Filosofo italiano. Brescello, Reggio Emilia, Emilia Romagna. Grice: “I read Nizolio and it’s like reading myself!” – Insegna a Brescia e Parma. Pubblica il lessico Observationes in M. Tullium CICERONE, Brescia, il Thesaurus CICERONE, Venezia, Facciolati, e il lexicon CICERONE, Venezia, Facciolati. Ha una lunga polemica con MAIORAGIO per una critica portata da quest'ultimo a CICERONE che, iniziata con la Epistola ad M. A. Majoragium, prosegue con l'antapologia e si conclude con i De veris principiis et vera ratione philosophandi contra pseudo-philosophos, Parma, scritto contro gli scholastici, che interessarono Leibniz al punto che questi li fa ristampare premettendogli il titolo Anti-barbarus Philosophicus, sive philosophia scholasticorum impugnata, con una prefazione ed una lettera a Thomasius sulla dottrina del LIZIO, Francofurti, Roma, Bocca. E chiamato da Gonzaga a Sabbioneta. Contemporaneamente alle critiche di Ramo alla logica dei lizii, anche per lui occorre sostituire all'astrattezza di quella logica un pensiero che sia concretamente legato al reale, e a questo scopo la strada maestra sta nel ritrovare i processi del pensiero direttamente nella struttura grammaticale dell’italiano. Individua cinque principi per fare della buona filosofia. Il primo principio generale della verità e della buona filosofia consiste nella conoscenza della lingua romana, in cui sono espressi quei saggi filosofici. Il secondo principio è la conoscenza di quei precetti che si trovano nella grammatica e nella retorica di CICERONE, sostituendo la grammatica e la retorica alla metafisica, ontologia, o filosofia speculativa, dal momento che il metafisico si e preoccupato solo di ricercare il vero, senza occuparsi dell’utile, il necessario, o il pertinente delle cose trattate. Il terzo principio consiste nell’interpretare il filosofo antico come CATONE IL CENSORE, o Cicerone, o Antonino, e nello sforzarsi di comprendere il modo con il quale il popolo romano si esprime, essendoci verità in quella schiettezza – Grice: ‘slightness” -- di linguaggio. Il quarto principio generale del vero è il libero, e la vera licenza delle opinioni e del giudizio su qualunque argomento, in contro ogni domma, come richiede il vero e il naturale. Non devono essere dunque CICERONE o ANTONINO nostril maestri, ma i cinque sensi, l'intelligenza, il pensiero, la memoria, l'uso e l'esperienza delle cose. Il quinto principio afferma che, oltre a esporre ogni tesi con la chiarezza della lingua comune – l’italiano volgare, senza introdurre nel discorso oscurità (avoid obscurity of expression, be perspicuous [sic], avoid unnecessary prolixity [sic] o sottigliezze, occorre non trattare problemi che non hanno realtà. Esempi di invenzioni filosofichi prive di oggettività sono la idea platonica e la tesi del reale dell’universalie. Infatti, il reale è costituito soltanto da singoli individui e questi devono essere indagati non attraverso la loro natura propria e privata, ma attraverso la loro comune e continua successione. Si fa filosofia non astraendo, ossia togliendo da una singola realtà quel quid che viene poi analizzato come se esso fosse reale, ma comprendendo, ossia considerando insieme il singolo reale. L'universale è una vana e finta astrazione che deriva invece dalla comprensione di ogni singolare di ogni genere, accolto insieme con un atto solo, senza astrazione intellettiva, ma con il solo ausilio di un'intelligenza che comprende il singolare. In sostanza, noi non possiamo distaccare, con un'operazione dell'intelletto, un universale da ogni singolare, ma semmai passare dall'individuale al collettivo. L'operazione consiste nel sostituire alla dialettica la retorica e alla logica la grammatica ma, pur mettendo in rilievo i difetti della logica classica, non riesce a fondare una nuova logica efficace e persuasiva. Saggi: Garin, Rossi, Vasoli, Testi umanistici su la retorica; Testi editi e inediti su retorica e dialettica di N., e Ramo, Milano, Bocca N. in M. T. CICERONE observationes Caelii Secundi Curionis labore et industria secundo atque iterum locupletatae, perpolitae et restitutae. Ejusdem libellus, in quo vulgaria quaedam verba et parum Latina, ad purissimam CICERONE consuetudinem emendantur, ab eodem Caelio, s.c. limatus et auctus; Dizionario Biografico degl’italiani. Ballestri, Massimiliano. Milano, Cosmo, Battistella, umanista e filosofo, Treviso, Zoppelli, Il rinnovamento scientifico moderno, Como, Meroni, Rossi, La celebrazione della rettorica e la polemica anti-metafisica del De Principiis in La crisi dell'uso dogmatico della ragione, Banfi, Milano, Bocca; Fink, Logica aristotelica Universale Idea. Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana; Calogero, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Grice: “I was slightly disappointed when I got hold of Nizolio’s overadvertised masterpiece, the “Lexicon Ciceronianum;” while Urmson liked it, I found it more to be a common-or-garden dictionary. I did not care for philosophical concepts, seeing that he starts wih “A”, ‘the first letter of the alphabet,’ as N. defines it. So, I went straight to the third tome – heavy as they are, and reprinted in London for use at public schools –‘adolescens’ – to ROMA, ROMANVS, ROMVLVS. As for his advice as to deal with the longitudinal unity of philosophy and his rhetorical, ‘Plato is my friend but a better friend is truth,’ I can’t believe it coming from one who dedicated his life to TRACE every little ‘diom’ (slogans as the London edition has it) uttered by Cicero! WhileI would expect praise against the barbarian scholastic from Roger Bacon, it sounds hypocritical coming from Leibniz. By N.’s standard, Leibniz was a barbarian his self. The scholastics actually saved the books from the flames of the Longobards and the Eastern Goths (earlier on) Roma, Contr. RuJ. Romain montibus posita, et convalUbus, ccenacolis sublata atque suspensa. 1. de Div.. Certahant, Urbem Romam Uemamne vocdrent, Post led. in Sen. Roma arx omnium terrarum. De Pet Cons. Roma civitas CK nationnm conventu constituta. de Onu. Roma domus virtutis, imperii et dgnitatis. Roma domid Uum imperii et gloris. Roma luxorbisterraruhi, et arx onuuum gentium. Div. Bmoul sexennioj post Veios captos a GaUis capta. Rome et reges augnres, et postea privati eodem sacerdotio prsediti, lem pub. regionum autoritate rexemnt. Qu. Fr. Roma, ubi tanta arrogantia est, tam immoderate libertas, tam infinita hominum centia. Redu Romam Fonteu cansa. Idns Qu. de Nat. Roma in terries nihU meUns. Inoer. Romam conditam 01 vmpiadis sestss anno tertio. Romani. Pro Leg.Man. Romani pn»ter ctiteras gentes laudis et glori» avidi. Romani cives facti Siculi lege Antoni L. Fara. Romani veteres atque urbau sales. Tus. Romani serius quam GffKci poeticam acceperant 1. Di. Romaia nihU in bello sineextis agebant nihU d<»B& sine auspiciis. Off. Romani toscoianos, equos, volscos, sabinos, Hemicos, victoria parta non modo conservarunt, sed etiaro in ciritatem acceperant Pro Mur. Romani tempora voluptatis laborisque dispelrtiunt, etc. Tus. Romani omnia aut invenerant per se sapientius, quam Greciaut accepta ab illis fcicerant meUora. Div. Romani omnibut rebus agendis, quod bonnm, faustum, felix, fortunatnmque esset prefabantur. Pro Cnc. Romani eos vendere solebant, qui mUites facti non essent de Ora. Romani minos qoam liitm Utteris stndebant Pro Leg. Man. Romani omnibus navalibus puffuis Carthagienses vicerant Aoad. Romanorum antiqua juris jurandi formulaet consuetudo. de Or. Romanoram ingenia raultnm csBteris liomiaibos omnium gentium prsstiterunt Snavitassemkonis Atticoram et Romanomm propiia. Tosc. Apod priscos Romanos morem honc epolaram fiijsseantor est Cato in Originibos, ut deincepi, qui aocobaient, canerent ad tibiam virorom daroram Uodes atqoe virtutes Romanos, a, uro. de Nat Romana RO JaiioteIbBoa«t,<f«aUs8oif2li« $.S.Fo^ paU RoaiaBi ovnk religio in ftcrt etin anspida diyia. Popalnm Boaunun nan DJ saasnon Sn defendenda ropnb.sed Sn pUndendo cooso Bieie. Bum non nodo Romano bomini, sed ne Perse qwden coiqaam tolerabile. Fam. Bomaoo nsoae oommendare. Romano more feqni. de Orat et Ver. Romani ladL Att. Nu Bc Romanas res aedpe. Romilla, iribus. t. cont Ral. Respondit, Romilla tribo se initiam esse £se-tnram. I^, Tribos. Romalos, li, Qutnntti. Romalam qu banc aibem condidit, ad deos immortales benerolentia famaqae sastulimas.de L. Roawhis post exoessum suum dixit Proculo Jolio, se deom esse, et Qaoinum vocartem plumaae