Sia a causa di una lontana parentela. etnica, sia perchè l'influenza delle vicine colonie greche dell’ Ita- lia meridionale avrebbe agito efficacemente fin dal se- sto secolo avanti l’era volgare, certo è che l’organiz- zazione politica delle città italiche, all’inizio dell’epoca storica, presenta molte analogie con quella dello stato- città ellenico. In Roma infatti, che è la più nota fra le città italiche, troviamo in origine il Re, il Senato composto nei tempi più antichi dai capi delle diverse genti pa- trizie, ed i Comizi, ossia l’assemblea del popolo. Abo- lita come in Grecia la regalità ereditaria e sostituita ad essa il consolato e le altre magistrature temporanee, elettive e quasi sempre multiple, sorse presto anche a Roma la lotta tra l’antica cittadinanza patrizia, costi- tuita da coloro che facevano parte delle antiche genti e la nuova cittadinanza plebea, composta a preferenza dai discendenti degli stranieri domiciliati e dei servi liberati. E per un certo tempo pare che due città coe- sistessero nell’Urbe, con magistrature speciali all’una ed all’altra, finchè si fusero quasi intieramente con una 62 GAETANO MOSCA costituzione che ricorda molto il tipo ellenico della città-stato, ma che si distingue da essa per alcune par- ticolarità originali. Le principali sarebbero la maggior facilità con la quale veniva accordata gradatamente la cittadinanza, od una semicittadinanza, alla parte mi- gliore dei popoli vinti, il mantenimento di tutti i di- ritti di cittadinanza ai coloni che si spedivano in siti abbastanza lontani dalla capitale, ed infine il carattere spiccatamente aristocratico che conservò fino all’ultimo secolo della repubblica la costituzione romana rispetto a quella di quasi tutte 1é città greche. | Infatti il Senato romano nell’epoca storica era com- posto da coloro che erano scelti dal censore fra le per- sone che avevano esercitato cariche elevate, e solo in un'epoca relativamente recente i Comizi centuriati fu- rono riformati in maniera da togliere in essi la pre- ponderanza alle classi altamente censite ed accanto at Comizi centuriati furono ammessi i Comizi tributi, nei quali prevaleva il numero sul censo. Però la legge non poteva essere approvata se non nelia forma precisa con la quale i magistrati l'avevano proposta, ed il Senato romano ebbe attribuzioni ed autorità assai più larghe di quelle concesse ai corpi analoghi che si potevano trovare in qualche città ellenica. Ed in quanto alle cariche elettive il costume, più che lia legge, impedì sino agli ultimi tempi della repubblica che fossero con- ferite a veri popolani. Infatti il tribunato militare, che era il primo gradino che dovevano salire coloro che aspiravano alla carriera politica, fino alla fine della re- pubblica non fu praticamente accessibile che ai mem- bri dell’ordine equestre, i quali dovevano possedere un censo piuttosto elevato. Ma quando Roma, dopo avere sottomesso l'’ Italia, ebbe conquistato quasi tutte le terre bagnate dal Me- diterraneo apparì chiaramente che la costituzione della STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 63 città-stato, sia pure modificata nel modo accennato, non poteva più funzionare. Infatti la lontananza della. grande maggioranza dei cittadini era di ostacolo alla regolare e pronta riunione dei Comizi nel foro, i quali in ultimo non furono più frequentati che dalla pleba- glia che abitava nell’ Urbe. Inoltre diveniva impossi-- bile di conservare l’annualità delle cariche più elevate quando i consoli dovevano fare un lungo viaggio per recarsi nelle lontane province. Oltre a ciò era avvenuto un profondo rivolgimento- nella distribuzione della proprietà fondiaria, poichè questa si era a poco a poco accentrata nelle mani di un piccolo numero di latifondisti, e quindi era grada- tamente diminuita quella classe di piccoli proprietari che per lungo tempo aveva costituito il nerbo degli: eserciti romani. Per riparare a questa deficienza furono. promulgate due leggi: una proposta da Caio Gracco nell’anno 123 avanti Cristo, mediante la quale l’arma- mento non era più a carico del soldato, ma veniva. pagato dal pubblico erario, e l’altra proposta nell’anno- 108 avanti l’era volgare da Caio Mario, il riformatore- dell’organizzazione militare romana, con la quale ve-. nivano