Sunday, June 2, 2024

Grice e Rignano

 Il ragionamento in rapporto 

al finalismo della vita. 


Brevi parole ci basteranno per trarre la conclusione del 
nostro lavoro. L'analisi di questa facoltà suprema della mente, 
quale è il ragionamento, ci ha condotto a constatare come 
esso sia tutto costituito, in definitiva, dal giuoco reciproco 
delle due ‘attività fondamentali e primordiali della nostra 
psiche : le intellettive e le aftettive; le prime consistenti nella 
semplice evocazione mnemonica di percezioni od imagini del 
passato ; le seconde manifestantisi come tendenze o aspirazioni 
dell'animo nostro verso un dato fine, al cui raggiungimento 
è rivolto il ragionamento stesso. 

Abbiamo visto l’attività affettiva entrare in giuoco nel 
ragionamento, non solo direttamente colla sua opera evocatrice 
e selettrice ed escluditrice delle imagini sensoriali, bensì anche 
sotto forma di altre facoltà dello spirito che da essa derivano. 
Così la facoltà di fare attenzione a quanto si pensa, e quindi 
di mantenere la coerenza del pensiero -e. di esercitare lo spi- 
rito critico, quella di imaginare combinazioni nuove a mezzo 
di elementi mnemonici vecchi, la facoltà di classificare e di 
porre un po’ d’ordine nell’infinita e caotica congerie di fatti 
che cadono sotto i nostri sensi, quella di creare concetti sempre 
più generali ed astratti, e così via: tutte queste facoltà di 
attenzione, di’ coerenza, di critica, d’ imaginazione, di classi- 
ficazione e d’astrazione, che elevano a mano a mano il ragio- 
namento dalle sne forme intuitive primordiali alle più alte 
deduzioni della scienza, si sono palesate alla nostra analisi 


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avere tutte un sostrato di natura affettiva. Abbiamo visto, 
parimente, avere origine affettiva anche la deformazione che 
subisce il ragionamento, quando dalla sua forma costruttrice 
e creatrice passa all’altra intenzionale, puramente classifica- 
toria, per lo più sterile, di cui le manifestazioni più tipiche 
sono il ragionamento dialettico e il ragionamento metafisico. 
Abbiamo visto, in seguito, l’ influenza che le tendenze affettive 
hanno nel determinare le varie forme di mentalità logica. 
Abbiamo visto, infine, le forme patologiche stesse del ragio- 
namento essere dovute, esse pure, a cause di pretta natura 
affettiva. 

L'attività affettiva ci appare, lina come impregnante 
per così dire di sè tutte le manifestazioni del nostro pensiero. 
Si può dire, anzi, essere essa l’unica ed effettiva costruttrice 
che, servendosi del materiale intellettivo di puri ricordi ima- 
ginativi, immagazzinati nelle nostre accumulazioni mnemoniche 
sensoriali, erige ogni e qualsiasi edificio del nostro raziocinio, 
dal più umile dell’animale più infimo al più sublime dell’uomo 
di genio. 

Ma questa facoltà affettiva, che così ci appare il grande 
artefice, incitatore e moderatore ad un tempo, della nostra 
mente, vedemmo essere alla sua volta dovuta alla proprietà 
mnemonica fondamentale; anzi, di questa proprietà mnemo- 
nica della sostanza vivente essere essa la manifestazione più 
genuina e più diretta. 

Di guisa che questa facoltà mnemonica, che già vedemmo 


in altre nostre opere spiegarci i fenomeni biologici più fon: 


damentali, — dal preordinato adattamento morfologico degli 
organismi e dall’inconsciamente preveggente comportamento- 
istinto degli animali alla trasmissibilità dei caratteri acquisiti, 
della quale tanto 1° evoluzione filogenetica che lo sviluppo 
ontogenetico sono la diretta conseguenza, — questa facoltà 


mnemonica ci si appalesa ora come capace di fornirci, da 


sola, anche tutte le manifestazioni più svariate della psiche. 
Se ad Archimede bastava un sol punto d'appoggio per sol- 
levare il mondo, alla energia vitale basta questa sua proprietà 
mnemonica per dar luogo a tutte le manifestazioni finalistiche 
più caratteristiche della vita e per creare tutto il meccanismo 
pensante e ragionante della mente. 

Già vedemmo questa facoltà mnemonica potersi definire 
come la capacità di riprodurre, per cause interne, quegli stessi 


CAPITOLO XVII. 397 


stati fisiologici specifici, a produrre i quali la prima volta fu 
necessaria l’azione delle energie del mondo esterno. Tentammo 
anche «di precisarne il meccanismo coll’ ammettere a base di 
ogni fenomeno vitale l’energia nervosa e col dotare quest’ul- 
tima della proprietà dell’accumulazione specifica, cioè a dire 
col supporre che ciascuna accumulazione nervosa sia atta a 
dare come « scarica » unicamente quella medesima specificità 
della corrente nervosa di « carica », dalla quale l’ accumula- 
zione stessa sia stata deposta. Ma mettiamo pur da banda 
tale ipotesi ; 1’ importante sta in ciò, che per avere le mani- 
festazioni biologiche e psicologiche più fondamentali della vita 
basta supporre nell’ energia nervosa, in più delle proprietà 
comuni a tutte le energie del mondo inorganico, néent’ alt70 
che la proprietà mnemonica. 