sibi dedicari ia eo loco jussit Romuhis quem iaauratum m Capitolio pamun ac lacttntem, uberibos lopiais inhiantem fuisse meministis. OfF. Peccavit igitar, paoe vel Qoirini toI Bomali du Eerim. de D. Romuhis puldier. Ih, Romulus urbm auspicato oodidit Roamlus non solom aospieato Romam condidit, sed etiam optimos augur feit de N. Romnlos auspicBs, Numa sacris constitatb, fandamenta jeeit ostiSB dTitatii. Off. Romjlus, cum ci visom csset utilios solum, quam cum altero regnarefiratrem interemit De Or. Roma Jns consitto magis et sapientfaqaam doqueotia usns est S. Div. Romolas et Remus com altrice bdhui vi folminis idi oooddeiant Romulis et Remus ambo augures fberant Roorali stataa decoelo taeta. Som. Ronmlo moriente deficere sd bommibas eatingaiqao visus est. Summatim quanam fine principia generalia veritatis investigande, recteque philosophandi. Item in summa quanasmint princigpeianeralia pseudo-philosophorum et perverse philosophandi. De generali omnium nominum divisione in substantiva, adjectiva propria appellativa, deq; eorum proprietatibus et differentia, nginguam facisusque inbuncdicmab ullo traditisaut cognitis, contra pseudophilosophos. De nominibus propriis et appellativis, tam cole&li vis quam simplicibus non cola Letivis, ac decorum proprietatibus et diferentis, contra philosophastros. s.De us)0(sem (falsis. De denominativis reliquis capitibus Ante predicamentora, vel supervalaneis vel. Universalia realia etiam five raese concedantur, tamen non fuisse facienda quin. Que numeross ed velunumtantum, hoc est, GENUS, vel plura quam quinque hoc est, septem veloflo, adiecto communi, simils, contrario, arque substantia. De nominibus substantivis et adiectivis. De eorum proprietatibus ac diferentis, contra pseudo-philosophos. De generaliomnium rerum divisione oratoria pera et deila pseudo-philosophorum falsa, simul quede voce universi anni versalis et in summa de falsirate universaslium realium ut vocant. Universalia realia nec propter scientias artes quetradendas, nec propter syllogismos eocateras argumentations formandas, nec propler predications superiorum de inferioribus faciendas necessario ese ponenda contra pseudo-philosophos. Universalia realta vere in rerum naturaese non posse. Co propter canone c, uirea Etiffime dicunt nominales. Cintra sultam illam realium opinionem de universalibus realibus, quorum rationes omnes plusquam in aneslabefaltaneur. um suffi.ientia , quamvocant. De toris, et corum divisionibus, compositionibus quepere, contra falsissimam dialecticorum de his omnibus doctrinam. De vere philosophico e oratorio genere et de vera eius definitione. Contra falsum genus dialecticum et falsam cius definitionem. De vera specie oratoria et vera ejus definitione, contra falsam speciem dialecticam et falsam illius definitionem. De vera diferentia et vero proprio philosophicis oratoriis do simulde eisdem adversariorum vel falfsis vel inutilibus. De accidente vero quid esmedin constanter definite et simul pauca quadam de falsis universalibus, eorum vanis questionibus in universum. De preceptis dividendi et definiendi oratoriis veris et dialecticis falis. De homonymis et synonymis grammaticorum veris quid vere sint et quis verus eoru mufus, contra ftultaila aquivocado analoga dialecticorum. Ele tantum modo unum et summum et verum á generalisimum genus oralo rium, quod est, genus rerum sex autem s a transcendentia Dialecticorum, decem pre dilamenia Aristotelis et tria Laurentii Vallaele falsa. Quam ob levem causam LIZIO CATEGORIAS fore predicamenta decemponenda ex iftima verii et quam non re et tetriatantum Vallusta rucrit, fimul quopactonosar borem generica ma Porphyri analonge diversam, faciendam arbitramur. GENUS rerum vere in duasrantum species divide in s ubstantias et qualitates, omnia alia accidentium dialecticorum pradicamenta sub qualitate generalitan quamo verascius specie sper econtineri. Simul de falsa universali. De o sem. De qualitate generali et omnibus e iustam comparata quam absoluta speciebus, praferrimquede qualitate speciali, quantum different a speciebus accidentium dialectic corum et fingillarim quærario de causa diversitatis. De nominibusscientia“ arris quid APUD LATINOS communite rad proprie significe ne, u quormo dis virum que