Tuesday, August 20, 2024

GRICE ED ORTES

  • %■    /    RIFLESSIONI   ■ • ■ *5' 'G JL. I - ^ ^ ^ ^ *t j.- « *1 X   OGGETTI APPRENSIBILI.,   • • • • • ■ ' > I «r . »r , I • - ' r • • y   SUICOSTUMI,   E SULLE COGNIZIONI UMANE,   PER RAPPORTO ALLE LINGUE.     Digitized by Google      \>atu jB>ttl{otFircac vMtì^^trì |^ynel*tcv  *nr{» {« tRomaine ^«.^ieKHot .i^rtfi|/j^»jmnaj;o ,      Digitìzed by Google    C1    AVVISO   AL LETTORE.    L e frefentì rìfle$ont innò origine da una prefa^  zsonCy cb' io volea premenere a un Opufcoto fi-  lofofito , da me tradotto pili' anni innanzi dalla  lingua e poejia ìnglefe nella italiana; nella qual tra-  duzione efiendomì allontanato dalle maniere [olite ufar-  fi dagli altri in fimili cafi, credea di dover di ciè  render conto al lettore . Queflo non poteva io fare^  fenza entrare a ragionare della divergiti degli og-  getti ^ de' cofiumi , e delle cognizioni , quali pili  corrono nelle diverfe nazioni , e della attiviti e /pi-  rito delle lingue diverfe per e/primere tutto quefioy  fia con precifione ^ fia con eleganza ■ ciò che non mi  riufciva mai ben di fare , ne' brevi limiti eh' io m' era  prefiPfo (f una Refezione , per quante volte in piU  modi la volgefil e rivolgevi in mente ■. Depofto per-  tanto ogni penfiero per ejfa^ ò giudicato piu facile ,  anzi che jerivere una prefazione inftgntficante , di  Jìendere tutto ciò che fui detto propojìto di lingue ,  e di cofe per effe efprejfe mi fi prefentava alla men-  te^ in un Trattato completo y e intefo a quefto efpref-  f amente ; il quale così non d pili che fare colla tra-  duzione Juddetta , ma à molto che fare per quanto  mi fembra , colle maniere di penfare fugli ftudj ,  fulle cognizioni umane , fugli affari comuni , e [ul-  ta Religione medefima , per quanto code/le maniere  effendo al prefente diverfe dalle ufate a' tempi paffu-  ti y fi reputano di quelle migliori . Quefto trattata   dun-    Digiti;cri b> Google    '• 5 ^ 0   dunque b Lettore .,c quello eh' io qui ti prefento ^ e che h  jeritto per mia e tua ijiruzione migliore y e per avven-  tura dt pochtjjimi altri , e non gid di tutti ; fempre  piu falda in quella mia majjima , che le cognizio-  ni vere e reali abbiano e pojfano ejfer di pochi , a  differenza delle Juperficialt e apparenti , che poffo-  no e debbono ficnderfi a molti • e fempre più con-  vinto altresì nel mio particolare , che nulla per me  /limerei di f opere di certo y fe nulla fapejji dt Geo-  metria .     D E-      Digitized by Google    I       i4x    sf S; {®<;S<,«<,-«i‘<-';®{)®i';^?i X   <N*»    DEGLI   OGGETTI APPRENSIBILI,   DE’ COSTUMI, E DELLE COGNIZIONI UMANE,   PER RAPPORTO ALLE LINGUE .   vfc/ievAA<vdv>   ^^srssrSFST^ A favella nell’ Uomo è quel dono eh’ egli CAP. I.   U 'f'^'^ M ^ comunicare ad altri le immagini pre- Oggetti ap*  Pii § fl Tentate al fuo cervello dagli oggetti efter- prenfibili ori-  » W ^ quivi combinate inpìbmodi dalla fa-   intellettiva, dono e qualità più ancor  fìngolare e più (ublime dell’ umana natura^.   Quelle immagini che fe non s’ intendono per quello  nome , non s’ intendono per fpiegazione d’ elio veruna ,  fono più o men vive , a norma delle impreflìoni che  gli oggetti llein fanno diverfamente full’ un cervello più  che fuir altro, o coll’afpetto loro attuale, o colla me-  moria di elTi apprefi altre volte , come la ftelTa per-  colTa imprime orma diverfa nella creta , nel gellò ,  nella cera o nel piombo . E quantunque s’ imprima-  no fors’ anco fu qualdvoglia materia pur infenfata ,  non fi combinano che fulla materia animata mediante  la facoltà intellettiva fuddetta , o la feparazione delle  più proporzionali ed armoniche dalle più difl'onanti e  deformi, per la quale così diconfi appunto combinarli   A ia-    Digitized by Google     'è<i 1 1 ^   C A P. I. infra efle. Una fimilc operazione dell’ intelletto tende  a confrontare gli oggetti fra loro, e da un fìmil con-  fronto a rilevare fu elfi e per eflì quelle verità , che  fenza ciò rimarrebbero afcole ed ignote , non arguen-  dofi il vero che dalle confonanze di alcuni oggetti con  altri, ficcome dalle dilFonanze degli uni dagli altri fe  ne arguifce ilfalfo. Perchè poi delle confonanze o dif-  fonanze di oggetti ben arguite è indizio l’approvazio-  ne o difapprovazìone per elle di altri , che abbiano o  non abbiano fimilmentc combinate quelle immagini ;  e perchè una fimile approvazione o difapprovazione  non può confeguirfi, che per qualche mezzo fenlibile  per cui efprimere e partecipare gli uni agli altri code-  fte combinazioni; quindi è dunque che un fimile mez-  zo fu ilHtuito nella favella , per la quale appellando  ciafcune immagini o ciafcuni oggetti dai quali quelle  derivano, con altrettante voci o parole diverfe, e col-  locando queffe con certa difpofizione e corruzione ana-  loga a quelle, H partecipa da ciafcuno ad altri i mo-  di coi quali gli oggetti che occorrono all’ immaginazio-  ne fon da fe apprelì e combinati, afHne di verificare  quanto fian efTì giufti , per quanto reflino approvati  dal concorfo maggior di piò altri ; di maniera che  quelle combinazioni d’oggetti s’ appellin migliori , alle  quali più altri preflinò un affenfo più facile e pronto,  e quelle s’ appellin peggiori, le quali non fìan fecon-  date, ma fìano all’ incontro contraffate da più altre a  quelle oppofle e contrarie, comunicate ciafcune a tutti  mediante una comune favella.   II. £’ chiaro, quelle immagini combinate e comu.  nicate così altrui per la favella , non elTer diverfe dai  proprj fentimenti d’animo , coi quali ciafcuno fi ma-  nifcfla agli altri non folo ne’ proprj giudicj fu gli og-  getti efìerni , ma nelle proprie azioni ancora, e negli  ufiìcj e decenze della vita comune che da quelli deri-  vano , per non provenire tai fentimenti che dalle im-  preflioni appunto degli oggetti ertemi , e dalle combi-   nazio-    Digitized by Google    nazioni che fé ne formano nelle ciafcune menti . A' cAP. I. ~  quedo modo parlando per la verità e fuor d’ illufio-  ne , pare che 1’ uomo tolto per la parte fua fifìca ,  non didèrifca dai tronchi e dai faflì, fe non in quan-  to imprimendofi si in lui che in quelli le immagini  degli oggetti coi quali del pari comunicano, egli folo  mediante 1’ anima ragionevole che lo informa , à la  facoltà che non an quelli, di fegregarne alcune dall’ al-  tre e di combinarle infieme , e quindi di comunicarle  colla favella agli altri, affine di verificarle , e di de-  durne quelle verità che fugli oggetti medefimi poflb-  no per lui concepirfi ( /» ) , e dalle relazioni fra quelli W C. I. », t.  fcuoprire per quanto a intendimento mortale è concef-  fo , gli ufi e le convenienze maggiori alle quali dall’  autore della natura fon pur desinati . Che s’ egli (ì  lafcierà trafportare dalle combinazioni cafuali che le  immagini degli oggetti imprimeranno fui fuo cervello  fenza fcelta o interelle alcuno, quella facoltà non farà  in lui diverfa dalla Pazxìa , la quale in fatti non è  che un abbandono alla propria immaginazione , com-  mofla dagli oggetti veduti o rammentati , e flrana-  mente accozzati infieme . Se poi egli combinerà tali  immagini per le fole confonanze apparenti ed eflerne  di pochi particolari oggetti a sè vicini , per li quali  pertanto ei fia prevenuto per fuo folo piacere e inte-  refTe, nulla badando all’ oltraggio o danno che quindi  ne provenifle ad altri, per non iflendere quelle combi-  nazioni ai moltiffimi altri oggetti ren-.oti coi quali  quelli avefTero relazione , e doveDero in confeguenza  combinarfi ; quella facoltà fi dirà in lui Errore, o ra-  gione intereffata particolare , il cui indizio farà que-  fto , di ottener cita I’ approvazione di alcuni , ma col-  la difapprovazione di tutti gli altri, potendo così l’er-  rore eller bensì particolare di pochi , ma non mai  comune di tutti . E fe finalmente egli applicherà a  combinare le immagini colla fcelta e difcernimento  più accurato , ed ellefo al maggior numero d’ ogget-   A a ti.    Digitized by Google    ’ I V   C A P. I. ti , e dirtinguendone le relazioni e le confonanze tan-  to più armoniche quanto più fparfe in lontano, quali  collocherù nel miglior grado di Ibmiglianza fra elle, c  quali fegregherà dall’ altre colle quali aveller quelle rap-  porto minore , o non ne avelfer nelluno ; allora ei ften-  derà l’ interdlè e il piacere che da tali combinazioni  derivano, da sè ad ogni altro, fenza oltraggio d’ alcu-  no, e una tal facoltà fi dirà \n\n\ Ferità o ragione co-  mune, come quella che riconofeiuta da tutti , non po-  trà contrallarfi da alcuni, o contradata da alcuni , relterà  ognor vendicata dall’allenfo comune di tutti gli altri.   III. Quello dà facilmente a conofeere, come gli uo-  mini in generale, mediante la facoltà intellettiva fud-  (j) C.f. II. 2. detta, o l’anima ragionevole che gl’ informa (/»), paf-  fino dall’ infenfatezza alla pazzia , col combinare gli  oggetti fortuitamente ed a cafo; e come dalla pazzia  pallino all’errore, combinandoli per proprio folo inte-  Tcfle e piacere fenza riguardo ad altri ; e come final-  mente dall’errore fiano tutti condotti alla verità loro  comune, per la quale combinandoli per interelTe e pia-  cerecomune, agitati dapalTioni particolari, ma corret-  ti e follenuti per le comuni , tutti pur infiemc fudi-  dono. E febbene tal non fia d’elTi in particolare, per  provvidenza pure particolare, giacché quafi tutti invero  dalla pazzia o dalla inconfeguenza nella quale litrovano  da bambini , padano all’ errore nel qual fi trovan da  adulti, ma non tutti da quell’errore padano alla verità  comune, nella qual fi trovan ben molti nell’ età più ma-  tura , ma tutti non vi fi trovan che al punto ellremo di  vita; tal però è d’elliin generale per provvidenza eter-  na . Che fe alcuni fpiriti timidi e ombrofi giudicano  l’errore più comune della verità, in quanto gli uomi-  ni bene fpello contrallano, e non cosi di leggieri s’ac-  cordano ne’ loro penfieri ; ciò nondimeno la verità fi  feorgerà fempre dell’error più comune, in quanto elTa  in etì'etto o previene, o modera, o pon fine fempre a  quei contraili medellmi anco ad onta loro , fenza di   \ che    Digitized by Google    ^ V ^5-   che nulla v’avrebbe di certo nelle combinazioni d’iin- cAP. i.  magini, nelle cognizioni che ne derivano, e nelle azio-  ni per le quali fi fulTide , che da tali cognizioni di-  pendono, contro l’efperienza manifelta, giacché pur fi  fuflTifte. Ma intanto quindi apparifce, come non eden-  dò le lingue idituite che per efprimere e comunicare  altrui i proprj fentimenti dell’ animo o le proprie com-  binazioni d’ immagini , per quindi rilevare quanto cia-  fcuno per le vie deU’infenlatezza , del delirio , e dell’  errore nello dato materiale, di bambino, e d’ adulto  proceda nell’età ferma alla verità comune nella quale al-  hn s’adagia e tranquillo fudide; la cognizione di quel-  le dipenderà dalla conofcenza di quede . Ond’ è che  per ben ragionare della natura e della diverfità delle  lingue, dovrà ragionarfi prima della diverfità delle co-  gnizioni umane da manifedarfi per quelle ad altri ,  non edendo certamente podibile ragionare o intender  i mezzi coi quali confeguire un fine , fenza la cono-  fcenza di quedo fine medefimo . Siccome ancora da  qued’edèr la favella intefa a efprimer ioltanto le pro-  prie cognizioni falle verità o dilla ragione comune, e  dall’ cder eda propria del folo uomo («), fi rileva, al W  folo uomo dunque eder dato il penetrare coll’intellet-  to e r alzarfi a fimili cognizioni , occulte a tutt’ altre  Ibdanze anco animate, ma prive della favella; in gui-  fa che ficcome ei folo podiede la favella, cosi ei folo  in queda vita mortale fia dedinato dalla provvidenza  eterna alla conofcenza delle cofe per una fimil ragio-  ne , non odante il deviamento da eda di alcuni , rico-  noicìuto fempre dalla ragione medefima a tutti gli al-  tri comune .   P ER comprender meglio le cofe fuddette , e come gli CAP. II.   oggetti combinati nelle ciafcune menti fi comuni- Della forni-  chino altrui mediante la favella , io confiderò da un 8'**9** *  canto, che fogliono quedi del continuo rinovarli gli .   uni negli altri fecondo alcune leggi di moto , in che   con-    Digitized by Googk     VI ^   CAP. II. confifte la vita , e la eflenza di tutte le cofe mortali ,  e fcnza di che refterebbe il tutto coperto e ingombro  di quiete , morte e nullità eterna. Quelle leggi fono  collanci e invariabili , cui natura non preterifce giammai ,  come fi dimollra nel lirico , e da quello li arguifce  pur nel morale , per la ragione di non procederfi a que-  llo che per le vie di quello , o per la Icorta de’ fenfi ,  onde non poter formarli regola per lo morale, che non  fia in conformità a quelle per cui fi conofcc proceder  il fifico. Pertanto gli oggetti rinovati per tali invaria-  bili leggi, debbono altresì elTere invariabili e fra loro  confimili, ciò eh’ è molto conforme all’ armonia uni-  verfale e alla concordia di tutto il creato, non prodot-  to dal cafo cieco e impolTibile , come figurano gli  fpenfierati , ma ufeito di mano di un folo , eterno e  fapientidìmo autore. Confiderò dall’ altro canto , che  quella fomiglianza di oggetti la quale feorre da tutti  ein in cialcuna fpecie a tutti ein nelle innumerabili  altre fpezie nelle quali lì trovan divifi, non toglie che  gli oggetti medefimi non fian fra loro diverfì , colla  diflerenza ancora, che gli oggetti della HelTa fpecie co-  me fon fra lor più confimili , così fono meno diver-  lì dagli oggetti nell’ altre fpecie , dai quali più e più di-  verlìficano . Ciò che non può provenire che dalle mo-  dificazioni diverfe e infinite, colle quali procede il mo-  to medefimo tìfico o morale fra gli oggetti. tutti crea-  ti, e che pur concorda colla potenza e fapienza infi-  nita del fupremo autore della natura, cui non convie-  ne replicar un oggetto nelle varie o nella llella fpecie  di elTi , e colla varietà di natura medefima , cui difdi-  ce ad altri fpogliare delle infinite forme di oggetti de’  quali è adorna , per rellrignerla folo ad alcune .   II. Quelle confiderazioni Habilifcono dunque quella  verità , che gli oggetti creati fono bensì tutti Confimi^  li y per le llefle collanti leggi di moto fifico o morale  per cui fullìllono, ma che fono altresì tutti Diverfi ,  per le diverfe modificazioni di codello moto che pro-  cede    Digìtized by Google     V I r   cede colle tnedefime leggi, fcorrendo quella Ibmiglian- c A P. llT  za e dilTomiglianza per gradi inrenfibili dagli oggetti  di ciafcuna Ipecie a quelli di tutte le altre contigue dal  regno minerale al vegetale, e dal vegetale all’animale  filico, ( e lo Hello dee intenderli del morale {a) ) co- (a) C.II. n i.  me è noto ai naturaliHi e agli altri lilofolì per quel  mifero finitefìmo di natura che fi trafpira, e dal quale  foltanto lice arguir di tutt’ ella. Tal ogni oggetto in  ciafcuna fpecie nel confumarlì procede per gradi di fo-  miglianza indifcernibile, e conferva i caratteri della fua  fpecie con sè medefimo, e cogli altri ne’ quali va a ri-  produrfi , paflando per infenfibili gradi di modificazioni  diverfe da uno flato all’altro prima nella fua fpecie, e  pofcia da quella ad altre contigue più e più così fimili  e refpettivamente diverfe in infinito, finché dal tronco  più informe e infenfato, fi pervenga all’uomo megfioor-  ganizzato e più faggio. Siccome dunque il moto è la  caulà di tutte le produzioni create, cosi certe leggi di  elfo Habili fon la caufa per cui fi producono e n con-  fervano elle tutte confimili ; e le diverfe modificazioni  di un moto che procede per le medefime leggi , fon la  caufa della diverfità di ciafcuni oggetti in ciafcuna del-  le loro fpecie e in tutte le fpecie loro , reflando così il  creato uniforme e moltiforme, perchè prodotto e con-  fervato per quel moto, per quelle leggi, e per quelle  mifure e modificazioni di elio . Senza moto , non vi avreb-  be cofa alcuna in natura . Senza leggi di elfo , non vi  avrebbe per il moto che un caos di follanze confufe  ed incerte, e da una rapa per efempio ufcirebbe una  rofa , da una rofa una ferpe , da una ferpc un coni-  glio , ma il tutto informe e inoHruofo fenza diHinzio-  ne e progreflìone di fpecie , con ifconvoglimento di tut-  to il creato . Senza modificazioni diverfe di moto , per  elfo e per le fole fue leggi non s’ avrebbe in natura  che una fpecie di follanze inalterabili , folTer poi elTe  tutte rofe, tutte rape, tutte ferpi, o tutte conigli. £  folainente per un moto che proceda per le medefime   leggi    Digitized by Google    vili   C A P. II. leggi e per diverfe modificazioni di eflb, può formar-  fi e confervarfi in natura quella uniformità e varietà-  di follanze , per le quali effa pur fi vede ordinatamen-  te fuflìftere . Che fe la rofa verbigrazia è più fimile  alla rofa che alla rapa , alla ferpe , o al coniglio ; ciò  non deriva da diverfità di leggi , ma da diverfità di  modificazioni in un moto , che ferbando le leggi me-  defime , più che da rofa a rofa , procede da rofa a  rapa, a ferpe, a coniglio. E d’altronde la rofa, la ra-  pa, la ferpe, e il coniglio fi diran fempre fimili , per-  chè prodotti per le flefle leggi motrici , avvegnaché fem-  pre diverfe per le diverfe modificazioni di quelle.   III. Alcune di quelle leggi colanti di moto , e di  quefte modificazioni di eflo diverfe particolari, furono  alìegnate e conofciute dai geometri , ma il pretender  di tutte raccorle con mente mortale , o di portarli da  quelle che fi conofcono alla maffima di tutte dalla qua-  le per avventura tutte dipendono, farebbe lo ftelloche  pretendere di mifurar l’infinito con una fpanna , non  che di infonder l’oceano in un bicchiere. Che però gli  oggetti fan fempre diverfi , fi conofce maffimamente  da ciò, che la detta rofa verbigrazia non è già alla  fera qual era al mattino , e un uomo non è in vec-  chiaia qual era in giovinezza , e io flefib può arguirfi  d’ogni altra cofa che abbia fenfo onon lo abbia. Que-  lla variabilità poi negli oggetti creduti più volgarmen-  te gli flefii, dee maggiormente feorrere Irai creduti di-  verfi, contemporanei o confecutivi, nella fielTa fpecie  e nell’ altre eziandio contigue e diffimili ; dimaniera-  chè non folamente tutte le rofe fian diverfe da tutte le  uova, e tutte le uova da tutti gli uomini , ma di tut-  te altresì le rofe, di tutte le uova, di tutti gli uomi-  ni , non ve n’ abbian pur due , fra i quali non corra  qualche indifccrnibile difparità, mercecchè lefolfer per-  fettamente le fteffe , non due ma una farebber quelle  rofe, queir uova, quegli uomini , e la prima divina  caufa motrice non più infinita, ma farebbe limitata c    Digitized by Google    -5^ IX   finita (/i). Ciò che negli uomini può arguirfi dai fe-  sni ancor materiali edefierni, per cui ciafcun d’eiTifi  didingue da ciafcun altro per iembianze di volto , di  voce, di carattere, di portamento e (Imili , e lo liefFo  avverrebbe delle rofe , dell’ uova, e de’ grani ftefli di  miglio, fe fe n’ avede una pratica corri fponden te . E  quel che avvien delle rofe, dell’ uova, de’ grani di mi-  glio, dee avvenire d’ogni altro oggetto particolare mi-  nore e maggiore , e del compleflb di più altri ancora  vifibili e invifibili ad occhio umano, della terra , de-  gli adri , delie codellazioni , e di tutto infomma il  creato . Così la terra fempre a sè defla confimile, è  pur fempre dasè diverfa, e dove al prefente forgonole  città, v’ aveano ad altri tempi i deferti, dove s’ alzano!  monti , fcorrevano i fiumi o i mari , e viceverfa ; alla  quale diverfità fi procede per gradi quanto infenfibili ,  tanto continuati e incelTanti.   IV. Gli oggetti dunque creati pafTati , prefenti , e fu-  turi fono tanto fimili per le delle leg^i di moto , quan-  to diverfì per le infinite modificazioni , colle quali può  edb variare, padandofi per infiniti gradi e in infinite  maniere di madima fomiglianza e di minima varie-  tà , dall’uno all’altro nella deda fpecie , e dall’ una  eziandio all’altra delle infinite fpecie contigue di eflì,  e accodandofi ciafcun uovo ^r fomiglianza , e fco-  dandofi per diverfità da ciafcun altro o da Ciafcu-  na rapa , per oggetti infiniti intermedi va-   rie fpecie , fenza però mai adomigliarlo o didbmi-  gliarlo del tutto; vale a dire fenza effer del tutto quel  dedb o quella rapa (6) , o fenza didrugger del tutto  l’altr’ uovo o 1’ altra rapa . Quel che s’ è detto degli  oggetti filici , dee pur applicarfi ai morali , giacché fì-  come quelli fi confervano e fi rinnovano io ciafcuni  per le deffe leggi di moto fifico , così operan quedi  per le deffe leggi di moto morale che da quello di-  pende ( r). In confeguenza di che 1’ equità , il valo-  re, la codanza, 1’ amore e gli altri affètti umani vir-  ^ B tuofi    CAP. IL  (<») C.I/.n.i.    W C.II.n.3.    (c)C.II.n.i.    Digitìzed by Google    CAP. II.    CAP. III.  Oggetti co-  me apprefì di-  verfamente .    (a)    X   "tuofi o viziofi ancora , fi diran propagarfi dagli uni  agli altri in ciafcuni fempre conlìmili , ina tuttavia di-  verfi , non folo ciafcuni in genere , ma nelle loro fpe-  cie ancora in ciafcuno individuo, come paffioni bensì  confimili , ma che fono modificazioni diverfe d’ una  verità o d’un errore , eh’ ellendo lo fielfo e indivifi-  bile in ogni paflione, è nondimeno vario in qualfivo-  glia fua apparenza o modificazione particolare. Tallo  Ipirito di conquida per efempio in Alelfandro , in  Maometto, in Roberto Guifeardo, o il genio di filo-  fofia in Salomone, in Numa, in Marc’ Aurelio, o il  fentimento di libertà comune in Giunio , in Catone ,  in Gregorio VII-, furono ciafeune paffioni medefimein  sè llefle , benché ciafeune diverfamente modificate in  ciafeune di quelle perfone, attefe le diverfe circollan-  ze de’ tempi , e le varie difpofizioni de’ popoli, per  le quali ancora furono diverlàmentc fecondate , e ior-  tirono vario efl'etto.   L a fomiglianza e refpettivamente diverfità d’ogget-  ti fuddetta , è quella che coliituifce le diverie re-  lazioni fra effi , non riferendofi un oggetto all’ altro  che per quanto ad effo è fimilc, o da effo è diverfo.  Le quali relazioni così fono infinite , per gl’ infiniti  gradi di fomiglianza e di diverfità, coi quali gli uni fi  accodano agli altri o fi feodan da quelli, e per li qua-  li podbno infleme paragonarli, fia l’uno coll’ altro nel-  la deda fua fpecie, fìan gli uni cogli altri nelle fpecic  loro diverfe (/») . Qui prima di proceder più oltre ,  piacemi avvertire, che parlando io d’infinito, comeò  fatto innanzi e farò in féguito, non intendo parlarne  come di cofa eh’ io comprenda per sè , ma come di  cofa eh’ io non intendo che per approlfimazione , im-  maginandolo qual conviene a mente finita, vale a di-  re qual finito , maggiore di quanti pollano alfegnarfi  giammai in ciafeuna fua fpecie ; inguifachè egli fia per  l’aggregato di più e più finiti fenza fine di quella Ipe-   cie    1    Digitized by Coogic     eie d'oggetti di che fi tratta, per cui fi porga all’ in-  telletto umano queir idea qualunque incompleta , che  àffi dell’infinito, fenza perciò che fi confegua elFo, o  fi raggiunga a comprendere polìtivamente giammai .  Ciò avviene per le forze intellettuali umane limitate  al contrario e finite (<»); perciocché fe ad intelletto  umano fofle dato di apprendere verbigrazia tutti gli  oggetti e tutte le infinite relazioni fra loro , un intel-  letto tale non farebbe più umano o finito, e non com-  binerebbe gli oggetti , nia farebbe un Dio , che fenza  combinarli li apprenderebbe tutti ad un tratto, come  quegli che li avefle creati , e ne avefle ordinate le re-  lazioni di tutti i luoghi, e di tutti 1 tempi. £ quan*  tunque di quella conofeenza l’uomo fcevro dai lenii,  per quanto comporta il grado di fua intellettualità ,  fia per partecipare nella vita avvenire ; nella prefente  di che II tratta , non potrà egli mai flenderfi in elTa  che per quanto lo conducano le tracce limitate de’fen-  fi medefimi , reflrignendofi così le fue cognizioni ad  alcuni oggetti per combinazioni foltanto finite , fenza  fìenderfi a tutte per comprenfione d’ efiì intuitiva e in*  finita .   II. Ciò porto, non dirtinguendofi per or gli oggetti  che per le lor dette relazioni diverfe, ed elTéndo tali  relazioni per ciafeuni di erti tanto infinite, quanti i gra-  di di fomiglianza odi diverfità, co’ quali poifan fra lor  riferirfi, fia nella ftefla, fia nelle fpecie loro diverfe ,  corrifpondenti alle infinite modificazioni d’un moto che  procede colle medefime leggi (b) ; ciafeun intelletto  particolare, che per le forze fue limitate dee apprender-  li non per tutte, ma per alcune fole di tali relazioni ,  dovrà apprenderli per relazioni diverfe da quelle , per le  quali le apprenda ciafeun altro, e in confeguenza dovrà  apprenderli diverfamente da tutt’ altri . In ellctto doven-  do la fomiglianza e diflbmiglianza fra gli oggetti a|>-  prenderfi da ciafeun intelletto finito ad un modo, edef-  fendo infiniti i modi , coi quali ciafeun oggetto può pa-   B z rago-    CAP. in.      {ò) C.ll.n.i..    Digitized by Google    CAP. III. ragonard come fimile o diffimile agli altri ; non potrà  di quefti infiniti modi quello col quale apprende quell*  oggetto uno , effer quel delTo col quale lo apprende un  altro, ma dovrà l’uno effer dall’ altro diverfo, per quan-  to pur poffa efier a quello più e più confimile. A que-  llo modo faran gl’ intendimenti umani per gli oggettr  medefimi tanto diverfi , quanto le loro fifonomie o al-  ia) C.II, n.^. tre fembianze loro efterne fuddette che poffono  bensì affomigliarfi in bellezza o in deformità , ma non  mai in modo di effer del tutto le fteffe , o di non cor-  rervi qualche differenza, per cui uno non fi ravvifi o  non fi diflingua, pollo al confronto coll’altro. Ed ef-  Icndo gli oggetti diverfi e confimili, e le relazioni fra  effi infinite ; di infiniti ancora intelletti umani fe fìa  poffibile paffati , prefenti, e futuri, fu i quali cadano le  immagini d’unaflella, d’un fiore, d'un fallo, non ve  ne avran pur due che le concepifeano ifleffamente a  per le medefime relazioni ad altri oggetti, ma farà 1’  immagine di quella (Iella, di quel fiore, di quel faffo  diverfa nelle ciafeune menti di quelle infinite perfone,  confimile però più o meno l’una all’altra, quanto que-  flc relazioni fian più proporzionali ed armoniche, an-  corché armoniche e proporzionali Tempre dìverfamen-  te. Fuori di quello cafo non due, ma uno farebbero*  quegl’ intendimenti, i quali ConcepilTero gli flelli og-  . getti per le fleffe immagini, o riferiti ad altri ogget-  ti per le fleffe finite relazioni delle infinite che ve n’  (è)C.J/. ».r . ànno , ciò eh’ è impoffibile {b).   III. Qui occorre offervare , come non è folamcnte  (f)C.J/.w.5. la diverntà degli oggetti apprefi avvertita difopra (r),  ma quella ancora delle relazioni loro agli altri diver-  \ <d) C.III.V.3. (g gjjg (j avverte al prefente ( d ) , per cui fi concepì-  fcano quelli da ciafeuni in vario modo, tanto al me-  defimo tempo uno lleflo identico oggetto , quanto à  tempi diverfi quell’ oggetto a sé confimile , ma da sè  diverfo a diverfi tempi in sè fleffo o nella fuafpecie.  Per la qual cofa Tolomeo per efempio, Ticonc , e   Gali-    Digitized by Google    X 1 1 1   Galileo n diranno aver tute’ a tre immaginato il Sole '  diverlamente , quantunque il Sole veduto dal primo in  AlelTandria à Tuoi giorni, non folTe identicamente lo  Iteflo che il veduto per avventura dai due altri all’ idei*  fo giorno, quattordici fecoli dopo nella Dania o in Ita*  lia, ma folle da quello infenfibilmente dillimile , per  rinfenfibile alterazione fofl'erta da ogni corpo , e in  confeguenza da ogni pianeta nella Tua durata medefi-  ma, come s’è veduto (a). E ciò per le relazioni fini-  te del Sole dell’uno e dell’altro tempo, tolte dall’ in-  finità di tutt’ elle cogli altri oggetti di qualfivoglia tem-  po, per le quali relazioni cialcun dei tre potea conce-  pire il Sole , e didinguerlo dagli altri oggetti , o para-  gonarlo con quelli. Quello è ben vero che la diverlì-  tà, colla quale fi concepifcono da piò perfone al mede-  fimo tempo e nel medefimo luogo gli oggetti identi-  ci, farà molto minore di quella, colla quale fi conce-  pifcano a tempi e luoghi diverfi oggetti folo confimi-  li , per variar appunto in quello cafo gli oggetti an-  cora da sè medeiìmi , e concorrer cosi non una, ma  due ragioni a diverfilìcarne le immagini . Ond’ è che  ne’ diverfi luoghi e a diverfi tempi, fi dovrà ragionare  di oggetti conlimili con più di diverfità, di quel che  fi ragioni al medefimo tempo e luogo di oggeui iden-  tici llelfi .   IV. Del rimanente quella maniera in ciafcuno di-  verfa d’ immaginare gli oggetti llelfi o confimili , fi  riconol'ce dai giudici diverlT che fe ne formano dacia-  fcuni, i quali giudici dipendono appunto da tali im-  maginazioni. Se quei giudici fugli oggetti llelfi folTer  gli llelfi , allora potrebbe dirli , che quegli oggetti fol-  lerò apprefi e immaginati illelTamente . Ma giudicando  ciafcuni diverlamente del color verbigrazia rolFo o del  azzurro, convien pur dire, le immagini di quelli co-  lori eflér diverfe nelle ciafcune immaginazioni. Anzi  fe un giudicalTe del rolTo come un altro dell’ azzurro ,  potrebbe dirfi, apprender quegli perrolTo quel cheque-   /V!    CAP. HI.    (a) C.7/.M.5.    Digitized by Google    CAP. III.    (j) C.lll.n.l.    CAP. IV.   Oesetii co-  me nominati  per la fteffa  favella.    (ù)C.II.n.s.    (e)C.m.n. 2 .    •5^ XIV^   ’fti apprendelTe per azzurro, e viccverfa . Ma ciò non  è vero nemmeno e attefa la infinità delle relazioni  di ciafcuni oggetti a tutti gli altri , e la fingolarità iti  ciafcuni di apprenderli (/»), le immagini d’cfTì defta-  te fui ciafcuni cervelli fon fcmpre diverfe , come di-  verfi ne fono i giudicj , e non folo uno apprende cia-  fcun colore, ma li apprende ancor tutti in vario mo-  do da ajuel che li apprenda ciafcun altro , inguifachè  il rollo , r azzurro , il bianco , e il nero imprimati di  sè diverfe immagini fui ciafcuni cervelli non mai le  Itelle, e non mai permutate, ma fempre diverfe e im-  permutate, avvegnaché fcmpre conlimili.   