ammessi nelle legioni non solo i proletari ma anche i figli dei liberti. Conseguenza di queste leggi e delle guerre lun- ghe e lontane fu che all’esercito cittadino si andò mano mano sostituendo un esercito di soldati di me- stiere, reclutati negli strati più bassi della popolazione, e praticamente il comando (imperium), prima corcesso- solo temporaneamente e con possibilità di revoca ai comandanti delle legioni, divenne illimitato e si pro- trasse per molti anni; sicchè i soldati divennero facili strumenti dei loro capi sostenendone gli ambiziosi di- segni a patto di partecipare ai vantaggi della vittoria. In-questa condizione di cose bisogna ricercare una delle. 64 GAETANO MOSCA principali origini delle guerre civili, che ebbero come ‘conseguenza un sensibile spostamento della proprietà privata; perchè durante la prima, e soprattutto durante la seconda proscrizione, molte furono le terre che ven- nero tolte ai ricchi ed ai medii proprietari e furono «distribuite ai soldati, cioè ai proletari armati. Viva è stata una disputa fra alcuni storici moderni, perchè alcuni sostengono che Augusto ha voluto creare una nuova forma di governo, sostituendo l’ {mpero alla Repubblica, mentre altri invece opinano che egli volle conservare la forma repubblicana ritoccandola dove ‘era necessario. A noi la questione sembra, in tali termini, posta male; perchè le persone non troppo addentro nello studio delle istituzioni romane potrebbero in tal modo supporre che la repubblica in Roma antica fosse una forma di governo presso a poco uguale alle moderne repubbliche e che l'impero di Augusto avesse molta .somiglianza con gli imperi moderni. La verità è che Augusto vide che l’antica costituzione dello stato-città non poteva più funzionare dopo che Roma aveva sog- giogato tutte le coste del Mediterraneo e che i cittadini romani erano diventati milioni e perciò aggiunse a quelli antichi nuovi e più efficaci organi di governo, adattando pure, per quanto era possibile, gli organi antichi ai bisogni nuovi. Quindi i comizi come organi legislativi comincia- rono ad andare in disuso, sebbene Augusto abbia fatto .da essi approvare due importanti leggi tutelatrici del- l'istituto familiare, cioè la legge Papia Poppea de maritandis ordinibus e la legge Julia de adulteriis. L’ultima legge approvata dai comizi, di cui si ha no- tizia, è una legge agraria di Nerva dell’anno 97 dopo Cristo. La funzione legislativa dei comizi passò all’ Impe- STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 65 ratore ed al Senato, il quale emanava Senatus consulta aventi forza di legge. Però le antiche prerogative di questo corpo politico furono notevolmente limitate; in- fatti gli affari finanziari e la politica estera, che erano stati di sua competenza, furono in buona parte affidati all’ Imperatore !. Le province dell’impero furono divise in imperiali e senatorie; le une erano amministrate direttamente dall’ Imperatore mediante funzionari da lui nominati, le altre da funzionari nominati dal Senato. È da no- tare che le province imperiali erano quasi tutte ai con- fini dell'impero ed in esse risiedevano le legioni delle quali era generalissimo l’imperatore, il quale aveva con- seguentemente nelle sue mani la forza militare, e nelle province imperiali, dove vi era un governo militare, esercitava un’autorità assoluta. A Roma e nelle province senatorie 1’ Imperatore era un magistrato civile, però cumulava in sè tante cariche che la sua volontà era preponderante. Le an- tiche magistrature repubblicane furono quasi tutte con- . servate, ma, accanto ad esse, si istituirono nuove e più efficaci ciriche, coperte da semplici cavalieri o dai liberti dell’ Imperatore, che dipendevano direttamente da lui. Così a poco a poco la burocrazia imperiale 4 Nella civiltà. antica non si riscontra quella netta suddivi- sione di attribuzioni fra i diversi organi sovrani che, almeno teo- ricamente, esiste oggi nei paesi di civiltà europea ed americana; poichè spesso la stessa attribuzione, come ad esempio il potere legislativo, veniva a vicenda esercitata da due organi diversi. Di , fatto poi a Roma, nei primi due secoli dell'impero, i poteri del Senato si allargavano e restringevano secondo la volontà degli imperatori; più rispettosi essendo in generale dell’autorità del Senato quelli che lasciarono un buon nome, come ad esempio Traiano, meno assai quelli che furono dai contemporanei e dai posteri giudicati malvagi. oa G. MOSCA. 5 66 È GAETANO MOSCA soppiantò le antiche magistrature, che divennero col tempo puramente onorifiche. Rimase soltanto, come traccia e ricordo dell’antico regime politico, la /ex regia de imperio per la quale nominalmente era il Senato, come rappresentante del popolo romano, che conferiva all'Imperatore la sua potestà; sebbene di fatto era il favore ed il disfavore dei pretoriani e poi delle legioni che creava ed abbat- teva gli imperatori. Ad ogni modo la legge citata fa- ceva sì che, fino alla fine del terzo secolo dopo Cristo, la costituzione dell'impero romano si poteva distin- guere da quella degli antichi imperi orientali, nei quali il sovrano era tale per delegazione del Dio nazionale O per privilegio ereditario della sua famiglia. Di que- sto concetto relativo all’origine dell’autorità dell’ im- peratore romano si trova ancora il ricordo nelle Pan- dette di Giustiniano; e perfino alla fine del sesto secolo dopo Cristo san Gregorio Magno, scrivendo all’ impe- ratore d’Oriente, affermava che mentre i sovrani stranieri (reges gentium) erano signori di servi, gli imperatori romani (imperatores vero reipublicae) comandavano ad uomini liberi. Uno dei punti più deboli della costituzione impe- riale romana fu la incertezza della regola di successione, la quale faceva sì che nascessero frequenti lotte fra i diversi pretendenti al trono. I primi cinque imperatori appartenevano per sangue o per adozione alla famiglia Giulia Claudia, spentasi questa con Nerone nell’anno 68 dopo Cristo; dopo un anno di guerre civili sotten- . trava con tre imperatori, Vespasiano, Tito e Domiziano, la famiglia Flavia fino al 96. Con quell’anno prevale il costume dell’adozione, mediante il quale l’impera- tore vivente designava il successore e, mercè questo. costume, si ebbe una serie di buoni imperatori fino all’anno 180 dopo Cristo. STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 67 In quell’anno si tornò alla successione naturale, perchè a Marco Aurelio succedette l’indegno suo figlio Commodo e, dopo che questi fu ucciso, nel 192 dopo Cristo, ricominciarono le guerre civili fra i candidati alla successione, sostenuti ognuno dalle proprie legioni, e con il ricominciare di queste lotte si manifestarono i primi indizi della decadenza dell’ impero e della ci- viltà antica. Le dottrine politiche degli scrittori romani non sono molto originali; i Romani, uomini eminentemente d'azione, amavano poco di teorizzare. Inoltre nell’ul- timo secolo della Repubblica, epoca torbida di lotte civili, le teorie servivano poco e l'influenza delle dot- trine greche era preponderante. E sotto l’ Impero man- cava il fine pratico per l’indagine teorica dei problemi politici. . i Ad ogni modo fra gli scrittori romani nei quali si trovano pensieri che hanno rapporti con la vita po- litica si può anzitutto ricordare Lucrezio, il quale nel suo poema De rerum natura dopo aver ammesso l'esistenza degli Dei, i quali però non si occuperebbero delle cose di questo mondo, ricerca le origini degli ordinamenti politici. Afferma che in principio gli uomini si riunirono in città sotto capi scelti tra i più forti ed i più pre- stanti, poichè questo è il significato che bisogna dare all’aggettivo pulcher che Lucrezio usa; costoro dege- nerando abusarono del loro potere raccogliendo nelle loro mani tutte le ricchezze e suscitando così la ribel- lione dei governati, la quale avrebbe provocato uno stato di anarchia che avrebbe reso necessaria la for- mulazione delle leggi e l'elezione dei magistrati. Come facilmente si vede vi è in queste teorie molto eclettismo e si sente in esse l’ influenza di Pla- tone e di Polibio. 