corum accipiatur et deniq; quibus differentis attes elit entia mnter sediftinguantur, contra falas scientias et artes pseudo-philosophorum, (falla. De generalı scientiarum do atrium divisionenoftrarera, et pseudo-philosophorum. De errales LIZIO in generalı philosophia divisione admflis. Dialectica minter scientias ariesnecut universalem nec ut particularem ul lumomninolo cum habere pose sed tanquam non modo falsams ed etiaminutslem de sua pervacuam ex omni artinm do scientiarum numero ejiciendam. Metaphysicam inter scientias Cartesnecut universalem nec ut parricularem ul lumomninolo, um habere pofe, sed tanquam partim falsam, parliminutlım, partim super vacnam ab omni artium scientiarum numero removendam. De comprehensione universo rufmingularium vere philosophica de oratoria et simul de abstractınoe universalium pseudo-philodophia et BARBARA contrafallam Ardostotelis doctrinam falsode ceniis, abstrahentiam non efemendacsum. Oratoriam esse facultatem vere generalem, grammaticam sub se primo, deinde reliqua somnesarl es fcrentias vere continentem, iumpartese jusmajores breviter ex ponuntur omnes, ở cidem, quaà Pseudophilosophis unique fuerunt ablatare stituuntur. De sophisticis Elenchis ab LIZIO in Rhetoricam non recte introductis et delio brofophifticorum elenchorum quid senciendum, Que et quot fintea, quarequiruntur cascientise artibus, ex quibu spendetac fitomnis eorum dividio definition o distinclıo, contra falfam de eisdem rebus Pjendophialosophorum doctrinam. De utilibus et veris argumentis de que utılı vero eorum iam tradendorum, quam usurpandorum modo, conira partım fulumpurtom inutilem ipsorum doctrinam ab Aristotele traduam in libro Topicorum. De definitionibus nominis et verbido orarionis grammaticorum veris. Pseudo-philosophorum falsis, códealis, queab LIZIO falso vel inutiliter in libro Sepiépenveids traduntur. Dentılıbus et veris argumeniationibus, de queutilido verocarumufu, contrainu tolemdo vana LIZIO decudem rebus doctrmam traditam in libris Analyticorum. De falfa demonftratione & falfafcientia & falsa sapientia pseudo-philosophorum simul de inutili falsoque posteriorum analyticorum libro. De vanitate eorum, quaà recentioribus dialedicis appellantur parva logicalia. Libros qushodiefub Arif. Nomine leguntur plerosque non vere eflesri Roselicos, sed subdititioscon adulterinos, co ntra communem pseudo-philosophorum opinionem. De Platone, LIZIO, Galeno, Porphyrio. Deomnibus Arifterelis interpretibus Grucis, LATINIS e Arabibus: reviter quid sentiendum rectte philosophaturis. De ratione philosophandi o de corrigendis instaurandisq; Philosophia studis, qua nunc maxima exparte perveriae corruptfaunt. Marius N. stammt aus Brescello in der Provinz Reggio d’Emilia. Als Geburtsjahr wird allgemein und als Todesjahr angegeben. Indes ist diese Berechnung nach der Untersuchung Batistellas auf Grund inschriftlicher Argumentation um ein Dezennium zu spät angesetzt. Demzufolge lebte N. Ueber seine ersten Lebensjahre und Studien ist nichts bekannt. Finden wir ihn am Hofe des Grafen Gambarra, eines eifrigen Beschützers und Pflegers der Wissenschaften. Ihm widmete auch N. seine erste, abgefasste Schrift, die Observationes in M. Tullium CICERONE. Nachdem er eine lange Zeit als Hauslehrer in der gräflichen Familie tätig gewesen, kam er als professor in Parma. Wurde er, bereits, als Leiter an die von dem Herzog Vespasiano Gonzaga neuerrichtete Universität zu Sabbioneta berufen. N. war damals ein weithin berühmter Gelehrter: un vecehio consuraato negli studi dell’eloquenza e della filosofia, chiaro per molte opere, vittorioso neue concertazioni letterarie e per lungo usu di leggere sulle cattedre delle cittä piü cospicue praticissimo, di cui la memorianei fasti dell’italica letteratura, non perirä giammai. Altersschwäche und ein sich immer mehr verschlimmerndes Augenleiden hemmten den Greis gewaltig in dem schweren Berufe, den er auf sich geladen hatte. Schon ereilte ihn der Tod, ob zu Sabbioneta, oder in seiner Heimat Brescello, lässt sich nicht bestimmen. Vergl. Jöcher, Gelehrtenlexicon sub N. (Suppl.), der sehr ung'enau ist. Ausführl. biographische Notizen bringt Batistella: Mario N. Batist. Bat. Bat. Die Tätigkeit des N. erstreckte sich zunächst nur auf das Gebiet