P orte quefte confiderazioni fulla diverfità degli og-  getti , e fulla maniera in ciafeuno diverfa di con-  cepirli , per apprendere come querto concepimento fi  comunichi da ciafeuno ad altri mediante la favella, è  da avvertirfi, noneflcr certamente portibile il commu-  nicarlo per voci del tutto corrifpondenti , e che il fi-  gurarfi un efatta analogia fra le immagini colle quali  s’apprendon gli oggetti, e le voci colle quali s’ efpri-  ntono, è figurarfi un aflurdità . Imperciocché ert'endo  ciafcun oggetto infenfibilmcnte diverfo da ogni altro in  ciafeuna e in tutte le fpecie (b) , dovrebber le voci  colle quali fignificarlo, variar infenfibilmentc com’eflb  dall’ altre voci colle quali fignifìcar gli altri oggetti ,  ed crtér così le voci tante quanti fofler gli oggetti in-  dividui , appellandofi oggetti confìmili ma noniilertì,  con voci pur confìmili ma non iftelTe in partato , al  prefente e nel futuro; anzi appellandofi con voci di-  verfe una rofa fterta per efempio al mattino e alla fe-  ra, e un uomo ftertb prima e dopo una febbre quar-  tana. Oltre ciò per effer ancora le immagini di que-  lli oggetti medefimi nelle ciafcuni menti diverfe (c),  o per apprender ciafeuno gli oggetti diverfamente da  un altro, ne dovrebbero altresì le efpreffioni diverfifi-  pre nelle ciafcuni bocche irtertamente , o dovrebbero le   favel-    Digìtized by Google     XV ^   favelle cfler tante quante le perfone favellatrlci , eia- c A P. iV.  feuna delie quali apprendendo gli oggetti così diverfi  per relazioni eziandìo diverfe ad altri oggetti , dovreb-  be altresì pronunciarli in modo diverfo . Ognun poi  ..vede quel che avverrebbe per un fimil garbuglio di fa-  velle, per cui non farebbe poìTibile intenderli fra pa-  dre e figlio, o fra marito e moglie , più che fra gli  antichi fabbricatori fcefi dall’ altiflima torre di Babel-  le. Poiché dunque non è poHìbile applicar alia favel-  la, nè la diverfità degli oggetti individui , nè quella  delle immagini loro nelle cìafcune menti, ed è pur ne-  celTario che quelle immagini lì comunichino dagli uni  agli altri , per conofeere quelle verità che da mente  nmana polTono concepirfi nello flato di vita morta-  le (a); non refla fe non che gli oggetti s’ efprimano (a)C.I.n.t.  per voci identiche flelTe accordate per confenlo e per  ufo , per le quali gli oggetti o le figure e immagini  loro, s’ efprimano non elattamente , ma proflimamen-  te, e non già per quanto farebbe neceflario , ma per  quanto foltanto è poflibile ; in guifachè elTendo tali imma-  gini tutte fimili e tutte altresì diverfe, le voci corrifpon-  denti le efprimano bensì efattamente quanto alla lor ,  fomiglianza comune, ma non quanto all'individua lo-  ro diverfità.   II. Quello è ciò che avviene in efietto, mentre og-  getti precifamente non iflelTi, e non concepiti da cia-  Icuno ifleflamente, s’appellano non per tanto con vo-  ci flefle precife, e un faflb per efempio, un fiore, una  ilella fi proferifeono fermamente con quelli flabili no-  mi quafi folTer indifcernibilmente gli llefli , e li con-  cepiflero ifleflamente, quando per verità non lo fono,  e fono da ciafeuni ^preli in maniera diverfa . Con  ciò fi vede, come effetto della favella è quello di re-  llrigner il numero degli oggetti e dellefimmagini loro  indeterminato e infinito, a numero tanto finito, quan-  to quel delie voci colle quali fogiiono profcrìrfi gli og-  getti medeOmi per quanto fono confnnili , e non per   quan-    O    Digitized by Google    CAP. IV. quanto fono diverfi , giacché alla ìftcflTa voce d’ una  lUlla , d’ un fiore , d’ un fafTo non fi deflano in ciafcu*  ni le flelTe immagini , ma fi deflano tanto diverfe ,  quanto quella (Iella, quel fiore, quel fallo cosi appel-  lati fono individualmente variabili, e fi riferifcono da  ' ciafcuni non agliflefli, ma ad oggetti altri diverfi pur  variabili, ed apprefi diverfamente, e appellati tuttavia  per quelle voci. Un tal lavoro poi non può feguire ,  che mediante cert’ ufo e certa convenzione di quei par-  ticolari che piò comunicano di immagini e di voci ,  di appellar appunto con voci immutabili e precifa-  mente ifleffe, oggetti individui e immagini loro, che  non fono le flelTe colla precifione medefima , fia per  sè fia nelle ciafcune apprenfioni; o di appellar verbi-  grazia col nome immutabil di rofa un oggetto tanto  variabile quanto una rofa, e lo flelfo dee dirfi d’ogni  uomo e d ogni altro oggetto particolare per sè vario,  ed apprefo da ciafcuno in vario modo, ancorché pure  confimile . La qual convenzione e il qual ufo è ar-  bitrario, e libero, mentre come fu convenuto di appel-  lar r acqua e il fuoco con tali denominazioni , cosi  niente impediva che non fi convenirle di appellare al-  Jincontro 1’ acqua col nome di fuoco , e il fuoco col  nome di acqua .   III. Perché poi poflbno gli uomini convenire di  chiamar gli oggetti per quanto fono confimili con al-  (j)C.iK. w.i. gypg yQgj jjQj, poflono convenire di render   quegli oggetti cosi invariabili come quelle voci , o di  concepirli ciafcuni al medefimo modo ; quindi avvie-  ne che r analogia delle voci invariabili cogli oggetti  variabili in sè fleflì, e nelle ciafcuni immaginazioni ,  non può verifìcarfi che molto imperfettamente , o in  quanto fi affuman per oggetti invariabili , quelli che  in effètto non fon tali che per approlTimazione , va-  riando eflì d’altronde del continuo per gradi infenfì-  bili e indeterminabili. In fatti quelli oggetti eie ma-  niere di concepirli , cangiano del continuo non can-   gian-    O    Digitized by Google    XVII ^5-   giando le voci colle quali s’appellano , ed emendo le  voci in ogni lingua tanto finite, quante poffononume-  rarfi ne’ Dizionarj, gli oggetti e le immagini loropof-  fono dirfi tanto finite, quante le innumerabili modifi-  cazioni di moto, dal qual derivano quelli, o le innu-  merabili relazioni degli uni oggetti a tutt’ altri , dalle  quali derivano quelle in ciafcuno . Il qual ciafcuno  benché apprenda oggetti finiti per relazioni finite, per  eller però quelli e quelle in infinito variabili , li ap-  prende in guifa diverl'a da quella d’ ogni altro , febben  in guifa d’ogni altro conlimile (<?), per le medeli me leg-  gi di moto, per le quali fi confervan gli oggetti, pro-  ferendoli però lempre per le ftelfe invariabili voci d’  ogni altro. Onde redi pur llabilito, la moltitudine di  oggetti e d’ immagini loro nelle ciafcune menti , ef-  fer a numero incomparabilmente maggiore della mol-  titudine delle voci , colle quali pofian quelli denomi-  narfi ed efprimerfi . Un contralTegno efpreflb della det-  ta imperfezione d’ analogia fra le voci , e le immagini  d’ oggetti per effe fignificati è quello , che ciafcuno  nello fpiegare altrui le proprie immaginazioni oi pro-  pri fentimenti d’animo, non trova cosi pronte le vo-  ci che gli occorrerebbero, ech’ei defidererebbe , come  trova le immagini, e non v’è cofapiù familiare, quan-  to il dolerfi uno di non poter per voci dar così be-  ne ad intender ad altri ciò eh’ ei fente e intende per  sé medefimo , di che gli amanti foglion lagnarli il piò  fpeffo. Ciò che non può derivare , che dal conofeerlui  molto bene, che gli altri per quelle voci non appren-  don gli oggetti per elle efpreffi, com’ei le apprende ,  ma li apprendono in modo piò o meno diverfo, e  che quelle voci dellando nelle altrui menti non le  lleffe, ma confimili immagini , fpiegano ad altri una  verità apprefa fempre con maggior chiarezza da quei  che la proferifee , che da quegli cui vien proferita . Lo  che fi verìfica tanto delie menti piò chiare che delle  piò confufe , effendo certo che ficcome un uomo fen-   C fato    CAP. IV.    MC.III.n.s.    Digitized by Google    -Sì! X V 1 1 1 ;-5-   IV. fato per quanto ei fia eloquente , intende meglio i fuoi  penfamcnti di quel che gl’ intendano altri ai quali ei  li fpieghi per voci ; cosi un inCenfato ancora , benché  non intenda lui ftelFo quel che vuol dar ad altri ad  intendere, è però fempre mcn capito da altri di quel  eh’ ei capifea sè HelFo, ed è fempre men feimunitoin  sé , di quel eh’ ei fia concepito da altri.   C A P. V. A Pplicate come fopra una volta alcune voci ad  Oggetti co- jlA. alcuni oggetti in certo luogo e a certo tem-  ine nominati po (^), fe quelle voci come fono finite riguardo a  per favelle quegli oggetti , così il follerò riguardo a fe ftellé ,   ® avellerò con quegli oggetti una necclTaria connef-  (a)C./K.w. 2 . fjQfjg . qiie(p applicazione avrebbe dovuto elTere uni-  verfale di tutti i luoghi e di tutti i tempi , e non  v’ avrebbe al mondo che una favella , la quale for-  mata una volta , fi farebbe prefervata dappertutto  la fiefla , invariabile per tutti i fecoli , per efprimer  gli oggetti per quanto almen fono fimili , fe non  (l)C.iy.n.t. per quanto Ibno diffimili (6). Il fatto però è, che  febbene le voci lian finite riguardo agli innumerabi-  li e infiniti oggetti per elle efprefli , fon però elle  pur innumerabili e infinite riguardo a sè medefimc ,  fenza perciò avere quella infinità relazione alcuna con  quella ; mentre laddove quella degli oggetti dipende  dagli infiniti modi, coi quali procede il moto , che  per le ItdTe invariabili leggi li prelerva e li rinuo-  va in ciafeuna e in tutte je fpecie (c); quella del-  le voci dipende dai moti pur infiniti, co’ quali l’aria  fiella può ufeir dalle labbra, fpinta e percolla dagli or-  gani della favella , e quei modi non àn che fare con  quelli. Quindi apparifee perchè le lingue abbiano ad  elTer diverfe a diverfi tempi e nei diverfi luoghi ,  perciocché elléndo le maniere, colle quali le voci pof-  fono articolarfi infinite , c dovendo elle adoprarfi a  numero finito per elprinier oggetti mcdelimi e con-  fimili, benché infiniti j non v’à ragione perchè a quell’    Digltized by Googlc     'it XIX ?$-   nfo s’adoprino l’une anziché l’altre di effe, o perchè CAP. vA  un faflo , un fiore , una della appellati ora in Italia  con quedi nomi , non fodero appellati o non foder per  appellarli ad altri tempi in Italia o altrove con nomi  diverfi. Per quedo s’è odervato, gli oggetti non appel-  larft con certe voci , che per convenzione particola-  re (a) divifa fra quei che più comunicano d’ immagi- (^a)C.iy. «.i.  ni, a efclufione di tutt’ altri chemen comunicano, non  potendo quelli eder mai tutti. E perchè l’infinità delle  voci nonà alcun rapporto a quella degli oggetti , quin-  di è ancora che una tal convenzione non è neccllaria  per certe voci , ma è libera ed arbitraria per tutte , e  dove s’applicano ad oggetti dedì e confimili alcune di  ede, dove alcun’ altre, e quando quelte, quando quel-  le, fempre diverfe perchè Tempre finite, tolte dall’in-  finità loro intiera. Se l’tina infinità fode relativa all’  altra , il farebbero pur 1’ una all’altra quede applica-  zioni, ma moltiplicandofi allora le lingue colle imma<  ginazioni delle perf>ne in infinito, ne feguirebbe quel-  la babilonia di lingue odèrvata di fopra (b) per cui non {b)C.lV.n.t.  farebbe più podìbile fpiegarfi gli uni cogli altri , e per  eder quede infinite quante le perfone di tutti i tempi  e di tutti i luoghi , non farebber nediine in alcun luo-  go , o ad alcun tempo .   II. Come poi egli avvenga, che le lingue una vol-  ta introdotte fi cangino in altre ai diverfi tempi e ne’  diverfi luoghi , fi comprenderà da ciò , che dovendo  gli oggetti per le voci didinti eder gli dedi per le  dede invariabili leggi di moto, ma dovendo ciafeuni  in ciafeuna fpecie rinovarfi con infenfibili difparità  per le infinite modificazioni o mifure di quedo moto  medefimo (c)j dovranno dunque efll appellarfi per le (f)C. //. ». 2 .  voci una volta loro affide e applicate , in guifa però  che confervandofi quede le dede per lo primo riguar-  do , fi vadano infenfibilmente alterando e degenerando  in altre per lo fecondo . Queda ragione s’ avvalora e  s’accrefee per le nuove arti, per le quali gli oggetti   C a mede-    Digitized py Google    b    XX ^   C A P. V. medefimi e confìmilì fi fan fervine a nuovi ufi , a(Tu-  mendo eflì quindi pur nuove denominazioni c divcrfe  di pria , e introducendofi nelle lingue nuove voci a  efclufione di altre all’ introdurfi di nuove arti , collo  fmarrirfi delle antiche. Dell’introduzione di nuove voci  in qualfivoglia lingua fon prova evidente tutte quelle,  che nelle lingue vive fervono all’ arti di nuovo intro-   ^ dotte nella milizia, nella meccanica, nella fiampa , e   fimili ; o quelle colle quali fi fpiegano le nuove foggie  di vediti, di mobili , di utenfili e così feguendo , le  quali prima dell’introduzione di tali arti e foggienon  potevano avervi. E della perdita delle antiche fono in-  dizio quelle innumerabili nelle lingue morte, fulle qua-  li indarno fofifiicano gli eruditi per trovarvi il figni-  ficato nell’ arti ed ufi di oggetti prefenti, quando me-  glio dovrebbero non penfarvi , come ad appartenenti  ad arti ed ufi di oggetti già fmarriti , e la cui cono-  fcenza col fignificato di tali voci rimarrà fempre irre-  parabilmente perduta . Perciocché il figurarfi che al for-  ger di nuove arti o di nuove maniere di fuflillere  non abbiano generalmente a fopprimerfene e a perire  altrettante, è una puerilità e debolezza di mente, per  cui fi credan gli uomini in genere più fiupidi o più  fvegliati , e più taciturni o più loquaci a un tempo  che a un altro, ciò che non fi darà mai ad intendere  a chi meglio intenda la fpecie umana , e la natura ge-  nerai delie cofe. Variando dunque infenfibilmente gli  («)C. //.».*. oggcìt* loro ufo per ordine di natura (a), e quindi  per difpofìzione d’ arte ; le lingue altresì debbono va-  riare infenfibilmente per efprimere quegli oggetti e  quegli ufi , finché col lungo corfo di fecoli quelli e que-  lle prendano nuovi afpetti , refiando gli oggetti gli rteflì  per le fiefie leggi di moto, ancorché diverfi per le di-  verfe modificazioni di quello ; e refiando le lingue pur  le lleflè per la llelTa perculTìone d’aria dai polmoni fo-  Ipinta , ancorché fempre diverfe per le diverfe articola-  zioni di voci provenienti da quella percufiione, modifi-  cata    Digitized by GoogU    ^XXI ^    cala in varie maniere. Ad accrefcer però e ad affretta- CAP. V.  re moltiffìmo una fimile alterazione e rinovazione di  lingue, s’ aggiugne la mefcolanza di popoli di lingue  diverfe che comunichino di favella; perciocché appel-  lando gli uni e gli altri oggetti fteffi o confimili con  voci diverfe , e non avendo ciafcuni maggior ragione  di così appellarli , è pur forza che riefcano a inferir gli  uni le loro voci nelle voci degli altri , onde imballar-  dite così le lingue , vengan di due a formarfene una  o più altre di quelle compone , e da quelle del pari  diverfe .    III. Egli è poi da oflervare, come per cffer gli og-  getti confimili fempre divertì , e per eflere una tal di-  verfità molto più notabile a tempi e in luoghi difpa-  rati (a) ne’ quali s’ufino favelle diverfe, che alloflef- v.].   fo tempo e luogo, ove non fe n’ufi che una ; quegli  oggetti efprelTi in un tempo e luogo con favella d’al-  tro tempo e d’altro luogo, non fi concepifcono perciò  quali furono o fono a quei tempo o in quel luogo na-  tio, ma feguono a concepirfi quai fogliono in quello,  colla fola diffferenza di replicarli così in mente , e di  cfprimerli altrui con favella ancora ftraniera . Cosi le  produzioni ftefre di animali, di piante, di minerali ,  più diverfe nell’ antica Italia e nella prefente Inghil-  terra di quel che il fiano nell’ Italia prefente, efprelTe  qui ora colle voci italiane antiche o colle prefenti inglelì ,  non fi concepifcono quali erano in Italia anticamente  o quali fono al prefente in Inghilterra , ma quali fono  al prefente in Italia. £ febbene per la voce 'uir fi fì-  gnifìcalfe verbigrazia allora in Italia un uomo come un  Lentulus , e per la voce man fi lignifichi ora in In-  ghilterra un uomo come un Richard, e per la voce    uomo fi concepifca ora in Italia untale comeunGiam-  pietro; per tutte quelle voci vir^ many e uomo fi con-  cepirà ora in Italia del pari un tale come un Giam-  pietro, e non mai come un Lentulus o come un Ri-  chard. Lo che fi dice per avvertire, che la cognizione   delle     I    Digitized by Google    -5t! X X 1 1   CAP. delle lingue morte o vive Oraniere, non amplifica per  nulla la cognizion degli oggetti , ma carica foltanto la  mente di più termini d’eflì apprefi ad un modo folo,  diritto o torto ch'ei fiafì, lafciando cìafcuno nello fla-  to d’ ignoranza o di dottrina, nel quale d’altronde ei  fi trovi . Certo è che quantunque ciafcuno apprenda  gli oggetti diverfamente da tutt’ altri , per appellarli  con più nomi non li apprende con più maniere , o  colle maniere degli altri , ma fegue a concepirli all’  ulato fuo modo . Ond’ è che per apprendere più lin-  gue n apprendon più voci , per le quali replicar in  mente gli oggetti , e comunicarli a perlone di lingue-  dìverfe non diverfamente all’une che all’ altre , fcnza  apprender perciò niente di più fu quelli , o fenza ac-  crefcer per nulla le proprie cognizioni ; quand’ ancora  la mente occupata ed ingombra dalla farragine di quei  moltiplici termini fugli oggetti medefimi , non reflafT'e  perciò impedita dal concepirli con più chiarezza e con  più precifione, reflando così le cognizioni fu effi tan-  to più limitate e riftrette, quanto apprefe per più ma-  ni di lingue , come v’ù gran luogo di dubitare..   CAP. VI. /^Uella diverfltà e refpettivamente fomiglianza, che   Della divef- V^_s’è veduta correre fra gli oggetti della (lefTa e  fità poffibile di diverfe fpecie , e fra le maniere diverfc di  (^)> è manifefto dover molto più ampia-  C./i/ » " ^ver luogo fra le combinazioni di quelli nelle   ciafcune menti, le quali combinazioni cosi faranno di-  verfe e confimili non folo quanto gli oggetti , ma  quanto altresì pofTono quelli confimilmente combi-  narli o accoppiarfi infieme a numero minore o mag-  giore , feparatamente gli uni dagli altri . Da quelle  moltiplici combinazioni d’ oggetti in ciafcuni diverfe  procede quell’ordine, per cui gli uomini diverfificanod’  inclinazioni, di genj , di temperamenti, e quindi di  maniere di penfare e d’operare, ciò che coflituifce i di-  vcrfi cojìumi loro ne’ divcrfi luoghi e ai diverfi tem.-    Digitized by Google     X X II I   pi. Imperciocché llante una fimile diverfità di oggetti c A P. VI.  diverfamentc combinabili, non farà poflìbile che s’ac-  cordin eglino di applicare tutti ad oggetti delle ftelTe  fpecie, ma dovranno applicare quali all’une, quali all’  altre di quelle, e quando a quelle, quando a quelle ,  per riferirli cialcuni e combinarli con altri oggetti di  tutte le fpecie diverfamente , onde deriveranno appunto  le moltiformi inclinazioni e coHumi fuddetti . Quindi  apparifce la necedìtà di una limile diverfità di collumi  negli uomini adunati ancora più Hrettamente infìeme ,  la qual procede dall’ impodìbilitàfuddetta di applicar cia-  fcuni in particolare, e più ancora di ellì in comune ,  alle ftelTe fpecie d’oggetti, e di combinarli e riferirli  fempre al medefimo modo finito , quando tali fpecie  d’oggetti e tali modi di combinarli e riferirli fono infi-  niti, e il finito tolto dall’infinito in palTato, alprefen-  te , e nel futuro per infinite fiate ancora fe fia polfibi-  le , è fempre diverfo {a). Quella diverfità d’opinioni C. Il.n.i.  e di combinazioni d’immagini, per ufo di combinare  ciafcuni più particolarmente oggetti d’ alcune fpecie in  luogo d’altre, è cofa familiare, e fi manifella ai fre-  quenti incontri per le impreflioni diverfe degli ogget-  ti medefimi fulle menti di quelli, che lìan più o me-  no avvezzi ad apprenderli, e a combinarli. Ed è cer-  to l’incantefimo per efempio del villano fra i cittadi-  ni , l’orgoglio del cittadino fra i villani, laprelunzio-  ne del cortigiano fra i dotti , la noja del dotto fra i  cortigiani, non proceder da altro, che da maggior ufo  in ciafcuni di quelli di combinare più particolarmen-  te oggetti di diverfe fpecie , nelle varie circollanze nel-  le quali ciafcuni fi trovano.   II. Chi poi da una fimile diverfità d’opinioni eco-  fiumi riputalfe derivar difordine e fconccrto fra gli uo-  mini , s’ ingannerebbe di molto , perciocché per quanto  diverfi fian gli oggetti apprefi e combinati più fre-  quentemente da ciafcuno, purché le combinazioni co-  gli altri ne fiano armoniche, e conformi alla llelTara-    Digitized by Google    XXIV   ~C À F. VI. gione comune (u), non potran quelle elTere che pur  (,a) C.I. ». 2, confimili, e perciò conformi fra elle, nè potran i co-  dumi che ne derivano effer difcordi o generar fra cfli  difordine, eflendo anzi tutti in ordine a una ftelTa ve-  rità o comun ragione. In eflètto rcflTer le opinioni e  i coflumi diverfi non toglie che non poffan elTer con-  fimili , e ficcome gli oggetti fon confimili per la fem-  plicità e invariabilità delle ftedè leggi motrici , per cui  Il confervano c fi rinnovano in cialcuna e in tutte le  l'pecie, e fono diverfi per le diverfe mifure e modifi-  cazioni, colle quali procede quel moto in ciafcuniper  le medefime leggi ; all’ ilidìo modo le combinazioni  loro, e i cofiumi che ne derivano, fon pur confimili  nella loro diverfità, per una ragione comune invaria-  bile in sè fiefia , ma variabile nelle fue modificazioni ,  lecondo le quali quegli oggetti fi a ppret\dono, e fi com-  binano da ciafcuni . Che le fi domandi un rifcontro,  per cui conofcere quella conformità di coftumi colla  ragione comune, fi dirà quello efl'er quello, per cui ap-  parila, che elTendo elfi utili a sè niedefimi , il fiano  altresì agli altri , lenza che alcun ne rifenta nocumen-  to od oltraggio, mcrcecchè fe elfendo quelli a sè uti-  li, fulfero ad altri nocivi, allora non firebber elfi alla  comun ragione o alla verità di natura conformi , la  quale è Tempre concorde e non mai a sè lidia oltrag-  giofa; ma làrebber in conformità all’errore o alla ra-  gion particolare d’ alcuni a quella comune contraria ,  dillruttiva disè medefima neila dillruzione degli altri,  li) C.T, n. 2. come s’è dillinto da principio [b).   III. Con ciò apparifee , come la diverfità di com-  binazioni d’immagini, e quindi d’opinioni e collumi,  non folo non apporta difordine in matura, ma ne co-  llituifce aU’oppolto l’ordine e la concordia migliore ,  purché non s’ allontanino dalla llelTa ragione a tutti  comune, ciò che può avvenire in infiniti modi; e in  tai modi appunto diverfi fi dirà pollo l’ordine e l’ar-  (c) C.II.n.4, monia medefima di natura morale (c), come ne’ mo-  di    (    Digitized    XXV   di di combinazioni in conformità alle ftefTe legni mo- c a"? VI  trici filiclie, è polla l’armonia di natura pur liiTca. E  invero dall’ applicare gli uomini di concerto, quali fu  alcune, quali lù altre fpecie d’oggetti più particolar-  mente, ne proviene che le cognizioni fu effi e per erti  refpettivamente s’accrefeano , e gli uni accorrano in  foccorfo degli altri, derivandone quindi quella perfua-  lìone e prudenza umana , per la quale ciafeuni per  quanto è polìibile , ne’ varj ullicj , profertioni e modi  di vita per erti intraprcli piacevolmente fulfirtono .   Senza ciò combinando ciafeuni calualmente gli onnet-  ti fenza fcelta e fenza difeernimento di fpecie, non s’   ' avrebbe che confufìone , e per clTer gli uomini di tut-  te le opinioni, i collumi c le profellioni , non fareb-  bero di nellune. Ov’è da oU'ervare altresì l’iinportìbil-  tà in alcuni foli di riconofeer tutte le azioni e tutti i  cortumi , per quanto fian quelli utili a tutti , e con-  formi alla coniun ragione, dovendo una tal conofeen-  za dipendere dalla ragione appunto comune , e non  mai dalla particolare di quegli alcuni . Se quello folfe  portabile , la natura avrebbe dertinati gli uomini non  in foftegno, ma a carico ed oppreHione gli uni degli  altri, e avendo formato alcuni foli intendenti ed atti-  vi , avrebbe collituito tutti gli altri llupidi e inerti .   Egli è ben necellario, che alcuni riconofeano le azio-  ni e i collumi tutti, per quanto forter quelli contrarj  al bene e alla ragione a tutti comune, al qual fine fu-  rono illituiti i Governi de’ popoli; mentre il conofeer  fe un’azione coll’crter utile a sè il fia pur ad altri, o  fja ad altri nociva, è dato ad ogni uomo in partico-  lare , e martime a chi è dertinato a quella conofeen-  za. Ma il prefumer alcuni* d’ inventariare e regolar  tutte le azioni , i collumi , le opinioni e le profèlfio-  ni, per quanto fian utili a tutti, è un prefumer d’efler  quei tali di tutte le azioni , i collumi , le opinioni  e le profertìoni , cofa allurda , non elTcndo ciò dato  dalla natura ad alcuni in particolare , ma agii uo-   D mini    Digitized by Google     X X V I   ~C A V. vir mini in generale di tutti i tempi , e di tutti i luo-   IV. Infatti poiché le combinazioni di oggetti fono  infinite non folo in tutte le fpecic, ma in ciafeune an-  cora di e(fi, e non può intelletto umano apprenderne  che un numero finito ; e oltre ciò poiché gli oggetti  non fi combinano che per conol'cere le verità fu effi  c per efiì , e tali verità non poffono rilevarfi per tali  («) C.L ». 1 . combinazioni, che pel confenfo di molti fu quelle (a);   iàrà dunque forza, che molti concorrano ad apprende-  re c combinare , quali oggetti di alcune fpecie, quali  di altre particolari, clTendo cosi altri di alcune , altri  di altre inclinazioni e collumi meglio intefi e iftruiti ,  a efclulìone limile di tutte le altre; non efi'endo d’al-  tronde poHibile che tutti gli uomini, ciafeuni de’ qua-  li debbono apprendere e combinare alcune fpecie fole  d’oggetti finiti; delie infinite fpecie che ve n’ ànno,  s’ imbattano ad apprenderli e combinarli delle lleflè  fpecie finite a efclulìone delle infinite altre , e in tal  guifa ad eflér tutti d’un umore, d’ un’ inclinazione , e  {b)C.VI.n.\. d’ un collume (é). A quello modo fi può dire , eh’  tlfendo le immaginazioni d’oggetti diverfe, edelfendo  pur diverfe le opinioni e i collumi , fra 1’ una e 1’ al-  tra diverlità v’ à però quello divario , che elfendo la  prima in riguardo a ciàlcun uomo, la feconda è in ri-  guardo a più d’ elTi , e che non avendovi pur uno che  (i) C.III. H. 2 . immagini gli oggetti come un altro (r), ve n’àn pe-  rò moltilTimi della llelfa opinione c collume , diverfi  dalle opinioni e collumi degli altri; in guilàchè ladi-  verlìtà di opinioni e collumi, anziché divider gli ani-  mi, tenda ad unirli dalla diverlità molto più amplafra  le loro particolari immaginazioni col vincolo d’ una  loia ragion comune, alla quale quelle opinioni e quei  collumi , avvegnaché diverti , fian pur femnre confor-  mi. Lo che non avviene indarno, ma è llabilito con  provida dilpcfizione , alfine di verificare l’armonia del-  le immaginazioni diverfe per la conformità delle opi-    Digitized    X X V 1 1 ^5-   nioni confimili (<j), giacché la diverfità poid’opinio- CAP. VL~  ni fra tutti non induce confufione o difcordia fraefll, («) c.'l. t.  per la uniformità appunto di molti in ciafcuna di ef-  fe , e per non opporfi nelTuna alla ragion umana co-  mune, della quale anzi ciafcuna opinione particolare co-  itituifce una parte, ed è modificazione particolare di-  verfa. Certo è, che ficcome la diverfità degli oggetti  immaginati non confonde la natura, anzi ne coltitui-  fce la vaghezza e perfezione migliore ; cobi la diverfi-  tà delle opinioni e cofiumi, che di quella è la conle-  guenza, non incomoda alcuni come quella che cofti-  tuifce anzi la varietà delle azioni , e colla varietà la  libertà , che di quelle azioni è il carattere più gradi-  to e migliore, efléndo così ladiverfità de’ colìumi uma-  ni tanto necelTaria all’umana fulTidenza, quanto ladi-  verfità nelle fpecie d’ oggetti lo è nella natura univer-  fai delle cofe-   V. Per altro ciò che fa credere come fopra (4), che WC.Ff. n.i-  la diverfità degli oggetti combinati, e de’ coflumi che  ne procedono, apporti confufione edifordine, è l’equi-  voco di confondere la diverfità colla contrarietà di dii  oggetti e coflumi , e di prender quella per quella , non  potendo negarfi , che per opinioni e coflumi repugnanti  e contrari non s’apporti fconcerto e non fi dia moti-  vo a difordini, ciò che non è da temerfi per opinio-  ni e coflumi diverfi. La contrarietà però è tanto lun-  gi dalla diverfità in tutte le cofe , quanto è appunta  ad effa contraria , ed è quella tanto implicante nelle  immagini degli oggetti e ne’ coflumi che ne derivano,  come lo è negli oggetti tutti creati , i quali pofìbno  bensì efler diverfi , ma non mai contrari , per dover  efier tutti confimili , e poter bensì la fomiglìanza aver  luogo fra gli oggetti diverfi , ma fra i centrar) non po-  terlo avere giammai, come per più induzioni e rifeon-  tri fi farà chiaro qui in feguito.    D a Per    Digitited by Google    'òi XXVIII    CAP. VII.   Della con-  trarietà im-  pofTibile de’  coflumi .  (o)C.P/.».i.    P ER meglio comprendere le cofe fuddette è dacon-  fiderarH , gli oggetti de’ quali fi tratta , e dai qua-  li procedon le immaginazioni , le opinioni , e i collu-  mi umani (/*), non poter efferc che gli efjftenti , po-  litivi, e creati, e non mai i negativi , non efiftenti ,  e non creati , i quali non vi fono , e non fon nulla .  