprile 1886, pp. 154-5) a 8 a teoria del¬  l’anima del filosofo cosentino, difesa dalle critiche del Fiorentino.      SCRITTI SI! B. TELESIO 1 49   K. Lasswitz, Geschichte der Atomisti): vom Afitte/-  alter bis Newton, Hamburg u. Leipzig, 1890, I B.,  pp. 312-14-   Karl Heiland, Erkenntnisslehre nnd Ethik des  Bernardinus Telesius ; Inaug.-Dissert., Leipzig, 1891  (pp. 52 in-8“).   A pp. 1-2 c’è una bibliografia della letteratura telesiana.    Felice Tocco, Le fonti più recenti della filosofia  del Bruno, Roma, 1892 (estr. dai Rend. Lincei).   A pp. 72-5 i rapporti del Bruno col Telesio. Cui è da ag¬  giungere l'osservazione dell' Eli.is nella pref. al De principiis  di Bacone, ed. cit., p. 75 n.   Gio. Sante Felici, Le dottrine fi/osofico-religiose di  T. Campanella con particolare riguardo alla filos. della  rinascenza italiana. Lanciano, Carabba, 1895.   A pp. 34-51 sono studiati i rapporti del Camp, col Telesio.    St. de Chiara, Bricciche lelesiane. Nozze Tancredi-  Zumbini, xix aprile mdcccxcvii (Cosenza, tip. ApreaJ,  pp. 8 in-4 0 .   Spigolature dall’archivio cosentino relative al nome della  madre del T. e ad alcuni de’ suoi figliuoli. A p. 4 n. 1, è  detto: c Un solo, il Bruckero, dice ch'egli sia nato nel 1508:  ma questo non è assolutamente possibile, perchè nel sett. del 1508,  come abhiam visto [«nelle schede del notar Benedetto Arnone,  sotto la data del 6 di sett. 1508, i capitoli di un secondo matri¬  monio, che Giovanni Telesio, padre del nostro Bernardino, con¬  trasse con la signora Vincenza Garofalo »], il padre passava a se¬  conde nozze. La data del 1509, poi, si desume anche dalla se¬  guente notizia cortesemente comunicatami dal mio nob. amico  Luciano de Matera e da lui ricavata di su un antico ms.: « A di  8 di sett. 1588 si sepelì nella sua sepultura della sua cappella  dentro la Chiesa magiore il filosofo Bernardino tilese d’età d’anni  settantanove ».    APPENDICE BIBLIOGRAFICA     150    Francesco Bartelli, Note biografiche (B. Telesio  e Galeazzo di Tarsia) Cosenza, A. Troppa, MCMVI.   Sul Telesio, pp. 7-73. È il miglior saggio biografico che si  abbia per l’esame rigoroso delle notizie e per la larga • esplora¬  zione dei documenti inediti cosentini.   I   Roberto Almagià, Le dottrine geofisiche di B. Te -  lesto: primo contributo alla storia della geografia scien¬  tifica nel cinquecento, Firenze, Ricci, 1908 (estr. dagli  Scritti di geografia e storia della geografia pubbl. in  onore di G. Dalla Vedova).   Duilio Ceci, Bernardino Telesio (con bibliografia)  ne La cultura contemporanea , Roma, a. n, n. 3, 1 feb¬  braio 1910, pp. 41-45.   Articoluccio d’occasione. Nella Bibliografia si cita: « Fran¬  cesco Bonci, Il volgarizzamento dello scritto latino di B.  (sic) T: I colori presso gli antichi Romani, Pesaro, Federici,  1894. Ma si tratta del De coloribus di Antonio Telesio.    Erminio Troilo, Bernardino Telesio, Modena, For-  miggini, 1910 (pp. 77 in-i6° picc.; col ritr. del Morghen;  N. 11 dei Profili del Formiggini).   I 53970   \       INDICE    Avvertenza..   Bernardino Telesio. »   Sommario: I. Il medio evo (9-20); II. Uma¬  nesimo e rinascimento (21-38); III, Vita e scritti  del Telesio (38-54); IV. La filosofia del Telesio   ( 54 - 77 ); V. Chiarimenti (77-92).   Note. »   Appendice bibliografica. »   I. Scritti di B. Telesio. »   II. Scritti su B. Telesio. »    5   7    93   99   101   ■45                        GIUS. LATERZA & FIGLI - Editori    BIBLIOTECA DI CULTURA MODERNA   Elegante collezione in-8    1. P. Orano — Psicologia sociale (esaurito).   •2. B. King e T. Okkv — 1/ Italia d'oggi (3» edi¬  zione) . 4,   3. E. Ciccotti — Psicologia del movimento   socialista . *   4. G. Amadori-Virgiu — L’Istituto fami¬   gliare nelle Società primordiali . . * -,f>0   5. A. Martin — L’Edncazione del carattere    (esaurito).   6. G. De Lorenzo — India e Buddhismo antico   (2* edizione). * L—   7. V. Spinazzola — Le origini ed il cammino   dell’Arte.» 3,50   8. R. de Gourmont — Fisica dell’Amore. Mag¬   gio su l' istinto sessuale . » 3,50   y. C. Cassola — I sindacati industriali. Car¬  telli - Pools - Trusts . » 3,50   10. G. Marchesini — Le finzioni dell’anima.   Saggio di Etica pedagogica .... » 3, —   11. E. Kbioh — 11 Successo delle Nazioni. . » 3, —   12. C. Barbagali .0 — La fine della Grecia an¬   tica . » 5,—   13. F. Novati — Attraverso il Medio Evo . » 4,—   14. I. E. 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Pensatori e Problemi » 4,—   38-U. — Parte II. Prime linee d’un sistema . » 4,—                 GIUS. LATERZA & FIGLI - Editori    39. R. Rrnier — Svaghi critici .   40. E. Gbbhart — L’Italia mistica ■   41. A. Farinelli — Il romanticismo in Ger¬   mania .* ‘ '   42. A. Tari — Saggi (li Estetica e di Meta¬   fisica . .   43. E. Romagnoli — Musica e Poesia nell an¬   tica Grecia . ; • ‘ ’   44. F. Fiorentino — Studi e ritratti •   45. G. Fkrrarelli — Memorie militari del   Mezzogiorno d'Italia .   46. B. Spaventa - Principii di Filosofia .   47. A. Anile - Vigilie di Scienza e di Vita »   48. J. Royce — La Filosofia della Fedeltà .   49. R. W. Emerson — L’anima, la natura e la   saggezza - Saggi   50. G. Rbnsi — Il genio etico ed altri saggi   51. G. Gentile — Bernardino Telesio • • •      3,50   5-   3,50   3.50   4.50  L-   2.50    tS 39 u   I    ✓   <• «. ' 

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