Grice e Ferri: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale – scuola di Bologna – filosofia bolognese – filosofia emiliana
-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo bolognese. Filosofo emiliano. Filosofo
italiano. Bologna, Emilia. Grice: “I love Ferri; for one, he wrote on Ficino’s
‘dottrina dell’amore,’ which is of course Plato’s – and which I may call the
most complicated philosophical doctrine of love ever conceived!” Insegna a Firenze e Roma. Linceo. Discusse in tre
lettere le “Confessioni di un metafisico” di ROVERE Mamiani ed elabora in tre
memorie le sue concezioni. Pubblica la
“Rivista italiana di filosofia.” La filosofia platonica poggia su due basi:
cioè sulla dottrina dell’idea e sulla dottrina dell'amore. Da esse provengono
le teoria del vero e del bene, l'ordine dialettico e l'ordine morale in ogni
sistema che accolga i principii e il metodo di Platone o della sua
scuola. Ne segue che per conoscere in modo sufficientemente esatto la
dottrina dell’amore di Ficino, non basta di esaminare la sua dottrina delle
idee e dell'intelletto; conviene eziandio studiare i suoi pensieri
sull'amore. Consideriamone adunque con lui la natura, l'oggetto, il fine,
le specie, gli effetti, le attinenze coll'uomo, col mondo e con Dio; osserviamolo
o immaginiamolo, com' egli fa, in se stesso e nei varii ordini degli enti;
seguiamo rapidamente sulle sue traccie la splendore del bello e l'efficacia
dell'amore nell'Antropologia, nella Cosmologia, nella Teologia, cioè
nell'intera enciclopedia filosofica da lui percorsa nel suo Commento al
Simposio platonico. (v. il fascicolo preceden to Conf. La Dottrina dell'amore
secondo Platone, lezione e note, questa
Rivista. Questa esposizione Firenze. Dopo d'allora fu pubblicata da Giovanni.
L'amore generalmente considerato è desiderio del corpo bello, e il bello è una grazia
che risulta da corrispondenza delle parti del corpo o da unità. Questa
corrispondenza delle parti o unità del corpo bello è di tre specie; o è affatto
spirituale e consiste nell'armonia delle virtù interiori dell'animo, o è
percettibile mediante li sensi ed è composto di una forma corporea o di voci.
Dal che segue che il bello, non essendo riferibile se non ai sensi, altra
facoltà e esclusa dal privilegio di conseguir e di goder il bello, e quindi che
l'amore non ha altri strumenti da applicare. Grato è a noi, dice Ficino,
il vero e ottimo costume dell'animo; grata è la speziosa figura del corpo
bello. E perchè queste tre cose, l'animo Università di Palermo un'analisi
accurata del Commento di Ficino sul Simposio platonico. Il lettore la troverà
nelle sue Lezione di Filosofia (Palermo). Di questo Commento che è unito alla
traduzione romana e italiana delle opere di Platone si hanno tre edizioni in
toscano. Due sono del medesimo anno, delle quali una fatta in Venezia senza
nome di stampatore: “Il Commento di Ficino sopra il Convito di Platone e il
esso Convito tradotlo in lingua toscana per BARBARASA da Terni con dedica al
maguifico messer Grimaldi”. Il Convito platonico vi è effettivamente tradotto
in toscano ed unito al Commento. Un'altra è di Firenze, per Neri DORTELATA con
dedica di un Bartoli al Duca Cosimo de' Medici. La terza è pure di Firenze e
dovuta a GIUNTI. Entrambe queste ultime hanno per titolo “Sopra lo Amore ouver
Convito di Platone”. Vi è premessa una dedica di Ficino a Vero, cad Manetti, da
cui risulta che la versione in lingua toscana del Commento edito a Firenze dal
Dortelata e riprodotto dal Giunti è opera propria di Ficino. Le citazioni
fatte in questa esposizione come gli estratti dati nell'appendice sono tolti da
essa. « come a lui accomodate e quasi incorporali di più prezzo « assai
stima che l'altre tre, però è conveniente che egli più avidamente queste
ricerchi, con più ardore abbracci, con più veemenza si maravigli. E questa
grazia di virtù, figura o voce che chiama l'animo a sè e rapisce per mezzo
della ragione, viso e udito, rettamente si chiama il bello (pulchrum, to
kalon). Se si vuole conoscere la vera natura d'amore occorre, secondo Ficino,
formarsi un giusto concetto del suo oggetto. I ragionamenti di Ficino su questo
punto meritano di essere riferiti. Trovandosi il bello nella forma del
corpo bello, è mestieri che il bello sia una essenza comune. Non sarà dunque
corporea, altrimenti non converrebbe agli animi; anzi tanto manca che il bello
possa dirsi corporeo, che il bello da noi ammirato in una ‘forma’ non procede
dalla ‘materia’, ma da un principio diverso ed è esso pure incorporale.
Difatto, il corpo puo perdere il suo bello. Quantunque, la ‘materia’ del corpo
sostanzialmente non cambi, e può conservaro la stessa grandezza o la stessa
piccolezza diventando brutto. La condizione del bello non corrisponde alla
condizione della quantità e dell'estensione. Il bello e le sue vicende non
dipendono punto dalla natura corporea e dai suoi più essenziali
attributi. Nè si dica come fanno alcuni, che il bello è una certa
posizione di tutti i membri del corpo o veramente commisurazione – simmetria --
e proporzione “pro portione” – portio cognate with Greek parao, to divide in
parts --– analogia -- con qualche soavità di colori. [ocr errors]
("). Objectum placitum res piacere Oggetti e piaceri del gusto,
dell'odorato e del tatto relativi alla nutrizione, conservazione e
generazione. Questa opinione non è ammissibile, imperocchè essendo
questa disposizione delle parti solo nell’organismo o cosa o corpo composto, nessuna
cosa semplice sarebbe speciosa. Ma noi veggiamo « i puri colori, i lumi, una
voce, un fulgor d'oro, il candor « dell'argento, la scienza, l'anima, la mente
e Dio, le quali « cose sono semplici, esser belle. (bello naso romano) --. Il
bello pue dunque esser in un composto, ma non s'anifica col composto, può
essere nella pro-porzione, ma non s'identifica con essa. Avviene che stando
ferma la medesima proporzione e misura della membra, un corpo non piace quanto
prima. Certamente oggi nel corpo bello è la figura medesima che l'anno passato
e non la medesima “grazia” – non genera il medisimo gratitudo -- Nessuna
cosa più tardi invecchia che la figura, nesssuna più tosto invecchia che la
grazia. E per questo è manifesto non essere tutt'uno figura e il pulcro. E
ancora spesso veggiamo essere in alcuno più retta disposizione di una parte e
misura che in un altro; l'altro nondimeno non sappiamo per che cagione si
giudica più “formoso” e più ardentemente si ama. E questo ci ammonisce che
dobbiamo stimare la forma bella essere
qualche altra cosa, oltre alla disposizione de' membri. La medesima ragione ci
ammae stra che noi non sospettiamo il pulcro essere soavità di colori: perchè
spesse volte il colore in Socrate è « più chiaro, e in un giovane Alcibidiade è
maggior grazia. E negli uguali di età alcuna volta accade che quello che
supera l'altro di colore è superato di grazia e di bellezza. Il bello non è
dunque nè mistione di figure e colori, nè proporzione di parti, nè materia, nè
quantità, e quantunque apparisca in un corpo bello, non ne risulta come da sua
causa; il bello si conferma ancora considerando le condizioni del suo conoscimento
nell’amante; imperocchè cid che piace, ciò che desta il senso della grazia è la
specie o immagine dell’amato accolta nell'animo; e questa specie è incorporale
poichè è dentro allo spirito; essa è una similitudine di un corpo bello – una
statua --, non il corpo bello stesso, dal suo concorso o forma proviene il
sentimento estetico di piacere e non dalla materia incapace di conferircelo
fintantochè la sua forma non e posta in relazione con noi mediante li sensi. Infinita
è la differenza fra la piccolezza della pupilla e l'ampiezza del cielo, ma in
un punto solo lo spirito ne accoglie l'immagine e l'ammira. Finalmente mentre
l’istinto corporali si acquietano e soddisfano mediante un determinato
conseguimento del loro fine (l’orgasmo mistico), l'amore è insaziabile, e il
suo andamento ci prova che havvi qualche cosa di superiore al corpo bello e al
finito in lui stesso e nel suo oggetto. Difatto in che guisa si genera
l'amore? In che modo commossi dal bello ne ammiriamo lo splendore? Eccolo.
