Wednesday, May 29, 2024

Grice e Vignoli

  Nel 1863 io terminava il mio saggio in- 


iiorno ad una Dottrina razionale del Progresso, 

inserito con una serie di articoli nel Poli- 

tecnico a Milano , diretto già da Carlo Cat- 

taneo , e poi ristampato a parte , con queste 

parole e in queste sentenze, risultato di tutti 

gli studi e argomenti anteriori: 


« Quésta libertà del pensiero cresce 


^*B 9 




terello, soqo antiche e> costanti nella mia 

mente. Onde due anni or sono terminava la 

mia prolusione ad un corso di Antropologia 

generale gratuito nella R. Accademia scien- 

tifico-letteraria di Milano, al quale venni in- 

vitato dall' illustre professore Ascoli , gloria 

della glottologia italiana — allora Preside di 

• quel chiaro istituto. 


« Siamo nuovi ancora si può dire nei mo- 

«• derni studi, se volgiamo lo sguardo alle 

« altre nazioni che ci superarono , ma i ri- 

« sultati ottenuti e che si vanno conqui- 

« stando, sono augurio che sapremo perve- 

« nire a quella gloria che un giorno sì chia- 

\ ramente ci segnalò tra le genti. Ma molti 

RBPAZioini 


e per rispetto del pubblico ; e che infine fui 

sempre consentaneo con i miei principi, come 

tutti possono toccare con mano dalla lettura 

dei brani sopra trascritti, e stesi a lunghi 

intervalli e dal presente mio opùscolo stesso. 

Che se V ingegno è tapino , e il sapere non 

così vasto come vorrei, e come dovrebbe es- 

sere, la colpa non è mia, né della mia vo- 

lontà : poiché tra i tanti difetti , che in me 

possono annidare, l'ozio certo, e l'ignavia non 

vi si trovano:, perchè li sfuggii sempre, come 

la peste più oscena, brut a e nefanda di tutte, 

e la più dannosa ai privati ed alle nazioni. 


Milano, 12 aprile. 




CAPITOLO PRIMO 




Sitixa;25Ìoiie« 




Posta la nostra società odierna tra due sette te- 

merarie e procaccianti) diverse d'origine, ma identi- 

che di propositi nefandi e distruttori, i retrivi cleri- 

cali, e i demagoghi incendiarli, non mai soverchia 

riuscirà la solerzia, la virtù, la virilità di atti e di 

concetti ad allontanare e vincere i mali, sociali, mo- 

rali e materiali a cui esse mirano con tenacità for- 

midabile. Che se Tuna vorrebbe ridotto il mondo a 

un cenobio e a una triste tebaide, l'altra procaccia 

che gli uomini ritornino alla selvatichezza preistorica, 

e alla squisitezza sociale delle caverne. Certamente 

le magnanime speranze di questi tristi non si avve- 

reranno, poiché la mentalità umana, la libertà civile 

e le suppellettili industriali tanto cresciute e potenti 

non lo concedono, e in Italia specialmente, ove l'in- 

dole, gl'istinti, il senno proprio della razza, e le ne- 




14 CAPITOLO PRIMO 




cessità storielle assolutamente vi si oppongono ; ma 

tuttavìa è d'uopo avvisare ai pericoli^ e alle sciagure 

parziali^ addottrinati dall'esempio miserando di altre 

nazioni. I retrìvi e demagoghi sono gli estremi fa- 

ziosi e a cosi dire l'oscena e perversa caricatura dei 

due legittimi fattori della vita civile dei popoli, e del 

loro intrinseco progresso, i conservatori cioè e gl'in- 

novatori, necessarii entrambi al perfetto e mobile equi- 

librio delle forze, e al loro dinamico esplicamento : 

in quella guisa che nella compagine oi^anica, e nel- 

l'esercizio delle sue funzioni, trovansi nervi modera- 

tori, e stimolanti, onde resulti quella armonia di ef- 

fetti che vita si appella. Imperocché come in questa 

si arresterebbe immoto il circolo animatore se l'ener- 

gia del freno prevalesse, e tanto si accelererebbe da 

distruggere sé medésimo quando quella contraria ec- 

cedesse : parimente una nazione perirebbe, se V uno 

l'altro dei fattori accennati rimanesse vincitore nella 

lotta, che l'uno la renderebbe mummia o cristallo^ 

mentre il secondo la dileguerebbe in vapore. La sa^ 

pienza e la scienza civile consistono quindi nel prov- 

vedere che un equo temperamento intervenga fra le 

due forze rivali, o a disporre le cose in guisa che 

l'una a vicenda con l'altra serva all'incremento del 

bene sociale, e al sempre più largo, e sincero eser- 

cizio della libertà civile e politica 


Ma a raggiungere questo arduo e nobile scopo l'in- 

tenzione e il desiderio non bastano: vuoisi non solò 

perizia grande d'uomini e di negozj, animo pronto, 

profonda conoscenza dei fatti e leggi "Bociali, risolu- 

tezza impavida nelle difficili prove, onestà costante 

di mezzi, magnanimo sprezzo d'insulti e guerre voi- 




SITUAZIONE 15 




gari; ma rìohiedesi altresì vasta e chiara dottrina sto* 

rica, e quel senso sicuro dei bisogni^ dell'indole^ delle 

^piraadoni legittime. del popolo^ e limpida intuizione 

Clelia legge che regola i moti delle genti europee in 

generale; e di quella italiana in particolare* Or qui 

in Italia ì, caduti principati lasciarono copiosa eredità 

di elementi conservatori e retrivi, fatti più rabbiosi 

•dal prevalere delle istituzioni ed istinti democratici^ 

a^vviticchiàntisi con disperato amplesso al papato, che 

i loro rammarichi, ire, convinzioni, speranze rese dom- 

ina religioso, ultimo strumento alla assoluta sua si- 

gnoria vacillante ; méntre d'altra parte le inveterate 

abitudini cospiratrici, l'intempestive brame di utopie 

facilmente nascenti in popoli non assuefati a libertà, 

gli antagonismi regionali superstiti alla unificazione dei 

varii Stati, le bieche e torbide imitazioni demagogi- 

che d'altri paesi, e l'arruffio anche di tristi, tengono 

la nazione incerta, rinfocolano odii di parte, e la spin- 

gono soverchiamente nelle avventure : e quindi tanto 

più difficile riesce l'impemare stabilmente lo Stato, e 

condurlo sapientemente. 


Tra queste due forze rivali, ostacolo al retto an- 

damento della cosa pubblica, rimane poderósa za- 

vorra, la maggioranza della nazione, la quale, aliena 

in parte dai mutamenti radicali, intenta alle private 

faccende, e guidata dal senso positivo delle cose, e 

dagli interessi domestici, mantiene a cosi dire un mec- 

canico equilibrio nelle loro lotte, e fece si che sino 

ad ora né l'una, ne l'altra prevalesse : e la nazione 

perciò stette, e vinse prove che sbalordirono il mondo, 

e procacciò ai reggitori una gloria, che in fondo e in 

parte derivava dalla sua consapevole inerzia. 




16 CAPITOLO PRIMO 




Né si creda che io voglia, concludere non aver ben 

meritato della patria coloro^ che per vari v anni stet- 

tero al timone della Bua nave.^ e che questa se noa 

pericolò e. si sommerse nelle tempeste ove fu più di 

lina fiata travolta^ debba soltanto la propria salute 

alla indifferenza^ o agli istinti conservatori delle mol- 

titudini : imperocché i fatti mi sbugiarderebbero, e 

non conoscerei affatto, o confusamente la nostra sto- 

ria contemporanea. Certamente Emilio Visconti- Ve- 

nosta che a più riprese diresse e in condizioni so- 

vente ardue e perigliose i nostri rapporti con gli stra- 

nieri, seppe schivare con tatto fino, e con squisitezza^ 

di modi, non disgiunti da dignitosa fermezza, i rischi 

che ci minacciarono, sia di lusinghe subdole, di al- 

tere brame, o di tenebrose cospirazioni del Vaticano. 

E potrei pure ricordare con encomio altri, che con 

zelo ed onestà, si adoperarono a prò della nazione. 

Né si vuole poi dimenticare il grande partito libe- 

rale, erede degli intendimenti di Camillo CavQur, il 

quale nei giornali, dalle cattedre, nelle concioni, nel 

parlamento con costanza segui in parte quelle caute 

e forti norme, che ci condussero sino ai tempi pre- 

senti. Ma tutti questi saggi consigli e propositi, edi 

fatti che vi corrisposero, non avrebbero certamente 

salvato dai perigli la nazione, se la maggioranza de- 

gli italiani col suo contegno fermo, l'indole non ec- 

citabile, e col veto, a cosi dire, della passività, non 

avesse resi vani i proponimenti, sventate le trame 

sotterranee, e lasciati in secco gli apostoli del di- 

sordine e del dispotismo : che anzi il più delle volte 

scossa da evidente rischio, segnò col desiderio espresso 

virilmente in mille guise, la via da tenersi dai reg- 




SITUAZIONE 17 




gitoli, e si può dire in un certo modo, che Ella fu 

che governò il paese, con senno suo proprio, e con 

quegli spiriti liberali che seppero infonderle molti va- 

lenti predecessori, e il grande intelletto del più grande 

ministro del secolo. 


E Camillo Cavour potè essere concreatore di un 

popolo,, perchè nella vasta mente raunò a cosi dire 

tutti i pensieri, le idee, i concetti, e nell'animo i de- 

siderii, i sentimenti, gl'istinti magnanimi di tutta la 

nazione che in lui si confidò : associandosi senza tema, 

o gelosa inquietudine, in momenti solenni, nell'impresa 

unificatrice a Giuseppe Garibaldi, che, quale soldato 

della libertà, fu a cosi dire la popolare poesia del 

nostro riscatto : egli fu grande perchè conscio dell'in- 

dole moderna dei popoli non si argomentò di rendere 

libera e indipendente la patria con mezzi termini, 

con sussidii di una o altra casta e fazione esclu- 

siva, ma si armonizzando in un solo pensiero, e ad 

un solo e generoso scopo tutti i ceti, tutti i par- 

titi, tutte le forze vive della nazione, non pauroso 

di sette, o queste trasformando in leve poderose ad 

inalzare dal servaggio l' Italia : insomma ei fu grande 

e riusci, perchè senti tutti gl'influssi, vasti e potenti 

di un popolo intero: che sarà sempre, come per il 

passato r«/n hoc signo mnces!^ di coloro, che fecero 

e faranno opere generose ed immortali nel mondo. 


Morto Cavour rimase al governo il partito che avevalo 

ajutato in gran parte nell'opra santissima della reden- 

zione della patria, il quale si propose e si argomentò 

di seguire quella via, che dischiuse la mente e l'o- 

perosità del grande uomo, onde si compissero i fati 

della nazione, e si raggiungesse il fine desiderato. Ma 







18 CAPITOLO PRIMO 




se il concetto politico e Tindìrizzo del maestro fu com- 

preso, e seguito all'ingrosso dai successori, e la na- 

zione si dispose ad effettuare i suoi disegni, nessuno 

però dei reggitori ebbe l'ingegno l'animo e lo spirito 

del sommo cittadino, e comecché mandassimo ad ef- 

fetto difficili imprese, e si conseguisse il massimo scopo 

della indipendenza e unità della patria, pure alla lunga 

si manifestò a poco a poco nel governo, e nel vasto 

partito, d'onde visceralmente egli usciva, il difetto di 

comprensione potente ed intera, e di quel senso ge- 

neroso di libertà piena ed operosa, ove si mostrò l'ec- 

cellenza del primo. Ne io* offendo l'amor proprio di 

alcuno di quelli che mano mano vennero impugnando 

le redini dello Stato, con l'asserire che non raggiunse 

l'ingegno, la perizia e l'animo suo, poiché è cosa evi- 

dente di per sé stessa, e l'esemplare troppo noto e 

cospicuo. Ed in vero uno degli uomini che maggior- 

mente fecero parlare di sé più frequentemente e sedette 

in scranna al governo dello Stato, e si segnalò per varie 

vicende, fu Marco Minghetti, conosciuto moltissimo 

eziandio dagli stranieri. Or bene, chi non scorge a 

prima vista quanto ei sia inferiore per molti versi al 

Cavour? Per quanto io possa avere dei contraddittori 

non mi perito dire che il Minghetti è un mediocre 

uomo di Stato, in quanto gli manca ogni nota che 

distingue coloro che nacquero a tanto ufficio. Mente 

lucida e simmetrica, ma non acuta e profonda; bel 

parlatore, ma più facondo che eloquente, animo più 

ostinato, che tenace, scrittore sensato e forbito, ma 

privo di nerbo e di vena inventrice ; ambizioso, certo 

nobilmente, d'aura popolare, ma incapace a raggiun- 

gerla : ondeggiante tra le diverse parti, non abile 




SITUAZIONE 19 




3f dominarle: non q;ristocraticp per proposito o arte 

di governo, ma inclinato a riceverne di riverbero \^ 

fosforescenza : e non facile a sentire i fecondi in? 