680 " GAETANO MOSCA Sallustio nella sua opera De bello jugurtino ‘ mette in bocca a Caio Mario una violenta invettiva contro l’aristocrazia romana, inoltre nella descrizione che fa della congiura di Catilina mette in evidenza in maniera efficacissima la corruttela della vita politica romana negli ultimi tempi della repubblica. Altro scrittore che si occupò anche di politica fu Cicerone che nel De republica, nel De legibus e nel De officiis esaminò le tre tradizionali forme di governo, affermando la sua preferenza per un governo misto nel quale le tre forme erano fuse. Appare in ciò chiara- mente l’ influenza di Polibio. Oltre a ciò Cicerone par- lando della schiavitù non ammette la teoria aristotelica della disuguaglianza degli uomini, ma la giustifica con un principio di diritto internazionale, affermando cioé che nella guerra i vinti ai quali si lascia la vita diven- tano servi. Intanto è giusto ricordare che Cicerone trattava assai umanamente i suoi schiavi, specialmente quelli colti che venivano -dall’Oriente, e difatti sono molto affettuose le lettere che scrisse al suo liberto e colla- boratore Tirone. Seneca, basandosi sulla distinzione fra diritto na- turale e diritto civile, sostenne che la schiavitù non era giustificabile dal punto di vista del diritto naturale, ma lo era in base al diritto civile. Tacito nel libro IV degli Annali dice incidental- mente che i governi misti di monarchia, aristocrazia e democrazia è più facile che siano lodati anzichè effet- tuati e che, se sono effettuati, non durano. Non sem- bra che Tacito sia stato repubblicano nel senso che avrebbe desiderato il ritorno all’antica forma di go- verno anteriore a Cesare e ad Augusto, egli era sol- tanto avverso ai cattivi imperatori e lodava quelli buoni, ‘ che avevano saputo conciliare il principato con la li- STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 69 bertà, cioè col rispetto delle leggi e dell’autorità del Senato. X CENNI SULLE CAUSE DELLA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO E DELLA DISSOLUZIONE DELLA CIVILTÀ ANTICA. Il più grande contributo alla elaborazione della ci- viltà antica lo diede la Grecia, ma fu merito di Roma l’avere esteso i risultati della cultura ellenica a buona parte dell’Asia, all'Africa settentrionale ed a tutta quella parte dell’ Europa che sta a mezzogiorno del Danubio e ad occidente del Reno e perfino alla parte meridio- nale della Gran Bretagna. E merito anche maggiore di Roma fu quello di avere introdotto, dovunque esten- deva il proprio dominio, leggi, idee e costumi presso a poco uguali, sostituendo, senza apparente coazione, in Occidente il latino, in Oriente il greco, alla molti- tudine dei linguaggi barbarici e facendo col tempo spa- rire ogni distinzione fra vincitori e vinti, conquistatori, e conquistati. Poichè con l’editto di Caracalla, del 212 dopo Cristo, si estendeva la cittadinanza romana a quasi tutti i provinciali, completando così quella unità politica e morale di tanta parte del mondo civile, che, dall’ora in poi, non è stata più raggiunta. ° Urbem fecisti quod prius orbis erat. Così cantava il poeta gallico Rutilio Namaziano al principio del quinto secolo dell’era volgare, riassumendo in poche parole l’opera grandiosa che nel corso di pa- recchi secoli Roma aveva compiuto. La ricerca delle cause che produssero la caduta dell'Impero romano d'Occidente è ancora uno dei più 70 GAETANO MOSCA oscuri problemi fra quelli che presenta la storia. Poichè non si tratta soltanto di spiegare il crollo di un orga- nismo politico, ma la dissoluzione, sia pure non com- pleta ma certamente profonda, di una civiltà. Una os- servazione, che forse finora non è stata fatta, è quella che riguarda la China e fino ad un certo punto l’ India, paesi la cui civiltà ha avuto pochi contatti con quella ellenica e romana, e nei quali, pur essendosi succedute parecchie invasioni barbariche, i conquistatori, in capo ad un paio di generazioni hanno assorbito la civiltà dei vinti e questa ha continuato il suo corso senza che la decadenza sia stata lunga e molto sensibile. Ciò che non è avvenuto alla caduta dell'Impero romano d’ Oc- .