Tuesday, June 25, 2024

GRICE E MAIERU

LESSICO INTELLETTUALE EUROPEO ALFONSO MAIERU’ 

VIII 



TERMINOLOGIA LOGICA 

DELLA TARDA SCOLASTICA 



CENTRO DI STUDIO DEL C.N.R. Edizioni dell'Ateneo Roma 



1972, © Copyright by Edizioni dell'Ateneo Roma 



47 



139 



195 



217 



Secondo le norme del Lessico Intellettuale Europeo questo volume è 

stato sottoposto all'approvazione di T. De Mauro e T. Gregory 



II 



III. 



IV. 



INDICE 



Avvertenze 



Introduzione 



1. Dalla logica antica alla logica medievale, p. 9; 2. Autori 

e testi della logica modernorum, p. 22; 3. La logica medievale 

come logica ‘formale’, p. 38 



Appellatio 


1. Appellatio-npoonvopia nell'antichità, p. 47; 2. Il problema 

dei paronimi, p. 54; 3. L’appellatio tra dottrine grammaticali 

ed esigenze dell’analisi dei sofismi, p. 68; 4. L’appellatio 

nelle sumzzzziae dei secc. XII-XIII, p. 85; 5. Il secolo XIV, 

p. 98; 6. I logici italiani, p. 114 


Appendice 1. L’appellatio dicti nel secolo XII, p. 123 

Appendice 2. L’appellatum nei secc. XII-XIII, p. 131 



Ampliatio-restrictio (coartatio) 



1. Consignificatio temporis, p. 139; 2. I commenti agli Elen- 

chi sofistici del sec. XII, p. 145; 3. I trattati de proprietatibus 

terminorum e le summulae tra la fine del sec. XII e la metà 

del sec. XIII, p. 152; 4. Il secolo XIV, p. 172; 5. I logici 

italiani, p. 188 



Copulatio 



Confusio 



1. Suppositio confusa, p. 217; 2. Il sincategorema, p. 224; 

3. Confusio e operatività logica (descensus e mobilitas), 

p. 232; 4. I maestri più noti del sec. XIV, p. 243; 5. I lo- 



323 



393 



499 



623 



625 

634 

635 

637 



VI. 



VII. 



Indice 



gici inglesi della metà del sec. XIV, p. 271; 6. I logici ita- 

liani, p. 287 


Appendice 1. La suppositio e le sue divisioni nei secc. XIV- 

XV, p. 306 


Appendice 2. La negazione, p. 318 



Propositio modalis 


1. La logica modale nell’antichità, p. 323; 2. Boezio, p. 328; 

3. Il modus nella logica medievale, p. 332; 4. Abelardo e 

l’Ars Meliduna, p. 337; 5. I secoli XII-XIII, p. 344; 6. Il se- 

colo XIV, p. 354; 7. Logici inglesi e italiani dalla metà del 

sec. XIV, p. 367; 8. Per un’interpretazione della proposizione 

modale, p. 374 


Appendice. La Quaestio de modalibus di Bassano Politi, p. 385 



Probatio propositionis 


1. Il termzinus, p. 393; 2. La probatio, p. 398; 3. Termini 

immediati e mediati, p. 403; 4. L’expositio, p. 412; 5. La 

resolutio, p. 433; 6. I termini officiales, p. 451; 7. La de- 

scriptio, p. 467; 8. La probatio per causas veritatis, p. 471 

Appendice 1. Il trattato De probationibus attribuito a Gual- 

tiero Burleigh, p. 484 


Appendice 2. Il trattato De propositionum multiplicium si- 

gnificatione di Guglielmo Heytesbury, p. 489 



Sensus compositus, sensus divisus 



1. Accezioni di compositio, compositus e divisio, divisus, 

p. 499; 2. Aristotele, p. 507; 3. Da Boezio alla fine del sec. 

XII, p. 511; 4. Dalla fine del sec. XII ad Alberto di Sasso- 

nia, p. 524; 5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham, 

p. 540; 6. I trattati italiani dei secc. XV-XVI, p. 555 

Appendice 1. Il trattato Termini qui faciunt, p. 601 

Appendice 2. Il trattato Termini cum quibus e Paolo da 

Pergola, p. 607 



Indici 



Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 

Indice dei manoscritti 


Indice dei termini greci 


Indice dei termini latini 



Esprimo la mia gratitudine al Prefetto della Biblioteca Apo- 

stolica Vaticana e ai Direttori delle Biblioteche Angelica, Casa- 

natense, Nazionale Centrale « Vittorio Emanuele II » e Univer- 

sitaria Alessandrina di Roma; Ambrosiana di Milano; dell’Archi- 

ginnasio di Bologna; Universitaria di Padova; Nazionale Mar- 

ciana di Venezia; della Library of Corpus Christi College di 

Cambridge; della Biblioteka Jagielloriska di Cracovia; della Wissen- 

schaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt; della Bodleian Library 

di Oxford; della Bibliothèque Nationale di Parigi; della Oester- 

reichische Nationalbibliothek di Vienna. Devo alla loro cortesia 

se mi è stato possibile utilizzare i fondi manoscritti o a stampa 

sui quali è stato condotto il lavoro. 


Ringrazio di cuore Lorenzo Minio-Paluello, che mi ha fornito 

preziose indicazioni relative alla traduzione boeziana degli Elenchi 

sofistici; Jan Pinborg, che ha messo a mia disposizione le notizie 

da lui raccolte su Tommaso Maulevelt; Tullio de Mauro e Nino 

Dazzi, che hanno avuto la bontà di leggere e discutere con me 

il manoscritto. E ancora Zelina Zafarana, Giovanni Crapulli, 

Agostino Paravicini Bagliani, Giorgio Stabile. 


Un ringraziamento particolare vada a Tullio Gregory, che 

mi ha indicato un metodo e mi ha aiutato costantemente e con- 

ctetamente durante la preparazione, la stesura e la stampa del 

lavoro. Senza i suoi consigli e il suo incoraggiamento non avtei 

potuto superare le non poche difficoltà incontrate. Spero che i 

risultati non siano del tutto inadeguati alla fiducia accordatami. 



Alfonso Maierù 

Roma, 10 maggio 1972. 



AVVERTENZE 



I. Nel corso dell’esposizione saranno utilizzati i seguenti simboli: 



CP a 



D', ‘G’, ‘1°, ‘5 variabili proposizionali; 


- « non », segno della negazione (-p, P); 


‘3° «se... allora», segno dell’implicazione 

(p > d); 


«e», segno della congiunzione; in genere 

è omesso; pg si legge: « p e gq »; 


«0 », segno della disgiunzione (pvg); 


= « equivale », segno dell’equivalenza (p = g). 



II. Per quanto riguarda le citazioni di testi latini, si noti: 



— dei testi tratti da manoscritti o da antiche edizioni sono 

state normalizzate le grafie secondo l’« usus scribendi » del 

latino classico; 


— si è unificato l’uso delle parentesi per tutti i testi (com- 

presi quelli ricavati da recenti edizioni); le parentesi acute 

( ) indicano sempre integrazione; le parentesi quadre [ ] 

indicano espunzione, o includono una frase o un rimando 

utile alla comprensione del passo in esame. 



INTRODUZIONE 



1. Dalla logica antica alla logica medievale 



Gli studi dedicati alla storia della logica medievale! hanno 

dimostrato che l’insieme delle dottrine logiche fiorite tra il se- 

colo XII e il secolo XV non può essere ricondotto, puramente e 

semplicemente, al patrimonio ereditato dagli antichi, ma possiede 

una propria autonomia e una fisionomia ben definita. È vero però 

che ciò che i medievali hanno elaborato non è spiegabile senza 

tener conto dell’eredità degli antichi; proprio per questo, qualsiasi 

tentativo di delineare una storia anche parziale dei concetti logici 

nel medioevo deve prendere le mosse da un esame di quanto i 

maestri medievali hanno ricevuto dall’antichità. Ricorderemo quin- 

di, brevemente, gli autori e i testi di logica antica noti nel 

medioevo. 



1 Cfr. Pa. Bonner, Medieval Logic. An Quiline of its Development from 

1250 to c. 1400, Chicago 1952; E.A. Moopy, Truth and Consequence in 

Mediaeval Logic, Amsterdam 1953; I.M. BocHeNskt, A History of Formal 

Logic, trans. and ed. by I. Thomas, Notre Dame ‘Ind., 1961; W. and M. 

KweaLe, The Development of Logic, Oxford 1962 (reprint 1964): delle 

due ultime opere, si veda la parte relativa alla logica medievale. Si tra- 

lascia qui di ricordare e discutere opere come quella di C. PRANTL, Ge- 

schichte der Logik im Abendlande, 4 voll., Leipzig 1855-1870 (ed. anast. 

Graz 1955), utile per le notizie che fornisce ma superata nell’imposizione (di 

essa esiste una traduzione parziale con il titolo Storia della logica in 



10 Alfonso Maierù 



Maestro di logica per eccellenza durante tutto il medioevo è 

Aristotele. La sua autorità è incontrastata; con le sue affermazioni 

i logici fanno i conti anche quando si è ormai operato un notevole 

distacco dalle posizioni aristoteliche. Il complesso di opere aristo- 

teliche che va sotto il nome di Orgamon (e cioè Categorie, De 

interpretatione, Primi analitici, Secondi analitici, Topici ed Elenchi 

sofistici), a mano a mano che è conosciuto nelle sue varie parti, 

è utilizzato e assimilato grazie a un’assidua ‘lettura’ nelle scuole. 

La storia della logica medievale è, per molti aspetti, la storia della 

penetrazione e dell’utilizzazione delle opere logiche dello Stagirita 

nella cultura medievale. 


Accanto alle dottrine aristoteliche sono da ricordare quelle 

stoico-megariche. Esse hanno operato in modo meno scoperto 

(grazie alla mediazione di Boezio soprattutto) specie per quanto 

riguarda la dottrina delle proposizioni ipotetiche e dei sillogismi 

ipotetici, del resto sviluppate anche, nell’ambito della scuola ari- 

stotelica, da Teofrasto e Eudemo. 


Ma per comprendere l’evoluzione della logica medievale e la 

posizione storica di certi problemi è necessario tener conto, oltre 

che dei contributi dei due grandi filoni della logica antica ricordati, 

anche di altri autori e testi che hanno avuto notevole importanza 

per la conoscenza e lo studio delle dottrine logiche. Innanzi tutto, 

oltre alle opere retoriche, vanno segnalati i Topica di Cicerone, 

studiati fino al secolo XIII; poi, il Peribermeneias attribuito ad 

Apuleio di Madaura? che, con le sue due parti (capitoli 1-6 e 

7-14) dedicate rispettivamente allo studio dell’enunciato e del 



Occidente. Età medievale. Parte I: dal sec. VII al sec. XII, condotta sulla 

22 ed. tedesca da L. Limentani, Firenze 1937). 



2 Sta in ApuLer MapaurensIS Opera quae supersunt, III: De pbilo- 

sophia libri, Liber TIEPI EPMHNEIAE, ed. P. Thomas, Leipzig 1908, 

pp. 176-194; per questo testo si veda M.W. SuLLivan, Apuleian Logic. 

The Nature, Sources, and Influence of Apuleius's Peribermeneias, Amster- 

dam 1967 (sull’autenticità dell’opera, cfr. pp. 9-14). 



Terminologia logica della tarda scolastica 11 



sillogismo categorico, è stato a lungo il manuale su cui si sono 

formati i logici del medioevo; ancora, l’Isagoge di Porfirio, dedi- 

cato ai ‘predicabili’ o « quinque voces » (genere, specie, diffe- 

renza, proprio e accidente) che, nelle traduzioni di Mario Vitto- 

rino e di Boezio, è stato sempre ben noto e diffuso nel medioevo 

e ha fornito ai logici la formulazione del problema degli universali, 

che infatti prende le mosse dalle parole del proemio *; inoltre, le 

opere enciclopediche di Marciano Capella‘, Cassiodoro 5, Isidoro 

di Siviglia‘, dedicate alla sistemazione delle nozioni fondamentali 

delle arti liberali e che riservano quindi una parte alla logica o 

dialettica (settimo libro del De Nuptiis di Marciano, terza parte 

del secondo libro delle Institutiones di Cassiodoro, secondo libro 

degli Esymologiarum sive Originum libri di Isidoro) riprendendo 

dottrine aristoteliche mediate prevalentemente dal Peribermeneias 

attribuito ad Apuleio, almeno per quelle che si trovano in esso; il 

Liber de definitionibus di Mario Vittorino”; le opere di Boezio, 

siano esse le traduzioni di tutto l’Orgaron di Aristotele o di Por- 

firio, siano commenti alle opere di Aristotele (uno alle Categorie *, 



3 Si veda la trad. di Boezio in Categoriarum supplementa, « Aristoteles 

latinus », I, 6-7, ed. L. Minio-Paluello adiuv. B.G. Dodd, Bruges-Paris 

1966, pp. 1-31; i frammenti della trad. di Vittorino, ivi, pp. 63-68; v. la 

posizione del problema degli universali a p. 5. 


4 Martrani Minner Fericis CapeLLAaE De nuptiis Philologiae et Mer- 

curii libri VIII, ed. A. Dick, Leipzig 1925. 


5 Cassiopori SenatoRrIS Institutiones, ed. R.A. Mynors, Oxford 1937 

(reprint 1961, 1963). 


6 Ismori Hisparensis Episcopr Etymologiarum sive Originum libri 

XX, ed. W.M. Lindsay, Oxford 1911. 


7 L’opera è edita tra quelle di Boezio in P.L. 64, 891B-910B. 


8 In Categorias Aristotelis libri quatuor, P.L. 64, 159A-294C. Per l’ipo- 

tesi dell’esistenza d’un secondo commento cfr. P. Hanor, Un fragment 

du commentaire perdu de Boèce sur les Catégories d’Aristote dans les codex 

Bernensis 363, « Archives d’histoire doctrinale et littéraire du moyen ge », 

XXVI (1959), pp. 11-27. 



12 Alfonso Maierù 



due al Periermenias?) o a Porfirio (due commenti !°), 0, ancora, 

ai Topica di Cicerone! siano monografie (Introductio ad 

syllogismos categoricos, De syllogismo categorico, De syllogismo 

bypothetico, De differentiis topicis, De divisione *): sono opere 

che fissano una terminologia (che alla lunga soppianta quella di 

Cicerone e di Apuleio e s'impone definitivamente) ed offrono 

ampio materiale per l’approfondimento delle dottrine logiche; in- 

fine, un’opera anonima, Categoriae X, uscita forse dai circoli 

temistiani (Minio Paluello l’ha edita di recente sotto il titolo di 

Paraphrasis Themistiana nell’« Aristoteles latinus »), ‘lanciata’ alla 

fine del secolo VIII da Alcuino, il quale forse per primo l’attribuì 

ad Agostino, con un’edizione dedicata a Carlo Magno !. Sono da 

ricordare ancora i Principia dialecticae attribuiti ad Agostino !', 

il De doctrina christiana!5 e il De ordine! certamente di Ago- 

stino, più per lo stimolo fornito dall’autorità del santo allo studio 

della dialettica, della quale egli sottolinea spesso l’importanza in 

quelle opere, che per un effettivo contributo dottrinale (esso, 

comunque, è di matrice stoica). 



? Anic Mani Severini BoertHm Commentarii in librum Aristotelis 

IIEPI EPMHNEIAXZ, rec. C. Meiser, I ed., Lipsiae 1877; II ed. 

Lipsiae 1880. 


10 Anrcrr Manti Severini BoetHII In Isagogen Porphyrii Commenta, 

rec. Schepps-Brandt, Vindobonae-Lipsiae 1906. 


ll In Topica Ciceronis commentariorum libri sex, P.L. 64, 1039D-1174B. 


1? Introductio ad syllogismos categoricos, P.L. 64, 761B-794B; De syllo- 

gismo categorico libri duo, ivi, 793C-832A; De syllogismo bypothetico libri 

duo, ivi, 83LA-876C; De differentiis topicis libri quatuor, ivi, 875D-892A; 

Liber de divisione, ivi, 875D-892A. Cfr. LIM. De Ryk, On the Chronology 

of Boethius Works on Logic, « Vivarium », II (1964), pp. 1-49 e 125-162. 


13 Cfr. Anonymi Parapbrasis Themistiana (PsEUDO-AUGUSTINI Cate 

goriae decem), ed. L. Minio-Paluello, « Aristoteles latinus », I, 1-5, Bruges- 

Paris 1968, pp. 129-175. 


14 Cfr. P.L. 32, 1409-1420. 


15 P.L. 34, 15-122; cfr. ora De doctrina christiana, recensuit et prae- 

fatus est G.M. Green, Vindobonae 1963. 


16 Cfr. P.L. 32, 977-1020. 



Terminologia logica della tarda scolastica 13 



Questo patrimonio di testi e di dottrine non fu tutto utilizzato 

nei vari periodi del medioevo. Mentre la cultura logica del se- 

colo VII è dominata prevalentemente dai manuali ricordati, e 

segnatamente dall'opera di Isidoro, nel secolo VIII Alcuino, per 

scrivere la sua Didlectica, utilizza un corpo di testi comprendente 

Isagoge, Categoriae X, Peribermeneias dello ps. Apuleio e il primo 

commento di Boezio al De interpretatione!. Nei successivi se- 

coli IX e X si diffondono, oltre all’opera pseudo-agostiniana Cate- 

goriae X che lascia in ombra quella originale di Aristotele (pure 

non ignota!), il Periberzzeneias dello ps. Apuleio, l’Isagoge, il 

De interpretatione di Aristotele (è in un codice anteriore al- 

1°820 !°), i Topica di Cicerone e il De dialectica dello ps. Agostino. 

All’inizio del secolo X, intanto, cominciano a diffondersi gli altri 

commenti di Boezio; ma solo nel secolo XI tutta l’opera di Boe- 

zio (traduzioni, commenti, monografie) s’afferma decisamente: la 



1? Cfr. praefatio a De interpretatione vel Periermenias, ed. L. Minio- 

Paluello-G. Verbeke, « Aristoteles latinus», II, 1-2, Bruges-Paris 1965, 

p. XLII; il De dialectica di ALcuino è in P.L. 101, 949B-976B; una 

prima sistemazione dei dati relativi alla diffusione di questi testi nel me- 

dicevo è in A. VAN pE Vyver, Les étapes du développement philosophique 

du haut Moyen-dge, «Revue belge de philologie et d’histoire », VIII 

(1929), pp. 425-452. 


18 Per la diffusione delle Categorie d’Aristotele, cfr. gli studi di L. 

Minio-PaLueLLo: The Genuine Text of Boethius® Translation of Aristotle’s 

Categories, « Mediaeval and Renaissance Studies », I (1943), pp. 151-177; 

The Text of the Categoriae: the Latin Tradition, « The Classical Quar- 

terly », XXXIX (1945), pp. 63-74; Note sull’Aristotele latino medievale, XV, 

« Rivista di filosofia neoscolastica », LIV (1962), pp. 137-147; oltre alla 

praefatio alle Categoriae vel Praedicamenta, ed. L. Minio-Paluello, « Ari- 

stoteles latinus », I, 1-5, cit. 


19 Cfr. L. Minro-PaLuELLO, praefatio a De interpretatione vel Perier- 

menias, cit., p. XLII; per la diffusione nel medioevo del De interpretatione, 

cfr. J. Isaac, Le Peri Hermeneias en Occident de Boèce è Saint Thomas. 

Histoire littéraire d'un traité d’Aristote, Paris 1953. 



14 Alfonso Maierù 



sua influenza dura praticamente incontrastata almeno fino al pri- 

mo quarto del secolo XII®, A 


In questo periodo si rafforza e consolida una tendenza, affio- 

rata già nei secoli precedenti, a raccogliere in un solo manoscritto 

più opere destinate a coprire un ampio arco di dottrine logiche e 

perciò poste a base dell’insegnamento. Un gruppo di tre opere, 

Isagoge, Categorie di Aristotele e De interpretatione, circola 

stabilmente insieme; ad esso si affiancano le opere di Boezio, e 

soprattutto le monografie De divisione, De differentiis topicis, De 

syllogismo categorico e De syllogismo bypothetico che, insieme 

alle tre opere ricordate, costituiscono i « septem codices » posti 

da Abelardo alla base delle sue esposizioni di logica nella prima 

metà del secolo XII . Altre opere, come il Peribermzeneias dello 

ps. Apuleio e, come s'è detto, i Topica di Cicerone, sono oggetto 

di lettura pet tutto il secolo XII. Ad esse si era intanto affian- 

cato il Liber sex principiorum, esposizione di sei categorie (prin- 

cipia: azione, passione, quando, dove, situazione, abito) che integra 

quella di Aristotele, che ad alcuni di questi temi non ha fatto 

molto spazio; il Liber risulta composto da uno o due frammenti 

di un’opera riguardante la expositio delle Categorie di Aristotele 

dovuta ad un anonimo autore del secolo XII 2, 


Intanto nelle scuole cominciano a penetrare le altre opere 

di Aristotele tradotte da Boezio e tutte tradotte di nuovo dal 



î 20 Cfr. per tutti, L. Minro-PaLueLLO, Les traductions et les commen- 

taîres aristoteliciens de Boèce, « Studia Patristica », II (1957), pp. 358-365 

e M.D. CHeNU, La sbéologie au douzième siècle, Paris 19662 cap VI 

(Aetas Boetiana), pp. 142-158. i ° 


s. Cfr. Perrus AsarLarpus, Dialectica, First Complete Edition of the 

Parisian Manuscript by L.M. De Rijk, Assen 1956, p. 146 (la seconda ed, è 

del 1970, ma qui si utilizza la prima). 


fo Ch; L. Minio-PALUELLO, « Magister Sex Principiorum », « Studi Medie- 

vali », 38 serie, VI (1965), fasc. II: Per la storia della cultura in Italia 

nel Duecento e primo Trecento. Omaggio a Dante nel VII centenario della 

nascita, pp. 123-151; il testo (AnonvMI Fragmentum vulgo vocatum « Liber 

sex principiorum ») è in Categoriarum supplementa, cit., pp. 33-59; si veda 



13 e — mem 



Terminologia logica della tarda scolastica 15 



greco specialmente ad opera di Giacomo Veneto *; Abelardo in- 

torno al 1120 ha conoscenza degli Elenchi sofistici e dei Primi 

analitici*; i Topici (già però in parte noti ad Abbone di Fleury, 

Gerberto d’Aurillac e Notkero #) e gli Elenchi sono utilizzati nel 

1132 da Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi*; Giovanni 

di Salisbury per primo dà notizia dei Secondi analitici”, ve- 

nuti in circolazione forse prima del 1145 ma non ancora notmal- 

mente in uso a Chartres intorno alla metà del secolo XII. Tutte 

queste opere sono già oggetto di lettura a Parigi intorno al 1200”. 

Si ricostituisce allora il corpus delle opere logiche di Aristotele, 

con o senza aggiunta di altre opere; si denomina ars nova il 

complesso di opere aristoteliche di recente acquisizione (Primi e 

Secondi analitici, Topici ed Elenchi), mentre con l’espressione 



quivi la praefatio dell'editore, pp. XXXIX-LV; l’opera è in otto capitoli: 

uno tratta della forma, cinque delle prime cinque categorie ricordate, uno 

dell’habitus, uno «de magis et minus ». 


2 Su Giacomo Veneto, cfr. i contributi di L. Minio-PaLuELLO: Jacobus 

Veneticus Grecus, Canonist and Translator of Aristotle, « Traditio », VIII 

(1952), pp. 265-304; Note sull’Aristotele latino medievale, VI, « Rivista 

di filosofia neoscolastica », XLIV (1952), pp. 398-411; VII, ivi, pp. 485-495; 

IX, ivi, XLVI (1954), pp. 223-231; XIV, ivi, LIV (1952), pp. 131-137; 

Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, in Venezia e l'Oriente fra tardo 

medioevo e rinascimento, a cura di A. Pertusi, [Firenze 1966], pp. 53-74. 


2 Cfr. M.T. Beonio BroccHieri Fumacatti, La logica di Abelardo, 

Firenze 1964, pp. 12-14. 


3 Cfr. Mio-ParueLto, Note sull’Aristotele latino medievale, X, « Ri- 

vista di filosofia neoscolastica », L (1958), p. 97. 


26 Cfr. Minro-PaLueLro, Adam of Balsham «Parvipontanus » and 

his Ars Disserendi, « Mediaeval and Renaissance Studies», III (1953), 

pp. 135-140. 


2 Joannis SarissERIENSIS Episcopi CarnoTENSIS Metalogicon libri 

III, rec. C. C.I. Webb, Oxonii 1929, IV, 6, pp. 170-171. 


28 Sui programmi di studio a Chartres e a Parigi cfr. J. Isaac, op. cit., 

pp. 63 sgg. (in part. p. 64); in generale, cfr. M. GRABMANN, Aristoteles im 

12. Jabrbundert, « Mediaeval Studies », XII (1950), pp. 123-162, ora in 

Mittelalterliches Geistesleben, III, Miinchen 1956, pp. 64-127. 


2 Cfr. Minio-PaLueLLO, « Magister Sex Principiorum », cit., p. 149: il 



16 Alfonso Maierù 



ars vetus si designano i testi in uso da tempo, anche se, in seguito, 

l’espressione viene usata dai maestri medievali a designare preva- 

lentemente le tre opere: Isagoge, Categorie, De interpretatione, 

alle quali risulta quasi sempre aggiunto il Liber sex principiorum *°. 



: Queste sono, in sintesi schematica, le linee storiche dell’acqui- 

sizione del patrimonio logico antico da parte dei maestri medie- 

vali. Ma essi, mediante un assiduo studio e commento dei testi, 

giunsero ben presto (a cominciare dalla seconda metà del se- 

colo XII) a elabotare gli elementi fondamentali di un corpo di 

dottrine logiche che ebbe il suo sviluppo nei secoli successivi. 



Due contributi dottrinali furono decisivi in tal senso. 



Da una parte, le dottrine grammaticali, raccolte alla fine del- 

l’età antica da Donato nelle Artes grammaticae (secolo IV)® e 

da Prisciano negli Institutionum grammaticarum libri (anno 500 

ca.)®, sono oggetto di studio e di commento, diventano testi di 

scuola e vengono distribuiti secondo criteri scolastici: di Donato 

si legge l’Ars zizor, l’Ars maior (libri primo e secondo dell’ Ars 

maior) e il Barbarismus (libro terzo dell’Ars maior); l’opera di 

Prisciano è divisa in Priscianus maior (comprendente i libri I-XVI 

degli Institutionum grammaticarum libri) e Priscianus minor (libri 

XVII-XVIII)®. Tra i commentatori di Prisciano del secolo XII 



corpus aristotelico ricostituitosi circolava in due forme, una italiana (o 

italo-germanica) senza l’aggiunta di opere di Boezio, l’altra francese, che 

aveva in più il De divisione e il De differentiis topicis di Boezio. ” 


” Cfr. Aristoteles latinus, codd. descripsit G. Lacombe, in societatem 

operis adsumptis A. Birkenmajer, M. Dulong, Aet. Franceschini, pars prior, 

Roma 1939, pp. 43-45. ” 


31 Prosi Donati Serva qui feruntur De arte grammatica libri, ex rec. 


Th. Mommsenii, in Grammatici latini, ex rec. H. Keilii, IV, Lipsiae 1864: 

Ars minor, pp. 355-366, Ars maior, pp. 367-402. 

: » Prisciani GrammaTICI CAESARIENSIS Inustitutionum Grammaticarum 

libri XVIII, ex rec. M. Hertzii, in Grammatici latini, cit., II (11. I-XII) 

Lipsiae 1855, III (Il. XIII-XVIII), ivi 1859. ” 


3 Cfr. H. Roos, Die Modi significandi des Martinus de Dacia. For- 





Terminologia logica della tarda scolastica 17 



occupano un posto di rilievo Guglielmo di Conches e Pietro Elia *. 

Ma l’approfondimento delle dottrine grammaticali è stato possi- 

bile grazie alla filosofia di Aristotele mediata da Boezio (com- 

preso il Boezio degli opuscoli teologici). 


Il secondo contributo è rappresentato dall’inserimento delle 

nuove opere di Aristotele e soprattutto degli Elenchi sofistici nel- 

l'ambito degl’interessi logico-linguistici in sviluppo. Gli Elenchi, 

commentati a Costantinopoli da Michele di Efeso, tradotti e com- 

mentati da Giacomo Veneto, rappresentano in Occidente il contri- 

buto di Aristotele e della tradizione greca e bizantina mediata dal 

Chierico Giacomo alla chiarificazione dei problemi che traggono 

la loro origine dall'uso equivoco delle parole nel discorso. Essi 

sono il primo dei testi ‘nuovi’ di Aristotele ad entrare in Occidente, 

e innanzi tutto in Italia, per poi passare in Francia, dove era già 

in atto lo sviluppo delle dottrine logico-linguistiche, e quindi nel 

resto d’Europa *. 



Lungo tutto l’arco del secolo XII, da un lato l’analisi delle 

parti del discorso proposto dalle grammatiche di Donato e di 

Prisciano, dall’altro l'indagine sui termini di cui si compone l’enun- 

ciato, quale è nel De interpretatione e nei commenti boeziani ad 

esso, contribuirono a individuare alcuni temi, che vanno da quello 

della vox a quello della sigrificatio e della consignificatio, dall’in- 

dagine sui rapporti tra piano della realtà, piano mentale e piano 



schungen zur Geschichte der Sprachlogik im Mittelalter, « Beitràge zur 

Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters », XXXVII, 2, 

Miinster W.-Kopenhagen 1952, pp. 88-89. 


3 Ivi, pp. 93-94. 


35 Cfr. Minio-PaLueLLo, Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, cit., 

pp. 67-69; L.M. DE Rrjk, Logica modernorum. A Contribution to the 

History of Early Terminist Logic, I: On the Twelfth Century Theories of 

Fallacy, Assen 1962; un bilancio del contributo grammaticale e del contri- 

buto proveniente dalla dottrina delle fallacie si trova in In, Logica moderno- 

rum, Il, i: The Origin and Early Development of the Theory of Suppo- 

sition, Assen 1967, pp. 491 sgg. 



18 Alfonso Maierù 



linguistico * a quello, più complesso, tra oratio ed enuntiatio da 

un lato e realtà significata e intelletto che compone e divide i 

concetti espressi dalle parole, dall’altro; fino all’articolazione dei 

termini componenti l’enunciato in categoremi o parti significative, 

soggetto e predicato, e sincategoremi, particelle consignificative o 

operatori. Dottrine semantiche ed enucleazione di strutture rile- 

vanti da un punto di vista sintattico furono ben presto sistemate 

in appositi trattati de proprietatibus terminorum, detti anche parva 

logicalia in relazione alle dottrine propriamente aristoteliche rap- 

presentanti per eccellenza la ‘logica’, e che nel nuovo genere della 

letteratura logica affermatosi nella seconda metà del secolo XII, 

le summulae, facevano seguito ai trattati nei quali le dottrine ari- 

stoteliche erano riassunti per la scuola. 



Ma, contemporaneamente, ci si dedicò allo studio dell’inferenza 

logica, elaborata a partire dagli stessi testi aristotelici — Primi 

analitici e Topici — e da elementi stoici; si cominciò a parlare 

delle conseguentiae e si avviò la costituzione di dottrine della 

logica degli enunciati che trovarono posto in trattati autonomi ”. 



Questo corpus di dottrine logiche, appartenenti sia alla logica 

dei predicati che alla logica degli enunciati, è designato con 

l’espressione logica moderna, o logica modernorum, mentre logica 

antiqua è detto l’insieme di logica vetus e di logica nova. 



I trattati più significativi nei quali si concretizza la logica mo0- 

dernorum sono i seguenti *: 



36 Cfr. In Arist. Periermenias, I ed. cit., p. 37, II ed., cit., p. 20 (cfr. 

cap. IL n. 5); e ancora DE Rijk, Logica modernorum, LI, i, cit., pp. 177-182. 


37 Cfr. I.M. BocHENSKI, De consequentiis Scholasticorum earumque ori- 

gine, « Angelicum », XV (1938), pp. 92-109; ma si vedrà con profitto di 

Pi. BòHNER, oltre all’op. cit., pp. 52 sgg., anche Does Ockbam know of 

Material Implication, « Franciscan Studies », XI (1951), pp. 203-230, ora 

in Collected Articles on Ockbam, ed. by E.M. Buytaert, St. Bonaventure 

N.Y.-Louvain-Paderborn 1958, pp. 319-351. 


38 Una prima sistemazione in PH. BòHNER, Medieval Logic, cit., pp. 6-18, 



Terminologia logica della tarda scolastica 19 



a) Proprietates terminorum: studiano i vati categoremi, e 

comprendono: — de suppositionibus o dottrina della funzio- 

ne di un termine che occorre in una proposizione in luogo 

della cosa di cui si parla; essa si articola in varie specie, come si 

vedrà nel capitolo IV; — de armpliatione, di cui ci occupiamo nel 

capitolo Il; — de restrictione, per il quale si veda lo stesso capi- 

tolo II; — de appellatione, cui è riservato il capitolo I; — de 

copulatione cui è dedicato il capitolo III; — de relativis, studio 

della supposizione del pronome relativo, condizionata dal rapporto 

che esso ha col termine (antecedens) al quale è ordinato; queste 

dottrine hanno molto spesso, al di fuori delle surzzzulae, sistema- 

zione in trattati autonomi; 


b) Tractatus syncategorematum: è lo studio delle particelle 

consignificative, o operatori logici; essi sono talora espliciti, talora 

impliciti in un categorema: omznis è un semplice sincategorema; 

differt è un categorema che ha un importo sincategorematico. 

Lo studio dei categoremi comprendenti un sincategorema trova 

spesso posto nei trattati de esponibilibus. Ma sincategoremi e 

categoremi aventi un importo sincategorematico condizionano la 

supposizione dei termini che ad essi seguono, ‘confondendoli’; si 

hanno così anche alcuni trattati de termzinis confundentibus (si 

veda per questo il capitolo IV). Tutti i trattati dedicati ai sinca- 

tegoremi hanno avuto alterna fortuna; spesso sono stati assorbiti 

nei Sophismata, raccolta di problemi vertenti su proposizioni che 

richiedono particolari analisi proprio a causa dei sincategoremi 

(e termini con importo sincategorematico) in esse presenti di: 



e L.M. De Ryk, Logica modernorum, II, i, cit., pp. 535 sgg. in part. 

pp. 593-596. Cfr. anche, per una valutazione in termini di logistica di 

alcuni temi, AN. Prior, The « Parva logicalia » in Modern Dress, « Domi- 

nican Studies », V (1952), pp. 78-87. 


8 JE. WersnerpL, Curriculum of the Faculty of Arts at Oxford in the 

Early Fourteenth Century, « Mediaeval Studies », XXVI (1964), pp. 153-156, 

ha fatto il punto sulla questione (cfr. anche: ., Developments in the 

Arts Curriculum at Oxford in the Early Fourteenth Century, ivi, XXVII 



20 Alfonso Maierù 



c) De consequentiis, dedicati alla dottrina dell’inferenza logica 

e in genere alla logica degli enunciati; 


d) De obligationibus: analizzano e sistemano le regole della 

disputa scolastica, che hanno avuto origine dal quotidiano eser- 

cizio della disputa sulla traccia, probabilmente, dei luoghi dia- 

lettici ‘9; 


e) De insolubilibus, dedicati all'esame di proposizioni anti- 

nomiche secondo la tradizione del paradosso del bugiardo; la 

discussione è condotta con l’aiuto di dottrine sematiche e serve a 

precisare il ‘significato’ di una proposizione ‘; 


f) De veritate propositionis: è un genere di trattato fiorito 

nei secoli XIV e XV che si ricollega agli insolubilia e ripone in 

discussione il ‘significato’ della proposizione; 


g) ai trattati de probatione propositionis è dedicato il capi- 

tolo VI; 



h) ai trattati de sensu composito et diviso è dedicato il 

capitolo VII. 



Quanto la logica medievale debba a influenze bizantine e 

arabe è ancora oggetto di indagine; ma due fatti sembra siano 

definitivamente acquisiti. Il primo è che di nessuna delle opere 



[1966], p. 166 n. 62); ma si veda M. GrABMANN, Die Sophismataliteratur 

des 12. und 13. Jabrbunderts mit Textausgabe eines Sophisma des Boetius 

von Dacien. Ein Beitrag zur Geschichte des Einwirkens der aristotelischen 

Logik auf die Ausgestaltung der mittelalterlischen philosophischen Dispu- 

tation, « Beitràge zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittel- 

alters », XXXVI, 1, Miinster W. 1940. 


4 Cfr., per una presentazione generale, M.A. Brown, The Role of the 

Tractatus de obligationibus in Mediaeval Logic, « Franciscan Studies », 

XXVI (1966), pp. 26-35; secondo O. Birn, The Tradition of the Logical 

Topics: Aristotle to Ockham, « Journal of the History of Ideas», XXIII 

(1962), p. 307, queste dottrine hanno avuto origine dai Topici. 


4 Cfr., per alcune note storiche, A.N. Prior, Soze Problems of self- 

reference in John Buridan, « Proceedings of the British Academy », XLVIII 

(1962), pp. 281-296; L.M. De RiJk, Somze Notes on the Mediaeval Tract 



Terminologia logica della tarda scolastica 21 



comprese nell’Organon di Aristotele, fatta eccezione per i Se- 

condi analitici, esiste una traduzione dall'arabo, né risulta sia 

mai esistita, mentre, per quanto riguarda i Secondi analitici, 

perduta la versione boeziana, essi furono tradotti dal greco da 

Giacomo Veneto (prima del 1150) e poi da anonimo (prima del 

1160); solo dopo Giacomo Veneto, Gerardo da Cremona ne 

fece una traduzione dall’arabo; ma tutto Aristotele, con eccezione 

di poche parti, giunse ai Latini prima dal greco che dall’arabo ®. 

È questo un elemento in più a testimonianza che i rapporti cul- 

turali con l'Oriente greco non furono mai interrotti; per questo 

canale passò anche il commento agli Elenchi, tradotto dal greco 

nel secolo XII e attribuito ad Alessandro d’Afrodisia, peraltro 

perduto în greco (il testo greco del commento agli Elenchi perve- 

nutoci è di Michele di Efeso; in latino restano alcuni frammenti 

del commento di Alessandro), e il commento ai Secondi analitici 

di Alessandro d’Afrodisia, del quale parimenti manca il testo 

greco, entrambi tradotti da Giacomo Veneto *. 



L'altro fatto è che l’Isagoge alla logica di Avicenna, unico 

trattato logico dello Shifa tradotto in latino, e la Logica di 

al-Ghazali citcolarono a cominciare dalla fine del secolo XII 

ed ebbero influenza nel secolo XIII, insieme con le opere di 



De insolubilibus, with the Edition of a Tract dating from the End of the 

Twelfth Century, « Vivarium », IV (1966), pp. 83-115; L.M. Roure, La 

problématigue des propositions insolubles du XIII: siècle et du début du 

XIVE, suivie de l’édition des traités de William Shyreswood, Walter Bur- 

leigh et Thomas Bradwardine, « Archives d’histoire doctrinale et littéraire 

du moyen fige », XXXVII (1970), pp. 205-326. 


4 Un bilancio puntuale delle traduzioni dal greco in latino è in L. 

Minio-PaLueLLo, Aristotele dal mondo arabo a quello latino, in L’Occidente 

e l'Islam nell'alto medioevo. Settimane di Studio del Centro Italiano di 

Studi sull’alto medioevo, XII, Spoleto 1965, pp. 603-637, oltre che nel 

già cit. Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, pp. 60-61. 


4 Cfr. Minro-Paruetto, Note sull’Aristotele latino medievale, IX, cit., 

pp. 229-231, e XIV, cit., p. 131; ., Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, 

cit., p. 62. 



22 Alfonso Maierù 



Averroè e degli altri filosofi arabi, in una direzione ben precisa: 

se della determinazione delle intenziones o concetti, e quindi 

È ; ; - ; 

h; scorso considerato a livello mentale, e della discussione di 

problemi appartenenti alla metalogica *. 



2. Autori e testi della « logica modernorum » 



Il periodo di storia della logica oggetto d’indagine in questo 

lavoro è limitato ai secoli XIV e XV. Ma l’esigenza di rendere 

conto dei precedenti, o del formatsi di alcune dottrine, ci ha con- 

dotto spesso a tener presente non solo opere del secolo XIII, ma 

anche i testi, disponibili in edizioni, del secolo XII. i 



Diamo qui di seguito uno sguardo sommario agli autori e ai 

testi utilizzati. 



Per il secolo XII, ci si è limitati alla Dialectica di Garlandus 

Compotista ‘, alle opere di Abelardo (| 1142) (Introductiones 



4 Cfr. la Logica di Avicenna in AviceNNAE perbypatetici phi i 

medicorum facile primi Opera in lucem redacta È pon rota 

potuit per canonicos emendata, Venetiis mandato ac sumptibus haeredum 

nobilis viri domini Octaviani Scoti [...] 1508 per Bonetum Locatellum Bergo- 

mensem, ff. 2ra-12vb; la Logica di AL-GHAZALI è in C.H. LoHR, Logica 

Algazelis, Introd. and Critical Text, « Traditio », XXI (1965), pp. 233.390. 

ma si tenga presente anche il Liber de intellectu di ax-Kinpi (o Liber 

introductorius in artem logicae demonstrationis collectus a Mabometh disci- 

pulo ALquinpi philosophi) ed. in :A. Nacy, Die philosophischen Abbandlun- 

gen des Ja “qb ben Ishàq al-Kindî, « Beitrige zur Geschichte der Philo- 

sophie des Mittelalters », II, 5, Miinster W. 1897, pp. 41-64. Di recente 

ha sottolineato l’importanza dello studio delle intertiones, e quindi dell’in- 

fluenza araba, J. Pinporc nella rec. a L.M. De RiJk, Logica modernorum 

II, i-ii, « Vivarium », VI (1968), pp. 155-158. i 



4 Dialectica, First Edition of the Manuscri i i 

I ; pts with an Introduct 

the Life and Works of the Autor and on the Contents of dhe: Passent 

Work by L.M. De Rijk Ph. D., Assen 1959, 





Terminologia logica della tarda scolastica 23 



dialecticae *, Logica ‘Ingredientibus’, Logica ‘Nostrorum’ ®, Dia- 

lectica 8), all’Ars disserendi di Adamo di Balsham, detto il Par- 

vipontano (f forse prima del 1159), a quanto ha pubblicato 

il De Rijk nella Logica modernorum: sia nel primo volume, dedi- 

cato alla penetrazione e ai commenti agli Elenchi sofistici (Glose 

in Aristotilis Sopbisticos elencos, Summa Sophisticorum elencorum, 

Tractatus de dissimilitudine argumentorum, Fallacie Vindobonen- 

ses, Fallacie Parvipontane 5), nonché ai testi editi nello stesso 

volume sotto il titolo Frustula logicalia ma relativi al secondo 

commento di Boezio al De interpretatione*; sia nella seconda 

parte del secondo volume, nel qual esono edite alcune sumzzzulae 

(i testi utilizzati sono, nell’ordine: Excerpta Norimbergensia, Ars 



4 Sono la prima parte (comprendente Editio super Porphyrium, 

Glossae in Categorias, Editio super Aristotelem De interpretatione, De 

divisionibus) degli Scritti di logica, ed. M. Dal Pra, Firenze 19692, 

pp. 3-203; la seconda parte, Super Topica glossae (ivi, pp. 204-330), fa 

parte della Logica ‘Ingredientibus’ (per la quale v. n. seguente), e sarà citata 

in modo autonomo. 


41 La Logica ‘Ingredientibus’ è edita da B. Geyer, Peter Abaelards 

philosophische Schriften, « Beitrige zur Geschichte der Philosophie des 

Mittelalters », XXI, 1-3, Miinster W. 1919-27 (la numerazione delle pp. con- 

tinua da un fasc. all’altro); ad essa si ricollegano le Glosse super Perier- 

menias XII-XIV, ed. da L. Minto-PALUELLO, Twelfth Century Logic. Texts 

and Studies, II, Roma 1958; la Logica ‘Nostrorum petitioni sociorum’, è 

edida da B. GEYER, op. cit., « Beitrige zur Geschichte der Philosophie und 

Theologie des Mittelalters », XXI, 4, Miinster W. 1933 (la numerazione delle 

pp. continua quella della Logica ‘Ingredientibus’). 


48 Perrus Asaearpus, Didlectica, cit. (cfr. n. 21). 


59 Apam Barsamiensis ParvipontanI Ars Disserendi (Dialectica Alexan- 

dri), in L. Minio-ParueLto, Twelfth Century Logic. Texts and Studies, 1, 

Roma 1956. 


50 Cfr. De Ryxk, Logica modernorum, I, cit.; i testi elencati sono, nel- 

l'ordine: Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, ivi, pp. 187-255; Summa 

Sopbisticorum elencorum, ivi, pp. 257-458; Tractatus de dissimilitudine 

argumentorum, ivi, pp. 459-489; Fallacie Vindobonenses, ivi, pp. 491-543; 

Fallacie Parvipontane, ivi, pp. 545-609. 


51 Ivi, pp. 611-625. 



24 Alfonso Maierù 



Emmerana, Ars Burana, Tractatus Anagnini, Tractatus de univo- 

catione Monacensis, Introductiones Parisienses, Logica Ut dicit’, 

Logica ‘Cum sit nostra’, Dialectica Monacensis, Tractatus de pro- 

prietatibus sermonum*; ma si utilizzano anche le Fallacie Lon- 

dinenses e le Fallacie Magistri Willelmi®, che in realtà tratta- 

no temi riguardanti gli Elenchi sofistici); sono stati presi in 

esame e utilizzati anche i testi che il De Rijk riporta ampia- 

mente nella prima parte del secondo volume (Ars Meliduna, 

Summe Metenses)® e quanti altri testi egli utilizza al fine di 

ricostruire le origini della logica terministica confluita nelle su7- 

mulae; queste costituiscono il tramite naturale tra l’insegnamento 

di Abelardo e le sumzzulae del secolo XIII, secondo quanto ha 

suggerito il Grabmann * e ha dimostrato il De Rijk: i testi, tutti 

anonimi, delle sumzzzulae edite sono datati dallo studioso olan- 



5 Cfr. De Rijk, Logica modernorum, II, ii, Texts and Indices, Assen 

1967: Excerpta Norimbergensia, ivi, pp. 109-141; Ars Emmerana, ivi, 

pp. 143-174; Ars Burana, ivi, pp. 175-213; Tractatus Anagnini, ivi, pp. 215- 

332; Tractatus de univocatione Monacensis, ivi, pp. 333-351; Introductiones 

Parisienses, ivi, pp. 353-373; Logica ‘Ut dicit’, ivi, pp. 375-411; Logica 

“Cum sit nostra’, ivi, pp. 413-451; Dialectica Monacensis, ivi, pp. 453-638; 

Tractatus de proprietatibus sermonum, ivi, pp. 703-730. 


53 Ivi, pp. 639-678 (Fallacie Londinenses) e pp. 679-702 (Fallacie Ma- 

gistri Willelmi). 


. * Cfr. De Rijk, Logica modernorum, II, i, cit., pp. 292-390 (Ars Meli 

duna) e pp. 449-490 (Summe Metenses). 


5 Cfr. GrABMANN, Handschriftliche Forschungen und Funde zu den 

philosophischen Schriften des Petrus Hispanus, des spàteren Papstes Johan- 

nes XXI. (1277), « Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wis- 

senschaften », philos.-histor. Abteilung, 9, Miinchen 1936, pp. 31 sgg., e so- 

prattutto Bearbeitungen und Auslegungen der aristotelischen Logik aus der 

Zeit von Peter Abaelard bis Petrus Hispanus. Mitteilungen aus Handschriften 

deutscher Bibliotheken, « Abhandlungen der Preussischen Akademie der 

Wissenschaften », philos.-histor. Klasse, 5, Berlin 1937, e Kommentare zur 

aristotelischen Logik aus dem 12. und 13. Jabrbundert im Ms. lat. Fol. 624 

der Preussischen Staatsbibliothek in' Berlin. Ein Beitrag zur Abaelardfor- 

schung, « Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften », 

philos.-histor. Klasse, Berlin 1938, pp. 185-210. 



Terminologia logica della tarda scolastica 25 



dese al periodo che va dalla seconda metà del secolo XII alle 

prime due decadi del secolo XIII (sono collocati agli inizi di 

quest’ultimo secolo solo il Tractatus de proprietatibus sermonum 



e le Summe Metenses). i | 

Per i secoli successivi, ci si è limitati ad esaminare i testi 

appartenenti alla tradizione delle sumzzulae o singoli trattati 

rientranti nella tradizione della logica modernorum. i 

Così, per il secolo XIII, sono state prese in considerazione 

le Sumule dialectices* la cui attribuzione a Ruggero Bacone 

(* 1292 ca.) è stata rimessa in discussione 5, e dello stesso Bacone 

le opere, certamente autentiche, Summa de sophismatibus et 

distinctionibus® e Compendium studii theologiae; quest ultimo 

ha notevoli affinità con le Sumule dialectices ricordate D Sono 

state, naturalmente, consultate sia le Introductiones in logicam ® 

che i Syncategoremata® di Guglielmo di Shyreswood (f dopo 



56 Cfr. Rogeri Baconi Surzmza gramatica nec non Sumule dialectices, nunc 

primum edidit R. Steele, in Opera bactenus inedita Rogeri Baconis, fasc. 

XV, Oxonii 1940. ; | 


57 Già P. Grorieux (Répertoire des Maîtres en théologie de Paris au 

XIIIe siècle, II, Paris 1934, p. 73) aveva collocato l’opera tra quelle 

dubbie; v. ora L.M. De Rj, Logica modernorum, II, i, dit., pp. 168, 173, 

445, che avanza il nome del domenicano Roberto Bacone (per il quale cfr. 

ivi, pp. 71-72). R. SreeLE, nell’Introduction all’ed. cit., pp. XXIXXII, fa 

riferimento al Compendium (v. n. 59) per sostenere l’autenticità. 


58 Roceri Baconi Liber de sensu et sensato nec non Summa de 

sophismatibus et distinctionibus, nunc primum edidit R. Steele, in Opera 

bactenus inedita Rogeri Baconis, fasc. XIV, Oxonii 1937. 


59 FrarrIs Roceri Bacon Compendium studii theologiae, ed. H. Rash- 

dall, Aberdoniae 1911. | | 


6 L'edizione è in M. GraBmann, Die Introductiones in logicam des 

Wilbelm von Shyreswood (* nach 1263), « Sitzungsberichte der Bayerischen 

Akademie der Wissenschaften », philos-histor. Abteilung, 10, Miinchen 

1937; si veda ora WILLIAM 0F SHERWOOD'S Introduction to Logic, transl. 

with-an Intr. and Notes by N. Kretzmann, Minneapolis Minn. 1966. 


61 In J.R. ODonneLt, The Syncategoremata of William of Sherwood, 



26 Alfonso Maierù 



il 1267); le Sumemulae logicales®, il Tractatus exponibilium © 

e il Tractatus syncategorematum ®* di Pietro Ispano, divenuto 

papa col nome di Giovanni XXI ({ 1277); per le Surzzzulae 

logicales di Lamberto di Auxerre, abbiamo utilizzato i cenni che 

ha fornito Carl Prantl nella sua Geschichte der Logik im Abend- 

lande. Di Vincenzo di Beauvais ($ 1264) si è consultato lo 

Speculum doctrinale *, che raccoglie tanta parte dell’insegna- 

mento grammaticale e logico del tempo; di Tommaso d’Aquino 

(7 1274), gli opuscoli De modalibus" e De fallaciis ®. Tutte 

queste opere si collocano intorno alla metà del secolo, con la 

sola eccezione del Compendium di Bacone, scritto nel 1292. 

Alle esposizioni e ai commenti al corpus tradizionale degli scritti 



« Mediaeval Studies », III (1941), pp. 46-93; cfr. WILLIAM oF SHERWO0D'S 

Treatise on Syncategorematic Words, trans. with an Intr. and Notes by N. 

Kretzmann, Minneapolis Minn. 1968 (London 1969). 


6 Perri Hispani Summulae logicales, quas e codice manu scripto Reg. 

Lat. 1205 edidit I.M. Bochefiski, Taurini 1947. 


6 In J.P. Muttatry, The «Summulae logicales» of Peter of Spain, 

Notre Dame Ind. 1945, pp. 104-108. 


6 In Perri Hispani Summulae logicales cum VersorI Parisiensis claris- 

sima expositione. Parvorum item logicalium eidem Petro HisPANO ascriptum 

opus [...], Venetiis Apud Jacobum Sarzinam 1610; cfr. ora PETER OF 

Spain, Tractatus syncategorematum and Selected Anonymous Treatises, trasl. 

by J.P. Mullally, with an Intr. by J.P. Mullally and R. Houde, Milwaukee 

Wisc. 1964. 


6 Op. cit., III; le pp. saranno fornite di volta in volta. Per la data 

zione dell’opera, cfr. ora L.M. De Rik, Note on the Date of Lambert 

of Auxerre’ Summule, « Vivatium », VII (1969), pp. 160-162; per il testo, 

v. LampERTO DI AuxERRE, Logica (Summa Lamberti), prima ed. a cura di 

F. Alessio, Firenze [1971]. 


6 Vincentit BeLLovacensIs Speculum doctrinale, Duaci 1624 (ed. 

anastatica Graz 1965). 


6 Useremo il testo che sta in I.M. BocHENSKI, Sancti Thomae Aqui- 

natis de modalibus opusculum et doctrina, « Angelicum», XVII (1940), 

pp. 180-218. 


6 In Sancti THomae Aquinatis Opuscula philosophica, ed. R. Spiazzi, 

Taurini-Romae 1954. 



Terminologia logica della tarda scolastica 27 



logici si farà riferimento solo occasionalmente, e anche in tal 

caso si farà riferimento solo alle expositiones di Alberto Magno 


e alle In librum primum priorum Analyticorum Aristotelis quaes- 

tiones, attribuite a Duns Scoto” e certamente databili al tempo 

del « doctor subtilis », quindi agli inizi del secolo XIV; si utiliz- 

zeranno inoltre le In libros Elenchorum quaestiones, certamente 



di Duns Scoto”!. 


Gli autori e i testi presi in esame per il secolo XIV possono 

essere distinti in tre gruppi. 


Va considerata innanzi tutto l’opera dei logici inglesi nel 

suo complesso. Essa rappresenta il contributo più originale € 

più coerente allo sviluppo e alla sistemazione delle dottrine logiche 



medievali. ui 


Di Guglielmo di Occam (1349 ca.), sulla cui personalità 

è qui inutile soffermarsi tanto è universalmente riconosciuta la sua 

importanza nella storia della logica, si sono esaminate, nell ordine, 

l’Expositio aurea in artem veterem®, la Summa logicae (nell edi- 

zione del Bohner per la parte da lui pubblicata Be per il resto 

nell'edizione veneziana del 1508”), il Tractatus logicae minor 



© Le expositiones di ALsERTO Macno delle opere logiche d’Aristotele 

stanno nei primi 2 voll. di Opera, cd. A. Borgnet, Parisiis 1890. _ 


70 In Opera omnia, I, ed. L. Wadding, Lugduni Sumptibus Laurentii 

Durand 1639. 


n Ivi. n 


© Cfr. GuiieLmi pe OccHam Expositio aurea et admodum utilis 

super Artem veterem, cum questionibus ALBERTI PARVI DE SAXONIA. 

Impensis [...] Benedicti Hectoris Bononiensis artis impressorie solertissimi 

Bononieque Impressa sub Anno domini 1496 die vero XII Julii, s. pp. 


3 W. Ockuam, Summa logicae. Pars prima. Pars secunda et tertiae 

prima, ed. by Ph. Bohner, St. Bonaventure N.Y-Louvain-Paderborn 1951-54 

(la numerazione delle pp. continua da un volume all’altro; perciò non sarà 

indicato il volume da cui è tratta la cit.). _ 


7 Macistri GuieLMI (!) OccHam Summa totius logice, [Venetiis per 

Lazarum de Soardis die 15 Maij 1508]. 



28 Alfonso Maierù 



(databile al periodo 1342-45)", e l’Elementarium logicae (data- 

bile al periodo 1342-47, ma da collocare dopo il Tractatus logicae 

minor)". 


Avversari di Occam furono Gualtiero Burleigh e Riccardo 

di Campsall. Il primo, nato intorno al 1275 e morto dopo il 

12 gennaio 1344, era già maestro nel 1301 e nel 1324 era maestro 

in teologia a Parigi ”; compose molti trattati di logica: sono expo- 

sitiones della logica antigua, oppure opere legate più propriamente 

alla tradizione della logica modernorum. Di queste ultime sono state 

prese in esame le due redazioni incomplete del De puritate artis 

logicae® e il trattato De probationibus, sulla cui attribuzione al 

nostro maestro sono stati di recente avanzati dubbi”. 


Il secondo — fellow del Balliol College nel 1304, poi del 

Merton College tra il 1305 e il 1326, ricordato come maestro 



m È in E.M. Buyraert, The Tractatus logicae minor of Ockbam 

«Franciscan Studies », XXIV (1964), pp. 34-100; per la datazione di de 

sta e della seguente opera di Occam, cfr. ivi, pp. 51-53. 


. 76 In EM. Buvraert, The Elementarium logicae of Ockbam, « Fran- 

ciscan Studies », XXV (1965), pp. 151-276, e XXVI (1966), pp. 66-173: 

poiché non citeremo le ultime pp. della seconda parte (dopo p. 123), la 

numerazione delle pp. non dà luogo a confusione tra le due parti; omette- 

sue mp l'indicazione del volume e dell’annata della rivista. 


er le notizie biografiche relative ai maestri inglesi che seguono, 3 


A.B. Empen, A Biographical Register of the arida of Oxford to (Di 

1500, 3 voll., Oxford 1957-59, 44 l.; per il nostro autore, cfr. C. MARTIN, 

Walter Burley, in Oxford Studies presented to Daniel Callus, Oxford 1964, 

Rio. NI ties E Ockham and Some Mertonians, « Mediaeval 


udies », , pp. 174-188, e Repertorium ivi 

ferergicig 13, pp. D: Mertonense, ivi, XXXI 


® De puritate artis logicae Tractatus longior. With a Revised Edition of 

the Tractatus brevior, ed. by Ph. Bshner, St. Bonaventure N.Y.-Louvain- 

na e 1955. 


? È contenuto nel ms. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibli 

Amplon. Q. 276, ff. 6ra-19va; l’indice del ms. è in J. Tesio, Lea 

klung der Sprachtheorie im Mittelalter, « Beitrige zur Geschichte der Philo- 

sophie und Theologie des Mittelalters », XLII, 2, Miinster W. 1966 

pp. 152-160; Pinborg avanza dubbi sull’autenticità dell’opera (ivi, p. 153). 



Terminologia logica della tarda scolastica 29 



reggente nelle arti nel 1308 e come « sacre theologie professor » 

nel 1322, morto tra il 1350 e il 1360 — scrisse, fra l’altro, 

una Logica valde utilis et realis contra Ocham e delle Questiones 

super librum Priorum analeticorum: di entrambi utilizzeremo 

quanto ha pubblicato il Synan®. 


La generazione successiva annovera Guglielmo Heytesbury: 

fellow del Merton College nel 1330, fu tra i fellows fondatori 

del Queen's College nel 1340, e poi ancora fellow del Merton 

College; nel luglio 1348 è ricordato come maestro in teologia; 

fu due volte cancelliere dell’università di Oxford, probabilmente 

nei periodo 1353-54 e 1370-72; morì tra il 17 dicembre del 1372 

e il 5 febbraio 1373 ®. Compose la sua opera maggiore, le Regulae 

solvendi sophismata, nel 1335 © e i Sophismata prima del 1343. 

Di lui si ricorderanno le Regulae, il De sensu composito et 

diviso, il De veritate et falsitate propositionis (questi testi sono 



80 Cfr. ELA. Synan, Richard of Campsall, an English Theologian of the 

Fourteenth Century, « Mediaeval Studies», XIV (1952), pp. 1-8; ., 

Introduction alle Questiones (di cui alla n. seguente); v. WersHEIPL, Reper- 

torium Mertonense, cit., pp. 208-209. 


81 Rispettivamente: E.A. Svnan, The Universal and Supposition in a 

Logica Attributed to Richard of Cempsall, in Nine Mediaeval Thinkers. 

A Collection of bitherto unedited Texts, ed. J.R. O'Donnell, Toronto 1955, 

pp. 183-232; e The Works of Richard of Campsall, I: Questiones super 

librum Priorum analeticorum. Ms. Gonville and Caius 688, ed. by E.A. 

Synan, Toronto 1968. 


8 Cfr., oltre a Empen, op. cit., ad L: J.A. WrrsHerPL, Ockbam and 

Some Mertonians, cit., pp. 195-199 (in part., p. 196: il suo testamento, 

datato 17 dicembre 1372, fu omologato il 5 febbraio 1373), e Repertorium 

Mertonense, cit., pp. 212-217. 


8 Cfr. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek, ms. Amplon. F. 

135, f. 17r: «Explicit quidem tractatus optimus datus Oxonie a mag. 

Wilhelmo de Hytthisburi aD. MCCCXXXV »; cfr. W. ScHum, Be- 

schreibendes Verzeichniss der Amplonianischen Handschriften-Sammlung zu 

Erfurt, Berlin 1887, p. 88. 


84 Cfr. A. Mater, Die Vorliufer Galileis im 14. Jabrbundert, Roma 

1949, p. 303: nel 1343 Gregorio da Rimini cita i Sophiswata di Heytesbury 

nel suo commento alle Sentenze. 



30 Alfonso Maierù 



stati editi a Venezia nel 1494 *), e il trattato De propositionum 

multiplicium significatione, conservato in un solo manoscritto *. 



Riccardo Billingham, poi, fu maestro nelle arti e reggente 

nel 1349 e fellow del Merton College tra il 1344 e il 1361; 

di lui si sono studiati lo Speculumz puerorum sive Terminus est 

in quem e il De sensu composito et diviso”. 



Giovanni Wyclif (} 21 dicembre 1384) compose una Logica 

(o Summula de logica) e tre trattati che vanno sotto il nome di 

Logice continuacio: sono stati tutti pubblicati da M.H. Dziewicki 

in tre volumi compresi nell'edizione delle opere latine di Wyclif 

sotto il titolo Tractatus de logica ®. 



Condiscepolo di Wyclif al Merton College fu Rodolfo Strode 

( 1387), maestro nelle arti, poeta e uomo politico ®: la sua Logica 



85 Cfr. GuiLeLMI HENTISBERI Tractatus de sensu composito et diviso. 

Regulae eiusdem cum suphismatibus [....]. Tractatus HENTISBERI de veritate 

et falsitate propositionis. Conclusiones eiusdem. Impressum Venetiis per 

Bonetum Locatellum sumptibus Octaviani Scoti 1494. I capitoli delle 

Regulae saranno citati autonomamente; essi sono: De insolubilibus, De 

scire et dubitare, De relativis, De incipit et desinit, De maximo et minimo, 

De tribus praedicamentis. 


86 Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. VI, 160 (= 2816), 

ff. 252ra-253vb. 


87 Cfr. A. Marerù, Lo «Speculum puerorum sive Terminus est in 

quem» di Riccardo Billingham, «Studi Medievali», 32 serie, X (1969), 

A Giuseppe Ermini, III, pp. 297-397; notizie biografiche, ivi, pp. 300-301; 

testo dello Speculum puerorum sive Terminus est in quem, ivi, pp. 338-384; 

testo parziale del De sensu composito et diviso (dall’unico ms. noto, Parigi, 

Bibliothèque Nationale, lat. 14715), ivi, appendice B, pp. 387-393. 


88 J. WycLir, Tractatus de logica, Now First Edited from the Vienna 

and Prague Mss. by M.H. Dziewicki, 3 voll, London 1893-99 (First repr. 

New York-London-Frankfurt a. M. 1966): la Logica occupa le pp. 1-74 del 

vol. I; il tr. I Logice continuacio è ivi, pp. 75-120; il tr. II Logice conti- 

nuacio è ivi, pp. 121-234; il tr. III Logice continuacio occupa i voll. IT-III 

dei Tractatus de logica. 


8° Cfr. Dictionary of National Biography, ed. L. Stefen-S. Lee, London 

1908-13, ad /., e EMDEN, op. cit., ad I. 



Terminologia logica della tarda scolastica 31 



in sei trattati (uno dei quali dedicato alle Conseguentiae) è tutta 

conservata nel ms. Bodleian Library, Canon. 219”. 


Un autore del quale non si sa altro se non che fu inglese” 

è Tommaso Maulevelt: i più antichi manoscritti delle sue opere 

logiche, diffuse prevalentemente nell’Europa continentale, sono 

della metà del secolo XIV”. I trattati qui presi in esame sono 



90 Per il testo dei trattati ancora inediti ci serviamo del ms. Oxford 

Bodleian Library, Canon. 219, ff. 13ra-52vb: la successione dei trattati nel 

ms. non è quella voluta dall'autore; qui si darà solo l'indicazione dei ff, 

non del trattato; per il testo delle Conseguentiae ci serviamo della seguente 

ed.: Stroni Consequentie cum commento ALEXANDRI SERMONETE. Declara- 

tiones GAETANI in easdem Consequentias. Dubia Magistri PAULI PERGULEN- 

sis. Obligationes eiusdem Stropi. Consequentie RicarDI DE FERABRICH. 

Expositio GAETANI super easdem. Consequentie subtiles HENTISBARI. Questio- 

nes in Consequentias Strodi perutiles eximii artium doctoris domini ANtoNI 

FracHantiani Vicentini. Impressa fuerunt Venetiis que in hoc volumine 

continentur per Lagarum de Soardis, sumptibus Heredum nobilis viri domini 

Octaviani Scoti civis Modoetiensis et Sociorum 1517 Die 8 Aprilis. 


9! Risulta dai sgg. ms.: Erfurt, Amplon. Q. 255 « Explicit tractatus falla- 

ciatum lectus Lovanii per mag. Thomam Anglicum dictum Manlevel» 

(f. 27), e Amplon. Q. 288 «Hec questiones fuerunt compilate per Thom. 

Manlevel Anglicum doctorem solempnem ». Non serve molto alla identifi- 

cazione del nostro autore quanto si legge in PRANTL, op. cit., IV, p. 210 

(che ricorda il Tractatus obligationum di Martin Molenfelt, per il quale 

cfr. Murtaty, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. 153-155); F. EHRLE, 

Der Sentenzentommentar Peters von Candia des pisaner Papstes Alexander V., 

Miinster W. 1925, pp. 206-207, che identifica Tommaso con Martino; 

GraBMann, Handschriftliche Forschungen und Funde ..., cit., pp. 73 e 84; 

K. MicHarsri, Le criticisme et le scepticisme dans la philosophie du 

XIV siècle, « Bulletin international de l'Académie polonaise des Sciences 

et des Lettres», Classe d’hist. et philos., Cracovie 1925, p. 79, ora in 

La philosophie au XIVE siècle. Six études, herausg. und eingel. von K. Flasch, 

Frankfurt a. M. 1969, p. 147. Ma cfr. J. Pinpore, Die Entwicklung der 

Sprachtheorie ..., cit., p. 146 n. 23; il Pinborg mi ha comunicato le notizie di 

cui a questa e alla seguente n. con lettera del 18.8.70. 


92 Cfr. Gottinga, Universitàtsbibliothek, ms. Theol. 124. 



Vv Alfonso Maierù 



De suppositionibus e De terminis confundentibus®. Un’adeguata 

datazione può essere proposta dopo un accurato esame delle 

sue opere. 


Per la scuola parigina del secolo XIV sono state invece consi- 

derate le opere di tre autori: Buridano, Alberto di Sassonia, 

Marsilio di Inghen. Buridano ( 1358 ca.) fu rettore dell’univer- 

sità nel 1328 e nel 1340; delle sue opere logiche utilizzeremo il 

Compendium logicae* (il Tractatus de suppositionibus sarà citato 



9 L'incipit del trattato De suppositionibus è: « Expedit ut terminorum 

acceptio lucide cognoscatur », e l’explicit: « Utrum istae propositiones de 

virtute sermonis sint verae hoc patebit in libro de Consequentiis et sic 

sit finis huius operis causa brevitatis »; del trattato De terminis confunden- 

tibus l'incipit è: «Affectuose summariam cognitionem terminorum vim 

confundendi habentium », l’explicit: «consequentia negatur quia ante- 

cedens est verum et consequens falsum ». Il secondo trattato rinvia al primo, 

ma i codici consultati presentano varianti a questo proposito: il Vat. lat. 

3065, f. 26ra, ha: «aliquae (sc. regulae) positae sunt in tractatu de 

suppositionibus sic incipiente: Intentionis praesentis in hoc tractatu etc. », 

e ciò è anche (meno «in hoc tractatu etc. ») nell’Amplon. Q. 30, f. 141r; 

il ms. Cracovia, Biblioteka Jagiellotfiska, 1894 ha invece (f. 295v): « incipiente: 

Expedit etc. », mentre i mss. Cracovia 2178 (f. 43v) e 2591 (f. 80r) omettono 

l’incipit, pur conservando il rinvio al De suppositionibus. Il trattato De 

suppositionibus, a sua volta, ha un rinvio all’altro: « [...] de quibus patebit 

[così i mss. Cracovia 2178, f. 40v, e 2591, f. 75v; il Vat. lat. 3065, f. 68ra, 

ha patuit] in libro de terminorum Confusione ». Maulevelt parla dunque 

di tre trattati (De suppositionibus, De terminis confundentibus, De conse- 

quentis) che potrebbero essere parti di un'unica opera logica, o surzzza. 

Utilizzeremo il testo dei due trattati secondo il ms. Vat. lat. 3065 (De ter 

minis confundentibus, ff. 25vb-28ra, e De suppositionibus, ff. 65vb-68rb), 

per il quale cfr. il mio Lo « Speculum puerorum ..., cit., pp. 312-314. 


% Cfr. Joannis BuripaNI Perutile Compendium totius logicae cum 

praeclarissima sollertissimi viri JOANNIS DORP expositione. Impressum Vene- 



tiis per Petrum de Quarengiis Bergomensem. Anno domini 1499, die 

XI Maij, s. pp. 



I '''+—m_—1__ __——___r o_o T_—1-P-P1_1_.u 



Terminologia logica della tarda scolastica 33 



nell’edizione della Reina #), i Sophismata®, le Consequentiae”; 

si ricorderanno anche i Capitula a lui attribuiti dal ms. Vat. lat. 

3065%. Alberto di Sassonia (| 1390) fu anch’egli rettore a 

Parigi nel 1353, quindi, dal 1365, fu rettore dell’università di 

Vienna e poi vescovo di Halberstadt: ricorderemo le sue Quaestio- 

nes in Ochami logicam®, la Logica!” e i Sophismata!". Marsilio 

di Inghen (} 1396), professore a Parigi e rettore dell’università 

nel 1367 e nel 1371, primo rettore dell’università di Heidelberg 

nel 1386, ha lasciato molte opere logiche, ma qui saranno utiliz- 

zati solo i Textus dialectices '. Le opere di questi maestri, per 

la diffusione avuta in tutta Europa, servono a caratterizzare 



8 G. Burano, Tractatus de suppositionibus, prima ed. a cura di 

ME. Reina, « Rivista critica di storia della filosofia », XII (1957), pp. 175- 

208, 323-352. 


9% Burani Sopbismata, per felicem balligault parisius impressa [...] die 

20 Novembris 1493, s. pp. (ma con paginazione a mano nell’esemplare uti- 

lizzato). 


9 Burani Consequentiae. Impressus parisius per Anthonium caillaut, 

s. a. [ca, 1495], s. pp. 


9 Ms. cit., ff. 105-107vb; per essi cfr. G. FepERICI VESCOVINI, Sw 

alcuni manoscritti di Buridano, « Rivista critica di storia della filosofia », 

XV (1960), p. 417. 


9 Per le quali cfr. l’ed. dell’Expositio aurea di Occam (n. 72). 


10 Arsertuci Logica. Perutilis Logica excellentissimi Sacre theologie 

professoris magistri ALsERTI DE SAXONIA ordinis Eremitarum Divi Augustini. 

Impressa Venetiis ere ac sollertia Heredum Domini Octaviani Scoti Civis 

Modoetiensis et sociorum. Anno a Christo ortu 1522. Die XII. mensis 

Augusti. 


101 Cfr. ArseRTI De SaxonIa Sopbismata nuper emendata. Impressum 

est Parisiis hoc opusculum [...] Opera ac impensa Magistri felicis Baligault 

[...] Anno ab incarnatione dominica 1495, s. pp. (ma l'esemplare utilizzato 

ha la paginazione a mano). 


102 Stanno in Parvorum logicalium liber L...] continens perutiles L...] 

Perri HispAnI tractatus priorum sex et [...] MARsILII dialectices documenta, 

cum utilissimis commentariis per [....] CONRADUM PSCHLACHER [...] congestis, 

Viennae Austriae, Johannes Singrenius, 1516. I trattati di Marsilio sono: 

Tractatus suppositionum, ivi, ff. 146v-166r; Tractatus ampliationum, ivi, ff. 



34 Alfonso Maierù 



dottrine ampiamente conosciute e accettate. Non più di un cenno 

è riservato al Tractatus exponibilium di Pietro d’Ailly (} 9 ago- 

sto 1420)!%. 


Il terzo gruppo di autori del secolo XIV è quello italiano. Ma, 

per la verità, solo Pietro di Mantova appartiene al secolo XIV: 

studente a Padova già nel 1387, dal 1392 al 1400 lettore di 

filosofia a Bologna, Pietro ha lasciato una Logica !* di notevole 

interesse che sarà qui più volte citata. Gli altri maestri o vissero 

a cavallo tra il secolo XIV e quello successivo, come Paolo Veneto, 

o sono da assegnare ai secoli XV e XVI. Poiché tuttavia le loro 

opere testimoniano che in Italia l'insegnamento della logica era 

impartito spesso su testi di maestri inglesi o derivati da questi, 

essi sono posti accanto ai maestri del secolo XIV quali loro 

legittimi epigoni. 


Paolo Nicoletti, noto come Paolo Veneto (| 15 giugno 1429), 

studiò, fra l’altro, a Oxford per tre anni, dal 1390!%, e insegnò 

in varie università italiane e soprattutto a Padova; citeremo 



168v-173v; Tractatus appellationum, ivi, ff. 175v-179v; Textus de statu, 

f. 180; Tractatus restrictionum, ivi, ff. 181v-182r; Tractatus alienationum, 

ivi, f. 182v; Prima Consequentiarum pars, ivi, ff. 184r-193r; Secunda Conse- 

quentiarum pars, ivi, ff. 194v-208v. Al titolo Textus dialectices seguirà solo 

l'indicazione dei ff. 


103 Cfr. MacistRI PetrI DE ArLLvAco Tractatus exponibilium, Parisius 

[...] Impressus a Guidone Mercatore. In campo gaillardi. Anno domini 1494 

Id. Octobris, s. pp. (ma l'esemplare consultato ha la paginazione a mano). 


10 Petrus MANTUANUS, Logica. Tractatus de instanti, [ Padova, Johann 

Herbort, 1477-1480]; l’ordine dei trattati è diverso dai mss. alle stampe; 

l’ed. utilizzata è s. pp., ma l'esemplare che ho consultato ha una pagina 

zione a mano; la segnatura della Bibl. Vat. è Ross. 1769; cfr. la bibliografia 

in Lo «Speculum puerorum »..., cit., p. 299 n. 16. 


105 La più completa trattazione d’insieme del pensiero di Paolo Veneto è 

ancora quella di F. MomicLiano, Paolo Veneto e le correnti del pensiero 

religioso e filosofico del suo tempo, Torino 1907; pet il soggiorno ad Oxford, 

cfr. B. NarpI, Letteratura e cultura veneziana del Quattrocento, in La 

civiltà veneziana del Quattrocento, [Firenze 1957], p. 108 e pp. 135-136 

(n. 9), dove si afferma che Paolo rimase a Oxford almeno 3 anni, e si 



Terminologia logica della tarda scolastica 35 



le sue opere: Logica parva!%, Logica magna'!, Quadratura"®. 


Paolo da Pergola (f 30 luglio 1455), fu discepolo di Paolo 

Veneto a Padova e resse dal 1421 al 1454 la scuola di Rialto a 

Venezia !”; la sua Logica segue da vicino la Logica parva del 

suo maestro; il trattato De sensu corpositio et diviso dipende dal- 



l'omonimo trattato di Heytesbury !°; i Dubiz sono legati ai temi 



delle Consequentiae di Strode !!!. 



Altro discepolo di Paolo Veneto fu il vicentino Gaetano 

da Thiene (f 1465), professore a Padova dal 1422, che ha legato 

il suo nome soprattutto al commento delle opere di Heytesbury 

(Regulae e Sophismata); si ricorderà di lui l’Expositio delle Con- 



sequentiae di Strode !!2, 

Il domenicano Battista da Fabriano (f 19 novembre 1446), 



riporta il seguente documento: « Die 31 Augusti 1390: Fecimus studentem 

fratrem Paulum de Venetiis in nostro studio Oxoniensi de nostra gratia 

speciali cum omnibus gratiis quibus gaudent ibidem studentes intranei. Item 

eidem concessimus quod tempore vacationum Lundonis possit libere morati ». 

Cfr. ora A.R. PerreraH, A Biograpbical Introduction to Paul of Venice, 

« Augustiniana », XVII (1967), pp. 450-461. 


16 Pauri VENETI Logica, [Venezia, Cristoforo Arnaldo, ca. 1476], s. pp. 

AI titolo Logica parva seguirà solo l’indicazione del trattato. 


107 Pauri Veneti Logica magna. Impressum Venetiis per diligentissimum 

virum Albertinum Vercellensem Expensis domini Octaviani Scoti ac eius 

fratrum (sc. opus) feliciter explicit Anno D. 1499 Die 24 octobris. 


108 Macistri Pauri VenETI Quadratura. Impressum Venetiis per Bone- 

tum Locatellum Bergomensem iussu et expensis Nobilis viri Octaviani Scoti 

civis Modoetiensis. Anno ut supra [1493]. 


10 Cfr. B. NARDI, op. cit., pp. 111-118. 


110 Cfr. Pau or PercuLA, Logica and Tractatus de sensu composito 

et diviso, ed. M.A. Brown, St. Bonaventure N.Y.-Louvain-Paderborn 1961. Si 

tenga presente anche I. Bon, Paul of Pergula on Suppositions and Conse- 

quences, « Franciscan Studies », XXV (1965), pp. 30-89. 


111 Cfr. per l’ed. dei Dubia, n. 90. 


112 Cfr. su Gaetano da Thiene: P. Silvestro DA VaLsanziBIo, Vita e 

dottrina di Gaetano da Thiene, Padova 1949; per l’ed. dell’Expositio (che 

citeremo col titolo Super Consequentias Strodi), cfr. n. 90. 



36 Alfonso Maierù 



professore di filosofia e teologia a Padova, Siena, Firenze e Fer- 

rara, cominciò la sua carriera accademica un decennio dopo Gaeta- 

no da Thiene; compose, fra l’altro, una Expositio del De sensu 

compositio et diviso di Heytesbury !!3. 


Il senese Alessandro Sermoneta (‘* 1486), « magister artium 

et medicinae », figlio del medico Giovanni, insegnò a Perugia, poi 

a Pisa (per quattro anni) e finì la sua carriera a Padova (dal 

1479) !4; ricorderemo i suoi due scritti di logica: Super Conse- 

quentias Strodi!5 e Expositio in tractatum de sensu composito 

et diviso Hentisberi!*, 


Un’Expositio dello stesso trattato De sensu composito et divi- 

so scrisse anche il carmelitano senese Bernardino di Pietro Lan- 

ducci (f 28 marzo 1523), che divenne generale del suo ordine 

nel 1517 !”, 



113 Cfr. J. Quérrr-J. Ecuarp, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lute- 

tiae Parisiorum 1719, p. 847; G. Brorto-G. ZonTA, La facoltà teologica di 

Padova, I (secc. XIV-XV), Padova 1922, p. 166; M.E. Cosenza, Biographical 

and Bibliographical Dictionary of Italian Humanists and of the World 

of Classical Scholarship in Italy, 1300-1800, 6 voll., Boston 1962-67, ad 

L’ed. dell’Expositio è in Tractatus de sensu composito et diviso magistri 

GuLieLMI HENTISBERI cum expositione infrascriptorum, videlicet: Magistri 

ALEXANDRI SERMONETE (impressum Venetiis per Jacobum Pentium de Leuco, 

a. d. 1501, die XVII julii), Magistri BERNARDINI PETRI DE LANDUCHES (... a. 

d. 1500, die XX novembris), Magistri PauLi PercuLENSIS et Magistri 

Bapriste DE FABRIANO (...a. d. 1500, die III decembris). Si veda ora L. GAR- 

can, Lo studio teologico e la biblioteca dei Domenicani a Padova nel Tre e 

Quattrocento, Padova 1971, pp. 70-73 (Battista da Fabriano). 


114 Cfr. J. FaccioLATI, Fasti Gymnasii Patavini, I, Patavii 1757, p. 132; 

A. FagroNI, Historiae Academiae Pisanae volumen I, Pisis 1791, pp. 343- 

344; G. Ermini, Storia dell’università di Perugia, Bologna 1947, p. 501. 


115 Cfr. l’ed. cit. inn. 90. 


116 Cfr. l’ed. cit. in n. 113. 


117 Cfr. l’ed. del testo in n. 116; si vedano per le notizie biografiche: 

J. TritHEMIUS, Carmelitana Bibliotheca sive illustrium aliquot Carmelitanae 

religionis scriptorum et eorum operum catalogus [...] magna ex parte auctus 

[...] auctore P. Petro Lucio BeLGA, Florentiae apud Georgium Marescottum 



Terminologia logica della tarda scolastica 37 



Contemporaneo del Landucci dovette essere il lodigiano Bas- 

sano Politi « artium et medicinae doctot »: alunno di Gero- 

lamo Marliani !!8, insegnò calculationes a Pavia! e compose vati 

trattati di logica: un De sensu composito et diviso !®, una decla- 

ratio della Logica parva di Paolo Veneto! e una Quaestio de 

modalibus, che sarà qui utilizzata, scritta al tempo di Alessan- 

dro VI Borgia (1492-1503) !2. 


Infine, Benedetto Vettori, di Faenza (1481-12 febbraio 1561), 

insegnò logica (1503-05), filosofia (fino al 1511) e medicina 

(1512-31) a Bologna, medicina a Padova (1531-39) e poi di 



1593, pp. 20-21; C. ne VrrLiers, Bibliotheca Carmelitana [....], I, Aurelianis 

1752 (ed. anast. Romae 1927), nr. LXV, 267-269. 


118 Bassani Porti Quaestio de modalibus, Venetiis apud Bonetum 

Locatellum 1505; l'incipit è (ivi, f. 2ra): « Excellentissimi doctoris magistri 

Bassiani Politi Laudensis quaestio de numero modorum facientium sen- 

sum compositum et divisum. Quaestio est difficilis in materia de modalibus, 

utrum tantum sex [....] », l’explicit è (ivi, f. 4rb): «[...] iam patet ex dictis 

quid sit dicendum. Finis »; cfr. ivi la lettera dedicatoria a Rodrigo Carvajal, 

dalla quale risulta che fu alunno di Gerolamo Marliani, vivente quando l’au- 

tore scriveva (insegnò a Pavia nel 1486-87 e nel 1507: cfr. Memorie e docu- 

menti per la storia dell'università di Pavia [...], Pavia 1878, ad I.), figlio 

di Giovanni Marliani (per il quale cfr. M. CLaceTT, Giovanni Marliani and 

Late Medieval Physics, New York 1941. Sul Politi cfr. C. DionisortI, Er- 

molao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi 

in onore di B. Nardi, Firenze [1955], pp. 238 sgg. 


119 Cfr. Quaestio de modalibus, cit., f. 3va: « Pro cuius declaratione prae- 

suppono mihi unum fundamentum Petri Mantuani in primo capitulo De 

instanti anno elapso dum Papiae calculationes profiterer per me fortissimis 

rationibus comprobatum »; il suo Tractatus proportionum introductorius ad 

Calculationes Suiset è edito insieme con la Quaestio ai ff. 4va-8vb. 


120 Quaestio, cit., f. 3va: «[...] stante fundamento diffuse declarato in 

tractatu nostro De sensu composito et diviso », e f. 4rb: « Hoc autem diffuse 

declaravimus in tractatu nostro De sensu composito et diviso ». 


121 Ivi: «[...] optime poteris sustentare definitionem Pauli de supposi- 

tione absque aliqua limitatione, ut diffuse contra modernos declaravimus 

super Logica patva ». 


12 Ivi, f. 3va: « Alexandro nunc summo pontifice ». 



38 Alfonso Maierù 



nuovo a Bologna !*; ha lasciato molte opere di medicina e due 

opere logiche, composte entrambe al tempo in cui insegnava 

logica a Bologna: la prima è Collectaneae in suppositiones Pauli 

Veneti, la seconda è Opusculum in Tisberum de sensu composito 

et diviso; utilizzeremo solo quest’ultima. 


Non di tutti questi trattati si troverà qui un’analisi appro- 

fondita, ma ad alcuni si farà solo un riferimento. 



3. La logica medievale come logica ‘formale’ 



La struttura della sumzzzula, o summa, nel secolo XIV ha subìto 

una notevole evoluzione: mentre nei secoli XII e XIII essa risul- 

tava composta, come s'è detto, di alcuni trattati che riassumevano 

le dottrine dell’Isagoge e dell’Organon (in questo caso, l’esposi- 

zione del De interpretatione occupava il primo posto) ai quali 

seguivano altri trattati sulle proprietates terminorum, con la 

Summa logicae di Occam cade la distinzione tra elementi della 

logica antiqua ed elementi della logica moderna; la materia è 

ristrutturata, secondo un criterio ‘naturale’, in tre parti che 

studiano rispettivamente l’elemento più semplice o termine, la 

proposizione, il sillogismo o strutture logiche complesse !5. Questo 

criterio ‘naturale’ non corrisponde alla distinzione tra logica ele- 

mentare o degli enunciati e logica dei predicati. 


Ma con il De puritate artis logicae di Burleigh si fa un passo 



13 Cfr. S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni 

della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bolo- 

gna 1847, nr. 2450, p. 321. 3 


14 Cfr. per entrambe: BenEDICTI VICTORII BononiensIS Opusculum in 

Tisberum de sensu composito ac diviso cum eiusdem collectaneis in suppo- 

sitiones Pauli Veneti. Expositio Benedicti Victorii Bononiensis ordinariam 

(?) logicae Bononiae publice profitentis feliciter explicit. Laus deo. Finis. 

Bononiae 1504. 


125 Cfr. Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 82-83. 



Terminologia logica della tarda scolastica 39 



avanti. L’opera, si è detto, ci è pervenuta in due redazioni: se 

il tractatus longior risulta di due trattati (de proprietatibus termi- 

norum e de propositionibus et syllogismis bypotheticis) e risente 

ancora del criterio ‘naturale’ che presiede alla Summa logicae di 

Occam, il tractatus brevior avrebbe dovuto risultare di quattro 

parti, dedicate rispettivamente alle regulae generales (e cioè 

consequentiae, syncategoremata e suppositiones), all’ars sophistica 

(dottrina delle fallaciae), all’ars exercitativa (o de obligationibus) 

e all’ars demonstrativa (o sillogismo)!%. Nel iractatus brevior, 

dunque, la distribuzione della materia non obbedisce più che a 

criteri puramente logici, ponendo in primo piano la logica degli 

enunciati. 


Ma per avere un quadro più completo delle modificazioni 

subite dall'impianto dei manuali di logica del secolo XIV, è oppor- 

tuno accennare ancora alla struttura di due opere. Le Regulae 

solvendi sophismata di Heytesbury sono una surzzza !” (ma vanno 

anche sotto il nome di Logica !*), ma della summa tradizionale 

conservano ben poco; si articolano infatti in sei capitoli, dedi- 

cati agli insolubilia, al de scire et dubitare, alla supposizione del 

relativo (de relativis), alla expositio de incipit et desinit, ai 

problemi de maximo et minimo e a quelli, compresi nell’ultimo 

capitolo (de tribus praedicamentis), relativi al moto locale, quan- 

titativo (de augmentatione) e qualitativo (de alteratione). Più 

tradizionale la distribuzione della Logica di Strode: in un primo 

trattato l’autore ricapitola la materia dei seguenti libri: De inter- 

pretatione (con in più la trattazione delle proposizioni ipotetiche), 

Isagoge, Categorie e Primi analitici, nel secondo si toccano i 

seguenti argomenti: termine, proposizione, de obligationibus (è, 



126 Cfr, l’Introduction del Bonner a W. BurLEIGH, op. cif., pp. VI-XI. 


127 Op. cit., f. 4va: «[...] traderem brevi summa» e «Et in sex capi- 

tula nostram dividens summulam [...] ». 


128 Così, secondo ScHum, op. cit., p. 88, è nel cit. ms. Erfurt, Amplon. 

F. 135. 



40 Alfonso Maierù 



questo, un trattato dedicato, come avverte l’autore, ai « principia 

logicalia » e che deve servire ad introdurre i giovani « in tracta- 

tus graviores» !®); seguono gli altri quattro trattati: conseguentiae 

de suppositionibus et exponibilibus, obligationes, insolubilia. i 


Si può notare che in queste opere nuove esigenze e nuovi 

problemi si fondono con esigenze tradizionali d’insegnamento. Ma 

emerge sempre più l’affermarsi della logica degli enunciati o 

consequentiae rispetto alla logica dei termini, giacché la logica 

dei termini è sottoposta a verifica mediante consequentiae. 

Ciò è stato già rilevato a proposito della suppositio ®, ma 

trova ora nuove conferme soprattutto nella dottrina della pro- 

batio propositionis: la logica elementare, specie nella probatio, 

è il presupposto indispensabile di tutta l’articolazione del discorso 

logico e delle analisi proposte. Contemporaneamente, anche a 

livello di organizzazione di un corpus di dottrine logiche, la 

consequentia va a prendere il primo posto; si è ricordata la 

collocazione che essa ha nel tractatus brevior De puritate artis 

logicae di Burleigh; ma si pensi che, spesso, il sillogismo è 

considerato, come dev'essere, un tipo di conseguentia (Riccardo 

di Campsall parla di « consequencia sillogistica » ! e Alberto 

di Sassonia ha « de consequentiis syllogisticis »!*) fino a giungere 

con Alessandro Sermoneta, all’affermazione del primato delle 

consequentiae rispetto ai sillogismi: le corseguentiae sono « com- 

munissima pars libri Priorum, aut ad ipsum isagogicon » !*. 


Tutto ciò è testimonianza di un lavoro che lungo i secoli 



Fa Cfr. Logica, cit., f. 19vb: «Et haec dicta de principiis logicalibus 

ad iuvenum introductionem in tractatus graviores sufficiant ». 


19 Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 29-31. 


131 Cfr. Questiones ..., cit., 12.34, p. 205. 

{ sa” Logica, IV, 7: De consequentiis syllogisticis hoc est de syllogismis, 

. 28vb. 

È 133 Cfr. Super Consequentias Strodi, cit., f. 2ra: « Ad secundum dico 

libellum hunc esse communissimam partem libri Priorum aut ad ipsum 

isagorgicon (!), et per consequens immediate postponi debere ad librum 



Terminologia logica della tarda scolastica 41 



ha avuto di mira l’identificazione di ‘strutture’ logiche sulle quali 

fosse possibile ‘operare’. Ma è ben noto che la logica è, nel medio- 

evo, una delle arti del trivio e ha per oggetto il linguaggio (è quin- 

di una scientia sermocinalis) come la grammatica e la retorica, dif- 

ferendo però da esse perché la logica mira a discernere le proposi- 

zioni vere da quelle false, mentre la grammatica e la retorica 

insegnano, rispettivamente, a servirsi del linguaggio con corret- 

tezza e con eleganza; a sua volta, il linguaggio oggetto d’indagine 

è una lingua storica, il latino. È da chiedersi perciò fino a che 

punto i risultati dello sforzo compiuto per identificare strutture 

linguistiche sulle quali fosse possibile operare validamente da 

un punto di vista logico autorizzino a patlare di ‘logica formale’ 

nel medioevo; o, in altri termini, se le ‘strutture’ siano autentiche 

‘forme’, siano trattate senza far riferimento al significato delle 

parole e al senso delle espressioni 14. Quando si cerca una rispo- 

sta, la difficoltà maggiore s'incontra, come si sa, nel fatto che la 

proposizione studiata dai medievali ha un ineliminabile importo 

esistenziale, per cui elementi extralogici (ontologici, gnoseologici) 

finiscono per condizionare la trattazione della logica. È tuttavia 

utile indicare alcuni elementi che documentano il progressivo affer- 

marsi di una concezione formale della logica. Oltre alla distinzione, 

troppo nota, tra ‘materia’ e ‘forma’ di un argomento, che circola 

per tutto il medioevo, ricordiamo che Buridano considera la 

copula est « formale propositionis » !%: essa cioè è l’elemento 



Periermenias et anteponi ad librum Topicorum, Elenchorum et Posteriorum. 

Patet hic ordo, quia de consequentia hic tamquam de subiecto agitur, quae 

communiot est omni specie argumentationis seu syllogismo simpliciter, de 

quo agitur in libro Priorum ». Cfr. Moopy, Truth and Consequence ..., 

cit., p. 10. 


134 Cfr. R. CarnaP, Sintassi logica del linguaggio, tr. it. A. Pasquinelli, 

Milano 19662, p. 33. 


135 Cfr. Tractatus de suppositionibus, cit., p. 193: «[...] cum copula 

debeat esse formale propositionis {...] »; la Reina legge: «esse (verbum) 

formale », ma l'integrazione è superflua. Ma v. BURIDANO, Consequentiae, cit., 



tei Alfonso Maierù 



formale della proposizione categorica o atomica; che Alberto 

di Sassonia parla di « formale propositionis » per le ipotetiche 1%: 

sono tali le particelle sincategorematiche (come si, vel) che fun- 

gono da connettivi tra proposizioni atomiche in modo da formate 

proposizioni molecolari; che Heytesbury usa il termine forzza per 

indicare una struttura logica, considerata solamente dal punto 

di vista operativo, nella quale le variabili stanno per proposi- 

zioni !”. Il progressivo, cosciente affermarsi del primato della 

logica degli enunciati va dunque di pari passo con l’individuazione 

di ‘forme’ logiche. Infine, in un testo in cui si discute della 

diversità delle logiche, proprie delle varie scienze, all’interno del- 

l’unica (uziversalis) logica comune a tutte le scienze, e quindi 

della diversità della « rationalis logica fidei » e della « logica 

naturalis » ‘*, Roberto Holcot scrive: « Sed quid est dicendum: 

estne logica Aristotelis formalis, an non? Dico, quod si non vis 



I, 7 (distingue tra ‘materia’ e ‘forma’ della proposizione o della consequentia 

e precisa quali elementi siano da considerare spettanti alla forma). 


156 Cfr. Sophismata, cit., II, 8° «Non Socrates currit vel non curtit », 

f. [4lra]: «[...] quia formale, scilicet nota disiunctionis, in utraque affir- 

matur », e 9° « Non aliquis homo currit si aliquod animal currit », f. [4lra-b]: 

«[..] eo quod in illo sensu negatio cadit supra formale propositionis, scilicet 

supra notam conditionis ». 


157 Cfr. cap. VI, app. 2, nn. 8 e 9 (in entrambi i casi si tratta della 

proposizione copulativa). 


158 Cfr. RosertI HoLcor Opus questionum ac determinationum super 

libros Sententiarum, Lugduni 1518, I Sent., q. 5J: « Eodem modo rationalis 

logica fidei alia debet esse a logica naturalis. Dicit enim Commentator secundo 

Metaphysicae commento XV quod quaedam logica est universalis omnibus 

scientiis, et quaedam propria unicuique scientiae; et si hoc est verum, a 

multo fortiori oportet ponere unam logicam fidei, et similiter alia logica 

utitur obligatus certa specie obligationis, et alia libere respondens secundum 

qualitatem propositionum. Modo philosophi non viderunt aliquam rem esse 

unam et tres; ideo de ea in suis regulis mentionem non fecerunt. Sunt igitur 

in logica fidei tales regulae: quod omne absolutum praedicatur in singulari 

de tribus, et non in plurali; alia, quod unitas tenet suum consequens, 

ubi non obviat relationis oppositum. Et ideo, concessis praemissis dispositis 



Terminologia logica della tarda scolastica 43 



vocare logicam formalem nisi illam, quae tenet in omni “agi 

sicut dicit Commentator primo Physicorum commento XXV: er- 

mo concludens per se debet concludere in omni materia, tune 

patet, quod non. Si vis vocate logicam formalem illam, quae per 

naturalem inquisitionem in rebus a nobis sensibiliter a non 

capit instantiam, dico quod sic » !®: secondo Holcot, la logica 

aristotelica è logica naturale, e la sua validità non trova ecce- 

zione nell’ambito della nostra esperienza; essa è quindi formale 

nell'ordine della natura; ma la logica aristotelica non è una logica 

universale valida « in ogni materia » (non è applicabile, ad tr 

pio, al dato rivelato, come al problema della trinità) e in tal 

senso non è ‘logica formale’. Forse altri testi potranno ts 

mentare meglio e chiarire con quale coscienza i maestri Fa ev 


si servissero dei propri strumenti scientifici, e quindi della logica 

Ma sembra incontestabile che qui s’affaccia 1 esigenza di una 

logica formale, la cui validità si estenda ad ogni campo del sapere 

e non dipenda dalle particolarità della materia trattata, De sia 

cioè condizionata dai princìpi di questa, ma ubbidisca solo ai 



propri princìpi. 



Prima di concludere, è il caso di spendere qualche parola per 

presentare questo lavoro e per collocarlo in rapporto ai temi ora 



accennati. na . 

Ciascuno dei capitoli nei quali esso si articola è dedicato ie 

studio di un termine o gruppo di termini, e quindi di una dot- 



in modo et in figura, negatur conclusio, quia in conclusione obviat cera 

oppositio; sicut si arguitur sic: haec essentia est pater, haec essentia t.- 

filius, ergo filius est pater; et utraque praemissarum est vera, et app: 

ispositio tertiae figurae ». . 


de" Ivi (continuaz. del testo della n. prec.). Il passo è gar w 

F. Horemann, Robert Holcot. Die Logik in der Theologie, in Lo ssd 

Mediaevalia, 2: Die Metaphysik im Mittelalter. Vortrige des si mi 

nalen Kongresses fiir mittelalterliche Philosophie (Kéln 31 Aug.-6 Sept. 9 

herausg. P. Wilpert-W.P. Eckert, Berlin 1963, p. 633. 



44 Alfonso Maierà 



trina, che ha un certo rilievo nel quadro dell’insegnamento logico 

della tarda scolastica. L’ordine con cui si succedono i capitoli 

non è quello strettamente alfabetico: il criterio alfabetico si com- 

pone con quello dell’affermarsi cronologico delle dottrine; la com- 

binazione dei due criteri ha portato a una disposizione che, pur 

salvando la varietà dei temi trattati, forse conferisce una certa 

unità all’esposizione. 


Nel secolo XIV le dottrine, proprie della logica modernorum, 

relative ai termini e alle proposizioni hanno trovato una partico- 

lare sistemazione in due specie di trattati che corrispondono a 

diversi punti di vista: uno è quello fornito dal de sensu composito 

et diviso (si pensi al trattato di Heytesbuty), l’altro corrisponde 

a quello della probatio propositionis (quale si trova, ad esempio, 

nello Speculum di Billingham). Si è dato un certo rilievo a questi 

temi per due motivi: primo, perché sembra siano le dottrine verso 

le quali confluiscono le altre (si vedano i rapporti tra appellatio 

e senso composto e senso diviso, tra ampliatio e propositio 

modalis, tra suppositio confusa, descensus e probatio, tra propo- 

sitio modalis e probatio, tra la dottrina della probatio e quella 

del senso composto e del senso diviso: è una fitta rete di nessi 

che corre da un tema all’altro); secondo, perché i due punti di 

vista, in certo senso concorrenti, finiscono per unificatsi (il de 

sensu composito et diviso è in genere analizzato per mezzo della 

dottrina della probatio dai maestri italiani dei secoli XV e XVI) 

e il rapporto tra di essi costituisce uno dei temi più interessanti 

della logica della tarda scolastica. 


I primi tre capitoli (rispettivamente appellatio, ampliatio- 

restrictio, copulatio) affrontano una problematica che, pur pre- 

sente nella tarda scolastica, non ha ricevuto un impulso notevole 

in quel periodo; essi infatti svolgono una tematica caratterizzante le 

prime discussioni sulle proprietates terminorum. Segue un quarto 

capitolo che studia un aspetto della suppositio; la dottrina della 

suppositio rappresenta il frutto più maturo dei parve logicalia e 



Terminologia logica della tarda scolastica 45 



apre la strada allo studio dei termini dal punto di vista della 

logica degli enunciati; qui se ne tratta un capitolo particolare, la 

confusio, al quale i logici della tarda scolastica fanno continua- 

mente riferimento e che mostra la tendenza a una nuova organiz- 

zazione della dottrina in un quadro più ampio. Seguono gli ultimi 

tre capitoli, dedicati alla propositio modalis, alla probatio propo- 

sitionis, al sensus compositus e al sensus divisus, che dovrebbero 

meglio documentare la capacità di analisi dei maestri medievali 

alle prese con un linguaggio storico mentre aspiravano a fondare 

un linguaggio ‘scientifico’. 


Quanto di tutto ciò la logica derivi dalle dottrine gramma- 

ticali si vedrà nei singoli casi. Il De Rijk, nel primo volume della 

sua Logica modernorum, ha fatto un primo bilancio dei termini 

che la logica fa propri ricavandoli dalla grammatica: di essi ricor- 

diamo suppositio, appositio, appellatio, implicatio, incongruus!®. 

Ma bisogna aggiungere che la logica necessariamente fa leva sulle 

dottrine grammaticali nella sua indagine sulle strutture linguistiche; 

si pensi allo studio delle parti del discorso, in particolare del 

nome con i suoi casi (si veda la funzione dei casi obliqui in con- 

trapposizione al caso rectus), e del verbo e del tempo di esso; 

del pronome relativo in rapporto al problema della supposizione; 

si pensi al rapporto tra forma avverbiale e forma causalis o 

nominale del ‘modo’; e, ancora, a quanto siano presenti le dot- 

trine delle costruzioni grammaticali, indipendenti (nella forma 

attiva o passiva) e dipendenti (dictu72) e, in particolare, all’impor- 

tanza che esse rivestono per l’esame del senso composto e del 

senso diviso. 


Il lettore vedrà se, e quale, utilità possa venire alla discus- 

sione di problemi affrontati da logici e linguisti del nostro 

tempo dalla lettura di testi del genere. Segnaliamo soltanto alcuni 

punti nei quali il confronto risulta immediatamente interessante: 



140 Op. cit., I, pp. 20-22; ma cfr. tutta la prima parte del secondo volume 

della stessa opera. 



46 Alfonso Maierù 



la dottrina dell’impositio di cui si parla nel nostro capitolo primo 

richiama alla mente la critica della dottrina del nome avanzata dal 

Wittgenstein !; la «consignificatio temporis» è negata’ dal 

Russell !*; la dottrina della copula e della predicazione, di cui 

fra l’altro al capitolo terzo, può essere esaminata alla luce del- 

l’ontologia di Lesniewski, come ha fatto D.P. Henty!#*; per 

quanto riguarda la logica delle modali si veda l’ultimo paragrafo 

del capitolo quinto; in rapporto al capitolo sesto, si veda l'esame 

dei particolari egocentrici e degli atteggiamenti enunciativi operata 

da Russell !*. Si tratta solo di alcuni argomenti e punti di contatto 

che permettono però di notare come il ripropotsi, a distanza di 

tanti secoli, degli stessi temi sottolinei quanto siano insoddisfa- 

centi le formulazioni e le soluzioni finora affacciate, se la ricerca 

intorno ad essi continua con impegno. 



141 Cfr. Ricerche filosofiche, ed. it. a cura di M. Trinchero, Torino 1967: 

ad es., $ 40, pp. 31-32. 


14 Cfr. A Inquiry into Meaning and Truth, tr. it. di L. Pavolini col 

titolo Significato e Verità, Milano 1963, p. 144. 


143 Cfr. Henry, The « De Grammatico » of St. Anselm. The Theory of 

Paronymy, Notre Dame Ind. 1964, pp. 122 sgg., che utilizza C. LEJEWSKI, 

On Lesniewski's Ontology, « Ratio », I, 1958. 


14 Op. cit., cap. VII (pp. 138-147) per i particolari egocentrici, e pp. 88 

sgg., 209 sgg., 230 sgg. per gli atteggiamenti enunciativi. 



APPELLATIO 



1. « Appellatio »—mpoonyopia nell'antichità 



Il valore primo e fondamentale dei termini appellatio e 

appellare è, rispettivamente, ‘atto del nominare’ o semplicemente 

‘nome’, e ‘nominare’, ‘designare’ !. 


Ma appellatio rende il greco rpoonvopia ?, fra l’altro, in due 

contesti: quello aristotelico delle Categorie e quello stoico delle 

dottrine grammaticali. In rapporto al testo aristotelico e all’in- 

segnamento stoico si sono costituite due tradizioni; di esse la 

più antica, e più ampiamente testimoniata, è senza dubbio 

la seconda. Un primo cenno si trova in Quintiliano, il qua- 

le, discutendo del numero delle parti del discorso, si chiede 

se npoonvopia sia da considerare una specie di nome o una auto- 

noma parte del discorso (in questo secondo caso, romzen è quella 

parte del discorso indicante una qualità propria, individuale, 

esempio: ‘Socrate’, mentre appellatio è la parte del discorso indi- 

cante una qualità comune, esempio: ‘uomo’), e se il termine 

npoonvopia sia da rendere indifferentemente con vocabulum o 



1 Cfr. Thesaurus linguae latinae, s. vv. appellare, appellatio. 


2 Cfr. però L. ApAmo, Boezio e Mario Vittorino traduttori e interpreti 

dell’« Isagoge» di Porfirio, «Rivista critica di storia della filosofia », 

XXII (1967), p. 159, il quale rileva che Vittorino rende « prevalentemente » 

xamyopeiv con appellare, xaxmyopla con appellatio, xatnYyopobpevos con 

appellativus. 



48 Alfonso Maierù 



appellatio, oppure se vocabulum debba essere distinto da appel- 

latio, indicando il primo termine i nomi comuni di corpi, visibili 

e tangibili, e il secondo i nomi comuni di cose invisibili e non 

tangibili 5. 


Come è noto, per i grammatici della tarda antichità il nomen 

può essere proprium o appellativum; il primo designa i nomi di 

persona, l’altro i nomi comuni: la dottrina stoica è qui evidente- 

mente ripresa ‘; in questo contesto è frequente il richiamo, esplicito 



3 Institutiones oratoriae libri XII, ed. L. Radermacher, Lipsiae 1945, 

I, 4, 19-21, vol. I, p. 25: «Paulatim a philosophis ac maxime Stoicis 

auctus est numerus (sc. partium orationis), ac primum convinctionibus arti- 

culi adiecti, post praepositiones: nominibus appellatio, deinde pronomen, 

deinde mixtum verbo participium, ipsis verbis adverbia. noster sermo arti- 

culos non desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit 

superioribus interiectio. alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus octo 

partes secuti sunt, ut Aristarchus et aetate nostra Palaemon, qui vocabulum 

sive appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius, at ii, qui 

aliud nomen, aliud vocabulum faciunt, novem. nihilominus fuerunt, qui 

ipsum adhuc vocabulum ab appellatione diducerent, ut esset vocabulum 

corpus visu tactuque manifestum ‘domus lectus’, appellatio, cui vel alterum 

deesset vel utrumque ‘ventus caelum deus virtus’. adiciebant et adseveratio- 

nem,ut ‘eheu’, et tractionem ut ‘fasciatim’: quae mihi non adprobantur. 

vocabulum an appellatio dicenda sit tpoonyopla et subicienda nomini necne, 

quia partvi refert, liberum opinaturis relinquo ». 


Ma appellatio vale nomen per Quintiliano: cfr. ivi, XII, 10, 34, vol. II, 

p. 408: «res plurimae carent appellationibus ». Più generalmente, per il 

valore del termine in retorica, cfr. H. Lausserc, Handbuch der literarischen 

Rbetorik. Eine Grundlegung der Literaturwissenschaft, Miinchen 1960, 

Registerband, p. 648. 


4 Stoicorum veterum fragmenta, ed. J. von Arnim, III, Lipsiae 1903, 

p. 213, $ 21 Diocles Magnes apud Diog. Laért. VII, 57: toù Sì Xbyov 

tori pépn Evie, die gno Avoyévne TE Èv TD Tepi pwviig xa Kpbatrrog * 

$voua, mpoonvopia, pfua, oiviecos, &pipov e $ 22: Diocles Magnes 

apud Diog. Laért. VII, 58: tot Sì mpoonyopla pév, xatà tèv Atovivnv, 

pépos Xbyov omuatvov xouviy Toubenta, olov “Uvapwroc”, “Immoc”. 

dvopa SE tot pepog Abyov SnXoiy idtav mowrtnta, olov Atoyévng, 

Zwxpktng. Presso gli stoici, come si vede, tpoonyopia è parte del discorso 

accanto a $vopua, non una sottoclasse di esso, come sarà per i latini. 



Terminologia logica della tarda scolastica 49 



o implicito, alla distinzione tra vocabulum e appellatio®. 