der klassischen Sprachen. Er beschäftigte sich mit der Interpretation griechischer und lateinischer Autoren, vor allem des CICERONE. Mit rastlosem Fleiss verband er einen kritischen und vor allem natürlichen Sinn. Aus dem letzterem Umstand erklärt sich auch wohl der realistische Standpunkt, den er in philosophischer Hinsicht verfocht. Zu eigentlich philosophischen Spekulationen kam N. erst spät und zwar durch einen mehr äusseren Umstand. Während seines Aufenhaltes zu Parma geriet er in einenheftigen Streit mit MAJORAGIO (si veda), Professor der Eloquenz in Mailand. Es handelte sich in der Hauptsache um zwei Fragen: Lateinischer Stil und Philosophie, CICERONE und il LIZIO. Majoragio war wie N. ein grosser Verehrer CICERONE, jedoch zog er der eklektischen Philosophie desselben die reine Lehre des LIZIO vor und vertrat die Ansicht, dass man die Philosophie CICERONE mit der des LIZIO in Einklang bringen könne. N. dagegen strebte dahin, den LIZIO für immer zu verbannen, indem er mit Ueberzeugung den Standpunkt von der falschen und unnützlichen Doktrin LIZIO vertrat. Diesem Streit, der auf beiden Seitem unerbittlich und unwürdig geführt wurde, machte schliesslich der Tod MAJORAGIO ein Ende.Bat. Le opere ei giudizi dei eritici. Bat. Bat. La polemica con MAJORAGIO vergl. femer Gerh. Phil. und N. in seiner Vorrede zum Antibarbarus: Ad Lectores contra MAJORAGIO. Bat.) Bat N. soll in zehn Jahren nicht recht haben schlafen können! (Jöcher a. a, 0.) nou solum calamo et chartis venenatisimis, sed etiam putrido et fœtenti illo ore suo contra vitam et mores nostros usque in hunc diem deblateravit et deblaterat, N. ad lectores in De veris principiis, ipse MAJORAGIO qui licet, de magnis et obscuris philosophiæ rebus loqui conetur, tarnen vere est acocfoc, et tantum seit de philosophia quantum asinus de musica, Vorrede. MAJORAGIO hatte auf die Angriffe des N. eine apologia erscheinen lassen, die N. mit einer anti-apologia erwiderte. Es folgte nun seitens MAJORAGIO Reprehensionum libri contra N., worauf N. mit seinem antibarbarus philosophicus antwortete. Seine AngriflFe fasste N. dann noch einmal zusammen in seiner Schrift: De veris principiis et vera ratione philosophandi contra pseudo-philosophos In der Hauptsache war N. mehr gelehrter Humanist als philosophischer Denker oder Kenner der älteren Philosophie. Sein Eifer für die Beförderung der klassischen Latinität veranlasste ihn zur Abfassung einer Reihe von Werken, die uns ein Bild geben von seiner bewunderungewürdigen Arbeitskraft. Nur die wichtigsten seien genannt. Als sein Hauptwerk ist wohl anzusehen ein Thesaurus sive Latinæ linguæ Lexicon, das, wie auch die meisten der anderen Werke, zahlreiche Neuauflagen erlebte. Das genannte Werk war bereits unter dem Titel Observationes in M. Tullium CICERONE, dann als Apparatus latinæ locutionis und endlich als Thesaurus CICERONE in Venedig, und erweitert von Zanchi gedruckt wonien, erschien es zu Frankfurt und zu Padua mit beigedruckten CICERONE Phrasen, die nicht von N. stammen. Ausserdem verfasste er die bereits erwähnte Antiapologia pro M. Tullio CICERONE et Oratoribus contra MAJORAGIO Ciceromastigen, ferner Defensiones locorum aliquot CICERONE contra disquisitione Calcagnini,Venedig, und übersetzte aus dem Griechischen ins Lateinische Galeni explanatio obsoletarum vocum Hippocratis. Fällt die Herausgabe des Werkes, welches das vollständige philosophische System des N. enthält und mit vollem Titel lautet: De veris principiis et vera ratione philosophandi contra pseudo-philosophos, in quibus statuuntur ferme omnia vera verarum ar- [Bat. Bat.] tium et scientiarura principia, refutatis et rejectis prope Omnibus Dialecticorum et Metaphysicorura principiis falsis, et præterea refutantur fere omnes MAJORAGIO objectationes contra eundem N. usque in hanc diem editæ. Parma apud Viottum, Schon die Titel der Werke beweisen, dass die Tätigkeit des N. eine mehr philologische als philosophische gewesen ist. In der ersteren Eigenschaft hat er daher auch stets warme Anerkennung gefunden. Cælius Secundus, ein späterer Herausgeber seiner Observationes, nennt ihn im Proœmium einen gelehrten Mann, der sich unstreitiges Verdienst um die lateinische Sprache erworben. N. quasi Deus aliquis linguæ latinæ tanquam universitatem quandam fabricatus est, quam postea hominibus non solum ntendam, verum etiam excolendam tradidit Aehnlich äussert sich Simon Grynacus in der Vorrede zum Thesaurus CICERONE des N. Videtur hie vir in hoc uuo opere, postquam delectum latinæ dictionis, ne promiscue hauriremus, puritatemve linguæ confunderemus, optimum egit, simul et viam loquendi certam posthac et expeditam monstrasse et vim ac copiam sermonis Latii totius omnem effudisse et CICERONE libros nunc deum legendos omnibus exhibuisse. Einer seiner Verehrer H. Fröhlich besingt das Lob des italienischen Humanisten begeistert in dem Ruhmespoem N. quem thesaurum congessit in unum, ex latiæ linguæ fönte, labore gravi: Tro)anas longe gazas superare memento, jjFortunas Crassi, divitiasque Midæ. Für die Philosophie ist N. hauptsächlich von Bedeutung, weil er der einzige Grammatiker ist, der Schule gemacht hat in der Philosophie und ferner als erster unter den filosofi razionali in Italien ausführhch gehandelt hat Ton der Dottrina metodica. Um indes den Philosophen N. ganz nach Verdienst würdigen zu können, muss man die Zeit, in der er lebte, in Rechnung ziehen. G. Bat. Daselbst auch die übrigen kleineren Schriften. Siehe Bat Die Renaissance ist in philosophischer Hinsicht charakterisiert durch die grosse Armut selbständiger philosophischer Spekulation und durch vorläufiges Fortwuchern der scholastischen Philosophie. Daneben kommen als positive Momente einerseits die Erneuerung antiker Systeme — vor allem ein von den humanistischen Philologen in engster Anlehnung an CICERONE gezüchteter Eklekticismus — andererseits eine mit der letzten Erscheinung eng zusammenhängende rhetorische Behandlung der Philosophie, speziell der Logik in Betracht. Die neologischen Humanisten mussten den Schriften CICERONE wegen der Schönheit ihrer sprachlichen Form gegenüber dem entstellten und verwilderten LIZIO der spätscholastischen Philosophie mit ihrer dunklen und vielfach sinnlosen Diktion den Vorzug geben. Daher sehen wir alle Philosophen der Renaissance in dem Streben, durch Beseitigung der sinnlosen Auswüchse den reinen und ursprünglichen LIZIO für den literarischen Betrieb der Logik wiederherzustellen und schliesslich die logische Disziplin zu einer rhetorischen umzugestalten, einig gehen. Galt der Scholastik LIZIO derp hilosophus xat' l^o-/'»]v, als Norm in jeder strittigen Sache, so bekämpfen die Humanisten, wie jeden Autoritätsglauben,vor allem die Ausschliesslichkeit, mit welcher man überhaupt nur dem LIZIO, den man noch dazu in entstellter Form in Händen habe, Wert beilege. Als Massstab und Norm will man vielmehr den eigenen gesunden Menschen- verstand und die fünf Sinne gelten lassen. Und in diesem Gesichtspunkte haben wir die Brücke zu der sensualistisch-nominalistischen Tendenz, die gleichfalls mehr oder weniger die Philosophen der Renaissance insgesamt beherrscht. Neben dem Italiener N. kommen hier als bedeutende Vertreter der Renaissance-Philosophie in Betracht der Römer VALLA (si ved), und Agricola. N. bringt die Bestrebungen seiner Vorgänger zu einem gewissen systematischen Abschluss, sich grösstenteils an sie anschliessend, vielfach dieselben aber auch kritisierend. Von seinen Werken mass er selbst dem Antibarbarus Philosophicus die Hauptbedeutung zu, da er in ihm eine Reformatio Philosophiæ bewirkt zu haben meinte. Aber dennoch erntete er gerade durch seinen Index CICERONE seine Berühmtheit, während seine Philosophie schon beim Entstehen kaum dem Ersticken entging. Philosophia N. prope in ipso partu suffocationem aegre effugit. Das Geschick des in tenui labor, at tenuis non gloria bei N. begründet Leibniz durch den Umstand, dass N. in Italien schrieb, wo damals LIIO und die Scholastiker in allzu tyrannischer Weise herrschten. Leibniz ist der Ansicht, dass nunmehr seine Zeit, wo man wenigstens zugebe, dass auch ein LIZIO irren könne, auch den Verdiensten eines N. gerecht werden könne. Welche Wertschätzung Leibniz selbst dem italienischen Philosophen entgegenbrachte, beweisen ausser der von ihm besorgten zweimaligen Herausgabe des Antibarbarus die zahlreichen Anmerkungen, dieer in den Text hineinsetzte, sowie die Abhandlungen, die er im Anschluss an die Edition des N. Werkes