Non è, infatti, come molti sostengono, la proprietà di 
adattamento all'ambiente ciò che distingue energia vitale 
dalle energie del mondo inorganico. Tale proprietà di adatta- 
mento è comune a queste come a quella. È ciò che dimostra 
qualsiasi sistema fisico-chimico, il quale, ove venga ad avere 
disturbato il suo equilibrio dinamico da qualche mutamento 
sopraggiunto nelle condizioni esterne, si dispone con esse 
in un equilibrio dinamico nuovo, cioè a dire « reagisce » e 
< si adatta » a queste condizioni ambientali mutate. Così, 
p. es., se fermiamo a metà colle dita la corda di un pendolo 
che oscilla, questo si adatta alle nuove condizioni mettendosi 
ad oscillare più rapidamente. Se le pile d’un ponte vengono 
a restringere la sezione d’un fiume, l’acqua rigurgita a monte 
fino a che l’aumentata sua velocità fra le pile la fincecia de- 
tluire nella stessa quantità di prima. Il raggio di luce al mo- 
mento di entrare in un mezzo trasparente più denso si rifrange. 
E l’intensità della corrente elettrica, ferma restando la diffe- 
renza di potenziale ai poli, si commisura alla resistenza del 
circuito. Tutte queste sono altrettante forme di adattamento 
a mutate circostanze esterne da parte delle energie del mondo 
inorganico, le quali, prima di trasformarsi in altre forme ener- 
getiche, assumono piuttosto, finchè è possibile, le più diverse 
modalità, che permettano loro di proseguire nella forma stessa 
in cui già si trovano attive. Ciò che manca loro, in confronto 
all'energia vitale e nervosa, è unicamente la facoltà mnemo- 
nica, cioè la facoltà, ripetiamo, di riprodurre queste modalità 
energetiche di adattamento per sole cause interne, senza bisogno 


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che si ripresentino nella loro integrità quelle circostanze am- 
bientali che la prima volta costrinsero la rispettiva forma di 
energia ad assumere queste modalità di adattamento. 

Ora abbiamo visto questa proprietà mnemonica essere 
appunto ciò che dà alla vita il suo aspetto finalistico, cioè 
quello di essere mossa da forze « a fronte » anzichè dalle sole 
forze « a tergo ». Il fine verso cui gravita l’uomo colle sue 
tendenze affettive, le circostanze esterne ad affrontare le quali 
si avvia inconscio l’animale col suo comportamento complesso 
dettatogli dall’istinto, il rapporto ambientale ‘al quale sarà 
adatto l’organo che l'embrione plasma nell’ utero materno 
fungono ora da « vis a fronte » in quanto furono « vis a tergo » 
nel passato e in quanto le attività fisiologiche, allora deter- 
minate nell’organismo da queste circostanze esterne e da 
questi rapporti ambientali, hanno lasciato un’accumulazione 
mnemonica di sè, la quale costituisce ora, essa stessa, la vera 
ed effettiva « vis a tergo » che dirige e muove lo sviluppo e 
l'istinto e la condotta cosciente dell’ essere vivente. 

E il ragionamento, messo in moto dall’una o dall’ altra 
affettività primaria, controllato di continuo dall’affettività se- 
condaria del relativo stato d’attenzione, e poi dalla primaria 
stessa e da altre affettività ad essa strettamente connesse 
sospinto verso le forme più elevate e più astratte, è di questo 
aspetto finalistico della vita la manifestazione più alta e più 
complessa. 

Da ciò il tragico eterno contrasto fra la nostra vita inte- 
riore, tutta impegnata di finalismo, che sente questo finalismo 
essere carne della propria carne e sangue del proprio sangue, 
e l’inanimato mondo esterno, che, per quanto ansiosamente 
scrutato per secoli e secoli, da nessuna finalità sembra in- 
vece essere mosso. Tragico ed eterno contrasto, questo, fra 
il microcosmo essenzialmente finalistico e il macrocosmo pu- 
ramente meccanico, che costituisce il sostrato profondo della 
lotta più che millenaria fra la scienza e la religione, la prima 
costretta dalla ragione basata sui fatti a negare una finalità 
all’universo, la seconda invece irresistibilmente sospinta dalle 
più intime fibre del sentimento ad affermarla. 

Questo contrasto fra la ragione e il sentimento non avrà 
forse mai fine, a meno che l’uomo si rassegni a cercare, non 
più nell’universo tutto, bensì entro l’ambito più ristretto del 
solo mondo della vita, col quale ha comunanza di origine e 


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di natura, la ragione ultima della propria condotta, la finalità 
suprema della propria esistenza. E questa comunanza di ori- 
gine e di natura, se profondamente intesa, non mancherà al- 
lora di infondergli un sentimento di simpatia e di solidarietà 
verso tutti gli esseri, in genere, capaci di godere e di sof- 
frire, e di amore e di altruismo verso la famiglia umana, in 
ispecie, in cui più forte e ‘più conscio, perchè all’apice del- 
l'evoluzione organica, batte il ritmo della vita. Sarà tratto 
pertanto dal più profondo senso stesso del dovere a combat- 
tere ovunque, con opere di bene e di equità, ogni causa di 
dolore e a favorire ogni occasione di letizia, — diminuzione 
l’uno e aumento l’altra di attività vitale, — e a promuovere 
nel tempo stesso ogni forma di progresso sociale, ogni mani- 
festazione di bellezza, ogni slancio verso l’ideale, aftinchè 
sempre più completa e più serena e più elevata si svolga 
l’esistenza umana e sempre più radiosa e più pura risplenda 
nell'universo la face della vita. | 

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