La tradizione aristotelica è legata a due passi delle Categorie. 

Nel capitolo 1 Aristotele pone la definizione dei termini denomi- 



Prisciano però ripete la dottrina originale: op. cit., II, 16 in Grammatici 

latini, II, cit., p. 54: « Secundum stoicos vero quinque sunt eius (sc. ora- 

tionis) partes: nomen, appellatio, verbum, pronomen sive articulus, co- 

niunctio. nam participium connumerantes verbis participiale verbum voca- 

bant vel casuale [....]» (e aggiunge, ivi, XI, 1, in Grammatici latini, II, 

cit., pp. 548-549: « Sic igitur supradicti philosophi [sc. stoici] etiam parti- 

cipium aiebant appellationem esse reciprocam, id est dvTavaNALO TOY 

mpoomyoplav, hoc modo: ‘legens est lector? et “lector legens’, ‘cursor est 

currens’ et ‘currens cursor’, ‘amator est amans’” et ‘amans amator’ vel 

nomen verbale vel modum verbi casualem »). 


5 La lettura di alcuni passi dei grammatici mostra quanto fosse artico- 

lata la discussione relativa a appellatio in rapporto al nome (per altre occor- 

renze, cfr. Thesaurus linguae latinae, sv. appellatio):  DiomEDIS Artis 

grammaticae libri III, ex rec. H. Keilii, I, in Grammatici latini, cit., I, 

Lipsiae 1857, p. 320: dopo aver definito il zomen « pars orationis cum 

casu sine tempore rem corporalem aut incorporalem proprie communiterve 

significans », aggiunge: «Sed ex hac definitione Scaurus dissentit. separat 

enim a nomine appellationem et vocabulum. et est hotum trina definitio 

talis: [...] appellatio quoque est communis similium rerum enuntiatio specie 

nominis, ut homo vir femina mancipium leo taurus [....]. item vocabulum est 

quo res inanimales vocis significatione specie nominis enuntiamus, ut atbor 

lapis herba toga et his similia »; ma cfr. p. 322: « Appellativa nomina sunt 

quae generaliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur, 

quarum altera significat res corporales, quae videri tangique possunt (i 

altera incorporales, quae intellectu tantum modo percipiuntur, verum neque 

videri nec tangi possunt [...] »; Ex CWarISsII arte grammatica excerpta, ivi, 

p. 533: «Nomina aut propria sunt aut appellativa » e « Appellatio dicitur 

quidquid praeter proprium nomen est. appellativa nomina sunt quae gene- 

raliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur. alia enim 

significant res corporales, quae videri tangique possunt, et a quibusdam 

vocabula appellantur, ut homo arbor pecus; alia quae a quibusdam appel- 

lationes dicuntur et sunt incorporalia, quae intellectu tantum modo perci- 

piuntur, verum neque videri nec tangi possunt, ut est pietas iustitia. ea 

nos appellativa dicimus »; PrIScIANO, op. cit., II, 17-18, in Grammatici 

latini, II, cit., pp. 54-55: «Quidam autem novem dicebant esse partes 

orationis, appellationem addentes separatam a nominibus, alii autem decem 



50 Alfonso Maierà 



nativi o paronimi (distinguendoli da quelli univoci e da quelli 

equivoci) nel seguente modo (secondo la traduzione di Boezio): 



Denominativa vero dicuntur quaecumque ab aliquo solo differentia 

casu secundum nomen habent appellationem [tv xatà tobvoua mpoo- 

myopiav éxe], ut a grammatica grammaticus, et a fortitudine fortis . 



Sono partonimi quei termini che hanno appellazione, cioè trag- 

gono la loro funzione del nominare e quindi la loro forma lingui- 



[...], alii undecim [....]. his alii addebant etiam vocabulum et interiectionem 

apud Graecos [...]. Proprium est nominis substantiam et qualitatem signifi- 

care. hoc habet etiam appellatio et vocabulum: ergo tria una pars est 

orationis », e $ 24, ivi, p. 58: «Hoc autem interest inter proprium et 

appellativum, quod appellativum naturaliter commune est multorum, quos 

eadem substantia sive qualitas vel quantitas generalis specialisve iungit 

[...]»; Donato, Ars grammatica, cit., Il, 2, in Grammatici latini, IV, cit., 

p. 373: « Nomen unius hominis, appellatio multorum, vocabulum rerum est. 

sed modo nomina generaliter dicimus. Qualitas nominum bipertita est, aut 

enim propria sunt nomina aut appellativa [...]. appellativorum nominum 

species multae sunt. alia enim sunt corporalia [...] alia incorporalia [...] »; 

Pompei Commentum Artis Donati, ex rec. H. Keilii, in Grammatici latini, 

cit., V, Lipsiae 1868, p. 139: «Qualitas nominum principaliter dividitur in 

duas partes. omnia enim nomina apud Latinos aut propria sunt aut appel- 

lativa» e p. 150: «Sunt nomina (sc. appellativa) quae appellantur corpo- 

ralia, sunt quae incorporalia [...] », e ConsENTII Ars grammatica, ex rec. 

H. Keilii, ivi, p. 338: « Qualitas nominum in eo est, ut intellegamus, utrum 

nomen quod positum fuerit appellativum sit, an proprium. appellativa 

enim nomina a genere et specie manant » e p. 339: «Appellativa autem 

nomina, quae a genere et specie manare diximus, plures differentias habent. 

nam vel rem corporalem vel incorporalem significant [...] ». Della distin- 

zione nomen-appellatio-vocabulum resta traccia nel medioevo nei commenti 

a Prisciano: cfr. quello di Guglielmo di Conches, (in De Rijg, Logica moder- 

norum, II, i, cit., p. 226), quello di Pietro Elia (ivi, p. 234) e la glossa 

Promisimus (ivi, p. 260). 


6 Cat. 1, la 12-15 (l’espressione messa in parentesi è alla r. 13); transì. 

Boethii, « Aristoteles latinus », I, 1-5, cit., p. 5 (cors. mio); cfr. H. STEINTHAL, 

Geschichte der Sprachwissenschaft bei den Griechen und Ròmern, I, Berlin 

18902, p. 207: «Nur ist allerdings xxtnyopia bei Aristoteles nicht véllig 

gleichbedeutend mit rpoonyopia und Uvopa, so wenig wie xamnyopeiv 



Terminologia logica della tarda scolastica 51 



stica, da un altro termine, che può essere detto principale o primi- 

tivo”, con la sola differenza, rispetto ad esso, della terminazione, 

o suffisso. 


Nel capitolo 5, invece, dopo aver precisato che le sostanze 

prime significano l’individuo (q68e qu, hoc aliquid), Aristotele 

afferma: 



In secundis vero substantiis videtur quidem similiter ad appellatio- 

nis figuram [o sub appellationis figura, sub figura appellationis *: 

o oynua tig mpoonyoplas] hoc aliquid significare, quando quis 

dixerit hominem vel animal; non tamen verum est, sed quale aliquid 

[motéy 7v] significat (neque enim unum est quod subiectum est quem- 

admodum prima substantia, sed de pluribus homo dicitur et ani 

mal); non autem simpliciter qualitatem significat, quemadmodum 

album (nihil enim significat album quam qualitatem), genus autem et 

speciem circa substantiam qualitatem determinant (qualem enim quan- 

dam substantiam significant)?. 



Secondo Aristotele, mentre i nomi delle sostanze prime desi- 

gnano la realtà individuale, i nomi delle sostanze seconde desi- 



dasselbe ist wie rpoonyopevtw [...]; sondern xatmyopia in der hier gemein- 

ten Bedeutung entspricht noch eher dem platonischen Ausdrucke èrwwwyia 

[...]. Wahrend nimlich évopa, Wort, nur das lautliche ovuforov, Zeichen, 

der Sache ist, und in npoonyopia die Anwendung dieses dvoua auf die mit 

demselben bezeichnete Sache liegt: ist xatnyopta das Wort, insofern es 

nicht bloss Zeichen ist, sondern zugleich das Bezeichnete in sich fasst, 

d. h. das Wesen und die Bestimmung der Sache aussagt und insofern Be- 

griff ist ». È da notare che PrISCIANO (op. cit., IV, 1-2, in Grammatici latini, 

II, cit., pp. 117-118) dà come denominativo il sostantivo rispetto all’agget- 

tivo (es. « sapiens sapientia »), che è il contrario di quanto si può vedere 

in Aristotele (del quale si veda anche Car. 8, 10a 27-32). 


T Per ‘principale’: cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 168A; per ‘primitivo’: 

cfr. Martino DI Dacia, Modi significandi, in Opera, ed. H. Roos, Hauniae 

1961, nr. 71, p. 34 (cfr. PriscIano, op. cit., IV, 1, in Grammatici latini, 

II, cit., p. 117). 


8 Transl. Boethii, « Aristoteles latinus », I, 1-5, cit., p. 11; la prima variante 

è in apparato critico, la seconda è corrente nel medioevo. 


9 Cfr. Cat., 5, 3b 13-23 (la prima espressione greca è alla r. 14); transl. 



52 Alfonso Maierù 



gnano il genere e la specie: le prime, ‘quest'uomo’ o ‘questo 

cavallo’ !, sono sostanze in senso proprio; le seconde, ‘uomo’ 

o ‘animale’, pur utilizzando gli stessi nomi che designano le 

sostanze prime (‘quest’'uomo’ e ‘uomo’), in realtà designano di 

esse le qualità comuni; sono — preciseranno i maestri medie- 

vali — degli universali, e l’universale, secondo la definizione ari- 

stotelica !!, è ciò che è predicabile di più. Così, questo testo si 

presta ad essere accostato da un lato alla definizione di nomen 

appellativum, poiché nome appellativo è il nome comune, e ciò 

che in grammatica è detto ‘comune’ in logica è detto ‘univer- 

sale’ nel medioevo ‘; dall’altro, al primo testo dello stesso Aristo- 

tele, giacché, se ad esempio gramzzaticus deriva da grammatica, 

e grammatica è una qualità, come album deriva da albedo e designa 

principalmente una qualità, sarà lecito chiedersi, per un verso, 

se le sostanze seconde vadano considerate nella categoria della 

qualità e, per un altro verso e soprattutto, se, e come, ‘gramma- 



Boethii, « Aristoteles latinus », cit., p. 11. Cfr. Copulata tractatuun 

parvorum logicalium (ed. Colonia 1493) che fa derivare la dottrina del- 

l’appellatio da questo passo (in BòHNER, Medieval Logic, cit., p. 17). 


10 Cat. 5, 2a 13. 


11 De interpr. 7, 17a 39. 


12 Cfr. Introductiones Parisienses, cit., p. 373: «Quidam (sc. terminus) 

communis sive universalis sive appellativus »; v. cap. IV, $ 1. 


13 Cfr. Occam, Summa logicae, cit., p. 110: « Et ita omnia illa nomina 

communia, quae vocantur secundae substantiae, sunt in praedicamento quali- 

tatis, accipiendo ‘esse in praedicamento’ pro eo, de cuius pronomine de- 

monstrante ipsum praedicatur ‘qualitas’. Omnia tamen illa sunt in praedica- 

mento substantiae, accipiendo ‘esse in praedicamento’ pro illo, de quo signi 

ficative sumpto praedicatur ‘substantia’. Unde in ista propositione: ‘Homo 

est animal’, vel: ‘Homo est substantia’, ‘homo’ non supponit pro se, sed 

pro suo significato. Si enim supponeret pro se, haec esset falsa: ‘Homo est 

substantia’, et haec vera: ‘Homo est qualitas’. Sicut si haec vox ‘homo’ 

supponat pro se, haec est falsa: ‘Homo est substantia’, et haec vera: ‘Homo 

est vox et qualitas’. Et ita secundae substantiae non sunt nisi quaedam 

nomina et qualitates praecise significantes substantias. Et propter hoc, et non 

propter aliud dicuntur esse in praedicamento substantiae ». Si noti però 



Terminologia logica della tarda scolastica 53 



tico” o ‘bianco’ possano designare una sostanza !'. 


All’impostazione del problema nel medioevo contribuiscono 

due dottrine, cioè la definizione di zomzen data da Prisciano: 

« Proprium est nominis significare substantiam et qualitatem » 

(0, come leggeranno i medievali, « substantiam cum qualitate ») !5, 

e l’affermazione boeziana relativa alla costituzione degli esseri: 

in una sostanza « diversum est esse et id quod est »; l’« id quod 

est » è la sostanza completa, ed è tale grazie a un esse, a una 

forma, che è un « quo est », ciò grazie al quale la sostanza diviene 

quello che è, ciò di cui la sostanza partecipa !. 


La dottrina grammaticale del nome, « substantia et qualitas », 

si presta ad essere interpretata alla luce della dottrina boeziana, 

per la quale la sostanza, designata dal nome, è un composto, un 

«quod est », e si costituisce in virtù di un «quo est», una 

forma! Ci si chiede: ciò è vero di tutti i nomi, non solo dei 

denominativi e dei nomi di sostanza seconda, ma anche dei nomi 

di sostanza prima? E come si può articolare nella predicazione 

tale distinzione: ponendo a soggetto la substantia (secondo la 

terminologia grammaticale), o il suppositum (secondo la termi- 



che Boezio, In Arist. Periermenias, Il ed., cit., forma nomi di qualità dai 

nomi di individui: p. 136: «Alia est enim qualitas singularis, ut Pla- 

tonis vel Socratis, alia est quae communicata cum pluribus totam se sin- 

gulis et omnibus praebet, ut est ipsa humanitas » e p. 137: « Age enim incom- 

municabilis Platonis illa proprietas Platonitas appelletur. eo enim modo quali- 

tatem hanc Platonitatem ficto vocabulo nuncupare possimus, quomodo homi- 

nis qualitatem dicimus humanitatem ». 


14 È il problema posto nel De gramzzzatico di Anselmo d'Aosta, come si 

vedrà nel paragrafo 2. 


15 Prisciano, op. cif., II, 18 (cfr. la prec. n. 5); per l’uso medievale, 

cfr. M-D. CHENU, La théologie au douzième siècle, Paris 19662, pp. 101 sgg. 

(è qui ripreso e parzialmente modificato l’articolo Grammaire et théologie 

au XIIe et XIII siècle, « Archives d’histoire doctrinale et littéraire du 

moyen fàge », X [1935-36], pp. 5-28). 


16 Cfr. Girson, La philosophie au moyen dge, Paris 19522, pp. 148-149. 


17 CHENU, op. cit., pp. 102-103. 



54 Alfonso Maierù 



nologia logica), e a predicato ciò che vien detto rispettivamente 

la qualitas © il significatum? * 


I maestri medievali hanno sviluppato questi temi soprat- 

tutto nel secolo XII, mentre nei secoli successivi le dottrine fissate 

vengono tramandate in modo sostanzialmente immutato. 



2. Il problema dei paronimi 



La storia della teoria dei paronimi o denominativi (o deri- 

vati !°) è stata di recente ricostruita da D.P. Henry che ha studiato 

il De grammatico di Anselmo d’Aosta 9. 


Riprendiamo qui le linee generali della dottrina anselmiana 

e seguiamo lo sviluppo del problema fino al secolo XIV. 


È noto che Boezio pone tre condizioni perché si abbiano 

i termini denominativi: 



Tria sunt autem necessaria, ut denominativa vocabula constituantur: 

prius ut re participet, post ut nomine, postremo ut sit quaedam no- 

minis transfiguratio, ut cum aliquis dicitur a fortitudine fortis, est 

enim quaedam fortitudo qua fortis ille participet, habet quoque nomi- 

nis partecipationem, fortis enim dicitur. At vero est quaedam transfi- 

guratio, fortis enim et fortitudo non eisdem syllabis terminantur?!. 



18 ALBERTO Magno, I Sent., d. 2, a. 11, sol. (cit. in CHENU, op. cit., 

p. 102): «Duo sunt attendenda in nomine, scilicet forma sive ratio a 

qua imponitur, et illud cui imponitur; et haec vocantur a quibusdam signi- 

ficatum et suppositum, a grammaticis autem vocantur qualitas et substan- 

tia ». L’influenza di Porfirio è stata determinante per una impostazione del 

problema in termini di predicazione: cfr. E.A. Moopy, The Logic of 

William of Ockbam, London-New York 1935 (ed. anastatica 1960), in part. 

p. 74. 


19 MartINno DI Dacia, /.c.; ma cfr. Cassionoro, Irstitutiones, cit., II, 

iii, 9, p. 113: « denominativa, id est derivativa [....] ». 


20 Cfr. D.P. Henry, The « De grammatico » ..., cit., pp. 79-101 (per la 

ricostruzione storica del problema: in questo libro sono sistemate le ricerche 

precedenti dell’autore), e The Logic of St. Anselm, Oxford 1967, pp. 31-116. 


2 In Cat. Arist., cit., 168A-B. L’analisi delle tre condizioni in HenRry, 

The « De grammatico » ..., cit., pp. 80-82. 



Terminologia logica della tarda scolastica 55 



A fondamento di questa interpretazione è la dottrina boeziana 

della costituzione dell’essere mediante la partecipazione a una 

‘forma’, e quindi al nome che la designa: il denominativo si ri- 

cava dal nome della forma, e si differenzia da questo soltanto 

nella parte terminale. 


Con ciò non è ancora risolto il problema, se il nome ottenuto 

significhi principalmente la forma o il soggetto al quale inerisce. 

Altrove, però, lo stesso Boezio afferma che album è detto deno- 

minative di un corpo e perciò può essere predicato del nome 

di corpo, ma non è possibile che la ‘definizione’ di album, e tutto 

ciò che essa contiene, possa essere predicata del subiecium, cioè 

del nome che funge da soggetto 2; diverso è il caso di anizzal, 

detto di homzo: animal non solo può essere predicato di homo, 

ma, essendo esso posto nella definizione di horzo, la definizione 

di animal può essere predicata di hozzo. Vengono così a confi- 

gurarsi due tipi di predicazione secondo Boezio: una predicazione 

secundum accidens, e si ha quando si predica del subiectum ciò 

che è in subiecto, e una predicazione de subiecto (0 in eo quod 

quid) o essenziale, e si ha quando una parte della sostanza è 

predicata della sostanza stessa”. Questo secondo modo di predi- 

cazione ha luogo quando le sostanze seconde sono dette di sostanze 

prime (non solo, in tal caso, è predicabile il nome, ma anche la 

ratio o definitio del nome); ma quando un denominativo è predi- 



2. Cosa siamo ‘soggetto’ e ‘predicato’ è detto da Boezio, In Arist. Perier- 

menias, I ed., cit., p. 77: « Termini autem sunt nomina et verba, quae in 

simplici propositione praedicamus, ut in eo quod est Socrates disputat, 

Socrates et disputat termini sunt. et qui minor terminus in enuntiatione 

proponitur, ut Socrates, subiectus dicitur et ponitur prior; qui vero maior, 

praedicatur et locatur posterior, ut disputat »; cfr. HeNRY, The Logic of 

St. Anselm, cit., p. 61. 


2 Boezio, In Cat. Arist., cit., 175D-176A e 185A-B; cfr. HENRY, The 

Logic of St. Anselm, cit., pp. 42-54. 



56 Alfonso Maierù 



cato di un subiectum, la predicazione attiene al nome, non alla 

ratio o definitio del nome *. 



Si vede bene, dunque, che altro è il modo in cui ‘uomo’ 

è detto di Socrate, o ‘animale’ di uomo, altro è il modo in cui 

album è detto di una sostanza qualsiasi. E poiché album (o gram- 

maticus) non è il nome della qualità (a/bedo, grammatica), ma di 

un quale, cioè di un soggetto cui la qualità inerisce (è nome cioè 

non della sua razio, ma del subiectum), bisogna precisare in che 

modo esso denoti il subiectum. 



S. Anselmo nel De grammiatico fa porre così il problema dal 

Discepolo: « De ‘grammatico’ peto ut me certum facias utrum 

sit substantia an qualitas » #. I termini usati sono quelli della 

definizione del nome data da Prisciano, ma posti in disgiunzione 

(« substantia an qualitas »); ben presto però, nel corso della 

discussione tra Maestro e Discepolo, si cerca di spiegare come 

grammaticus sia « substantia ef qualitas » *. 



Per comprendere la risposta data dal Maestro nel testo di 

Anselmo, si consideri innanzi tutto l’analisi che egli fa di homzo: 



Nempe nomen hominis per se et ut unum significat ea ex quibus 

constat totus homo. In quibus substantia principalem locum tenet, quo- 

niam est causa aliorum et habens ea, non ut indigens illis sed ut se 

indigentia. Nulla enim est differentia substantiae sine qua substantia 

inveniri non possit, et nulla differentiarum eius sine illa potest exi- 

stere. Quapropter quamvis omnia simul velut unum totum sub una 

significatione uno nomine appelletur ‘homo’, sic tamen principaliter 



2 Boezio, In Cat. Arist., cit., 191A-B. All’origine della distinzione tra 

definizione nominale e definizione essenziale è Anal. post. II, 10 (93b 29 sgg.) 

secondo H. ScHnoLtz, Storia della logica, tr. it. di E. Melandri, Milano 1962, 

p. 64. 


25 Cfr. De Grammatico, in S. Anselmi Opera omnia, ed. F.S. Schmitt, I, 

Edimburgi 1946, p. 145; Anselmo stesso c’informa che il problema era 

molto dibattuto al suo tempo: « Tamen quoniam scis quantum nostris tem- 

poribus dialectici certent de quaestione a te proposita [...] » (ivi, p. 168). 


26 Ivi, p. 156. 



Terminologia logica della tarda scolastica 57 



hoc nomen est significativum et appellativum substantiae [...]: sub- 

stantia est homo et homo substantia [....] ?”. 



Si legga di seguito la risposta fornita al Discepolo per quanto 

riguarda grammaticus: 



Grammaticus [...] non significat hominem et grammaticam ut unum, 

sed grammaticam per se et hominem per aliud significat. Et hoc no- 

men quamvis sit appellativum hominis, non tamen proprie dicitur 

eius significativum; et licet sit significativum grammaticae, non tamen 

est eius appellativum. Appellativum autem nomen cuiuslibet rei nunc 

dico, quo res ipsa usu loquendi appellatur ®, 



Secondo Anselmo, dunque, ciò che distingue l’uso di homo 

e di grammaticus è che il primo « per se et ut unum significat 

ea ex quibus constat homo », il secondo « non significat hominem 

et grammaticam ut unum, sed grammaticam per se et hominem 

per aliud significat »; il primo è un nome di sostanza e quindi, 

boezianamente, « praedicatur de subiecto »: esso significa e 

nomina la sostanza (« est significativum et appellativum substan- 

tiae »), cioè, ancora boezianamente, esso può essere predicato di 

un sudiectum non solo come zomzen, ma anche quanto alla ratio 

o definitio del nomen; il secondo è nome di un composto di 

sostanza e accidente, composto denominato dall’accidente che ine- 

risce alla sostanza (non qualitas, quindi, ma quale); il suo nome 

è predicabile del subiectum-composto, non lo è la sua definitio, 0 

ratio: la « praedicatio secundum accidens » importa che ciò che 

è predicato non costituisca sostanzialmente un « unum aliquid » 

con la sostanza cui inerisce e da cui dipende sostanzialmente ?. 



2 Ivi. 


28 Ivi, p. 157. 


2 Cfr. AristoTELE, De interpr. 11, 21a 7-15; transl. Boethii, « Aristoteles 

latinus », II, 1-2, cit., pp. 24-25: « Eorum igitur quae praedicantur et de 

quibus praedicantut, quaecumque secundum accidens dicuntur vel de eodem 

vel alterum de altero, haec non erunt unum; ut homo albus est et musicus, 

sed non est idem musicus et albus; accidentia enim sunt utraque eidem. 



58 Alfonso Maierù 



Perciò altra è la significazione, altra la funzione nominativa di 

grammaticus: esso significa per se l’accidente, ma nomina il 

subiectum, l’uomo che ha la grammatica; il subiectum è signi- 

ficato obliquamente, o secondariamente (per aliud), ma è propria- 

mente nominato; l’accidens è significato primariamente, ma non 

è nominato. Vengono così differenziandosi due funzioni proprie 

del nomen: una è la significatio, l’altra è l’appellatio (Anselmo 

usa poco questo ultimo termine, ma usa molto appellativus, appel- 

lare); la prima è ordinata al significato, l’altra al referente; e 

l’appellatio è qui lontana anticipazione della teoria medievale 

della supposizione ®. 


l Nelle sue opere, Anselmo prospetta, fra l’altro, la possibilità 

di considerare il rapporto tra i nomi come bumanus e bumanitas; 

poiché tuttavia tra di essi non corre un vero e proprio rapporto 

di paronimia, egli non ne affronta l’analisi *. La considerazione 

di casi come questo avrebbe però permesso di dare al problema 

un respiro più ampio, come si vedrà in Occam. 



Qualche decennio dopo Anselmo, Abelardo riprende il pro- 

blema in un contesto in cui la presenza di Prisciano si è fatta 

più determinante. Va notata, innanzitutto, la distinzione che 

Abelardo scorge tra il diverso valore di ‘qualità’ in Aristotele e 



Nec si album musicum verum est dicere, tamen non erit album musicum unum 

aliquid; secundum accidens enim musicum album, quare non etit album 

musicum. Quocirca nec citharoedus bonus simpliciter, sed animal bipes; non 

enim secundum accidens »; cfr. Henry, The Logic of St. Anselm, cit. 

pp. 54-60. j ” 


30 Un cenno in tal senso in PH. BòunER, Medieval Logic, cit., p. 20; ma 

cfr. D.P. Henry, The Early History of « Suppositio », « ; sonlin Stadics », 

XXIII (1963), pp. 205-212, ripreso in The Logic of St. Anselm, cit., pp. 108- 

116; ev appendice 2, n. 1. Henry rende «significatio per se» con 

meaning e « appellatio » con reference (cfr. The « De grammatico » ..., cit., 

p. 118). Per appellatio in AnseLMo, cfr. De Grammatico, cit., pp. 163-164. 


3 Cfr. Epistola de incarnatione Verbi, in Opera omnia, cit., II, Romae 

1940, p. 26; ma v. Henry, The « De grammatico »..., cit., p. 87. i 



Terminologia logica della tarda scolastica 59 



in Prisciano: mentre per Aristotele ‘qualità’ denota tutto ciò 

che è considerabile sotto la categoria della qualità, Prisciano ritiene 

che qualità sia nome di tutte le forme (« omnium formarum 

nomen accipitur » ©). Ciò permette di considerare qualsiasi forma, 

quindi anche le forme sostanziali, come qualità, e spiega come, 

nel secolo XII, si siano moltiplicati i nomi astratti per indicare 

le forme (es. deus-deitas), e si sia posto il problema di ciò che li 

differenzia dai corrispondenti nomi concreti *. 


Per quanto riguarda più direttamente il problema dei paro- 

nimi, è da dire che Abelardo include questi termini tra i momzi- 

na sumpta*, i quali si distinguono dai mozzina substantiva * 

perché sono detti delle cose semplicemente per significare la 

forma che ad esse inerisce: essi #0 determinano la sostanza delle 

cose, ma denotano ciò che è affetto da una certa qualità. 



32 AseLARDO, Dialectica, cit., p. 93. 


3 Cfr. CHENU, op. cit., pp. 100-107, pet quanto riguarda i nomi divini. 


3 Ma già Anselmo aveva parlato di nomen sumptum (cfr. Henry, The 

Logic of St. Anselm, cit., p. 64; s. ANSELMO, Epistola de incarnatione Verbi, 

cit., p. 13; cfr. glossa Promisimus, in De Rx, Logica Modernorum, Il, 

i, cit., p. 262. Per AseLARDO, cfr. Logica ‘Ingredientibus', cit., pp. 122-123; 

« Sunt autem omnia denominativa vocabula sumpta, non autem omnia sumpta 

sunt denominativa. Sumpta autem vocabula ea dicimus, quae simpliciter 

propter adiacentem formam significandam reperta sunt, ut rationale, album. 

Non enim ‘rationale’ dicit animal rationale vel ‘album’ corpus album, sed sim- 

pliciter ‘rationale’ ponit affectum rationalitate, ‘album’ affectum albedine, non 

etiam substantiam rei, quid sit, determinat. Sumptorum veto tria sunt genera, 

quia quaedam cum nomine formae in materia vocis ex toto conveniunt, ut 

grammatica nomen mulieris cum grammatica nomine scientiae. Quaedam 

vero penitus a nomine formae differunt, ut studiosus a virtute, quaedam 

autem cum per principium conveniant, per finem disiuncta sunt, ut fortis 

fortitudo, quae cum in primis syllabis conveniant, in ultimis differunt. Et 

haec tantum sumpta, quae scilicet principio conveniunt cum nomine formae 

et fine differunt, denominative esse determinat [...]. Denominativa dicuntur 

subiecta illa quae habent appellationem ab aliquo, hoc est vocabulum quod- 

cumque significans ex forma adiacente secundum nomen, id est simili- 

tudinem nominis ipsius formae, ut iam est expositum ». 


35 Cfr. Dialectica, cit., p. 595: « Sicut autem nomina quaedam substan- 



60 Alfonso Maierù 



Ci si chiede quindi in quale categoria vadano considerati i 

nomina sumpta, e si risponde: 



[...] quando contingit idem vocabulum res diversorum praedicamen- 

torum significare, secundum principalem significationem in praedica- 

mento ponendum est, ut album quod albedinem principaliter signi- 

ficat, propter quam maxime repertum est atque ubique eam tenet, 

quam etiam praedicare dicitut 4; 



e ancora: 



Cum enim tradat grammatica omne nomen substantiam cum qualitate 

significare, ‘album’ quoque, quod subiectam nominat substantiam et 

qualitatem determinat circa eam, utrumque dicitur significare; sed 

qualitatem quidem principaliter, causa cuius impositum est, subiectum 

vero secundario #7. 



tiva dicuntur, quae rebus ipsis secundum hoc quod sunt data sunt, quae- 

dam veto sumpta, quae scilicet secundum formae alicuius susceptionem impo- 

sita sunt, sic et definitiones quaedam (secundum) rei substantiam, quaedam 

vero secundum formae adhaerentiam assignantur ». 


36 Cfr. AseLarDOo, Logica ‘Ingredientibus’, cit., p. 115; il tentativo di 

ricondurre le parti del discorso studiate dal grammatico alle categorie aristo- 

teliche è già in Distributio omnium specierum nominis inter cathegorias 

Aristotelis, ed. P. Piper, che ha attribuito il trattato a Notkero Labeone (cfr. 

P. Pier, Die Schriften Notkers und seiner Schule, I, Freiburg i.B.-Tibingen 

1882, e in « Zeitschrift fiir deutsche Philologie », XXII [1890], pp. 278-286) 

Ma il sec. IX è il « terminus ante quem» per la composizione del trattato 

secondo il De Rx: cfr. On the Curriculum of the Arts of the Trivium at 

St. Gall from c. 850 - c. 1000, « Vivarium », I (1963), p. 83. 


37 Cfr. Dialectica, cit., p. 113; v. anche ivi, p. 596: «At vero in his 

definitionibus quae sumptorum sunt vocabulorum, magna, memini, quaestio 

solet esse ab his qui in rebus universalia primo loco ponunt, quarum signi- 

ficatarum rerum ipsae esse debeant dici; duplex enim horum nominum quae 

sumpta sunt, significatio dicitur, altera vero principalis, quae est de forma, 

altera vero secundaria, quae est de formato. Sic enim ‘e/bum? et albedinem 

quam circa corpus subiectum determinat, primo loco significare dicitur et 

secundo ipsius subiectum quod nominat ». Alle pp. 596 sg. della Didlectica, 

AseLARDO si chiede se la definizione « formatum albedine », sia di 4/bum 

in quanto voce oppure della sua significatio, e poiché sembra ovvio che sia 

definizione della significatio, chiede ulteriormente se sia della significatio 



Terminologia logica della tarda scolastica 61 



Richiamando quanto si è detto della soluzione anselmiana e 

confrontando ad essa quella proposta da Abelardo, si può rile- 

vare una stretta analogia tra le due posizioni: per Anselmo, 

come per Abelardo, il termine denominativo significa principal 

mente la qualità o forma da cui è tratto, e secondariamente il 

subiectum che nomina (il termine rorzinare di Abelardo ha lo 

stesso valore dell’appellare di Anselmo). 


Dal secolo XIII non è venuto alcun contributo originale 

alla interpretazione del problema dei paronimi *. 



prima (albedo) o seconda, e mostra le difficoltà dell’uno e dell’altro caso. 

Conclude però a proposito della significatio prima: « Dicatur itaque illa 

definitio albedinis esse non secundum essentiam suam, sed secundum adiacen- 

tiam acceptae. Unde et eam praedicari convenit et de ipsa albedine secundum 

adiacentiam, hoc modo: ‘omne album est formatum albedine’, et de omnibus 

de quibus ipsa in adiacentia praedicatur » (p. 596), e per la significatio 

seconda: « Potest etiam dici definitio eadem esse huius nominis quod est 

‘album’, non quidem secundum essentiam suam, sed secundum significatio- 

nem, nec in essentia sua de ipso praedicabitur, ut videlicet dicamus hanc 

vocem ‘album’ esse formatam albedine, sed secundum significationem, se 

scilicet consignificando, ac si (si)c diceremus: ‘res quae alba nominatur est 

formata albedine’ » (p. 597). Cfr. De Rik, Logica modernorum, IK:4, it; 

pp. 200-202. 


38 Vincenzo DI BeauvEAIS, op. cif., 108, si limita a richiamare la diffe- 

renza tra il procedimento aristotelico della derivazione del paronimo (da forti- 

tudo, fortis) e quello di Prisciano (da fortis, fortitudo): cfr. n. 6; PreTRo 

Ispano, Summulae logicales, cit., 2. 22, p. 22, ripete la dottrina d’Aristotele 

e di Boezio, impostando il problema in termini di predicazione; così, ripren- 

de anche la distinzione dici de subiecto - esse in subiecto, che ricorda quella 

boeziana praedicari de subiecto-praedicari in subiecto (ivi, 3. 10, p. 26): 

«Eorum vero, quae dicuntur de subiecto, omnia praedicantur nomine et 

ratione, ut homo de Socrate et de Platone. Eorum autem, quae sunt in subiecto 

in pluribus quidem, neque nomen neque ratio de subiecto praedicatur, ut 

haec albedo vel hoc album. In aliquibus autem nomen nihil prohibet 

praedicari aliquando de subiecto, rationem vero praedicari est impossibile, 

ut album de subiecto praedicatur, ratio vero albi de subiecto numquam 

praedicabitur ». Le Sumzyle dello Ps. BAcONE riprendono la terminologia e 

i problemi noti: dezominativum (p. 203), sumptum (è il concreto, mentre 

astratto è il termine dal quale suzzitur il concreto, p. 205); diversità del 



62 Alfonso Maierùà 



Ma Guglielmo d’Occam, nel secolo XIV, ha fornito un’analisi 

esemplare del nostro problema, inquadrandolo in quello più 

vasto del rapporto tra nomi concreti e nomi astratti, dal momento 

che a partire dal secolo XII, e poi con Duns Scoto, i nomi astratti 

formati sulla base di nomi concreti si erano moltiplicati sempre 

più: andavano quindi analizzate tutte le possibilità di rapporti 

tra nomi concreti e nomi astratti in modo da poter individuare 

i paronimi e indicarne correttamente le valenze significative. 


Secondo Occam, quattro sono i tipi di nomi concreti e di 

corrispondenti nomi astratti; in tre casi però il nome astratto e 

il nome concreto sono sinonimi”, in quanto le forme astratta e 

concreta non importano cose differenti. Innanzi tutto sono sino- 

nimi le forme astratte e concrete della categoria di sostanza 

(bomo-humanitas), della categoria di quantità (quantum-quan- 

titas) o che riguardano la figura e sono riconducibili alla quantità 

(curvum-curvitas), e della categoria di relazione (pater-pater- 

nitas)®; non c’è alcuna distinzione, infatti, nell'unità dell’indi- 



procedimento del logico (aristotelico) e del grammatico (di Prisciano) (p. 207); 

i nomi concreti sono tali perché « significant rem in concrecione et inclina- 

cionem ad subjectum, sive ad materiam in qua est accidens, quia album 

idem est quod res alba, ‘res’ enim nominat subjectum sive materiam in 

qua est albedo » (p. 205); ma è bene ricordare che non tutti i concreti 

sono denominativi, giacché, oltre a quelli che designano la forma acciden- 

tale in congiunzione al suo subiectum, ci sono i concreti che designano 

la forma sostanziale in unione con la sua materia (p. 207). 


® Cfr. Summa logicae, cit., p. 19: «Stricte dicuntur illa synonyma, 

quibus omnes utentes intendunt uti simpliciter pro eodem; et sic non 

loquor hic de synonymis. Large dicuntur illa synonyma, quae simpliciter 

significant idem omnibus modis, ita quod nihil aliquo modo significatur 

per unum, quin per reliquum eodem modo significetur, quamvis non 

omnes utentes credant ipsa idem significare, sed decepti existimant aliquid 

significari per unum, quod non significatur per reliquum [...]. Isto secundo 

modo intendo uti in isto capitulo et in multis aliis de hoc nomine ‘syno- 

nyma’ ». Un’esposizione molto chiata in Moopv, The Logic of William of 

Ockbam, cit., pp. 53-65. 


4 Occam, Sura logicae, cit., pp. 19-20. 



Terminologia logica della tarda scolastica 63 



viduo, tra la realtà di esso e il principio formale che lo fa essere 

quello che è, né si può supporre che la quantità, la figura, la 

relazione siano cose distinte dalla sostanza quanta, o che ha 

figura, o che sia in relazione. Alla domanda: che cosa significa 

dunque la forma astratta humzanitas rispetto alla forma concreta 

homo, Occam risponde che la prima designa tutto ciò che designa 

la seconda, ma in modo differente, giacché humzanitas equivale a 

«homo in quantum homo », cioè alla forma reduplicativa del 

nome; infatti il nome astratto rende reduplicativa ed esponibile 

la proposizione in cui è posto ‘. Sono, inoltre, sinonimi i nomi 

la cui forma astratta equivale a quella concreta con in più 

un sincategorema, o un avverbio, e simili ‘. Sono, infine, sinonimi 

i nomi la cui forma astratta è un nome collettivo e quindi designa 

molte cose « simul sumptae », mentre la forma concreta può 

essere verificata « pro uno solo » (populus-popularis) *. 


Ma, oltre a questi casi, vi sono nomi astratti che non so- 

no sinonimi dei corrispondenti nomi concreti, e costituiscono il 

quarto tipo. Essi sono di tre specie: innanzi tutto, si dà il 

caso che la forma astratta abbia supposizione per un accidente o 

forma che inerisca a un subiectum, e il concreto abbia suppo- 

sizione per il subiectum dell’accidente o forma predetta: così, 

albedo sta per l’accidente, album per il subiectum, cioè per il 

corpo bianco (il contrario si ha per ignis-igneus: ignis, che è la 

forma astratta — sostantiva, meglio — sta per il subiectum, e 

igneus, che è la forma concreta — aggettivale — sta per l’acci- 



4 Ivi, pp. 22 sgg.; per la expositio in generale, cfr. cap. VI, $ 4; per 

la reduplicativa in part., cfr. Moopy, op. cit., p. 63. 


4 Occam, Summa logicae, cit., p. 28: l’autore insiste sul carattere 

‘arbitrario’ (« ad placitum instituentis ») della utilizzazione di un termine 

in luogo di più altri: « Possunt enim utentes, si voluerint, uti una dictione 

loco plurium. Sicut loco istius totius ‘omnis homo’, possem uti hac dictione 

“A?, et loco istius totius ‘tantum homo’, possem uti hoc vocabulo ‘B’, et 

sic de aliis ». 


4 Ivi, p. 32. 



64 Alfonso Maierù 



dente); inoltre, il termine concreto in molti casi può stare per una 

parte di una cosa e la forma astratta — sostantiva — per il 

tutto (boro sta per il tutto in « anima non est homo », mentre 

bumanus sta per una parte in « anima est humana »: l’anima infatti 

è una parte dell’uomo), o viceversa (azizza sta per una parte, 

animatum per il tutto); infine, talora il concreto e l’astratto 

stanno per cose distinte, per le quali non valgono i rapporti 

accidens-subiectum, patte-tutto, già esaminati, ma valgono altri 

rapporti: quello tra causa ed effetto (homo che indica la causa, 

e bumanus che indica il prodotto dell’azione dell’uomo), tra 

luogo e ciò che sta in esso (Anglia, Anglicus), tra signum e signi 

ficatum (la differenza essenziale nell'uomo non è l’essenza, ma 

è segno di una parte dell’essenza, la razionalità) 4. 


Orbene, denominativi in senso stretto sono i concreti inclusi 

nella prima specie di concreti e astratti non sinonimi, mentre in 

senso largo sono denominativi tutti i concreti che non siano sino- 

nimi della corrispondente forma astratta ‘. 



4 Ivi, pp. 16-18. 


45 Ivi, p. 43: « Terminus autem denominativus ad praesens potest accipi 

dupliciter, scilicet stricte, et sic terminus incipiens, sicut abstractum incipit, 

et non habens consimilem finem et significans accidens dicitur terminus 

denominativus, sicut a ‘fortitudine’ ‘fortis’, a ‘iustitia’ ‘iustus’. Aliter dici- 

tur large terminus habens consimile principium cum abstracto sed non 

consimilem finem, sive significet accidens sive non; sicut ab ‘anima’ 

dicitur ‘animatus’ ». In Expositia aurea ..., cit., ad l., però OccaMm aveva 

affermato: « denominativum multipliciter accipitur, scilicet large, stricte et 

strictissime »: la prima accezione (large) è esemplificata, fra l’altro, proprio 

con animatus (occorre come esempio della « secunda differentia » dei nomi 

concreti e astratti non sinonimi, cfr. Summa logicae, cit., p. 17); la terza 

accezione (strictissimze) è quella aristotelico-boeziana; la seconda è così for- 

mulata: « Secundo modo dicitur denominativum cui correspondet abstractum 

differens sola terminatione importans rem in alio formaliter inhaerentem 

et ab eo totaliter differente, et isto modo dicitur materia formata a forma ». 

— Si noti, infine, che sempre nell’Exposito aurea, la trattazione dei deno- 

minativi è limitata al richiamo degli elementi boeziani e alla riconduzione 



Terminologia logica della tarda scolastica 65 



Ma Occam va più oltre nell'esame di questo problema: vi 

sono dei nomi che sono detti absoluta, che significano primo 

tutto ciò che significano (« quidquid significatur per idem nomen, 

aeque primo significatur ») ‘: tali sono tutti i nomi della cate- 

goria di sostanza e i nomi astratti della categoria della qualità ; 

i nomi non assoluti sono detti connotativi: « Nomen [...] connota- 

tivum est illud, quod significat aliquid primario et aliquid secun- 

dario » %; dei nomi connotativi è possibile, a differenza dei nomi 

assoluti, dare una « definitio quid nominis », cioè una definizione 

nominale, che esprime ciò che è importato dal nome; di album, 

ad esempio, la definizione nominale è « aliquid habens albe- 

dinem »: orbene, secondo Occam, album significa primariamente 

ciò che nella definizione nominale è al nominativo (nell’esempio, 

aliquid) e significa secondariamente ciò che nella definizione 

nominale è al caso obliquo (4/bedo) . Nomi connotativi sono tutti 



della « praedicatio denominativa » alla « praedicatio univoca » o alla « prae- 

dicatio aequivoca ». Al testo di Occam fa seguito un lungo passo che a un 

primo giudizio sembra richiamare elementi di Buridano (cfr. n. 51), incluso 

tra le lettere maiuscole F e M. così: «F. Quamvis ista dicta venerabilis 

inceptoris clarissima sint [...] ut notatur hic per venerabilem nostrum 

expositorem magistrum Guilielmum de Ocham. M »; esso è dovuto all’edi- 

tore, frate Marco da Benevento. 


4 Summa logicae, cit., p. 33. 


#1 Cfr. ivi, p. 35, e Moopy, op. cit., p. 56, il quale rileva che la 

differenza essenziale, della categoria di sostanza, è invece termine con- 

notativo. 


4 Summa logicae, cit., p. 34. 


4 Così il Moopy, op. cit., p. 55, e L. Baupry, Lexigue philosophique 

de Guillaume d’Ockbam, Paris 1958, s.v. connotativum; si veda sw. conno- 

tatum una citazione dal II Sent., q. 26, O: «Illud quod ponitur ibi (sc. 

in definitione nominali) in recto est significatum principale [...] et quod 

ponitur in obliquo est connotatum »: il termine connotativo conmota ciò 

che significa secondariamente; e s.v. significare, la quarta accezione. Ma 

cfr. Bacone, Compendiumi..., cit., p. 46: « Deinde diligenter considerandum 

est ulterius, quod nomen inpositum alicui rei soli extra animam, potest 



66 Alfonso Maierù 



i termini concreti non sinonimi dei corrispondenti astratti, e quindi 

tutti i denominativi (assumendo il termine in senso stretto o 

in senso largo), e, più generalmente, tutti i termini contenuti 

nelle categorie diverse da quella di sostanza, compresi i nomi 

concreti della categoria della qualità ”. 


La terminologia, e quindi la soluzione, occamista non è dif 

fusa al tempo del maestro 8. Dopo di lui, Strode ritiene, sempli- 

cemente, che conzotare vale « secundario significare » 5, mentre 



multa simul significare extra animam, et hec vocantur in philosophia cointel- 

lecta, et apud theologos connotata ». 


50 Ivi, pp. 34-35. 


51 Cfr, BurLEIGH (Super artem veterem Porphyrii et Aristotelis, Venetiis 

1497, s. pp.) che distingue semplicemente (sotto Denominativa vero, nel com- 

mento alle Categorie) due tipi di nomi concreti: il « concretum substantiale » 

e il « concretum accidentale »; di essi, solo il secondo è denominativo: «[...] 

iste terminus ‘homo’ est concretum substantiale, quia sibi correspondet 

aliquod abstractum, scilicet ‘humanitas’, et non praedicatur denominative; 

ideo dico quod omne denominativum est concretum sed non e contra; nam 

concretum quoddam est accidentale et quoddam substantiale. Concretum 

accidentale est denominativum, sed concretum substantiale non est deno- 

minativum respectu illius cuius est substantiale ». 


52 Srrope, Logica, cit., f. 15rb: «Item, terminorum quidam dicuntur 

abstracti et quidam concreti. Abstracti sunt illi qui ultra illud pro quo 

supponunt non connotant aliquid inhaerere sibi, ut hic: li ‘homo’ (!), 

li ‘albedo’. Sed concreti sunt illi qui connotant illis pro quibus supponunt 

aliquid inhaerere, ut fere omnia adiectiva, ut ‘album’, ‘nigrum’ et alia 

adiectiva, ut alibi magister declaravit. E? sic patet differentia inter suppo- 

sitionem, significationem et connotationem, vel inter supponere, significare 

et connotare. Supponere nam est pro aliquo capi ut subiectum et praedicatum 

in propositione. Sed significare est aliquid repraesentare. Connotare vero 

est secundario significare, ut li ‘album’ non significat principaliter, sed 

supponit pro substantia quam etiam significa et connotat sibi inbaerere 

albedinem » (cors. mio); v. anche ivi, f. 15vb: «[...] terminus qui princi- 

paliter significat substantiam, ut ‘lignum’ vel ‘lapis’, dicitur (ex dicuntur) 

esse substantiae vel in praedicamento substantiae; sed qui connotant quali. 

tatem, ‘album’, ‘nigrum’, sunt in praedicamento qualitatis, qui quanti. 

tatem, in praedicamento quantitatis [...]». 



Terminologia logica della tarda scolastica 67 



Butidano * e Wyclif * accostano sempre a comnotare l’avverbio 

accidentaliter: per l’uno ciò che è ‘connotato’ è ‘appellato’ dal 



53. Burano, Compendium logicae, cit., III, sotto Denominativa vero: 

« Circa quam est primo notandum quod triplicia sunt denominativa: quaedam 

sunt denominativa voce tantum, quaedam significatione tantum, quaedam 

voce et significatione simul »; esempi del primo sono bomzo-bumanitas, che 

sono sinonimi: «[...] et alia denominativa reperiuntur in tetminis essentia- 

libus et absolutis », e continua: «Sed denominativa significatione tantum 

sunt concreta habentia abstracta cum quibus non conveniunt in principio vel 

non differunt in fine litteraliter vel syllabaliter sed comnotant aliud acciden- 

taliter pro quo sua abstracta supponunt principaliter, ut li ‘studiosus’ est 

denominativum significatione tantum respectu huius abstracti ‘virtus’, quia 

li ‘studiosus’ connotat accidentaliter vittutem pro qua supponit li ‘virtus’. 

Sed denominativa voce et significatione simul sunt concreta habentia 

abstracta cum quibus quantum. est ex parte vocis conveniunt in principio 

litteraliter vel syllabaliter et differunt ab eis in fine et connotant illud 

accidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter, ut li ‘album’ 

dicitur denominativum voce et significatione simul respectu huius abstracti 

‘albedo’ »; quest’ultima specie sono i denominativi veri e propri, i quali 

«[...] secundum illud nomen habent appellationem, id est connotant illud 

accidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter » (cors. mio). 


5 WycLir, Tractatus de logica, I, cit., p. 3: « Terminus substancialis est 

terminus qui significat naturam rei sine conmotacione accidentalis proprie- 

tatis; ut iste terminus, boro, significat essenciam humanam sine connotacione 

extranea [...]. Sed terminus accidentalis est diccio significans essenciam rei, 

connotando accidentalem proprietatem: sicut iste terminus, albus, significat 

substanciam et similiter albedinem, que est proprietas extranea ab essencia, 

que est substancia [...]», e p. 5: « Terminorum alius est concretus, alius 

abstractus. Terminus concretus est terminus significans rem que indifferenter 

potest contrahi ad supposicionem simplicem vel personalem; sicut iste ter- 

minus, 4om0, significat in proposicione tam personaliter pro persona; quam 

eciam simpliciter pro natura. Sed terminus abstractus significat pure essen- 

ciam rei sine connotacione aliqua ad suppositum cui inest, sicut iste ter- 

minus deitas, bumanitas, albedo, canitas etc. [...]. Et sic ex omnibus terminis 

concretis possunt abstracta capi » (cors. mio). La definizione di termine deno- 

minatus o denominativo non fornisce elementi notevoli (ivi, p. 5). Si veda 

invece im. Miscellanea philosophica, II, ed. M.H. Dziewicki, London 1905 

(First repr. New York-London-Frankfurt a.M. 1966), pp. 161 sgg., in part. 

p. 161: « Nota primo quod “abstractum” in terminis vocatur terminus qui 



68 Alfonso Maierù 



termine concreto, come si vedrà; per l’altro l’accidente è il signi- 

ficato primario del termine. 



3. L’« appellatio » tra dottrine grammaticali e esigenze dell’analisi 

dei sofismi 



I paronimi costituiscono dunque una classe particolare di 

nomi, che pongono all’attenzione del logico il problema del rap- 

porto tra sigrificatio e appellatio; ma che cosa un nome significhi, 

che cosa nomini, e se la funzione nominativa del nome sia primaria 

o del tutto secondaria, sono domande che nel secolo XII i 

maestri si pongono per tutti i nomi, non solo per i paronimi. 


Viene così in primo piano la considerazione del momento 

istitutivo del nome, dell’atto, cioè, per il quale il nome è costi- 

tuito come « vox significativa »; si constata che all’origine del 

nome sta l’esigenza di designare le cose e che quindi la vox 

diviene significativa innanzi tutto perché l’uomo possa parla 

re delle cose usando segni fonici in luogo delle cose stes- 



significat formam substancialem vel accidentalem primarie; sed “concretum” 

est terminus qui formam et suppositum cuius est talis forma significat »; 

pp. 162-163: «Suppono quod cuilibet termino significati est dare prima- 

rium significatum [...]. Pro intellectu tamen, nota quod primarium signifi- 

catum alicuius termini est significatum ad quod intellectus tali audito imme- 

diate fertur intelligendus; ex quo sequitur quod omnis terminus communis 

significans habet duplex significatum, scilicet primarium et 2ndarium; sequi- 

tur quod omnis terminus habens predicatum debet principaliter sumi pro 

significato suo primario. Exempli gracia, cum proponitur, “Homo est ani- 

mal”, intellectus audientis hanc proposicionem non fertur super Sor nec 

Platone, sed absolute super significato primario, quod est species humana 

que est humanitas. Si autem proponitur cum predicata humanitate, videndum 

est si predicatum limitat ipsum subiectum racione primarii significati vel 

secundarii. Et sic revertitur nobis illa antiqua regula et famosa: Talia sunt 

subiecta qualia permittuntur ab eorum predicatis [cfr. De Ryx, Logica moder- 

norum, II, i, cit., p. 561]. Exemplum ad significatum primarium. Hec est re- 

gula vera: “Homo communicatur multis, eo quod predicatum non potest com- 



Terminologia logica della tarda scolastica 69 



e 5; si constata anche, d’altra parte, che la vox resta significativa 



anche in assenza della cosa da nominare e che quindi le due fun- 

zioni del nome non sono strettamente interdipendenti: altro è il 

significato, altro il referente del nome. Delle occasioni che si offro- 

no ai maestri medievali nei testi in uso nelle scuole come luoghi per 

dibattere questi problemi, dobbiamo richiamarne due: una è rap- 

presentata dal secondo passo delle Categorie d’Aristotele (5, 

3b 14), già ricordato, e dalla sua utilizzazione nella definizione 

delle fallacie; l’altra è la definizione che Prisciano dà di nomen. 

Esaminiamo brevemente i risultati in questo paragrafo. Ricor- 

diamo che un’ampia documentazione per lo studio di questi temi 

è fornita dal De Rijk nella sua Logica modernorum *. 



Come avvio allo studio di questi temi si tenga presente l’inse- 

gnamento di Abelardo, il quale, esaminando la dottrina della 



petere significato primario huius termini 40mz0, cum Sor non communicatur 

multis, licet Sor sit illa humanitas que communicatur multis”. Exemplum 21, 

scilicet significati secundarii, “homo currit” et predicatum limitat subiectum 

ad significatum secundarium, cum non potest competere significato pri- 

mario, eo quod humanitas, sive species humana, non potest currere, nisi sit 

currens. Et 3° suppono quod significatum termini concreti accidentalis pri- 

marium est accidens sive forma talem substanciam denominans; ut huius 

termini, 4/bum, significatum primatium est albedo substanciam albisans. 

Similiter huius termini iustumz, est iusticia subiectum iustificans. Ista suppo- 

sicio tenet per primam Aristotelis auctoritatem allegantem: “Album solam 

qualitatem significat”; quod intelligitur primarie; sed substanciam cui inest 

albedo secundarie [...]. Et cum omne denominans, ut huius(modi), sit prius 

denominato, ut huiusmodi, sequitur quod a principali debet capere suam 

primariam significacionem sed omnem etsi non sequitur quod album omnem 

substanciam significaret quod factum est ». La prospettiva diversa di Wyclif 

rispetto a quella di Occam è condizionata dalla soluzione realistica del pro- 

blema degli universali. Per la distinzione tra significatum primarium e signi 

ficatum secundarium, cfr. ancora m., Tractatus de logica, I, cit., in part. pp. 7 

e 76-77 (si veda p. 77: «[...] tripliciter contingit signum significare secun- 

darie quodlibet designandum [...] », ecc.). 

55 Cfr. cap. IV, $ 1. 

56 In particolare, cfr. la prima parte del secondo volume, cit. 



70 Alfonso Maierù 



impositio, o institutio voluntaria, che è quell’atto libero dell’uomo 

che attribuisce a una vox una significatio, distingue molto chiara- 

mente la funzione propria della «vox significativa » di essere 

signum, e quindi di generare o constituere intellectum, e la fun- 

zione, secondaria secondo Abelardo, di designare le realtà estra- 

mentali, detta, quest’ultima, zorzinatio (o appellatio). Nel proce- 

dimento istitutivo della vox, l’inventor ha guardato a fondo nella 

natura delle cose ”: su questo stretto rapporto, in sede di insti- 

tutio, tra natura delle cose e mozzen, si fonda la funzione secon- 

daria della vox. Perciò i nomi dicono riferimento (momzinant, 

appellant) alla realtà attualmente significata, perché tale è una 

« quaedam imponentis intentio », e cioè tale è la volontà del- 

l’inventor. Nel caso di distruzione della realtà esterna, però, i 

nomi perdono il loro potere appellativo, la « significatio rei », 

mentre sussiste la « significatio intellectus »: la prima è appunto 

funzione secondaria, la seconda è funzione primaria della vox; e 

proprio perché la prima è funzione che viene meno « rebus dele- 

tis », essa è irrilevante ai fini della determinazione della signifi- 

catio vera e propria. La significatio si allontana così dalla nomi 

natio *. Questa distinzione abelardiana tra significare e appellare- 

nominare è netta, specie nella discussione sugli universali, giac- 

ché in questa indagine non ha peso la zomzinatio ®. 


Per quanto riguarda, poi, la distinzione tra sostanze prime 

e sostanze seconde, Abelardo glossa l’espressione aristotelica « sub 



5 Cfr. Logica ‘Ingredientibus’, cit., p. 112: « [...] qui vocabulum invenit, 

prius rei naturam consideravit, ad quam demonstrandam nomen imposuit »; 

Logica ‘Nostrorum?, cit., p. 567: «Impositor (Compositor: Geyer) namque 

nominum rerum naturas secutus est »: così legge il De Rijk, Logica moder- 

norum, II, i, cit., p. 192 (ma vanno tenute presenti, per quanto qui si dice, 

tutte le pp. 186-199). 


58 Logica ‘Ingredientibus’, cit., p. 309: « Rerum quippe significatio tran- 

sitoria est, intellectus vero permanens »; cfr. BEONIO BROCCHIERI FUMAGALLI, 

op. cit., p. 35. 


59 Ivi, p. 46; De Ru, op. cti., IL, i, pp. 193 sgg. 



Terminologia logica della tarda scolastica 71 



figura appellationis » così: «ex similitudine nominationis ». Il 

Maestro Palatino, cioè, ritiene che, mentre le sostanze prime nomi- 

nano le «res subiectae » « ut personaliter discretae », cioè in 

quanto distinte l’una dall’altra, le sostanze seconde sembra signi- 

fichino anch'esse le cose come distinte, ma in realtà il « modus 

nominandi » dell’uno e dell’altro tipo di sostanze differisce: le 

seconde infatti « sunt impositae propter qualitatem substantiae », 

e nominano le cose « ut convenientes », in quanto cioè le cose 

nominate dalle prime convengono in certo modo tra loro. 

Abelardo perciò afferma che generi e specie, cioè le sostanze 

seconde, sono «in sensibilibus positae per appellationem, extra 

vero per significationem »: essi infatti nominano le cose sensi- 

bili e in certo senso le significano, ma non le significano in guanto 

cose sensibili, dal momento che se queste perdessero le loro forme 

attuali, sarebbero ancora nominate da generi e specie; perciò la 

significatio di essi non è esaurita dalle realtà sensibili, che non 

sta in queste. $ 


Anche per le sostanze seconde (anzi, a maggior ragione per 

esse) vale quindi la distinzione tra significatio e appellatio-nomi- 



6 Logica “Ingredientibu»’, cit., p. 157: «In secundis vero. In primis 

videtur et est, sed in secundis videtur similiter, ut scilicet significent rem 

subiectam ut personaliter discretam, sed non est verum. Et unde videtur 

similiter, supponit: ex figura appellationis, id est ex similitudine nomina- 

tionis. Similes namque sunt secundae substantiae cum primis in eo quod 

casdem res quae discretae sunt, nominant, sed in modo quidem nominandi 

differuntur, quia primae, in quantum hoc aliquid sunt, nominant eas, id est 

ut personaliter discretas et ab omnibus differentes, secundae vero easdem 

appellant ut convenientes. Sed wmagis. Secundae non significant res suas ut 

hoc aliquid, sed potius ut quale aliquid, quia cum primae substantiae 

maxime propter discretionem substantiae sint impositae, secundae impositae 

sunt propter qualitatem substantiae ». 


61 Logica ‘Nostrorum?, cit., p. 527: « [...] genera et species quaedam, non 

omnia, in sensibilibus sunt posita, hoc est sensibilia habent nominare, et 

ponuntur extra sensibilia, id est res habent significare et non cum aliqua 

forma quae sensui subiaceat, quia si res omnes formas quae sensui subiacent, 

amittefent, non ideo minus a genere et specie nominari possent. Sunt igitur 



72 Alfonso Maierù 



natio, tanto più, in quanto la convenienza su cui si fondano non 

può essere esaurita dalla denotazione di una singola « res 

subiecta ». 



Questo stesso tema è affrontato da alcuni dei primi com- 

menti agli Elenchi sofistici nella discussione della « figura dictio- 

nis », che nel secolo XII dai grammatici viene definita: « pro- 

prietas constandi ex dictionibus sive ex sillabis tantum » ©: la 

stessa vox, ad esempio homo, proprio perché può denotare più 

individui, sembra che significhi la sostanza individuale, mentre 

in realtà la significa soltanto « sub figura appellationis », cioè, 

non la significa in senso proprio, ma la nomina; ciò che è signi- 

ficato in senso proprio è l’universale. I testi che affrontano il 

problema fanno tutti riferimento, esplicito o implicito, a Cate- 

gorie, 5, 3b 14%. 



genera et species in sensibilibus posita per appellationem, extra vero per 

significationem ». 


@ Cfr. Fallacie Parvipontane, cit., p. 586. 


6 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cit., p. 212: «Figura 

dictionis secundum appellationem est quando aliqua vox eadem figuracione 

appellat plura et ex hoc videtur significare hoc aliguid » e anche p. 222: 

« Ut hoc nomen ‘homzo’ appellat Socratem et Platonem eadem figura et ex 

hoc videtur quod significet Socratem et Platonem; non tamen est verum »; 

Summa Sophisticorum elencorum, cit., pp. 334-335, e Tractatus de dissimili 

tudine argumentorura, cit., pp. 476-477, che dipende dalla Summa riportando- 

ne perfino un esempio; Fallacie Vindobonenses, cit., p. 515: « Ex similitudine 

appellationis, ut hoc nomen ‘homo’ videtur significare hoc aliguid, [non: 

add. De Rijk, ma sembra vada espunto] quia appellat hoc aliquid, idest 

individuum, sed non significat hoc aliquid, immo significat aliquid, idest 

universale » (il testo non ha in questo caso un riferimento esplicito alle 

Categorie, ma la terminologia risente delle discussioni sul passo ricordato). 

In Fallacie Parvipontane, cit., non occorre il termine appellatio nella discus- 

sione della « figura dictiones », ma si sofferma che il sesto modo di questa 

fallacia è quello in cui si confonde hoc aliguid con quale quid: ivi, p. 590: 

«Ut autem hoc facilius intelligatur, sciendum quod dictiones determinate 

significantes dicuntur hoc aliguid significare, ut propria nomina et prono- 



Terminologia logica della tarda scolastica 73 



C'è da aggiungere che in questi testi si trova talora un riferi- 

mento al zozzen appellativum, che è appunto il nome comune, o 

l’universale *. 


Nell’Ars disserendi di Adamo Parvipontano, appellatio ha 

un ruolo di primo piano e denota la funzione del nominare; 

essa è propria del termine comune, usato come comune, il cui cor- 

rispettivo, o designato, è detto appellatum, come si vedrà“. 

L’appellatio dà luogo a sofismi, se non se ne precisa opportu- 

namente di volta in volta la portata. Ma è bene seguire lo svolgi- 

mento del pensiero dell’autore. Adamo nella sua opera si pro- 

pone di illustrare quanti e quali siano i generi del discorso, e 

quali i fini dell’ ‘arte’ che li studia. I generi del discorso — inse- 

gna — sono due: l’uno si realizza attraverso interrogazione e 

risposta, nella disputa, l’altro si realizza senza di queste, nella 

esposizione; il fine è « insegnare come discorrere e come intendere 

ciò che è comunicato attraverso il discorso nelle discipline filo- 

sofiche » 4. Constatato che ogni discorso parte « ab interrogatione 

vel enuntiatione » ‘’, che entrambe hanno due parti, il « de quo » 

si parla, e il « quid de eo » o ciò che si dice £, e che ciascuno di 

questi può essere considerato da due punti di vista, « qualiter de 

quo » o cosa designata, e « qualiter quid » o termini designanti, 

Adamo comincia il suo studio dal « de quo » o soggetto, preci- 

sando che la designazione di esso può essere chiara o oscura, 



mina. Dictiones autem indeterminate significantes dicuntur quale quid 

significare, ut nomina generum, nomina specierum »; si vedrà nel cap. IV, 

$ 1, che indeterminate caratterizza il termine communis (o universalis) che 

ha confusio. Ma cfr. Logica ‘Cum sit nostra’, cit., pp. 450-451, per i rapporti 

tra confusio e quale aliquid. 


% Cfr. Glose..., cit., p. 222 (a proposito di De sopb. el. 168a 23). 


65 Cfr. appendice 1 a questo capitolo. 


6 Cfr. L. Minio-PaLueLLO, Introduction a ADAM or BALSHAM PARVIPON- 

TANUS, Ars disserendi, cit., p. XXV; ci serviremo dell’introduzione del Minio- 

Paluello per l’esposizione dello schema dell’Ars. 


6? Cfr. Ars disserendi, cit., p. 8. 


68 Ivi, pp. 9-10. 



74 Alfonso Maierù 



e'che la designazione oscura può avere duplice origine: o perché 

si applica a differenti cose, o perché il designatume è difficile da 

cogliere ©. 


Passando ad esaminare le designazioni sofistiche, egli distin- 

gue quelle incorzplexe, cioè consistenti di una sola vox, e quelle 

complexe, consistenti di più voces. Le prime possono aver luogo 

per equivocatio, per univocatio, o con termini collettivi”; le 

seconde possono aver luogo, se il sofisma è causato da un solo 

termine, in quattro modi, di cui qui ci preme ricordare solo l’equi- 

vocatio e l’indistinctio; se il sofisma sorge dal rapporto tra più 

termini, in molti modi, di cui ricordiamo solo il termine collet- 

tivo”. All’esame di ognuno di questi livelli di sorgenti di sopbis- 

mata Adamo fa seguire una esposizione delle regole che permet- 

tono di dominare le difficoltà. 



In tutti i casi ricordati, il Parvipontano fa ricorso al termine 

appellatio, per caratterizzare l’origine del sofisma, e una volta 

a nominatio. Per la designazione sofistica incomplessa: — l’equi- 

vocatio è definita « eadem diversotrum non eadem ratione appel- 

latio » ??, cioè ha luogo quando si ha la stessa appellatio di più 

cose non allo stesso titolo, in quanto il nome usato non con- 

serva, nei vari casi, la ratio, la significatio, o definitio grazie 

alla quale l’appellatio è stata data?; — l’univocatio invece è «eadem 



9 Cfr. ivi, pp. 18 sge. 


20 Ivi, pp. 25-31 (eguivocatio), pp. 31-32 (univocatio), pp. 32-33 (termine 

collettivo). 


71 Ivi, pp. 42-44 (eguivocatio), pp. 44-46 (indistinctio), pp. 62 sgg. (tet- 

mine collettivo). 


72 Ivi, p. 26; definizione alternativa è quella di p. 35: « Equivocatio est 

eadem diversorum huius aliter quam illius appellatio ». 


73 Cfr. ivi, p. 38: « equivoce enim dicuntur omnia quorum duplex signi- 

ficatio », ma anche p. 35: « Ex quibus igitur que equivoce dicantur compe- 

riri difficile, duo: plurium pluribus ignorabilis differentia nec tamen nulla; 

plurium modus appellationis pene idem nec tamen idem»; cfr. DE Rik, 

Logica modernorum, I, cit., pp. 69-70, dove sono esaminati alcuni casi di 



Terminologia logica della tarda scolastica 75 



ratione diversorum eadem appellatio » ”: essa si differenzia dal- 

l’equivocatio perché non causa, di per sé, « sophisticam duplici- 

tatem » ” come si ha in quella; l’urivocatio perciò non è un vero 

e proprio principio sofistico *, e si può vedere meglio ciò nei 

commenti agli Elenchi sofistici ispirati al Parvipontano; — l’uso 

dei termini collettivi dà luogo a sofisma quando si ha « plurium 

ut non unius appellatio » ”: nel caso della proposizione « contraria 

non sunt concedenda », il sofisma sorge dal fatto che contraria 

(termine incomplesso) designa due realtà opposte, e si può dubi- 

tare se si parla dei due contrari separatamente o di entrambi 

considerati insieme. 


Per la designazione sofistica complessa in cui il sofisma sorge 

dal fatto che un termine è applicato a designare differenti 

cose, l’eguivocatio ha luogo in tutti i modi in cui si può avere 

nella prima classe; l’indistinctio è definita: « [...] cum quod ipsa 

verbi variatione distingui solet, in quibusdam non distingui con- 

tingit » ®, ed è così distinta dalla eguivocatio: « Differt autem 

ab equivocatione indistinctio quod illa ex diversorum est eadem 

nominatione, hec ex unius indistincte variata (sc. nominatione)» DI 

si può notare che nominatio prende il posto di appellatio in 

questo caso. Infine, per la designazione sofistica complessa in 

cui il sofisma sorge dall’uso di un nome collettivo in connessione 

con altri termini, Adamo pone le stesse condizioni poste nella 

prima classe e fornisce l'esempio « duo contraria non sunt con- 



equivocatio secondo Adamo, e op. cit., II, i, p. 495, n. 1, dove ratio è resa 

con definition. 


© Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 


75 Ivi, p. 32 (22 rec.). 


% Per ulteriori considerazioni, cfr. De RiJk, op. cit., I, p. 75. 


TI Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 


8 Ivi, p. 45; nella proposizione « verisimilis falsi probatio falsi similis 

non est», verisimilis può riferirsi a probatio oppure a falsi; di qui l’în- 

distinctio, giacché non è chiaro quale caso abbia verisimzilis. 


79 Ivi, p. 46. 



76 Alfonso Maierù 



cedenda », nel quale il termine incomplesso contraria è sosti- 

tuito dal termine complesso duo contraria”. 


Il valore di appellatio nel testo di Adamo può essere ulterior- 

mente chiarito da altre occorrenze: appellationum novitas*, 

appellatio permanens®, appellatio secundum accidens* e così 

via; tutte confermano che l’accezione fondamentale è parallela 

a quella di romzinatio. 



Si è detto che appellatio è funzione propria del termine comune 

in quanto comune: ciò fa sì che, data l’ampiezza della possibilità 

di designazione di esso, appellatio s'accompagni sempre nel testo 

all’indicazione di una pluralità (pluriumz, diversorum) nei con- 

fronti della quale va operata una precisazione, una determinazione 

limitativa. I seguaci del Parvipontano sviluppano questo elemento 

elaborando la dottrina dell’ampliatio e restrictio dell’appellatio, 

in alcuni trattati di arte sofistica. 


L’anonimo autore delle Fallacie Parvipontane definisce l’equi- 

vocatio in rapporto all’appellatio, così come si è visto nel testo 

di Adamo: « Equivocatio est eadem diversorum non eadem ratione 



80 Ivi, p. 63; è un caso di congiunzione (altro esempio: «duo et tria 

sunt quinque », ivi, p. 64). 


81 Ivi, p. 88: «Si quos autem appellationum talium perturbet novitas, 

sufficiat eis eorum que distinximus sine nominibus cognitio, ne incognite 

distinctis incognita etiam nomina adhibentem horreant » e p. 95: « appella- 

tionum autem novitatem non horrebit appellatorum tam frequentem usum 

quam necessariam disciplinam perpendens ». 


82 Ivi, p. 36 (28 rec.): «Advertatur autem secundum ea que pre- 

dicta sunt non ex omni translatione equivocationem contingere, sed ex qua 

permanentem appellationem fieri accidit et que eius sit ad quod transfertur ». 


83 Ivi, p.4(2? rec.): « quoniam secundum accidens est huiusmodi certorum 

appellatio » e p. 73: «[...] contingit autem et hoc his que secundum acci- 

dens fiunt appellationes frequenter, ut cum dicitur ‘pater istius est 

albus’ [...] ». 


84 Cfr. l’indice analitico dell’ed. cit. curata dal Minio-Paluello, per avete 

un quadro completo dell’uso di appellatio. 



Terminologia logica della tarda scolastica 77 



appellatio »; l’univocatio è compresa sotto l’equivocatio e e 

questa può essere intesa in senso lato « quando (sc. est) ex 

variata appellatione sive ex variata suppositione [...]»: in 

questo caso, suppositio è concorrente di appellatio; ma suppo- 

sitio vale qui subiectio, cioè è funzione del termine che è soggetto 

grammaticale in una proposizione *; appellatio, accostata a suppo- 

sitio, ne assume in certo senso il valore: infatti ora appellatio 

è proprietà del termine posto in una proposizione. Univocatio 

quindi viene definita: « [...] manente cadem significatione variata 

nominis suppositio; quia, etsi vatiatur suppositio, manet tamen 

eadem significatio » ®. L’anonimo autore precisa che si hanno tre 

specie di umivocatio: « Prima est quando aliqua dictio sumitur ad 

agendum de se vel de suo significato »; esempi sono: « ‘magister’ 

est nomen » e « ‘homo’ est species »; 



« Secunda species est quando aliqua dictio transsumitur modo ad 

agendum de aliqua rerum alicuius maneriei, modo de tali manerie 

rerum, ut cum dicitur: ‘homo est dignissima creaturarum’. Potest enim 

sic intelligi ut fiat sermo de aliquo appellatorum huius nominis ‘h0m0’; 

potest etiam intelligi ut fiat sermo de tali manerie rerum; 



maneries vale ‘universale natura’ o ‘forma’ di una specie”; si 

noti l’uso di appellata per designare i subiecta di homo”; 



Tertia species est quae consistit in ampliatione et restrictione alicuius 

dictionis, quemadmodum accidere solet in nominibus appellativis ®: 



85 Fallacie Parvipontane, cit., p. 553; essa è duplice: «[...] alia est 

principalis et per se, alia ex adiuncto ». 


86 Ivi, p. 561: «Item. Univocatio ex dissimili acceptione unius termini 

accidit; sed equivocatio eodem modo habet accidere; quare ratione simili- 

tudinis univocatio sub equivocatione continetur ». 


87 Ivi, p. 562. 


88 Cfr. De Rijk, op. cif., II, i, p. 532. 


89 Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. 


% Cfr. De RyK, op. ciz., II, i, p. 588. 


9! Cfr. appendice 1 a questo capitolo. 


® Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. 



78 Alfonso Maierù 



il nomen appellativum è condizionato nella sua funzione di sog- 

getto dal tempo del verbo, di modo che può avere appellatio 

rispetto a cose presenti, passate o future”, 


Il Tractatus de univocatione Monacensis, che mostra parecchie 

somiglianze con le Fallacie Parvipontane*, definisce l’univocatio 

e la distingue dall’eguivocatio come segue: 



Est igitur univocatio manente eadem significatione variata nominis 

appellatio, quando scilicet aliqua dictio variat appellationem. (Nota) 

quod equivocatio consistit in variata nominis significatione, univo- 

catio consistit in variata nominis appellatione 9. 



Se risulta chiaro che urivocatio è proprietà che appartiene ai 

termini in base alla loro funzione significativa”, è altrettanto 

chiaro che, confrontando questo testo e quello delle Fallacie 

Parvipontane, sempre più suppositio e appellatio appaiono ter- 

mini concorrenti; nel nostro Tractatus si parla di ampliatio e 

restrictio dell’appellatio”. 


Nelle Fallacie magistri Willelmi, la univocatio è ripresa sotto 

la figura dictionis e definita: « [...] eiusdem dictionis in eadem 

significatione et terminatione varia appellatio », e si aggiunge; 

« Et notandum quia variatur univocatio usu et accidente consi- 

gnificatione. Accidit enim ex hiis appellationem restringi vel 

ampliari » 9. Anche questo testo conferma l’uso ormai accertato 



9 Cfr. ivi, e De RiJx, op. cit., II, i, pp. 494-497 e 528-533; cfr. anche 

cap. II, $ 2. 


% De Ru, op. cit., II, i, p. 533. 


95 Tractatus de univocatione Monacensis, cit., p. 337. 


% Cfr. De RIJK, op. cit., II, i, p. 496. 


9 Cfr. cap. II, $ 2. 


98 Fallacie magistri Willelmi, cit., p. 691. Nelle Fallacie Londinenses, cit., 

p. 665, si legge: « In tertia acceptione (sc. figure dictionis) dicitur appellatio 

dictionis, scilicet quedam proprietas que inest dictioni ex eo quod supponit 

unum vel plura». Il contesto indica che qui suppositio ha il valore tecnico 

più tardi comune (cfr. p. 668, e De Rjx, op. cit., II, i, p. 541); appellatio 

perciò è inglobato nella suppositio. 



Terminologia logica della tarda scolastica 79 



di appellatio come funzione della « vox significativa » capace, 

nella proposizione, di ampliazione e restrizione. 



Il contributo dato dai grammatici alla dottrina dell’appellatio 

è rintracciabile in alcuni commenti a Prisciano del secolo XII, 

là dove occorre la definizione di rozen (« substantia et qualitas »). 


Guglielmo di Conches distingue quattro gruppi di nomi: 



Nomina igitur vel significant substantias vel ea que insunt substantiis 

vel quedam figmenta animi vel modos loquendi; substantias, ut hec 

nomina ‘Socrates’, ‘homo’; vel ea que insunt substantiis, ut ‘albedo’, 

‘nigredo’; figmenta animi, ut hec ‘yrcocervus’, ‘chimera’; modos lo- 

quendi de rebus, ut ‘omnis’ 9. 



I nomi del primo gruppo sigrificano l’intelligibile, o essenza di 



qualcosa ‘9, ma rorzinano le realtà individuali, anche se nel testo 



non si fa alcun esplicito riferimento all’esistenza di esse!%; ciò 



non è vero solo dei nomi appellativi (ad es. di horzo) ma anche 

dei nomi propri (Socrates) !. 

Per i nomi del secondo gruppo, Guglielmo distingue tra 



® Il testo del commento di Guglielmo di Conches, secondo il ms. Fi- 

renze, S. Marco 310, è ampiamente riportato dal De Ru, op. cit., II, i; 

il passo cit. è a p. 223. . 

100 Ivi, p. 224: « Significat ergo hoc nomen ‘homo’ et similia appellativa 

substantiam, et non aliquam. Quod igitur ab hac voce significatur, ita ut 

significatur potest intelligi, non tamen esse. Unde dicimus quod solum intelli- 

gibile significat et non actuale » (cfr. le considerazioni del De Ryx, ivi, 

1227), 

i 101 La p. 224: « Quamvis igitur ‘boo’ significet communem qualitatem 

omnium hominum et non ipsos homines, tamen nominat ipsos homines et 

non ipsam qualitatem. Unde dicimus quod aliud significat et aliud nominat » 

(per il riferimento all’esistenza, cfr. n. 100 e quanto ne dice De Ru, ivi, 

; 227), 

Ù 102 la p. 224: «[...] hoc proprium nomen significat substantiam ita 

quod aliquam individuam, et significat propriam illius qualitatem [...]. Nomi- 

nat vero eandem substantiam quam significat, sed non qualitatem»; ma 

cfr. il testo di Boezio in n. 13. 



80 Alfonso Maierù 



forma astratta e forma concreta del nomen, albedo e album: 

pet entrambi Guglielmo stabilisce cosa significhino, cosa nomini. 

no: « [...] ‘albedo’ significat solam qualitatem, hoc commune acci- 

dens. Nominat tamen sua individua, ut ‘hec albedo est albedo» 18. 

Più articolato è il discorso per 4/b4m, e ci riporta a quanto sap- 

piamo dei paronimi: 



[...] ‘album’ idem accidens signific sl a i 

AR nto € denti at quod et albedo’, sed aliter, 


; ‘at inherentiam illius accidentis et subiecti, quod hoc 

nomen albedo non facit. Ergo hec duo nomina non in re significata 

differunt, sed in modo significandi 1%; 



e alla domanda, se album significhi sostanza e qualità, risponde: 



pg: ita, sed secundario, quia cum determinet inherentiam acci- 

ale et subiecti, quia certum est quia sola substantia est subiectum 

accidentium, secundario, idest innuendo, significat  substantiam 15, 



| Della terza classe di nomi Guglielmo afferma che « figmenta 

animi [...] quoddam significatum animi significant et nomi- 

nant », mentre di quelli della quarta afferma che « nec substan- 

tiam (nec) qualitatem significant nec aliquid nominant » !%, 

; Guglielmo, dunque, precisa per ogni specie di nome cosa 

significano, cosa nominano. Ciò è particolarmente importante 

per i nomi delle prime due classi. La funzione del nome in quanto 

designa qualcosa (zozzinatio) è identica a quella che nei testi 

precedenti, abbiamo visto, era chiamata appellatio. In Guglielmo 

essa assume sfumature che, a lungo andare, confluiranho nella 

dottrina della suppositio; in particolare, per quanto riguarda i 

nomi della prima classe, Guglielmo afferma che essi, nella propo- 



193. Ivi, 

1% Ivi. 

ist, iuziio 6 A 

Ivi; cfr. anche p. 225: « Adiectiva igitur nomina nominant illas 

substantias quibus insunt accidentia que significant, ut ‘4/44’ rem cui inest 

albedo ». 

106 Ivi; p. 225, 



Terminologia logica della tarda scolastica 81 



sizione, possono designare se stessi o la specie!: si tratta di 

quelle funzioni che saranno chiamate « appellatio materialis » e 

« appellatio manerialis 0 simplex » ‘!® e che saranno dette più 

tardi « suppositio materialis » e « suppositio simplex ». 


Di diverso avviso è Pietro Elia, il quale, nella Sumzza super 

Priscianum, commentando la definizione che Prisciano dà di 

nomen, riferisce le opinioni dei suoi contemporanei: dai raggua- 

gli di Pietro Elia, si può ricavare che ormai la dottrina di Pri- 

sciano si è incontrata con quella di Boezio (« quod est », cioè 

«res existens », e « quo est» o forzza) e che Prisciano viene 



spiegato con Boezio !”. Dopo aver esposto una prima opinione, 

secondo la quale tutti i nomi significano sostanza e qualità !, 

perfino omnis e nichil!!!, e una seconda, che sembra essere quella 

di Guglielmo di Conches !, ne enuncia una terza, per la quale 

ogni nome significa una substantia, oppure modo substantie: i 

nomi propri e appellativi significano la sostanza, giacché sono 



107 Ivi, p.224: «Sed quamvis proprie nominat (sc. ‘homo’) ipsa indi- 

vidua, aliquando tamen ex adiuncto nominat speciem quam significat — ut 

hic: ‘bomo est species” —; aliquando se ipsum tantum, ut hic: ‘homo est 

nomen? ». 


18 Cfr. De Ru, ivi, p. 526; cfr. la glossa Promzisimus, ivi, pp. 526 sg.; 

v. quanto si dirà più avanti a proposito del testo del ms. Vienna, lat. 2486. 


19 Il De RiJk riporta ampi passi dal ms. Paris, Arsenal 711: cfr. ivi, 

p. 231: «Hoc autem est illud quod plerique dicunt, scilicet quod omne 

nomen significat gu0 (quod: De Rijk) est et id quod est, ut hoc nomen 

(‘bomo’) significat id quod est, idest rem que est homo, et illud quo est, 

scilicet humanitatem qua est homo, quoniam homo ab humanitate est homo ». 


110 Ivi: « Et rursus hoc nomen ‘albedo? significat rem pro substantia que 

est albedo, et facere album sive albedinem, ut fingam vocabulum, pro forma. 

Et hoc idem de cetetis nominibus dicunt ». 


ill Ivi: «Quidam tamen nimis ridiculose dicentes quod ‘omnis’ signi- 

ficat formam que debet dici omnitas, fingentes nomen ad similitudinem huius 

quod est ‘buzzanitas’. De hoc nomine quod est ‘richil’ dixerunt quod signi- 

ficat rem que non est pro substantia et nichilitatem pro forma ». 


112 Ivi, pp. 231-232. 



82 Alfonso Maierù 



stati trovati dall’imzpositor per parlare delle sostanze !5; gli altri 

nomi, che sono nomi di accidenti, significano non la sostanza, 

ma « modo substantie » !: così pure i sincategoremi e i « figmen- 

torum nomina » !5. A quest’ultima opinione sembra aderire 

Pietro Elia !!, 



In altri commenti a Prisciano vengono riprese alcune dottrine 

nelle quali le correlazioni significatio (primaria) —forma e signifi- 

catio (secondaria)—substantia (o subiectum d'una qualitas) si van- 

no sempre più accentuando, di modo che appellatio cessa di valere 

nominatio per limitarsi a designare una natura universale, o anche 

l’intellectus di essa. 


Così, le Glosule in Priscianum del ms. Colonia 201 affermano 

che il nome nozzinat la substantia per via dell’imzpositio ricevuta, 

ma significat la qualità !”, giacché la qualitas è in realtà la « causa 



113 Ivi, p. 233: «Dicunt ergo quod nomina propter substantias primo 

reperta sunt. Qui enim nomina primo imposuit, ad loquendum de substantiis 

ea invenit ». 


114 Ivi: «Sed postea dilatata est locutio, ita scilicet ut non solum de 

substantiis, verum etiam de ceteris rebus vellent homines loqui. Imposuerunt 

itaque accidentibus nomina quibus de illis agerent, sed positio eorum est 

secuta positionem nominum prius impositorum propter substantias. Data 

sunt itaque nomina accidentibus sed ita ut quamvis significarent illa acci- 

dentia, tamen modo substantie significarent et in natura communi vel propria 

(vel) ut in natura communi vel propria. Scis quid est modo substantie signi- 

ficare: significare aliquid sine tempore et in casuali inflexione communiter 

vel proprie, vel quasi communiter vel quasi proprie ». 


115 Ivi: i sincategoremi (omzzis, neullus) «[...] nichil significant sed 

tantum consignificant, ut ‘omnis’ consignificat quoniam universaliter et ita 

quod sine tempore in casuali inflexione et quasi communiter. Nichil enim 

commune pluribus designat, sed quasi commune aliquid significaret plura 

complectitur [...]. Hec vero habent alia nomina huiusmodi, ut ‘quis’, ‘nichil 

et figmentorum nomina, ut ‘hircocervus” et ‘chimera’, ita scilicet quod nichil 

possit obici contra ». 


16 Ivi, p. 234. 


17 Ampi passi ivi: cfr. p. 228, n. 1: « [...] nomen [....] substantiam tantum 



Terminologia logica della tarda scolastica 83 



inventionis nominum » !!, dal momento che la pluralità di qua- 

lità, cioè di forme, è la vera causa della pluralità di nomi. 


Il commento anonimo a Prisciano, contenuto nel ms. Vienna, 

lat. 2486, fornisce elementi, decisivi nel senso indicato, commen- 

tando le espressioni « significare substantiam » e « significare 

qualitatem ». Per la prima, l’anonimo autore riferisce un’opinione 

secondo la quale ogni nome significa sostanza e qualità: «[...] 

‘homo’ significat essentiam que est horzo et istam proprietatem, 

scilicet humanitatem; et ‘albedo’ significat rem albam et aliquam 

proprietatem, scilicet albere vel facere album. Et sic omnia 

alia »!!. Per la seconda, si afferma: «Significare qualitatem est de 

notare de quo genere rerum aliquid sit vel de qua manerie [....]. 

‘Album’ bene denotat de quo genere rerum aliquid sit, scilicet 

quod ‘album?’ dicitur nomen corporum et quod semper intelligitur 

album corpus » !®. Le espressioni « rem albam » del primo passo e 

« nomen corporum » del secondo non devono trarre in inganno: non 

si tratta di un significare che denoti realtà esterne, ma di un rinvio 

alla realtà specifica, astratta, universale, cioè alla forma che è oggetto 

dell’intelletto (intelligitur), come ben indicano i termini essentia, 

genus, maneries occorrenti nei testi. C'è uno slittamento della 

nominatio, 0 significazione secondaria, o appellatio, verso il piano 

mentale, comunque intralinguistico. Ciò trova ulteriore conferma 

nella dottrina secondo la quale se albume, posto a parte praedicati; 



nominat, quia ei fuit impositum, qualitatem vero significat non nuncupative, 

immo representando et determinando circa substantiam propter quam tamen 

notandam substantie fuit impositum »; perciò, continua il testo, ogni nome 

ha due significazioni: « [...] unam per impositionem in substantia, alteram 

per representationem in qualitate ipsius substantie [...]. Similiter ‘album? 

per impositionem significat corpus — idest nuncupative, quia qui dixit: 

«dicatur hec res alba”, non dixit: “substantia et albedo dicantur alba”; in 

quo notatur impositio —, albedinem vero significat per representationem ut 

principalem causam ». 


118 Ivi, p. 523. 


119 Riportato ivi, p. 241. 


120 Ivi, pp. 242-243. 



84 Alfonso Maierù 



significa una qualità, posto però 4 parte subiecti significa una 

essenza !!, La prima parte di questa affermazione testimonia 

di una particolare interpretazione dell’appellatio come proprietà 

del predicato, il quale come tale « appellat formam » o « ratio- 

nem », come si vedrà; di modo che la dottrina dell’appellatio, se fa 

leva sul momento istitutivo della vox, dice riferimento alla realtà 

estramentale attualmente indicata; e se fa leva, invece, sul mo- 

mento ‘significativo’ (nel senso più forte), dice riferimento alla 

qualità o forma che è causa del nome. 


La glossa Promisimus, infine, riprendendo la distinzione tra 

nomi propri e nomi appellativi presente in Prisciano, analizza i 

rapporti tra significatio, appellatio e nominatio, riporta varie opi- 

nioni sullo sfondo della quadripartizione dei nomi di Guglielmo di 

Conches, e precisa che, secondo un’opinione, il « significare 

substantiam et qualitatem » è del nome proprio come del nome 

comune o appellativo !2; per un’altra opinione, invece, solo i 

nomi propri hanno appellatio-nominatio della sostanza significata, 

non della qualità, mentre i nomi appellativi hanno appellatio, e 

appellant i loro appellata in linea di diritto, ma non li nominant 

di fatto !*. Per quanto riguarda i nomi astratti della categoria 



121 Ivi, p. 241: « Modo opponitur eis de hoc quod dicit Boetius: “album 

michil significat nisi qualitatem”. Ita exponunt quod intellexit: quando po- 

nitur ex parte predicati, tunc significat qualitatem. Sed bene potest poni in 

subiecto; et tunc significat aliquam essentiam ut ‘album est corpus’: tunc 

‘album’ quoddam corporeum significat ». 


12 Dal ms. Oxford, Bodl. Laud. lat. 67, citato ivi, p. 258: «Et eorum 

que significant substantiam quedam determinant qualitatem circa substan- 

tiam, sive communem, ut ‘homo’, sive propriam, ut ‘Socrates’, que ‘Socra- 

titas” a Boetio appellatur [cfr. n. 13]. Concedunt ergo quod utrumque 

istorum nominum ‘homo’, ‘Socrates’ significat substantiam et qualitatem; 

neutrum tamen eorum plura, licet alterum sit substantia et alterum qualitas, 

que sunt plura, tamen significare substantiam et qualitatem non est significare 

plura ». 


13 Ivi: «Nomen proprium nominat, idest appellat, cam substantiam 

quam significat, sed nullam qualitatem. De nulla enim qualitate agitur per 



Terminologia logica della tarda scolastica 85 



della qualità, essi, — si dice, ed è dottrina più comune — sigri- 

ficant ma non appellant '*. I nomi concreti della categoria della 

qualità, infine, « nominant, idest appellant » le sostanze cui ineri- 

scono gli accidenti, e significant primariamente la qualità !5. 


Per questa seconda opinione, dunque, i nomi astratti signifi- 

cano, i nomi concreti della categoria di qualità significano e nomi- 

nano-‘appellano’, i nomi propri significano-nominano-‘appellano’ 

l'individuo ma non significano una qualità, i nomi comuni signi- 

ficano e ‘appellano’, e talora nominano. Il valore di appellare non 

coincide con quello di nomzizare, come si è constatato finora: l’ap- 

pellare dei nomi appellativi non dice necessariamente rinvio al 

referente estralinguistico, ma, sulla scia di quanto si è visto negli 

altri commenti a Prisciano, rinvia solo agli appellata, al correlativo 

mentale designato dal termine. 


Ci sono, anche da un punto di vista grammaticale ormai, gli 

elementi per una considerazione della funzione appellativa di un 

nome, all’interno di una proposizione, che sia condizionata appunto 

dalla struttura logico-linguistica della proposizione stessa. 



4. L’« appellatio » nella « summulae » dei sec. XII-XIII 



Già con i Tractatus Anagnini la dottrina dell’appellatio, alla 



proprium, ut hoc nomen ‘Socrates’ et significat et appellat hunc hominem. 

Appellativum vero significat substantiam et omnem appellat, sed non omnem, 

cui convenit proprietas designata per ipsum, scilicet humanitas, nominat, 

(sed) quamlibet substantiam cui ipsum convenit appellat, quia pro uno- 

quoque eorum habet poni. Ut hoc nomen ‘boro? significat hominem et 

omnem appellat et quemlibet hominem, sed nullum determinate ». 


14 Ivi: «De hoc vero nomine ‘albedo’ dicunt quod solam qualitatem 

significat, scilicet a/bedinem, sed nullam appellat, tamen omnem significat ». 


125 Ivi, p. 259: « Nominant autem, id est appellant, adiectiva substantias 

illas quibus insunt accidentia illa que eis significantur, ut ‘albus’ principa- 

liter significat qualitatem (substantiam: De Rijk) determinando eam inesse, 

secundario subiectum albedinis et illud nominant ». 



86 Alfonso Maierù 



fine del secolo XII, non ha più una funzione centrale, ma il suo 

posto è occupato dalle dottrine della sigrificatio e della suppositio. 

L’autore, anonimo, richiamandosi alla distinzione tra nomi propri 

e nomi appellativi ‘%, caratterizza l’appellatio come proprietà di 

un termine di aver riferimento ai suoi appellata: in questo senso 

occorre a proposito della supposizione di un termine in presenza 

della dictio ‘alius’ '? e a proposito della supposizione conseguente 

all’uso comune (« de communi usu loquentium »), e in partico- 

lare discutendo « de nominibus articularibus », o nomi di dignità 

e cariche pubbliche, che, assunti al caso obliquo, hanno appellatio 

ristretta !8, Appellatio dunque occorre nella discussione più gene- 

rale dell’ampliatio e restrictio d'un termine, di cui si dirà nel 

seguente capitolo !?, 


Ma tra la fine del secolo XII e la prima metà del secolo XIII 

circa fiorì quel genere letterario noto col nome di sumzzulae; in 

esse la dottrina dell’appellatio, pur non svolgendo un ruolo cen- 

trale nella trattazione dei « parva logicalia », appare ormai matura 

da un punto di vista logico: l’appellatio non è più considerata 

come proprietà del nome in quanto tale, ma proprietà di un ter- 

mine in una proposizione, cioè in un contesto sincategorematico, 

in una struttura sintattica logicamente rilevante, nell’ambito della 

quale si precisano le possibilità operative dei termini. 


Se ancora nella Logica ‘Cum sit nostra’ il riferimento sintat- 

tico non è decisamente affermato e sussiste una considerazione 

del nome assunto nella sua atomicità !*, il discorso si fa più com- 

pleto e interessante negli altri trattati. 



126 Tractatus Anagnini, cit., cfr. ad esempio pp. 301 e 316-317. 


127 Ivi, p. 271: «[...] tunc precedens terminus restringitur ad suppo- 

nendum illa que cadunt sub appellatione sequentis termini », e ancora: « sub 

appellatione sequentis termini », nello stesso contesto. 


128 Ivi, pp. 274-275: « nomina articularia sumpta per obliquum restrin- 

gunt appellationem, ut ‘video regem’, ‘loquitur de rege’ ». 


129 Cfr. cap. II, $ 2. 


130 Logica ‘Cum sit nostra’, cit., p. 449: «Et est appellatio sermonis 



Terminologia logica della tarda scolastica 87 



Le Introductiones Parisienses, dopo aver definito i termini 

suppositio, significatio, consignificatio, definisce così l’appellatio: 



Appellatio, ut solet dici, est presentialis convenientia alicuius cum 

aliquo; vel: quedam proprietas que inest termino ex eo quod pro 

presenti significat, ut solet dici. Ut hoc nomen ‘Antichristus’ non 

appellat Antichristum, immo subponit et significat !, 



Perché un termine abbia appellazione, si richiede la conside 

razione della struttura proporzionale (convenientia) e il riferimento 

al tempo presente. Manca, nel testo, qualsiasi cenno all’appellatio 

come funzione del predicato !°. } 


Anche il Tractatus de proprietatibus sermonum definisce l’ap- 

pellatio indicando come elemento caratterizzante la connotazione 

temporale del tempo presente ‘*, che deve aver luogo in un con- 

testo proposizionale !*. E poiché l’appellatio è inferiore alla suppo- 



predicabilis significatio sine tempore [...]. Vel: appellatio est proprietas ter- 

mini communis quam habet secundum quod comparatur ad sua singularia, 

que comparatio inest ei secundum quod appellat. Ut cum dicitur: ‘homo est 

animal’, iste terminus ‘homo? habet comparationem ad singularia, que com- 

paratio inest ci secundum quod appellat Socratem vel Platonem »: interes- 

sante il rilievo relativo alla predicabilità, ma il prosieguo del discorso mostra 

qual è il vero interesse del nostro testo. Si noti che la suppositio è definita 

«substantiva rei designatio, idest significatio termini substantivi» (ivi, 

p. 446); è chiaro, dall’analisi di homo contenuta nel primo testo, che suppo- 

sitio e appellatio non si escludono. 


131 Introductiones Parisienses, cit., p. 371. 


132 Seguono (ivi, pp. 371-373) sei regole relative all’ampliatio e alla 

restrictio di suppositio e appellatio. 


133 Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 722: « Appellatio est 

proprietas que inest voci ex eo quod assignet aliquem mediante verbo pre- 

sentis temporis. Per hoc patet quod ille terminus tantummodo appellat qui 

vere potest sumi cum verbo presentis temporis; ille vero nil appellat qui 

vere non potest sumi cum verbo presentis temporis, ille scilicet qui nil 

potest significare presentialiter ». 


134 Ivi: « Appellare est assignare aliquem. Unde terzzinum appellare nil 

aliud est quam terzzinum convenire alicui, hocest esse assignare alicui me- 

diante verbo presentis temporis ». 



88 Alfonso Maierù 



sitio, in quanto è un capitolo di essa !%, l’appellatio può essere 

anche definita come la coartatio (o restrictio) della suppositio 

mediante il verbo di tempo presente !%, 


La Dialectica Monacensis, agli elementi già rilevati della conno- 

tazione temporale in un contesto proposizionale, aggiunge che 4p- 

pellare è accidentale per il termine, e che la funzione del termine 

che appellat è quella di essere predicato !”. 


Ancora, le Suzzzze Metenses caratterizzano in modo molto 

chiaro l’appellatio come suppositio del termine « pro iis qui sunt », 

« pro existente », a differenza della supposizione, che è funzione 

del termine non legata ai « presentia supposita » !*. 



135 Ivi: «[...] cum suppositio et appellatio se habeant quasi superius et 

inferius [...]». 


136 Ivi, pp. 722-723: « Quoniam (autem) variatur per verbum presentis 

temporis vel preteriti vel futuri, et cum talis variatio sit suppositio coartata 

et talis suppositio coartata per verbum presentis vel preteriti vel futuri dicatur 

appellatio [...] ». 


137 Dialectica Monacensis, cit., p. 616: « Dicitur autem terminus appel- 

lare id de quo vere et presentialiter et affirmative potest predicari. Ut patet 

in hoc termino ‘bomzo’, qui appellat Sortem, Platonem, et omnes alios presen- 

tes. Et notandum quod terminus communis hoc quod appellat, supponit. 

Sed non convertitur, quia multa supponit que non appellat. Iste enim ter- 

minus ‘bozz0? supponit Cesarem et Antichristum, non tamen appellat cos, 

eoquod. non sunt presentes. Unde accidentale est termino appellare id quod 

modo appellat, quia iste terminus ‘hozz0” appellat Sortem cum ipse est, cras 

non appellabit ipsum dum ipse non est, sed tamen supponit ». La supposi- 

zione è comunque superior all’appellazione; di essa si afferma: «[...] ter- 

minus communis pet se sumptus supponit pro omni quod potest participari 

formam eius:[...] », dove è presente un riferimento alla forzz4 (natura uni- 

versale) come residuo delle interpretazioni dell’espressione: « substantia et 

qualitas ». 


1388 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 458: «Quoniam appellatio est nota 

corum. que accidunt termino inquantum est in propositione, ideo viso 

de suppositione termini videndum est de appellatione eiusdem et de diffe- 

rentia que est inter appellationem et suppositionem. Sciendum tamen quod 

appellatio termini est suppositio eius pro iis qui sunt. Unde appellata 

dicuntur presentia supposita; suppositio est tum pro existente tum pro non 



Terminologia logica della tarda scolastica 89 



Questa caratterizzazione è prevalente nel secolo XIII, e non 

solo nelle varie sumzzzulae, ma anche in testi come lo Speculum 

doctrinale di Vincenzo di Beauvais !*. 


Lamberto di Auxerre ricorda quattro accezioni di appellatio, 

ma afferma che il valore principale resta « acceptio termini pro 

supposito vel suppositis actu existentibus » !°. Pietro Ispano a sua 

volta definisce senz'altro: « Appellatio est acceptio termini pro 

re existente », il che rende questa funzione del termine diversa 

dalla significatio e dalla suppositio !!. La necessità dell’attuale 

esistenza della cosa appellata fa sì che Pietro attribuisca l’appel- 

latio non solo ai nomi comuni, ma anche ai nomi propri quando 

designano una realtà esistente ‘4°. Bisogna però distinguere due casi 



existente. Et ex hoc patet differentia inter appellationem et supposi- 

tionem [...]. Non autem terminus appellat nisi pro eo qui vere est. Et 

propterea manifestum est quod multos appellavit quos modo non appellat, 

et multos postea appellabit; item multos appellabat (appellat: De Rijk) quos 

modo non appellat nec postea appellabit ». 


139 Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 240: « Appellatio vero dicitur quae- 

dam proprietas quae inest termino, eo quod ille potest accipi pro aliquo 

supposito actu existente. Unde differt a suppositione, eo quod suppositio est 

indifferens respectu entium, et non entium [...]: unde suppositio communior 

est quam appellatio »; per la distinzione tra nomi comuni o appellativi e 

nomi propri, cfr. ivi, 95-98. 


140 In PRANTL, op. cit., III, p. 31, n. 129: « Appellatio dicitur quatuor 

modis: ... propria nominatio..., proprietas nominum..., acceptio termini pro 

supposito sub suo significato..., acceptio termini pro supposito vel pro sup- 

positis actu existentibus... Quarto modo est principalis intentio... ». 


141 Summulae logicales, cit., 10.01, p. 102; continua così il testo cit.: 

«Dico autem “pro re existente”, quia terminus significans non ens nihil 

appellat, ut “Caesar” vel “Antichristus”, et sic de aliis. Differt autem 

appellatio a suppositione et significatione, quia appellatio est tantum de re 

existente, sed suppositio et significatio sunt tam de re existente quam non 

existente, ut “Antichristus” significat Antichristum et supponit pro Anti- 

christo, sed non appellat, “homo” autem significat hominem et supponit de 

natura sua tam pro hominibus existentibus quam non existentibus et ap- 

pellat tantum homines existentes ». 


14 Ivi, (10.02): « Appellationum autem alia est termini communis, ut 



90 Alfonso Maierù 



riguardo all’appellatio del termine comune: se il termine ha sup- 

posizione semplice (se cioè sta per l’essenza comune d’una cosa), 

allora « idem significat, supponit et appellat »; se invece ha sup- 

posizione per i suoi inferiora, esso significat la natura comune, 

supponit per quegli inferiora per i quali viene quantificato e ap- 

pellat gli inferiora esistenti !9. 


L’uso dei termini appellatio, appellare da parte di Guglielmo 

di Shyreswood merita un discorso più ampio. Innanzi tutto, va 

precisato che secondo Guglielmo appellatio è la generale predica- 

bilità del nome in una proposizione che abbia il tempo presente !*. 

Ma il maestro ci informa che, secondo alcuni (guidar), il predi- 

cato ha appellatio mentre il soggetto ha suppositio 5. Ora, la 



“homo”, alia termini singularis, ut “Socrates”. Terminus singularis idem 

significat, supponit et appellat, quia significat rem existentem, ut “Petrus” ». 


143 Ivi, 10.03, pp. 102-103: «Item, appellationum termini communis alia 

est termini communis pro ipsa re in communi, ut quando terminus habet 

simplicem suppositionem, ut cum dicitur “homo est species” vel “animal 

est genus”; et tunc terminus communis idem significat, supponit et appellat, 

ut “homo” significat hominem in communi et supponit pro homine in 

communi et appellat hominem in communi. Alia est termini communis pro 

suis inferioribus, ut quando terminus communis habet personalem supposi- 

tionem, ut cum dicitur “homo cutrit”. Tunc “homo” non significat idem, 

supponit et appellat, quia significat hominem in communi et supponit pro 

particularibus et appellat particulares homines existentes ». 


14 Introductiones în logicam, cit., p. 74: « Appellatio autem est presens 

convenientia termini i.e. proprietas, secundum quam significatum termini 

potest dici de aliquo mediante hoc verbo: est [...]. Appellatio autem (sc. est) 

in omnibus substantivis et adiectivis et participiis et non in pronominibus, 

quia non significat formam aliquam, sed solam substantiam » (abbiamo tenuto 

presente le correzioni suggerite in KNEALE, op. cit., pp. 246 sgg., al testo 

che il Grabmann ha fissato nell’ed. cit.), e p. 82: « Appellatio autem inest 

termino, secundum quod est predicabilis de suis rebus mediante hoc verbo: 

est »; cfr. DE Rik, op. cit., II, i, pp. 563 sgg. In questo senso il BocHENSKI, 

A History of Formal Logic, cit., p. 176, intende appellare come ‘nominare’ 

le cose presenti. 


145 GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 82: « Dicunt igitur quidam. 

quod terminus ex parte subiecti supponit et ex parte predicati appellat ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 9i 



supposizione può essere duplice: « aut secundum actum aut se- 

cundum habitum » 16; della supposizione abituale (che ha ri- 

scontro nella supposizione naturale di Pietro Ispano 19), scrive: 

« Secundum autem quod est ‘** in habitu dicitur suppositio signifi- 

catio alicuius ut subsistentis. Quod enim tale est, natum est ordinari 

sub alio »; la supposizione attuale è definita « ordinatio alicuius 

intellectus sub alio » !: un termine, in quanto tale, è naturalmente 

capace di fungere da soggetto e in tal caso ha supposizione abituale; 

se è usato in una proposizione, esso è attualmente ‘ordinato’ a un 

predicato, ed ha supposizione attuale. Ciò premesso, Guglielmo 

commenta così l’opinione dei quidam: 



Et sciendum, quod ex parte subiecti supponit (sc. terminus) secundum 

utramque diffinitionem suppositionis (sc. actualem et habitualem), ex 

parte autem predicati supponit secundum habitualem suam diffinitio- 

nem. Scieridum etiam quod terminus ex parte subiecti appellat suas 

res, sed non secundum quod est subiectum. Ex parte autem predicati 

appellat. Secundum autem quod predicatum, comparatur ad subiectum 

suum per aliquam suarum rerum et secundum hoc appellat 199. 



Sembra di poter ricavare dal testo le seguenti affermazioni: la 

supposizione attuale non importa l’appellatio; la supposizione abi- 

tuale, propria del termine in quanto tale, importa l’appellatio; 

l’appellatio è perciò proprietà del termine in quanto tale: il sog- 

getto appellat in forza della sua ineliminabile supposizione abi 

tuale, il predicato appellat in quanto esso ha solo supposizione 

abituale; e poiché il predicato significa una forma che inerisce 

alla substantia del soggetto, il termine predicato designa solo una 



16 Ivi, p. 74. . o 


147 Summulae logicales, cit., 6.04, p. 58; cfr. DE Ru, op. cit., II, i, 

pp. 566 sgg.; cfr. anche cap. II, nn. 67 e 69. : 


188 Nel testo di GueLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cit., p. 74, si legge sunt, 

che è riferito insieme a suppositio e copulatio. 


149 Ivi. 


150 Ivi, p. 82. 



92 Alfonso Maierù 



151 x n 

forma e appellat secondo che è ordinato al soggetto, e grazie al 

soggetto; il predicato è quindi assunto nella sua intenzione e 

aa; - ; 

inerisce’ al soggetto che riceve estensione dalla copula !2. 



Da quanto si è detto, appare evidente che la dottrina della 

appellatio proposta da Guglielmo è ancora legata all’analisi gram- 

maticale della relazione che intercorre tra nome appellativo e 

realtà designata. Ma resta vero ancora, per Guglielmo, che il 

nome, per sua natura (de se), «supponit pro presentibus » !* 

cioè ha la funzione, che gli deriva, come si sa, dalla sua impositio, 

di nominare le cose presenti: è questa la ragione per cui l’appel- 

latio è legata, come a sua « conditio sine qua non », alla connota- 

zione temporale della copula di tempo presente. 