L'animo porta come impresse nel segreto di sua sostanza le ragioni delle cose;
quivi sono le primitive idea del vero, del bello, dell'onesto, dell' utile: quivi
le cause più profonde di nostro desiderio, le norme universali e spontanee che
guidano il giudizio degli incolti, e formano di verità il senno naturale e
istintivo dell' uomo. Se l'immagine di una persona passando nell' animo
concorda con quella figura dell'uomo che l'animo porta in sè stampata come un
sigillo, subito piace, e come bello si ama. Per a qual cosa accade che
alcuni scontrandosi in noi, subito ci piacciono, benchè « noi non sappiamo la
cagione di tale effetto. Perchè l'animo « impedito dal ministerio del corpo,
non riguarda le forme « che sono per natura dentro a lui, ma per la naturale e
« occulta sconvenienza o convenienza, seguita che la forma della cosa
esteriore, con la immagine sua pulsando la forma della cosa medesima, che è
dipinta nell'animo consuona, e da questa occulta offensione, ovpero
allettamento, 'l'animo commosso, la detta cosa ama. Il bello è dunque
corrispondenza di un corpo alle loro idea, e quella eziandio che risplende nel
corpo bello è un certo atlo di vivacità e di grazia che dipende dal loro
influsso. Poichè ordine. modo e specie, cioè distanza commisurata di parti,
debita grandezza di membri, conveniente qualità di linee e di colori concorrono
ad abbellire la figura umana, quando convengono fra loro e nella unità del suo
tipo, quando concordano con le ragioni di ciascuna parto e con quella del
tutto. L'amore osservato in noi è dunque rivolto a un oggetto intelligibile; il
bello che egli ricerca è cosa spirituale; l'idea, la verità, a cui si riferisce
la sua più profonda inclinazione tende a separarlo dal corpo bello, a
innalzarlo sopra gli enti sensibili, a trasportarlo sulle ali della mente fra
gli oggetti divini e immutabili. Ma che cosa è adunque allora l'ainore in sè,
l'amore come principio di tutti gli amori; è egli dunque un Dio, è egli
perfetto e beato, felice, ricco, virtuoso, bastante a se stesso? Ovyero
continuando a rappresentarlo sotto la forma del mito, dobbiamo figurarcelo,
secondo il Convito di Platone, come un “demone”, cioè sotto la specie di
un ente imperfetto, di un genio tramezzante il divino e l'umano, bello e
brutto, ricco e povero, sapiente e ignorante, felice e infelice, nato dalla
povertà e dall’abbondanza il giorno che i celesti celebravano i natali di Venere?
Ficino ammette l'uno e l'altro concetto, ma dà più importanza al primo che al
secondo e quest'ordine è conforme allo spirito generale del suo sistema. Mentre
Platone nel Convito lasciando l'amore nel punto della sfera del finito che
tocca l'infinito, ne fa soltanto un “demone” che aspira alla perfezione, ma che
non giunge a conseguirla, Ficino, unendo il demiurgo del Timeo all'amore del
convito, ravvisa in lui un demone e un dio, e più spesso il secondo che il
primo, anzi egli attribuisce positivamente l'amore all'essere infinito. Il Dio
del Timeo, che non ha invidia, mentre vuole il mondo perchè ne ama l'idea; il
Dio di Filone e per Ficino il vero Dio, il suo Dio è come quello di Aligheri un
amore infinito che spande la bellezza nell' uni verso. Ma prima di
salire con lui alla regione più alta in cui possa recarsi la filosofia
dell'amore, rimaniamo per qualche tempo ancora in terra e rendiamoci conto
della sua vera natura nell'uomo. A malgrado della tendenza mistica che
distingue tutta la dottrina di Ficino ed era profondamente radicata nelle sue abitudini
e nel suo carattere, a malgrado dell'indirizzo spirituale e religioso che in
tutto il suo commento al Convito platonico egli si sforza di dare all' amore, è
per altro ben costretto di confessare che oltre al desiderio della verità e di
quell bello che si attiene alla mente, un'altra inclinazione l'accompagna, un
altro istinto e un altro fine ne determina nell' uomo le fasi e lo svolgimento.
Cosicchè dopo averlo definito semplicemente “desiderio del bello”, corregge con
Platone l’analissi quando si tratta di applicarla all’amante e ammette che è “appetito
– cupido -- di generare nel subbietto bello, per conservare vita perpetua nelle
cose mortali. Questo è il fine del nostro amore, questo è l'amore degli uomini
viventi in terra. Ne segue che egli pure debba con Socrate distinguere i
due influssi di Venere celeste o urania e di Venere volgare (sub-lunary), dividere
fra esse l'attività umana; le nostre aspirazioni e i nostri bisogni; che debba
attribuire all’amore volgare o sub-lunare la tendenza alla generazione e al
godimento materiale, all'amore celestial il desiderio della contemplazione e
dei piacere virtuoso, e che congiungendo questa doppia direzione dell' amore
con la triplice forma della vita sensibile, attiva e contemplativa di cui
l'uomo è capace, egli ravvisi nell'uva delle due Veneri la causa che ci innalza
dalla voluttà al godimento della virtù e della scienza, nell'altra la cagione
che ci abbassa dalla scienza e dalla virtù al piacere materiale; in quella la
forza che ci fa salire per gli ordini della perfezione, in questa l'impulso che
ci fa discendere i gradi della decadenza morale. Ficino svolge con compiacenza
il concetto di questa opposizione e insiste lungamente sulla superiorità
dell'amore celestiale; il sentimento cho lo guida, la qualità del suo
carattere, l'indole stessa della sua filosofia, i fini che egli si propone scrivendo
dell'amore, gliene ne fanno per così dire una legge. E per fermo nella sua
filosofia lo spirito signoreggia talmente che il corpo (soma) bello diventa una
sua creazione, che l'anima dimora nella materia come ospite e prigioniera,
finchè ne abbia infranto per così dire i cancelli e sia tornata nella regione
sopra-celeste (non sub-lunare) fra le anime beate. Immensa è la catena degli
spiriti che Ficino, guidato dalla mistica, stende fra la terra e il cielo, e
come ce ne convinceremo fra poco, l'Angelologia non è meno connessa presso di
lui con la dialettica dell' amore che con quella dell'intelletto. Inoltre
il sentimento religioso e l'onestà della coscienza lo spinsero a combattere la
scostumatezza dei contemporanei, a portare l'amore verso la meta più alta, a
sollevarlo dal fango delle passioni epicuree. Difatto, sogliono i mortali, quelle
cose che generalmente o spesso fanno, dopo lungo uso, farle bene, e quanto più
le frequentano farle meglio. Questo per la
nostra stoltiza falla in amore. Tutti continuamente amiamo in qualche
modo, tutti quasi amiamo *male*, e quanto più amiamo, tanto peggio amiamo e cid
avviene perchè entriamo in questo faticoso viaggio d'amore, senza conoscer ne
il termine e i passi. È dunque nella cognizione di questo termine che si
travaglia la sua filosofia. Trasmessa da Socrate a Platone essa viene significata
da Ficino ai suoi concittadini per innalzare la loro mente al vero fine della
vita. Ed egli è talmente persuaso della importanza della sua missione che
l'insegnamento platonico su questo soggetto è per lui l'effetto d'un decreto
della provvidenza, una vera rivelazione dello Spirito divino, un mezzo onde
l'amore infinito riduce a sè gli amori erranti dei mortali, e li guida al
godimento della bellezza assoluta. E così in questa coine nelle altro
parti della sua filosofia si ritrova quel miscuglio entusiastico di Platonismo
e di Cristianesimo indefinito e largo che senza dubbio era frutto dei tempi, ma
forse più ancora si atteneva al suo intelletto e a un'indole ondeggiante fra i
dogmi alquanto incerti di una erudizione non sempre ben coordinata e precisa.