erscheinen liess. Unter ihnen ist die ausführlichste und wichtigste die sogenannte Dissertation über den philosophischen Stil: Dissertatio Præliminaris de alienorum operum editione, de Philosophica dictione, de lapsibus N., wie Leibniz sie betitelt. Er schickte dieselbe nebst einer Widmung an den Baron von Boineburg, ausserdem einen Brief an Thomasius über die Versöhnung des LIZIO mit der neuen Philosophie De LIZIO recentioribus reconciliabili — sowie Exzerpte aus Briefen des Thomasius ad Editorem, Leibniz, der eigentlichen Abhandlung des N. voraus. G. Q. vel hoc saltem in confesso est, LIZIO errare posse. Renhissanoe and Philosophie. Leibniz' üebereinstiramung mit N. Die philosophische Diktion. Gerade die Schrift des N. musste Leibniz besonders anziehen; war doch desselben Massstab in der Beurteilung und Behandlung fremder Autoren derjenigen unseres Leibniz so durchaus ähnlich. Auch N. knüpfte an die Scholastik, die Alten — vor allem LIZIO — an, übernahm das viele Gute, das sich bei ihnen fand und besserte und reinigte, wo es ihm gut und notwendig schien. In dieser Behandlungsweise fremder Autoren sieht Leibniz ein Hauptverdienst des Nizolius; er hält ihn daher den Philosophen seiner Zeit entgegen, die nur darauf bedacht seien, sich ausschliesslich mit ihren eigenen Gedanken-erfindungen zu befassen. Ein gleiches Mass von Uebereinstimmung mit N. bekundet Leibniz in der Beurteilung oder vielmehr Verurteilung der Scholastik. Mit Recht musste seiner Ansicht nach Nizolius nach dem Studium des stofflich vielseitigen und stilistisch glänzenden CICERONE die scholastische Behandlungsweise, die mit ihren Finsternissen und ihrem geringen Gehalt an Nützlichem irgendwelcher Art jeglicher elegantia entbehrte, verachten. Zwar sucht Leibniz, die Scholastiker in Schutz nehmend, ihre Fehler und Schwächen zu entschuldigen mit den damaligen ungünstigen Zeitverhältnissen. Welchen Wert er aber im Innersten seines Herzens der Scholastik beimisst, beweisen die zornigen Vorwürfe, die er denen macht, ,,die noch jetzt, nachdem die Früchte gefunden, lieber die Eicheln essen wollen und mehr sich versündigen durch ihren Eigensinn als durch Unwissenheit. Ihnen Gerh. Ritter G. vgl. auch G. hält er entgegen den unvergleichlichen Verulamius und die übrigen ausgezeichneten Männer unter den Neueren, die die Philosophie ex æreis divagationibus aut etiam spatio imaginario ad terram hanc nostram et usum vitae revocaverunt. Im Zeitalter der Erneuerung der Wissenschaften, so behauptet Leibniz^), hat es viele Gelehrte gegeben, die gegen die barbarische Diktion der Vulgärphilosophen zu Felde zogen, aber es war bei ihnen mehr ein Carpere als ein Emendare. Die einen jammerten, andere mahnten und gaben Ratschläge, wieder andere donnerten gegendie scholastischen Philosophen und nannten sich im Gegensatz zu ihnen Reales, aber sie unterliessen es, die Sache selbst in die Hand zu nehmen. Da sei es nun N. gewesen, der mit Eifer und Fleiss und, wenn man ihn läse, mit solcher efficacia wie kein anderer Schriftsteller sich wirklich damit befasst habe, den Boden der Philosophie von jenen spinæ verborum von Grund aus zu säubern. Er verdiene es daher als exemplum dictionis philosophicæ reformatæ und zwar, soweit es für die Logik, das vestibulum philosophiæ, gelte, angesehen zu werden. Leibniz knüpfthieran den Wunsch, dass in seiner an Talenten so reichen Zeit sich Männer finden möchten, das Werk des N. für die übrigen Teile der Philosophie fortzusetzen. Er selbst würde, wie er hinzufügt, sich dieser Aufgabe unterziehen, wenn er sich nicht teils durch andere Studien daran verhindert sähe, teils aber fürchten müsse, anderen, die dieselbe Sache besser leisten möchten, vorzugreifen. Diese Einwendungen halten ihn jedoch nicht ab, auf die N. Erörterungen wenigstens im allgemeinen einzugehen und ihnen Neues hinzuzufügen. Rühmend hebt G. Ueber das Verhältnis Leibnizens zur Scholastik siehe: Jasper, Leibniz und die Scholastik, Leipzig, ferner Rintelen Leibnizens Beziehungren zur Scholastik, München, besonders G. Leibniz hervor, wie N. überall nicht nur fordere, sondern auch selbst in Anwendung bringe eine dicendi ratio naturalis et propria, simplex et perspicua, et ab omni detorsione et fuco libera, et facilis et popularis et