151 Cfr. ivi, p. 78: «Queratur, utrum dictio, que predicatut, predicet 

solam formam et si stet simpliciter aut non. Et videtur, quod non. Si enim 

ita esset, vere diceretur: quedam species est homo sicut dicitur: homo est 

species. Dicendum, quod hoc non sequitur. Omne enim nomen significat 

solam formam et non absolute, sed inquantum informat substantiam deffe- 

rentem ipsam et sic aliquo modo dat intelligere substantiam. Nomen ergo 

in predicato dat intelligere formam, dico, ut est formam substantie subiecti. 

Et ideo cum illa substantia intelligatur in subiecto, non intelligetur iterum 

in predicato. Unde predicatum solam formam dicit ». Si ricordi che significatio 

è definita (ivi, p. 74): « presentatio alicuius forme ad intellectum »: forma 

è una natura universale; per il De Rij€, op. cit., II, i, p. 563, n. 3, l’espres- 

sione « significatum termini » del primo testo della n. 144 vale « the universal 

nature the term signifies ». 



12 Così il De Rug (ivi, p. 564) intende il passo di Guglielmo: di 

contro ai « quidam » che appaiono sostenitori della teoria dell’identità per 

quanto riguarda la copula (soggetto e predicato hanno la stessa estensione, 

indicata dalla copula), Guglielmo è sostenitore della teoria dell’inerenza (per 

la quale cfr. Moopy, Truth and Consequence..., cit., pp. 32 sgg., e cap. III). 


sa Cfr. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 85: «Et dico, quod ille 

terminus: homo supponit pro presentibus de se, quia significat formam in 

comparatione ad suas res. Hec autem comparatio tantum salvatur in existen- 

tibus. Solum enim est suum significatum forma existentium et proprie pro 

hiis supponit de se »; per forma, e significatum, cfr. n. 151; per l’interpre- 

tazione proposta, cfr. KNEALE, op. cit., pp. 247-248. 



Terminologia logica della tarda scolastica 93 



Di contro alla dottrina che interpreta l’appellatio come una 

specie di suppositio, e precisamente quella specie che vale in rela- 

zione al tempo presente, dottrina che deriva dall’affermarsi della 

suppositio come teoria generale del termine nella proposizione 

in sostituzione dell’appellatio (ben illustrata dal De Rijk'*), 

sopravvive nelle sumzzzulae l’interpretazione dell’appellatio come 

proprietà del termine derivante dalla primitiva impositio: essa è 

documentata dall’Ars Meliduna, dalle Sumule dialectices attribuite 

a Ruggero Bacone, ma anche nel Compendium studii theologiae 



di Ruggero Bacone. 

Se, per parte sua, l’Ars Meliduna afferma ancora le tesi 

dell’appellatio come risultato immediato dell’institutio 9, della 



154 Cfr. Logica modernorum, II, i, cit., in particolare i capp. XVI (pp. 513- 

554) e XVII (pp. 560-575). 


155 Op. cit., p. 294: « Causa institucionis vocum fuit manifestacio intel- 

lectus, idest ut haberet quis quod alii intellectum suum manifestaret [....]. 

Notandum tamen quod institucio vocum non fuit facta ad significandum, sed 

tantum ad appellandum, quippe cum appellacio vocum magis sit necessaria 

ad loquendum de rebus subiectis quam significacio. Quod autem ad appel 

landum fuerint voces institute, satis probabiliter coniectari potest ex illa 

inposicione vocis que fit cum puero nomen inponitur: ibi enim non queritur 

quid significabit illud nomen vel quo nomine puer significabitur sed pocius 

quid appellabitur. Amplius autem ex hoc quod ubicunque proprie ponuntur 

nomina in supposito semper ponuntur ad agendum de appellatis tantum, ut 

dicto quoniam horzo currit. Appellant ergo nomina res illas propter quas 

supponendas fuerunt instituta. Verba quoque similiter, saltem casualia, idesi 

participia. Licet autem ad appellandum tantum fuerint institute voces, tamen 

preter appellacionem habent etiam significacionem, sed hanc ex appellacione 

contraxerunt sive ex institucione facta ad appellandum ». Discutendo della 

significazione dei nomi, l’autore c’informa che, secondo una tesi, essi signi 

ficano le forme ideali, per cui « desinente re appellata, manet vocis signifi- 

catio » (ivi, p. 295); ciò ricorda da vicino quanto scrive GIOVANNI DI Sa 

LIsBURY, Metalogicon, cit., IV, 35, p. 205: « [...] temporalia uero widentur 

quidem esse, co quod intelligibilium pretendunt imaginem. Sed appellatione 

uerbi substantiui non satis digna sunt que cum tempore transeunt, ut nun- 

quam in eodem statu permaneant, sed ut fumus euanescant; fugiunt enim, 

ut idem (sc. Plato) ait in Thimeo, nec expectant appellationem »; cfr 



94 Alfonso Maierù 



necessità del riferimento al presente e della priorità logica della 

significatio e della suppositio rispetto all’appellatio, giacché il 

nome conserva quelle quando perde questa in seguito alla distru- 

zione della cosa ‘appellata’ !*, il discorso diventa più articolato 

negli altri due testi. 


L’autore delle Sumzule scarta sia la dottrina della suppositio 

come proprietà del soggetto !”, sia quella dell’appellatio come 

proprietà del predicato: l’appellatio è ordinata agli appellata e 

perciò è proprietà del soggetto come del predicato, giacché en- 

trambi sono ordinati agli appellata; e poiché i termini che hanno 

appellazione sono usati nella loro valenza significativa, ogni 4ppel- 

latio è personale (‘personale’ indica che il termine è usato a deno- 

tare le realtà significate) e si può articolare a somiglianza della 

supposizione personale ‘*. L’autore, inoltre, ricorda due opinioni 



Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, ed. T.H. Waszink, 

« Plato latinus », IV, Londini et Leidae 1962, p. 47. Cfr. MurraLry, The 

« Summulae logicales » ..., cit., pp. lviti-lix. 


156 Ars Meliduna, cit., p. 316: «Significat enim hoc nomen ‘Cesar’ 

adhuc illud individuum quod olim significavit. Neque enim nomen 

re (ce)dente significationem amisit quam prius habuerit, sed appellationem, 

— que est per verbum presentis temporis vera attributio sive copulatio. 

Unde et semper exigit rem existendi. Distat ergo inter suppositionem, signi- 

ficationem, appellationem, quia duo prima precedunt tertium, ut in hoc 

nomine ‘Antichristus’; semper etiam post ipsum manent, ut in hoc 

nomine ‘Cesar’; ipsa vero simul. Significat itaque ‘Cesar’ individuum, 

non quod modo sit individuum, sed quod est vel fuit vel erit. Et ita 

significat individuum quod non est nec tamen (erit) aliquod individuum. 

Sicut supponit vel, secundum alios, significat boro qui non est et tamen 

quilibet homo est, quia significatio dictionis appellationem ampliat ». 


157 Sumule dialectices, cit., p. 268: «[...] quarto modo dicitur suppo- 

sicio ‘proprietas termini subjecti’, sive subjecti in quantum alii supponit 

et subicitur in oracione »; quindi è scartata la tesi che intende la suppo- 

sitio come « substantiva rei designacio » (ivi). 


1588 Ivi, p. 277: «[...] dicitur quod appellacio est termini predicabilis 

sine tempore significatio (significato: Steele). Quod est falsum: quia appel- 

lacio dicitur per comparacionem ad appellata que respicit. Cum igitur subjectus 

terminus equaliter respiciat appellata, sic terminus predicatus erit appellacio 



Terminologia logica della tarda scolastica 95 



relative al riferimento temporale del nome che ha appellatio: una, 

più diffusa, sostiene che il termine comune denota tutti i suoi 

(possibili) appellata, senza alcun riferimento temporale (su questa 

affermazione, legata all’analisi del momer appellativum, fa leva 

la dottrina dell’ampliatio e della restrictio); l’altra, invece, intende 

l’appellatio del termine come riferita al presente, giacché « ter- 

minus est solum nomen presencium » !’. Questa seconda è l’opi- 

nione condivisa dall’autore delle Sumzzle; fra i vari argomenti 

addotti a sostegno di essa, uno è ricavato dalla dottrina della 

ampliatio: se il termine avesse appellazione per il presente come 

pet il passato e il futuro, l’ampliazione non avrebbe senso !, e 



conclude: 



Dicendum est igitur quod terminus est solum nomen presencium vel 

existencium, nomen dico significacionis [...]. Quare terminus de se 

solum concernit presencia, et supponit pro illis de sui materia; pet 

naturam autem verbi de preterito et futuro, vel habenti materiali 

eorum ut verba ampliandi, poterunt stare pro preteritis et futuris!9!, 



All’obiezione, che si può formulare contro la tesi che so- 

stiene essere elemento caratterizzante dell’appellatio il riferimento 

al tempo presente, che cioè il nome, a differenza del verbo, non 

connota il tempo, e quindi non è giustificato alcun riferimento 



subjecti sicut predicati. Cum igitur omnis appellacio sit respectu significacio- 

num, omnis appellacio erit personalis. Sicut autem supposicio personalis 

dividitur sic appellacio potest dividi; alia discreta, alia communis etc., et 

competunt eadem exempla tam a parte subiecti quam a parte predicati »; 

cfr. cap. IV, $ 1. 


159 Ivi: «Duplex tamen est sentencia de appellacionibus, quia quidam 

dicunt quod terminus appellat de se appellata presencia, preterita et 

futura, et est communis entibus et non-entibus. Alii dicunt quod terminus 

est solum nomen presencium et nichil est commune enti et non-enti, sive 

preterito, presenti, et futuro, secundum quod dicit Aristoteles in primo 

Metaphysice ». 


160 Ivi, p. 280. 


161 Ivi. 



96 Alfonso Maierù 



temporale ‘2, l’autore risponde che il nome, di per sé, né significa 

né consignifica il tempo, ma, piuttosto, l’imzpositio che è all’ori- 

gine del nome è in relazione alla « res praesens » da nominare, 

e la significatio che ne consegue non può prescindere da ciò !9, 


Dalla stessa posizione muove Ruggero Bacone nel Corzpen- 

dium: in polemica con Riccardo Rufo di Cornovaglia, nega che il 

nome designi un « esse habituale » indifferente alla connotazione 

temporale e quindi valido per presente, passato e futuro!” e si 

richiama all’originaria imzpositio del nome che esige la presenza 

della cosa designata !9. E all’obiezione che il nome « significat 

sine tempore », risponde che ciò è detto « quantum ad modum 

significandi, non quantum ad rem », che anzi, usare un termine 

per designare una realtà non più esistente o non esistente è usarlo 

equivocamente e, in fondo, dare ad esso una nuova impositio !£; 

e ancora: una vox petde la sua significatio una volta distrutta la 

« res signata »; se dunque una vox significa una realtà non più 

presente, lo fa perché riceve una nuova imzpositio 19. 



16 Ivi, p. 283: «His suppositis, est dubitacio super jam dicta quod 

nomen significat sine tempore, igitur hujusmodi termini ‘homo’ ‘Sor’, cum 

sint nomina, non determinant sibi tempus aliquod, nec appellata magis 

presencia quam preterita vel futura ». 


163 Ivi: «[...] inponitur enim nomen rei presenti et appellato presenti. 

Oportet enim quod sit presens et ens actu cui nomen inponatur. Set hoc 

dupliciter: aut ens actu et presens in rerum natura, ut ‘homo’ ‘asinus’, 

aut secundum animam, ut ‘chimera’ et hujusmodi ficta apud intellectum 

et cognicionem ». 


14 Compendium ..., cit., p. 55. 


165 Ivi, p. 54: «Nunquam enim homines, quando inponunt nomina 

infantibus vel animalibus suis, respiciunt nisi ad res presentes sensui, et 

ideo non abstrahunt a presenti tempore, nec ab actuali »; cfr. Ars Meliduna, 

in n. 155. 


16 Ivi, p. 57: «Sic possumus inponere illis nomina, set alia inposi- 

cione et alia quam illa que entibus fit, et equivoce; ut Cesar potest per 

nouam inposicionem significare Cesarem preteritum vel futurum vel mortuum, 

set equiuoce enti et non enti ». 


167 Ivi, p. 60: in part.: «Si enim non est pater, non est filius, nec 



Terminologia logica della tarda scolastica 97 



I testi ora esaminati rappresentano indubbiamente i documenti 

d’una sopravvivenza di tesi tradizionali, talora riprese polemica- 

mente (da Bacone) contro l’affermarsi di quella considerazione 

dell’appellatio che abbiamo detto sintattica: il termine può essere 

considerato nel momento della sua utilizzazione in una proposi- 

zione, e in tal caso ha appellatio quando la supposizione di 

esso è rapportata al presente. Una tale considerazione è possibile 

grazie al sostituirsi della dottrina logica della suppositio, come 

dottrina generale del termine nella proposizione, a quella del- 

l’appellatio, che, muovendo da premesse prevalentemente gram- 

maticali (nomen appellativum), si era affermata prima come dot- 

trina del rapporto intercorrente tra il momzen comune e i suoi 

appellata e poi come dottrina del zomzen condizionato dal tempo 

del verbo nella proposizione; i due modi di considerare l’appel- 

latio sono esemplificati, fra l’altro, dalle due opinioni che abbiamo 

visto nel testo delle Suzzule dello ps. Bacone. 


Ma, insopprimibile, rimane l’esigenza di rapportare il nome 

al suo momento istitutivo, quando si pongono le premesse del- 

l’appellatio e della significatio; la tesi del decadere della vox dalla 

sua significatio quando vien meno la « res appellata » sostenuta da 

Ruggero Bacone finisce, però, per distruggere la possibilità non 

solo d’un discorso logico, ma d’un qualsiasi discorso. 


Niente di nuovo, rispetto a quanto si è detto, si trova nella 

tradizione dei commenti ad Aristotele fioriti nel secolo XIII !8. 



e contrario: set signum et signatum sunt relatiua, ergo perempto signato, 

non erit vox significatiua ». 


18 Si veda, ad esempio, ALserto Magno, Praedicamentorum liber I, 

in Opera, I, cit., pp. 157b (i derominativa) e 158b: «Et quod dicitur 

appellationem (quae dicitur quasi ad pulsum, et componitur ab 4 praepo- 

sitione et pello, pellis) notat, quod alienum pulsum sit ad id quod deno- 

minatur, sicut et nomen proprium appellatio vocatur proprie, quia ex col- 

lectione accidentium ad id significandum appulsum est. Nomen enim com- 

mune propter hoc dicitur appellativum, eo quod in eo multa pelluntut in 

unum, et ideo est commune multorum ». Ma si veda, per questi riferi- 



98 Alfonso Marerù 



5. Il secolo XIV 



La trattazione della dottrina dell’appellatio qual è svolta dai 

maestri del secolo XIV presuppone la conoscenza dei problemi 

finora esaminati, da quello dei patonimi a quello del « nomen 

appellativum » a quello, ancora, che è posto dalla domanda se 

l’appellatio sia una proprietà del predicato e se rimandi a una 

forma o natura universale. 


Di Occam si è parlato a proposito dei patonimi; si è visto che 

la sua dottrina è punto di arrivo di una tradizione di analisi, 

puntualizza lo status dei problemi e fissa una terminologia. Per 

quanto riguarda l’appellatio, il « Venerabilis Inceptor » ne precisa 

il significato una prima volta in rapporto a suppositio, una seconda 

distinguendo due accezioni di appellare. Ecco il primo passo, tratto 

dalla Sumzmza logicae: 



Est [...] sciendum, quod ‘suppositio’ accipitur dupliciter, scilicet 

large et stricte. Large accepta non distinguitur contra pes arena 

sed appellatio est unum contentum sub suppositione. Aliter accipitur 

stricte, secundum quod distinguitur contra appellationem !9, 



Il secondo passo si legge nell’Elementarium logicae: 



‘Appellare’ autem et ‘appellatio’ dupliciter accipitur; uno modo pro 

significare plura, per quem modum dicuntur quaedam nomina esse 

nomina appellativa, non praccise quia significant sed quia significant 

plura. Ideo nomina propria non sunt nomina appellativa [...]. Aliter 

accipitur appellare pro termino exigere vel denotare seipsum debere 

sub propria forma, id est ipsummet praedicari in aliqua alia propo- 

sitione. Et sic solebant (dicere) quod praedicatum appellat suam for- 

mam et subiectum non appellat suam formam [....] !°. 



Nel primo testo Occam afferma che « appellatio est unum 



menti e per altri, Miztellateinische Worterbuch, s.w. appellatio e appel- 

lativus. 


169 Summa logicae, cit., pp. 175-176. 


0 Elementarium logicae, cit., pp. 217-218. 





Terminologia logica della tarda scolastica 99 



contentum sub suppositione » nel senso che essa è un capitolo 

della supposizione !; appellatio invece si contrappone a suppo- 

sitio solo se si intende che questa è proprietà del soggetto e quella 

del predicato: a chiarire il secondo valore giova il testo del- 

l’Elementarium. La prima accezione di appellatio, appellare è 

legata alla dottrina del « nomen appellativum », la seconda invece 

caratterizza l’appellatio come proprietà del predicato che « appel- 

lat suam formam ». Ma cosa valga questa espressione si ricava da 

altri passi: nella Sumzzza logicae l’espressione vale: « ipsum (sc. 

praedicatum) et non aliud » !2, nell’Elementarium essa è glossata 

con « praedicatum ipsum non mutatum seu variatum nec alio sibi 

addito » !#: dal punto di vista logico, una proposizione il cui 

predicato « appellat suam formam » è vera quando lo stesso ter- 

mine, non mutato, cioè assunto per tutto ciò che esso importa dal 

punto di vista della sigrificatio, è predicato « de illo, pro quo 

subiectum supponit, vel de pronomine demonstrante illud praecise, 

pro quo subiectum supponit » ! facendo una proposizione vera; 

così, perché sia vera la proposizione « album fuit nigrum », è 

necessario che sia stata vera una volta la proposizione: « hoc est 

nigrum ». Ora, non è richiesto in tali proposizioni che ciò valga 

anche per il soggetto !5: è noto infatti che il verbo condiziona 

ciò che segue ad esso, non ciò che precede, e che il soggetto di 

una proposizione con verbo di tempo o comunque di valote di- 

verso dal semplice presente ha supposizione per ciò che è o pet 

ciò che può essere (o per ciò che fu, o sarà), mentre il predicato ha 



171 Per Pu. Bonner (Ockbam's Theory of Signification, « Franciscan 

Studies», VI [1946], pp. 143-170, ora in Collected Articles on Ockham, cit.: 

v. in part. p. 230, n. 51) e il De RiJ€ (op. ciz., II, i, p. 564) è quel capitolo 

che riguarda la supposizione di un termine in relazione a cose esistenti; ma 

cfr. nn. 186 e 187. 


172 Summa logicae, cit., p. 195 (l’espressione occorre anche a p. 242). 


173 Elementarium logicae, cit., p. 218. 


174 Summa logicae, cit., p. 195. 


175 Elementarium logicae, cit., p. 218. 



100 Alfonso Maierà 



supposizione, nel suo valore specifico, per il tempo e il valore 

indicato dal verbo !. 


Nella dottrina dell’appellatio di Riccardo di Campsall vanno 

distinte due fasi: la prima è quella che emerge dalle Questiones 

super librum Priorum analeticorum, la seconda si riscontra nella 

Logica. 


Nel primo testo, appellare occorre sia in concorrenza con sup- 

ponere, almeno in un caso in cui si tratta della suppositio del 

predicato !”, sia nell'espressione « predicatum appellat suam for- 



mam », che è usata come medium di argomentazione 18. l’autore 



non fa riferimento ad alcuna connotazione temporale in questi con- 

testi, e l’esclude esplicitamente là dove definisce il nome comune 

o appellativo come quello che « significat naturam communem 

habentem supposita » !?: qualora non avesse un « suppositum 

presens » o  



412 Alfonso Maierù 



In conclusione, Wyclif conosce due grandi generi di probazio: 

una legata ai termini mediati, l’altra, meno formalizzata, che si 

ricollega forse a una tradizione vicina a quella testimoniata dai 

Tractatus Anagnini”. 



Infine, è importante rilevare che i maestri di formazione pari- 

gina, ma anche Occam, non conoscono altro tipo di probatio 

che non sia la expositio: da questo, che è il più diffuso, comin- 

ceremo l’esame dei singoli modi di ‘prova’ della verità delle 

proposizioni. 



4. L’« expositio » 



I termini exponere, expositio hanno una loro storia ante- 

riore all’uso che ne fanno i logici nel medioevo, sia nel campo 



blema possit pluribus modis concludi. Ad quod dubium sine verbis respon- 

deo quod particularis affirmativa et universalis negativa de subiectis non 

transcendentibus ad minus quadrupliciter probari possunt: a priori, a poste- 

riori, aeque et indirecte; ut ista propositio: ‘homo currit’ a posteriori potest 

probari sic: ‘hoc currit et hoc est homo, igitur homo currit*; a priori sic: 

‘omne animal currit, homo est animal, igitur homo currit’; ab aeque sic: 

‘risibile vel animal rationale curtrit, igitur homo currit*; indirecte sic: quia 

contradictoria istius significantis principaliter quod homo currit est falsa, 

igitur ista est vera ‘homo cutrit’ ». C'è da notare che il procedimento 

a priori, quale qui esposto, ricorda molto da vicino l'operazione contraria alla 

resolutio che Billingham chiama compositio; quello 4 posteriori, stando 

all’esempio addotto, si identifica con la resolutio stessa; la probatio ab 

aeque non contiene alcun accenno all’expositio, che è invece presente in 

Wyclif; infine, la probatio indirecta è identica alla probatio indirecta ex 

opposito di Wyclif. La dipendenza di Pietro da Wyclif non è proprio docu- 

mentabile, come si vede: va piuttosto detto che una stessa tradizione è giunta 

ai due autori, probabilmente da fonte inglese; in Wyclif l'utilizzazione di 

questa quadruplice probatio è puntuale e normale, mentre Pietro, per 

quanto mi risulta, non va oltre questo cenno. 


5 Manca in Wyclif ogni riferimento alle « probatio per habitudinem 



Terminologia vogic. delta tarda scolastica 413 



della retorica ® che in quello delle tecniche di approccio agli 

auctores oggetto di lectio ®. Il Mullally nota che l’origine del 

termine va ricercata nell’esigenza di chiarire i vari sensi del di- 

scorso, compito che già Cicerone assegnava alla dialettica 2. L’affer- 

mazione torna nel medioevo *, in un contesto in cui si discute del 

compito che spetta al commentatore di Prisciano; in verità, l’esi- 

genza stessa della expositio, a tutti i livelli, ha la sua origine nel 

bisogno di chiarire, illustrare, mostrare qualcosa mediante 



discorso. 

Nel secolo XII troviamo in testi di logica due usi di expomere: 

uno, relativo alla vox che « exponitut per significationem alterius 



predicabilium » che ha una lontana parentela con la probatio officialiter, 

come si dirà nel $ 6; cfr. Tractatus Anagnini, cit., pp. 285 sgg. 


9 Per la retorica, cfr. LausBERG, op. cif., pp. 700 sg., sv. exponere 

ed expositio. 


61 Cfr. Boezio, In Arist. Periermenias, I ed., cit., p. 132; II ed. cit., 

p. 157: expositor è il ‘commentatore’; e p. 7: « Cuius expositionem nos 

scilicet quam maxime a Porphyrio quamquam etiam a ceteris transferentes 

Latina oratione digessimus »; Cassionoro, Institutiones, cit., I, VIII 16, 

p. 32: «[...] nequaquam vobis modernos expositores interdico ». Per la 

distinzione tra autentici, disputatores, introductores e expositores cfr. 

E. R. Curtius, Europdische Literatur, Bern 19619, p. 264. 


 MutLaLty, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. lxxiv sgg., in part. 

p. lxxiv n., cita Cicerone, Bruto, xLI, 152: «[...] latentem explicare defi- 

niendo, obscuram explanare interpretando [....] ». Il MuLLaLty, ivi, cita anche 

De doctrina christiana di S. Agostino, III, dove le ambiguità verbali sono 

chiarite con l’applicazione di regole grammaticali. 


 GucLieLMo DI ConcHes, De philosophia mundi, P. L. 172, 101-102: 

«Antiqui vero glosatores [...] in expositione accidentium erraverunt. 

Quod ergo ab istis minus dictum est dicere proposuimus, quod obscure 

exponere, ut ex nostro opere causas inventionis predictorum aliquis querat 

et diffinitionum Prisciani expositiones [...] » (il passo è cit. dal De Rixk, 

Logica modernorum, Il, i, cit., p. 110, che segue il testo corretto da 

E. JeaunEAU, Deux rédactions des gloses de Guillaume de Conches sur 

Priscien, « Recherches de théologie ancienne et médiévale », XXVTI [1960], 

p. 218). 



414 Alfonso Maierà 



vocis » #, l’altro relativo alla propositio 9. Questo secondo solo, 

opportunamente precisato, diviene corrente nella logica medievale. 

Che a questo stadio l’accezione sia generica, si può constatare anche 

in Abelardo #; ma ben presto essa si fa più rigorosa. La propositio 

in tal caso è detta exporibilis. Ma poiché essa è tale in virtù di 

una vox 0 dictio, è necessario individuare quali dictiones rendano 

esponibile la proposizione. Si afferma quindi che le dictiones aventi 

tale proprietà sono quelle sincategorematiche o aventi un importo 

sincategorematico. Pietro Ispano, nel Tractactus exponibilium, così 

definisce la propositio exponibilis: 



Propositio exponibilis est propositio habens obscurum sensum expo- 

sitione indigentem propter aliquod syncategoreuma in ea implicite 

vel explicite positum vel in aliqua dictione [....] 



mentre Buridano afferma: 



[...] expositio non est nisi explanatio significationis syncategoreu- 

matum $, 



La ricerca dell’identificazione dei termini esponibili è operata 



% Glose in Arist. Sopb. el., cit., p. 212: «Figura dictionis secundum 

significationem est cumz una vox exponitur per significationem alterius 

vocis, ut hec vox ‘quid’ exponitur per quale vel quantum, quia iste voces 

non videntur differre in significatione, tamen differunt » (cfr. anche De RK, 

op. cit., II, i, p. 500, n.). 


6 Introductiones dialetice secundum Wilgelmum, ms. Vienna lat. 2499, 

f. 27r, cit. in De Rik, op. cit., II, i, p. 132: «Sed quocumque modo ipsi 

exponant istam propositionem: ‘quoddam animal est homo’, absurdum est 

eam dici regularem, quia absurdum est ut illud quod prorso continetur ab 

aliquo in ordine predicamenti, de continenti regulariter predicetur »: si tratta 

semplicemente della conversione della proposizione. 


$ Cfr. cap. V, n. 74; v. anche KneaLE, The Development of Logic, cit., 

pp. 212-213. 


ST Op. cit., p. 104. 


6 Consequentiae, cit., III, 1; cfr. cap. IV, n. 147. 



Terminologia logica della tarda scolastica 415 



nel contesto proposizionale, giacché è fatta in vista di chiarire il 

senso dell’intera proposizione f, con l’aiuto delle dottrine gram- 

maticali, oltre che della tradizione aristotelico-boeziana. 



L’Ars Meliduna individua in particolare le dictiones exclu- 

sivae” e i quantificatori”, ma non usa la terminologia del- 

l’expositio, mentre il quinto dei Tractatus Anagnini, che tratta de 

quinque dictionum generibus (distributive, infinite, aggettive, 

esclusive, relative) ? e che può essere considerato un trattato de 

syncategorematibus come ce ne saranno nel secolo XIII”, usa il 

termine exponere collocandolo in un contesto che è importante 

perché vi si distingue la « propositio que exponitur » e quella 

«per quam exponitur », anche se la terminologia è in concor- 

renza con quella della resolutio””. Tra quelle dictiones che 

l’anonimo autore chiama distributive sono individuati i compa- 

rativi, e tra quelle dette aggettive, i superlativi 9, la cui analisi 



6 L’Ars Meliduna, cit., p. 329, trattando della contraddizione, afferma 

che dictiones come tantum, praeter, nisi, adbuc modificano il consueto rap- 

porto tra le contraddittorie secondo il noto schema del ‘quadrato’ delle 

proposizioni, e perciò richiedono un’attenzione particolare che tenga conto 

dell'intero contesto della proposizione condizionato da quelle dictiones. 


© Ivi, p. 333. 


© Ivi, p. 322. 


© Op. cit., p. 297 (argumentum del 5° trattato). 


73 Come ad es. il trattato Syrncategoremata di GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, 

cit. 


© Op. cit., p. 317: «Nos autem admittimus eas et dicimus quod 

frequenter ca que exponitur est incongrua et illa per quam exponitur, con- 

grua, ut ‘Romanus est fortissimus Grecorum’, hec est incongrua; hec 

autem: ‘Romanus est unus Grecorum et est fortior omnibus Grecis aliis a se’, 

hec est congrua. Similiter ea que exponitur est congrua, sed ea per quam 

exponitur est incongrua, ut “Socrates et Cesar sunt similes’, hec est congrua; 

sed hec est incongrua: ‘Socrates est talis qualis est Cesar”. Sed fottasse 

nulla illarum resolutionum est congrua ». 


75 Ivi, pp. 309-310. 


7% Ivi, pp. 314-315. 



416 Alfonso Maierùà 



ha origine grammaticale” ma ha giustificazioni aristoteliche ®. 

Nel secolo XIII Guglielmo di Shyreswood, fra l’altro, analizza 

l’expositio dei verbi incipit e desinit. Ma Pietro Ispano, nel 

testo citato, così enumera i termini o dictiones (signa, nel testo) 

che rendono esponibile una proposizione: 



Pro quo notandum est quod ea, quae faciunt propositionem expo- 

nibilem, sunt in multiplici differentia. Nam quaedam sunt signa exclu- 

siva, ut «tantum», « solum »; quaedam exceptiva, ut « praeter », 

« nisi »; quaedam reduplicativa, ut « inquantum », « secundum quod »; 

quaedam important inceptionem vel desinitionem, ut « incipit », 

« desinit »; quaedam important privationem finis, ut « infinitum »; 

quaedam important excessum, ut nomina comparativi et superlativi 

gradus; quedam important distinctionem, ut « differt », « aliud ab », 

et sic de aliis; quaedam important specialem modum distributionis, 

ut « totus », « quilibet », et sic de aliis. Unde propter ista, propositio 

redditur obscura et indiget expositione, et ideo dicuntut facere propo- 

sitionem exponibilem 8, 



Alla metà del secolo XIII, dunque, i principi dell’expositio 

sono già stabilmente fissati, come testimonia l’opera di Pietro 

Ispano. 



© Il MuttLALLy, op. cit., p. lxxvi, rinvia, per i comparativi, a PRISCIANO, 

op. cit., III, 1 e 8, in Grammatici latini, II, cit., pp. 83 e 87. 


78 ARISTOTELE, in Cat. 5, 3b 33-4a 9, afferma che la sostanza non è 

suscettibile di più o meno, mentre ivi, 8, 10b 26-30 afferma che lo è 

l’accidente. Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., ad I, e De differentiis topicis, 

cit., 1178C: «Namque ad comparationem nihil nisi accidens venit, hoc 

enim solum recipit magis et minus ». Ma v. m., In Isag., II ed. cit., p. 253: 

«Quae uero secundum accidens differentiae sunt insepatabiles, ut aquilum 

esse vel simum vel coloratum aliquo modo, et intentionem suscipiunt et 

remissionem [...] ». 


79 Syncategoremata, cit., pp. 75-78. 


80 Tractatus exponibilium, cit., p. 104. In luogo di desinitionem, l’ed. 

legge definitionem. Il trattato mostra l’expositio dei vari termini: esclu- 

sivi (pp. 104-108), eccettivi (pp. 108-110), reduplicativi (pp. 110-114), 

incipit e desinit (pp. 114-118), infinitus (pp. 118-122), comparativi e 



Terminologia logica della tarda scolastica 417 



Il secolo XIV però riprende la dottrina, ne riesamina i fonda- 

menti e ne fissa rigidamente le regole operative. 



Innanzi tutto, vengono riesaminati i termini che rendono 

esponibile la proposizione. Nel Tractatus de suppositionibus, Buri- 

dano afferma che delle voces incomplexae, o semplici dictiones (di- 

stinte dalle voces comzplexae o orationes), che significano sempre 

in stretta dipendenza dai concetti ®!, alcune hanno puro valore di 

categoremi, cioè significano le cose concepite mediante concetti, e 

perciò possono essere soggetto o predicato nella proposizione; altre 

hanno puro valore sincategorematico perché significano solo quei 

concetti che sono le operazioni mentali, come 707, vel, ecc.; altre, 

infine, sono miste: o perché, oltre ai concetti che significano im- 

mediatamente e da cui traggono la funzione sincategorematica, 

significano le cose concepite ma zor possono essere soggetto o 

predicato, o perché hanno insieme funzione di categorema e di 

sincategorema ®©. In altre parole, alle voces incomplexae possono 

corrispondere concetti incomplessi o complessi *; questi ultimi, 

sincategoremi come fat? o categoremi con sincategorema come 

chimaera, vacuum, rendono esponibile la proposizione, nel senso 

che i loro molteplici significati devono essere resi espliciti « per 

orationes illis aequivalentes in significando » *. La proposizione 



superlativi (pp. 122-124), differt e aliud (pp. 124-126), fotus (pp. 126-128), 

quaelibet e quantumlibet (p. 128). 


81 Sul rapporto tra concetti e discorso mentale da un lato, voces e 

orationes dall’altto in Buridano, cfr. REINA, Il problema del linguaggio in 

Buridano, I, cit., pp. 412-413. 


8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 187-188; cfr. REINA, op. cit., 

I, p. 405. 


83 Tractatus de suppositionibus, cit., p. 189, e v. Sophismata, 1, £. 

[Sra-vb], dove si afferma che tutto il racconto della guerra di Troia 

(« conceptus valde multipliciter complexus ») è stato significato con la vox 

incomplexa «Iliade », come «vacuum » sta per «locus non repletus cor- 

pore », che implica tre concetti: locus, repletio, corpus. 


8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 189 e 190 (duodecima regula). 



27 



418 Alfonso Maierù 



exponibilis, una volta operata l’expositio, è propositio exposita; 

le proposizioni ad essa corrispondenti sono le exporentes: tra la 

prima e le altre c'è equivalenza e la regola fondamentale sul piano 

operativo è la seguente: « Sunt [...] consequentiae formales per 

exponentes syncategorematum ab exponentibus ad expositam aut 

ab exposita ad aliquam exponentium » £. 



Abbiamo fatto precedere il discorso su Buridano a quello su 

Occam perché Buridano, posteriore a Occam, esplicitando il rap- 

porto vox incomplexa - conceptus complexus, aiuta a capite Occam 

(anche se la posizione dei due filosofi è diversa: alla stretta subot- 

dinazione del linguaggio al pensiero in Buridano, fa riscontro in 

Occam la « concezione del rapporto fra discorso mentale e di- 

scorso vocale come rapporto fra due ordini paralleli di segni, ri- 

spetto ad un unico ordine di significati » *), il quale tiene il discorso 

più sul piano dei rapporti formali e operativi. 


Nel capitolo « De propositionibus aequivalentibus hypothe- 

ticis » Occam scrive: 



[...] quaelibet categorica, ex qua sequuntur plures propositiones cate- 

goricae tamquam exponentes, hoc est exprimentes quid ista propo- 

sitio ex forma sua importat, potest dici propositio aequivalens propo 

sitioni hypotheticae ®. 



Si tratta di proposizioni apparentemente categoriche: sono le 

proposizioni exclusivae®, exceptivae ®, reduplicativae” o inclu- 



85 Burmano, Consequentiae, cit., INI, 1. 


86 REINA, op. cit., I, p. 413 (cfr. Occam, Summa logicae, cit., p. 179: 

suppositio materialis, simplex, personalis, per concetti e per voces) e 

pp. 411-412 (suppositio materialis solo per i termini vocali e scritti secondo 

Buridano). 


87 Summa logicae, cit., p. 252. 


88 In part. ivi, pp. 267-277. 


89 Ivi, pp. 277-280. 


9 Ivi, pp. 261-267. 



Terminologia togica della tarda scolastica 419 



denti termini connotativi e relativi (come sizzilis) o collettivi”, 

oppure il relativo gui”, o termini privativi (es. coecus) e infiniti 

(immateriale), o i termini designanti «figmenta animi » (es. 

chimaera)*; incipit e desinit*, il verbo fit": tutte queste propo- 

sizioni hanno una loro expositio, ad opera di exponentes di cui 

numero e forma variano di caso in caso”. Diamo un esempio per 

tutti: per la verità di « Socrates est albus » è necessario che 



siano vere: « Socrates est » e « Socrati inest albedo » ®. 


Alle proposizioni ricordate, Occam aggiunge le universali co- 

struite con i distributivi utergue, neuter”; di tutte, poi, dà le 

regole della conversione !%, 


S'è detto che il secolo XIV stabilisce una volta pet tutte 

le regole operative nell’ambito dell’asserita equivalenza tra la pro- 



9 Ivi, pp. 252-255 (per i connotativi, v. cap. I, $ 2). 


92 Ivi, pp. 260-261. 


9 Ivi, pp. 255-257 (De propositionibus in quibus ponuntur termini 

privativi et infiniti), e c. 13, p. 258 (De propositionibus in quibus ponuntur 

termini privativi non aequivalentibus terminis infinitis): la differenza sta 

in ciò che le prime hanno due exponentes, mentre le seconde « plures habent 

exponentes quam duae ». 


9 Ivi, pp. 258-260. 


95 Ivi, pp. 280-285. 


96 Ivi, pp. 286-287. 


97 È detto dei privativi non equivalenti ai nomi infiniti, ivi, p. 258: « De 

talibus autem non potest dari certa regula, quia secundum varietatem termi- 

norum talium propositiones, in quibus ponuntur, diversimode debent 

exponi ». A maggior ragione differisce l’expositio da tipo a tipo di pro- 

posizione. 


98 Ivi, p. 253: «[...] ad veritatem talis propositionis requiruntur duae 

propositiohes, quae possunt vocari expomentes ipsius, et una debet esse in 

recto et alia in obliquo. Sicut ad veritatem istius: ‘Sortes est albus’, requiritur, 

quod haec sit vera: ‘Sortes est’, et quod haec sit vera: ‘Sorti inest albedo’ » 

(cors. mio). 


99 Ivi, p. 254; esclude però le universali costruite con omzis. che invece 

saranno incluse dagli altri autori. 


100 Ivi, pp. 294 sgg. 



420 Alfonso Maierù 



posizione exponibilis e le proposizioni exponentes, per cui la con- 

giunzione delle exponentes implica, ed è implicata da, l’exponi- 

bilis. Ma anche a questo proposito va ricordato qualche tentativo 

precedente. 



L’Ars Meliduna, analizzando le ipotetiche compositae, consi- 

dera come terza specie di esse le « propositiones implicite », che 

hanno luogo con il relativo !%: la proposizione che « implicat et 

continet vim alterius propositionis » è detta imzplicans, l’altra è 

detta implicita !; mentre, quanto ai rapporti d’inferenza tra le 

due, si afferma che alla proposizione implicita segue la sua simplex, 

quella proposizione « que remanet sublata relativa particula et 

verbo quod ei redditur »; ad esempio: « si Socrates est aliquid quod 

cutrit, Socrates est aliquid », ma all’implicita può seguire « illa 

quam implicat » nel rispetto dell’« habitudo terminorum », cioè 

dei rapporti tra i termini in essa posti !*, L’analisi, condotta con 

l’ausilio della conseguentiae, non giunge tuttavia a riconoscere le 

strutture dell’equivalenza vera e propria. 



Un tentativo ancora è nel secondo dei Tractatus Anagnini: 

sotto il titolo « de equipollentiis cathegoricis » si discute, fra 

l’altro, di un argomentare « secundum inferentiam », quando sia 

presente in rapporto inferenziale uno di questi termini: « ‘idem’, 



101 Op. cit., p. 352: «[...] alie habent aliquid implicitum per relativam 

particulam [....] ». 


102 Ivi, p. 354: «Implicita dicitur propositio que preter principalem 

significationem, — idest preter significationem que ex principalibus atten- 

ditur —, tamen implicat et continet vim alterius propositionis. Ut ‘Socrates 

est aliquid quod currit* implicat istam: ‘aliquid currit’; et ‘homo qui est 

albus, est animal quod currit* has duas: ‘homo est albus’, ‘animal currit?. 

Unde magis proprie diceretur ista imzplicans, ille implicite ». 


1 Ivi: «Et generaliter: numquam ad implicitam sequitur illa quam 

implicat, nisi hoc operetur habitudo terminorum. Ut [...] ‘si liquid est 

homo qui est Socrates, aliguid est homo” [...]. Sed non: ‘si aliguid quod 

est Socrates est homo, aliquid est Socrate»; [...] quia non coaduniatur hic 

consecutio habitudine terminorum ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 421 



‘indifferens’, ‘differ, ‘scitur’, ‘prete’, ‘nisi, ‘nunò’, ‘incipit’, 

‘desinit’ »!*. Si tratta di un tentativo, in cui il procedimento 

proprio della expositio s’inttavvede solo nel caso dei termini incipit 

e desinit '5. Ma nel secolo XIII la dottrina è già fissata: basti per 

tutti Pietro Ispano. Tuttavia il secolo XIV raggiunge il massimo 

di chiarezza e di formalizzazione, definendone le regole sul piano 

operativo. Burleigh ne dà una formulazione molto chiara. Discu- 

tendo della expositio di termini come tantum, solum, incipit ecc., 

Burleigh ne richiama le regole fondamentali: a) la proposizione 

exponibilis « aequipollet », cioè equivale, e quindi implica ed è 

implicata, dalla congiunzione delle sue exponentes !%; b) perciò (si 

ricordi la regola fornita da Buridano) dall’« exposita ad aliquam 

exponentium » vale la conseguenza, giacché da tutta la copulativa 

(e l’exposita ne è l'equivalente) a ciascuna parte è valida l’infe- 

renza (pg 2 p, oppure pq 2 q)!”, ma non viceversa; mentre la 

falsità di una parte è sufficiente alla falsità del tutto !®, 


Alberto di Sassonia considera proposizioni equivalenti alle 

ipotetiche quelle che contengono dictiones exclusivae (tantum, 

solus, solum, unicus ecc.), exceptivae (praeter, praeterquem, nisi 



1% Op. cit., p. 240. 


105 Ivi, p. 241: «Item. ‘Socrates incipit esse; ergo Socrates nunc primo 

est’. Item: ‘Socrates nunc ultimo est; ergo Socrates desinit esse’ ». 


106 De puritate artis logicae, cit., p. 134: «Item notandum pro regula, 

quod omnis propositio exclusiva aequipollet copulativae factae ex suis expo- 

nentibus »; per la proposizione exceptiva, cfr. p. 165, e così via; p. 171: 

«[...] exceptiva et exclusiva non sunt simpliciter categoticae sed sunt 

implicite hypotheticae; valent enim copulativam factam ex suis exponen- 

tibus ». 


107 In part. l’exclusiva implica la sua praeiacens: op. cit., p. 138: « Con- 

tra. Omnis exclusiva infert suam praeiacentem; ergo cum ista ‘Pater est’, 

sit praeiacens huius: “Tantum pater est’, oportet quod sequatur: Tantum 

pater est, ergo pater est ». 


198 Ivi, p. 243: «Item notandum pro regula, quod ad hoc, quod 

copulativa sit vera, requiritur quod utraque parts sit vera, et ad hoc ut 

copulativa sit falsa, sufficit, quod altera pars sit falsa ». 



422 Alfonso Maierà 



ecc.), reduplicativae (inquantum, secundum quod) e quelle che 

contengono incipit e desinit. Il discorso è molto particolareggiato 

per ciascun caso, discutendosi ogni volta dei vari valori delle 

dictiones sincategorematiche, delle regole di ciascuna proposizione, 

dei sofismi che di solito vengono formulati in ordine ad un certo 

tipo di proposizione; noi ci limiteremo a riprenderne le linee 

generali. 


La proposizione exclusiva ha esposizione per mezzo di una 

copulativa composta di due categoriche, una affermativa, l’altra 

negativa: « ‘tantum homo currit’, exponitur sic: homo currit 

et nihil aliud ab homine currit ». Tutta la copulativa è detta da 

Alberto exponens dell’esclusiva e per essa valgono le regole, già 

viste, che reggono la copulativa !”, Alberto, inoltre, parla di expo- 

sitio propria e impropria: la prima si ha quando l’expomens è data 

nella forma tradizionale e regolare, la seconda quando l’una o l’altra 

parte dell’exporens contiene elementi non appropriati: ad esempio, 

della proposizione « Socrates est tantum albus », il cui predicato è 

un termine connotativo, si ha questa expositio impropria: « So- 

crates est albus et Socrates non denominatur aliquo alio acci- 

dente ». La seconda proposizione categorica non è regolamentare, 

e tutta la congiunzione è falsa. L’expositio propria invece è questa: 

« Socrates est albus et Socrates non est aliud ab albo », che è 



vera 159, 



19 Arserto DI Sassonia, Logica, cit., III, 6, f. 20ra: «[...] et ista 

copulativa dicitur exponens istius exclusivae, et utraque illarum (sc. pro- 

positionum, affirmativa et negativa) sequitur ad illam [...]. Ex isto 

sequitur quod quaelibet pars categorica quae est pars exponens exclusivae 

sequitur ad exclusivam: propter quod quaelibet pars copulativae sequitur 

ad ipsam copulativam cuius est pars ». 


110 Ivi, f. 20rb; oltre che in tal caso, Alberto pone expositio propria € 

impropria « quando dictio exclusiva additur termino significanti totum inte- 

grale » come è domus (f. 20va, 8% regola); quando la stessa dictio « additur 

termino significanti numerum », (ivi, 92 regola), o « additur termino communi 

distributo habenti plura supposita » (ivi, 10° regola). 



Terminologia logica della tarda scolastica 423 



Anche la proposizione exceptiva ha esposizione per mezzo di 

due categoriche, una affermativa, l’altra negativa, che costitui- 

scono una propositio copulativa!!. Così « omnis homo praeter 

Socratem currit » ha la seguente expositio: « Socrates non cutrit 

et omnis homo alius a Socrate currit », mentre di « nullus homo 

praeter Socratem cuttit » l’expositio è: « Socrates curtit et omnis 

homo alius a Socrate non currit » !, Inoltre, ogni exceptiva ha una 

praeiacens, che si ottiene da essa (« dempta [....] dictione exceptiva 

et parte extra capta, residuum dicitur praeiacens exceptivae » !!5): 

il rapporto dell’exceptiva con la praeiacens è regolato nel modo 

seguente: « Si praeiacens exceptivae est vera, exceptiva est falsa. 

Unde si ista est vera: ‘omnis homo cutrit’, ista est falsa: ‘omnis 

homo praeter Socratem currit’ » 14, 



Anche la reduplicativa ha esposizione per mezzo di una copu- 

lativa !5: il numero dei membri di essa varia però a seconda del 

numero dei termini dissimili in essa presenti !!°. 



111 Ivi, III, 7, f. 21va: «Ex hoc patet quod omnis exceptiva aequi- 

valet uni copulativae in significando compositae ex una affirmativa et alia 

negativa: diversimode tamen, sicut iam patuit, exponendo exceptivam 

affirmativam et exceptivam negativam ». 


12 Ivi. 


113 Ivi, f. 21vb; v. GuLieLMo DI SHyREswooD, Syrcategoremata, cit., 

p. 62: «Item si praejacens est in toto vera, exceptiva est falsa et e con- 

verso »; anche un’altra accezione di praeiacens è fornita da ALBERTO (op. 

cit., Lc.): « Ulterius sciendum est quod copulativa composita ex duabus 

categoricis, cui copulativae propositio exceptiva aequipollet in significando, 

dicitur praeiacens exceptivae ». 


u4 Ivi. 


115 La controprova è fornita dal caso in cui la negazione « praecedit 

reduplicativam et verbum principale », giacché allora « fit propositio con- 

tradictoria reduplicativae »; così la proposizione « aequivalet uni disiuncti- 

vae », e cioè ha «probatio per causas veritatis »: ivi, III, 8, f. 22va; 

cfr. $ 8 di questo capitolo. 


116 Se la proposizione ha tre termini dissimili (es. « homo in quantum 

animal est sensibilis »), ha quattro proposizioni esponenti («[...] ad veri- 



424 Alfonso Maierù 



Marsilio dà molto spazio all’expositio nella seconda parte delle 

sue Conseguentiae. In undici capitoli discute delle proposizioni 

includenti termini exceptivi (praeter, nisi e praeterquam)!", le 

dictiones exclusivae (tantum, solum) "® le reduplicativae (inquan- 

tum, prout, secundum eam rationem e simili)!, incipit'? e 

desinit'*, o signa alietatis (differt, aliud, non idem, alterum e 

simili) ‘2, infinitum'*, aggettivi di grado comparativo e superla- 

tivo !4, signa collectiva (omnis)!®, totus !%, ita e sicut'?. Di tutte 

Marsilio fornisce l’esposizione mediante proposizioni in congiun- 

zione, nel modo ormai noto !*. 



tatem istius requiritur veritas unius copulativae, compositae ex quattuor 

propositionibus; v.g. istius copulativae: ‘homo est animal, et homo est 

sensibilis, et omne animal est sensibile, et si est aliquod animal illud est 

sensibile’ », ivi, f. 22va); se la proposizione ha due termini simili (« homo in 

quantum homo est risibilis »), quattro sono le esponenti (« requiritur quod 

haec sit vera: ‘homo est homo’, et quod homo sit risibilis, et quod omnis 

homo sit risibilis, et si aliquod est homo quod illud sit risibile », ivi, f. 22va); 

se invece tutti i termini sono simili (« ens in quantum ens est ens»), 

« propter coincidentiam propositionum solum habet tres exponentes, seu 

unam copulativam pro exponente, compositam ex tribus propositionibus [....]: 

requiritur quod ens sit ens et omne ens sit ens, et si aliquid est ens quod 

illud sit ens». Per incipit e desinit, cfr. C. WiLson, William Heytesbury. 

Medieval Logic and the Rise of Mathematical Physics, Madison Wisc. 

19602, p. 41. 


117 In Textus dialectices, cit., ff. 194v-195v. 


118 Ivi, ff. 196v-197v. 


119 Ivi, ff. 198v-199v. 


120 Ivi, f. 201r-v. 


121 Ivi, f. 203r. 


12 Ivi, f. 203v. 


123 Ivi, ff. 204v-205r. 


124 Ivi, ff. 205r-206r (de comparativis) e 206v-207r (de superlativis). 


155 Ivi, f. 207r-v. 


126 Ivi, ff. 207v-208r. 


12? Ivi, f. 208r-v. 


128 Ivi, f. 195v: «De exceptivis sit haec regula: a qualibet istarum ad 

suas exponentes simul sumptas vel e converso est bona formalis consequentia: 



Terminologia logica della tarda scolastica 425 



C’è da aggiungere che, per le proposizioni esclusive, Marsilio 

esige che la praeiacens costituisca il primo membro della congiun. 

zione di proposizioni mediante la quale si opera l’expositio !?. 

Naturalmente, il rapporto tra l’exclusiva e la praeiacens è definito 

in modo diverso rispetto a quello che vige, secondo Alberto di 

Sassonia, tra l’exceptiva e la sua praeiacens: « quando arguitur ab 

exclusiva ad suam praeiacentem consequentia est bona » 199. 


Anche Pietro d’Ailly, epigono della scuola parigina, dedica un 

trattato alle proposizioni esponibili !#, nel quale non si discosta 

molto dalla tradizione di Buridano, Alberto e Marsilio. 



quia ibi arguitur ab aequivalente ad aequivalens »; così per gli altri casi. La 

proposizione negativa è in genere prodata « per disiunctivam de partibus 

contradicentibus partibus copulativae ». 


129 Ivi, f. 197r: «Et propositio quae remanet deposita dictione exclusiva 

vocatur ptaeiacens [...]. Prima est affirmativa, ut ‘tantum animal est homo”, 

quae exponitur per copulativam bimembrem cuius prima pars est praeiacens 

et secunda universalis negativa [....] ». 


130 Ivi, £. 197v. 


131 Cfr. op. cit.; sono sei capitoli: cap. I, f. [2v]: i termini privativi, 

negativi o infiniti sono esponibili, ma «[...] de talibus non possunt poni 

regulae generales vel, supposito quod possent poni, nimis longum esset et 

nimis tediosum, et etiam cognito quid nominis talium dictionum, facile est 

exponere propositiones in quibus ponuntur » (contro Buridano: cfr. n. 84); 

afferma: «[...] illud dictum non erat verum generaliter, scilicet, omnes 

propositiones in quibus ponuntur termini relativi vel cognotativi (!) aequi- 

valent propositionibus hypotheticis [...] » (f. [3r]); ff. [3v-4r]: la proposi- 

zione universale è esponibile se il quantificatore è ufergue o neuter, non lo 

è se il quantificatore è omnis, o nullus, o quilibet; cap. II De exceptivis, 

ff. [6r] sgg.; cap. III De exclusivis, ff. [14r] sgg.; cap. IV De reduplicativis, 

ff. [21r] sgg., e in part., f. [21v]: «Sed tamen apparet mihi proprie 

dicendum quod in propositione proprie reduplicativa reduplicatio nec est 

pars subiecti nec est pars praedicati, sed se tenet ex parte formae proposi- 

tionis, ideo denominat propositionem reduplicativam; et ita potuissem 

dixisse de dictione et de propositione exceptiva quando locutus sum de 

dictione proprie exceptiva in secundo corollario primae dubitationis princi- 

palis secundi capituli, quamvis autem probabiliter dixerim oppositum »; 

cap. V De incipit et desinit, ff. [24r] sgg., e in part., f. [25r]: «Ex hoc 



426 Alfonso Maierù 



La logica inglese posteriore a Occam ha sviluppato queste 

dottrine, soprattutto in tre direzioni: da Sutton, Burleigh e 

Occam !° è stata elaborata la dottrina dell’expositio dei relativi, 

che poi ha ricevuto una buona sistemazione nel terzo capitolo delle 

Regulae di Heytesbury; all’expositio de incipit et desinit sono stati 

dedicati vari trattati, fra cui quello che costituisce il quarto capi- 

tolo delle Regulae di Heytesbury; alla trattazione dell’expositio 

del comparativo e del superlativo si è riallacciata in particolare la 

dottrina de maximo et minimo, di cui ancora una volta Heytesbury 

ha offerto un esempio d’un notevole livello nel quinto capitolo 

delle sue Regulae (ma va tenuto presente che in esso la termino- 

logia propria dell’expositio non è frequente !*). 


In questo contesto, vengono introdotti nuovi temi, nell’analisi 

dei quali sono applicate le regole dell’expositio: sono i temi propri 

della filosofia della natura che caratterizzano il secolo XIV come 

secolo che ‘precorse’ (si prenda l’espressione con la precauzione 

usata dalla più recente storiografia) il secolo di Galileo, discutendo 

il ‘limite’ di una potenza attiva o passiva, o il primo ‘quando’ di 

un processo di trasformazione. Il metodo applicato nell’analisi di 

questi e analoghi problemi è quello logico-calculatorio, cioè una 

sintesi di procedimenti logici e di procedimenti propri della filo- 



sequitur corollarie quod quaelibet propositio de incipit vel desinit exponitur 

pet unam copulativam compositam ex una de praesenti et alia de praeterito 

vel de futuro, sed tamen per aliam exponitur propositio de incipit et per 

aliam propositio de desinit [...]»; cap. VI, altri verbi: fit (factum est, 

fiet) ed equivalenti, ff. [29r-30v]; in part. il termine che segue questi verbi 

« appellat suam formam » (f. [30r]). 


13 WersHEIPL, Developments in the Arts Curriculum..., cit., p. 159. 


133 Per i tre capitoli ultimi delle Regul4e di Heytesbury, cfr. C. WiLsoN, 

op. cit., pp. 29 sgg.; per il De relativis, cfr. un cenno nel mio articolo 

Il «Tractatus de sensu composito et diviso» di G. Heytesbury, « Rivista 

critica di storia della filosofia », XXI (1966), pp. 255-258. Salvo errore, in 

De maximo et minimo occotte una sola volta il termine exponitur al 

f. 31vb; ma cfr. n. 48. 



Terminologia logica della tarda scolastica 427 



sofia della natura (calculationes): il risultato più celebre è il Liber 

calculationum di Riccardo Swineshead. 


Ma, contemporaneamente, su di un piano più propriamente 

logico-formale, Billingham viene inquadrando l’expositio in un 

contesto che sistema, come si è detto, tutta la trattazione della 

« probatio propositionis ». 


Il termine exporibilis è definito come quello che ha « duas 

exponentes vel plures cum quibus convertitur » !*. È importante 

rilevare che, mentre gli autori esaminati, specie quelli di forma» 

zione parigina e lo stesso Occam, danno una notevole importanza 

alle proposizioni exclusivae, exceptivae e reduplicativae, Billingham 

dà invece importanza a proposizioni contenenti altri termini quali 

omnis !, primum e ultimum'*, maximum e minimum, compa- 

rativo !* e superlativo !’, incipit e desinit 9, e ai termini exceptivi 

ed exclusivi, come a differt, aliud e aliter, riserva solo un cenno !4, 

e alle reduplicative neppure quello. Tutto ciò testimonia di un 

interesse spostato verso gli argomenti di filosofia della natura 

che fiorivano ad Oxford in quel tempo. Billingham non sviluppa 

nel senso delle tecniche ‘calculatorie’ questi temi, ma la scelta è 

indicativa di un clima culturale. 


Strode, nella Logica, discute dei termini exporibiles, trattando, 

di seguito, le proposizioni exclusivae (con un cenno alle exceptivae), 

le universali, semper totum infinite immediate, incipit e desinit, 

differt, i gradi positivo, comparativo e superlativo (e a questo pro- 

posito precisa che i termini maximum e minimum, primum e 

ultimum, intensissimum e remississimum, velocissimum e tardis- 



134 Cfr. Speculum, cit., p. 344. 

135 Ivi, pp. 353-357. 


136 Ivi, p. 358. 


137 Ivi, pp. 358-360. 


138 Ivi, pp. 360-362. 


199 Ivi, pp. 362-363. 


140 Ivi, pp. 363-365. 


141 Ivi, p. 363. 



428 Alfonso Maierù 



simum, propinquissimum e remotissimum, utilizzati dalla filosofia 

della natura, sono superlativi e perciò esponibili) e le reduplica- 

tive 42. Anch’egli definisce la proposizione esponibile in rapporto 

alle exponentes: 



Nam dicuntur exponentes cum duae propositiones simul inferunt 

aliquam propositionem formalem, vel plures, sic quod consequens sit 

determinatio antecedentis cum hoc quod nulla illarum per se sufficiat 

istam inferre, et ad utramque istarum tam coniunctim quam divisim 

ex exposita valet consequentia, per quod excluduntur tam singularia 

quam causae veritatis 193, 



Questa definizione può essere così illustrata: a) le exponentes 

sono due proposizioni che in congiunzione (sirz4!) fungono da 

antecedente in un’inferenza logica rispetto a un’altra proposizione 

(exposita); b) in modo tale che l’inferenza non valga da una 

exponens al consequens; c) mentre l’exposita può fungere da ante- 

cedente rispetto alla congiunzione o a una delle due exporentes 

(« tam coniunctim quam divisim ») !#. L’accenno all’esclusione dei 

singularia si giustifica per il fatto che il contesto riguarda 

l’expositio delle universali, e l’autore nega che l’expositio di esse 

possa essere fornita dai suoi singularia!S: infatti scrive: 



14 Op. cit., ff. 24ra-26vb; per i superlativi elencati, cfr. ivi, f. 26ra. 


18 Ivi, f. 24va. 


14 Strode scrive: « sic quod consequens sit determinatio antecedentis »; 

la determinatio consiste in ciò che, da un punto di vista formale, la con- 

giunzione di più proposizioni (cui l’expesit4 equivale) non infertur da una 

di esse: ciò è precisato nel testo. Ma forse non è da escludere che l’autore 

intenda di più: si ricordi che si ha conseguentia formalis secondo Strode 

quando il conseguens è «de intellectu antecedentis » (cfr. Moony, Truth 

and Consequence..., cit., p. 71). 


145 Op. cit., f. 24va: «Solebant tamen antiqui dicere quod univetsalis 

exponitur per sua singularia, quod tamen non dico servando quid nominis 

de li ‘exponi’ »; ma cfr. ivi, f. 21ra: «Mobiliter supponit cum ratione 

illius sufficienter contingit propositionem in qua ponitur concludi ex una 

copulativa facta ex omnibus suppositis vel, nt verius dicatur, ex omnibus 



Terminologia logica della tarda scolastica 429 



« [...] ‘omnis homo currit’ sic exponitur: homo currit et nihil 

est homo quin ipsum, vel quod non, curtat, ergo etc. »!4; 

l’expositio non può essere data neanche mediante induzione: « iste 

homo currit et iste homo currit et iste homo curtit » all’infinito, 

«ergo omnis homo currit »; ma sappiamo che la proposizione 

universale può essere probata mediante inductio !. 


Tralasciamo per il momento il riferimento alla dottrina delle 

causae veritatis che verrà chiarito più avanti !*. 


Giovanni Wyclif affronta la trattazione dei termini exponibiles, 

precisando che la proposizione esponibile è equivalente ad una 

congiunzione di proposizioni !9. 


Nella Logica, egli tratta delle proposizioni exclusiva !9, excep- 

tiva, universale affermativa‘, delle proposizioni includenti 

uno dei termini differt, aliud, non idem'®, incipit o desinit'*. 


Nella Logice continuacio, l'esame della expositio emerge a vario 

titolo nei tre trattati di cui essa si compone. 


Nel primo trattato si discute della universale affermativa ‘5. 



eius singularibus, et etiam cum constantia debita eorum suppositorum con- 

tingit omnes singulares et illarum quamlibet ex tali propositione concludere, 

et primus modus dicitur probatio vel inductio, ut iste: ‘homo currit et iste 

et sic de singulis et isti sunt omnes homines, ergo omnis homo currit [...] » 

(testo già cit. nel cap. IV, $ 5), e f. 22ra: « Probatur etiam quod illa ‘omnis 

homo currit’ non formaliter inducitur ex omnibus suis singularibus sine tali 

medio [...] » (il medium, o constantia, è la proposizione «isti sunt omnes 

homines »). 


146 Ivi, f. 24va. 


147 Cfr. cap. IV, n. 194. 


14 Cfr. $ 8. 


149 Cfr. Tractatus de logica, I, cit., p. 82. 


150 Ivi, pp. 50-53. 


151 Ivi, pp. 54-56. 


152 Ivi, pp. 61-63; va notato che Wyclif conserva, a differenza di Strode, 

la probatio per singulares (cfr. n. 53). 


153 Ivi, p. 64. 


154 Ivi, pp. 65-66. 


155 Ivi, pp. 85-99. 



430 Alfonso Maierù 



Essa può essere provata nei quattro modi già esaminati (4 priori, 

a posteriori, ex opposito, expositorie). Per quanto riguarda l’expo- 

sitio della universale, l’autore precisa: « pro regula est tenendum 

quod quelibet universalis affirmativa exponenda debet exponi per 

suam subalternam, et universalem negativam convenientem in 

subiecto, sed de contradictorio predicato » !8: cioè di « omnis 

homo est animal » le exporentes sono « homo est animal » (subal- 

terna) e « nullus homo est quin sit animal » (universale negativa). 

Avverte però l’autore che l’expositio vatia a seconda del quantifi- 

catore, del soggetto (che può essere un solo termine o più ter- 

mini), del verbo (di tempo presente, o passato, o futuro, oppure 

ampliativo), del predicato (che può contenere, ad esempio, un 

relativo implicativo, come nella proposizione « omnis pater generat 

individuum de sua substancia cui est similis in specie ») !”. Anche 

per la universale negativa Wyclif pone la quadruplice probatio !8, 

ma, di esse, la « probatio ex equo » non è data per mezzo di 

exponentes, bensì « per suam simpliciter conversam vel quomodo- 

libet aliter equipollens » !. In modo analogo, la probatio della 

particolare affermativa è data in quattro modi !9, 



Nel secondo trattato Wyclif affronta « ex professo » il tema 

dell’expositio, che infatti resta qui caratterizzante, nel senso che 

vengono talora accantonati, o meglio presupposti, gli altri modi di 

probatio. L’autore tratta, nell’ordine, dell’expositio delle proposi- 



156 Ivi, p. 87. 


157 Ivi, p. 88: «Quadrupliciter ergo contingit exposicionem huiusmodi 

variari; vel racione signi, vel racione subiecti compositi vel simplicis, vel 

racione verbi, vel racione predicati »; in part. racione verbi (con la ripresa 

dell’ampliatio), pp. 94-97; racione predicati, p. 98. 


158 Ivi, pp. 100-106. 


159 Ivi, p. 105; ma vedi p. 106: «Exponentes autem talium universa- 

lium non inveni, quamvis cum diligencia sum scrutatus ». 


160 Ivi, pp. 107-115 (ex equo, cioè « ex sua simpliciter conversa », p. 115). 



Terminologia logica della tarda scolastica 431 



zioni con i termini differt, aliud (e aliter, sic) !%; o exclusivae !® 

e exceptivae 8, con i termini incipit e desinit'#*, o con le espres- 

sioni per se — per accidens!©, con infinitum e inmediate'%; 

delle proposizioni includenti aggettivi di grado comparativo !” o 

con termini de plurali (tali sono, ad esempio, « quattuor sunt duo 

et duo »; « duo homines sunt homo ») !9. 



Nel terzo trattato, egli discute delle reduplicative ! 

ancora sulle comparative !”°. 


Di tutti questi casi egli fornisce un’analisi ampia e dettagliata, 

con esempi (sophismata) dai quali si traggono conclusiones che 

riecheggiano (specie a proposito de incipit et desinit, de maximo et 

minimo ecc.) le discussioni di filosofia della natura correnti a 

Oxford. Non riteniamo di doverci soffermare su questi temi. 

Segnaliamo soltanto che, in fondo, Wyclif nella Logice continuacio 

torna sui principi enunciati nella Logica svolgendo la trattazione 

con più ampio respiro. 


In Italia, Pietro di Mantova fa un discorso del tutto analogo 

a quel che abbiamo visto fare dagli altri maestri, per quanto 

attiene alla expositio delle proposizioni universali, exclusivae, 

exceptivae, reduplicativae, o contenenti i termini infinitus, totus, 

aeternaliter, ab aeterno, semper, differt, aliud, non idem, o com- 

parativi e superlativi, o immediate !". Anche per Pietro l’expositio 



9 e ritorna 



161 Ivi, pp. 121-127. 


12 Ivi, pp. 128-141. 


16 Ivi, pp. 142-155. 


164 Ivi, pp. 191-202; ma cfr. n. 327. 


165 Ivi, pp. 203-211. 


166 Ivi, pp. 212-216. 


167 Ivi, pp. 217-228. 


168 Ivi, pp. 229-234. 


169 Tractatus de logica, II, cit., pp. 96 sgg. 


170 Ivi, pp. 129 sgg. (« de maximo et minimo »). 


171 Cfr. Codices Vaticani latini. Codd. 2118-2193, rec. A. Maier, Romae 

1961, pp. 31-33 (l’ordine dei trattati, come s’è detto, è diverso nelle edizioni 



432 Alfonso Maierù 



è operata per mezzo di una congiunzione di proposizioni e per essa 

valgono le regole della copulativa !?, 



L’expositio è dottrina fondamentale nelle opere di Paolo Ve- 

neto, ed egli ne tratta a più riprese: nel quarto trattato della 

Logica parva!®, nella prima parte della Logica magna, e sia nel 

primo trattato, dove si discute dei termini esponibili, resolubili e 

officiabili *, sia nei trattati dal quarto al diciottesimo sche trattano 

delle dictiones che richiedono l’expositio '%, ma anche nel trattato 

diciannovesimo, dove si parla della expositio dei termini modali in 

forma avverbiale !%, sui quali torneremo; infine, in più luoghi della 

Quadratura!”. Le regole che presiedono alla expositio sono così 

sintetizzate da Paolo: 



[1] Ab omnibus exponentibus simul sumptis ad suum expositum est 

bona consequentia, et e converso. [...]. [2] Ab omni exponibili ad 

quamlibet suarum exponentium est bona consequentia, sed non e 



e nei manoscritti); v. n. 331 per incipit e desinit. 


1?2 Logica, cit., f. [22rb]: «Et valet consequentia ab ista exposita ad 

istam copulativam et ad quamlibet eius partem principalem, et e converso 

ab ista copulativa ad illam expositam et non a qualibet parte istius copu- 

lativae et principali ad istam expositam valet consequentia »; f. [28vb]: 

« Oppositum tamen arguitur quod ab exclusiva ad suas exponentes est 

bonum argumentum [...] » ecc. 


173 Nell’ordine, viene qui discussa l’expositio dell’universale affermativa 

(non della negativa, che è probata dupliciter, « aut per sua singularia aut 

per suum contradictorium »), dei comparativi (positivo « comparabiliter 

sumptus », cioè in comparazione di eguaglianza, comparativo [es. fortior] e 

superlativo), differt, aliud e non idem, le exclusivae, exceptivae, reduplica- 

tivae, immediate, incipit et desinit, totus, semper, ab aeterno, infinitum. 


174 Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb. 


115 Si tratta, nell'ordine, di exclusivae, exceptivae, reduplicativae e sicut, 

comparativo e superlativo, de maximo et minimo, totus, semper et aeter- 

num, infinitum, immediate; v. n. 337 per incipit et desinit. 


176 Ivi, I, 19, f. 7ira-vb, ma anche nel trattato quarto della Logica 

parva, cit. 


177 Soprattutto nella prima parte, ma anche nelle altre. 



Terminologia logica della tarda scolastica 433 



converso nisi gratia materiae [...]. [3] Ex cuiuslibet exponentis contra- 

dictorio sequitur contradictorium expositi, sed non e converso [....] 178, 



Paolo da Pergola affronta gli stessi temi trattati da Paolo Ve- 

neto !? e perciò non ci dilungheremo oltre. 


Per concludere, notiamo che l’expositio non è un’operazione 

logica che riconduca i termini mediati a quelli immediati. Ad essa 

è più appropriata la descrizione fornita da Occam, e già ricordata, 

secondo la quale i termini connotativi devono essere ricondotti a 

quelli assoluti: ma quest’ultimi sono appunto termini mediati. 

Nella expositio, inoltre una delle exponentes è negativa: ciò per- 

ché i termini exporibiles sono caratterizzanti e quindi, in certo 

senso, limitanti la proposizione: petciò essi hanno un certo im- 

porto negativo, che va esplicitato. 



5. La « resolutio» 



L’operazione logica che realizza pienamente l’esigenza di ricon- 

durre i termini mediati a quelli immediati è detta resolutio. Essa, 

infatti, meglio d’ogni altra si riallaccia alla dottrina aristotelica 

già ricordata, per la quale la proposizione mediata ha il suo prin- 

cipio di dimostrazione in quella immediata, e in particolare in 

quella prima e più nota a noi secondo il senso !°. 


Ma i termini che designano questa operazione, cioè resolutio e 

resolvere, non hanno avuto un’accezione tecnica per molti secoli. 

Impiegati per designare la risoluzione della proposizione o del 

sillogismo nei loro termini, come si è visto !, nel secolo XII essi 

vengono usati in concorrenza con expositio, exponete. Lusi si È 



178 Logica parva, cit., III. 

179 Logica, cit., pp. 47-74. 

180 Cfr. nn. 39 e 56. 


181 Cfr. n. 5. 



28 



434 Alfonso Maierù 



già accennato, avviene nei Tractatus Anagnini!®, nei quali, c'è 

peraltro da aggiungere, si parla di resolutio con una frequenza 

che non abbiamo riscontrato per expositio. Nel terzo trattato, a pro- 

posito della dictio ‘qui’, considerando che, quando essa è pre- 

sente, la proposizione è apparentemente categorica (dal momento 

che equivale a più categoriche avendo in sé ‘implicita’ un’altra 

proposizione), l'anonimo autore parla di resolutio della prima « in 

copulativas »; nello stesso contesto, parla di una « resolutio in 

adiectivis » diversa da quella che ha luogo « in substantivis », cioè 

della resolutio che una proposizione includente un relativo ha 

quando contiene un aggettivo o un sostantivo come predicato, e 

della possibilità che questa resoluzio sia impedita !*. Nel trattato 



182 Cfr. n. 74. 


183 Tractatus Agnagnini, cit., pp. 268-269: « Iudicium predictarum impli- 

citarum potest haberi ex resolutione ipsarum in copulativas. Debet autem 

talis fieri resolutio ut loco relativi ponatur antecedens et loco antecedentis 

ponatur relativum pronomen cum coniunctione. Unde istas concedimus: 

‘aliquis bomo qui desiit esse, non est’, quia copulativa vera est: ‘aliguis 

homo desiit esse et ipse non est®. Hanc autem iudicamus incongruam: ‘gli- 

quis homo qui non est, desiit esse’; ponit enim aliquem hominem non esse, 

quod falsum est. Secundum predictum iudicium omnes iste videntur incon- 

grue: ‘Socrates erit album quod est nigrum’; ‘Socrates erit senex qui est 

puer. Omnes istas dicuntur esse nugatorias et ita resolvuntur: ‘Socrates 

erit album quod est nigrum’: idest album est nigrum et Socrates erit illud. 

— Predictam resolutionem implicitarum non recepimus et dicimus aliter 

faciendam resolutionem in adiectivis, aliter in substantivis. Et predictas ita 

resolvimus: ‘Socrates erit album quod est nigrum’ idest quod est vel erit 

album est nigrum et Socrates erit illud; similiter ‘Socrates erit senex qui 

est puer® idest qui est vel erit senex, est puer et Socrates erit illud. — 

Verumtamen dicimus quod hee voces que sola significatione sunt adiectiva, 

possunt resolvi sicuti pure substantiva et secundum hoc ista erit incongrua: 

‘Socrates erit senex qui est puer. — Quandoque inpeditur resolutio pre- 

dictarum implicitarum in copulativas vel propter signum universale vel 

propter defectum recti vel propter aliquid aliud. Propter signum univer- 

sale, ut cum dicitur. ‘omnis homo qui currit, movetur® vel ‘omnis homo 

currit qui movetur; hec non potest resolvi; nam si diceremus: ‘omnis 



Terminologia logica della tarda scolastica 435 



quinto, resolvere occorre a proposito della presenza in una propo- 

sizione di un termine infinito (ad es. zon albus)!*, o di solus!9, 

per indicare l’esplicitazione di quel che in tali casi la proposizione 

implica. 


Anche nel secolo XIII il valore di resolvere resta generico, e 

può essere equivalente di exporere !. Ma è nel secolo XIV che 

il significato di questo termine viene restringendosi e specializzan- 

dosi. Per la verità, ciò non è riscontrabile né in Occam o Burleigh, 

né in Buridano, Alberto di Sassonia e Marsilio, ma solo nei testi 

degli autori inglesi fioriti intorno alla metà del secolo, e in quelli 

degli italiani. 



Billingham, nello Speculuzz, scrive: 



Terminus resolubilis est quilibet terminus communis, sicut nomen 

vel participium, qui habet aliquem terminum inferiorem se secundum 



homo currit et ipse movetur®, esset non latina, quia ad dictionem confuse 

positam non potest fieri relatio per relativum postpositum in alia c(1)ausula. 

Similiter: ‘exaudio precem que fit ab illo’, ista non potest resolvi, quia non 

dicimus: ‘prex fit ab illo et ego exaudio eam? ». 


184 Ivi, p. 313: « Sciendum etiam est de nominibus infinitis [...]. Ut cum 

dicitur: ‘Socrates fuit non-albus’, non est sic resolvendum ‘Socrates fuit 

non-albus’ idest: Socrates fuit et non fuit albus, sed sic resolvendum est: 

Socrates fuit aliguando et tunc non fuit albus ». 


185 Ivi, p. 319: «Nos autem dicimus quod talis locutio potest esse 

congrua et vera, etiam dictione transsumptive posita, quia non sic resol- 

vimus ‘solum flumen currit idest: non alia res currit, sed ‘solum flumen 

currit, idest non alia res fluit. — Dubitatur de hac dictione ‘solus’, quam 

exclusionem habeat quando adiungitur nomini proprio pertinenti ad non 

existentia cum verbo pertinenti ad existentia et ad non existentia. Quidam 

eas non recipiunt, immo dicunt eas positas propter resolutionem, ut ‘solus 

Cesar non est’, idest Cesar non est et non aliud non est ». 



18 GueLIELMo DI SHyreswoon, Syncategoremata, cit., p. 65: «Quod 

patet si comparetur affirmativa conclusionis ad affirmativam praemissae et 

negativa ad negativam, cum tam praemissa quam conclusio resolvitur in 

affirmativam et negativam ». 



436 Alfonso Maierù 



praedicationem; et tunc resolvitur quando capitur inferius eo in eius 

probatione, et componitur quando capitur superius eo !87, 



Un termine si dice resolubile, secondo Billingham, quando nella 

probatio si fa ricorso ai suoi inferiora; ciò non è vero solo dei 

nomi e dei participi, ma anche dei verbi (« Consimiliter fit reso- 

lutio verborum ad substantiva, ut: ‘homo currit, ergo homo est 

currens’, et e contra compositio ») !8*. Tale probatio per inferiora 

è la resolutio, propriamente parlando; il ricorso ai termini supe- 

riores è detto compositio !9. 


Per quanto riguarda la resolutio, il discorso si sposta di con- 

seguenza sul rapporto tra i termini inferiori e superiori, spesso 

affrontato nei trattati de consequentiis. Billingham ne tiene conto 

e riprende le seguenti regole: 1) « ab inferiori ad suum superius 

sine aliqua dictione habente vim negationis valet consequentia »; 

ad esempio è valida la conseguenza « homo cuttit, ergo animal 

currit ». Ma l’inferenza vale talora anche « cum dictione habente 

vim negationis » quali sono i termini esponibili, il « non » e i ter- 

mini privativi e infiniti; così è valida l’inferenza: « tantum homo 

currit, ergo tantum animal cutrit »; 2) « Ab inferiori ad suum su- 

perius cum constantia subiecti et cum dictione habente vim nega- 

tionis post superius et inferius tenent consequentia »; 3) « Ex prima 

regula sequitur alia, quod negato superiori negatur inferius, quia 

sequitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, quia ex 

opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis. Nam 

sequitur: ‘non homo cutrit et hoc est homo, ergo hoc non 

currit’ » 19, 


Secondo Billingham, la prima regola regge il sillogismo expo- 



18 Speculum..., cit., pp. 340-341; ma cfr. pp. 367-368, e passim, dove 

resolvere e resolutio hanno valore generico. 


188 Ivi, p. 342. 


189 Cfr. n. 45, e capp. VII, nn. 36 e 37. 


190 Speculum..., cit., pp. 341-344. 



Terminologia logica della tarda scolastica 437 



sitorius affermativo; la seconda, il sillogismo expositorius nega- 

tivo: entrambi questi sillogismi sono alla base, secondo il maestro 

oxoniense, di ogni disputa, anzi della possibilità stessa della dimo- 

strazione, giacché essi sono fundamentum di ogni altro sillo- 

gismo !9. 


Il richiamo all’espressione « syllogismus expositorius » merita 

qualche cenno che ne chiarisca il significato. Essa è già in uso 

nel secolo XIII!?. Nel secolo XII, invece, l’Ars Meliduna ha 

l’espressione « sillogismus expositionis »: richiamandosi all’auto- 

rità di Aristotele, il testo afferma: «Per sillogismum exposi- 

tionis fatetur Aristotiles probari posse sillogismos tertie figure, 

ubi duo dicuntur de tertio » e aggiunge: «Et dicitur  me- 

rito talis sillogismus expositionis, quia quodammodo exponitur 

medium per suum inferius ». Ma dagli esempi addotti si può rica- 

vare che non si tratta del nostro sillogismo ‘*. Più probabile che 



191 Ivi, pp. 341-342: «Super quam regulam fundatur syllogismus expo- 

sitorius in tertia figura [...] et iste syllogismus est fundamentum omnium 

syllogismorum affirmativorum », e p. 343: « Super quem syllogismum fun- 

dantur alii syllogismi negativi, quo syllogismo expositorio affirmativo vel 

negativo negato, non erit ulterius disputatio, nec potest arguens aliquid pro 

bare nec improbare aliquid esse; quod si arguat per syllogismum in modo 

regulato et negatur illud, et tunc statim veniet ad syllogismum expositorium ». 


192 Cfr. ad es., M. Fernanpez Garcia, Lexicon scholasticum philoso- 

pbico-theologicum, Ad Claras Aquas 1910 (basato sulle opere di Duns Scoto), 

pp. 667a-668a, dove esso è definito come quel sillogismo che ha per medium 

un terminus discretus; cfr. anche rs. Duns Scoto, In librum primum 

priorum Analyt. Arist. quaestiones, cit., q. XI, ff. 289b-290b. 


193 Ars Meliduna, cit., pp. 381-382; infatti il testo, tra i due passi, con- 

tiene quanto segue: «Exempli gratia: ‘omne animal est res, omne animal 

est substantia, ergo quedam substantia est res’. Quod conclusio vera sit 

potest ostendi ostenso utramque extremitatum de hoc inferiori medii Socrate 

probari per tertium modum prime, hoc modo: ‘omne animal est res, 

Socrates est animal, ergo Socrates est res’; similiter ‘omne animal est 

substantia, Socrates est animal, ergo Socrates est substantia’ ». Basti esami- 

nare questi esempi alla luce di quanto detto e di quanto diremo appresso. 



438 Alfonso Maierù 



si avvicini al sillogismo expositorius quello che l’Ars Meliduna 

chiama inmiediatus, « cuius maior propositio est inmediata », con 

preciso riferimento al rapporto inferius-superius'*. Guglielmo 

d’Occam nella Suzzzza logicae scrive: 



[...] syllogismus expositorius est qui est ex duabus praemissis singu- 

laribus dispositis in tertia figura, quae tamen possunt inferre conclu- 

sionem tam singularem quam particularem seu indefinitam, sed non 

universalem, sicut nec duae universales in tertia figura possunt inferre 

universalem 195, 



A chiarimento di questa definizione Occam precisa che le due 

premesse singolari non richiedono soltanto che il soggetto sia un 

termine singolare, ma che la realtà designata da esso non sia di 

fatto più cose distinte '%, Per Occam il sillogismo espositorio è 

di per sé evidente, per cui, se un argomento può essere ricondotto 

ad esso, questo argomento è corretto !”. Un'ultima osservazione 



Nel testo aristotelico richiamato (Anal. pr. I 6, 28a 23 sg.) a expositio 

corrisponde Exeo oppure txtiderdar. 


1% Ivi, p. 383: « Alius mediatus, alius inmediatus. Inmediatus dicitur 

cuius maior propositio est inmediata, idest terminos habens inmediatos, 

scilicet tales quorum alter non potest de altero probari per medium 

demonstrativum, idest per tale medium quod sit causa inferioris et inferius 

superioris ». 


15 Summa logicae, cit, p. 367. 


16 Ivi, p. 368: «Est igitur dicendum quod syllogismus expositorius 

est, quando arguitur ex duabus singularibus in tertia figura, quarum singu- 

larium subiectum supponit pro aliquo uno numero quod non est plures 

res nec est idem realiter cum aliquo quod est plures res », e p. 306: « Est 

tamen advertendum, quod ad syllogismum expositorium non sufficit arguere 

ponendo pro medio pronomen demonstrativum vel nomen proprium ali- 

cuius rei singularis. Sed cum hoc oportet, quod illa res demonstrata vel 

importata per tale nomen proprium non sit realiter plutes res distinctae ». 


197 Ivi, p. 304: «Est autem probatio sufficiens, quia syllogismus expo- 

sitorius est ex se evidens nec indiget ulteriori probatione. Et ideo multum 

errant, qui negant talem syllogismum in quacumque materia [...] », e p. 306: 

« Eodem modo, quando aliquis discursus potest reduci ad talem syllogismum 



Terminologia logica della tarda scolastica 439 



va fatta in merito alla definizione di Occam: egli afferma che il 

sillogismo espositorio ha luogo nella terza figura (il termine medio, 

in tal caso, è soggetto in entrambe le premesse), nella quale i sillo- 

gismi non hanno mai una conclusione universale (neppure quando 

hanno due premesse universali), ma possono avere solo una con- 

clusione singolare, particolare o indefinita. 


Billingham recepisce questa dottrina, come si può rilevare con- 

frontando quanto abbiamo riferito sopra con quanto è detto da 

Occam: per lui, infatti, il sillogismo espositorio è fundamentum di 

tutta l’argomentazione (e ciò perché, come afferma Occam, esso è 

« per se evidens»); le premesse sono costituite di termini 

inferiori ai termini comuni e perciò non possono essere che sin- 

golari. Billingham però si discosta da Occam perché estende 

a tutte le figure il sillogismo espositorio '*, ma, ancora come 

Occam, proibisce ch’esso possa concludere con una proposizione 

universale (e non potrebbe essere diversamente: la conclusione 

non può mai essere più ampia delle premesse, secondo il noto 

adagio scolastico « amplius quam praemissae conclusio non vule »); 

infatti egli fa ricorso alla resolutio solo per la probatio della inde- 

finita affirmativa (e della particularis affirmativa, « quae semper 

convertitur cum indefinita affirmativa ») !?: essa deve essere pro- 

vata « per duo demonstrativa », giacché « non est indefinita quin 

habet vel habere potest demonstrativum sibi correspondens, nec 

e contra » 2°, Le due derzonstrativae fungono da premesse del 

sillogismo, la indefinita (o particularis) da conclusione. E va rile- 



expositorium vel per conversionem vel per impossibile vel per propositiones 

acquivalentes assumptas, non est fallacia accidentis ». ù 1 


198 Speculum..., cit., p. 342: « Potest tamen syllogismus sr 

esse in qualibet figura: item in prima figura: ‘hoc currit et homo est ! si] 

ergo homo cutrit’; exemplum secundae figurae: ‘homo est hoc et anim: 

est hoc, ergo animal est homo? ». 


19 Ivi, p. 351. 


200 Ivi, p. 350. 



440 Alfonso Maierù 



vato che questo distingue l’expositio e la resolutio: la « propo- 

sitio exponibilis » è convertibile con le sue exporentes in con- 

giunzione, mentre le proposizioni immediate non sono convertibili 

con la « propositio resolubilis ». Questa è dottrina comune a 

tutti i logici in questo periodo 2, 


Quanto alla indefinita negativa, essa può essere probata o 

mediante il sillogismo espositorio negativo, o mediante una con- 



201 BrLLincHaM, Speculum, cit., p. 344: «Terminus exponibilis est qui 

habet duas exponentes vel plures cum quibus convertitur, Et in hoc differt 

a resolubili, quia licet sequitur formaliter [...], non sequitur e contra; sed 

in exponibilibus bene sequitur sic et e contra»; STRODE, Logica, cit., 

£.18vb: «Regula tamen est quod a resolventibus ad resolutum est bona 

consequentia; sed non oportet quod valeat e contra; si (!) pro omnibus expo- 

mentibus ad earum expositam consequentia tenet generaliter et e con- 

tra [...]» (cfr. anche f. 24va); WwcLte, Tractatus de logica, I, cit., p. 83: 

«Ex istis elicitur talis regula, quod universalis proposicio exposita convet- 

titur cum suo antecedente debite exponente, licet non universaliter. Sed 

quandoque proposicio resolutorie vel officialiter proposita, cum suo ante- 

cedente, gracia materie, convertitur [...] »; PreTRo DI MANTOVA, Logica, cit, 

f. [76vb]: «[...] semper a resolventibus ad resolutam arguitur componendo 

et valet consequentia et non e contra de forma »; PAoLo VENETO, Logica 

parva, cit., III: a quanto riferito sopra (v. n. 178), va aggiunto: «[4] A 

resolventibus ad resolutum est consequentia bona, sed non e converso [....]. 

[5] Ab officiantibus ad officiatum est consequentia bona, sed non e con- 

verso [...]. [6] A descriptione ad descriptum est bona consequentia, et e 

converso [...] », e ancora, ., Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb: « Ex istis 

elicitur talis regula, quod universalis propositio exposita convertitur cum 

suis exponentibus sumptis simul, sed propositio resolutorie vel officiabiliter 

probata cum suo antecedente resolutorie vel officiabiliter ipsum inferente 

non convertitur nisi gratia terminorum [...] », e I, 20, f. 73vb: « Et in hoc 

est differentia inter propositionem exponibilem, descriptibilem, resolubilem et 

officiabilem: quia propositio exponibilis cum suis exponentibus convertitur, 

propositio descriptibilis cum suis descriptionibus convertitur, sed propo- 

sitio resolubilis non convertitur cum suis resolventibus: [...]. Ita similiter 

propositio officiabilis non convettitur cum suis officiantibus; propterea, si 

ab officiantibus ad officiatam est bona consequentia, non oportet quod e 

contra sit bonum argumentum [....] ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 441 



sequentia, il cui antecedens sia la corrispondente proposizione uni- 

versale negativa 2°, 


Strode ha una dottrina del tutto analoga a quella di Billin- 

gham: la resolutio o resolutio per duo demonstrativa non è altro 

che il « syllogismus expositorius », che è in funzione del termine 

comune °*; la resolutio è la probatio della proposizione indefi- 

nita o particolare, anche se nella proposizione sono presenti altri 

termini che richiederebbero un altro genere di probatio (tali sono 

verbi ampliativi o di tempo passato e futuro, incipit, intelligitur, 

e i termini privativi ?*). I fondamenti del sillogismo espositorio 

sono quelli posti da Billingham; ma, oltre alle regole di infe- 

renza che definiscono i rapporti tra termini inferiores e superiores, 

Strode richiama altre regole, fondate sull’autorità di Aristotele: 

una afferma che quando un termine è predicato di un soggetto che 

sia suo inferior, tutto ciò che si dice del predicato si dice del 

soggetto; l’altra afferma che, se in un sillogismo il medio è un 

pronome dimostrativo, gli altri due termini debbono costituire 

soggetto e predicato nella conclusione; c'è da aggiungere che 

Strode chiama anche ‘resolutorius il sillogismo espositorio nega- 



22 Cfr. Speculum..., cit., p. 352. 


203 Logica, cit., f. 18vb: « Similiter tenet iste modus arguendi, ut: ‘iste 

Socrates hoc non est, et iste Socrates est homo, igitur homo hoc non est’; ‘haec 

non est vera et haec est aliqua propositio, igitut aliqua propositio non est 

vera’. Et iste modus arguendi vocatur syllogismus expositorius vel resolutio 

propositionis ratione termini sui communis; omnis nam terminus communis 

non impeditus est sic resolubilis per duo pronomina », e f. 21rb: «Et con- 

similiter respectu cuiuscumque casus scripti (?); nam cum talis terminus 

‘omnis’ praecedit, ad resolvendum propositionem in qua ponitur ille, deleatur 

ille, et loco illius ponatur pronomen demonstrativum sui suppositi cum 

affirmatione eiusdem in recto de illo pronomine et erit syllogismus expo- 

sitorius ». Resolvere è usato anche per indicare la prova dell’officiabile; 

perciò l’aggiunta per duo demanstrativa per la resolutio (cfr. ivi, f. 18vb). 


20 Ivi, f. 19ra: «Debet .amen ad concludendum particularem vel 

indefinitam de verbo ampliativo quandoque aliter capi constantia quam in 

illis mere de praesenti, ut ista: ‘homo cu*rebat’, sic resolvitur: ‘hoc cur- 



442 Alfonso Maierù 



tivo 2°; resolutorius ed expositorius sono quindi sinonimi, come 

confermano i Dubia di Paolo da Pergola 2%. 



rebat et hoc est vel fuit homo, ergo homo currebat’. Similiter ‘puer fuit 

senex’, sic resolvitur: ‘hoc fuit senex et hoc est vel fuit puer, ergo puer 

fuit senex”. Et consimiliter sic dicitur de futuro, ut ‘senex erit puet’, sic 

resolvitur: ‘hoc erit puer et hoc est vel erit senex, ergo senex erit puer?. 

Similiter ‘coecus potest videre’, sic resolvitur: ‘hoc potest videre de- 

monstrando aliquem hominem, et hoc est vel potest esse coecus, etgo 

coecus potest videre’. ‘Socrates incipit currere’ sic resolvitur: ‘hoc incipit 

currere, et hoc est vel incipit esse Socrates, ergo etc... ‘Album desinit 

sedere’ sic resolvitur: ‘hoc desinit sedere, et hoc est vel desinit esse 

album, ergo etc.’. ‘Chimaera intelligitur: hoc intelligitur, et hoc est vel 

intelligitur esse chimaera, ergo etc.’ ». 


205 Consequentiae, cit., f. 26va-b: « Si tamen ex uno termino formaliter 

infertur alter, et non e converso, respectu cuiuscumque verbi tam a parte 

subiecti quam a parte praedicati in recto, terminus inferens dicitur inferior 

et illativus dicitur superior, de quibus datur ista regula: ab inferiori ad 

suum superius sine aliqua dictione habente vim negationis nec confundendi 

praeposita est bona consequentia, quae fundatur super multa dicta Porphytii 

et Aristotelis, scilicet de quocumque dicitur inferius, ut species, de eodem 

dicitur superius, ut genus. Item Philosophus in Praedicamentis dicit: quando 

alterum de altero praedicatur ut de subiecto, id est de inferiori, quicquid 

dicitur de illo quod praedicatur dicitur de isto quod subicitur, quod intelli- 

gitur de directa praedicatione. Item confirmatur regula per rationem [...]. 

Et super hac regula fundatur syllogismus qui vocatur expositorius, cuius 

praemissae sunt mere singulares, cum quibus habet omnis indefinita vel 

particularis resolvi, ut: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, et 

sicut in tertia ita et in prima figura, ut ‘hoc est currens et homo est hoc, 

ergo homo est currens’, et sicut in prima etiam in secunda. Et hoc est quod 

dicit Philosophus secundo Priorum quod medio existente hoc aliquid, id 

est, pronomine demonstrativo, necesse est extrema coniungi, id est consti- 

tuere conclusionem. Et nota quod similiter est syllogismus resolutorius 

negativus, ut ‘hoc non currit, et hoc est homo, ergo homo non currit?. — 

Et notandum quod in omni tali syllogismo oportet quod solummodo illud 

quod demonstratur in maiori demonstretur in minori, et sic iste modus 

syllogizandi tenet ab inferiori ad suum superius sine negatione er sine 

termino confundente. Sed iste modus negativus tenet per istam regulam: ab 

inferiori ad suum supetius cum negatione postposita inferiori et superiori 



Terminologia logica della tarda scolastica 443 



Wyclif, sia nella Logica?” che nella Logice continuacio ”*, 

tratta dei termini resolubiles, o comuni e mediati, che vanno 

probati per mezzo dei termini immediati ?”. La resolutio è ricon- 

ducibile al sillogismo expositorius, e Wyclif nota che, sebbene 

esso sia più comune nella terza figura, si può avere in tutte le 

figure purché la cosa denotata dal pronome hoc sia, diciamo con 

espressione occamistica, una numero ”°, La resolutio è « probatio 



cum debita constantia superioris de inferiori. Similiter tenet cum quacumque 

dictione habente vim confundendi postposita » (cors. mio). 


206 PaoLo pa PercoLA, Dubia, cit., f. 66va: «In hac secunda parte 

principali huius tractatus tria [...] agere propono [...]. Secundo, syllogismum 

resolutorium suis conditionibus limitabo [...] »; cfr. n. 265. 


207 Tractatus de logica, cit., I, p. 4, e ancora p. 6: « Termini resolubiles 

sunt termini communes qui possunt resolvi usque ad terminos singulares; 

ut isti termini, anizzal, homo, etc. ». 


208 Ivi, p. 82: «Sunt enim, quantum ad propositum pertinet, aliqui ter- 

mini resolubiles: ut termini communes, puta nomina, verba, adverbia, et par- 

ticipia habencia signa ipsius inferiora [...] ». 


209 Ivi, p. 68: «Et semper terminus mediatus, si sit resolubilis, debet 

probari per terminum immediatum, ut iste: homo currit, sic resolvitur: Hoc 

currit: et hoc est homo, igitur homo currit. Alia proposicio: Cras ero 

episcopus, sic resolvitur: tunc ero episcopus: demonstrando crastinam diem 

per ly “tunc”; et tunc erit cras: igitur, etc. Ista proposicio: alicubi Deus 

est, sic probatur: ibi Deus est, et “ibi” est alicubi; ergo etc. Et ista pro- 

posicio: aligualiter ego moveor, sic probatur: Taliter, vel sic, ego moveor; et 

“taliter” est aliqualiter; ergo, etc. ». 


210 Ivi, p. 37: « Et notandum quod in qualibet figura potest fieri syl/o- 

gismus expositorius. In prima figura sic: boc est homo, et Sor est hoc: ergo, 

Sor est homo. In secunda figura, sic fiet syllogismus expositorius: virtus est 

hoc, et bonitas est hoc; ergo, virtus est bonitas. In tercia figura sic fiet 

syllogismus: boc diligit Deum, et hoc est homo; ergo, homo diligit Deum. Et 

iste syllogismus expositorius in tercia figura est maxime usitatus. Et sciendum 

quod oportet bene notare rem pro qua supponit hoc pronomen hoc in 

syllogismo expositorio; quia si fuerit diversa supposicio in antecedente et 

consequente, tunc syllogismus non valet: ut hic: hoc est Petrus (demon- 

strando naturam humanam) et hoc est Paulus (demonstrando eandem na- 

turam): ergo Petrus est Paulus. Hoc argumentum non valet [...] ». 



444 Alfonso Maierù 



a posteriori » della particolare affermativa: si tratta però di una 

« probatio a posteriori inferiori », distinta da quella probatio che 

l’autore chiama « a posteriori totaliter separato » (0 « demonstra- 

cio 4 signo, vel demonstracio quia »)?!, Anche la particolare 

negativa ha « probatio a posteriori », ma « inferendo talem parti- 

cularem negativam ex singulis »; gli esempi addotti tuttavia sono 

vere e proprie resolutiones??, Nel caso di proposizioni come 

« chimera non intelligitur a te », Wyclif introduce un altro modo 

di probatio (si ricordino i modi 4 priori, a posteriori, ex equo e 

indirecte), che è detta captio ?*; anche questo è un modo di « pro- 



batio » 4 posteriori 4. 



211 Ivi, pp. 107-108: « Secundo modo probatur particularis a posteriori, 

et hoc dupliciter: vel a posteriori totaliter separato, vel a posteriori infe- 

riori. Exemplum primi: în corpore quod videtur a me sunt subiective opera 

ciones vitales; ergo: corpus quod videtur a me est vivum. Et illa probacio 

est famosa aput philosophos natutales, et vocatur demonstracio 4 signo, vel 

demonstracio quia. Exemplum secundi est tale: hoc currit, et hoc est homo, 

ergo homo currit. Et isti modi probandi innituntur sophiste, de quo datur 

talis regula: Quod ad particularem affirmativam aut sibi equivalentem infe- 

rendam resolutorie oportet maiorem esse singularem proposicionis inferende 

et minorem esse singularem de subiecto sinonimo cum priori, et verbo ac 

predicato proporcionalibus verbo et subiecto proposicionis principaliter 

inferende. Verbi gracia, inferendo istam, homo currit, sic arguitur: hoc 

currit, et hoc est homo; ergo, homo currit ». 


212 Ivi, p. 118: « Secundus modus probandi est a posteriori, ut inferendo 

talem particularem negativam ex singulis; de quibus utendum est arte con- 

simili, sicut dictum est de inductione particularis affirmative. Ut, homo non 

est papa, quia hoc non est papa, et hoc est homo, igitur etc. Homo non fuit 

ad bellum troyanum, quia hoc non fuit ad bellum troyanum, et hoc est vel 

fuit bomo; igitur, etc. ». 


213 Ivi, p. 118: «Sed forte contra illud arguitur inducendo quintum 

modum probandi proposicionem, qui capcio dicitur. Nam tu intelligis istam 

proposicionem: aliguid quod non intelligitur a te est, cum intelligere potes 

quod claudit contradiccionem. Intelligis ergo subiectum huius proposicionis, 

et per consequens eius primarium significatum; et cum solum primarie 

significat aliguid quod non intelligitur a te, sequitur quod tu intelligis aliquid 

quod non intelligitur a te. Sic enim probatur quod #4 scis aliguam proposi- 



Terminologia logica della tarda scolastica 445 



Pietro di Mantova discute del sillogismo espositorio, del 

quale scrive: «in quolibet syllogismo expositorio terminus qui 

est medius est terminus discretus aut aggregatus ex termino com- 

muni et discreto » 25, ma non parla di sillogismo risolutorio; nelle 

edizioni, si può leggere solo il seguente titolo d’una parte: De 

eodem syllogismo resolutorio, sotto il quale è trattata la 

dottrina della resolutio. Pietro, a questo proposito, afferma: 

« quaelibet propositio cuius primus terminus est resolubilis reso- 

lubiliter tentus non verbalis, probari debet per duo demonstra- 

tiva » 2!6; cioè all’espressione « terminus discretus aut aggregatus 

ex termino communi et discreto » del testo precedente, corti- 

sponde qui l’espressione « duo demonstrativa », e poiché « non 

quilibet terminus discretus est immediatus, nec quilibet terminus 

demonstrativus est immediatus » ?”, la probatio della proposi- 

zione resolubile non può essere opera d’un qualsiasi sillogismo 

espositorio, ma solo di quello che abbia come premesse propo- 

sizioni immediate: il sillogismo sarà allora ‘resolutorio’, caso 

particolare del sillogismo espositorio. 


Per i sillogismi espositori, si precisa ch’essi possono aver 

luogo in tutte le figure, e che concludono validamente se affer- 

tivi, mentre alcune accortezze richiede la conclusione nei sillo- 



cionem esse veram quam non scis esse veram, capiendo talem proposicionem 

scitam a te: aligua proposicio est vera quam non scis esse veram. Sed dicitur 

quod conclusio intenta est impossibilis ». 


214 Ivi, p. 120: « Ulterius dicitur quod modus probandi per capcionem 

est modus probandi a posteriori; nam posterius est me scire illam proposi- 

cionem: aligua proposicio est vera quam nescio esse veram sic significantem, 

quam me scire aliquam proposicionem esse veram quam nescio esse veram. 

Ideo ille modus probandi, sicut quilibet alius significabilis, continetur sub 

aliquo predictorum ». 


25 Logica, cit., f. [73ra]. 


26 Ivi, f. [77ra]. 


27 Ivi. 



446 Alfonso Maierù 



gismi negativi, specie se in quarta figura 2!5, Analogamente, il sillo- 

gismo ‘resolutorio’ concluderà secondo le stesse regole in tutte 

le figure, dal momento che, ripetiamo, non è altro che il sillo- 



gismo espositorio applicato alla probatio delle proposizioni reso- 

lubili 259, 



Il termine resolubile è definito: «[...] terminus communis 

aut discretus non demonstrativus terminus, quo contingit aliquem 

terminum immediatum notiorem reperire eandem rem significan- 

tem per quem concludi potest » ?. La proposizione in cui il 

termine è posto si dice probabilis®!. Pietro precisa anche che 

nel resolvere le parti del discorso diverse dal verbo, il termine 

notior è tale a posteriori, mentre nel caso dei verbi il termine è 

notior a priori, ed è il verbo esse 2. 



Pietro chiama resolvenda o composita la proposizione mediata, 

e resolvens la proposizione immediata grazie alla quale si opera 

la probatio; una volta effettuata la resolutio, la proposizione me- 

diata è resoluta 3. 



218 Ivi, f. [73ra-b]. 


219 Ivi, f. [76va], sotto il citato titolo «De eodem syllogismo resolu- 

torio »: «Ostendemus nunc quas propositiones etiam concludere possint 

expositorii syllogismi, et praemittamus quod terminorum secundum quos et 

per quos probari possunt propositiones [....] ». 


20 Ivi, f. [76va-b]. 


21 Cfr. n. 30, [4]. 


22 Op. cit., f. [76vb]: « Refert tamen in resolvendo et alias partes ora 

tionis, quia in resolvendo alias partes orationis a verbo, capitur terminus qui 

est notior a posteriori; in resolvendo vero verba capitur terminus qui est 

notior a priori, scilicet verbum substantivum »; per i termini e le propo 

sizioni immediati a priori o a posteriori, cfr. il testo di f. [76va], in n. 39; 

per quanto riguarda il resolvere verbum, esso è definito (f. [77vb]): «est 

notius verbum exprimere, scilicet substantivum et eius correspondens parti- 

cipium »; ci si chiede anche (f. [77rb-vb]): «utrum quodlibet verbum 

adiectivum sit resolubile in verbum substantivam et suum participium ». 


23 Ivi, f. [76vb] (continuaz. del passo della n. preced.): « Huius enim 

resolvendae ‘hoc currit’ resolvens est haec: ‘hoc est currens’. Ideo bene 



Terminologia logica della tarda scolastica 447 



La resolutio vale come probatio delle proposizioni affermative 

indefinita, particolare e singolare, purché il primo termine sia reso- 

lubile 24; nelle corrispondenti negative vere la resolutio è lecita 

solo quando il termine, in virtù del quale è operata la resolutio, 

ha supposita, altrimenti bisogna assegnare, come medium di prova, 

le contraddittorie di esse 5. 


Paolo Veneto conserva ancora un valore piuttosto generico 

dei termini resolvere, resolutio, con riferimento al relativo impli- 

cativo qui, che equivale a et (0 vel) e ille”, e alla resolutio di 



sequitur tamquam a priori: ‘hoc est cutrens, igitur hoc currit’, et ideo a 

resolvente ad resolvendam vel compositam in verbis valet argumentum de 

forma et non e contra. In aliis autem partibus orationis non valet de forma 

a resolvenda vel composita ad resolventem nec e contra, sed de forma bene 

valet a resolventibus ad resolvendam. Convenit autem inter verba resol- 

venda et alias pattes orationis, quia semper a resolventibus ad resolutam 

arguitur componendo, et valet consequens, et non e contra de forma»; cfr. 

anche f. [78rb]: « non valet argumentum de forma a composita ad resoì- 

ventem, sed bene e contra a resolventibus ad compositam tam in verbis 

quam in aliis ». 


24 Ivi, f. [80ra]: « De indefinita autem sive particulari et singulari te- 

neatur quod ipsa est probanda a primo termino a quo in ea potest sumi pro- 

batio. Ex quo sequitur quod est diligenter advertendum quod non quaelibet 

indefinita sive particularis probari potest per duo demonstrativa, [...] et ideo 

illa ‘tantum animal est homo’ per duo demonstrativa non habet probati quia 

sumeretur falsum ». 


25 Ivi, ff. [79va-b], e [79vb-80ra]: « Pro omnibus igitur propositionibus 

negativis veris resolubiliter probandis dicatur quod, si termini ratione quorum 

probandae sunt supposita habeant, sunt resolubiliter probandae, sed si suppo- 

sitis carent capiendae sunt contradictoriae concludendo istas esse veras indi- 

recte eo quod contradictoriae sunt falsae, et ita conceduntut conclusiones ibi 

illatae secundum istam regulam probandae »; per suppositurm, cfr. cap. IV, 

nn. 62 e 99. 


26 Quadratura, cit., II, 22, f. 34va: « Patet consequentia, quia relativum 

non confusum est resolubile in pronomen relativum et notam copulationis, 

aut in pronomen relativum et notam disiunctionis », e f. 34vb: «Nulium 

relativam nominis confuse limitatum est in pronomen relativum et notam 

copulationis universalite(r) resolubile », ecc. 



448 Alfonso Maierù 



qualsiasi verbo nel presente del verbo esse 2. 

Ma, naturalmente, prevale l’uso tecnico dei termini. Scrive 

nella Logica magna: 



[...] est sciendum quod omnis terminus communis pro aliquo suppo- 

sitivus, et omne verbum praeter verbum substantivum praesentis tem- 

poris et numeri singularis, est resolubilis; omnis enim propositio in 

qua subicitur huius(modi) terminus habet probari per duo pronomina 

demonstrativa sibi correspondentia 28, 



C'è però da notare che, in concorrenza col termine resolubilis, 

Paolo usa talora resolutorius?. La «probatio resolutorie » è 

propria, secondo il nostro autore, delle proposizioni indefinita 

e particolare, e della singolare che non abbia come soggetto un 

pronome dimostrativo 2°. Le corrispondenti negative possono esse- 

re provate in tre modi: o resolutorie, o assumendo la contradit- 

dittoria e dalla falsità di questa ricavando la verità di quella, 



21 Ivi, II, 37, f. 40rb: «Omne verbum praeter verbum substantivum 

praesentis temporis est resolubile in verbum substantivum »; «[...] su- 

biectum enim huius: ‘omnis homo currit’, supponit pro omni homine qui 

est solum ratione resolutionis illius verbi ‘cutrit’ in ‘sum, es, est’, sed aeque 

bene resolvuntur illa verba ‘erit’, ‘fuit’ in ‘sum, es, est’, sicut illud verbum 

“currit’ », ecc. Ciò in un contesto in cui si discute « de suppositione termi 

norum respectu verborum praeteriti ac futuri temporis ». 


28 Op. cit., I, 1, 4, f. 13rb. 


29 Ivi, f. 13va: « Exempla de adverbiis resolutoriis, ut: ‘aliqualiter est” 

resolvitur isto modo [....] ». 


20 Logica parva, cit., IV: « Qualiter propositiones illative probentur prae- 

senti doctrina dignoscitur satis plene. Et primo namque a resolutione est 

inchoandum, qua indefinitae, particulares et singulares de subiecto non prono- 

mine demonstrativo rationabiliter inferuntur. Quaelibet ergo talis est taliter 

inferenda, ut pro antecedente sumantur duo demonstrativa, in quorum primo 

praedicetur praedicatum resolvendae et in secundo subiectum: verbi gratia, 

‘homo currit’ sic resolvitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’ »; 

la Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb, afferma che tale probatio è propria 

della indefinita, e non menziona le altre proposizioni. 