Ma prima di giudicare la dottrina di Ficino sull'amore e di additare la causa
dei suoi pregi e dei suoi difetti, facciamo di esporla il più completamente
possibile. Arriviamo con lui al termine della dialettica e prima vediamo
che via convien tenere per conseguirlo. È quella medesimá che Platone insegnò
nel Convito sotto il nome di Diotima, mostrando come l'animo nostro dai
vestigii esteriori della bellezza sparsa nei corpi di una medesima specie,
raccolga l'idea di uno bello solo e limitato, poi come delle bellezze distinte
e coordinate delle specie corporee formi la bellezza più estesa di un solo
genere; poscia in che guisa passando dall'ordine fisico allo spirituale, dalle
bellezze visibili alle invisibili, componga le specie, poi il genere del bello
intellettuale e morale sparso nelle virtù, nelle scienze, nelle facoltà e doti
tutte dell'essere spirituale, fintantochè accorgendosi che i due ordini
partecipano a una medesima idea di perfezione e beltà infinita, sciolta da ogni
limitazione, superiore ad ogni genere e specie, la mente si riposi
nell'assoluta unità, e quella ami senza modo e misura. Tale è finalmente il
termine della salita d'amore, tale è la fonte in cui si appaga la sua sete
inestinguibile. « Bi« sogna, dice Ficino, cercarla altrove che nel fiume della
ma« teria, e nei rivoli della quantità, figura e colori. O miseri « amanti in che
luogo vi volgerete voi? Chi fu quello che [ocr errors][ocr errors] «
accese l'ardentissima fiamma nei vostri cuori? Qui è la « grande opera, qui è
la fatica. Io ve lo dirò, ma attendete. La divina potenza superiormente allo
universo, agli « angeli, e agli animi da lei creati, clementemente infonde, «
siccome a suoi figliuoli, quel suo raggio, nel quale è virtù « feconda a
qualunque cosa creare. Questo raggio divino in « questi, como più propinqui a
Dio, dipinge l'ordine di « tutto il mondo, molto più espressamente che nella
materia « mondana. Per la qnal cosa questa pittura del mondo, la « quale noi
veggiamo tutta, negli angeli e negli animi è più « espressa che innanzi agli
occhi. In quella è la figura di « qualunque specie, del sole, luna, stelle,
degli elementi, « pietre, alberi e animali. Queste pitture si chiamano negli «
angeli esemplari e idee, negli animi ragioni e notizie, nella « materia del
mondo immagini e forme. Queste pitture son « chiare nel mondo, più chiare
nell'animo e chiarissime sono « nell'angelo. Adunque un medesimo volto di Dio
riluce in « tre specchi posti per ordine nell'angelo, nell'animo e nel « corpo
mondano. Così Ficino congiunge la sua dottrina degli enti con quella
dell'amore, la sua Angelologia con la sua Estetica; così egli unisce il suo
dogmatismo mistico con le belle osservazioni e i profondi concetti che ha
ricavati da Platone e dalla scuola d’Alessandria; così egli varia gli aspetti
della filosofia dell'amore, non senza dilettare o abbagliare l'immaginazione e
fornire all'animo poetico e religioso un pascolo dilettevole quantunque non
sempre con uguale profitto per la so da scienza. Di tre simboli si serve
principalmente Ficino per espri mere la relazione della bellezza divina
colle bellezze create e la sua diffusione nel mondo; il lume, lo specchio e il
cerchio. Ora seguendo le traccie di Platone egli ci rappresenta Dio come un
sole intelligibile che non diversamente dal sole sensibile produce un lume
universale, crea colle forze fecondate dal suo calore l'occhio e la facoltà di
vedere, suscita e rende visibili nella materia le forme che l'adornano; ora
volgendosi a considerare l'idealità delle cose mondane e a significarne
l'origine, ce la rappresenta come un raggio che uscito dalla mente divina
accende l'intelletto puro degli angeli, vi produce come in ispecchio gli
esemplari degli enti, e di là si ripercuote come in altro specchio nei corpi,
per giungere così riflesso all'animo nostro ed unirsi con quello che ci viene
direttamente da Dio. Ora finalmente ci figura Dio come un centro posto in mezzo
ai quattro cerchi concentrici della mente, dell'anima, della natura e della
materia, ce lo dipinge come una forza infinita che da un punto solo raggia a
tutti i punti delle circonferenze l'essere e la verità, il bene e la bellezza.
Unità assoluta Dio penetra per tutto senza dividersi, proroca e regola il moto
senza muoversi, produce il multiplo e il vario senza uscire di sua perfetta
semplicità. Con un medesimo lume con una medesima efficacia egli raggia nel
cerchio delle menti angeliche le idee o verità, in quello delle anime le
ragioni o pensieri; nel cerchio della natura i semi; in quello della materia le
forme. In questi cerchi sono tre mondi che mediante la divina virtù
passano dal nulla all'essere, dal caos all'ordine, dall'ordine alla perfezione;
i mondi cioè della mente, delle anime e dei corpi. Ciascuno di essi è creato,
attratto e perfezionato da Dio, il quale come fattore è principio, come
perfezionatore è fine, come potenza attrattiva è mezzo universale degli enti. E
il ternario della vita universale, mentre si manifesta nel ritmo cosmico della
creazione, attrazione, e perfeziono delle cose, si palesa eziandio nella
sostanza dei tre mondi della mente, dell'anima e della materia, e più alto
ancora nel triplice attributo di Dio: Bontà, il bello e Giustizia. La Bontà
crea, la Bellezza attrae, la Giustizia consuma l'opera dell'una e dell'altra.
Cosicchè per ultimo tutto procede fontalmente da Dio, tutto è a Dio rapito e in
lui tutto ritorna e consiste per atto terminativo o perfetto; tutto viene dall'unità
e all'unità si riduce; e la causa principale di questo movimento è la bellezza,
l'atto per così dire centrale di questa circolazione della vita è l'amore,
amore perfetto e pieno possessore del bello in Dio, amore imperfetto e
ricettore meno ampio del suo splendore nel mondo e nell'uomo, nell'angelo,
nell'anima e nel corpo. « Con essa (bellezza) dice Ficino, Dio rapisce a
se il mondo « e il mondo è rapito da lui; un certo continuo attraimento è « tra
Dio e il mondo; che da Dio comincia e nel mondo « trapassa, e finalmente in Dio
termina, e come per un « certo cerchio, d'onde si ripartì, ritorna. Sicchè un
cerchio « solo è quel medesimo da Dio nel mondo, e dal mondo in « Dio, e in tre
modi si chiama. In quanto ei comincia in « Dio o alletta, Bellezza; in quanto
ei passa nel mondo o « quel rapisce, Amore; in quanto, mentre che ei ritorna
nello « autore, a lui congiunge l'opera sua, dilettazione. Lo amore « adunque
cominciando dalla bellezza, termina in dilettazione». Egli è a questa
dilettazione o beatitudine che Ficino ci chiama, facendosi interprete della
religione che suol chiamarsi naturale, del Cristianesimo e del
Platonismo; egli ce la promette nella vita sopramondana; in quell' Iperuranio
che Platone da sublime poeta dipinge nel Fedro, in quel Cielo che il genio d’ALIGHIERI
sparge di luce e letizia crescente di sfera in sfera fino alla bellezza
sfolgorante dell'Empireo e alla maestà del trono divino. Nella sua
immaginazione, riscaldata dal misticismo, i due concetti si fondono, i due
cieli si unificano, le due religioni si mescolano in una essenza comune, e la
intuizione poetica guida e signoreggia la mente del filosofo. Il linguaggio di
Dante e di Platone viene successivamente e promiscuamente sulle sue labbra;
poichè ora egli vede l'amor divino menar gli animi alla mensa dei celesti
abbondante di ambrosia e di nettare, ora contempla l'ordine in cui il medesimo
amore dispone per così dire i loro scanni, e la distribuzione con cui li rende
quieti e beati. Ficino ammira la perenne effusione e letizia di un affetto che
sempre si rinnova e si bea nella sua fonte eterna; congiungendo la terra al
cielo, la vita mondana alla celeste, egli ravvisa nell'amore il vincolo
dell'una e dell'altra, una medesima forza che si svolge e si perfeziona e quasi
un medesimo dramma che s'inizia nella prigione del corpo e si compie in una
esistenza pienamente libera e spirituale. Imperocchè i gradi di quelli che
seggono nel convito celeste, dice Ficino, seguitano i gradi degli amanti; quelli
che più eccellentemente Dio amarono, di più eccellenti vivande quivi si
pascono. Ciascuno lo göde sotto un aspetto, e cioè sotto quel medesimo che più
amd e imitd sulla terra; in lui la giustizia, la fortezza, la temperanza
contempla il beato e fruisce secondo la virtù che lo distinse, secondo il mezzo
onde il suo amore si sublimo, e l'idea onde la sua mente fu più inva
ghita. Ma qualunque sia il principio che informa la beatitudine di
ciascun'anima, esso è sempre un aspetto di Dio, e per così dire uno splendore
del suo volto; cosicchè la gerarchia delle idee divine costituisce i gradi
della beatitudine e la medesimezza della divina natura ne forma l'unità.