Polli poi alcuni oggetti pofitivi , i negativi loro con-  trari non poter efl'er pofitivi giammai , e in confeguen-  za non poter efl'er del tutto , e pertanto gli oggetti  contrari efler del tutto impoflibili . In efletto fe og-  getti tali folfer poflìbili ed efiftenti , rimarrebber di-  brutti gli uni negli altri nella loro efillenza mede-  fima , nè vi avrebber più quelli nè quelli • e il fu-  premo artefice della natura farebbe autor ai contra-  ri , o farebbe un principio contradittorio e implican-  te lui Ueflo, vale a dir nullo ; quando pur non pia-  cefle ricorrere al ripiego di due principi in natura con-  trari ed ambo efiftenti , per il’piegar appunto codefta  fuppofta contrarietà di oggetti pofitivi cercati ; ripiego  adottato in vero da alcune menti fupcrficiali, ma tanto  pur contradittorio e allurdo elio llelfo , quanto la fup-  pofizione medefima , a fpiegar la quale fu vanamente  chiamato in foccorfo . Il fuppor gli oggetti pofitivi c  creati contrari fraeflì procede da materialità di mente,  per cui fi crede contrario all’altro quel che fembra di-  ftrugger l’altro fol perchè il vince d’ efletto, e fi crede  cosi uno di quelli negativo dell’altro, quando fon tutt’  due pofitivi del pari , e quella apparente dillruzione  non procede da qualità contraria , ma da forza mag-  giore, per cui uno fupera la forza dell’altro, e non la  vince nella parte che per prefervarla nell’ tutto . Cosi  r acqua per efempio gettata fopra un incendio , fi  dirà fpegner il fuoco , non perchè ad elfo contra-  ria , o il negativo di quello , ma per impedir al  fuoco di diftrugger il tutto. E all’ iftelfo modo fi di-  rà, una fornace di fuoco aflorbire e vincere una pin-  ta    Digitized by Coogle    XXIX ^   ta d’ acqua fparfavi fopra , per l’ attività allora fupe- e A P. VII.  riore del fuoco nel confervare fe flelTo , e del par  pofitiva a quella dell’acqua, giacché nell’ uno e nell’  altro cafo ciafeun di quelli elementi efercita tanto  di fua polla full’ altro , quanta ne efercita quello  fu quello , accordandofi così entrambi anco a collo  di loro ellinzione particolare, per la confervazione lo-  ro e delle cofe comun politiva , e non mai per la di-  flruzione loro e comune , eh’ è negativa , impolfibile ,  e nulla.   II. Se li domandi un contralTegno , per cui dillin-  guer gli oggetti politivi e efillenti dai negativi e ine-  lidenti, giacché dal volgo fi confondon gli uni cogli  altri, fari facile additarlo in ciò, d’eU'er quelli fufeet-  tibili di piò modificazioni o mifure, quando quedi il  fon di nellune, come il nulla ch’é appunto di nelTu-  na mifura e non efide . Cobi 1’ acqua e il fuoco fud-  detri perché fufcettibili di piò modificazioni e mifure,  fi diran politivi ed elidenti del pari, avvegnaché cre-  duti negativi e contrari l’uno all’altro. E all’incontro  il calore, la luce, il moto , il pieno creduti contrari  e negativi del freddo , delle tenebre , della quiete, e  del voto , faranno tali in effetto , per elfer quelli di  piò modi , quando quelli il fon di neffuno . Ma per  quedo appunto faran quelle qualità create pofitivc ed  elìdenti, quando quede faranno non create, negative,  e inefidenti, o non elideranno che nella mancanza di  quelle. Con ciò fi dirà, il volgo ingannarfi nel primo  cafo col creder l’acqua contraria al loco, quando èfol-  tanto da quello diverfa, e non ingannarfi nel credere  quedi due elementi del pari efillenti ; e nel fecondo fi  dirà lui ingannarfi all’incontro nel creder quelle quali-  tà tutte efìdenti , non ingannandofi nel crederle con-  trarie , mentre per quedo appunto eh’ efiflono il cal-  do, la luce, il moto, il pieno che fon di piò modi ;  i contrari loro freddo , tenebre , quiete e voto che non  fon di nclTun modo di quelli, non potrebber fuffide-   re.    I    I    Digitized by.Google    XXX   CAP. VII.~re. E in vero col toglier del tutto il calore, la luce. Il  moto , 1’ eftcnfione , non è che fi generi cofa alcuna  pofitiva, come freddo, tenebre , quiete , voto, ma è  foltanto che annichilate quelle qualità nelle fofianze  create , vi rimangon quelle come nulla di quelle ,  giacché il negativo è nulla di quel che nega fenzaef-  fer cola alcuna per sé pofitiva , e gli oggetti o follan-  ze create di calde, lucide, mobili, ed ellefe che fono  in più modi , tolte quelle qualità , rellan non calde ,  non lucide, non mobili , e non ellefe ad un modo ,  vale a dire a nelTun di quei modi.   III. Quel che s’ è qui detto degli oggetti creati fi-  fici, dee altresì applicarfi ai morali, oai collumi uma-  (j) C.ILti.t. jjj come fi li avvedrà dall’appiicarlo alle umane  palTioni figlie delle imprelTioni di quegli oggetti, e ma-  dri di quelli collumi . Imperciocché tali palTioni ef-  fendo fra sé diverfe, e fullillendo come tali , non fo-  no fra sé contrarie , e come tali non potrebber fulfi-  llere che con ripugnanza e contraddizione, eh’ è quan-  to a dire non potrebber fulTillere in modo alcuno. In  ell'etto l’amore, la compallione, la giullizia, la liber-  tà, e r altre virtù morali fon tutte palTioni pofitive ,  create , ed efillenti ; e 1’ odio , l’ ingiullizia , 1’ oppref-  fione, la crudeltà tenute volgarmente per palTioni vi-  ziofe a quelle contrarie, non elìllono altrimenti come  tali, ma fono all’incontro quelle prime palfioni mede-  fime che in luogo di adoprarfi in ufo comune e pol-  fibile , per lo quale fono create , fi adoprano in ufo  particolare e negativo, per lo quale non fono create e  fono impolfibili. La contrarietà dunque delle palfioni  non é tale in sé llella , ma é apprefa per tale dalla  dillruzione che fi feorge per elTe nel particolare per  p'fefervare il comune , come la contrarietà degli ele-  menti è apprefa dal vederli uno vincer l’altro nel par-  ticolare, quando quella vincita é intefa a prelèrvar 1’  (6) cyjl.n.t^ univerfale (A) . Con ciò fi dirà , che quel che fa le  palfioni pofitive , fia lo llcnderfi efiTe.da sé ad altri ,   con    Digitized by Google    X X X U5-   con che la fpecie umana fi conferva coll* ordine dina- CAP. VII.  tura creato c che fuflìfte; e che quel che la fa nega-  tiva, fia il concentrarfi effe in sè llcffe con danno d’  altri , contro quell’ ordine che non fuflìfte , e per lo  quale il tutto fe fofle poflìbile s’ annullerebbe e an-  drebbe in difperfione ; lo che però non avviene per la  provida natura , che converte quel difordine partico-  lare in ordine univerfale- Tal Tinterefle per le foftan-  ze fparfo da sè ad altri, s’appella equità, prudenza ,  gratitudine, e tali altre virtù confervatrici ; e riftret-  to insè folo, degenera in avarizia, ingiuftizia, ingra-  titudine, per le quali contro natura tutti languirebbe-  ro e perirebbero . L’ ambizione di onore , di potenza ,  grandezza e fimili , difufa da sè ad altri , è virtù d’  ordine, e di concordia pofitiva; e confinata in sè fo-  lo, è vizio di fuperbia , di oppreflìone, e di difpotif-  mo . L’ amor di fenfo fparfo da sè ad altri , è amor  pudico, amiftà, compaflìcne, per cui la fpecie fi pro-  paga e fuflìfte; e raccolto insè folo, è lafcivia, odio,  crudeltà, per cui refterebbe la fpecie fpenta e diftrut-  ta. In fomma qualfivoglia paflìone , eflèndo virtù con-  fervatrice fra tutti difufa, lì cangia in vizio diftrutto-  re di tutti col contrarfi in sè folo ; e finché le foftan-  ze, gli oi»ri, i piaceri procurati per l’interefle, l’am-  bizione, famore, colfeller proprj fi dilatano ad altri,  quelle paflìoni fono virtù, non illando la reità di el-  le nel procurare il bene per sè , ma nel toglierlo ad  altri , o ne! procurare il proprio utile e piacere con  altrui feiagura , onta , od inganno . Perchè poi tutti  certamente fuflìftono , e finché ciò avviene non è da  dire che tutti non fufliftano , fi diranno le paflìoni ef-  fer fempre virtù pofitive e come tali fulfiftcrc , e co-  me vizj a quelle contrari o negativi di quelle , non fuf-  filter efle giammai ( « ) , eflèndo tanto contraditto- (j) C.VlI.ti.\.  rio che fulTiftano inficine vizj e virtù fra sè contra-  ri , quanto che gli uomini tutti fufliftano e non fuf-  fillano .   IV.    Digitized by Google    XXXII fS-   C A P. VII. IV. Non dubito, che quello dichiarare cosi ampia-  mente, che le paflìoni non fufliilano come vizj, non  abbia a parer Urano e (ingoiare a quei poveri di fpiri-  to, a’ quali fembra molto bene veder i vizj trionfare in  alcuni. Lo sbaglio però di cortoro Ha, nel confonder  che fanno il particolare col comune degli uomini , e  nello (lar colla mente pur fitti in quello, come chiufi  con quello in un facco, quando la natura e il grande  fuo aurore non opera che per lo comune, e ogni parti-  colare alforto e immerfo ncH’univerfale fi perde del tut-  to e s’annulla. D’altronde fe il vizio è contrario alla  (j) C. in, virtù ei contrari non fon pclHbili (//), poiché la vir-  3 - certamente fudllte, il vizio dunque non può dirli   che ludiila che per equivoco. E quell’equivoco fi dirà  proceder da vuote immagini, per le quali fi prendono  a torto per politivi , oggetti che non fono che i nega-  tivi di quelli; e quindi fi apprendono gli uni e gli al-  tri per eiillenti, quando per verità i negativi perquefio  appunto che fiifiiilono i pofitivi , non potrebber lulli-  (lere c(Ii (ledi . Cosi quantunque gli oggetti detti volgar-  mente contrari, li prendano a vicenda per, pofitivi e p.r  negativi gli uni degli altri, è certo nondimeno i pofi-  tivi (oli eilere efillenti creali, ei negativi noncnérche  il nulla di quelli, o il nulla alfoluto , il qu^l non fuf-  fille, o (udìile folo nella negazione del pofitivo . Per  la qual cola il contrario dell’ amore , della compadio-  ne, della equità , della libertà come (opra, non è 1’  odio, la crudeltà, la iniquità eia opprefTione come  volgarmente è creduto , ma è il non amore , la non  equità, non comp.idione, non libertà che non fudìllo-  no , come il contrario del fuoco c dell’acqua non è 1’  acqua o il fuoco , ma il non fuoco, e la non acqua  che pur non vi fono.   V. Quelle coiifiderazioiii fulle padroni umane , che  elTendo virtù diverle non fon mai vizj contrarj a quel-  le virtù , fan conofeere, che i codumi altresì che ne  procedono , pollono bensì clfer diverlì , ma non mai   con-    Digitized by Googlc     X X X I II   contrarj , e che fe perquefli tufcono difordini, ciònon'  avviene che per quel bene, che dovendo procurarli per  sè e per tutti com’è polfibile , fi vorrebbe procurato  per se a efclufione degli altri, quafi ^ruggendo in tutti  quel che vuolfi per sè parte di quelli tutti , ciò che non  può avvenire , e che in fatti non avviene , giacché  ogni bene procurato per sè con danno di altri , lì di-  Urugge alla fine in sè ancora per la oppofizione e il  contralto di tutti gli altri . Procurandofi il bene al pri-  mo modo , le difcordie faranno imponìbili , e ciafcun  di tempera diverfa e non mai contraria a quella dell’  altro, s’ unirà ad elio per coitumi diverfi e non pur  contrari, il collerico col tranquillo, il timido coll’ ar-  dito, il fcmplice coll’accorto, e limili altri , come l*  acqua col fuoco, e la terra coll’aria nella compoGzio-  ne de’ corpi fifica . Ma procurandofi quel bene al fe-  condo modo o con altrui oltraggio, le difcordie faran-  no inevitabili per rimpollìbiltà di unire i contrari, ^  poterfi bensì unir l’ardito e il timido, ma non 1’ ar-  dito e il non ardito, e il timido e non timido, come  può unirfi acqua e fuoco ne’ corpi , ma non acqua e  non acqua, e fuoco e non fuoco, quafi fi voIelTe fulll-  fter da un lato quel che fi volefre difirutto dall’altro,  o quel che non potefle fullìftere fenza la diliruzione di  quello che pur fullifte . Egli è ben vero , che ficcome  un elemento nel fìfico non illrugge mai 1’ altro , per  quanto contrafiino nel particolare , attefe le leggi di  moto invariabili ed eterne ; cosi nel morale una paf-  fione , e un cofiume che ne deriva , non dillrugge mai  l’altra nel generale, per quanto pur nel particolare s’  apprenda per a quello contraria , per elTer tutti pofiti-  vi e conformi a una comune ragione , non mai a sè llef-  fa contraria. Ciò che conferma quel che s’è detto (/r),  le opinioni e i cofiumi umani eficr diverfi , e combi-  narfi diverfamente , mediante una ftefia verità comune ,  della quale fiano modificazioni diverfe e non mai con-  trarie, come gli oggetti fon diverfi e fi combinano in-   £ fiemc    CAP. VII.    (-») C.W. H.2.    Digitized by Google     Sie X X X I V   C A P. VII. lìeme nell’ opere di natura inedianti le fleflè leggi di  moto, delle cjuali (ianpur modificazioni non trui con-  trarie c tempre diverfe . Airoppotlo non pt)ter quelli  nè queffi etler contrarj, nè combinarli in contrario j er  errore comune, o per contralleggi di moto impoflibili  e nulle, per le quali foltanto potrebbero clfer tali , e  per r implicanza di ruflilter la t'pccie umana per co-  iiumi , e la natura umverl'ale per leggi di moto , in-  fierne col principio che dovefle dillruggerle, o per cui  dovelfero eller nulle . E conferma ciò ancora quel che  è aggiunto (/»), di elFer bensì poflTibile per attenzio-  ne particolare d’ alcuni nelle nazioni, il riconofccrvi  ogni male e 1’ deluderlo da elle , per elfcr quello ne-  gativo e d’ un Col modo . Ma non elTer cosi poflìbile  per l’attenzione meddima, o introdurvi o crearvi ogni  bene, per la ragione contraria di dfer quello pofiti-  vo, e di modi infiniti, onde l'uperare elio ogni parti-  colare attenzione .    CAP. Vili. /^Uel che s’è detto finora dà facilmente ad inten-  Collucni ere- Vedere, che non è già la diverlità , ma la contra-  duci comrar) j-jetà e ripugnanza de’ coflumi quella , per cui   non 1 . noco- degenerino quelli in errori , e per cui nal'can fra gli  uomini Iconcerti e difordini , e ciò per la contrarietà  fimilmente e non divcriità di oggetti e di combina-  wC.VI.n.i. zioni loro, ful’e quali verlin le umane menti (i), e dalle  quali quei collumi derivano. Quelle combinazioni d’og-  getti diendo innumerabili , ed elléndo gli uomini nelle  diverte iorcircollanze avvezzi quali all’une, quali all’al-  (OC. F/. n.i. tre Ipecie di elle (r), faran dii cosi di divcrli collumi,  allor conformi alla verità, quando gli oggetti combinaci  fian reali, pofitivi edefillenti; e allor contormi all’ errore,  quando tali oggetti fian negativi , imponibili , innefi-  flenti c nulli . Imperciocché lebbene gli oggetti fian  d’innunurabili modi , e il nulla d’ un folo (d), ciò  nondimeno ficcome la verità eh’ è una, è di tanti mo-  di, di quanti puòcfTa atlermarlì nelle cok divcriè; cosi   l’ er-    Digitized by Google    XXXV   r errore altresì eflTendo uno, s’apprende pur di tanti caP- Vili!  modi, di quanti quella verità può negarfi, inguilà che  tanti fiano i modi politivi di fullìlìere per la verità ,  quanti s’ apprendono i negativi di non rulTifìere per 1’  errore , fuililìendo ogni cofa a un modo , e non lulli»  ftendo la Aia contraria al modo a quello contrario ,  e corrifpondendo verbigrazia 1’ ardito , il timido , il  collerico, pofitivi tutti creali, ad altrettanti negativi  loro non ardito, non timido, non collerico, con cller  ciò non oAante quelli tutti di più mudi , e queAi d’  un modo folo o di nelTuno, come il nulla eh’ è di nef-  fun modo . E^li è poi da confiderare , eh’ effondo la  verità e la eiiAenza tuttociò ch’efiAe, ed eflendo 1’  errore o il nulla tuttociò che non efilìe , e non efilten*  do cola alcuna che per la combinazione di oggetti di>  verli , e non mai contrari (a) ; parrebbe che il tutto (a) C.Vir.n.t.  dovclie l'ulfiAerc per la verità , e nulla per l’errore, e che  ficcome nella efilìeriza degli oggetti , così nelle combi-  nazioni loro e nelle inclinazioni e coftumi che ne de-  rivano , non dovelfe avervi che verità , efclufo fem-  pre l’errore, cofa non generalmente creduta dal volgo,  il quale all’incontro non parla che di errori, e di con-  trarietà nelle inclinazioni e ne’coAumi fra gli uomini.   Chi però meglio rifletta , conolcerà , quello elTcr verif-  ftmo, ed elfer l’errore cosi lontano dai coAumi uma-  ni, come dall’ opere di natura, che non ammette con-  trari , e non erra giammai . Che fe v’ à chi crede di-  verfamente, ciò deriva da equivoco di prendere il par-  ticolare per lo comune, come s’è accennato (/>), eco- (^)C.W. «.4,  me più efprelTamente fi dichiarerà ora , per ifpiegar me-  glio coi fatti quelle verità , che fon lempre alcofe al  volgo, e che bene fpedo fi nafeondono ai filofufi an-  cora, che nel fìlofofare non fanno Aaccarfi dalle vol-  gari maniere di penfare, reAand > coi,i nella loro filo-  lofofìa più all’nfcuro del volgo medeltmo.   II. Si dice dunque che lo sbaglio di prendere il ne-  gativo per pofitivo , o l’ errore per la verità , nafee da»   £ z equi-    Digitized by Google     "è* XXXVI >5-   AGP. V'iii, equivoco di prendere il particolare per univerfafe , c  di credere che ciò che può efler in quello con ripu-  gnanza e dilordine, poflTa pur avervi in quello con or-  dine ed armonia. E invero l’errore col nome fuoftef-  fo, non porta alla mente che un’ immagine di man-  canza e di nullità, e il crederlo nei collumi comune  quando non è che particolare, procede da errore ap-  punto o da mancanza di difeernimento , per cui occu-  pata la mente da vani timori, dà corpo all’ ombre ed  al nulla. Del rimanente s’ ei fembra nafeere e avva-  lorarfi :n alcuni , non fi vede mai (lefo a tutti , e in  quegli alcuni medefimi non lì vede che vinto , e di-  llrutto dalla verità a tutti comune . Il fullìller poi  vinto e didrutto non è fullìller in modo alcuno , in  guifache chi fi lagna dell’error ne’coflumi, fi lagni di  elTo che volendo pur con vane lulìnghe e con faifeap-  parenze inlìnuarfi e fuHìllere nel particolare, non ten-  ta mai altrettanto neU’univerfale, e in quel particola-  re medelìmo è didrutto da quedo univerfalc , che il  difapprova e il dichiara pur nullo . Per quedo il co-  mune degli uomini fi vede Tempre correggere il parti-  colare, e non mai all’oppodo; di che prova evidente  fono i governi de’ popoli, fra i quali tolti i più colti  e fenfati, non v’à dubbio che non confidano quedi  in ciò, che per ellì colla verità e la ragione comune  di tutti fi didruggan gli errori , o le ragioni partico-  lari di alcuni a quella contrarie . Che le il governo  delTo reggede i popoli per la ragione fua particolare  alla comune contraria , o per 1’ errore contrario alla  verità , come nelle nazioni barbare o fconcertate ; al-  lora non elTendo quedo certamente poflibile , quell’  ederno governo fi vedrebbe cangiato in fimulazio-  ne , o in nullità elTo dedb , redando nondimeno  la ragione e la verità comune interna a governar  la nazione realmente , Tempre per 1’ errore partico-  lare da elTa vinto e didrutto in ognuno , e nel go-  verno medefimo ; verilicandofi così Tempre , che la    Digitized by Google     X X X V 1 1   verità c la ragion comune fia cofa reale , pofitiva’i^A~prv'ìTr.  ed efiftente , e che 1’ errore fia cola negativa , in-  nefìilente e nulla , comechè i'empre dilirutta da  quella verità medelima. t   III. Chi dunque precorre provincie e climi diverlì,  e incontra opinioni e collumi, per li quali fi fulTide  in un luogo, alieni da quelli, per li quali fi fulTilte in  un altro; creda pure tali coliumi quanto fivogliandi-  verfi , ma non li giudichi giammai contrarj, per eller  ein modificazioni diverfe d’ una verità a tutti corna*  ne, che non è mai a sè fleffa contraria. £ fe appari-  fcon contrari , li creda tali per fola appunto apparen-  za , attefo ungoverno pur apparente , fimulato c nullo,   (a) giacché l’apparenza e la fimuiazione è nulladiquel^^jjc.p;;/.,,.-.  che è in fatto . Del rimanente che fin a tanto che tutti  nelle nazioni fufTiliono, i coliumi comuni benché di-  verfi , non fian mai contrarj a una verità comune , fi  manifclia da quelio , che 1’ errore contrario a quella  verità fi troverà periéguitato e punito, vale a dir di-  iirutto da per tutto del pari , e ciò fempre nel partico-  Jare e non mai nel comune ; altrimenti converrebbe  dire, che laddove gli uomini fulTiliono a un tempo e  in un luogo per la verità, fuUìlielIero all’ altro per 1’  errore e per la menzogna contraria e diliruttiva di  quella verità , cofa affatto affurda e impolTibile . All’  ilielTo modo i difordini ne’ fenomeni ffici debbono  ìmputarfi a irregolarità, particolari ne’ moti conformi  alle leggi collanti e generali, per le quali il tutto fuf-  fifte, vinte però quelle irregolarità e fuperate fempre  da quelle leggi , lenza di che il tutto perirebbe , ef-  fendo cosi il difordine, la dillruzione e l’errore fem-  pre particolare , e 1’ ordine , la confervazione e la ve-  rità fempre comune , fia nel fifico. Ila nel morale ,  e quell’ errore fempre vinto e diflrutto da quella ve-  rità .   IV. Qui può oflcrvarfi , come quell’ effer l’ errore fem-  pre particolare in ogni nazione e non mai comune ,   e quell’    Digitized by Google    xxxvin   C A P. Vili, e queft'annullarfi per quello, quanto per fa verità co-  mune in e(Ta ruflìRe, dà a conofcere , che le fedizio-  ni , i tumulti , le dilcordie , le guerre fono nelle na-  zioni Tempre errori particolari , e non mai verità co-  muni , come quelle che in effe diliruggono ciò che  pur Tuffìfte in modi diverfi , ma non mai contrari .  Che fimili diTafiri intcreffìno le nazioni intiere , cuna’  è la Trafc d’efprimerfi de’ Gazzettieri , non è che uno  sbaglio, per cui come fopra (a) fi prende 1’ ambizio-  ne e Terrore particolare d’ alcuni , come Te TolTe co-  mune di tutti, i quali all’incontro non pnfl’on fufiìfie-  re e non fufiìfiono, che per la comun verità e dilàm-  bizione . E fi ila pur certi, che ogni nazione adonta  di qualfivoglia an bizione o interclle particolare che  muova in tifa difeordia, prefa in comune non amerà  che la concordia e la pace. Quell’ ambizione poi e quell’  intcreflfe fi manifefiano particolari dal fatto, per iadi-  firuzione che del pari ne fegue delle parti ambiziofe  e interefiate , fufiìliendn le nazioni nell’ intiero per la  concordia, al tempo fieiìo che per la difeordia fi di-  firuggnno nelle parti . Che fe quella difeordia parefie  comune, non farebbe di nazione che fufiìfielle, ma fa-  rebbe dell' ultimo particolare fuo avanzo , che facrifi-  caiTe fe (lelTo al riforgimento di altra nazione , che  fulle reliquie della già diilrutta a parte a parte per  errori particolari , fi nnovafle intieramente per la ve-  rità a tutti comune , eh' è il calò di tutte le rivolu-  zioni negl’ irnperj . Ma tolte alfine tutte le nazioni  progrefiive e contemporanee , e tutti gli uomini in  genere , fempre fia che ogni difeordia , guerra o tu-  multo fra effi abbia a terminar in concordia , pace  e amillà per la verità comune che difirugga 1’ er-  rore particolare, quando pur fi voglia prefervar la fpe-  cie umana , ficcome ogni pelhienza o procella dee ter-  minar in aere falubre e tranquillo, quando pur fi voglia  prelervar la natura, e non mandar tutto il fifico e il  murale in nonnulla.   V.S’ag-    Digitized by Google    'il XXXIX ■   V. S’aggiunge, che la detta prevalenza della ragione c A P. Vili,  o verità comune full’ errore particolare a quella contra-  rio, fi manifeda non folo negli uomini conolciuti per  giudi, ma in quelli ancora che fi reputano, e cliepià  fembran malvagi , e ciò per lo timore che accompa-  gna infeparabilmente quedi fecondi . imperciocché un  fimil timore fe ben fi confideri , non è che una pofi-  tiva virtù eh’ edinta ogni altra , reda in cialcuno a  moderare e rafirenar i luoi eccedi negativi medefimi.   Laonde edèndo qualfivoglia malvagio Tempre più ti-  mido che malvagio, non efclufi i tiranni medefimi ;  farà Tempre ogni uomo più virtuoTo che reo nella deT-  fa Tua reità , e farà Tempre vero , che 1’ error negativo  rimanga annichilato e didrutto da virtù politiva a  'quello fuperiore in quegli deffi , che più Tembran me-  narlo in trionfo. In queda guiTa il timor pofìtivo e  virtuoTo, con frenar l’ambizione e rintercH'e dall’ offèn-  der altri, impedifee che quede padìoni, di pofitive e  virtuoTe che pur fono in propria e comun fuffidenza ,  diventino negative e viziofe in didruzione altrui e pro-  pria (<i), e tien luogo di virtù nello dedb malvagio , ia)C.VlI.n.^.  come un elemento altresì nel fìfico contradando coli’ al-  tro per la confcrvazion pofitiva del tutto, impedifee la  didruzion generai di natura, che tolto un (imii contra-  do ne leguirebbe, fcnzachè negativo alcuno lùlTida ,   Tempre per 1’ aperta implicanza di fudidere cola al-  cuna negativamente ( ) . Una fimil providenza nel WC.W/.«.i.  morale (i manifeda non folo ne’ rei fuperbi come fo-  pra , ma ne’ giudi ancora da quelli oppredì, i quali  fon così virtuoli nella loro tranquillità e nella loro fi-  danza , come il fon quelli nella loro agitazione e nel  loro timore; ed è certo, ogni oppredb innocente eder  così contento per la verità comune che lo allolve fu-  gli occhi dell’univerfo, come il fuo oppredbre è feon-  tento per 1 error fuo particolare , che combattendolo  con quel timore , lo cruccia nella Tua ignoranza fe  non à talento, efe à talento, illude nel fuo rimorfo.   Vl.Re-    Digitized by Google    "àt! XL   CAP. Vili. VI. Refta dunque Tempre più flabilito , non avervi  di contrario in natura che la verità e 1’ errore , ed  elfer quella una modificazione di tuttociò eh’ eflde ,  e quello una modificazione di tuttociò che non efifle   («)C.F///.n. 3 .(u). Il confidcrar ciò cIT efìfle come contrario a ciò  che pur efille , è un afTurdità ; e fe gli uomini ap-  prendono per contrarie quelle cofe che non fon che  diverfe, ciò è Tempre per errore particolare , che non  paflà ad cfTer verità comune (i). Il contrafTegno poi ,  per cui avvederli Te gli oggetti fian diverTi o contrar)  farà quello, di eflTer effi o non efTer efiflenti, mercec-  chè Te eTiftono Ton certamente diverfi , e Ton contrarj  Te non eTillono . Ma per ben giudicare di quella efi-  llenza o non eTiflenza loro , debbon elR riTerirfì non  al Tolo particolare , ma al comune di tutti . Il dolore  per eTempin e il piacere, poiché ambo Tuffiflono, Ton  certamente TenTazioni diverTe , ed elTendo diverTe non  Tono contrarie . RiTerite però al particolare s’ appren-  dono per contrarie, ciò che non rieTce Te Ti riTeriTca-  no al comune . Di ciò è prova evidente ognuno che  Tofl'ra il dolor con piacere , Tol che il riTeriTca non  a sé Tolo , ma al comune degli altri ; come Muzio  contento del pari e d’arder il Tuo braccio nel Campo  di PorTena , e di llrignerTi con quei braccio al Ten la  Tua Clelia , per addurre un Tolo degl’ innumerabili  eTempj di eroi TacrihcatiTi con dolore al piacere di  giovar alla religione, alla patria, alla verità inTomma  comune , ciò che non avverrebbe Te tali TenTazioni ToT-  fer contrarie. Quella comun verità non è in Tollanza   (0 C.r/J.a.j. che la virtù (c), la qual contrallata dai vizj partico-  lari e non mai comuni , può dirTi travagliata , ma non  per efiì opprelTa. Laonde elTa fola può dirli comune ,  come quella eh’ è approvata da tutti, quando il vizio  non può appellarTi che particolare, come quello eh’ è  dctelfato da ognuno, e dilàpprovato da quei medeTimi  che lo proTelTano, indizio evidente di eller quella po-  Titiva ed efìllente, e di efier quello negativo e nullo.   Cer-    Digitized by Google    ^ XLI   Certo è die (iccome futTifle quel eh’ è voluto ed è ap-  provato da tutti , come la virtù ; cosi quel che non è  voluto e non è approvato da alcuno , come il vizio ,  non può dirfi fuffìlìere . E lo sbaglio di conlìderar que-  llo come efiftente Ila in ciò , di confiderar per efiften-  te quel eh’ è voluto da alcuni coi contrailo di tutti ,  quando non può confiderarfi per tale, che quel che vo-  luto da tutti , non è contraHato da alcuno .   VII. Io non fo, fé tali dottrine convengano con  quelle che lì dicono degli antichi iloici , accademici ,  platonici , o altri , interpretate dagli eruditi , e eh’ io  non ò mai avuto la flemma d’ interpretare . So che  le ò apprefe dai lume naturale, dal quale poteano ap-  prenderle quelli, e può apprenderle ogni altro che fia  i'eguace della verità comune, non alterata da errore o  da educazione corrotta particolare , e fappia che un  uomo non è tutti gli uomini, nè tutto il creato, ma  uno folo di quelli, e un’opera fola di quello. Se poi  le mie dottrine non convengono con quelle che corro-  no al prefente anco fra i più fludiofi , ciò è per erro-  re appunto particolare di quelli , che fedoni maffìme  a quelli tempi da dottrine fuperhciali di Comici che fi  fpacciano per fìlofofi , vorrebbero pur perfuadere il tut-  to effer peggio , contro il fatto evidente , per cui la  natura e l’uomo , col conferv'arfi e fufliflere , dimo-  flrano il tutto efler meglio . La dottrina fra le altre  della nullità dei contrae) (a) non dee dirfi nuova ,  dacché fi troverà ella convenire coll’ altra non nuova  del tempo e dello fpazio, che efiendo quello la dura-  ta fola, e quello la fola diflanza degli oggetti e del-  le foflanze create , non fuflìflono così che negativa-  mente , e fulTiflendo in tal modo , pofitivamente fon  nulla. Tolte quelle foilanze pofitive e create, il tem-  po e lo fpazio reflan come nulla di quelle , o come  nulla adoluto , non pntendofi inver concepire come  polfan pofitivamente fufliflere o tempo , o fpazio, o  diflanza di cole , che non fufliflauo elleno flefle .   F Pro-    CAP. Vili.    (ii)c.n/.».i.    Digitìzed by Googl*“     "S-: xLii    CAP. IX. "pRocedendo le inclinazioni e i coftmni dagli ogget-  Della (labilità ti creati ertemi , e dalle combinazioni loro nelle  e inabilità de' umane menti, è certo eh’ ellendo tali oggetti invaria-  ro(lumi. bili per le rtelfe invariabili leggi motrici , dalle quali  (fl)C. //.w. I. derivano {a), faranno altresì quelle inclinazioni e co-  ftumi invariabili e cortanti , per la rtdià inalterabile  verità e ragione comune, per cui naCcono , fi confer*  {b)C.VI.n.i. vano, e fi rinnovano { b ) . Per la qual cofa ficco-  me quegli oggetti fi vedon perfeverare gli rterti in  ogni fpecie , e ogni pianta e animale fi rinuova in  pianta e animale confimile , (enza degenerar mai in  altra di natura diverfa; all' ilierto modo l’ambizione,  l’interertè, l’amore, il timore’, e limili altre partìoni,  dalle quali rifultano i cortumi , fon collanti in natu-  ra, nè tralignan mai in partìoni diverte nel propagar-  fi dagli uni agli altri, e il fimile avvien dei cortumi  (f)C. 7/.B.4. (c). Quanto però cederti cortumi per quelli motivi  tono rtabili e fermi nella loro natura, tanto nelle mo-  dificazioni loro fon variabili e incollanti, come appun-  to gli oggetti dai quali derivano , o le modificazioni delle  rtellè leggi di moto , dalle quali quelli oggetti procedo-  no. Ertèndo poi le modificazioni dall’ una e dall’altra  parte infinite, ed ertendo quelle di ciafeun tempo e di  ciafeun luogo finite ; i cortumi di ciafeun tempo e  luogo , fempre gli rtelll per la rterta verità comune ,  faran per le modificazioni di quella verità fempre di-  verfi da quelli di un altro, come gli uomini finiti d’  un luogo e d’un tempo, fimili fra loro per la rtabile  loro natura, variano nondimeno infenfibilmente in in-  finito di fembianze , d’afpetto , di maniere da quelli  d’un altro per le modificazioni diverfe di quella na-  tura rterta . Con ciò rinovandofi gli oggetti e le loro  combinazioni in altre pur fempre diverlè , anco per  tempi e luoghi infiniti ; i collumi , le opinioni , i  gen) , e le inclinazioni umane di ciafeun luogo e tem-  po vi dovranno variare in infinito , come modifica-    Digìtized by Google    XLIII   zioni fempre finite tolte dall’infinità di tutt’ effe (<j); cAP. IX.  fcnza di che dovrebbe dirfi, che degl’ infiniti oggetti i.   creati , o dei coflumi che ne derivano , doveffer gli  uni a un tempo efier gli ftellì che gli altri ad un altro ,  ciocché ripugna colla fapienza e perfezione infinita del  fupremo autore della natura nelle fue opere (b). {b)C.lI.n.