flussi del popolo. Che se per ora pronunziò raggiun^iQ 

il pareggio, e gli fu attribuito come cosa sua, quando 

non una legge di finanza gli è propria, e la longa- 

nimità e sofferenza invece del popolo italiano ne è 

il più grande fattore, la freddezza e indifferenza con 

che accolse il paese questa notizia, che pure doveva 

riempirlo di fervida letizia, è la miglior prova di 

quanto riserbo si senta per le cose sue nell'animo degli 

italiani, e come egli non abbia veramente radici nella 

fede delle moltitudini. Si badi però che io parlando 

si schiettamente del Minghetti, come Ministro e scrit- 

tore, solo sindacabili in paese libero e dalla stampa 

onesta, faccio e rendo omaggio alla sua vita priv^)t^, 

a.lla nobiltà dell'animo e delFingegno — e in altra oc- 

casione ne feci testimonianza — e al disinteresse per- 

sonale, che spiccò sempre anche posto al governo della 

cratica, osservata e giudicata con occhio scevro da 

prevenzioni, e con animo non travolto da passioni o 

dA interessi parziali. Né facciano illusione all^ intel- 

letto alcune singole pretese, o desiderii in paesi ove 




24 CAPITOLO PRIMO 




da poco la legge livellatrice civile tolse i privilegi 

d'ordini vecchi: imperocché tali avanzi archeologici 

di tempi irremissibilmente passati^ sono a cosi dire 

piante morte, alle quali s' inaridiscono le radici, e 

che fra i nuovi còlti, e rampolli rimangono in piedi 

senza vita e finitti, sinché cadano per intrinseco e na- 

turale sfacelo. Nella sola Inghilterra, e meno altrove, 

alcuni privilegi territoriaU o ereditarii mantengono 

un ordine nello Stato, ma già ne vennero scrollate le 

basi, e tra non molto anche colà, se ne sono veduti 

i sintomi, e i desiderii legalmente espressi testé, si 

dilegueranno del tutto. Quando nelle nazioni Tegua- 

lità civile dei ceti si ottenne, e tutti vengono rappre- 

sentati in parlamenti elettivi, e la stampa è libera, 

la necessità della democrazia è già posta, e non può 

tardare a vincere in un avvenire più o meno pros- 

simo, a seconda dell'indole, dei costumi, e delle ra- 

gioni storiche delle nazioni. GHi ordini nelle società 

una volta spenti, o trasformati non si restaurano, e 

mal si oppongono coloro che carezzano Tidea di un 

ritorno al passato in ogni genere di istituzioni privi- 

legiate ; solo provano che non sanno la storia, né com- 

prendono i itempi che corrono, né antivedono quelli 

avvenire. Che se nella caduta del romano imperio e 

per le invasioni delleif.orde settentrionali, il sorgere 

poi del feudalismo si considera come un ritorno ad 

un patriziato ereditario, oltreché il paragone non regge, 

poiché nella storia non si ripetono mai esattamente 

le vicende e gli istituti d'altra età, or sarebbe anche 

quel fatto assolutamente impossibile, dacché mancano 

inteme ed esteme condizioni ad awerarlo^E chi sup- 

ponesse che a ciò potesse bastare Tinflìisso in^retto^ 




SITUAZIONE 25 




o la invasipne dei Russi; solo popolo che si accampi 

formidabile di fronte all'Europa mediana e occiden- 

tale, non conoscerebbe affatto le condizioni civili in 

cui versa la Russia. Imperocché per l'autocrazia di per 

sé stessa sempre livellatrice, lo Czar attuale anche per 

intendimenti di civiltà tolse in gran parte i resti di 

privilegi con Temancipazione, e la franchigia dei servi, 

eguagliando) le persone dinanzi alla legge, e quindi rese 

impossibili una aristocrazia dominatrice. I Russi se in- 

vadesserc una parte d'Europa limitrofa al vasto impero, 

recherebbero per costumi e idee piuttosto principj comu- 

nistici, propri in alcune parti del loro organamento 

municipale, ampliati e resi più forti per le sette che 

formiolano nel suo seno, e che la rodono con mani- 

festo danno. Onde é vano sperare anche stando ai 

calcili meramente empirici, e all'osservazione super- 

ficiae, che in Europa possa avvenire una restaura- 

zioiB del patriziato, come ordine distinto per dritti 

dal resto della nazione. E ducimi che qua e là in 

Itala ed altrove in special modo tra giovani ram- 

poli dejle vecchie, o più moderne famiglie gentilizie, 

riesca in alcuni un certo spasimo e languore perle 

anicaglie, e si tenti quasi con amminìl^i araldici, 

dJricostituire un ceto a parte, separandosi con ridi- 

cio anacronismo dal resto del popolo. La quale ubbia 

aguisce una ignoranza profonda della epoca nostra, 

ci una nullità prodigiosa nei nuovi, cxdtori dei ca- 

selli in rovina : Ut nomine Toagnifieo segne otium 

tlaret! per dirla con Tacito. Lungi da me il pen- 

iero di menomare il lustro, il decoro, la fama di 

tÉinte famiglie storiche nostre : sono anzi il primo a 

riverire un lungo ordine di discendenti che ai se- 




26 CAPITOLO PRIMO 




gnalarono con la mente, o con le armi: questo è pa- 

trimonio privato inviolabile } quanto altra mai prò* 

prietà, e fanno bene a tenersi care e onorate le 

memorie d'avi illustri, quando furono veramente il- 

lustri, e vorrei che un tal culto fosse sprone ad emu- 

larli nella eccellenza delle opere. Né la querela può 

venire oramai da invidia, e da astio, quatdo ordini 

distinti non esistono più, e tanto vale di &ccia alla 

legge e alla nazione rispetto ai diritti, un ciabat- 

tino che un principe. Onde la gara tra patrizj e ple- 

bei non può più rinascere, in quanto > tutti aono po- 

polo: e se si parla di volgo, il volgo adesso può tro- 

varsi in tutti i ceti, unica norma alla stima sociale, 

essendo, la Dio mercè, il valore personale. Parlo sol- 

tanto di quelli, e certamente son pochi, che invece 

di adoperare le loro forze, i loro ozj, le loro ricclezze 

ad egregio scopo sia nelle arti, nella scienza, ielle 

armi, in ogni argomento di progresso civile, si tra- 

stullano con le ferraglie del medio-evo, sciupano tenpo 

e decoro, e si preparano una vita squallida, vana fu- 

nerea di mezzo a quella fervida che già erompe dslle 

viscere della nazione, che farà cerna dei forti e nu)vi 

rampolli, disperdendo, non col ferro, col sangue, o al- 

tre nequizie, come gridano a squarciagola i pusila- 

nimi gli astuti, ma con la ferrea necessità di la- 

tura e della sua legge di selezione, i neghittosi, e ca- 

boU di mente e di volontà. E tanto più desta meur 

viglia questa vanagloria di festuche blasoniche in 4- 

cuni, in quanto la eletta parte del patriziato italian 

die largo tributo di sussidj, di sapere, di sangue A, 

nostro risorgimento, e si segnalò per generosa cariti 

di patria: ed anche oggi molti tra essi onorano TI- 




SITUAZIONE 27 




t^a e gli avi loro con operose virtù cittadine, e qual*- 

cheduno con gU scritti e l'ingegno. Si ricordi che i 

tre più grandi poeti della nostra epoca, animati da 

fieri e virili spiriti di libertà, Alfieri, Niccolini e Leo- 

pardi uscirono dalle loro fila; e del loro ceto fu pure 

il più grande, e liberale Ministro della età nostra (!)• 

Altri s'immagina che la democrazia sia irrazionale 

mente livellatrice, e la confondono con le utopie co- 

munistiche, impossibili ad effettuarsi, e non mai ef- 

fettuate : onde rimpiangono i tempi passati, ove tutto 

era ordine e casta distinta, e già mirano le genti* eu- 

ropee in un non lontano avvenire, o mummificate ed 

immote in una sterile eguaglianza assoluta; ovverà 

scatenate in passioni furibonde spargere dappertutto 

fiamme, mine, stragi, ed avverarsi il finimondo. Tali 

piagnoai, o gufi di cattivo augurio, provano una cosa 

sola, ehe non intendono nulla; prendono l'accidente 

per li legge, il particolare pel generale, il deviare di 

una jetta pel costume dell'universale, e i loro sogni 

per i&altà. Certamente se questi conservatori dirigessero 

le sirti dei popoli, le tristi scene e nefarie che non a 




(1)11 giovane patrizio Alessandro Piola, seguendo Tesempio della 

egr^ia e chiara famiglia, dio alla luce neirannò scorso un libro di 

eeoDmia, che certamente merita di essere segnalato. Che se al- 

cuil non potrà condividere tutte le idee, o ascriversi assolutamente 

ai luoi principj, trovansi nel suo trattato cose ottime, e ricerche 

fate con lungo studio ed amore : e fanno onore a chi le scrisse. Or 

be^e nessuno intraprese a parlarne, eziandio criticandolo. Questo si- 

bilo non é buon segno : V esempio era eccellente anche per Tori- 

fiée e il ceto dello scrittore: nò doveva trascurarsene ropportunità^ 

.nche civile. 




28 CAPITOLO PRIMO 




guari inorriditi vedemmo in altri paesi; inevitabil- 

mente accadrebbero, e con sempre più frequente ri- 

petizione; ma governandoci con altri intendimenti e 

con più larghi e generosi propositi, quei mali diver- 

ranno sempre più rari, e impossibili. Del resto a nessuno 

che abbia fior di senno verrà in mente mai, o cre- 

derà, che nelle cose umane possa affatto il male evi- 

tarsi, quando lo scopo a cui deve intendere ognuno, 

si è il procacciare di sminuirlo con costante operosità. 

L'età d'oro e di ogni bene, i miti e i poeti la posero 

al principio, o alla fine del mondo; e ragionevol- 

mente, perchè dell'una non ci ricordiamo,^ all'altra non 

siamo ancora pervenuti. 


La democrazia, intesa come vedremo, tra poco, 

mentre suscita tutte le forze vive della nazione, pone 

in moto tutti i valori, fa con rapidità ricircolare nel 

corpo sociale i beni avvivatori, e tiene desta la mente 

di tutti nella universale concorrenza a vantag^o poi 

di tutti, non livella matematicamente le rjmsse, come 

con eleganza di eloquio, e con dignità cristiana chia- 

mano il popolo : poiché nella libera attività di i cia- 

scuno, sorge una disuguaglianza proporzionale, 6 l'a- 

ristocrazia legittima, cioè dell'ingegno e del valor per- 

sonale ; ed appunto perchè personale non la perpetua 

con violenza alla verità e alla giustizia, nei succes- 

sori. Onde i timidi del livello si rassicurino ; se lunno 

mente, vigore, volontà possono saUre nelle società de- 

mocratiche, con più decoro, al sommo della glorii, o 

del legittimo potere, quanto ai tempi dei paladin: di 

Carlo Magno. Se una cosa hanno da temere, temtno 

di quelle dottrine, che frapponendo violenti ostacoU 

alla libera esplicazione delle potenze e attività uman^^ 




SITUAZIONE 29 




raccolgono legna agli incendii futuri, e preparano le 

bufere sanguinose delle rivoluzioni delle plebi maneg- 

giate allora dagli arruffoni e dai demagoghi. 


La vittoria della democrazia, e il suo regno du- 

raturo nelle nazioni civili, dipende dalla natura me- 

desima del principio che la informa, che è un por- 

tato necessario della evoluzione sociale, e la distingue 

dalle democrazie antiche , e da quelle che sussegui- 

rono al rinascimento dei comuni nella età media di 

Europa. La democrazia moderna è l'effetto di leggi 

non solamente sociali, morali, economiche ìiella signi- 

ficazione loro ordinaria , ma di leggi antropologiche, 

che s'innestano, e s'immedesimano a quelle naturali, 

che governano l'evoluzione intera delle cose che sono. 

£ questo nesso, questa identità analogica della espli- 

cazione delle razze e istituzioni umane, con le leggi 

che signoreggiano la dinamica universale degU esseri 

fii da tempo avvertita, e nella Grran Bretagna, Ger- 

mania, Francia, Bussia stessa ed America ha validi 

campioni che la sostengono, e sarà certo la scienza 

sociale avvenire. Coloro, che adesso sequestrano e di- 

vidono i fatti sociali, morali, storici dalla generale 

forma evolutiva dei varii fenomeni, nei quali, a dirla 

col grande Poeta, si squaderna la vita dell'Universo, 

come se consistessero impomati in sé medesimi, e se- 

parati dal mondo, non se ne intendono; e mal com- 

prendono l'alto e nuovo valore della scienza attuale, 

e vìvono ancora della vita postuma dei nostri arca- 

voli^ E si badi che io non ripongo tra i cultori dei 

nuovi metodi storici, e della nuova scuola dinamica, 

i vaporosi filosofi egeliani, od affini, che sbalordi- 

rono per poco il mondo con le loro teoriche sperti- 




30 CAPITOLO PRIMO 




caie e temerarie^ e lo stomacarono poi negli stessi 

paesi ove nacque : teoriche si disformi dall'indole delle 

menti italiane^ e piuttosto delirii,. che scienza; ma si 

bene io intendo parlare di quelli, che mediante norme 

osservatrici e sperimentali, e con la sovrana leva del- 

l'induzione, virilmente applicati (secondo gli esempii 

ed i canoni del divino Galileo, che primo nei moderni 

tempi ruppe non solo nelle scienze fisiche, ma per 

analogia in quelle organiche e morali stesse, i clau- 

stri e i ceppi scolastici del pensiero, e le arbitrarie 

quisquilie a priori) seppero, io dissi, ricondurre la mente 

alla realtà delle cose in ogni ordine della scienza, e 

dare base solida alla enciclopedia, che deve essere 

l'interprete, e lo specchio sincero, e intellettivo della 

jiatura. 


E certo alcuno non sarà si tracotante da negare gli 

splendidi effetti e le portentose applicazioni che tali me- 

todi in ogni ramo d'arte, di industrie, di scienze produs- 

sero, e quanto se ne avvantaggiarono eziandio quelle di- 

scipline che sembrano agli uomini superficiali maggior- 

mente aliene à^ quei procedimenti : poiché tutto il bene 

materiale e morale e la stessa vittoria della libertà ci- 

vile e politica nei presenti tempi, è dovuta per chi ha 

fior di senno, a questo sovrano e indipendente indi- 

rizzo della ragione. Io so che molti, che si dicono con 

sorridente compiacenza di sé medesimi , positivi , e 

fanno professione di arguto realismo, e canzonano co- 

loro che non partecipano alla loro innata divinazione, 

trattano quasi da allucinati , e di spiriti perduti nel 

vano delle sottili astrazioni, quelli che dai fatti ri- 

salgono alle leggi, dalla norma sensata degli atti so- 

ciali ai principii che ne governano l'esplicamento , 




SITUAZIONE 31 




daUa esperienza giomaUera dei negozii privati e pub^ 

blici, alle profonde ragioni che li rendono inevitabili. 

Ma di tali Tersiti della scienza^ la scienza ha fatto 

giustizia^ e non ne possono certamente arrestare il 

corso trionfale. Quando ci mostreranno che la scienza^ 

qualunque sia il proprio obbietto, è una raccolta inor- 

ganica di fatterelli, e di qualche regoluccia metodica : 

che le varie discipline non abbiano tra loro alcun 

rapporto, e sieno disposte una dopo Taltra, senza in- 

trinseco legame, come le pietre migliari, avranno ra- 

gione : e allora confesserò contrito che il manuale che 

accatasta, equilibrandoli, sciolti materiali, ne sa più 

di Archimede e di Newton. 