‘cidente, ragione per la quale si può supporre che essa sia principalmente dovuta a cause interne. È già noto che i primi gravi sintomi della crisi si ebbero nel terzo secolo dopo Cristo e che essi sono visibili perfino nell’arte e nella letteratura, che mani- festano un notevole decadimento del gusto e del pen- siero. Si è pure accennato alla mancanza di una norma regolatrice della successione al trono che diede occa- sione ad una serie di guerre civili, durante le quali qualche volta si ebbero tanti imperatori quante erano le province importanti. Contemporaneamente ebbero luogo le prime irruzioni dei barbari, che sparsero la desolazione nella Gallia e nella penisola balcanica ed arrivarono un momento perfino nell'alta Italia. Gli imperatori Illirici Claudio secondo, Aurelia@o, Probo, Caro ed in ultimo Diocleziano riuscirono a re- spingere i barbari pur abbandonando loro la Dacia e quella parte della Germania che era ad oriente del Reno e si estendeva fino alle sorgenti del Danubio; poi Diocleziano per rinforzare il potere centrale com- piè l’evoluzione già iniziata da Settimio Severo e diede all'impero il carattere di una monarchia assoluta di STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 7I tipo orientale, trasformando anche in questo senso l’e- tichetta di corte. Egli cercò pure di fissare le norme per la successione al trono in maniera da evitare le guerre civili, mercè la coesistenza di due Augusti e di due Cesari che si rinnovavano per cooptazione. Ma, dopo il ritiro di Diocleziano, si rinnovarono le guerre ‘ civili, finchè Costantino ristabili l’unità dell’impero, che però durò poco e, dopo varie vicende, si spezzò definitivamente alla morte di Teodosio, nel 395 d. C. Durante tutto il quarto secolo dell’era volgare e nei primi decenni del quinto la dissoluzione politica, economica e morale dell'Impero romano di Occidente si aggravò sempre più fino a diventare un male irre- parabile. Come già si è accennato è difficile di accer- tare quale sia stata la causa prima di questa decadenza, dovuta probabilmente ad un complesso di cause, pre- valentemente di natura interna, alcune delle quali sono abbastanza note. E prima di tutto bisogna segnalare la diminuzione della popolazione dovuta, oltre che a qualche irruzione dei barbari, alle frequenti pestilenze ed alle carestie. Nè l’igiene pubblica nè il sistema dei trasporti erano allora così perfezionati da potere prevenire le stragi delle une e delle altre. Si aggiunga che la natalità era scarsa, perchè il Cristianesimo non era ancora così dif- fuso nelle plebi rurali da sradicare l’uso del procurato aborto e dell’esposizione degli infanti. La diminuzione della popolazione produsse naturalmente l'abbandono della coltura di molti campi, alla quale si cercò di ri- parare coll’istituzione del colonato, che legava l’agri-. coltore ed i suoi figli alla terra, rimedio artificioso ed insufficiente. Altra causa fu la decadenza della classe media, dovuta soprattutto all’eccessivo fiscalismo. Oltre alle dogane ed alla imposta del cinque per cento sulle ere- 72 GAETANO MOSCA dità, il maggior provento del fisco imperiale consisteva nell’imposta sulla proprietà terriera. Essa veniva ripar- tita mediante il sistema del contingente, in base al quale il governo centrale stabiliva l'onere di cui era gravato ogni municipio. Della riscossione erano inca- ricati i decurioni, ossia i membri del consiglio muni- cipale reclutato fra i maggiori censiti, i quali erano tenuti a ricoprire con le loro sostanze la differenza fra la somma stabilita e quella realmente riscossa. I grandi proprietari residenti a Roma o nelle ‘principali città dell'impero si facevano esentare facilmente dal decu- rionato, che così ricadeva tutto sulle spalle dei medi e piccoli proprietari e li rovinava. Si aggiunga che l’incertezza del valore della mo- neta doveva contribuire ad aggravare la crisi economica. Durante il periodo dell’anarchia militare, nella seconda metà del terzo secolo, si era cominciato a coniare mo- neta falsa, mescolando nelle zecche dello Stato del piombo all’argento e qualche volta all’oro. Natural- mente nel commercio queste monete erano accettate per il loro valore reale con un conseguente rincaro dei prezzi. Diocleziano cercò di -ripararvi con un’unica ta- riffa che stabiliva in tutto il territorio dell'impero i prezzi massimi di tutte le derrate e di tutti i servizi. Ma ciò era assurdo, perchè fra le altre cose era im- possibile che una derrata avesse lo stesso prezzo in: tutte le parti del vastissimo impero, sicchè, malgrado le gravi pene comminate a chi la violava, la tariffa non fu applicata. È noto anche che in molte parti dell’impero il brigantaggio era una piaga permanente e contribuiva. a turbare la sicurezza dei beni e ad impoverire a pre- ferenza il medio ceto, perchè i ricchi si difendevano. con le loro guardie private ed i poveri erano difesi dalla loro stessa