ì.   11. Perchè poi tutti gli ilabilimenti umani in ri-  guardo alla fucieià, e gf Imper) lieffi dipendono dal-  le opinioni e coliumi in effi comuni ; per effer quelli  nelle loro modificazioni ederne cosi variabili , non po-  tran tali focietà o Imper) avere labilità alcuna dipen-  dente da quelle , ma dovranno infenfibilmente variar  di maniere , cola comprovata molto bene dal fatto ,  per cui fcorrendo con occhio fugace per tutta quanta  la ferie de’ tempi e de’ luoghi da Noemo a noi, non  ci fi rapprefenta alla mente , che una perpetua rivolu-  zione di Stati e d’ Imper) . Infatti effendo le opinioni  e i collumi in ogni impero attualmente finiti , ed ef-  fendo quelli di maniere infinite pollibili, debbono dun-  que col variar de’ tempi e de’ luoghi finiti variare in-  fenfibilmente di maniere attuali e finite (c), e con ciò {c)C.VI.n.i.  variar quegP Imper) , la cui divifione cosi , ellenfione  e forma effendo fempre tanto (labile e ferma, quanto  la verità e la ragione a tutti comune ; farà eziandio  tanto cangiabile, quanto le modificazioni dìverle e in-  finite di quella verità , o quanto la divifione , ellen-  fione e forma delle opinioni e collumi in ciafcun im-  pero particolari, e comuni. Vero è, che fimili rivolu-  zioni negl’ Imper) o ne’ governi de’ popoli non fempre  fon fubitanee e impetuofe , anzi il più delle volte fe-  guon per gradi infenfibili ; ma fono in ogni cafo le  lleffe, o producono i medefimi effetti, e la differenza  ne dipende folo dalla verità o ragione comune che Ila  piò o men riguardata dai particolari , e per la qual,  folamente poffon le nazioni fulfillere (d). Perciocché  fe quella verità farà dalla nazione fparita , l’errore ol’  ambizione particolare che d’ effa avanza , dovrà dì flrug-   F a gerla ,,    \    Digitized by Google    ^ XLIV   C A P. IiT~gerIa , o diftrugger fe ftcflb colle difcordie e le guer-  re , per dar luogo a quella verità di ricorrere a rino-  («)C.f7//.».4. var quella nazione fott’ altro afpetto (//) , e talvolta fott’  altro nome, nel qual cafo fi diranno feguir le rivolu-  zioni con più di violenza e di fdegno . Ma fé quella  comun verità fi foderrà nelle nazioni a fronte di quìi-  fìvoglia errore particolare , le rivoluzioni allora vi fe-  guiranno a (Irida quiete , fenza violenza e per gradi  infenfibili , trovandoli nondimeno ia nazione col cor-  fo di lunghi l'ecoli del pari cangiata da quella di pri-  ma per varietà di opinioni e coliunii , non però mai  fra loro contrarj. Del primo cafo è elempio qualfivo-  glia Impero d’ Afta o di Grecia più rinomato , e in  particolare l’antica Roma, volta di Regno in Repub-  blica a’ tempi di Giunio, e indi di Repubblica in Im-  pero a’ tempi di Giulio, per ia verità comune a quei  tempi in e(Ta fmarrita , e per l’errore o per 1’ ambi-  (ó)C.r///.a,9. 2 Ìone particolare non da timore frenata { b ) redatavi  fola , per cui non era poflibile che quel go%^erno, (la  in forma di regno o di repubblica più fuUìdefle • E  del fecondo polFon eller efempio quegli Stati prefenti  Europei più moderati , che contano più migliaja di fe-  coli per fuccedioni di Sovrani , ma che per opinioni  e codumi non fon certamente quali erano alla loro  origine y e ciò per la delTa verità o ragione comune  non mai da e(Ti partita , quantunque diverfifìcata in  modificazioni diverfe , che (on appunto quelle divcrfe  opinioni e codumi.   III. Tuttociò fa conofcere , come quel che cangia  gl’ Imperi è in ogni evento la ragione comune di tut-  ti, per la quale pur fi confervano , e la qual ricorre  fempre a occupar il luogo dell’ errore particolare, per  cui fe folTe pofTibile rederebber le nazioni tutte didrut-  te, fenza che l’attività particolare di Giunio, di Giu-  lio, o d’altri v’abbia più parte di quella di qualfi vo-  glia altro che podìeda una fimil ragione , e che coll’  unirla alla ragione di quelli la renda comune . Del   rima-    Digitized by Google    X L V ^5-   rimanente che le nazioni prefenti d’ Europa non fian c A P. IX.  quali erano da principio , e fi fìan rinovate in altre ,  non ferbando di fe (ielFe che i nudi nomi , fi compro*  va da quello, che tolta qualfivoglia diede, potrà que-  lla ben appellarfi collo (Iciro nome di due i'ecoli in-  nanzi, come per la lleda verità comune fudlilere, ma  non perciò fi troverà la llefla per forma d’ inclinazio-  ' ni e coftumi comuni che la collituifcano , o per mo-  dificazioni di quella verità medefima. Anzi fi troverà da  quella tanto diverta per quello capo , quanto dall’ al-  tre nazioni fue contemporanee, e lo fieiro avverrà re-  trocedendo di due in due fecoli più o meno , per  quanto le memorie ne fiano a noi tramandate. Cosi i  Francefi prefenti diflèrifcono forte più per maniere e  cotlumi dai pur cosi detti Francefi di due fecoli in-  nanzi , di quel che differifcano dai prefenti Italiani di-  llinti da etti di nome . £ gl’ Inglelì che ora fon d’opinio-  ne di difertar per l’America , avran forfè più di conformi-  tà coi prefenti Francefi loro emoli , di quel che preten-  dano aver per cotlumi cogl’ Inglelì loro antenati , eh’  erano d’opinione dv difertar per Soria , e così di più  altri . E’ poi chiaro , una fimile rivoluzione di opinio-  ni e cotlumi nelle nazioni dover efier tale , da non ri-  correre o rinovarfi mai in netfune allo lleflo , fempre  per la detta ragione delle combinazioni di oggetti ,  e delle modificazioni che ne derivano ne’ cotlumi , che  tolte dall’ infinito a numero finito , fon fempre diver-  fe fune dall’ altre per quante pur volte fi prendano  (rt) . E ciò non per dil^fizione umana particolare ,  ma per fitlema imperferutabile di natura . 11 compren-  der quello fitlema , vale a dir 1’ ordine , la ferie , i  rapporti di tali combinazioni di oggetti , e di tali mo-  dificazioni di cotlumi , o perchè e come a certune  abbiano a fucceder cert’ altre , in luogo di tutt’ altre  qualunque , è rìferbato alla mente dell’ autore del  tutto , nè potrà ciò mai penetrarfi da mente crea-  ta , finché fi trovi nel pafieggiero fuo flato, avvio-.   ta    /    Digitized by Google     XLVI   CAP. IX^ ta c ridretu dalle ritorte e dagl’ inganni de’ fcnli   WC.///.».i. (tf).   IV. Qui cade a propofito d’avvertire l’errore di quel-  li, che lì figurano di richiamar nelle nazioni la verità  e la ragione comune per quanto vi fi folTe l'marrita , col  rinovar quelle leggi che ne preferivevano le modifica-  zioni a’ tempi decloro bifavoli , progetto del tutto af-  furdo e impofTibile . La verità e la ragione comune  potrà ben richiamarfi per leggi , per quanto a’ tempi  trafandati folle Itaca più riconofeiuta per fé ItelTa in  quei coltumi, di quel che il fia a’ tempi prefenti per  coltumi che la modificairero in contrario di sè medelìma ,  giacché elTa in sè llelTa è una fola di tutti i luoghi e di tutti  {b)C;lX.n.i. I tempi (i). Ma il richiamarla al prefente per le fue  modificazioni antiche , quando tali modificazioni deb-  bon ad ogni tempo elTer diverfe , non può elTere che  una miferia di mente , per cui lì creda la natura non  più capace d’invenzioni in fua condotta , di quel che  fiafi un povero Conllgliere fecreto che creda operar in fua  Wce. Chi declama contro i nuovi coltumi che fi van-  no introducendo , e deplora gli ufati che fi van di-  ftifando; à molto ragione fe i nuovi coltumi fon mo-  dificazioni dì una ragion men comune, di quel che il  fiano gli ufati che a quelli dan luogo . Ma fe i nuo-  vi coltumi fon tanto buone modificazioni della comun  ragione, quanto gli ufati che fi perdono ; ei declama  inutilmente, come fe ciò foffe contro il variar de’ ven-  ti, elTendo 1’ una e l’altra cofa quanto innocente, tan-  to, inevitabile e neceflaria , e potendo , anzi dovendo  quella comun ragione per difpofizion di natura , e per  fapienza illimitata del fupremo fuo artefice, praticar-  (.c)C. II. n. I. fi fempre per modificazioni diverfe (c) , e comparire  in fembianze che non fiano giammai le flelle , elTendo  nondimeno la. ItefTa per sé medefima . Senza quelto  una fimile verità o ragione, correrebbe rifehio di non  efercitarfi che per inganno ; ed è ancor vero, che tal-  volta con richiamare la verità , la ragione , il valore   e la    Digitìzed by Google    >5^ X L V 1 1   c la religione fteflfa per le fole loro modificazioni eflcr- c A P. Ìx7  ne di tempi molto remoti, f» rielce a perdere tutto il  fenfo reale ed interno di quelle virtù , invariabili per  sè flede , riducendole a quelle materiali loro modifi-  cazioni eflerne , fenza alcun rapponto a quell’ interno  lor fenfo e fignificato.   V. Ma intanto è qui da avvertire, che quel che s’è  detto finora in ordine all’ illabilità de’coflumi, non fa  torto ad alcuno, e non è detto per accufar gli uomi-  ni di leggerezza o d’incoflanza , ma per anzi giuflifi-  carli d’ ella , e per renderne ragione , come di cofa  inevitabile e neceffaria , la qual non riguarda in eflì  coflumi che le modificazioni eflerne d’una ragione co-  mune interna, che debbon cangiare, come le modifi-  cazioni eflerne degli oggetti fenfibìli, dalle quali quel-  le tengono dipendenza (a) . Dail’altro canto ficcome (a)C. IX.n.i.  quelli oggetti cangiando modificazioni fon purgliflef-  fi in tutti i luoghi e a tutti i tempi , per le fleffe  leggi di moto che li producono ; il medefimo avviene  de’coflumi, ed è fempre una flefla invariabil ragione  e verità comune, che per varie vie li guida e gover-  na . Per quello s’ è veduto , quella ragione comune  effer la fola, per cui gli uomini lufTiflano infìeme, co-  me per quella che può ben effer diverfa nelle diverfefue  modificazioni , ma non può mai a sè flcffa effer con-  traria , nel qual cafo foltanto la comun fuffiflenza  farebbe impoffibile ; ond’ è che non è effa contra-  ria che per difetto o ragione particolare di alcuni ,  e non mai di tutti. Ciò fa che i governi o gl’ Impe-  ri fian fempre confimili , per quella fleffa ragione co-  mune per cui fullìflono (ì), avvegnaché diverfi per  le modificazioni diverfe di quella ragione medefima ,  non oflante qualfivoglia irregolarità particolare, come  gli oggetti fenlibili eflemi fon fempre confimili nelle  loro fpecie , perchè fempre in conformità alle flefle  leggi motrici , benché ne fìano diverfe le modificazio-  ni , e non oflanti alcune irregolarità in eflì fifiche . £   po-    Digitized by Google    X L V 1 1 1   'C A P. 1X7 potranno quelli e quelli fuffiflere a ragione benché di-  ve rfa , giacché i mollri nel filico e le calamità nel mo-  rale lòn cafi infoliti e particolari , e il confueto e co-  mune non è calamità e difordine, ma é ordine ed ar-  monia . In effetto la ragion comune, dalla quale deri-  va il difintereffe, la dUambizione ed ogni altra virtù,  per la quale fuflillon gl’ Imperj , é invariabile , ed è  di tutti i luoghi e di tutti i tempi, e ne fon le mo-  dificazioni infinite. E iflelfamente la ragion particola-  re, dalla quale procedono 1’ intereffe , l’ambizione , e  gli altri vizj per li quali col diflruggerfi fi rinuovan  gl’ Imper) , è pur la lidia , in quanto é Tempre con-  traria alla comune , con modificazioni altresì infinite  a quelle contrarie . Ma è poi imponibile che quella  ragione particolare viziofa diventi comune , com’ è  imponibile che i turbini e i terremoti fiano incdlan-  ti e collanti («), mercecché in quello cafo rimarrebbe  la natura non variata, ma dillrutta , come in quello ri-  marrebber non rinovati, ma dillruttì gl’Imp.rj.   VI. Nel rimanente le diverfe circollanze comuni e  particolari , nelle quali fi trovino le nazioni per le di-  vcrlé modificazioni d’ una lldfa ragion pur comune o  particolare, fon quelle che giullificano o non giuflifi-  no le opinioni e i collumi diverli . Così gl’ Inglefi  avran per avventura tanta ragione di difettar ora per  l’America, quanta ne avevano innanzi di difettar per  (i)C.JX-v.^. Sorla (6), fe tali opinioni diverfe faran conformi del  pari alle diverfe circollanze o modificazioni di ragion  loro comune d ambo quelli tempi , di che farà indi-  zio appunto l’ellèr quelle all’uno e all’altro tempo co-  muni. Perciocché fe la nuova opinione non folfe cosi  comune come l’antica , non farebbe quella così con-  forme alla comun ragione, come lo era l’antica, ma  potrebbe elfere qualche opinione o errore ancora par-  ticolare alla verità comune contraria. Il fuppor gl’ In-  glefi che difertan per Bollon più fenfati di quei che  difettavano per Sorìa , quando quelli difettavano di   co-    Digitized by Google    XLIX ^   comune confenfo, e quelli difertano coll’oppofizione di 'c’À P IX '  mezzi i voti della nazione , è un’ alTurdità . Del redo  non fi nega che sì una fpedizione che un pellegrinag-  gio non pofian eficr conformi alla comun ragione ,  purché fian efiì tali da attirare il comune confenfo .   E ciò non per attività d’un Ammiraglio o d’ un Romi-  to che li pcrfuadano, ma per ragioni piò alte , ordi- WC.IX.n.ó.  nate da una fapienza eterna ( a ) , la quale nel crear  una fola ragione , ne coditu) le modificazioni diver-  fe, e volle che non ladiverfità, ma la contrarietà del-  le opinioni e coftumi fodè quella , che da queda co-  mun ragione li dividede.   Q Ucl che s’ è detto di fopra ( 6 ) , che le immagini C A P. X.  degli oggetti da ciafcuni apprefi non tengan rap- De’ cofhimi  'porto necedario alcuno colla favella e colle voci, efpreffi perla  per le quali fian ede efpredè agli altri, dee applicarfi f*»ella.  eziandio alle combinazioni di quelle immagini , dalle qua- *• *•   li derivano le inclinazioni e i codumi diverfi, le qua-  li combinazioni d’immagini non terran così nedunne-  cedario rapporto con quelle delle voci , o colle regole  gramaticali di lingua, per le quali fi manifedano , oli  partecipano agli altri. Ciò fi verifica idedamente dall’  edere tali regole pure dabilite di comune confenfo ar-  bitrario di quei foli , fra i ^uali quelle combinazioni d’  immagini debbono comunicarfi (c), e che così comu- (#)C.iF.«,i.  nicano di codumi e d’inclinazioni a efclufione d’ ogni  altri . Ond’ è che ove manchi queda comunicazione ,  nedune lingue o regole di ede fono in ufo, e ove ef-  fa v’abbia, le lingue e le regole d’ede perciò introdot-  te , non s’ apprendono dalla natura , ma da fola mec-  canica fcoladica , o da idruzione pratica d’altri, fen-  za apprender perciò niente più di reale (d), e fuor di WCy.n.ì.  queda meccanica , l’ ufo dejle lingue farebbe impoflìbi-  Ic • Del primo è prova ogni felvaggio, il quale perchè  non in calo di comunicar ad altri le proprie combinazioni  d immagini, non à favella veruna, nè articola alcune   G voci    Digitized by Google    "50 L   CAP. X. voci introdotte fra gli altri , non occorrendone certa-  mente a lui alcune per efprimerfi a sè medelìmo . E  del fecondo è prova ogni bambino, che alla villa de-  gli oggetti che le gli prefentano , non proferifce natu-  ralmente che llravaganze , finché colla propria efperien-  za e coll’illruzione non ifcientifìca, ma pratica altrui,  non s’ alTuefaccia a proferirli e cultruirli per voci alla  maniera accordata fra gli altri , coi quali più comuni-  ca , e non mai alla maniera fra quelli , coi quali non  comunica d’immagini e di collumi . Ancorché poi le  combinazioni d’ immagini degli lleflì oggetti , non ab-  bian verun necelfario rapporto colle combinazioni di  voci, colle quali li proferifcono ; per elTere nondimeno  quelle tutte confimili , atteli gli (ledi oggetti , e tutte  diverte , attefe le diverfe combinazioni loro nelle cia-   (a) C.III.n.i. fcune menti (/»); c per edere altresì una favella colla   quale fpiegarle la della per ciafcuni , ma pur diverfe  le combinazioni in clfa di voci nelle ciafcuni bocche   (b) C.V.n.\. (6) j d’innmnerabili perfone ancora le quali efprima-   no altrui uno llelfo fentimento colla llelTa favella , fic-  come non ve n’àn pur due , che apprendendo gl’ og-  getti dell! li combinino indiamente nel lor cervello ;  così non ve n’ àn pur due , eh’ efprimendoli con quel-  la favella, li efpriman colla deda difpolizione di voci;  in guifa che poda dirfi eziandio , che quede innume-  rabili perfone liccome edendo della della fpecie , pur  fon diverfe ciafeune dall’ altre per fembianze ederne e  per tuono delFo di voce, così elFendo dello dedo fen-  timento e della Itelfa lingua, s’efprimano nondimeno  agli altri cialcuno con diverta difpolizione di voci o  di termini di quella lìngua medefmia.   II. Inoltre quella idabilità d’oggetti, eh’ edendo gli  dedt per le Itede leggi motrici , pur lì cangiano del  continuo per le infinite modificazioni di codedo mo-  (»)C.i7. W.2. to (c); e quella delle inclinazioni e codumi , eh’ ef-  fendo gli dedi per le delle padioni d’una ragione co-  mune, van pur perpetuamente cangiando di modifica-   zio-    \    •5^ LI ^   zioni (/>),(! riconofce altresì nelle lingue , eh’ eden- c A P. X. •  do le llefle per la ftefla impulfione d’aria fofpinta dai {a)C,VI.n.i.  polmoni, rielcon pur diverle per l’ articolazione di vo-  ci, o per modificazioni diverfe di quell’aria fofpinta.   Perciocché eflendo effe intefe a efprimer le immagini  quali fon combinate, e i codumi quali fon praticati,  egli è pur forza che feguaciò che per nota efperienza  fi vede feguire, vale a dire che difufati in ciafeuna lin-  gua del continuo alcuni termini, fe ne foftituifean di  nuovi , non per altro certamente , che per fecondare la  detta diverfìtà di modificazioni, (la nelle immagini de-  gli oggetti , fia nella pratica de’ coAumi che ne deri-  vano. E quantunque quella diverfìtà di modificazioni  negli oggetti e ne’cofìumi, proceda con più d’unifor-  mità , per elTer ella opera di natura ; non manca però  più o men efattamente di tener dietro a quella la di-  verfìtà de’ termini in ciafeuna lingua, con quella im-  perfezione (6), colla quale fi vede fempre l’arte imitar (*)C. /r.w.j.  la natura. In efi'etto, del difufo fuddetto di termini in  ogni lingua viva, e dell’introduzione in efla di termi-  ni nuovi fuir eftinzione di quelli, non fì faprà afìegnar  altra ragione, che quella degli oggetti apprefì e com-  binati, e de’codumi che ne derivano , eh’ elTendogli  flefit per la flclTa ragion comune , fi van rinovando  per modificazioni di quella diverfe col variar de’feco-  Ji , giacché le lingue non fono inllituite e non fono  intefe che a quello, di efprimere quegli oggetti e quei  collumi così combinati e cosi diverfamente modificati .  Dimanieraché per la ftefla ragione, per cui non v’ à  luogo , in cui corrano le opinioni e i coftumi di più  fecoli innanzi , cosi non v’ abbia luogo , in cui s’ ado-  pri la lingua d’ allora; e fia cosi impolfìbile di richia-  mar fra gli uomini quei coftumi (c) , com’è impof- ( 0 CJX». 4 .  fìttile il richiamar quella lingua .   III. Da ciò s’apprende , come il determinar una favella  di tutti i luoghi e di tutti i tempi , farebbe lo fteflo  che determinar un opinione e un coftume, ounacom-   G z bina-    \    Digitized by Google    Lii 7^   CAP, X. binazione d’opinioni e di coftumi pur d’ogni luogo e  d’ogni tempo ; vale a dire che determinar la facoltà  intellettuale umana , e limiurla non folo all’ellenfìo-  ne, ma alla qualità ancora e ai modi delle fue cogni-  zioni in ogni luogo e ad ogni tempo ; cofa 1’ una e  l’altra imponibile, per non poter elTa accordafi colla  fleda limitazione umana intellettuale . Perciocché l’ in-  telletto umano per quello appunto di edere limitato  nelle fue cognizioni, dee variarne’ modi e nelle qua-  lità di edè ; e per eder quedi modi e quede qualità  infinite, dee verfar più quando fu alcune di ede , quan-  do fu altre, e quindi adottar quando alcuni , quando  altri codumi , elprimendo in conleguenza e comuni-  cando tuttociò altrui, quando coU’une, ^uandolcoll’al-  tre voci o favelle . Siccome poi col variar di combi-  nazioni d’ oggetti e di codumi non fi ricorre giammai  (a)C.yi.tt.t. ai modi ufati altre volte (/«), ma le modificazioni ne  fon fempre diverfe ; così col variar delle lingue vive  non fi ricorre giammai a rinovame o a replicarne al-  cune delle morte oltrepadate , ma fe nc formano altre  dapprima fempre inaudite, e non mai per innanzi ado-  prate. 11 tutto per le infinite maniere, colle quali pof-  fono combinarfi gii dedì oggetti , gli dedi codumi ,  e le dede articolazioni di voci, colie quali proferirli,  attefa una fapienza eterna e infinita , che regola tut-  to quedo magìdero con leggi uniformi in sé dede ,  ma varie fempre nelle loro modificazioni . Per quedo  gli eruditi pudono bensì lufingarfi d’ idruird. e di ra-  gionare de’ codumi e delle lingue antiche , per quan-  to é podibile ravvifarle a un lume che d va fempre  allontanando , e per quanto è podibile alla vita uma-  na caduca tener dietro al tempo indancabile ed eter-  no . Ma il figurarfi d’ aver de’ codumi e delle lin-  gue perdute , quella contezza che fi à de’ codumi e del-  fe lingue viventi, o il lufingarfi di raccapezzar dai po-  chi frammenti che redano , quel tanto più che non  teda de’ lècoli antichi , é una vana credulità ; ed è co-  me    Digitized by Googl»    ^ Liir^   me lufìngarfi d’ indovinar per le poche fandonie che CAP. X.  foglion narrarfì delle Sibille , tutto quel che per av- ,  ventura avelTero quefte fcritto ne’ libri loro , che fi di- ,  con arfi nell’ incendio del Campidoglio Romano.   IV. Per altro la diverfità di lingue, che come fopra  dee avervi nelle nazioni, per la diverfità in elle di og-  getti combinati , e di collumi che ne derivano , e 1’  impoHìbilità di elTer tutti d’ un collume e d’ una fa-  vella (a), fan conofcere che la natura unifce in vero («) C.X.». 2 .;.  gli uomini hno a certa mifura, alla quale polTan elTi  giovarfi , ma li difgiunge oltre a quella mifura , nel  qual cafo la loro unione elTendo inutile , farebbe in-  comoda, e potrebbe renderft ancora nociva. Certo è,  che fe r ufo dell’ illelTa favella indica la necelTità di  llar gli uomini uniti , per accorrere gli uni in foccor-  fo degli altri, ciò che non può verifìcarfì che per fa-  vella che fia la llelTa ; 1’ ufo di fevellar diverfamente  indica la nelfuna necellìtà di Har elTi uniti a quell’ef-  fetto, giacché fra perfone di favella diverfa nelluna co-  municazione di fentimenti , o nelfuna fcambievole ali^  llenza può interceder giammai . D’ altronde le occor-  renze umane fono ognor limitate, e non poflbno llen-  derfì oltre a quei limiti che con difagio comune degli  altri, e con illufione particolare disè medefimi , elfen-  do in vero un’ illufione e un inganno , che quel foc-  corfo Ila di provedimento , di diletto, di piacere, di  difefa o d’altra qualunque occorrenza, che ognun può  confeguire da altri loncan tutt’ al più dieci miglia ,  abbia da attenderfi edalanguirfi da altri, di favella in-  intelligibile , e lontani le migliaia e migliaia di mK  glia. Con ciò^ fì direbbe, che quel che congrega gli uo^  mini lino a certo numero, al quale poffano confervarfi  dell’ illelTa favella, fia la natura amica della fuflillen-  za e del piacere verace ; e che quel che li congrega  oltre a quello numero, al qual non pollano confervarfi  d’ una favella , fia T ambizione particolare dillruttiva  della fpecie, corruttrice del vero piacere, e amica del    Digiliz^ by Google    C A P. X.    CAP. XI.  De’ coftumi  efpreflì per fa-  velle diverfe .  («} C. I.n.i,    '^LIV ^   ‘piacere ingannevole • Ciò fi comprova dal fatto , per  cui gli uomini finché fon dell’ ifiefla favella , più  convengono infieme , e più s’ accrefcono per arti di  moderazione c di pace, come nelle nazioni più limi-  tate d’ Europa , e qualor diventano di più lingue ,  come negl’ imperj più valli dell’ Afta , non polfo-  no fofienerfi che per la forza , e fi diftruggono per  queir arti ftefle di luflb e di guerra, per le quali cre-  dono bonariamente di confervarlì, e di foccorrerfi gli  uni gli altri ; come in fatti fi trovano quivi a molto mi-  nor numero che nell’ altre nazioni d’ una fola lingua,  avuto riguardo all’ellenfion delle terre . E fi compro-  va ciò pure dalla dipendenza neceflarìa degli uni da-  gli altri, quando pur voglian gli uni cogli altri fup-  plire ai bìfogni comuni . La qual dipendenza di ordi-  nazione e fubordinazione può ben avervi fra perfone  della fleU'a lingua, ma fra quelle di lingue diverfe non  può avervi che con inganno , eflendo invero impoffi-  bile che gli uni dipendan dagli altri , quando ignora-  no fin la favella, per la quale dipendere . Dacché fi  conclude , che la faggia natura vuol veramente uniti  e congiunti infieme tutti gli uomini dell’ univerfo ,  ma per il folo vincolo di amore e di ragione lo-  ro comune ; e che quel che li tiene uniti per tutt’  altro titolo , non fia che la llolta ambizione e 1’  interefle loro particolare , ben divcrfo da quell’amo-  re e da quella ragione , e talvolta a quelli con-  trario .   Q uella ragione che fa , che gli uomini dell’ illef-  _ fo luogo e dell’ ifteflb tempo fiano dell’ illef-  fa favella , per la necelfità di comunicare in-  fieme d’ immagini d’ oggetti , e di collumi (rf) , fa  non meno che a luoghi e tempi diverfi fian di di-  verfe favelle , per la nelTuna necelfità allora di una li-  mile comunicazione, elTendo d’altronde le voci, colle  quali comunicar d’immagini e di collumi per le llef-    Digìtized by Google    Lv   fe infinite (/j) , ed eflendo finite quelle, colle quali a'  qualunque tempo e luogo particolare, comunicar d’im-  magini c di collumi di quel tempo, c di quel luogo  particolare . Ma oltre ciò quella ragione che fa , che  ciafcuna lingua vada alterandoli riguardo a sè llefla ,  per r alterazione che va feguendo nelle modificazioni  degli oggetti e de’ collumi medelimi allo IlelFo tempo  e nello ItcITo luogo (6), fa che s’ alteri molto mag-  giormente riguardo all’ altre di tempo e luogo di verfo ,  per feguire l’alterazione degli oggetti e de’ collumi mol-  to più notabilmente ne’ luoghi e tempi feparati e lon-  tani , che in un iltelTo luogo e tempo (c), o lotto al  medefimo afpetto de’ pianeti . Da ciò ne deriva , che  non polfan gli uomini mai fpiegar così bene le pro-  prie combinazioni d’ immagini , e i proprj collumi e  fentimenti con lingua Itranicra d’ altro tempo e luo-  go, come li fpiegano colla propria , ciò intefo degli  uomini in genere, e degli affari e collumi loro non  già meno fìgnificanti, che fi trattano nelle accademie   0 ne’ gabinetti, ma dei più fìgnificanti e comuni, che  fi trattano nelle piazze e nelle famiglie. E invero ef-  fendo ogni favella illituita per elprimere gli oggetti e   1 collumi d’ un luogo e d’ un tempo , e dovendo quel-  la variare col variar di quelli; l’adoprar a un tempo  c in un luogo una lingua illituita per efprimere og-  getti e collumi d’ un altro , farà ognor più difficile ,  per doverli allora follituire alle voci più proprie e più  precife di quegli oggetti e collumi , voci intefe a clpri-  mcrne altri da quelli diverfi , e in confeguenza men  proprie per elprimerli , e men precife .   II. Che gli oggetti e collumi di ciafeun luogo e  tempo fian diverti da quelli di ciafeun altro , e che  per ciafeuni corrifpondano termini e voci diverfe , fi  manifella oltre per quel che s’è detto (d), per li Di-  zionari ancora particolari, ciafeun de’ quali fi vede più  carico e ricco di quelle voci , che più corrifpondono  agli oggetti e collumi del luogo e tempo, in cui la    CAP. XI.  (j) C. F. n. t .   (i) C.V.n. 2 .    {d) C. X. i».i.    Di„::Uad by Google    ■5^LVI?§.   CAP. XI. lingua d’eiTi è nativa; carichi in confeguenza cricchi  meno di quelle, che più corri fpande{Iero agli oggetù  e coftumi d’ogni altro luogo e tempo, incuifolTe quel-  la lingua ftraniera. Non per altro certamente, fé non  ' perche ciafcun luogo e tempo à i Tuoi coflumi che  non fon precifamente quelli d' un altro , e per efpri-  mer ì quali non mancando mai le voci nella lingua di  quel luogo o tempo , mancano bene fpefTo nella lin-  gua dell’altro. Per elempio nel vocabolario arabo di-  celi , il Cammello efpredo con voci mille ed una ,  quando nell’italiano fi tiene per efpreflTo abbadanzapet  qued’una fola, lafciate fuori le mille ; e ciò non per  altro, che per la moltiplicità d’ufi di codeiio animale  nelle contrade arabe maggiore che nelle italiane, per  la quale moltiplicità, gli oggetti e i coftumi diverfihcan-  do nell’une e nell' altre regioni, diverfamente s’ efpri-  mono. E lo fteifo fi direb^ d’ innumerabili altre pro-  duzioni animali e vegetali diverfe degli uni luoghi e  tempi , in riguardo a quelle di altri . Ch’ è la ragione ,  per cui un Dragomanno pratico del pari della lingua  araba, e dell’ italiana s’ arreda bene fpelTo nel ragio-  nar di cofe italiane colla prima lingua, e nel ragionar  di arabe colla feconda ; e per cui parrebbe ancora ,  che Cicerone defl'o non potcfle al prefente elTer cosi  buon fecretario di lettere latine in Roma , come alcun  crederebbe , per gli oggetti e affari romani prefenti  molto diverfi da quelli, de’ quali ei fcriveva ad Attico  a’ fuoi tempi , e richieder pertanto gli uni e gli altri  qualche diverfità ne’ modi di efprimerli .   