Ma ritornando al nostro argomento della natura 

della democrazia moderna, ripeto che ella si disforma 

da quelle che con tal nome si ebbero pel passato. 

Nell'antichità stavano in generale di fronte due or- 

dini di cittadini, ordini più o meno distinti, gli ot- 

timati e le plebi: e il valore di queste si argomen- 

tava nella lotta contro i primi, che resistevano ad una 

eguaglianza di diritti in parte civili, in parte pub- 

blici, ereditarli nella loro classe per lungo corso di 

tempo: e, condizione sociale rilevantissima, viveva 

al di sotto di esse, un immane numero di schiavi, i 

quali attendevano, mere macchine animah, alla pro- 

duzione delle cose necessarie, utili e superflue, ed an- 

che alle arti, e agli uffici indispensabili alla civile 

convivenza. Nella età media le lotte dei borghesi e 

dei castellani sotto altra forma è vero, ma lotte di 

potenza, eguaglianza e sopreminenza politica si rin.- 

novarono, e se schiavi nel significato antico non c'e- 

rano, rimanevano però i vassalU e i servi della gleba : 




32 CAPITOLO PRIMO 




ed U lavoro stesso nelle città libere veniva in ogni 

maniera vincolato dalle maestranze e dalle corpora- 

zioni artificiali dei travagliatori. In tali società cer- 

tamente non esisteva esplicito un principio che in- 

volgesse la necessità di una vittoria definitiva della 

democrazia^ e dì una forma civile di evoluzione della 

operosità di tutti^ e dello Stato medesimo. Non vi ha 

dubbio che fin da quelle epoche lontane il principio 

generatore della democrazia moderna non operasse ; e 

le condizioni intermedie non fossero per cosi dire 

anelli e spire per le quali andasse svolgendosi con 

irresistibile moto. Or quasi dappertutto in Europa 

quelle condizioni cambiarono: gli ordini distinti si 

ruppero, e si fusero in quello unico dello Stato: le 

arti, le professioni divennero libere e comuni: il pa- 

triziato perdette i suoi privilegi, come fu costretto a 

svestirsene il clero, ed una uguaglianza perfetta e vir- 

tuale dinanzi alla legge si estese dai sommi agli imi, 

dal ricco al povero, dal dotto all'ignorante, dal ma- 

nuale sino ai maggiori uffizii di Stato. Quindi nessun 

ordine di cittadini potendo consistere e perpetuarsi 

per via di privilegi, e tutti dovendo personalmente 

bastare a se stessi, privi di appoggio artificiale che in 

qualunque evento ne garantisse il possesso, rimane 

che runico principio che informa e mantiene la so- 

cietà moderna nella eguaglianza legale assoluta dei 

cittadini, è il lavoro nella indefinita molteplicità delle 

sue forme: il lavoro, etemo generatore di tutte le 

cose, spirito vivificatore del mondo, arte divina che 

tutte le cose produce, e produsse, e le spinge, le 

evolve a sempre nuovi e splendidi effetti: il lavoro, 

il quale elevò alla loro altezza morale e intellettuale 




SITUAZIONE 33 




Tuomo e la società, e li redense: conforto e premio 

nel tempo stesso; causa ed effetto della democrazia 

moderna, e garanzia perpetua della sua durata, e dei 

suoi progressi. 


Le lotte contro gli ordini- privilegiati, del popolo, e 

delle plebi serve con Teguaglianza civile cessate, a poter 

vivere e durare rimane a tutti e inevitabile il lavoro : 

e poiché questo è libero, chi non vede , che per la 

inesorabile legge della selezione naturale, il neghit- 

toso dee alla lunga scomparire, anche per la radicale 

divisione dei beni tra i figli, e lasciare il posto agli 

operosi : provvidenziale magisterio del mondo, che una 

legge fisica e organica, si trasmuti socialmente in una 

giustizia morale! La democrazia moderna è invinci- 

bile per* questo appunto che tutta quanta s' impema 

e vive nel lavoro, reso formidabile e irresistibile nei 

suoi effetti dalla eguaglianza di tutte le classi; onde 

ogni specifica distinzione anteriore delle diverse forme 

di Stati nel loro interno componimento sparisce, e ri- 

mane splendida per tutti, chiara e nobilissima quella 

di popolo, che tutti comprende, tutti inalza, tutti re- 

dime in un alto e dignitoso nome : in quella guisa. che 

uno pure ne resta il principio vivificatore, premio ai 

buoni, minaccia ai tristi e agli ignavi che lo dispre- 

giano, il lavoro. A questa conclusione di fatti e di 

ragioni storiche e sociali provenne la razza nostra 

per una lenta evoluzione delle sue potenze, governata 

da leggi fisse organiche e morali, che poi tutte in una 

si convertono, nella costante esplicazione delle forze 

in ogni ordine di fenomeni dalla genesi siderale sino 

alla costituzione della città moderna. Or vedasi quanto 

fanno mostra di avvedimento, di senno, di sapere co- 





34 CAPITOLO PRIMO 




loro che si argomentano e sperano di ricondurre le 

società presenti alla forma di quelle passate, sia va- 

gheggiando le antiche repubbliche, o più tristi le mi- 

serande anticaglie del medio evo. Arrestare il corso 

dei firmamenti, la produttività della natura, mutar le sue 

leggi, sembra a tutti impossibile, e concetto di mente 

stravolta: orbene, altrettanto impossibile ò il far re- 

trócedere la umana società, e rifare il cammino per- 

corso, e ritornare don^de partimQio. La legge del moto 

sociale è invitta ed etema ; Tonda trasformatrice della 

vita passa e non rinverte — Spingete, o retrogradi, 

pure rocchio d'intorno : nessuna orda selva^a, o po- 

polo rozzo, che possa, invadendo, ripristinare le squi- 

sitezze feudali: all'interno con F eguaglianza assoluta 

e col lavoro che la nutre e la difende, nessun modo di 

elevarsi a casta dominatrice : poichà se > lo tentassero, 

sarebbero dispersi in pochi giorni dal genio libero e 

insofferente di privilegi moderno : genio non sorto da 

condizioni speciali o da particolari necessità in un 

breve giro di mura, di provincia, di popolo, ma ef- 

fetto e compimento di una legge eterna, in tutta la razza 

nostra. Quindi sono vaghe lusinghe, sperpero di fanta- 

sia, sogno sterile, e che uccide miseramente il sogna- 

tore ; poiché mentre ei si travaglia in un lavoro impro- 

duttivo e chimerico, altri si inalza con quello maschio e 

fecondo, e rovescia chi perdeva il tempo a insidiarlo. 

Alcuno potrà credere forse che in altri paesi d'Eu- 

ropa la legge che noi abbiamo formulato non valga, 

o sia lontana ancora dal compimento come da noi 

latine nazioni, avvenne più o meno perfettamente. 

S'inganna! — Della più lontana jRussia parlammo, 

e vedemmo che ivi pure oramai l'eguaglianza si ef- 




SITUAZIONE 35 




fettuava, e con la eman■ \U 4à'"fe. iSX I 










CAPITOLO n. 




Ideet dello Stato. 




Definita liella sua natura^ nel suo valore storico y 

e per la sua genesi la moderna demoera^a^ e fatti 

certi ohe ella consiste e si fonda sulla eguaglianza 

assoluta dei diritti ciyili « politici di tuttì^ e sul la- 

voro libero, indipendente e affatto personde, vedia- 

mo quale sia la forma genkulna e necessaria dello 

stato che visceralmente ne germo^a, e quale l'idea 

che del medesimo se ne svolga, e si disegni. Trala 

pevsonate egualmente. Quindi il diritto di proprietà 




44 CAPITOLO II 




è ìmplicitameiite contenuto, e identificato a cosi dire 

nel diritto al libero esercizio delle personali potenze, 

poiché il lavoro, che è la condizione assoluta della 

vita e della libertà delle società moderne, non si con- 

suma soltanto nel suo atto presente, ma si continua 

negli effetti suoi, giacché in essi restarono scolpiti 

inerenti, consustanziati gli atti successivi via via delle 

potenze che li produssero. Imperocché se prodotto un 

oggetto, od attuato un fatto qualunque economico , 

materiale o intellettivo, cessa il lavoro della facoltà, 

e dell'arte nostra a produrlo, egli è perciò ancora una 

emanazione della nostra persona, fa parte della me- 

desima, nò potrebbe essermi tolto gratuitamente, e di 

forza, senza che venga io stesso violato in una apparte- 

nenza della mia propria persona : ed è appunto per questo 

che TeguagUanza vera, e la condizione sua, il lavoro, 

fattori della libertà privata e pubblica, presuppongono 

la proprietà, e la proprietà dei prodotti: onde nel la- 

voro libero, abbiamo non solo un principio economico, 

ma giuridico. Ed in vero se la proprietà, prodotto 

del lavoro, o la possibilità di possedere stabilmente 

secondo i canoni della legge di eguaglianza, non fosse 

un fatto, un diritto d'ogni singolo, eguaglianza e la- 

voro sarebbero nomi vani, e la proprietà come fu du- 

rante secoli molti un privilegio di pochi, e di caste. 

Quindi i comunisti e socialisti che distruggono o vio- 

lano per arbitrarie teoriche il diritto pieno di pro- 

prietà, distruggono a un tempo eguaglianza, libertà 

e lavoro, annichilando gU effetti della evoluzione ge- 

nerale della società umana, *e spegnerebbero ogni 

progresso. Ma l'uomo vive di libertà, e a libertà si 

muovono le genti, e con la libertà alla dignità mo- 




IDEA DELLO STATO 45 




rale e intellettiva: senza eguaglianza di diritto^ che 

piresuppone lavoro, e virtualmente proprietà, libertà 

e benessere non sussistono: il principio loro quindi 

riinane sempre economico, in cui implicitamente è 

contenuto e connaturato il giuridico. 


Le attitudini umane sono svariatissime e molte> 

plici:'le indoli diverse, dissimiU i desiderii, le aspi- 

razioni, gli scopi, come distinte le condizioni econo- 

miclie di ciascheduno ; onde nasce e pullula una infi*- 

nita varietà di lavori, di atti, di esercizio, di prodòtti, 

di gara che avvivano, rimutano, conunovono e corro- 

borano la società, ove lìberamente possono effettuarsi. 

Ma per la ragione appunto per cui tutte queste atti- 

tudini e facoltà debbono pel libero lavoro esplicarsi^ 

ed operare in una società d'uomini eguali virtual- 

mente in ogni diritto fra loro, sorge la necessità di 

rispettare reciprocamente il lavoro, e il suo prodotto 

in ciascheduno: il che implica nel diritto il dovere^ 

e la ragione reciproca loro. Imperocché sarebbe af- 

fatto vana illusione l'eguaglianza^ e con essa la 

libertà del lavoro, e la proprietà dei prodotti, che 

indi risultano, se a tutti vicendevolmente si conce- 

desse di violare Tesercizio degli ^ altri ; ed- illusione 

sarebbe pure l'effetto della legge di evoluzione sto- 

rica, che in quella eguaglianza di diritti si conchiu- 

deva, e sciaguratamente inutili tanti sacrificj, tanto 

sangue, tante violenze sofferte € superate dai dere- 

litti lungo i secoli, per conquistarla. Quindi come nel 

fette economico del lavoro, era implicito, inchiuso, 

consustanziato quello giuridico, cosi c'è pure involuto 

 

fu la forza, 3 l'utilità immediata reciproca. E si badi 

che io sono lontano dall'affermare — e come npl sa- 

rei, se il sipposto è ridicolo? — che questa forza, 

questa utiltà, causa e tutela delle prime aggrega- 

zioni, foss3 voluta per deliberato proposito e cosciente 

degli sciani rozzi a selvatichi : che nulla nelle ori- 

gini umaae avviene per esplicito divisamente , ma 

tutto pet spontanea evoluzione delle potenze nostre 

nella coitorrenza e operosità loro, secondo ragioni 

di luogo, di tempo, di razza. Verità che non dee mai 

dimenticarsi, e canone storico da non mai trascurare 

da tutti,!che desiderano raggiungere con certezza le 

reali ori(ini d'ogni umana istituzione e credenza. 

Quandoinvero le intelligenze dei singoli uomini pri- 

mitivi fano si umili, e sì nel senso implicate, e le 

volontèrsì poco esplicite per razionale valutazione di 

motivi e mentre le necessità di natura, d'altra parte, 

appar^nen ti tutte alla conservazione individuale gli 

spingv^a ad aggregarsi, nessun altro stimolo, oltre la 

legg legame che quello della forza sia di uno o di 




58 CAPITOLO II 




più a norma dei varii modi di ordinarsi valeva a te- 

nerne stretta la convivenza. In quel primo stadio, 

in quella prima forma se possa cosi chiamarsi, di 

stato, nessun principio teocratico, mitico, simbolico 

era sorto , dappoiché le intelligeme erano ancora 

troppo chiuse, e involute e non pote-^ano sollevarsi a 

quelle idee, proprie d'altre età, e coniizioni psicolo- 

giche successive. In questo stadio gF Stinti animali 

prevalevano, e la mente sordamente  




02 CAPITOLO H 




v. 







in quando tra essi sorgono ingegni che o per senso 

di umanità^ o per ambizione personale, o sete di glo- 

ria si fanno campioni di più giuste leggi^ e preparano 

i rirolgimenti sociali. Al di sotto di questi ordini su- 

periori^ altri minori stanno sinché si giunga alle plebi, 

le quaU benché non serve, pure non usufruiscono di 

tutti i diritti dei primi, e per ultimo vive una mol- 

titudine di servi, cose e non uomini. Or tutto questo 

immenso numero di meno privilegiati, e di servi, men- 

tre è materia infiammabile per chi nacque in alto, e 

vuole per buono o malvagio fine adoprarla, essa stessa 

é spontanea artefice d' insurrezioni o rivoluzioni so- 

ciali, che conducono in ultimo alla eguaglianza delle 

persone e dei cet^. E ciascuno sa, come sempre in un 

modo nell' altro , continuamente ciò avvenne , per 

lungo corso di Secoli : fatti che predispongono ed av- 

viano lo Stato alla terza sua forma, la simbolica. 