e media sumta, et congrua rebus, et luce sua juvans potius memoriam quam Judicium inani acumine confundens. N. stellt fünf allgemeine Prinzipien des rechten Philosophierens auf, die aber, wie Leibniz bemerkt, mehr auf die Rede als auf das Denken Bezug nehmen. Als erste Bedingung fordert er die Kenntnis des Griechischenund des Lateinischen, als zweites das Vertrautsein mit den Vorschriften und Lehren, die sich bei den Grammatikern und Rhetoren finden, ferner drittens eine umfassende und andauernde Lektüre der besten griechischen und lateinischen Autoren und die Kenntnis des allgemeinen Sprachgebrauchs so- wohl, soweit es die obigen betriflft, als auch des Volkes, das nach Horaz die Gewalt und Bestimmung hat über die Norm der Redeweise. Ein viertes Prinzip ist die Freiheit und wahre Willkür im Denken und Urteilen über alle Dinge. Jeder, der richtig philosophieren will, darf keiner bestimmten philosophischen Sekte anhängen, sondern soll vielmehr seinen eigenen fünf Sinnen, seiner Intelligenz und der Erfahrung als seinen alleinigen Lehrern undAutoritäten folgen. Endlich fordert N. als letzte und fünfte Bedingung, dass man nicht abweiche von der gewöhnlichen und bei allen G. N. C. Siehe auch N. nemini fas est, ut Græci dieunt, ovofAaxoTto-.sIv, hoc est, nova nornina tingere, nisi populo Atque ideo dialectici non recte faciunt sed maximum committunt vitium, qui primum impudenter et barbare nominant res a se non inventas et ab aliis ante nominatas, ut exempli gratia, quæ grammatici et oratores jam inde a principio vocaverunt nomina, verba, adjectiva, substantiva, supposita, apposita, propositiones, assumptiones et pluriina alia huiusmodi, ipsi prætermissis et rejectis penitus nominibus antiquis et rectis. appellant terminos, copulas, concreta, abstracta, subjecta, prædicata, maiores, minores et alia id genus sexcenta. Gelehrten üblichen Redeweise, nicht za kurz oder dunkel schreibe oder lese, keine quæstiones inconsistentes, nichts Paradoxes oder Ungebräuchliches oder Neues in die Philosophie einführe, falls letzteres nicht unbedingt nötig ist. Besonderen Nachdruck legt N. darauf, dass ja nicht die mos scribendi et loquendi a populi ac vulgarium lo- [N. allem den dialektischen, und metaphysischen und wo immer er handele von seinen mehr als monströsen genera, species, secundæ substantiæ, universalia realia, abstractio, demonstratio u. s. w., verdiene er den höchsten Tadel. In summa behauptet er von LIZIO: ubi bene dicit nihil melius, ubi male nihil peius posse excogitari) Auch diese Ansicht des N. teilt Leibniz durchaus nicht. Er behauptet im Gegenteil, dass er fest überzeugt sei von der genuitas operum LIZIO, was auch sagen mögen N., PICO (si veda), Petrus, Ramus u. a. Die Gründe, die N. angibt, sind ihm nicht durchschlagend. CICERONE, auf den sich Nizolius in erster Linie als Gewährsmann stütze, könne nicht als solcher gelten. Denn es sei nichverwunderlich, dass ein Mann wie CICERONE als Politiker und Vielbeschäftigter -- infinitis curis obrutus -- die Gedanken gerade der feinsinnigsten Philosophen (subtilissimi cuiusdam Philosophi) flüchtig gelesen und daher nicht genügend verstanden habe CICERONE (hie) duo dicit, primum communem esse sententiam quod sint LIZIO, deinde non negat esse LIZIO, sed saltem conicit, posse fortasse esse filii. Hæc vero a possibili coniectura communi illorum quoque temporum sententiae nihil præjudicare debet. Ihm, Leibniz, selbst ist die Echtheit der Schriften LIZIO vollständig verbürgt durch jene perfecta hypothesium inter se Harmonia et aequalis ubique methodus velocissiraæ subtilitatis. In seinem Briefe an Thomasius') De LIZIO recentioribus reconciliabili schreibt Leibniz: Quæ LIZIO de materia, forma, privatione, natura, loco infinito tempore, motu, ratiocinatur, pleraque certa et demonstrata sunt, hoc uno fere demto, quæ de impossibilitate vacui et motus in vacuo asserit. De cetero reliqua pleraque LIZIO Disputata nemo fere sanus in dubium vocabit. N. Adnotatio. Q. Nizzoli. Mario Alberto Nizolio. Nizolio. Keywords: Cicerone, lexicon ciceronianus, Antonino, Leibniz’s ‘anti-barbaro’. – Refs.: Luigi Speranza: Grice e Nizolio: il thesaurus ciceronianus” – The Swimming-Pool Library.
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