III. Tutto ciò fi dice, non perchè il poffeder più  lingue non abbia a riputarfi un ornamento, neceffario  ancora a chi non contento degli oggetti e codumi vi-  cini , che forfè non intieramente intende, anela ed ap-  plica ai più lontani che intenderà fempre meno; ma  perchè fi fappia che gli uomini delle nazioni, ficcome  ciafcuni ànno i propri oggetti e codumi diverfi da  quelli degli altri, cosi ànno una propria lingua, per cui   efpri-    Digitized by Google    L VII   efprimerli, che non può effer quella degli altri: e che~^~ A T vi"  ficcome non adotteranno mai bene gli altrui oggetti e  coftumicomei propr), cosi non efprimeranno mai quedi  cosi bene coll altrui, come colla propria favella. Dall’  altra parte la cognizione di più lingue non è cogni-  zione f«r se Itella , ma è un mezzo per cui comuni-  care foltanto a più altri quelle cognizioni , che folle  cofe e non fulle parole , fi foflcro apprefe (a) - e un WC.F. n. 3.  dotto farà fempre tanto dotto con una lingua , come con  dicci , ficcome uno fciocco non fi manifefterà men  Iciocco con dieci lingue, che con una fola. A ciò ri-  guarda lo zelo, col quale ipiù fenfati antichi, e moder-  ni ancora, fi fono ognor dichiarati a favore , e àn  fempre altamente parlato in commendazione de’ patri  lari, de patrj collumi, de’patrj iflituti, e della patria  tavella .Ognun che trafcuri tutto quefto per quanto é  fuo, affine di adottarlo per quanto folle dUltri, fia cer-  to che trafeura quel che a lui è più naturale, per aflu-  mere e tenerfi a quel che gli è meno, e che ciò è co-  inè s ei fpogliafle 1 proprj velliti per adoffarfi gli altrui ,  che non fe gli adatteranno mai bene indoflb . Un  uomo di tutti 1 coftumi , di tutti i fentimenti , e di  tutte le lingue, fuole dal popolo e dai romanzieri am-  mirarfi come un portento . Un uomo tale per la ve-  rità c per la natura, farebbe un arnefe infignificantee  contraddittorio, di nelTun coftume, fentimento , o fa-  vella che almen foffe Aia propria (A), com’ei farebbe { 6 )C.VI.n.ì.  di nelTuna nazione e religione, quando intendeffe eflèr ^   di tutte.   IV. Del rimanente col diffinguere come fopra, idi-  verfi oggetti e coffumi di ciafeun tempo e di ciafeun  luogo (c), non s è già pretefo di dividerli in modo, y  che non abbian poi a convenire allo llelTo, per auan  *°‘“«,'.P™«donp dalle ffefle invariabili leggi motrici ,  c dall iffefla ragion urnana comune ; per la qual cofa  le lingue altresì fi vedon poi quafi confluir tutte in  una, allorché gli oggetti , i coftumi e i fentimenti   H in    Digitized by Google     L V 1 1 1 ,>§-   CAP. XI. in fomma umani efpreffi in una favella, fi trafportano  a qualfivoglia altra. Ma s’è pretefo con quello foltan-  to di far conofcere , che quella convenienza che cor-  re fra r une e 1’ altre lingue in riguardo appunto a  codefie leggi e a codefia ragion comune , per cui  gli oggetti e i cofiumi fono confimili, non pofla cor-  rere in riguardo alle modificazioni di quelle leggi e di  quella ragiotie diverfe, per le quali gli oggetti e ico-  ». 1 . Itumi fon pur diverfi (a). Ona è che per 1’ une e T  altre lingue s’ efprimono oggetti bensì confimili , ma  diverfamente modificati , e per le voci vir , uomo , e  s’ cfprime il medefimo uomo , ma diverfamente  modificato in Lentulo, Giampietro, e Ricardo, come  {b)C.V.n.i. s’è veduto (i). Quefte modificazioni dunque diverfe  d’oggetti e cofìumi confimili fan fempre conofcere ,  eh’ efpreffi ciafeuni di quelli in una favella per mo-  dificazione a sè naturale e nativa , trafportati ad un  altra non pefTon ferbare la nativa lor proprietà e vi-  vezza, ma debbon perdere di loro efpréffione più na-  turale. A quello modo fi dirà, che pofla ciafeun va-  lerfi d’una lingua flraniera qualunque, per quanto gli  oggetti, i collumi e i fentimenti fono gli llelfi e con-  fimili a tutti i tempi e in tutti i luoghi, ma che non  pofla poi così propriamente valerli di efla come della  propria , per quanto quegli oggetti , collumi e fònti-  menti elfendo confimili nelle loro fpecie, fon poi dif-  fimili nelle loro modificazioni col variar de’ tempi e  de’ luoghi . Dacché apparifee di nuovo , come natura  fempre a fe fteflà uguale e fempre faggia, avendo or-  dinato gli oggetti , i collumi e i fentimenti tutti con-  fimili, ma pur diverfi ; col conceder agli nomini la  ilefla favella perchè poteflero foccorrerfì gli uni gli al-  tri per quanto occorrefle , la concefle altresì diver-  fa , per quanto un fimil foccorfo poteflè renderfì loro  (r)C. X». 4 , inutile, o potefle ancora convertirli in dannofo (c) .   Ma all’illeflb tempo confervò nondimeno tutte le fa-  velle confimili , per avvertirli d’ una Ulefla ragione e   amo-    Digitized by Google    LIX ?fi-   amore comune, per cui doveflero tutti trovarfi uniti e c A P. XI.  concordi ; quafi avvertendoli , che per fuppLire ai bi-  fogni fcambievoU di iudilienza , baftava 1’ opera im*  mediata di pochi fra loro vicini d’ una litigai mede-  sima; e che peramarfi dovevano tanto Stenderli , quan-  to le favelle loro cflendo diverfe, foflcr tutte confimili,  dovendo cosi il circolo dell’ amore fra eSli edere incom-  parabilmente più ampio , di quello dell’ interede co-  mune medeSitno.   V. Ma ritornando airalterazione Solita feguir col pro-  gredo de’ tempi in ciafcuna lingua viva , è da odervar-  fi , che Sebbene queda foglia , e debba molto imputarli  al commercio degli uni cogli altri popoli di lingue di-  verfe, e all’invafioni d’un popolo d’una lingua folle  terre de’ popoli di un’ altra; eda nondimeno dee fem-  pre principalmente attribuirfi alle modificazioni degli  oggetti e codumi, che col progreSTo de’fecoli fon Sem-  pre diverfe nelle confimili Specie loro (a)^ Perciocché (.a)CJCLn.i^  lafciando pur dare , che prescindendo ancora da inva-  sioni e commercio ederno , la lingua italiana o l’ ingle-  fe d’ ora non è già la delTa che la italiana di Guiton  d’ Arezzo, o la inglefe diCaucer; è certo che per quel-  le invasioni e per quel commercio ederno, non è che  gli uni adottino la lingua degli altri , ma é che dall’  impado di due lingue (e ne forma una terza , che non è  alcuna di quelle, liccome dalla compofìzione dell’ une  coll’ altre inclinazioni e codumi ne rifulta un’ altra a  quelle consimile, ma non mai la deSTa che quelle, pre-  valendo però Sempre in tutto quedo l’ indole degli og-  getti edemi attuali e prefenti, e non mai dei lonta-  ni e padati . L’introdurre in una nazione i codumi e  la lingua d’un’ altra, quando tutto ciò va cangiando in  qued’ altra fteSTa , è un’ aperta implicanza ; e il pre-  tender tutti d’un codume e d’ una lingua medefima  farebbe lo deSTo, che limitar la natura come in ciafcu-  na Sua opera così in tutte , quando eSTa è tanto infi-  nitamente Simile in tutte , quanto infinitamente diffi-   H z milc    Digitized by Google    CAP. XI. niile in ciafcune (a). Quindi è che per quanti barba-  ci) C. II. n.z. ri così detti , fian mai fceft in Italia , i coftumi iu>  liani àn potuto bensì coiromperfi ed alterarfi , ma non  mai perciò renderli così barrati , come i colìumi di  quelli. E Io lleflb è avvenuto delia lingua, che coll’  alterarfi per quello motivo, confervò Tempre 1’ indole  dell’ antica latina , e non già della gotica antica . 11  tutto per gli oggetti e le produzioni italiane Tempre  nel rinovarfi men diverfe da sè medeTime , di quel  che il potelTero eflere da quelle della Gozia . Per la  qual cofa dovevano ben i Goti più piegare ai collumi  e alle inclinazioni italiane, che gl’ italiani ai collumi  e alle inclinazioni de' Goti , giacché quelli col traTpor*  tarfì nelle pianure del Lazio e della Lombardia , non  vi avevano trafporcato i diacci o le rupi delle loro  regioni .   CAP. XII. ■p’Certo, la verità delle coTe non apparire airafpet-  Delle cogni- to ellerno di elTe, ma doverli invelligar per indu-  zioni reali , e ^ioni da cagioni occulte ed interne , quando più quando  ^ e e ipparen- ^ come apparifce dalle molte implicanze nelle quali  s’ incorre nel giudicarne di prima villa , per le quali  implicanze quel che Tembra vero all’ ellerno, Ti Tcuopre  realmente non efler tale , e Ti riconoTce fovente elio  Hello eller Talfo. E’ certo altresì, una tal verità dover  {b)C.Vl.n.z. nelle cofe eller unica (i), mentre fe folTe più d’ una  o folTc da fe Heffa diverla, quella cofa ancora di cui  fols’ elTa la verità , farebbe pure più d’ una , o farebbe  diverfa da sè medefima , ciò che certamente è impof-  fibile . Ond’ è che fe d’ una cofa llelTa fi giudichi in  più maniere , tali giudici non faran veri , ma faran  dubb) ed incerti, e tutt’al più faran probabili e veri-  fimili, come foglion pure appellarfi ; e allora foltanto  faran elfi veri, quando elfendo d’un modo, fi ricono-  fcano non poter elTere d’ alcun altro. Ciò fa ch’io di-  llingua le cognizioni umane vere t reali, dalie verifi-  Olili ed apfarcnri , conlidcrando quelle per tali , la   cui    Digitized by Google    'U LXI ^5-   cui verità non poffa cambiarfì con altra , comechè de- c AP. XII.  dotta da ragioni immutabili e neccfl'arie , colle quali  non poflan altre competere , o polTan a quelle refi-  ilere ; e confìderando quede per tali altre , la cui  verità poffa eziandio cfler diverfa, comechè fufcettibi-  le di più e di meno, o proveniente da ragioni che s’  arreffano Aiirefferno, e che eflendo a quel modo, po-  trebbero ancora efferlo a un’ altro , ancorché non da  altre apertamente fmentite. Del primo genere fono le  cognizioni che fi direbber geometriche affratte , della  cui verità l’animo riman talmente convinto , che di  più non ricerca per effe . E del fecondo fon tutte le  più ufate , folite fpacciarfi da chi applica coi metodi  più comuni all’ifforia, alla fifica, alle leggi , alla po-  litica e fimili ffudjpiù praticati, filile quali per quan-  to la verità apparifca lotto a un afpetto , lafcia pur  luogo di apparir fotto a un altro fenza contraddizioni ,  conofciute almeno ed efpreffè; fcgno evidente di non  effer dunque tali cognizioni reali, ma di effer foltan-  to apparenti , giacché le reali non fon che di un  modo ( rt) , e quelle fon di più modi . Dell’ incer-  tezza di quelle feconde cognizioni in confronto alle  prime, non diffentono gli rtefli coltivatori di effTe Ilo-  rict , filici , legilli , politici ed altri , quando conven-  gono, le cognizioni loro ei fiffemi di più modi, non  effer cosi evidenti come le verità per efempio numeri-  che elementari, da loro pure e da ogni altro conofciute  a un fol modo.   II. Chi ben attenda a quello conofcerà, l’intelletto  umano effcre molto più inclinato alle cognizioni effer-  ne ed apparenti , che alle interne e reali , ciò che pro-  cede non già dall’ effer ei più capace del falfo che del  vero , come immaginan alcuni ; ma dall’ effer quelle  cognizioni più facili di quelle , non efigcndofi per le  apparenti che certa attenzione fuperficialc, quando per  le reali fi efige un’ applicazione più diligente e più di-  lìntereffata . Q^uclla applicazione poi più diligente e   diCin-    Digitized by Google    V    ^ LXII   C A P. xn. difintereflata richieda per le cognizioni reali, proviene  ‘ dalla neceflltà di 6flar per elTe lo fpirito per sè volu-  bile e fugace, a un punto foto dei moltiflinii , fra i  quali ei fuole fvagare trafportato da’ cavalli dell’ im-  maginazione fervidi di natura; e molto pià provien  ella dalle feduzioni de’fenli a proprio interelle, a che  ei (la fortemente attaccato . Per la qual cofa la mente  umana o non cura idruirfi di fotta alcuna , e fchiva  d’ ogni applicazione, s’abbandona all’inerzia; o nell’  iftruzione medefima s’ arreda alle prime imprellìoni ,  o fegue più la fcorta de’ fenlì in fuo prò, che quel-  la della ragione, intollerante di quel freno che quella  cerca d’imporre a quelli, perchè non la traggano lun-  pi dal vero . Certo è , che tolta quell’ inerzia e quella  intolleranza , farebbero gli uomini cosi ben idrutti del-  la verità delle cofe, come ne fon mal idrutti/ gli ot-  timi conofcitori del vero farebbero nelle piazze e ne’  mercati , nelle accademie e nelle corti , cosi familiari  e frequenti, come vi fon gl’ ignoranti e gl' impodo-  ri, e tutti parlerebbero di verità, come i Parrochi nel-  . le Chiefe , e come i filofoli migliori ne’ privati loro  recedi. Pare dunque, che la verità reai del le cofe dia  fituata a certo punto di mezzo unico e indivifibile ,  innanzi e oltre il quale fia vano il cercarla , o non fia  podibile il rinvenirla che con dubbierà e incertezza ;  e che gli uomini per lo più o non fi muovano a ricer-  carla del tutto, o neirinquifizione di elTa trafcendano  quel punto , (edotti e ingannati dai fenfi , che per  loro interede particolare li trafportano dall’ une all’  altre apparenze , lenza difcernere o arredarfi al pun-  to reai delle cofe , fuor che ben rare volte . In ef-  fetto il didinguer fra tutti quel punto folo, efìge cer-  ta infidenza e applicazione , che non è volentieri  incontrata , ma è al contrario fchivata e abborri-  ta ; e dall’ altra parte l’ affidarfì ad un punto fo-  lo degli infiniti che ve n’ ànno , fra i quali può la  mente fvagare nella traccia del vero, è cofa ardua   c dif-    Digitìzed by Google    LXIII   e difficile . Laonde le verità nuile o peggiori faran“cAp xiT  fempre più coltivate delle alcune o migliori , e gli  uomini ad ogni tempo e in ogni luogo faran Tem-  pre nelle lor cognizioni medefime più Aiperfìciali e  diftratti , che rifleffivi e raccolti ; perciocché non  potendo le cognizioni reali acquiltarfi che per ap-  plicazione più laboriofa, c per aftrazione dai fenfi ,  non faranno dunque elleno mai comuni fra gli uomi-  ni , alieni comunemente da quel lavoro e da quell’  aerazione, maffime per l’interelTe loro che v’intervie-  ne particolare , al quale principalmente riguardano i  fenfi .   III. S’ aggiunge a ciò, che quel che induce gli uo-  mini ad applicare di via ordinaria alle cognizioni ap-  parenti, non ollante refler clTe divcrfe dalle reali , è  ancor quello , che quelle cognizioni per quanto fian  dubbie , oltre al prefentarfi Tempre in fembianza di  reali , lon bene fpeffo reali effettivamente effe fteffe ;  e la differenza dell’ une dall’ altre confifte foltanto in  ciò, che laddove le reali fon conofciute tali immedia-  tamente per sè medefime, le apparenti non fi ricono-  fcono per reali che dagli effetti confecutivi , o dall’  cfperienze eventuali che lor corrifpondano o non cor-  rifpondano, attendendofi cosi da quelle la prova della  verità loro reale , o della apparente . Allora poi le co-  gnizioni corrifpondono cogli eflfetti confecutivi , o fon  comprovate per elfi, quando effendo quelli dagli altri  diverfi, non fono a quelli contrarj; e allora non ccr-  rifpondono, o non fi verificano per gli cfl'etti che ne  confeguono , quando quelli fi trovano implicanti , e a  tutt’ altri o ai comuni contrarj . Imperciocché le co-  gnizioni, all’ illello modo che gli oggetti creati , e i  cotlumi c le ^inioni umane che ne derivano (/») , {a)C.VII.n.i.  poffon bensì cller diverfe , ma non poffon fra sé tro-  varli giammai contrarie, e quelle e quelle finché fon  diverfe, fon reali e conformi alia verità comundi na-  tura ; e qualor fi readon contrarie , fono apparenti ,   im-    o    Digitized by Google    LXIV   CAP. XlTT imponìbili , e conformi al/alfo e all’errore. Le cogni>  zioni dunque apparenti polTono e(Tcr reali ancorché  fempre noi (ìano, perchè dipendendo dagli effetti con-  fecutivi , poflbno queffi effer dagli altri diverfi , ancora  chè poffano eziandio efler a quegli altri comuni con-  trari ; a differenza delle cognizioni reali così dette , le  quali non dipendendo da effètti confecutivi alcuni , ma  da sè fole, ed effendo fra sè diverfe, non poflbn efler  contrarie nè fra sè ffeffe, nè negli effètti comuni che  le confeguono . Gli uomini poi inclinano più a quel-  le che a queffe cognizioni, per eflTer più facile atten-  dere la verità dagli eventi confecutivi benché dubbio-  li, che logorarli il cervello, come lor fembra, nel ri-  cercarla per sè medefima e di prima mano. E ciò tan-  to più , quanto per le lufìnghe de’ fenfi , o per interef-  ie loro particolare, le cognizioni apparenti dilettano  molto più delle reali , avvegnaché queffe iffruifeano  più di quelle , e ognun vede , che inclinando elfì fem-  pre più ai diletto de’fenfì che all’iffruzion della men-  te, faranno dunque efft fempre più avidi di cognizio-  ni apparenti che di reali , in tutto ciò che riguarda la  ricerca del vero. Ma intanto qui fi vede, come le co-  gnizioni diverfe e reali, alle apparenti ad effe contra-  rie tengono la ffclTa relazione, che gli oggetti pur di-  verfi e reali, ai contrarj ad effì e aita comun ragione ,  per queffo appunto, che quei primi coffumi procedo-  no da quelle prime cognizioni , e queffi fecondi da  queffe feconde.   IV. Quello ch’io vorrei qui malTimamente avverti-   (»)C.XIJ.n.i. to, egli è, che quantunque il punto fuddetto (a) nel  quale fu detto dler polla la verità reai delle cofe, per  edere indubitato e folo, fembri non poter convenire e  non poter confeguirfi che nelle cognizioni affratte e  geometriche cosi dette , convien elio nondimeno e fi  trova molto bene in ogni genere di cognizione pratica.  Chi crede la fola geometrìa e l’ altre cognizioni affrat-  te , dette ancora teoriche , capaci di certezza reale , e   l’al-    o    Digitized by Google    r altre cognizioni dette volgarmente pratiche, non ca-‘  paci della certezza medefìma; non avverte, l’adrazione  di quelle prime non confidere appunto che nell’ a<ha>  rione dai fenll , e la evidenza di elTe dipendere dal  metodo d’ inveliigare il vero , o di dedurre le verità  più compone dalle più femplici. La qual aerazione dai  ienfi e il qual metodo può aver luogo, anzi dee aver-  lo, ed applicarfì a qualfrvoglia facoltà di leggi , di  Itoria , di fìfìca , di politica , di teologia liefla e di  morale , e di tant’ altre , nelle quali foglion dividerfì le  cognizioni umane; di ciafeuna delle quali fi giudiche-  rà Tempre realmente , fol che fi aftragga dagl’ ingan-  ni e dalle feduzioni de’ fenfi , e fi giudicherà femprd  con dubbio, non afiraendo datai feduzioni, o non cor-  reggendole per lo reale della ragion comune , come fi  pratica nelle cognizioni dette appunto afiratte e teori-  che. In guifa che 1’ incertezza delle feienze pratiche  come le appellano, in confronto delle teoriche o afirat-  te, dipenda Tempre dall’inganno de’ fenfi , dai quali  gli uomini s’ingegnano in vero di aflrarre o di pre-  feindere, quando meditano, ma non fan rifolverfi di  far lo fieflb, o duran fatica a farlo, quando operano.  A quello modo ogni fpecie di cognizione umana ,  qualor lia verace e reale , fi renderà una fpecie di geo-  metria, e non rendendofi tale, non farà che una co-  gnizione fuperficiale , apparente ed incerta , come quel-  la che involve le illufiioni de’lènfi, perle cui apparen-  ze può ciafeuno cafualmente imbatterfi nei vero ( 0 ),  ma può ancora rellar ingannato o trovarli involto nel  falfo. Anzi la Geometria cosi detta , non farà per sà  flella cognizione, ma parlando più propriamente, farà  il metodo ola regola, per la quale dillinguereinqual-  fivoglia fpecie di cognizione il reale dalF apparente ,  e di rilevare in ella la verità per quanto è poflìbìle ,  o di difingannare per quanto non è polfibile di rile-  varla * convenendo così elTa colla Logica comune , o  ellendo la Geometria una Logica pratica , quando la   } comu'    CAP. xu.-      Digitized by Google    -àd L X V I   C A P.'xìTT” comune cosi detta, non è che una Logica fpeculativa ,  men facile a praticarli e men ficura .   V. Del rimanente è poi vero che parlando in gene-  re, lo fpirito umano in ordine a cognizioni , parte (i  trova fotto al punto reale e più precifo di elTe difopra  accennato ( a ) , e parte ancor Io oltrepalTa e trafcende *  e che quello è il coliume del popolo più incolto ed  abietto inclinato alla pigrizia, quando quello è il fo-  lito del popolo più colto e volgarmente Hudiofo, aman-  te per lo più delle follecitudini e della gloria alfanno-  la . Perciocché egli è vero, che gli uomini fchivi di  quella laboriofa applicazione eh’ elige la ricerca del  vero reale , s’abbandonano fpeflb all’inerzia e non v’  applicano di Torta alcuna . Ma dall’altra parte è vero  altresì , che avidi elTi di cognizioni , e Idegnofì per  mancanza di quelle di vederli confufi col comun del-  la plebe, s’alzano fopra quella nella ricerca medellma ,  nella quale poi impazienti di freno, lìlafciano trafpor-  tare dalie illulìoni de’fenfi come s’è detto, oltre quel  punto, e lo sfuggono fenza avvederfene, feorrendo dall’   I,: ignoranza propria del volgo più rozzo, a quella propria   de’ comuni (ludiofi, che per lo più fono i troppo llu-  diofi. L’una e l’altra ignoranza può dirfi comune , ef<  tendo ben pochi quei che fcevri da illulìoni , ricerchi-  no la verità con accuratezza fenza penofa follecitudi-  ne , e eh’ elTendo tranquilli , non fiano pigri ed iner-  ti. E l’una e l’altra ignoranza fi dirà ancora comune^  del pari ; mercecchè chi toglielTe a follenere , quella'  de’ comuni lludioli elTere meno ellefa, e più tollerabile  di quella de' comuni idioti , torrebbe a follenere ardua  e didicil cofa , e a ben riflettere s’ accorgerebbe , la diffe-  renza dell’ una dall’altra ignoranza elTèr polla in ciò  foto, che elTendo quella degli idioti più fempliceemen  fallofa, quella dei più fludioiì tien più di fallo, e men  di femplicità.    Poi-    Digitized by Google    LVXII ?$.    P oiché le cognizioni apparenti ed ellerne fon mol-  to pià coltivate delle reali ed interne (a) , egli  è certo, che gli uomini nella condotta de’ loro aSari,  dovranno di regola generale govemarfi per quelle, più  che per quelle cognizioni , dovendo certamente go-  vemarfi ellt comunemente Mr cognizioni che fiano  fra lor più comuni , anziché per quelle che fodero  men comuni. Una llmil condotta loro non può negar-  li in pratica da chi dia ad olTervarli , ed ogni perfona  più accorta s’ avvedrà molto bene , che tenendo cia-  fcun in mente certa verità reai delle cofe non abballan-  za da lui fviluppata ed attefa , pure co’ fuoi penfìeri e  colle fue azioni fa forza a sè delTo per adattarli alla  verità di quelle apparente , e ciò per conformarli al  comune degli altri , che paghi di quella verità, mal  foflfrono di procedece a quella . Nè v’è cola più fami-  liare, quanto il vedere i più fenlati in ogni fpecie d’  aflàri loro economici e civili ancor più fer) , adattarli  con certa ripugnanza interna colle cognizioni loro rea-  li per quante ne tengono, alle apparenti dei men fenfa-  ti, come altresì a quantità di ulRcj, formalità, e con-  venienze ederne di vita vane ed inutili, che di quegli  adari più fer) fon per lo più la difpofizione , il. vei-  colo , e l’impulfo maggiore . Lo che non per altro  certamente fuccede , che per la facilità maggiore , col-  la quale quegli adari fi conducono a proprio interef-  fe colla fcorta dei fenfì per cognizioni apparenti , di  quel che li conducedero per reali, con più d’efame  e con più adrazione dai fenfi , fodrendo così ciafcu*  no con qualche fua pena negli altri quella negligen-  za di cognizioni , che brama con maggior fuo co-  modo da altri fodèrta in lui dedb . Tutto quedo  poi avviene fenza difordine , e con efito ancora feli-  ce , purché- quelle cognizioni apparenti non s’oppon-  gano alle reali , ciò che negli uomini che fi regolino  a quedo modo non può conofoerfì che per gli effetti   1 2 con-    CAP. XIIL  Cognizioni  apparenti più  pratiche delle  reali .    Digitized by Google    Lx viri ^   CAP. XlILConfecutivi come s’è veduto (/») , o per Toltraggio o  danno che fe ne fcorga provenuto negli altri. Percioc-  ché fe quegli aflari cosi condotti , eflendo utili a sò  fteflì , non riurciran dannofi ad alcuni ; le cognizioni  apparenti,- per le quali (I conducono , faran conformi  alle reali e procederanno elll felicemente , e il contra-  rio avverrà, fe da quell’ utile particolare ne feguirà  danno ad altri , nel qual cafo non potrebber gli ad'ari  procedere , che con ifconcerto e difordine . '   11. E invero fe gli uomini tutti fi- governalTero di-  rettamente per cognizioni reali e teoriche , gli fcon-  certi fra loro farebber tolti del tutto e farebbero im-  polTibili , tutti fi troverebbero d’ un fcntimento confor-  me ed unanime, nè vi avrebbe il cafo di diirenfioni  dell’uno coll’altro in qualfivoglia genere d’ intereife o  (ù')C.XII.n.z. d’ affare (é). Ma effendo quello iirpoffìbile, attefa la  (0 feduzione de’fenfi a proprio intercfle ( c ) , ei bada dun*   que per evitar gli fconcerti , che governandoli effi per  apparenza e per pratica , non s’oppongano almeno al  reai delle cole . Quegli fconcerti poi procedono dalla  verità di natura , la quale non laida di regolare gli  uomini per io reale , ad onta d’ogni lor propenfìone ,  dilegno e inffllenza di regolarfi pure per apparenze .  Ond’ è , che fe tali apparenze fon contrarie a quel rea-  le, debbono quelle andar vuote d’effetto , o confeguir-i  lo con difordine, per poter bensì l’apparente averluo-  go, quando non na al reale contrario, ma non pcter-  aver mai, quando al reale s’ opponga {d) . Quello  regolarfi gli uomini da sè fteflì per apparenze , e re-  golarli la natura irrefiffibilmente per io reale, fa cono-  feere, che fe effi pur reggono e fuffiffono, e i loro af-  fari procedono felicemente , ciò avviene per difpofizic-  ne e faper di natura , e non mai per fapicn-za loro ,  giacché governandofi effi al primo modo errano bene  ImITo, e fi trovano fvergognati dalla verità reale, quan-  do natura governandoli al fecondo non erra giammai,  ed è Tempre a sè llelTa conforme . Egli è ben vero , ef-   fer    Digitized by Google    -^<1 L X I X ^   fer poi quefto ftcflTo il gran delirio di quei politici , CAP. XIlT  ed altri che più prefumono di prudenza umana , i  quali vedendo cosi fpenb mancare i loro progetti più  ipeciofì , non s’ accorgono derivar ciò da quello appun<  to, di elTcr quelli contrari al reai delle cofe, per non  riguardarne che l’apparente, per la qual cofa la natu-  ra che non intende apparenze , fconcerta le loro ini-  fure , e delude per lo reale quanto per 1’ apparente  eflt tentano , e non è Tempre polTibile che riefca . Peg-   § io però intendono e ufan quei fcimuniti , che veden-  o i molti difordini che corion fra gli uomini , foglio-  no imputarli alla natura , o al grande autore di e(Ta «  quando è certo che debbon quelli imputarfi agli uomi-  ni Itein, che in luogo di applicare al reai delle cofe,  applicano all’ apparente , che può a quel reale elfer  conforme, ma può ancora a quello cder contrario, e  perciò impolTibile a riufcire ( <» ) ; in guifa eh’ effen- ».j-   do gli uomini Tempre occupati a imbarazzarfi infìeme  per fole loro follie, la natura non fembri occupata d’al-  tro , che di sbarazzarli , emendando e correggendo  quelle follie medefime .   111. Quello che qui lì dice è tanto più vero, quan-  to la verità reale non è già per gli uomini un arca-  no, ma è cofa palefe ad ognuno, che nel cercarla fap-  pia prelcindere , o non fr lafci ingannare da illulìoni  di fenfi . Ciò fi manifella , oltre per la forza che co-  me (opra ognun fa a fe llelTo nell’ adattarfi al penfar  apparente degli altri (é), per quello ancora , chegrin-(i)C.X///.».i-  ganni medefimi , nei quali bene fpelTo cadono gli uo-  mini per quelle illufioni , appena incontrati da una  parte da alcuni, fono riconofeiuti da tutti dall’altra ,  non folo per gli effetti contrarj che fpelTo ne deriva-  no , ma per lo pianto ancora , e pel rifo che più an-  cor di frequente fi fparge full’ azioni umane. Percioc-  ché le ben fi confideri , l’uno e l’altro di quelli non è  pollo che in ciò, di riconofeer gli uni , che s’ollinino  gli altri a regolarfi per apparenze, quando la natura e    Digitized by Google    "à^LXX   C A P. XHiria neceffità li aftrigne a regolarli per lo reale . Dacché  procedon fra loro quei tanti inganni , e quelle mife-  rie , che vedute in altri folTerte per altrui opera , ge-  neran la compaflìone ; e vedute fofferte da altri per lo-  ro colpa , generano il ridicolo . Non avendovi poi ge-  nere di peribne di quallivoglia arte, ufficio , o profef-  lìone , fui quale non cada qualche fpecie di compaffio-  ne o di ridicolo conofciuto da tutti , non v’avrà gene-  re di perfone , che non fi governi per apparenze . Ma  quella riconofcenza comune medefima farà molto ben  noto, una verità reai delle cofe elTer da tutti fentita,  ancorché men coltivata , per eflcre veramente più fa-  cile compatire- le altrui miferie o ridere degli altrui in-  ganni , che coltivar quella verità con più d’ attenzio-  ne, aliraendo dai fenfi e dalle loro illufìoni a proprio  favore (a), E qui s’ oflfervi , come di quella verità rea-  le fentita , ma non attefa , fon del pari lontani ed igna-  ri e quei che delle azioni umane fentono compaflìone,  e quei che ne conofcono il ridicolo, colla fola differen-  za , che l’ignoranza dei primi pare efler quella della  plebe meno fludiofa, e l’ignoranza dei fecondi quella  degli fludiofi di fole apparenze, o dei vanamente ftu-  diofi (é), quando quei che applicano al reai delle co-  fe , non piangono nè ridono mai delle verità che cono-  fcono . Così Eraclito , e Democrito , come vien detto ,  erano tanto faggi , quanto a conofcer le apparenze per  cali , ma non quanto a diftinguerle dai reale o a cono-  fcer le verità uefTe reali , al che nelTuni procederono  tanto innanzi, quanto ifilorofì del crillianefimo. Que-  llo però non impedifce, che in ogni flato, poiché le  cognizioni reali vengono in confeguenza della iflruzio-  ne , e le apparenti in confeguenza del diletto durato  nell’ acquiflarle (c) , gli uomini più propenfi a quefto  diletto che a quella illruzione, non lian più ricchi di  quelle che di quelle cognizioni , e che gli affari loro  condotti per aroarenze, non fi conducano femprecon  implicanze e difordini , di che non lì ceflTa di lamen-  tarli,    Digìtized by Google    Lxxi   tarfi , e a che non fi cefla di fiudio per provveder- "c a V. Xlir.  vi. 1 quali difordini , (oliti mal attribuirfi alla debo-  lezza delle umane cognizioni , e peggio a diHètto di  natura (<»), abbian tutti a cadere come s’ è detto, fuU’ WC.A^///.».z,  avverfione fuddetta all’ifiruzione migliore^ e filila prò-  penfione al diletto fiiperfìciale e peggiore ; mercecchè  dovendo Tempre gli affari proceder per verità reali, e  con certo ordine di natura flabilito dal fupremo Tuo  autore, qualora voglian diflrarfi per apparenti contra-  rie a queir ordine , non potranno a meno di non pro-  cedere con difordine.   