In questa novella forma in cui si risolve l'idea 

dello Stato antecedente, i diversi ordini e poteri, co- 

mecché permangano ancora nominalmente, cangiono 

però d'origine e d'indole propria per la comune egua- 

glianza che quasi si raggiunse, sancita dai nuovi co- 

dici e dagli Statuti. L'investitura divina del supremo 

potere, la quale a sua volta istituiva ordini, e dele- 

gava uffici in virtù di questa sublime prerogativa 

cessò quasi, rimanendo ancora, qualunque sia il nome 

del governo, soltanto come fede pubblica, nella ele- 

zione continua ed ereditaria delle famiglie regnanti 

non solo per volontà nazionale , ma si per la divina 

grazia. Il quale presupposto teologico però per l'in- 

cremento della mentalità, ed il progresso intellettivo 

della cittadinanza , ed un sentimento implicito nelle 




IDEA DELLO STATO 63 




classi inferiori della ' eguaglianza civilei anche quando 

e dove non si rese universale , divenne piuttosto un 

simbolo sociale^ . che una fede positiva ad un fatto re- 

ligioso^ come per il passato. In qualunque confessione 

religiosa tra i popoli civili , l'adagio che ogni potere 

viene da Dio, come ogni evento è signoreggiato dal 

medesimo, resta nella fede e nella abitudine generale 

degli spiriti eziandio allora che il pensiero tanto si 

aflfòrzò, ed emancipò da dileguare ogni mitica rappre- 

sentazione, -e valutare più razionalmente le leggi della 

natura e quelle che reggono i moti del mondo sociale, 

dove veracemente il principio etemo si matdfesta. 

Onde Tidea di un influsso divino , e di un regime 

provvidenziale immediato negli ordini politici perdura 

nel nuovo concetto della vita dei popoli, e cinge per 

cosi dire di una aureola religiosa le persone che eser- 

citano le più alte funzioni dello Stato: benché a que- 

ste non presiedano più , tranne la famiglia domina- 

trice, classi privilegiate, che ne ereditano gli ufficii. 

La quale discrepanza tra le idee e le cose , tra gU 

ufficii e le persone , tra la costituzione razionale , a 

dir così, dello Stato , e le abitùdini degli spiriti nel 

supporlo preordinazioni divine, dà vita appunto alla 

forma simbolica, di cui discorriamo. Le leggi razio- 

nalmente sono discusse e ordinate, i poteri dello Stato 

si esercitano in forza di queste leggi, le persone che 

gli rappresentano non sono più identificate con I me- 

desimi, il sentimento della libertà umana è profondo, 

e quello della eguaglianza dei cittadini dinanzi alla 

legge, diviene una verità sempre più chiara, amata 

e voluta; ma pure ogni grado pel quale sì ascende 

dalle funzioni infime alle supreme, è vivificato da una 




64 CAPITOLO U 




rappresentazione simbolica ^ ove continua sotto una 

certa forma fantastica e incoscente, la mitica e tee- 

cratica natura dei poteri della fase anteriore. Cosi la 

grazia divina pei principi, Temanazione della giusti- 

zia persoi^ale, la permanenza legale, se non privile- 

giato, dell'ordine patrizio, e la facoltà di aggiungere 

membri al medesimo con titoli vecchi, la costituzione 

dei diversi poteri come entità sostanziali, e via discor- 

rendo, sono tutti simboli sociali a cui si attribuisce 

un valore pubblico, mentre in sostanza le* condizioni 

civili e intellettuali del popolo ripugnano a queste 

credenze. 


Questa forma simbolica della idea dello Stato per- 

chè si effettui e si manifesti, è d'uopo che l'egua- 

glianza dei cittadini nel giure civile, se non in quello 

politico, sia raggiunta: poiché il simbolo sottentra ap- 

punto alla personificazióne effettiva di una emana- 

zione o delegazione divina neUe famiglie, o ceti pre- 

posti al potere, e con esso quindi identificate : perchè 

il sentimento della eguaglianza comune già esplicito 

nelle moltitudini, e legittimamente stabilito nei rispetti 

civili, scassina, abbatte, ruina l'idolo teocratico che 

dianzi regnava: onde la forma simbolica dello Stato 

è propria di quelle nazioni civili che avanzarono nella 

democrazia, e preposero agli ordini e ai moti sociali 

del medesimo un principio affatto razionale: come si 

vede , a modo di esempio , in quasi tutti gli odierni 

Stati d'Europa. E quindi mentre gl'intendimenti più 

esplicitamente manifesti, verso l'eguaglianza, là libertà^ 

la rappresentanza nazionale prevalgono nel governo 

della cosa pubblica, e nella formazione delle leggi, 

contemporaneamente perdurano formolo, fatti, istituti 




IDEA DBLLO STATO 65 




che con quelli intendimenti sono in contraddizione^ e 

che solo hanno ragione transitoria di vita, in quanto 

sono meri simboli di più antiche credenze , dommi , 

costumi. Cosi molte formule di diritto e di procedura, 

d'investitura agli ufficii, e via discorrendo, come crea- 

zione di nobiltà nuova, distribuzione di titoli, ordini 

cavallereschi, le quali cose tutte non avendo oramai 

alcun valore reale e positivo, restano come meri sim- 

boli nella costituzione dello Stato. Se, come dimo- 

streremo, cagione e fonte di questa terza forma, fu 

il principio di eguaglianza civile, ed un sentimento 

più esplicito della libertà morale e giuridica, che di- 

struggevano gli antichi idoli, egli è un vero progresso 

di fronte alle forme antecedenti, ed una ultima pre- 

parazione alla forma pura e razionale deUa democra- 

zia futura, o a quella che i^oi appellammo funzione: 

e già ne delineammo per sommi capi la natura, e 

l'organamento. In questa ultima forma che è quella 

verso cui corrono le società moderne, per adagiarvisi 

completamente, effettuandone in ogni singola parte il 

principio generatore, i simboli cadono, come cadde la 

forza, ed il mito, e la saldezza dello Stato dipende e 

rampolla da una legge naturale di esplicamento ne- 

cessario delle società umane, intrecciantesi con tutte 

le altre che armonicamente compongono e reggono 

r ordine universale. La quale legge riassumendo in 

sé stessa tutto il valore morale, giuridico, economico 

della operosità singolare dell'uomo consociato in poli- 

tico e civile ordinaùiento, possiede di fronte alla ra- 

gione particolare e sociale quella assoluta autorità, 

che per l'innanzi fondavasi in finzioni legali, o nella 


forza. Imperocché nella democrazia moderna ogni po- 





66 CAPITOLO n 




tere emana legittimamente dal popolo, chiamato nei 

suoi liberi comizi, come ogni delegazione di nfficii 

deriva da lui direttamente o indirettamente: quindi 

nella quarta forma dello Stato, ogni potere rampol- 

lando dal fette concreto del suflfragio comune, ed ogni 

delegazione agli ufficii per essere legittima ed auto- 

revole per diretto o indiretto fecendosi dal medesimo ; 

e i varii ufficii costituendo le funzioni che via via s'in- 

gradano a sempre più alto valore, a comporre nell'in- 

sieme loro il vivo organamento della nazione, non vi 

ha più luogo a qualsiasi finzione, e cade pure la pe- 

ricolosa nozione dello Stato , come astrazione legale : 

la quale fu più volte cagione d'errori , di sventure , 

di tirannide mostruosa. Imperocché rese possibile Tin- 

camazione dello Stato in una persona, secondo la vana 

e stolta sentenza del più fastoso e pernicioso dei de- 

spoti francesi; e die e dà occasione alle teoriche e 

conati impossibili e micidiali della civiltà, dei comu- 

nisti e socialisti di tutte le epoche storiche. 


Or se riflettasi e s'indaghi quale sia stato il prin- 

cipio trasformatore della costituzione dello Stato per 

il lungo corso della storia in queste quattro forme 

che assunse , vedremo di nuovo mostrarsi il senti- 

mento, il concetto, la vittoria mano mano della egua- 

glianza morale, civile e politica tra gli uomini, che a 

poco a poco ridussero e spensero la prevalenza della 

forza, distrussero gli ordini e i poteri privilegiati, dis- 

sipano i simboli che ancor rimangono ad offuscare la 

pura razionalità civile, e preparano la vittoria della 

libertà e della legge in tutte le classi dei cittadini. 

Onde, abbattuta ogni finzione, autorità arbitraria, mito, 

simbolo, privilegio, resta a sussidio unico di esistenza. 




IDBA. DELLO STATO 67 




di progresso economico, intellettivo, e di libertà, il la- 

voro libero, che come provammo fin da principio, è 

il cardine e lo spirito creatore delle società moderne: 

e quindi seguendo il corso della evoluaione storica 

dello Stato in Europa, e nelle razze che la popolano,* 

e che via via si allargano a vivificare le altre parti 

del mondo, si pervenne alla medesima conclusione , 

cioè che il sentimento del^a eguaglianza che ha per 

strumento il lavoro fisico-intellettuale, e la sua estrin- 

secazione in un fatto giuridico , è il resultato, come 

è il fattore di tutta la storia antecedente: e la de- 

mocrazia, forma attuale e necessaria delle società mo- 

derne, è l'effetto per una parte , e il principio per 

l'altra, del generale incivilimento. Noi dicemmo che 

le nazioni moderne riposano tutte sopra un fatto e 

un principio economico , poiché riposano inevitabil- 

mente e s'impemano nel lavoro , ed in questo si ri- 

solve tutto quanto il valore e l'ordine della attuale 

iTOLo ni 




metterebbe Fatto della più violenta tirannide, e la 

democrazia civile non sarebbe phe una turpe copia 

di quei sistemi d'intolleranza, cui ella combatte da 

secoli. Quindi ove l'eguaglianza giuridica del cit- 

tadino è un fatto, e la democrazia prevalse, la li- 

bertà di coscienza, o la inviolabilità del foro inte- 

riore, è una condizione della sua legge, è la sua es- 

senza medesima. 


Noi abbiamo adunque in Italia nemico alla unità 

nostra, alla indipendenza, alla libertà, il Papato, che 

da pertutto d'altronde si pone come tale di fronte 

alle nazioni, e al pensiero : e poiché il Papato è una 

istituzione rehgiosa, la forma di un sistema spirituale 

di credenze, una fede, così per lo Stato importa, come 

sentimento individuale, una inviolabilità assoluta pel 

principio della libertà di coscienza, condizione impre- 

teribile della vera democrazia. Quindi a combatterlo 

abbisognano armi adeguate alla smisurata potenza, e 

che non oflFendano i diritti dei cittadini. L'unico stru- 

mento, l'unico modo di lottare, e di vincere, è la.di- 

visione assoluta, ma veramente assoluta dello Stato 

dalla Chiesa: non ce n'è altro, né vi può essere, che 

tutti si romperebbero dinanzi alla sua forza. Le per- 

secuzioni, le minaccie, l'intromettersi ad ogni ora 

nelle cose attinenti strettamente alla Chiesa, non lo 

debilita, lo invigorisce, perchè la fede della maggio- 

ranza ingigantisce nella fantasia il castigo, e lo tra- 

sforma in martirio, e tronca i nervi allo Stato. Ogni 

ingerenza di questo sia a favorire una parte del clero, 

per abbatterne un' altra , è seme di futuro danno, 

è un intricarsi in un dedalo senza uscita, è un ap- 

poggio indiretto alla istituzione che vuoisi conibat- 




PROPOSTE 79 




tere. Lo Stato^ nella democrazia moderna, appunto 

perchè sorto e informato da questa, dovendo tutelare 

con forza e scrupolo la libertà di coscienza, dee es- 

sere indifferente alle varie forme di fede, di culto: 

tutte sono eguali dinanzi a lui: e la sua operosità 

e ingerenza in queste materie dee solo versare nel- 

r impedire che i varii culti con fatti si cozzino, e si 

osteggino, ed offendano cosi la generale libertà di co- 

scienza. GHi ordini e gli atti religiosi e civili pos- 

sono nello Stato moderno vivere insieme, ma assolu- 

tamente distinti, senza mai confondersi, senza mai , 

come erroneamente si crede, a vicenda rafforzarsi; 

essi sono indipendenti l'uno dall'altro. La vita civile 

è una cosa, quella religiosa un'altra: la loro confu- 

sione è dispotismo inevitabile,, e il più tristo e il più 

feroce. H matrimonio civile, i riti funebri estrinseci, 

r insegnamento, l'educazione, la libera espressione del 

pensiero, la costituzione delle leggi, il governo della 

cosa pubbKca, sono diritti propri dello Stato e della 

società laicale: né si dee permettere che tra queste 

facoltà, e le correlative religiose vi sia mischianza, e 

confusione mai: quantunque sia lecito alla diverse 

confessioni religiose risguardare quegl'atti dal proprio 

e spirituale punto di vista, ed ai cittadini il confor- 

marvisi, quando non ledano l'ordine pubblico. La 

Chiesa nell'esercizio dei suoi riti, del suo culto, nel- 

r insegnamento religioso, in tutto ciò, in una parola, 

che spetta alla sua indole interna spirituale, è libera, 

e deve essere, dall'intromissione dello Stato, quando 

non assalga apertamente le sue istituzioni, e non of- 

fenda i suoi diritti: ma l'insegnamento pubbKco dei 

cittadini, popolare, secondario, superiore, tutto, dee 




80 CAPITOLO ni 




essere esclusivamente per quanto concerne i gradi^ i 

diplomi, i diritti che ne provengono di pertinenza as- 

soluta dello Stato, e sotto la di lai unica e sola di- 

rezione. Come tutti i cittadini sono eguali dinanzi 

alla legge, tutte le istituzioni civili dallo Stato di- 

pendono: e quindi il clero in quanto alle persone fa 

parte del diritto comune: nessun privilegio sostenen- 

dolo ove egli infranga le leggi : il codice e la proce- 

dura penale colpiscono il sacerdote, come il laico sia 

nelle transazioni civili, come in quelle d'ordine pub- 

blico. La giustizia perfetta richiederebbe che lo Stato 

non s' ingerisse affatto nelle rendite dei diversi culti, 

ne spendesse una lira a mantenerli : poiché in un po- 

polo essendo diverse le confessioni , se lo Stato ne 

sussidii una sola, ne sc'ende la mostruosa consegueìiza 

che taluni, come contribuenti, paghino pel culto non 

proprio, e che anzi ripudiano. Ogni culto dovrebbe 

sostenersi "dalla libera concorrenza e cooperazione dei 

propri credenti, e lo Stato non avrebbe sulla pro- 

prietà di ciascuno altro sindacato che la tutela delle 

medesime, sciolte da qualunque vincolo arbitrario , 

sottoposte alle medesime leggi, e agli stessi tributi. 