Terminologia logica della tarda scolastica 449 



o mediante la universale negativa corrispondente ?!, Il sillogismo 

che ha come premesse due proposizioni dimostrative è detto 

expositorius o demonstrativus: può essere affermativo o negativo 

e ha luogo solo nella terza figura °°. È evidente che il sillogismo 

demonstrativus è riconducibile alla probatio mediante demonstra- 

tiva, ma Paolo Veneto non insiste nel collegare le due dottrine né 

nella Logica parva, né nella Logica magna. 


Paolo da Pergola, nella Logica, considera « propositio resolu- 



21 Ivi, f. 13va, scrive: « Indefinita vel particularis negativa potest tripli- 

citer probari: uno modo per duo demonstrativa quemadmodum est (haec) 

indefinita affirmativa ut ‘homo non currit: hoc non currit et hoc est homo, 

igitur homo non cutrit’. Secundo modo potest probari recurrendo ad eorum 

contradictoria ipsa probando vel improbando, quo facto statim patebit veritas 

indefinitae vel particularis negativae. Tertio modo potest probari per univer- 

salem negativam sibi subalternantem, ut ‘aliquid non currit’ probatur sic: 

‘nihil currit, igitur aliquid non currit’ ». 


232 Ivi, II, 13, f. 175vb: «Et iuxta tertiam reductionem est notandum 

quod syllogismus expositorius non potest fieri nisi in tertia figura. Et ratio, 

quia ad syllogismum expositotium requiritur antecedentia duarum demon- 

strativarum (ex demonstratarum) inferentium propositionem mediatam; modo 

hoc non potest fieri in aliis figuris. Si enim dicitur in secunda figura: ‘animal 

est hoc et homo est hoc, ergo homo est animal’, consequentia bona est et 

formalis, sed non syllogismus demonstrativus propter causam dictam. Similiter 

si dicetur: ‘hoc currit et homo est hoc, ergo homo currit’, syllogismus expo- 

sitorius vocari non debet, sed syllogismus irregularis, optima consequentia 

formalis existens. Eodem modo est dicendum de negativis .[...]. Numquam 

tamen est dicendum quod aliquis horum sit syllogismus expositorius vel 

demonstrativus; ubi autem syllogismus demonstrativus non ita stricte sume- 

tur, potest sine periculo dici quod in qualibet figura talis reperitut sicut 

exemplificatum est. Verumtamen est advertendum de pronomine demonstra- 

tivo ne supponat pro aliquo communi, quia tunc impediret syllogismum 

demonstrativum, aut quia esset terminus communis, aut quia ratione eiusdem 

suppositio mutatur, sicut hic: ‘hoc est pater et hoc est filius (demonstrando 

essentiam communem), igitur filius est pater’ ». Salvo errore, il « syllo- 

gismus expositorius »» non è menzionato nella Logica parva, né, nelle due 

opere logiche fondamentali, è messo in relazione alla resolutio. 



29 



450 Alfonso Maierà 



bilis » sia l’indefinita e la particolare, che la singolare non dimo- 

strativa 2; le loro corrispondenti negative possono essere provate 

sia resolutorie, sia « per suum contradictorium » 4, in modo ana- 

logo a quanto ha affermato Pietto di Mantova. 



Nei Dubia, invece, Paolo affronta la trattazione del sillogismo 

‘resolutorio’, del quale si afferma che è « fundamentum omnium 

syllogismorum ». Perché si abbia un tale sillogismo sono neces- 

sarie, tra le altre, le seguenti condizioni: Quod si syllogismus (in 

rapporto alle quattro proprietà: che risulti di tre termini; « quod 

semper minor fit in recto »; « quod conclusio sit omnino confor- 

mis maiori »; « quod sit in figura: nam in omni figura potest 

fieri syllogismus resolutorius »); Et won in modo (« quia si esset 

in aliquo 19 modorum non esset syllogismus resolutorius per 

immediata procedens, sed per mediata »); Et medium sit hoc 

aliquid et non quale quid (« Id est, sit terminus demonstrativus 

pro uno solo supponibilis et non pro pluribus [...] »). La reso- 

lutio deve avvenire «per immediata apud sensum vel intel- 

lectum » 5, 


Da questi elementi risulta che il « syllogismus resolutorius » 

altro non è che il tradizionale « syllogismus expositorius ». Ma 

risulta anche, dal richiamo a ciò ch’è immediato rispetto al senso o 

all’intelletto, confermato quanto s'è detto, che cioè esso va ricon- 

dotto alla dottrina aristotelica dei Secondi analitici. 



23 Op. cit., p. 45: «Resolubilis est triplex, scilicet indefinita, patticu- 

laris, singularis non demonstrativa simpliciter quae probantur sumendo duo 

pronomina demonstrativa simpliciter, primum conforme subiecto propositionis 

resolubilis et secundum in recto ut patet in exemplis ». 


24 Ivi, p. 46: « Particularis vero indefinita, et singularis negativa possunt 

probari dupliciter, primo resolutorie et hoc ubi subiectum pro aliquo suppo- 

nit, ubi vero pro nullo supponit non potest probari resolutorie quia minor 

est falsa, debet igitur tunc aliter probari scilicet per suum contradicto- 

rium [...]». 


25 Op. cit., ff. 68vb-69ra, 



Terminologia logica della tarda scolastica 451 



6. I termini « officiales » 



Quanto alla grafia dei termini occorrenti in questo paragrafo, 

va precisato che la tradizione manoscritta del secolo XIV ha 

officialis, officialiter e così via, mentre manoscritti e stampe del 

secolo XV hanno officiabilis** e così via. Noi scriveremo gene- 

ralmente officialis, e useremo come equivalente italiano ‘offi- 

ciabile’. 


Officialis deriva da officium: quest’ultima termine vale sia 

‘funzione’, sia ‘compito’ e ‘fine’ ”. Il nostro officiaiis non va 

confuso con quei termini « officiales » che designano dignità e 

cariche pubbliche #*, anche se il valore nei due casi è analogo: 

alcune persone hanno un officiuz: nella società, alcuni termini 

hanno un officium nella proposizione e nel discorso; si può, anzi, 

seguire un graduale passaggio dal primo al secondo valore del 

termine: i maestri hanno un loro officium??, le arti hanno un 



236 Ma si vedano i mss.: Vat. lat. 3038, f. 8r: « Et sicut dictum est de prae- 

dictis officiabilibus vel officialibus [...] » (il testo è quello di BILLINGHAM, 

Speculum..., cit., p. 367, in apparato alla r. 34), e Cambridge, Corpus Christi 

College 378, f. 42r (cit. in n. 185 del cap. VII). 


237 Cfr. LAauSBERG, op. cit., p. 765. 


238 Nei Tractatus Anagnini, cit., p. 274 (cfr. cap. II, n. 56); cfr. anche 

Occam, Summa logicae, cit., p. 34: «[...] ‘angelus’ est nomen mere abso- 

lutum, saltem si non sit nomen officii sed tantum substantiae ». Secondo 

M.-D. CrÙenu (Tbhéologiens et canonistes, in Études d’histoire du droit cano- 

nique dediées è Gabriel Le Bras, II, Paris 1965) il termine officium in 

S. Tommaso deriva da Ismoro, Etyz., cit., VI, xix, 1, per il quale le funzioni 

dell'anima sono officia che si esercitano nell’unità d’una natura (p. 838): 

ministerium, in sinonimia, assicura la sacralizzazione dell’officium, sia per 

i teologici che per i canonisti, in ecclesiologia come in liturgia (ivi). 


239 Cfr. di RosceLLINO, la lettera ad Abelardo (in J. ReINERS, Der Nomi 

nalismus in der Friibscholastik, « Beitrige zur Geschichte der Philosophie des 

Mittelalters », VIII, 5, Miinster i. W. 1910, p. 80): « Quia igitur suscepto 

habitu doctoris officium mendacia docendo usutpasti, utique monachus esse 

cessasti, quia beatus Hieronymus monachum, monachus ipse, diffiniens: 

‘Monachus’ inquit ‘non doctoris sed plangentis habet officium, qui se vel 



452 Alfonso Maierù 



loro officium?, le arti sermocinales studiano gli officia delle 

vatie dictiones *!, 


Per le Summe Metenses e per il Tractatus de proprietatibus 

sermonum, officium è « proprietas dictionis » o « sermonis » ?*, 



mundum lugeat et domini pavidus praestoletur adventum’», e GoFFREDO 

DI Fontames, Quodl. XII, q. 6, ed. J. Hoffmans, Louvain 1932: « Utrum 

liceat doctori praecipue theologiae recusare quaestionem sibi positam [...] »; 

la risposta è che il maestro in teologia è « doctor veritatis habens officium 

publicum docendi » (pp. 105 e 107); nella disputa scolastica, l’opponens e il 

respondens hanno « diversa officia » (Tractatus Anagnini, cit., p. 260). 


20 Cfr. Cassioporo, Institutiones, cit., II, I, 1, p. 94: «officium eius 

(sc. grammaticae) est sine vitio dictionem prosalem metricamque compo- 

nere »; e ms. Oxford, Bodl. Library, Laud. lat. 67, f. 6ra (cit. dal De RiJk, 

Logica modernorum, II, i, cit., p. 165): « Officium eius (sc. dialetice) est 

docere, argumenta invenire ad probandam questionem propositam et de 

eisdem iudicare »; considerare l’officium è un topos delle introduzioni alla 

dialettica nel sec. XII (DE Rtjk, op. cit., II, i, p. 148); cfr. ms. Vienna, lat. 

2486, f. 17r (in De RK, op. cit., II, i, p. 235, sotto Quod officium): « Offi- 

cium uniuscuiusque artis est quod convenit opifici secundum ipsam artem » e 

ancora: « huius artis officium est considerare proprietatem litterarum in sil- 

labis, proprietatem sillabarum in dictionibus, proprietatem dictionum et 

uniuscuiusque accidentis earum in sintasi »; Summa Sophisticorum elen- 

corum, cit., p. 267: «Officium eius (sc. opificis agentis ex arte) est sic 

disputare ut videantur circa propositum ea esse que non sunt ». 


21 Cfr. ms. Chartres 209, f. 37rb (in R.W. Hun, op. cit., I, p. 227): 

del verbo est si dice: « quantum ad officium quod exercet in oratione in ui 

substantiui consideramus [...] » e « aliud est agere de uocibus per se consi- 

deratis, aliud de eisdem ad uim et officium quod habent in oratione posite 

relatis »; Fallacie Parvipontane, cit., p. 569: « Et notandum quoniam nomina 

supponentia verbum duplex habent officium. Supponit enim quandoque 

nomen pro aliquo suorum appellatorum, quandoque pro nullo ». ABELARDO 

(Introductiones dialecticae, cit., pp. 73-74) parla di officium delle voces, ma 

anche delle litterae; per l’officium del verbo est, si veda, cap. III, n. 26. 


22 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 474: «Est ergo locus sophisticus in 

dictione qui provenit ex proprietatibus dictionis. Que sunt significatio, consi- 

gnificatio, officium, transumptio, constructio, ordinatio, prolatio, terminatio 

eic.», e Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 707: «[...] utile vi- 

detur instituere tractatum de sermonibus et diversitate proprietatum et 



Terminologia logica della tarda scolastica 453 



mentre le « dictiones officiales » sono quelle « quarum constructio 

est deservire partibus aliis » %. La caratterizzazione del termine 

officiabile come quello che ha il compito di ordinare il discorso 

o determinate un contesto presuppone l’analisi sintattica delle 

strutture della proposizione. Poiché il compito di ‘costanti’ e ope 

ratori nella logica medievale è svolto dai sincategoremi ?#, questi 

saranno i termini officiabili per eccellenza per lungo tempo, dalle 

Summe Metenses* a Guglielmo di Shyteswood #9 e Ruggero Ba- 



officiorum que considerantur iuxta sermonem. Que sunt copulatio, appellatio, 

suppositio, et multa alia de quibus dicemus inferius ». Si noti la differenza 

tra i due testi: nel primo, officium è elencato tra le proprietates, nel secondo 

officia è in endiadi con proprietates: ma si può supporre un passaggio dalla 

posizione del primo testo a quella del secondo. Cfr. anche DE Rijk, Soze 

Notes on the Mediaeval Tract De insolubilibus..., cit., p. 100 (v. cap. II, n. 91) 

e p. 112: « Sequitur de secunda specie insolubilium. Que provenit ex officio 

vocis vel ex his que circumstant vocem. Que sunt tria: significatio, suppo- 

sitio, appellatio. Unde videndum quod, quando ex aliquo officio quod est 

in voce vel circumstat vocem, provenit insolubile, id est cassandum, si sit 

accidentale ». 


23 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 476: tra queste dictiones sono anno- 

verate  pva). 



478 Alfonso Maierù 



exponentium sui oppositi. Nec dicuntur exponentes nisi significantur 

copulative, nec causae veritatis nisi significantur disiunctive 3%, 



Secondo Strode, dunque, le causae veritatis sono opposte alle 

exponentes: queste operano in congiunzione (« significantur copu- 

lative »), quelle in disgiunzione (« disiunctive »); per le causae 

veritatis valgono quindi le regole della disgiunzione (p > p v 9), 

mentre per le exporentes valgono le regole della congiunzione 

(pa 2 p). Strode se ne serve per la probatio delle negative del- 

l'esclusiva, eccettiva e reduplicativa *”, ma anche delle proposizioni 

in cui compaiono i termini incipit e desinit. Quanto a quest’ultimo 

caso, va rilevato che Heytesbury aveva assegnato alle proposizioni 

contenenti incipit o desinit una duplice expositio, tra cui si doveva 

scegliere di volta in volta quella più conveniente al problema in 

esame *%; i due modi dell’expositio non costituivano però una 

disgiunzione di proposizioni in congiunzione. Strode, invece, as- 



54 Logica, cit., f. 19rb; cfr. anche f. 24rb: «Et hoc est generaliter 

(notandum): cum aliqua propositio habet exponentes, eius contradictorium 

habet causas veritatis ». 


35 Ivi, f. 26va: «Ista tamen ‘Socrates non est asinus in quantum 

est homo? et consimiles debent dici reduplicativae et habent (probari) per 

causas veritatis oppositas exponentes reduplicativae, sicut convenienter dictum 

est de exclusivis et exceptivis », ma cfr. f. 24rb, dove si assegnano le causze 

veritatis anche all’opposta dell’esclusiva negativa. 


36 De incipit et desinit, cit., f. 23va: « Incipere dupliciter solet exponi: 

videlicet per positionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut quod 

in praesenti instanti est et immediate ante instans quod est praesens non 

fuit; aut per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut quod 

in praesenti instanti non est, et immediate post instans quod est praesens 

erit. — Desinere etiam dupliciter potest intelligi, scilicet vel per remo- 

tionem de praesenti et positionem de praeterito, ut quod in praesenti 

instanti non est, et immediate ante instans quod est praesens fuit; vel per 

positionem de praesenti et remotionem de futuro, ut quod in praesenti 

instanti est et immediate post instans quod est praesens non etit ». Cfr. 

agg analoghe in GueLieLMO DI SHyrEswooD, Syncategoremata, cit., 

pp. 75-7 



Terminologia logica della tarda scolastica 479 



segna piuttosto la disgiunzione di due congiunzioni di proposizioni 

(pq v rs), e cioè le causae veritatis 7. La stessa cosa fa Marsilio, 

ma solo limitatamente al caso in cui il verbo incipit « affirmatur 

de subiecto singulari substantiali » (ad es. di Socrates) ®®. 


Tra i logici italiani, Pietro di Mantova si serve della probazio 

per causas veritatis per l'esclusiva ®, l’exceptiva mere negativa” 



327 Logica, cit., f. 25ra: «Incipit communiter debet exponi per posi- 

tionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut: ‘hoc nunc est et 

immediate ante hoc instans quod est praesens hoc non fuit, ergo hoc incipit 

esse’; vel per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc 

munc non est et immediate post hoc instans quod est praesens hoc erit, ergo 

hoc incipit esse’. Et e converso modo debet exponi li ‘desinit’, ut dicunt, 

per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc nunc non 

est et immediate ante instans quod est praesens fuit’, vel per positionem de 

praesenti et remotionem de futuro, ut: ‘hoc nunc est et immediate post 

instans quod est praesens non erit’. Sed ego dico quod tales potius debent 

dici causae veritatis et non exponentes, ut patet in praecedenti. In istis 

ergo servetur haec regula, quod non oportet aliquam propositionem de 

incipit et desinit exponi nisi ut propositio simplex et singularis numeri 

[...]». WycLIr, nel porre il problema, non esplicita il riferimento alle 

«causae veritatis », per cui è difficile intendere se si sia staccato dal 

modo di Heytesbury; cfr. Tractatus de logica, I, cit., p. 65: «Sor incipit 

esse, sic exponitur: Sor nunc est, et ipse immediate ante hoc non fuit: 

igitur etc. Vel sic: Sor iam primo est et ipse inmediate ante hoc non fuit: 

ergo, Sor incipit esse », e p. 191: « Et hoc est quod solet dici: hoc verbum, 

incipit, debere disiunctim exponi per remocionem de presenti et posi- 

cionem de futuro; vel per posicionem de presenti et remocionem de prete- 

rito; ut, si Sor munc est effectus et non prius fuit, tunc incipit esse. Vel 

si non est in instans quod est presens, et inmediate post illud erit, tunc incipit 

esse. Et sic de desinit ». 


328 Cfr. Textus dialectices, cit., f. 201r. 


329 Logica, cit., f. [29ra-b]: «[...] exclusiva in numero plurali affir- 

mativa habet duas causas veritatis, quarum una est gratia alietatis et alia 

est gratia pluralitatis: verbi gratia, ‘tantum 12 sunt apostoli dei’ altero 

illorum modorum verificari potest: ‘12 sunt apostoli dei et nulla non 12 

sunt apostoli dei’, vel sic: ‘12 sunt apostoli dei et non plura quam 12 

sunt apostoli dei’. Unde talis propositio exclusiva in numero plurali non 

debet exponi quia propositio exponibilis copulative significat et non veri- 



480 Alfonso Maierù 



e le proposizioni de incipit et desinit **. 


Paolo Veneto avvia il processo mediante il quale questa forma 

di probatio diventerà con Paolo da Pergola un procedimento 

autonomo, fissando nella Logica parva la seguente regola (che, si 

noti, segue quelle relative alla probatio mediante expositio, reso- 

lutio, officiatio, descriptio, e a senso composto e senso diviso): 

« ab una causa veritatis ad propositionem habentem illam causam 



ficatur disiunctive (ex distiunctive), et ab exposita ad quamlibet suarum 

exponentem est bonum argumentum formale, sed talis propositio neque 

verificatur copulative neque ab ista exclusiva ad quamlibet esponentium 

valet consequentia: convertitur enim cum tali disiunctiva cuius quaelibet 

pars principalis est copulativa, igitur etc.». Come si può notare, la 

probatio qui è data mediante la disgiunzione di due copulative. Ai ff. [41vb- 

42ra], invece, Pietro di Mantova scrive: «Sed ista ‘a te differt omnis 

asinus’ habet duas causas veritatis, quia primus terminus in ea mediatus 

est resolubilis et exponibilis. Ideo ista significat disiunctive sic: ‘a te 

differt quilibet asinus, id est a te differens est quilibet asinus’ resolvendo, 

vel exponendo sic: ‘omnis qui est asinus est tecum et nullus asinus es tu, 

igitur a te differt quilibet asinus’, et hoc est verum et ideo illa est vera 

‘a te differt quilibet asinus’»: in questo passo l’accezione di « causae 

veritatis » sembra essere generica. 


35 Ivi, f. [33va]: «I...] exceptiva mere negativa non habet exponi, 

sed habet causas veritatis disiunctive, et regula superius data de exposi- 

tione exceptivae vera est de exceptivis non mere negativis ». 


31 Ivi, £. [47rb-va]: « Incipit solet sic exponi: ‘Socrates in instanti quod 

est praesens est et non immediate ante instans quod est praesens fuit veli 

Socrates in instanti quod est praesens non est et immediate post instans 

quod est praesens erit, igitur Socrates incipit esse’. Sed haec consequentia 

non valet quia in primo esse mundi [...]; et quod illa disiunctiva sit vera 

patet quia eius prima copulativa est vera in illo casu », f. [47va-b]: « Ideo 

dicitur quod illae dictiones ‘incipit’ et ‘desinit’ et huiusmodi non habent 

exponi sed habent causas veritatis», e f. [48ra]: « Aliquando autem li 

‘incipit’ non habet illas causas veritatis per positionem de praesenti et 

remotionem de praeterito vel negationem de praesenti et positionem de 

futuro, sed aliquando habet easdem causas veritatis quas li ‘desinit’, quia 

illae convertuntur: ‘Socrates incipit non esse’ et ‘Socrates desinit esse’ »; 

cfr. WiLsoN, op. cit., p. 42. 



Terminologia logica della tarda scolastica 481 



est bona consequentia » *. In questo contesto, le causae veritatis 

sono assegnate alla proposizione « denominata ab ablativo conse- 

quentiae »: data la proposizione « homine currente risibile cutrit », 

poiché l’ablativo assoluto può essere risolto in una proposizione 

condizionale (« si homo currit »), o temporale (« dum homo cur- 

rit »), o causale (« quia homo currit »), la proposizione origi- 

naria sarà vera quando almeno una delle proposizioni alle quali 





equivale l’ablativo assoluto è vera**. Ma, ancora nella Logica 

parva, si afferma che la proposizione esclusiva negativa ha 

« duas causas veritatis, oppositas exponentibus exclusivae affir- 



mativae » **. Nella Logica magna, invece, si fa ricorso alla pro- 

batio per causas veritatis, oltte che per l’esclusiva negativa *5, 



anche per la reduplicativa negativa 9 e per incipit e desinit *", 

in modo analogo a quanto afferma Pietro di Mantova. Infine, 



332 Logica parva, cit., III. 


333 Ivi. 


334 Ivi, IV. 


335 Logica magna, cit., I, 5, f. 35va. 


336 Ivi, I, 8, f. 4irb: «Si autem (sc. negatio) cadit in totum et super 

reduplicationem, non habet exponi sed solum habet causas veritatis quae 

sunt contradictoriae exponentium reduplicativae sibi oppositae »; nella 

Logica parva, cit., IV, invece, aveva scritto: « Negativa vero reduplicativa, 

cuius negatio praecedit notam reduplicationis, non est exponenda sed pro- 

banda per suum contradictorium ut saepe dictum est». 


337 Mentre nella Logica parva, cit., IV, l’autore ritiene che « dupliciter 

exponitur », nella Logica magna, cit., I, 18, f. 65va, dopo la discussione di 

molte opinioni, scrive: « Propositio ergo respectu huius verbi ‘incipit’ vel 

‘desinit’ exponi non habet, sed habet causas veritatis quarum quaelibet 

propositionem de incipit vel desinit potest inferre, et disiunctiva ex eisdem 

cum ipsa propositione convertitur. Unde haec propositio ‘hoc incipit esse’ 

habet duas causas veritatis, quarum una est copulativa duarum demonstra- 

tivarum, unius de praesenti affirmativae et reliquae de praeterito negativae 

cum determinatione huius dictionis ‘immediate’, ut: ‘hoc nunc est et hoc 

immediate ante instans quod est praesens non fuit’, Secunda causa veritatis 

eiusdem est una copulativa talium duarum, unius de praesenti negativae et 

alterius de futuro affirmativae cum consimili determinatione, ut: ‘hoc 



31 



482 Alfonso Maierà 



Paolo da Pergola scrive: « Probabilis per causas veritatis est 

illa propositio quae habet multas causas veritatis disiunctive 

sumptas, sicut incipit, desinit et ablativus in consequentia » 38: 

per quanto riguarda incipit e desinit, non c'è bisogno di altri rife- 

rimenti dopo quanto si è detto. L’« ablativus in consequentia » ci 

riporta alla Logica parva di Paolo Veneto, dal quale il Pergolese, 

al solito, dipende *’, Tuttavia egli allarga il discorso, riservando 

questo tipo di probatio alle contraddittorie di ciò che può essere 

provato non solo mediante expositio, ma anche mediante reso- 

lutio, descriptio e officiatio, e in genere a tutte le proposizioni 

negative: 



Nota quandocumque propositio probatur copulative, sive resolubiter 

sive exponibiliter sive officiabiliter sive descriptibiliter, eius contra- 

dictorium est probabile per causas veritatis, scilicet per disiunctivam 

compositam ex partibus contradictoriis #9, 



nunc non est et hoc immediate post instans quod est praesens erit’. 

Similiter haec propositio ‘hoc desinit esse’ habet duas copulativas causas 

veritatis, quarum una componitur ex duabus categoricis, una de praesenti 

negativa et alia de praeterito affitrmativa, cum hac determinatione ‘imme: 

diate’; ut: ‘hoc mune non est et hoc immediate ante instans quod est 

praesens fuit’. Secunda causa veritatis ipsius est una copulativa composita 

ex duabus talibus, quarum una est affirmativa de praesenti et reliqua nega- 

tiva de futuro cum simili determinatione, ut: ‘hoc nunc est et hoc 

immediate post instans quod est praesens non erit’. Vel, si tibi placet, 

potes dare causas veritatis cum prioribus convertibiles breviores, ut: ‘si hoc 

nunc est et immediate ante munc non fuit, hoc incipit esse’; et: ‘si tu 

non es albus et immediate post nunc eris albus, tu incipis esse albus’. Eodem 

modo dico de li ‘desinit’ ». Non ci addentriamo qui nella determinazione 

dell’atteggiamento che Paolo Veneto tiene rispetto a Pietro di Mantova. 


338 Logica, cit., p. 79. 


33 Si noti che manca ogni cenno alle « causae veritatis » per la esclu- 

siva negativa (ivi, pp. 57-60); nella trattazione De consequentiis, però, si 

trova la regola riferita da Paolo Veneto nella Logica parva (ctr. ivi, p. 98). 


30 Ivi, p. 84; e ancora (ivi): « Si vero est mediata (sc. propositio) debes 

videre an sit affirmativa vel negativa; si est negativa, debes cam probare 

per causas veritatis, aut per contradictorium, aut per singulares, ut supra 



Terminologia logica della tarda scolastica 483 



Il riferimento all’expositio è stato ampiamente illustrato; altret- 

tanto chiaro risulta il cenno alla resolutio, officiatio, descriptio 

quando si pensi, come si è detto, che in tutti questi casi la pro- 

batio è data mediante congiunzione di proposizioni, la cui nega- 

zione è una disgiunzione di proposizioni negative. 



dictum est ». Questo passo può essere chiarito ricordando che BILLINGHAM 

(Speculum..., cit., p. 357) ha assegnato l’oppositum per la probatio di 

dimostrativa e universale negative o con soggetto infinito, e per l’indefinita 

negativa (ivi, p. 352) ha assegnato una probatio disiunctive: cioè universale 

negativa o due dimostrative (quest'ultime sono il sillogismo espositorio nega- 

tivo); che PaoLo Veneto (Logica megna, cit., I, 1, 4, £. 13va) ha 

assegnato tre modi di probatio alla indefinita o particolare negativa: sillo- 

gismo espositorio negativo, contraddittoria, universale negativa, e che per 

la universale negativa (ivi, f. 14ra) ha assegnato il contraddittorio; Wyclit 

e Pietro di Mantova hanno svolto quel discorso che abbiamo richiamato 

nel $ 3. Qui Paolo da Pergola, parlando in generale della proposizione 

mediata negativa, richiama tutti questi vari modi di probatio accanto a quella 

« per causas veritatis ». 



Appendice 1 



IL TRATTATO DE PROBATIONIBUS 

ATTRIBUITO A GUALTIERO BURLEIGH 



Il trattato contenuto — come si è detto — nei ff. 6ra-19va 

del ms. Amplon. Q. 276 della Wissenschaftliche Allgemeinbiblio- 

thek di Erfurt! si compone di varie guaestiones, per ciascuna 

delle quali si adduce una lunga serie di argomenti (cominciando 

in genere, dalla parte negativa: videtur quod non), ai quali si 

risponde (in oppositum) spesso dopo aver formulato una determi- 

natio brevissima, magari di una sola proposizione; ma talota si ri- 

sponde di volta in volta dopo ciascun argomento. 


L’autore — chiunque sia — si preoccupa di fornire una casi- 

stica delle difficoltà che possono sotgere nell’obiettare, e nel 

rispondere alle obiezioni, contro i sophismata?. Il trattato si 

colloca quindi tra quelli che intendono offrire sussidi ai prota- 

gonisti della disputa scolastica. E poiché le difficoltà nascono 

sempre dall’uso dei termini cui si fa ricorso, la trattazione verte 

necessariamente sul valore dei termini e sui modi di ‘provare’ le 

proposizioni che li contengono. 



1 Cfr. Introduzione, n. 79. Il microfilm del ms. di cui mi sono servito 

non è eccellente; manca il fotogramma del f. 14r; il f. 15 del ms. dev'essere 

corroso in una delle col. 


2 Ms. Amplon. Q. 276, f. 6ra: «Quoniam in(n)ata est nobis via a 

communibus ad propria, ideo nos de modo opponendi contra sophismata 

cen E PA primo de communi modo opponendi et respondendi dica- 

mus [...] ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 485 



Gli argomenti trattati possono essere così riassunti: 



1) ci si chiede se l’inductio sia un modo valido di probare la propo- 

sizione universale 3; 


2) a) se la « probatio per contradictorium » sia bora, e cioè valida ‘ e 

b) se la « probatio a destructione consequentis », o anche la « pro- 


batio ex opposito conclusionis inferendo oppositum praemis- 

sae » sia valida 5; 


3) ci si chiede « de probationibus incidentibus in multiplicibus, ut 

in aequivocis »: « an sufficiat cognoscere aliquod multiplex in uno 

significato » 9; ma la quaestio si articola in varie questioni: 


a) «an aliquod nomen sit aequivocum » 7; 


b) « an... significatio dictionis sit eius forma accidentalis » 8; 


c) « utrum sufficiat probare multiplex in uno probato significato 

vel non, et ad illud persuadendum oportet inquirere utrum 

aequivocum significet per modum copulationis sua significata 

aut per modum disiunctionis » 9; 


d) «an nomen aequivocum possit distribui pro omnibus suis 

significatis sive pro quolibet singulari cuiuslibet significati simul 

a signo universali sibi addito » 1%; 


e) « an sit contradictio in aequivocis » !!; 


f) «an propositiones habentes terminum aequivocum debent dici 

una vel plures » !2; 


4) a) sulla base di quanto si è detto ci si chiede poi « an copulativa 


sit una »!5, e 



3 Ivi. 


4 Ivi, f. 6va 


5 Ivi, £. 7vb. 


6 Ivi, f. 8vb. 


7 Ivi, «quod non est, videtur»: f. 8vb; «Quod umne nomen sit 

aequivocum sic videtur »: f. 10ra. 


8 Ivi, f. 10vb. 


9 Ivi, f. 11rb. Cfr. ps. Duns Scoro, In librum I priorum Analyticorum 

Aristotelis quaestiones, cit., q. x, ff. 230b-231b: Utrum terminus aequivocus 

contineat sua significata per modum copulationis. 


10 De probationibus, cit., f. 11vb. 


11 Ivi, f. 12rb. 


12 Ivi, f. 12vb. 


13 Ivi, f. 14va. 



486 Alfonso Maierù 



b) « an sit (contradictio in copulativis) » 14; 


5) analogamente, a) « quaeritur an disiunctiva sit una vel plures » 55; 

b) « an sit contradictio in disiunctivis » ‘6; ” 


6) « quaeritur an haec propositio ‘homo albus currit’ sit una (vel 

plures) » 17; i 


7) «an falsitas implicationis falsificet propositionem » 18; 


8) «an una negatio possit negare plures compositiones » 19; 


9) infine, si discute de incipit et desinit: « Quaetitur de expositione 

et significatione istorum verborum ‘incipit’ et ‘desini’. Primo 

quaeratur quid significent, secundo utrum suum significatum 

ipso (?) esse syncategorema vel categorema »: 


a) «De primo sic quaeritur, utrum significent motum vel muta- 

tionem » 2; 


b) « Deinde quaeritur an si(n)t syncategoremata » 8; 


c) «quid ponitur in huius(modi) praedicationibus (?) proposi 

tionibus, et videtur quod hoc quod dico ‘incipit’ et ‘desinit’ » 2; 


d) « (D)einde quaeritur de negatione istorum, et primo utrum 

habeant intellectum negationis secundum quod possunt con- 

fundere, dato quod aliquo modo sit ibi negatio » 8; 


e) « utrum possi(n)t confundere ratione istius negationis » #; 


f)  j; op- 

pure 7 D LC, .v.#), e non viceversa !. I sersus di una proposi- 

zione in disgiunzione sono causae veritatis di essa: basta perciò 

che sia vero uno dei sensus perché sia vera l’intera proposizione. 

Così non è per i sersus in congiunzione, poiché in tal caso è 

necessario che siano veri tutti i sensus perché si abbia la verità 



vede in ciò un’accettazione della dottrina occamistica della suppositio simplex 

da parte di Heytesbury. 


l De propositionum multiplicium significatione, cit., ff. 252vb-253ra: 

« Unde et si arguitur sic: praecise tot scis quot sunt aliqua quae Plato 

scit esse, ergo non scis plura quam sunt aliqua quae Plato scit esse, non 

valet argumentum. Nam per id antecedens non probatur id consequens nisi 

pro altero sensu [...]»: si tratta della singolare negativa; il procedimento 

è analogo a quello di cui alla n. 9; ancora, ivi, f. 253ra: « Si tamen arguitur 

sd istam probandam, sic incipiatur: talis propositio sic praecise significans 

potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet? (...) tunc ista est impos- 

sibilis, igitur non potest esse sicut ista significat, et ista significat praecise 

quod potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet, igitur non potest 

esse quod potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet: neganda 

est consequentia; nam consequens id, ut praedictum est, suos sensus copu- 

lative significat, quorum tamen alter sequitur ex isto antecedente»; per 

la proposizione in esame, cfr. n. 18; il modo della probatio richiama il 

procedimento della probatio officialiter. Probare occorre un’altra volta al 

f. 252va, nella discussione della universale (n. 9). 

; A Ivi, f. 252va: «Ex quo etiam apparet, cum cuiuscumque proposi- 

tionis copulative solum significantis contradictorium disiunctive significet 

quod cuiuscumque multiplicis plures sensus copulative solum significantis 

contradictorium disiunctive significat opposito modo quo etiam talis univer- 

salis multiplex significat copulative ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 495 



della proposizione cui la congiunzione equivale '. Anche l’espres- 

sione causae veritatis ha dunque il valore noto; nel caso speci 

fico, designa solo i sensus in disgiunzione !*. 


Questo è il primo dei casi esaminati nel trattato. Seguono 

poi il caso in cui la proposizione universale affermativa non 

significa tutti i suoi sersus in forma universale, ma uno di essi 

in forma universale e un altro in forma particolare ‘5; la proposi- 

zione particolare affermativa o negativa !; la proposizione singolare 

affermativa o negativa !”. 


L’autore passa quindi ad esaminare le ipotetiche, e comincia 

dalla proposizione de copulato extremo!*. Si discute poi della 



13 Ivi, f. 252vb: «Nam si copulative significaret, ad eius veritatem 

cuiuslibet sui sensus veritas requiretetur » (è detto della particolare, cfr. 

n. 16). 


14 Cfr. ivi: «[...] est fallacia consequentis arguendo a propositione 

habente plures sensus disiunctive ad unum sensum», e f. 253va: « Ca] 

arguitur a propositione plures causas veritatis habente ad unam istarum, 

ideo est fallacia consequentis ». L'espressione causae veritatis occorre ancora 

altre tre volte, ai ff. 252va, 253rb, 253va. 


15 Ivi, f. 252vb: «Quaedam tamen universales sunt multiplices, non 

tamen sensu; quaedam enim sunt universales multiplices quae in uno 

sensu sunt universales et in alio particulares vel singulares existentes [...] ». 

Se affermativa, tale proposizione significa i suoi sensus in disgiunzione; se 

negativa, in modo opposto, e quindi in congiunzione (ivi). 


16 Ivi: «Patet igitur quod quaelibet particularis affirmativa multiplex, 

et etiam negativa quae in quolibet suo sensu est particularis, suos sensus 

disiunctive significat », e: « Nam ad hoc quod verificetur particularis aliqua 

sufficit quod verificetur aliquis eius sensus ». 


17 Ivi: «Consimiliter etiam de singularibus est dicendum pro parte 

[...]. Negativa autem singularem (!) singulari affirmative disiuctive significanti 

[segue vuoto di circa sci lettere] copulative significare suppono ». 


18 Ivi, f. 253ra: «Consimilis etiam responsio est ad propositiones 

hypotheticas multiplices, ut sunt propositiones de disiuncto et de copulato 

extremo, copulativae, disiunctivae, temporales, conditionales: non potest 

esse (una) responsio. Unde primo est sciendum quod quaelibet affirmativa 



496 Alfonso Maierùà 



copulativa !. Sia data la proposizione 


[1] « tantum Socrates est homo et aliquod istorum et plures 

homines sunt »; 


essa può essere intesa come composta di due proposizioni, delle 


quali una risulti una proposizione de copulato extremo. Gli ele- 


menti che possono essere presi in considerazione sono perciò i se- 


guenti: 


[2] « tantum Socrates est homo »; 


[3] « aliquod istorum et plures homines sunt »; 


[4] «tantum Socrates est homo et aliquod istorum »; 


[5] « plures homines sunt ». 


La [3] e la [4] sono proposizioni de copulato extremo, cia- 

scuna delle quali ha in comune con l’altra l'elemento « aliquod 

istorum » (l’extremzuze copulato è il soggetto nella [3], il predi- 

cato nella [4]). I sersus della [1] possono essere dati indif- 

ferenter dalla congiunzione della [2] e della [3], o dalla con- 

giunzione della [4] e della [5]. Poiché non si ha motivo di 

preferire una congiunzione di sersus all’altra, la [1] signifi- 

cherà i suoi sersus mediante una disgiunzione, il cui primo 



multiplex et hypothetica quae est particularis, indefinita vel singularis ut 

praemissum est, suos sensus disiunctive significat. Unde et ista: ‘potest esse 

quod potest esse quod rex sedet et nullus rex sedet [...]». Si noti che 

l’autore include le proposizioni de copulato extremo tra le ipotetiche; 

l’esempio addotto è quindi una proposizione de copulato extremo, propria- 

mente categorica (del resto, non avrebbero altrimenti senso le indicazioni 

circa la quantità della ‘ipotetica’). Negata, la proposizione in esame significa 

i suoi ‘sensi’ oppositis modis copulative (ivi). La conclusione di questa 

discussione è: «Idem etiam de propositionibus multiplicibus de disiunctis 

extremis et affirmativis» (ivi). 


19 Ivi, sotto: «Pro copulativis est tunc sciendum ex suarum partium 

principalium captione solum significans copulative, sive utraque eius pars 

copulative sive utraque disiunctive, sive una eius pars disiunctive et alia 

copulative significet illis duobus modis quibus et istae partes significant 

copulative, et cuiuslibet talis contradictorium oppositis modis quibus istae 

partes significant disiunctive significabit ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 497 



membro sarà la congiunzione della [2] e della [3] e il secondo 

membro sarà la congiunzione della [4] e della [5] ?°. 


Anche nel caso della proposizione 

[6] « Socrates currit vel Plato currit et Socrates non curtrit », 

si possono avere interpretazioni diverse: la si può cioè intendere 

come una congiunzione di proposizioni, formata da 

[7] « Socrates currit vel Plato currit », e da 

[8] « Socrates non curtrit », 

oppure come una disgiunzione di proposizioni formata da 

[9] « Socrates currit », e da 

[10] « Plato currit et Socrates non cutrit ». 


Poiché l’una o l’altra interpretazione si addice a simili propo- 

sizioni (« indifferenter copulativae vel disiunctivae possunt esse »), 

i sensus della [7] saranno espressi da una disgiunzione, di cui 

un membro sarà una congiunzione e l’altro ancora una disgiun- 

zione . La negazione premessa alla disgiunzione dei sensus della 

[7] (e così della [1]) darà luogo a una congiunzione di proposi- 

zioni negative 2. 


Heytesbury esamina ancora proposizioni il cui dictum può 

essere inteso multipliciter®, proposizioni che hanno vari sersus 

in funzione di un pronome relativo in esse presente che può 

riferirsi a due diversi antecedentes”, e conclude la discussione 



20 Ivi, f. 253ra-b; le [1]-[5] sono indicate da Heytesbury con le lettere 

dalla « alla e; l’analisi è già nel testo, dunque. 


21 Ivi, f. 253rb. 


2 Ivi: «Ex quo satis patet eius contradictorium istis duobus modis 

significare copulative ». 


3 Ivi: «[...] est sciendum quod sunt quaedam propositiones multi- 

plices quarum est dictum multiplex, a quibus ad suum dictum arguendo 

fallit processus [...]»; esempio è: «non scis propositionem falsam esse 

propositionem veram vel propositionem falsam sciri a te ». 


2 Ivi, f. 253rb-va; esempio è: «aliquid differt ab animali quod non 

differt ab animali»: antecedens del relativo quod può essere sia animal 

sia aliquid; esso significa disiunctive (causae veritatis). 



32 



498 Alfonso Maierù 



con un'analisi dei sersus delle proposizioni comprendenti una 

condizionale ®. 



25 Ivi, f. 253va-b. Sono di vario genere (ivi, f. 253va): « Quaedam tamen 

sunt conditionales quae indifferenter copulativae vel conditionales, et 

quaedam disiunctivae vel conditionales, possunt esse ». In entrambi i casi 

significano i loro sensus disiunctive, mentre le contradicentes significano 

i loro sensus copulative. 



VII 



SENSUS COMPOSITUS, SENSUS DIVISUS 



1. Accezioni di «compositio », « compositus » e « divisio », 

« divisus » 



I termini compositio e divisio rendono gli equivalenti greci 

oivdeois e Sraipeote occorrenti nelle opere aristoteliche !, princi- 

palmente in due contesti: quello del De interpretatione, dove, 

a proposito dell’enunciato, che risulta di più termini, si dice che 

la verità e la falsità sono attinenti alla comzpositio, o affermazione 

di un termine dell’altro, e alla divisio, 0 separazione di un termi- 

ne dall’altro 2; e quello del De sopbisticis elenchis, dove si parla 

delle ‘fallacie’ secundum compositionem e secundum divisionem*. 


In questo capitolo ci soffermeremo sulla seconda delle dot- 

trine aristoteliche, ma non è inutile un rapido esame preliminare 

dei valori che i due termini e i corrispondenti aggettivi assumono 



1 Non ci occupiamo della Suxipeoig platonica (cfr. ad es. Phaedr. 

266b 4). Per i valori degli stessi termini in retorica, cfr. LAUSBERG, op. cif., 

pp. 667 e 690-691. 


2 De interpr. 1, 16a 12; cfr. transl. Boethii, « Aristoteles latinus », 

II, 1-2, cit., p. 5: «circa compositionem enim et divisionem est falsitas 

veritasque »; cfr. anche 6, 17a 25-26, transl. Boethii, ivi, p. 9: « Adfirmatio 

vero est enuntiatio alicuius de aliquo, negatio vero enuntiatio alicuius ab 

aliquo », e Metaph. VI 4, 1027b 19 sgg. e XI 11, 1067b 26; in part. per 

obvieowe cfr. Top. VI 13, 150b 22 e 14, 151a 20.31. 


4 Cft..6.2; 



500 Alfonso Maierùà 



nei testi logici. Dei due termini, compositio è privilegiato rispetto 

all’altro, per il maggior numero di accezioni con le quali occorre. 


Nel suo Tractatus syncategorematum Pietro Ispano fornisce 

una sistematica esposizione dei vari modi in cui può essere inteso 

il termine compositio *. Compositio può essere rerum o modorum 

significandi: compositio rerum è quella della forma con la ma- 

teria, dell’accidente con il suo subiectum, delle facoltà con l’essen- 

za (potenze dell’anima con l’anima), delle parti integrali tra loro 

in un tutto (nella linea, le parti della linea rispetto al punto e della 

superficie rispetto alla linea), della differenza con il genere nella 

costituzione della specie 5. La corzpositio modorum significandi 

può essere o di una qualità con la sostanza, espressa dal nome $, 

o di un atto con la sostanza ed è espressa dal verbo”. La compo- 

sitio di un atto con la sostanza può essere duplice: si può inten- 

dere l’atto in quanto « habet inclinationem ad substantiam, secun- 

dum quam inclinationem dicitur de altero », cioè in quanto l’atto 

è considerato « ut distans », ed è il verbo di modo finito; ma può 

intendersi l’atto « unitus » alla sostanza, in quanto « privatus ista 

inclinatione, et sic est in participio » ®. La « compositio actus ut 

distantis » è ancora duplice: può essere in rapporto con una 

« substantia exterior », come nel caso della proposizione « Socrates 



4 Cfr. op. cit., pp. 483 sgg. Ma si veda anche la traduzione inglese di 

J.P. Mullally (PETER OF SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., pp. 17 

sgg.). Si confronti quanto dice Pietto Ispano con la triplice distinzione di 

compositio (rei, intellectus, sermonis) di Dialectica Monacensis, cit., p. 569. 


5 PetrI HIsPANI, Tractatus syncategorematum, cit., p. 484B. Per la com- 

posizione degli accidenti con il subiectum, si veda il Liber sex princi- 

piorum, cit., p. 35: «Forma vero est compositioni contingens, simplici 

et invariabili essentia consistens. Compositio etenim non est, quoniam a 

natura compositionis seiungitur [...] ». 


6 PerrI HISPANI, op. cit., p. 484B. 


7 Ivi, p. 484C. 


8 Ivi, p. 485F. 



Terminologia logica della tarda scolastica 501 



currit »°, o può essere in rapporto con una « substantia intra », 





quando il soggetto è sottinteso, come nel caso di « currit » !°. 


In tutti questi casi, si può dire che il concetto di compositio, 

in quanto fa riferimento agli elementi di cui esprime un rapporto, 

rientra nella categoria di relazione !!. Opposta alla composizione 

è la negatio !?. Particolarmente importante è la « compositio actus 

ut distantis » perché sta alla base del costituirsi della proposi- 

zione 5. Il caso più semplice è quello del verbo est: esso « consi- 

gnificat compositionem », ma poiché rispetto agli altri verbi esso 

è natura prius giacché « in eis intelligitur » !, tutto quello che di 

esso si dice vale per gli altri verbi. Alla radice di questa interpre- 

tazione sta un passo già ricordato di Aristotele 5, ampiamente 

sviluppato dalla grammatica speculativa !. Che il verbo est, e 



9 Ivi, p. 491D. 


10 Cfr. ivi, e p. 486D: «Quod autem in verbo fit compositio actus ut 

distantis, patet per hoc quod actus significatus per verbum semper significatut 

ut de altero; cum nam dico “‘cutrit’, oportet intelligere substantiam determi- 

natam, de qua dicatur ‘curtit’, ut praedicatum de subiecto ». 


11 Si veda ivi, p. 484A: «Sciendum ergo quod compositio ad aliquid 

est, quia compositio est compositorum, et compositio et composita sunt 

compositione composita quare compositio in praedicamento relationis erit ». 

Cfr. anche H. Roos, Das Sophisma des Boetius von Dacien « Omnis homo 

de necessitate est animal» in doppelter Redaktion, « Classica et Mediae- 

valia », XXIII (1962): la « necessitas habitudinis terminorum » (p. 190) non 

è altro che « necessitas compositionis » (pp. 191-192). 


12 Perri HisPANI op. cit, p. 490D: «Cum secundum diversitatem 

compositionis (ex compositionem) diversificetur negatio, ideo post composi- 

tionem, dicendum est de negatione »; ma cfr. L.M. DE Rjk, On the Genuine 

Text of Peter of Spain's «Summule logicales», II, cit, p. 89: «natura 

divisionis non potest cognosci nisi cognoscatur natura compositionis ». 


13 PerRI HISPANI, op. cit., pp. 487A sgg. 


14 Ivi, p. 483F. 


15 De interpr. 3, 16b 22-25 (cfr. cap. ILI, n. 8). 


16 Cfr. ad esempio Tommaso DI ERFURT, Gramzzatica speculativa, 

in J. Duns ScotI Opera omnia, I, cit., xxvii, $ 1, f. 59b: «[...] Verbum 

habet quendam modum significandi, qui vocatur corzpositio, de quo antiqui 



502 Alfonso Maierù 



quindi ogni altro verbo, significhi quella compositio che è rapporto 

fra due termini nella proposizione è dottrina comune; non altret- 

tanto comune è la dottrina che suo opposto sia la regatio. Si legga 



Guglielmo di Shyreswood: 



Sequitur de hac dictione ‘non’, et videtur quod debeat esse verbum 

quia significat divisionem et haec, ut videtur, opponitut compositioni 

denotatae per hoc verbum ‘est’, et sic debet esse verbum sicut et 

ipsum; contraria enim ejusdem sunt generis. Et dicendum quod haec 

ratio peccat dupliciter, tum quia haec dictio ‘non’ cum significet divi- 

sionem tantum — haec dictio ‘est’ non significat compositionem tan- 

tum ut dictum est prius et sic non significant contraria — tum etiam 

quia compositio denotata sive consignificata per hoc verbum ‘est’ non 

opponitur ei quod est ‘non’, quia compositio est modus significandi 

dependenter, ratione cujus exigit sibi nominativum et hoc est illud 

quo propositio est unum ex suis partibus. Cum autem huic consentit 



Grammatici mentionem expresse non fecerunt, quem tamen modum moderni 

Verbo attribuunt, moti ex dicto Philosophi I. Perihermenias, cap. 3. ubi 

dicit quod hoc Verbum est, significat quandam compositionem, quam sine 

extremis non est intelligere; et tamen hoc Verbum, est, in omni Verbo inclu- 

ditur, tanquam radix omnium, ideo compositio omni Verbo inhaeret, per 

quam Verbum distans a supposito, ad suppositum principaliter inclina 

tur [...]» (ma cfr. xviii, $ 10, f. 53b, dove l’autore, trattando della figura, 

afferma che essa « sumitur a proprietate rei » e che le proprietà comuni in 

rebus sono tre, « proprietas simplicis, proprietas compositi, et proprietas de- 

compositi », e continua: « Ab his tribus proprietatibus imponit Logicus tres 

voces, ad significandum scilicet Terminum, Propositionem, et Syllogismum, 

licet aliter sumatur simzplicitas, compositio, et decompositio in nomine figurae 

simplicis, compositae et decompositae, quam in Termino, Propositione, et 

Syllogismo. In Propositione enim et Syllogismo sumitut compositio secun- 

dum distantiam circa diversa significata diversarum vocum cadens. Sed in 

nomine compositae, et decompositae figurae, sumitur compositio secundum 

distantiam vocum circa idem significatum eiusdem dictionis cadens »). Cfr. 

anche Martino DI Dacia, Modi significandi, cit., nr. 112, p. 53: «Huic 

autem modo significandi essentiali generali iungitur alter modus significandi 

immediatior qui dicitur compositio, et ille complectitur ab omni verbo. Et est 

compositio modus significandi sive intelligendi uniens exttemum distans cum 

altero extremo »; R. BACcONE, Surzza gramatica, cit., p. 80. 



Terminologia logica della tarda scolastica 503 



anima, asserit et est affirmatio; cum autem dissentit, deasserit et est 

negatio. Est ergo compositio hujus verbi ‘est’ sicut subjectum affirma- 

tioni et negationi et opponitur negatio ejus quod est ‘non’ affirma- 

tioni et non compositioni, nisi affirmatio vocetur compositio, et hoc 

est aliud a compositione hujus verbi, ut dictum est !. 



In breve, la compositio è anteriore all’affermazione e alla nega- 

zione, e perciò la particella zor non si oppone a compositio; ma 

se si assume compositio nel senso di affirmatio, la negazione non 

vale divisio, e si ha una contrapposizione. L’equivalenza tra com- 

positio e affirmatio, divisio e negatio è affermata da Boezio !* ad 



I? Cfr. Syncategoremata, cit., pp. 71-72; ma cfr. anche p. 71: «Sed vi- 

detur adhuc quod quando ‘est’ est tertium adjacens, non sit ibi praedicatum, 

sed solum compositio [...] » (cfr. W. or SHERWwooD'°s Introduction to Logic, 

cit., p. 27, n. 25), e Introductiones in logicam, cit., p. 33: « Sed (sc. verbum) 

consignificat compositionem, quae est copula et omne aliud verbum sic con- 

significat per naturam illius ». Cfr. MARTINO DI DACIA, Quaestiones super 

librum Peribermeneias, in Opera, cit., q. 12 « Utrum eadem compositio in 

numero est in affirmativa et in negativa », pp. 246-247: « Ad quaestionem 

dico, quod certum est, quod quaestio nostra non est de compositione, quae 

est actio intellectus, qua componit unum cum altero. Nam talis compositio 

solum est in affirmativa. Sed tantummodo quaerit de illa compositione, quae 

est modus intelligendi et datus verbo pro modo significandi, et de tali dico, 

quod ipsa est eadem numero affirmativa et negativa [...] ». 


18 Cfr. In Arist. Periermenias, II ed., cit., p. 49: «Igitur quotiens 

huiusmodi fuerit compositio, quae secundum esse verbum vel substantiam 

constituat vel res coniungat, adfirmatio dicitur et in ea veri falsique natura 

perspicitur. et quoniam omnis negatio ad praedicationem constituitur [....] 

igitur quoniam id quod in adfirmatione secundum esse vel constitutum vel 

coniunctum fuerit ad id addita negatio separat, vel ipsam substantiae consti- 

tutionem vel etiam factam pet id quod dictum est esse aliquid coniunctio- 

nem, divisio vocatur». Ma già in Boezio è l’affermazione dall’anteriorità 

della compositio intellectuum (e conseguentemente verborum, che su quella 

si modella) rispetto all’affirmatio e alla negatio (ivi, p. 75): «Nunc vero 

quoniam in intellectibus iunctis veritas et falsitas ponitur, oratio vero opi- 

nionis atque intellectus passionumque animae interpres est: (quare) sine 

conpositione intellectuum verborumque veritas et falsitas non videtur 

existere. quocirca praeter aliquam conpositionem nulla adfirmatio vel ne- 



504 Alfonso Maierù 



Abelardo ”, da Occam® a Billingham® e Strode?, Burleigh, 

poi, afferma in generale che il sincategorema è « dispositio com- 

positionis » * e, in particolare, che i sincategoremi possono essere 

riferiti o alla « compositio materialis », cioè alla proposizione 

intesa materialiter (in quanto sta per se stessa), o alla « compo- 

sitio formalis », cioè alla proposizione assunta nella sua valenza 

significativa *. Ma si ricordi che tutta la discussione sulla propo- 

sizione modale verte sulla questione se il 7z0dus determini o non 

determini la compositio o l’inhaerentia costituente la proposi- 

zione #5. 


Se la compositio fonda la proposizione tanto che « omnis pro- 



gatio est » (cors. mio). 


19 Cfr. Introductiones dialecticae, cit., p. 75: « Compositionem vocat af- 

firmationem quia ostendit coniungi praedicatum subiecto. Divisionem vocat 

negationem quia dividit praedicatum a subiecto ». Ma come Boezio, anche 

AseLARDO ritiene che la compositio intellectuum sia anteriore all’affirmatio 

e alla negatio (Logica ‘Ingredientibu», cit., p. 358): «Sed tamen consigni- 

ficat (sc. ‘est’), id est cum aliis significat quandam comzpositionem, id est 

quendam compositum intellectum sive affirmativum sive negativum, et per 

compositionem tantum compositionem intellectus accipimus [...] » (cors. mio). 


% Cfr. Prooemium libri Periermenias (in Expositio aurea, cit.): « Nam in 

compositione et divisione est veritas vel falsitas » e «sine compositione et 

divisione, hoc est, sine affirmatione et negatione non sunt vera nec falsa ». 


2 Speculum..., cit., p. 338: «Terminus est in quem resolvitur propo- 

sitio, ut praedicatum et de quo praedicatur, apposito vel diviso esse vel non 

esse, id est in propositione affirmativa vel negativa [...] », e il ms. Venezia, 

Bibl. s. Marco, Z. lat. 277 (= 1728), f. 2r, espone (cit. ivi, p. 323): « com- 

posito vel diviso, esse vel non esse, idest in propositione negativa vel affir- 

mativa ». 


2 Cfr. Logica, cit., f. 13rb: « Et dicuntur sola verba significare cum tem- 

pore, quia ipsa sola sunt instrumenta quibus mediantibus [anima est] anima 

est apta pro certo tempore componere vel dividere, id est affirmare vel 

negare ». 


23 Cfr. De puritate artis logicae, cit., p. 221. 


2 Ivi, pp. 141, 224-225, 227, 235, ecc. 


25 Cfr. cap. V, $ 3: compositio e inbaerentia sono sinonimi per le Sumzze 

Metenses e Guglielmo di Shyreswood (n. 46). 



Terminologia logica della tarda scolastica 505 



positio est compositio » *, la proposizione composita però è la 

proposizione ipotetica: così per lo ps. Apuleio ”, per Ars Me- 

liduna*, per Averroè ?, per Alberto Magno 


Un'altra accezione meno stretta di compositio è quella che 

denota l’unione di più voces costituenti un’oratio, non necessa- 

riamente una enuntiatio o propositio 8; in tal caso il termine è 

equivalente del boeziano comzplexio ®, e terminus compositus sta 

a designare anche l’unione di nome e aggettivo #. Ma compositio 



2% L.M. De Rijk, On the Genuine Text of Peter of Spain's « Summule 

logicales », III, cit., p. 46 (è il commento a Pietro Ispano di Robertus 

Anglicus). 


2 Cfr. Peribermeneias, cit., 2, p. 177 (v. cap. V, n. 26); cfr. SULLIVAN, 

Apuleian Logic, cit., pp. 24-30. 


28 Op. cit., p. 352: « Deinceps ad compositas ypotheticas transeamus. 

Compositarum, prout hic accipitur ‘composita’, quatuor sunt genera ». 


2 Cfr. AristoTELIS Opera cum AverROIS commentariis, I, i, Venetiis 

1562 (ed. anastatica Frankfurt a. M. 1962), De interpretatione I, 721: « Ora- 

tio [...] est vel simplex vel composita [...]. Composita vero est, quae ex 

duabus constat orationibus simplicibus ». 


3 Liber I Peribermeneias, in Opera, I, cit., p. 410b: enuntiatio simplex- 

composita o hypothetica. 


3 Cfr. PETER or SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., p. 20 (pro- 

posizione imperfetta). 


32 Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 169A: «Sine complexione enim di- 

cuntur quaecunque secundum simplicem sonum nominis proferuntur, ut 

homo, equus: his enim extra nihil adjunctum est. Secundum complexionem 

dicuntur quaecunque aliqua conjunctione copulantur, ut aut Socrates aut 

Plato, vel quaecunque secundum aliquod accidens conjunguntur »; e 181A 

(il testo è nella n. 6, cap. III). Si noti però che cormzplexio vale anche 

conclusio e ‘dilemma’ in Cicerone (cfr. KNEALE, op. cit., p. 178). 


3 BrLLincHAM, Speculum..., cit., p. 351: « Sic cum terminis compositis, 

ut ‘homo albus currit: hoc cutrit et hoc est homo albus, igitur etc.’ »; il 

termine compositus nell'esempio è homo albus. Cfr. Pretro DI MANTOVA, 

Logica, cit., f. [66vb]: «nomen compositum » è « vox incomplexa » risul- 

tante di più parti: « Verumtamen quia consuevimus scire quid vocabulum 

significaret extra compositionem, cum veniunt duo vocabula in compositione, 

vocabulum illud resultans dicimus significare aut connotare illud quod istae 

duae dictiones significant per se sumptae antequam intrarent compositionem » 



506 Alfonso Maierù 



designa anche l’unione di termini significativi nella proposizione 

o nel periodo #. 


Un’accezione più tecnica di compositio, ma poco diffusa, è 

quella che denota il procedimento logico della probatio quando si 

procede dai termini superiori: così in Billingham *, e forse i 

precedenti sono da rintracciare nei Tractatus Anagnini* e nelle 

Summulae di Pietro Ispano ”. 


Nella dottrina della conoscenza (in particolare del giudizio), 

compositio si oppone a resolutio e designa o, platonicamente, il 

processo dal molteplice all’unità oppure, aristotelicamente, il pro- 

cesso dal semplice al complesso *. 



(esempio può essere respublica); invece, nota il Mantovano (ivi, f. [65ra]): 

« quilibet conceptus mentalis est simplex, ita quod nulla est pars orationis 

in mente quae sit composita, quia tunc partes orationis significarent sepa- 

rate ». HevrEsBury, De sensu composito et diviso, cit., f. 3a-b, ha terminus 

aggregatus (es. « duo homines »). 


* HevTesBury, De scire et dubitare, cit., f. 14vb: «[...] et quod illa 

propositio significat praecise iuxta compositionem terminorum », e f. 15va: 

«[...] et quod haec propositio ‘hoc est homo? significat primo et principa- 

liter iuxta compositionem terminorum »; STRODE, Conseguentiae, cit., f. 32ra: 

« Sed omnes istae regulae debent intelligi generaliter cum significant praecise 

ex compositione suarum partium primarie praecise significantium ». 


35 Cfr. cap. VI, n. 55. 


3% Tractatus Anagnini, cit., p. 225: «Contra hoc quidam dicunt: illud 

quod est superius cognitione, etiam fit pars in constitutione inferioris, perhi- 

bentes speciem constate ex genere et substantialibus differentiis. Hoc verbo 

quidem simplices abducti dicebant genus esse quasi materiam, differentias 

vero quasi formas ex quibus iunctis constitueretur species. Sed dicit Magister 

Adam: “omne significatum dictione est simplex et incompositum”; et dicit 

‘componitur’, idest diffinitur, ‘constitutio’ pro diffinitio, ‘constitutio specie? 

pro diffinitio speciei [....] ». 


# Op. cit., 6. 16, p. 62: «Item, compositio illa, secundum quam redu- 

cuntur inferiora ad sua superiora, opposita est illi compositioni, secundum 

quam superius reducitur ad sua inferiora »; il procedimento, caratterizzato 

da Billingham come compositio, è il primo, se per reducere si intende ‘ricon- 

dutre’, ‘riportare’ logicamente. 


3 Cfr. GarceAU, « Iudicium »..., cit., pp. 268-269; cfr. n. 5 al cap. VI 



Terminologia logica della tarda scolastica 507 



Per quanto riguarda, infine, la terminologia impiegata nella 

trattazione del senso composto e del senso diviso, notiamo che 

vengono usate le seguenti espressioni: fallacia compositionis - 

fallacia divisionis, o semplicemente compositio (o coniunctio)- 

divisio; sensus compositionis - sensus divisionis; sensus compositus- 

sensus divisus®. 



2. Aristotele 



Le fallaciae del ‘senso composto’ e del ‘senso diviso’ sono 

illustrate da Aristotele negli Elenchi sofistici, ai capitoli 4° e 

20 #!. Incluse tra gli errori dipendenti dal linguaggio usato (rapà 

TÙv Mew, secundum locutionem, o dictionem) esse sono stretta. 

mente connesse, tanto da rappresentare l’una il reciproco dell’altra. 

Infatti, si ha fallacia in senso composto quando si congiungono 

termini che vanno tenuti divisi, e si ha fallaci in senso diviso 

quando si dividono termini che vanno presi in congiunzione tra 

loro. Perciò, nel corso del capitolo 20, Aristotele  sugge 



39 La schedatura del De sensu composito et diviso di HevresBurY ha 

dato i seguenti risultati: oltre a sensus compositus e sensus divisus, l’autore 

usa, per designare senso composto e senso diviso: compositio e divisio (ivi, 

ff. 2ra, 2rb tre volte, 3va, 4ra), fallacia compositionis et divisionis (f. 3ra-b) 

e ancora: «sensus divisus significat divise » (f. 2vb), « diversitas compo- 

nendi vel dividendi » (f. 2ta), « componere vel dividere » (f. 3rb); usa inoltre 

compositio per indicare l’unione di più termini che segua un altro termine, 

ad esempio possibile (f. 2rb, 2va tre volte); «simplex compositio » — 

« duplex compositio » (f. 3rb). Per le occorrenze nelle Regulae, cfr. n. 147. 


4 De soph. el. 4, 165b 26 e 166 a 23-38. 


41 Ivi 20, 177a 33-b 34. . 


4 Ivi, 177a 34-35; transl. Boethii (rivista in base alle indicazioni fornitemi 

da L. Minio-Paluello con lettera del 23.12.71) in Boezio, Elenchorum sophi- 

sticorum Aristotelis interpretatio, P. L. 64, 1029C (si tratta della traduzione 

boeziana elaborata sul greco dal Lefèvre d’Etaples): « Manifestum autem et 

eas, quae propter compositionem et divisionem, quomodo solvendum, nam 



508 Alfonso Maierù 



risce di assumere in congiunzione i termini che, intesi divisi, 

dànno luogo alla fa/lacia in senso diviso e, viceversa, di assumere 

divisi i termini che, congiunti, dànno luogo alla fa/lacia in senso 

composto. I medievali hanno poi fatto propria la raccomandazione 

aristotelica: ripetono spesso «ubi peccat compositio, ibi solvit 

divisio », e viceversa ‘, e trattano insieme le due fallaciae come due 

complementari possibilità di errore. Gli esempi con i quali Ari- 

stotele dà una prima illustrazione del senso composto sono: a) 

« possibile est sedentem ambulare, et non scribentem scribere »; 

b) « discit nunc litteras, si quis didicit quas scit »; c) « quod unum 

solum potest ferre, plura potest ferre » *. È evidente che l’errore 



si divisa et composita oratio aliud significat cum concluditur, contratium 

dicendum »; ma v. anche De sopb. el. 23, 179a 11-14; transl. Boethii in 

Boezio, op. cit., 1032B. 


4 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cit., p. 246: « Conpo- 

sitio est solvenda per divisionem, et divisio per conpositionem »; Fallacie 

Parvipontane, cit., p. 576: « Ubi enim fallit divisio, ibi solvit compositio, et 

econverso »; Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 277: «Iuxta quod dicit Ari- 

stoteles, ubi fallit compositio, ibi soluit divisio, et e converso » e «ad haec 

omnia docet Aristoteles simul soluere, scilicet ut si concludatur divisim, di- 

cendum est quoniam coniunctim concessum fuit, et e converso »; Ps. BACONE, 

Sumule dialectices, cit., p. 342: «Nemo enim debet dubitare quin fal- 

lacia composicionis decurrat super hanc maximam, ‘si conjunetim ergo 

divisim’, divisio super hanc maximam, ‘si divisim ergo conjunctim’; ergo (in) 

fallacia composicionis conceditur composicio et probatur divisio, et in fallacia 

divisionis e contrario »; ALBERTO M., Liber I Elenchorum, in Opera, IL, cit., 

p. 547b: « Adhuc autem notandum, quod licet semper simul sint compositio 

et divisio in oratione quantum ad hoc quod si compositio fallit, divisio solvit, 

et e converso [...]»; ALBERTO DI Sassonia, Logica, cit., V, 4, f. 40rb: 

«omnis syllogismus peccans per fallaciam compositionis solvitur pet divi- 

sionem et e converso »; BILLINGHAM, De sensu composito et diviso, in Spe- 

culum..., cit., p. 387, ma cfr. n. 97. 


% De sopb. el. 4, 166a 23-32; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1010D- 

1011A. Teniamo presente anche le osservazioni di G. CoLLI, in ARISTOTELE, 

Organon, trad. it. e note, Torino 1955, pp. 1008 sgg. Per il terzo esempio, il 

Colli rinvia a PLaToNE, Euthyd., 294A. 



Terminologia logica della tarda scolastica 509 



nasce in tutti i casi dal porre in congiunzione termini che vanno 

presi separatamente: la prima proposizione va intesa così: ‘chi 

sta seduto può camminare, chi non scrive può scrivere’, mentre, 

assumendo congiunti i termini sedentem-ambulare, scribentem- 

scribere, si cade in errore; la seconda va interpretata: ‘intende le 

lettere, giacché ha imparato ciò che ora conosce’ e non: ‘intende 

le lettere, giacché ha ora imparato ciò che conosce’, congiungendo 

didicit-nunc; la terza: ‘chi può portare un solo oggetto, può 

portarne più’ uno per volta, non contemporaneamente. 


Gli esempi che Aristotele utilizza per il senso diviso sono: a) 

« quod quinque sunt duo et tria, paria et imparia, et quod majus 

aequale, tantumdem enim est majus et adhuc amplius »; b) « ego 

posui te servum entem liberum »; c) « quinquaginta virum centum 

heros liquit Achilles » 4. In questo caso, gli enunciati vanno così 

interpretati. Il primo: 5 è uguale a 2 e 3, e il 2 e il 3 sono rispet- 

tivamente pari e dispari; non è vero che 5 è uguale a 2 e 5 è 

uguale a 3 (separatamente) e quindi che 5 è insieme pari e dispari; 

né è vero che qualcosa è maggiore ed uguale a qualcos'altro, che 

seguirebbe se si ritenesse che 5 è uguale a 3 e che 5 è uguale a 2 

(mentre è maggiore di entrambi) per il fatto che 5 è uguale a 3 

e a 2. Il secondo: ‘io ho fatto di te che eri schiavo un uomo libero”, 

mentre non è corretto intendere (separatamente) ‘io ti ho fatto 

schiavo e io ti ho fatto libero’. Il terzo: ‘di cento uomini il divino 

Achille lasciò cinquanta’, ma non separando la parola virum da 

centum e congiungendola a quinquaginta. 


Nel capitolo 6, poi, dove tutte le fallacie sono ricondotte 

all’« ignoratio elenchi » ‘, Aristotele afferma che composizione e 

divisione derivano dal fatto che il discorso, nonostante l’appa- 



4 De sopb. el. 4, 166a 33-38; transl. Boethii in BoEzio, op. cit., 1011A; 

il secondo esempio, che ha riscontro in TERENZIO, Andria (v. 37: «Scis: feci 

ex seruo ut esse libertus inihi »), probabilmente deriva da una commedia 

greca; il terzo, forse da un poema perduto. 


4 De sopb. el. 6, 168a 17-20. 



510 Alfonso Maierù 



renza, non è lo stesso se inteso in un modo o nell’altro, e perciò 

i due sensi vanno distinti alla ricerca di quello corretto ”, 



Infine, nel capitolo 20, dove mostra la soluzione da dare a 

questo tipo di fallacia, Aristotele dà un altro buon numero di 

esempi di enunciati, nei quali l’interpretazione in un senso o nel- 

l’altro conferisce al tutto un valore diverso. Ricordiamo tre di essi 

che hanno avuto una certa fortuna nel medioevo. Il primo: 

« Putasne quo vidisti tu hunc percussum, illo petcussus est hic? 

et quo percussus est, illo tu vidisti? », donde appare la differenza 

tra il dire « videre oculis percussum » e il dire « oculis percussum 

videre » (‘vedere, con gli occhi, colui che è percosso’ e ‘vedere, 

colui che è percosso con gli occhi’): esso avrà fortuna nel secolo 

XIII, in concorrenza con il secondo esempio del senso composto 

sopra riportato. 



Il secondo è: « Putasne malum sutorem bonum esse? sit 

autem quis bonus, sutor malus, quare sutor malus » ® e mostra 

la difficoltà che nasce dal fatto che attributi opposti sono con- 

giunti con lo stesso nome; il calzolaio, buon uomo e cattivo arti- 

giano, non può essere ciabattino buono e cattivo insieme. 


Il terzo esempio è: « Putasne ut potes, et quae potes, sic et 

ipsa facies? non citharizans autem habes potestatem citharizandi, 



47 Ivi, 168a 26-28; cfr. anche 7, 169a 25-26. 

nei 20, 177a 36-38 e b11; transl. Boethii in Borzio, op. cit., 1029D- 


# Ivi, 177b 14-15; transl. Boethii in BorzIo, op. cif., 1030A. L’esempio 

occorre anche in De inferpr. 11, 20b 35-36, dove si discute della liceità di 

affermare « unum de plutibus vel plura de uno » e quindi di operare un’in- 

ferenza valida da due proposizioni in congiunzione tra loro con predicati 

differenti e identico soggetto (ma è da notare che la transl. Boethii, « Ari- 

stoteles latinus », II, 1-2, cit., p. 24, ha citharoedus dove Aristotele ha 

oxvTEÙS) a una proposizione con soggetto immutato e predicati in congiun- 

zione tra loro. 



fa 



Terminologia logica della tarda scolastica 511 



citharizabis igitur non citharizans » 9; esso si ricollega al primo 

degli esempi del senso composto sopra ricordato. 


La dottrina di Aristotele, per quanto riguarda il nostro argo- 

mento, è tutta qui. Un contributo potrebbe ticavarsi dalla discus- 

sione dei sillogismi modali a premesse in senso composto o in senso 

diviso, ma le due pagine della logica aristotelica non sono acco- 

stabili immediatamente 5. Per l’una, come per l’altra, saranno 

i maestri medievali a fornire analisi più precise e puntuali. 



3. Da Boezio alla fine del sec. XII 



La prima patte della Logica modernorum di De Rijk è, 

come s'è detto, uno studio sulla dottrina dei sofismi nel medioevo 

fino al secolo XII incluso. I risultati cui l’autore è giunto sono i 

seguenti: a) la prima fonte per la dottrina dei sofismi nell’alto 

medioevo è Boezio, che ne fornisce alcuni elementi nel secondo 

commento al De interpretatione © e nell’Introductio ad syllogismos 

categoricos *. Ma tra i sofismi esaminati da Boezio in questi testi 

non figurano quelli secondo la composizione e la divisione *; 



50 De soph. el. 20, 177b 22-25; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1030A. 


51 Cfr. BocHENSKI, La logigue de Théophraste, cit., che registra a p. 136 

(« Index des termes techniques grecs ») solo Statpeote, che però occorre, alle 

pp. 63 sg. e 114, a proposito della ‘scala ontologica’ platonica, dalla quale 

trae origine il sillogismo aristotelico, e del rapporto tra i termini di questo. 


52 In Arist. Periermenias, II ed., cit., pp. 129-134, cit. in De Rgk, Logica 

modernorum, I, cit., pp. 25-27; le fallaciae ricordate sono quelle secundum 

aequivocationem, secundum univocationem, secundum diversam partem, se- 

cundum diversum relatum, secundum diversum tempus, secundum diversum 

modum: cfr. ivi, pp. 27-28. 


5 Op. cit., 778B-780A e 803B-D; cfr. DE Rik, op. cit., I, pp. 4041. 


5 Cfr. il prospetto in cui sono confrontati i risultati raccolti dai due testi 

boeziani in De Rik, op. cit., I, pp. 42-43. Ma cfr. Frustula logicalia, cit, 

p. 616: «Queritur cur Boetius non enumeravit divisionem et coniunctionem 

et amphiboliam, que magis proprie impediunt propositionum dividentiam 



512 Alfonso Maierù 



b) sulla traccia di Boezio si muovono le varie Glosule in Periber- 

meneias fino ad Abelardo 5; c) il primo cenno in Abelardo al 

sensus per divisionem e al sensus per compositionem quale indicato 

dagli Elenchi sofistici è nella Logica ‘Ingredientibus’, a proposito 

delle modali: la modale in senso composto è modale de Sensu, 

la modale in senso diviso è modale de re *; d) Adamo Parvipontano 

nell’Ars disserendi enumera i sofismi ex coniunctione ed ex disiunc- 

tione, corrispondenti al senso composto e al senso diviso di Aristo- 

tele”, segno di una più decisa penetrazione degli Elenchi sofistici 

nelle scuole medievali. 


Ma è con i primi commenti agli Elenchi sofistici prodotti dalla 

scuola di Alberico di Parigi e poi con i commenti dei Parvipon- 

tani che si hanno le prime esposizioni sistematiche del senso com- 

posto e del senso diviso, tanto che esse penetrano anche nelle 

esposizioni del De interpretatione, là dove Boezio aveva intro- 

dotto le fallaciae 8. 



Noi cercheremo di ripercorrere brevemente il cammino della 

dottrina utilizzando i testi editi dal De Rijk. 



Le Glose in Aristotilis Sophisticos elencos dànno un’analisi 

abbastanza elementare del testo aristotelico, e riferiscono opinioni 

di maestri precedenti. La conpositio è definita « [....] proprietas 

orationis secundum quam ea que divisim data sunt, coniunctim 

accipiuntur, ut ‘iste veronensis valet bunc panem et hunc, ergo 

vale duos panes’. Non sequitur, quia datum est istum veronensem 



quam que enumerat ». Cfr. n. 58. 


55 Cfr. De Rijx, op. cit., I, pp. 44-48. 


$ Op. cit., p. 489, e Glosse super Periermenias..., cit., p. 13; cfr. De Rijk, 

op. cit., I, pp. 57 sgg., dove si discute della conoscenza che Abelardo aveva 

degli Elenchi sofistici. 


5 Op. cit., pp. 63 e 65; cfr. De Ru, op. cit., I, pp. 72 sgg. 


5 Cfr. Frustula logicalia, cit., p. 613, pp. 616 sg. (cfr. n. 54) e p. 619: 

« Videntur tamen quedam esse que impediunt contradictionem, que Boetius 

non ponit, scilicet divisio, compositio, accentus, amphibologia ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 513 



valere hunc et hunc panem divisim, sed non coniunctim » 9. Ciò 

che distingue la compositio e la divisio è questo: quando la 

seconda è vera e la prima è falsa, si ha il sophismza conpositionis, 

quando la conpositio è vera e la divisio è falsa, si ha il sophisma 

divisionis®. I modi o le specie di composizione sono tre, per il 

nostto testo: « quandoque conponimus plura uni, ut ‘iste vero- 

nensis valet bunc et bunc pane; quandoque unum pluribus, ut 

‘Socrates et Plato habet unum caput’; quandoque plura inter se, 

ut ‘possibile est album esse nigrum’ vel ‘hic et hic veronensis 

valet istum et istum panem’ »®®. 


Nel testo si introduce una distinzione importante: senso 

composto (corpositio) e senso diviso (divisio) possono avere oti- 

gine in voce, cioè nella struttura linguistica della frase, o secur- 

dum intellectum, cioè nella diversa intelligenza della frase stessa °°. 

Apprendiamo che Maestro Giacomo Veneto riteneva che oggetto 

dell’analisi del logico sia la struttura della frase ® giacché il logico 

in essa individua le difficoltà o deficienze che dànno luogo ai 

sofismi. 


Un esempio di questo modo di considerare il senso composto 

e il senso diviso può essere il seguente, relativo al senso compo- 

sito: « ‘omne non-scribens potest scribere, sed Socrates est non- 

scribens, ergo potest scribere, ergo Socrates scribit’ » dove « datum 

est Socratem scribere cum potentia (sc. potest scribere) et postea 

divisum est a potentia, cum intulit: ‘ergo Socrates scribi » *. 



5 Op. cit., p. 209. 


9 Ivi. 


s Ivi. 


6 Ivi, p. 246 (a De sopb. el. 20, 177b1): « Due sunt species divisionis et 

conpositionis, (una) secundum intellectum, et altera secundum vocem ». 


6 Ivi, p. 209: « Magister vero Iacobus dicit conpositionem et divisionem 

tantum esse in voce, et non secundum intellectum. Est autem conpositio 

secundum ipsum quando aliguid conponitur cum aliquo et postea accipitur 

divisim et seorsum ». 


# Ivi. 



33 



514 Alfonso Maierù 



Il nostro autore, per la verità, almeno in due luoghi riconosce 

che Aristotele tratta della corpositio e della divisio « secundum 

vocem », e sottolinea il primato dell’oratio che esprime l’intel- 

lectus ©. Questi rilievi sono importanti perché permettono di no- 

tare come i maestri medievali mirassero a trasferire sul piano lin- 

guistico il discorso sui sofismi, in modo da trovate su questo piano 

accorgimenti formali atti a evitare errori. 



Un altro testo, quasi contemporaneo alle Glose, cioè la Surzzza 

Sophisticorum elencorum, critica questa tesi e il tipo di analisi 

in vocibus o in sermonibus o în terminis % e sostiene che il so- 

fisma in senso composto (compositionis) o in senso diviso (divi 

sionis) ha origine in intellectibus, nel fatto cioè che una propo- 

sizione si presta ad essere interpretata secondo diversi punti di 

vista. Si richiama l’attenzione, ad esempio, sulla proposizione 

« possibile est sanum esse egrum », la quale, intesa in senso 

diviso, è vera, in senso composto è falsa, senza che la diversa 

considerazione implichi modificazioni nella struttura linguistica 



65 Ivi, p. 222 (a De sopb. el. 6, 168a 26): « Ad quod dicendum quod Ari- 

stotiles loquitur hic de conpositione et divisione que fit secundum vocem et 

non secundum intellectum. Et conpositio et divisio secundum intellectur 

continetur sub oratione, quia oratio continet amphibologiam et conpositionem 

et divisionem » (cors. mio), e p. 246 (a De soph. el. 20, 177b1; continua il testo 

cit. in n. 63): « Sed cum dicit Aristotiles: “quod est secundum divisionem, 

non est duplex”, tunc loquitur de divisione vocis, quia alia vox est divisa 

et alia conposita ». 


% Op. cit., p. 313: «Quidam enim dicunt quod hec conpositio fit in 

intellectibus; quidam alii dicunt quod tantum fit in vocibus [...]. Illi qui 

dicunt quod fit in sermonibus vel in vocibus [...]», e p. 314: «Et ideo 

sciendum est quod secundum illos qui dicunt sophisma conpositionis tantum 

esse in terminis [....]» (cors. mio). 


' Ivi, p. 315: «Hec autem sententia, scilicet quod compositio dicatut 

tantum in terminis, nobis non placet. Sed dicimus quod fallacia compositionis 

fit in intellectibus, et hoc videlicet quod plura significantur vel intelliguntur 

in aliqua oratione »; lo stesso vale per la divisio, pp. 317 sgg. 



Terminologia logica della tarda scolastica 515 



della frase ®. Lo stesso testo ammette, però, che i sostenitori 

della tesi opposta evitavano l’errore in senso composto o in 

senso diviso ricorrendo ad accorgimenti riguardanti la disposi- 

zione dei termini nell’enunciato ®. 


L’opposizione del nostro anonimo autore, in realtà, non vale 

a negare una linea di tendenza che riconosce nella constructio, 

nella ‘sintassi’, cioè nella diversa disposizione dei termini nel- 

l’enunciato, l’unica possibilità di fissare regole stabili per il rico- 

noscimento dell’un senso e dell’altro. Semmai, le sue critiche sotto- 

lineano la necessità di un’analisi approfondita, i cui risultati val- 

gano a fugare ogni dubbio °°. 



6 Ivi, p. 315. 


© Ivi, pp. 314-315: « Et ideo sciendum est quod secundum illos qui di- 

cunt sophismata conpositionis tantum esse in terminis, fit illa talis conpo- 

sitio duobus modis, aut scilicet quando prius coniungimus duas voces et 

postea separamus, scilicet cum relinquimus unam et concludimus aliam, ut 

superius diximus [è il caso di « potest scribere » nell’antecedente e « scribit » 

nella conclusione], aut quando prius aliquod adverbium iungimus cum aliquo 

verbo, postea illud idem iungimus cum alio verbo, ut in supradictis para- 

logismis patuit [è il caso, ad esempio, di « verum est nunc Socratem fuisse 

conclusum, ergo nunc verum est quod Socrates fuit conclusus »]. Et etiam 

sciendum est quod secundum istos nulla orationum predictarum est multiplex. 

Unde non est dividendum, sed dicendum quod alia est conposita et alia 

divisa. Ut in istis est: ‘veruzz est nunc Socratem fuisse percussum’, hec est 

composita: ‘ergo verum est quod Socrates fuit percussus nunc’, hec divisa ». 


70 Sulla scia della Summa, almeno per quanto ci riguarda, si muovono 

le Fallacie Vindobonenses, cit.: analoga è la caratterizzazione della fallacia 

in base all’intelligere (p. 508: «Fallacia compositionis est quando compo- 

sitio est falsa, et divisio vera, ut ‘omnia individua predicantur de uno solo’. 

Si velis intelligere coniunctim, falsum est. Si vero divisim, verum est, idest 

quod unumquodque individuum predicatur de uno solo. Fallacia divisionis 

est quando divisio est falsa et compositio vera, ut ‘duo et tria sunt quinque?. 

Si velis intelligere divisim, falsum est; si vero coniunctim, verum est»), 

come è analoga la distinzione dei paralogismi secundum habundantiam e 

secundum defectum (cfr. la Summa, cit., p. 320: « Item. Vel alii paralogismi 

qui fiunt secundum habundantiam et defectionem, de quibus dubium est sub 



516 Alfonso Maicrà 



Più interessante la trattazione della compositio e della divisio 

contenuta nelle Fallacie Parvipontane. Precisato che senso com- 

posto e senso diviso sono pertinenti alla substantia vocis, cioè alla 

ipsa vox, mentre accentus e figura dictionis spettano agli acci- 

dentia vocis, compositio e divisio sono così descritte: 



Compositio itaque est fallax coniunctio aliquorum que voce et 

intellectu dividi debelre)nt vel intellectu tantum. ‘Fallax coniunctio’ 

dicitur ideo quia nisi sit fallacia, non est compositio. Hoc enim nomen 

‘compositi’ prout hic sumitur, nomen fallacie est; ‘voce et intellectu 

ideo dicitur quia compositionum alia fit voce et intellectu, ut hec: 

‘possibile est album esse nigrum’, alia intellectu tantum, ut hec: 

‘ista navis potest ferre centum homines”. Divisio est fallax divisio ali- 

quorum que voce et intellectu coniungi deberent". 



Riteniamo che ciò che è detto di compositio valga anche di divisio, 

anche se non risulta esplicitamente dal testo. Compositio e divisio 

sono dunque i nomi delle fallacie, la prima delle quali è una 

congiunzione erronea, la seconda una divisione erronea di termini: 

congiunzione e divisione erronee che hanno la loto radice non 

solo nella vox ma anche in intellectu, o addirittura soltanto nel- 

l'intelletto ??; con ciò il testo assume una posizione media tra chi 



qua specie fallaciarum reducantur », e le Fa/lacie Vindobonenses, cit., p. 509: 

«Item fiunt paralogismi secundum compositionem. (Qu)orum quidam viden- 

tur fieri secundum superhabundantiam, quidam (secundum) defectum »: 

ma il rilievo è già in DE Ry, op. cit., I, p. 130). 


© Op. cit., p. 576. 


® Più oltre (ivi, pp. 608-609) ci si chiede quale differenza vi sia tra 

la fallacia «secundum plures interrogationes ut unam» e compositio e 

divisio: « Eadem enim est oratio sophistica ex compositione et divisione 

et secundum hanc fallaciam. Verbi gratia: ‘quingue duo sunt et tria’. Sub 

hac forma proponuntur plures propositiones velut una. Potest etiam intelligi 

composita, similiter et divisa. Et videntur adtendi omnes iste fallacie secun- 

dum idem quod secundum copulationem terminorum. Et tamen adtendenda 

est differentia quia compositio vel divisio fit secundum coniunctionem vel 

disiunctionem vocis cum coniunctione vel disiunctione intellectus; fallacia 



Terminologia logica della tarda scolastica 517 



sosteneva che la radice del sofisma è la vox e chi sosteneva ch'è 

l’intellectus. i; 3 


L’anonimo autore presenta poi un’accurata analisi dei vari 

‘modi’ sofistici propri del senso composto e del senso diviso. Essi 

sono undici: cinque sono comuni ai due sensi, tre del senso com- 

posto, tre del senso diviso. Esaminiamo i primi cinque modi 

comuni. 



Primus [...] est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit su- 

biectus vel predicatus per se vel determinatio predicati ?3. 



La proposizione « possibile est album esse nigrum » può essere 

interpretata in modo da considerare possibile soggetto e il resto 

predicato, o viceversa, e meglio, che il dictum « album esse 

nigrum » sia soggetto e possibile sia predicato: in tal caso, la 

proposizione è in senso composto (« erit oratio composita ») e 

falsa; oppure, si può intendere che possibile sia « determinatio pre 

dicati », cioè che a/bum sia soggetto e « possibile est esse nigrum » 

sia predicato; qui possibile determina solo il predicato determi. 

nando la copula est, e non è uno degli estremi della proposizione: 

essa interponitur, la proposizione è in senso diviso e vera”. 



Secundus modus est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit 

predicatus cuiusdam cathegorice vel determinatio consequentis cuiusdam 



ypothetice ”. 



Data la proposizione « Socratem esse animal si Socrates est homo 



autem secundum plures interrogationes ut unam facere fit secundum 

modum proponendi qui fit tanquam una proponatur, cum plures propo- 

nuntur. Unde non adtenditur secundum vocem ideoque extra dictionem 

dicitur esse hec fallacia » (cors. mio). 



3 Ivi, p. 576. NI n 

7 Ivi, pp. 576-577; la prima interpretazione intende la proposizione come 



un « sermo de dicto », la seconda come « sermo de re»; v. cap. V. 

75 Ivi, p. 577. 



318 Alfonso Maierùà 



est necessarium », si può intendere che mecessarium sia predi- 

cato del dictum di « si Socrates est homo, Socrates est animal »: 

in tal caso la proposizione, composta di un soggetto (che è il 

dictum di una ipotetica) e di un predicato, è categorica, è in senso 

composto e vera; ma può intendersi che wecessarium determini 

solo il conseguente dell’ipotetica « si Socrates est homo, Socrates 

est animal » in modo tale che antecedente sia «si Scenes est 

homo » e conseguente sia tutto « Socratem esse animal est neces- 

sarium »: in questo secondo caso è in senso diviso e falsa ”. 



PA foce fee si qa aliqua propositio ita sumi potest ut 

È lusdam ypothetice copulate vel i i 

cuiusdam condicionalis 7, 7 iabnianicaii 



Sia data la proposizione « Cesar est animal et Cesar est substan- 

tia, si Cesar est homo »: se la si intende come proposizione copu- 

lativa, le sue due proposizioni componenti congiunte da ef sono 

« Cesar est animal », « Cesar est substantia si Cesar est homo »; 

in tal caso la proposizione è in senso diviso e falsa; se invece 

la si intende come una proposizione condizionale tuo antece- 

dens è « si Cesar est homo » e suo consequens è « Cesar est animal 

et Cesar est substantia »: qui « Cesar est animal» è parte del 

conseguens: la proposizione è in senso composto e vera ®, 



Quartus modus est quando dictio di i A 

; istrahi potest ad di 

diversorum potest esse determinativa”9, si VSS IRE 



Nella proposizione « quicquid est verum semper est verum », l’av- 

verbio semper può intendersi in congiunzione col primo est o col 

secondo est: se si intende « quicquid est semper verum est verum » 



76 Ivi. 

© Ivi, p. 578. 

8 Ivi. 

9 Ivi. 



Terminologia logica della tarda scolastica 519 



la proposizione è in senso composto e vera; se si intende « quic- 

quid est verum, semper est verum », è in senso diviso e falsa ®0. 



Quintus modus est quando aliqua dictio non posita intelligitur 

apponenda, vel semel posita intelligitur repetenda 8; 



Nella proposizione « Socrates videt solem ubi sol est » si può sot- 

tintendere existens, e se si congiunge a Socrates (« Socrates 

existens videt solem ubi sol est ») si ha senso composto falso ©, 

se invece si congiunge con solerz (« Socrates videt solem existentem 

ubi sol est »), si ha senso diviso vero. Invece nella proposizione 

« tu es vel eris asinus » si può intendere ripetuto un termine: se 

è da ripetere #4, si ha la proposizione « tu es vel tu eris asinus » 

che è una disgiunzione in senso diviso e vera (è vera la prima 

proposizione che la compone); se è da ripetere 4sir4s, si ha « tu 

es asinus vel eris asinus » che è una proposizione « de disiuncto 

predicato », in senso composto e falsa ®. 


I modi propri del senso composto e del senso diviso sono 

dati nel testo in parallelo e mostrano come un senso sia il reci- 



proco dell’altro. 



Primus [...] modus qui est compositionis proprius, est quando 

aliqua predicantur de aliquo divisim que volumus fallaciter de eodem 

predicari coniunctim; Primus modus qui est proprius divisionis, est 

quando aliqua coniunctim predicantur que fallaciter volumus divisim 

predicari de illo *. 



80 Ivi, p. 579. 


81 Ivi. 


8 In realtà, si può chiedere a chi vada riferito existens, se a Socrates, 

o a sol in «ubi sol est»; dalla conclusione del paralogismo seguente si ri- 

cava che va riferita a Socrates: « Potest enim intelligi hec dictio ‘existenten’, 

et sic propositio vera est; vel hec dictio ‘existens’, et sic propositio falsa 

est. Fit ergo secundum hoc talis paralogismus: ‘Socrates videt solem ubi 

sol est, sed ubicumque Socrates videt, ibi sol est, ergo Socrates est ubi 

sol est’ » (ivi). 


83 Ivi. 


84 Ivi, p. 580. 



520 Alfonso Maierùà 



L'esempio che illustra il modo del senso composto è: « hec ypo- 

tetica est simplex et est propositio, ergo est simplex propositio » 

nel consequens noi congiungiamo erroneamente due termini («& siva» 

plex propositio ») che andavano tenuti divisi. Per il modo del 

senso diviso il testo fornisce quest’esempio: « iste homo est albus 

monachus et iste homo est monachus, ergo iste homo est albus »: 

nella conclusione noi predichiamo albus di homo erroneamente 

separato (‘diviso’) dal termine monachus ®. 



i Secundus modus secundum compositionem est quando aliquid attri- 

buitur pluribus gratia cuiuslibet eorum et postea assumitur tam uam 

attribuatur eis gratia eorum simul; Secundus modus secundum Siivi 

stonem est quando aliquid attribuitur aliquibus gratia eorum simul 

postea autem sumitur ac si attributum sit eis gratia singulorum *, i 



Anche qui gli esempi illustrano come il modo della composizione 

e quello della divisione siano reciproci. Per il senso composto: 

« individua predicantur de uno solo, sed ista duo Socrates e 

Plato sunt individua, ergo predicantur de uno solo »; è evidente 

che « predicari de uno solo » è proprio di ciascuno individuo non 

di più insieme. Viceversa, per il senso diviso: « isti duo hatiliies 

desinunt esse, si aliquis desinit esse, ipse moritur, ergo isti duo 

moriuntur »; desinere esse qui è predicato di duo homines insieme 

considerati, mori è predicabile solo di ciascuno singolarmente 

preso: posto perciò che solo uno dei due uomini muoia, è vero 

che «isti duo homines desinunt esse », ma non che « tei duo 

moriuntut » , 



Tertius modus qui est secundum compositionem, est quando aliquid 

attribuitur alicui respectu diversorum temporum, postea fallaciter 

infertur ac si attributum sit illud respectu unius temporis tantum 88; 

Tertius modus qui proprius est divisionis, est quando aliqua negando 



85 Ivi. 

8 Ivi, p. 581. 

87 Ivi. 

8 Ivi. 



Terminologia logica della tarda scolastica 521 



sive affirmando attribuuntur alicui coniunctim, postea vero separatim 

inferuntur ®, 



Anche in quest’ultimo caso si ha, come nei due precedenti, una 

diversità di predicazione. « Socrates fuit in diversis locis, ergo 

verum fuit Socratem esse in diversis locis » e « album fuit nigrum, 

ergo verum fuit album esse nigrum » sono esempi che illustrano 

come ciò che è predicato va inteso divisimz secondo una diversa 

verificazione temporale e non coriunctim, cioè con simultanea 

verificazione; sono perciò esempi del senso composto. « Socrates 

non potest esse albus et niger, ergo Socrates nec potest esse albus 

nec potest esse niger »: la negazione qui riguarda la contempo- 

ranea predicabilità di due contrari, non la predicabilità anche 

‘divisa’ di essi; è un esempio di senso diviso”. 


Questa lunga analisi dei vari modi — che trova riscontro in 

parte nei Tractatus Anagnini* ed è presupposta dalle Fallacie 



89 Ivi, p. 582. 


90 Ivi, pp. 581-582. 


9 Op. cit., pp. 331-332: si esaminano congiuntamente compositio e 

divisio. Il testo annuncia « septem principales modos » (p. 331), ma s’inter- 

rompe dopo il sesto. I primi due modi corrispondono ai primi due modi 

comuni delle Fallacie Parvipontane (ivi: per il primo modo è dato l'esempio 

«album possibile est esse nigrum »; il secondo segue il primo senza solu- 

zione di continuità ed ha il seguente esempio: « necessarium est Socrates 

esse animal, si Socrates est homo »); il terzo modo (« deceptio proveniens 

ex diversa transsumptione partium orationis », ivi) può essere così illustrato: 

data « quodlibet animal est de numero hominum », se si intende che est è il 

predicato e tutto il resto costituisce il soggetto, la proposizione è vera e vale 

« quodlibet animal de numero hominum est », cioè vive; se invece « quod- 

libet animal » è soggetto, est la copula, « de numero hominum » il predicato, 

allora è falsa. Manca il quarto modo. Il quinto è « deceptio proveniens ex 

diversa determinatione orationis ad orationem, dictionis ad dictionem » (ivi, 

pp. 331-332): dato l'esempio « decem et octo homines sunt decem et octo 

asini », se si intende come se fosse « decem et octo homines sunt totidem 

asini », la proposizione è falsa; se invece si sostantivizza decemz, essa vale 



522 Alfonso Maierù 



Londinenses® — va tenuta presente perché rappresenta un ten- 

tativo serio di fissare, nella struttura della proposizione, elementi 

per individuare l’origine degli errori e quindi fornire la solu- 



quanto « decem res sunt decem homines et octo asini» ed è vera. Infine: 

« Sextus modus est deceptio proveniens ex diversa coniunctione vel disiunc- 

tione » (ivi, p. 332): data «verum est Platonem et Ciceronem et Socratem 

esse duo », se la congiunzione ef è sempre copulativa (cioè congiunge propo- 

sizioni), l’enunciato è falso; se una sola volta è copulativa, l’enunciato è vero 

e il senso è: «ista duo enuntiabilia sunt duo ». Questi modi non hanno 

riscontro nei modi comuni delle Fallacie Parvipontane, anche se l’ultimo ri- 

corda il procedimento del quinto delle Fa/lacie (dove però è data la disgiun- 

zione) e il penultimo quello del quarto: ma gli esempi appartengono a una 

tradizione diversa. 


® Op. cit., pp. 657 sgg., ha tredici modi, di cui sette comuni e tre propri 

alla composizione e alla divisione. Cominciamo dai modi propri: essi ripe 

tono, talora migliorandola, la formulazione delle Fallacie Parvipontane (in 

particolare, cfr. p. 661: « Secundus trium propriorum modorum composi- 

tioni provenit ex eo quod aliquid in una propositione predicatur collective 

et post predicatur distributive. Secundum hoc sic paralogizatur: ‘Socrates 

et Plato habent quatuor pedes, ergo sunt quadrupedes’ », dove formulazione 

ed esempio illustrano meglio lo spirito del modus, e p. 662: «Tertius et 

ultimus propriorum modorum divisioni provenit ex eo quod in una propo- 

sitione aliquod verbum copulatur ratione unius instantis, in conclusione 

ratione plurium », che è formulazione che allinea bene al corrispettivo modo 

del senso composto il terzo del senso diviso). Dei modi comuni, il primo, il 

secondo e il sesto corrispondono rispettivamente al primo, secondo e quarto 

delle Fallacie Parvipontane (ivi, pp. 657-658, 660-661). Il terzo modo (ivi, 

p. 658: « Tertius modus septem communium provenit ex eo quod sub eadem 

forma vocis incidunt due propositiones ipotetice ») si articola in una tri- 

plice suddivisione, di cui il primo elemento (pp. 658-659) è accostabile al 

terzo modo comune delle Fal/acie. Gli altri due elementi sono: « Secundus 

subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt due 

propositiones ipotetice, quarum una est conditionalis, reliqua disiuncta » e 

« Tertius subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt 

due propositiones ipotetice, quarum una est copulativa, reliqua disiuncta » 

(ivi, p. 659). I rimanenti modi comuni sono: «Quartus septem modorum 

communium provenit ex eo quod aliqua dictio potest determinare aliquam 

orationem totalem vel partem illius »: data la proposizione «omne animal 



Terminologia logica della tarda scolastica 523 



zione di essi. Se è vero che, come riconosce il De Rijk 2, le 

analisi grammaticali hanno contribuito allo sviluppo della logica 

nel secolo XII più di quanto non abbia fatto la dottrina delle 

fallacie, è da ritenere che la stessa analisi dei sofismi, almeno per 

quanto ci riguarda, è condotta con criteri che hanno origine gram- 



maticale. 


In conclusione, nel secolo XII le strutture linguistiche in cui 

si concretizzano le fallacie del senso composto e del senso diviso 

vengono sottoposte ad attenta analisi”. Un testo delle Sentenze 

di Pietro di Poitiers (} 1205) è illuminante per quanto riguarda 

un orientamento che si fa luce: quello di individuare attraverso la 

stessa disposizione dei termini in una proposizione il senso com- 

posto o il senso diviso: 



rationale vel irrationale est homo », ome può distribuire « animal rationale 

vel irrationale » e la proposizione è falsa, o solo « animal rationale » e la 

proposizione è vera (p. 660). « Quintus septem modorum communium pro- 

venit ex eo quod oratio potest subponere verbo vel pars orationis »: data 

la proposizione « verum est Socratem esse hominem et Socratem non esse 

hominem », si può intendere che soggetto sia « Socratem esse hominem et 

Socratem non esse hominem » che è il dictum di « Socratem esse hominem 

et Socrates non sunt homo », e la proposizione è vera; se invece Socratem 

ogni volta che occorre è soggetto, il dictuz già formulato deriva da « Socrates 

est homo et Socrates non est homo » e la proposizione è falsa (ivi). « Septimus 

et ultimus septem modorum communium provenit ex eo quod aliqua 

dictio potest intelligi preponi vel postponi »: in « album est omnis homo », 

album può essere il predicato di « omnis homo est albus » e la proposizione 

è vera, oppure la proposizione può valere: «hoc album est omnis homo » 

e in tal caso è falsa (p. 661). Tutti questi modi, salvo qualche analogia, non 

hanno un preciso riferimento in quelli dei testi precedentemente esaminati. 



9 Cfr. Logica Modernorum, cit., II, i, p. 491. 


% Oltre ai testi esaminati, cfr. l'Ars Meliduna, cit., che ha un cenno alla 

fallacia secundum compositionem et divisionem (p. 351; a pp. 334-335 È 

un esame delle difficoltà che sorgono dall’uso dei numerali, cui si fa ricorso 

da Aristotele in poi: «duo et tria sunt aliqua, aliqua sunt quinque, ergo 

aliqua sunt duo et tria», ecc.); per le Sumzzze Metenses, cit., cfr. p. 477. 



524 Alfonso Maierù 



Et assignant hic compositionem et divisionem, sicut si dicatur: Iste 

potest videre clausis oculis, id est oculis qui sunt clausi, per divisionem 

verum est; si oculis clausis, id est quod simul sint clausi et videat 

per compositionem falsum. Si tamen ex parte subiecti dicatur: clausis 

oculis potest iste videre, magis est sensus divisionis, et verum est 

Ita etiam de impenitentia finali potest iste penitere, sed si peniteat 

iam non erit finalis, et ideo his positis in predicato magis erit sensus 

compositionis et falsitati propinqua est locutio 9. 



Il tentativo fatto dai vari maestri è stato quello di analizzare la 

proposizione per vedere quale senso fosse corretto attribuirle. Ma 

ora si mette in rilievo che a seconda che alcune dictiones stiano 

a parte subiecti o a parte praedicati fanno meglio senso diviso o 

senso composto. Questo principio si tradutrà più tardi in regole 

precise: si individueranno strutture che permetteranno di valutare 

facilmente il senso della proposizione e quindi la sua verità o fal- 

sità. Si tratterà di regole convenzionali, arbitrarie, ma che avranno 

grande importanza, specie nel secolo XIV. 



4. Dalla fine del sec. XII ad Alberto di Sassonia 



Il periodo che va dalla fine del secolo XII a Occam non 

apporta notevoli novità nella dottrina del senso composto e del 

senso diviso: ciò va detto anche di Buridano e di Alberto di Sas- 

sonia *, che i i 


, pure vissero quando una vera svolta veniva operata 

nella | trattazione di questo tipo di fallacie. Il discorso degli 

autori, ora, si muove in genere sulla traccia del testo aristotelico 

e solo qua e là affiora una notazione di un qualche interesse. i 


Vediamone qualcuna in via preliminare. 



95 Perri PrcravensIs Sententiae, II, 17, edd. PS Moore-J.H. Garvi 

DIG 5 È -J.H. Garvin- 

1% Dee: Notre Dame Ind. 1950, pp. 128-129, cit. in De RuK, op. cit., 

, Ds 175. 



% Il rilievo è già in Wirson, William Heytesbury..., cit., pp. 12-13. 



Terminologia logica della tarda scolastica S25 



Sappiamo che Aristotele suggeriva di risolvere la fallacia della 

composizione intendendo divisi i termini e viceversa, ma ora si 

tileva che non ogni composizione o divisione dà luogo a fallacia. 

L’affermazione tradizionale va dunque intesa in senso restrit- 

tivo: là dove c’è fallacia della composizione, la soluzione è la 

divisio, e viceversa”. 


Un altro tema che talora affiora è quello della riduzione del 

senso composto e del senso diviso ad altre fallacie, per il quale 

si è visto che Aristotele offre la traccia con la riduzione all’« igno- 

rantia elenchi ». Ma alla fine del secolo XII in quei commenti 

a Boezio editi dal De Rijk sotto il titolo Frustula logicalia si 

sosteneva che Boezio non aveva accennato alla comzpositio e alla 

divisio perché intendeva comprenderle sotto l’aeguivocatio, da 

intendere in senso lato”. Invece Pietro Ispano, Tommaso 



9? Cfr. Tommaso D'Aquino, De fallaciis, cit., nr. 657, p. 230; Occam, 

Elementarium logicae, cit., pp. 121 e 123. È per lo meno equivoco ciò che si 

legge nei Tractatus Anagnini, cit., p. 330: «[...] quas (sc. fallacias composi- 

tionis et divisionis) ideo mixtius tractamus quia ubicumque est fallacia com- 

positionis potest esse fallacia divisionis, et e converso »; si vedano invece 

Fallacie Vindobonenses, cit., p. 508: « Et est sciendum quod ubicumque est 

compositio, ibi est divisio, et e converso; sed non ubicumque est fallacia 

compositionis est fallacia divisionis, nec e converso », e Dialectica Monacensis, 

cit., p. 574: «[...] numquam in eodem paralogismo debent assignari hee 

ambe fallacie, sed altera tantum »; così va intesa la Surzzza Sopb. el., cit, 

p. 313: «iEt notandum est quod ubicumque est conpositio, ibidem est 

divisio. Sed quando compositio facit fallaciam, tunc est sophisma composi- 

tionis; quando autem divisio facit fallaciam, sophisma est divisionis ». E si 

legga Occam: « Circa quas non est curiose disputandum an sint una fallacia 

vel plures, aut quis vocandus sit sensus compositionis et quis divisionis. Hoc 

enim parum vel nihil prodest ad alias scientias intelligendas » (Tractatus 

logicae minor, cit., p. 86). 


98 Op. cit., p. 617: «Comprehenderat (sc. Boetius) enim sub equivo- 

catione amphibologiam, coniunctionem et divisionem, quorum sophismata 

habent fieri secundum termini alicuius diversam acceptiorem », e p. 619: « Ad 

quod dicendum quod ‘eguivocatio’ laxo modo accipitur a Boetio, ut dicatur: 

equivocatio idest proprietas secundum quam aliquid significat plura equivoce 



526 Alfonso Maierùà 



d'Aquino !, Duns Scoto !" e Occam ‘® pongono il problema del 

rapporto tra arzphibologia e compositio et divisio, anche se lo 

stesso Occam finisce per considerarlo problema non rilevante dal 

punto di vista della logica applicata !®. 



Ma in questo periodo la discussione sul senso composto e sul 

senso diviso trova il suo centro nella identificazione del tipo di 

‘molteplicità’ che occorre in queste fallacie e delle ‘cause’ che la 

determinano. 



Già le Glose distinguevano le « fallaciae in dictione » secondo 

una triplice molteplicità: attuale per l’anfibologia e l’equivocità, 

potenziale per composizione e divisione (e, sarà specificato in 

seguito, per l’accento), fantastica per la « figura dictionis » !*, 

forse seguendo il commento d’Alessandto (senza dubbio l’Afro- 

disio), ora perduto ‘9. Tutti gli autori che se ne occupano nei 

secoli XIII-XIV !% confermano che la molteplicità potenziale ha 

luogo nel senso composto e nel senso diviso. 


Per quanto riguarda le cause, i testi ne identificano due in 

rapporto a tutte le fallacie: causa apparentiae e causa non existen- 



principaliter; et in hoc sensu amphibologia, compositio, divisio, accentus 

sunt equivocatio ». 


® Summulae logicales, cit., 8.10, p. 95. 