IV. Qui non può a meno di non prefentarfi alla  mente una verità, la quale è quella , che diflinguen-  dofi gli affari particolari dai communi , poffano nell’,  ellerno molto piò facilmente condurfi per cognizioni ,  reali quelli che quelli , per edere appunto il particola-  re più facilmente condotto per Io reale, di quel che fia-  fi il comune , che come s’ e veduto (6), non è con- WCJCILn.i,  dotto che per apparenze . Una fimile verità quantun-  que di fatto , non fi efprimerebbe da alcuni con pa-  role , quafi per timore di non mollrar per effa dì cre-  dere , o di dar a credere , che al governo degli altri  non fi richiedan che cognizioni apparenti , polle le  reali tutte dapparte. Allopollo però di quello, chi ri-  detta più finceramente apprenderà, che per quello ap-  punto di dover il comune degli uomini regolarfi per  cognizioni apparenti , è necelfario fra elfi un governo  ellerno, per cui da quell’ apparente fian tutti condotti  al reai delle cofe ; mercecchè fe il comune degli uo-  mini fi regolalfe per lo reale, ogni governo allora fra  loro ellerno farebbe inutile e vano . In edètto fe fi  confìderi che per necedità di natura debbon gli adàri  procedere per lo reale , e che l’apparente può invero  elfere a quello reale conforme , ma può ancora non  eflèrlo ( c ) ; ^li è dunque d’ uopo per non trovarfi col- (c) C.XJI.n.j.  la natura in contrailo , che v’ abbian alcuni , i quali  più bene intefi , più efperti ed illrutti degli altri nel-  le    Digitized by Googk     ^ LXXII ^5-   C A P. Xlir. le verità reali ( che o bene o male fon fentite da tut-  ma non da tutti dalle apparenti dipinte (<r) ) pre*  fìedano agli altri , e diftinguan loro quali di tutte le  cognizioni apparenti per le quali fì regolano, fianò al-  le reali couformi , e quali fìano a quelle contrarie .  Quefto infatti è ciò cn è intefo per ogni Governo, pri-  ma per la perAiaHone della Religione , depofìtaria del-  le verità reali non corrotte da apparenze contrarie, e  desinata così a infegnarle ai popoli per regola delle  loro paOioni , delle loro azioni , e de’ loro coftumi ;  ed indi per la forza o il comando del Principato , de-  Ainato a far valere quelle verità medefime, e a difèn-  derle, per Quanto colle apparenti a quelle contrarie fof-  fero contralUte . La qual difinzione di Religione e di  Principato nel governo non è un giuoco dì fpirito , ma  una necefìtà di natura , per cui nella condizione uma-  na non è pofibile , che un perfuada a ciò a che dovefe  pur af rignerc , o afringa a ciò a che dovefle pur per-  fuadere, per l’ abufo d’una di quefe facoltà che ognun  vede poter allora feguire nell’ ufo dell’ altra , come ò  altrove dimofrato ampiamente . Io qui parlo de’ go-  verni ben ordinati e fenfati , ne’ quali la Religione ap-  punto e il Principato nelle refpettive loro appartenenze  iuddette , fon del pari lìberi e indipendenti , come nelle  nazioni più colte e più crìfiane ,* e non de’ governi  difordinati , ne’ quali confufe quelle due appartenenze  in una , o oppredà l’una dall’altra , il governo (lelTo  non è che una fìmulazione o impofura , rapprefentato  da una fola autorità più forte , e foggetta alle UriTe il-  lufioni d’ ogni altro , come nelle nazioni men colte ,  o nelle quali più prevale la fchìavitù e 1’ ignoranza.   V. In qualunque modo però proceda un governo*  egli è fempre vero , che attefa l’inclinazione comune  all’apparente più che al reale, elTo non efibifce opre-  fenta mai ai popoli le verità reali , che coll’afpetto delle  ‘ apparenti, e che nel adattare appunto 1’ apparente con-  forme e non il contrario al reai delle cole , è pollo   tutto    ■ \    Digitized by Googl    Lxxiii ;»?-    tutto l’arcano e l’arte ben difficile di regger i popoli, CAP. Xllf.  fenza di che quella non farebbe, che un’arte ben fa-  cile di follazzare sè lleflì . I governi poi ben ordina-  ti dagli fconcertati fi dillinguono appunto per quello  foto , eh’ eflendo gli uni e gli altri occupati nell’ ac-  comodare il reale all’ apparente , o all’ intendimen-  to fuperficiale del popolo, i primi per quell’ apparen-  te non li fcollano mai dalle verità reali molto ben  conofeiute da chi governa , quando i fecondi per quell’  apparente s’ oppongono più o meno a quelle verità  reali , feonofeiute ed ignote talvolta più a chi governa ,  che a chi da altrui è governato . Ma intanto quindi  apparifee, come non potrebbe dirli cofa più inlenfata  di quella , che la Religione non abbia ad aver parte  nel governo de’ popoli nell’ illruire , come loà l’Impe-  ro nel comandare , o nell’ allrignere alle verità mede-  fime, per le quali i popoli fon governati; Tempre ciò  intefo de’ governi (inceri e reali , e non delle fimula-  zioni o apparenze di ellì , contrarie elTe (lede talvolta  al reai delle cofe. Quello poi ch’è pur detto da alcu-  ni con qualche circofpezione e riferva , toma però a  quello che con minor riferva è detto da più altri ;  cioè che al governo Udrò ballino cognizioni pratiche,  vale a dire apparenti (a), e che le teoriche o reali fìa- (s)CJÌlIIji^.  no del tutto inutili . lo fon certo, che gli uomini di  (lato più accorti , converran Tempre meco , che ogni  lor pratica abbia da procedere da conifpondente teo-  rica , e che per quella fola da quella difgiunta, gli  (latifli non dovelTer riufeire che a tanti ciechi, che lì    battdTero infìeme / nel qual cafo i popoli di elfi più  faggi àvrebber ragione di lafciarli fare , governandoli  inunto da loro llelfi (è) .      P t^emefle quelle conftderazioni Tulle cognizioni urna- CAP. XIV.   ne reali e Tulle apparenti , per rilevare 1’ effetto Imperfeiione  della favella nel comunicarle altrui, gioverà confiderà- dell» favella  re in prima pur quella fotte un doppio afpetto , o di    LXXIV ^   CAP. XIV. dichiarare ad altri le cognizioni della prima fpeciepià  ardue e men note, o di trattenerli su quelle della fe>  conda più facili , e quai fon conofciute comunemen-  te ; giacché in eflètto quallìvoglia ragionamento verfa  fempre su qualche foggetto , noto bensì ad ognuno per  le lue apparenze più generali ed elìerne , ma ignoto  altresì comunemente per li Tuoi principi afcolì ed  interni. Siccome poi le prime cognizioni fì fon vedu-  te intefe a idruire , e le feconde a dilettare ciafcuni  («)C.X7I,ff.3.che vi applicano (a); così ufficio della fa\ella fi dirà  pur doppio, o d’ iflruire altri nelle cognizioni non per  anco da effi acquilìate, o di dilettarli nelle giàacqui-  lìate; quello molto più familiare di quello e frequen-  te, giacché il più confueto degli uomini è d’ intrat-  tenerfì fra lor per diletto, favellando di quel che fan-  no; e l’inllruir gli uni gli altri di quel che quelli non  fanno, par cofa riferbata alle fcuole , e da non prati-  carfi fuor d’efle che con altrui fallidio , dai foli pedan-  ti. Nientedimeno, poiché la favella é pur dellinata a  partecipare ad altri le cognizioni da cialcuni acquiUa-  te , e tali cognizioni dipendono da oggetti appreli e  <6) C,XlI.n.i. combinati ( A ) ; é altresì da confiderare , eh’ elfendo   3 ue(li oggetti a numero incomparabilmente maggiore  elle voci, per le quali poflfano denominarfi (r), le vo-  ci in ogni favella mancheranno bene fpelTo, come per  nominar quegli oggetti , cosi molto più Mr efprimer-  ne le cognizioni , e la favella a quell’ enetto rinfeirà  un mezzo dubbio , confulo e imperfetto . E invero  quantunque ciafcuni oggetti in ciafeuna favella ten-  gano alcune voci più efprelfìve e diUinte , dette per-  unto \ot proprie", ciò non fa che tali voci non pollano  eziandio applicarli ad oggetti da quelli diverli , per le  quali diventan traslate , non per altro certamente ,  che per la povertà appunto di clTe voci in riguardo  agli oggetti, eaU’impoinbiltà di appellar ciafcuni con  voci talmente proprie , che non pòiTan elTer d’altri .  Oad’ ,é che una voce medeGma dellinata cosi a più   ogget-    Digitized b^Google    «é^LXXV?^'   oggetti , gli cfprime Tempre con proprietà maggiore o gap. xiv.  minore , ma non mai per la fola e precifa , che cor-'  ril'ponda per la cognizione di dii.   II. S’ arrese , eh’ dTendo le apprenfioni e le com-  binazioni d’oggetti diverfe nelle ciafeune menti (a) y  tali combinazioni che ne derivano , debbon pur dier  per ciafeuni diverfe , e il comunicar uno agli altri le  proprie, potrà bensì edere per regolarle e confrontarle  con quelle degli altri , ma non mai perchè diventino  cosi proprie d’altri, come fon fue. All’incontro la fa-  vella è a ciafeuno comune , ed è la deda in una def-  fa nazione, e quando dante la diverfità d’apprenfioni  e di combinazioni d’oggetti, le cognizioni particolari  fono in altri più chiare ed edefe , in altri più ofeure  e ridrette ; le voci per cui efprìmerfi , non fon più chia>  re o copiofe per ^elli o per quedi, ma fon le dede  per tutti , e il più fciocco parlerà forfè tanto e più  ancora del più lenfato. Per la t^ual cofa la favella do-  vrà ognor trovarfi inedìcace o imperfetta per efprime-  re le cognizioni , dovendo eda eder tanto comune al  dotto che più ne podìede , che all’ indotto che ne pof-  fiede meno , e dovendo necedariamente adattarfi all’  intendimento non dei più, ma dei meno intendenti ,  che fono a maggior numero fra quei che l’adoprano .   A quedo modo parlando più propriamente , fi direb-  bero le lingue idituite non a efprimere le cognizioni ,  ma a fufcitarle più o meno nelle menti a norma dei  ciafeuni intendimenti, giacché per le dede voci altri le  apprende più didinte e moltiplici, altri più limitate e  confufe . Perciocché per quanto il dotto tenti parteci-  par le fue all’indotto, ufando la deda di lui favella;  quedi non le concepifee mai che in relazione alle per  lui apprefe dianzi , per gli ometti dedi da lui com-  binati diverfamente dall’altro. Per quedo di cento che  odano un rt^ionamento, o che leggano un libro def-  fo, ciafeun fe ne idruifee a norma della qualità delle  cognizioni da lui podedute e apprefe dianzi , e il dottO'   K a puù    Digitized by Google    ^LXXVI ^   C^'p. XIV. può per un libro fciocco > rettificandolo e migliorandolo  per le Tue cognizioni, farìfipiì^ dotto, <|uando l’indotto  per un libro de’oiù Irafati, può divenir più sguajatodt  prima, o renderli per quella lettura più (Iucche vote e più  Impertinente, ma non già più dotto. Se ciò non fofle ,  ogni difcepolo al folo udire il maedro, diverrebbe co-  sì dotto che lui , e per divenir Capiente come il Gali-  leo dovrebbe badare il leggere le fue Opere, che par-  lando generalmente è tanto vero, quanto il pretende-  re di partecipare alla fua dottrina , per adìbiarri quel  fuo certo collare che forfè fi conferva per memoria di  un tanto uomo, ma non per ridampar qued’uomoad  ognun che Io adìbj.   III. Per altro qui cade a propofito di riflettere al-  quanto Alila diverlità delle cognizioni umane , e Alila  moltiplickà per ede e varietà, con cui procede natura  nelle Aie operazioni. Perciocché edcndo in prima le voci  in ciafcuna lingua a così gran numero , quanto è pur noto ;  quedo numero moltiplica colla ferie de’ tempi infiniti e  de' luoghi finiti, efomminidra una moltitudine innume-  rabile di lingue, in ciafcuna delle quali le voci lon all’  idedb modo moltidtme . Contuttociò fe A confiderino  le maniere, colie quali quede voci prefe a numero mag-  giore e minore fogliono combinard e permutarA in  una favella, A conofcerà, tali combinazioni e permute  collocate pur con fenfo e difcemimento , edere a nu-  mero incomparabilmente fuperiore a quello delle voci  in eda , ed eder in tutte le lingue a tanto più anco-  ra , quanto imfwrti quedo gran numero di pennute e  ' ' di combinazioni in una lingua , moltiplicato nel nu-  mero delle lingue di tutti i luoghi e di tutti i tempi -  Padando poi dalle voci e combinazioni loro, agli og-  getti ocmbinati per ede efpredt , e alle maniere di co-  gnizioni che ne derivano ; A conofcerà , la moltitudi-  ne di tutto quedo edere incomparabilmente ancor fu-  periore a quella delie combinazioni di voci , e tanto-  Aiperiore in ciafcuna lingua, quanto per ciafcuna com-    Digitized by Google    LXXVII ?§-   binazione di voci in efla ciafcun apprende e combi- c AP. XIV.  na gli oggetti fiedì difl'erentemente , e ne forma di-  verfe le cognizioni, proferendole iftelTamente . Tanto-  pià poi fuperiore in tutte le lingue, quanto quel nu-  mero di cognizioni diverfe in ciafcuno di diverfa lin-  gua , moltiplicato pure nel numero delle lingue tutte  diverfe palTate , prefenti , e future . Quello poi che re-  ca maggior forprefa egli è , che tutta quella prima pro-  digiofa quantità di voci e combinazioni loro , non de-  riva da più , che da venti elementi o lettere d’ alfabe-  to, più o meno pronunziate in ogni lingua . E che  queda feconda tanto più prodigiofa e incredibile quan-  tità di apprenfloni e di combinazioni d’oggetti , e di  cognizioni su e(Tì, non deriva che da alcune leggi di  moto quanto più femplici e vere, tanto più uniche e  fole , giacché tutte le apprenfioni e cognizioni uma-  ne , per quanto fiano individualmente diverfe in cia-  fcuno , pur fono in tutti confimili (a). Tutta poi («) C. II. mi..  codeda varietà e fbmiglianza di cofe è unita e con-  catenata infìeme , e procede e fi confegue con certo-  ordine e ragione eterna e immutabile, lenza la quale  {^un comprende nulla poter avvenire , e a comprendere  la quale ognun conofce in sè dedb, poter edenderfi ben  per poco la umana capacità, colla fcorta di fenfi infermi-  e fallaci. Niente di meno in quedo dedo natura non  manca , giacché dal minimo faggio che di ciò fi tra-  fpira, può altresì ognuno arguire, quanta e quale fia-  la pofTanza e la fapienza del fupremo autore di tutto  quedo , e quanto ammirando l’ordine e il raagidero „  con ch’ei governa e regola l’univerfo.   U NA affai curiofa confeguenza che dalle cofe Aid- CAP. XV.   dette fi viene a dedurre è queda , che l’ imper- ImMrfezione  lezione accennata delle lingue, per cui le voci riefcono dell» favella  a numero molto minore di quello degli oggetti per dell   effe efpredi ( é ) , par che torni non già a diffctto co-  me fi. crederebbe a prima vida , ma a perfezione ed ' ' ’ ’ ”'**■   elc-    Digitized    'è-, LXXVIII ^   C A P. ^ v'. eleganza di quelle maggiore, in quanto non avendovi  cosi nefTune voci talmente proprie e attaccate adalcu*  ni oggetti, che non poiTano applicarfì anco ad altri ;  gli oggetti tiefli polTono efprimerri , o dedarfene le im-  magini negl’ intelletti, non folo per voci dirette, ma  per fHÙ altre ancora indirette chiamate traslate come  (a)CJCIF.n.ì. s’è veduto (<»), d’t^getti a quelli analoghi e confi-  mili. A quello modo lebbene manchino nelle lingue  le voci dell’ ultima precisone alle immagini degli og-  getti determinate , foprabbondano per le indetermina-  te, e in mancanza e neU’impofTibiltà di adoperare per  ciafeuna immagine ciafeuna voce diverfa, le ne ado-  prano non una , ma più e più altre d’ oggetti a quel-  k affini e confimili , per le quali non una , ma più  immagini fìmilmente occorrono all’ intelletto pur fra  sè confimili e combinabili, ciò che Tuoi avvenire con  molto diletto e foddisfazione dell’ intelletto medefimo.  Cosi appellandofi DIO ottimo e grandiffimo, non folo  per quello venerando più proprio fuo nome , ma per  altri ancora traslati di via, di verità, di vita e fimi-  li, fi dellan nell’ animo tutte le immagini proprie e  bro affini , polTibili più o meno a dellarfi per quelle  ciafeune voci, a mifura dell’attività dell’animo Udrò,  onde figurar alla mente con più efficacia e grandezza  r idea di quella ineUàbile elTenza . E generalmente  laddove fe ciafeuna voce propria corrifpondellè efatta-  mente a ciafeuna immagine a efclufione di tutt’ altre  voci , da dieci voci proprie per efempio , non fi de-  Uerebber nell’ animo che altrettante - immagini combi-  nabili in alcuni modi; corrifpondendo quelle nonefat-  tamente e non a efclufione di altre , vi fi dellan per  dieci voci proprie e più altre traslate, pur altrettan-  te immagini combinabili in nioltifiime più altre ma-  niere .   II. Su quella condizion delle lingue , o fu quello  difetto in effe di vocaboli per efprimer gli oggetti, è  pollo tutto i! pregio deli’ eloquenza, e da ciò deriva-  no    Digitized by Googli'    •a LXXIX ^   •no tutte le perfezioni e tutti gl’ incantcTimi dell’ arte c AP. XV.  oratoria , e più della poetica; vaie a dire non folo i  traslati , ma le allegorie ancora > le allulioni , le para-  bole, le (imiiitudini, le analogie, le efagerazioni , il  palTaggio dal proprio al metaforico , dal ferio al gio-  <cofo, dall’ animato all’inanimato , e fimili ornamenti  che fan la grazia, la forza, e la bellezza eh’ è invero  delle immagini dedate e .combinate nell’ intelletto, ma  che in eflb non fi dellerebbero e combinerebbero, fei  termini nelle lingue coi quali efprimer gli ometti, fof-  fer tanti quanti eflì . Perciocché dall’ dfer folo quelli  a molto meno, ne avviene che non fiano quelli cosi  propr) di alcuni oggetti , che non polTanu eziandio  trasferirfi ad altri, per li quali con numero d’ imma-  gini maggiore, certe verità intefe afignificarfi, fi rap-  prefentino all’ intelletto con più di vivacità e di va*  ghezza . Egli è ben vero che affinché ciò riefea felice-  mente è d' uopo, che tali traslati feguano con certa  fcelta e giudicio, fenza di che tutti gli ornamenti ret-  torici e poetici non avrebbero fenfo; e non confiden-  do edéttivamente l’ infenfatezza che nella combinazio-  ne d’oggetti fatta fenza dilcernimento (<;), fe le voci («)C.7. ». a,  proprie fofler applicate ad oggetti trasìati pure fenza  difeernimento ed a cafo , non potrebbe quindi deriva-  re che ofeurità e confufìone . Laonde i traslati nelle  lingue per quanto pur fian difparati, debbono ferbare  certa conneffione e mifura , per la quale fian conofeiu-  ti fimili e relativi agli oggetti lor propr), fenza di che  chi fi credefle il più l'ublime nell'eloquenza, potrebbe  edere il più proffimo alla fatuità , e dalle immajgini  più ardite e più ingegnofe di Pindaro , lì potrebbe Kor-  rere con breve pafso alle più infenfate aisurdicà d’ un  vifionario. Quefta .condizione non è della fola rettori-  ca e poetica, ma di tutte le bell’ arti ancor cosi det-  te, e di tuue le opere di entufiafmo , nelle quali il  più fublime delirio confiru infcnlìbilmente col più Ura-  no ridicolo , e il pittore e il mufico più eccellente    Digitized J?y Google    LXXX ^   CAP. XV. neirarte fua, con un pafso più oltre trafcende il giu-  dicio, e diventa una Aia caricatura di piazza , nella  quale pur procedendo per gradi , può toccarfi l’eftre*  mo, fino all’efser condotto allo fjpedale qual pazzo di*  chiarato . Ch’ è la ragione , per cui comunemente an-  cor fu odervato , ogni pazzo tener un non fo che di  poeta, di mufico o di pittore, fìccome ciafeun dique-  Ai, tener talvolta in lor virtù qualche irregolarità, che  li denota prodimi alla pazzia .   HI. Per altro quedo diletto che così apporta la fa-  vella, col trafportar l’intelletto dal projprio al figurato  degli oggetti , fa conofeere che l’ imperfezione e la in-  <d} C. XIV. capacità conofeiura in efsa difopra («) , per partecipa-  ». 1. 2. re altrui le proprie cognizioni, dee edere intefa in ri-  guardo principalmente alle reali , per le quali reda la  mente idrutta, e non già in riguardo alle apparenti ,  (l>) C.XII.n.3. per le quali fuol eda dilettare {b). E in vero i trasla-  ti , le analogie , e gli altri ornamenti rettorici fuddet-  ti, convengono molto bene alle cognizioni di quedo  fecondo genere, per eder ede note comunemente, on-  de giovar rapprel'entarlc altrui con pluralità d’ imma-  gini , che imprimendole nelle menti con più di no-  vità , producano quel diletto . Laddove per efprimere  le cognizioni del primo genere più afeofe e men co-  nolciute, ognun vede edere necedario valerfi di termi-  ni più propr) e precifi per quanto è podibile , e che  r uiare i traslati non farebbe che od'ufcar quelle co-  gnizioni maggiormente , e renderle a chi n’ è privo  più ofeure ancora ed ignote. Ed è vero che per que-  do fecondo edètto, le voci proprie mancano bene fpeA  fo , quando per quel primo le traslate non mancati  giammai . A quedo modo parlando più propriamente ,  {e)C.XIV.n,2. « didinguendo la favella dall’eloquenza, fi dirà (c) ,  che ficcome quella è imperfetta, cosi queda è nociva  finché fi tratti di verità reali , o d’ idruir altri di  quel che non fanno. Ma che trattandofi di fole veri-  tà fupcrficiali e apparenti, conofeiute comunque da tut-  ti»    Digitized by Google    LXXXI   tl, quella favella dovelTe eflere un’ arte non folo ini- c A P. XV.  perfetta , ma ancora nojofa , quando non fofle foccorfa  dall’eloquenza, la quale con rinovar alle menti quelle  verità coli qualche varietà d’immagini, riefcille così a  dilettarle per elle • Quella attività maggiore della fa-  vella per le cognizioni fuperficiali più conofciute , che  per le reali men conofciute, perchè aHìdita dall’ elo-  quenza, fa che lepcrfone più applicate alle verità reali  lian parche di parole ne’ familiari difcorfi, che d’or-  dinario non fon che ferie confecutive d’immagini co-  nofciute , e rapprefentate altrui colla favella fenza  efame , e fenza conneflìone dimodrativa per effe ; al  contrario delle perfone contente della • cognizione più  volgar delle cofe, le quali fon copiofiffìme di parole,  e parlan rapidamente di tutto . Le donne in partico-  lare, men atte per la delicatezza e debolezza de’ loro  organi a penetrar nelle verità men comuni , fe non  fon frenate dalla modeffia, che di quella debolezza è  il compenfo più caro e gradito, favellan delie più co-  muni con più diff'ufìone eprontezza degli uomini, più  robuffi di tempera, e più (ermi dipenfamento. Vero è  che per quello lleffo parlando generalmente, i menri-  llelHvi c più loquaci dilettan più quando illruiì'con  meno, a differenza de’ più taciturni eritìeffìvi, chedi-  Jettan meno quando più illruifcono . £ che i gran par-  latori di verità apparenti, lafciano per lo più i loro  uditori muti e llorditi , quando i parchi dicitori di ve-  rità reali , lafciano i loro più fereni di mente , e mi-  gliori ragionatori di prima .   IV. Per comprovare che l’eloquenza nella favella fia  intefa non già a illruire , ma a fol dilettare , gioverà  ancora avvertire, che una delle condizioni principali,  per le quali piùeffa rifalta , è quella dell’accento, del  numero, della inflellìone tenue o piena, grave o dol-  ce , affrettata o fofpefa nelle voci , per le quali fi porti  effa all’ udito , cofa più efpreiramente praticata nella  poefia , ma che fi llende a ogni genere di eloquenza,   L per    Digitized by Google    CAP. XV.    CAP.xvr.   Eloquenza  come nociva  allecognizio.  ni reali.  (s)C.XF.n.i.    LXXXII ^5-   per cui il periodo giunga air udito piùfonoro, quali a  guifa di canto. Tutto quello certamente non è diret-  to che a dilettar l’udito, percuotendolo con vibrazio-  ni d’aria pìd regolari; e perchè le l'enfazioni della fa-  vella qualunque fieno, dall’ organo dell’ udito paUàno  all’intelletto; quindi è che quello Hello per quelle fen-  fazioni a lui tramandate, nerella dilettato al modo me-  delimo, prefeindendo da cognizioni di qualunque gene-  re , e non rellando cosi più illrutto delle cole , di quel  che ne redi l’orecchio materiale. Ognun vede quanto  per quello capo rellino pregiudicate le umane cognizio-  ni, per Tabulo allora così evidente della favella , la  qual dellinata a illruire, o a pur dilettare T intelletto  colle cognizioni reali, o almeno apparenti delle cofe, s*  arrclla all’ udito per follcticarlo con percuflìoni più ro-  do grate che ingrate, e non tramanda alT intelletto che  il diletto elimero che da tal folletico ne deriva; quali  deludendolo con prefentargli per cognizioni quelle ,  che per veritù non fon tali. Certo è che T armonia mu-  (leale, dipendente da confonanze di fuoni uditi, è di-  verl'a dalla intellettuale , dipendente da confonanze d’  oggetti e di cofe intefe , perciocché podbno efprimerfi  con verfi canori i più alti drambezzi , ficcome podb-  no efprimerfi con afpro fuono di voci le verità più  reali , non che le apparenti ; ed io conofeo un gran fi-  lolbfo che canta aliai male , come ò conofeiuto un  celebre violinilla , che ragionava molto male del fuo  violino.   P oiché come s’è veduto (a), le cognizioni reali ed  interne non elìgono eloquenza , ed è queda ferba-  ta per le apparenti cd ederne, chiara cofa è che il più  che prevarrà nelle nazioni e nello fpirito del fecolo T  eloquenza , il più prevarranno quelle cognizioni , pre-  valendo men quelle. Perciocché per quanto l’intellet-  to umano fia capace ed attivo , e forpadì per cogni-  zioni Tua l’altro, eiTcndo non per tanto eì Tempre li-   mita-    Digitized by Google    LXXXTII ^   mitato e finito, non potrà quell’ attività niedefima pii c AP. XVI.  adoprarfi falle cognizioni più trafcurate a tutti comu-  ni eh’ efigono eloquenza , fenza flenderfi meno Tulle  rifervate a pochi che non la efigono, attenuandofi cosi  in tutti le cognizioni reali, quanto più lo fiudio dell’  eloquenza , che non può occuparfi che Tulle apparenti ,  farà coltivato ed efiefo . Si Ta che chi inclina al di-  letto più comune, sfugge l’iftruzion men comune , e  viceverfa fimilmente; e per regola generale ^ gli appli-  cati all’ une e all’ altre cognizioni , tanto più riefeono  in ciafeune, quanto men fi (iendono ad altre, e ognun  che fi flenda a più generi di cognizioni , riefee in cia-  feuno più leggiero e più fuperficiale . L’ elTer poi gli  uomini in generale, non fol più inclinati a cognizio-  ni apparenti perchè più facili, che a reali perchè più  difficili, ma dcfiderofi eziandio di renderfi per cogni-  zioni accetti a maggior numero d’ altri , fa che incli-  nino altresì facilmente allo fiudio dell’eloquenza, pro-  prio di quelle , e non di quelle cognizioni > Onci’ è  che fcbbtne le lingue fian dellinate a iflruire e a di-  lettare (a), lo fiudio e l’ufo più frequente d’ efle fia  in riguardo più a quello fecondo , che a quel primo  ufficio, affine d’elT'er uno cosi per efle intelò , appro-  vato e applaudito da maggior numero di perfone ,  rellando intanto per la molta eloquenza più riputate  ed eltcfe le cognizioni apparenti,, e le reali più trafcu-  rate e neglette ..   II. Qui cade a propofito di oflervare, che fe le co-  gnizioni fra gli uomini fembrano a’ nollri giorni più  avanzate che ad altri , e fi reputan eflì p«ù illuminati  e più. iflrutti delle cofe di quel che foflero i loro an-  tenati , ciò non potrebbe accordarft che in riguardo  alle cognizioni apparenti , giacché una fimite riputa-  zione ridonda inelTì dalla facilità maggiore , colla qual  fi ragiona da tutti d’arti e di feienze , e dalia molti-  plicità de’ libri che feorrono dappertutto fu ogni gene-  re di cognizione , tanto più comuni a tutti , quanto>   L z più.    Digitized by Google    ^ LXXXIV   CAP. XVI. più adorni de’ pregi dell' eloquenza. Quefto giudicar  però le cognizioni più avanzate , perchè più comuni e  perchè più facili , indica abbalianza eflb fteflb , non  poter tali cognizioni elTer dunque che le apparenti ,  che in effetto fon tali ; laddove le reali , per la diffi-  cile aerazione daifenfi, eia infiftenza maggiore richic-  fta nell’ acquiftarle , non è poffibile che lian facili o  fian comuni {a). Il pretender poi per iftudio d’ elo-  cuzione o per meccanifmo di parole, di render facile  e comune ciò che per sò è difficile e non comune, o  d’ inclinar gli uomini generalmente più alla fatica di  apprendere il reai delle cofe, che al diletto di tratte-  nerfi full’ apparente , farà fempre difperato configlio ,  ad onta di quanti Dizionari , Giornali , Compendi o  altri repertori poffan formarfi di cognizioni qualunque  fieno, e che fembrino facilitarle . Di ciò par che con-  vengano gli fieffi autori de’ libri letti il più comune-  mente, quando dichiarano di fcriverli per dilettare ,  divertire, eamufe(ire^ come direbbero, tutto il mondo,  di maniera ch’ei lembri , che ognun di quelli dovefle  quafi recarfi a vile, di fcrivere per iftruir feriamente  lol pochi, nelle verità reali ed interne. Con ciò fi di-  rebbe , che tanta follecitudine fra noi di applicar tut-  ti a tutte le cofe non folle intefa , che a meglio elu-  derfi gli uni gli altri per apparenze , e che dovendo le  verità reali rimaner tanto addietro , quanto le ap-  (,b)CJCVI.n.t. parenti procedeffero innanzi ( 4 ) ; per effer dunque  quello fecolo d’ ogni altro il più adorno per cogni-  zioni apparenti , doveffe trovarli ( fia detto per mo-  dellia ), il più fcempiato d’ogni altro per cognizioni  reali .   III. Comunque fiafi , nelTun negherà che llante la  ► inclinazione comune al diletto , non potendo le verità   {c)CJCILn.z, reali eller comuni (c), lo lludio dell’ eloquenza, col  render le apparenti più diffufe e più riputate , noti  efcluda maggiormente di infra gli uomini le reali, e che  ogni eloquenza così adoprata per diffonder le verità in   gcne-    Digitized by Google    LXXXV ^5-   genere , lungi dall’ ottenere di ftender la più reale , c A P. xVT  non ottenga al contrario di llenderla meno , per non  adoprarfì quella che l'ulla verità apparente più comu-  ne , a elclulione della men comune e reale , che non  elige eloquenza (a). Lafcio conliderare, fe fia perciò (a'ìC.XVI.v.i.  che folle creduto, le verità più venerabili e più arca-  ne di religione, la cui cognizione reale può certamen-  te tanto meno clièr comune al popolo, doverli ad elio  annunciare con lingua a lui ignota , e da lui più ri-  fpettata che intela . Certo è, le religioni ancora più  materiali antiche , eirerli cipolle al popolo fra le nazio-  ni riputate più laggie con liinboli, hgure ed emble-  mi , c non mai con elprelfioni verbali ; per elFerlì  'ognor giudicate le verità d’clfe qualiunque follerò , tan-  to più venerande, quanto più ineH'abili, e non con vo-  ci eiprimibili . Ma parlando pure di verità femplici  naturali , che 1’ eloquenza col lublimar le apparenti  tenda ad allontanar le reali , lì troverà verificato trop-  po ancora per pratica ; e chi poflìede l’arte d’inten-  dere , non potrà certamente a meno di non farli un tri-  llo Ipettacolo , diveder come alcuni polFedendo eminen-  temente l’arte del dire, riconvochino IpelTo intorno gran  turbe di popolo nobile e ignobile , e prevalendofi del- . .   