Questa condizione civile dei culti è V unica giusta , 

e lo Stato dee intendere ad affrettarne il compimento. 

La divisione della Chiesa dallo Stato nei termini 

accennati è necessaria al vercJ progresso delle nazioni, 

ed è l'unico modo della sconfitta del Papato, come 

ostacolo alla libertà civile dei popoli. H fondamento 

alla secolarizzazione dello Stato consiste principal- 

mente nella direzione esclusiva delle scuole , nelle 

quali non dovrebbero immischiarsi legalmente i chie- 

rici, né compartirvi nelle medesime alcun insegna- 




PROPOSTE 81 




mento positivo delle religioni, essendo tutte queste 

fuori della cerchia delle attribuzioni dirette del go- 

verno. Poiché se fosse concessa l'istruzione intomo ad 

una sola nelle scuole, sia pure la più prevalente, i 

cittadini che appartengono ad altre religioni verreb- 

bero lesi nei loro diritti, in quanto e difetterebbero 

di uno speciale insegnamento, pel quale pure pagano 

il loro tributo, o sarebbero costretti ad assistere a 

definizioni dommatiche che non approvano ; onde ver- 

rebbe in parte lesa quella eguaglianza che è l'anima 

d'ogni Stato che voglia essere civile. L'insegnamento 

religioso poi affidato a laici non può riuscire che vano, 

e incompleto, destituito pel fatto stesso delle persone, 

di autorità, e di competenza: quindi si rischia, tenuto 

conto delle varie opinioni dei docenti, che riesca più 

di danno che di profitto. La dottrina elementare dom- 

matìca meglio si imparte nel seno delle famiglie , 

l'autorità patema e* materna essendo più viva e sen- 

tita che quella di estranei ; e più propriamente nella 

Chiesa, per bocca di coloro che a ciò sono superior- 

mente ordinati; ove Uberamente e con efficacia si 

professa. Nelle scuole dovrebbesi diffondere, rinforzare 

ad ogni occasione quel sentimento di civile onestà , 

ove consiste ogni dignità morale, comune a tutti gli 

nomini, a qualunque fede appartengano. Che se, come 

altri notò, il rimuovere dalle scuole l'insegnamento 

religioso per mezzo dei chierici, o il toglierlo affatto, 

temesi occasione di allontanamento dalle medesime di 

grande copia di alunni, è questo uno dei soliti timori, 

prodotti da fatti particolari innalzati dalle fantasie e 

dagli interessi di vario genere, a legge, e che produ- 

cono inevitabilmente questo effetto solo, cioè di non 





82 CA.FITOLO III 




osare mai avanzare, avendo paura della propria om- 

bra. Quando a nessuna professione, a nessun tiroci- 

nio, a nessuno utile esercizio sociale non si potesse 

pervenire, od essere legalmente abilitato a goderne 

i vantaggi, se non frequentando le scuole dello Stato, 

sottomesso ai loro esami, e ai diritti che ne ram- 

pollano , Tallontanamento non sarebbe di lunga du- 

rata, e dopo qualche oscillazione, o ricalcitranza , 

tutti volentieri e senza ombra di scrupolo vi inter- 

veprrebbero. Ben poco conosce gli uomini e.i tempi 

nostri colui che dubiterebbe di una tal verità: gli 

esempi che la testimoniano in altri ordini di fajtti, 

non m^cano tutti i giorni. Certamente, e questa è 

la condizione assoluta della riuscita, il governo dee 

curare con assidua e scrupolosa attenzione, e ferma 

volontà che le scuole dello Stato sieno le migliori di 

tutte quelle che sotto altro nome possano sorgere, e 

quindi i maestri dai gradi infimi ai supremi sieno 

degi^ dell'alto magisterio a cui si consacrano senza 

cerna partigiana, e che gli stipendi si accrescano, 

onde onestamente possano vivere e con quejla dignità 

e decoro atti ad infondere eziandio per sé stessi nelle 

giovani menti il sentimento di autorità: poiché pur 

troppo lo squallore, la miseria, gli stenti palesi , de- 

gni di altissimo rispetto, quando sieno virtuosamente 

sopportati , non sempre accrescono per la fralezza e 

vanità umana, merito in chi ne è vittima immerite- 

vole. Finché risolutamente non si porrà mano ad un 

tale riordinamento radicale dell'insegnamento, e non 

verrà divisa la Chiesa dallo Stato nelle pertinenze 

civili, vano é lo sperare di vincere grinflussi faziosi 

clericali, e la continua intromittenza loro nelle fac- 




PROPOSTE 83 




«ende laicali* Non oso sperare^ tanta e la nostra fiac- 

chezza^ un si gran bene^ e si necessario^ prontamente, 

benché sia Tunieo modo di vincere. Ma quello di cbe 

sono certissimo; si è che dovrà farsi^ quando che sia, 

perchè è Funico argomento per combattere il pertinace 

iiiimico. 


Alcuni sottilmente sillogizzando potrebbero opporre 

a queste nostre dottrine l'obiezione, dimandando il 

perchè lo Stato solo e nella democrazia prevalente, 

può foggiare la forma interna di sé medesimo, secondo 

il canone del giure civile esclusivamente , negando 

questa facoltà a quello ecclesiastico, che si radica pa- 

rimente nella inviolabilità personale dei cittadini. Alla 

quale speciosa obiezione facile è la risposta : poiché 

Fattuazione organica delle funzioni e delle leggi onde 

risulta poi la nazione legalmente costituita, dipende 

e si evolve da quelle facoltà e potenze individuali 

che spettano all'esercizio d'atti esteriori, di fatti eco- 

nonùci, di procedure eflfettive, riguardano fini essen- 

zialmente terreni ed eudemonici, i di cui profitti e uti- 

Utà sono per sé medesimi così definiti e certi che 

acquistano spontaneamente l'assenso dell'universale : 

mentre il sentimento religioso, e le formolo onde obiet- 

tivamente si veste, variando da persona a persona, 

e riguardando interessi, e speranze che effettivamente 

qui BuUa terra non hanno compimento, se dovessero 

dar forma a così dire civile, ed estrinsecarsi in un 

ordine pubblico di popolo, recherebbero confusione e 

anarchia , o prevalendo il più forte, ritornerebbe a 

galla lo stato teocratico, che è la più bieca e turpe 

tirannide. Quindi mentre il sentimento religioso che 

nella democrazia vera dee risolversi nella assoluta li' 




84 CAPITOLO m 




berta di coscienza^ viene tutelato come diritto inalie- 

nabile dallo Stato, non può^ come il fatto meramente 

giuridico, assumersi a principio organatore della so- 

cietà medesima, come qualunque altro sentimento del- 

l'animo umano. Ma alcuno , e ce ne sono molti , più 

appassionato amatore,, che fidente nei benefici effetti 

della libertà , insorgerà a ripetere ciò , che si andò 

ripetendo dai dottori in politica soventi volte , che^ 

concessa questa separazione dello Stato in tutti i suoi 

ordini dalla Chiesa, basterà poi a contrapporsi vitto- 

riosamente al gigante che ci sovrasta, e agli influssi 

perniciosi del medesimo verso la civiltà in generale, 

e la libertà della nazione in particolare? Una potenza 

cosi formidabile verrà poi sconfitta, in quanto agli 

effetti civili, con un tale metodo, e non userà invece 

della libertà sconfinata che le concediamo, a schiac- 

ciarci più prontamente? Vane paure! Se il papato 

conta una vita di diciotto secoli , se la sua efficacia 

penetra da per tutto, se sotto gli ordini suoi milita 

una moltiforme schiera di sudditi operosi e ubbidienti, 

e formolo adesso nel sillabo la teorica^ del dispotismo 

teocratico, l'umanità e la razza nostra europea nu- 

mera d'altra parte, ben più secoli di vita: crebbe e 

si emancipò con lotte continue e pertinaci d'onde 

uscivano più vive scintille di luce intellettiva, pro- 

rompevano più fervidi desiderii di libertà ; si raffor- 

zarono propositi più civili di vittorie futurp, che an- 

davano animando mille e mille e poi milioni di adepti, 

che poi si dilatavano baldi e procaci su tutta la terra^ 

recandovi non solo germi di verità e libertà, ma isti- 

tuzioni imperiture, Ed ora non solamente nel suo va- 

sto e onnipotente pensiero agita tutte le genti euro- 




PROPOSTE 85 




^eO; ma ravviva metà del nuovo mondo j fascia le 

bollenti terre dell'Africa, signoreggia l'Asia, ripopola 

l'Oceania, e stende la mano minacciosa già sul Giap- 

pone e la China, che eccita a nuovi fati, o li tras- 

forma a sua immagine :£ già nell'animo e nell'intel- 

ligenza sua stanno indelebili, consustanziati, e immor- 

iali l'eguaglianza civile, politica e la libertà del pen- 

siero : tre libertà che non si spengono , tre soli che 

non vedranno tramonto, e che bastano di per sé col 

tempo a sconfiggere qualunque potenza. Al sillabo noi 

opponiamo il codice del libero esame, e l'immenso 

jcumulo delle conquiste della natura , che sono stru- 

menti poderosi non di servitù, ma di libertà, ed eman- 

jcipazione: al servaggio delle menti, la vittoria vivi- 

£catrice della scienza moderna, al mito il vero, alle 

jsquallide e lugubri letane dei mistici, lo splendido e 

stridente carro dell'incivilimento. Chi dubita della 

finale vittoria, chi crede di fronte alla civiltà moderna 

ultrapotente il Papato, non intese la storia, o non 

comprese la legge indefettibile della nostra intrinseca 

evoluzione, e non sentì nell'anima quella voce divina 

che grida alla nostra umanità. Sorgi e cammina ! Che 

se vuoisi opporre all'esito favorevole della lotta, an- 

che la enorme virtù della unità del Papato, come 

forza direttrice, tenacemente nelle sue compagini co- 

stituita, e presente per tutto, si pensi che adèsso la 

nostra razza omogenea e identica nei tratti suoi prin- 

cipali, e animata degli stessi sentimenti, è parimente 

diffusa e organizzata nel mondo, e che la sua unità 

morale si va compiendo ogni giorno. Perchè per i tro- 

vati meravigliosi della scienza e dell'arte, che assog- 

gettarono alla volontà umana le potenti energie della 




■•*«• 




86 CAPITOLO III 




natura^ il pensiero che da prima esemplò sé stesso e^ 

scolpì nelle pietre; nei bronzi^ nelle pergamene dei 

popoli separati^ o inimici^ or non solo con la stampa si 

moltiplicò con la velocità quasi del concepimento in 

innumerevoli copie, ma identificandosi con l'immane 

rapidità deirelettrico in un istante, e in un punto 

raccoglie tutto ciò che avviene su tutta la superficie 

del mondo : e le merci, gli uomini , le dottrine , tra- 

valicano con l'impeto della ijieteora nejla espansione 

del vapore, immensi spazi di terre, perforano mon- 

tagne, e sorvolano^- emulando i venti, gli oceani, ae- 

oumunando prodotti materiali e intellettivi in breve 

giro di giorni: onde, per la originaria parentela e 

indole della stirpe or dominatrice, tutte insieme le 

forze domate della natura, van componendo l'unità di 

pensiero^ di scopo, di istituzioni per ogni dove : con- 

trapponendo ai concili! jeratici, le splendide e prov- 

vide mostre dell'industria e del sapere universale. La 

quale unità, perchè effetto della spontanea e nativa 

evoluzione della specie, non meccanico sistema di ar- 

tificiale organismo, è assai più potente di quella pon- 

tificale: ed ha nella legge che la governa, e negli 

effetti che naturalmente ne rampollano , la necessità 

d'infuturarsi, e la inevitabilità della vittoria. ' Di fronte 

alla cattolicità dommatica e ufficiale, la cattolicità delia- 

stirpe, del pensiero, delle istituzioni, della Civiltà va 

costituendosi, e poderosa si accampa, libera signora 

di sé medesima. Pongasi mente a questo fatto inne- 

gabile, e veggasi se le paure soverchie di chi nulla 

osa tentare, sieno giustificate dalle condizioni generali 

del mondo. Ma si rassicurino i timorati e i timorosi,, 

il sentimento ingenuo e nobile religioso non verrk 




PROPOSTE 87 




Spento^ ma non verrà spenta neppure quella luce pu- 

rìssima di verità, quel calore di bene, quel fuoco di 

libertà che crebbero, e trionfarono a costo di lacriimè, 

di sangue, di stragi, di roghi infami e scellerati. Sia 

libera la Chiesa, ma libero lo Stato e autonomo in 

ogni ordine di sé medesimo , e sieno libere tutte le 

religioni che in esso convivono : non temete, il resul- 

tato finale non è dubbio, trionfo della libertà da una 

parte, ed epurazione daJU altra. 


Altri forse può dubitare, pur riconoscendo l'impos- 

sibilità della vittoria del sillabo nel mondo, che parzial- 

mente i popoli rischino secondo le proprie condizioni 

civili diverse, soccombere, ed in ispecie Y Italia ove il 

Papato ha la visibile sede, e regna il Pontefice. 