Ecco ora spiegato l'enigma dell'amore secondo Marsilio Ficino; nell'ultima
parte di questa dottrina voi ravvisate un predominio del sentimento religioso e
dell'intuizione poetica sulla ragione filosofica, un'abitudine di dogmatizzare
che si sostituisce all'atto schietto dell'osservare e del ragionare, o
nondimeno una sintesi di concetti e di rappresentazioni che formano un
tutt'insieme elevato e degno della nostra ponderata considerazione; sopratutto
per le sue attinenze coi fini che Marsilio si proponeva, colla causa della
religione allora cosi decaduta nei costumi e nelle credenze, e alla quale ogli
si consacrava; colla poesia pazionale che mercè do'suoi commenti si
ricongiungera all'Estetica di Platone; finalmente coll'arte che nella patria di
Giotto e del Beato Angelico conseguira, mediante i suoi lavori, una coscienza
più piena della propria idealità, e una spiegazione più compiuta delle sue
inspirazioni. Grau differenza certo è fra Platone c colui che volle
essere suo schietto discepolo, ma non vi riuscì, nè poteva impedito dal suo
proposito di conciliare la dottrina del filosofo Atoniese col Neoplatonismo
degli Alessandrini e l'uno e l'altro col Cristianesimo. Platone avera bensì
additato all'anima umana la bellezza incrcata e perfetta como termino supremo
della sua contemplazione; aveva egli detto veramente che il corpo è una
prigione per essa, e che la sua vita comincia colla morte corporeil; aveva
insegnato como un sublime do [ocr errors] vere la fuga dalle cose
sensibili alle intelligibili, dai fenomeni alle idee, e qualche altro
pronunciato si troverebbe ancora nelle sue opere che divenne pei posteri germe
prolifico di dottrine mistiche ed esclusive. Ma egli aveva pure fatto
dell'amore un demone, e come un mediatore fra l'uomo e Dio, una sintesi dei
contrarii, un misto di perfezione e d'imperfezione; per cui innalzandolo al
cielo non lo separava dalla terra, rendendogli le ali non lo dividera dalle
passioni e dagli istinti che nei suoi miti stupendi sono rappresentati dai
cavalli del cocchio dell'anima e si connettono con le necessità, i fini e le
vicende della vita terrena. Egli definisce 'propriamente l'amore il desiderio
di generare nella bellezza, e dividendo questa generazione in materiale e
spirituale, egli vede soggiacere all'impero e al connubio fecondo dell'amore e
del bello la vita filosofica, religiosa, morale artistica e fisica dell'umanità;
per lui le opere belle e buone provengono tutte dall'idea e dall'amore, e la
unione e fecondità di entrambi si scorgono nella vita dei grandi poeti, dei
fondatori della religione, dei legislatori più sapienti, dei filosofi più
sublimi, come nelle leggi secrete che astringono la vita del mondo al
mantenimento dell'ordine universale e nei moti istintivi che portano gli
animali all'accoppiamento e alla perpetuazione della specie. Così è,
Platone, a malgrado della tendenza profondamente idealistica della sua
filosofia, non separa l'amore dalla realtà, e anzi talvolta lo lascia
cosiffattamente errare fra gli scogli dei costumi e della società greca, che vi
rompe spesso e perde le penne leggiere che debbono volgerlo all' alto e
portarlo dalla terra al cielo. Nella dottrina platonica il carattere
religioso dell'amore si fondava sul razionale, rimaneva dialettico e non
si tramutava in un processo mistico. Sotto la guida dell'intelletto saliva
dall'umano al divino per ricongiunger questo a quello, benchè i due termini non
vi fossero uniti in quella intimità profonda che la trascendenza delle idee
platoniche non poteva ammettere. La separazione originaria dell'intelligibile
dal sensibile vi apriva bensì un adito al misticismo, come un mezzo di supplire
alla insufficienza speculativa della metessi o partecipazione, ma non
l'introduceva se non accessoriamente col mito e la immaginazione, chiamati a
simboleggiare i misteri dell'oltretomba e a rappresentare artisticamente
concetti scientifici sulle attinenze dell'anima col corpo e sulla produzione
del mondo. Ma la dialettica ontologica di Ficino foggiata su quella di Proclo
non poteva mantenersi in questi confini. Presso di lui l'amore sembra non
avere altr'ufficio sulla terra che di indirizzarci al cielo, i suoi ministerii
antropologici, sociali, artistici, scientifici non valere che a rispetto della
sua meta suprema. Era questi mezzi Ficino ne distingue principalmente quattro,
la poesia, la religione, la divinazione o dono profetico e l'amor divino, e,
nel suo modo di vedere, l'opera del sentimento predomina in essi talmente sulla
ragione che dilatando il concetto attribuito dal Socrate platonico nel Fedro a
Stesicoro e applicato nello Jone specialmente alla facoltà poetica, egli chiama
furori gli affetti dai quali dipendono e misura i loro pregi dall'impulso
entusiastico col quale concorrono ad unificar l'animo, toglierlo all'agitazione
e al moto, accostarlo all'immobilità dell'angelo, e finalmente rapirlo in
estasi sopra la moltitudine delle cose mondane fino all'essenza e unità
divina. A conferma del carattere mistico del Commento di FICINO si
aggiunga che nell'orazione quarta detta dal Landino il grazioso mito. In
Platone l'amore collegandosi colle simpatie naturali e colle tendenze ideali
nobilitava gli istinti, stendeva un velo di bontà morale sulla passione,
rendeva gli amanti intenti al reciproco, perfezionamento, desiderosi della
vicendevole felicità, ammiratori di una comune bellezza; di guisa che in forza
della efficacia ideale, dell' amore, un raggio di poesia e di virtù si stendeva
sulle sue condizioni reali, ne purificava le funzioni e i fini, ne connetteva
i' risultamenti col bene dell'individuo e della società. Questo aspetto
stupendo dell'affetto umano in cui risplende il bene pratico e civile, che si
connette con l'eroismo e la gloria, con le virtù operative e feconde, o è stato
trascurato o almeno non ha ricevuto il necessario srolgimento nella dottrina di
Marsilio. Egli ci ammonisce per vero che dobbiamo, amar Dio in tutte le cose, e
tutte le cose in Dio, e che per gịungere a questa purificazione dell'amore ci è
mestieri di contemplare la pura essenza delle cose nella luce dei loro tipi
ideali, che sono il raggio immediato della Verità e Bontà divina. Là noi
troveremo il vero uomo, là vedremo la natura e il fine degli enti, il vero
oggetto di tutti i nostri ufficii. Ma in che modo questi bei precetti possono
essi applicarsi alla vita? Ficino non ce lo dice; Ficino non discende da
quest'altezza. Mentre Platone segue l'amore nelle sue fatiche e nelle sue
ansie, mentre abbracciando con ardore il doppio ordine della degli
Androgini esposto da Aristofane nel Convito platonico è nel commentu di Ficino
trasportato dalla integrità e divisione dell'uomo alla integrità o divisione
delle relazioni della conoscenza o attività psichica col lume sopranaturale e
naturale. Separata. da Dio e aflidata al solo lame ingenito l'anima è come
ridotta alla metà di se stessa, frutto della sua superbia. Essa non ritrova
l'altra sua metà e non si reintegra che ritrovando il lume sopranaturale.
vita attiva e contemplativa lo conduce di grado in grado ad ammirare le
bellezze del mondo ideale per farne penetrare la luce nelle operazioni e nelle
forme del mondo reale, Ficino si contenta d'allontanarlo il più possibile dal
corpo e dai suoi piaceri, di persuaderlo che la vista, l'udito e l'intelletto
sono i soli mezzi di cui possa giovarsi al suo vero scopo. Ottimi intendimenti,
eccellenti consigli, e certamente efficaci sugli animi ben naturati, quando
vadano congiunti a due importanti condizioni, e cioè 1° di non dimezzare la
natura umana dimenticandone gli imperiosi bisogni, gl' istinti e i fini
provvidenziali, e 2o d'aprire all'umana attività una carriera in cui le sue
passioni abbiano sfogo regolandosi colle norme della scienza della virtù. No,
le idee non son fatte soltanto per essere vagheggiate da solitarii ed egoisti
contemplativi, ma eziandio per essere recate all'atto, e sposate per così dire
al mondo con fecondo connubio. L'idealismo non può essere la guida della
umanità senza l'appoggio del realismo; l'uno e l'altro presi isolatamente sono
esclusivi; la loro unione soltanto è vera e feconda. Invano Ficino rapito dalla
idea della bellezza assoluta e vedendola scaturire dall'unità divina, mi
traccia la via d'amare e mi consiglia di cercarne l'oggetto nell'unità degli
enti spirituali, salendo dal corpo (forma) all'anima, dall'anima all'angelo,
dall'angelo a Dio; in questa salita in cui la scienza gli rimprovera di
realizzare l'astratto, separando la mente dall'anima per crear l'angelo, e di
trasportare le tradizioni religiose nelle dottrine filosofiche, il cuore umano
separato dalla realtà gli domanda imperiosamente di far ritorno alle sue vere
condizioni; egli vuol essere innalzato, ma al patto di riportar tosto dalle sue
peregrinazioni celesti, e, per cosi dire dal convito dei beati, [ocr
errors][ocr errors][merged small] quel nettare e quell' ambrosia che spargono
di giustizia e bellezza le relazioni della vita, che pascono lo spirito di
verità ideale per renderlo efficace operatore di beni e di virtù reali. Invano
Ficino conforta i suoi contemporanei a contentarsi, nell'amore, degli atti
della vita contemplativa; inutilmente egli deplora i corrotti costumi di una
società scettica e dimentica del dovere. La baldanza trionfante dei sensi e
della materia resiste alla sua voce come a quella del Savonarola. Lorenzo il
magnifico non si distoglie dal suo epicureismo, e la gioventù fiorentina
concorre avida e frequente a crescere il numero dei suoi imitatori. L'ascetismo
del frate riformatore e il misticismo del sacerdote filosofo sono rimedii
troppo superiori alle abitudini della società contemporanea. Essi sarebbero
insufficienti a ricondurre qualunque altra società a quelle virtù che
rampollando dalle nostre relazioni colla famiglia, colla patria e coll'umanità,
innalzano l'amore pei gradi di una gerarchia disposta dalla natura fra
l'individuo e l'autore del mondo morale. In questo ordine non bene apprezzato
dall'idealismo stesso di Platone, consiste la vera salita d'amore; in queste
sfere egli pud essere ad un tempo divino e umano, religioso e civile; egli pud
diventar sublime senza cessare di essere pratico, prender per guida l'idea
senza perdere di vista la realtà; in esse può spiegarsi la sua forza dal
modesto affetto che nudrisce e veglia la vita infante delle mortali generazioni
fino all'eroismo che rapito dalla bellezza della giustizia sacra e immola se
stesso al trionfo della libertà e del diritto. A questo segno aveva
mestieri di essere condotta Firenze, a questa meta avrebbe dovuto rivolgersi
l'Italia sulla fine del 400, per rifare le proprie convinzioni, per
correggere i suoi costumi, per dare alla forza materiale un
fondamento incrollabile nella forza morale. In questo modo essa avrebbe
dovuto provvedere per tempo a se medesima, e opporre l'usbergo della virtù e
del coraggio allo straniero che sta per immergerle il ferro nel seno. Egli
venne attratto dalla sua bellezza. La trova mal difesa, la vinse e se ne
insignor. Videro i sapienti di quel tempo lo strazio ch'egli ne fa schernendo
la sua debole resistenza, e Ficino è fra essi. Lagrima il pio sacerdote su
tanto male, ricordd agl’uomini i loro trascorsi e i segni del cielo forieri di
punizione; gl'invita a rassegnarsi e a pentirsi. Un altro conforto egli porse a
Firenze afflitta, interponendosi fra essa e Carlo VIII, e con orazione più
informata a carità che a fermezza, si sforza di volgere l'animo di lui a miti e
clementi consigli. Cristiane intenzioni, pietosi ufficii! Ma altri aiuti, altri
difensori richiedevano i tempi, e l'energia di Capponi mostra di che tempra
sono gl’animi da cui dipende la salvezza dei popoli. Il saggio-dialogo di
Ficino sopra l'Amore consta di orazioni che espongono e commentano con
indirizzo neoplatonico, quelle che sono contenute nel convito di Platone.