la comun debolezza bro e pigrizia per le cognizioni  reali, li traggan l'eco perle più fuperfìciali e apparen-  ti, non lapciido elfi Itelli ove abbian a riulcire . Per-  ciocché l'oratore, adulatore fempre e lulìnghiero, rap-  prelentando almo uditore credulo fempre e vano l’ap-  parente, come le folle indubitatamente reale, lo confer-  ma bensì nel vero quando ei lìa tale, ciò che avvien  rare volte, ma Io conferma altresì e indura nel falfo ?   quand’ei noi lìa, il che avviene più fpelfo, fenzache  né lui, nè la ciurma de’ Tuoi uditori aguifa di pecore,  fappiano lo perchè, o lo come.   IV. Per altro quel che s’è detto finora delle cogni-  zioni apparenti , non fia già creduto clferfi detto pec  difanimarle, o avvilirle del tutto . Ma fi creda detto   fol-    Digitized by Google    ^ LXXXVI ^   CAP. xvi,'^o*t3nto per avvertire, di noa prender in effe per rea-  le quel che folle folo apparente, e perchè non s’attri*  bulica tanto a quello eh’ elìge eloquenza , quanto a la*  feiar del tutto da banda quella che non la elìge. Dall'  altra parte egli è poi vero , che non potendo le co>  gnizioni reali effer comuni, giova che per occupazio-  ne almeno, per commercio di vita , e per diletto ap-  punto comune , tali fian le apparenti , pur che ciò av-  venga in modo , che non s’ oppongano alle reali , ma che  dipendano Tempre quelle da quelle . £ in vero quel che  s’ è detto de’ collumi , ch’cffendo diverli poHono non-  dimeno aver luogo lenza implicanza, ed effer utili a  tutti purché non fiano centrar) (a); Io Hello dee ap-  plicarft alle cognizioni umane , che eilendo apparenti  poflono illeffamente non effer implicanti, nel qualcafo  . non fono alle reali contrarie , ma fi concilian con ef-  (é)C.A//jf. 3 . e fupplifcono a quelle (é). 11 diltinguer poi quan-  do r apparente difeordi , e quando concordi col reale  in genere di cognizioni , dipende dalle cognizioni ap-  punto reali, o apprefe per fe medefime e per teoria ,  allraendo da illufioni di fenfi ; cofa che non può ap-  partenere al comune degli uomini incapace di tali allra-  zioni , e Iblito verificar le fue cognizioni per fola pra-  tica confecutiva de’ fatti , bene fpeffo ingannevole ; ma  dee appartenere a pochi fra tutti piò faggi , e più il-  luminati degli altri. Quelli s’è già avvertito dover ef-  fer quelli che agli altri prelìeduno, fia colla perfuafio-  ne della Religione , fia colla forza del Principato  ( 0 C.A///.b, 4 ._( f j dellinati perciò all’ ufficio di giudicare quali fra  tutte le verità apparenti, per le quali fi conducon gli  ailàri comuni , concordino colle verità reali , e quali  da effe difeordino , o fiano a quelle contrarie.. £ ve-  ramente che un fimil giudicio o una fimile cogni-  zione abbia ad appartenere , e poffa convenire del  pari , non folo al nobile e al manovale, o al citta-  dino e al rifuggiate , ma al chierico ancora che iflrui-  £ce, e al cialtrone che dee effere iflruito , o al Ma-   giflra-    Digitized by Googic    ^ LXXXVII ^   ciftrato che comanda , e al fuddito che dee obbedirlo , C A X VL  ó quella un’ aperta impitcanza , malTime quando già  tutti convengono, chegli uomini generalmente fon più  fpenfierati che riflelTivi , e che le cognizioni reali fon  riferbate ai foli più rifleinvi .   V. Ora piacemi ancora olfervare , che quell’ clTer le  cognizioni reali note per sè ftelTe a fol pochi , e que-  llo dover perciò tutti rcllar a quei pochi fubordinati,  non fa torto ad alcuno, e non è che per quello flana-  tura cogli uomini parziale od ingiuHa. Imperciocché  non è già elTa, che concedendo le cognizioni reali ad  alcuni , le ricufì a tutti gli altri ; ma fon gli uomini  flein, che inclinando più al facile che al dilhcile , lì  lafcian condurre da illufìoni de’fenfi a proprio favore,  anziché da rifledione , per cui conofcere fe le cognizio-  ni che quindi loro derivano , fiano reali , adraendo an-  cora dai fenfi . E quella fubordinazione non fi rende  neceflaria, che per fecondare codeda loro inclinazione  più geniale al facile, e per follevarli da quella più dif-  ficile riflelfione . Sol che gli uomini tutti s’ accordino  d’elfere riHclfivi, ogni fubordinazione ceflerebbe fra lo-  ro, tutti fi governerebbero da sè per cognizioni reali  ( /j ) , nè v’ avrebbe d’ uopo di chi li govcrnafle per  quelle. Ma efl'endo quello impolfibile, per la propen-  l'ione comune più aldiletto delle cognizioni apparenti,  che all’ illruzione delle reali , come s’ é replicato più  volte; e dovendo pur eglino governarfi per cognizioni  reali , quando voglian fulTillere infieme ; egli è dunque  forza che alcuni almeno fra edì aduman le veci di  tutti, o fupplifcano al loro dilètto, prefìedendo al go-  verno degli altri, con quella verità reale, che altri ri-  cufan di darfi la pena di didinguere e d’ invedigar  per sé dedì. Vero é però, che perla propcnfione llef-  fa invincibile e comune all’apparente e al facile, quel-  la verità mcdellma non può poi produrli al popolo da  chi governa che per l’apparente , ciò che può avve-  nire lènza implicanza, per edere ogni apparente alrea-    Digitized by Google    CAP. XVI.  {a)C.XU.n,i.      CAP.XVII.   Dell' elo-  quenza fulle  cognizioni  apparenti .   (0 C.XKn.^.    -5^ LXXXVIII ^   le conforme, quando non fia a quello contrario (a) :  Dimanierachè il fiflema d’ ogni nazione fia quello ,  che le verità reali fi propongano per le apparenti non  a quelle contrarie, e per tali conofciute e difiinte da  un governo, procedendo così tutti gli affari per ap-  parenze, con ficurtà di non opporfi per quefìe al rcal  delle cole, mercè l’intelligenza fuperiore di chi a tut-  ti prefiede. Se in un fimil governo la perfuafione eia  forza faran libere e indipendenti , il governo farà giu-  fio e fenfato, e la nazione libera e tranquilla ( giac-  che quelle due facoltà nella condizione umana debbon  pure dilìinguerfi ( A ) , e o bene o male fi difìinguono  dappertutto ). Se faran le due facoltà confufe in una,  o una minilira e non compagna dell’altra, farà il go-  verno fimulato e difpotico , e la nazione inquieta ed  opprelfa. Il tutto non per difetto di natura, ma de-  gli uomini e de’ governi fleffi in particolare, che anzi  eh’ effer liberi e tranquilli , amaffero elfer opprcflì e  agitati. Sempre però Ila, che la fubordinazione a un  governo fia per fc flcffa non un dilòrdine , ma un  ordine anzi faggio e ammirando , per cui 1’ umana  fiacchezza fi alìolve dall’ applicare a quelle verità rea-  li , che fofier per eflà faticofe ad apprenderli , e fi con-  cede ad ognuno di abbandnnarfi ancora alle apparen-  ze e al diletto Hello de’ lenii , purché ciò fia in con-  formità alle regole, calle leggi llabilite e preferitteda  un governo , che per la fuperiorità de' fuoi lumi , e  per fenno e fapienza fia più illrutto degli altri, nel  difeerner quale apparente fia al reale conforme, e qua-  le fia ad elio contrario.   C Olfellerli dichiarato di fopra, di dover l’eloquen-  za verfare fulle cognizioni più comuni (c), non  s’è perciò intefo di degradarla in modo, che abbiano  gli oratori, e i poeti a confonderli per fapere colvol-  gar della plebe . All’ incontro fi sa , dover efli mol-  to bene dilìinguerfi per cognizioni dal volgo, e laco-  / pia    Digitized by Google    LXXXIX ^   pii di cognizioni , e lo ftudio degli oggetti su i quali  ftenderfi la loro eloquenza, dover precedere l'eloquen-  za medefìma, fenza di che non farebbe poflibile dilet-  tare per ella, e non favellando l’oratore al fuo udito-  re che di ciotole e di pianelle , anziché diletto , non  potrebbe recargli che noja e faftidio . L’oratore dun-  que dee più del fuo uditore elTere iihutto e ricco di  cognizioni, per ornarle pofcia coi fregi dell’arte fua ,  e fì; li dice tali cognizioni dover efler comuni , ciò  non può verifìcarlì che in quanto abbian elle ad elTe-  re delle più apparenti, e delle più facili a concepirli  da Mnuno . Ciò conviene con quanto s’ è avvertito  pur mpra ( ) , di ftar la giuHa cognizion delle cofe  in certo punto di mezzo, innanzi e oltre al quale fìa  vano il cercarla , come che quinci e quindi ha polla  r ignoranza di elTa ; col folo divario d’ efler dalf una  parte la ignobile , propria degl’ idioti e del popolo più  rozzo {b) i e dall’ altra la ignoranza nobile , propria  delle perfone più colte . A quello modo fi dirà , l’ora-  tore e ri poeta rare volte comunicar di cognizioni e  d’immagini col popolo più ignobile al di qua di quel  punto , e folo trattenerli quivi con quello ne’ foggettì  più comici, burlefchi, o latirici; e qualor s’alzi col-  la tromba più fonora a celebrar eroi, o a trattar argo-  menti gravi e fublimi , allor fi dirà lui trafcender  quel punto , e confarfi col p<^lo più nobile e più ri-   S utato . Ma intanto fempre Ila , che al giullo punto  i mezzo, al quale s’arrellano le cognizioni reali , ei  rare volte o non mai fi foflèrrni , per^ l’ inutilità dell’  arte fua qualor lì tratti di verità reali , fuperiori a or-  namenti rettorici e poetici , atti più tollo a ofcurarle  (c) , quando fulle fuperliciali e apparenti quell’arte  fa di sé prova e pompa maggiore.   II. L’ufo delle efagerazioni , de? traslati , delle alle-  gorie, e rimili figure proprie della fola oratoria e poe-  tica, fan conofeere tutto quello, e come tali articoli’  amplificare o ellenuaie gli <^etti , fi trattengano fot-   M to    CAP. xvn.    (é)C.XJh.z.        Digitized by Google     xc   CAP. XVII. to quel punto o lo formontino ; mentre quantunque  le c(^nizioni Tulle quali verfano, ogii argomenti de’  quali trattano, fiano agli uditori men noti; pure per  efler quelle cognizioni fuperficiali e apparenti , e in  conleguenza facili ad apprenderfi dall’ uno e dall’ altro  popolo , polTono da quello elTer apprefe nell’ atto lief-  lo di ellerne ei dilettato . Con ciò fi direbbe , che il  partito degli oratori e de’ poeti in ordine al vero , fof-  fe quello dei difperati , i quali diffidando di sè fteffi  per aflegnarlo al giullo Tuo punto, fcegliellero più to*  Ito di raggirarvifi intorno inocrtamente , e di quafi con-  troillruire per più dilettare con varietà d’ immagini  facili , ma tirane e TpetTo implicanti , nell’ incapacità  conofciuta d’ iltruire colle piu difficili c più veraci .  Quindi ebber luogo quei tanti poemi su paffioni ed  azioni oltre il credibile. Le donne, i cavalier, F ar~  mi , gli amori, e quei tanti ftrambezzi fugli eroi là*  volofi e Tuli’ antica mitologia , i quali dilettan molto  più di quei che verfano su argomenti filofolici e mo*  rali , Alila vera religione , e su azioni deferitte quai  fon accadute precifamente, che non diletterebbero più  di un procelfo civile o criminale, cfpolio a un auditor  di rota . E ciò fol perchè in quel cafo può la mente  fvagare dappertutto a Tuo talento, quando in quello  elTa è allretta a hllarfi ad un punto , e a Aarvi con-  fìtta come ad un chiodo ; elfendo d’altronde imponi-  bile di fupplire ad un tempo llelTo a due oggetti , dì  dilettare e d’ iAruire precifamente , o fupplendofi al-  men meglio ad un folo di quelli oggetti , che infieme   (fl)C«yf7.».i.ad entrambi (a ). Per quello ftelTo le rapprefentazio-  ni maffime teatrali, tantopiùfogliono dilettare, quan-  to più dal vero, o dal verifìmile ancor di natura , tra-  feendono all’ implicante od al falfo dell’ immaginario,  brillando Tempre il diletto a fpefe dell’ iAruzione mi-  gliore; tanto è quello comunemente diverloda queAa,  e tanto 1’ eloquenza e 1’ altre arti analoghe ad elfa ,  c compagne del diletto più comune, sfuggono l’iAru-   zion    Digitized by Googic    XCI   xion più feverj c meno comune. Chi trova indecente cAP. XVII.  che Temiftode canti andando a morte, non bada che  a queda Uhuzione, che non trafcende il vero ed èbeti  di pochi ; ma fol ch’ei badi a quel diletto , che tra*   Icende il vero ed è di molciffimi , troverà quel can-  to adattato all’azione, e piagnerà ad eflb , purché fia  preparato a dovere (<») , e accompagnato da quel de- («)C.Arr.».r.  bile che richiede l’azione medefima.   ^ III. Ma infomma generalmente, chi riprende i poe-  ti per la futilità degli argomenti , ai quali d’ordinario  e’ s’appigliano , e per la fallacia delle cognizióni che  inOnuan per edi, non bada a quedo, d’eifere il hne  Principal loro quello di dilettare e non d’idruire, e di  dilettare non i più dotti , ma il comune del popolo  che non è dotto (fr)', e che parlando generalmente, {.b)C.XVI.n.i  ceflTan eglino di dilettare , todochè prendono a idrui-  re . Le allufioni certamente , le immagini , i traslatì  fuddetti , proprj e neceflarj dell’ arte loro , occorrono  alla mente a numero incomparabilmente maggiore per  le cognizioni più facili al volgo note , che per l’efat*  te e didicili riferbate ai più dotti , per le quali non è  così agevole padare dal proprio e precifo al metafori-  co e figurato . Cosi la Luna per efèmpio , concepita  per le immagini più facili che ne dànno le antiche fa-  vole, non che col nafoecolla bocca Come fugli alma-  nacchi, dà motivo a mille allufioni e figure, che non  darebbe apprefa per lo reale de’ fuoi monti , edellefue  ombre nel fidema planetario ; e finché il popolo la  concepirà più facilmente al primo che al fecondo mo-  do, il poeta canterà, e avrà ragion di cantare con più  dolcezza del nafo della Luna, che de' fuoi monti. Gli  occhi ideflamentc , cofa la più conofeiuta e più tri-  viale , apprefi per le cognizioni di effi più volgari e  comuni, fomminidrano alla mente mille immagini, ond’  effer chiamati luci leggiadre , vezzofi rai , fiammell»  vivaci , lucide delle , pupille ferene , drali omicidi ,  faci gemelle , adii d’ amore , che non fomminidre-   M 1 rebbe-    Digitized by Google     "3^ X c II   CAP. XVII. rebbcro apprefi per l’ irruzione d’ effi più efatta , o per  le dottrine ottiche e anatomiche migliori , ma men  conofciute. Anzi s’olfervi di più, come da ciò proce-  de, che l’oratoria, la poetica, e l’ altre arti dilettevo-  li non foffron nemmeno regole iflruttive , per eflcr  tai regole ellratte dalla ragione più elàtta per cui ap-  punto s’iftruHca , quando quell’ arti per illituto prin-  cipale , debbono traCcender quello reale , per dilettare  («ICJl^'il.n.i.coll’apparente {a). Quindi avvien bene rpelTo che un’  orazione , un poema , un’ azione teatrale dettata fe-  condo tutti i precetti che ne dànno Longino , Arido-  tele, Orazio, o Gravina, dilTecca nondimeno l’anima,  e fa sbadigliare, quando un’altea fenza quelle regole ,  ma ornata più di drane apparenze , attrae tutto il po-  polo fìa noÙie o ignobile , il quale feguace del diletto ,  fchiva ogni idruzione per eflo, e prevenuto anzi per  lo mirabile falfo e apparente , che per lo vero naturale  e verifimile ancora , non intende precetti , per cui fìa  qnello confinato e ridretto ; giudicando di quel che  ode e vede , per le ragioni fuperficiali pur vedute ed  udite , e non per le interne che non vede , e che non  potrebbe vedere che prefeindendo dai fenfì , di che il  popolo ( e il fod'ra Aridotele ) , non farà mai capace  (h)CJCll.n.i. {à ).   IV. Quedo preferirfì poi per l’oratoria fempre l’ap-  parente al reale , non può negarfì che non torni in  abufo , il quale però faria tollerabile finch’ei fi re-  ftrignede al divertimento appunto teatrale , e all’ozio  delle corti e delle accademie , fenza perciò opporli al  U)CJOI.n,j. medefìmo, com’è pur podibile (r). Ma il fatto  è , che bene fpeflb ei li dende ancor filila condotta  degli affari più fer), ne’ quai l’ eloquenza col folfermar-  fì più full’ apparente , fa più perder di vida il reale  di edi , con altrui dainno e feiagura ; come apparifee  ki pratica per più (inceri uomini e dabbene , fopradàt-  ti e delufì ne’ loro intereffì da chi per fola facondia , e  per artificio di ragionare vai più di loro . E il peggio   è an-    Digitized by Google     -5^ xeni ^   è ancora, che dagli affari particolari, l’ abufo medefimo  s’ inoltra facilmente ai comuni cosi detti di governo ,  ne’ quali per l’adulazione, la lufinga , e la fimulazio-  ne che più o meno indifpenfabilmente v’ àn luogo  (i*) , l’arte del dire è ancor più accetta che altrove .  C^d’è , che Aiblimando quella più le verità apparen-  ti , mette più a rifehio d’ allontanarfi e d’obbliar le  rnli . Su quelle conliderazioni farebbe a riflettere , fe  giovi a’ di nollri tanto animare e apprezzar l’eloquen-  za su i tribunali e nei fori , o fe anzi oltre al dovere  non fi trovi effa incoraggita e apprezzata. Certo è, che  febbene gli affari comuni abbiano a condurfi per co-  gnizioni apparenti ; nientedimeno ciò dee feguire fen-  za fcollarfi dalle reali ( é ) , come s’ è ridetto più voi-’  te, e ciò per imitar per quanto è poflìbile la natu-  ra , che falciando difputar gli uomini , accarezzarfi e  idolatrarfi fra loro , regola il tutto per lo reale fenza  profferir mai parola . Se poi chi pretendeffe governar  altri fenza render ragione del fuo governo , come ufa  natura , farebbe un uomo affai vano ; il farebbe non  men certamente chi pretendeffe governarli per fola co-  pia, ed eleganza di voci. Quei medefimi che fi repu-  tan più valere per eloquenza ne’congrelfi , e ne’ par-  lamenti , converranno di quelle verità , fe l’arte del  dire è in lor pari al buon lenfo ; e accorderanno non  meno , che quegli oggetti grandiofi di profperità , di  felicità , di potenza pubblica , che si fpeffo dai rollri  amplificano all’orecchio del popolo, non fon poi tali  quai da lor ir promettono , o almen ne dubitan ellt  nelfi , e ne rellan in gran parte fofpefi . Dall’ altra par-  te, le repubbliche antiche non furono mai più feon-  certate , che a’ tempi dell’ eloquenza più fublime di  Demollene e di Cicerone, quafichè fi governaffero al-  lora per cognizioni più popolari e apparenti , che per  vere e reali , per le quali quelle repubbliche fi fareb-  ber per avventura meglio follenute, come a tempi dei  parco Licurgo, e del religiolb Numa.    CAP. XVII.   C-»5C. XHI.  r. 4 .   (J>)C.XVl.n.ì.    Fi-    ^ XCIV    GAP.XVIII.1TInora ei pare che non fi fia ragionato di doquen-  Deir elo- XT za, che affine di fcreditarla, e di renderla fra gli  quen» filile uomini odiofa , proverbiandola come inutile , vana ,  cogaizioDire-pregiudiciale, inhdiofa, e nociva alla miglior condot-  * *• ta de’ privati e de’pubÙici affari. Perchè però non fia   creduto , efferfi di cosi mal umore contr’ efla , quanto  a volerla del tutto sbandita dalle nazioni, è da avvtr-  tirfi , non efferfi cosi favellato dell’ eloquenza , che in  quanto fuoleffa verfare fulle cognizioni apparenti e fai*  laci , lardate a parte le reali e migliori . In confeguen-  za di che fi apprenderà , che l’odiofità fuddetta non  cade già full’ eloquenza in genere , e che non è effa  cosi pregiudiciale nelle nazioni per sè medefima , ma  per la qualità appunto delle cognizioni alle quali d’  ordinario s’appiglia, e alle quali ftante la propenfione  comune umana al piò facile , dee eifa cotnunemente  (a)CJCyi.n.j. appigliarfi (a) . Con ciò confiderando ogni cofa , s*  arguirà dunque eziandio, che fe l’ eloquenza , in luo»  go d’occuparfi a fiabilir negli animi le cognizioni ap«  parenti , s’ applicherà ad ornare e a meglio prcfen*  tar alle menti co’ fuoi vivi colori le più reali ; lun-  gi dall’ elfer nelle nazioni nociva , fi renderà anzi a  quelle utile e giovevole . Infatti s’ è veduto , uffi-  cio della favella effer quello d’ iftruire e di diletta-  (.tjC.Xiy.n.x. re (è), vale a dire dì illruire nelle verità non cono-  fciute , e di dilettare nelle già conofciute . E perchè  le verità di qualfivoglia genere non polTono elfer co-  nofciute che per qualche illruzione , quefta dunque  dovrà fempre precedere il diletto che proviene dil-  la favella , e 1’ oratoria così , la poefra , non meii  che r altr’ arti tutte dilettevoli , dovran generalmen-  te confeguire la filofofia , la morale , e 1’ altr’ arti  klruttive , fiano apparenti o fiano reali , fcnza che  polfan mai quelle preceder quelle , non elfendo cer-  tamente polfibile adornar coi fiori dell’ eloquenza ,  e con immagini traslate e lublimi , ciò che non fi fia   pri-    Digitized by Google     xcv   prima apprefo per voci proprie, più piane e preeife . CAPJCVIir.  Stando dunque al diletto della l'avella , è certo che do-  vendo quello cunfeguir Tiilruzione , tanto può confe-  guir la più Aiperficiale e comune, quanto la più vera  ertale eh’ è mcn comune; e che ficcome pollòno con  figure e immagini adornarfi le verità men el'atteepiù  popolari , conofeiute da molti ; cosi fi poflbno pur le  più efatte e men popolari , riferbare a fol pochi . £  la differenza farà , che effendo nel primo cafo 1’ elo-  quenza la più popolare e comune, della qual s’ è fa-  vellato finora ; fi renderà ella nel fecondo più partico-  lare , difufa a non molti , della quale s’ aggiungerà qui  qualche cofa .   II. Egli è vero' pertanto , che eli uomini amanti  generalmente più del diletto che delf ifhuzione , foglion  trattenerli più fulle cognizioni apparenti perchè piùfii-  cili e perchè apprefe , che fulle reali perchè non ap-  prefe , e perchè foticofe ad apprenderli ( <» ) , ond’ è  che il più frequentemente ufino 1’ eloquenza fu quelle  cognizioni , applicandola ben di rado a quelle \b)   Ma ciò non teglie che non poflà effa a quelle appli-  carli , e che non vi fi applichi talvolta effettivamen-  te. Anzi quello fa, che l’eloquenza medefima coll’ef-  fer nel primo cafo più comune , Ila altresì più appa-  rente ed equivoca, e in tal guila perigliofa come s’ è  detto ; quando nel fecondo coll’ elfere men comune ,  fi rende più ficura e reale , e con ciò giovevole ,  prendendo il diletto che ne proviene ognor tempera e  qualità, dall’iUruzione e dalla cognizione apparente o  reale che lo precede. Così uno fpirito altiero e ambi-  ziofo, potrà tirarfi dietro un popolo di fpenfierati, e  -condurli per le verità apparenti all’incredulità, e quin-  di alla fchiavitù , alle difeordie , alle guerre , e alla  povertà che ne derivano , e ciò con tanto più di  veemenza, quanto in lui fìa maggiore f arte del di-  re (c)'. E dall’altra parte può un tìlofofo più fenfato (e)  colie verità reali , perfuadere i più rideliìvi ' per quan-  ti ve    Digitized by Google     Xcvi ^   CAP.XVIII. ti ve n’ànno, alla religione non finta, e con ciò alla  libertà , alla concordia , alla pace e alla felicità che  pur ne confe^uono, con tanto più iiledamcnte di for-  za e di grazia , quanto in lui v’abbia più di facon-  dia. £ la prima eloquenza farà indubitatamente futile  e dannosa , eflendo quell’ altra più utile e reale , giac-  ché in eflètto ogni apparente termina in reale , per  la 'natura che non devia mai da quello , per quan-  to gli uomini fi lafcino sbalordire da quello . Ond’ è  che (ebbene quel primo cafo (ìa il più frequente in  pratica umana , rella nondimeno e^o fempre tolto  (é)C.XIJIji.2.per lo fecondo ( « ) , o per la pratica della natu-  ra , eh’ è la più vera , perchè pratica infieme e  teorica , di quanto a.v viene nel corfo generai delle  cofe .   IH. S’arroge, che la detta dillinzione xkll’ idruzio-  nc dal diletto che procede dalla favella ( è ) , non è  poi tale , che 1’ un di quedi s’ efcluda per 1’ altro ,  o che abbian perciò f arti dilettevoli a non efler  idruttive , e le idruttive non dilettevoli . Percioc-  ché aU’ incontro può ancor dirli , che 1 ’ idruzione  deda non vada difgiunta dal diletto , ancorché que-  do proceda non dalla favella , ma dalla verità per eflà  avvertita ed intefa , il qual diletto così é compa-  gno e contemporaneo all’ idruzione medefima , quan-  do r altro che procede dalla favella , confegue 1’  (») C.XVIll. irruzione ( c ) , e non mai 1 ’ accompagna , e mol-  ”* to men la precede . E fi dirà idedanaente , qud di-   letto eder di quedo molto maggiore , mafdine in ri-  guardo alle verità reali , come quello che li dende all’  intelletto, quando quello della favella (i porta all’im-  (J) C.XV. U.4. maginazione , e talvolta s’ arreda all’ orecchio ( d ) .   Certo é che il diletto d’ un geometra nel concepire  una verità , fupera di gran lunga quello d’ un Ora-  tore nelteder l’elogio, o nel commendar legeda d’un  eroe , come lo fupera eziandio quello di quedo eroe  ncH’efequir quelle geda, quand’ ei pur le efequifea ;   c quat-    Digitized by Google     xcvii ^5-   e quattro linee di Euclide con illruire piit di dieci CAP-XVIII.  orazioni di Cicerone, dilettano altresì più di quelle ,  che ben fovente dilettano con inganno . Per que-  llo i precetti fondamentali , e le regole generali di  morale, di giurifprudenca , e tali altre verità, per quan-  to fono reali e geometriche (■>) , dilettano coll’ illru- 1«)  zione tanto a’ dì noUri, quanto a mill’anni innanzi ;  vale a dire con diletto più fenfato e durevole . Laddo-  ve i lìmboli di Pitagora , i fogni di Platone , le mi-  nuzie d’ Omero, che a’ lor tempi rapivano gli animi,  col diletto per avventura fugace della fola elocuzione ;  al prefente o non lì comprendono, o non apportan di-  letto , quando ciò non folTe in riguardo lòlo a chi •  avelTe l’abilità, di formarfene uno della loro antichità  medelima.   IV. Le lingue dunque finché fi trattengono nell’  ufficio d’ illruire , ancorché non dilettino per fe llef-  fe , dilettano per le verità, delle quali ilhuifcono ;  e le s’ avanzano a dilettar per fe Ireire , ciò non é,  che per figurar alla mente con colori più vivi le ve-  rità medefime per efle apprefe , e ciò con eloquen-  za frivola e vana , fe le verità fon comuni e volga-  ri, e con eloquenza robulla creale, fe le verità fon pur  reali e fuor d’ ogni inganno . Verbigrazia s’ io dirò :   „ La Luna coll’ attrar più la fuperficie convelTà che  „ il centro , e più il centro che la fuperficie conca-  „ va più dillante della terra , alza la parte acquola  „ che più cede, filila falda che men cede nell’ una e  „ nell’ altra fuperficie di elTa ; ond’ é che quelle due  „ elevazioni d’ acque comparifcono tulle llabili ripe,   „ al paflàr d’ ella Luna per Io punto fuperiore e in-  „ feriore del meridiano di ciafcun luogo terrelhe * Io  con ciò non farò, che dilettar l’intelletto colla illni-  zione men comune , ma più vera che polla darli  del fiulTo del mare , fenza punto dilettarlo per la fa-  vella, per cui Cia efpolla quell’ illruzione , non poten-  do ella efportì per termini più femplici e più pre-   N cili.    Digitized.by Google    XCVIII ^   CAP.XVIII, • Che fe dopo aver dilettato T intelletto con quc*  Ha iftruzione, dirò come in quel terzetto :   Sai perché fale alternamente , e fcende   Il mar , che a Cintia che fi /pecchia in ejfo ,  Innamorato in fen fi /pigne e tende ;   allora palTerò di più a dilettar l’ intelletto medefimo  coir eipreflìone ancor d’ eloquenza fu quell’ iHruzio-  ne , tralportandolo dalle immagini proprie di Luna ,  di mare , di attrazione , alle figurate e fimboUche di  Cintia, di fpecchio , d’amore, per le quali quella ve-  rità già conofciuta, fe gli prefenta con più di novità  e di vaghezza ; e ficcome quell’ iftruzione è miglio-  re febben men comune, cosi quella eloquenza che la  confegue , può appellarfì migliore . Ma fe in luogo  di tutto quello , fupponendo 1’ uditor pure iftrutto  di qualcuna di quelle più volgari dottrine , per le qua-  li iogliono. più comunemente fpiegarfi le maree , io  prendelfi ad ornarla con immagini fimilmente trasla-  te, con figure rettoriche, e con efprellìoni enfatiche ;  potrei pur con ciò dilettarlo, defcrivendo un cieco tur-  bine interno, una prelfìon d’aria verticale, una im-  prelfion di vento orientale ellerno , o fimil altra opi-  nione folita fpacciarlì a quello propofito , delle qua-  li tutte vien detto , che mal loddisfatto un filofofo  dell’ antichità, prendelTe la rifoluzione di gettarli in  mare , dichiarando elfer giudo che folTe da quello ca-  pito, chi non potea quello capire- Comechè però ta-  li opinioni , per elTer più facili e più comuni , fon  meno efatte e peggiori ; così la eloquenza fu clTe  che le confeguilfe , farebbe imperfetta, o farebbe un  inutile vaniloquio.   V. Il diletto dunque che proviene dall’ eloquenza ,  può confeguire le cognizioni tanto apparenti e co-  muni , quanto reali e meno comuni , e per quello  ilelTo di elTer ogni eloquenza confecutiva all’ illruzio-   ne.    Digitized by Google    »   XCIX   Bc , chiunque afpira al diletto d’ efla migliore, dee CAPJtVlII.  prevenirlo per la migliore irruzione corril'pondente ,  e per le verità non quai fon conofeiute dal popolo,  ma quai fono in fe ftede, mentre quel diletto confe-  guendo la irruzione fuperfìciale del popolo , non po-  trà appunto elTcre che fuperficiale, e talvolta efimero  e menzognero, come nel cafo degli equivoci , de’ fo-  firmi , degli enimmi , de’ paralogifmi , e degli altri  prodigi cosi detti dell’ eloquenza > Per la qual cofa ,  che i poeti dilettino più cogli argomenti quai fono  apprefi popolarmente , s’ è detto ciò eflTere in riguar-  do al popolo , al quale più frequentemente favella-  no (/r). E fi aggiunge ora ciò elTere ancor con in- (d) C.XVll.  ganno , in. quanto quel diletto che confegue 1’ idru-  zinne peggiore, è ingannevole , e non v’à diletto di  eloquenza reale , che quel che confegue pur l’ irru-  zione vera e reale {b)^ Dacché s’apprende, perchè 1’ {b) C. XVIIL  eloquenza , e generalmente 1’ arti di diletto più co-  moni , rade volte appaghino le genti di miglior fen-  no , e perchè gli fciocchi fieri ne refiino cosi toflo  annoiati per elTer quelle in confeguenza .della irru-  zione peggiore , che foggetta ad inganno, non può  dilettare che con inganno, e quero non avvertito an-  cora , non può a meno di non generar noja e fpia-  cere. Quindi è che agli fpettacoli, alle fere , ai con-  viti , e a ogni fpecie infomma di divertimenti comuni  nobili e ignobili, è d’uopo dar fempre nuove forme,   Q uando ancor del tutto non fì cangino in altri, fenza  i che ogni fpecie di popolo alto e bafTo' ne reda  rucco e ammorbato. L’ uomo è fatto dall’autore del-  la natura per l’ irruzione inreme e pel diletto reale ,  ad onta, de’ fuoi fenH che lo incantano full’ apparen-  te ; come H convince da ciò ,. che l’ irruzione allor  più. diletta , quando è più diligente ed efatta ; prova   J |uefla. evidente della fuperiorità, e immortalità del i   uo intendimento fopra tutte le cofe mortali (<■).