Vero è che non tutte le nazioni avanzarono siffatta- 

mente da superare e non temere gl'influssi perniciosi 

del Papato, e sarebbe follia il negarlo. Ma oltre gli 

aiuti che vengono loro dal di fuori per la continua 

efficacia del generale incivilimento, che da per tutto 

penetra e si diffonde, ciascuno di questi popoli, ap- 

punto perchè affine alla comune razza europea, ha in 

sé medesimo la necessità della emancipazione, la quale 

può parzialmente ritardare ad effettuarsi, ma deve in 

ultimo avverarsi per le ragioni discorse. In quanto 

poi all' Italia in particolare, non conosce l' indole del 

popolo nostro chi crede alla sua etema e congenita 

servilità religiosa tramutantesi in quella civile; chi 

crede che a questa posponga i suoi affetti e i suoi 

interessi; che rinunzi alla terra ed ai suoi leciti go- 

dimenti; voglia, parlo dell'universale, porre in non 

cale la nazione , rinunziare all' indipendenza ed alla 

libertà per vivere una squallida vita di chiostro, e 




88 CAPITOLO m 




salire per lugubre scala al paradiso. L'italiano è con- 

servativo, non retrivo, per indole, e non inerte nel 

pensiero; e altrettanto rapido' ad afferrare il lato giu- 

sto, positivo delle dottrine, valutare con abilità in- 

genita gli avvenimenti e considerare ed estimare le 

sue condizioni; aperta una via, sorto un barlume di 

vero alla sua mente, vi s'innoltra con prudenza si^ 

ma virilmente, e con tenacità la segue. Conosco, gra- 

zie al cielo, il mio paese, e a palmo a palmo io posso 

dire; conversai con tutti i ceti, in tutte le parti della 

penisola, ed ho una chiara idea delle loro condizioni 

morali; e certamente in alcune provincie tali condi- 

zioni non sono liete e normali, e richiedono tutta la 

sollecitudine provvida e saggia dei governanti; ma 

non si illuda l'osservatore superficiale, anche fra loro, 

come dappertutto, l'agitazione operosa nazionale sotto 

mille forme si propagò; l'idea del riscatto politico, il 

sentimento di libertà, una forma migliore e più degna 

di vita, traversarono, mossero quelle menti e quegli 

animi, ed all'occorrenza saprebbe deludere le cieche 

mene dei retrogradi e dei demagoghi. 


Cosi dunque non temasi in Italia della libertà con- 

cessa alla chiesa e alle chiese, e si proceda con riso- 

lutezza; si armi dei suoi diritti naturali lo Stato, e 

si lasci il clero esercitare il suo ufficio, e di fare e 

disfare in casa propria in quelle cose che strettamente 

si attengono al suo ministerio. Contro la fazione cle- 

ricale, non v'ha altra politica possibile; ogni aggres- 

sione è vana, ogni minaccia non rintuzza ma fortifica 

l'avversario, ed ogni ingerenza dello Stato nelle cose 

interne delle chiese, riesce poi di danno a sé stesso. 

I clericali, e parlo della fazione politica loro, ben 







PROPOSTE 89 




sanno del resto^ (gli abili e che hanno il mestolo in 

mano) che senza lo Stato e il suo appoggio , le loro 

forze sono monche e sfatate ; imperocché il giorno nel 

quale in Italia^ per una ipotesi impossibile^ avessimo 

un parlamento del loro colore e spirito, e quindi un 

governo uscito dalle loro viscere, sarebbe l'ultima ora 


* della loro fazione , poiché nessun popolo di Europa 

vorrebbe e potrebbe mantenere rapporti col nero e 


' funesto governo, mentre una riscossa di tutte le gra- 

dazioni dei partiti liberali della penisola fora inevi- 

tabile o spaventosa. Questa i clericali sanno, e quindi 

non tentano, né tenteranno l'ultima prova, e solo pro- 

cacceranno di tenere Ymo zampino ed un addentellato 

nel giure pubblico della nazione, perché lo Stato da 

sé medesimo, per gli errori servili o erroneamente 

aggressivi, si procuri una certa rovina. Quindi, qua- 

lunque sia il governo che resti al timone della no- 

stra patria, non devii dalle norme che ora tracciammo ; 

ogni altra politica sarebbe funesta; con l'apparenza 


• della forza e della libertà troncherebbe i nervi a sé 

stesso. Adoperandoci di questa guisa, noi renderemo 

a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che é di 

Pia, secondo il detto profonda del Nazzareno ; e men- 

tre daremo saldi fondamenti alla libertà ed al suo 

incrementa, faremo un bene eziandio alla chiesa, poi- 

ché, toltole ogni speranza d' ingerenza nelle cose civili, 

e richiamata al suo morale ministerio, abbraccerà nella 

carità religiosa anche la patria ; come sanno molti 

buoni fra loro, i quali sentono che per conquistare, 

secondo la loro fede, la'^patria celeste, bisogna amare 

e difendere quella terrena. 


L'altra fazione che tenta* e vorrebbe sconvolgere 




90 CAPITOLO m 




Fattuale ordine di cose civili, quali vennero prodotte 

dal lento moto della evoluzione sociale, è la dema- 

gogia anarchica e selva^ia, avente gradazioni diverse, 

come diversi propositi, diffusa da per tutto,^e stretta 

da vincoli, patti, associazioni, e guidate da uomini 

risoluti. E da prima è d'uopo , per giusta ed equa 

estimazione d'uomini e di cose, distinguere ed asso- 

lutamente separare da una tale fazione il partito re- 

pubblicano che si agita anch'esso da per tutto, e che 

in varie parti del mondo ha vita effettiva e legale 

riconoscimento. Vero è che una tale distinzione sa- 

rebbe superflua e stolta, se pur troppo lo zelo im- 

provvido o l'ignoranza, non spingesse molti a con- 

fondere cose insociabili, e a far tutto un mazzo, sieno 

buoni o rei, di quelli che a puntino non partecipano 

al grado presente del loro liberalismo. Il partito re- 

pubblicano, quando come in generale si mostra, segue 

la legge sana della democrazia moderna, riposa sui 

medesimi fondamenti giuridici e éivili dei popoli retti 

a monarchia rappresentativa; mantiene saldi i principj * 

• di proprietà, di famiglia, d'ordine, senza cui convi- 

venza umana non è possibile, ed è una naturale e 

necessaria evoluzione sociale. Quindi è d'uopo non 

fraintendersi, né recare violentemente e con palese in- 

giustizia le colpe, i danni, i pericoli alla forma repubbli- 

cana, che sono propri esclusivamente della demagogia. 

Dispregiare con puerile sussiego questa torbida fa- 

zione, è follia; la fidanza di sterminarla con le sole 

armi, è concetto che non può capire che in un cer- 

vello da Don Chisciotte ; combatterFa con palliativi o 

discorsi, è troppo ingenua bredulità. A mali morali, 

profondi, tenaci, universali come quelli di cui trat- 




PROPOSTE 91 




tìatnO; si può ovviare soltanto con serii e virili pro- 

positi, e Còli rimedi adeguati alla forza che li produce* 

IEj prima condizione a sapersi schermire da un tale 

nemico, è quella al solito di non farsi illusione alcuna 

intorno alla sua potenza, indagarne l'origine, e non 

attenuarne il pericolo. E questo si farà per noi il più 

brevemente possibile, onde premunirsi in Italia anti- 

cipatamente dagli influssi e danni di questo malanno, 

perchè la libertà sana e la civiltà non ne soffrano 

detrimento. 


La demagogia o l'insurrezione anarchica delle classi 

povere e proletarie non è nuova, e si può dire che 

i germi sbocciarono col costituirsi delle società pri- 

mitive; imperocché di fronte ai più potenti, ai più 

agiati e felici, stettero sempre i derelitti dalla for- 

tuna, i deboli, i miseri, qualunque ne fossero le ca- 

gioni. Ma se il sentimento , il mobile , lo scopo si 

mantenne identico di mezzo alle trasformazioni sociali, 

la forma della demagogia cambiò, e i suoi seguaci e 

proseliti crebbero spaventosamente di numero. Quindi 

nell'età nostra, per quanto si estende la civiltà eu- 

ropea sopra la terra, assunse una forma consuonante 

con quella naturale del progresso sociale, delle con- 

dizioni economiche presenti, e con l'immenso accre- 

scimento della popolazione. Or noi si vide che il fon- 

damento, il fatto che costituiva l'indole propria della 

società moderna e dell'incivilimento stesso, è un fatto 

economico, il lavoro, reso libero, scevro di qualsiasi 

privilegio od ostacolo, e sostegno unico dei singoli 

associati, nella moltiforme sua natura, e nella immensa 

varietà dei suoi atti, dal rozzo manuale al più alto 

intelletto, H sentimento di questa feconda e santa 




'92 CAPITOLO m 




T-erità, pel naturale svolgimento che in tutti lo pro- 

dusse e lo suscitò; nacque nell'animo di tutte le classi^ 

vagamente le eccitò, spingendole di un salto con Tim- 

maginativa agli effetti ultimi e salutari di questo 

principio, valicandone i necessari intervalli per igno- 

ranza da una parte , e per impeto di bisogno dal- 

l'altra. Indi la foga pertinace, perseverante, ma più 

calma, o Torrido assalto ^subitaneo di selvaggie ire 

contro quei medesimi sostegni, quelle istituzioni che 

Bono anzi i mezzi di giungete gradatamente ad una 

condizione migliore di tutti. Cosi nacquero per un 

verso le associazioni della cosi detta intemazionale, 

o le improvvise ruine della comune. Ma nel tempo 

stesso che noi dobbiamo combattere le funeste teo- 

riche di queste sette, e soffocarne con pronta energia 

i delirii nefandi, non bisogna, lo ripeto, fanciullesca- 

mente cullarsi nella idea, che fatti cosi universali, e 

che in un modo o nell'altro si mostrano per quanto 

fii stende il campo civile delle nazioni, sia un mero 

capriccio momentaneo d' ebbre moltitudini, vapore di 

idioti, e fenomeno che non abbia fondamento di sorta 

nella storia; né in se, in mezzo al profondo errore 

che l'offusca, e lo insozza, un raggio e un filo di vero. 

E noi vedemmo già che la demagogia ha la sua sto- 

ria, antica quanto il mondo , e svolgentesi e sgomi- 

tolandosi con i secoli parallela alla trasformazione 

fiociale della nostra stirpe. Ed il vero, che questa fa- 

zione nelle sue teòriche micidiali racchiude è questo: 

che ad ogni uomo, ad ogni cittadino, sia qualunque 

la nascita, l'economica condizione, incombe egualmente 

l'obbligo salutare del lavoro, ed è compartecipe di 

tutti i doveri che stringono autorevolmente tutti i 




consociati a prò di tatti con reoiprocft operosità; im- 

perocché l'ozio infecondo , e soltanto consumatore & 

cormttore, è oramai agli occhi di tutti il più tristo, 

squallido e vituperevole vizio sociale, la causa e il 

fomite di ogni disordine e , d' (^ni ruina. Ma questo 

vero, che or comincia, rispetto al suo valore sociale, 

a risplendere alle menti di tutti, e che mano mano 

che la società progredisce, sempre più palese si farà, 

e che dee divenire la fede comune , nelle sette de- 

magogiche si trasformò in ribellione ad ogni sano 

principio, e divenne piuttosto sorgente di miserie e 

di lutti, che fonte di prosperità per gli stessi che si 

Intano in suo nome. Quindi la fallacia nella cre- 

denza di poter sterminare ogni sentimento religioso^ 

come quello che secondo essi sostiene i perni della 

. società attuale; la puerile fidanza del condividere i 

beni fra tutti, e ritornare, per essere felici e mirabili, 

alle delizie animalesche delle prime orde umane. II 

sentimento religioso in sé , astraendo dalle forme 

dommatiche che può rivestire , è in quella vece sì 

connaturato all'uomo, appena gli balenò un ra^io di 

intelligente attività nella mente, è un. bisogno cosi 

profondo, che il supporlo nell'universale temporario 

periturio, riesce un errore sì madornale, quanto il 

credere che possa miù cessare il sentimento del bello, 

del buono, dell'utile, e così via discorrendo. Un tal 

sentimento muterà forma, materia, simbolo, a sempre 

più puro e razionale aere s'innalzerà, ma rimarrà^ 

e quando anche in tutti si trasmutasse in effettiva 

intellezione dell'ordine infinito del mondo, e dell'e- 

terna energia che lo vivifica, e continua, avrà sempre 

una efficacia potente negli animi umani , e una au- 




94 CAPITOLO III 




torità suprema nei loro atti. Quindi, sicc^ome è vano 

l'assunto, è assurdo il crederlo effettuabile ; e di questo 

si persuadano coloro che eccitano a simili fantaami le 

moltitudini. In quanto poi alla proprietà e alla fami- 

glia, sarebbe con esse distrutto l'ordine civile, ogni spe- 

ranza di miglioramento, ogni libertà. Poiché l'ultimo 

fatto sociale a cui" pervenne il moto evolutivo umano 

è Tuniversale libero lavoro, questo senza la proprietà 

non può sussistere, in quanto mancherebbe di sussidi, 

e dei giusti stimoli ad esercitarsi. Che se il lavoro è 

un dovere, un godimento, una dignità, la sola nobiltà 

possibile oramai nel mondo, oltre avere un effetto che 

giova alla generale convivenza nella reciprocanza di 

ragioni e d'influssi che l'anima, è pure un modo di 

rendere più lieta, agiata e amabile la vita; poiché 

colui che vuole rendere l'uomo misticamente perfetto, 

e che tutto versi e si travagli nella carità, e non 

senta e non provi gli onesti piaceri, e rinunzi ai co- 

modi, agli agi, agli utili personali, non solo disconosce 

la umana natura, ma annienta la storia. Laonde la 

proprietà ed in conseguenza la famiglia, sono condi- 

zioni indispensabili del lavoro, e con esso della civiltà 

tutta quanta, e della libertà che a tutti è si cara, e 

desiderata. Questi sono i veri contro cui infuriano i 

propositi dell'intemazionale, i quali se venissero ad 

effetto, ogni bene sarebbe distrutto; sono errori in cui 

cadono e caddero non una sola volta, quelli che, vi- 

vificati da un sentimento giusto e da un vero che 

balena incerto e confuso nelle loro menti, credono 

raggiungere la meta sterminando gli argomenti che 

vi conducono. 