Ficino stesso narra l'origine e lo scopo del suo lavoro. Platone spira
(secondo la tradizione) in un convito nell'ottantunesimo anno di sua età il giorno
anniversario della sua nascita, cosicchè gli antichi platonici, ogni. anno,
celebrano cotesto giorno in un convito. Abbandonato per mille e dugento
anni da Porfirio in poi il rito solenne, è restaurato con regale apparato per
ordine di MEDICI (si veda) nella villa di Caregri, sotto la direzione di
Bandini che ne è costituito Architriclino. I convitati sono IX, pari cioè
al numero delle muse. VII figuransi le orazioni dette e corrispondono a quelle
che sono contenute nel convito dell’Accademia. Si trassero a sorte le parti da
sostenersi e la sorto presaga dell'intenzione del vero commentatore le
distribui precisamente nel modo più conveniente alle qualità dei personaggi del
nuovo Simposio. Cosicchè le orazioni. La I, di Fedro, retore, tocca a CAVALCANTI (si veda), che per virtù e nobiltà
di animo è chiamato l'eroe del convito;
la II, detta da Pausania, tocca ad Antonio degl’AGLI (si veda), vescovo di
Fiesole, la III d’Erissimaco a SPERANZA, medico a Ficino; la IV, d’Aristofane, a
LANDINO; la V, d’Agatone, a MARSUPPINI, la VI, di Socrate, a BENCI (si veda),
la VII, di Alcibiade, a MARSUPPINI (si veda). Ma il vescovo e il
medico debbono partire per la cura delle anime e dei corpi e commettono le
loro disputazioni a CAVALCANI. FICINO non puo essere più cortese coi suoi
discepoli e amici platonici. In questo banchetto reale la cui fatica ideale e
commemorativa è tutta sua egli si è ecclissato. Anche Nuti e Bandini che
insieme cogli oratori compiono il numero sacro delle nove muse non sono da lui
dimenticati. A Bandini, ordinatore del banchetto, non ha bisogno di attribuire
altra parte che quella assegnatagli da MEDICI. Nuti suppone fatta la lettura
del simposio platonico premessa ai commentarii. Secondo Bandini è Cavalcanti
che persuade Ficino a scrivere il dialogo dell’amore per invogliare i
fiorentini del celeste bello. La versione toscana del commento di Ficino
al convito essendo divenuta ziuttosto rara, e desiderando far conoscere con
qualche particolarità le speculazioni del filosofo fiorentino sull'amore, stimo
opportuno di aggiungere alcuni estratti alle citazioni contenute nel
testo. Definizione della Bellezza e dell' Amore. Il bello è una
certa grazia, la quale massimamente e il più delle volte nasce dalla
corrispondenza di più cose; la quale corrispondenza è di tre ragioni. Il perchè
la grazia che è negli animi è per la corrispondenza di più virtù. Quella che è
nei corpi, nasce per la concordia di più colori e linee. È ancora grazia
grandissima ne' suoni, per la consonanza di più voçi. Adunque di tre ragioni è
la bellezza; cioè degli animi, de' corpi e delle voci. Quella dell'animo con la
mente sola si conosce: quella de' corpi con gli occhi; quella delle voci non
con altro che con gli oreochi si comprende. Considerato adunque che la mente e
il vedere e lo udire son quelle cose, con le quali sole noi possiamo fruiro
essa bellezza; e lo amore di fruire la bellezza desiderio sia; bo. Amore sempre
della mente, occhi è orecchi é contento. Lo appetito che gli altri sensi
seguita, non amore, ma piuttosto libidine o rabbia si chiama. Finalmente
che cosa è un corpo bello? Certamente è un certo atto, vivacità e grazia, che
risplende nel corpo. Questo splendore con discende nella materia, s' ella non è
prima attissimamente preparata. E la preparazione del corpo vivente in tre cose
s'adempie, ordine, modo e specie. L'ordine significa la distanza delle parti, il
modo significa la quantità, la specie significa lincamenti e colori. Perchè in
prima bisogna che ciascuni membri del corpo abbino il sito naturale, e questo è
che li orecchi, li occhi, il naso e. gli altri membri siano ne' luoghi loro, e
che gli orecchi" 'amendoi egualmente sieno discosti dagli occhi. E questa
parità di distanza che s'appartiene all'ordine, ancora non basta, se non vi
s'aggiunge il modo delle parti: il quale attribuisce a qualunque membro la
grandezza debita, attendendo alla proporzione di tutto il corpo. E questo è che
tre nasi posti per lungo adempino la lunghezza d'un volto; e ancora li due
mezzi cerchi delli orecchi insieme congiunti, faccino il cerchio della bocca
aperta: e questo medesimo faccino le ciglia se 1222, me si congiungono. La
lunghezza del naso ragguagli la lunghezza del labbro e similmente dello
orecchio: e i due tondi degli occhi, ragguaglino l' apertura della bocca, otto
capi faccino la lunghezza di tutto il corpo: c similmente le braccia distese
per lato e le gambe distese faccino l' altozza del corpo. Oltre a questo
stimiamo essere necessaria la spezie; acciocchè li “artificiosi” tratti delle
linee e le crespe, e lo splendore degli occhi adornino l'ordine e modo delle
parti. Queste tre cose benchè nella materia siano, nientedimeno parte alcuna
del corpo essere non possono. L'ordine de'membri, non è membro alcuno: perchè
lo ordine è in tatti. i membri, o nessun membro in tutti i membri si ritrova.
Aggiugnesi che lo ordine non è altro che conveniente distanza delle parti; e la
distanza ė o nulla, o vacuo, o un tratto di lince. Ma chi dirà le linee
essere corpo? Conciossinchè manchino di latitudine, e di profondità, necessarie
al corpo. Oltre a questo il modo non è quantità, ma è termine di quantità. I
termini sono superficie, linee, punti, le quali cose non avendo profondità non
si debbono corpi chiamare. Collochiamo ancora la spezio non nella materia, ma
nella gioconda concordia di lumi, ombre e linee. Per questa ragione si mostra
essere il bello dalla materia corporale tanto discosto, che non si comunica a
essa materia, se non è disposta con quelle tre preparazioni incorporali, le
quali abbiamo narrate. Tre mondi pongono (i Platonici): tre ancora saranno i
caos. Prima che tutte le cose è Iddio autore di tutto, il quale noi esso Bene
chiamiamo. Iddio prima crea la mente angelica: dipoi l'anima del mondo come
vuole Platone: ultimamente il corpo dell' Universo. Esso sonimo Iddio non si
chiama mondo, perchè il mondo significa ornamento di molte cose composto: ed
cgli al tutto semplice intendere si debbe. M:: esso Iddio affermiamo essere di
tutti i mondi principio e fine. La mente angelica è il primo mondo fatto da
Dio; il secondo è l'anima dell'universo, il terzo è tutto questo edifizio che
noi veggiamo. Certamente in questi tre mondi, ancora tre caos si considerano.