100 Op. cit., nr. 656, p. 230. 


101 In libros Elenchorum quaestiones, cit., q. xix, $ 2, p. 240b. 


102 Cfr. Summa logicae, III, iv, 8, cit., f. 99rb (dove si discute delle 

modali), e Tractatus logicae minor, cit., p. 87 (trattando dell’alternativa pro- 

posizione categorica—proposizione ipotetica). 


103 Elementarium logicae, cit., p. 121 (a proposito delle modali); v. n. 97. 


10 Op. cit., p. 222. 


105 Ma v. ALEXANDRI quod fertur in Aristotelis Sophisticos elenchos com:- 

mentarium, ed. M. Wallies, « Commentaria in Aristotelem Graeca », II, m, 

Berolini 1898, p. 22; cfr. PreTRo IsPANO, Surzmzulae logicales, cit., 7.08, p. 67. 


106 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 569; Pietro IsPANO, op. cito; 

ALserto M., Liber I Elenchorum, cit., p. 545; VINCENZO DI BEAUVAIS, op. 

cit., 276; Tommaso D'Aquino, op. cit., nr. 656, p. 230; Duns Scoro, op. cit., 

q. xix, in part. p. 241; Buripano, Compendium logicae, cit., VII, 2. 



Terminologia logica della tarda scolastica 527 



tiae (o defectus, o deceptionis, o falsitatis); esse possono facil- 

mente essere ricondotte a una definizione scolastica di fallacia che 

troviamo in Pietro Ispano: « fallacia est apparentia sine existen- 

tia » !”. Nel caso del senso composto e del senso diviso, si cerca 

di individuare la causa della confusione tra i due sensi (« causa 

apparentiae ») e il principio dell’errore (« causa non existentiae », 

« causa defectus »). Ma la discussione sulle cause chiarisce come 

vada intesa la molteplicità potenziale chiarendo i vari punti di 

vista dai quali può essere considerato il discorso fallace. 


Molteplicità potenziale si ha quando le dictiones o voces occor- 

renti nell’enunciato sono materialmente le stesse, ma dànno luogo 

a diversi significati. L'identità materiale (o ‘sostanziale’) delle 

voces è « causa apparentiae », la pluralità dei sensi, o pluralità 

formale, o attuale !%, è « causa non existentiae ». 


Tuttavia detta pluralità formale è spesso ricondotta al diverso 

pronuntiare ', alla diversa prolatio !!° o punctuatio!!! che inter- 



107 Op. cit., 7.03, p. 66. 


108 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 570; GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, 

Introductiones in logicam, cit., pp. 89-90; Pietro ISPANO, op. cit., cit., 7.25, 

p. 74, e 7.28, pp. 75-76; Ps. Bacone, Sumule dialectices, cit., pp. 334-337; 

ALserTo M., op. cit., p. 548a; Tommaso D'AQUINO, op. cif., nr. 657, p. 230; 

Occam, Tractatus logicae minor, cit., p. 86; BurIpANO, op. cit., VII, 3. 

Si notino, in particolare, nel testo di Tommaso d’Aquino, le equivalenze 

potentialiter-materialiter, formaliter-actualiter, e si legga BuRIDANO (op. cit., 

VII, 2): «Multiplicitas potentialis dicitur cum vox, existens eadem se- 

cundum materiam et diversa secundum formam, habet multas significationes ». 


19 Arserto M., op. cit., p. 545b: « Divisa sic pronuntianda est [...]. 

Composita autem oratio sic pronuntiatur [...] »; v. n. 113. Per la pronun- 

tiatio nella retorica classica, cfr. CiceRoNnE, De inventione, I, VII, 9: 

« [...] pronuntiatio est ex rerum et verborum dignitate vocis et corporis 

moderatio »; ma cfr. LAusBERG, op. cit., p. 787. V. anche ps. BAcoNE, Sumule 

dialectices, cit., p. 331. 


110 Cfr. Dialectica Monancesis, cit., p. 569: «ex modo proferendi »; 

Ps. Bacone, Sumule dialectices. -it., pp. 331 e 337. 


Il Occam, Suzzrza logicae, cit., III, iv, 8, f. 99ra: « Causa non existentiae 

est diversitas punctuationis », e Elemzentarium logicae, cit., p. 121. 



528 Alfonso Maierù 



viene nella utilizzazione pratica dell’enunciato !!, 


Alberto di Sassonia, invece, definisce: « Causa autem defectus 

est diversitas constructive orationis earundem (sc. dictionum), 

sicut patet in illa ‘quidquid vivit semper est’ » !!. Il riferimento 

alla constructio!!* indica che alla base di questa dottrina può 

esserci una preoccupazione di origine grammaticale, che più chiara- 

mente traspare, presso lo stesso Alberto e presso altri autori, pro- 

prio nella descrizione della compositio e della divisio: una oratio è 

composita quando « dictiones ordinantur secundum situm magis 

debitum », ma è divisa quando « dictiones ordinantur secundum 

situm minus debitum » !5, mentre altti maestri non privilegiano 

la compositio rispetto alla divisio 9 (ma il riferimento alla construc- 



12 Cfr. ALBERTO M., op. cif., p. 535a-b: « Modi autem arguendi [...] sunt 

duo, scilicet secundum apparentiam acceptam in dictione, secundum quod 

dictum est idem quod voce litterata et articulata pronuntiatum est sive pro- 

latum: [...] omne enim quod dicendo profertur, hoc vocatur dictio: unde 

hoc modo et oratio dictio est: forma enim dictionis hoc modo accepta pro- 

latio est: et quae una continua prolatione profertut, una dictio: et quae 

pluribus, plures est dictiones ». 


113 Logica, cit., V, 4, f. 40va. 


114 Per i rapporti tra comstructio, congruitas e perfectio come proprietà 

del discorso secondo Martino di Dacia, cfr. PinBoRG, op. cit., pp. 54-55. 


115 Così Pietro IsPANO, op. ci., 7.25, p. 74; cfr. Tommaso D'Aquino, 

op. cit., nr. 657, p. 230; ALBERTO DI SASSONIA, op. cit., V, 4, f. 40rb, parla 

di «magis apte construi » e «minus apte construi » rispettivamente per 

sensus compositus e sensus divisus. 


. 116 Cfr., ad esempio, GucLIELMO DI SHyreswooD, Introductiones in lo- 

gicam, cit., p. 89: «Est [...] compositio coniunctio aliquorum, que magis 

volunt componi. Divisio est separatio aliquorum, que magis volunt dividi » 

(si ricordi che in altro senso Guglielmo privilegia la compositio: cfr. n. 17);- 

VINCENZO DI BeAUVAIS, op. cit., 277, dove distingue composizione e divi 

sione essenziale e composizione e divisione accidentale e precisa che l’oratio 

è composta in rapporto alla composizione essenziale e divisa in rapperto alla 

divisione essenziale e, se falsa, è resa vera rispettivamente dalla « div'-io 



Terminologia logica della tarda scolastica 529 



tio è rintracciabile in testi della fine del secolo XII !!?). 


Per chiarire la natura di tale posizione, esaminiamo l’esempio 

addotto da Alberto: è il noto sofisma « quicquid vivit semper 

est ». Ci si chiede con quale verbo più propriamente semper 

vada congiunto, e si risponde ch’esso va congiunto con est: dun- 

que, congiunto con es fa senso composto, congiunto con vivit 

fa senso diviso. Che gli avverbi « de natura sua habent determi 

nare verbum », come scrive Pietro Ispano !!, è dottrina gramma- 

ticale; se ne conclude che semzper « potius determinabit verbum 

principale quam minus principale » !'9, cioè es? piuttosto che 

vivit. Guglielmo di Shyreswood ricorda che secondo Prisciano 

« adverbia magis proprie habent precedere suum verbum »!2: 

di qui dunque i cenni al « situm magis debitum » che troviamo 



accidentalis » e dalla « compositio accidentalis »; BurIDANO, op. cit., VII, 3. 


117 Per un verso cfr. la Diglectica Monacensis, cit., p. 569; « Est itaque 

quedam compositio sermonis que nil aliud est quam constructio sive ordi- 

natio alicuius sermonis componibilis vel incomponibilis ad alterum cum quo 

videtur potius quam cum alio coniugi, sic tamen se habens quod ab illo possit 

dividi et ordinari cum alio cum quo videtur minus coniugi et ordinabile. 

Divisio autem est separatio alicuius ab aliquo cum quo natum est ordinari 

secundum debitum sicut qui debet esse in partibus illius orationis. Ex hoc 

patet quod ista oratio que multiplex est ex compositione et divisione, quan- 

tum est de se, sensum compositionis semper habet actualiter et principaliter, 

sensum vero divisionis protestate »; pet l’altro cfr. le Fallacie  magistri 

Willelmi, cit., p. 687: « Fallatia secundum compositionem est quando infer- 

tur coniunctim ex divisim dato tamquam coniunctim dato. Dicitur autem 

in dictione quia fallit ex proprietate dictionis, scilicet compositione, cum sit 

compositio dictionum constructio innitens compositioni », e p. 688: « Fallatia 

secundum divisionem est cum infertur ex coniunctim dato quasi divisim 

dato. In dictione dicitur esse quia fallit ex proprietate dictionis, ut ex divi- 

sione, cum sit divisio dictionum constructio innitens divisioni. Ideoque 

secundum divisionem nominatur hec fallatia ». 


118 Op. cit., 7.25, p. 74. 


119 Ivi. 


120 Introductiones in logicam, cit., p. 91; cfr. PRISCIANO, op. cit., XV, 39, 

in Grammatici latini, III, cit., p. 89. 



34 



530 

Alfonso Maierù 



nei testi. Ma sem di i i 

bra un’indebita estensione caratterizzare senso 



È pra il testo più illuminante tra quelli sfogliati in ordine al 

‘Porto tra queste analisi e la dottrina grammaticale dell: 

constructio sono le « quaestiones » di Duns Scoto sugli Ele, chi 

sofistici. La sua analisi è tutta impregnata delle dista È 

delle esigenze derivanti da un’impostazione in linea con la ram. 

matica speculativa. In essa trovano posto e sistemazione o i 


temi della pronuntiatio, prolatio e punctuatio che abbiamo vi 

accennati e utilizzati dagli altri autori. i 



Di cit., VII, 3, primo modo. Occam, nella Sunzza logicae, cit 

A » 99ra), per questo sofisma fa riferimento solo alla diversa puachia: 



Tractatus logicae minor, cit. 86. i È 

sotto il pri : ‘-, p. 86, i due esempi sono dati di segui 

ae polo continua poi affermando che, se c'è una lea 

compositus în quo dis composto e diviso, essa è che «ille sensus est 

di duo siiae di ictio componitur cum alia dictione; et ille est divisus 

ictio cum nulla alia immediata sibi componitur » (p. 119): in 



un’altra, non si ‘compone’ i 

tra, ; npone’ con una terza dictio nella si izi 

cfr. l'esame dei modi, più avanti (nn. 133 e 134), COCAINA 



531 



Terminologia logica della tarda scolastica 



Conviene perciò seguire il suo discorso fin dall’origine. 


Distinta una triplice molteplicità !2, egli afferma che la molte- 

plicità potenziale si ha « quando est ibi identitas vocis secundum 

materiam, et non secundum formam » ‘, e che la forza non è altro 

che la prolatio 4. « Causa apparentiae » della fallacia in senso 

composto e in senso diviso è: « unitas materialium cum similitudine 

orationis compositae ad divisam [...] et e converso in divisione »: 

non si tratta soltanto della materiale identità delle dictiones, ma 

anche di una diversa somiglianza dell’un modo all’altro che sulla 

materiale identità si innesta; questa diversa somiglianza si fonda 

sui diversi « modi proferendi compositim vel divisim », che sono 

di specie differenti '”. Ora, precisa l’autore, « [...] modus profe- 

rendi est quidam modus significandi Logicalis, per quem unus 

intellectus ab alio distinguitur » !%. Accanto ai modi significandi 

grammaticali, che stanno a base della constructio !”, Duns Scoto 

pone dunque i modi significandi logicales che fondano la diversità 

dei ‘sensi’ (inzellectus) anche là dove è una stessa constructio. Essi 



12 Op. cit., q. xix, $ 4, f. 24la. 


13 Ivi. 


14 Ivi: «Actualis multiplicitas est, quando est ibi identitas vocis 

secundum materiam, et formam, quae est prolatio ». 


15 Op. cit., q. xxiv, $ 5, f. 247a: « Unde dicendum, quod unitas mate. 

rialium cum similitudine orationis compositae ad divisam, est causa appa- 

rentiae in compositione, et e converso, in divisione. Et licet istae simili- 

tudines radicaliter proveniant ex unitate materialium: istae tamen simili- 

tudines super modos proferendi compositim, vel divisim fundantur, qui 

tamen sunt specie differentes ». Perciò le due fallacie non vengono unifi- 

cate dall’autore (cfr. q. xxiii, f. 245: «Utrum compositio et divisio sint 

duae fallaciae distinctae specie »). 



126 Ivi, q. xxvi, $ 4, f. 249a. 

127 Ivi: « Ad rationes. Ad primam dicendum, quod si maior intelligitur 



solum de modis significandi Grammaticalibus, qui sunt principia construendi 

unam dictionem cum alia, tunc falsa est maior. Sed si intelligatur, quod 

omnis diversitas in oratione, vel provenit ex diversitate significati, vel 

modorum significandi Logicalium, tunc vera est, et minor falsa ». 



sa Alfonso Maierù 



sono infatti « ex parte nostra » !® e si traducono in una diversa 

prolatio e in un diverso punctuare, che non toccano la con- 

structio in quanto tale !®. Ma la constructio operata dai « modi 

significandi » grammaticali dà luogo (naturalmente, si potrebbe 

dire) al senso composto, mentre il senso diviso interviene facendo 

quasi violenza alla natura delle dictiones e alla loro disposizione 

nella orazio: 0, meglio, il « modus proferendi » che sta alla base 

del senso composto è più rispettoso della constructio che non il 

« modus proferendi » che fonda il senso diviso; ciò risulta dal- 

l’esame dei tre modi, concretizzati in tre esempi, che Duns Scoto 

assegna alla composizione e alla divisione !, 



128 Ivi, $ 2, f. 248b: « Dicendum, quod diversitas modi proferendi est ex 

parte nostra. Sed quod oratio sic prolata, hoc significet, et sub alio modo 

proferendi significet aliud, hoc non est ex patte nostra ». 


129 Ivi, q. xxi, $ 6, f. 243a, discutendo del rapporto tra molteplicità attuale 

e molteplicità potenziale: «Est tamen intelligendum, quod licet determi 

nata (ex terminata) prolatio determinet orationem multiplicem secundum 

actualem multiplicitatem, et potentialem, sicut accidit in compositione, et 

divisione, una tamen multiplicitas ab alia differt. Nam determinata pio: 

latio orationis multiplicis secundum potentialem multiplicitatem, punctuando 

ad alterum potest ipsam determinare, manente semper eodem ordine 

vocum. Sed determinata prolatio, manente eodem ordine vocum, punctuando, 

non determinat orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem 

ad alterum sensum, sed ipsa transpositio terminorum. Si enim dicatur 

Pugnantes vellem ma accipere, ly pugnantes, non pet punctuationem ad 

alterum sensum potest determinati ». 


130 Per il primo modo (sedentem ambulare est possibile), cfr. ivi, 

q. xvi, $ 3, ff. 248b-249a: « Sed ulterius oportet videre, quis modus profe: 

rendi facit sensus compositum et divisum. Et dicendum est, quod continua 

prolatio eius, quod est sedentem, cum hoc quod est ambulare, causat 

sensum compositum. Iste autem modus proferendi possibilis est in ora- 

tione, nam sic modi significandi Grammaticales ad invicem dependentes 

terminantur et quae nata sunt coniungi coniunguntur. Iste autem sensus 

accidit orationi praeter aliquam violentiam, ideo iste sensus magis 

appropriatur orationi. Sensus autem divisionis accidit ex discontinua 

prolatione earundem partium. Et quia quae nata sunt coniungi ad invi- 



Terminologia logica della tarda scolastica 533 



Sembra che queste precisazioni possano illuminare testi che, 



mancando di espliciti riferimenti, altrimenti risulterebbero 



oscuri 15, 



cem, separantur, ideo iste sensus minus appropriatur orationi, unde accidit 

ei cum quadam violentia »; per il secondo modo (quingue sunt duo et 

tria), ivi, q. xxx, $ 1, f. 25la: «Ad primam quaestionem dicendum, 

quod Coniunctio, vel copulatio, per se copulat inter terminos: per accidens 

autem inter propositiones. Et huius ratio est: nam cum Coniunctio sit 

pars orationis, habet modos significandi secundum quod cum aliis partibus 

orationis consttui potest; sed non construitur, nisi cum illis, inter quae 

copulat, oportet igitur ista habere modos significandi sibi proportionabiles, 

qui sint principium constructionis; ergo non copulat inter orationes. Sed 

tamen, quia terminos inter quos copulat accidit partes unius orationis esse, 

vel diversarum, ideo dicitur copulare inter terminos, vel inter orationes. 

Magis tamen proprie potest dici, quod coniunctio posset copulare inter 

terminos unius orationis, vel inter terminos diversarum orationum »; per 

il terzo modo (quod unum solum potest ferre plura potest ferre), ivi, 

q. xxxiii, $ 3, f. 253a: «Circa tamen modos intelligendum est, quod tot 

sunt modi secundum compositionem, et divisionem, quot modis componere 

contingit, quae nata sunt componi, et illa ad invicem dividere, resultante 

diversitate sententiae. Sed ad videndum quae nata sunt componi, intelli- 

gendum est, quod Priscianus dicit, in maiori volumine, quod omnis deter- 

minatio, et omnia Adiectiva Nominaliter, vel Adverbialiter designata, 

praeponuntur aptius suis substantivis, ut fortis Imperator fortiter pugnat, 

et ratio potest esse, nam Adiectiva de se quasi infinita sunt, et ideo per 

sua Substantiva determinantur. Dicit etiam Priscianus, quod licet omnia 

postponere, exceptis monosyllabis, ut nunc, turc, et huiusmodi, sed hic 

videtur esse dicendum, quod quando determinatio componitur cum deter- 

minabili subsequenti, tunc dicitur oratio composita; et quando ab eodem 

removetur, dicitur divisa: sed huic modo dicendi repugnat iste paralogismus, 

Ex quinquaginta virorum centum reliquit divus Achilles, nam si praedicta 

oratio dicetur composita, quando ly wvirorum componitur cum ly Quir- 

quaginta, tunc propositio est falsa, cum tamen ille paralogismus sit para- 

logimus divisionis, et tunc dicitur esse vera in sensu composito, sed tunc 

dicendum est, quod haec est littera, Quinguaginta ex centum virorum, etc. 

vel quod paralogismus ille est compositionis, ponitur tamen inter paralo- 

gismos divisionis, etc. ». 


131 In particolare, cfr. Ps. BACONE, op. cif., pp. 334-336 e 341-342, 

oltre al testo di Occam, in n. 117. * 



534 Alfonso Maierù 



Accenniamo, per concludere, ai modi posti da ciascun autore. 

Pietro Ispano assegna due modi al senso composto e due al senso 

diviso ‘©, mentre le Sumzyle attribuite a Bacone forniscono due 

modi per il senso composto e due per il senso diviso, e ne aggiun- 

gono per ciascun senso un terzo in forma dubitativa !8. Il testo 



12 Op. cit.: « Compositionis duo sunt modi. Primus modus provenit 

ex co, quod aliquod dictum potest supponere pro se vel pro parte sui, ut 

haec: “sedentem ambulare est possibile” [...]. Et sciendum quod soleat 

huiusmodi orationes dici de re vel de dicto. Quando enim subiicitur pro 

se, dicitur de dicto, quando subiicitur pro parte dicti dicitur de re. Et omnes 

istae propositiones sunt compositae quando dictum subiicitur pro se, quia 

praedicatum competentius ordinatur toti dicto quam parti dicti» (7.26 

pp. 74-75); « Secundus modus ‘provenit ex eo quod aliqua dictio potest 

referri ad diversa, ut “quod unum solum potest ferre, plura potest ferre” » 

(ivi, 7.27, p. 75); «Divisionis duo sunt modi. Primus provenit ex eo 

quod aliqua coniunctio potest coniungete inter terminos vel inter propo. 

sitiones ut hic: “duo et tria sunt quinque” » (ivi, 7.29, p. 76); « Secundus 

modus provenit ex co quod aliqua determinatio potest refetri ad diversa, ut 


tu vidisti oculis percussum”. Haec est duplex ex eo, quod iste ablativus 

“oculis” potest referri (ad) hoc verbum “vidisti”, vel (ad) hoc participium 

“percussum” » (ivi, 7.30, p. 76). 


133 Op. cit: «Et sunt duo modi secundum hunc locum (sc. fallaciam 

compesicionis); primus, quando aliquid componitur cum uno et cum divi- 

ditur “non componitur cum alio, ut ‘possibile est sedentem ambulare’ Edi 

et universaliter, omnis oracio que est ex modo nominali dicitur esse secun- 

dum quod est de re et dicto [...]» (p. 335); «Secundus modus est 

quando aliqua diccio componitut cum uno et cum dividitur potest cum 

alio componi, ut ‘quicumque scit litteras nunc didicit illas [...}'» (ivi); 

«[..] 3.48 modus est quando determinacio componitur cum uno, et cum 

dividitur componitur cum alio subintellecto » (p. 336); « Primus est modus 

(sc. fallaciae divisionis) quando aliquid dividitur ab uno et non compo- 

nitur cum alio, ut ‘quecumque sunt duo et tria sunt paria et imparia [...] » 

(ivi); « Secundus modus est quando aliqua determinacio dividitur falso ab 

uno et componitur cum alio posito in oracione, ut ‘deus desinit nunc 

esse’ » (altro esempio è « quadraginta virorum centum reliquit  dives 

Achilles ») (p. 337); «In hoc tamen paralogismo dicitur esse 3.48 modus 

divisionis, quia cum dividitur determinacio ab aliquo actu posito in ora- 

cione componitur intellecto, set hoc forte non facit composicionem de 



Terminologia logica della surda scolastica 535 



delle Suzzule è riecheggiato abbastanza da vicino dalla esposi- 

zione di Alberto Magno, il quale attribuisce tre modi alla compo 

sitio e tre modi alla divisio !*. Vincenzo di Beauvais, che segue 



qua hic loquimur, et propter hoc est ibi primus modus » (ivi). 


14 Cfr. op. cit., pet il senso composto: «[...] primus provenit, quia 

aliqua dictio in oratione est composita cum aliquo, et tamen non dividitur 

id quod est in oratione: et tales sunt hae duae orationes, ut posse sedentem 

ambulare, et posse non scribentem scribere » (p. 545b); « Secundus modus 

provenit ex hoc quod aliquid componitur cum aliquo in oratione eadem 

posito, et dividitur etiam ab aliquo posito in eadem oratione: et hujus 

exemplum est, discere nunc litteras, siquidem didicit quas scit [...]» 

(pp. 545b-546a); « Tertius modus est, quando componit cum aliquo in 

oratione posito, sed sub intellectu in eadem oratione; et hujus exemplum 

est quod dicitur, quod unum solum potest ferre, plura potest ferre: sensus 

enim compositionis est secundum quod continua et composita est prolatio 

inter haec duo, 747 solu:, cum hoc verbo infinitivo, ferre, sic, quod potest 

ferre unum solum, ita quod nihil amplius plura potest ferre: sic enim 

composita est et falsa: et sic dictio exclusiva respicit infinitivum ferre: 

quia quod sic unum solum potest ferre, et nihil amplius, non potest ferre 

plura: quia sic dictio exclusiva ponit formam suam circa hunc terminum, 

unu, et excludit id quod est oppositum uni ab infinitivo super quod 

ponitur posse vel possibile: et ideo quod sic unum solum potest ferre, 

non potest plura ferre. Si autem discontinua et divisa sit prolatio inter 

haec duo, unu solum, tunc dictio exclusiva excluditur ab isto termino, 

unutt, et conjungitur cum participio subintellecto quod est ens vel existens 

solum, potest ferre: et hoc est verum: et ideo divisa est vera, composita 

falsa » (p. 546a); per il senso diviso: «Primus ergo modus erit, quando 

aliquid dividitur ab aliquo in oratione posito, et cum nullo componitur in 

eadem oratione posito: et de hoc duo sunt exempla sic, quinque sunt duo, et 

tria: et formatur sic: quaecumque sunt duo et tria, sunt quinque: duo et 

tria sunt duo et tria: ergo duo sunt quinque, et tria sunt quinque, quod 

falsum est. Adhuc alia oratio: quaecumque sunt duo et tria, sunt paria 

et imparia: quinque sunt tria et duo: ergo quinque sunt paria et imparia. 

Adhuc autem penes eumdem modum accipitur et haec oratio, quae est 

majus esse aequale et formatur sic: quod est majus, est tantumdem et 

amplius: sed quod est tantumdem, est aequale, et quod est amplius, est inae- 

quale: ergo quod est tantumdem est aequale et inaequale. — Cum autem 

in his orationibus sit multiplicitas in hoc quod eadem oratio secundum 



736 Alfonso Maierù 



da presso Aristotele, ammette tre modi di paralogizzare per il 

senso composto e tre per il senso diviso '5. Tommaso d’Aquino 

conosce tre modi che valgono sia per il senso composto che per 

il senso diviso, i quali però non aggiungono niente di nuovo al 



materiam in omnibus his divisa et composita non eadem significat, sed 

aliud, in omnibus his significat divisa et composita. Exemplum autem ; juod 

est quando aliquid in eadem oratione componitur cum aliquo, et ii 

ab isto componitur cum aliquo in eadem oratione posito, ut ég0 te posui 

cane entem liberum: et est in hac oratione multiplicitas, ex eo quod 


oc participium, erfemz, potest componi cum hoc nomine, servum, et si 

est oratio composita et vera: vel dividi ab illo et componi cat e 

nomine, liberum, et sic est divisa et falsa: et hoc juxta secundum oa 

compositionis. — Exemplum autem ejus quod est tertius modus co » 

sitionis (scilicet quod divisum ab aliquo in oratione posito ine 

cum aliquo non in eadem oratione posito, sed sub subjecto intellecto) i 

hoc: quadraginta virorum, centum reliquit divus Achilles: et est h 

multiplicitas ex eo quod haec dictio, certurz, potest componi cum res 

termino, viror4m, et tunc est adjectivum ejus et est casus genitivi: et Sic 

Rae est composita et vera sub hoc sensu, centum virorum ita 

orco cigno quadraginta. Vel iste terminus, centum, potest addi ad hunc 


um, reftguit, et tunc componitur cum hoc termino subintellect 


st: est virorum, et sic est divisa et falsa sub hoc sensu, quod de prezà 

qua aginta virorum, centum reliquit divus Achilles, quod est impossibile. 

sti ergo sunt modi compositionis et divisionis » (pp. 546b-547a). Ma l’aut 

a Di gere chiarisce ulteriormente il meccanismo del senso composto pei 

ee pag: Si autem quaeritur penes quid accipiantur modi compo- 


onis et divisionis? Satis patet per praedicta: quia divisum ab aliquo i 

oratlone posito: aut non componitur cum aliquo in eadem a » 

sic est primus modus: aut componitur cum aliquo: et si componitur, ta 

"gn cum aliquo in oratione posito, aut non posito, sed subintel- 

lecto. primo modo est secundus modus, altero autem modo tettius t: 

in pine quam in divisione ». > 

sn pat ei senso composto: « Primus fit eo quod parti 

È og soin 1 intellectae, potest ordinari cum diversis verbis, 

bre sie > si ile est ambulare, possibile est ut ambulet; possibile 

agi ipa cun ser re “N ut stano ambulet. Minor mul- 

i ; , est vera; distingui 

niter de re vera, de dicto (ex dicta) falsa. Secandas inte rn 



Terminologia logica della tarda scolastica 537 



testo dei suoi predecessori !*. Anche Duns Scoto assegna tre modi, 

come si è visto, e sono comuni ai due sensi !”; ma Guglielmo 



adverbium possit componi cum uno verbo, vel ab illo dividi, et componi 

cum alio, ut hic: Quod scit aliquis nunc didicit; sed magister litteras nunc 

scit; ergo nunc didicit, non valet [...]»; «Tertius fit, eo quod nota 

exclusionis possit componi cum diversis verbis, ut hic: Quod unum solum 

potest ferre, non potest plura ferre»; per il senso diviso: «[...] uno 

modo, eo quod dictio copulativa vel disiunctiva potest copulare dictiones, 

vel orationes; secundum quem sic paralogizatur: Quaecunque sunt duo et 

tria, sunt paria et imparia; quinque sunt duo et tria, ergo etc. Secundo 

modo, eo quod participium possit coniugi cum diversis nominibus, ut hic: 

Ego posui te servum entem liberum; entem potest coniungi huic nomini 

servum, et sic est vera composita, quia priori nomini natum est plus com- 

poni; vel ab eodem dividi, sic est falsa divisa. Tertio modo hoc idem con- 

tingit, quando aliquod nomen cum alio nomine potest coniungi vere, vel 

ab codem dividi false; ut hoc nomen centurz in exemplo Aristotelis, cenzum 

quinquaginta virorum reliquit Achilles. Iteque secundum divisionem potest 

fieri paralogismus, quoties a coniunctim dato, infertur divisim; et e converso 

secundum compositionem sic: Iste est bonus, et est clericus; ergo est bonus 

clericus, et e converso potest argui similiter secundum divisionem ». 


1386 Op. cit.: «Primus modus est quando aliquo dictum potest suppo- 

nere verbo vel ratione totius vel ratione partis: si ratione totius supponat, 

erit oratio composita, si ratione partis, erit oratio divisa » (nr. 658, p. 230): 

corrisponde al primo modo del senso composto di Pietro Ispano, fa leva 

sull’esempio base: « possibile est album esse nigrum », e richiama la distin- 

zione della modalità de dicto dalla modalità de re; «Secundus modus pro- 

venit ex eo quod aliquando praedicatum, in quo pluta adunantur per 

coniunetionem copulativam vel disiunctivam, potest attribui subiecto co- 

niunctim vel divisim. Si coniunctim, est oratio composita; si divisim, oratio 

est divisa» (nr. 659, p. 230): anche qui, l'esempio è classico, ma è dato 

al negativo: «quinque non sunt duo et tria»: la discussione verte 

sull’interpretazione del rapporto tra soggetto e il predicato «duo et 

tria»; «Tertius modus est, quando una dictio potest coniungi diversis 

dictionibus in locutione positis: erit autem tunc secundum hoc composita 

oratio, quando coniungitur cum dictione cui magis apparet, vel apta 

nata coniungi; divisa (diversa: Spiazzi) vero, quando ab ea disiungitur. 

Sicut in hoc paralogismo patet: Quod potest unum solum ferre, plura potest 



ferre [...]» (nr. 662, p. 231). 

137 Op. cit. gli esempi sono: (a) «sedentem ambulare est possi- 



538 

Alfonso Maierà 



d’Oc i i 

lea atti due modi comuni al senso composto e al senso 

n Pe gl 5 stessi occorrono anche nei trattati di Burleigh editi 

er !. Alberto di Sassonia, invece, torna ai tre modi, ma 



adem aut aliquibus eisde i 

b ‘m replicata vel repetita, eadem dicti i 

cum una vel pluribus » (Elezentarium logicae, cit., pp. 119-120; di. Tresa 



139 Per il pri i 

imo modo con i termini i 

. i modali, cfr. D i i i 

di do 9 . De puritate ar, 

ass per il secondo modo con et, cit, ivi, a 242: « fa pio, 

oa pini tra pg inter duos terminos ia 

$ 5 est locutio, ex eo d i 

: I, IG È quod potest 

inc bag cà propositiones. Et haec distinetio e rit deg a 

mitrigria Ma iena secundum quod copulant inter terminos È 

ergono meine 8 secundum quod copulat inter propositiones sic 

rotta» sig con vel, cfr. ivi, p. 243: «Et est sciendum faod 

“gu Legea cp ‘vel? ponitur inter duos terminos, uiciea 

csbieg 3 hei potest disiungere inter terminos vel inter proposi. 

ri Arg Propositiones, sic est disiunctiva, si disiungat inter 

‘minos, e disiuneto extremo. Et h: istincti ;ecun 

Lernia la le d j laec distinctio est s 

o eri Le Secundum quod disiungit inter duos = 

O nis, si !s divisionis; secundum quod disiungit i, 

Li ionis; quod disiungit intel 

» SIC est sensus compositionis »; e con si, cfr. la dieci hi 



Terminologia logica della tarda scolastica 539 



anche questi sono comuni ai due sensi !°. 


Più interessante l’esposizione di Buridano, il quale, dopo tre 

modi comuni ai due sensi che ben rispecchiano quelli dei testi 

finora ricordati ‘4, esamina altri tre modi, anch'essi comuni: la 

negatio può cadere sull’intera proposizione categorica, è « negatio 

negans » e rende composta e falsa la proposizione, o può cadere sul 

soggetto soltanto, è « negatio infinitans » e rende divisa e vera la 



sofisma « Socrates dicit verum si solum Plato loquitur », ivi, p. 250, e del 

sofisma « omnis homo, si est Sortes, differt a Platone », pp. 42 sg. 


14 Il primo riguarda le modali (cfr. Logica, cit., V. 4, f. 40va: « oratio 

respectu alicuius modi »); il secondo riguarda le proposizioni che « ratione 

alicuius coniunctionis vel adverbii » possono essere intese come proposi- 

zioni categoriche o ipotetiche (ivi, f. 40vb); il terzo sorge «ex co quod in 

aliquibus propositionibus aliqua dictio ex diversis coniunctionibus ad diver- 

sas dictiones eiusdem orationis causat diversos sensus, sicut de illa: ‘quicquid 

vivit semper est’ » (ivi, f. 41ra). 


141 « Primus modus est per hoc quod una determinatio potest coniungi 

cum utroque duorum determinabilium et separari ab altero, vel unum detet- 

minabile cum utraque (ex utroque) duarum determinationum, ut in illa 

oratione: ‘quaecumque scit litteras nunc didicit illas’ [...], et in hac oratione 

‘quicquid vivit semper est [...]. Similiter in illa: ‘quadraginta virorum 

centum reliquit divus (ex dives) \Achilles®. In hoc autem modo sensus 

compositus vocatur quando illa dictio coniungibilis diversis  coniungitur 

cum illo ad quod habet situm magis convenientem et divisus (ex divisis) 

vocatur quando separatur ab illo ad quod habet situm magis convenientem, 

ut quando coniungitur cum illo ad quod habet situm minus convenientem. 

Secundus modus est per hoc quod diversi termini possunt coniunctim 

esse unum subiectum vel unum praedicatum, vel possunt divisim unum 

esse subiectum et alterum praedicatum, ut in hac oratione ‘sedentem ambu- 

lare est possibile’ [....]. Potest enim totum dictum subici et modus praedicari 


et e converso, et est sensus compositionis; vel potest una pars dicti subici 

et alia praedicari et quod modus se teneat ex parte copulae, et est sensus 

divisus et propositio divisa [...]. Tertius modus ponitur prout plures 

termini possunt simul coniunctim subici vel praedicari in una proposi- 

tione categorica, et possunt etiam divisim subici vel praedicari, et aequi- 

valent tunc uni propositioni hypotheticae, ut in hac propositione: ‘quinque 

sunt duo et tria’ [...]» (op. cit., VII, 3). 



sia Alfonso Maierù 



proposizione (è il quarto modo) !®; la negatio negans può cadere 

sull’intera proposizione ipotetica, e rende la proposizione co: ‘ 

posta e falsa, o può cadere solo sulla prima categorica e la pro “ 

sizione allora è divisa e vera (quinto modo) !*; infine data lino. 

tetica « homo est asinus et equus est capra vel deus est Îae 

può avere una disgiuntiva, e la proposizione tutta è composta e 

vera, oppure una congiuntiva, ed è divisa a falsa (sesto modo) !4, 



Buridano, il quale non esclude che possano darsi altri modi 

ritiene che questi siano i principali !5, i 



5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham 



La trattazione del senso composto e del senso diviso nel 

secolo XIII e fino ad Alberto di Sassonia è caratterizzata da due 

elementi: a) innanzi tutto, come si è detto, un accostamento diretto 

al testo aristotelico, scavalcando la mediazione delle summulae 

o dei commenti agli Elenchi sofistici fioriti alla fine del secolo XII: 

questo accostamento è rivelato dai ‘modi’ presi in esame della 

maggior parte degli autori che sono riconducibili in genere ad 

esempi occorrenti in Aristotele; b) in secondo luogo, da un’ana- 

lisi condotta con i mezzi forniti dalla grammatica speccilerive; 

ed è singolare che se nel solo Duns Scoto, tra gli autori esaminati, 

le dottrine vengono in luce sistematicamente, l’uso di certa termi: 

nologia e certe interpretazioni vadano ricondotte alle dottrine della 

lasagne speculativa nelle quali trovano la loto giustificazione, 

L. sie sea come in Occam e Buridano, esse sono in via di 



Nel secondo quarto del secolo XIV in Inghilterra alcuni logici 



12 Ivi, 

13 Ivi. 

14 Ivi. 

145 Ivi. 



Terminologia logica della tarda scolastica 541 



impostano diversamente il problema. Emergono sugli altri Gu- 

glielmo Heytesbury prima e Riccardo Billingham poi. Entrambi 

dedicano un trattato ai problemi del senso composto e del senso 



diviso. Ma Heytesbury ne parla a lungo anche nel secondo capi- 

tolo delle Regulae solvendi sophismata, cioè il De scire et dubitare, 

e s'è detto che le Regulae vanno datate al 1335 ‘9, di modo che, a 



questa data, Heytesbury aveva elaborato la sua dottrina, almeno 

per quanto riguarda un capitolo fondamentale !. È probabile che 



14 Cfr. Introduzione, n. 83. 


17 Ma nei vari capitoli delle Regulae, cit., è presente la dottrina del 

senso composto e del senso diviso: cfr. De insolubilibus, f. Tra: « Sed 

ista obiectio et ratio nimis cavillatoria est, et bene potest dici sophistica, 

quia vadit solummodo ad verba et non ad intellectum, cum intelligantur 

omnia superius posita i sensu diviso; arguit autem iste cavillator contra ista 

in sensu composito: nimis enim esset prolixum in verbis tantum instare, 

ut nihil diceretur quod cavillatorie non posset impugnari. Ideo non tantum 

ad verba nuda, sed ad sententiam referas argumentum et videbis quam 

potenter concludit »; De relativis, f. 21rb: «‘Tam incipit aliquis punctus 

moveri qui per tempus quod terminatur ad instans quod est praesens 

quiescet, ergo iam incipit aliquis punctus moveri et ille per tempus termi 

natum ad instans quod est praesens quiescet’: notum est quod non valet 

consequentia, quia antecedens est verum in casu et consequens impossibile. 

Unde universaliter hoc nomen relativum relatum ad terminum stantem 

confuse tantum non habet sic exponi. Arguitur enim in huiusmodi exposi- 

tione a sensu composito ad sensum divisum », e f. 21va, a proposito di casi 

col verbo apparet (altri casi con apparet in De scire et dubitare, f. 14va); 

De incipit et desinit, f. 26rb: «Ad aliud cum arguitur quod Socrates in 

aliquo instanti desinet esse antequam ipse desinet esse, optime respondetur 

distinguendo illam penes compositionem et divisionem. Sensus divisus est 

iste: ‘in aliquo instanti antequam Socrates desinet esse, Socrates desinet 

esse’, et ille sensus claudit opposita. Sersus compositus est iste: ‘Socrates 

desinet esse in aliquo instanti antequam desinet esse’; in isto sensu tenendo 

totum illud aggregatum a parte praedicati, satis potest concedi illa propo- 

sitio »; De maximo et minimo, f. 31va-b: « Sed arguitur forte quod primum 

est falsum quia non est possibile quod 4 punctus sic movendo ita cito tangat 

punctum ultra 4 sicut 5, ergo 4 non poterit ita cito tangere aliquem punctum 

ultra 6 sicut %. Huic dicitur concedendo conclusionem, et ex ista non 



542 Alfonso Maierù 



in Inghilterra le Regulae siano state al centro di discussione al 

loro apparire; è certo però che del De scire et dubitare è stato 

fatto un adattamento incentrato sulla dottrina del senso composto 

e del senso diviso, adattamento che, sotto il titolo (che è l’incipit) 

Termini qui faciunt 8, ha avuto una certa fortuna nelle scuole !9. 


Viene da chiedersi quale dei due trattati di Heytesbury sia 

anteriore all’altro, se le Regulae o il De sensu composito et diviso: 

la fortuna arrisa al secondo capitolo delle Regu/ae, che non si 

spiega se fosse stato disponibile l’altro trattato, farebbe pensare 

all’antecedenza della composizione delle Regulae; l’altro trattato, 

in tal caso, sarebbe stato composto per l’esigenza di sistemare 

tutta la materia nel corso della discussione nell’ambito universi- 

tario. Ma questa è solo un’ipotesi e non abbiamo elementi suffi- 

cienti a confortarla. È un fatto però che, oltre ai termini modali, 

vengono in primo piano in questa discussione i termini che riguar- 



sequitur quin ita cito sicut 4 poterit tangere , poterit ipsum etiam tangere 

aliquem punctum ultra è, quia ista significat sensum divisum et alia concessa 

denotat compositionem », e ivi, f. 3lvb: « antecedens nam significat secundum 

divisionem, consequens autem secundum compositionem » (cors. mio). 


148 Cfr. appendice 1 a questo capitolo. Ma è da tener presente che anche 

il primo capitolo delle Regulae, cioè il De insolubilibus, ha avuto fortuna: 

cfr. WersnereL, Repertorium Mertonense, cit., pp. 212-213; il primo testo 

citato dal Weisheipl è l’expositio che ne fa Johannes Venator: cfr. il mio 

Lo « Speculum »..., cit., p. 313 n. 67. 


149 Il trattato fra l’altro è in due codici, Padova, Bibl. Univ. 1123 e 

Worcester, Cath. F. 118, che contengono, nella prima parte, una succes- 

sione di piccoli trattati che potrebbero aver costituito un corpus di manuali 

per principianti negli studi di logica, corpus formatosi nella seconda metà 

del sec. XIV in Inghilterra (il ms. padovano è inglese); il cod. di Worcester 

porta l'intestazione « Sophistria secundum usum Oxonie », mentre il rilievo 

per il codice padovano è dovuto al compilatore del catalogo manoscritto 

(cfr. c. 341). Il confronto fra il contenuto dei due codici merita un’analisi 

più approfondita. Il WersHEIPL, The Development..., cit., p. 159, rileva 

che al De scire et dubitare, comunque, si affiancano discussioni analoghe a 

Oxford: si ricordi fra l’altro, la discussione di John Dumbleton (primo 

libro della Surzzza) sull’intensio e remzissio della credenza, ecc. 



Terminologia logica della tarda scolastica 543 



dano ‘atti dell'anima’, come si vedrà in seguito; che termini 

modali e verbi designanti « actus animae » sono ferzzini officiales 

secondo la dottrina della probatio propositionis !°; che il De sensu 

composito et diviso di Billingham tratta prevalentemente dei zer- 

mini officiales!!; che in un adattamento anonimo !° dell’altro 

trattato di Billingham, lo Speculum, la dottrina della probatio 

dei termini officiales è ricondotta a quella del senso composto e 

del senso diviso, come non è nello Speculum di Billingham. : 


Tutto ciò fa pensare che i temi del De scire et dubitare di 

Heytesbury, più che non quelli del De sensu composito et diviso, 

abbiano avuto fortuna in Inghilterra per la dottrina che ci riguarda, 

a meno che non si postuli l’esistenza, in ambiente universitario, 

anteriormente a Heytesbuty e a Billingham e quindi ai manipolatori 

dei loto trattati, di un testo o di un dibattito che abbia condizionato 

e convogliato lo svolgimento successivo delle elaborazioni relative 

al senso composto e al senso diviso sui termini che saranno poi 

detti officiales !*. In tal caso però il De sensu composito et diviso 

di Heytesbury con la sua ricca articolazione resterebbe sempre più 

un fatto isolato che non trova precedenti, se non quelli lontani 

(e non sappiamo quanto noti in ambiente oxoniense) del seco- 

lo XII. Forse per sciogliere questo nodo sono necessarie altre 

indagini sui manoscritti. 


Ciò che caratterizza le analisi del senso composto e del senso 

diviso proposte in ambiente oxoniense rispetto a quelle dei secoli 

precedenti e dei contemporanei che operano in continente! è 



150 Cfr. cap. VI, $ 6. 


151 Vedi più avanti, p. 556. 


152 Cfr. Cambridge, Corpus Christi College ms. 378, ff. 34v-45v; per esso 

v. il mio Lo « Speculura »..., cit., pp. 302 e 323-324. 5 


153 L’ipotesi è stata già avanzata in Lo « Speculum »..., cit., pp. 389 390 

n. 128, sulla base d’un primo confronto tra i testi di Heytesbury e di 

Billingham. ; i : d 


154 Quando Occam scrisse il Tractatus logicae minor e l’Elementarium 

(nel quale ultimo dà ampio spazio alla dottrina delle fallaciae) era in con- 



544 Alfonso Maierà 



l’abbandono sia del testo aristotelico — che non viene più seguito 

da vicino e costituisce così solo il lontano punto di partenza 

della discussione — sia dell’impostazione mutuata dalla gramma- 

tica speculativa, quale abbiamo trovato in Duns Scoto: resta, di 

questa, un’esigenza che ormai la logica ha fatto propria da tempo, 

e cioè l’attenzione alla ‘struttura’ della proposizione esaminata; 

non sono però più rodi significandi o proferendi a fornire la intel- 

lectio dei vari sensus della proposizione, ma la ‘posizione’ occu- 

pata dalle varie dictiones. Il tema ha avuto uno sviluppo note- 

vole grazie alla discussione sulle proposizioni modali, come abbia- 

mo visto nel capitolo quinto, ma ora viene esteso a tutta la 

trattazione del senso composto e del senso diviso, e, più general- 

mente, diventa punto cruciale delle analisi logiche di questo 

periodo, giacché è su di esso che si incentra, come si è detto, anche 

la discussione della probatio propositionis. Un altro elemento 

caratterizzante è il controllo dei rapporti tra senso composto e 

senso diviso effettuato mediante corseguentia che, accennato qua 

e là in precedenza!5, viene esaltato nell’analisi proposta da 

Heytesbury. 


Ci siamo già occupati in altra sede del trattato di Heytesbuty !%; 



tinente da tempo (v. Introduzione, n. 75). 


155 Quanto ai rapporti d’inferenza dell’un senso dall’altro, già ABELARDO, 

Glosse super Periermenias..., cit., pp. 29-30, rilevava a proposito delle 

proposizioni con possibilis: «Et videtur semper affirmatio ‘possibilis’ de 

sensu inferre affirmativam de rebus; sed non convettitur [...]. E contratio 

autem negationem ‘possibilis’ de rebus inferre negationes de sensu», e 

p. 32: « Cum autem affirmative de ‘possibili’ de sensu inferant affirmativas 

de rebus (sed non convertitur) et negative de rebus negativas de sensu 

(sed non convertitur) [...]». Cfr. Occam, Elementarium logicae, cit., 

p. 123: «Est autem sciendum quod, licet talium orationum sint semper 

distincti sensus, tamen saepe unus sensus infert alium ita quod saepe 

impossibile est quod unus sensus sit verus sine alio [...]». Gli altri testi 

pongono paralogismi (figure sillogistiche), non conseguentiae. 


156 Cfr. Il « Tractatus de sensu composito et diviso » di Guglielmo Heyte- 

sbury, « Rivista critica di storia della filosofia », XXI (1966), pp. 243-263. 



Terminologia logica della tarda scolastica 545 



a questa esposizione rimandiamo per problemi particolari e ci 

limitiamo qui a richiamare gli elementi fondamentali che carat- 

tetizzano l’opera !7. 



Il maestro individua otto modi del senso composto e del 

senso diviso. Essi sono classificati in base ad elementi sincate- 

gorematici o che hanno importo sincategorematico. 



Il primo ha luogo con i termini ampliativi o modali 8: si ha 

senso diviso quando il ‘modo’ viene a trovarsi tra le parti del 

dictum e, se verbo, è in forma personale; si ha senso composto 

quando il modo precede il dictum e sta 4 parte subiecti: il modo 

in tal caso, se verbo, è impersonale !9. 



Il secondo modo ha luogo con i verbi dotati di « vis confun- 



157 Sarebbe da discutere lo stato del testo, anche in ordine ai commenti 

che esso ha avuto in Italia, ma è questione che ci porterebbe troppo lontano. 

Ci limitiamo qui a utilizzare l’edizione veneziana del 1494, che raccoglie 

le opere di Heytesbury. Nel prossimo paragrafo, parlando dei maestri italiani, 

diremo qualcosa circa il testo ch’essi avevano presente, almeno per quanto 

riguarda la distinzione dei vari modi. 


158 De sensu composito et diviso, cit., f. 2ta-b: « Et primus modus sicut 

in principio fuit exemplificatum est mediante hoc verbo ampliativo ‘pos- 

sum’ vel quocumque consimili ampliativo, sicut ‘convenit’, ‘verum’, ‘possi 

bile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et sic de aliis, quibuscumque similibus 

accidit compositio et divisio ». 


159 Ivi, f. 2rb: «Et sciendum est quid sit sensus compositus et divisus 

respectu primi modi, sicut et respectu aliorum modorum, et generaliter 

respectu quorumcumque modorum positorum, et primo cum hoc verbo 

‘potest’ sive fuerit suus modus, qualis est ille terminus ‘possibile’, ‘necesse’, 

‘necessario’ vel ‘de necessitate’ et sic de talibus. De quibus sciendum est 

quod quando aliquis ipsorum invenitur in aliqua prmpositione absque alio 

relativo implicativo sequenti [v. il 3° modo], tunc est sensus divisus et 

tunc tenetur illud verbum ampliativum in tali proposittone personaliter [...]. 

Sed quando illud verbum ‘potest’ vel suus modus totaliter praecedit in 

aliqua propositione, tunc est sensus compositus et tunc sensus compositus 

significat identitatem instantaneam possibilem respectu istius compositionis 

sequentis illum terminum ‘possibile’ et tunc tenetur ibi talis terminus 



35 



546 Alfonso Maierù 



dendi » 1: si ha senso composto quando il verbo precede gli altri 

termini, e senso diviso quando tale verbo non è il primo nella 

proposizione 181, 


ì Il terzo modo si verifica con il pronome relativo !£. Il caso 

più semplice è quello del pronome gui: esso può avere expositio 

in et ille; se ha expositio, la proposizione categorica equivale a 

una ipotetica, cioè alla congiunzione di due proposizioni catego- 

riche; se non ha expositio, la proposizione resta categorica. Si ha 

senso composto nel secondo caso, senso diviso nel primo !£, 



ampliativus impersonaliter [...] »; v. cap. V, $ 7. 


10 Ivi, £ 2rb: «Secundus modus est mediante termino habente vim 

confundendi, sicut sunt huiusmodi verba: ‘requiro’, ‘indigeo’, ‘praesuppono’ 

incipio’, ‘desidero’, ‘cupio’, ‘volo’, ‘teneo’, ‘debeo?’, ‘necessarium’, 

‘semper’, ‘in aeternum’, ‘aeternaliter’, ‘immediate’, et sic de aliis ». ” 


del Nel primo caso non è lecito il descersus dal termine confusus ai 

suoi inferiora, mentre nel secondo il termine non confusus ha supposizione 

dreraioit Ma Heytesbury non si sofferma su tutto ciò. 


; "Ivi: « Tertius modus est mediante termino relativo ‘qui’, ‘quae’ 

quod’, qualiscumque?, ‘quicquid’, et hoc maxime respectu termini com- 

munis stantis confuse tantum, sicut sic arguendo: immediate post hoc erit 

instans quod immediate post hoc erit, ergo immediate post hoc erit instans 

et illud immediate post hoc etit ». 


; 163 Ivi, £. 2va-b: «Nota hic duas regulas pro relativis. Prima est quod 

illud relativum ‘qui’, ‘quae’, ‘quod’ vel ‘quid’, quandoque exponitur per 

unam coniunctionem ‘et’ et per illud relativum ‘ille’, ‘illa’, ‘illud’, et ali- 

quando non exponitur, [1] quando ipsum praecedit negatio vel terminus 

includens negationem, [2] et quando refert terminum stantem confuse tan- 

tum, [3] et quando praecedit verbum principale, sicut patet in proposi 

tionibus antedictis in tertio modo. — Secunda regula est, quod quando 

relativum ponitur in eadem categorica, supponit sicut suum antecedens 

ut ‘omnis homo est animal quod est rationale’, sed relativum positum in 

alia categorica variat suppositionem, ut ‘omnis homo est animal et illud 

est rationale’: quia terminus relativus numquam debet sic exponi dum 

refertur ad terminum communem stantem confuse tantum (cfr. [2]), sive 

post negationem (cfr. [1]), sive post terminum distributum immediate 

positum, quod fit quando propositio est in sensu composito. [...]: tunc est 

sensus divisus quando illud relativum subsequitur verbum principale. Li] 



Terminologia logica delli tarda scolastica 547 



Il quarto modo si ha con i termini infinitus e totus che, quando 

precedono tutta la proposizione, hanno valore sincategorematico, 

altrimenti hanno valore di categoremi: nel primo caso la proposi- 

zione è in senso diviso, nel secondo in senso composto !*. 



Il quinto modo si ha con la congiunzione ef !9 posta fra ter- 

mini che stanno 4 parte subiecti o 4 parte praedicati 16. essa fa 

senso composto quando dalla proposizione originaria non è possi- 

bile inferire una congiunzione di proposizioni, senso diviso nel 

caso contrario o quando sia possibile inferire una proposizione 



contenente uno dei due termini senza l’altro col quale in origine 



stava in congiunzione !. 



Il sesto modo si verifica quando occorre la congiunzione 



tune est sensus compositus quando illud relativum praecedit verbum princi- 

pale (cfr. [3]), et hoc sive illud relativum sumatur in recto sive in 

obliquo ». 


16 Ivi, f. 2rb: « Quartus modus est mediante termino quandoque cate- 

gorematice sumpto quandoque syncategorematice, cuiusmodi est terminus 

‘infinitus, -ta, -tum’, ‘totus, -ta, -tum’; et ad hunc modum possunt reduci 

isti termini prius positi adverbialiter, scilicet ‘semper, ‘in aeternum?’, ‘aetet- 

naliter? et sic de aliis » (l’autore li ha posti anche nel secondo modo, n. 160); 

f. 2vb: «Unde generaliter quando iste terminus ‘infinitum’ vel aliquis 

huiusmodi terminus syncategorematice praecedit  totaliter propositionem 

ita quod istum non antecedit aliquis terminus qui est determinatio respectu 

istius termini stantis syncategorematice, tunc est sensus divisus [...]»: se 

ne inferisce che nel caso contrario si ha senso composto (ma cfr. f. 3ra: 

«[...] sed quando aliquis terminus determinabilis respectu istius praecedit 

ipsum quando ponitur a parte subiecti, tune tenetur categorematice, sicut 

quando ponitur a parte praedicati [...]»). 


165 Ivi, f. 2rb: « Quintus modus mediante illa copula coniunctionis ‘et’, 

sicut sic arguendo: isti homines sunt Romae et Ausoniae, igitur isti 

homines sunt Romae ». 


166 Si ricava dagli esempi che occorrono ivi, ff. 3ra-b. 


167 Ivi, f. 3ra: « Respectu notae huius coniunctionis ‘et’, si fiat compo- 

sitio vel divisio, faciliter potest cavillari, quia differentia faciliter apparet 

inter sensum compositum et divisum»; è infatti uno dei modi più tradi 

zionali. L'ultimo caso ha riscontro nel testo della n. 165. 



sa Alfonso Maierà 



vel'®: si ha senso diviso quando è possibile interpretare la pro- 

posizione originaria come una disgiunzione di proposizioni cate- 

goriche, e senso composto quando ciò non è possibile !9, 


Il settimo modo ha luogo con le determinazioni ita o sicut 

in quanto esse hanno il potere di limitare ‘a un certo tempo’ 

(passato, presente, o futuro) la supposizione dei termini se- 

guenti !”; se una proposizione è preceduta da una tale determina- 

zione e non è « de simplici subiecto et de simplici praedicato » 17, 

si da senso composto; se invece la determinazione manca, si ha 



1 Nel primo elenco dei modi, questo appare come settimo (ivi, f. 2rb): 

« Septimus modus mediante ista disiunctione ‘vel’, ut patet in hoc sophi- 

sma(te): ‘omnis propositio vel eius contradictoria est vera’ ». Ma nell’espo- 

sizione dei modi esso è discusso come sesto (£. 3rb). 


19 L’autore non fornisce molti elementi. Precisa tuttavia, nell’ambito 

della validità delle regole della disgiunzione note dalla logica degli enun- 

ciati (ivi, £. 3rb): «[...] si vero fuerit post distributionem vel negationem 

vel aliquem terminorum habentem vim negationis distribuendi vel confun- 

dendi, tunc [non] fallit argumentum tamquam ab inferiori ad suum supe- 

rius cum negatione vel distributione, quia universaliter disiunctus est supe- 

rior quam aliqua eius pars; ideo non sequitur: tu differs ab asino, ergo 

tu differs ab homine vel ab asino » (differo è termine confundens). 


170 È sesto nella prima elencazione dei modi; ivi, f. 2rb: « Sextus modus 

est mediante illa determinatione ‘ita’ vel ‘sicut’, ut “ita erit’, ‘ita fuit, ‘ita 

est’, ‘sicut est’, ‘sicut fuit’, ‘sicut erit’, ut sic arguendo: ita est quod Socrates 

erit tantus sicut Plato, ergo Socrates erit tantus sicut Plato, vel e contra ». 


I Ivi, f. 3rb: «Quando arguitur componendo vel dividendo mediante 

hac determinatione ‘ita est’, ‘ita fuit’, ‘ita erit’, ‘ita potest esse’, vel respectu 

termini distributi, vel respectu duplicis compositionis, vel negationis, vel 

alicuius habentis talem vim cuiusmodi est iste terminus ‘necesse’, frequenter 

fallit ille modus, ut sic arguendo: ita erit quod tu es omnis homo existens 

in ista domo, igitur tu eris omnis homo existens in ista domo [...]. Respectu 

tamen compositionis simplicis, de simplici subiecto et de simplici praedicato, 

bene valet consequentia: ita erit quod tu eris episcopus, ergo tu eris 

episcopus [...], et causa est, qui ad idem instans refertur determinati et illa 

propositio, sed non est sic de aliis ». Sembra quindi che, per Heytesbury, 

quando la proposizione che segue la determinazione ha lo stesso tempo della 

determinazione, è valida l’inferenza, se invece il tempo della proposizione è 



Terminologia logica della tarda scolastica 549 



senso diviso, giacché in tal caso soggetto e predicato, la il tempo 

del verbo non è al presente, si comportano come in qualsiasi propo- 

sizione di verbo ampliativo. eda) 

L’ottavo modo è proprio dei verbi che designano atti dell dia 

letto o della volontà !?; alcuni di essi sono elencati nel secon " 

modo tra i termini aventi «vis confundendi» . Essi hanno quia i 

capacità di ‘confondere’ i termini seguenti, ma oltre fa ciò ue 

il potere di far sì che il dictum seguente « appellat se pi 

Si ha senso diviso quando il verbo sta tra = parti del Ing Um; 

se invece totalmente lo precede '® o lo segue !, allora si ha senso 



composto. Mo Le 


A questi otto modi Heytesbury fa seguire in una p 14 

cazione un nono modo, che poi tralascia nella span pren 

zione, perché ritiene sia da considerare sotto la E e ca 

niîs », ma che avrà fortuna presso i commentatori del seco ; 



Ecco il testo: 



Nonus modus, mediante termino nie poso a ser legni | 

5 > a i 

i de futuro ad eundem termim r 


respectu verbi de praeterito vel d i eun È È 


- a parte praedicati; respectu eiusdem verbi qui modi possunt redu 



i i i eno 


diverso da quello della determinazione, l’inferenza non è valida (così alm 


i o i 1 n * DIRCI n 

Se ruta « Octavus modus mediantibus terminis pe reni 

volusitatisi sive intellectus significantibus, sicut sempe en oc verl ; 

‘haesito”, ‘credo’, ‘volo’, ‘desidero’, ‘appeto’ et sic de aliis ». 


173 Cfr. n. 160. 



17 Cfr. cap. I. | 3 RE 

5 De sensu composito et diviso, cit., f. 3va: « [...] et tunc est 



So È pins ue 

divisus in istis propositionibus, nre ed pr gen 

i i jat inter huiusmodi casi 

intellectus seu voluntatis media i | È : 

infinitivi modi [...]. Sed quando huiusmodi verbum praecedit totaliter, tunc 


t sensus compositus [....] ». . . : 

ha 176 Questa precisazione è solo nel De scire et dubitare, cit., f. 13rb (è pic 

attenuata nel trattato De sensu composito et diviso?), ma è Ra a 

incertezza dall'autore: cfr. il mio Lo « Speculum »..., cit., pp. 389- 9 



ni Alfonso Maierù 



ad compositionem vel divisionem, sed magis est fallacia figurae dictio- 

nis, ut ‘album erit nigrum, ergo nigrum erit album’: non sequitur 1”, 



Per tutti i modi, Heytesbuty precisa che l’inferenza dal senso 

composto al senso diviso, o viceversa, non vale a meno che ciò 

non sia possibile « gratia terminorum » 19: così, per l’ottavo 

modo, quando occorre il pronome hoc in una proposizione il cui 

verbo sia scio, senso composto e senso diviso sono equivalenti 



1? De sensu composito et diviso, cit., f. 2rb: il testo ha 4 parte praeteriti 

invece di 4 parte praedicati. 



178 Per il primo modo, cfr. ivi, f. 2va :« Arguendo a sensu diviso ad 

sensum compositum, ubi sensus divisus verificetur per huiusmodi succes- 

sionem respectu diversarum partium temporis cuius compositio est possibi 

lis pro instanti, consequentia non valet. Sed respectu terminorum in quibus 

huiusmodi compositio est possibilis per instans nec aliunde per aliquam rela- 

tionem implicativam aliud denotatur per sensum divisum quam per sensum 

compositum, vel e contra, valebit consequentia »; per il secondo modo, ivi: 

« Arguendo a sensu composito ad sensum divisum mediante aliquo termino 

habente vim confundendi terminum sicut prius est dictum, generaliter conse- 

quentia non valet »; per il terzo modo, ivi: «Item respectu terminorum 

relativorum non valet consequentia a sensu composito ad sensum divisum 

communiter, nisi fuerit gratia materiae » (ma un discorso più complesso si 

vedrà nei commenti); per il quarto, ivi, £. 2vb: «[...] respectu terminorum 

qui sumuntur aliquando categorematice, aliquando syncategorematice, infe- 

rendo sensum compositum ex sensu diviso fallit consequentia »; per il 

quinto, ivi, f. 3ra: «Sed satis possunt faciliter aliqui respondere dicendo 

quod non valet consequentia arguendo a sensu diviso ad sensum compo- 

situm seu e converso mediante illa nota coniunctionis ‘et’ post terminum 

distributum. Similiter cum ista coniunctio ‘et’ copulat duos terminos a parte 

subiecti positos quorum unus est distributus alius non, difficilis est re- 

sponsio [...] » (ma la differentia fra i due sensus faciliter apparet: cfr. n. 167); 

per il sesto, cfr. n. 169; per il settimo, cfr. n. 171; per l’ottavo, ivi, f. 3va: 

«In omnibus (sc. exemplis) nam est sensus divisus impertinens sensui compo- 

sito et e converso et proptetea est consequentia mala [...] » e «[...] potest 

igitur dici quod non valet consequentia huiusmodi arguendo a sensu diviso 

ad sensum compositum nisi gratia terminorum ». 



551 



Terminologia logica della tarda scolastica 



i ALE i drianii 

giacché è irrilevante che il termine immediato (hoc) preceda o segu 

; 179 

verbo !?. Ho E: E° 

î Il trattato di Heytesbury non è privo di ge sog 

testo che abbiamo esaminato !°, e non sempre gli eleme La 

valgono a chiarire la portata delle affermazioni del ce (slide 

i i in ciò sia ir 

i i trina. Ma aiutano in ciò s : 

fissarne con chiarezza la dot i . e 

a quanto sappiamo delle dottrine precedenti (per bm o a 

le proposizioni cum dicto, specie le moda li, e i ta ig pe 

tutto, mentre per quanto riguarda i relativi ca der ci 

sun i che però no! 

Y- h, Occam, Sutton ‘*, 1 

e s'è detto, a Burleigh, pe a 

Lnccvis in termini di senso composto e La diviso), s 

mi ro Wo Siae zan] i sedi de scire — ha 

Su tutti i modi, l'ottavo — ge 

in Heytesbury la trattazione più estesa nel De sensu sonpasie Ù 

i i sta - 

ivi. Itre a quella delle Regulae). Questi verbi, cui è i 

ap i ione 12, nel secolo XIV rice- 

pre riservata una particolare attenzione "*, cer 

vono, come si è detto, un’accurata analisi. Nella Logica 

» 



i ini i i insieme 

i verbi scio, dubito, volo e i termini modali sono trattat 



izi ivisione: si ha senso composto 

i i e e alla divisione: si np 

ordine alla composizione e ( cl 

cina uno di questi termini precede il resto ar Line pa 

i i i tra gli elemen 

i ivi ndo il termine sta le del 

ice i 5 in fine della proposizione (cioè 

dictura; quando invece sta in tin mana 

icati izione s assi 

a parte praedicati), la proposi? id Art 

probata in senso composto o in senso A 



i iu Cit., pp. 254-255. 


19 ivi, f. 3va, e Il «Tractatus »..., cit., PP. 4? sala 


180 iaia a e e alla successiva eliminazione del nono ;i 

basta scorrere i rilievi fatti nelle note precedenti. 


181 . VI, n. 132. : nu: . dr 

182 ‘n dall'Ars Meliduna, cit., p. 348, dove i verbi | piso | A 

sono detti verbi « quorum significatio proprie ce si - sg 

i Strope, Logica, cit., f. 19ra: « Et ideo quando in dun ga 

orum: ‘scio’, “dubito”, ‘volo’ et terminus rogge peo grin 

: ; ° i i ici Opos: 


i iti dictum, dicitur talis pr s A 

iragiorg pg sorde » ‘possibile est album esse nigrum’. F 

posito, ut ‘scio Socratem currete’, pos 


» 



952 Alfonso Maierù 



più che al posto occupato dai verbi indicanti atti dell'anima e dai 

modi, bada, come si è visto !#, alla supposizione che essi conferi» 

scono ai termini sui quali operano: nel senso composto causano 

supposizione semplice, nel senso diviso supposizione personale. 


La stessa tesi di Strode è sostenuta dall’anonimo adattamento 

dello Speculum contenuto nel ms. 378 del Corpus Christi College 

di Cambridge: si ha senso composto quando uno dei detti termini 

(e sono zerzzini officiales) precede il resto della proposizione, senso 

diviso quando sta per i termini del dictum; quando sta in fine, 

allora indifferenter si può avere senso composto o senso diviso 185, 



quando mediat accusativum et infinitum verbi in propositione, ut ‘album 

possibile est, vel potest esse nigrum’, dicitur sensus divisus. Sed quando 

finaliter sequitur, dubitandum est arguentem, an velit tenere talem propo- 

sitionem arguens in sensu composito vel in sensu diviso, sicut in ista 

‘omnem hominem esse animal est necessarium’. Si sumatur in sensu compo- 

sito, conceditur quod sic tunc debet probati: talis propositio est necessaria, 

scilicet ‘omnis homo est animal’, praecise significans quod omnis homo est 

animal, ergo omnem hominem esse animal est necessatium. Et si capiatur in 

sensu diviso, debet probari ut universalis, scilicet per singularia vel pet 

exponentes, quarum quaelibet est falsa »; cfr. anche ff. 19rb e 26vb. 


14 Cfr. capp. V, $ 7, e VI, $ 6. 


185 Op. cit., f. 42r-43r: «Termini officiabiles sunt omnes termini fa- 

cientes sensum compositum et solum talis propositio in sensu composito est 

officiabilis. Et termini facientes sensum compositum sunt omnia signa mo- 

dalia, ut ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et ‘necessarium’, et omnia 

verba significantia actum mentis, ut ‘scire’, ‘nolle’, ‘credere’, ‘imaginari’, 

‘percipere’, ‘dubitare’, ‘haesitare’, ‘demonstrate’ et similia. Unde quando 

aliquis istorum terminorum totaliter praecedit dictum propositionis facit 

sensum compositum (tantum 4dd. inferl.), ut ‘scio deum esse’, ‘possibile est 

hominem esse animal’. Sed quando aliquis istorum terminorum intermediat 

dictum propositionis, scilicet (ponitur) inter accusativum casum et infini- 

tivum modum, tunc facit sensum divisum tantum, ut ‘hominem possibile est 

cuttere’. Sed quando aliquis istorum terminorum finaliter  subsequitur 

dictum propositionis, tunc ista propositio potest indifferenter sumi in sensu 

composito vel in sensu diviso, ut ‘hominem cutrere est possibile’. Omnis 

propositio in sensu composito est officiabilis, ut ista ‘necesse est deum 

esse’ sic officiatur: talis propositio est necessaria ‘deus est” propter eius 



Terminologia logica della tarda scolastica 553 



Il trattato Termini qui faciunt, a proposito degli stessi termini 

(modali e verbi designanti atti dell'anima), scrive « [...] quando 

aliquis praedictorum terminorum vel consimilium praecedat tota- 

liter dictum propositionis vel finaliter subsequitur, tunc ii 

illa propositio in sensu composito », e aggiunge: « sed quando - 

quis dictorum terminorum mediat dictum propositionis, id est 

ponitur in medio inter accusativum casum et modum infinitum, 

tunc illa propositio est totaliter accepta in sensu diviso »!; 



ica - SAR 

la stessa tesi ritroviamo nell’anonimo trattato Termini cu. 



quibus ®8. 



Il trattato De sensu composito et diviso di Riccardo Billin- 

gham è da ricondurre a queste ultime discussioni. be 

L’autore si interessa a quello che considera il primo modo 



primarium significatum ‘deum esse’, igitur necesse est deum esse. Li Lay 

propositio in sensu diviso est resolubilis, si primus e sit reso! - ni 

vel exponibilis, si primus terminus sit exponibilis. tì um prim: ; - 

‘hominem possibile est currere’ sic resolvitur: hoc possibile est nn fa 

hoc est homo, igitur etc. Exemplum secundi: ‘omnem esi pe 


est currere’ sic exponitur: hominem possibile est currere et nih | est homo 

quem vel quam non est possibile currere, igitur etc. Unde propositio è rg 

diviso debet probari per primum terminum mediatum in illa i proposi ros : 

Il primo termine sul quale la probatio si opera può essere impedito Si A DI s° 

«Sed nota quod primus terminus. probabilis impeditur sex mo; 1 ni 

modo, per propositionem hypotheticam, ut ‘si homo currit, “1 currit?. 

Secundo modo, per propositionem modalem in sensu composito, ut pe 

cutrere est impossibile’. Tertio modo, per exceptivam et per exe cp 

ut ‘omnis homo praeter Socratem currit?. Quarto modo, in propositione p cr 

ralis numeri, ut ‘duo homines habent duo capita’. Quinto modo, pa 5 

relativum ponitur a parte praedicati et refertur ad terminum stantem discre e 

vel determinate, ut ‘homo currit qui est albus?. Sexto modo; per ig 

tionem negativam, quae debet probari per eius oppositum, ut n us e 

currit’ ». A_ parte l’ultimo modo, ben noto agli altri sostenitori E" pro pei 

i primi cinque non sono ricordati come impedienti la probatio del primo 


mine: ma essi richiamano regole del senso composto note in past 

(1° e 2°, 4°) o al tempo dell’autore (5°); per il terzo modo, cfr. il cap. IV. 


186 Cfr. appendice 1. 

187 Cfr. appendice 2. 



554 Alfonso Maierà 



e che ha luogo con i termini officiales: modali e verbi signifi- 

canti actum mentis! Degli altri modi, egli ricorda quello che 

può essere luogo con e?! o con vel!9, Ma, per quanto riguarda 

il primo modo, egli afferma categoricamente ! che si ha senso 

composto quando il termine comune è preceduto da un termine 

officiabile e senso diviso quando il termine comune segue il 

termine officiabile ‘2, giacché la probatio propositionis può essere 

fatta solo in base al primo termine della proposizione !?, Per il 

resto, il trattato non contiene novità né a proposito della dottrina 

che qui ci interessa, né per quanto attiene alla probatio della pro- 

posizione quale la conosciamo. 


i È necessario rilevare, concludendo queste note, che la dot- 

trina della probatio si è così impadronita di quella del senso com- 

posto e del senso diviso, che in Heytesbury si presentava come 

una sistemazione dei vari capitoli della logica di quel tempo-in 

funzione di un preciso punto di vista. Questo predominio della 

probatio sul senso composto è sul senso diviso dopo Heytesbury 

permetterà, come vedremo, ai maestri italiani di spiegare il testo 



. de Op. cit., p. 387: « Voco autem officiale omnem terminum verbalem 

significantem actum mentis, ut ‘imaginor’, ‘intelligo’, ‘scio’, ‘credo’, ‘dubito’ 

‘significat’, ‘supponit’ et huiusmodi, quae communiter verba non sunt vera 

actus singulis simplicis sicut sunt huiusmodi verba ‘percutio’, ‘vendo’, ‘do’ 

et huiusmodi »; ma si veda, per i modali, ivi e Speculur, cit., pp. 345-346. 


o Ms. Paris, B.N., lat. 14715, f. 82ra: « Penes secundum modum com- 

positionis et divisionis fiunt per o" (notam?) copulationis ut ‘quinque sunt 

duo et tria’, quae falsa est ». 


DE Cfr. ivi, f. 82ra: «Similiter in sensu diviso cum disiunctione, ut 

contingit hoc esse, igitur contingit hoc esse vel non esse; tu scis 4 vel b 

igitur tu scis 4; haec significat 4 esse, igitur significat & esse vel £ non 

esse »: Evidentemente Billingham, che non si rifà al trattato di Heytesbury, 

adotta uno schema tradizionale in due o tre modi, al quale si riferisce, 


191 BILLINGHAM polemizza contro chi sostiene che si abbia senso composto 

anche quando l’officiabile segue gli altri elementi della proposizione: cfr 

op. cit., pp. 389 sgg. ° 


192 Ivi, pp. 387-389. 


19 Cfr. Speculum..., cit., p. 373. 



—1 



Terminologia logica della tarda scolastica 553 



di Heytesbury con le nuove regole, in modo da eliminare ogni 

incertezza dall’opuscolo del maestro. 



6. I trattati italiani dei secc. XV-XVI 



In Italia la dottrina che studiamo ha avuto due forme, legate 

a due diverse tradizioni. La prima (per la quale basti ricordare 

Paolo Veneto), è quella più diffusa nella logica inglese, incen- 

trata sui termini officiales; l’altra — della quale esamineremo, 

nell'ordine, i testi di Paolo da Pergola, Battista da Fabriano, 

Alessandro Sermoneta, Bernardino di Pietro Landucci e Bene- 

detto Vettori — segue invece da vicino il resto di Heytesbury, che 

in Italia ha avuto enorme fortuna. 


Paolo Veneto tratta ex professo del senso composto e del 

senso diviso nel trattato 21 della prima parte della Logica magna. 

Riconosciuto che la dottrina « ortum trahit a terminis officia- 

bilibus » !*, egli respinge la tesi di coloro che assumono la proposi- 

zione in senso composto quando il modus! precede il dictum 

o lo segue e in senso diviso quando esso sta tra le parti del 

dictum '6, ma respinge anche la tesi di chi (come Pietro di Man- 

tova) ritiene che si ha senso composto solo quando il modus pre- 

cede il dictum, mentre quando esso sta tra le parti del dicturz 0 lo 

segue si ha senso diviso !”. Per parte sua si schiera con coloro che 



14 Logica magna, cit., I, 21, f. 76rb. 


195 Si ricordi (cfr. cap. VI, n. 279 e il cap. V, sulle proposizioni modali), 

che Paolo Veneto ammette varie specie di ‘modi’; cfr. ivi, f. 76rb-va: « Pro 

quo est notandum quod omnes illi modi superius explicati, puta nominalis, 

verbalis, participialis et adverbialis, sensum compositionis et divisionis expri- 

mere possunt, sed qualiter est difficultas ». 


196 Ivi, f. 76va: « Dicunt quidam quod universaliter quandocumque modus 

simpliciter praecedit orationem infinitivam vel finaliter subsequitur eandem, 

sensus compositus firmiter nominatur, ut ‘possibile est Socrates currere’, 

“Socratem currere est possibile’; sed quando mediat dictum, sensus divisus 

vocatur, ut ‘Socratem possibile est currere’ ». 


197 Ivi: « Alli dicunt quod quando modus simpliciter praecedit est sensus 



256 Alfonso Maierù 



ritengono che il modus posto in fondo fa sì che la proporzione sia 

assunta indifferenter in senso composto e in senso diviso: 



Dico ergo aliter tenendo medium istorum, quod quandocumque modus 

simpliciter praecedit dictum categoricum vel hypotheticum facit sensum 

compositum, et quando mediat verbum dicti et primum extremum 

tenetur in sensu diviso; sed quando finaliter subsequitur idem potest 

indifferenter sumi in sensu composito et (in) sensu diviso 18, Li 



Quando è in senso composto, la proposizione è officiabile in ragione 

del termine officiabile che precede o segue il dictum (la proposi- 

zione, con l’officiabile che segue il dicturz, aequipollet ‘9 a quella 

con l’officiabile che precede); ma quando è in senso diviso essa 

è resolubile. Ma bisogna fare attenzione: quando la proposizione 

in senso diviso ha il zzodus «a patte praedicati », se un termine 

comune precede il verbo di modo infinito, la probatio comincia 

dal termine comune; ma se il verbo è preceduto solo da un termine 

immediato, la probatio comincia dall’officiabile anche quando 

questo sia preceduto da un termine comune posto comunque dopo 



compositus ut prius, sed quando mediat vel finaliter subsequitur est sensus 

divisus, ut “4 scio esse verum’ et ‘4 esse verum est scitum a me’ ». Cfr. 

PieTRO DI MANTOVA, Logica, cit., f. [105va]: «Item, praemittamus quod 

verba pertinentia ad actum mentis faciunt sensum compositum et sensum 

divisum. Faciunt autem sensum compositum cum totaliter praecedunt dictum 

propositionis, ut ‘scio hominem currere’; sensum autem divisum faciunt cum 

inter partes dicti mediant aut totaliter sequuntur: ideo haec est in sensu 

diviso ‘hominem scio currere’, aut ‘hominem cutrere scio’ » (è il trattato 

De scire et et dubitare, e la giustificazione è che questi verbi operano la 

e a sui termini seguenti, non su quelli precedenti; si veda cap. VII, 

198 ; i 

" Ried ale Logica magna, cit., I, 21, f. 76va; in luogo di surzi, 

19 Ivi: «In sensu composito est falsa (sc. propositio ‘creantem esse 

deum est necessarium’) quia tunc aequipollet huic ‘necessarium est creantem 

esse deum’ et officiabilis, sicut illa valet: propositio est necessaria ‘crean: 

est deus’ sic primarie significando, quod falsum est ». i 



Terminologia logica della tarda scolastica 557 



il verbo di modo infinito ?°, Degli officiabili, i termini modali 

nella forma verbale fanno senso composto se sono presi imper- 

sonalmente, senso diviso se presi personalmente ?", mentre la 

loro forma avverbiale, che è esponibile, si comporta in tutto 



come la forma nominale ?®. 

La proposizione interpretabile in senso composto e in senso 



200 Ivi: « Est ergo pro toto notandum quod quando talis modus finaliter 

subsequitur et tenetur in sensu diviso, si verbum infinitivi modi terminus 

mediatus praecedit, ab ipso incipiatur probatio propositionis. Si autem fuerit 

terminus immediatus, a modo incipiatur probatio propositionis per offi- 

ciantes, non obstante quod ipsum praecesserit terminus mediatus existens 

post verbum, verbi gratia dicendo: ‘hoc esse creans est necessarium’, illa 

propositio officiabilis est sicut illa cui aequipollet: ‘hoc necessarium esse est 

creans’. Sed dicendo: ‘hoc creans esse est necessarium’, propositio illa est 

resolubilis respectu istius termini ‘creans’, sicut illa ‘hoc creans necesse est 

esse’. Ita ergo quod si dicerem ‘deum esse creantem est necessarium’, primus 

terminus probabilis est li ‘deum’ et secundus est li ‘necessarium’. Sed si 

dicerem: ‘deum cteantem esse est necessarium’, primus terminus est li 

‘deum’ et secundus li ‘creantem’, dato adhuc quod sit appositum verbi 

infinitivi ». È da notare che, allo stesso proposito (senso diviso con modo 

in fine), l’autore ha sostenuto che la proposizione « creantem esse deum est 

necessarium » è resolubile grazie al termine creanferz, così: « hoc esse deum 

est necessarium et hoc est creans, ergo creantem esse deum est necessarium », 

e che la proposizione « hoc esse deum est necessarium » va officiata (« Et 

in sensu diviso similiter, quia debet officiari immediata facta resolutione 

primi termini [...]», ivi). 


201 Ivi, f. 76vb: «Verumtamen est notandum quod huiusmodi verba 

‘potest’ et ‘contingit’ non habent huiusmodi distinctionem. Quandocumque 

nam personaliter sumuntur faciunt sensum divisum, ut ‘antichristus potest 

esse’, aut ‘Socrates contingit currere’; sed quando impersonaliter sumuntur, 

tune faciunt sensum compositum, ut ‘potest esse quod antichristus sit, vel 

currat”, ‘contingit hominem currere’ aut ‘contingit quod Socrates legit, vel 

disputat’ etc. ». 


202 Ivi: « Quaecumque igitur dicta sunt de terminis officiabilibus possunt 

etiam in terminis modalibus exponibilibus confirmari, ita quod quando modus 

praeponitur facit sensum compositum, ut ‘necessario omnis homo est animal’, 

quando mediat inter subiectum et praedicatum facit sensum divisum, ut 

‘omnis homo necessario est animal’; sed quando finaliter subsequitur potest 



558 Alfonso Maierù 



diviso può essere vera o falsa in entrambi i sensi: ma è necessario 

distinguere questi sensi, a meno che la proposizione non sia vera 

in entrambi 2°. Regola generale è la seguente: « A sensu composito 

ad sensum divisum et e converso non valet argumentum » 24, anche 

se in casi particolari l’inferenza può essere valida 25, 



I maestri che commentano il testo di Heytesbury ne espon- 

gono la dottrina in sette o otto modi 2%: in genere i modi 5 e 6 

di Heytesbury sono trattati in uno solo, il quinto 2”, mentre c'è 

oscillazione a proposito dell’ultimo modo appena accennato da 

Heytesbury: alcuni ne trattano, altri no ?®, 



indifferenter sumi in sensu composito vel diviso, ut ‘omnis homo est animal 

necessario’ », 


. i Ivi, f. 76va: « Dico quod quaelibet istarum (sc. propositionum) et con- 

similium cum proponitur est distinguenda secundum compositionem et divi- 

sionem nisi in utroque sensu fuerit vera ». 


24 Logica parva, cit., III, e Logica megna, cit., I, 21, f. 76vb: «Ex 

ista sententia infero istam conclusionem, quod a sensu composito ad sensum 

divisum cum termino officiabili frequenter fallit argumentum [....]. Similiter 

a sensu diviso ad sensum compositum non valet talis forma arguendi [...] ». 


ca Ivi, f. 74va: «Et si ex his concluderes quod sensus compositus con- 

vertitur cum sensu diviso, dico quod verum est quando utrobique modus est 

primum probabile [...]. Sed quando modus non utrobique est primus ter- 

minus, tunc sensus compositus non convertitur cum sensu diviso [...] ». Si 

tratta, in tal caso, dell’equivalenza (convertitur) tra i due modi. 


206 Invece di « Unde octo vel novem modis accidit [...] » del f. 2rb del- 

l'edizione 1494 del testo di Heytesbury, il ms. Roma, Bibl. Casanat. 85, f. 8rb, 

il ms. Venezia, Bibl. Marciana, Z. lat. 277 (= 1728), f. 12v, e l’ed. 1501 col 

commento di Sermoneta, cit., f. 3rb, leggono « Unde septem vel octo 

modis [...] ». 


ar Il testo del 1501, cit., f. 12rab: « Quintus modus mediante illa copula 

coniunctionis ‘et’ et ‘vel’ [...] »; il ms. Marciano, al f. 12v, pone solo la 

« copula coniunctionis ‘et’ » e non accenna a vel; ma a f. 14r tratta di e£ 

e al f. 14v, di seguito, di vel. 


208 I mss. Casanat. e Marciano non hanno l’ottavo modo (il nono di 

Heytesbury) né, dei commenti, lo hanno quelli di Paolo da Pergola e di 

Benedetto Vettori, come si vedrà. 



Terminologia logica della tarda scolastica 559 



Il primo di questi commenti è quello di Paolo da Pergola. 

Il maestro discute sette modi e di ciascuno considera analitica- 

mente gli elementi differenzianti l’un senso dall’altro e i casi in 

cui l’implicazione di un senso da parte dell’altro è lecita. 


Il primo modo ha luogo con i termini modali (« sive sumantur 

nominaliter, sive verbaliter, sive adverbialiter »), e si ha senso 

composto quando il modo « praecedit vel subsequitur dictum pro- 

positionis », e, se è verbo, esso ha forma impersonale; quando 

invece il modo (se verbo, in forma personale) « mediat inter partes 

dicti seu extremorum » si ha senso diviso ?”. 


In tre modi differiscono senso composto e senso diviso: 

innanzi tutto, il senso composto esige, a differenza del senso 

diviso, che i termini della proposizione abbiano una verifica 

istantanea; inoltre, la proposizione in senso composto richiede 

che si possa formulare la corrispondente proposizione de inesse 

insieme con la proposizione modale senza che ne segua alcun incon- 

veniente, ma ciò non è richiesto dal senso diviso 210. infine, il 

senso composto va provato officialiter, mentre il senso diviso va 

provato secondo che richiede il primo termine della propo- 

sizione ?!!, 


Dall’uno all’altro senso, e viceversa, vale l’inferenza solo quan- 

do si verificano le seguenti tre condizioni: che anche il senso diviso 

come il senso composto richieda una verifica istantanea (l’esem- 

pio addotto ha il verbo potest)”; che il relativo implicativo qui, 



209 Cfr. PaoLo pa PercoLA, De sensu composito et diviso, cit., p. 149. 

210 Ivi; forse è un po’ forte intendere l’espressione « ponere in esse » 

come formulare la proposizione de inesse corrispondente, ma cfr. n. 239. 


21 Ivi. 


212 Cfr. gli autori seguenti. Credo che questo sia il senso della frase di 

Paoto (op. cit., p. 150): «Prima, quod compositio sit verificabilis pro 

instanti et non exigat tempus limitatum. Ideo non sequitur: Tu potes pro- 

ferre A propositionem, ergo potest esse quod tu proferas A propositionem ». 

Qui compositio non vale senso composto (ché altrimenti avremmo una ripe- 

tizione di ciò che si sa) ma vale ‘complesso’ dei termini che costituiscono una 



560 Alfonso Maierà 



quando è presente nella proposizione, non denoti altro nel senso 

composto e altro nel senso diviso; che i termini occorrenti non 

siano repugnantes o opposti (es. iustus-iniustus)?, 


Nel secondo modo, con i termini confundentes, si ha senso 

composto quando il termine comune ha supposizione confuse 

tantum e senso diviso quando ha supposizione determinata: 

poiché la supposizione determinata è verificabile mediante disgiun- 

zione, ciò che differenzia l’un senso dall’altro è che nel senso 

diviso si ha la verifica con disgiunzione che nel senso composto 

non si può avere. Perciò dall’uno all’altro senso e viceversa non 

vale l’inferenza, almeno da un punto di vista formale, anche se 

può valere « gratia terminorum » ?!, 


Il terzo modo ha luogo con i pronomi relativi. Senso com- 

posto e senso diviso possono aversi in due modi: innanzi tutto, 

si ha senso composto quando occorre nella proposizione qui 

(relativo implicativo) e senso diviso quando in luogo di qui si ha 

et ille; ma in entrambe le proposizioni può occotrere lo stesso 

pronome qui: in tal caso il senso composto si ha quando il 

pronome precede il verbo principale ed è unito al suo antece- 

dente; quando invece esso segue il verbo principale, si ha senso 

diviso 2! Nel primo caso, il senso diviso costituisce una ptoposi- 

zione ipotetica di contro al senso composto che è proposizione 

categorica; nel secondo caso il senso diviso è « magis distributus » 

rispetto al senso composto. Perciò, nel primo caso l’inferenza 

tra i due sensi vale solo eccezionalmente ?!5; nel secondo, l’infe- 



proposizione o un dictum, e quindi sta per la proposizione stessa in senso 

composto o in senso diviso. Cfr. StropE, Logica, cit., f. 23vb: «[...] ali 

quando verbum requirit instans pro supposito, id est pro quo debet propo- 

sitio probari vel verificati, et aliquando tempus ». 


213 PaoLo DA PERGOLA, op. cit., p. 150. 


214 Ivi: il testo ha solo « [...] non valet argumentum de forma », ma pare 

che ciò importi che può valere « gratia materiae ». 


215 Ivi. 



216 Ivi, p. 151: «A resolutione de gui in et et ille, illa, ilud valet argu- 



Terminologia logica della tarda scolastica 561 



renza vale dal senso diviso al senso composto, e non viceversa CA 


Il quarto modo, che si verifica con totus e infinitus, è spiegato 

da Paolo con gli stessi elementi forniti da Heytesbury: si ha senso 

diviso quando uno di essi precede tutti gli altri; se invece segue il 

verbo principale, o è preceduto da un altro termine, si ha senso 

composto. La differenza fra i due sensi è quella che deriva dalla 

funzione di categorema o di sincategorema che i due termini pos- 

sono avere, e dall’uno all’altro senso e viceversa non vale Vin- 

ferenza 28, . 


Il quinto modo ha luogo con et o vel (oppure 442): si ha senso 

composto quando i termini congiunti da e? o vel stanno collective 

e senso diviso quando stanno divisive; oppure: senso composto 

è quando i termini in congiunzione o in disgiunzione stanno dalla 

stessa ‘parte’ della proposizione (cioè dalla parte del soggetto o 

del predicato), senso diviso quando stanno in parti diverse. La 

differenza tra l’un senso e l’altro è data dal fatto che il senso com- 

posto richiede la verifica di tutti i termini della congiunzione 0 

della disgiunzione insieme, mentre il senso diviso comporta la 

verifica di ciascun termine per sé (e quindi anche di uno in assenza 

degli altri). Perciò, infine, dal senso composto al senso diviso DO 

viceversa non vale la consequentia”?. Per quanto riguarda în 

particolare la disgiunzione, poiché da un elemento di essa all’in- 

tera disgiunzione vale l’inferenza (« hoc est homo, ergo hoc 

est homo vel asinus »), Paolo da Pergola avverte che questa non 

ha luogo quando la disgiunzione è preceduta da un termine distri- 



mentum quinque conditionibus observatis. Prima quod non referatur ante- 

cedens stans confuse tantum. ...]. Secunda quod non praecedat terminus 

distributus. [...]. Tertia quod verbum principale non sit negatum. (tesa FA 

Quarta quod non praecedat terminus qui indifferenter potest teneri catego- 

rematice et syncategorematice. {...]. Quinta quod non praecedat terminus 

modalis de sensu composito ». 



217 Ivi. 

218 Ivi, pp. 151-152. 

219 Ivi, p. 152. 



562 Alfonso Maierù 



butivo o avente importo distributivo (« tu differs ab asino, ergo 

tu differs ab homine vel ab asino »: non vale) ?®, 


Il sesto modo si ha con la determinazione ita fuit ?!, ita erit, 

ita potest esse: una proposizione è in senso composto quando è 

preceduta dalla determinazione (e il verbo in tal caso è di tempo 

presente, come si ricava dagli esempi), altrimenti è in senso diviso 

(e il verbo non è di tempo presente, ma ha il tempo che ha la 

determinazione del senso composto). Il senso composto importa 

che la determinazione restringa la proposizione al tempo o al 

modo indicato dalla determinazione, mentre il senso diviso consi- 

dera la proposizione absolute 2. Dal senso composto al senso 

diviso l’argomentazione non vale quando intervengono altri ele- 

menti sincategorematici 2*; se invece è « in terminis simplicibus », 

l’argomentazione vale dall’un senso all’altro senso e viceversa ?*. 


Infine, il settimo modo si ha con i termini mentali: quando 

il termine mentale precede o segue il dictum della proposizione, 

si ha senso composto (come per il primo modo), quando esso sta 

tra le parti del dictuzz si ha senso diviso. Nel senso composto, 

essendo il dictum determinato dal termine mentale, i termini 

del dictum sono disposti alla confusio e alla appellatio rationis 3, 

ciò che non avviene per il senso diviso. 


Per quanto attiene ai rapporti fra i due sensi, l’autore elenca 

nove regole, delle quali la sesta, la settima e l’ottava riguardano 



220 Ivi, p. 153. 


221 L’editore legge Il/la fuit (ivi). 


22 Ivi. 


223 In tre casi secondo l’autore: « Primo cum termino distributo »; « Se- 

cundo mediante termino confundente confuse tantum» (ivi);  « Tertio 

respectu duplicis compatationis » (ivi, p. 154). 


224 Ivi: « Sed in terminis simplicibus et sine distributione et sine termino 

confundente confuse tantum respectu simplicis comparationis, a sensu com- 

posito ad sensum divisum, et e contra valet argumentum ». 


25 Ivi: «[...] sensus compositus est aptus natus ad confusionem et ap- 

pellationem rationis, dummodo terminus fuerit capax; divisus hoc non exigit 

simpliciter ». Per l’appellatio rationis, cfr. cap. I, $ 6. 





Terminologia logica della tarda scolastica 563 



i sillogismi 6 e la nona dà raccomandazioni per l’utilizzazione 

del settimo modo nella disputa e nei casus obligationis ?: pet- 

ciò tralasciamo queste ed esaminiamo le prime cinque. 



Prima regula est ista, a sensu composito ad sensum divisum et 

e contra non valet argumentum [...] nisi in tribus casibus; primo, 

cum termino demonstrativo simpliciter sumpto ut: Hoc scio esse ve- 

rum, ergo scio hoc esse verum [...]. Secundo, cum prunomini de- 

monstrativo additur determinatio palam convertibilis cum praedicato. 

Ideo bene sequitur: Hoc album scio esse album, ergo scio hoc album 

esse album, et e converso. Tertio cum pronomini demonstrativo additur 

determinatio palam superiori praedicato ut: Hoc coloratum scio esse 

album, ergo scio hoc coloratum esse album 28. 



Ma questi tre casi non valgono con i termini dubito, credo, ima- 

ginor, suspicor, apparet 2. 


Per quanto riguarda le regole successive, bisogna premettere 

che Paolo distingue, con Heytesbury, « termini omnino noti » 

(come ens, aliguod, hoc), « termini medio modo noti » (substantia, 

corpus, homo, Socrates), e «termini omnino ignoti » (come le 

variabili A, B, C). La seconda regola è la seguente: « A termino 

magis noto ad minus notum vel omnino ignotum in terminis 

mentalibus non valet argumentum, nec a minus noto ad magis 

notum » 2°, 


Le regole tre e quattro ? riguardano proposizioni contenenti 

termini omznino ignoti: si tratta di problemi de scire et dubitare 

(quando si può dire che una proposizione è scita, dubitanda, ne- 

ganda ecc.), che non esaminiamo in questa sede. 


Infine, la quinta regola è la seguente: « A sensu diviso ad 

sensum divisum de forma non valet argumentum »: ad esempio, 



226 Ivi, pp. 156-158. 

21 Ivi, p. 158. 


228 Ivi, pp. 154-155. 

29 Ivi, p. 155. 


230 Ivi. 


231 Ivi, pp. 155-156. 



564 Alfonso Maierù 



non vale « A scio esse verum, ergo verum scio esse A », giacché 

non si tratta di conversione semplice della proposizione; la con- 

versa di « A scio esse verum » secondo Paolo è « scitum esse 

verum est A»? 


Il testo di Paolo dipende strettamente da quello di Heytesbury 

e ne rappresenta una lettura attenta alle minime pieghe del 

discorso, condotta secondo il criterio della « probatio proposi- 

tionis » (in particolare nel primo modo), che però non è spinto, 

mi pare, fino a forzare l’originale carattere del testo. Ciò che Paolo 

viene esplicitando si irrigidisce però in piatte formule scolastiche, 

che del resto ben rispondono alla intenzione dell’autore, il quale 

vuole fornire, come dice nella dedica a Pettus de Guidonibus, una 

tavola o prontuario ordinato della materia, già nota e diffusa in 

modo disordinato, come strumento cui ricorrere per evitare i sofi- 

smi con l’ausilio di regole certe ?*. 



La seconda expositio del testo di Heytesbury che esaminiamo 

in questa sede è dovuta a Battista da Fabriano. 


Egli premette all'esame dei singoli modi alcune osservazioni. 

Innanzi tutto, « [...] arguendo a sensu composito ad sensum divi- 

sum aut e converso ut plurimum et frequenter consequentia non 

tenet » 24: la proposizione in senso composto e quella in senso 

diviso non si implicano reciprocamente, né l’una in qualche modo 

implica l’altra, da un punto di vista generale. 


Inoltre, non è possibile dare un’unica descrizione del senso 

composto e del senso diviso, essendo i modi più di uno; quindi, 

ad esempio, non si può caratterizzare la proposizione in senso 

composto come quella in cui il modo precede o segue il dictum 

e la proposizione in senso diviso come quella in cui il modo sta 

tra le parti del dictum: infatti non tutte le proposizioni in senso 



232 Ivi, p. 156. 

233 Cfr. ivi, p. 149. 

234 BarTISTA DA FABRIANO, Expositio..., cit., f. 4ra. 



Terminologia logica della tarda scolastica 565 



composto o in senso diviso hanno un modo e un dicturz. Quindi 

è necessario fornire, per ogni modo, una descrizione appro- 

priata dei due sensi ”5. L’osservazione è impottante, specie se si 

tiene presente che lo stesso Paolo Veneto impostava ancora la 

determinazione dei due sensi sulla posizione del termine officia- 

bile nella proposizione. Battista da Fabriano ricava il rilievo dal- 

l’esame dei vari modi di Heytesbuty. 


I modi esaminati sono otto. Rispetto al trattato di Paolo 

da Pergola, Battista considera in più il modo caratterizzato dai 

termini connotativi. In breve, seguiremo l’esposizione di Battista, 

sottolineandone gli elementi di novità. 


Nel primo modo (con i termini modali), la forma verbale del 

modo (ad es. potest) assunta personaliter fa senso diviso ?*, assun- 

ta impersonaliter fa senso composto #”; la forma nominale (possi- 

bile, impossibile) fa senso composto quando precede o segue il 

dictum, se cade « inter partes dicti » fa senso diviso 8. Le diffe- 

renze fra i due sensi sono quelle stesse elencate da Paolo da Per- 

gola”? e sostanzialmente allo stesso modo è fissata qui la possi- 



235 Ivi, f. 4ra-b. 


236 Ivi, f. 4va: «[...] personaliter quando (sc. potest, non potest) 

construuntur cum recto a patte ante », cioè quando il verbo è preceduto dal 

nominativo (rectus). 


237 Ivi: «Sed ista verba sumuntur impersonaliter quando non recipiunt 

suppositum per rectum, sed totaliter cadunt super adaequatum significatum 

alicuius propositionis ». 


238 Ivi. 


239 Ivi, f. 4vb: « Prima, quia propositio in sensu diviso universaliter pro- 

batur secundum exigentiam termini mediati praecedentis, si quis fuerit talis, 

de sensu composito autem probatur officiabiliter. Secunda est, quia propo- 

sitio de sensu diviso cum li ‘possibile’ non ponitur in esse sed de sensu 

composito cum li ‘potest’ vel ‘possibile’ ponitur in esse, sicut ista: ‘possibile 

est te esse Romae? aut ‘potest esse quod tu sis Romae’; istae duae debent 

poni in esse, id est, si possibile est te esse Romae et ponatur: ‘tu es 

Romae’, nullum sequitur impossibile; et similiter, si potest esse quod tu 

curras, et ponatur in esse quod tu curras, hoc admisso, nullum sequitur 



566 Alfonso Maierù 



bilità di inferenza da un modo all’altro 9. 


Nel secondo modo, con i termini confurndentes, il senso com- 

posto si ha quando il termine confundibilis segue quello confun- 

dens; quando invece il termine confundibilis precede quello confun- 

dens si ha senso diviso #!, Le differenze fra i due sensi sono fornite 

qui molto più chiaramente che nel testo di Paolo da Pergola: 



impossibile. Et hoc modo intelligitur: possibili posito in esse nullum sequitur 

impossibile. Sed de sensu diviso non ponitur in esse, ut ‘album potest vel 

possibile est esse nigrum’ non ponitur in esse, quia de facto album possibile 

est esse nigrum et tamen, si ponatur in esse, sequitur impossibile [cioè « album 

est nigrum»], ut patet. Similiter de ista ‘sedentem possibile est cur- 

rere’: si ponatur in esse, sequitur impossibile, videlicet ‘sedens currit?. 

Tertia differentia est, quia propositio in sensu composito cum li ‘possibile’ 

vel ‘potest’ requirit verificationem instantaneam respectu compositionis se- 

quentis, hoc est requirit compositionem sequentem posse verificati pro 

instanti mediante ista nota ‘est’, ut patet, sed de sensu diviso hoc non 

requirit, sed significat successionem respectu diversarum partium temporis 

respectu illorum terminorum positorum in illo dicto ». 


20 Delle regole di BATTISTA, la quinta (ivi, f. 5vb) riassume le tre condi- 

zioni di validità poste da Paolo; la prima (ivi, f. Sra), la terza (ivi, f. 5va) 

e la quarta (ivi, f. 5va-v) sottolineano separatamente la mancanza delle stesse 

condizioni. Nuova è la seconda regola (ivi, f. Srb-va): «Secunda regula: 

arguendo a sensu composito ad divisum cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ in 

terminis compositis non valet consequentia formaliter et simpliciter. Unde 

non sequitur: ‘possibile est te esse omnem hominem, ergo tu potes esse 

omnis homo’ ». 


241 Ivi, f. 6rb; ma Battista caratterizza la differenza tra i due sensi 

servendosi di varie formule (ivi): «[...] est sensus compositus in hoc modo 

cum terminus communis stat confuse tantum sequens aliquem istorum termi- 

norum vel, melius, sensus compositus est cum terminus communis stat con- 

fuse tantum vel immobiliter, sensus vero divisus est cum terminus capax 

confusionis stat determinate vel mobiliter; nam dicendo: ‘promitto tibi omnem 

denarium’, haec est in sensu composito quantum ad hunc modum, et terminus 

communis non stat confuse tantum; vel dicatut quod sensus compositus est 

cum terminus confundibilis ab his terminis sequitur aliquem horum termi 

norum, divisus vero cum terminus confundibilis praecedit vel cum idem 

terminus stat determinate ». 



Terminologia logica della tarda scolastica 567 



[...] differt sensus compositus a diviso quantum ad istum modum 

dupliciter. Primo, quia ista de sensu composito est probabilis ratione 

termini facientis sensum compositum, sed illa de sensu diviso ratione 

termini praecedentis. Secundo, quia propositio de sensu diviso requirit 

verificationem disiunctivam vel copulativam, ut ‘denarium promitto 

tibi’ aut ‘omnem denarium tibi promitto’, illa vero de sensu compo- 

sito non requirit talem verificationem, ut ‘promitto tibi denarium’ 

non requiritur quod promittam tibi 4 denarium vel quod promittam 

tibi & denarium, et ita de aliis similiter 2. 



I due sensi sono « ad invicem impertinentes » e perciò non è 

lecita l’inferenza dall’uno all’altro *, a meno che i termini che 

insieme a quello confundens formano la proposizione non siano 

singolari e semplici, giacché in tal caso la supposizione non varia, 

sia che il termine segua sia che preceda il verbo confundens. Così 

sono lecite le conseguentiae: « incipio videre Socratem, ergo So- 

cratem incipio videre », « promitto tibi 5 denarium, ergo b dena- 

rium tibi promitto » ?f. 


Nel terzo modo, con il pronome relativo, si può avere senso 

composto in tre forme: quando l’antecedens del relativo ha 

supposizione « confusa tantum » (es. « promitto tibi denarium 

quem tibi promitto »), quando il relativo è congiunto all’antecedens 

che sia distributum (cioè quantificato da omnis) senza che tra 

antecedens e relativo sia posto il verbo principale (« omnis homo 

qui est albus curtit »), o quando il verbo principale è preceduto 

dalla negazione (« chimaera quae currit non movetur »). Quando 

non si verifica nessuno di questi casi, si ha senso diviso (es. « ali- 



242 Ivi, f. Grb-va. 


243 Ivi, f. 6va. Aggiunge l’autore (ivi): « Et notandum quod ‘indigeo’, 

‘requiro’, ‘praesuppono’ et huiusmodi non confundunt confuse tantum nisi 

cum gerundio. Unde si dicatur: ‘indigeo oculo”, li ‘oculo’ stat distributive, 

sed dicendo: ‘indigeo oculo ad videndum’, li ‘oculo’ stat confuse tantum 

immobiliter ». 


24 Ivi, f. 8va. 



568 Alfonso Maierù 



quis homo qui est albus currit »)?5. Tenendo presente che il 

pronome qui in una proposizione in senso composto non può 

essere risolto in ef e ille e che il pronome relativo, posto nella 

stessa categorica, ha la supposizione del suo artecedens, mentre, 

posto in una categorica diversa da quella che contiene l’antecedens 

(si tratta quindi di una proposizione ipotetica composta di due 

categoriche), ha supposizione determinata e « replicat totam com- 

positionem sui antecedentis » (così, data « omnis homo est animal 

et illud est rationale », la seconda categorica vale « animal quod 

est omnis homo est rationale », di modo che illud ha supposi- 

zione determinata ma replicat [cioè richiama] tutta la compositio 

precedente) 24, argomentando dal senso composto inteso nella 

prima forma al senso diviso non vale la conseguentia perché 

l’antecedente è vero e il conseguente è falso 2”; argomentando dal 

senso composto inteso nella seconda forma al senso diviso la con- 

sequentia non vale”, ma vale se si argomenta dal senso diviso 

al senso composto ?*; argomentando dal senso composto nella terza 

forma al senso diviso, « non valet consequentia de forma licet 

valeret quandoque gratia materiae » 9. 


Per quanto riguarda il quarto modo (con infinitus e totus) 

l’autore non fornisce altro rispetto a quanto sappiamo ?! se non 



245 Ivi, ff. &va-b e 9vab. 


26 Ivi, f. 8vb. 


27 Ivi, ff. 8vb-9ra. 


248 Ivi, f. 9ra. 


a Ivi, f. 9rb: « Arguendo tamen e converso in omnibus his, conse- 

quentia est bona, quia in his quicquid significat sensus compositus significat 

sensus divisus, et plus, ut dictum est ». 


250 Ivi, f. Iva. 


251 Senso composto è quando il termine è categorema, cioè quando è 

a parte praedicati, o a parte subiecti, ma preceduto da una determinatio (ivi, 



ff. 9vb e 11ra); dall’un senso all’altro e viceversa non vale la consequentia 

(ivi, ff. 10ra e 11rh). 



Terminologia logica della tarda scolastica 569 



la determinazione chiara della differenza fra senso composto e 

senso diviso: 



Et differt valde sensus compositus a diviso mediante hoc termino 

‘infinitus, ta, tum’. Primo, quia in sensu composito significat aliquod 

certum et determinatum esse sine principio et sine fine [...]. Sed in 

sensu diviso syncategorematice significat, quocumque finito dato vel 

dabili, dari maius in quacumque proportione [...]. Est enim una alia 

differentia, quia syncategorematice est signum confusivum et re(d)dit 

totam propositionem exponibilem. Unde haec est exponibilis ‘infinitus 

est aliquis numerus’ et praedicatum stat confuse tantum, ut patet. 

Sed haec ‘aliquis numerus est infinitus’ non est exponibilis sed resol- 

vitur, et praedicatum stat determinate ??; Differt  sensus compo- 

situs a diviso cum isto termino ‘totus’ etc., quia in sensu diviso reddit 

propositionem exponibilem, in sensu composito est ferminus reso- 

lubilis. Item in sensu diviso convertitur cum universali et est terminus 

confusus, sed in sensu composito neutrum sibi convenit, ut patet. 