Egli è certo però che tali sette sono or formida- 




PROPOSTE 95 




bili e sparse da per tutto: hanno associazioni, pecu- 

nia, giornali, conventicole e cattedre: e gl'iniziati si 

mescolano in tutti gli ordini della vita, e gli arruf- 

foni ne sfruttano la credulità, o ne inveleniscono, rin- 

fuocano le ire: pericolo tanto più tremendo, quanto 

più è avvalorato da un sentimento giusto di una ve- 

rità male intesa. Or che contrapporrete a questa fiu- 

mana? — La Forza? — fu tentato, ma l'idra rina- 

sce: oltre, che la forza contro il sentimento e il nu- 

mero non prevale, e senza un principio che la sostenga, 

è vano amminicolo. Combatterlo con principii con- 

trarii? — si sperimentò, risorse, e sempre più sì 

estende. Con gl'influssi" religiosi? — Ma ella imper- 

versò maggiormente ove le genti erano guidate e 

ispirate dal clero, e si agita nei paesi, ove la fede è 

più viva, poniamo che non sia la cattolica, tralasciando 

anche che alcune tendenze, ire, dispetti clericali sono 

fomite a queste sette, e piuttosto che attutarle, le 

attizzano. Forse pej: mezzo delle esortazioni, le per« 

suasioni, i libri, e i giornali? — Certamente questi 

modi, e argomenii quando sieno bene appropriati e 

condotti, hanno un grande valore, e maggior della 

forza, e degli influssi religiosi, perchè vanno a poco 

a poco componendo una opinione favorevole ai suoi 

principj, e l'opinione oggi è regina, e può molto: ma 

la sua efficacia è in parte frustrata dai giornali, dalle 

associazioni della setta, onde è lento e stentato il be- 

nefico risultamento. Dunque non hawi rimedio? — 

I rimedii opportuni, i soli efficaci, e che, spero, sa- 

ranno riconosciuti tali a poco a poco da tutti, se vo- 

gliamo salvare la civiltà, sono di due sorta, privati e 

pubblici: e ne discorreremo partitamente le loro ragioni. 




96 CAPITOLO III 




Odesi tutto giorno dalle persone di ogni ordine e 

d'ogni ceto, tra quelli più agiati^ lamenti e querimonie 

rispetto ai pericoli che ci sovrastano da parte della 

demagogia universale^ e si paventa^ si trema^ s'im- 

preca^ o si pronostica il finimondo. Ma sciaguratamente 

tutto questo tumulto dì sgomenti^ predizioni^ spasimi 

si risolve in parole, in chiacchere, in vaniloquio ef- 

fervescente, e nessuno, parlo in generale, fa nulla, o 

aspetta da un arcangelo la spada salvatrice, o grida 

contro il governo e i governi che non uccidono a 

soffocano nella culla il mostro divoratore. E mi fanno 

la figura di chi, appreso lentamente il fuoco in un 

canto della propria casa, corra in piazza a gemere^ 

a piangere la imminente ruina delle sue mura, im- 

precando perchè il sindaco non distrugga i zolfanelli, 

causa immediata del danno, invece di provvedere to- 

sto e virilmente al pericolo, tenue da principio, con 

la propria persona, o con gli ajuti che ai forti e vo- 

lonterosi non mancano mai. Cosi presso a poco va la 

faccenda per tutti coloro, e sono innumerevoli, che 

presentendo l'avvento della cosi detta questione so- 

ciale, credono rimediare al male col vociferare ai 

quattro venti il prossimo diluvio, o volendo che altri 

gli soccorra con modi, che neppure essi sanno in che 

veramente consistono. Ma in tale maniera l'acqua arriva 

alla gola, e senza rimedio, perchè il neghittoso è spia- 

cevole a tutti, utile a nessuno. Egli è oramai tempo 

di mutare registro, e se veramente stanno a cuore 

gli averi, i diritti, la giustizia, non fosse che rispetta 

ai privati vantaggi, bisogna persuadersi, perdio! che 

il tempo è venuto, ove chi non opera, e fortemente 

vuole e lavora, verrà travolto non solo dalla fiumana 




PROPOSTE 97 


impura ch^ paventano^ ma dalla indole della civiltà 

presìHite, nella quale il volontarìp infingardo nozi può 

trovare modo durevole di vita. E innanzi tutto la so- * 

cietà è solidale d'ogni bene^ d'ogni male, e chi non 

sente q^uesto alto dovere, è indegno di chiamarsi uomo 

civile: e quindi ognuno è strettamente tenuto a coo- 

perare al maggior benessere possibile della nazione. 

E si badi che questa, di cui parlo, non è mica una 

carità estrinseca e contingente, che possa a volontà 

con minore o maggiore zelo esercitarsi, come avviene 

in altri fatti di pubblica o privata beneficenza, ma è 

una necessità intrinseca, senza la quale la società 

minerebbe. La quale cosa si fa a tutti palese anche 

materialmente, se riflettono ajla solidarietà, sempre 

più stretta e generale che nasce fra tutti gì' interessi, 

sia per associazioni a scopi diversi di utilità perso- 

nale, o di prodotti, sia per la dipendenza d'ogni or- 

dine di fatti economici fra loro, sia nel più vasto e 

universale credito dello Stsito, da cui dipendono una 

immensa varietà di fortune particolari. Quindi il la- 

voro libero, ma cooperativo dei singoli, onde si con- 

servino intatte e abbondanti le fonti .di ricchezza e 

di sussistenza nazionale, anche per questo lato, è la- 

voro necessario: che se egli allentasse, svigorisse., o 

venisse meno, il popolo perirebbe senza rimedio. 


Adunque tra i rimedii privati che possono contra- 

stare all' ampliarsi delle sette demagogiche a danno 

di tutti, è l'operosità di tutti, e in specie di quelli 

che più avrebbero a perdere, e nei quali quanto è 

più grande la ricchezza e l'agio, tanto più cresce e 

ingigantisce il dovere dell'opera. Si persuadano che 

nelle moltitudini adesso il prestigio solo delle ric- 





98 CAPITOLO HI 




chezze, o del nome; o del fasto è scemato, e va sce- 

mando, grazie al cielo, rapidamente, e invano si at- 

* teggerk a pavone , chi sotto le splendide penne , e 

r iridiscente folgore delle piume , cela miseramente 

una cornacchia. D popolo non dispregia- né nomi , 

né fasto, quando coloro che li portano, o V esercitano 

senza jattanza , sono degni della civiltà nostra , la 

quale consiste tutta nel lavoro, utile e generoso. Bi- 

sogna adunque che coloro a  là 

crescente onda delle mene demagogidie , è una ne- 

cessità delle stesse condizioni civili deUe nazioni mo- 

derne, un diritto e un dovere. ' 


Dichiarati brevemente i rimedi privati, conside- 

riamo quali sieno ,o possano essere quelU pubblici, o 

di pertinenza dello Stato, e del suo governo. Questi 

a divisarli compiutamente si disbrancano in lare or- 

dini, e possono essere quindi di tre specie: mo^?ali, 

amministrativi e poUtìci. . Un grande rimedio aU'er- 

rore, al vizio e alle miserie, è certamente V istruzione 

diffusa, e più tra quelle classi che di per sé mal sa- 

prebbero provvedervi, e alle quali manc^ lo stimolo 

proprio ad avanzare, vale a dire alle plebi della città 

e delle campagne. Che questo sia precipuo ed asso- 

luto dovere di ogni governo civile, è chiaro, e sarebbe 

anche più chiaro, se non fossero ancora alcuni, e non. 

son pochi, nei quali si mantiene la dignitosa e gene- 

rosa ctedenza, che T ignoranza delle moltitudini la- 

voratrici, è un ingrediente e un sussidio nòbilissimo 

di governo, e si affidano nella loro maraVigliosa atti- 

tudine, di contrastare ad ogni male, puntellati all'arte 

provvida di pochi, e all'uni vergfale e servile asinag- 

gine. E tatLto più stupore arreca una tale saggia sen- 

tenza, in qitanto di preferenza è sostenuta da quelli 

— non parlo certamente di tutti — che bazzicano 

frequentemente per le chiese, e fanno pompa di cri- 

stiana pietà. Brutta e ridicola contraddizione, la quale 

se ingenuamente* professata, indica in essi una igno- 




PROPOSTE 105 




ranza proporzionata al grottesco proposito; se ad afte 

pensata, è iniqua e degna deff universale dispregia. 

Jn ciasctm uomo come sono eguali potenzialmente i 

diritti e i doveri, sono eguali i bisogni e la necessità 

deiihi dignità della vita; ora in tutti in quella guisa 

dello stato, e migliorare le loro condizioni economiche; 

ma parlandosi di suffragio fermarsi alle porte del sal- 

terio e dell'abbaco, è tale stravaganza che la maggiore 

non si può immaginare; si crede d'essere' del nostro' 

secolo, e viviamo delle idee dei bisarcavoli! 




^PROPOSTE 12T 


Cicerone assennatamente dicera essere gF ignoranti 

capaci di verità^ poiché T ignoranza ^ cioè la mente 

primitiva^ non ingombra da sfumature; e il più delle 

volte arruffata da un sapere rachitico, entrato a spruzzi 

anarchici nel celabro, è tutt'altro che chiusa alle ve- 

rità pratiche della vita ; che anzi quando queste ver- 

tono intomo a positive questioni d' interessi generali, 

ma consuonanti o influenti con e su quelli particolari 

della famiglia, del comune, della provincia, sono pronte 

a colpirne il nocciolo principale, e a scegliere le per- 

sone più idonee a risolverle secondo le necessità del 

momento. Se non fosse così, se noi attendessimo ad 

allargare il diritto di suff'ragio che virtualmente è di 

tutti, quando tutti fossero dotti, ed uomini di stato 

almeno in cacchioni, io credo che si aspetterebbe in- 

darno quel giorno, e si aprirebbero le universali urne 

dei trapassati allo squillo finale dell'arcangelo, più 

presto che quelle generali del popolo pel comune 

sufeagio. 


Ma ribadiscono gli oppositori : voi desiderate esten- 

dere il diritto di suffragio mentre ^ nessuno, o da 

pochi si chiede : attendete che il desiderio nasca, si 

diffonda, giunga legalmente al parlamento, e allora 

si aprirà la mano, ma sempre con prudente riserva. 

E cosi, soggiungerò io, noi liberi cittadini di libero 

Stato, e un governo che dalla libertà è sorto, e a que- 

sta deve intendere con tenaci propositi, saremo meno 

generosi, meno magnanimi dei governi dispotici ? In 

questi sovente, e la storia anche contemporanea è 

piena di esempj, il governo costringe spontaneamente 

le moltitudini riluttanti a incivilirsi, e con violenta 

mano le sforza ad accettare .riforme civili, ammini- 




128 CAPITOLO ni 




stratìve, economiofae : noi BEtremo il contrario: in nome 

delia libertà, teleremo lontani dalle riforme utili e ne- 

cessarie quelle moltitudini chC; secondo il ^iblime 

concetto, persistono nella ignoranza, o nella indiffe- 

renza politica. Un governo onesto di libero popola 

dee spingere al meglio di proprio impulso le genti 

confidate al suo senno : nò dee nelle leggi fondamen- 

tali attendere che altri domandi, ma generosamente 

anticipare opportune riforme. Ma se del resto tuUi 

non chiedono o vogliono il diritto di suffi*agio, questi 

è sorto nella coscienza dei più, emana spontanear- 

mente dal nostro giure pubblico, è una necessità dei 

tempi, è un dovere civile. Che se un tale dovere, per 

ipotesi impossibile, non* si sentisse, o si dissimulasse, 

p^r durare in un certo grado matematicamente mi- 

surato, e fisso di libertà, a prò di minoranze qua quando anche, 

per ipotesi, ciò avvenisse, Teffetto sólo che produr- 

rebbe, fora certamente una'^pìù grande e viva ope- 

rosità nei partiti liberali, e una agitazione legale più 

intensa, le quali riuscirebbero in fine a risolvere più 

presto e ricisamente una tale questione interna, e 

scongiurare più virilmente i pericoli, onde è gravida 

per la nazione. Altro benefizio che recherebbe seco 

la partecipazione, larga del popolo al Suffragio, sa- 

rebbe quello di stimolare, (essendo più vasto il sin- 

dacato, e le possibili peripezie del voto), e costrin- 

gere i- deputati ad intervenire scrupolosamente al par- 

lamento^ e smettere il brutto sciopero in cui sono ca- 

duti molti ripetutamente, e in modo da far credere 

cronico il morbo pernicioso, che gl'infesta, e li rende 

colpevoli dinanzi alla nazione. Più e più volte gli 

atti e le discussioni del parlamento, d'importanza ca- 

pitale per la prosperità e ordine del paese, non po- 

terono aver termine necessario, o sanzione legale, per 

Io scarso numero degli intervenuti, e ancKe quando 

giungevano alla cifra prestabilita, di fronte alla to- 

talità dei rappresentanti, erano si può dire al disotto 

del decoro del parlamento.' Se coloro che pur brigano, 

e fauno chiasso per essei'c assunti al grave incarico, 







IdS CAPITOLO m 




e rappresentano ciò che v'ha di più vivo nella na* 

ssioney e la funzione più eccelsa di un popolo, che è 

quella 4'essere il legislatore di sa medesimo^ danno 

un si tristo esempio di trascuranza agli alti doveri, e 

di abbandono alla alacrità civile della vita pubblica, 

B0^ è da atupire, se gli aitai alla base imitano nel 

laìiguote, nella cascarne, nella dimenticanza dei di- 

ritti e doveri civili, i loro rappresentanti ; e «'inge- 

neri nella na2doDe quell'ozio politico, che è la lue 

più deleteria, e corruttrice delle viscere della mede- 

sima; sintomo, se i rimedii non intervengono pronti 

ed energici, di inevitabile morte. O non cercare, de- 

siderare r^lezioùe e intromettersi in ogni maniera per 

ottenerla, o ottenuta, attendere con lealtà e perseve- 

ranza al proprio mandato, ^d esercitarlo costantemente, 

risparmiando cosi un malo esempio al popolò \ intero, 

un acerbo e giusto rimprovero a sé medesimi; la- 

sciando aperto il corso ai più degni, e più operosi, e 

non ocisasionando cosi la morale decadenza dell'auto- 

rità del parlamento, come pur troppo fra noi già per 

moltissimi accadeva : e che io dica il vero faccio ap- 

pello alla stampa quotidiana di tutti i colori piena so- 

vente di acuti, e meritati riinbrotti ai neghittosi le- 

gislatori. 