In principio Iddio creò la sostanza della mente angelica, la quale ancora noi
essenza nominiamo. Questa nel primo momento della sua creazione è senza forme e
tenebrosa: ma perchè ella è nata da Dio, per un certo appetito innato, a Dio
suo principio si rivolge: voltandosi a Dio, dal suo raggio è illustrata, e, per
lo splendor di quel raggio, s'accende l'appetito suo. Acceso tatto a Dio si
accosta; 'accostandosi piglia le forme; imperocchè Iddio che tutto può, nella
mente che a lui si accosta, scolpisce la natura di tutte le cose, che si
creano. In quella adunque spiritalmente si dipingono tutte le cose che in
questo mondo sono. Quivi le spere de' cieli, e degli elementi, quivi le stelle,
quivi la natura de' vapori, le forme delle pietre, de' metalli, delle piante, e
degli animali si generano. Queste spezie di tutte le cose, da divino aiuto, in
quella superna mente concepute, essere le idee non dubitiamo; e quella forma e
idea de' cieli, spesse volte Iddio cielo chiamiamo; e la forma del primo
pianeta Saturno, e del secondo Giove, e similmente si procede ne' pianeti che
seguitano. Ancora quella idea di questo elemento del fuoco si chiama Iddio
Vulcano, quella dell'aria Junone, e dell'acqua Nettuno, e della terra Plutone;
per la qual cosa, tutti gli dei assegnati a certe parti del mondo inferiore,
sono le idee di queste parti in quella superna mente adunate. Ma innanzi che la
mente angelica da Dio perfettamente ricevesse le idee, a lui si accostò; e
prima che a lui si accostasse, era già di accostarsi acceso lo appetito suo; e
prima che il suo appetito si accendesse, aveva il divino raggio ricevuto: e
prima che di tale splendore fosse capace, lo appetito suo naturale a Dio suo
principio già si era rivolto E il suo primo voltamento a Dio è il
nascimento d'amore; la infusione del raggio, il nutrimento d'amore, e lo
incendio che ne seguita, crescimento d'amore si chiama. Lo accostarsi a Dio è
lo impeto d'amore; [ocr errors] la sua formazione è formazione d'amore, e
lo adunamento di tutte le forme e idee i latini chiamano Mondo, e i greci
Cosmo, che ornamento significa. La grazia di questo mondo e di questo ornamento
è la bellezza alla quale subitamente che quello amore fu nato, tirò e condusse
la mente angelica, la quale essendo brutta (caos) per suo mezzo bella divenne.
Però tale è la condizione di amore che egli rapisce le cose alla bellezza, e le
brutte alle belle aggiugne. Amore legame universale. Secondo che
mostrammo, questo desiderio di amplificare la propria perfezione, che in tutti
è infuso, spiega la nascosta e implicata fecondità di ciascuno, mentre che
costringe germinare fuori i semi: e le forze di ciascheduno trae fuori: concepe
i parti, e quasi con chiave apre i concetti e produce in luce. Per la qual
cosii, tutte le parti del mondo, perchè sono opera di uno artefice, e membri di
una medesima macchina, tri se in essere e vivere simili, per una scambievole
caritii insieme si legano. In modo che meritamente si può dire lo Amore nodo
perpetuo, e legaine del mondo, e delle parti sue immobile sostegno, e della
universa macchina primo fondameuto. Bonghi ha intrapreso sino dalla sua
giovinezza il convito. Le implicature di Bonghi non valgono solo per lo sforzo
quasi sempre felice di rendere i pregi mirabili del convito, segnatamente di
quelli che si distinguono maggiormente per la forma arguta, agile e briosa del
conversare, ma ben anco per gli studi profondi che da ellenista consumato e da
pensatore acuto e vigoroso, egli ha compiuti sul testo e sulla dottrina del
grande filosofo, e che in varia maniera e intento diverso di scritti, allargano
la sua pubblicazione alle proporzioni di un commento filologico e filosofico,
nonché di una illustrazione storica della dottrina dell’amore. L'erudizione di
cui Bonghi dispone e a cui non isfugge nulla delle letterature straniere che
risguardi l’Ellenismo in generale e particolarmente la filosofia romana, gli
permette di trattar il soggetto in guisa da abbracciare i risultati delle
ullime ricerche e della critica più recente. La distribuzione di questo volume,
che è il sesto pubblicato, benchè porti la cifra IX e tale debba esser il suo
posto nell'intera versione dei Dialoghi, può dare un'idea del modo di procedere
in questi lavori. BONGHI apre il convito con un messagio ad un ignoto in cui si
discorre con quello spirito arguto e vivace e veramente romano che tutti
riconoscono nel Bonghi, dell'amore che, nonstante un titolo diverso, forma veramente
la sostanza del convito, non senza toccare lo scabroso argomento degli amori
greci e far intendere con delicatezza perchè la dedica di un tal dialogo non potesse
rivolgersi ad un ignore, ma dovesse, per così dire, farsi in petto e rimanere
misteriosa. Non possiamo trattenerci sulla rapida scorsa data da Bonghi in
questa prefazione alla storia della dottrina dell’amore, ovveramente sugli
accenni ch'egli fornisce a chi vorrà intraprenderla. Ci basti rilevarne queto
tratto che, a suo avviso, la dottrina dell'amore assai probabilmente non
sarebbe nata senza la depravazione del bisogno e del sentimento che ha spinto l'animo
di Socrate a sublimare tanto l'amore, quanto nei costumi romani, era divenuto
basso e turpe; congettura suggerita certamente da un fatto storico e dalla sua
connessione con una grande filosofia, ma che può parere soverchia considerando
che la dialettica romana eleva lo spirito dal finito all'infinito per le due
vie unite del pensiero e dell'amore, il cui oggetto comune è l'idea. Non v'ha
dubbio che il vizio dell’amore ‘volgare’ combattuto da Socrate porse
un'occasione e una forma particolare allo svolgimeno e sopratutto alla esposizione
di questa dialettica. Ma essa è talmente connaturata all'intero corpo della
dottrina dell’amore e e penetra del suo influsso talmente la psicologia filosofica,
da permettere di vedere nella salita dell'amore in dio una parte della su’essenza.
Anche senza gli amori cosi detti romani, il sentimento umano avrebbe sempre
offerto nelle sue inevitabili deviazioni qualche altra occasione a questa dottrina. Dopo
la prefazione anzidetta viene nel volume un proemio nei quali si tratta successivamente
del convito di Senofonte, del convito di Platone, del paragone dei due conviti,
della dottrina esposta nel convito di Platone, poi della storia della dottrina
dell’amore affini in Aristotele (amore del amico, amicizia, l’aporia
dell’amicizia), negli Stoici e negli Epicurei, e nel Paganesimo rinascimentale.
Seguono copiose ed erudite note alla prefazione ed al proemio, poi il Convito
platonico e il convito di Senofonte, ugualmente accompagnate da note e
commenti. Con molta acuratezza ed analisi finissima, si espone il soggetto e
l'ordito del convito senofonteo mostrando come bensi l'arte non vi sia
estranea, ma come anche vi si ritragga un fatto realmente avvenuto coi
personaggi che vi presero parte. Senofonte può avere abbellito o modificato in
qualche parte i discorsi che vi furono tenuti, ma egli ne ha, senza dubbio,
riferita la sostanza e conservato il carattere. Callia, Autolico, Antistene, Socrate
e gli altri vi assistettero e vi presero la parola e doveltero farlo in modo
conforme all'indole nota di ciascuno. Inducono tanto più a crederlo il modo, il
soggetto e l'ordine vario dei discorsi di questo Convito. Ciascuno dei
convitati parla di ciò di cui più si tiene, di guisa che se la relazione di
Callia col giovane Autolico porge occasione a discorrere dell'amore, e l'amore
ne diventa tanta parte, ognuno peraltro loda ciò che è più conforme al suo
gusto e gli pare più degno. Il vero scopo del convito senofonteo è di
mostrare uno degli aspetti molteplici della personalità di Socrate e
precisamente di dipingerla quale era in una allegra brigata fra amici che si
ricambiano piacevolmente lo scherzo. E difatto Socrate vi è chiamato ruffiano,
ed egli stesso accetta e si piace di essere chiamato cosi e si tiene del suo
ruffianesimo più che di ogni altra cosa, ma la sua arte di mezzano è altamente
morale e civile. Essa intende a mettere ciascuno in relazione col proprio
spirito, e gl'individui che meritano le sue premure in relazione gli uni cogli
altri in modo da porre concordia di virtù e d'amore fra i cittadini, amicandoli
con sè stessi e rendendoli utili alla patria. Essa è ben più ri-formatrice dei
costumi romane relativi all'amore, e tale appare negli atti e nei discorsi di
Socrate riferiti in questo convito, poichè egli, olre allo insegnare il modo di
volgere al bene intellettuale e civile l'amore pei fanciulli
spiritualizzandolo, per cosi dire, mostra chiaramente di condannarlo nella sua
parte materiale coll'additare la legittima via segnata dalla natura alla
passione amorosa. Il convito di Platone deve essere succeduto al convito del
suo con-discepolo Senofonte. I personaggi non sono i medesimi che quelli del
convito senofonteo. L'ordine dei discorsi non è libero come in quello, nè il
soggetto loro vario e a scelta, ma l'uno e l'altro sono prestabiliti secondo il
disegno di svolgere nei suoi vari aspetti l'argomento filosofico sull’amore; il
quale successivamente da Fedro, da Pausania, da Erissimaco, da Aristofane, da
Agatone e da Socrate -- che riferisce un altro dialogo -- è considerato, descritto
e lodato come un dio e come un sentimento, un simbolo mitico e un fatto fra
l’amante e l’amato, ora come forza cosmica e funzione essenziale della vita
universale, principio della generazione e della perpetuità delle specie, ora
nel mito festevolmente inventato da Aristofane come mezzo di completare la
nostra imperfetta natura mediante l'unione delle facoltà e delle attitudini che
ci mancano e il cui complesso si trova in origine fuso nella unità della
essenza umana primitiva, finalmente come mezzo d'innalzarsi, dietro la scorta
delle idee, dal bello individuale o particolare alla unità di sua specie e di
suo genero. Noi non possiamo riprodurre dalla dotta e particolareggiata
esposizione del Bonghi questi discorsi. Ci limiteremo a riferire i gradi della
scala dialettica segnati, nel discorso Socrate per salire all'ultimo oggetto
dell'amore. La corpo bello è il primo scalino. Ma in questo primo passo è un singolo
corpo bello quello a che muove l'amante. Un secondo gradino consiď ste nel distaccarsi
dal corpo bello singolare, considerando il bello che splende nel singolo corpo.