Item differunt in significato, quia in sensu diviso et syncategorematice 

‘totus’ idem est quod ‘quaelibet pars’ [...] sed in sensu composito 

significat ens integrum et perfectum cui nihil deest, ut patet ex usu 

loquendi et accipiendi hos terminos 25, î 



Dall’uno all’altro senso l’inferenza non vale; né si dica che argo- 

mentazioni come « infinita sunt finita, ergo finita sunt infinita » 

sono consequentiae valide perché si procede «a conversa ad 

convertentem »; risponde il maestro: « Dicatur quod nulla illarum 

est bona conversio, cum continue in una tenetur idem terminus 

categorematice et in alia syncategorematice » 25, 


Il quinto modo, come è noto, ha luogo con le congiunzioni et 

e vel: si ha senso composto quando i termini congiunti da una 

delle due particelle stanno collective e senso diviso quando i ter 

mini stanno divisive ; ciò significa che, mentre le proposizioni 



252 Ivi, ff. 9vb-10ra (cors. mio). 


253 Ivi, f. 11rb (cors. mio); a deest il testo aggiunge est. 

254 Ivi, f. 1lva. 


25 Ivi. 



570 Alfonso Maierù 



in senso diviso equivalgono, rispettivamente, a una congiun- 

zione di proposizioni se si tratta della particella ez, e a una 

disgiunzione di proposizioni se si tratta di vel *, le proposizioni 

in senso composto richiedono che la verifica della congiunzione 

o della disgiunzione avvenga rispettivamente coniunctim o di- 

visim?". Ecco alcuni esempi. Le proposizioni « Socrates et Plato 

sunt duo homines » e « omnis numerus est par vel impat » sono 

in senso composto perché non equivalgono a « Socrates est duo 

homines et Plato est duo homines » e a « omnis numerus est par 

vel omnis numerus est impar »; le proposizioni « tu es homo et 

albus », «tu es homo vel asinus » sono in senso diviso perché 

equivalgono, rispettivamente, alle proposizioni molecolari « tu 

es homo et tu es albus », « tu es homo vel tu es asinus », per le 

quali valgono le regole operative della congiunzione e della disgiun- 

zione. Se però il complesso di termini congiunti dalle suddette 

particelle è preceduto da un « signum confusivum », distributivo 

o negativo (es. differt, aliud), le proposizioni sono in senso com- 

posto e le regole della congiunzione e della disgiunzione non sono 

applicabili 8. 


Per quanto riguarda il sesto modo, le notizie date da Battista 



256 Ivi, f. 1lvb: «Et ex his patet differentia inter sensum compositum 

et divisum quoad hunc modum, quoniam in sensu diviso copulatum aequi- 

pollet copulativae et disiunctum disiunctivae, sed in sensu composito non. 

Patet etiam alia differentia, quia in sensu diviso a copulato ad quamlibet 

eius partem et a qualibet parte disiuncti ad totum disiunctum valet conse- 

quentia, sed in sensu composito non valet ». 


251 Ivi, f. 1lva per la congiunzione ef: « Sensus veto compositus requirlt 

verificationem totius copulati collective et non divisive », f. 11vb pet vel: 

« Sensus vero compositus [....] requirit [...] quod verificetur totum disiunctum 

collective ». 


28 Ivi, f. 12ra-b. Infine, l’autore si chiede se, poste le particelle 4 parte 

subiecti, i termini congiunti o disgiunti siano tutti distribuiti oppure solo 

il primo; es. «omnia duo et tria sunt quinque », « omnis homo vel asinus 

est asinus »: cfr. ivi, f. 12rb-va. 



Terminologia logica della tarda scolastica 571 



sono analoghe a quelle fornite da Paolo, comprese le regole 

riguardanti la validità dell’inferenza dall’un senso all’altro, con la 

sola aggiunta della non validità nel caso sia presente un relativo 

implicativo ?. È da notare però la precisazione relativa al valore 

della copula est della proposizione che nel senso composto segue 

la determinazione: « Universaliter [...] in omnibus huiusmodi 

propositionibus li ‘est’ non significat tempus quod iam e(s)t prae- 

sens, sed tempus quod tunc in illo instanti ad quod fit limitatio 

fuit praesens vel erit praesens » ?°. Il verbo est, cioè, perde la 

connotazione temporale ad esso propria, e conserva il solo valore 

sincategorematico °, lasciando che la connotazione temporale sia 

affidata al tempo del verbo posto nella defermzinatio. 


Anche per il settimo modo l’autore ritiene la dottrina tradi- 

zionale: con i termini designanti atti dell'anima la proposizione 

è in senso composto quando il verbo, « sive praecedat sive se- 

quatur » 22, determina il dictum, e allora la proposizione va pro- 

vata in funzione del verbo che causa senso composto; è in senso 

diviso quando il verbo sta tra le parti del dictuzz ed è da probare 

in funzione del primo termine della proposizione stessa. Perciò le 

proposizioni esprimenti i due sensi sono « valde ad invicem imper- 

tinentes et raro vel numquam convertibiles » 24, a meno che la 

consequentia dall'uno all’altro senso non valga « gratia materiae 

et terminorum » ?4, 


L’ottavo modo è qui per la prima volta discusso. Facendo leva 

sulla distinzione tra termini substantiales e connotativi o acci- 

dentali, ricavata da Occam?, l’autore afferma che l’ottavo 



259 Per le regole, cfr. ivi, ff. 13rb-14va; per il relativo, ivi, f. 13vb. 

260 Ivi, f. 13rb. 


261 Cfr. capitolo III, e capitolo IV, $ 2. 


22 Op. cit., f. 14vb. 


263 Ivi. 


264 Ivi, f. 15va. 


265 Summa logicae, cit., pp. 33-36; v. cap. I, $ 2. 



572 Alfonso Maierù 



modo ha luogo con i termini accidentali o connotativi, e aggiunge 

che, se questo modo è meglio assimilabile alla fallacia « figurae 

dictionis » o dell’accidente, se ne discute nel senso composto e nel 

senso diviso perché quei termini, posti 4 parte praedicati, hanno 

« appellatio rationis » se costruiti con i verbi designanti atti del- 

l'intelletto, e « appellatio temporis » se sono costruiti con il verbo 

al tempo passato o futuro *. Si ha senso composto quando il 

termine connotativo ha appellatio (« animal fuit album », « co- 

gnosco venientem »), se il termine non ha appellatio la proposi- 

zione è in senso diviso (« album fuit animal», « venientem 

cognosco ») ?”, L’inferenza dall’un senso all’altro non vale, se 

non talora « gratia materiae » 24. Né è da dire che la consequentia 

vale, ad esempio, nel caso di « album erit hoc » perché si consi- 

dera « hoc erit album » come conversa della prima: infatti la 



266 BATTISTA DA FABRIANO, op. cit., f. 17rb-va: « Iste est octavus et ultimus 

modus. Et fit mediantibus terminis accidentalibus vel connotativis positis 

quandoque a parte praedicati quandoque a parte subiecti respectu verbi 

de praeterito aut de futuro aut verbi concernentis actum mentis vel intel- 

lectus », e f. 17va-b: « Notandum tertio quod appellatio temporis est acceptio 

termini habentis respectum ad solum tempus importatum per verbum, ut 

“hoc erit album’: li ‘album’ respicit solum tempus futurum et ad hoc (ex huc) 

ut ista sit vera requiritur quod aliquando erit ita quod hoc est album; sed in 

illa ‘album erit hoc”, li ‘album’ stat ampliative et supponit divisive pro eo 

quod est vel erit album et non requiritur quod erit ita quod est album; et 

similiter dicatur respectu verbi de praeterito. Appellatio autem rationis est 

acceptio termini limitati a termino praecedente concernente actum intellectus, 

ut ‘cognosco venientem’: ibi est appellatio rationis [est], quia terminus se- 

quens terminum concernentem actum intellectus supponit pro suo significato 

sub ratione tali; unde ipsa significat quod cognosco aliquid sub ratione 

venientis; sed sic non significat illa ‘venientem cognosco’, sed quod illa(m) 

rem cognosco et illa est veniens, et ideo patet quod valde differunt »; il cenno 

alla «fallacia figurae dictionis » e alla «fallacia accidentis » è al f. 17va. 


267 Ivi, f. 17va. 


268 Cfr. in part. ivi, f. 18rb. 



Terminologia logica della tarda scolastica 573 



conversione della prima proposizione è: « hoc erit quod est vel 

erit album » ?9. 



Ancora più analitica l'esposizione di Alessandro Sermoneta 

rispetto a quelle esaminate; di essa ricordiamo gli elementi nuovi 

e caratteristici. Scopo dell’opuscolo di Heytesbury, secondo Ales- 

sandro, è quello di facilitare la soluzione dei sofismi e di aiutare 

ad evitare gli errori, giacché compito di quella parte della dialet- 

tica che si chiama sofistica (o sopbistaria) non è quello di far sì 

che gli altri cadano in errore, quanto quello di evitare gli errori ?°°. 

L’opuscolo perciò è da pospotre a quello dei Primzi analitici !: 

questo mostra la corretta formazione del sillogismo, il nostro trat- 

tato mostra le deceptiones; infine, esso fa parte della dialettica ??, 

Del senso composto e del senso diviso non è possibile dare una 

descrizione univoca — ritiene Sermoneta ”* con Battista da Fa- 

briano — giacché i modi sono otto, e può succedere — aggiunge 

Alessandro — che una stessa proposizione, considerata secondo 

vari modi, può essere ora in senso composto, ora in senso diviso 7°. 


Primo modo. Quando un termine modale « totaliter praecedit 



269 Ivi, f. 17vb. 


270 SERMONETA, Expositio..., cit., f. Sva: « Non enim inventa est ut aliis 

concludamus falso, sed ut deceptiones vitemus ». 


zm Ivi. 


22 Ivi: «Ad tertium dicitur quod utilitas huius non parva est sicut 

et totius dialecticae cuius est pats [...]. Item a progenitoribus nostris ars 

artium et scientia scientiarum dicta est; ad omnium nam methodorum prin- 

cipia viam habet [...]» (cfr. Prerro Ispano, Surzzzulae logicales, cit., 

1.01, p. 1). 


23 Op. cit., f. Svb. 


214 Ivi: «Secundo est notandum quod ex quo octo modis causatur 

sensus compositus et divisus, non inconvenit ut respectu diversorum termi- 

norum potentium causare sensum compositum et divisum una et eadem 

propositio sit de sensu composito et diviso sicut ista. ‘tu potes esse 

hic et Romae in 4 instanti’: est enim de sensu diviso primi modi et de 

sensu composito quinti modi merito li ‘et’ ». 



574 Alfonso Maierù 



aut finaliter subsequitur dictum propositionis, fit sensus compo- 

situs » 75, « quando vero mediat inter pattes dicti erit de sensu 

diviso » 5; in particolare il verbo potest, assunto personaliter, 

fa senso diviso, assunto imzpersonaliter fa senso composto ?”. Le 

differenze fra i due sensi costruiti con potest e possibile e le loro 

negazioni sono queste: la proposizione in senso composto è offi- 

ciabile, quella in senso diviso resolubile o esponibile; la prima 

« requirit verificationem instantaneam » ?*, la seconda non la 

richiede; da ciò segue, in terzo luogo, che la prima « de possi- 

bili » può essere « posita in esse », ma non così la seconda ”?, La 

discussione delle obiezioni fornisce ulteriori chiarimenti: il modo 

necessario, che, essendo avverbio, dovrebbe essere exponibilis %, 

in realtà equivale al modo wecesse e petciò fa senso composto, 

mentre possibiliter non equivale a possibile e quindi è esponibile e 

non fa senso composto ?8!; né fanno senso composto e senso diviso 

verum e falsum**: evidentemente, Sermoneta non ritiene che 

questi due termini siano propriamente modali. 



25 Ivi, f. 6ra. 


26 Ivi, f. 6rab. 


201 Ivi, f. 6rb. 


218 Ivi, ma cfr. ff. 6vb-7ra: «[...] per verificationem instantaneam 

in proposito non intelligimus quod praedicatum requirat mensuram instantis, 

sed ponatut in esse id quod importatur per propositionem; et ideo concedit 

magister quod possibile est te moveri, quia licet motus non mensuretur in 

instanti, tamen debet poni in esse hoc totum in hoc instanti, veritas haec, 

scilicet, quod tu moveris: non tamen quod sit ita, sed quod sibi non repugnat 

pro tali instanti verum esse te moveri» (nella risposta alla quarta obie- 

zione non esaminata da noi). 


299 Ivi, f. 6rb. 


280 Cfr. capitolo VI, $ 6. 


281 Obiezione e risposta in SERMONETA, op. cit., f. 6va-b. 


282 Ivi, f. 6vb: «Ad secundum dicatur quod non inconvenit li ‘verum’ 

et ‘falsum’ non facere sensum compositum et divisum nisi in voce aut in 

scripto, non tamen proprie, cum intellectus hoc non faciat; et ratio est, 

quia li ‘verum’ non ponit neque aliud dicit quam si non poneretut; ideo, 



Terminologia logica della tarda scolastica 575 



L’inferenza dal senso composto al senso diviso e viceversa 

non vale generalmente 28. 


Secondo modo. Con un termine corfundens, « sensus compo- 

situs fit quando terminus communis confunditur confuse tantum 

a tali termino praecedente [...]. Sensus vero divisus fit cum 

sequantur huiusmodi signa terminum ab eis confundibi- 

lem [...] » 4. Le differenze tra i due sersus sono quelle note 28, 

così come ci è nota l’imzpertinentia dei due sensus e quindi che 

la consequentia non è lecita ?*. 


Terzo modo. Dopo aver precisato, secondo la tradizione, qual 

è il senso composto e quale il senso diviso con i relativi e le diffe- 

renze fra i due sensi ?”, Sermoneta fornisce un lungo elenco di 

« documenta de mente He(nti)sberi », in cui ricapitola la dottrina 

e le condizioni di verità, anche in rapporto agli altri modi: 



Primum, quod sensus compositus causatur mediante hoc relativo ‘qui’ 

cum antecedens stat confuse tantum. Ex quo sequitur quod tunc non 

valet argumentum a sensu composito ad divisum, scilicet cum relativum 

resolvitur. Probatur, quod a termino stante confuse tantum ad eundem 



quia omnis propositio infert suum dictum fore verum, ut scribitur in 

Postpraedicamentis; et ad oppositum negatur assuntum, nec terminum 

modalem dixerunt logici mobilitare, nisi cum est aptus natus facere sensum 

compositum et divisum ». Tralasciamo le altre due obiezioni. 


283 Ivi, f. 6rb; al f. 7ra-va l’autore elenca « quattuor documenta » tratti da 

Heytesbury e un corollario, relativi alle condizioni di validità caso pet 

caso, che sostanzialmente niente aggiungono a quanto hanno affermato i 

commenti già esaminati. 


284 Ivi, f. 7vb. 


285 Ivi, f. 7vb-8ra; i verbi careo, indigeo, requiro, ecc. « faciunt con- 

fundere confuse distributive mobiliter cum absque gerundiis ponuntur in 

propositione, ut ‘careo pecuniis”. Quando vero cum gerundiis collocantur, 

confuse tantum, ut ‘indigeo oculo ad videndum’ [...] » (ivi, f. 8ra; cfr. il 

testo di Battista da Fabriano, di cui alla n. 243). 


286 Ivi, ff. 7vb e 8rab. 


287 Ivi, 9va. 



576 Alfonso Maierù 



stantem determinate non valet argumentum [...] 28; Secundum docu- 

mentum est quod sensus compositus fit cum immediate hoc 

relativam ‘qui’ additur termino distributo, sic scilicet quod non 

mediat inter relativam et terminum distributum verbum principale; 

divisus vero cum resolvitur relativum actualiter aut cum inter ter- 

minum distributum, scilicet antecedens, et relativum cadit verbum 

principale, ut ‘omnis homo qui est asinus currit’. Ex hoc sequitur non 

valere argumentum arguendo a sensu composito ad divisum; patet, 

quia tunc maior est distributio in sensu diviso quam in composito 9; 

‘Tertium documentum, quod etiam causatur sensus compositus mediante 

hoc relativo ‘qui’ cum principale verbum negetur, sive relativum prae- 

cedat sive non; divisus autem cum resolvitur relativum 29; Quartum 

documentum: sensus compositus fit cum hoc termino relativo ‘qui’ 

quando coniungitur termino potente stare categorematice et syncate- 

gorematice, sive immediate coniungatur sive non, dummodo praecedat 

talis terminus stans syncategorematice; divisus vero cum resolvitur 

relativum aut non praecedit talis terminus ipsum relativum 2. Quin- 

tum documentum: sensus compositus fit cum praedicto relativo ‘qui’, 

cum praecedit terminus modalis faciens propositionem de sensu com- 

posito; divisus vero cum ipse modus aut verbum termini modalis facit 

ipsam de sensu diviso aut cum actu resolvitur relativum 22; Sextum 

documentum: sensus compositus fit cum hac determinatione ‘ita erit’, 

‘ita fuit’, ‘sic est’, ‘sic fuit et cum hoc relativo ‘qui’ simul, divisus 

vero cum non ponitur li ‘ita erit’ etc. 29. 



Di questi sei docuzzenta, i primi tre riprendono le tre forme 

del senso composto di Battista da Fabriano, e gli altri tre ricol- 

legano questo modo al primo, al quarto e al sesto. 


Niente di nuovo aggiunge Sermoneta per i modi quarto RE 



288 Ivi, f. 9vb. 


289 Ivi; in luogo di distributo, il testo ha distributivo. 


290 Ivi, f. 10ra. 


DI Ivi. 


22 Ivi, f. 10rb; al secondo au2, il testo aggiunge si. 


29 Ivi. 


294 Ivi, f. 1lrb-vb (differenze tra senso composto e senso diviso, non 

validità della conseguentia dall'uno all’altro senso, discussione di difficoltà). 



Terminologia logica della tarda scolastica DIT 



quinto ?5 e sesto 2%, 


Al settimo modo, invece, dedica una lunga analisi della 

quale ci limitiamo a ricordare qualche punto: si ha senso composto 

quando un verbo designante atti dell'anima determina il dictum 

della proposizione; ciò avviene, secondo Sermoneta, sia quando 

il termine precede il dictu72 sia quando esso lo segue (e ciò è 

secondo l’intenzione di Heytesbury)?; si ha senso diviso solo 

quando il termine sta tra le parti del dictumz ?*; ma se il verbo 

cade su di un solo termine (« cognosco Socratem ») o su di un 

incomplexum che significhi un complexum (« scio 4 propositio- 

nem »), si ha senso composto quando il verbo precede e senso 

diviso quando segue ??. Tre sono le differenze tra i due sensi: 

innanzi tutto, i verbi in questione « [...] confundunt confuse tan- 

tum terminum capacem confusionis cum faciunt sensum compo- 

situm, sive se teneant in dicto propositionis a parte subiecti sive 

a parte praedicati; unde ‘scio quod homo est animal’: tam li 

‘homo’ quam li ‘animal’ confunduntur; in sensu vero diviso non 

confunditur nisi illud quod se tenet a parte praedicati, ut ‘alte- 

rum istorum scio esse verum’: solum li ‘verum’ confunditur »; 

inoltre, « [...] in sensu composito terminus supra quem cadit 

talis terminus faciens sensum compositum appellat suam formam, 

et non in sensu diviso »; ma esse acquistano luce dalla differenza 

fondamentale, cioè: « de sensu composito propositio est officia- 

biliter probanda aut descriptibiliter, de sensu vero diviso secun- 

dum exigentiam primi termini probanda est » ®°. Perciò, continua 

Sermoneta, « arguendo a sensu composito ad divisum aut e 



295 Ivi, f. 13ra-vb (come sopra). 


296 Ivi, ff. 14rb-15ra. 


297 Ivi, f. 16rb: «ut arguitur velle magister »; Sermoneta però ricorda: 

«Ali vero dicunt: solum cum dictum praecedit talis terminus fit sensus 

compositus [...] » (ivi). 


298 Ivi. 


299 Ivi, f. 16rb-va. 


300 Ivi, f. 16va. 



37 



578 Alfonso Maierù 



contra in his terminis non valet argumentum: probatur merito 

differentiae ratione appellationis formae et confusionis in sensu 

composito quae non servatur in diviso » *. Ma poiché appel- 

latio e confusio non hanno luogo (« esse non possunt ») quando il 

soggetto della proposizione è il pronome hoc non accompagnato da 

un aggettivo che lo determini (« absque aliquo determinabili »), 

vale l'argomento dal senso diviso al composto e viceversa perché 

ciò che si intende con la proposizione in senso composto si intende 

con la proposizione in senso diviso, e quindi le due proposizioni 

si equivalgono (« convertuntur »)®*%; ciò si ha anche quando oc, 

posto a soggetto della proposizione, è accompagnato da un deter- 

minabile, purché il determinabile sia « palam convertibile cum 

praedicato » oppure superius ad esso ®%, 


Per quanto riguarda, infine, l’ottavo modo, che ha luogo con 

i termini connotativi, si deve rilevare che Sermoneta limita la 

possibilità del senso composto e del senso diviso ai casi in cui 

i termini connotativi siano posti in una proposizione che abbia 

il verbo di tempo passato o futuro, o participi equivalenti, oppure 

abbia incipit o desinit: si ha senso composto quando il connotativo 

segue il verbo e ha « appellatio temporis », e senso diviso quando 

il connotativo precede il verbo, « cum a parte ante non appel- 

let » 4; nessun accenno si fa qui ai verbi designanti atti mentali 

(che secondo Battista da Fabriano fanno sì che il termine conno- 

tativo che segua il verbo abbia « appellatio rationis ») giacché di 

questo Alessandro ha già parlato nel settimo modo, come si è 

visto. 



La trattazione del senso composto e del senso diviso svolta 



301 Ivi, f. 16va-b. 


302 Ivi, ff. 16vb-17ra. 


303 Ivi, f. 17ra. Seguono altre regole (ff. 20va-22vb), che riesaminano i 

vati temi toccati da Heytesbury. 


30 Ivi, ff. 22vb-23rb, in part. f. 22vb. 



Terminologia logica della tarda scolastica 579 



da Bernardino di Pietto Landucci è la più sistematica tra quelle 

finora esaminate: essa utilizza e discute i trattati di logica dei 

maestri più rinomati in Italia al suo tempo ®, ed accenna almeno 

due volte alle opinioni di Sermoneta, che designa come « quidam 

doctor » **, di modo che può essere considerata come il punto 

di arrivo di una tradizione di interpreti della dottrina del senso 

composto e del senso diviso. 


Secondo Landucci, il trattato fa parte degli Elenchi sofistici 

e perciò esso non è da porre dopo i Primi analitici, come vuole il 

Sermoneta *”, Inoltre, l’autore fa sua la tesi secondo la quale non 

è possibile dare una descrizione univoca di ‘senso composto’ e di 

‘senso diviso’, giacché di volta in volta diverse sono le raziones 

che presiedono alla individuazione dei vari modi ®%. 



305 Lanpucci, Expositio..., cit.: autori espressamente ricordati, oltre ad 

Aristotele, Averroè e Heytesbury, sono Strode, Pietro di Mantova, Paolo 

Veneto e Paolo da Pergola. Si legga il seguente passo relativo alla discus- 

sione circa la capacità di omnis di distribuire tutto il disiuzcium o il 

copulatum’ «a parte subiecti » (ivi, f. 16vb): « Ad hoc dubium inventi 

sunt plures modi respondendi. Primus est Petri Mantuani, qui tenet quod 

totum disiunctum et totum copulatum sit subiectum. Secundus est Pauli 

Veneti, cuius opinio in diversis operibus est diversificata: nam Sophismate 

nono tenet quod prima pars solum sit subiectum, et in Quadratura tertio 

dubio secundi principalis, et in Logica magna et etiam in Parva tenet quod 

totum disiunctum vel copulatum sit subiectum, attamen solum prima pats 

est distributa, et illa appellatur ab eo subiectum distributionis. Tertius modus 

est Hentisberi, Sophismate septimo, qui dicit quod talis propositio est 

distinguenda eo quod subiectum potest esse totum disiunctum aut una 

pars tantum, quapropter utramque partem sustentando respondetur ad 

argumenta probantia quod non distribuatur totum ». 


306 Cfr. ivi, f. 2rb (posizione del trattato della suzzzza della logica) e 

f. 3vb (per la « verificatio instantanea »): cfr. nn. 307 e 325. 


307 Ivi, f. 2rb: «Circa secundum dicit quidam doctor quod iste libellus 

est pars libri Priorum et quod immediate postponendus est ad illum librum, 

quod quidem, salvo meliori iudicio, non puto esse verum [...]. Ideo puto 

aliter esse dicendum, videlicet quod iste libellus sit pars libri Elencho- 

rum [...] ». 


308 Ivi, f. 2vb. 



580 Alfonso Maierù 



L’esame degli otto modi segue uno schema costante: in una 

prima parte si descrivono il senso composto e il senso diviso e 

se ne mostrano le differenze, in una seconda vengono poste le 

regole dell’inferenza dall’uno all’altro senso, in una terza ven- 

gono poste obiezioni (con le relative risposte) a ciò che è detto 

nelle prime due parti. 


In questa sede noi trascureremo quanto Landucci afferma 

circa i modi terzo ®”, quarto *°, quinto ®!, sesto ®!° e ottavo (con 

« appellatio temporis » soltanto) ?: in essi infatti l’autore non 

prospetta nulla di nuovo rispetto a quanto già sappiamo dai com- 

menti precedenti. Diverso è il caso dei modi primo, secondo e set- 

timo, che sono simili tra loro, e nei quali si propone un discorso 

unitario che mira a fissare per ciascuno di essi caratteristiche tali 

che lo distinguano dagli altri due. 


Il primo modo ha luogo con i termini modali. Ora, il termine 

modale è così descritto da Landucci: « Terminus modalis est 

terminus determinativus alicuius dicti et connotativus alicuius 

passionis propositionis, non habens vim faciendi tale dictum appel- 

lare formam » *!*. I modi sono i quattro classici, più veruzz e 

falsum: Landucci non accetta la definizione di Occam secondo 

cui qualsiasi termine che possa predicarsi di un dictum è da con- 

siderare modus?*5; egli ritiene invece che solo quei modi che 

determinino una proposizione connotandone una qualche carat- 

teristica siano termini modali. Termini come scitum, dubium, 

intellectum, cognitum non sono modali perché, oltre ad avere ciò 

che è proprio dei modali, fanno sì che il dictum « appellet for- 



309 Ivi, ff. 9vb-12vb. 

310 Ivi, ff. 12vb-15rb. 

311 Ivi, ff. 15rb-17vb. 

312 Ivi, ff. 17vb-20rb. 

313 Ivi, f. 23vb-24vb. 

314 Ivi, f. 3ra. 


315 Cfr. cap. V, $ 6. 



Terminologia logica della tarda scolastica 581 



mam » 355: essi rientrano propriamente nel settimo modo, come ve- 

dremo. Senso composto e senso diviso così sono caratterizzati: 



Ideo sensus compositus in primo modo causatur quando terminus 

modalis totaliter praecedit aut finaliter subsequitur totum dictum 

totius propositionis in qua ponitur, aut finaliter subsequitur (!); sensus 

vero divisus causatur quando terminus modalis mediat inter partes 

propinquas totius dicti; unde partes propinquas dicti appello totum 

quod regitur a parte ante et a parte post respectu verbi illius dicti, id 

est a verbo orationis infinitivae vel coniunctivae [...] 317. 



Ma Landucci, dopo aver precisato che questa è l’opinione di 

Heytesbury, Paolo Veneto e Paolo da Pergola !, ricorda le opi- 

nioni di Strode*? e Pietro di Mantova ° e conclude: « Istarum 

opinionum unaquaeque est sustentabilis et nulla est demonstrativa, 

et ideo eligat scholaris illam quae sibi magis placet » ®!. 



316 Op. cit., f. 3ra-b « [...] et non habet vim faciendi appellare formam 

tale dictum, quod dico ad differentiam istorum terminorum ‘scitum’, ‘du- 

bium’, ‘intellectum’ et ‘cognitum’, quia, licet possunt determinare dictum 

propositionis et ‘connotare passionem, non tamen sunt termini modales 

primi modi, ex eo quia habent vim faciendi tale dictum appellare formam ». 


37 Ivi, f. 3rb. 


318 Ivi: «Prima opinio est communis tenens quod diximus, et est 

opinio etiam Hentisberi, Pauli Veneti in Logica parva et Pauli Pergulensis 

in hoc tractatu [...] ». 


319 Ivi: «Secunda est opinio Sttodi in Consequentiis suis, qui ponit 

quod quando modus totaliter praecedit est in sensu composito et quando 

mediat est in sensu diviso; sed quando finaliter subsequitur, tunc est distin- 

guenda, quia potest capi in utroque sensu ». 


320 Ivi: «Tertia est opinio Petri de Mantua in capitulo de modalibus, 

ponentis modum praecedentem facere sensum compositum, mediantem vero 

et subsequentem facere sensum divisum, et hoc potest etiam elici ex tractatu 

soppositionum, ubi ipse tenet in octava regula quod termini modales non 

habent vim confundendi nisi terminos sequentes, et ideo quando finaliter 

subsequuntur non confundunt aliquem terminum, et per consequens tunc 

faciunt sensum compositum »; cfr. capp. IV, n. 257, e VII, n. 197. 


321 Ivi. 



582 Alfonso Maierù 



Le differenze fra senso composto e senso diviso sono quattro; 

le prime due sono generali. Per la prima, la proposizione in 

senso composto va provata in funzione del termine modale, mentre 

la proposizione in senso diviso va provata « ratione primi termini, 

dummodo talis terminus fuerit mediatus » #2; per la seconda, nella 

proposizione in senso composto il termine modale confundit tutti 

i termini comzunes presenti nel dictumz; non è così nel senso diviso, 

giacché la confusio non si esercita sui termini che precedono il 

modus *. Le altre due differenze riguardano potest, non potest e 

possibile, impossibile. Precisato che potest fa senso composto 

quando è usato impetsonalmente e senso diviso quando è usato 

personalmente **, Landucci pone la terza differenza, per la 

quale la proposizione in senso composto (« cum dicto praesentis 

temporis » soltanto, cioè con il verbo del dictum all’infinito pre- 

sente) richiede una « verificatio instantanea », che non è richiesta 

dalle proposizioni in senso diviso. Cosa sia da intendere con 

« verificatio instantanea » è un problema che Landucci si pone. 

Rifiutata la tesi di Sermoneta (« quidam doctor »)®5 e di chi 



322 Ivi, f. 3va, e continua: « Voco autem terminum mediatum omnem 

terminum excepto pronomine demonstrativo singularis numeri; pronomen 

vero demonstrativum singularis numeri appello terminum immediatum, et 

quando ponitur pro subiecto in propositione, talis propositio dicitur imme- 

diata, ut haec: ‘hoc est homo’ demonstrato Socrate. Et notanter dico ‘singu- 

laris numeri’, quia in numero plurali est terminus mediatus et communis, ut 

vult Paulus Venetus in Logicula »; cfr. cap. VI, n. 41. 


32 Ivi, f. 3va. 


324 Ivi (ciò vale anche per contingit; tra i modi è incluso anche il verbo 

oportet, e di tutti e tre i verbi è detto: « personaliter vel impersonaliter 

sumpta »: f. 3ra). 


325 Ivi, ff. 3vb-4ra: « Unde requirere verificationem instantaneam diversi 

diversimode exponunt. Nam quidam doctor dicit quod propositio de sensu 

composito de li ‘potest’ etc. requirit huiusmodi verificationem, ut puta ista: 

‘possibile est te moveri’, non quia praedicatum seu res importata per prae- 

dicatum mensuretur instanti, quia motus non mensuratur instanti ex 

quo est de numero successivorum, sed quod ponantur in esse id quod 



Terminologia logica della tarda scolastica 583 



ritiene che la verifica istantanea di una proposizione esige che 

« sua de inesse sibi correspondens pro infinito modico tempore 

possit verificati » *5, egli così spiega la frase: 



[...] propositio de sensu composito de li ‘potest’ etc. requirit verifi- 

cationem instantaneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod 

arguendo a sua de inesse de praeterito vel de futuro ad suam de inesse 

de praesenti cum tali determinatione ‘ita fuit’, seu ‘ita erit’ si sit de 

futuro, consequentia valeat, ut, verbi gratia, haec propositio de sensu 

composito ‘possibile est te esse Romae’ requirit verificationem instan- 

taneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo ab ista de 

praeterito ‘tu fuisti Romae’ vel sibi consimili ad talem de praesenti 

‘tu es Romae’ cum ista determinatione ‘aliquando fuit ita quod’, 

consequentia valeat; et quia huiusmodi consequentia valet, scilicet: ‘tu 

fuisti Romae, ergo aliquando fuit ita quod tu es Romae’, ideo illi de 

sensu composito correspondet veritas instantanea; ideo illa est vera, 

immo est necessaria, quia omnes tales propositiones de sensu composito 

verae sunt necessariae, et eodem modo dicatur de futuro; et si talis 

consequentia non valeret de praeterito aut de futuro, tunc illa propo- 

sitio de sensu composito non posset esse vera, immo esse(t) impossibi- 

lis. Vel dicatur, et brevius, quod propositio de sensu composito de li 

‘potest’ etc. requirit verificationem instantaneam, id est requirit ad 

hoc quod sit vera quod sua de inesse de praesenti, si sit in mundo, sic 

adaequate significando sit possibilis, et si sit illa de sensu composito 

de negationibus praedictorum terminorum ‘potest’ et ‘possibile’, requi- 



importatur per propositionem, ut puta veritas illius propositionis seu signi 

ficatum, ut sit sensus quod in hoc instanti tu movearis, non tamen quod 

sit ita, sed sibi non repugnat pro tali instanti verum esse te moveri. 

Sed iste doctor iudicio meo volens istam differentiam declarare intricavit 

se et nescivit eam exprimere, et dictum eius est falsum. Nam quaero: 

per verificationem instantaneam aut ipse intelligit quod sua propositio 

de inesse sit vera in instanti, aut quod suum significatum sit verum 

in instanti, aut quod sibi non repugnet esse verum in istanti. Modo quo- 

cumque intelligat, sequitur quod omnis propositio vera requirit verificationem 

instantaneam, quod est falsum et contra Hentisberum in tractatu De incipit 

et desinit, ubi ponit quod aliqua est propositio quae pro sui veritate requirit 

tempus limitatum; unde omnis propositio vera, est vera in instanti, quod 

probo [...] »; cfr. il testo del Sermoneta in n. 278. 

326 Ivi, f. 4ra. 



584 Alfonso Maierù 



rit quod sua de inesse, id est indicativa illius dicti, absque negatione sit 

impossibilis etc. #7, 



La verifica è risolta dunque dall’autore in prima istanza in 

una operazione logica complessa, nella quale sia posta come 

antecedente una corseguentia e come conseguente la proposizione 

in senso composto; in seconda istanza in una consequentia nella 

quale sia posta come antecedente l’affermazione della possibilità 

della proposizione de iresse e come conseguente la proposizione in 

senso composto, ad esempio, la verifica di « possibile est album 

esse nigrum » nel secondo caso va data così: « ‘album est nigrum’ 

est possibile sic adaequate significando, ergo possibile est album 

esse nigrum », dove sia l’antecedente che il conseguente sono falsi. 


La quarta differenza afferma che per i suddetti modi (potest, 

possibile e non potest, impossibile) la proposizione in senso com- 

posto esige che se è posta ir esse, cioè « si accipiatur sua de inesse 

sibi correspondens » come spiega Landucci, allora « nullum 

sequitur inconveniens », petché «si talis propositio de sensu 

composito sit vera, sua de inesse sibi correspondens, si sit in 

mundo, erit possibilis »; ciò invece non è vero per il senso diviso, 

giacché la proposizione può essere vera e la sua de inesse essere 

impossibile: così « album potest esse nigrum » è vera, ma la sua 

de inesse « album est nigrum » è impossibile ®8. 


Quanto alla liceità dell’inferenza dall’un senso all’altro, Lan- 

ducci afferma che con potest e possibile non vale l’inferenza dal 

senso diviso al senso composto né «e contra negative » quando 

un verbo o participio richiede « tempus limitatum pro veritate 

talis propositionis » (cioè non vale: «tu potes pertransire hoc 

spatium, ergo possibile est te pertransire hoc spatium »: prima 

regola) *; né vale dal senso composto al senso diviso « vel e contra 



327 Ivi, f. 4rb. 

328 Ivi, f. 4rb-va. 

329 Ivi, f. Ava. 



Terminologia logica della tarda scolastica 585 



negative » con gli stessi modi «in terminis compositis seu 

distributis a parte praedicati » (esempio: non vale « possibile est 

te esse omnem hominem, ergo tu potes esse omnis homo »: secon- 

da regola); né, sempre nello stesso caso, vale dal senso diviso 

al senso composto « aut e contra negative cum terminis per se 

aut per accidens repugnantibus » (« album potest esse nigrum, 

ergo possibile est album esse nigrum »: terza regola)*!; né dal 

senso composto al senso diviso (« et e contra negative ») con il 

relativo implicativo (« possibile est antichristum esse hominem 

qui est, ergo antichristum potest esse homo qui est»: quarta 

regola) *°. Più generalmente (quinta regola) con tutti i termini 

modali non vale de forza l’inferenza dall’un senso all’altro e 

vecevetsa, date le differenze che sussistono tra senso composto e 

senso diviso, purché nella proposizione siano posti termini co- 

muni 53, 


Il secondo modo ha luogo con i termini che hanno « vis con- 

fundendi », cioè « mediantibus terminis potentibus confundere 

confuse tantum vel distributive mobiliter vel immobiliter » #4, pur- 

ché essi « non connotent passionem propositionis nec faciant appel- 

lare formam » *5: la prima precisazione distingue il secondo modo 

dal primo, mentre la seconda lo distingue dal settimo *%. Né si 



330 Ivi, f. Sra. 


331 Ivi, f. 5rb; e: «Unde voco terminos per se repugnare oppositos 

contrarie (ut ‘album’ et ‘nigrum’), contradictorie (ut ‘homo’ et ‘non-homo?), 

privative (ut ‘caecus’ et ‘videns’), relative (ut ‘dominus’ et ‘servus’); etiam 

generaliter illos terminos appello per accidens repugnare qui non opponuntur 

proprie aliquo istorum modorum, tamen non possunt de eodem affirmative 

verificari, ut 4 locus et 4 locus, et esse adaequate in 4 et esse adequate in © 

instanti » (f. Srb-va). 


332 Ivi, f. Sva. 


333. Ivi, f. Svb. 


334 Ivi, f. 7vb. 


335 Ivi, 


336 Ivi, f. 8ra: «Et notander dixi a principio: ‘dummodo tales termini 



586 Alfonso Maierù 



dica, aggiunge Landucci, che tali precisazioni sono superflue 

giacché una stessa proposizione può essere in primo modo o in 

secondo, o in secondo e in settimo, per diversi motivi *. L’autore, 

pur definendo probabilis questa opinio, titiene che i modi vadano 

tenuti ben distinti **: se così non fosse, il secondo modo inclu- 

derebbe il primo e il settimo come suoi casi particolati, ed 

Heytesbury avrebbe dovuto cominciare dal secondo la sua tratta- 

zione, come invece non ha fatto’; fra l’altro, avverbi come 

necessario e contingenter fanno senso composto nel secondo modo, 

anche se sono modali, e solo impropriamente si dice che lo fanno 

nel primo, così come impropriamente connotano una passio della 

proposizione #°;. sono infatti esponibili, non officiabili, come si è 

tante volte ripetuto. 

Le differenze fra i due sensi sono così formulate: 



Prima est, quoniam propositio de sensu diviso ad hoc quod sit vera 

requirit verificationem in suppositis termini communis cum descensu 

copulativo vel disiunctivo; propositio veto de sensu composito non, 

quia uterque descensus sibi repugnat [...]. Secunda differentia est, 

quoniam propositio de sensu composito ut plurimum probanda est 

ratione termini confundentis, sed sua de sensu diviso non [...] #4. 



non sint connotativi’ etc., ut pet hoc differat secundus modus a primo; dixi 

etiam: ‘non facientibus appellare formam’, ut pet hoc differat a septimo ». 


337 Ivi. Una posizione analoga a quella respinta aveva sostenuto SERMO- 

NETA nell’introduzione alla sua Expositio (cfr. n. 274). 


338 Op. cit., f. 8ra: « Ad hoc respondetur quod, licet haec opinio sic 

arguens sit probabilis, tamen magis consonum videtur veritati secundum 

mentem Hentisberi ipsum [!, cioè i modi 1°, 2° e 7°] separari quam non [....]». 


339 Ivi, f. 8ra-b: «Etiam si secundus modus non separaretur ab illis, 

tunc Hentisber errasset in isto suo tractatu, quoniam secundus modus esset 

communior et subalternans primum et septimum: sed communiora sunt 

praemittenda in doctrina, teste Aristotele et Commentatore in primo Physi- 

corum t.c. LVII et etiam tertio Physicorum t.c. II, ergo Hentisber debuisset 

tractatum suum incipere a secundo modo et non fecit, ergo errasset ». 


30 Ivi, f. 8rb. 


MI Ivi. 



Terminologia logica della tarda scolastica 587 



Esse riaffermano che la proposizione in senso diviso è probata 

mediante descensus, mentre la proposizione in senso composto, 

richiedendo la probatio in funzione del termine confundens, sarà 

exponibilis oppure officiabilis. Di qui la regola generale fornita 

da Landucci: « Arguendo a sensu composito ad sensum divisum 

aut e contra in isto secundo modo non valet consequentia » #%, 


Il settimo modo ha luogo con i verbi che riguardano atti 

della mente: ma questi verbi possono designare atti della volontà 

(volo, nolo, malo, cupio, desidero, opto, odi) o operazioni del- 

l'intelletto: «absque formidine » come scio, teneo, cognosco, 

concedo, nego, o «cum formidine » come dubito, credo, ima- 

ginor, suspicor, apparet e simili 8. 


Questi verbi possono cadere su di un « complexum verbale », 

cioè un dictum all’accusativo e l’infinito o con quod e il con- 

giuntivo, o sopra un « terminum incomplexum » (Socrates, « a pro- 

positio »): nel primo caso, se uno di essi precede o segue il dicturm 

fa senso composto, se sta tra le parti del dictu72 fa senso diviso; 

nel secondo caso, se esso precede il termine, si ha senso composto, 

se segue a questo, si ha senso diviso *4. 


Il senso composto e il senso diviso differiscono perché il 

primo ‘confonde’ i termini comuni seguenti capaci di ‘confu- 

sione’ e fa sì che il dictum o il termine seguente « appellat for- 

mam », e il secondo non fa ciò *5; inoltre, la proposizione in senso 

composto è officiabilis, la proposizione in senso diviso non lo è #4, 



342 Ivi, f. 8rb-va. 


34 Ivi, f. 20rb-va. 


34 Ivi, f. 20va. 


35 Ivi, f. 20vb; e ancora (ivi): «Quid autem s[c]it appellatio formae 

puto notum esse ex Logica parva, quoniam ille terminus appellat formam 

qui repraesentat suum significatum sub conceptu proprio ». 


34 Ivi: Landucci precisa che il primo termine della proposizione in senso 



588 Alfonso Maierù 



Di qui le regole generali: 



[1] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum aut e contra in 

praedictis terminis non valet consequentia #7; [2] Arguendo a sensu 

diviso ad sensum compositum et e contra in praedictis terminis ubi 

praedicatum sit iste terminus ‘hoc’ et subiectum, in sensu diviso, non 

sit terminus pet se notus non valet consequentia [...] 4, si foret ter. 

minus per se notus bene valeret consequentia *’; [3] Arguendo a 

sensu diviso ad sensum compositum ubi subiectum fuerit terminus pet 

se notus absque aliquo determinabili, et praedicatum fuerit hoc pro- 

nomen ‘hoc’, consequentia est bona, et e contra, mediante verbo import- 

tante scientiam vel certitudinem [...]; notanter vero dixi ‘cum verbo 

importante scientiam’, quia cum isto verbo ‘dubito’ non valet conse- 

quentia 59, 



Tralasciando le regole non riguardanti strettamente l’inferenza, 

concludiamo ricordando le due regole relative a hoc quando è sog- 

getto della proposizione: l’inferenza è valida dall’un senso all’altro 

e viceversa se il pronome è « absque aliquo determinabili » 5, 

oppure « cum suo determinabili palam convertibili cum praedicato 

aut palam superius ad ipsum » #*. 


L’operazione compiuta da Landucci, come si può rilevare, 

è consistita nel fissare criteri distintivi in modo da giustificare 

pienamente l’articolazione dei modi proposta da Heytesbuty; egli 

ha mirato a precisare la dottrina tradizionale che aveva unificato 

modali (primo modo) e verbi designanti atti dell’anima (settimo) 

sotto lo stesso motivo della probazio officialiter, e ha identificato 



composto dev'essere immediato perché essa possa essere « probata officiabi- 

liter »; così è nel caso di « ego scio hominem esse animal ». 


347 Ivi, ff. 20vb-21ra. 


38 Ivi, f. 21ra. 


349 Ivi, f. 21rb. 


350 Ivi. 


351 Ivi, f. 21vb. 


352 Ivi, f. 22ra. 



Terminologia logica della tarda scolastica 589 



motivi precisi che non permettono la riduzione al secondo modo 

del primo e del settimo. 



Di diverso orientamento è la trattazione di Benedetto Vettori: 

più vicina al testo di Heytesbury nel ritenere l’articolazione in otto 

modi con la distinzione del quinto (con et) dal sesto (con vel) e 

con la mancata inclusione del nono, accennato e non sviluppato 

dal maestro inglese, relativo ai termini connotativi, la discussione 

del Faventino si svolge su di una linea generale che non ritiene 

niente della impostazione dei quattro commenti finora esaminati 

e sembra anzi in diretta polemica con la matura esposizione di 

Landucci, le cui tesi in certo senso vengono capovolte. 


Nell’esame di questo trattato, ci limiteremo a segnalare questi 

motivi di dissenso all’interno della tradizione più comune e che 

servono a chiarire l’origine e la destinazione di certe precisa- 

zioni, specie di Landucci: otterremo così un quadro più chiaro 

dell'esame finora condotto. L'esposizione si articola in lezioni, e 

sono otto in tutto; di esse una è introduttiva, mentre la sesta 

discute insieme i modi cinque e sei. 


Nella prima lezione Vettori chiarisce il suo atteggiamento 

in questo trattato. Innanzi tutto afferma che il senso composto e 

il senso diviso possono essere considerati o « secundum se et 

absolute », oppure « unius per rispectum ad alterum ». Conside- 

rata in se stessa, la nozione di senso composto è fondata sulla 

nozione di verità o falsità istantanea (quindi sulla verifica istan- 

tanea) della proposizione corrispondente al dictu7z, che ha una sua 

determinazione ad opera di un modo; perciò la proposizione 

in senso composto « de modo non exponibili vel verbo concer- 

nente actum mentis » è officiabilis, giacché tale probatio « explicat 



353 VertORI, Opusculum in Tisberum..., cit., lect. I, 1: « Et sic notitia 

sensus compositi secundum se causatur ex notitia instantaneae veritatis vel 

falsitatis propositionis significantis dictum vel determinatum a modo reddente 

sensu(m) compositum ». 



590 Alfonso Maierù 



propositionem significantem dictum categoricum propositionis 

officiandae, cuius praedicatum denotatur inesse subiecto secundum 

idem tempus imperceptibile [...] » **. Considerato in se stesso, il 

senso diviso a sua volta può essere mostrato (potest ostendi) in 

due modi: «aut explicatione propositionis, aut expositione 

eiusdem » #5; perciò la nozione di esso è legata alla explicatio o 

alla expositio; la explicatio di « tu non potes pertransire 4 spa- 

tium » è: «tu non habes potentiam ad pertranseundum 4 spa- 

tium », che è falsa; mentre la expositio (0 resolutio, dice Vettori) 

esige che sia vera in un tempo percettibile la proposizione « hoc 

possibiliter currit »; per questo si suol dire che il senso diviso 

deve « verificari temporaliter » 3%, 


Considerati poi l’uno in rapporto all’altro, i due sensi rien- 

trano nella dottrina della conseguentia come specie nel genere ?7. 

Da queste considerazioni deriva la determinazione del posto da 

assegnare al trattato tra i libri logici: in quanto i due sensi sono 

considerati in sé, la nozione di senso composto e di senso diviso 

è legata alla conoscenza della proposizione e in tal senso è « pars 

determinationis libri Periermenias »; in quanto essi sono consi- 

derati in rapporto tta loro, il trattato va posto immediatamente 

dopo il trattato delle conseguenze ** e immediatamente prima dei 

Primi analitici. 1 fini del trattato possono essere interno o esterno 

alla logica; fine interno è la soluzione dei sofismi, fine esterno è 

servire a tutte le scienze *?. 


Per quanto riguarda le cause del senso composto e del 

senso diviso, è da tenere presente che ‘causa materiale’ è il 



354 Ivi. Si ricordi come è data la probatio officialis: « Talis propositio 

est..., quae praecise significat ..., ergo... ». 


355 Ivi. 


356 Ivi. 


357 Ivi. 


358 Ivi. 


359 Ivi. 



Terminologia logica della tarda scolastica 591 



« dictum verbale » o un suo equivalente, giacché compositio e 

divisio sono proprietà logiche di cui la prima inferi cioè esige 

l’istantanea verifica della proposizione, e l’altra la verifica tem- 

porale, e si sa che la verifica è proprietà delle proposizioni o dei 

dicta soltanto *. Inoltre, il modo, o il termine comzponens vel 

dividens, dà nome e definizioni al dictum composto o diviso *! e 

quindi la capacità di confondere (virtus confusiva), propria del 

termine che è modo, opera o su tutto il dictuzz o solo su di 

una parte di esso e fa senso composto e senso diviso *°: perciò 

la virtus confusiva del modo ne è la causa formale ®4; e poiché 

la confusio è opera dell’intelletto (« est de operatis ab intellectu »), 

senso composto e senso diviso sono legati all’apprebensio, della 

capacità di un termine di ‘confondere’ un dictumz, da parte dell’in- 

telletto *4, il quale così ne è causa efficiente **. Di qui seguono 

due affermazioni di notevole importanza: innanzi tutto, senso com- 

posto e senso diviso non hanno luogo senza la confusio del termine; 

inoltre, non hanno luogo senza il riferimento all’intelletto (sine 

intellectu)**. Come si può notare, la seconda affermazione ripren- 

de il vecchio tema del rinvio all’intelletto, del resto già presente 

in Heytesbury, per il quale senso composto e senso diviso sono 

molto simili quanto alla struttura linguistica (vox) ma omzzino 

impertinentes quanto all’intelletto, in ordine alla verità e alla falsità 

e « quoad formam arguendi » #7, 


Ma sulla prima affermazione si fonda tutta la struttura del 

trattato di Vettori. Egli si chiede infatti, subito dopo, se si possa 



36 Ivi, lect. I, 2, supponitur primo, e prima conclusio. 


361 Ivi, supponitur secundo. 


362 Ivi, supponitur tertio. 


363 Ivi, secunda conclusio. 


364 Ivi, supponitur quarto. 


365 Ivi, tertia conclusio. 


366 Ivi. 


357 HeyTEsBuRY, De sensu composito et diviso, cit., f. 2ra. 



592 Alfonso Maierà 



dare un’unica definizione di senso composto e senso diviso. 

Ricordata l'opinione che abbiamo visto essere propria di Battista 

da Fabriano, Sermoneta e Landucci, egli la rigetta come « falsa 

imaginatio »*8; egli afferma che, non essendo il concetto di senso 

composto e senso diviso « mere aequivocus », esso può fungere 

da concetto comune e indifferenziato (indifferens) rispetto ai con- 

cetti propri causati dai vari modi 9, Ora, la ratio communis pro- 

pria di questo concetto è quella che si è detto: non c’è senso 

composto e senso diviso « sine virtute confusiva » + 


Da questa affermazione seguirebbe che la proposizione « pos- 

sibile est Socratem esse istum hominem » non è in senso com- 

posto perché nessuna parte del dicturz ha confusio, € che la pro- 

posizione « possibile est Socratem esse hominem » è in senso 

diviso giacché solo una parte del dictum ha confusio: entrambe, 

invece, secondo la dottrina tradizionale, dovrebbero essere in 

senso composto perché il modo precede totaliter il dictum; se- 

guirebbe inoltre che la congiunzione e?, la disgiunzione vel e il 

relativo implicativo, non avendo capacità di confondere, non 

farebbero senso composto e senso diviso, e quindi i modi tre, cin- 

que e sei non sarebbero tali”. 


Per rispondere a ciò, Vettori afferma ancora una volta che 

un termine fa senso composto quando ‘confonde’ o tutte le parti 

del dictum o almeno la principale, cioè il soggetto, e fa senso 

diviso quando confonde la parte più remota, cioè il predicato; 

perciò, continua Vettori, alcuni termini che non hanno tale 

capacità, non possono fare senso composto 0 senso diviso, ma 

possono causare corzpositio e divisio (giacché altro è compositio, 

altro senso composto, e così via); tali sono tutti termini elencati 

da Heytesbury ad eccezione di quelli del primo e dell’ottavo modo, 



368 VETTORI, op. cit., lect. I, 3, dubitatur primo. 


39 Ivi. ; . ; 

370 Ivi (in particolare il secondo corollario al primo dubbio). 

371 Ivi, dubitatur secundo. 



Terminologia logica della tarda scolastica 593 



dei quali si parla communiter quando si tratta di senso composto 

e di senso diviso *; perciò non « ex diversa applicatione modi ad 

dictum » nascono le diversità tra i due sensi, ma dalla diversa 

confusio *: ci sono proposizioni, il cui modo (in forma nominale) 

precede il dictum, che non sono officiandae perché il soggetto di 

esse non è confuso (es. in « possibile est Socratem currere » solo 

il predicato è ‘confuso’), e perciò sono in senso diviso (come 

« Socratem possibile est currere » e « Socratem currere est possi- 

bile »; ma, mentre quella è explicanda, queste sono resolubiles); 

proposizioni come « possibile est hominem esse Socratem » sono 

invece in senso composto perché il soggetto è confuso e quindi 

sono da probare officiabiliter o exponibiliter. Ora: se non 

c'è confusio e il modus precede tutto il dictum, si avranno propo- 

sizioni compositae, non in senso composto, e se il modus sta tra 

le parti del dicturz, si avranno proposizioni divisae, non in senso 

diviso; le compositae « possunt probari vel explicative, ut in 

sensu diviso, vel officiabiliter aut expositive ut in sensu com- 

posito » 3, 



Ciò premesso, egli accetta le osservazioni relative alle propo- 

sizioni « possibile est Socratem esse istum hominem » e « possibile 

est Socratem esse hominem »; ritiene inoltre che ez, vel e qui 

facciano compositio e divisio, ma non senso composto e senso 



372 Ivi, supponitur primo; in part: «Quia autem stat aliquos esse 

terminos non habentes vim assignatam, ideo ab actione sensus compositi 

vel divisi auferuntur, licet ex eisdem causetur compositio vel divisio in 

propositione: hi igitur erunt qui assignantur a Tisbero in littera, praeter 

hos de primo et octavo, quibus communiter utimur in locutione sensus 

compositi vel divisi [...]». È evidente qui il riferimento alla tradizione, 

per la quale modali e verbi designanti atti di volontà (1° e 8° modo) fanno 

senso composto e senso diviso essendo officiabili; l’autore non accenna, 

infatti, al secondo modo, che per Heytesbury è appunto «cum terminis 

confundentibus ». 


373 Ivi, supponitur  secundo. 


374 Ivi, supponitur tertio. 



38 



Alfonso Maierù 



594 



diviso. Egli è cosciente che quest’affermazione nega la dottrina 

di Heytesbury e degli altri logici e perciò la dà come sua IDE 

personale ?. Egli continuerà così a parlare di “senso composto’ e di 

‘senso diviso” secondo la terminologia tradizionale, anche in quei 

casi in cui avrebbe dovuto semplicemente parlare di Lp 

e divisio, e continuerà a descrivere i modi nella maniera tradi- 



zionale. N 


Tralasciando i modi terzo, quarto, quinto e sesto, cl soffet- 

miamo brevemente sui quattro rimanenti, limitandoci ad esami- 

nare la caratterizzazione fornita da Vettori. a 


Primo modo. Ha luogo quando i termini ampliativi o, bageg si 

operano su di un dictum verbale o un suo «prec Ss a 

senso composto quando il modo precede ° segue i ic n 

mentre quando sta tra le parti del dictum si ha ce De È, 

il termine modale, sia quando è officiabile che quando cp ; 

nibile, è sempre in primo modo 8; i verbi potest e contingi 



375 Ivi, in fine: «Et sic his habitis facilis est responsio ad gup 

dum corollarium, concedendo id » Laren gra soir pa er) 

pro aliis autem tribus negatur notam cor n be hdi 

i implicativim non facere compositionem vel divistonem, quan 

ipa e nullum illorum facere sensum compositum La cap 

cum nullum horum habeat vim confusivam, ut pro egg ir 3 Gu 

hoc arguatur fere omnia in tertio articulo esse contra core Lodi 

logicos, concedatur. Ideo volui haec dixisse Reni prop: hear 

noster habeat quod obicere, et hoc de tertio articulo et per q 

hodierna Pad; A her 


376 Ivi t. rimo. . . 


377 da n è ia la tesi di Strode e di -_ ko; Lei 

magna), relativa alla distinzione da fare quando il modo s gr ps 


318 Ivi, fertio, fra cui: «Ex quo sequitur è pen lic 

nomen sensus compositi in propositionibus modalibus ut = uerunt q cai SI 

cfr. ad es. il Landucci, per il quale in questo caso si e unta 

modo; cfr. anche il testo del VETTORI, 0p. cit. lect. III, i ‘ubi sl fis ; 

prima conclusio, dove si ripropone il problema per g men pira 

si risponde: « Termini modales adverbialite= sumpti componuni 



Terminologia logica della tarda scolastica 595 



assunti impertsonalmente fanno senso composto; personalmente, 

senso diviso; il dictum vero segue alla proposizione vera: 

« deum esse » è dictum di « deus est »; quindi, vera questa, segue 

che è vero quello e non viceversa; triplice è la differenza tra i 

due sensi: a) il senso composto ha verificazione istantanea, sia 

perché tutta la compositio è determinata dal modo, come vuole 

Heytesbury, sia perché tutte le parti della comzpositio sono ‘con- 

fuse’ dal modo, come si è detto, mentre il senso diviso richiede, 

a sua volta, una successione temporale, sia perché il modo 

determina una parte del dicture, sia perché è confuso solo il pre- 

dicato; b) il senso composto è officiabile o esponibile, mentre il 

senso diviso « probatur ratione termini mediati »; c) la terza dif- 

ferenza proviene « ex parte illativae positionis »; cioè la proposi- 

zione in senso composto implica una proposizione nella quale il 

modo sia affermato della proposizione de inesse corrispondente 

al dictum (es. « necesse est hominem esse animal, ergo haec est 

necessaria ‘homo est animal’ ») e ciò non è possibile per il senso 

diviso (non vale l’inferenza: « homo contingenter est animal, ergo 

haec est contingens ‘homo est animal’ ») 1, 


Secondo modo. Si ha con un termine che ha « vis confundendi » 

(confuse tantum, mobiliter o immobiliter) nei riguardi di un 



proprie et per se in primo modo », e ciò contro Heytesbury, che « ratione 

suae confusionis vel immobilitationis » li tratta nel secondo modo. 


379 Ivi, lect. II, 1, quarto. 


380 Ivi, quinto; continua: «Ex quo patet error nostri aemuli conce- 

dentis esse id ad quod esse verum sequitur suam propositionem esse veram. 

Jam enim scripsimus circa notitiam insolubilem aliquam propositionem esse 

falsam, cuius dictum adaequate est verum, ut haec ‘Socrates dicit falsum’, 

posito quod nihil aliud dicat, et tunc ipsa est falsa, et Socratem dicere 

falsum est verum ut sequens, ergo etc. Et hoc idem militat contra ponentes 

obiectum scientiae-vel dubitationis esse significabile complexe et non ipsa 

conclusio [...] »; quest’ultima è la posizione di Gregorio da Rimini (ma cfr. 

cap. I, appendice 1). 


381 Ivi, sexto. 



Alfonso Maierù 



596 



dictum © d'un suo equivalente *: termini aventi la capacità di 

“confondere” sono di tre specie: alcuni esercitano mediate tale 

capacità (così omnis nella proposizione universale affermativa, e 

non causa « compositio »), altri la esercitano immediate (come le 

« dictiones exclusivae », e non causano « compositio »); altri infine 

la esercitano sia immediate che mediate, purché non siano im- 

pediti da altro sincategorema: di essi, alcuni « confundendo immo- 

bilitant », altri no; fra i primi, sono incipit, desinit, promitto, 

debeo, obligor, necesse, necessario € impossibiliter; fra i secondi, 

scio, credo, volo, cupio, immediate **; si ha senso composto quando 

sono ‘confusi’ quei termini che possono esserlo: se si ha confusio 

mobilis, la verità o falsità della proposizione è mostrata dalla 

dalla verità o falsità del descersus a una proposizione « de di- 

siuncto exttemo »; se si ha confusio immobilis, la verità o falsità 

sarà provata mediante descensus alla equivalente proposizione in 

senso diviso; si ha senso diviso quando un termine comune della 

proposizione non è confuso perché antecede il termine confundens: 

la verità o falsità di essa sarà provata con descensus dal termine 

comune non confusus, descensus che non è possibile col senso com- 

posto **. Di qui deriva l’analisi dei rapporti tra primo e secondo 



382 Ivi, lect. III, 1, conclusio. 


383 Ivi, supponitur primo: cfr. LANDUCCI, OP. cit., f. 7vb. 


34 VerTORI, op. cit., lect. III, 1, supponitur tertio, e cfr. supponitur 

quarto: « Et ex hoc supponitur quarto quid nominis sensus compositi et divisi 

in secundo modo. Sensus enim compositus tunc est, cum vis terminorum 

confundentium confusiva et per consequens vel illius immobilitativa est in 

terminum communem, ratione cuius veritas vel falsitas datae compositionis, si 

ex confusione et mobilitatione est, habetur verificata vel falsificata proposi- 

tione de disiuncto extremo compositioni correspondente ut descensus; et si 

compositio fuerit ex immobilitatione consequente aliqualem confusionem 

termini, erit verificata vel falsificata propositione exprimente descensum illius 

termini communis in divisa propositione compositae correspondente, ad mo- 

dum quo ea(n)dem declarat compositionem ex vi immobilitationis termini 

factam. Et sic sensus divisus erit, cum vis illorum terminorum confundentium 



Terminologia logica della tarda scolastica 597 



modo: il secondo modo è superior al primo, che è inferior a quello 

(« Le. ] differentiam secundi modi compositionis a primo esse sicut 

superioris a suo inferiori ») #9; ciò è contro l’opinione di Landucci 

(« Senensis quidam » scrive Vettori), ma alla obiezione di Lan- 

ducci, che non si capisce perché, se così fosse, Heytesbury avrebbe 

cominciato il suo trattato dal primo modo anziché dal secondo 

Vettori risponde che questo si deve al fatto che comunemente si 

parla di senso composto e senso diviso a proposito dei termini 

che denotano la possibilità, inclusi perciò nel primo modo *%, 

Accostiamo subito a questi due l’ottavo modo. I verbi desi- 

gnanti atti della mente sono di due specie: alcuni designano un atto 

interiore (intelligere, scire, velle), altri designano un atto este- 



non transcendit in terminum communem per praecedentiam illius ad ipsos 

ratione cuius veritas vel falsitas datae propositionis divisae habetur ES 

descensu illius termini communis repugnante eidem in sensu composito.» 

L'esempio addotto per il secondo caso del senso composto è « niecessatio: 

omnis homo est animal »: l’autore non illustra come va operato il descensus 

in questo caso; si limita a ribadire che «[...] datae propositionis veritas 

habetur verificato vel falsificato descensu attributo illi termino i S 

diviso extraneo eidem in sensu composito ». sana 

sa Ivi, supponitur septimo; continua così il testo: «Quilibet enim 

terminus qui ratione sui significare posse esse vel non posse esse facit 

sensum compositum in primo modo cum quilibet talis habeat vim confun- 

dendi tantum ratione suae confusionis, faciet sensum compositum vel divisum 

in secundo modo et non e contra; patet enim aliquem esse terminum com- 

ponentem vel dividentem in secundo qui nullatenus significat posse esse vel 

non posse esse et sic a ratione compositionis primi modi secluditur ». Tuttavia 

vii [..] supponitur sexto, quod licet quilibet terminus ‘cdimponena vel 

dividens in primo modo possit ratione suae confusionis componere vel divi 

cà in secundo modo, aliqua tamen est propositio in sensu composito vel 

; iviso in primo quae nec est composita vel divisa in secundo modo, ut hi 

‘necesse est Socratem esse istum hominem’ et ‘Socratem necesse est fees 

istum hominem?. Et hoc patet per quid nominis sensus compositi o 

divisi in secundo modo » (cfr. n. 384) sith 

386 Ivi, sotto supponitur septimo. 



598 Alfonso Maierà 



riore (video, tango, audio)". Solo i primi fanno senso composto 

e senso diviso in questo modo **. Tali verbi possono cadere su 

di un termine incomplexus, o su di un dictum complexum (di 

qui la distinzione tra probatio descriptibilis e officialis); se 

cadono su di un complexum, o dictum categoricum, perdono ogni 

«vis appellationis formae », giacché « appellare formam est 

restringere terminum ad sui definitionem, sed dictum categoticum 

nullam habet definitionem, igitur non appellabitur appellatione 

formae » 39; del resto, solo con un complexum si ha senso com- 

posto e senso diviso ?, e precisamente si ha senso composto 

quando il verbo precede o segue il dictuz, mentre se sta tra le 

parti del dictum si ha senso diviso 32. il primo ha probatio offi- 

cialis, il secondo va provato secondo il termine mediato precedente, 

se è presente nella proposizione ®”. 


Per concludere, esaminiamo l'impostazione che Vettori dà 

del settimo modo, che ha luogo — egli dice — con le determi 

nazioni ita est, ita fuit, ita erit. Egli così procede: dei termini am- 

pliativi, alcuni significano la possibilità (« consignificant posse esse 

vel non posse esse ») e appartengono al primo modo; altri invece 

consignificano il tempo, sia se sono considerati in sé (al tempo 

passato o futuro), sia se considerati nella forma di participio 



387 Ivi, lect. VIII, 1, supponitur primo. 


388 Ivi, supponitur secundo. 


389 Ivi, supponitur tertio. : , 


39 Ivi, supponitur quarto; continua: «Hoc idem patet quia sequitur 

tamquam ab eodem idem: ‘tu intelligis hominem esse animal, ergo hominem 

esse animal intelligis’, quod non contingeret si dictum illud formaliter 

appellaretur, sicut hic non sequitur: ‘tu (ergo textus) hominem intelligis, ergo 

intelligis hominem’, ut patet intuenti ». 


391 Ivi, supponitur quinto. 


392 Ivi, supponitur sexto. . 


33 Ivi, supponitur septimo, e conclude: «Et scias istam differentiam 

non causare omnimodam impertinentiam inter hos sensus, quia aliquibus 

conditionibus observatis sensus illi erunt pertinentes [...] ». 



i —_ 



Terminologia logica della tarda scolastica 599 



(« Adam est praeteritus », « antichristus est futurus »: il parti 

cipio è detto « distractivus ») 4; considerando che « ampliatio est 

dilatatio verbi, vel ratione sui, vel ratione participii distractivi 

ultra propriam sui consignificationem ad plures scilicet temporis 

differentias », può accadere che unì verbo ampliato possa essere 

restrictus di fatto « ad unam temporis differentiam » tra quelle 

richieste dall’amzpliatio; così avviene nel nostro caso, giacché 

ita, (e solo per accidens l’espressione « aliquando fuit ita ») limita 

a un istante del tempo connotato la verità della proposizione #9, e 

quindi l'aggiunta di if4 a un dictum è causa formale del senso 

composto in questo settimo modo ?, Di qui deriva che il senso 

composto si ha con l’aggiunta di ifa che restringe l’arzpliatio del 

tempo del verbo nella proposizione a un istante del tempo con- 

notato dal verbo che fa parte della deterzzinatio, e che è il passato 

o il futuro; il senso diviso è dato dalla proposizione senza deter- 

minazione e col verbo ampliato (es. senso composto: « aliquando 

fuit ita quod Socrates est albus », senso diviso: « Socrates fuit 

albus »)®?. Di qui ancora risulta che il senso diviso sta al senso 

composto come il più ampio al meno ampio: nel primo caso quella 

compositio che è il senso diviso ha verità verificabile nel tempo 



3% Ivi, lect. VII, 1, conclusio, e praemittitur primo. 


395 Ivi, praemittitur secundo; cfr. anche 3: « Quantum ad primum prae- 

supponitur primo quid nominis restrictionis. Unde restrictio est acceptio 

termini in propositione pro paucioribus quam in propositione ampliata. Dico 

‘acceptio termini in propositione’, ut denotetur restrictionem non fieri 

extra propositionem: est enim species suppositionis, quae est proprietas 

termini proportionaliter capti. Dico ‘pro paucioribus quam’ etc., ut deno- 

tetur terminum discretum non posse restringi [...]. Supponitur  secundo 

quod terminum restringi ad pauciora in propositione potest dupliciter intel- 

ligi: vel ad pauciora scilicet supposita personaliter termino attributa, vel 

ad pauciora, id est, ad pauciores temporis differentias connotatas per verbum 

cui accidit ampliatio vel ratione sui vel ratione participii ampliativi, et haec 

erit restrictio ampliationis cui committatur compositio septimi modi ». 


39 Ivi, 1, praemittitur tertio. 


397 Ivi, praemittitur quarto. 



600 Alfonso Maierù 



(« Veritas [...] compositionis divisae proportionatae illi de sensu 

composito est temporalis et non istantanea [...] »), nel secondo 

invece è istantanea (« [...] veritas limitatur ad certum instans 

proportionatum propriae connotationis verbi restricti »: propor- 

zionato, cioè, al passato o futuro, secondo i casi) **. 



398 Ivi, supponitur septimo. 



Appendice 1 



IL TRATTATO TERMINI QUI FACIUNT 



Il testo, che abbiamo ricordato nel capitolo precedente, si 

trova in due manoscritti: Padova, Biblioteca Universitaria 1123, 

ff. 10va-11vb, e Worcester, Cathedral Library, F. 118, f. 30v sgg. 

Ho esaminato il ms. padovano: il testo, anonimo, ha, al f. 10va, 

Incipit termini qui faciunt e, al f. 11vb, Expliciunt termini qui 

faciunt. Il trattato quindi trae il suo titolo dall’incipit. 


Anche a una prima lettura si può rilevare che ci si trova di 

fronte non a un’opera originale, ma ad un adattamento del secon- 

do capitolo delle Regulae solvendi sophismata di Guglielmo 

Heytesbury, che, com'è noto, è intitolato De scire et dubitare. 


Il materiale del capitolo di Heytesbury è qui organizzato in 

modo da offrire in primo piano la descrizione del senso compo- 

sto e del senso diviso, alla quale seguono sette casus con le rela- 

tive risposte. Nel suo testo, invece, Heytesbury vuole chiarire 

le difficoltà relative all’uso di scire, dubitare, ecc.; per far ciò, egli 

formula gli stessi sette cass; passa quindi a descrivere senso com- 

posto e senso diviso; infine risolve i casus. Heytesbury e il suo 

anonimo manipolatore si propongono fini diversi. 


A conferma della dipendenza del trattato Termini qui faciunt 

dal testo di Heytesbury diamo di seguito in sinossi i passi più 

importanti dell’uno e dell’altro (si noti la successione dei fogli 

dei passi riportati: si constaterà quanto diversa sia la collocazione 

dei brani paralleli nel testo di Heytesbury e nel nostro trattato). 



602 



Ms. Padova, Bibl. Un. 1123 


(f. 10va) Termini qui faciunt 

propositiones aliquando sumi in 

sensu composito et aliquando in 

sensu diviso [et] sunt isti et 

consimiles: ‘scie’, ‘dubitare’, 

‘imaginari’, ‘nolle’, ‘velle’, ‘perci- 

pere’, ‘credere’, ‘intelligere’, ‘pos 

sibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’, 

‘necessarium’ et alii consimiles. 

Unde notandum est quod quando 

aliquis praedictorum terminorum 

vel consimilium praecedat totaliter 

dictum propositionis vel finaliter 

subsequitur, tunc sumitur illa pro- 

positio in sensu composito, ut illa 

‘scio deum esse’, ‘dubito Socra- 

tem currere’, ‘possibile est album 

esse nigrum’, ‘hominem esse al- 

bum est impossibile’. Et signifi 

cant tales propositiones sic: ‘scio 

deum esse’, id est scio quod deus 

est; ‘credo Socratem cutrere’, id 

est credo quod Socrates currit; 

‘possibile est album esse nigrum’, 

id est hoc est possibile quod al- 

bum est nigrum, et sic de aliis. 

Sed quando aliquis dictorum ter- 

minorum mediat dictum proposi- 

tionis, id est ponitur in medio in- 

ter accusativum casum et, modum 

infinitum, tunc illa propositio est 

totaliter accepta in sensu diviso. 

Et tales sunt istae: ‘4 scio esse 

verum’, ‘Socratem percipio cur- 

rere’, ‘album possibile est esse 

nigrum’ etc. Et istae significant 

sic: ‘4 scio esse verum’, id est 

illud quod est 4 scio esse verum; 

‘Socratem percipio currere’, id est 

illud quod est Socrates percipio 



Alfonso Maierù 



De scire et dubitare, ed. 1494 


(f. 13ra) Ad cuius evidentiam 

est notandum quod aliquando acci- 

piuntur propositiones quaedam in 

sensu composito quibus consimi- 

les sumuntur in sensu diviso quae 

non convertuntur cum illis accep- 

tis in sensu composito. Item scien- 

dum quod huiusmodi propositio- 

nes maxime fiunt per terminos 

actum vel habitum animae impor- 

tantes, aut posse esse vel non 

posse esse, seu esse necessario vel 

non esse, vel impossibile esse vel 

non esse. Eiusmodi (!) sunt isti 

termini: ‘scire’, ‘dubitare’, ‘intelli- 

gere’, ‘imaginari’, ‘percipere’, ‘vel- 

le’, ‘nolle’, ‘possibile’, ‘impossibi- 

le’, ‘necesse’ et sic de aliis multis. 

Quod autem cum his terminis 

fiant tales propositiones satis ap- 

paret iuxta communem modum lo- 

quendi, ut cum dicitur: ‘scio 4 

esse verum’ et ‘4 scio esse ve- 

rum’. Propositiones istae multum 

sunt similes, sed non convertun- 

tur; una enim accipitur in sensu 

diviso et alia in sensu composito 

sicut et hic: ‘aliquam proposi 

tionem dubito esse veram’ et ‘du- 

bito aliquam propositionem esse 

veram’, ‘intelligo vel imaginor ali- 

quem punctum esse medium 

huius corporis’ et ‘aliquem punc- 

tum intelligo vel imaginor esse 

medium huius (f. 13rb) corpo- 

ris’ [...]; et ita apparet quod mul- 

tae sunt propositiones similes sicut 

istae iam praemissae et  aliae 

huiusmodi quae non convertun- 

tur, cum una accipiatur in sensu 



Terminologia logica della tarda scolastica 603 



currere; ‘album possibile est esse 

nigrum’, id est illud quod est 

album possibile est esse nigrum 

postea, vel sic: de re quae est 

alba potest fieri res nigra, et sic 

est de aliis. 



(f. 10vb) Ad istam conclusio- 



composito et alia in sensu diviso, 

quia sensus compositus rato vel 

numquam convertitur cum sensu 

diviso, sed in maiori parte quan- 

tumcumque sint similes sunt ta- 

men sibi invicem impertinentes 

sicut inferius patebit. Item tam- 

quam pro regula est observandum 

quod cum aliquis istorum termi- 

norum vel similium praecedit to- 

taliter dictum alicuius propositio- 

nis seu sequitur finaliter, tunc 

talis propositio accipienda (est) in 

sensu composito, sicut sic dicen- 

do: ‘scio 4 esse verum’; tota illa 

propositio accipitur in sensu com- 

posito, et tunc convertitur cum 

hac propositione ‘scio quod 4 est 

verum’, et ex hoc sequitur quod 

talis propositio ‘a est verum’ vel 

aliqua propositio significans quod 

a est verum est scita a me. Multi 

tamen sunt termini prius accepti 

qui non multum competenter se- 

quuntut finaliter huiusmodi dic- 

tum propositionis, quia improprie 

diceretur: ‘4 esse verum scio”, ‘ali- 

quam propositionem esse veram 

(scio)’. Aliqui tamen istorum com- 

petenter possunt sequi huiusmodi 

dictum finaliter. Convenienter 

nam dicitur: ‘4 esse verum est 

possibile’, ‘hominem currere est 

possibi[bi]le', ‘hominem esse asi- 

num est impossibile’: sive igitur 

totaliter praecedit talis terminus 

dictum huiusmodi sive sequatur fi- 

naliter, erit totalis propositio dicta 

accepta in sensu composito. 



(f. 12va) Prima supponatur 



604 



nem probandam arguitur sic, et 

primo supponitur ista propositio: 

suppono quod omnis propositio, 

de qua consideras quam non scis 

esse veram nec scis esse falsam, 

sit tibi dubia; deinde ponitur iste 

casus, quod tu scias quod 4 sit 

altera istarum duarum propositio- 

num ‘deus est vel ‘homo est asi- 

nus’ et lateat te quae istarum 

s[clit 4... 



(f. 11ra) Ad eandem conclusio- 

nem probandam arguitur sic, et 

ponitur iste casus, quod tu scias 

quod a s[cJit unum istorum con- 

tradictoriorum: ‘rex sedet’ et 

‘nullus rex sedet’, ita quod tu 

scias quod quodcumque istorum 

sit verum quod illud sit 4 et e 

contra, nescias tu tamen quae ista- 

rum sit 4, sicut nec scias quae ista- 

rum s[c]it vera; isto casu posito, 

facio tibi istam consequentiam... 



(£. 11rb) Tertio ad eandem con- 

clusionem arguitur sic, et ponitur 

quod Socrates sit coram te et 

scias tu bene quod ‘hoc est hoc® 

demonstrando Socrate et nescias 

tu quod hoc est Socrates, scias 

tamen bene quod ista propositio 

‘hoc est Socrates’ significat prae- 

cise quod hoc est Socrates, tunc 

isto posito sequitur quod ista 

propositio ‘hoc est Socrates’ est 

tibi dubium (!)... 



Alfonso Maierù 



quod quaelibet propositio de qua 

considerat aliquis quam ille nescit 

esse veram nec scit esse falsam 

sit dubia eidem; deinde ponatur 

quod tu scias quod 4 sit altera 

illarum: ‘deus est’, ‘homo est asi- 

nus’, quarum unam scias esse ve- 

ram et necessariam, scilicet istam 

‘deus est’, et aliam scias esse fal- 

sam et impossibilem, scilicet istam 

‘homo est asinus’, et te lateat quae 

illarum sit 4... 



Item arguitut ad idem sic. Po- 

natur quod tu scias quid sit ve- 

rum istorum, demonstratis istis 

contradictoriis tibi dubiis: ‘rex se- 

det’, ‘nullus rex sedet’, sic quod 

scias quod, quodcumque istorum 

sit 4, quod ipsum sît verum, et 

quod solum ipsum sit 4 et e con- 

tra, et cum hoc scias quod 4 est 

verum istorum, nescias tamen 

quid istorum sit 4 sicut nescis 

quid istorum sit verum. Istis po- 

sitis, fiat haec consequentia... 



Item ad idem arguitur sic. Po- 

natur quod tu scias quod hoc sit 

hoc, demonstrato Socrate, et ne- 

scias tu quod hoc sit Socrates, 

scias tamen quod haec propositio 

‘hoc est hoc’ significat  praecise 

quod hoc est hoc, et etiam quod 

ista propositio: ‘hoc est Socrates” 

significat prae(f. 12vb)-cise quod 

hoc est Socrates. Sit enim Socrates 

coram te quem scias esse homi- 

nem et nescias ipsum esse Socra- 

tem, quc posito cequitur quod 



Terminologia logica della tarda scolastica 605 



Quarto arguitur [sic] ad ean- 

dem conclusionem sic, et ponatur 

quod Socrates sit coram te, scias 

tu bene quod ipse est Socrates vel 

Plato, nescias tamen quis istorum 

ipse sit, scias tu bene quod ista 

propositio ‘hoc est Socrates” signi- 

ficat praecise quod hoc est Socra- 

tes, tunc ista propositio ‘hoc est 

Socrates’ est tibi dubia... 



Quinto arguitur ad eandem 

conclusionem probandam sic, et 

ponitur quod tu scias quid demon- 

sttetur per subiectum huius pro- 

positionis: ‘hoc est homo” et quod 

aliquid scias esse hominem et 

nihil dubitas esse hominem et 

quod tu scias istam propositionem 

‘hoc est homo’ sic significantem 

praecise quod hoc est homo, tunc 

ista propositio ‘hoc est homo” est 

scita a te esse vera vel scita a te 

esse falsa... 



(f. 1lva) Sexto arguitur ad pro- 

bandum (!) conclusionem sic: po- 

natur quod 4, è, c sint tres propo- 

sitiones quarum duae primae, sci- 

licet 4, d sint scitae a te, tertia 

sit c dubia; et dubitantur sic 

istae propositiones vel removean- 

tur a te, ita quod nescias quae 

istarum s[clit 4 nec quae d nec 

quae c nec quae sit tibi dubia. 

Isto posito, arguo sic: aliqua ista- 

rum est scita a te et quaclihet 



haec propositio ‘hoc est Socrates” 

est tibi dubia... 



Item posito quod scias quod 

hoc sit Socrates vel Plato, nescias 

tu tamen an hoc sit Socrates nec 

scias an hoc sit Plato, et tunc erit 

ista propositio tibi dubia: ‘hoc est 

Socrates’... 



Item suppono quod tu scias 

quid demonstretur per subiectum 

huius propositionis: ‘hoc est homo” 

et scias quod illa propositio signi- 

ficat praecise sicut termini illius 

preetendunt, et quod scias aliquid 

esse hominem et nihil dubites esse 

hominem; quo posito, sequitur 

quod ista propositio: ‘hoc est 

homo’, sit scita a te esse vera vel 

quod illa sciatur a te esse falsa... 



Item sint 4, d, c tres proposi. 

tiones, quarum duae sint scitae a 

te, scilicet 4 et 2, et tertia, scili- 

cet c, sit tibi dubia, et nescias 

quae illarum sit 4 vel b, et simi- 

licter lateat te (f. 13ra) quae illa 

rum sit tibi dubia. Istis positis, 

sequitur quod aliqua illarum pro- 

positionum sit scita a te, quia tam 

a quam È sciuntur a te per casum, 

et sequitur etiam quod quaelibet 

illarum sit tibi dubia... 



606 

istarum est dubia, ergo conclusio... 



Septimo arguitur ad eandem 

conclusionem sic: tu scis quod 

hoc est Socrates et dubitas an hoc 

sit Socrates eodem demonstrato, 

ergo illud est scitum a te et tibi 

dubium; et antecedens arguitur 

sic, et ponatur quod heri vidisti 

Socratem et neminem alium, et 

scias tamen bene quod adhuc ille 

homo quem heri vidisti est So- 

crates, et sit Socrates hodie coram 

te et lateat te quod iste est So- 

crates, tunc sic: tu scis quod iste 

homo est Socrates; hoc arguitur 

sic, quia demonstrato isto homine 

quem heri vidisti, scis bene quod 

iste est Socrates, sed neminem 

heri vidisti nisi istum hominem, 

ergo demonstrato isto scis bene 

quod iste est Socrates et dubitas 

an iste idem sit Socrates per ca- 

sum, igitur sequitur conclusio. 



Alfonso Maierù 



Item tu scis quod hoc est So- 

crates et dubitas an hoc sit Socra- 

tes, eodem demonstrato; propter 

quod ponatur quod heri videris 

Socratem et scias adhuc quod ille 

homo quem heri vidisti est So- 

crates, et videas Socratem modo, 

et lateat te an sit Socrates, sed 

credas quod ille homo quem nunc 

vides sit Plato, et non videas ali- 

quem nisi Socratem; istis positi 

scis quod hoc est Socrates d 

monstrato illo quem heri vidisti, 

quia absque haesitatione conce- 

deres quod hoc est Socrates, de- 

monstrato illo quem heri vidisti, 

quia scis bene quod ille quem 

heri vidisti est Socrates demon- 

strato illo quem heri vidisti. Scias 

nam gratia exempli quod neminem 

vidisti heri nisi illum qui est So- 

crates, et tunc sequitur quod tu 

scis quod hoc est Socrates, de- 

monstrato illo quem heri vidisti, 

et eodem demonstrato dubitas an 

hoc sit Socrates, quia, demonstrato 

illo quem iam vides, dubitas an 

hoc sit Socrates, et idem est quem 

iam vides et heri vidisti, igitur 

eodem demonstrato scis quod hoc 

est Socrates et dubitas an hoc sit 

Socrates. 



Appendice 2 



IL TRATTATO TERMINI CUM QUIBUS 

E PAOLO DA PERGOLA 



P.O. Kristeller, nel secondo volume di Iter Italicum, dà notizia 

di due trattati de sensu composito et diviso di Paolo da Pergola, 

nessuno dei quali corrisponde a quello che abbiamo utilizzato nella 

esposizione precedente e che ha l’incipit: Cum saepe numero 

cogitarem. 


Del primo di essi, contenuto nel ms. Sessoriano 301 della Biblio- 

teca Nazionale di Roma!, il Kristeller dà questo incipit: Quoriam 

ignoratis. Il secondo, invece, si troverebbe nel ms. Casanatense 

85; l'incipit è: Termini cum quibus. 


Il ms. Sessoriano contiene in realtà il trattato a noi noto, ma 

esso non è segnalato dal Kristeller; l’incipit fornito dallo studioso 

è quello di un altro trattato che nel codice precede il nostro testo. 


Ecco l’indice del ms. Sessoriano: 



1) ff. 1ra-54vb: (Pauli Veneti Logica parva) (manca il primo trat- 

tato e metà del secondo): inc.: ef ita non immobilitant. Ideo bene 

sequitur: scio omnem propositionem, et iste sunt omnes propositiones, 

ergo scio istam et istam et sic de singulis (cfr. l’ed. veneziana del 1567 

« apud Hieronymum Scotum », tr. II De suppositionibus, cap. V, p. 22, 

30); expl.: secundum quod mei in exordio primitus asserendo promisi 

(nell’ed. cit. manca l’ultimo paragrafo: merito-promisi; nel ms. segue, 

di mano posteriore) E7 sic est finis. FINIS. 



1 Cfr. Iter Italicum, II, London-Leiden 1967, p. 122. 

2 Ivi, p. 97. 



608 Alfonso Maierù 



2) ff. S4vb-SSvb: Incipit tractatus brevis magistri Pauli Pergu- 

lensis de sensu composito et diviso (!) ad medium inveniendum in 

silogismo (ma cfr. Codices vaticani latini, II, 679-1134, rec. A. Pelzer, 

Romae 1931, p. 726, Vat. lat. 1109, ff. 144v-145r, dove il testo è 

attribuito a Marinus de Castignano sotto il titolo Tractatus de inven- 

tione medii: il Pelzer per lo stesso testo rinvia al Vat. lat. 3037, ff. 

151r-154r); inc.: Quoniam ignoratis principiis et ea que sequuntur igno- 

rari habent ab his qui perfecte scire cupiunt; expl: Et sic sepe hec 

legendo multa alia exempla per temetipsum per regulas ante positas 

inveniri poteris. Finis. Explicit utilis tractatus ad medium in silogismo 

inveniendum; 


3) ff. 55vb-58vb: (Pauli Pergulensis De sensu composito et diviso: ) 

Item de sensu diviso et composito tractatus eiusdem. Inc.: Cum sepe 

numero cogitarem; expl.: que hic scripsi plurima ex te repperies (cfr. 

l’ed. M. A. Brown cit., pp. 149-158; l’explicit ha riscontro nell’ap- 

parato); 


4) £.59r: versus memoriales. 



Il manoscritto, del sec. XV, cartaceo, di ff. 59, a due colonne, 

è dovuto a due mani diverse: la prima, fino al f. 54vb, al punto 

indicato; la seconda, dal f. 54vb alla fine. 


Il secondo testo segnalato dal Kristeller occupa i ff. 55va-58rb 

del ms. Casanatense 3, ed è anonimo. L'attribuzione di esso a Paolo 

da Pergola è stata forse ricavata dal ms. Marciano, lat. VI, 248 

(= 2878); questo codice infatti ha, ai ff. 92va-93vb, un trattato 

de sensu composito et diviso, incipit: Termini cum quibus, attri- 

buito al Pergolese (ma ai ff. 89ra-92rb ha il De sensu composito et 

diviso, incipit: Cum saepe numero cogitarem, che una mano poste- 

riore a quella che ha copiato il testo ha espressamente attribuito al 

Pergolese: si veda il margine superiore del f. 89r). In realtà il testo 



3 Per la descrizione del codice, cfr. Catalogo dei manoscritti della Biblio- 

teca Casanatense, I, compilato da E. Moneti-G. Muzzioli-I. Rossi-M. Zamboni, 

[Roma] 1949, pp. 153-155. 


4 Cfr. J. VALENTINELLI, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum, 

IV, Venetiis 1971, p. 160; il ms. è segnalato dal KRISTELLER, 0p. cit., Tk 

p. 226 



Terminologia logica della tarda scolastica 609 



del ms. Casanatense e quello del ms. Marciano differiscono, nono- 

stante abbiano lo stesso incipit, giacché il primo è notevolmente più 

lungo del secondo. 


Diamo di seguito i due testi, segnalando in nota, del più breve, 

i punti di raccordo con l’altro; si vedrà che esso è derivato da 

quello maggiore e, così come ci è pervenuto, sembra un riassunto 

frettoloso del primo. 



Per stabilire il testo più lungo ci siamo serviti del ms. Casana- 

tense e del ms. 1123 della Biblioteca Universitaria di Padova, che 

lo contiene ai ff. 9va-10va 5: anche in questo caso esso è anonimo. 

Il ms. Padovano è più antico e perciò è stato preso a testo base 

di questa edizione. Ma la Brown ricorda sotto lo stesso incipit 

anche i testi anonimi contenuti nei mss. Oxford, New College 289, 

f. 36r sgg. e Worcester, Cathedral F. 118, f. 55b sgg., che non 

abbiamo preso in esame. 



I* 



Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu 

composito, aliquando in sensu diviso, sunt isti: ‘scire’, ‘dubitare’, ‘ima- 



5 Una prima analisi del contenuto del ms. è nel mio Lo « Speculum »..., 

cit., pp. 308-309. 

6 Cfr. Introduction a PAuL or PeRGULA, Logica..., cit., p. XI. 



* P = Padova. Biblioteca Universitaria, ms. 1123, ff. 9ba-10va; C = 

Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 85, ff. 55va-58ra. 


In questo apparato non sono segnalate le trasposizioni e le varianti come 

ergo | igitur, iste / ille. Ho letto P in microfilm negativo; si rilevano inter- 

venti in inchiostro più intenso sul testo, non so se dovuti alla stessa mano 

dello scriba, o a mano differente; essi non saranno tutti segnalati: noteremo 

eo) le cancellature, e le aggiunte in margine o in interlinea (indicate 

con Pe). 



1 termini] Incipiunt termini qui cum quibus Termini P_2 composito +et C 



39 



610 Afonso Maierà 



ginati’, ‘percipere’, ‘nolle’, ‘velle’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘neces- 

sarium’ et ‘contingens’. 


Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis 

praedictorum terminorum praecedit totaliter dictum propositionis, ut 

‘scio 4 esse verum’, vel finaliter subsequitur, ut ‘album esse nigrum 

est impossibile’. Et ista propositio ‘scio 4 esse verum’, et aliae consi- 

miles quae sumuntur in sensu composito, sic significat: scio quod 4 est 

verum; et ista propositio ‘impossibile est album esse nigrum’ (...) et sic 

singulis. Sed sumuntur propositiones in sensu diviso quando aliquis 

istorum terminorum mediat dictum propositionis, id est ponitur inter 

accusativum casum et infinitum modum, verbi gratia ‘4 scio esse 

verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam propositionem du- 

bito esse veram’. Et tales propositiones quae sumuntur in sensu diviso 

sic significant: ‘a scio esse verum’ sic significat: illud quod est 4 scio 

esse verum; ‘album possibile est esse nigrum’ sic significat: illud quod 

est album possibile est esse nigrum. 


Et ideo tales propositiones sumptae in sensu diviso et in sensu 

composito sunt quasi sibi invicem impertinentes, et in sensu diviso 

valet talis consequentia: ‘illud quod est 4 scio esse verum, ergo 4 scio 

esse verum’; et ista consequentia simpliciter est bona: ‘hoc scis esse 

verum et hoc est 4, ergo 4 scis esse verum’. Sed arguendo in sensu 

composito non valet consequentia, ut hic: ‘tu scis hoc esse verum et 

hoc est 4, ergo tu scis 4 esse verum’, quia antecedens est verum et conse- 

quens falsum posito casu possibili: posito quod 4 convertatur cum ista 

ptopositione ‘homo currit’ et posito quod tu videas hominem currere, 

sed quod tu nescias pro certo an sit homo vel non, isto posito, antece- 

dens est verum, videlicet ‘tu scis hoc esse verum’, quia ista convertitur 

cum ista ‘tu scis quod homo currit’ et ista est vera, ergo et alia; et altera 

pars antecedentis est vera, videlicet quod ‘hoc est 4°; et consequens 

falsum, videlicet ‘tu scis 4 esse verum’, quia convertitur cum ista: ‘tu 

scis hominem currere’, quia per casum est tibi dubium si sit homo vel 

non. Sed ad concludendum propositionem in sensu composito oportet 



3 possibile+et C 6 totaliter] totum C 10 propositio om P 11 sin- 

gulis] similibus C. sed om C sumuntur-+autem C 12 istorum] praedicto- 

rum C 13 accusativum] aliquem (2) C_ 16 significat+quod C 17-18 

sicnigrum om P__ 20 suntom C etom C 21 illud] id C 23 sed+con- 

similiter C 25 tu om C quia om C_ 27 posito] pono P__28 nescias] 

nesceas P__ 31 4] verum P homo C_ 32 videlicet] quod C 34 non+ 



10 



15 



20 



25 



30 



Terminologia logica della tarda scolastica 611 



accipere utramque praemissarum in sensu composito, sic: ‘scio quod 

hoc est verum et scio quod tantum hoc est 4, ergo scio 4 esse verum?. 

Posito quod 4 sit altera istarum: ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, et 

bene scias quod 4 sit altera istarum, et sit ista gratia exempli ‘deus est’, 

et lateat te quae istarum est 4 et consideres tu de istis, et scias istas 

significare praecise primarie, isto posito sequitur ista conclusio: 4 scis 

esse verum, et tamen tu non scis 4 esse verum. Antecedens probo sic: 

hoc quod est 4 scis esse verum, demonstrando istam ‘deus est’, ergo 

a scis esse verum. Ista consequentia est bona, quia consimilis modus 

arguendi in sensu diviso valet, et antecedens est verum, quia istam scis 

esse veram ‘deus est’ et ista est hoc quod est 4, ergo hoc quod est 4 

scis esse verum, et tamen tu non scis 4 esse verum; probo, quia non 

scis quod 4 est hoc verum ‘deus est’, quia latet te per casum an 4 sit 

ista ‘deus est’ an ‘homo est asinus’, nec tu scis 4 esse aliquod aliud 

verum per casum, ergo tu non scis 4 esse verum; ideo conceditur 

conclusio. 


Et si arguitur sic: ‘4 scis esse verum, ergo tu scis 4 esse verum’, 

negatur consequentia, quia ista possunt stare simul: 4 scis esse verum, 

et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura. Probatur sic. 

Ponatur quod « sit ista propositio ‘deus est’ et quod tu scias istam, et 

quod tu non ctedas aliquod 4 esse in rerum natura, tunc antecedens est 

verum ‘4 scis esse verum’; probatur: illud quod est 4 scis esse verum, 

ergo 4 scis esse verum; antecedens probo: istam ‘deus est’ scis esse 

veram, et haec est illud quod est 4, igitur hoc quod est 4 scis esse verum, 

et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura. 


Alia conclusio est ista de primo casu: tu dubitas 4 esse verum 

et tamen nullum 4 dubitas esse verum; prima parts patet per ca- 

sum et secundam partem probo, videlicet nullum 4 dubitas esse verum: 

quia nullum istorum dubitas esse verum demonstrando istam ‘deus 

est” vel ‘homo est asinus’, et quodlibet 4 est alterum istorum, ergo 

nullum 4 dubitas esse verum; consequentia patet et antecedens 



homo C 34-35 oportet-praemissarum] requiritur quod utraque praemis- 

sarum sumatur C_ 37 posito] supposito C 38 ista+gratia P—39te+ta- 

men C add et delPest]lsitC =40isto+casuC 41siclsiC 42de 

monstrando-est’ del Pe 46 quia+tu C 48 an+haec C 49 verumi 

om C 53 scis] sis C esse-+verum C 55 tu om C 56 probatur] 

probo C 57 istam] ista C 58 illud] hoc C 59 natura+quia per 

casum tu non credis quod aliquod 4 sit in rerum natura C 61 4+est tibi P 



per casum] ex casu C 63 dubitas-verum] est tibi dubium CU istam] 



35 



40 



45 



50 



55 



60 



65 



612 Alfonso Maierà 



sequitur ex casu. Ideo conceditur conclusio et negatur ista conse- 

quentia: ‘tu dubitas 4 esse verum, ergo tu dubitas 4 vel 4 est tibi 

dubium’, quia antecedens est verum (‘tu dubitas 4 esse verum’, quia 

per casum tu nescis an 4 sit ista ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, 

ergo tu dubitas 4 esse verum) et consequens falsum, quod tu dubitas 

a, quia suum contradictorium est verum: ‘tu non dubitas 4°; probatur, 

quia non dubitas illud quod est 4, quia non dubitas istam ‘deus 

est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas hoc quod est 4. 


Similiter ista consequentia non valet: ‘tu dubitas 4 esse verum, 

ergo 4 est tibi dubium’, quia antecedens est verum, ut probatum est, 

et consequens falsum, videlicet ‘a est tibi dubium’, quia ista non 

est tibi dubia ‘deus est’, et ista est 4, igitur 4 non est tibi dubium. 

Ista conclusio est possibilis et sequens ex casu: 4 est scitum 4 te 

et tamen tu dubitas 4 esse verum: antecedens probatur, quia 4 est 

ista ‘deus est’ et ista est scita a te, ergo 4 est scitum a te, et conse- 

quens probatur ut prius. 


Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tamen tu non dubitas 

aliquod 4; prima pars probatur ut prius et secundam partem probo, 

quia tu non dubitas illud quod est 4, igitur tu non dubitas 4, quia 

tu non dubitas istam ‘deus est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas 

illud quod est 4; ideo conceditur conclusio et conceditur ista: tu 

scis 4 et tamen tu non scis 4 esse verum. Prima pars patet, quia tu 

scis hoc quod est 4, ergo tu scis 4; secundam partem probo, quia tu 

non scis an 4 sit ista ‘deus est’ an ista ‘homo est asinus’, ergo tu 

non scis 4 esse verum. Similiter ista est vera: 4 est scitum a te et 

tamen non est scitum a te 4 esse verum. Et ista est vera: 4 scis esse 

verum et tamen nullum verum scis esse 4, quia hoc verum non scis 

esse 4 demonstrando ‘deus est’, nec hoc verum ‘homo est animal’ 

et sic de singulis, ergo nullum verum scis esse 4; nec aliquid scis 

esse 4, quia aliquam propositionem nescis esse 4, ergo aliquid non 

scis esse 4; nec 4 scis esse 4, quia 4 est ista ‘deus est’ et tu nescis 

istam esse 4, igitur 4 nescis esse 4, et tamen haec est falsa ‘4 nescis 



istasC 64 velletC  68estozP. 69sit]scitP 72 quia2+tu C 

73 hoc] illud C 74 ista] haec C 75 dubium] dubia P est? om P 

verum-+ergo 4 est tibi dubium quia antecedens est verum C 79 probatur] 

probo C.81probatur] proboC = utormP = 85haeclistaC 88 4+et 

G 89 non scis] nes(c)is C an?] vel C 92 tamen om P 93 de- 

monstrando+istam C verum+ demonstrando C 97 a+nec 4 scis 

esse idem sibi ipsi 4 quia illud quod est 4 nescis esse 4 C 98 ipsi+a 



70 



75 



80 



85 



90 



95 



Terminologia logica della tarda scolastica 613 



esse idem sibi ipsi’. 


“A èsse verum est tibi dubium’: si concedatur, tunc sic: ista 

propositio ‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum altera istarum 

«deus est” esse verum est tibi dubium” vel “‘homo est asinus’ esse ve- 

rum est tibi dubium” et quaelibet illarum est falsa, ergo verum conver- 

titur cum falso: conceditur consequentia et negatur antecedens; ante- 

cedens probo sic: ‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum ista 

«deus est” esse verum est tibi dubium”, quia 4 est ista ‘deus est’, ergo 

si haec sit vera ‘4 esse verum est tibi dubium’, haec foret vera “‘deus 

est’ esse verum est tibi dubium”: negatur quod istae duae propositiones 

convertuntur. 


Contra: subiecta convertuntur, copulae et praedicata convertuntur 

et propositiones sunt eiusdem qualitatis et quantitatis, ergo convertun- 

tur. Dicendum quod regula non est generaliter vera, quia oportet 

addere quod termini pro eisdem praecise supponant in una sicut in 

alia. Nam ista consequentia non valet: ‘quilibet homo est unus solus 

homo, ergo omnis homo est unus solus homo’, et tamen subiecta 

convertuntur, praedicata et copulae convertuntut etc. et propositiones 

non convertuntur, et causa est, quia in ista ‘quilibet homo est unus solus 

homo’ li ‘homo’ supponit pro masculis tantum et in alia ‘omnis 

homo est unus solus homo’ li ‘homo’ supponit tam pro masculis 

quam pro feminis, et ideo non convertuntur. 


Ideo, si conceditur ista ‘4 esse verum est tibi dubium’, contra: 

nullum istorum esse verum est tibi dubium demonstrando istam 

‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, a est alterum istorum, ergo 4 esse 

verum non est tibi dubium: syllogismus in quarto modo primae figurae; 

si negatur, contra: prima est universalis negativa et minor est parti- 

cularis affirmativa particularem negativam concludentes, et conclu- 

ditur directe, igitur etc. Pro isto negatur quod maior est universalis 

negativa, quia hoc totum ‘nullum istorum est verum’ est subiectum 

ad li ‘est’ et est affirmativa, et negatur quod concluditur directe, 



quia 4 est ista deus est et hoc est falsum quod tu nescis istam esse 

idem sibi ipsi C 103 antecedens! om C 104 probo] probatur C 

109 convertuntur--et C. 111 quod+ista € 115 convertunturl+et P om C 

et2+tamen C 117-118 omnis-homo? om P__ 119 feminis] femellis €121 

esse verum om C 122 vel+istam Casinustet C_ 123 dubium+con- 

sequentia est C 124 minor] secunda C est? om C 126 igitur + syllo- 

gismus C isto+dicitur quod C est] sit C 128 et!+etiam € conclu- 



100 



105 



110 



115 



120 



125 



614 Alfonso Maierù 



quia conclusio non fit ex maiori extremitate et minoti tantum, sed de 

illis duabus et de parte medii termini; ideo non concluditur directe. 


Capio istas quattuor propositiones: ‘homo est homo’, ‘homo est 

risibilis’, ‘homo est asinus’, ‘homo est rudibilis’; capio tunc illas duas 

‘homo est asinus’ et ‘homo est rudibilis’; munc istae duae proposi- 

tiones convertuntur et una istarum est vera et alia falsa, ergo verum 

convertitur cum falso; consequentia patet et antecedens probo, quia 

ista convertuntur cum aliquibus, ergo convertuntur; consequentia 

patet, quia ex opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis, 

quia sequitur: istae propositiones non convertuntur, ergo non con- 

vertuntur cum aliquibus; ideo si conceditur consequens, tunc arguitur 

sic: ex consequente sequitur quod ista convertuntur, ergo significant 

praecise idem, ergo convertuntur inter se, ergo sequitur conclusio 

probanda, quod aliquae propositiones convertuntur et tamen una est 

vera et alia falsa. 


Capio istas tres propositiones: ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus est’, 

quarum quaelibet significat praecise quod deus est, et arguo sic: istae 

propositiones convertuntur, ergo quaelibet istarum convertitut cum 

cum duabus istarum, sed omnis una est vera et omnes duae istarum 

sunt falsae, ergo verum convertitur cum falso. Ad primum argumentum 

dicitur quando arguitur sic: istae duae propositiones convertuntur 

cum aliquibus, ergo convertuntur, negatur consequentia; nec sequitur: 

1sta ‘homo est risibilis” convertitur et ista ‘homo est asinus’ convertitur, 

ergo istae convertuntur. Eodem modo respondendum est ad omnes tales 

conclusiones, quia si talis modus arguendi sit bonus, tunc istae conclu- 

siones sequentes sunt verae, et omnes tales quarum una est ista ‘hoc 

est aequale’ et ‘hoc est aequale’, demonstrato uno cui ipsum primo 



ditur] concludatur €129 ex] de C 130 duabus] duobus P__ 131 ho- 

mo%est 07: C 132 risibilis] risibile est C asinus+et C rudibi- 

listet C duas+ propositiones C 133 nunc] et tunc arguo sic C 

134 alia+est C 135 quia om C 136 ista] istae propositiones C 

consequentia] consequentiam C 137 patet] probo C 139 arguitur] 

arguo C 140 quod 07 C 141 idem+consequentia patet per definitio- 

nem istius termini converti tunc ultra ista significant praecise idem C 

ergo?+a primo C 142 propositiones+inter se Cet tamen] quarum C 

144 deus est*+deus est deus est deus est in mg C 146 ergo om P 

quaelibet istarum] una vera illarum C 147 una+illarum C 149 dicitur 

om € duae propositiones om C 151 risibilis im mg Pe om C 152: 

tales om C 153. conclusiones! +consimiles C 154 sunt] essent C 



130 



135 



140 



145 



150 



155 



Terminologia logica della tarda scolastica 615 



est inaequale, ‘ergo ista sunt aequalia’, negatur consequentia, et etiam 

ista ‘hoc est simile et hoc est simile, ergo ista duo sunt similia’, negatur 

consequentia ista, et etiam ista: ‘hoc est immediatum et hoc est imme- 

diatum, ergo ista sunt immediata’: non valent huiusmodi consequentiae, 

quia dicunt quidam quod numquam convertuntur aliquae proposi- 

tiones nisi quando quaelibet illarum convertitur cum qualibet illarum 

alia a se ipsa. La 


Contra istam responsionem arguitur sic, et capio istas duas copu- 

lativas “ ‘deus est’ et ‘homo est’ ”, “ ‘prima causa est’ et ‘risibile est’ ”; 

tunc arguo sic: istae duae copulativae convertuntur et istae duae copu- 

lativae sunt istae quattuor propositiones, ergo istae quattuor propo- 

sitiones convertuntur. Pro isto negatur quod istae quattuor propo- 

sitiones sunt istae duae copulativae, sed istae quattuor propositiones 

cum istis duabus notis et etiam cum actu animae sunt istae duae 

copulativae, quia si conceditur quod aliquae propositiones convertuntur, 

quarum non quaelibet convertitur cum qualibet istarum alia a se ipsa, 

sequitur talis conclusio, quod quattuor propositiones convertuntur et 

nullae tres, et sint istae quattuor: ‘homo est’, ‘risibile est’, ‘homo est 

asinus’ et ‘homo est rudibilis’, tunc istae quattuor propositiones con- 

vertuntur, quia ‘homo est’ et ‘risibile est” convertuntur et aliae duae 

convertuntur, ergo istae quattuor propositiones convertuntur, et tamen 

nullae tres convertuntur, quia istae tres non convertuntur ‘homo est’, 

‘risibile est’ et ‘homo est asinus’. Similiter sequitur quod centum pro- 

positiones convertuntur; tamen nullae viginti, et sic de aliis quod 

numquam videtur esse verum. gti 


Ideo pro secundo dicitur, captis illis tribus propositionibus: ‘deus 

est’, ‘deus est’, ‘deus est’, conceditur quod quicquid convertitur cum una 

illarum convertitur cum duabus illarum, et hoc accipiendo illas duas 

divisim; et tunc quando arguitur: duae illarum coniunctae sunt falsae, 

negatur, sed bene coniunctim sunt unum falsum et propositio falsa et 

tres tamen illarum non sunt propositio; et non sequitur: ista ‘deus 

est’ convertitur cum ista et cum ista, ergo convertitur cum duabus 

illarum, negatur consequentia, et causa quare consequentia non valet 



hoc] homo C 155 primo om €157 duo om C 161 qualibet] quae- 

libet P 168 istae? interl Pe 169 et om C 171 quaelibet+illarum EC 

172 et+tamen C 173 tres+et nullae tres P__ quattuor+propositiones C 



est!1+homo homo est P est? om P 175 convertunturl+probatur C 

176 istae om Cpropositiones] species P 182 conceditur] concedo C 

quod om P 185 et? om C 187 cum?] tamen C cum3+cum C 



160 



165 



170 



175 



180 



185 



616 Alfonso Maierù 



est quia, licet ista ‘deus est’ significet praecise sicut unam illarum per 

se et certum sicut alia per se, non tamen praecise significat sicut illae 

duae significant, ideo non valet consequentia. 