Bispetto al pericolo del cesarismo, che secondo altri 

sarebbe il mostro che uscirebbe dal voto generale, 

come quei fantocci deformi e strani, che scattano al* 

Timprowiso dalla scatola magica, a stupose e terrore 

dei nostri fanciulli, temerlo da senno in Italia, è cosa 

che non Val la pena di confutare. Il cesarismo è 

solo possibile in un paese, sconvolto ^à , sconquas' 

fiato, disordinato a più riprese, e dove la furia 




PROPOSTE 139 




delle fazioni anaik^hicbe^ o le gare di pretendenti più 

meno apocrifi, tanto scrollarono le fondamenta d'o* 

gni ordine, e tanto impaurirono le maggiorante, che, 

conservatrici sempre, si appigliano di iiecessità all'u- 

nico modo di salvezza che si presenta, sia pute Tau- 

tonta irra:dónaie della sciabola, o la potenza moi'ale 

di un nome: poiché ove è questione di anarchia di 

forze brute tenzonanti , il popolo si rivolge a quella 

che ha maggiore probabilità di vittoria, e di ristabi- 

lire quindi la pace, e la cancordia nel caos informe 

sociale. Ma un tal voto," quando è generale, se ma- 

nifestasi sostenitore di una forma dittatoriale in un 

dato momento^ ove egli è necessario, apparisce anche 

come fondatore di repubblica, quando una tal forma 

di reggimento ad un dato momento, sia Tunica arra 

di durevole ordine, come intervenne in Francia : nella 

quale, nonostante la lunga cospirazione della caduta 

assemblea, e del suo governo, retrogrado e monar- 

chico, e tutto rìmmienso arrabbattarsi dei clericali, e 

dei funzionari governativi, sorse testé la repubblica da 

quelle Urne rurali^ che secondo i giusti estimatori del 

senno delle moltitudiiii, dovevano imporre alla Francia 

il -^èsaitfismo na^Kileonico^ o il lugubre spettro della 

rameica tirannide legittimista. Che se invece avvenne il 

contrario della comune aspettativa, si deve solo a ciò, 

che tra i varii e funesti pretendenti al trono francese, e 

delle loro ingenerose e tristi fazioni, il popolo senti, che 

runico governo d'ordine, era il rejpubblicano, che ta- 

gliava a tutti la cresta, e li poneva fuori dell'astioso e 

cupido combattimento, e per la repubblica votò. In Italia 

non vi sono affatto elementi per un cesarismo possi- 

bile, e mancano condizioni antecedenti per un tal ri- 




140 CAPITOLO ni 




Bultato; qui non sfacelo, qui non anarchia^ qui non 

odii; rancori^ ambizioni^ rafforzati dal sangue sparso^ 

da vendette nefande, da rappresaglie inique ; qui nes- 

sun bisogno di salvatore, o d'incoronare col servag- 

gio del popolo, un fortunato vincitore di eroiche bat- 

taglie. Da noi le istituzioni, grazie al cielo, possono 

per poco affievolirsi , o venire in meglio modificate, 

ma legalmente operano , e sono fisse nella coscienza 

pubblica, né alcuno anche dei partiti possibili più 

risoluti, e accentuati, pensa a rovesciarle, perchè in 

Italia c'è senso in tutti della realtà, né ci si sca- 

priccia in utopie senza pratico costrutto: in Italia 

la dinastia regnante è politicamente insigne pel ri- 

spetto alle leggi, né vi attenta, né vi corrìe rischio, 

(quando esercita il suo mandato, come ora fa) di v^e- 

nire rejetta, e inimicata dalla nazione^ e F esercito 

nostro, quanto valoroso, fedele^ onesto, e nel quale 

in bella armonia si fusero tutti gli elementi fortf 

della nazione, sia patrizi, sia popolani, se è tutela delle 

leggi, dell'ordine, della integrità della patria , non è 

una accolta di pretoriani, e conosce a prova quali sieno 

i suoi doveri di soldato leale e devoto e quelli di 

cittadino. Indi il timore e lo spauracchio di Cesari 

possibili in Italia è affatto chimerico, e non conosce 

certo il popolo nostro, né le nostre condizioni civili 

interno in tutti i loro elementi , chi paventa di un 

tale babau, 


E dico adunque che si dee proporre legalmente e 

stabilire una tal forma di suffragio, senza indugio^ 

poiché la libertà lo richiede, la dignità della nazione 

lo esige, la prudenza Io consiglia. Le moltitudini eleg- 

gono, non governano; immenso ' divario ; ed esse in 




PROPOSTE 141 




media secondo tempi, luoghi, e coadisiom sociali soel- 

gono' seeipmi pia opportuni ai bisogni presenti. Io 

80 a rn^AA dito tatto quello che poseono rispondere , 

e obiettAi^é coloro ohe sono di contrario avviso : e m'in- 

vitératino ad inchieste del come si fanno e si fecero 

le elezioni' in varie provincie della penisola, sia per 

brogli, tàsir per persone e mi sopraffaranno di una 

quai^tità enorme di fatti , e' di aneddoti ; ma queste 

cose^ e questi riposti archivi! ,li conosciamo: ed è ap- 

punto perchè U conosciamo, che invochiamo la ri- 

forma del voto. Poiché il ragionamento dì alcuni fra 

gli awersarii consiste a dire: il voto, nella guisa 

che ora si esercita, è vero, non dà buoni restdtati, 

dunque.... Voi* attendete una conclusione necessaria: 

ohibò! la logica loro è più stupènda: dunque conser- 

viamolo! 


Altri potrebbe opporre : concesso che la moltitudine, 

la gt»nde maggioranza delle nazioni sieno di fatto e 

sempre conservatrici, perchè allora prevalsero via via, 

e vinsero le rivoluzioni , effettuando ad onta di quel 

freno costante, mutamenti radicali nel costume e nelle 

idee dei popoli? La ragione e la spiegazione di un 

tale fette è ovvia a trovarsi; poiché per una parte 

le moltitudini, perchè conservatrici, e lontane e abor- 

renti per le loro faccende, dal moto e dall'agitazione 

delle minoranze, che vivono in special modo di pen- 

sieiV)^ e di abitudini innovatrici, nulla iniziano spon- 

taneamente, e rimangono estranee agli influssi delle 

novelle idee; e dall'altra non chiamate a manifestare 

legalmente i loro sentimenti, non possono arrestare, 

moderare o piegare il corso degli avvenimenti, o mo^- 

dificame i resultamenti sociali. Le moltitudini vivono 




142 CAPITOLO m 




sciolte y guardando ciascuno ai propri negozii^ e non 

possono congregarsi facilmente in assemblee, in comi- 

tati, in conventicole, come è facile alle minoranze ap- 

punto perchè minoranze. Ma una tale inerzia, una 

tale paziente annegazione, non rimane senza effetto 

col tempo; inquanto se le minoranze si spinsero oltre 

certi confini morali e civili e vollero trionfanti prin- 

cipii che offendono il sentimento ereditario della mol- 

titudine, cadono poi in seguito le loro esagerazioni 

stesse, non nutrite e sostenute dall'universale, e solo 

resta il progresso possibile, pratico, buono, il quale, 

comechè nuovo, pure non perturbando le coscienze e 

abitudini della maggioranza nazionale, viene a poco 

a poco a consustanziarsi con le medesime: e cosi i po- 

poli camminano e vanno perfezionandosi. E che ciò 

sia vero, oltre la testimonianza palese di tutte le sto- 

rie, basta fermarsi a considerare il corso delle rivo- 

luzioni moderne di tutti gli Stati, perchè la realità 

della dottrina nostra salti agli occhi ai più miopi. 


Affine dunque che le moltitudini non per lunga e 

sempre faticosa efficacia, come freni conservativi, ope- 

ranti spontaneamente e fuori del giure positivo, rie- 

scano immediatamente salutari all'equabile e fruttuoso 

progresso dei popoli civili, è d'uopo renderle partecipi 

della vita pubblica, chiamandole alla elezione di co- 

loro che sono poi i legislatori della nazione, è deb- 

bono guidarla alla libertà e ai beni che essa racchiude^ 

con ordine e operosità. Così facendo, con quei tem- 

peramenti richiesti dalla moralità e dignità stessa del 

voto, si otterrà una maggiore attività politica ; la na- 

zione non sonnecchierà mai, né ristagnerà; i partiti 

che pervengono al governo dello Stato, nella vicenda 




PROPOSTE 143 




continua di nuovi biefogni^ non crìstalUzzeranno^ e ri- 

poseranno in una beata e grassa quiete^ ringipvaniti 

e stimolati sempre dal voto popolare^ donde tutto nelle 

democrazie fluisce e sorge ^ e viene legittimato; si 

avrà sempre una benefica remora alle intemperanze 

delle fazioni, e quello che più importa , un ostacolo, 

e, si radichi bene nella mente , V unico ostacolo al- 

l' imperversare della furibonda demagogia. Io non 

aspiro alla divina prerogativa della infallibilità, e 

lascio ad altri senza rammarico questa modesta ed 

umile virtù ; ma per quello che io valgo a discernere 

dopo lungo studio e lungo amore pel pubblico bene, 

crèdo fermamente alla efficacia, necessità, utilità delle 

mie proposte, come sono certo che quadrano a capello 

con le norme positive di una scienza sociale, vera- 

mente degna di questo nome. ' 


Tali sono le proposte, che coscienziosamente e dopo 

maturo e scrupoloso esame, e modestia, venni svol- 

gendo in questo mio scritto ; tali le riforme che credo 

indispensabili per la durata, la esplicazione naturale 

e la salute delle nostre istituzioni, e pel decoro e la 

prosperità della patria. Certamente non si possono 

tutte e subito attuare , e Roma non fii fatta in un 

giorno; ma necessario è che gli uomini a qualunque 

partito nazionale appartengano, proposti al governo 

della cosa pubblica, vi si accingano con tenace pro- 

posito, e vi aspirino costantemente. Un sentimento di 

malessere indefinito occasionò la crisi presente, e la 

nazione sta raccolta attendendo che i diversi ordini 

dello Stato meglio rispondano all'indole loro e dei 

tempi, e si ritemperi a vita più robusta e libera la 

fibra dei cittadini; e tale è il compito di coloro che 




144 CAPITOLO m 







ora salirono; è giudicheremo dai fatti se sono da tanto. 

Quelli che caddero ^ il partito cioè che fino ad o^ 

resse i destini d' Italia^ operò cèrto molte cose buotie^ 

e condusse a termine, stimolato però dalla piÙL viva ' 

e impaziente parte della nazione e laicamente eoa;* 

diuvato da questa, Tunità territoriale e politica della 

patria^ protetto da fortuna propizia e da eventi in- 

sperati, trasmutanti in vittoria eziandio la sconfitta; 

ma a poco a poco, ritirandosi in sé medesimo e chiuso 

troppo forse agli influssi sempre salutari della mag- 

gioranza del popolo, si aflSevoll ed obbliò le origini 

sue, e la natura essenzialmente democratica degli 

Stati moderni. L'Italia oramai è giunta a quel tem- 

peramento civile ehe esclude la violenza e T illegale 

intromissione di fazioni perturbatrici, ma vuole ed 

esige che si avanzi e che si cammini di pari alle na- 

zioni più civili; che gli uomini che la capitaneggiano 

si governino con le idee nuove, e si lascino i metodi 

troppo curialeschi e scolastici nell' indirizzo della cosa 

pubblica. Or non è più tempo, e tra poco lo vedranno 

anche i più restii e ostinati, di grette abilità e di pic- 

coli e scuciti mezzi, giorno per giorno, di reggere gli 

Stati ; tutte le questioni sono larghe e grandi, e non 

si risolvono che con intendimenti e principj larghi e 

generosi; in ogni vertenza è conflata, a cosi dire, la 

vita di tutto un popolo, anche per i rapporti che 

essa ha o può avere con tutte le nazioni civili. Iso- 

larsi, fetcendo i suoi affari alla guisa di un agente di 

fattoria, è impossibile, dannoso e indecoroso; la ne- 

cessità presente spinge i popoli europa all'unità mo- 

rale della razza loro, ed all'equilibrio econoiiiicO civile 

e politico di tutte le membra ; ciò che non importa- 




PROPOSTE 145 




ima yi^ota cosmopQlitia alla maniera dei politici mi- 

stici: m ogoji inombro e nazione vive deUa sua vita 

particolare; ma ^n conserto di vincoli si stretti, e una 

reciprocità di r^oni che costringono tutti ad avan- 

z^ure perire ; poiché la selezione naturale governa 

anche 1^* vita dei pppoli. Né valga il dire, come da 

molti si ripete^ che il governo è, od era assai più 

liberale della na:pione, e quindi ogni spinta o riforma 

riuscire inutile , o inopportuna; poiché, oltre essere 

questo in generale vero per tutti i governi, in quanto 

sono al di sopra del sapere e del civile temperamento 

delle moltitudini, suscita spontaneamente questo di- 

lemma: o il governo, in uno Stato libero, possiede 

minori spiriti liberi del popolo, e quindi dee, in virtù 

della legge fondamentale di un libero Stato, ritirarsi, 

perchè violatore moralmente della medesima; o si 

confessa più liberale del paese, e allora piuttosto che 

ristarsi e mantenere il grado fisso del valore civile 

del medesimo, dee spingerlo innanzi e trasformarlo 

alla sua immagine; che se sta, non procacciando di 

eccitarlo alla riforma, è indegno dell'alto loco che oc- 

cupa. Queste teoriche di accomodamenti pratici non 

sono più d'uso, e solo argomentano una profonda im- 

perizia del come si dirigano le società moderne, e dei 

doveri effettivi dei governanti. 


Sciolto da qualunque legame di disciplina, come di- 

cesi, di partiti, perchè uomo affatto privato ed oscuro, e 

al di sopra di questi, come debbo essere lo scrittore im- 

parziale, non consigliandomi con altre norme che con 

quella che io credo il giusto , scevro da qualunque am- 

bizione personale, né stimolato da ire o passioni di 

parte, liberamente dissi , comecché sempre con rispetto 




146 




CAPITOLO in 




olle persone, ciò che stimava opportuno ed utile, devoto 

in tutta la mia vita ad una cosa sola, ma quella gran- 

dissima e santa, la verità. Se altri mi provi che io mi 

ingannai, sarò ancora felice quando il contrario di ciò 

che credetti, profitti alla mia patria. In ogni modo, 

nel piccolo giro delle mie facoltà, avrò soddisfatto al- 

l'obbligo di cittadino ; ciascuno dovendo servire la pa- 

tria in quel modo che gli è concesso. Solo una cosa 

detesto in questo ordine di fatti: la petulante vanità 

dei neghittosi. 




FINE. 




DELLO STESSO AUTORE 




S^Uo ai ierehi: 


DELLK 


CONDIZIONI INTELLETTUALI D.' ITALIA 




ITm preparmziùHe ì 




SELLA LEGGE FONDAMENTALE DELLA INTELLIGENZA 




ffCL RC6II0 ANIMALC 




S t'Udii di Psicologia compartita. 




Se- ■ 


rv;. 




■ft- 

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