(#) c.hu.j^  Laonde s’ ei fi lafcia trafporur dal diletto apparente   Ni fea-    Digitized by Google    -5^c   CAPJCVIII. fcnza iftrurione , o coll’ irruzione priore , non pnò  alfin ciò riufcire che a Aio rincrefcimento , e con fu»  naturai ripugnanza. L'oAinarfi poi a contraAar quel  reale con quello apparente, è come contrallar il cor*  fo del Sole con un tiro di cannone , o penfar di  dillnigger la natura in sè Aeflb , come fi dillruggono   J uattro poveri ingannati , che A difendono in una  iazza .   CAP. XIX. QE piaccia applicare il detto finora folle cognizioni  Delle tradu- O umane, e Alile lingue per le quali s’efprimono, alle  zioaidall’uoa traduzioni dell’ opere d’ingegno ferine dalP una all’ altra  all’ altra fa- favella, èda avvertirfi, eh’ elTendo le lingue intele oa  velia. iAruire nelle cognizioni reali, o a dilettare colle appa-  (a}CJC/Kn.i. tenti (a), il trafporto delle cognizioni dall’ una all’altra  lingua potrà agevolmente riufcire, quanto al primo ca-  po dell’iAruzione reale ; perciocché non richiedendoA  a ciò che un’ efprellìone d’oggetti per li termini lor  più proprj e precifi , queAi in ciafeuna lingua fono de-  terminati, o efprimon gli oggetti colla precilìone me-  defìma , eh’ è una per tutti i luoghi e per tutte le lin-  gue. Laonde baderà a queAo effetto, che il tradutto-  re ben intefo del fentimento dell’ autore , e iArutto  per pratica de’ termini precifì d’ ambe le lingue , fo-  Aituifca gli uni agli altri di quelli , con quella coAro-  , zìone o difpoAzione che a lui fembri piò naturale nel-   la Aia lingua ; coB' che egli iAruirà così bene in que-  Aa , come 1’ autore nella lingua Aia originale . Ma  quanto al fecondo capo di dilettare colle cognizioni  apparenti , poiché il diletto delie lingue proviene da  Amilitudini, alluAoni , e altre immagini d’oggetti an-  co traslate , queAe in ciafeuna lingua fon più o men  naturali, più o men giudiciofe o ingegnofe, a norma  degli oggetti Aedi , eh’ eAendo conAmili , Aan più o  meno diverA , e a combinar i quali Aa una nazione  piùo meno familiarizzata. E pertanto trafportate quel-  le iminagiai per foAituzione di termini come fopra,   dall’    Digitized by Google    ■i’ CI ^   dall’ una favella , debbono perder di molto della lor gra- CAP. XIX.  zia, e della lor forza nell’altra. In effetto, quelladif-  ferenza che nelle combinazioni d’ immagini proprie , e  molto più traslate , s’ è oflervato paflàre fra perfo-  ne di varie condizioni in una fteffa nazione (a)j non (a)C.n.n,i.  v’à dubbio che non abbia a renderfi vieppiù notabile  fra perfime di varie nazioni e lingue, i cui coflumi ,  profeflìoni , e'modi altri efierni , per impreflìoni più o  men forti e frequenti di oggetti diverfi benché confi-  mili, fon più rilevanti , non fol fra ciafcuni in fpe^  eie , ma fra tutti eziandio generalmente ; procedendo  da ciò un fìgnifìcato più o men eliefo ne’ termini del-  le lingue, per efprimer gli oggetti fterti o confimili ,  che fi direbbe tanto più efiefo nelle lingue diverfe ,  quanto quella diverfità fuperaffe quella dei diverfi dia-  letti in una lingua medefima.   II. Egli è certo, da quella diverfità di oggetti con-  fimili nelle varie nazioni , derivar le diverie indoli ,  fpiriti, e umori nazionali, come pur le diverfe indoli  e fpiriti cosi detti delle lingue. Concioflìachè ficcome  le piante, gli animali, i minerali di qualfivoglia fpe-  cie , e gli uomini flefli nel lor materiale, ancorché  confimili, fon pur diverfi in ciafcuni climi (6) per (4) C. T. ». j--  tcflìtura di parti più dure o più elafliche , più denfe  o più rare, più fragili o più compatte; all’ ifleflo mo-  do il fignificato delle voci , colle quali efprimer tutto-  ciò nelle lingue , è più o meno eflefo , e le voci fleffe  più afpre o più dolci, più rifonanti o più molli, più  acute o più ottufe . Ciò eh’ é ben noto ai viaggiatori ,  che vaghi d’ invefligar una tal varietà, feorrono da"^  dima a clima e da nazione a nazione ; e un Inglefe  che per tal fuo capriccio muova da Londra all’ Egit-  to, o un Affricano che per fua difperazione fia tratto  da Algeri in America , non troverà minor difparità  fra i fuoi coflumt e i coflumi egizj o americani , di  quella che trovi fra le maniere diverfe di efprimerli  lotto ciafcuni di quelli climi (c), rimanendo ciafeun (r)C.Jff.   dei    I    Digitized b*CoogIe    cn ?§.   CAP^ XIX^ dei due allettato più, come delle fue die delle altrui  immaginazioni e collumi ^ cosi de’ Tuoi che degli al-  trui modi di efprimerli; non per altro che per la di-  verfìtà degli oggetti e voci corrifpondenti ai quali le  refpettive lor menti fìan più afluefatte ed avvezze .  Per efler dunque la verità delle cofe reale una, ed in-  variabile dappertutto, e per elTer le maniere di appren-  derla e di dilettare con elTa moldplici e innumerabili ,  faran le lingue tutte del pari, qualor lì tratti d'idrui-  re nelle verità reali, ma faran fra elTe diverfe, qualor  fi tratti di dilettare culle apparenti ,. elfendo general-  mente elle illituite non per quel fulo udìcio , ina an-  cora per quello, e non per tutti in tutte le nazioni ,  ma per ciafcuni in ciafcune.   111. La copia e moltiplicità di termini in una lin-  gua al paragone dell’altra, è un indizio di tutto que-  fio , e di quanto una lingua polla dilettar più d’ un’  altra ; per provenire quella moltiplicità dalla maggior  quantità d’immagini, colle quali efprime ciafcuna gli  oggetti llein o conlìmili; non introducendofi una nuo-  va voce in una lingua, che per introdurvi una nuova  immagine, o per dividere e appellar per due voci le  immagini , che prima s’ appellavan per una . Per la  qual cofa la lingua più ricca di voci, farà più capace  d’ immagini divife o traslate , per elprimere la lidia  quantità d’ oggetti, e per dilettare con elTi ; percioc-  ché fe un oggetto ftelTo o conlimile vorrà efprimerli  per due lingue, lì dovrà per la più povera di voci ap-  pellarlo talor per la voce, che folle pur propria d’un  altro ; laddove colla più ricca appellando 1’ uno e l’  altro con voci diverfe , coll’ applicar poi a quello la  voce propria di quello, e viceverfa , u viene a efpri-  merli entrambi per traslati e figuratamente. Percfem-  pio un Inglefe appellando propriamente un furbo e un  fervo per la llelTa voce Knave^ non può per queAo  capo indur analogia veruna fra quelle due perfone; e  l’ Italiana appellando ciafcun di quefti con quelle   voci    Digitized by Google    CHI ^   ‘ voci proprie diverfe, collo ftender poi all’ uno la vo- cAP. XIX.  ce propria dell’ altro , riefce ad appellarli tutt’ a due  allufivamente , e a fignificame i caratteri , quando oc*  corra , con più di forza e con più di vivezza . Con  tal fondamento ei parrebbe, che numerandoli nella fa*  velia italiana da 38000. termini o voci , e non nu*  merandofene nella inglefe che da zdooo., deflunti gli  uni e gli altri proflimamente , e colla Udrà regola  dai più comuni refpettivi Dizionari ; la prima favella  fuperalTe la feconda per capacità di alluuoni, e d’im*  magini traslate, in ragione di ip.aiz., eche di tan-  to più potefle quella fopra di quella dilettare nell* ope-  re a ingegno fcritte.   IV. Ma fopra tutto è cofa mirabile TolTervare, co*  me dalla detta diverfa ellenlion di lignificato ne’ ter-  mini delle lingue, e dal grado impercettibile d’elTa,  con cui li palla dall’uno all’altro oggetto, unitamen-  te a non li là dir quale collocazione dei termini llef-  fi, dipende quella inefplicabile forza, armonia, e gra-  zia di Jiiley che nelle produzioni d’ingegno rapifcegli  animi , e fa bene fpello il più bello e il più dilette-  vole di elTe ; lieve così , che sfugge molte volte il fen-  fo dei nazionali medefimi , e che i forellieri cerumen-  te non aggiungon giammai . Io non ò trovato oltra-  montano , per illudiofo che folle della lingua italia-  na , che rilevalTe differenza veruna jIì flile infra il So-  netto per efempio del Cafa fopra la gelofìa , e quel-  lo d’ogni altro comune fiudente di rettorica che imi-  talfe quello poeta , e non folfe difpoHo a giudicar il  primo del fecondo autore , e il fecondo del primo ,  quando ciò gli folfe flato dato ad intendere . Le bel-  lezze altresì che trovano i forellieri nello flile del Pe-  trarca , di Dante , del Talfo , fon diverfe da quelle  che vi riconofcono gli italiani , e la novella di Gio-  condo, dilettando del par gli uni e gli altri per I’ in-  venzione ; per le grazie dello flile , e per l’ efficacia  dell’ elocuzione , non diletterà mai tanto un francele   come    Digitized by Google    CAP. XIX. come un italiano nell’ Ariofto , nè mai tanto un ita-  liano come un francefe nel Fonténe. Ciò che fa, che  di via ordinaria , chi giudica dell’ opere d’ ingegno  d’ altra lingua e d’ altro tempo , s’ attacchi ai di-  fetti che Hanno in elle dalla parte del fentimento ,  del quale è giudice ognuno , come di cofa di tutte  le lingue e di tutti gl’ intendimenti , fenza badare  che Hando al diletto dell’ efpreiEone , quello sfuggen-  do un tempo e un luogo, fpazia molto bene in un  (a) C.XVllI. altro, rilevando talvolta fui fentimento medefuno («).  i’ Così i! moto verbigrazia della terra per T annua fua   paralade colle Helle fìlTe, che n’ è la cagione di tut-  ti i luoghi e di tutti i tempi , può comprenderfì da  ognuno del pari, fiaper la propria, fia per l'altrui fa-  vella ; quando il Capitolo dei Lorenzini fulla ven-  detta , o fimil altro tratto di poefia italiana , il cui  pregio confida nella fola collocazione, cnfafi , dite ,  e fignifìcato di voci , per cui dipingere all’ immagina-  zione le padloni umane , non farà mai da neduno  cosi ben rilevato, come dall’ italiano , per eder tut-  to ciò diverlb in ciafcuna lingua, e in ciafcuna na-  zione .   V. Egli è dunque vero , che trattandofi di tradu-  zioni d’ opere d’ ingegno fcritte dall’ una all’ altra  favella , non potran quede mai riufcire quanto al di-  letto della favella deda, o qualora il traduttore adu-  ma di dilettare coll’efprcdìoni del fuo autore, trafpor-  tate nella propria lingua . Quedo nondimeno è quel che  .volgarmente fuol farli, ed è queda la ragione, per cui  le traduzioni quand’anche idruifcano ugualmente che  gli originali , dilettan Tempre meno di quelli , e rie-  fcono per quedo capo quanto inutili per chi intende  ambe le lingue , tanto imperfette per chi non ne in-  tende che una . E ciò allor più , quando nell’ opere  tradotte , il diletto della favella prevale alla dottrina  deir idruzione, come nelle novelle, ne’ romanzi , nel-  le produzioni teatrali , poetiche , e fìmili altre , più    Digitized by Google    ^cv   di fpirito che di fentimento . II pretender di dilettare CAP.' XIxT  per fodituzioni grammaticali di termini d’ una lingua  a quelli d’ un* altra, come nel cafo fuddetto d’ idrui*  re \a)y è una vanità , Amile a quella di chi credef-  fé dì meglio ricopiare un ritratto originale, con fo-  prapporvi i Tuoi colori , cuoprendone cosi e confon-  dendone le tinte , e cangiando il quadro in un ma-  fcherone , o in un empiadro . S’ aggiunge trattandoli  di poefia , che il numero , 1’ accento , la rima , e 1’  altre condizioni, per le quali il diletto dell’ eloquen-  za rileva moltidimo , e che dipendono dall’ armonia  che palTa all’intelletto per le vìe dell’udito (^), fono if>)C.XF.n.^  del tutto imponibili a tral^rtarfì dall’ una all’ altra  iàvella ; e che fìccome la mulica italiana può farfì udi-  re in Francia, e la francefe in Italia, ciafcuna nel fuo  carattere, ma non è podibile tradurre la mufica verbi-  grazia del Sig. Gallupi in quella di Monsù Ramò;  all’ ideflb modo non è podibile per quedo capo, tra-  durre r una nell’ altra poelia . E il miglior poe-  ta comico italiano de’ nodri tempi , potrà darfene  in Francia per padar quivi meglio i fuoi giorni ,  ma non giammai perchè il fuo talento comico da così  ben rilevato in Parigi, nella lingua francefe non fua,  come il fu già in Venezia , nel dialetto fuo vene-  ziano .   VI. Da ciò A conclude , che non potendo il tra-  duttore nella nuova lingua dilettare colrefpredìoni del-  la originale, non gli rederà dunque per tradurre ben  che dilettar coll’ efpredioni della propria ; inguifachè  impodedatoA lui del fentimento dell’autore per idrui-  re com’ edo , lo efponga poi con quei colori di di-  le, e con quelle fraA d’eloquenza, che nella fua lio-  eua fon più vive e più forti, per dedare il piacere,  n terrore , la tenerezza , la compadìone, e gli altri  affetti , quai più occorredero . £i dee Agurarn d’ ef-  fere autore , per non isAgurare il fuo autore , e lafciar  a lui l’arte di dileture colla fua Angua, per dilettar   O ci    Digitized by Google    evi   CAP. XIX. €» colla propria ; e alTumendo le dottrine e le imma*  gini di quello, efprimer 1’ une e rapprefentar 1’ al*  tre, coi colori della fua lingua e poelia che meglio  conofee , e non con quei dell’ altra lingua e poefia , che  non potrebbe mai cosi bene conofeere . In altra gui*  fa gli riulcirebbe bensì di privar la Tua traduzione del  diletto , che potefle provenirle nella propria lingua , ma  non mai di venirla del diletto, che 1’ animala nell*  altra . L’ indizio poi per cui ravvifare , s’ ei fi fia nel  tradurre comportato con quelle regole , farà fol que*  fio , di piacer tanto la fua traduzione a quei della lin*  gua tradotta , quanto T originale a quei della lingua  originale, o di poter quella palTar per opera così ori*  ginale fra quelli, come 1’ originale medefimo pafia per  ule fra quelli.   CAP. XX. "p Accogliendo ora le principali verità efpofte di fo-  Epilogo, e pra, fi apprenderà facilmente , una di quefie  CoDcluCone . efl'er quella , di dover difiinguerfi fra le cognizioni  umane le apparenti , e le reali (a). Perciocché io  non ò già pretefo per quanto ò qui fcritto , di per*  fuadere gli uomini a governarli col folo reai delle co*  fe , e di difiruggere infra lor 1’ apparente del tutto ,  come potrebbe alcun lòfpettare. Ciò faria fiato come  voler perfuaderli a lafciar le vie piò facili e pronte di  governarfi, per appigliarfi alle piò lontane e difficili ,  e ad abbandonar quegli alietumenti de’fenfi,dai quai  dipende tutto quel commercio di pafiioni , di pende*  ri , e di azioni grandi e luminofe , per cui pia*  cevolmente fufiifiono ; cofa che non s’ è mai otte-  nuta , e che in confeguenza non è da fperarfi che s’  ottenga giammai. Al contrario di ciò , mio difegno  è fiato fol quello , di didngannare gli uomini fu  quello apparente mededmo , e di rapprefentarlo loro  per quello eh’ egli è ( i ) , avvertendoli che oltre a  quello , per cui fogliono elfi governarfi , v' à nelle  cofe un reale, per cui li governa irredllibilmente na-  tura ,    Digitized by Google     "3^ cvii   *4”’ » ® ® riferire 1’ uno all’ altro c A P. XX.   di quedi , dipende quella felicità, di cui fon tanto  anfiofi e foJlecitt , o quella infelicità , per cui alzan-  si trilli e si fpein lamenti . E ia vero non potendo  gli uomini acquillar cognizioni che per mezzo de'fen-  ii (a) , e non^ iflendendofi quelli che alla fuperficie {a)C,XILn. 2 ^  apparente degli oggetti , le cognizioni loro fu quelli  non pollono al primo tratto effere, che fuperficiali e  apparenti. Vero è che oltre ai fenfi, fon eglin dotati  dalla natura eziandio d’ un intelletto , per cui con-  frontando giuHamente fra loro quegli oggetti inferiori  ed ellerni , arguir le verità fu elH piu fublimi ed  interne , e farfi cosi dal vifibile degli oggetti crea-  ti , all’ invifibile di Dio eterno e increato . Ma efi-  gendofi a ciò certa allrazione dai fenfi medefimi, da  non praticarfi che con ripugnanza, per l’amor pro-  prio che tiene a quelle apparenze fortemente attac-  cati/ non è poi llupore , le gli uomini di via ordi-  naria s’ arredano fulle prime imprclTìoni , e fe paghi  dell’intereire proprio per quelle, non elaminanpoi, fe  quedo concordi o non concordi col comune degli al-  tri, o colla ragione reale di tutti (i). Una fimil pi. (i) C.T,  grizia in edi e tanto più fcufabile , quanto le appa-  renze medelìme non fon fallaci per sè , ma per fola  mancanza di ridedìone , poda la quale, fi rendono  elTe dede il reai delle cofe . £ oltre ciò i difordini che  quindi ne feguono , facendo ben todo accorti gli uo-  mini de’ loro inganni dopo edervi incorfi , fan si che  fe ne correggano (c) , c conofcano quegli errori che (0 *•?*   potean prevenire, ma che non àn prevenuto, ciò che  non è altro che condurli idedamente dall’ apparente al  reale, benché proprio mal grado, a che riguarda quel  detto popolare , che la necedità , o le angudie alle  quali li conducono gli uomini da sè dedi , infegnan  gran cofe .   II. Un’ altra verità dedotta dalle cofe fuddette è  pur queda , che le dette cognizioni reali , alle quali   O z con-    Digitized by Google    CVIII ^   CApTxxT" conducono le apparenti , non fon poi tanto fcono-  Ibiute ed ignote , nè da ^efte tanto diverfe , quan-  to raflembrano , e eh’ eifendo anzi quelle inufita-  te nella pratica edema , nel fentUnento e nella pra-  tica interna , fon più note e paleft di quede . Lo  che fi comprova non fòlo per quella coinpadione e  quel ridicolo, che s’ è odervato cadere sì di frequen-  te Tulle azioni c debolezze altrui {a)\ ma per quella  circofpezione ancora , e dudio d’ ognuno di occultare  le verità , o di prefentarle e palliarle ad altri con co-  lori alterati , e talvolta mentiti da quel che fi cono-  fcono . Perciocché in ed'etto ciò non è , che tacere il  reai delle cole che più fi lènte e s’ approva , per re-  golarci cogli altri per 1’ apparente, che 11 lente e s*  approva meno , amando meglio adulare e lufingare  col facile, che illuminar col mdìcile , e infadidir sà  dedi con tacer quel reale , più todo che offendere o  turbar altri con lor palefarlo . E ciò non ]xr altro ,  che per conciliare una pari condifeendenza d’altri ver-  fo di sè medefìmi , contenti cosi gli uomini con sì.  bel garbo, quafi d’ingannarfi a gara a chi fa far me-  glio , e di convenzione comune . Effendo poi queda  più o meno la pratica univerfale , il reai delle cofe  non è dunque così arcano e incredibile, come è cre-  duto, ed è anzi più noto ed approvato dell’ apparen-  te, ancorché fimulato quello, e adombrato nelle azio-  ni comuni ederae. E s’odervi, come queda fi mulazio-  ne delle verità reali conofeiute in occulto , è poi al-  tresì fmentita elfa deda io palele da ognuno , allor  eh’ ei dichiara ad alta voce , che le cognizioni uma-  ne fon tutte incerte e fallaci , e che gli uomini fon  foggetti tutti a sbagli e a illufioni , alle quali efpref-  fioni tutti fan eco ed applaufo ; ciò che propriamente  é un vero accordarli da tutti, che febbene gli uomini  fi regolino per P apparente, per cui s’ingannano, ten-  gono nondimeno mi mente e in cuore un reale , per  cui alla line del conto, puc ad onta loro li difìnganna-   no.    Digitized by Google    ^CIX   no. Ed è eofa maravigliofa , come fu lecito ad ognu> CAP. XX.  no di dichiarare impunemente e con lode , che fian  gli uomini in genere deboli, lufinghieri , e ad errore  foggetti; e non ardifca poi alcuno di far la ileda di-  chiarazione ad un altro, di quello fteflo in ifpecie ,  anzi fia quella creduta cofa villana e indifcreta . L*  ignoranza dunque delle verità reali è polla non già  nel non conofcerle , ma nel (ìmularle ad altri per le  apparenti j mercecchè d’ altronde fe tutti conofco-  no , le cognizioni umane elTer generalmente fallaci,  in quella conofcenza medefima additano molto be-  ne, le reali eHer loro pur note , e a qualche mo-  do non (on più nell’ inganno , rollo che conofcono  d’ eflTervi .   III. Quindi fi prefenta f altra verità pur avvertita,  la qual è, che fe gli uomini prendono errore nel re-  golarfi per cognizioni apparenti , fenza badare fe con-  vengano o non convengano quelle colle reali , il pren-  dono molto maggiore, quando condotti perciò in un  pelago di contraddizioni e d’implicanze, dal qual non  fan come ufcirne , e per ufcire dal quale fon indi  allretti a ingannarli , a tradirfi , a combatterfi inlie-  me con quella ferie di calamità, delle quali non cef-  fano di lagnarfi , fi volgono a imputar tutto quello  alla natura , o ai grande autore di ella (a); quando («}C.Z//7.n.a»  ò indubitato doverli tutto ciò afcrivere aHa loro pi-  grizia , per cui non curano di proceder dall’ apparen-  te al reai delle cofe , e s’ arredano alle prime im»   S rdfioni degli oggetti edemi a loro favore, fenza ba-  are fe con ciò ìiano giudi o ingiudi cogli altri . E  in vero che gli uomini per certa inerzia e condifcen-  denza, prefertfcano di adularfi e di accarezzarfi in-  fieme con vide di ambizione, di fado, e di altre ve-  rità apparenti, in luogo d’ iltuminarfi colle reali, te-  mendo ancora per quede di od'endere o conturbare i  più inclinati a quelle ; può ciò palfarfi ( benché con  poco onore dell’ umana ragione ), purché ne’ mali che   O 3 con    Digitized by Google     'Òt ex ^   CAP. XX. con ciò s’adunano intorno , fi compatifeano e fi di-  fendan fra loro . Quello infatti è ciò che avviene di  via ordinaria, e ben fel vede ogni più faggio ed at-  tento , nel quale eccita ancor tenerezza il vedere co-  me quelli poveri fpenlìerati , poiché fon caduti per  inavvertenza negl’ inganni più vergognofi , fatti indi  accorti di quelli per li difordini che ne confeguono ,  accorrano ad alfillerfi per ufeirne , a compatirli , e a  prellarfi foccorfo gli uni agii altri, comprovando cosi  a elTervi incorfi quafi di confenfo uniforme. Fin qui li  mollrano elfi di un carattere timido e incauto , ma  buono almeno e fincero. Ma che poi vi fian di quel-  li , i quali degli errori e de’ mali che s’ attirano fo-  pra per loro pufillanimità e miferia di fpirito , accu-  fino la natura , quando quella con ingenuo candore  fuggerifee loro, che oltre all’ apparente v’ à negli og-  getti un reale , cui va quello riferito , al qual fi-  ne oltre ai fenfi , per cut apprender gli oggetti , dà  altresì un intelletto , per cui confrontarli ; quella non  può negarfi che non fia la cecità r e la llolidezza  maggiore .   IV. PalTando poi al propofìto delle lingue , la ve-  rità più conliderabile avvertita di fopra in ordine ad  elTe e, che quantunque fian quelle dellinate a rappre-  fentare ad altri , e a efprimere gli oggetti e le cogni-  zioni per quelli apprefe ; non fon però così atte a far  quello, come il fembrano a prima villa (//) ; e eh*  elTcndo anzi elTe imperfette per efprimer le cognizioni  reali , fervono di fomento per dilatare e dar rifalto al-  (.é)CJCyi.n.u ìe apparenti a efclulìone delle reali medellme (b) .   Cib avviene per mancanza d’ analogia necellària fra le  cofe , e le parole per cui s’efprimono, e fra la diver-  11 tà colla quale s’ apprendono e fi combinano gli og-  getti , e quella colla quale fi proferifeono e fi combi  nan le voci; come altresì fra le foggie, colle quali  cangiano quelli e quelle , che non àn connefilone o  (f) C. XIV. dipendenza necelTaria veruna ì’ une coll’ altre ( c) •   Que-    Digitized by Google    Quefta oflTcrvazione che parrà nuova nell’ enunciarla > c A P. xx7  non n troverà tal nella pratica , fe fi ponga mente  alle tante ^legazioni , coment! , glofe, e interpreta-  zioni che {penb occorrono per i’ intelligenza degli al-  trui penfamcnti fui libri, o fulla lettera di efli, maf-  fime fe fì tratti di leggi, di coftumi, e di azioni an-  tiche cfprefie con lingue perdute. Le quali interpreta-  zioni fan conofcere , che non folo i coiiumi divcrfi  pallati non àn relazione necelTaria conofciuta veruna  cogli (ieflTi prefenti, ma che le lingue pur morte diverfe  non 1’ ànno con una llefla pur viva , e ciò fenza di-  pendenza di ciafcuna di quefle relazioni coll' altra ;  giacché per le flelTi voci antiche fi dedano diverfi , e  talor contrari concepimenti in perfone d’ una lingua  medefìma da quella diverfa, alfiflellb tempo. Quindi  molto più apparifce l’ incapacità delle lingue per det-  tar regole di vita , che fervano a tutti i tempi e i  luoghi , ne’ quali fi cangiano e i coliumi e le lin-  gue ; e come elTendo le azioni , per quanto pajan con-  nmili , ciafcuna diverfa da tutte le altre alio flelTo ,  e molto più a’ tempi diverfi (a) , ciafcuna doveflb (j)C.F/. ».t.  efigere quafi una legge diverfa, o dettata diverfamen-  te , eflcndo invero in^lTibile il comprenderle e re-  golarle tutte, colla fiefia efprefiìone di voci. Certo è,  che nella pratica ancor più fenfata , una legge per  efempio , che non può dettarli dai legislatore che fu  tutti i cafi in afiratto non avvenuti , dee fempre dal  faggio giudice interpretarfi nell’ applicarla ai cafi av-  venuti particolari , cial'cun de’ quali è noto diverfi-  iicare da tutti gli altri per adiacenze, occafioni , cir-  cofianze e motivi che lo accompagnano ; fenza di  che quella legge fi trova fempre al propoli to o rigi-  da o lenta , o mancante o eccefiiva , o facile o le-  verà . E gl’ Inglefi che pa|ono aver fempre del fingo-  lare, col foggettarfi alla lettera materiale delle lor leg-  gi più tolto che al fenfo di efle, non fi fono accorti,  che di uomini ragionevoli eh’ ei fono, fi fon conten-    Digitized by Google    -3^ cxii   CAP. XX. tati di confiderarfi come tanti automi , da muoverfì  per quelle leggi come per molle , a guifa di figure  in un quadro movibile ; operando cosi non per la  ragione lor viva , ma per la morta di alcuni loro  vecchi parlamentar] , non certamente d’ efll più ra<  gionevoli .   V. Finalmente dall’ elTer le lingue più atte a dif-  fonder le cognizioni apparenti che a efpor le reali ,  fi conferma la verità prima fuddetta , che gli uomi-  ni in generale abbiano ad elTer più ricchi di quelle ,  che di quelle cognizioni ; giacché la favella, per cui  s’ avanza 1’ apparente , è infatti più comune della  riflelfione e della meditazione , per cui s’ avanza il   i»)CJCyiM.x. reale (a) . Ciò che conviene col detto ancor popola-  re , che la verità e la virtù fincera Ila nell’ azione  e non nella favella , e che gli uomini più millanta-  tori e loquaci Ibn meno attivi degli altri . Il giu-  dicarli più virtuolì e più faggi , perchè più parlano  di virtù e di faviezza , ognun fa eh’ è un giudicio  dubbio ed equivoco ; e che quando ancora fi verifi-  calle elTo della virtù e faviezza apparente , della rea-  le non potrà verificarli giammai . Del rimanente io  fon certo , che in propofito di quella mia folenne  dillinzione di apparente e di reale , di che ò fatto  qui si grand’ ufo, alcuni avrebbero defiderato, eh’ io  r avelli meglio Specificata , efemplificandola fu fog-  eetti particolari , e tnalTime fu quei che riguardano  la comun fulTillenza e i comuni aflàri , e aflegnan-  do in elfi ciò che fia apparente e ciò che fia reale,  o dillinguendo 1’ uno diair altro . Quello non pote-  va io qui fare, trattando di oggetti , di collumi , e  di cognizioni in genere . Trovo però di averlo fat-  to in altro luogo, ove trattando particolarmente dell'  Economia e del Governo de’ popoli , ò polle molte  propofizioni col titolo di Error$ popolari , che fono  tante verità apparenti , alle quali ne ò contrappollo  altrettante col titolo di ^JJiomi , che non fono che   veri-    Digitized by Google    '-Secxiii ^   errori contrarie, delle quali prò- cap. XX?  pofìzioni un faggio fa ancor veduto da alcuni . Lo  lleflo potrà farfi da ognuno in qualfìvoglia altro par-  ticolare foggetto , che fe gli prefenti alla mente j o  eh’ ei prenda in confìderazìone , fui quale proceden-  do col metodo col quale io fon proceduto in quello,  allora dovrà fempre temere di giudicare per 1’ appa-  rente , quando flando alle prime impredioni de’ (en-  fi , badi al particolare di sè fteflo o d’ alcuni , tra-  feurando il rimanente degli altri ; e allora potrà a(^  ficurarfi di giudicare realmente , quando badando al  particolar di sè (le(To o di alcuni , abbia altresì ri-  guardo al comune di tutti , a fomiglianza di giuda  e imparziale natura (a) . Que(ia amica di tutti, non  tien nelTuni nemici , e non opera mai per uno, che  con relazione all’ univerfale degli uomini e di fe def-  (a ; e il medefimo dee fare chiunque penfi imi-  tarla .    IL fine.    I N-    Digitized by Google    CXIV ^   INDICE   DE’ CAPI.   I. /^Ggetti apprenGbili origini della fiTelIa . pag. i   II. Della fomigliaaza» edifomiglianza degli ogget*   ti appreoGbili. • 5   III. Oggetti come apprefi diverfamente. la   IV. Oggetti come nominati per la fietfa favella .. 14   V. Oggetti come nominati per favelle diverfe. 18   VI. Della diverGtà poflìbile de’ coftumi . za   VII. Della contrarietà impoffibile de’ coftumi. z8   Vili. Coftumi creduti contrai non fono comuni. 34   IX. Delia ftabiliti , e iftabilità de’ coftumi . 41   X. De' coftumi efpreftS per la fteffa favella. 49   XI. De’ coftumi efprefti per favelle diverfe. 54   XII. Delle cognizioni reali, e delle apparenti. do   XIII. Cognizioni apparenti più pratiche delle reali. 67   XIV. Imperfezione della favella fulle cognizioni reali. 73   XV. Imperfezione della favella motivo dell’ eloquenza . 77   XVI. Eloquenza come nociva alle cognizioni reali. 8z   XVII. Deir eloquenza fulle cognizioni apparenti . 88   XVIII. Dell’ eloquenza fulle cognizioni reali. 94   XIX. Delle traduzioni dall’ una all’altra favella 1 100   XX. Epilogo e ConcIuGone .. io6 

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