C’e un genero del corpo bello. Questo fatto ha occasione di montare un terzo
gradino. Questo e la comparazione generale e superior di una multitudine di
corpi belli singolari. Il quarto gradino e l’orgasmo mistico dell’amante altre
il singolare corpo bello iniziale dell’amato. L'azione ch'egli esercita su questa,
intrattenendola con ragionamenti adatti a renderla migliore e ricercandone di
tali, gli è motivo a riconoscere che v'ha un genero del bello, il quale
irraggia del pari (ogni condotta di vita e ogni prescrizione di legge. Questo e
il quinto gradino. Dal quale l'ascensione prossima è alla contemplazione del
bellissimo, ch'è sesto gradino. A questo punto egli ha già contemplate
molte corpi belli; s'è già distaccato da ogni corpo bello singolo; si ha già
liberato da ogni attaccamento particolare; sicchè è già in grado di contemplare
un bello, che su tutte tal bello s' elevi e tutto le raduni, e acquistarne
scienza. Questo è il gradino settimo. Ma v'ha ancora più in su di quea sto, un
bello, in cui ogni molteciplità o differenza si consuma e spira. Dal bello di
cui vi ha scienza, vi s'ascende, (e colla contemplazione di esso si giunge al
sommo della scala. Che natura ha questo bello supremo? Perenne, immutabile, perfetto,
senza principio nè fine, sovrasensia bile inaccessibile a ragionamento o a
scienza, comuni cabile a ogni cosa integro sempre e non accresciuto (nè
scemato mai. Qui è il fine e la beatitudine della vita, qui è la fonte d'ogni
virtù vera. Nella contemplazione di questo bello si a raggiunge la maggiore
intrinsichezza col divino, e si diventa davvero immortali. Prima di giungere a
tanta altezza di pensiero e di esporre il processo dialettico di Socrate e
servendosi del suo metodo, tratteggia un'analisi di psicologia filosofica sull’amore
che s’inizia con la percezione dell’AMANTE del corpo bello dell’AMATO -- in due
modi e cioè in termini concettuale e sotto i colori del mito giungendo col
primo alla definizione o concetto che ‘amore’ e ‘desiderio’ – ma un desiderio
specifico: di generare nel corpo bello. Questo concetto e simbolizzato nel mito
che representa l’amore come partorito dalla povertà unita al Dio Poro (Acquisto)
nel giorno in cui gli dei celebravano il natalizio di Venere. Quindi la natura
dell’amore: demone e non dio. Ma di tramezzante fra l’AMANTE e l’AMATO sempre
povero e ricco insieme, pel bisogno che soddisfatto rinasce e si perpetua nella
vita perenne della specie dell’uomo. Il mito suddetto fa credere a parecchi
interpreti e critici che l’ACCADEMIA quivi, come in altri luoghi, ricorre a
invenzioni poetiche, quasi per nascondere la sua impotenza di arrivare coll’analissi
concettuale la perfezione espositiva delle parti più astruse delle
sue dottrina dell’amore. Ma a BONGHI sembra, e secondo noi con ragione,
che la spiegazione si trovi nel doppio aspetto dell'ingegno tutt'insieme
concettuale e figurative di lui. Questo e per esporre sotto forma di
iniziazione una dottrina esistente ancora allo stato di intuizione e non
sviluppata. Lo spazio ci manca per seguire l'autore nelle vicende dottrinali
subite dal concetto dell'amore nelle scuole sopra enumerate che BONGHI conduce
colla sua solita perizia ed erudizione fino agli ultimi tempi del paganesimo
rinascimentale di FICINO. Altre opere: Il
genio del LIZIO. Discorso, Muse, Firenze, Stato e relazioni della volontà,
della coscienza e della personalità nel sonno, «Il Cimento», Della filosofia e
del metodo di SERBATI Rosmini, Il Cimento, Della filosofia del DIRITTO presso il
LIZIO, «Il Cimento», Estr.: Franco, Torino, Intorno alla filosofia esposta
nelle Confessioni di ROVERE Mamiani e alle dottrine platoniche, Riv. cont.,
Sulle dottrine dell’ACCADEMIA e sulla loro conciliazione colle del LIZIO.
Lettera a ROVERE Mamiani, Riv. cont., Estr.: Torino, Sulle attinenze della
filosofia e sua storia colla libertà e coll'incivilimento. Prolusione a un
corso di storia della filosofia, Niccolai, Firenze, Ciò che possa la filosofia
per l'istituzione civile dei popoli. Discorso per la riapertura del R. Istituto
di Studi Superiore di Firenze, Firenze, Rec. Di SAVIGLIANO (si veda), La
filosofia di Bossuet; di TURBIGLIO (si veda), Storia della filosofia; di CANTONI
(si veda), VICO (si veda), NA, La libertà del pensiero e la filosofia nell’università
italiane, NA, L’epicureismo L’ORTO e l’atomismo. Considerazioni
storico-critiche a proposito di un saggio recente, FSI, IEstr.: Cellini, Firenze,
Le Meditazioni cartesiane rinnovate da ROVERE Mamiani, NA, L'arte della
rinascenza e i suoi recenti critici, NA, Il materialismo e la scienza moderna,
NA, Rec. di Sesto Empirico, Delle istituzioni pirroniane. tradotti da BISSOLATI
(si veda), Imola, Anassagora e la filosofia greca prima di Socrate, Polemica
contro il materialismo, FSI, Rec. di R.
Bobba, La protologia di PINI (si veda), Torino, FSI, VICO (si veda) e la
filosofia della storia [Rec. di CANTONI (si veda), Studi critici e comparativi;
SICILIANI (si veda), Sul rinnovamento della filosofia positiva in Italia; ROVERE
(si veda), Principii di cosmologia (Teorica del progresso), FS, VINCI e la
filosofia dell'Arte. Discorso, Unione tipogr., Torino, Rec. Di FIORENTINO, POMPONAZZI.
Studi storici su la scuola bolognese e padovana con molti documenti inediti,
Firenze, ASI, Estr.: Cellini, Firenze, Niccolò di Cusa e la filosofia della
religione, NA, Le forme del pensiero filosofico o il metodo, FSI, Il senso
comune nella filosofia e sua storia, FSI, Estr.: Bernabei, Roma, Dei giudizi
sintetici a priori nelle dottrine italiane, FSI, Rec. di Kirchmann, La teorica
del sapere, FSI, Filosofia della Religione. Sull’attinenze della religione e
della filosofia e sulla incomprensibilità divina. Lettera a ROVERE, Conte
Mamiani, FSI, Rec. di FIORENTINO, La filosofia della natura e le dottrine di TELESIO
(si veda), Firenze, FSI, Estr.: Paravia, Torino Del principio e concetto di causa
nella scuola di Herbart, FSI, VINCI (si veda) filosofo. Vita e scritti secondo
nuovi documenti, NA, Vinci e l'idea del mondo nella Rinascenza, NA, L'ultimo saggio
di Strauss e i suoi critici, La forma del pensiero filosofico e l'ideale
platonico della filosofia, FSI, Janet, La dottrina dell'amore secondo l’Accademia,
FSI, Estr.: Paravia, Roma, L'evoluzione storica dell'idea dell'anima e i
sistemi filosofici, NA, Importanza della psicologia nella filosofia moderna,
FSI, La coscienza. Studio psicologico e storico, FSI, L’avvenire, Herbart, NA,
Sulle vicende della filosofia in Roma. Discorso, Civelli, Roma, Il metodo
psicologico e lo studio della coscienza, FSI, Cenni biografici su Ferrari, Acc.