Album possibile est esse nigrum, et tamen impossibile est album 

esse nigrum: prima pars probatur sic: hoc quod est album possibile 

est esse nigrum, ergo album possibile est esse nigrum; et tamen impos- 

sibile est album esse nigrum: probatur, nam ista est impossibilis 

‘album est nigrum’ et ista praecise significat album esse nigrum, ergo 

impossibile est album esse nigrum. Similiter eodem modo possunt 

probari conclusiones subsequentes, videlicet: non currentem possibile 

est currere, et tamen impossibile est non currentem currere. Et etiam: 

sedentem possibile est ambulare, et tamen impossibile est sedentem 

ambulare. Similiter: falsum possibile est esse verum, et tamen impos- 

sibile est falsum esse verum. Similiter: impossibile possibile est esse, 

et tamen impossibile est impossibile esse possibile; possibile est 

Socratem scire hoc 4 et possibile est Socratem scire hoc 5 et omne 

quod est hoc 4 est impossibile et omne quod est hoc d est impossibile, 

et tamen impossibile est Socratem scire aliquod impossibile: sit 4 ista 

‘homo est asinus’ et 4 ista ‘nullus deus est’, quarum utraque sic signifi- 

cat praecise, et pono quod utraque illarum cras erit vera et quod Socrates 

sciat tunc utramque illarum, possibile est Socratem scire utrumque 

istorum, demonstrando per li ‘istorum’ 4 et 5, et quodlibet istorum 

est falsum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum: 

pono casum praecedentem: isto posito sequitur: possibile est Socratem 

scire quodlibet istorum, et quodlibet istorum est falsum, ut patet per 

casum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum, quia ista 

est impossibilis ‘Socrates scit aliquod falsum’ quae praecise significat 

Socratem scire aliquod falsum, ergo impossibile est Socratem scire 

aliquod falsum. 


Possibile est hoc 4 esse nigrum et omne quod est hoc 4 est album, 

et tamen impossibile est album esse nigrum; sit tunc album aliquod 

album quod cras erit nigrum, tunc sequitur conclusio. Socrates scit 

aliquid esse quod non scit esse: probo, et pono quod aliquid sit 



188 quare+illa C 189 unam] una C 190 certum (?)] tunc non C 

195 nam om C 197 similiter+et C 198 probari+omnes C 199 

etiam+non C 206 impossibile!] possibile C—aliquod om C impos- 

sibile2] possibile C 209 sciat] sciet C 212 sequitur om C 213-214 

per casum] ex casu C 214 tamen 07m C ista] haec C 219-220 sit- 



nigrum om P 221 probo et in mg Pe pono] posito C aliquid] ali- 



190 



195 



200 



205 



210 



215 



220 



Terminologia logica della tarda scolastica 617 



quod Socrates non sciat esse, et quod Socrates sciat illud bene, 

tunc capio istam propositionem ‘aliquid est quod Socrates non scit 

esse’; ista est vera, ut apparet; tunc arguitur sic: Socrates scit istam 

‘aliquid est quod non scit esse’, quae praecise significat aliquid esse 

quod Socrates non scit esse, igitur Socrates scit aliquid esse quod non 

scit esse. Si conceditur consequentia, tune sic: Socrates scit aliquid esse 

quod non scit esse, ergo aliquid scit esse quod non scit esse: negatur 

consequentia, quia arguitur a termino stante confuse tantum ad eundem 

terminum stantem determinate. Similiter, tu scis aliquam propositionem 

esse veram quam non scis esse veram: pono quod aliqua propositio 

sit vera quam non scis esse veram et quod bene scias istam; tune, 

posito casu: tu scis istam propositionem ‘aliqua propositio est vera 

quam tu non scis esse veram’, ergo tu scis qualiter ista praecise signi- 

ficat, sed illa praecise significat unam propositionem esse veram quam 

non scis esse veram, ergo scis aliquam propositionem esse veram quam 

non scis esse veram. 


Pono quod non sint plures propositiones in mundo quam istae 

duae ‘rex sedet’ et ‘nullus rex sedet’, quarum utraque est tibi dubia 

et consideres de istis et scias istas esse propositiones contradicentes 

inter se, et scias cum toto casu quod nulla contradictoria inter se 

contradicentia sunt simul vera, isto posito, sequuntur conclusiones: 

tu scis aliquam istarum esse veram et tamen nullam istarum scis esse 

veram. Prima pars probatur sic: tu scis aliquam illarum esse veram, 

quia tu scis quod ista sunt contradictoria ‘rex sedet’ et ‘nullus rex 

sedet’ et tu scis quod omnium contradictoriorum alterum est verum, 

ergo alterum illorum est verum, ergo scis aliquam istarum esse veram; 

et tamen nullam istarum scis esse veram: probatur sic, quia istam 

‘rex sedet’ non scis esse veram, nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse 



quis P 222 sciat!] sit P illud om C bene+aliquod esse C 224 

esse+tunc C apparet] patet C arguitur] arguo C Socrates scis 

in mg Pe 225 quod+Socrates C 226 Socrates! inter Pe aliquid 

esse in mg Pe 228 esse?+Socrates C 232 istam] illud C tunc] 

isto C 233 casu tu scis] capio C 234 tu! om C veram] tu scis 

illam add et del P__ 234-235 ergo-unam] quae praecise significat C 235 

sed-significat in #g P° 237 non-veram] etc C 240 istas] ista C pro 

positiones contradicentes] contradictoria contradicentia C 243 scist+ali- 

qua illarum P 244 Prima-veram om P 245 contradictoria+demon- 

strando Cet interl P° 246 alterum] illorum est alterum illorum adé 

et del P 247 ergo!-verum om P aliquam] aliqua C 248 sic om 



225 



230 



235 



240 



245 



618 Alfonso Maierù 



veram, et non sunt plures istarum, ergo nullam istarum scis esse veram. 

Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram et tamen nullam 

propositionem scis esse veram. Prima pars probatut ut prius, et 

secundam partem probo, quia illam ‘rex sedet’ non scis esse veram, 

nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse veram, et non sunt plures istarum, 

ergo nullam propositionem scis esse veram. 


Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram, ut probatur, 

et tamen quaelibet propositio est tibi dubia: probo, quia ista ‘rex 

sedet’ est tibi dubia, et ista ‘nullus rex sedet’ est tibi dubia, et non 

sunt plures illarum, ergo quaelibet propositio est tibi dubia. Et simi- 

liter, nulla propositio est scita a te: probatur, quia ista ‘rex sedet’ non 

est scita a te, nec ista ‘nullus rex sedet’ et non sunt plures istarum, 

ergo nulla propositio est scita a te. Et sic probantur conclusiones 

aliae consimiles. 



IT* 



Incipit tractatus de sensu composito et diviso Magistri Pauli 

Pergulensis. 


Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu 

composito, aliquando in sensu diviso sunt! isti, scilicet ‘scire’, ‘dubi- 

tare’, ‘intelligere’, ‘imaginari’, ‘percipere’, ‘velle’, ‘nolle’, ‘possibile’, 

‘impossibile’, ‘contingens’, ‘necessarium’ et consimiles. 


Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis isto- 

rum praecedit totaliter dictum propositionis, ut ‘scio esse verum’, vel 

sequatur finaliter, ut ‘album esse nigrum est impossibile’. Et ista 

propositio ‘scio 4 esse verum’ et alia consimilis quae sumuntur in 

sensu composito sic significant quod ista propositio est scita a me 

sic significando: 4 est verum, et ista ‘impossibile est album esse 



CU 254 scis-veram om C 259 sunt înterl Po 261 suntom P_ 262 

probantur+omnes C 263 consimiles+Expliciunt termini cum quibus P 

Expliciunt termini cum quibus deo et mariae virgini gratias amen (+die 

112 lulij in meg) C. 



* Ho letto il ms. in microfilm. Ho cercato di limitare gli interventi a 

quei casi che chiaramente li esigevano; i risultati della lettura proposta, co- 

munque, non sono confortanti. 


1 ssunt 775. 



250 



255 



260 



Terminologia logica della tarda scolastica 619 



nigrum’ sic significat quod ista propositio est impossibilis sic signi- 

ficando: album est nigrum. Sed propositiones quae sumuntur in sensu 

diviso sunt quando aliquis istorum terminorum mediat dictum proposi 

tionis et ponitur inter accusativum casum e(t) istum modum mediatum, 

ut ‘4 scio esse verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam 

propositionem dubito esse veram’; et istae propositiones sic significant: 

‘a scio esse verum’, id est, istam propositionem quae est 4 scio esse 

veram; ‘album potest esse nigrum’, id est, de re quae est alba potest 

fieri res quae est nigra; ‘aliquam propositionem dubito esse veram?, 

id est, aliquam propositionem quam ego dubito esse veram. Ideo tales 

propositiones sumptae in sensu diviso sunt (f. 92vb) particulares et in 

hoc sensu tenet talis consequentia: hoc 4 scio esse verum, ergo 4 scio 

esse verum. 


Sed? ad concludendum3 propositionem in sensu composito requi- 

ritur quod utraque pars ipsarum sumatur in sensu composito, sicut: 

‘scio quod hoc est verum et quod hoc tantum est verum, ergo scio 

a esse verum’. Supposito quod 4 sit altera istarum ‘deus est’ vel 

‘homo est albus’ et bene scias quod 4 est altera istarum, et 4 est 

ista, gratia exempli, ‘deus est’, sed lateat te tamen quae illarum sit 

a, et consideres tu * de istis, et scias tu 5 ipsas sic[ut] praecise significare 

et tamen hoc supposito quod omnis propositio de qua considerat aliquis 

quod modo scit esse veram neque scit esse falsam quam scit de natura 

illi eidem (sit dubia), illo casu posito sequitur conclusio ista: 4 scis esse 

verum et non scis aliquod 4 esse verum, ergo 4 scis esse verum: conse- 

quentia est bona et consimilis modus arguendi valet in sensu diviso, et 

antecedens est verum quia ‘deus est’ scis istam esse veram, ut patet 

per casum an 4 sit ista ‘deus est’, neque tu scis 4 aliquod esse verum 

ut in casu supponitur, ergo tu non scis 4 esse verum: conceditur 

conclusio et sic $ arguitur: 4 scis esse verum et tamen? 4 non scis esse 

verum in rerum natura. 


Alia conclusio sequens ex eodem casu est ista: tu dubitas 4 esse 

verum et nullum 4 dubitas esse verum. Prima pars patet per casum, 

et quod nullum « est tibi dubium probatur sic: nullum illorum est 



Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 34. 

excludendum 725. 


ut 75. 


ut 775. 


6 scic m25. 


? cum r25. 



U è Wa 



620 : Alfonso Maierù 



tibi dubium, demonstrando istas duas propositiones: ‘deus est’ et 

‘homo est album’, sed quodlibet 4 est alterum istorum, igitur quod- 

‘homo est (f. 93ra) album’, sed quodlibet 4 est alterum istorum, igitur 

quodlibet 4 est tibi dubium. Consequentia patet, et antecedens sequitur 

ex casu: igitur conceditur conclusio et negatur consequentia ista, 

videlicet: dubitas @ ergo® 4 est tibi dubium. Ista® consequentia est 

tibi possibilis et sequens ex isto casu: ‘4 est scitum a te et dubitas 

(quod) 4 est verum’. Secunda pars conclusionis satis patet, et quod 4 

est scitum a te probatur: quia hoc quod est 4 est scitum a te, ergo 4 est 

scitum a te. Consequentia patet, quia talis consequentia valet in sensu 

diviso; et antecedens probo: quia ista ‘deus est’ est scitum a te et 

ista ‘deus est’ est hoc quod est a, ergo 4 est scitum a te: conclusio 

conceditur. 


. Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tu non dubitas aliquod 4, 

igitur scitur quod tu scias 4 et tu non scias 4 esse verum, et illa 

‘a est scitum a te’ et ‘4 non est scitum a te esse verum?, et illa ‘a 

scis esse verum’ et ‘nullum verum scis esse verum 4°, ‘non aliquid 

scis esse 4°, ‘non 4 scis esse 4’. 


‘A est verum’! et ‘4 est tibi dubium’ convertitur cum alterà 

istarum: “deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’ 

esse verum est tibi dubium”, ergo convertitur cum falso; negatur 

quod “‘4 est verum’ tibi est dubium” convertitur cum altera istarum: 

“deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’ esse 

verum est tibi dubium”. 


Contra: si 4 est forte ista ‘deus est’, igitur si haec est vera: “ ‘4 est 

verum’ est tibi dubium”, haec forte est vera: “ ‘deus est’ esse verum est 

tibi dubium”. Negatur consequentia, quia istae duae propositiones (non) 

convertuntur. Contra: (f. 93rb) subiecta verbum (?) convertitur et possi- 

bile et praedicata manent eadem et propositiones sunt eiusdem qualitatis 

et quantitatis, igitur convertitur; argumentum non valet, quia istae duae 

propositiones non convertuntur: ‘quilibet homo est unus solus homo” 

et ‘omnis homo est nullus solus homo’, et tamen subiecta convertuntur 

et copulae et praedicata sunt eadem, (et) etiam propositiones sunt 

eiusdem qualitatis et quantitatis. Et !! si concedatur “ 4 est verum’ est 

tibi dubium”, contra: nullum istorum esse verum est tibi dubium; 



8 vel ws. 


9 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 78. 

10 Cfr. Ivi, 1. 99, 


Ivi, 1 120. 



Terminologia logica della tarda scolastica 621 



concedo istas duas propositiones: ‘deus est homo” et ‘homo est asinus’, 

et 4 est alterum istorum, sic esse verum non est tibi dubium: negatur 

consequentia. Contra: 4 est syllogismus in quarto primae figurae; quod 

non dicitur quod hoc totum materialiter supponat istum est verum est 

subiectum in minori, tamen idem totum est praedicatum in maiori et 

ideo non est syllogismus in quarto primae. 


Capio !? istas quatuor propositiones: ‘homo est’, ‘animal rationale 

(est) et ‘homo est asinus’ !3, ‘homo est risibilis’, et capio istas duas pro- 

positiones ‘homo est’ et ‘homo est asinus’ et arguo sic: istae duae con- 

vertuntur, et una istarum est vera et alia falsa, igitur etc.; patet conse- 

quentia. Quia istae convertuntur probo, quia ex copulato sequitur oppo- 

situm, quia sequitur: ista non convertuntur, igitur non convertuntur 

cum aliquibus; et arguo ex consequente sic: ista convertuntur, ergo 

significant praecise idem; consequentia patet per definitionem istius 

termini ‘converti’, et ultra: convertuntur inter se, igitur a primo sequitur 

conclusio probanda, id est, aliquae sunt propositiones convertibiles inter 

se, quarum una est vera et alia falsa (f. 93va). Capio istas tres proposi- 

tiones ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus (est), quarum una ex !* hoc numero 

praecise significat quod deus est; tunc istae propositiones convertuntur, 

igitur quaelibet propositio quae convertitur cum una istarum conver- 

titur cum duabus istarum et omnes duae istarum sunt propositiones 

falsae et omnis una istarum vera est propositio, ergo vera convettitur 

cum falsa. 


Ad! primum istorum arguitur: istae convertuntur, ergo conver- 

tuntur. 


Quidam responderunt negando consequentiam, quia sequitur, ut 

dicunt: convertuntur, igitur praecise 6 idem significant; et etiam!” 

eodem modo respondent ad omnes tales consequentias consimiles, sci- 

licet: hoc est aequale et hoc est aequale, demonstrato uno ante ipsum 

est inaequale, ergo ipsa sunt consimilia: negarent consequentiam et 

etiam: hoc est simile (et hoc est simile), igitur ista sunt similia, quia 

dicunt quod numquam est concedendum quod aliquae propositiones 

convertantur nisi quaelibet illarum et quaelibet alia a se ipsa conver- 



12 Cfr. Ivi, 1, 131. 


13 albus 775. 


14 est 775. 


15 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 148. 

16 precisse 775. 


7 etiam et rys. 



622 Alfonso Maierù 



tantur, dum dicunt quod non sunt concedenda, aliqua sunt contra- 

dictoria. 


Contra istam regulam atguitur sic: istae duae copulativae “deus 

est’ et ‘homo est’”, “‘capra est’, et ‘animal (est)””, istae quatuor propo- 

sitiones !8 (sunt) istae duae copulativae, igitur quatuor convertantur et 

tamen quaelibet istarum et non quaelibet alia a se ipsa convertitur. 

Pro !? isto negatur: quatuor propositiones sunt istae duae copulativae, 

quia, si conceditur, aliquae propositiones convertuntur. Similiter talis 

conclusio, quod quatuor propositiones convertuntur et nec? sex nec 

xx etc. tamen istae (f. 93vb) repios (?) quia accipiuntur duae propositio- 

nes convertibiles et demum aliae duae convertibiles et nunc quod nullae 

tres istarum sunt convertibiles et eodem modo est de viginti et centum 

et mille quod non unus videtur etc. Ideo pro isto argumento negatur 

ista consequentia: convertitur cum omnibus istis tribus, igitur conver- 

tuntur cum duabus istarum, quia nullae tres istarum sunt propositiones 

ut intelligibiles et falsae. 


Contra: ‘deus (est) nam convertitur cum ista et cum ista, ergo 8! 

convertitur cum istis, cuius consequentia negatur continue, et haec 

est causa quia non valet, quia licet ista ‘deus est’ significat praecise 

sicut istae videtur (?) per se et iterum significat sicut ista alia per 

se, non praecise significat sicut istae duae, ideo conclusio non valet: 

album 2 possibile est esse nigrum et impossibile est album esse nigrum; 

prima pars probatur, scilicet ® quod est album potest esse nigrum, igitur 

album possibile est esse nigrum; et impossibile est album esse nigrum: 

nam ista est impossibilis: ‘album est nigrum’, quae praecise significat 

album esse nigrum, igitur impossibile est album esse nigrum etc. 


a tractatus de sensu composito et diviso parvus et utilis. 

en. 



18 propositiones quatuor 775. 


19 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 167. 

20 nec add ms. 


21 conclusio (?) w25. 


2 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 192, 

23 sic licet 775. 



INDICI 



Norme per la consultazione degli indici: 

— i numeri rinviano alle singole pagine; 

— il numero in tondo indica che il termine ricorre una sola volta; 



— il numero in tondo seguito dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il 



termine ricorre una sola volta e soltanto nelle note (es. 110 n.); 

— il numero in corsivo indica che il termine ricorre più di una volta 

nel testo, o nel testo e nelle note (es. 120); 

— il numero in corsivo seguito dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il 

termine ricorre più di una volta soltanto nelle note (es. 130 x.); 

— il trattino unisce numeri di pagine alle quali si fa un rinvio dello 



stesso tipo (esempi: 

174 n.). 



140-150, 151 n.154 n., 155-165, 166 n- 



INDICE DEI NOMI DEGLI AUTORI 

E DEI TESTI ANONIMI 



Abbone di Fleury 15 


Abelardo, v. Pietro Abelardo 


Adamo di Balsham (‘Parvipontano) 

15, 23, 73, 74, 75 n., 76, 133, 

143, 512 


Adamo, L. 47 n. 


Agostino, Aurelio 12, 125 n., 141 n., 

225 n., 413 n. 


ps. Agostino 12, 13, 126 


Alberico di Parigi 512 


Alberto Magno 27, 54 n., 97 n., 335, 

393 n., 395 n., 396 n., 397 n, 

505, 508 n., 526 n., 527, 528 n., 

530 ‘n., 535 


Alberto di Sassonia 27 n., 32, 33, 

40, 42, 109, 110, 115, 117, 123 n., 

144 n., 178, 185-187, 197 n, 

218 n., 262, 264, 266, 290, 294, 

310, 321, 364, 365, 366, 367 n., 

369, 382, 421, 422, 423 n., 425, 

435, 473, 474, 475 n., 508 n., 524, 

528, 529, 538, 540 


Albertuccius, v. Alberto di Sassonia 


Albertus Parvus, v. Alberto di Sas- 

sonia 


Alcuino 12, 13 n. 


Alessandro d’Afrodisia 21, 125 n., 

324 n., 526 


Alessio, F. 26 n. 


Ammonio 142 n., 328 


‘Anselmo d’Aosta 53 n., 54, 56, 58, 

59 n., 61 



40 



ps. Apuleio di Madaura 10, 11, 12, 

13, 14, 125 n., 329, 505 


Aristarco 48 n. 


Aristotele 10, 11, 13, 14, 15, 17, 

21, 27 n., 42, 49, 50 n., 51, 52, 

57, n., 58, 59, 61 n., 69, 95 n,, 

97, 125 n., 135, 136, 140, 142, 

143 n., 204 n., 206, 217, 225 n., 

228 n., 231, 260 n., 319, 323, 

324, 325 n., 326, 327, 328, 331 n., 

338, 340 n., 344 n., 345 n., 348, 

352 n., 353 n., 358, 375, 379 n., 

382, 383, 385, 386, 391, 393, 

394 n., 397, 398 n., 402 n., 403, 

405 n., 416 n., 437, 441, 442 n.,, 

458, 467 n., 475 n., 476 n., 487, 

488 n., 501, 505 n., 507-510, 511, 

512, 514, 523 n., 525, 536, 540n., 

579 n., 586 n. 


Arnim, J. von 48 n. 


Ars Burana 24, 124, 125 n., 127, 

128 n., 129, 130 n., 333 


Ars Emmerana 23, 24 n., 400 n. 


Ars Meliduna 24, 93, 94 n., 96 n., 

124 n., 126, 127 n., 129, 130 n., 

152, 207, 297 n., 337, 342, 344n., 

382, 400 n., 401 n., 415, 420, 437, 

438, 467 n., 505, 523 n., 511 n. 


Avetroè 22, 505, 579 n. 


Avicenna 21, 22 n. 



Bacone, Roberto, v. Koberto Bacone 



626 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 



Bacone, Ruggero, v. Ruggero Bacone 


Battista da Fabriano 35, 36 w., 555, 

564, 565, 566 n., 570, 572 n. 

573, 575 n., 576, 578, 592 


Baudry, L. 65 n., 132 n. 


Becker-Freyseng, A. 328 n. 


Beonio Brocchieri Fumagalli, M. T. 

15 n., 70 n. 


Bernardo di Chartres 141 


Bianchelli, D. 298 n. 


Billingham, R., v. Riccardo Billin- 

cham 




Bird, O. 20 n. 


Birkenmajer, A. 16 n. 


Bochefiski, I.M. 9 n., 18 n., 26 n, 

90 n., 125 n.,, 127 n, 217 n,, 

225 n., 233 n.; 323 n., 324 x, 

325 n., 326 n., 327 n., 328 n, 

331 n., 353 n., 355 n., 379,383 n., 

511 n. 


Bohner, Ph. 9 n., 18 n., 27,28 n,, 

38 n.40 n., 52 n., 58 n., 99 n,, 

197 n., 218 n., 219 n,, 221 n,, 

225 n., 226 n., 233 n., 251 n, 

306 n., 538 


Boezio 10, 11, 12 n., 13, 14, 16 n., 

17, 23, 50, 51 n., 52 n., 53 n, 

54, 55 n., 56 n., 57 n.,, 61 n, 

79 n., 81, 84 n., 125 n., 126 n., 

140, 142, 145, 197, 198, 199, 217, 

221 n., 222, 224, 225 n., 230 n., 

231, 320, 327, 328, 329-331, 332, 

333, 338 n., 339 n., 343 n.,344n., 

375, 376, 393 n., 394 n., 395 n., 

398, 399, 413 n., 416 n., 499 n, 

503, 504 n., 505 n., 507 n.-510 n., 

511, 512, 525 


Boh, I. 35 n. 


Bonaventura 396 n. 


Borgnet, A. 27 n. 


Braakhuis, H.A.G. 395 n. 



Brandt, S. 12 n. 


Brotto, G. 36 n. 


Brown, M.A. 20 n., 35 n., 608, 609 

Buridano, G., v. Giovanni Buridano 

Burleigh, W., v. Gualtiero Burleigh 

Busse, A. 328 n. 


Buytaert, E.M. 18 n., 28 n. 



Campsall, R. di, v. Riccardo di 

Campsall 


Carisio 49 n. 


Carnap, R. 41 n. 


Casari, E. 201 n. 


Cassiodoro 11, 54 n., 329, 413 n., 

452 n. 


Chenu, M.D. 14 n., 53 n., 54 n, 

59 n., 141 n., 396 n. 451 n. 


Cicerone 10, 12, 13, 14, 125 n, 

413, 505 n., 527 n. 


Clagett, M. 37 n. 


Colli, G. 508 n. 


Consenzio 50 n. 


Copulata tractatuum parvorum logi- 

calium 146, 225 n. 


Cosenza, M.E. 36 n. 


Crisippo 48 n. 


Curtius, E.R. 413 n. 



Dal Pra, M. 23 n. 


Deman, T. 398 n. 


Dialectica Monacensis 24, 88, 130, 

157, 158, 196 n., 207, 222 n, 

225 n., 234, 334, 337, 345 n. 

347, 393 n., 394 n., 453 n.,500n., 

525 n., 527 n., 529 n. 


Dick, A. 11 n. 


Diocle Magnesio 48 7. 


Diodoro Crono 327 


Diogene di Babilonia 48 #. 


Diogene Laerzio 48 w. 


Diomede 49 n. 



Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 627 



Dionisotti, C. 37 n. 


Dodd, B.G. 11 n. 


Donato 16, 17, 50 n. 


Dorp, J., v. Giovanni Dorp 


Diurr, K. 327 n., 330 n. 


Dulong, M. 16 n., 524 n. 


Du Marsais, C.C. 297 n. 


Dumbleton, J., v. Giovanni Dum- 

bleton 


Duns Scoto, G., v. Giovanni Duns 

Scoto 


Dziewicki, M.H. 30, 67 n. 



Echard, J. 36 n. 

Eckert, W.P. 43 n. 

Ehrle, F. 31 n. 


Elie, H. 391 n. 

Emden, A.B. 28 n.-30 n. 

Ermini, G. 36 n. 

Eudemo 10 



Fabroni, A. 36 n. 


Facciolati, I. 36 n. 


Fallacie Londinenses 24, 78 n., 130 n., 

133 n., 142 n., 210 n.,, 211 n, 

521 


Fallacie Magistri Willelmi 24, 78, 

152, 529 n. 


Fallacie Parvipontane 23, 72 n., 73, 

76, 77 n., 18, 130 n., 133 n., 134, 

146, 149 n., 152, 153 n., 231 n.,, 

343, 508 n., 516, 521 n., 522 n. 


Fallacie Vindobonenses 23, 72 n., 

146 n., 515 n., 516 n.,, 525 n. 


Federici Vescovini, G. 33 n. 


Fernandez Garcia, M. 437 n. 


Filone megarico 327 


Flasch, K. 31 n. 


Fornari, G. 296 n. 


Fracanzano, A. 31 n. 


Franceschini, E. 16 n. 



Frustula logicalia 23, 400 n., 511 n., 

512 n., 525 



Gaetano da Thiene 31 n., 35, 36, 

330 n., 466 


Galilei, G. 426 


Garceau, B. 396 n., 506 n. 


Gargan, L. 36 n. 


Garlandus Compotista 22, 141 n., 

143, 146, 205 n., 210 n., 333, 

393 n. 


Garvin, J.H. 524 n. 


Geach, P.T. 244 n. 


Gerberto d'Aurillac 15 


Gerardo da Cremona 21, 397 n., 

411 n. 


Gerolamo 451 n. 


Geyer, B. 23 n., 70 n. 


al-Ghazali 21, 22 n. 


Giacomo Veneto 15, 17, 21, 513 


Gilson, E. 53 n. 


Giovanni XXI, v. Pietro Ispano 


Giovanni Buridano 32, 33 n., 41, 

65 n., 67, 104, 105 n., 106, 107 n., 

108 n., 109, 110, 111, 114, 120, 

121 n., 124 n., 178, 179, 181, 

182, 185, 186, 214, 215, 218 n., 

219 n., 220 n., 226 n., 227,228 n., 

230, 252, 257-259, 267, 270, 294, 

309, 320, 321 n., 336, 362, 363, 

364 n., 366, 367 n., 382, 385, 390, 

414, 417, 418, 425, 457 n., 475, 

524, 526 n., 527 n., 529 n.,530n,, 

539, 540 


Giovanni Dorp 32 n., 108 n., 363 

n., 385 


Giovanni Dumbleton 542 n. 


Giovanni Duns Scoto 27, 62, 196 n., 

385 n., 437 n., 501 n., 526, 530- 

532, 537, 544 


ps. Giovanni Duns Scoto 27, 333 n., 



628 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 



355, 378, 381 n., 382, 437 n, 

485 n. 


Giovanni di Salisbury 15, 93 n., 126 

n., 141 n., 143 n., 225 n., 333 n, 

337 


Giovanni Versor 26 n. 


Giovanni Wyclif 30, 67, 69 n., 144 

n., 176, 177 n., 215, 271-273, 312, 

330 n., 333 n., 369, 371, 382 n.,, 

401, 402 n., 404, 408-412, 429, 

430, 431, 440 n., 443, 444, 459, 

460, 463 n., 464, 469, 479 n., 

483 n., 551 


Glorieux, P. 25 n. 


Glose in Aristotilis Sophisticos elen- 

cos 23, 72 n., 73 n., 399, 414 n.,, 

508 n., 512, 514, 526 


Glosule in Priscianum, v. Glosule 

super Priscianum maiorem 


Glosule super Prisciamum maiorem 

82, 199 n., 200 n. 


Goffredo di Fontaines 452 n. 


Gohlke, P. 323 n. 


Goichon, A.M. 394 n. 


Grabmann, M. 15 n., 20 n., 2, 25 

n., 31 n., 90 n., 132 n., 136, 166 

n., 167 n. 


Green, G.M. 12 n. 


Gregorio da Rimini 29 n., 385, 595 n. 


Gualtiero Burleigh 28, 38, 39 n., 40, 

66 n., 102, 103, 131 n., 132 n, 

174, 175, 196 n., 213, 214, 219 n., 

226 n., 230 n., 250-252, 253, 254, 

307, 319, 320, 321 n. 336, 345 n., 

361, 378, 379, 421, 426, 435, 472, 

473, 4717, 484, 504, 538, 551 


Guglielmo di Champeaux 204 n., 

341 


Guglielmo di Conches 17, 50 n., 79, 

80, 81, 84, 143, 144 n., 226 n. 

413 n. 



Guglielmo Heytesbury 29, 30 #., 31 

n., 35, 36, 39, 42, 44, 115, 124 n., 

144 n., 229 n., 321 n., 367, 368, 

385, 386, 388, 391, 407 n., 409, 

426, 457, 458, 478, 479 n., 488, 

489, 490, 491, 493, 494, 497, 506 

n., 507 n., 540, 541, 542, 543, 544, 

545 n., 546 n., 548 n., 549, 550, 

551, 554, 555, 558, 561, 563, 564, 

565, 573, 575, 577, 578 n., 579 n., 

581, 583 n., 586, 588, 589, 591, 

592, 593 n., 594, 595, 597, 601 


Guglielmo d’Occam 27, 28, 33 n., 

38, 52 n., 58, 62, 63 n., 64 n, 

65, 69 n., 98, 102 n., 103, 123 n., 

131 n., 132 n., 172, 173-175, 187, 

213, 214, 219, 220 n., 221 n., 226 

n., 227 n., 243, 244, 245, 246-248, 

249, 250, 252, 255, 257, 259 n., 

264, 279 n., 280, 283 n., 306, 325 

n., 329, 333 n., 357-359, 360, 361, 

366, 369, 377-379, 381 n., 385, 

389, 391, 394 n., 395 n., 404, 412, 

418, 419, 426, 427, 433, 435, 438, 

439, 451 n. 454, 458 n., 468 n., 

469 n., 475, 504, 524, 525 n, 

526, 527 n., 530 n., 533 n., 536, 

540, 543 n., 544 n., 551, 571, 580 


Guglielmo di Shyreswood 25, 26 n., 

90-92, 103, 135 n., 158, 166-168, 

172, 196 n., 210, 211, 212, 219 n., 

220 n., 221, 229 n., 234, 297 n,, 

335, 345 n., 346 n., 349, 351, 

353 n., 354, 415 n., 416, 423 n., 

435 n., 453, 456, 476 n., 478 n, 

502, 503 n., 504 n., 527 n., 528 

n., 529 


Guglielmo Sutton 426, 551 



Hadot, P. 11 n. 



Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 629 



Henty, P.D. 46, 54, 55, 58 n., 59 n., 

131 n. 


Hentisber, v. Guglielmo Heytesbuty 


Hertz, M. 16 n. 


Heytesbury, W., v. Guglielmo Hey- 

tesbury 


Hoffmann, F. 43 n. 


Hoffmans, J. 452 n. 


Holcot, R., v. Roberto Holcot 


Houde, R. 26 n. 


Hunt, R.W. 142 n., 199 n., 201, 

222 n., 452 n. 



Introductiones dialetice secundum 

Wilgelmum 414 n. 


Introductiones Parisienses 24, 52 n., 

87, 126 n., 155, 207 


Isaac, J. 13 n., 15 n. 


Isidoro di Siviglia 11, 13, 126 #., 

329, 394 n., 398 n., 451 n. 



Jeauneau, E. 413 n. 

Johannes Venator 542 n. 

Jolivet, J. 123 n. 



Keil, H. 16 n., 49 n., 50 n. 


al-Kindi 22 n. 


Kneale, W. 342 n. 


Kneale, W. & M. 9 n., 90 n, 92 n, 

125 n.-127 n., 136, 167 #., 202 n., 

207 n., 210 n., 244 n., 324 n, 

325 n., 326 n., 327 n., 355 n, 

381 n., 414 n., 505 n. 


Kretzmann, N. 25 n., 26 n., 166 n. 


Kristeller, P.O. 607, 608 



Lacombe, G. 16 n. 


Lamberto d’Auxerre 26, 89, 169, 

212, 394 n. 


Landucci, Bernardino di Pietro 36, 

37, 387, 388 n., 555, 579, 580, 



581, 582, 586, 587 n., 588, 589, 

592, 594 n., 596 n., 597 


Lausberg, H. 48 n., 413 n., 451 n, 

499 n., 527 n. 


Leclercq, J. 143 n. 


Lee, S. 30 n. 


Lefèvre d’Etaples, J. 507 n. 


Lejewski, C. 46 n. 


Lesniewski, S. 46 


Liber sex principiorum 14, 16, 500 n. 


Licht, P. de 36 n. 


Limentani, L. 10 n. 


Lindsay, W.M. 11 n. 


Logica ‘Cum sit nostra’ 24, 73 n., 

86, 132 n., 156, 209, 220 n., 221, 

345 n., 347, 377, 381 n., 401 n. 


Logica Ut dicit’ 24, 221, 345 n. 

346, 377, 400 


Lohr, C. 22 n. 


Lukasiewicz, J. 323 n., 324 n., 326 

n., 375 n., 381 n., 383 n., 394 n. 



Maier, A. 29 n., 431 n. 


Maierù, A. 30 n. 408 n. 


Manthey, F. 225 n. 


Marciano Capella 11, 125 n., 329 


Marco da Benevento 65 n. 


Marinus de Castignano 608 


Mario Vittorino 11, 47 n., 328 


Marliani, Gerolamo 37 


Marliani, Giovanni 37 n., 385 n. 


Marsilio di Inghen 32, 33, 111, 113, 

114, 117, 118 n., 120, 178, 182, 

184, 185, 219 n., 220 n., 234 n., 

267, 268, 269, 270, 294, 296, 311, 

367 n., 424, 425, 435, 479 


Martin, C. 28 n. 


Martino di Dacia 51 n., 54 n., 195 n, 

196 n., 201 n., 206 n., 394 n, 

502 n., 503 n., 528 n. 


Martino Molenfelt 31 n. 



630 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 



Mates, B. 327 n. 


Maulevelt, T., v. Tommaso Maule- 

velt 


Mazzetti, S. 38 n. 


Mc Call, S. 384 


Meiser, C. 12 n. 


Melandri, E. 56 n. 


Menghus Blanchellus, v. Bianchel- 

li, D. 


Michele di Efeso 17, 21 


Michalski, K. 31 n. 


Minio-Paluello, L. 11 n., 12, 13 n- 

15 n., 17 n., 21 n., 23 n., 73, 76 

n., 320 n., 338 n., 340 n., 397 n, 

507 n. 


Molenfelt, M., v. Martino Molen- 

felt 


Momigliano, F. 34 n. 


Mommsen, T. 16 n. 


Moneti, E. 608 n. 


Moody, E.A. 9 n., 41 n., 54 n.,, 62 

n., 63 n., 65 n., 92 n,, 148 n, 

197 n., 201 n., 218 n.,, 231 n,, 

359 n., 404 n., 428, 457 n., 474 

n., 475 n. 


Moore, P.S. 524 n. 


Morgan, A. De 471, 472, 474, 475 n., 

492 


Mullally, J.P. 26 #., 31 n., 94 n, 

145, 197 n., 198 n., 212 n,, 221 

n., 222, 319 n., 413, 416 n., 500 n. 


Muzzioli, G. 608 n. 


Mynors, R.A. 11 n. 



Nagel, E. 342 n. 


Nagy, A. 22 n. 


Nardi, B. 34 n., 35 n., 297 n. 

Nicoletti, P., v. Paolo Veneto 

Norberg, D. 297 n. 


Notkero Labeone 15, 60 n. 



Occam, G., v. Guglielmo d’Occam 

Ockham, W., v. Guglielmo d’Occam 

O’Donnel, J.R. 25 n., 29 n., 225 n. 

Offredi, A. 385 n. 


Otto, A. 127 n. 



Palemone 48 n. 


Paolo da Pergola 31 n., 35, 36 n., 

115, 118, 119, 120, 121, 192, 295, 

296 n., 297 n., 298 n., 299 n.-301 

n., 302, 303 n., 304 n., 305 n., 

316 n., 333 n., 374, 406 n., 408, 

433, 442, 443 n., 449, 450, 454, 

456 n., 466, 467, 471, 480, 482, 

483 n., 555, 558 n., 559 n., 560 n., 

561, 563, 564, 565, 566, 571, 579 

n., 581, 607, 608, 609 n., 618 


Paolo Veneto 34, 35, 37, 114, 118, 

119, 120 n., 188, 190, 191, 192, 

215 n., 240, 241, 242, 295, 296 n., 

297, 298, 299 n., 300, 301 n., 302, 

303 n., 304, 305 n., 316, 317, 372, 

373, 385, 386, 391, 402 n., 405, 

406 n., 407 n., 408, 432, 433, 440 

n., 447-449, 456 n., 461, 463, 465, 

466, 467, 469-471, 480, 482, 483 

n., 555, 556 n., 565, 579 n., 581, 

582 n., 594 n., 607 


Parvipontano, v. Adamo di Balsham 

(Parvipontano) 


Pasquinelli, A. 41 n. 


Pavolini, L. 46 n. 


Pelzer, A. 608 


Perreiah, AR. 35 n., 296 n. 


Pertusi, A. 15 n. 


Petrus Lucius, v. Licht, P. de 


Pietro Abelardo 14, 15, 22, 23 n., 

24, 58, 59 n., 60 n,, 61, 69-71, 

123 n., 131 n., 132, 143 n., 145 

n., 201, 202, 203, 204 n., 205 n., 

206, 213, 221 n., 222, 233 n, 



Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 631 



237 n., 330 n., 333 n., 337-339, 

340, 341, 342 n., 344-346, 350 n., 

367, 375, 376, 377, 381 n., 382, 

383, 389 n., 393 n., 395 n., 396 n., 

398 n., 399, 400 n., 414, 451 n., 

452 n., 467 n., 504, 512, 544 n. 


Pietro d’Ailly 34, 144 n., 425 


Pietro Elia 17, 50 n., 81, 82, 144 

n., 200 n., 222 n. 


Pietro Ispano (Giovanni XXI) 26, 

33 n., 61 n., 89, 91, 132 n., 136 

n., 140 n., 142 n., 158, 166 n.,, 

170, 172, 196 n., 212, 213 n, 

219 n., 220 n., 226 n., 233 n., 318, 

319 n., 335, 336, 345 n., 351, 394 

n., 400 n., 414, 416, 421, 468 n., 

500, 501 n., 505, 506, 525, 526 n., 

527, 528 n., 529, 534, 537 n, 

573 n. 


Pietro Lombardo 141 


Pietro di Mantova 34, 37 n., 114, 

115, 116, 117, 188, 189, 220 n.,, 

287, 288-290, 294, 298 n., 300 n., 

315, 372, 385, 401, 402 n., 403 n., 

405, 406 n., 407 n., 408, 411, 

412 n., 431, 440 n., 445, 446, 

450, 460, 461, 462, 465 n., 469, 

479, 480 n., 481, 482 n., 483 n, 

505 n., 506 n., 555, 556 n., 579 n., 

581 


Pietro di Poitiers 523, 524 n. 


Pinborg, J. 22 n., 28 #., 31 n., 142 

n., 143 n., 225 n., 528 n. 


Piper, P. 60 n. 


Platone 93 n., 508 n. 


Politi, B. 37, 385, 388 n., 389, 390, 

391 


Pompeo 50 n. 


Porfirio 11, 12, 54 n., 198, 199 n., 

202 n., 413 n., 442 n. 



Prantl, C. 9 n., 26, 3i n, 89 n, 

169 n., 212 n., 394 n. 


Preti, G. 226 n. 


Price, R. 244 n. 


Prior, AN. 19 n., 20 n.,, 327 n, 

361 n., 384 n. 


Prisciano 16, 17, 49 n., 50 n., 51 n, 

53, 56, 58, 59, 61 n., 62 n., 69, 

79, 81, 82-85, 143, 195 n., 199 n, 

212 n., 222, 224, 225 n., 289 n., 

336, 413, 416 n., 529, 533 n. 


Probo 16 n. 


Promisimus (glossa) 50 n., 59 n. 

81 n., 84, 133, 208, 221 


Pschlacher, C. 33 n., 185 n., 234 n. 



Quétif, J. 36 n. 

Quintiliano 47, 48 n. 



Radermacher, L. 48 n. 


Ralph di Beauvais 142 n. 


Rashdall, H. 25 n. 


Reina, M.E. 33, 41 n., 105 n., 181 n, 

220 n., 226 n., 417 n., 418 n. 


Reiners, J. 451 n. 


Riccardo Billingham 30, 44, 259 n., 

271, 321 n., 368, 394 n., 402 n., 

403 n., 405, 406 n., 407 n., 408, 

409, 411, 412 n., 427, 435, 436, 

439, 440 n., 441, 451 n., 454, 

456, 457, 458, 459, 460, 461 n., 

463, 465, 468, 469, 471 n., 477, 

483 n., 504, 505 n., 506, 508 n., 

540, 541, 543, 553, 554 n. 


Riccardo di Campsall .28, 40, 100, 

102 n., 118 n., 132 n., 137, 175, 

255, 256, 257, 308, 333 n., 476 


Riccardo di Ferabtich 31 n. 


Riccardo Rufo di Cornovaglia 96 


Riccardo Swineshead 427 


Rijk, L.M. De 12 n., 14 n., 17 n- 



632 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 



20 n., 22 n., 23, 24, 25 n., 26 n, 

45, 50 n., 59 n.61 n., 69, 70 n, 

72 n., 74 n., 75 n., 77 n-79 n., 

81 n., 89 n.-91 n., 92 n.,93,99 n., 

124, 126 n., 128 n., 132 n., 133 n, 

142 n., 143 n., 145 n., 146 n.,, 

150 n., 151 n., 153 n., 156 n,, 

158 n., 159, 163 n., 164 n., 199 

n., 200 n., 201, 204 x., 205 n., 

207 n., 209 n., 211 n, 217 n, 

218 n., 221 n., 222, 223 n., 231 n., 

233 n., 243 n., 319 n., 338 n, 

339 n., 343 n., 344 n., 383 n, 

394 n., 401 n., 413 n., 414 n, 

452 n., 453 n., 476 n., 501 n,, 

505 n., 511, 512, 516 n., 523, 

524 n., 525 


Roberto Bacone 25 n. 


Roberto Holcot 42, 43 


Robertus Anglicus 505 n. 


Rodolfo Strode 30, 31 n., 35, 39, 66, 

123 n., 126 n., 144 n.,, 176, 273, 

276, 290, 313, 330 n., 333 n. 

368, 369, 382 n., 385 n., 403 n, 

404 n., 407 n., 408, 409 n., 411, 

427, 428 n., 429 n., 440 n., 441, 

459, 464, 477, 478, 489 n., 490 n, 

491 n., 504, 506 n., 551, 552, 

560 n., 579 n., 581, 594 n. 


Roos, H. 16 n., 51 n., 225 n., 501 n. 


Roscellino 451 n. 


Rossi, I. 608 n. 


Roure, L.M. 21 n. 


Ruggero Bacone 25, 26, 65 n., 93, 

96, 97, 132, 135 n., 394 n., 453, 

502 n. 


ps. Ruggero Bacone 25, 61 n., 93, 

97, 123, 135 n., 168, 196 n,, 211, 

330 n., 336, 353, 377, 454 n.,, 

508 n., 527 n., 530 n., 533 n, 

534 



Russell, B. 46 



Sanuto, P.A. 294 n. 


Scauro 49 n. 


Schepps, G. 12 n. 


Schmitt, F.S. 56 n. 


Scholtz, H. 56 n. 


Schum, W. 29 n., 39 n. 


Sermoneta, A. 31 n., 36, 40, 385, 

555, 558 n., 573, 574, 575, 576, 

577-579, 582, 583 n., 586 n., 592 


Servio 16 n. 


Sherwood, W. of, v. Guglielmo di 

Shyreswood 


Silvestro da Valsanzibio, Ofm. Cap., 

35 n. 


Simone di Dacia 127 n. 


Simone di Faversham 142 n. 


Spiazzi, R. 26 n., 537 n. 


Steele, R. 25 n., 94 n. 


Stefen, L. 30 n. 


Steinthal, H. 50 n. 


Strode, R., v. Rodolfo Strode : 


Sullivan, M.W. 10 n., 125 n., 505 n. 


Summa Sophisticorum elencorum 23, 

72 n., 399, 400 n., 452 n, 514, 

515 n., 525 n. 


Summe Metenses 24, 25, 88, 130, 

132 n., 157, 162, 164 n., 165, 207, 

224, 334, 335 n., 345 n., 348, 

393 n., 404 n., 452, 453, 504 n,, 

523 n. 


Suppes, P. 342 n. 


Sutton, W., v. Guglielmo Sutton 


Swiniarski, J.J. 244 n. 


Synan, E.A. 29, 100 n., 101 n., 308 n. 



Tarski, A. 342 n. 


Teofrasto 10, 125 n., 326, 327 


Terenzio 509 n. 


Termini cum quibus (trattato) 553, 

607-609, 618, 619 n.-621 n., 622 n. 



Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 633 



Termini qui faciunt (trattato) 542, 

553, 601, 602 


Thomas, P. 9 n., 10 n. 


Tisberus, v. Guglielmo Heytesbury 


Tommaso d'Aquino 26, 127 n., 336, 

346 n., 352, 353 n., 379, 381, 

385 n., 396 n., 451 n., 525, 526, 

527 n., 528 n., 536 


Tommaso di Erfurt 501 n. 


Tommaso Maulevelt 31, 32 n., 277, 

279, 280, 282, 283 n., 285, 290, 

314 


Tractatus Anagnini 24, 85, 86 n., 

124 n., 126 n., 134, 153, 222, 

223 n., 231 n., 346 n., 401, 412, 

413 n., 415, 420, 434, 451 n, 

452 n., 456, 506, 521, 525 n. 


Tractatus de dissimilitudine argu- 

mentorum 23, 72 n. 


Tractatus de proprietatibus sermo- 

num 24, 25, 87, 157, 158, 161, 

207, 211 n., 223, 224 n., 234 n, 

346 n., 377, 452, 453 n. 


Tractatus de significatione termino- 

rum 394 n. 


Tractatus de univocatione Monacen- 

sis 24, 78, 130 n., 151, 223, 346 n. 


Trinchero, M. 46 n. 


Tritheim (Trithemius), J. 36 n. 



Ugo di S. Vittore 143 n. 



Valentinelli, G. 608 n. 


Venator, J., Johannes Venator 


Verbeke, G. 13 n. 


Versor, J., v. Giovanni Versor 


Vettori, B. 37, 38 w., 124 n., 555, 

558 n., 589, 590, 591, 592, 594, 

596 n., 597, 598 


Viano, C.A. 327 n. 


Villier, C. de 37 n. 


Vincenzo di Beauvais 26, 61 n., 89, 

127 n., 135 n., 165, 345 n., 351, 

508 n., 526 n., 528 n., 535 


Vyver, A. Van de 13 n. 



Wadding, L. 27 n. 


Wallies, M. 125 n., 328 n., 526 n. 


Waszink, J.H. 94 n. 


Webb, C.C.J. 15 n. 


Weigel, G. 125 n. 


Weisheipl, J.E. 19 n., 28 n., 29 n, 

426 n., 493 n., 542 n. 


Wilpert, P. 43 n. 


Wilson, C. 424 n., 426 n., 480 n., 

524 n. 


Wittgenstein, L. 46 


Wright, G. H. von 384 



Zamboni, M. 608 n. 

Zonta, G. 36 n. 



INDICE DEI MANOSCRITTI 



Cambridge, Library of Corpus Chri- 

sti College, 

378: 451 n., 543 n., 552 

Cracovia, Biblioteka Jagiellotiska, 

1894: 32 n. 

2178: 32 n. 

2591: 32 n. 

Erfurt, Wissenschaftliche Allgemein- 

bibliothek, 

Amplon. F. 135: 29 n., 39 n. 

Amplon. Q. 30: 32 n. 

Amplon. Q. 255: 31 n. 

Amplon. Q. 276: 28 n., 196 n., 

484 

Amplon. Q. 288: 31 n. 

Gottinga, Universitàtsbibliothek, 

Theol. 124: 31 n. 

Oxford, Bodleian Library, Canon. 

misc. 219: 31 

Padova, Biblioteca Universitaria, 

1123: 456 n., 477 n.,, 542 n, 

601, 602, 609 



Parigi, Bibliothèque Nationale, lat. 

14715: 30 n., 477 n., 554 n. 

Roma, Biblioteca Apostolica Vatica- 

na, 

Vat. lat. 2189: 372 n. 

Vat. lat. 3037: 608 

Vat. lat. 3038: 451 n. 

Vat. lat. 3065: 32 s., 33. 277 

n., 285 n., 314 n., 382 n. 

Roma, Biblioteca Casanatense, 85: 

394 n., 558 n., 607, 608, 609 

Roma, Biblioteca Nazionale Centrale 

« Vittorio Emanuele II », 

Sessoriano 301: 607 

Venezia, Biblioteca Nazionale Mar- 

ciana, 

lat. VI, 160 (=2816): 30 n., 

491 n. 

lat. VI, 248 (=2878): 608, 609 

Z. lat. 277 (=1728): 504 n,, 

558 n. 



INDICE DEI TERMINI GRECI 



aSivatov 326, 328; v. impossibile 

&hndég 326; v. verum 


àvayxatov 326, 328; v. necessarium 

àvarviimés 395 n.; v. resolutorius 

àErovyv 399 n. 


àbprotos, v. Uvoua, pnua 

amoderere 399 n.; v. probatio 

anépavorg 125; v. enuntiatio 

àmbpaor 125 n. (def.); v. negatio 

artogpatimde, v. \byoc 


Updpov 48 n. 



Buatpeore 499, 511 n.; v. divisio 

Sua) verv 395 n.; v. resolvere 

Suvatév 326, 328; v. possibile 



Exdeows 438 n.; v. expositio 

txtidectar 438 n.; v. expositio 

ivbeybpevov 326, 328; v. contingens 

Evbotov 398; v. probabile 

inwvopia 51 n. 



uatagao 125 n. (def.); v. affir- 

matio 


satapatixòe, v. MbYoc 


xatmyopeiv 47 n., 50 n.; v. appel 

lare 


xatmyopia 47 n., 50 n., 51 n.; +. 

praedicamentum, appellatio 



Mextéy 126; v. dicibile 

Mic 126 n.; -mapà tiv Méeuv 507; 

v. dictio, locutio 



eros: -<). dmopartixoe 125 n.; 

A. xatagatimòe 125 n.; -puépog 

Xbyov 48 n.; v. oratio 



puépos, v. Adyog 



Bvopa 48 n., 50, 51 n.; -B. &bprotov 

320 n.; v. nomen 

$poc 393 n. (def.), 394; v. terminus 



mov tu 51; »v. quale aliquid 


Tong idia, xow 48 n.; v. qua- 

litas 


mpoonvopetv 51 n.; v. appellare 


Tpoonvopia 47, 48 n., 50, 51 n.; 

-t. dvravariaotog 49 n.; -oyMua 

mig npoonyopias 51; v. appellatio, 

vocabulum 


mpéodeois 344 n.; v. appositio 


rpoconuatvev 140 n., 225 n.; ». 

consignificare 


Tporaowe 125; -n. dueros 404 n.; 

«al età tporov Tpotkoen 328; 

v. praemissa, propositio 



pipa 48 n.; -f. &bprotov 320; v. 

verbum 



onpaivev 48 n., 225 n.; v. signi 

ficare 

obuBorXov 51 n., 394 n.; v. nota 



636 



cvurépacpa 404 n.; v. conclusio 

oivéecpos 48 n. 


civdeoe 499; v. compositio 

oyfua, v. mpoonvopla 



16 297 n.; v. li 



168 «0 51; v. hoc aliquid 

tpérog 328 (def.); v. modus 



okotg 126 n.; v. dictio 

quo 125 n. 

quvh 48 n.; 2. vox 



INDICE DEI TERMINI LATINI 



Ablativus 534 n.; 


a. consequentiae 481; 


a. in consequentia 482 


Absolute, v. supponere 


Absolutus, v. modalis, nomen, sup- 

positio, terminus 


Abstractum, def. 67 n.; inoltre 64 n.; 


abstracta-concreta 67 n.; 


ex omnibus terminis concretis pos- 

sunt abstracta capi, 67 n.; 


v. terminus 


Accentus 512 n., 516, 526 n. 


Acceptio, def. 100; inoltre 77 n., 

78 n., 113, 118, 174, 175 n., 177 

n., 269, 525 n., 599 n.; 


a. terminorum 490 n.; 


a. vocis 490 n.; 


a. disiunctim o copulative (per co- 

pulativam propositionem) 269 


Accidens 58, 62 n., 82 n., 222 n, 

409, 416 n., 422, 505 n.; 


a. sive forma 69 n.; 


a. subiectum 64; 


accidentia adiacentia 206; 


a. vocis 516; 


secundum a. 55; 


v. adiectivum, determinare, dicere, 

fallacia, falsum, nomen, praedica- 

re, praedicatio, significare, ter- 

minus 


Accidentalis, v. compositio, concre- 

tum, divisio, forma, nomen, pro- 



prietas, suppositio, terminus 


Accipere 219 n.; 


a. in sensu compositionis 359 n.; 


a. coniunctim-divisim 615; 


a. significative 219 n.; 


v. definitio, denominativum, modus, 

usus 


Accusativus 347 n., 552 n., 553, 602, 

610, 619 


Adaequate, v. significare 


Adaequatus, v. significatio, signifi- 

catum 


Adiacere, v. accidens, appellatio, esse 


Adiacentia, v. coniungere, copulare, 

copulatio, definitio, praedicare, 

VOx 


Adiectivatio 212 


Adiectivum, def. 219 n.; inoltre 90 

n., 145 n., 175 n., 191 n., 208 n, 

209 n., 320, 434, 533 n., 536 n.; 


adiectiva nominaliter vel adverbiali- 

ter designata 533 7.; 


a. accidentis 171, 213 n.; 


a. nominis 336; 


a. verbi 336; 


v. substantivatum 


Adiectivus, v. determinatio, dictio, 

nomen, participium, terminus, 

verbum, vocabulum 


Adf-, v. aff- 


Adp-, v. app- 


Adverbialis, v. determinatio, modus 



638 



Adverbialiter, v. adiectivum, capere, 

significare, sumere, terminus 


Adverbium 48 n., 192 n., 211, 212 

n., 227 n., 268 n., 294 n., 333 n, 

334, 335, 336, 337, 338 n., 343 n., 

346 n., 348 n., 353 n., 354 n., 

359, 369 n., 386-388, 391, 443 n., 

453 n., 462, 515 n., 529, 537 n, 

539 n.; 


adverbia componentia et personalia 

212 n.; 


adverbia impersonalia 212 n.; 


adverbia localia 212 n.; 


a. negativum 203 n.; 


adverbia numeralia 253, 271 n., 284 

n., 303 n; 


adverbia resolutoria 448 n.;_ 


a. temporale 212 n., 237 n., 336; 


a. demonstrandi 406 n.; 


a. hortandi 336; 


a. negandi 460 n.; 


a. optandi 336; 


a. qualitatis 212 n.; 


a. quantitatis 212 n.; 


a. similitudinis 270 n.; 


a. determinativa compositionis 359 

n; 


v. verbum 


Adversarius 491 n. 


Aequivoca (nomina) 146, 485 


Aequivocatio, def. 74, 76, 78, 525 

n.; inoltre 74, 75, 76 n., 77, 78, 

140 n., 146, 147 n., 362, 525, 

526 n.; v. fallacia 


Aequivocus, v. nomen, praedicatio, 

terminus, aequivoca 


Affirmare 321, 479, 504 n., 521 


Affirmatio 197 n., 203 n., 321, 330, 

354 n., 441 n., 499 n., 503, 504 n., 

544 n.; v. qualitas, xxt&gaote 


Alienare 179 



Indice dei termini latini 



Alienatio, def. 185 n.; inoltre 109, 

185 


Alîetas, v. signum 


Amphibolia 511 n.; v. amphibologia 


Amphibologia 512 n., 514, 526; ». 

amphibolia 


Ampliare 78, 94 n., 107, 139, 145, 

146 n., 149, 151, 152, 162, 168 n., 

169, 175, 177 n., 179 n., 186 n., 

188 n., 189, 190 n., 364 n.; 


a. copulative aut disiunctive, aut 

disiunctim aut copulatim 188 n.; 


v. amplificare, verbum, vis 


Ampliatio, def. 170, 182, 186, 190, 

599; inoltre 19, 44, 76-78, 86, 95, 

139, 145, 146, 147, 148 n., 149 n,, 

151, 152, 153, 154, 157, 162, 165, 

168-170, 172, 175, 177 n., 178, 

179 n., 182, 184 n., 185, 186, 188, 

189 n., 192, 231 n., 232, 328, 

346 n., 430 n., 599; 


a. respectu suppositorum 170; 


a. respectu temporis 170; 


v. amplificatio, appellare, appellatio, 

restrictio 


Ampliative, v. stare, supponere 


Ampliativus, v. participium, praedi- 

catum, terminus, verbum 


Amplificare 175 n., 176 n.; 


v. ampliare 


Amplificatio 175, 176 n.; 


v. ampliatio 


Analysis 396 n. 


Antecedens (opp. consequens) 19, 

101 n., 235, 237 n., 239, 243 n, 

278 n., 286-n., 292 n., 389 n, 

393 n., 399 n., 428, 440 n,, 441, 

443 n., 448 n., 449 n,, 461 n, 

490 n., 493, 494 n., 497, 518, 

541 n., 542 n., 606, 610-614, 620 

(v. oppositum); 



Indice dei termini latini 



a. exponens 440 n.; 


a. (pronominis relativi) 285 n., 293, 

434 n., 546 n., 561 n., 567, 568, 

575, 576 


Apparentia, v. causa 


Appellare, def. 87 n., 88 n.; -a. du- 

pliciter accipitur 98; -a. = esse 

commune 102, 103 n.; -a. = prae- 

dicare 103 n.; inoltre 47, 49 n., 

50 n., 53 n., 57, 58, 70, 71 n, 

72 n., 84, 85, 87 n., 88, 89 n., 90, 

91, 92, 93 n., 95 n., 98, 99, 100, 

101 n., 102, 103 x., 105, 106, 

107 n., 108 n., 111-113, 116, 119, 

128 n., 129 n., 130 n., 132 n., 151, 

153 n., 168, 179 n., 225 n., 228, 

342 n., 343 n., 393 n., 394 n., 578, 

579 n., 598; 


a. ampliationem 118 n., 119; 


. complexionem 110; 


a. non complexionem, sed formam 


lil n.; 


. conceptus 262 7#.; 


a. formam, def. 598; inoltre 84, 98, 

99, 101 n., 106, 107, 109, 110, 

115, 116, 117 n., 119, 175 n, 

426 n., 549, 577, 580, 581 n., 585, 

586 n., 587, 598 (+. dictio, praedi- 

catum); 


a. hoc aliquid 72 n.; 


a. individua 101 n.; 


a. rationem 84, 107, 113, 114, 116 

n., 260, 261 n.; 


a. propriam rationem-omnes rationes 

108 n.; 


a. substantiam 85 n. (v. nominare); 


a. significatum formale 113; 


unum totum sub una significatione 

uno nomine a. 56; 


res appellata 93 n., 97, 105 n.; 


v. instituere, institutio, rpoomnyopetv 


Appellatio, def. 49 n., 86 n., 87, 89, 







PPDpp ap pp 



639 



90 n., 94 #., 101, 103, 118, 207 

n.; -a. dicitur quattuor modis 89 

n.; -a. dupliciter accipitur 98; 

-a. = proprietas praedicati 109 n.; 

inoltre 19, 44, 45, 47-49, 50 n., 

58, 59 n., 68,70, 71-74, 75, 76-79, 

80, 82, 83, 84, 85, 86-93, 94 n., 

95, 97-99, 100, 101 n., 102-105, 

106, 108 n., 109, 111, 112, 114- 

116, 117, 118, 126 n., 128 n., 129, 

130 n., 131, 132 n., 133, 135, 139, 

147, 148 n., 149, 150 n., 151 n., 

152, 153, 155 n., 157, 161 n,, 

163 n., 164 n., 168, 172, 175, 182, 

203 n., 221, 260 n., 347, 453 n, 

572, 578; 



. alia discreta alia communis 95 n.; 

. manerialis 0 simplex 81; 



materialis 81; 

personalis 95 n.; 

reciproca 49 n.; 



. variata 47; 


. ampliationis, def. 119 n.; inoltre 

118, 193; 


. dicti 124, 127-130, 150, 151 n, 

349 n., 356; 



. dictionis 78 n.; 



a. enuntiabilis 129, 344; 



» 



. formae, def. 119; inoltre 109, 116 



n., 118, 120, 121, 122, 132 n,, 

173, 578, 587 n., 598; 



. rationis, def. 107, 113, 572 n.; 



inoltre 108 n., 110, 114, 116 n., 

120, 260 n., 562, 572, 578; 



. rationis vel conceptus 107 n.; 

. suppositi 134; 

. temporis, def. 118 n., 572 n; 



inoltre 118, 572, 578, 580; 

termini 88 n.; 



a. alia termini communis, alia ter- 



mini singularis 89 n.; 



640 



a. termini communis, alia pro ipsa 

re in communi, alia pro suis infe- 

rioribus 90 n.; 


vocum 93 n.; 


. per modum adiacentis, per mo- 


dum non adiacentis 106 n.; 


a. pro formali significato, def. 111; 


a. pro ratione 111; 


sufficientia appellationis 135 n.; 


ex figura appellationis 71 n.; 


sub figura appellationis 51, 71, 72; 


ex similitudine appellationis 72 n.; 


habere appellationem ab aliquo 59 

n; 


v. restringere, tpoonvopia 


Appellativum, v. appellativus 


Appellativus 47 n., 58, 98 n.; 


appelativum 79 n., 97 n.; 


v. nomen, terminus 


Appellatum 73, 76 n., 77, 85, 86, 

89, 93 n., 94, 95, 97, 101, 128, 

131, 132 n., 133-137, 148, 156, 

160 n., 168, 174 n., 223 n., 452 

Di 


appellata dicuntur praesentia suppo- 

sita 88 n.; 


a. praesens 96 n.; 


appellata praesentia, praeterita, fu- 

tura 95 n., 96 n.; 


appellata actualiter entia, tria habi- 

tualiter entia 136; 


sufficientia appellatorum 135, 136, 

167 n. 


Apponere 136, 157, 166 n., 167 n., 

168 n., 170, 171, 203 n., 204 n,, 

209 n., 223 n., 225 n., 259, 331 n., 

344 n., 368, 519 


Appositio 45, 176 n., 344; 


appositiones id est praedicata 352 n.; 


v. tphodeore 


Appositum, v. appositus 



P » 



Indice dei termini latini 



Appositus=ex parte praedicati posi- 

tus 157; 


appositum 160 n., 557 n.; 


a parte appositi 160 n.; 


ex parte appositi 159 w., 160 n.; 


esse in apposito 209 n.; 


v. terminus 


Aptitudo 241 n.; v. nomen 


Arguens 437 n., 552 n. 


‘Arguere cavillatorie 491 n.; v. forma, 

modus 


Argumentare, v. modus 


Argumentatio 41 n., 395 #., 401 n. 


Argumentum, def. 398, 400; izoltre 

290, 295 n., 386, 394 n., 398, 

399-401, 415 n., 432 n., 440 n.,, 

443 n., 447 n., 452 n., 461, 468 

n., 480 n., 493 n., 494 n., 541 n,, 

548 n., 558, 560 n., 562 n., 563, 

575, 576, 578, 579 n., 614, 620, 

622; 


a. notius ac probabilius 399; 


solutio argumentorum 386 n.; 


v. enthymema, exemplum, inductio, 

syllogismus 


Ars: -a. logica 218 n. (v. logica); 


. nova 15; 


. vetus 16; 


. disputandi 399 (v. disputare); 


inveniendi 395 n.; 


. iudicandi 395 n. (v. iudicare); 


. resolvendi 395 n. (v. resolvere); 


. anche officium, sermocinalis 


Articularis, v. nomen 


Articulatio, v. vox 


Articulatus, v. vox 


Articulus 48 7., 49 n., 297 n. 


Ascendere 244 


Ascensus, def. 239; inoltre 233 n., 

239 n., 240 


Assumere 439 n. 


Assumptio 398 n., 399 7. 



2 pp ps so po 



Indice dei termini latini 



Attribuere 339 n., 520 n.; 


a. coniunctim 521; 


a. coniunctim vel divisim 537 n. 

Attributio 208 n.; v. subiectus 



Auctores 413 

Authentici 413 n. 



Calculationes 427 


Capere: -c. adverbialiter-nominaliter 

466 n.; 


c. exponibiliter 372 n.; 


c. modaliter 464 n.; 


v. abstractum 


Captio 444; v. modus 


Casuale, v. casualis 


Casualis 45, 338 (v. inflexio, mo- 

dus); 


casuale 303 n. 


Casus 172 n., 549 n.; v. accusativus, 

genitivus, nominativus, rectus, 

obligatio, obliquus, verbum 


Categorema 215 n., 226 n., 228, 

454 n., 486; 


categoreuma 229 7. 


Categorematice, v. stare, sumere, te- 

nere 


Categorematicus 226 n. 


Categoreuma, v. categorema 


Categoria, v. praedicamentum 


Categorica 355 n., 420, 422 n., 482 

n., 517, 538 n., 546 n.; 


c. implicita 129 n.; 


c. simpliciter 421 n.; 


c. de inesse 403 n.; 


v. dictum, propositio 


Causa: -c. apparentiae, def. 531; 

inoltre 280 n., 526, 527, 531 n.; 


c. deceptionis 527; 


c. defectus, def. 528; inoltre 527; 


c. falsitatis 208 n., 475 n., 476 n, 

527; 



41 



641 



c. non existentiae, def. 527 n.; inol- 

tre 526, 527; 


c. veritatis, def. 473 (v. probare, 

probatio, propositi); -causae ve- 

ritatis sufficientes 476 n.; izoltre 

428, 429, 472-475, 476 n., 477-482, 

488, 494, 495, 497 n.; 


v. institutio, inventio 


Causalis, v. consequentia 


Cavillator 541 n. 


Certificabile 402 n.; v. probabile 


Coartare 139, 161, 163 n., 166 n., 

169 n., 195 n. 


Coartatio, def. 165 n.; inoltre 88, 

139, 152, 159, 161; ». restrictio 


Coartatus, v. suppositio 


Cohaerere, v. modus 


Cohaerentia 343; 


c. praedicati ad subiectum 342; 


v. nota 


Cointellectum, v. connotatum 


Collective 256, 561; ». praedicare, 

stare, tenere, verificare 


Commune, v. communis 


Communis 221 (v. appellare, dictio, 

esse, nomen, ratio, suppositio, ter- 

minus, vox); 


natura humana c. 370 n.; 


commune, def. 221 n.; inoltre 221 

n., 370 n.; 


naturaliter commune, def. 221; 


via a communibus ad propria 484 n. 


Comparatio 87 n., 92 n., 293 n, 

416 n., 562 n.; 


c. aequalitatis 266 n.; 


c. secundum excessum 266 n.; 


v. distributio 


Comparativus 266 n., 270 n., 277, 

284 n., 286 n., 293 n., 303 n., 416, 

424 n.; v. terminus 



642 



Complexio 110 n., 111 n., 197, 505; 

v. appellare, dicere 


Complexivus, v. conceptus 


Complexum, v. complexus 


Complexus: -complexa, incomplexa 

(designatio sophistica) 74 (v. con- 

ceptus, dictum, incomplexum, ter- 

minus, vox); 


complexum 259, 371, 455, 462-464, 

465, 467, 468, 469, 471, 577, 581, 

598; v. connexum 


Componere 97 n., 198 x., 394 n., 

407 n., 436, 440 n., 447 n., 482 n., 

503 n., 504 n., 507 n., 513, 

530 n., 533, 534 n.-537 n., 538 n., 

548 n., 591, 594 n., 597 n.; 


c. = definire, 506 n.; 


v. adverbium, diversitas 


Componibilis, v. terminus 


Composita, v. compositus 


Compositio, def. 502 n., 512, 513 n., 

516 n., 528 n.; inoltre 159 n., 

167 n., 198, 199 n., 214, 225 n., 

230 n., 319, 334, 335-337, 344 n., 

346, 347, 349, 350, 351, 353 n., 

354 n., 365 n., 369 n., 403 n, 

407 n., 436, 456, 486, 490 n, 

499, 500, 501, 502-508, 512 n., 

513, 514, 515 n., 516, 521 n,, 

522 n., 524-526, 528, 529 n., 531 

n., 532 n., 534 n., 535, 536 n., 

541 n., 542 n., 545 n., 547 n,, 

548 n., 550, 554 n., 558 n., 559 n., 

566 n., 568, 591, 592-597, 599; 


. accidentalis 529 n.; 


. contingens 349; 


. duplex 507 n.; 


. formalis 486 n., 504; 


. indicativa vel infinitiva 370; 


. materialis 486 n., 504; 


. necessaria 336; 


. simplex 507 n., 548 n.; 



nnonanann 



Indice dei termini latini 



c. actus ut distantis 501; 


c. intellectus 503 n., 504 n.; 


c. rerum o modorum significandi 

500; 


c. sermonis 529 n.; 


c. terminorum 506 #.; 


c verborum 503 #.; 


c. secundum distantiam 502 7.; 


secundum compositionem 381, 499, 

523 n.; 


via compositionis 396 n.; 


v. adverbium, consignificare, deno- 

minare, determinare, determinatio, 

dictio, disponere, dispositio, falla- 

cia, forma, locutio, modalis, mo- 

dus, necessitas, oratio, paralogi- 

smus, propositio, sensus, sophisma, 

oUvieog 


Compositum, v. compositus 


Compositus 499; 


composita 366, 420, 505 n.; 


compositum 198, 501 x.; 


v. conditionalis, copulativa, dictio, 

intellectus, minor, modalis, nomen, 

oratio, prolatio, propositio, sen- 

sus, sermo, subiectum, terminus 


Comprobare 395 n. 


Comprobatio 395 n. 


Conceptus 394 7.; 


c. complexivus 214; 


c. complexus 417 n., 418; 


c. mentalis 220 n., 506 n.; 


v. appellare, appellatio, ratio 


Concludere 43, 229 n., 275 n, 

412 n., 428 n., 429 n.,, 441 n,, 

446 n., 447 n., 461 n., 508 n.,, 

515 n., 541 n., 610; 


c. copulative-disiunctive 274 n.; 


c. directe 613, 614; 


c. divisim 508 n.; 


c. formaliter 275 n. 



Indice dei termini latini 



Conclusio, def. 398, 400; inoltre 

43 n., 45, 186 n., 210 n., 241 n., 

329 n., 397, 410 n., 431, 435 n, 

437 n., 439, 442 n., 445 n., 450, 

457, 485, 505 n., 522 n., 541 n, 

603, 604-606, 611, 612, 614-617, 

618, 619, 620, 622; v. cuprépacpo 


Concretum, def. 68 n.; 


c. accidentale 66 n.; 


c. substantiale 66 7.; 


v. abstractum, terminus 


Conditio 375, 376, 380; 


conditiones contrariae, contradicto- 

riae, subalternae et subcontrariae 

371 n.; 


v. modalis, necessarium, nota 


Conditionalis 460 #., 518; 


c. necessaria 380; 


c. de dicto et composita, de re et 

divisa 381; 


v. consequentia, nota, propositio 


Conditionatim, v. descendere 


Confundere 149, 164, 177 n., 192 

n., 210 n., 217, 222, 223, 230 n., 

255 n., 260 n., 261, 265 n., 285 n., 

286 n., 291 n., 474 n., 486, 

548 n., 577, 581 n., 582; 


c. confuse distributive 265 n., 266 

n., 283, 285 n.; 


c. confuse distributive mobiliter 

302 n., 303 n., 575 n.; 


c. confuse tantum 251, 252, 259 n., 

267 n., 268, 284 n., 285, 286 n., 

287, 291 n.-293 n., 294, 302 n., 

304, 459, 562 n., 567 n., 575, 

577, 585, 595; 


c. confuse tantum —immobiliter 

303 n., 304 n.; 


c. confuse tantum mobiliter 303 #., 

304 n.; 



643 



c. distributive 265, 266, 284 n. 

293 fi; 


c. distributive mobiliter 303 n.; 


c. distributive mobiliter vel immo- 

biliter 585; 


c. immobiliter 233 7., 595; 


c. immobiliter vel mobiliter 233 #.; 


c. mobiliter 233 n., 595; 


c. necessitate signi 233 n.; 


c. sine distributione 260 n., 283 n.; 


c. sine distributione confuse tantum 

283 n.; 


potestas confundendi 260 n.; 


v. immobilitare, signum, syncatego- 

rema, terminus, virtus, vis 


Confundibile 284 n.; 


c. non confusum-confusum 284 n.; 


v. terminus 


Confuse 217, 447; 


minus c. 233 n.; 


v. confundere, consignificare, copu- 

lare, dictio, negare, significare, 

stare, supponere, tenere, vis 


Confusio, def. 224; inoltre 73 n., 

155, 157, 217, 221, 222-224, 231, 

232, 234, 243, 247, 250, 254 n, 

255 n., 258, 261 n., 272, 273, 

276, 277, 284 n., 295, 300, 302, 

306, 556 n., 562, 577, 578, 582, 

391-593, 595 n., 596 n., 597 n.; 


. immobilis 596; 


. mobilis 596; 


. necessitate modi 233 n.; 


. necessitate rei 233 n.; 


auferre confusionem 223 7.; 


v. modus, terminus 


Confusivus, v. signum, virtus, vis 


Confusum, v. confusus 


Confusus 217, 222; 


confusum 261 n.; 



ononn 



644 



v. confundibile, copulatio, relativum, 

suppositio, tempus, terminus, vox 


Congruitas 528 n.; 


c. intellectus 403 n.; 


Congruus, ». intellectus, locutio, pro- 

positio 


Coniunctim 428, 508 n., 513, 537 n., 

539 n., 570; v. accipere, attribuere, 

descensus, intelligere, praedicare, 

subicere 


Coniunctio 49 n., 196 n, 197, 

198 n., 202 n., 227 n., 355 n., 

453 n., 503 n., 505 n., 507, 511 n., 

512, 516 n., 522 n., 525 n., 533 n, 

534 n., 539 n., 546 n., 550 n; 


c. copulativa 147 n., 294 n.; 


c. copulativa vel disiunctiva 196 n., 

537 1 


c. disiunetiva 147 n.; 


. expletiva 330 n.; 


v. copula, nota, vis 


Cadunpee 203 n., 207 n., 393 n, 

504 n., 505 n., 515 n., 532 n, 

534 n., 535 n., 537 n., 539 n 

576 n.; 


c. in adiacentia-in essentia 203 n.; 


c. intransitive 205 n.; 


coniunctae (prop.) 615 


Connexum 371; v. complexum, 

modus 


Connotare: -c. = secundario signifi- 

care 66; inoltre 66 n., 104, 106, 

111, 177 n., 183 n., 215 n, 388 n, 

505 n., 599 n.; 


c. accidentalem proprietatem 67 n.; 


. accidentaliter 67; 


c. passionem propositionis 388 n., 

389 n., 581 n., 585; 


c. qualitatem 66 n.; 


c. tempus 144 n. 


Connotatio 66 n., 67 n., 144; 







Indice dei termini latini 



. extranea 67 n.; 


. accidentalis proprietatis 67 n.; 


. temporis 144 n.; 


. verbi restricti 600 


Connotativum 65 n.; v. nomen, ter- 

minus 


Connotatum 65 #.; 


connotata = cointellecta 66 n. 


Conpraedicativum 230 n. 


Consequens 42 n., 235, 238 #., 239, 

243 n., 278 n., 286 n., 292 n, 

389 n., 393 n., 428, 443 n, 

461 n., 493, 494 n., 518, 520, 

541 n., 542 n., 610-612, 614, 621; 

v. determinatio, fallacia, modus, 

necessitas, oppositum, probatio 


Consequentia 18, 20, 39, 40, 41 n., 

42 n., 107, 234, 235, 236 n., 239, 

241 n., 243 n., 246, 253 n., 254, 

258, 273 n.275 n., 278 n., 282, 

284 n., 286 n., 345 n., 377 n, 

381, 389 n., 420, 425, 428, 432, 

436, 440, 442 n., 447 n., 449 n., 

469, 472, 474 n., 477, 480 n, 

481, 490 n., 493 n., 494 n, 

541 n., 544, 548 n., 550 n., 561, 

564, 566 n., 567, 568, 569, 570 n., 

571, 572, 575, 576 n., 583, 584, 

587, 588, 590, 610-615, 617, 620, 

621, 622; 


. formalis 418, 424 n., 428 n.; 


. materialis 235; 


. necessaria 377; 


. rationalis, conditionelis, causalis 

236; 


c. syllogistica 40; 


v. ablativus, inferentia, necessitas, 

nota 


Consignificare, def. 144 n.; -c. est 


polisemis (!) 143; inoltre 61 n., 


82 n., 139, 141 n., 142, 143, 



popopno 



noann 



Indice dei termini latini 



144 n., 181 n., 198, 224, 225, 

226 n., 228, 454 n., 503 n., 504 n., 

598; 

c. compositionem 501; 

c. tempus 140 n., 141 n.; 

c. tempus sine differentia 181 n., 

215 n.; 

c. tempus confuse-determinate 209; 

tempus consignificatum in verbo 159; 

v. copulare, denotare, rpoconualvev 

Consignificatio:  -c = secundaria  si- 

gnificatio 140 n., 153; -c = modus 

significandi 190 n.; izoltre 17, 78, 

87, 140, 142 n., 143, 144, 146, 

147 n., 161, 166 n., 167 n., 168 n., 

169, 171, 172, 215 n., 452 n; 

c. varia 143; 

c. temporis 46, 140, 141 n., 181; 

c. verbi 159 n., 190 

Consignificativas 226; v. dictio 

Consignificatum, v. consignificatus 

Consignificatus, v. tempus; 

consignificatum 140 w., 159 n. 

Constantia, def. 236, 237 n., 274 n.; 

inoltre 148, 234, 236, 237, 273, 

274, 429 n., 441 n., 443 n. (0. 

copulatim); 

. debita 274 n., 275 n., 429 n.; 

. debita singularium 275 n.; 

. debita suppositorum 275; 

. sufficiens 236; 

. sufficiens suppositorum 274 n.; 

. singularium 275 n.; 

. singularium vel suppositorum 

274 n.; 

c. suppositorum 273 n.; 

c. subiecti 274 n., 436 

Constitutio (=definitio) 506 n. 

Constringere 190 n. 

Constructio 338 n., 341 n., 452 n.,, 



onpanonn 



645 



453, 515, 528, 529 n., 530, 531, 

332, 333: ns 


c. specialis 262 n.; 


quantum ad constructionem 338; 


secundum constructionem 339, 341; 


v. modalis, modus 


Construere 531 n., 553 n. 


Contingens 328; v. compositio, mo- 

dalis, èvBeydpuevov 


Continuitas subiecti cum praedicato 

167 n. 


Contractus, v. falsitas, veritas 


Contradictio 444 n., 485, 486, 512 n.; 

v. oppositio 


Contradictorium, v. probare, probatio 


Contradictorius, v. conditio 


Contrahere 151 n. 


Convenientia 87 


Copula 41 n., 109 n., 179 n., 181 n., 

184 n., 186 n., 204 n., 214 n., 

227 n., 229 n., 230, 247 n., 270 n., 

291 n., 321, 336 n., 346, 355 n., 

363 n., 365 n., 503 n., 613, 620; 


. principalis 270 n.; 


. simplex 363 n.; 


. verbalis 365 n.; 


. vocalis 214 n.; 


c. coniunctionis ‘et* 547 n., 558 n.; 


a parte copulae 355 n.; 


ex parte copulae 321, 539 n.; 


v. determinatio, modus, officium, syn- 

categorematicus 


Copulare: +c. = adiacenter signifi 

care 211; -c. = significare simul 

esse 196 n.; inoltre 154 n., 195 n., 

198 n., 202, 203 n., 205, 207, 

208, 209 n., 210 n., 211 n., 212 n, 

213, 399 fi 305 n, 922 1 

533 n., 537 n., 538 n., 550 n.; 


c. intransitive=consignificare 205 n.; 


c. confuse 212 n.; 



onnn 



646 



. confuse et distributive 212 w.; 


confuse tantum 212 n.; 


. determinate 212 n.; 


. discrete 212 n.; 


. personaliter 212 w.; 


. simpliciter 212 n.; 


in adiacentia, in essentia 203 n.; 


. tempus confuse-determinate 209 w.; 


. modus, officium, significare, ter- 

minus 


Copulatim 188, 189 n.; 


c. cum medio (o cum constantia) 

274; 


v. ampliare, descendere, descensus 


Copulatio, def. 207, 209-212, 213; 

inoltre 19, 44, 91 n., 94 n., 153 n, 

195-199, 201, 202, 203 n., 204 n., 

205, 206, 208-212, 213, 214, 

260 n., 453 n., 533 n.; 


. sive impositio 195 n.; 


. confusa 211; 


. confusa distributiva 211; 


. confusa tantum 211; 


. determinata 211; 


. distributiva 211 n.; 


. distributiva immobilis 211 n.; 


. intransitiva 205 n.; 


simplex aut personalis 212 n.; 


. adiacentiae 205 n.; 


. essentiae 203, 205 n.; 


. terminorum 516 n.; 


. verbi 210 n.; 


. secundum actum, secundum habi- 

tum 210 n.; 


v. nota, officium, significare, vis 


Copulativa (prop.) 422 n., 432 n., 

472, 473 n., 480 n., 486, 489 n, 

491 n., 497, 615 (v. propositio); 


c. composita 423 n., 424 n., 482 n. 


Copulative 188, 189 n.; v. acceptio, 


ampliare, concludere, descendere, 



graonnnnnnn 



00NnAnnnann5a0NnnN 



Indice dei termini latini 



descensus, probare, significare, 

supponere, tenere, verificare 


Copulativus, v. coniunctio, descensus, 

dictio, verificatio 


Copulatum, v. copulatus 


Copulatus, v. descensus, terminus; 


copulatum 208 n., 211 w., 570 n., 

579 n., 621; 


c. ex terminis de praedicamento ‘ubi’ 

et ‘quando’ 271 n. 



Deceptio, v. causa 


Declarabile 402 n.; v. probabile 


Decompositio 502 n. 


Deducere ad inconveniens 411 n. 


Defectus, v. causa 


Definire 396 n., 413 n., 451 n, 

467 n.; v. componete 


Definitio 55, 56, 57, 60 n., 61 n, 

74, 91, 210 n., 379, 387, 409, 410, 

413 n., 598; 


d. sive descriptio 468 n.; 


d. nominalis 65 n.; 


d. quid nominis 65, 105; 


definitiones non secundum essentiam 

sed secundum adiacentiam acceptae 

61 n.; 


definitiones quaedam secundum rei 

substantiam, quaedam secundum 

formae adhaerentiam assignatae 60; 


v. constitutio, probare 


Definitivus, v. oratio 


Demonstrare 268 n., 289 n., 398 n., 

442 n., 443 n., 449 n., 459 n, 

604-606, 611, 613, 614, 619, 621; 


v. adverbium, officium 


Demonstratio 397 #.; 


d. a signo 444; 


d. quia 444 


Demonstrativa (prop.) 411 n.; 


v. propositio 



Indice dei termini latini 



Demonstrative, v. tenere 


Demonstrativum 409 n., 439, 445, 

447 n., 449 n.; v. pronomen, re- 

solutio, resolvere 


Demonstrativus, v. scientia, syllogi- 

smus, terminus 


Demonstratum 133 #. 


Denominans-denominatum 69 n. 


Denominare 97 n., 230 n., 355 7, 

422, 425 n., 481; 


d. compositionem 353 #.; 


v. denominans 


Denominatio 121 w., 405 n. 


Denominative 55, 59 n., 382 n. 


Denominativum, def. 50; -d. multi- 

pliciter accipitur 64 n.; -triplicia 

sunt denominativa 67 n.; inoltre 

54 n., 59 n., 61 n., 64 n., 66 n, 

67 n.,97 n.; v. derivativum 


Denominativus, v. praedicatio, termi- 

nus, vocabulum 


Denominatum, v. denominans, ter- 

minus 


Denotare 98, 115, 116, 117, 186 n., 

202 n., 214, 229 n., 260, 360 n., 

378, 502, 550 n., 590, 599 n.; 


d. sive consignificare 502 


Derivativum 54 n.; v. denominativum 


Descendere 228, 235, 240, 241, 244, 

253, 254, 256, 260, 262 n., 264 n.; 


d. conditionatim et disiunctim 278 n.; 


d. copulatim 278 n.; 


d. copulative 241 #., 290, 299 n.; 


d. disiunctim 241 n., 242 n.; 


d. disiunctive 241 n., 242 n., 299 n.; 


d. nec  copulative nec disiunctive 


251 n.; 


. difformiter 264 n.; 


. uniformiter 264 n.; 


. ad singulare 246 n., 272; 


. ad supposita 260; 



ALALALA 



647 



d. ad universale 272; 


d. per disiunctivam propositionem 

278 n.; 


v. propositio 


Descensus, def. 235; -d. est quadru- 

plex 238; inoltre 44, 232, 233-236, 

237, 238, 240-242, 244, 245, 246, 

249, 251, 253, 254, 257, 261, 

262 n., 263, 264, 267 n., 272, 

273, 274 n., 275, 278, 279, 281, 

289, 301, 304, 546 n., 587, 596, 

597 n.; 


d. coniunctim 290; 


d. copulatim 241, 299 n.; 


d. copulative 241, 257, 473; 


d. copulativus, def. 238; inoltre 

239, 586; 


d copulatus, def. 238; 


d. disiunctim 241, 255, 300; 


d. disiunctive 241, 473; 


d. disiunctivus, def. 238; inoltre 

239, 586; 


d. disiunctus, def. 238; inoltre 239; 


d. insufficiens, def. 240; inoltre 239, 

240; 


d. sufficiens, def. 239; inoltre 240; 


d. difformiter et non uniformiter 

282; 


d. ad inferiora 233, 468; 


d. ad singulatria 260 n.; 


d. de copulato extremo 281; 


v. immobilitare 


Describere 402 n., 462, 467, 469, 

470 n.; v. propositio 


Descriptio, def. 468; inoltre 395 n., 

440 n., 462 n., 467-469, 470, 

471, 480, 482, 483; v. definitio 


Descriptibilis, v. probatio 


Descriptibiliter, v. probare 


Descriptivus, v. oratio 



648 



Descriptum 440 n., 469 n.; v. pro- 

positio 


Designare 85 n., 103 n., 107 n, 

134 n., 198 n., 202 n., 375; 

v. adiectivum 


Designatum 74 


Desinere 478 n., 482; ». incipere, 

propositio 


Desinitio 416 


Determinabile 112, 185, 539 n., 578, 

588; 



d. subsequens 533 n.; 


d. superius 184; 


v. terminus 


Determinare 145, 365 n., 371, 373 #., 

403 n., 465, 471, 486 n., 529, 

532 n., 551 n.; 


d. compositionem 336, 353 n.; 


d. inhaerentiam accidentis et subiecti 

80; 


d. inhaerentiam praedicati cum su- 

biecto 335; 


d. qualitatem 60; 


d. qualitatem circa substantiam 84 n.; 


d. qualitatem agendi 343 n.; 


d. verbum 336; 


v. adverbium, vis 


Determinate, v. consignificare, copu- 

lare, stare, supponere 


Determinatio 163, 178 n., 185, 

187 n., 192, 229, 291 n., 333, 

344 n., 363 n., 375, 376, 428, 

481 n., 482 m., 484, 530 n, 

534 n., 539 n., 547 n., 548 n., 

563, 568 n., 571, 576, 583, 599; 


d. adiectiva 159; 


d. adverbialis non modalis 358 n.; 


determinationes adverbiales-nomina- 

les 334; 


d. intrasumpta-extrasumpta 375; 


d. superior 184; 



Indice dei termini latini 



. compositionis 350; 

. consequentis 517; 

. copulae 355, 357 n.; 

dicti 390; 

inhaerentiae 333; 

. obliqui 159; 

. praedicati 339, 343, 517; 

. subiecti 230 n., 339; 

. verbi 348 n.; 

. modus, propositio 

Determinatuii, v. determinatus 

Determinatus, v. ratio, significatio, 

suppositio, tempus, terminus; 

determinatum 178 n., 261 n., 530 

Dialectica, def. 400, 573 n.; -d.= 

scientia disputandi ex probabilibus 

399 n.; v. officium 

Dialecticus 398 #.; 

dialectici 56 n., 144 n., 225 n. 

Dicere: - secundum accidens d. 57; 

. cum modis 331 n.; 

. de dicto 351 n.; 

. de re 351 n.; 

. non proprie 268 n.; 

secundum complexionem 505 n.; 

. sine complexione 505 n.; 

v. modus, subiectum 

Dicibile 125, 126 n.; v. Mextév 

Dictio 63 n., 67 n., 72, 73 n., 77, 

78 n., 86, 92 n, 94 n., 126, 134 n, 

135 n., 140 n., 147, 162, 177 n., 

197, 208, 212 n., 223 n., 228, 248, 

249 n., 251, 259, 266 n., 267, 

274 n., 276, 277, 287 n., 29%, 

320, 321, 381 n., 415, 416, 417, 

422, 425 n., 432, 434, 435 n., 

436, 442 n., 443 n., 452, 453 n, 

454 n., 467 n., 480 n.,, 481 n.,, 

502, 505 n., 517 n., 518, 519, 

521 n., 522 n., 523 n., 524, 527, 

528 n.-530 n., 531, 532, 534 n., 



SÌ Pe pe RE pd 



e aaa apaoa 



Indice dei termini latini 



535 n., 536 n., 537 n.-539 n., 544; 


adiectiva 110 n., 166 n.; 


adiectiva appellat suam formam 


110 n. (v. appellare); 


. communis generis 297 n.; 


. composita cum aliquo 535 n.; 


confuse posita 435 n.; 


confuse significans 223; 


. consignificativa 225 n.; 


. copulativa vel disiunctiva 537 n.; 


. determinans compositionem 335; 


d. exceptiva 277, 290, 292, 303, 

404 n., 421, 425 n. (v. exceptivus); 


d. exclusiva 249 n., 276 n., 277, 

291, 295 n., 303, 415, 421, 422 n., 

424, 475 n., 535 n., 596 (v. exclu- 

sivus); 


dictiones modales 277, 334; 


. officialis 453, 454 n. (v. officium); 


. reduplicativa 303, 422, 424; 


. significans actus mentales 459; 


. significativa 208; 


. substantiva 110 n., 111 n.; 


. syncategorematica 229 n., 251, 

283 n., 336; 


extra dictionem 517 n.; 


v. appellatio, fallacia, figura, forma, 

locutio, proprietas, significatio, 

subiectus, HE, puo 


Dictum, def. 123 n.; inoltre 45, 

118, 123, 124, 125, 126 n., 127, 

128, 129, 130 n., 151, 335, 347- 

352, 354-356, 357 n., 358, 360, 

361, 362, 363-367, 368, 369, 370, 

371, 372, 374, 382, 389, 390, 

455, 461, 462, 463 n., 464 n, 

465, 467, 497, 518, 523 n. 

534 n., 537 n., 539 n., 545, 549, 

551, 352, 355, 356, 259; 

560 n., 562, 564, 565, 571, 574, 

575 n., 577, 580-582, 584, 587, 



pp 



AAALALAALA 



DAALALALA 



649 



589, 591-595, 596, 598, 599, 603; 


. vel significatum 124 n.; 


. categoricum 471, 556, 590, 598; 


complexum 598; 


. hypotheticum 471, 556; 


. multiplex 497 n.; 


. singulare 354 n., 361; 


. verbale 591, 594; 


. propositionis, def. 123 n.; inoltre 


124 n., 125, 341 n., 354 n., 359, 


371, 490 n., 552 n., 553, 556 n, 


559, 574, 577, 581, 602, 603, 610, 


618, 619; 


v. appellatio, conditionalis, determi- 

natio, dicere, expositio, minor, mo- 

dalis, oratio, propositio, sermo, 

significatum, subicere, supponere 


Differentia 583 n., 598 n.; 


d. substantialis 506 n.; 


d. temporis 112, 181, 182, 184, 

187. n., 189, 214; 


v. ratio 


Discrete, v. copulare, stare, supponere 


Discretio 376; 


d. substantiae 71 n.; 


d. terminorum 393 


Discretum, v. discretus 


Discretus, v. appellatio, suppositio, 

terminus; 


discretum 220 n.; dupliciter sumi- 

tur d. 220 n. 


Discontinuitas orationis 167 n. 


Disiunctim 188, 189 7; 


d. cum medio 274; 


v. acceptio, ampliare, descendere, de- 

scensus, exponere 


Disiunctio 196 n., 512, 516 rn. 

522 n., 548 n., 554 n.; v. modus, 

nota, significare 


Disiunctiva (prop.) 425 n. » 472, 



650 



475 n., 480 n., 482, 489 n., 497; 

v. propositio 


Disiunctive 180, 189 n., 477, 480 n., 

495 n.; v. ampliare, concludere, 

descendere, descensus, probatio, 

significare, supponere, tenere, veri- 

ficare 


Disiunctivus, v. coniunctio, descen- 

sus, dictio, verificatio 


Disiunctum, v. disiunctus 


Disiunctus 548 n. (v. descensus, tet- 

minus); 


disiunctum 570 n., 579 n. 


Disiungere 393 n., 537 n., 538 n. 


Disponere compositionem 335 


Dispositio 227, 335; 


d. compositionis 336, 504; 


d. tertiae figurae 43 n.; 


v. modus 


Disputare 218 x., 452 n.; 


d. ex probabilibus 399; 


v. ars, determinatio, disserere 


Disputatio 218 n., 437 n.; 


d. realis 394 n. 


Disputatores 413 n. 


Disserere idem est quod disputare 

400 n. 


Distinctus, v. significatio, suppositio 


Distrahere 178; v. terminus 


Distractivus 599 


Distribuere 211 w., 233 n., 242, 243, 

254, 255 n., 259, 279 n., 286 n.,, 

287, 291 n-293 n., 295, 485, 

548 n., 579 n.; 


habere naturam distribuendi 259; 


v. modus, vis 


Distributus, v. suppositio, terminus 


Distributio 100 n., 108, 210 n., 224, 

241, 254, 259, 295, 363 n., 474 n., 

493 n., 548 n., 562 n., 576; 


d. per comparationem 259 n.; 



Indice dei termini latini 



v. confundere, modus, subiectum 


Distributive, v. confundere, copulare, 

negare, praedicare, stare, sumere, 

supponere, tenere, vis 


Distributivus 234 n.; 


modo distributivo 262 n.; 


v. copulatio, signum, suppositio, syn- 

categorema 


Diversitas componendi vel dividendi 

507 n.; v. relativum 


Dividere 504 n., 507 n., 513, 515 n., 

533 n.-537 n., 548 n., 591, 594 n., 

597 n.; v. diversitas 


Divise, v. significare 


Divisim 428, 508 n., 513, 537 n., 

539 n., 570; v. attribuere, conclu- 

dere, inferre, intelligere, praedicare 


Divisio, def. 516 n., 528 n., 529 n; 

inoltre 167 n., 337, 499, 501 n., 

502, 503, 504 n., 507, 508, 511 n., 

512 n., 513, 514, 516, 521 n. 

522 n., 524-526, 528, 529 n, 

531 n., 532 n., 534 n., 535, 536 n., 

541 n., 545 n., 547 n., 550, 554 n., 

558 n., 591, 592, 593, 594; 


d. accidentalis 528 n.; 


secundum divisionem 381, 499, 

523 n., 529 n., 537 n., 538 n., 542; 


v. fallacia, locutio, modus, oratio, 

paralogismus, propositio, sensus, 

sophisma, Suatpeous 


Divisive 253, 561; v. accipere, stare, 

tenere, verificare 


Divisus 499; v. conditionalis, minor, 

modalis, oratio, prolatio, proposi- 

tio, sensus, sermo, terminus 


Duplicitas sophistica 75 



Elenchus, v. ignorantia 

Enthymema, def. 401 n.; inoltre 

400 n., 401 n. 



Indice dei termini latini 



Enuntiabile 125-129, 130 n., 154, 

522 n., 551 n.; 


enuntiabilia insolubilia 126 n.; 


v. interrogabile, nomen, praedicamen- 

tum, subiectum, verbum 


Enuntiare 49 n., 126, 133 n., 330 


Enuntiatio 18, 49 n., 55 n., 73, 125, 

126, 229 n., 230 n., 330, 341 n., 

352 n., 354, 499 n., 505; 


e. simplex-composita (hypothetica) 

505 n.; 


enuntiationes simpliciter 351, 352 n.; 


e. de inesse 345 n.; 


v. modus, pars, verbum, vis, 

ambpavare, Mdyoc 


Esse: -e. actuale 177 n., 178 n.; 


e. commune 177 n.; 


e, intelligibile 178 n.; 


e. potentiale 178 n.; 


‘est’ secundum adiacens 198, 199, 

203, 213, 237; 


‘est’ tertium adiacens 198, 199, 200, 

203, 204 n., 205 n., 213, 503 n.; 


v. appellare, modus, ponere, praedi- 

camentum, praedicare, significare, 

subiectum, verbum 


Exceptiva (prop.) 373 n., 423 n, 

432 n., 479, 480 n.; v. propositio 


Exceptivus 553 n.; v. dictio, signum, 

terminus 


Excludere 454 n. 


Exclusio 297 n., 435 n.; v. nota 


Exclusiva (prop.) 373 n., 432 #., 

479 n., 480 n., 481; v. propositio 


Exclusivus 553 n.; v. dictio, signum, 

terminus 


Exemplum 400 n., 401 n. 


Existentia, v. causa 


Expletivus, v. coniunctio, propositio 


Explicare 402 n.; v. propositio 



651 



Explicatio 590 


Exponens (exponentes) 192 n. 

250 n., 259, 275 n., 287 n., 292 n., 

369, 409, 418-422, 424 n., 428, 

430, 432, 433, 473 n., 475, 478, 

479 n., 480 n., 481, 552 n. 


Exponere 84 n., 113 n., 179 n, 

180 n., 186 n., 259, 270 n, 

286 n., 287 n., 340 n., 342 n, 

343, 402 n., 403 n., 407 n., 409 n., 

410 n., 412, 413, 414 n., 415, 

419 n., 422, 423 n., 425 n., 426 n., 

428 n., 429, 430, 433, 435, 437, 

462, 464 n., 475 n., 476 n., 479 n- 

481 n., 541 n., 546 n., 553 n. 

582 n.; 


e. disiunctim 479 n.; 


e. de re, de sensu 340; 


v. antecedens, probare, propositio 


Exponibile, v. exponibilis 


Exponibilis 255 n., 330 n., 383, 

402 n., 420 n., 574 (v. modus, 

propositio, terminus); 


exponibile 19, 40, 402 n., 432 


Exponibiliter, v. capere, probare, 

stare, tenere, terminus 


Exposita (prop.) 421, 428, 432 n., 

440 n., 480 n.; v. propositio 


Expositio, def. 414; inoltre 39, 63 n., 

185 n., 198 n., 259, 266 n., 273, 

276, 287, 409 n., 410, 412, 413, 

415, 416, 418, 419, 421, 423, 425, 

426, 427, 428, 429433, 434, 

438 n., 440, 456, 467, 477 n, 

478, 480, 482, 483, 486, 487, 

541 n., 542 n., 546, 564, 590, 

594 n.; 


e. propria, impropria 422; 


e. de re, de dicto 343; 


v. syllogismus, &xdeowe 


Expositive, v. probare 



652 



Expositor 65 n., 413 #. 


Expositorie, v. probare 


Expositorius 442; ». syllogismus 


Expositum 407 n., 432, 433; v. pro- 

positio 


Extrapraedicamentale 126 n. 


Extremitas maior, minor 614; 


e. propositionis 393 n.; 


v. extremum 


Extremum 227 n., 496, 502 n, 

538 n., 556, 559; 


e. propositionis 187 n., 355 n.; 


e. propositionis categoricae 227 n.; 


v. descensus, extremitas, propositio 



Fallacia, def. 527; inoltre 39, 72 n., 

507, 508, 516, 517 n., 525 n., 

529 n., 531 n., 538 n., 543 n; 


. accidentis 439 n., 572 n.; 


. aequivocationis 454 n.; 


. secundum aequivocationem 511 n.; 


. compositionis, def. 515 n.; inoltre 

507, 508 n., 514 n., 525 n., 534 n.; 


f. secundum compositionem, def. 

529 n.; 


f. consequentis 472, 473, 474 n, 

476 n., 477 n., 49 n., 495 n.; 


f. divisionis, def. 515 n.; inoltre 507, 

508 n., 525 n., 534 n.; 


f. secundum divisionem, def. 529 n.; 


f. figurae dictionis 550, 572 n. (v. 

figura); 


f. secundum univocationem 511 n.; 

f. secundum diversam partem (rela 

tum, tempus, modum) 511 n.; 

f. secundum plures interrogationes ut 


unam 517 n.; 


v. modus 

Fallere 508 #. 

Falsificare 486, 490 n. 



neh 



Indice dei termini latini 



Falsitas 476 n., 486, 499 n., 503 n., 

504 n., 524, 589 n., 596 n., 597 n.; 


f. contracta 353 n.; 


f. contracta fallibilis, infallibilis 

353 n; 


f. simpliciter 353 n.; 


v. causa, improbare, notitia 


Falsum 338 n., 339 n.; 


f-verum 345 n., 346 n.; 


f-verum = accidentia propositionis 

345 n.; 


v. modalis 


Figmenta animi 79, 80, 419 


Figura 43 #., 72 n., 450, 502 n. 

(». appellatio); 


f. simplex, composita, decomposita 

502 n.; 


f. (syll.) 396 n., 439 n., 443 n,, 

449 n.; 


f. prima 437 n., 439 n., 442 n, 

443 n., 613, 621; 


£. secunda 439 n., 442 n., 443 n, 

449 n.; 


f. tertia 437, 438 n., 442 n., 443 n, 

449 n. (v. dispositio); 


f. dictionis, def. 72 n., 78; inoltre 

72, 78 n., 146 n.,, 152, 208 n,, 



414 n., 516, 526, 549, 572 (v.° 



fallacia) 

Forma 15 n., 42, 59, 71 n., 81 n, 

82, 88 n., 92 n., 98, 103, 104 n, 

106 n., 109 n., 110 n., 149 x, 

158, 163 n., 165 n., 170, 171 n, 

199, 284 n., 493 n., 506 n., 535 n.; 

quo est 81; 

" stauendì 558 n., 591; 

. compositionis 396 ds: 

£ dictionis 528 n.; 

f. accidentalis dictionis=significatum 

eius? 485; 

f. loquendi 350; 



mmm 



Indice dei termini latini 



. praedicati 103 n., 457 n.; 


. propositionis 418, 425 n.; 


. resolutionis 396 n.; 


. subiecti 457 n.; 


. termini 106, 137; 


. vocis 522 n., 531; 


. sive ratio a qua imponitur (no- 

men) 54 n.; 


materia formata a forma 64 n.; 


de forma 440 n.; 


ratione formae 163 n.; 


sub propria forma 98, 360 n.; 


v. accidens, appellare, appellatio, de- 

finitio, nomen, praedicare, praedi- 

catum, significare, sumere, termi- 

nus, valere, vox 


Formale 42 n.; 


f. propositionis 41 n., 42; 


f. in propositione 319; 


formalia syllogismi 396 7. 


Formalis, v. compositio, consequen- 

tia, formale, logica, principium, 

significatio, significatum, suppositio 


Fundamentum 199, 200, 203 n., 204, 

206; v. subiectum 


Futuritio 177 n. 



Ph Ph ihr i 



Genitivus 536 n. 


Gerundius 567 n., 575 n. 


Glossatores 413 n. 


Gradus, v. comparativus, positivus, 

superlativus 


Grammatica, v. officium 



Habitualis, v. suppositio, suppositum 


Habitudo 100 n., 101 w., 258, 454 n., 

460 n.; 


h. terminorum 379, 395 n., 420; 


v. necessitas, probatio 


Habitus, v. copulatio, modus, sup- 



positio 



653 



Hoc aliquid 51, 72 n., 450; 


hoc aliquid-quale aliquid 72 n.; 


v. appellare, significare, còSE cu 


Hypothetica 304 n., 355 n., 378, 

421 n., 496 n., 517, 520, 538 n.; 



h. copulata 518; 

v. dictum, propositio 



Identitas, v. relativum 


Ignorantia elenchi 509, 525 


Illativus, v. terminus 


Immediatum, v. immediatus 


Immediatus, v. propositio, syllogi- 

smus, terminus; 


immediatum 397 n., 450 


Immobilis 240; v. confusio, copu- 

latio, suppositio 


Immobilitare 242, 243, 249, 257 n., 

258, 266, 276 n., 278 n., 284 n.,, 

286 n., 295 (v. vi: 


i. = impedire descensum 304; 


i. confundendo 596 


Immobilitatio 595 n. 


Immobilitare 242, 243, 249, 257 n., 

266, 276, 278 n., 286 n., 295 


Immobiliter, v. confundere, stare, 

supponere, vis 


Impertinens 550 n., 571, 591, 603, 

610; v. terminus 


Impertinentia 518 n. 


Implicare 420; v. officium 


Implicatio 45, 159, 486 


Implicativus, v. relatio 


Implicitus 420, 434 n.; v. categorica, 

negatio, propositio, terminus 


Imponere 54 n., 60, 71, 83 n., 96 n., 

108 n., 140 n., 214 n.,, 218 n. 

261 n., 321; 


i. nomen 82, 93 n.; 


i. ad significandum 260; 


v. forma, intentio, nomen 



654 



Impositio 46, 70, 83, 92, 93, 96, 

108, 114, 140 n., 181, 195, 286 n., 

490 n.; 


i. primaria 476 n.; 


i. vocis 93 n.; 


secundum impositionem 490 n.; 


v. copulatio, intentio, nomen 


Impositor 70 n., 82, 289 n. 


Impossibile 328, 331, 333 n., 439 n.; 


v. modalis, propositio, &SUvatov 


Impossibilitas 353 n. 


Improbabile 400 


Improbare 400, 437 n., 449 n, 

457 n.; 


i. = ostendete falsitatem propositio- 

nis 401 


Improbatio 186 n. 


Inceptio 416 


Incipere 290, 303 n., 478 n., 479; 


i. et desinere (incipit et desinit) 

242, 259, 277, 287, 292, 303, 

416, 419, 421, 422, 424, 426, 427, 

429, 431, 432 n., 441, 442 n., 478, 

479 n., 480 n., 481, 482, 486, 487, 

578, 596 (v. propositio) 


Incomplexum, v. incomplexus 


Incomplexus, v. terminus, vox; 


incomplexum 227 n., 468-471, 577; 


i. significativum complexi 469 (v. 

complexus) 


Incompositum 506 n. 


Incongruus 45; v. propositio 


Inconveniens, v. deducere 


Indefinita (prop.) 356 n. 401, 

439, 442 n., 449 n.; v. propositio 


Indistinctio, def. 75; inoltre 74, 75 n. 


Individuum 94 7., 101 n., 133 n,, 

221 n., 246 n.; v. appellare, nomi- 

nare 


Inducere 444 n.; 


i. formaliter 429 n. 



Indice dei termini latini 



Inductio, def. 401 n.; inoltre 239, 

274 n., 275, 400 n., 401 n., 429, 

444 n., 485, 493; v. argumentum, 

probare 


Inductive, v. probare 


Inesse, v. categorica, oratio, propo- 

sitio 


Inferentia 231 n., 420 


Inferior 103, 185, 220, 224, 236, 

246, 406, 438, 441, 442 n., 597 n.; 


i. quidditative-essentialiter 184; 


v. inferius, pronomen, terminus 


Inferius 90, 102 n., 103 n., 121 n., 

174 n., 220 n., 233 n., 274 n,, 

286 n., 406, 407 n., 409, 410 n., 

436, 437, 442 n., 443 n., 506 n., 

546 n.; v. appellatio, descensus, 

probatio 


Inferre 399, 401 n., 428, 521; 


i. divisim 537 n.j 


i. fallaciter 520; 


i. formaliter 273 n., 275 n., 442 n;; 


i. resolutorie 444 n. 