povertà. STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 73 Ma soprattutto ciò che aggravava le conseguenze degli errori del governo e rendeva inefficaci quei prov- vedimenti che sarebbero stati utili fu la corruzione della. numerosissima ed invadente burocrazia, la quale, dopo il terzo secolo, avea conquistato sempre maggiori po- teri a Scapito delle libertà individuali e delle autonomie municipali. Gli storici ricordano qualche caso tipico di questa corruzione. Quando i Goti, sospinti dagli Unni, chiesero verso la fine del quarto secolo di sta- . bilirsi nel territorio dell'impero a mezzogiorno del Da- nubio, gli imperatori accolsero la loro domanda, e pro- misero loro viveri per un anno e sementi per coltivare la terra a patto che consegnassero le armi. Or i fun- zionari incaricati di questo servizio li derubarono dei viveri e delle sementi, e, lasciandosi corrompere dai loro doni, lasciarono loro le armi. Sicchè i Barbari si ribellarono, devastarono la penisola balcanica e scon- fissero ed uccisero in battaglia l’ imperatore Valente. Altrò caso tipico di corruzione burocratica fu quello narrato dallo storico Ammiano Marcellino a proposito di una serie di inchieste che ebbero luogo in Tripoli- tania. | Senonchè tutto ciò spiega solo in parte la caduta dell’ Impero romano d'Occidente e, fatto più grave di questa caduta, la grandissima decadenza, per non dire la dissoluzione, della civiltà antica. Perchè in ogni paese civile ed in ogni generazione, accanto alle forze dissolvitrici, vi sono sempre quelle conservatrici e ri- costituenti, rappresentate dai caratteri nobili e devoti al pubblico bene; ed uomini di questo carattere non mancavano nella società romana nel quarto e quinto secolo dell’era volgare, tanto vero che la Chiesa ebbe allora una serie di uomini superiori, come indiscutibil- mente furono sant’Ambrogio, son Girolamo, sant’Ago- stino, san Paolino di Nola, Salviano, Paolo Orosio, ecc. vi! GAETANO MOSCA Ma questi uomini superiori per ingegno e moralità non ritardarono la caduta dell'Impero romano d’Oc- cidente perchè facevano parte della gerarchia eccle- siastica; nella quale, sebbene non facesse difetto il patriottismo, la salvezza dei corpi era posposta a quella delle anime. All’ideale pagano (partecipazione attiva alla vita dello Stato, sentimento del dovere civico e militare, concezione immanentistica della vita), si so- stituiva, in gran parte e necessariamente, quello cri- stiano (disinteresse per le cose di questo mondo e quindi anche per lo Stato, aspirazione alla beatitudine eterna, concezione trascendentale della vita, considerata come un esilio, un passaggio, un ostacolo al raggiungimento della perfezione cristiana). Veniva cioè dissolvendosi quell’ insieme di idee e di sentimenti che sino ad al- lora aveano diretto l’azione della civiltà antica e per- ciò veniva a mancare quella forza morale che è il coefficiente essenziale degli sforzi collettivi di ogni so- cietà umana, e tale mancanza doveva -di conseguenza produrre, sotto la spinta di un urto esteriore un po’ grave, la dissoluzione dell’organismo politico e della civiltà che erano da quella forza morale vivificati e so- stenuti. Così morì l’ Impero romano d’Occidente, che, meno favorevolmente situato di quello d’Oriente, ebbe inol- tre la sventura di essere assalito ed invaso dai Barbari proprio nel periodo più acuto della crisi morale, oc- casionata dal diffondersi del Cristianesimo fra la sua classe dirigente; mentre l'Impero d’Oriente ebbe il tempo di reintegrare le proprie forze materiali e mo- rali, di superare il momento peggiore della crisi e potè ancora durare per quasi un millennio. Colà il Cristianesimo, diventato nel sesto secolo dell’era vol- gare e nei susseguenti religione nazionale dell’impero, contribuì ad accrescerne la forza ed a mantenerne la - n STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 75 compagine di fronte agli attacchi prima dei Persiani, poi degli Arabi e per lungo tempo dei Barbari del set- tentrione. Nè bisogna dimenticare che a cominciare dagli inizi dell’ottavo secolo la lotta contro il culto delle immagini fu l’effetto, nella società bizantina, di una reazione dell'elemento laico contro l’ascetismo ed il monachismo.
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