Infinitare 320; v. negatio 


Infinitive, v. tenere 


Infinitivus, v. compositio, modus, 

oratio, terminus, verbum 


Infinitus, v. modus, nomen, oratio, 

terminus, verbum 


Inflexio casualis 82 7. 


Inhaerere 335, 502 n.; v. modus 


Inhaerentia 335 n., 504; 


i. modificata subiecti cum praedi- 

cato 336; 


. praedicati ad subiectum 377; 


. praedicati cum subiecto 346; 


. verbi 338; 


. determinare, determinatio, nota, 


propositio 


Inopinabile 400 


Insolubile 20, 40, 453 7. 



eee 



Indice dei termini latini 



Insolubilis, v. enuntiabile, notitia 


Instituere 93 n.; 


i. voces ad appellandum 93 n.; 


v. placitum 


Institutio 70, 93, 134 n., 221; 


i. voluntaria 70, 221 n.; 


i. ad placitum 104; 


i. vocum non ad significandum sed 

tantum ad appellandum 93 n.; 


causa institutionis vocum 93 n. 


Intellectus 514, 516 n., 517; 


i. compositus 504 7.; 


i. congruus 403 n.; 


in intellectibus 514; 


secundum intellectuam 252, 513, 

514 n.; 


v. compositio, congruitas, nomen, 

notus, significatio 


Intelligere: -i. primarie, secundarie 

69 n.; 


i. coniunctim 515 n.; 


i. divisim 515 n., 521; 


terminus posterius intelligi 403 n.; 


v. modus 


Intelligibile, v. esse, significare 


Intensissimum et remississimum 427 


Intensio 542 n.; v. intentio 


Intentio 22, 145 n., 218 n., 226, 

289, 394 n.; 


. = mana 394 n.; 


. animae 221 n.; 


. imponentis 70; 


. et remissio 416 n.; 


v. intensio, passio, terminus 


Interiectio 48 n., 50 n, 227 n. 


Intermediare 552 n.; v. interponere, 

mediare 


Interponere 348 n., 352, 517; v. 

intermediare, mediare 


Interrogabile 128 n., 129 n. 


Introductores 413 n. 



655 



Inventio 395 n.; 


causa inventionis nominum 82; 


via inventionis 396 n. 


Inventor 70 


Iudicare 396 n., 452 n.; 


i. de veritate propositionis 460 n.; 


v. ars, scientia 


Tudicium 395 n., 434 n., 579 n, 

583 n. 


Tungere 515 n. 



La, ». li 


Le, v. li 


Lectio 413 


Li 296, 297; v. signum (s. materia- 

litatis) 


Limitare 191 n., 192 n.; 


i. ad officium 402 n. 


Limitatio 191 x. 


Locus sophisticus 452 n. 


Locutio 435 n., 524, 537 n., 593 n.; 


|. congrua 435 n.; 


1. multiplex 538 #.; 


1 multiplex secundum compositio- 

nem et divisionem, o in sensu 

composito, in sensu diviso 361; 


secundum locutionem o dictionem 

507; 


v. subiectum, MÉ1< 


Logica: -1.=scientia differendi 

395 n; -l=scientia rationis 

396 n.; inoltre 42 n., 218 n., 221, 

396 n. (v. ars); 


1. antiqua 18, 28, 38; 


1. formalis 42, 43; 


1. moderna 18, 38; 


1. naturalis 42; 


1. nova 18; 


1. vetus 18; 


1. fidei 42; 


1. modernorum 18, 22, 25, 28, 44 



656 



Logicus 403 n., 502 n., 575 n, 

594 n.; v. ars 


Loqui: -l communiter 334; 


1. improprie 268; 


1. proprie 268, 454 n.; 


stricte loquendo 359 n; 


v. forma, modus, usus 



Ly, v. 



Maior (praemissa) 442 n., 444 n., 

450, 613, 621 


Manerialis, v. appellatio 


Maneries 77, 83 


Materia: -m. termini 106; 


m. vocis 59 n., 531; 


ratione materiae 163 n.; 


v. forma, vox 


Materialitas, v. signum 


.Materialis, v. appellatio, compositio, 

consequentia, significatum, suppo- 

sitio 


Materialiter 227 n., 390, 504; 

v. stare, sumere, supponere 


Maximae (prop.) 398, 468 n. 


Maximum-minimum 426, 427, 431 


Mediare 369, 371, 549 n., 552 n., 

553, 555 n., 556, 557 n., 559, 

574, 576, 581, 602, 610, 619; 

v. intermediare, interponere 


Mediatum, v. mediatus 


Mediatus, v. propositio, syllogismus, 

terminus; 


mediatum 450 


Medium, def. 237; inoltre 234, 236, 

237, 273, 299, 301 n., 397 n, 

400, 406, 407 n., 429 n., 437, 

438 n., 447, 450; v. copulatim, 

disiunctim 


Medius, v. terminus 


Mentalis, v. conceptus, praecedere, 

propositio, terminus 



Indice dei termini latini 



Minimum, v. maximum 


Minor (praemisa) 442 n., 444 n., 

450, 613, 621; 


m. composita-divisa, de re-de dicto 

536 n. 


Mobilis 234 n., 240; ». confusio, 

suppositio, terminus 


Mobilitare 242, 249, 257 n., 258, 

266, 276, 278 n., 286 n., 295, 

575 n.; v. vis 


Mobilitas 232, 234, 240, 242 


Mobilitatio 596 n. 


Mobilitatum 242, 249, 257 n., 258, 

259, 266, 276 n., 278 n., 284 n, 

286 n., 295 


Mobiliter, v. confundere, stare, sup- 

ponere, vis 


Modalis 330, 349 (v. determinatio, 

dictio, signum, terminus, verbum); 


m. (prop.) 339 n., 342 n., 343 n, 

344 n., 345 n., 346, 351, 352 n., 

354 n., 355 n., 359, 363 n., 364 n., 

365, 372 n., 373 n., 381 n., 386, 

403 n. (v. modus, oratio, propo- 

sitio, quantitas); 


m. modo adverbiali, verbali, nomi 

nali 359; 


modales improprie dictae, proprie 

dictae 389; 


m. absoluta 375, 376, 380; 


modales compositae 364; 


m. divisa 366; 


m. cum conditione 375, 376; 


m. de dicto 150, 342 n., 352, 380, 

537 n.; 


m. de re 340, 341, 342 n., 352, 357, 

380, 512, 537 n.; 


m. de sensu 340, 342 n., 512; 


m. de sensu composito, de sensu di- 

viso 388; 


m. de possibili et impossibili, de 



Indice dei termini latini 



necessario et contingenti, vero et 

falso 362 n.; 


m. in sensu 338 n.; 


m. in sensu composito 356 n.; 


m. in sensu diviso 361; 


m. quantum ad constructionem 

338 n.; 


m. secundum divisionem 361; 


m. secundum sensum 340; 


m. sine aliqua conditione-secundum 

conditionem 380; 


m. affirmativa est a compositione 

modi, negativa a negatione modi 

352 n.; 


dicimus qualibet modali tantum de 

dicto agi 344; 


m. nominalis est singularis 352 n. 


Modaliter, v. capere, probare, su- 

mere, tenere 


Modernus, v. logica 


Modificare 369 n., 370; 


Moduli 329 n.; v. modus 


Modus, def. 213 n., 329 n., 333, 

335, 386, 390; -m. = determinatio 

334; -m. = determinatio adverbia- 

lis 334; -m. = determinatio com- 

positionis 361; -m. = determinatio 

copulae 355 n.; -m. = determinatio 

praedicati 350; -m. = determinatio 

verbi 333; -modi=differentiae 

entium, differentiae propositionum 

363, 364, 382; -m.= dispositio 

334; -m. = dispositio compositio- 

nis, praedicati, subiecti 361 n.; 

-m. = medius habitus terminorum 

337; -m. = pars praedicati, subiecti 

361 n.; -m. idest qualitas 334; 

-m. = qualitas praedicati 333; 

-m. = terminus determinativus 

connexi 371 n.; -m. proprie sump- 

tus, improprie sumptus 387, 388; 



657 



-modi sunt sex 352 n., 385 ss.; 

-modi sunt innumeri 358 n.; inoltre 

43 n., 110 n., 151, 213 n., 328, 

329-333, 334, 335, 336, 337 n., 

338 n., 343, 345 n., 346, 347, 348, 

351, 352 n-354 n., 355, 356 n., 

357, 360 n., 361, 363, 365 n, 

366 n., 367, 371, 373 n., 377, 

378, 381 n., 386, 387, 390, 391, 

396 n., 403 n., 437 n., 442 n,, 

450, 463 n., 502 n., 504, 518, 519, 

521 n., 522 n., 523 n., 533 n- 

539 n, 545 n-548 n. 549, 

553 n., 554 n., 555, 556, 557 n., 

558 n., 567, 570 n., 572 n., 573 n., 

576, 579 n., 580, 581, 582, 586 n., 

589 n., 593, 595 n., 596 n., 597, 

599 n., 613, 619; 


m. adverbialis 336, 338 n., 342 n., 


348 n., 352 n.354 n. 358 n, 


359 n., 555 n.; 


- casualis 338 n, 342 n.; 


. verbi casualis 49 ns 


. exponibilis 589 (v. exponibilis); 


. expressus 360; 


. infinitivus 339, 347 n., 354 n,, 


465, 549 n., 552 n., 557 n. 

(v. oratio); 


m. infinitus 553, 602, 610; 


m. magnus, m. parvus 333, 334; 


m. modalis 361; 


m. nominalis 336, 345 n., 348 n, 


352 n.-354 n., 534 n., 555 n.; 


. participialis 555 n.; 


. regulatus 437 n.; 


. resolutorius 395 n.; 


. verbalis 359 n., 555 n.; 


. accipiendi oppositionem 359 n.; 

. arguendi 177 n., 275 n., 329 n 


359, 441 n., 461 n., 528 n. 611, 


614, 619; 



BBBBB 



BBBBBB 



658 



argumentandi 401 n.; 


. cohaerendi 343; 


compositionis 345 n., 519; 


confusionis 260, 261 n.; 


. confusionis non  distributivae 


261 n.; 


specialis confusionis 262 n.; 


consequentis 329 n.; 


copulandi 208 n.; 


dicendi 533 n.; 


distribuendi specialis 259; 


specialis distributionis 416; 


. divisionis 519, 520, 534 n.; 


essendi 195 n.; 


. fallaciae 329 n., 454 n; 


. inhaerendi praedicatum cum su- 


biecto 335, 345 n.; 


m. intelligendi 142, 195 n., 503 n.; 


‘m. loquendi 79, 101 n., 476 n, 


490 n., 602; 


. communis loquendi 266 n.; 


. necessitatis 333 n.; 


nominandi 71; 


. opponendi 484 7.; 


. possibilitatis 347 n.; 


. praedicandi 105 x.; 


. probandi 329 n., 409 n., 444 n., 


445 n.; 


m. probandi efficacior, m. probandi 

facilior 410 n. ; 


m. probandi a posteriori 444 n., 

445 n.; 


m. probandi per captionem 445 n.; 


m. proferendi, def. 531; inoltre 

527 n., 532, 544; 


m. proferendi compositim vel divi- 

sim 531; 


m. proponendi 517 n.; 


m. propositionis 331 n.; 


m. propositionum modalium 362 n.; 


m. rei 212; 



BBBBB 



BBBBBBBBBS 



BBBBBBS 



Indice dei termini latini 



m. respondendi 484 n., 579 n.; 


m. scribendi 329 n.; 


m. significandi 80, 96, 142, 190 n., 

195 n., 196 n., 202 n., 329 n, 

348, 453 n., 501 n.-503 n., 531, 

532, 533 n., 544 (v. compositio, 

consignificatio); 


m. significandi dependenter 502; 


m. significandi essentialis generalis 

502 n.; 


m. significandi grammaticalis 531 n., 

532 n.; 


m. significandi logicalisi. 329  n., 

Salon 


m. significandi sive intelligendi 

502 n.; 


m. supponendi 208 n., 345 #.; 


m. suppositionis 108 n.; 


m. suppositionis non distributivae 


261 n.; 


. syllogizandi 442 n.; 


a parte rei, a parte nostra 353; 


. in sensu 338; 


. in sensu, in voce 339; 


quantum ad constructionem 338; 


. quantum. ad enuntiationem 

338 n.; 


m. quantum ad sensum 338; 


m. secundum sensum 338 n.; 


m. secundum compositionem, secun- 

dum divisionem 520, 533 n.; 


m. fieri cum distantia per modum 

generalis, per modum specialis 

201 s.; 


per modum disiunctionis 488 n.; 


habere modum in praedicato 333; 


ex patte modi 362 w.; 


v. dicere, distributivus, fallacia, mo- 

dalis, moduli, negatio, proferre, 

propositio, subiectus, suppositio, 

vis, tpéTtog 



BBBBBB 



Indice dei termini latini 



Multiplicitas 488 n., 532 n., 535 n., 

536 n.; 


m. actualis, def. 531 n.; 


m. potentialis, def. 527 n.; 


v. oratio 



Naturalis, v. suppositio 


Necessitas 353 n., 375, 379; 


n. absoluta 378, 379, 380; 


. conditionata 379, 380; 


. respectiva 378, 379; 


. simplex 379; 


temporalis 379; 


compositionis 501 n.; 


consequentiae 379, 380; 


. consequentis 379, 380; 


. habitudinis terminorum 501 n.; 


. totius vel alterius partis temporis 

379; 


n. ex suppositione 379; 


v. confundere, confusio, modus, no- 

men, nota, suppositio, tenere 


Necessarium, v. necessarius 


Necessarius, v. compositio, conditio- 

nalis, consequentia, propositio; 


necessarium 328; 


n. absolute, sub conditione 380 


(v. modalis, propositio, &vayxatov) 


Negare 255 n., 276, 298 n., 318, 

319, 321, 331 n., All n., 436 n, 

475 n., 486, 493 n., 504 n., 520, 

576 n., 612, 613-615, 621, 622; 


n. confuse distributive 276; 


n. confuse et distributive vel univer- 

saliter 321; 


v. adverbium, negatio 


Negatio 42 n., 160 n., 186 n., 197 n., 

203 n., 214 n., 224, 249, 251, 255 

n., 259 n., 265 n., 266 n., 270 n., 

271 n., 276, 283 n.286 n., 291 n., 

292 n., 295 n., 318-321, 330, 



BppPpDbpPbEDD 



659 



331 n., 332 n., 348, 354 n., 359 n., 

363 n., 400 n., 436 n., 437 n,, 

442 n., 454 n., 460 n., 473 n, 

475, 481 n., 486, 499 n., 501, 503, 

504 n., 539, 544 n., 546 n., 548 n., 

583; 


n. exercita 255 n., 318, 320; 


negationes implicitae 321; 


n. inclusa 270 n.; 


n. infinitans 258, 265 n., 320, 321, 

539; 


n. negans 258, 259 n., 270 n., 284 n., 

319, 321, 539, 540; 


n. praecedens 250 n., 362; 


n. simplex 347; 


n. modi 354 n.; 


v. modalis, particula, qualitas, termi- 

nus, virtus, vis, &Ttdgaote 


Negative, v. tenere 


Negativus, v. adverbium 


Nomen, def. 49 n., 50 n., 53; inoltre 

47, 48 n., 49 n., 50, 52 n., 53, 

54 n., 55 n., 56, 57, 58, 59, 60, 

61 n., 65, 69, 70, 76 n., 79, 80, 

81 n., 82 n., 83, 84 n., 89 n, 

92 n., 93 n., 95, 96 n., 97, 98, 

102 n., 103, 108 n., 129 n., 132 #.., 

141 n., 146 n., 148, 149, 150 n,, 

168, 171, 176 n., 187 n., 192 n, 

202 n., 203 n., 209 n,, 210 n, 

218 n., 222 n., 223 n., 225 n, 

227 n., 228 n., 244, 246 n., 262 n., 

270 n., 294 n., 320, 334, 337, 

346 n., 348 n., 352 n., 354 n, 

388, 389, 393 n., 395 n., 400 n, 

406 n., 416, 435 n., 443 n., 447 n., 

452 n., 462, 476 n., 488 n., 502 n, 

505 n., 516 n., 536 n., 537 n.; 


n. absolutum 65, 451 n.; 


n. accidentale 153; 



660 



n. adiectivum 80 n., 157, 207 n, 

208 n., 211, 212 n., 213, 334 

(v. adiectivum, qualitas); 


n. aequivocum 133 n., 485 (v. aequi- 

voca); 


n. appellativam 48, 49 n., 50 n. 

32; ST; 73; "TI; 78, 95; II; B 

99, 100 n., 102, 128 n., 147-149, 

150, 404; 


'. nomina articularia 86 n., 131 n., 155; 


commune 52 n., 97 n., 102, 133 n.; 


compositum 505 n.; 


connotativum, def. 65; 


generale 222 n.; 


impositum 65 n., 82 n.; 


infinitum 320, 435 n.; 


numerale 223 n.; 


obliquum 157; 


proprium 48, 49 n., 50 n., 72 n, 


84 n., 97 n., 98, 100 n., 127, 


128 n., 246 n., 314 n., 404, 438 n.; 


relativum 541 n.; 


n. significativuam et appellativum, 

significativum non appellativum, 

appellativum non significativum 

eh 


n. substantivum 59, 192 n., 207 n., 

208 n., 211, 212 #.; 


n. sumptum 59, 60, 209 n. (v. 

sumptum); 


n. syncategorematicum 228 n.; 


nomina synonyma 117 n.; 


n. verbale 49 n.; 


n. accidentis 208 n.; 


n. enuntiabilium 343 n., 382 n.; 


n. existentiae rei-non existentiae rei 


339 ni; 


. figmentorum 82 (v. figmenta) 


formae 59; 


. intellectus 339 x.; 


. necessitatis 331 n.; 



BPPDDBPPEP 





PEPD 



Indice dei termini latini 



. officii 451 n.; 


. orationis 339 n.; 


. possibilitatis 331 n.; 


praesentium vel existentium 95; 


propositionis 338 n.; 


rerum 218 n.; 


secundae impositionis 343 n., 382; 


. subiecti 208 n.; 


. substantiae 451 n.; 


nomina aptitudinem remotivam no- 

tantia 149 n.; 


nominis participatio 54; 


qualitas nominum 50 #.; 


nominis transfiguratio 54; 


dare nomina 82 n.; 


participare re, participare nomine 54; 


v. appellare, appellatio, inventio, offi- 

cium, quid, virtus, $voua 


Nominales 141 


Nominalis, v. definitio, determinatio, 

modus 


Nominaliter, v. adiectivum, capere, 

modus, quod, significare, sumere, 

tenere 


Nominare 60 n., 61, 62 n., 70, 71 n., 

79 n., 80, 82, 84, 85, 120 n, 

205 n., 225 n., 344, 394 n.; 


n. idest appellare substantiam 84 n., 

85 (v. appellare); 


n. substantiam 60, 79 n., 82 n.; 


n. individua 80, 81 n.; 


n. speciem 81 n. 


Nominatio 70, 71, 74-76, 80, 82, 83, 

84, 131 n., 201, 202 n.; 


ex similitudine nominationis 71 


Nominativus 347 n., 502; v. rectus 


Nota 185 n., 204 n., 206, 333, 394 n. 

(1. obpporov); 


n. conditionalis 277, 459; 


n. conditionis 42 n., 304 n.; 


n. cohaerentiae 457 n.; 



BHEPBEPPBED 



Indice dei termini latini 



n. coniunctionis 547 n., 550 n. 

594 n.; 


n. consequentiae 292 n.; 


n. copulationis 197 n., 447 n., 538 n., 


554 n.; 


. disiunctionis 447 n., 594; 


. diversitatis 223 n.; 


. exclusionis 299, 537 n.; 


. inhaerentiae 457 n.; 


. necessitatis 333 n.; 


. rationis 304; 


n. reduplicationis 481 n. 


Notior, v. notus 


Notitia: -n. insolubilis 595 n.; 


n. terminorum 410 x.; 


n. veritatis vel falsitatis 403 n. 


Notus, v. argumentum, probare, pro- 

positio, terminus; 


notior (notius) 397 n., 406 n.; 


notiora et priora apud nos, apud 

naturam 411 n.; 


n. per sensum vel intellectum 406 n. 


Numeralis, v. adverbium 



DIPDDODD 



Obligatio (obligationes) 20, 30, 

42 n.; 


casus obligationis 563; 


Obligatorius, v. verbum 


Obligatus 42 n. 


Obliquitas 347 n. 


Obliquus 86 n., 279, 287 n., 547 n.; 

v. determinatio, nomen, subiectum, 

verbum 


Obscuritas 259 n. 


Officiabilis, v. officialis 


Officiabiliter, v. officialiter 


Officiale, v. officialis 


Officialis 226 n., 451 (v. dictio, pro- 

batio, significatum); 


o. (prop.) 456 n. (v. propositio); 



661 



o. (terminus) 451 n., 456 #., 468 n. 

(v. terminus); 


officiale 402 n., 454 n. 


Officialiter 451, 467; v. probare, pro- 

batio, propositio, stare, sumere 

Officians (officiantes) 440  #., 


461 n., 469, 557 n.; v. propositio 


Officiare 372 n., 461, 462, 464 n., 

469, 552 n., 557 n. 


Officiata (prop.) 440 n., 456 n, 

461 n., 469; v. officiatum, pro- 

positio 


Officiatio 410, 456, 480, 482, 483 


Officiatum 440 n.; v. officiata 


Officium 226, 402 n., 451, 452, 

453 n., 454 n., 460; 


. artis 452 n.; 


. copulae 204; 


. copulandi 204; 


. copulationis 204; 


. demonstrandi 454 n.; 


. dialecticae 452 n.; 


. dictionis 453 n.; 


. docendi 452 n.; 


. doctoris 451 n.; 


grammaticae 452 n.; 


. implicandi 453 n.; 


. mentis 277, 459; 


. nominis 132 n.; 


praepositionis 454 n.; 


referendi 453 n.; 


substantivi verbi 205 n.; 


. vocis 453 n.; 


. limitare, nomen 


Opponens 452 n. 


Opponere 411 n.; v. modus, oppo- 

nens 


Oppositio 345 n. (v. modus); 


o. contradictionis 331 


Oppositum 411 n., 483 n., 54i n, 

614, 621; 



soo0900L9ILLI.L LIO 



662 



o. antecedentis, consequentis 436; 

o. propositionis 477; 


v. probare, probatio, propositio 

Oratio 18, 94 n., 126, 127, 129 n., 

136, 200 n., 203 n., 218 n., 225 n.., 

227 n., 284 n., 288 n., 29 n. 

318, 319, 344, 369 n., 376, 393 n., 

417, 452 n., 505, 514, 515 n., 

521, 522 n., 523 n., 528 n.,531 n., 

532, 533 n--536 n., 537 n., 538 n., 

539 n., 544 n.; 


o. composita, def. 528; inoltre 285, 

505 n., 508 n., 515 n., 517, 527 n., 

531 n., 533 n., 536 n., 537 n, 

538 n.; 


o. composita ex syncategoremate et 

termino communi 283 n.; 


o. coniunctiva 581; 


o. definitiva vel descriptiva 467 n.; 


o. divisa, def. 528; inoltre 508 n., 

527 n., 531 n., 533 n., 536 n- 

538 n.; 


o. infinita 467; 


o. infinitiva 356, 462-464, 555 n. 

581; 


o. modalis, de inesse 354 n.; 


o. multiplex ex compositione et di- 

visione 529 n.; 


o. multiplex secundum actualem 

multiplicitatem et ’potentialem 

532 n.; 


o. simplex 505 n.; 


o. sophistica 516 n.; 


o. subiecta (=dictum) 341 n.; 


o. infinitivi modi 363 n.; 


o. de re, de dicto 534 n.; 


v. discontinuitas, nomen, pars, si- 

gnum, syncategorema, terminus, 

bros 


Orator 398 n. 


Ordinare 211 n., 361 



Indice dei termini latini 



Ordinatio 452 

Ordo, v. probare 



Paralogismus 515 n., 519 n., 525 n.,, 

533 n., 534 n., 537 n.; 


p. compositionis 533 n.; 


p. divisionis 533 #.; 


p. secundum compositionem 516 n.; 


p. secundum abundantiam et defec- 

tionem 515 n. 


Paralogizare 522 n., 537 n. 


Pars: -p. enuntiationum 393 n.; 


p. orationis 48 n., 49 n., 50 n., 211, 

225 n., 226 n., 287, 289, 446 n., 

447 n., 506 n., 521 n., 523 n.,, 

533 n.3 


p. propositionis 393 7.; 


v. copula, modus, praedicatum, subi- 

cere, subiectum, supponere, suppo- 

situm, vox 


Participialis, v. modus 


Participium 48 n., 49 n., 90 n, 

107 n., 108 n., 115, 116, 119, 

147 n., 148 n., 153 n., 154 n, 

165 n., 171 n., 203 n., 260 n.,, 

284 n., 288 n., 291 n., 443 n., 

446 n., 462, 500, 534 n., 535 n., 

536 n., 537 n.; 


p. = participiale verbum vel casuale 

49 n.; 


verba casualia id est participia 

93 n; 


p. adiectivum 117 n.; 


p. ampliativum 599 n. 


Particula: -p. negativa 331 n.; 


p. negationis 331 n. 


Particularis (prop.) 356 n., 362, 

363 n., 373 n., 401, 412 n, 

439, 444, 449 n., 476 n., 613; 

v. propositio, signum 


Parva logicalia 18, 44 



Indice dei termini latini 



Passio animae 394 n., 503 n; 

v. intentio 


Pertinens, v. sensus 


Peiorem (regola del) 327 


Perfectio 528 n. 


Personaliter, v. copulare 


Personalis, v. adverbium, appellatio, 

copulatio, suppositio 


Persuasibile 402 n.; v. probabile 


Placitum: -ad placitum 106 n. 

476 n.; 


ad placitum instituentis 63 n.; 


ex placito instituentium 221 n.; 


secundum placitum 141 n.; 


v. institutio, significare, vox 


Ponere in esse 366 w., 565 n., 566 n., 

574, 582 n., 584; v. praedicamen- 

tum 


Positivus gradus 276 n. 


Possibile 328, 331, 333 n.; v. mo- 

dalis, propositio, Suvatév 


Possibilitas 331 n., 353 n; v. modus, 

nomen, privatio 


Posterius, v. intelligere, prius 


Postponere 523 n., 579 n. 


Potentiale, v. esse 


Potestas, v. confundere 


Praecedere 369, 546 n., 559, 561 #., 

571, 575, 576 n., ST7 n., 581 n. 

(v. negatio); 


p. simpliciter 555 n., 556; 


p. totaliter 370 n., 371 n., 372, 

545 n., 547 n., 549 n., 551 n,, 

552 n., 553, 556 n., 573, 581, 

602, 603, 610, 618; 


p. vocaliter 403 n.; 


non p. in voce vel in scripto, sed 


. in significatione 463 n.; 


Praedicabile, v. praedicabilis 


Praedicabilis: -res p. 211; 


praedicabile 125 n., 126 n., 132 n.; 



663 



v. probatio,: terminus 


Praedicamentum 105 n., 201 n. 

202 n., 260 n., 414 n.; 


p. enuntiabilium 126 n.; 


esse in praedicamento 52 n.; 


esse de praedicamento substantiae 

111 n; 


esse in praedicamento qualitatis 52 n., 

66 n.; 


esse in praedicamento quantitatis 

66 n.; 


esse in praedicamento  relationis 

501 n.; 


esse in praedicamento substantiae 

52 n., 66 n; 


in praedicamento ponere 60; 


v. copulatum, extrapraedicamentale, 

significare, xxtnyopla 


Praedicare 52 n., 55 n., 57, 60, 61 n., 


92 n., 98, 102 n., 103, 104, 109 n., 


156, 176 n., 203 n.205 n., 206, 


219 n., 228 n., 230, 241 n., 246 n., 


346, 347 n., 348 n., 351, 352 n., 


356 n., 360, 361, 414 n., 442 n, 


448 n., 456, 520, 539 n.; 


absolute 375; 


accidentaliter 204 n.; 


collective, distributive 522 n.; 


coniunctim, divisim 519; 


de subiecto 57, 61 n.; 


‘esse’ confuse, determinate 210 n.; 


in adiacentia 61 n., 204; 


in essentia 61 n.; 


principaliter, per accidens 204 n.; 


secundum adiacentiam 61 n.; 


p. solam formam 92 n.; 


p. tertium adiacens 213 n., 230; 


v. appellare, modus, praedicatum, 

subicere 


Praedicatio 486, 503 n. (v. vis); 



vp poso pd 



664 



p. denominativa, univoca, aequivoca 

65 n.; 


p. directa 442 n.; 


p. per  accidens atque impropria 

204 n.; 


p. secundum accidens 57 


Praedicativum, v. praedicativus 


Praedicativus, v. propositio; 


praedicativum 230 n. 


Praedicatum 66 n., 68 w., 91, 92 n, 

95 n. 99, 100 n., 101 #., 102 n., 

103, 105, 106 n., 107, 116 n, 

126 n., 130 n., 134 n., 140 n,, 

144, 149 n., 160 n., 167 n., 169, 

173 n., 175 n., 185 n., 186 n., 

203 n-205 n., 210 n., 212 n, 

213 n., 214, 215 n,, 218 n, 

227 n., 228 n., 229 n., 230, 233 

n., 245, 247, 249 n., 255 n., 265 

n., 266 n., 267 n., 268 n., 270 n., 

272, 274 n., 278 n., 279 n., 283 

n., 284 n., 285 n., 291 n., 292 n,, 

303 n., 319, 321, 334, 335, 340, 

343 n., 347 n., 351, 355 n., 360, 

361 n., 364 n., 366 n., 371 n, 

377, 379, 380, 381 n., 382 n, 

393 n., 405 n., 425 n., 430, 444 

n., 448 n., 453 n., 475 n., 501 n,, 

503 n., 504 n., 524 n., 534 n., 

537 n., 539 n., 557 n., 563 n, 

569, 578, 582 n., 588, 590, 613, 

620, 621; 


p. ampliativum 107; 


p. appellat suam formam, def. 115; 

inoltre 98, 100, 101, 103, 104 n., 

109 n., 110 n. (v. appellare); 


p. simplex 548; 


p. sub propria forma  praedicare 

101 n.; 


a parte praedicati 83, 95 n., 106, 

107, 166 n., 228, 229 n., 230 n, 



lndice dei termini latini 



256 n., 266, 278 n., 279, 284 n., 

344, 355, 356 n., 370, 442 n.,, 

524, 541 n., 547, 549, 550 n., 551, 

553 n., 556, 568 n., 572, 577, 

585; 


ex parte praedicati 84 n., 90 n., 91, 

155; 


talia sunt subiecta qualia permittun- 

tur ab eorum praedicata 68 n.; 


v. appositio, appositus, cohaerentia, 

continuitas, determinare, determi. 

natio, extremitas, extremum, for- 

ma, inhaerentia, modus, proposi- 

tio, qualitas, subiectum, terminus 


Praedicatus 151 x., 343, 517; v. dic- 

tio, modus 


Praeiacens, def. 425 n.; inoltre 421 

n., 423, 425 


Praemissa 42 n., 43 n., 186 n., 435 

n., 439, 457, 485, 602, 611; 


praemissae mere singulares 442 n.; 


v. maior, minor, tpotaotg 


Praeponere 523 n., 533 n., 557 n. 


Praepositio 48 n., 227 n., 453 n., 

454 n.; v. officium 


Praeteritio 177 n. 


Primum-ultimum 427 


Principium materiale-formale 395 n. 


Prius-posterius 395 n.; v. notus, pro- 

bare, probatio 


Privatio 331, 416; 


p. possibilitatis 331 n. 


Privativus, v. terminus 


Probabile, v. probabilis 


Probabilis 586 (v. argumentum, pro- 

positio, terminus); 


probabile 177 n., 398, 399, 400 n., 

402 n., 463, 482, 558 n. (v. cer- 

tificabile, declarabile, disputare, 

improbabile, persuasibile, #vSotov) 


Probabilitas 398 n. 



Indice dei termini latini 



Probare 229 n., 273 n., 276, 290, 

295 n., 370 n., 399, 400-402, 403 

n., 404, 405 n., 407 n., 409, 410, 

411, 412 n., 425 n., 429, 432 n., 

437, 440, 443, 444 n., 445, 

446 n., 447 n., 448, 449 n., 450 

n., 452 n., 457 n., 458-460, 470 n., 

473, 478 n., 485, 493, 494 n., 

508 n., 551, 552 n., 553 n., 565 

n., 571, 577, 578, 579 n., 586, 

587, 595, 604, 605, 611-614, 616, 

617, 618, 619, 620, 621, 622; 


p.=ostendere veritatem propositionis 

401; 


probari vel verificari 560 n. (v. ve- 

rificare); 


p. quadrupliciter: a priori, a poste 


riori, ex opposito et ab aequo 


409; 


. quadrupliciter: a priori, a poste- 


riori, aeque, indirecte 412 n.; 


p. ab aeque 412 n.; 


p. ab aequo 409; 


p. ex aequo 430; 


p. a posteriori 409, 410 n., 412 n., 

430, 444 n.; 


p. a posteriori inferiori 444 n.; 


a posteriori totaliter separato 


444 n.; 


. a priori 409, 410 n., 412 w., 430; 


. copulative 482; 


. descriptibiliter 482, 577; 


explicative 593; 


exponendo 464 n.; 


exponibiliter 482, 593; 


. expositive 593; 


. expositorie 410, 430; 


. indirecte 412 n.; 


. indirecte ex opposito 409; 


. ex opposito 410 n., 430; 


. per oppositum 553 n.; 



uo) 



vo vtvvvIvvdUvvv 



665 



p. inductive 493; 


p. inductive per sua singularia 

411 n; 


p. inductive per suas singulares 

410 n.; 


p. per inductionem 493; 


p. per singulares 482 n.; 


p. modaliter 368 7.; 


p. officialiter  (officiabiliter) 369, 

382, 383, 389 n., 464, 465, 482, 

559 n., 565 n., 577, 588 n., 593; 


p. resolubiliter 389 n., 447 n., 464, 

482; 


p. resolutorie 448, 450; 


p. resolvendo 464 n.; 


p. per causas veritatis 482 n.; 


p. per contradictorium 481 n., 482 

n; 


p. per convertibile magis notum 

409; 


p. per definitionem 409; 


ordo probandi 373 n.; 


v. exponere, describere, officiare, 

modus, propositio, resolvere 


Probatio 40, 44, 231, 232, 250, 273, 

275-277, 287, 371 n., 383 n., 397, 

398, 399, 400 n., 401-403, 404 n., 

406-412, 429 n., 430, 436, 438 n., 

439, 441, 444 n., 445-447, 448 n., 

449, 452, 455, 456, 457, 458, 

461, 463, 464-466, 468, 469, 472, 

476 n., 4TT, 478 n., 480, 482, 483, 

487, 489, 493, 494 n., 506, 543, 

553 n., 554, 556, 587, 589; 


p. vel inductio 275 n.; 


p. ab aeque 412 n.; 


p. ex aequo 430, 444; 


p. a destructione consequentis 485; 


p. a posteriori 411, 443, 444; 


p. a posteriori inferiori 444; 


p. a posteriori totaliter separato 444; 



666 



. a priori 411, 444; 


. descriptibilis 598; 


. disiunctive 483 n.; 


. indirecta 412 n., 444; 


indirecta ex opposito 412 n.; 


. officialis 590 n., 598; 


. officialiter 413 n., 494 n., 588; 


p. per causas veritatis 423 n., 471, 

472, 479, 481 n., 483 n;; 


Pp. per contradictorium 485, 487; 


p. per habitudinem praedicabilium 

412 n., 456; 


p. per inferiora 436; 


p. per singulares 429 n.; 


p. propositionis 20, 40, 44, 45, 234, 

271, 368, 373, 374, 393, 401, 403 

n., 409 n., 427, 543, 544, 554, 

557 n.; 


p. resolutorie 448; 


p. sufficiens 438 n.; 


v. descriptio, expositio, officiatio, 

resolutio, propositio, &méSewtrc 


Proferre 505 n., 528 n., 532 n.; 


p. continue, discontinue 167 n.; 


p. simpliciter, cum modo 330; 


v. modus, vox 


Prolatio 297 n., 527, 528 n., 530, 

531, 532; 


p. continua, discontinua 532 n.; 


p. continua et composita, disconti- 

nua et divisa 535 n.; 


una continua p.-plures  prolationes 

528 n. 


Proloquium 125 n. 


Pronomen 48 n., 49 n., 72 n., 90 n., 

104 n., 157, 165, 203 n., 289 n, 

405 n., 441 n., 443 n., 454 fia 

588; 


p. demonstrans 52 n., 99, 101 n., 

109 n., 110 n., 115, 132 n., 219 

n., 360, 366 n.; 



dv'Uvvvovu 



Indice dei termini latini 



p. demonstrativum 246 #., 274 n., 

289 n., 314 n., 363 n., 404, 438 

n., 441 n., 442 n., 448, 449 n, 

450 n., 453 n., 563 (v. demon- 

strativum); 


p. demonstrativum in singulari: nu- 

mero 404 n.; 


p. demonstrativum pluralis numeri 

406 n.; 


p. inferius 404; 


p. relativum 223 n., 434 n., 447 n, 

453 n. (v. relativum, antecedens, 

referens) 


Pronuntiare 331 n., 527, 528 n. 


Pronuntiatio, def. 527 n.; inoltre 

530 


Pronuntiatum 125 n. 


Propinquissimum-remotissimum 428 


Propositio, def. 490 n.; inoltre 52 n., 

55 n., 66 n., 68 n., 88 n., 98, 

100 n., 101 #., 102 n., 104, 105, 

106 n., 108 n., 109 n., 110 n, 

112 n., 113, 114 n., 115, 116, 

117, 124 n., 125, 127, 128 n, 

129 n.,, 130 n., 132 n., 134 n, 

144 n., 148 n., 150 n., 173, 176 n., 

179 n., 180 n., 185 n., 186 n, 

188 n., 189 n., 192 n., 196 N, 

197 n., 200 n., 202 n.,, 203 Ù; 

205 n., 210 n., 214, 218 n., 219 n, 

227 n., 230, 231 n., 241 n, 247, 

249, 250 n., 253 n., 255 n., 260 

n., 265 n., 267, 268 n., 269, 

270 n., 273 n., 274 n, 275, 

276 n., 279 n., 280 n., 283 n- 

285 n., 287 n., 288, 289 n., 290, 

292 n., 294 n., 296 n., 304, 319, 

321, 329 n., 330, 331 n., 332 n, 


339 n., 340, 341, 342 n., 345 n, 

347 n., 354, 355, 356 n., 359 n, 

360, 363 n-365 n., 366, 367 n., 



Indice dei termini latini 



368, 370 n., 371, 372, 373 n., 

376, 378, 381 n., 382, 389 n., 

390, 394 n., 395 n., 396, 397 n., 

398 n., 399 n., 400 n., 401, 402, 

403 n., 404, 405 n., 408 n., 409, 

410, 412 n., 414, 415, 416, 418, 

419 n., 420, 422 n., 424 n., 425 

n., 428, 429 n., 438, 439 n., 440 

n., 441 n., 443 n.446 n., 447 n., 

448, 455, 456 n., 457, 460, 461, 

462 n., 463, 464 n., 466, 470-472, 

473 n-477 n., 478 n., 480, 481 n., 

482, 485, 486, 490 n., 491 n., 

492, 494 n., 495 n., 497 n., 502, 

504, 505, 506 n., 511 n., 518, 

519 n., 520, 522 n., 533 n., 534 

n., 538 n., 539 n., 541 n., 545 n, 

546 n., 547 n., 548 n., 549 n, 

551 n., 552 n.,, 553, 556 n, 

558 n., 559 n., 560 n., 562 n., 

565 n., 566 n., 567, 571, 573 n, 

574 n., 575 n., 576, 577, 579 n, 

582 n., 583, 584, 585, 587, 589 n., 

590, 595 n., 597 n., 599 n., 602- 

605, 607, 609, 610-615, 617, 622; 


p. adversativa 330 n.; 


p. categorica 164 n., 181 n., 196 n., 

329 n., 355 n., 378, 381, 403 n., 

418, 423 n., 475 n., 538 n., 539 n. 

(v. categorica, extremum); 


p. categorica de copulato extremo 

278 n.; 


p. categorica de copulato subiecto 

vel praedicato 196 n.; 


p. categorica de disiuncto extremo 

260; 


p. categorica de disiuncto subiecto 

180 n., 186 n.; 


p. categoria: aliqua de inesse, aliqua 

de modo 378; 


p. comparativa 330 n.; 



667 



p. composita 329 n., 364 n., 366 n., 

380, 426 n., 446, 447 n., 505, 

534 n., 593, 596 n.; 


p. conditionalis 292 n., 329 n., 376- 

378, 381, 495 n., 498 n.; 


p. congrua 415 n.; 


p. contingens 335, 364 n.; 


p. contradictoria 356 n., 476 n.; 


p. copulativa 197 w., 236 n., 250 n., 

266 n., 267 n., 268, 275, 278 n., 

293 n., 366 n., 421 n., 423, 424 

n., 425 n., 426 n., 428 n., 434, 

464 n., 475 n., 481 n., 482, 485, 

492, 493 n., 495 n., 496 n., 498 

n., 570 n., 622 (v. acceptio, co- 

pulativa); 


p. aequivalens uni copulativae 250 



n; 


p. cum modo 331 #., 337; 


p. cum subiecto infinito 441 n.; 


p. demonstrativa 439, 481 n. (v. de- 

monstrativa); 


p. demonstrativa sive immediata 

407 n.; 


p. descendens 235, 238, 239; 


p. descensa 235, 237, 238, 239; 


p. descripta 470; 


p. descriptibilis, def. 469, 470 n. 

471; inoltre 440 n., 470; 


p. disiunctiva 236 n., 246 n., 260, 

267 n., 273 n., 423 n., 473 n, 

475 n., 481 n., 482, 486, 495 n., 

499 n., 538 n., 570 n. (v. disiune- 

tiva, descendere); 


p. divisa 179 n., 180 n., 366 n, 

380, 539 n., 593, 596 n.; 


p. exceptiva 264 n., 283 n., 403 n., 

418, 421 n., 423, 424 n., 425, 

427, 429, 431, 473 n., 478 n, 

480 n., 486 (v. exceptiva); 


p. exclusiva 248, 249 n., 267 n. 



668 



270 n., 280, 403 n., 418, 421 n., 


422, 425, 427, 429, 431, 473 n., 


478 n., 479 n., 486 n. (v. exclu- 

siva); 


. expletiva 330 #.; 


. explicanda 593; 


. exponenda 464 n.; 


. exponibilis, def. 414; inoltre 402 


n., 414, 416, 418, 420, 421, 440, 

472, 477 n., 479 n., 553 n., 569 

(v. exponibilis); 


p. exposita 418, 428, 440 n. (v. 

exposita, expositum); 


p. hypothetica 129 w., 186 n., 196 n., 

329 n., 418, 425 n., 495 n., 522 n, 

538 n., 539 n., 553 n; 


p. hypothetica copulativa-disiunctiva 

522 n.; 


p. hypothetica conditionalis-disiunc- 

ta 522 n.; 


p. hypothetica de disiuncto subiecto 

179 n., 180 n,; 


p. immediata 397 n., 406 n., 409, 

410 n., 438, 582 n.; 


p. immediata a posteriori 405 #n.; 


p. immediata a priori 405 n.; 


implicans 420; 


. implicita 420; 


. impossibilis 335, 382 n.; 


incongrua 415 n., 434 n., 465; 


indefinita 271 n., 272 n., 356 n., 


362, 363 n., 366 n., 441 n., 447 


n., 448 n., 449 n., 450 n., 496 n. 


(v. indefinita); 


p. mediata 402 n., 449 n., 482 n.; 


p. mentalis 373 n., 394 n.; 


p. modalis, def. 333, 351 n.; -p. 

modalis large, stricte, strictissime 

333 n.; -p. modalis large, stricte 

358; inoltre 44, 45, 173 n., 323, 

332, 334, 345 n., 346, 348 n., 



lie Mo Mao Mu] 



PPP 



Indice dei termini latini 



351, 353 n., 354, 355 n., 358 n., 

359 n., 362, 363 n., 373 n., 553 

n., 581 n., 594 n. (v. determi- 

natio, inhaerentia, modalis, mo- 

dus); 


p. modalis modo adverbiali, nomi- 

nali, verbali 359 n.; 


p. modalis composita 363 n., 365 n., 

366 n. (v. qualitas); 


p. modalis cum determinatione 375; 


p. modalis cum determinatione in- 

trasumpta 376; 


p. modalis de dicto, de re 344 n., 

348, 384: 


p. multiplex 493 n., 496 n., 497 n.; 


p. necessaria, def. 381 n.; inoltre 

335, 347 n., 360, 363 n., 378, 

381 n., 382 n., 464 n.; 


p. officialis, def. 462 n., 466; inol- 

tre 440 n., 455, 456, 459, 462, 

552 n., 556 n., 557 n., 589 (v. 

officialis); 


p. officianda 462 n., 590, 593; 


p. officians 456, 459, 460, 461 n. 

(v. officiata, officiatum); 


p. particularis 271 n., 272 n., 285 n., 

356 n., 362, 441 n., 442 n., 444 n, 

447 n., 448 n., 450 n., 492 n, 

495 n., 496 n. (v. particularis); 


p. possibilis 335, 381 n., 461 n.; 


p. praedicativa 329 x., 331 n., 376; 


p. probabilis 403 w., 405 n., 446, 

455, 567; 


p. probabilis a primo termino 402 n.; 


p. probabilis per causas veritatis, def. 

482; inoltre 472; 


p. probabilis per oppositum 456 n.; 


p. probata 456, 470; 


p. probata resolutorie vel officiali- 

ter 440 n.; 



Indice dei termini latini 



p. proposita resolutorie vel officia- 

liter 440 n.; 


p. reduplicativa 418 n., 423, 425 n., 

427, 431, 473 n. (v. reduplica- 

tiva); 


p. resolvenda 446 (v. resolvenda); 


p. resolvens 446 (v. resolvens); 


p. resolubilis 440, 449, 450 n., 553 

n., 557 n., 593; 


p. resoluta 440 x., 446, 447 n. (v. 

resoluta, resolutum); 


p. simplex 329 x., 330, 331 n., 341, 

342 n., 420; 


p. simplex de inesse 371 n.; 


p. simplex et singularis numeri 479 

n.; 


p. singularis 264 n., 271 n., 275, 

349 n., 356 n., 361, 362, 363 n., 

366 n., 429 n., 438 n., 444 n, 

447 n., 448 n., 495 n., 496 n; 


p. singularis de subiecto conditio- 


nato 282; 


. subalterna 430; 


subcontraria 356 n.; 


. substitutiva 329 n.; 


temporalis 495 n.; 


. universalis 228, 267 n., 270 n., 


275 n., 280 n., 283 n., 285 n, 


349 n., 356 n., 361 n., 362, 363 


n., 369, 373 n., 428 n., 430 n, 


454 n., 492 n., 493, 552 n. (v. 


universalis); 


p. de copulato extremo 256, 263, 

267, 278 n., 495, 496; 


p. de desinit 426 n.; 


p. de dicto 344, 351, 382, 383; 


p. de disiuncto extremo 176 n., 

238 n., 267 n., 495 n., 496 n, 

538 n., 596; 


p. de disiuncto praedicato 519; 


p. de disiuncto subiecto 186; 



vo 



669 



p. de impossibili 464 n.: 


p. de incipit 426 n.; 


p. de incipit et desinit 426 n., 479 

n., 480 (v. incipere); 


p. de inesse 324, 334, 335, 338, 339 

n., 340, 341, 342, 345, 346, 348, 

351, 352, 354, 355, 356, 357 n., 

358, 359 n., 360-362, 363 n., 364- 

366, 376, 387, 389, 464 n., 559, 

583, 584, 595 (v. significato); 


p. de inesse seu de simplici inhae- 

rentia 365 n.; 


p. de inhaerentia modificata 365; 


p. de modo 173, 337, 349, 355 n., 

356 n., 361, 378; 


p. de modo sive modalis 357; 


p. de necessario 378 w., 381, 382 n., 

464 n.; 


p. de necessario conditionali 378; 


p. de necessario quando 378; 


p. de necessario simpliciter 378; 


p. de necessario simpliciter pro sem- 

per 378; 


p. de necessario ut nunc 378; 


p. de possibili 381 n.; 


p. de re 340 n., 351, 383; 


p. de sensu 340 n., 341, 344; 


p. de sensu composito 355 n. (v. 

quantitas); 


p. de sensu diviso 355 n., 357 n.; 


p. de subiecto recto, de subiecto 

obliquo 354 n.; 


p. in sensu compositionis 359; 


p. in sensu composito 355 n., 356 n.; 


p. in sensu divisionis 359; 


p. in sensu diviso 355 n.; 


p. magis nota 410 n.; 


p. per se nota 398 w.; 


p. secundum compositionem et di- 

visionem 359; 


v. connotare, dictum, extremitas, ex- 



670 



tremum, falsum, forma, formale, 

improbare, maximae, nomen, op- 

positum, oratio, probare, proba- 

tio, resolutio, sensus, significatum, 

subiectum, sumptum, supponere, 

veritas, TpéTtaote 


Proprietas 218 n., 453 #.; 


proprietates accidentales, substantia- 

les 209 n.; 


p. incommunicabilis 53; 


p. dictionis 452, 529 n.; 


p. sermonis 181; 


p. termini 599 n.; 


proprietates terminorum 18, 19, 38, 

39, 44, 152, 267; 


p. simplicis, compositi, decompositi 

502 n.; 


v. appellatio, connotare, connotatio, 

suppositio 


Punctuare 530 n., 532 


Punctuatio 527, 528 n., 530, 532 n., 

538 n. 



Quaestio, def. 400; inoltre 56 n., 

386, 485 


Quale 56, 57, 414 n.; 


q. aliquid 73 n., 450 (»v. hoc ali 

quid, significare, rowév tu) 


Qualitas 50 n., 52 n., 53 7., 54, 57, 

79 n., 80, 82, 83 n., 84 n., 166 n, 

199, 200; 


. singularis-communicata 53 n.; 


. substantiae 71 n.; 


« nominis adiectivi 165 n.; 


. praedicati 343 n.; 


q. (propositionis) 353 n., 354 n., 

371 n., 613, 620; 


q.=affirmatio et negatio 264 n.; 


q. propositionum 42 n.; 


q. propositionum modalium compo- 

sitarum 363 n.; 



sQ QI 



Indice dei termini latini 



v. adverbium, connotare, determina- 

re, modus, nomen, praedicamen- 

tum, significare, substantia, rrové- 



Tae 


Quando 260 n. 


Quantitas 293 n.; 


q. continua, discreta 211 n.; 


q. (propositionis) 265 n., 354 n., 

361, 363 n., 366, 373 n., 613, 

620; 


q. modalium 362; 


q. propositionum de modo in sensu 

composito 356 n.; 


v. adverbium, praedicamentum 


Quantum 414 n. 


Quia, v. demonstratio 


Quid nominis 425 n., 428 n., 596 n., 

597 n., 599 n.; ». definitio 


Quidditative, v. inferior 


Quo est, v. forma, quod est 


Quod: -q. coniunctionaliter 463, 

464; 


q. coniunctive 465; 


q. nominaliter 436, 464; 


q. relative 465 


Quod est-quo est 53, 81; v. si- 

gnificare 



Ratio 55, 56, 57, 61 n., 74, 75 n, 

103 n., 108, 113, 114, 118, 119- 

121, 122, 229 n., 250 n.,, 260 n., 

261 n., 275 n., 361 n.,, 394 n,, 

470, 502, 530 n., 579; 


rationes vel conceptus 108 n.; 


r. cavillatoria et sophistica 541 n.; 


r. communis 261 n., 592; 


r. determinata 114 n.; 


r. finita et determinata 229 n.; 


r. propria 261 n.; 


non est differentia inter significa 

tum et rationem propriam 119; 



Indice dei termini latini 



r. rerum 218 n.; 


v. appellare, appellatio, forma, lo- 

gica, nota 


Rationalis, v. consequentia 


Reales 298 n. 


Rectitudo 347 x. 


Rectus (casus) 45, 177 n., 279, 287 

n., 4A1 n., 442 n.,, 450, 547 n, 

565 n.; v. subiectum, verbum 


Reducere 506 n. 


Reductio 396 n., 449 n 


Reduplicatio 425 n., 475 n., 481 n.; 

v. nota 


Reduplicativa (prop.) 432 n., 475 n., 

478 n., 481 n.; v. propositio 


Reduplicativus, v. dictio, signum 


Referens 289 n.; v. pronomen, re- 

lativum 


Relatio 435 n.; 


r. implicativa 550 n.; 


v. praedicamentum 


Relativum 19, 39, 223 n., 285 n, 

289 n., 293 n., 434 n., 435 n, 

447 n., 465, 546 n., 547 n., 553 

n., 575, 576; 


r. non confusum 447 n.; 


r. implicativum 594; 


r. diversitatis 259, 265 n.; 


r. identitatis 265, 293; 


v. pronomen, referens 


Relativus, v. nomen, suppositio, ter- 

minus 


Remissio 145 n., 542 n.; v. intensio, 

intentio 


Remississimum, v. intensissimum 


Remotissimum, v. propinquissimum 


Repugnans, v. terminus 


Res: -r. appellata 93 n., 97, 105 n.; 


r. existens 132 n. (v. significare); 


r. praedicabilis 211; 



671 



r. significata 60 n., 111 n, 117, 

195 n., 349, 453 n.; 


r. subiecta 205 #., 344 n.; 


v. appellare, appellatio, compositio, 

conditionalis, definitio, dicere, 

exponere, expositio, minor, mo- 

dalis, modus, nomen, oratio, pro- 

positio, ratio, sensus, significatio, 

suppositio, tenere, universale, vox 


Resolubile, v. resolubilis 


Resolubilis 448; 


resolubilia 402 #.; 


v. propositio, terminus, verbum 


Resolubiliter 369; v. probare, stare, 

sumere, tenere 


Resoluta (prop.) 440 n., 447 n.; 

v. propositio, resolutum 


Resolutio 117 n., 190 n., 273, 276, 

357, 393 n., 394, 395 n., 396 n., 

407 n., 410, 411, 412 n., 415, 433, 

434, 435 n., 436, 439, 441, 443, 

444-446, 447, 448 n., 449 n. 

455 n., 456, 467, 480, 482, 483, 

506, 557 n., 560 n., 590; i 


r. propositionis 396 n., 441 n.; 


r. syllogismi 396 n.; 


r. verborum ad substantiva 407 n., 

436; 


r. per duo demonstrativa 441; 


via resolutionis 396 n.; 


v. forma 


Resolutorie, v. inferre, probare, pro- 

batio, propositio 


Resolutorius 395 7., 442, 448; 

v. adverbium, modus, scientia, syl- 

logismus, &vaXvtixde 


Resolutum 440 #. 


Resolvenda (prop.) 447 n., 448 n.; 

v. propositio, resolvere 


Resolvens : (resolventes) 440 #n., 

447 n.; v. propositio, resolvere 



672 



Resolvere 116 n., 223 n., 342 n, 

393 n., 395 n., 402 n., 407 n, 

433, 434 n., 435, 436, 441 n- 

443 n., 446, 447, 448 n., 459, 

464 n., 465, 480 n., 553 n., 575, 

576; 


r. verbum 446 n.; 


r. per duo demonstrativa 464 n.; 


v. ars, probare, SuaX.xdew 


Respondens 452 n. 


Restricte, v. stare 


Restrictus, v. suppositio, terminus 


Restrictio, def. 158, 162, 165 n. 

169, 170, 184 n., 599 n.; inoltre 

18, 44, 76-78, 86, 88, 95, 134 n., 

139, 145, 146, 147, 151, 152, 

153, 155, 157, 159, 161, 163-166, 

168-171, 172, 175, 176 n., 178, 

182, 184, 185, 188, 191, 192, 

213 n., 599 n.; 


. maturalis, def. 164 n.; 


. simplex o naturalis 164; 


. usualis, def. 164 n.; 


. ampliationis 599 n.; 


. termini=coartatio termini 164 n. 

(v. coartatio) 


Restrictivam-restringens 184 


Restringentes 164 n. 


Restringere, def. 164 n.; inoltre 78, 

86 n., 107 n., 108 n., 137, 139, 

140 n., 145, 146 n., 151, 152, 

155 n., 156-158, 159 w., 160, 161, 

162, 165 n., 166 n., 167 n., 168, 

169, 171 n., 175, 176 n., 178 n, 

179 n., 182, 184, 185 n., 186 n, 

191 n., 192 n., 598, 599 n.; 


r. appellationem 86 n.; 


v. restrictivum 


Restringibilis 184 n.; v. terminus 


Rhetor 398 n. 



muonmo 



Indice dei termini latini 



Scientia: -s. demonstrativa 397 #.; 


s. resolutoria 395 n.; 


s. sermocinalis 41; 


s. inveniendi 395 n.; 


s. iudicandi 395 n.; 


v. dialectica, logica 


Sensus 195 n., 340, 489, 490, 491, 

492, 493 n., 494498, 532 n. 

538 n., 541 n., 544, 550 n., 558 n., 

575 n., 581 n., 598 n.; 


sensus significati disiunctive 477; 


diversi sensus 340; 


integrus s. propositionis 340; 


sensus pertinentes 598 n.; 


de sensu 340, 341, 342 n., 344 

(v. exponere, modalis, propositio); 


de sensu, de rebus 544 7.; 


de sensu propositionis 342 n.; 


in sensu 341 (v. modalis, modus); 


secundum sensum 339, 341; 


s. compositionis 353 n., 507, 524, 

525 n., 529 n., 535 n., 538 n, 

539 n., 555 n. (v. accipere, pro- 

positio); 


s. per compositionem 512; 


s. compositus 20, 44, 45, 229 n., 

303 n., 355 n., 359 n., 370 n., 371, 

372, 373 n., 374, 386, 387, 388 n., 

391, 462, 463 n., 499, 507, 528 n., 

530 n., 532 n., 533 n., 538 n, 

539 n., 541 n., 545 n., 546 n, 

547 n., 549 n., 550 n., 551 n, 

552 n., 553, 555 n., 556, 557 n., 

558 n., 561 n., 562 n., 563, 564, 

565 n., 566 n., 567, 568 n., 569, 

570 n., 573 n., 574-577, 578, 581, 

582 n., 583, 586, 587, 588, 589 n., 

593, 594 n., 596 n., 597 n., 600, 

602, 603, 609, 610, 611, 618, 619, 

622 (v. locutio, modalis, propo- 

sitio, sumere); 



Indice dei termini latini 



s. divisionis 353 n., 507, 524, 

525 n.,:529 n., 532 n., 538 n., 

555 n. (v. propositio); 


s. per divisionem 512; 


s. divisus 20, 44, 45, 229 n., 359 n., 

366 n., 370 n., 371, 372, 373 n., 

374, 386, 387, 391, 462, 463 n., 

499, 507, 528 n., 530 n., 532 n., 

538 n., 539 n., 541 n., 542 n, 

545 n., 546 n., 547 n., 549 n, 

550 n., 552 n., 553, 554 n., 555 n., 

556, 557 n., 558, 562 n., 563, 

564, 565 n., 566 n., 567 n., 568 n., 

569, 570 n., 573 n., 574, 575 n., 

576, 577, 578, 581, 586, 587, 588, 

593, 594 n., 596 n., 602, 603, 609, 

610, 611, 619, 622 (v. locutio, 

modalis, propositio) 


Sententia 125 n., 130 n. 


Separare 515 n., 539 n. 


Sequi 571, 575 ; 


s. a priori 447 n.; 


s. finaliter 370 n., 372, 463, 552 n., 

603, 618; 


s. immediate 258; 


s. mediate 252, 370 n.; 


s. totaliter 371, 556 n.; 


v. terminus 


Sermo 48 n., 198 n., 218 #., 229 n., 

230 n., 393 n., 394 n., 399, 452, 

453 n., 468, 500 n.; 


s. compositus vel divisus 167 n.; 


s. de dicto, de re 517 n.; 


in sermonibus 514; 


v. compositio, proprietas, virtus 


Sermocinalis 452; v. scientia 


Signatum 97 n.; v. signum 


Significabile 390, 391; 


s. complexe 390, 391, 595 n. 


Significare, def. 66 n.; -s. multipliciter 

accipitur 131 n.; -s. dividitur in 





n UI W 



673 



supponere et copulare 207 n.; 

inoltre 60, 62 n., 64 n., 65, 66 n., 

67 n., 70, 71 n., 72 n., 79 n, 

80, 81 n., 82, 83, 84 n., 85, 89 n., 

90, 93 n., 94 n., 96 n., 97 n., 98, 

101 n.-103 n., 107, 108, 110 n., 

111 n., 114 n,, 116 n., 117, 118 n., 

119, 120 n., 127, 128 n., 129 n,, 

132 n., 140 n., 142 n., 144, 146 n., 

149 n., 154, 158, 167 n., 173, 

176, 177, 180, 181 n., 187, 191 n., 

195 n., 198 n.201 n., 202 n, 

203 n., 208, 209 n., 211, 212, 

214 n., 215 n., 218 n., 222 n, 

226 n., 267 n., 288 n., 289 n.,, 

293 n., 320, 348 n., 351, 364 n., 

372 n., 376, 390, 391, 399 n, 

409, 417, 422 n., 423 n., 454 n., 

457 n., 461, 463 n., 465, 467 n., 

470 n., 476 n., 486, 489, 490 n., 

491 n., 494, 501 n., 502, 505 n., 

506 n., 514 n., 532 n., 536 n., 

542 n., 549 n., 554 n., 566 n. 

568 n., 569, 572 n., 589 n., 590, 

597 n., 602, 610, 616, 618, 619; 

adaequate 120 n., 121 n., 372 n., 

461, 490 n., 583, 584; 



. ad placitum 402 n.; 


. adverbialiter, nominaliter 348 n.; 

. confuse 223 n. (v. dictio); 


. copulative 477, 478, 479 n., 489 n., 



490 n., 491 n., 492 n-496 n, 

497 n., 498 n; 



. copulative sive disiunctive 207; 

. disiunctive 177 n., 477, 478, 



480 n., 489 n., 490 n., 492 n, 

494 n-496 n., 497 n., 498 n.; 



. diffuse 222 n.; 

. divise 507 n.; 

. personaliter pro persona vel sim- 



pliciter pro natura 67 n.; 



674 



. praesentialiter 87 n.; 

s. praecise 368 n., 455, 457, 464 n., 



491 n., 494 n., 506 n., 552 n, 

590 n., 604, 605, 614, 616, 617, 

621, 622; 



. praecise primarie 506 n., 611; 

. primarie 410 n., 444 n., 460, 



470 n., 490 n., 491 n., 556 n.; 



. primario 65; 


. primo 65; 


. primo et principaliter 506 n.; 


. principaliter 60, 66 n., 141 n., 



206, 412 n., 490 n.; 



. primo loco, secundo loco 60 n.; 

. secundarie 69 n., 491 n.; 

. secundario 65, 101 n., 141 n. 



(v. connotarte); 



. qualitercumque 471 w., 475 n.; 


. syncategorematice 569; 


. cum tempore 181 n., 214, 504 n.; 

. sine tempore 96; 


. ex forma adiacente 59 n.; 


. per modum copulationis aut per 



modum disiunctionis 485; 



. per se, per aliud 57, 58; 

. per se et ut unum 56, 57; 

. ut unum 57; 


. accidens 80, 82 n., 206; 



actus mentales 277; 



. aliquid, scilicet universale 72 n.; 

. essentiam 67 n., 83, 84 n.; 



formam 81 n., 90 n., 92 #.; 



. formam adiacentem 59 n.; 

. fotrmam substantialem vel acci- 



dentalem primarie 68 n.; 



. formam et suppositum 68 n.; 

. hoc aliquid 51, 72 n., 103 n, 



209 n.; 



. idem 143, 205 n.; 

. id quod est 81 n.; 

. quo est et id quod est 81 n.; 



Indice dei termini latini 



s. intelligibile 79 n.; 


s. naturam communem habentem 

supposita 100; 


s. purum esse 331 n.; 


s. quale aliquid 51, 73 n., 133 n., 

209 n.; 


s. qualitatem, def. 83; inoltre 51, 

69 n., 80, 83, 84, 85 n., 209 n.; 


s. qualitatem finite, substantiam infi- 

nite 208 n.; 


s. qualitatem principaliter, subiectum 

secundario 60, 85 n.; 


s. qualitatem propriam, qualitatem 

communem 79 n.; 


s. rem existentem 90 n.; 


s. res diversorum praedicamento- 

rum 60; 


s. significatum 114, 119; 


s. significatum formale 115, 116; 


s. significatum secundum determina- 

tam rationem 113 n.; 


s. substantiam 51, 69 n., 79, 80, 

83, 84 n., 85 n, 90 n;j 


. substantiam confuse 222 n.; 


. substantias praecise 52 n.; 


. substantiam principaliter 66 n.; 


. substantiam secundario 80; 


. substantiam cum qualitate 53; 


. substantiam et qualitatem 50 n., 

53, 84; 


s. modo substantiae 81, 82; 


s. tempus 141 n., 571; 


s. tempus confusum, determinatum 

209 n.; 


res significata 60 n., 111 n., 117, 

195 n., 349, 453 n.; 


v. copulare, dictio, imponere, insti- 

tutio, modus, suppositum, verbum, 

virtus, vox, ompotvev 


Significatio, def. 92 n.; inoltre 17, 

58, 60 n., 61, 66 in., 67 n., 68, 



pIHLUVLW 



Indice dei termini latini 



70, 71, 72 n., 74, 82, 84, 86, 87, 

89), 91, 93: n 94, 95; 96, ‘9, 

101 n., 102 n., 104, 112, 113, 

116, 126 n., 127 n., 131 n., 134 n, 

135, 139, 140 n., 141 n., 146, 

149 n., 161, 164, 166 n., 168 n,, 

172, 175, 177, 178 n., 182, 196 n., 

202 n., 208 n., 211 n. 212, 

223 n., 226, 227, 289 n., 339 n, 

347 ‘ng 369 1, 373 1%; 375, 

402 n., 413, 414 n., 434 n., 452 n, 

453 n., 476 n., 486, 489, 490 n., 

491 n., 508 n., 551 n.; 

adaequata 490 n.; 

. distincta 121 n.; 

. determinata 230 n.; 

. finita et determinata 226 n.; 

. finita 226 n., 230 n.; 

. formalis 116; 

prima 61 n.; 

. primaria 69 n., 140, 490 n.; 

. principalis 60, 140 n., 142 n. 

147 n., 154, 206, 208, 490 n.; 

s. propria 202 n.; 

secundaria 60 n., 140, 142 n. 

(v. consignificatio); 

. totalis 490 n.; 

. dictionis 485; 

. intellectus 70; 

. propositionum de inesse 346 n.; 

. rei 70, 218 n.; 

. vocis 93 n., 218 n.; 

. per se 58 n.; 

secundum significationem 61 n.; 

res cum propria significatione co- 

niuncta 218 n.; 

v. appellare, praecedere, vis 

Significative, v. stare, sumere 

Significativus, v. dictio, incomple- 

xum, nomen, terminus, vox 

Significatum 52 n., 54, 64, 68 n., 80, 



nYLLOL UV Ww 





ILLY VW 



675 



92 n., 113, 117 n., 120, 122, 125, 

126, 127, 131 n., 132 n., 140 n., 

142 n., 159 n., 176 n., 177 n, 

183 n., 196 n., 219 n., 220 n, 

244, 246 n., 314, 477, 485, 486, 

488 n., 493 n., 502 n., 506 n, 

531 n., 569, 572 n., 583 n., 587 n.; 


s. duplex, materiale et formale 111; 


s. formale, def. 111 n.; inoltre 112 n., 

116, 120 (v. appellare, appellatio); 


s. materiale, def. 111 n.; inoltre 112, 

116; 


s. duplex, primarium et secundarium 

69 n.; 


s. primarium 68 w., 69 n., 382 n, 

409, 444 n., 470, 471 n., 553 n; 


s. secundarium 69 x.; 


s. adaequatum 120 #., 121 n., 470, 

471, 565 n; 


. non ultimatum 220 n., 269; 


. principale 65 n., 159 n.; 


. speciale 195 x.; 


. totale 120 n., 121 n.; 


. dicti 371 n.; 


. propositionis 125, 126 n., 127 n., 

382 n., 490 n.; 


s. termini 92 n.; 


s. primarium termini, def. 68 n.; 


s. primarium termini concreti acci- 

dentalis 69 n.; 


significata officialia 454 n.; 


v. dictum, forma, ratio, significare, 

supponere, terminus 


Signum 64 n., 69 n., 70, 97 n, 

120 n., 132 n., 136, 161, 198, 

211 n., 229 n., 242, 243 n., 246 n., 

270 n., 291 n., 295 n., 318, 

363 n., 409, 416, 430 n., 443 n, 

453 n., 471, 575; 


s. aequivalens orationi 291 n.; 


signa affirmativa 230 n.; 



naVLWAW 



676 



signa collectiva 424; 


s. confundens 177 n., 302; 


s. confusivum 569, 570; 


s. distributivam 211 n., 214 n, 

230 n., 242, 252, 264 n., 271 n, 

277, 287 n., 304; 


s. exceptivum 270 n., 416 n; 


signa exclusiva 416; 


signa modalia 552 n.; 


signa negativa 291 n., 295 n., 302; 


s. particulare 243 n., 363 n.; 


signa reduplicativa 416; 


s. universale 224, 228, 247, 249, 

251, 283 n., 434 n., 485; 


s. universale affirmativum 233 n., 

245, 255 n., 262 n., 265 n., 267 n., 

270 n., 276 n., 279 n., 283 n, 

291 n., 295 n., 302, 454 n. (v. vis); 


signa universalia affirmativa aequiva- 


Jlentia orationibus 291 n.; 


universale distributivum 283 n.; 

universale negativum 284 n., 455; 

alietatis 424; 


materialitatis 296, 383 n.; 


. demonstratio, li, signatum, sup- 


positio 


Simplicitas 502 n. 


Singularis 366 n., 373 n., 401 n,, 

450 n.; v. dictum, modalis, prae- 

missa, probare, probatio, proposi- 

tio, qualitas, subiectum, suppositio, 

terminus 


Singulare 42 n., 101 n., 133 n, 

219 n., 220 n., 246, 271-273, 275, 

289, 369, 370 n., 428, 429 n., 

432 n., 460, 477, 485, 493, 552 n.; 


singularia sufficienterenumerata 

275 n.; 


v. constantia, descendere, descensus, 

inductio, probare 


Solutio, v. argumentum 



aeouo% 



Indice dei termini latini 



Sophisma 19, 74, 403 n., 431, 484 #., 

525 n., 548 n.; 


s. compositionis 513, 514 n., 515 n., 

525 n.; 


s. divisionis 513, 525 n. 


Sophistaria 573 


Sophisticus, v. duplicitas, locus, 

oratio, ratio 


Stare: -s. ampliative 190 n., 572 n.; 


s. categorematice 228, 229 m., 576; 


. collective, divisive 569; 


. communiter, discrete 192; 


. confuse 283 n., 284 n., 287 n.; 


. confuse et distributive 249, 266 n., 

270 n., 275 n., 284 n., 285 n, 

286 n., 287 n.; 


s. confuse distributive mobiliter 

284 n.; 


s. confuse et distributive vel immo- 

biliter 275 n.; 


s. confuse tantum 245, 271 n. 

276 n., 278 n., 283 n.285 n, 

286 n., 287 n., 292 n., 293 n, 

294 n., 459 n., 541 n., 546 n., 

561 n., 566 n., 569, 575, 617; 


s. confuse tantum immobiliter 567 n.; 


s. confuse tantum vel immobiliter 

566 n.; 


s. confuse tantum mobiliter 303 n.; 


s. determinate 268, 283 n., 284 xn., 

286 n., 292 n., 553 n., 566 n, 

569, 576, 617; 


s. determinate vel mobiliter 566 n.; 


s. discrete 553 n.; 


s. distributive 241 n., 243 n., 290, 

292 n., 293 n., 295 n., 567 n.; 


s. exponibiliter 465 n.; 


s. immobiliter 243 n., 249, 266, 

276 n.; 


s. materialiter 228, 289 n., 367 n.; 


s. mobiliter 240, 241 n., 249, 266; 



AV Ww 



Indice dei termini latini 



. officialiter 463; 


. personaliter 457 n.; 


. resolubiliter 463; 


. restricte 182; 


. significative 367 n.; 


. simpliciter 457 n.; 


s. syncategorematice 228, 547 n., 576 


Status, def. 178, 183 n.; imoltre 178, 

180, 184 


Stoici 48 n., 49 n., 225 n. 


Subalternus, v. conditio, propositio 


Subcontrarius, v. conditio, propositio 


Subicere 94 n., 102 n., 241 n., 346, 

347 n., 348 n., 349 n., 351,352 n, 

354 n., 356 n., 361, 373 n., 442 n., 

448, 534 n.5 


dictum s. pro se, pro parte dicti 

351 n; 


res subiecta 205 x., 344 n.; 


simul coniunctim s. vel praedicare 

539 n. 


Subiectio 77 


Subiectum 51, 55-57, 58, 59 n., 61, 


62 n., 63, 77, 84 n., 91, 92 n, 


94 n., 95 n., 98, 99, 100 n., 101 n., 


102 n., 103, 104, 105, 106 n., 


108 n., 109 n., 110 n., 115, 116 n., 


130 n., 140 n., 144, 156 n., 157, 


160 n., 163 n., 167 n-169 n, 


175 n,,, 179 n, 185 n, 186 n, 


203 n., 204 n., 205 n., 208 n., 


210 n., 214, 215 n., 218 n., 227 n., 


229 n., 230, 233 n., 241 n., 247, 


248, 249 n., 250 n., 253 n., 255 n., 


264 n., 267 n., 270 n., 272, 


274 n., 276 n., 279 n.,, 280 n.,, 


283 n., 284 n., 289 n., 291 n, 


292 n., 319, 321, 334, 335, 340, 


347 n., 349 n., 351, 352 n., 354, 


355 n., 357 n., 360, 361 n., 363 n., 


364 n., 366 n., 371, 377, 379, 380, 



nIVVYLWV 



677 



381 n., 382 #., 393 n., 412 n, 

425 n., 430, 438 n., 442 n., 444 n., 

448 n., 450 n., 453 n., 454 n. 

457 n., 467, 500, 501 n., 503, 

504 n., 536 n., 537 n., 539 x, 

557 n., 579 n., 588, 590, 605, 613, 

620, 621; 


. compositum vel simplex 430 n.; 


. simplex 548; 


. singulare 349 n.; 


. singulare substantiaie 479; 


. aggregatum ex recto et obliquo 

287 n.; 


s. attributionis 354; 


s. distributionis 579 n.; 


duplex s., s. enuntiabilis et s. pro- 

positionis 349 n.; 


s. locutionis 354; 


s. verbi 405 n.; 


a parte subiecti 84, 95 n., 106, 

107 n., 108, 176 n., 227, 228, 

229 n., 230 n., 233 n., 247, 

255 n., 266, 283, 284 n., 287 n., 

344, 352, 355, 356 n., 442 n, 

524 n., 545, 547, 549, 550 n, 

568 n., 570 n., 572 n., 577, 579 n.; 


a parte subiecti vel praedicati 176 n.; 


ex parte subiecti 90 n., 91, 155, 

157, 362, 524; 


dici de subiecto, esse in subiecto 

61 n.; 


esse in subiecto 207 n.; 


de subiecto (in eo quod quid) 55; 


in subiecto 55; 


v. cohaerentia, constantia, continui 

tas, determinare, determinatio, 

extremitas, extremum, forma, fun- 

damentum, inhaerentia, nomen, 

praedicare, praedicatum, proposi- 

tio, significare, suppositio, ter- 

minus 



nonna 



678 



Subiectus 151 #., 343, 517; ». dictio, 

modus, oratio, terminus 


Subsequi 559, 581 n.; 


s. finaliter 552 n., 553, 555 n., 556, 

557 n., 574, 581, 602, 610; 


v. sequi 


Substantia 50 n., 53, 54 n., 56, 57, 

80-82, 83 n., 84 n., 91, 92 n, 

198 n., 208 n., 222 n., 501, 503 n.; 


s. an qualitas 56; 


s. et qualitas 53, 56, 79, 88 n.; 


s. prima 51, 71 n.; 


s. secunda 51, 52 x., 71 n.; 


s. vocis 516; 


v. appellare, definitio, determinare, 

discretio, nomen, nominare, predi- 

camentum, qualitas, significare 


Substantialis, v. concretum, differen- 

tia, proprietas, subiectum, ter- 

minus 


Substantiatio 212 


Substantivatum 207 x.; v. adiectivum 


Substantivum 90 n., 175 n., 191 »., 

211 n., 259, 320, 434, 467, 533 n.; 

v. nomen, vis 


Substantivus, v. dictio, terminus, 

verbum 


Sufficientia, v. appellatio, appellatum, 

suppositum 


Sumere: -s. adverbialiter 303 n., 559, 

594 n.; 


s. categorematice 229 n., 547 n., 

550 n.; 


s. categorice 0 syncategorice et mo- 

daliter 464 n.; 


s. distributive 290; 


s. impersonaliter 557 n., 565, 574, 

582 n.; 


s. materialiter 356 n.; 


s. nominaliter 303 n., 559; 


s. officialiter 0 resolubiliter 463; 



Indice dei termini latini 



s. personaliter 557 n., 565, 582 n.; 


s. significative 52 n., 105, 227 n., 

356 n., 363 n.; 


s. syncategorematice 287 n., 547 n., 

550 n.; 


. verbaliter 559; 


. in propria forma 366 n.; 


. in sensu composito 359 n., 403 n.; 

modus, sumptum, superlativus, 


terminus 


Summa 33, 39 


Summulae 18, 19, 23, 24, 25, 38, 86, 

88 n., 93, 132, 206, 210, 540 


Sumptum 59 #n., 60 n., 61 n, 

398 n.; v. nomen, propositio 


Superior 184, 235, 441, 442 n., 597; 


v. modus, superius, terminus 


Superius 102 n., 121 #., 274 n, 

286 n., 406, 407 n., 436, 438, 

442 n., 443 n., 506 n., 578, 588 


Superlativus 266 n., 277, 286 n., 

293 n., 303 n., 416, 424 n.; 


s. gradus comparabilitersumptus 

276 n. 


Supponibilis (terminus demonstrati- 

vus) 450 


Supponere, def. 66 n., 208 n.; inoltre 

66 n., 78 n., 86 n., 88 n., 89 n, 

90, 91, 92 n., 94 n., 95, 99, 

100, 101 n., 102 n., 104, 105 n., 

106 n., 109 n., 110 n., 111 n, 

112, 115, 116 n., 126 n., 129 n, 

132 n., 133 n., 135 n., 136, 137, 

140 n., 145 n., 147-149, 150 n, 

154, 155 n., 156, 158, 159 n., 

161 n., 164 n., 166, 167 n., 168, 

170, 171, 173 n., 176, 177 n, 

179 n., 180, 181 n., 184, 185 n., 

186 n., 187, 188 n., 189, 190 n., 

191 n., 201, 202 n., 207, 208, 

209 n., 212 n., 213, 214, 218, 



covw 



Indice dei termini latini 



YU 



svInysaw 



219 n., 220 n., 233 n., 240, 241 n., 

247, 251 n., 262 n., 264 n., 266, 

267 n., 271, 274 n., 278 n., 283 n,, 

285 n., 288 n., 289 n., 290, 291 n., 

295 n., 297 n., 344, 360, 363 n., 

364 n., 366 n., 371, 390, 406 n.,, 

438 n., 443 n., 448 n., 450 n., 

452 n., 454 n., 466, 475 n., 523 n., 

534 n., 537 n., 546 n., 572 n, 

613; 



. absolute 390; 


. ampliative 185 n.; 


. copulative, disiunctive 177 n.; 


. confuse et distributive 242 n., 



248, 249 n., 250 n., 251, 253 n., 

265 n., 269, 270 n., 272 n., 273 n., 

284 n., 291 n.; 



. confuse et distributive immobiliter 



254, 283 n.; 



. confuse mobiliter et distributive 



233 n.; 



. mobiliter, id est confuse distri- 



butive 272; 



. confuse tantum 157, 191 n., 245, 



247, 248, 255 n., 267 n., 268 n., 

270 n., 271 n., 272, 273 n., 278 n., 

279 n., 280 n., 283 n., 291 n, 

295 n., 474 n., 560; 



. simpliciter confuse tantum 272; 

. confuse tantum vel immobiliter 



274 n.; 



. determinate 248, 250 n., 268 n., 



272 n., 273 n., 290, 474 n.; 



. discrete 273 n.; 

. distributive 191 n., 275, 291 n.; 



immobiliter 241 n., 242 n., 276 n.; 



. materialiter 220 n., 382 n., 621; 

. materialiter et simpliciter 286 n.; 

. mobiliter 233 n., 241 n., 269, 



276 n., 428 n; 



679 



s. personaliter 220 n., 273 n., 299 n., 

371 n.; 


s. principaliter 67 n.; 


s. simpliciter 220 n., 371 n.; 


s. pro praesentibus 92; 


s. pro propositione 356 n., 363 n.; 


s. pro se 52 1.; 


dictum s. pro se, pro parte dicti 

351; 


s. pro se, pro significato 52 n.; 


v. modus, significare, suppositum, 

terminus 


Suppositio, def. 87 n., 94 n., 210, 


218 n., 219 n., 287, 295; -s. quasi 

pro alio positio 219 n.; -s. accipitur 

dupliciter 98; -s. = proprietas 

subiecti 103; izoltre 19, 40, 44, 

45, 66 n., 77, 78, 80, 86, 87, 88, 

89, 90, 91, 93, 94, 97, 98, 99, 

100, 101 n., 102 w., 103-105, 

108 n., 112, 116 n., 128, 131 n., 

134 n., 135, 149 n., 153, 154, 

157, 158, 159, 161 n., 163 n,, 

165 n., 167 n., 169, 175, 177 n- 

181 n., 184 n., 210, 211, 212 n.,, 

218 h., 219 n., 223 n, 233 n, 

243, 247, 250 n., 251 n., 256, 

259 n., 274 n., 285 n., 288 n, 

289 n., 294 n., 298 n., 306, 307- 

317, 364 n., 371 n., 448 n., 449 n., 

453 n., 460, 581 n., 599 n.; 


s. absoluta 158, 253, 307, 309; 


s. accidentalis, def. 158 n.; inoltre 

158, 170, 180 n., 309; 


. actualis 158; 


. aequa, inaequa 312; 


. coartata 88 n., 161 n.; 


. communis, def. 255, 271; inoltre 

161 n., 180 n., 223 n., 262 n, 

271, 306-312, 315, 316, 317; 


s. comparata 307; 



vv 



680 



s. confusa, def. 224, 244, 247 n., 

268, 298; inoltre 44, 217, 224, 

233 n., 247 n., 262 n., 271, 272, 

306-311, 314, 316, 317; 


s. confusa necessitate signi vel modi, 

necessitate rei 233 n.; 


s. confusa distributiva, def. 244, 258, 

263, 269, 290, 301 n.; inoltre 

102 n., 232, 233, 245, 250, 255, 

262 n., 264 n., 269 n., 271, 272, 

274 n., 284 n., 289, 298, 299 n., 

306-315, 316, 317; 


s. confusa distributiva immobilis, 

def. 256, 282, 301; inoltre 245, 

253 n., 256, 262 n., 264 n., 306- 

308, 310, 313, 314, 316, 317; 


s. confusa distributiva mobilis, def. 

253 n., 256, 280, 299 n., 301; 

inoltre 245, 253 n., 262 n., 264 n., 

306-308, 310, 313, 314, 316, 317; 


s. confusa mobilis-immobilis 234; 


s. confusa tantum, def. 244, 251, 

255, 258, 262, 269, 277, 278, 289, 

299 n.; inoltre 102 n., 211 n, 

232, 233, 245, 247, 248, 250-252, 

254, 255, 256, 257, 258, 262, 264, 

266-268, 269, 270, 271, 272, 

273 n., 276, 277-279, 281, 283, 

289, 291, 292-294, 298, 299 n., 

305-308, 310, 311, 313-315, 316, 

317; 


s. non distributiva sive confusa tan- 

tum 258, 259, 309; 


s. simpliciter confusa tantum 273, 

312; 


s. confusa tantum immobilis, def. 

300; inoltre 300, 316, 317; 


s. confusa tantum mobilis, def. 299; 

inoltre 300, 316, 317; 


s. determinata, def. 220 n., 281 n.; 

inoltre 262 n., 277, 281, 284 n., 



a Uan Ww 



UYU % 



Indice dei termini latini 



289, 306-311, 313-315, 316, 317; 



. discreta 161 mn., 306-311, 313, 



315, 316, 317; 



. distincta 271, 312; 

. distributa, def. 281 n.; imoltre 



277, 281, 314; 



. formalis, def. 219 n.; -s. formalis 



duplex 219 n.; inoltre 103 n., 

219 n., 307, 308, 312; 



. generalis 307; 


. habitualis 158; 


. impropria 306-309, 312; 


. indeterminata, def. 221; 


. materialis, def. 296; inoltre 81, 



219 n., 262 n., 269 n., 289 n,, 

298 n., 306-308, 310, 311, 312, 

314, 316, 317, 363 n., 418 n.; 



. impersonalis et materialis 309; 

. materialis vel simplex 313; 

. naturalis, def. 158 n.; inoltre 



101 n., 158, 162, 170, 180, 181 n., 

214, 309; 



. personalis, def. 220 n., 296, 298 n.; 



inoltre 67, 90 n., 95 n., 102, 

131 n., 219 n., 269 n., 271, 289 n, 

298 n., 306-310, 311, 312-317, 

372, 418 n; 



. propria 219 n., 306-309, 312; 

. proprie dicta, communiter dicta 



212; 



. relativa 253 n., 309; 


. relativa = s. respectiva 253 n.; 

. respectiva 158, 253, 307; 


. restricta 170; 


. simplex, def. 219 n., 220 n. 



298 n.; imoltre 67 n., 81, 90 n, 

108 n., 131 n., 219 n., 289 n., 

298 n., 306-308, 310, 312, 314, 

317, 370 n., 371, 418 n., 494 n; 



. simpliciter dicta 298 n.; 



Indice dei termini latini 



s. singularis, def. 271; inoltre 271, 

312; 


s. specialis 307; 


s. universalis 312; 


s. variata 77; 


s. secundum actum, secundum habi- 

tum 91, 210 n.; 


mutare suppositionem 276; 


recipere suppositionem 241 #.; 


v. modus, necessitas 


Suppositum 53, 54 n., 67 n., 93 n., 

100 n., 101, 134, 136, 137, 140 n., 

159 n., 170, 176 n., 180, 184, 

189, 191 n., 199, 207 n., 208 n., 

209, 218 n., 219 n., 226 n., 233 n., 

235, 236, 238 n., 239-241, 246, 

253, 254, 257, 260, 273 n., 275, 

288 n., 290, 422 n., 428 n., 429 n, 

441 n., 447, 457 n., 560 n., 565 n, 

586, 599; 


s. actuale, habituale 100, 101 n.; 


s. in significando tantum, def. 

236 n.; 


s. in supponendo tantum, def. 236 n.; 

inoltre 235; 


s. in supponendo et significando si- 

mul, def. 236 n.; 


s. per se, per accidens 246 n.; 


s. praesens 88, 100 (v. appellatum); 


pluralitas suppositorum 189 n.; 


sufficientia suppositorum 274 n.; 


ex parte suppositi 160 n.; 


v. ampliatio, appellatio, constantia, 

descendere, significare 


Syllogismus, def. 401 n.; inoltre 

41 n., 331 n., 349 n., 376, 395 n, 

399 n., 401 n., 437 n., 438 n. 

442 n., 443 n., 450, 502 n., 613, 

621; 


s. demonstrativus 449 n.; 


s. expositionis 437; 



681 



s. expositorius, def. 438; inoltre 

261 n., 407 n., 435 n., 437, 438, 

439 n., 441, 442 n., 443, 445, 

446 n., 449, 450; 


s. expositorius vel demonstrativus 

449 n.; 


s. immediatus, def. 438 n.; 


s. irregularis 449 n.; 


s. mediatus 438 n.; 


s. resolutorius 407 n., 441, 442 n., 

443 n., 445, 446 n., 450; 


v. consequentia, figura, forma, mo- 

dus, peiorem, resolutio 


Syllogizare 355 n. 


Synonymum, v. synonimus 


Synonymus 118 n.; 


synonymum 62 w., 117 n.; 


v. nomen 


Syncategorema, def. 227; -s. est du- 

plex 230; inoltre 19, 144, 213 n., 

214, 224, 225 n., 226 n., 228, 

229 n., 230 n., 241 n., 251, 252, 

265 n., 266, 267 n., 268 n., 279 n.., 

283 n., 284 n., 285 n., 286 n., 

418, 454 n., 486; 


s. aequivalens orationi 285 n.; 


s. affirmativum 285 n.; 


s. confundens 284 n., 287; 


s. distributivuam 279 n.; 


s. includens orationem 283 n.; 


s. negativum 285 n.; 


v. oratio 



Tardissimum-velocissimum 427 


Temporalis, v. adverbium, necessitas, 

propositio, veritas 


Tempus: -t. confusum, determinatum 

210 n.; 


t. consignificatum 362; 


v. ampliatio, appellatio, connotare, 

connotatio, consignificare, consigni- 



682 



ficatio, copulare, differentia, falla- 

cia, necessitas, significare 


Tenere: -t. categorematice 229 n., 

547 n., 561 n., 569; 


t. confuse 134 n., 150 n., 152 n,, 

223, 224; 


. confuse et distributive 233 n.; 


. copulative 268 n.; 


. copulative seu collective 268; 


. demonstrative 405 n.; 


. disiunctive, non disiunctive 268 n.; 


. distributive 262 n.; 


. divisive 294 n.; 


. exponibiliter 372 n., 464 n.; 


. infinitive 319 n.; 


. modaliter 390; 


. negative 319; 


. necessitate rei pro 233 #.; 


. nominaliter 464 n., 465; 


. nominaliter et non modaliter 465; 


. resolubiliter 445; 


. syncategorematice 229 n., 251, 

561 n., 569 


Terminare 394 n. 


Terminatio 452 n. 


Terministae 298 n. 


Terminus, def. 504 n.; -t. tripli- 

citer accipitur 227 n.; -trimem- 

bris divisio terminorum 408 #.; 

-termini seu modi 364 n.; inoltre 

55 n., 64 n., 66 n., 67 n., 68, 

69 n., 77 n., 86 n.88 n., 89 n, 

90 n., 91, 92 n., 95, 98, 101 n, 

102 n., 104 n., 105, 106 n., 107 

n., 108 n., 111 n., 113, 114, 116, 

117, 118 n., 119, 120 n., 121 n, 

127, 132 n., 134 n., 135 n., 136, 

137, 140 n., 151, 153 n., 154 n, 

157, 158, 159 n., 160, 163 n. 

164 n., 165 n., 166 n., 169, 171 

n., 173 n., 174, 175 n-177 n, 



atomo memteimetmtmemme 



mette 



Indice dei termini latini 



179 n., 180 n., 181 n., 184 n, 

185 n., 186 n., 188 n., 189 n, 

190 n., 191 n., 196 n., 208, 213 

n., 218 n.-220 n., 223 n., 227 n, 

228, 233 n., 240, 241 n., 242 n., 

243 n., 246, 247, 249, 250 n, 

251, 252, 253 n., 254, 255 n, 

259, 260, 265 n., 266, 268, 269, 

270 n., 271 n., 272, 273 n., 274 

n., 275, 276 n., 278 n., 282, 283 

n., 284, 285, 286 n., 287, 288 n., 

289 n., 290, 291 n.293 n., 294, 

295, 296 n., 297, 302, 303 n, 

304, 320, 321, 364 n., 369 n., 

370 n., 371, 372 n., 373 n., 393, 

394 n., 395, 396, 402 n., 403 n., 

405 n., 408 n., 419 n., 422 n., 

440 n., 441 n., 442 n., 445, 446 

n., 447 n., 448, 459 n., 460, 461, 

462, 464 n., 466, 469, 474 n., 

475 n., 490 n., 502 n., 514, 515 

n., 525, 533 n., 534 n., 535 n, 

536 n., 538 n., 539 n., 541 n, 

545 n.-548 n., 550, 551 n., 552 n., 

553, 557 n., 558 n., 560, 561 n., 

562 n., 566 n., 567 n., 569, 571, 

572 n., 573 n., 575, 576 n., 577, 

578, 581, 582, 583, 585, 587 n., 

588, 593 n., 596 n., 597 n., 598, 

599 n., 602, 603, 605, 610, 613, 

617, 618, 619; 



. absolutus 67 n., 111 n., 404; 

. abstractus-concretus 66 n., 67 n. 



(v. abstractum, concretum); 



. accidentalis 67 n., 160 n., 486, 



549, 572 n.; 



. adiectivus 164, 212 n.; 


. aequivalens orationi 267 n.; 

. aequivocus 196 n., 485; 


. aggregatus 320, 506 n.; 



Indice dei termini latini 



t. ampliativus 176 w., 186 n., 187 

n., 404 n., 545 n; 


t. appellativus 106 n., 113 n.; 


t. appositus 157, 504 n.; 


t. capax confusionis 302 n., 303 #.; 


t. comparativus 286 n.; 


t. complexus 121 n.; 


termini componibiles 407 #.; 


t. communis, def. 404 n.; -t. com- 

munis habet duplex significatum, 

primarium et secundarium 68 n.; 

inoltre 88 n., 100 n., 101 n., 102 

n., 103 n., 134 n., 135 n.,, 155, 

156, 158, 159 n., 160 n., 161 n., 

163 n., 166 n., 167 n., 174, 191 

n., 209 n., 210 n., 223 n., 233 n, 

244, 245, 246 n., 251, 252, 253 n., 

254, 255 n., 260 n., 264 n., 265 

n., 267 n., 269, 270 n., 271 n., 

272, 279 n., 280 n., 284 n., 285, 

286 n., 290, 291 n., 294 n., 303 n., 

314 n., 404, 406 n., 409 n., 441 

n., 443 n., 445, 448, 449 n., 460, 

464 n., 474 n., 546 n., 566 n, 

575, 582, 586, 596 n., 597 n. (v. 

appellatio, oratio, verbum); 


t. communis distributus 422 n., 

474 n.; 


t. communis non distributus 303 n., 

304 n., 474 n.; 


t. communis non restrictus 136, 157, 

166 n., 167 n.; 


t. communis substantialis sive acci- 

dentalis 159 n., 160 n.; 


t. compositus 121 n., 320, 504 n., 

505, 566 n., 585; 


termini concernentes actum mentis 

303, 455; 


t. confundens 19, 271, 295, 442 n., 

560, 566, 567, 575, 586, 587, 593 

ni, 596; 



683 



t. confundibilis 566, 575; 


termini confundibiles et supponen- 

tes 291 n.; 


t. confusus 155 n., 223, 254, 261, 

546 n., 596; È 


t. connotativus 111 n., 404, 425 n., 

572 n., 586 n.; 


t. connotativus dicitur habere du- 

plex significatum, materiale et for- 

male 111 n.; 


t. copulans 208 n., 211 #.; 


t. copulatus-disiunctus 121 n.; 


t. demonstrativus 407 n., 445, 450, 

563 (v. supponibilis); 


t. demonstrativus simplex 405 n.; 


t. non simpliciter  demonstrativus 

119; 


t. denominativus potest accipi du- 

pliciter 64 n.; 


t. denominatus 67 n.; 


t. determinabilis 547 n.; 


t. determinatus 261; 


t. non determinatus 373 n.; 


t. discretus, def. 404 n.; inoltre 

404, 406 n., 437 n., 445, 599 n.; 


termini disparati 185; 


termini distrahentes 178, 290, 370 

n., 460; 


t. distributus 241, 242, 259, 261, 

295, 302, 314 n., 474 n., 550 n, 

561 n., 562 n., 567, 576, 585; 


t. divisus 504 w.; 


termini exceptivi 424, 427; 


termini exclusivi 427; 


t. exponibilis, def. 427; inoltre 276, 

277, 403 n., 407 n., 408 n., 427, 

429, 433, 440 n., 466, 480 n, 

553 n., 587; 


t. illativus 442 n.; 


t. immediatus, def. 405, 582 n.; 



684 



inoltre 403 n., 404, 405 n., 407 n., 

443 n., 445, 557 n.; 


t. immediatus a posteriori, def. 

405 n.; 


t. immediatus a priori, def. 405 n.; 


t. impediens 290; 


t. impeditus 441 n.; 


termini impettinentes 567; 


t. implicitus 321; 


t. includens negationem 265 w.; 


t. inclusus 285 n.; 


t. incomplexus 587, 598; 


t. inferens 442 n.; 


t. inferior 274 x., 404 (v. inferior); 


t. infinitatus 270 n.; 


t. infinitus 291 w., 419 n.; 


t. maior 55 n.; 


t. medius 445, 614; 


t. mediatus, def. 404, 582 n.; inol- 

tre 402 n., 403 n., 404, 405 n, 

407 n., 443 n., 480 n., 553 n, 

557 n., 565 n., 582, 595; 


t. mediatus et communis 582 n.; 


t. mentalis 117 n., 394 n., 563; 


termini mentales substantiales 117; 


t. minor 55 n.; 


t. mobilis 240; 


t. modalis, def. 580; inoltre 277, 

290, 303 n., 369 n., 370 n., 371, 

372 n., 387, 390, 459 n., 460, 

464 n., 551 n., 561 n., 575 n,, 

576, 581, 594 n. (v. modus); 


termini modales exponibiles 557 n.; 


t. modalis captus adverbialiter et 

exponibiliter 372 n.; 


termini negativi 277; 


termini non negativi 459 n.; 


t. officialis (officiabilis), def. 454, 

459, 460, 552 n., 554 n.; inoltre 

277, 370 n., 372 n., 407 n., 408 

n., 409 n., 454, 459 n., 460, 462, 



Indice dei termini latini 



466, 468, 469, 543, 552, 554, 555, 

557 n., 558 n., 587 (v. officia 

lis); 


t. praedicabilis 101 n.; 


t. praedicatus 94 n., 134 n.; 


t. privativus 291 n., 419 #.; 


primus terminus probabilis 463 n., 

553: fia, 297 hi 


t. relativus 253 n., 425 n., 546 1n., 

576 n.; 


termini repugnantes 560; 


termini repugnantes per se, per ac- 

cidens 585; 


t. resolubilis, def. 435, 443 n., 446; 

inoltre 276, 403 n., 407 n., 408 n., 

440 n., 441 n., 443, 445, 466, 

480 n., 553 n., 569; 


t. non restrictus 135 n., 157; 


t. restringibilis 184; 


t. mediate sequens 251; 


t. significativus 179 n.; 


t. simplex 320, 406 n., 562; 


t. singularis 90 n., 179 n., 241 n, 

265 n., 404 (v. appellatio); 


t. subiectus 55 n., 94 n., 129 #.,, 

134 n., 153 n., 154 n.,, 205 n. 

(v. subiectum); 


t. substantialis 67 n., 160 #., 571; 


t. substantivus 106 n.; 


t. superior 235, 274 n., 436; 


t. supponens 288 n.; 


t. suppositivus 448; 


t. syncategorematicus 226 n., 454 n.; 


t. universalis 136, 211 n.; 


t. verbalis 549 n.; 


t. vocalis 109 n., 118 n., 220 n,; 


termini notiores 406; 


t. notior a posteriori 446; 


t. notior a priori 446; 


t. per se notus 405 n., 407 n., 588; 


termini omnino noti, medio modo 



Indice dei termini latini 



noti, omnino ignoti 563; 


t. primae intentionis 466; 


t. secundae intentionis 286 n., 370 

n., 371, 382 n., 460; 


t. secundae intentionis vel imposi- 

tionis 466; 


t. secundae impositionis 370 n., 460; 


t. aut sibi consimilis in forma 474; 


v. acceptio, appellatio, compositio, 

copulàtio, copulatum, discretio, ha- 

bitudo, intelligere, materia, neces- 

sitas, notitia, propositio, proprie- 

tas, restrictio, significatum, usus, 

Bpoc 


Transfiguratio, v. nomen 


Transsumptio 452 n., 521 n. 



Ultimum, v. primum 


Univocatio, def. 74, 77, 78, 146; 

«tres species univocationis 77; 

inoltre 74 n., 75, 77, 78, 146, 151, 

208 n.; v. fallacia 


Univocum 146 n. 


Universale, def. 221 n.; -u. est 

duplex 221 n.; inoltre 133 n., 221, 

228 n., 272, 273, 467 n., 468; 


universalia in rebus ponere 60 n.; 


v. descendere, significare 


Universalis (prop.) 275 n., 282, 356 

n., 401, 411 n. 412 n., 425 n, 

430, 492, 613 (v. propositio); 


u. multiplex 492, 494 n., 495 n.; 


u. negativa subalternans 449 n. 


Usus: -u. loquendi 57, 490 n.; 


u. loquendi et accipiendi terminos 

569; 


communis u. loquendi 155; 


u, loquentium 248, 286 n 



Valere de forma 447 n., 560 n., 563, 

566 n., 568, 585 



685 



Velocissimum, v. tardissimum 


Verbalis, v. dictum, modus, nomen 


Verbum, def. 140 n., 144; inoltre 

48 n., 49, 55 n., 87 n., 88 n, 

90 n., 95, 106, 107, 108 n., 109 n., 

110 n., 111 n., 113 n., 114, 115, 

116, 117, 129 n., 130 »., 132 n., 

134 n., 136, 141 n., 142 n., 144 n., 

147-149, 150 n., 151, 152 n-154 

n., 156, 157, 159, 160 n., 161 n, 

163 n., 166 n., 167 n., 168 n, 

169, 171, 172 n., 173 n., 175 n., 

176 n., 177 n., 179 n., 181 n, 

185 n., 186 n., 189 n., 190 n, 

192 n., 197 n., 198 n.,, 202 n, 

203 n., 204 n., 206, 209 n., 210 

hi; 211, 212 4 213; 215 n, 218 

n., 223 n., 225 n., 227 n., 228 n, 

230 n., 233 n., 241 n., 260, 261 

n., 267, 271 n., 284 n., 287 n,, 

288 n., 303 n., 304 n., 320, 331 

n., 336, 338 n., 346 n., 349 n., 

352 n., 353 n., 355 n., 359, 365 

n., 371, 386, 387, 388, 391, 405 n., 

406 n., 430 n., 442 n., 443 n, 

444 n., 446 n., 447 n., 448, 452 n., 

462, 481 n., 486, 491 n., 501 n., 

502, 503, 515 n., 522 n., 523 n.,, 

529, 534 n., 536 n., 537 n., 545 n., 

549, 556, 557 n., 560 n., 572 n., 

576, 581, 588, 599 n., 620; 


verba activa, passiva 262 n.; 


v. adiectivam 117 n., 201, 202, 206, 

214, 336, 347 n.; 


v. adiectivum resolubile 446 n.; 


verba ampliandi 95; 


v. ampliativum 176 n., 177 n., 405 

n., 441 n., 545 n.; 


verba desiderativa 149; 


v. distans 502 n.; 


verba impersonalia 341 n.; 



686 



. infinitivam 535 n., 557 n.; 


. infinitum 198 n., 291 n., 320; 


. modale 359 n.; 


. modificatum adverbio 343 n.; 


verba nuncupativa 201; 


verba obligatoria 304 n.; 


v. obliquum 177 n., 352 n.; 


verba optativa 149; 


v. principale 359 n., 423 n., 475 n., 


529, 546 n., 547 n., 561 n., 576; 


minus principale 529; 


privativum 259; 


rectum 177 n.; 


. resolubile 446 n., 448 n.; 


. restrictum 600 (v. connotatio); 


. substantivam 93 n., 116 n., 199- 


201, 202 n., 203 n., 204 n., 354 n., 


405 n., 406, 446 n., 448, 452 n. 

(v. officium); 


v. substantivum resolubile 448 n.; 


v. vocativum 201, 202; 


v. enuntiationis 150 n.; 


verba ad enuntiabilia pertinentia 

151; 


verba ad enuntiationem pertinentia 

134 n., 149; 


v. concernens actum mentis 589; 


v. significans actum animae 271 n.; 


verba significantia actum mentis 117, 

552 n.; 


v. significans actum vel habitum 

mentis 119; 


verba spectantia ad actum mentis 

292 n.; 


verba ad conceptum vel ad volunta- 

tem spectantia 286 n.; 


verba ad sensum pertinentia 134 n.; 


verba pertinentia ad rutum animae 

162; 


v.=terminus communis 191, 215 n.; 


casus verbi 172, 173 n.; 



<<<c%< 



Sssssss 



Indice dei termini latini 



infinitum verbi 552 n.; 


v. adiectivum, compositio, consignifi- 

care, consignificatio, copula, co- 

pulatio, determinare, determinatio, 

inhaerentia, modus, participium, 

resolvere, resolutio, subiectum, vis, 

pîiua 


Verificabilis 365 n., 366 n., 559 n. 


Verificare 116, 273 n., 280 n., 360 n., 


370 n., 477, 550 n., 566 n., 570 n., 


583, 585 n. (v. probare); 


collective 570 n.; 


copulative 480 n.; 


. disiunctive 479 n., 490 n; 


. temporaliter 590 


Verificatio 219 n., 360, 490 n., 567, 

570 n., 586; 


v. disiunctiva vel copulativa 567; 


v. instantanea, def. 574 n.; inoltre 

566 n., 574, 579 n., 582, 583 

Veritas 339 n., 344 n., 360, 365 n., 

366 n., 409, 419 n., 424 n., 449 n., 

473 n., 476 n., 477, 490 n., 492 n., 

495 n., 499 n., 503 n., 504 n, 

574 n., 583 n., 584, 596 n., 597 n., 


600; 


v. aeterna 464 n.; 


v. contracta 353 n.; 


v. contracta fallibilis, infallibilis 

353 n.; 


v. instantanea 583, 589 n.; 


v. simpliciter 353 n.; 


v. temporalis 600; 


quantum ad veritatem, quantum ad 

vocem 345 n.; 


de veritate propositionis 20; 


v. causa, iudicare, notitia, probare 


Verum, v. falsum, modalis, &Amdég 


Virtus: -v. confudendi 251, 252; 


v. confusiva 591, 592; 



<Sss 



Indice dei termini latini 



v. distributionis 253; 


v. negationis 177 n.; 


v. nominum 491; 


v. sermonis 102 n., 174, 248 n., 285 

n., 490 n.; 


v. significandi 101 n. 


Vis: -v. ampliandi 136, 157, 159 n., 

160, 162, 167 n., 168 n., 169, 

209; 


v. confusiva 594 n., 596 n.; 


v. confudendi 224, 252, 271, 276, 

277, 285, 286, 287, 294, 302, 321, 

442 n., 443 n., 545, 546 n., 549, 

550 n., 581 n., 585, 595; 


v. confudendi confuse distributive 

266; 


v. confudendi confuse tantum 267, 

268 n.; 


v. confudendi confuse tantum mo- 


biliter 304; 


. confudendi aut distribuendi 290; 


. confudendi immobiliter 304; 


. coniunctionis 194; 


. copulationis 202 n.; 


. determinandi 365 n.; 


enuntiationis 341 n.; 


. immobilitativa 596 n.; 


immobilitandi 242, 243 n.; 


. mobilitandi 242, 243 n.; 


modi 342; 


. negationis 274 n., 276, 436, 442 


n., 548 n.; 


. praedicationis 199, 200; 


. significationis 205 n.; 


. signi universalis affirmativi 293 n.; 


. substantivi 199, 200; 


. verbi 199, 200 n., 204; 


. vocis 490 n. 


Vocabulum, def. 49 n.; inoltre 47, 

48, 49, 50 n., 53 n., 59 n., 60, 



Sdi di 



Vv 

Vv 

Vv 

Vv 

Wi 



687 



63 n., 70 n., 81 n., 218 n., 394 n., 

505 n. (v. mpoonvopla) 


v. adiectivam 145 n.; 


vocabula denominativa 54, 59 n. 


Vox 17, 52 n., 67 n., 68, 69, 70, 74, 

79 n., 84, 96, 97, 103, 109 n, 

126 n., 129, 132 n., 142, 154, 

181, 195, 197, 208, 218 n., 373 n., 

382, 394 n., 402 n., 413, 414, 

417 n., 418 n., 434 n,, 452 n, 

453 n., 463, 502 n., 505, 514 n., 

515 n; 516, 517, 527, 932 4%; 

591; 


v. articulata 195 n.; 


v. litterata et articulata 528 n.; 


prima articulatio vocis 195 n.; 


v. communis 221 n.; 


voces complexae 417; 


v. confusa 217 n.; 


v. incomplexa 417, 418, 505 n.; 


v. prolata 221 n.; 


voces res significantes 218 n.; 


v. significativa 68, 69, 70, 79, 97 n., 

132 n., 140, 141 n., 180, 214 n,, 

218 n., 231, 467 n.; 


v. significativa ad placitum 140 n.; 


v. universalis 221 n.; 


identitas vocis 531; 


ex parte vocis 67 n.; 


in voce 513, 514, 574; 


secundum vocem 252, 513 n., 514, 

517; 


v. praedicata accipitur sive ut ma- 

tetiae, id est in essentia, sive ut 

formae, videlicet. in adiacentia 

205 n.; 


v. acceptio, accidens, appellatio, for- 

ma, impositio, instituere, institu- 

tio, materia, modus, officium, 

praecedere, significatio, substantia, 

veritas, vis, QWW) 

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