Lincei. Memorie, Estr.: Salviucci, Roma, La psicologia di Pomponazzi, secondo
un manoscritto della Biblioteca Angelica di Roma, intitolato: Pomponatius in
libros de anima. Memoria, Acc. Lincei. Memorie, Estr.: Salviucci, Roma, Sulle
vicende della fìlosofia in Roma. Discorso per la inaugurazione degli studi nell’università
di Roma, Annuario Univ. di Roma. Estr.: Civelli, Roma, La questione dell'anima in
Pomponazzi, FSI, Estr.: Opinione, Roma,
“L'io e la coscienza di sé”, (Grice’s “The I”), FSI, L’ORTO -- L’epicureismo, Firenze, NA,I Limiti
dell'idealismo, FSI, L'Idea, FSI, Sulla dottrina psicologica dell'associazione
considerata nelle sue attinenze colla genesi delle cognizioni. Saggio storico
critico, Acc. Lincei. Memorie, Estr.: Salviucci, Roma, La psicologia
dell'associazione da Hobbes ai nostri giorni, Bocca, Roma, Rec. d’ALLIEVO (si
veda), Il problema metafisico studiato nella storia della filosofia dalla
scuola ionica a BRUNO (si veda), Acc. Scienze Torino. Memorie, FSI, “L'assoluto”, FSI, CICERONE (si veda) sui
doveri. Conferenza, FSI, Rec. di CONTI (si veda) e ROSSI (si veda), Esame della
filosofia epicurea dell’ORTO nelle sue fonti e nella storia, Firenze, FSI, L’Accademia
platonica fondata in Firenze dai MEDICI. «Acc. Lincei. Transunti, FSI, Helmholtz
sulla percezione, FSI, Dell’idee e propriamente della loro natura,
classificazione e relazione, FSI, Il
Positivismo e la Metafisica (L'essenza delle cose), Estr.: Salviucci, Roma, ROVERE
Mamiani sulla religione, NA, L'Accademia romana d’Aquino e l'istruzione
filosofica del clero, NA, Sulla recente restaurazione della filosofia
scolastica e tomistica d’AQUINO considerata in ordine ai metodi degli studi ed
all’attinenze dei sistemi colla scienza e colla storia, Acc. Lincei. Transunti»,
Vera, Acc. Lincei. Transunti, Sulla percezione esteriore e sul fenomeno
sensibile, Acc. Lincei. Transunti», Rec. di Documenti intorno a BRUNO (si veda),
a cur. di BERTI (si veda), Roma, FSI, La filosofia d’AQUINO (si veda), FSI, PETRARCA
(si veda) e il suo influsso sulla filosofia del Rinascimento FSI, Estr.:
Salviucci, Roma, FSI, ZANOTTI (si veda),
La filosofia morale di Aristotele. Compendio. Con note e passi scelti
dell'Etica Nicomachea per cura di F. e Zambaldi, Paravia, Torino, Dottrina
aristotelica del bene e sue attinenze colla civiltà greca e italiana, FSI, Spaventa,
«Acc. Lincei. Transunti, Relazione sul concorso al premio reale per LE SCIENZE
FILOSOFICHE, Acc. Lincei. Transunti, Il fenomeno nelle sue relazioni con la
sensazione, la percezione e l'oggetto, FSI, Ficino e la causa della rinascenza
del platonismo nel quattrocento [unita longitudinale della filosofia – la
struttura delle revoluzione filosofiche] FSI, VINCI, NA, Il concetto di
sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di causa e di forza. Come
contributo al dinamismo filosofico, Acc. Lincei. Memorie, Acc. Lincei.
Rendiconti, Estr.: Salviucci, Roma, Il platonismo di FICINO (si veda), FSI, La
dottrina dell’amore di FICINO (si veda), Una lezione elementare di psicologia.
Fatti psichici e fatti fisici, FSI, La GIUSTIZIA (cf. Grice) nella repubblica
utopica dell’Accademia. A proposito di recenti pubblicazioni, Storia della
filosofia. Il platonismo di FICINO (si veda). Le idee e la dialettica. La dottrina
dell'AMORE, FSI, Estr.: Salviucci, Roma, Le malattie della memoria e la sostanzialità
dell'anima, FSI, Psicologia. I fatti psichici e i fatti fisici, Ercole, Acc.
Lincei. Rendiconti, Conti, «Acc. Lincei. Rendiconti, Vera, Acc. Lincei.
Rendiconti, “Il concetto di sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza,
di causa e di forza. Contributi al dinamismo filosofico. Memoria, Salviucci,
Roma, Di alcuni uffici della filosofia nelle condizioni morali del nostro
tempo, FSI, La psicofisiologia dell’ipnotismo, FSI, Il concetto di persona [cf.
person and personality – Grice’s transubstantiation], FSI, Rec. di CHIAPPELLI
(si veda), Del suicidio nei dialoghi dell’ACCADEMIA, FSI, ROVERE (si veda) Mamiani, Lincei, Acc. Lincei. Rendiconti, Estr.: Tip. R.
Accademia dei Lincei, Roma, Delle condizioni del sistema filosofico nel nostro
tempo, Acc. Lincei. Rendiconti, ROVERE (si veda) Mamiani, RIF, Il fenomeno
sensibile e la percezione esteriore, ossia i fondamenti del realismo, Acc.
Lincei. Memorie, Estr.: Acc. Lincei, Roma, Il monismo filosofico, RIF, Rec. di CHIAPPELLI
(si veda), La cultura storica e il rinnovamento della filosofia, RIF, Lettera a
PENNISI (si veda) -Mauro, RIF, Rec. di Levi, BRUNO (si veda) o la Religione del
pensiero. L'uomo, l'Apostolo e il martire, RIF, Acc. Lincei. Rendiconti, Rec.
Pozzo di MOMBELLO (si veda), L'evoluzione geologica inorganica animale ed
umana, RIF, Le lauree in filosofia, RIF, Dell’idea del vero e sua relazione
coll’idea dell'essere, Acc. Lincei. Rendiconti, Acc. Lincei. Memorie, Estr.: Salviucci,
Roma, La filosofia politica nel LIZIO, RIF, Rec. di PANIZZA (si veda), La
fisiologia del sistema nervoso e i fatti psichici, Roma, RIF, La definizione
del concetto, RIF, SERBATI (si veda) e il decreto del Sant'Uffizio, Il Convito
dell’ACCADEMIA tradotto da BONGHI (si veda), Roma, RIF, Della idea dell'essere,
Acc. Lincei. Memorie, Estr.: Acc. Lincei, Roma, Berti, Acc. Lincei. Rendiconti,
Benzoni, Acc. Lincei. Rendiconti, La psicologia fisiologica e l'origine dei
fatti psichici, NA, Franchi, NA, La dottrina della cognizione nell’hegelianismo
secondo SPAVENTA (si veda), RIF, La dottrina della conoscenza
nell'Hegelianismo, RIF, Rec. di COLINI (si veda), ROVERE (si veda) Mamiani, JESI
(si veda) RIF, Rec. Di BERTI (si veda), BRUNO (si veda) da Nola, sua vita e sue
dottrine. Nuova edizione riveduta e notabilmente accresciuta, Torino, RIF, Rec.
CREDARO (si veda), Lo scetticismo degl’accademici, Le fonti - la storia esterna
- la dottrina fondamentale, Roma, RIF, Iordani BRUNO (si veda) Nolani Opera
inedita, manu propria scripta, RIF, Sui sistemi unitario e trinitario
dell'essere, RIF, Cenni bibliografici di pubblicazioni filosofiche di TOCCO (si
veda), Acc. Lincei. Rendiconti, - F.
Cicchitti-Suriani, Della dottrina degl’affetti e delle passioni secondo la
filosofia del PORTICO: saggio storico di psicologia morale con prefazione
di F., Aternina, Aquila,Intorno al pitagorismo
de CROTONE in Italia, Acc. Lincei. Rendiconti, Estr.: Roma, Il problema della
coscienza divina in ‘Esperienza e metafisica’ di SPAVENTA (si veda), RIF, Rec.
di LESSONA (si veda), Elementi di Morale Sociale ad uso dei licei e degl’istituti
Tecnici, compilati secondo gl’ultimi programmi, RIF, L'accademia platonica di
Firenze e le sue vicende, NA, Estr.: Roma, Carle, Acc. Lincei. Rendiconti, Della
conoscenza sensitiva, RIF, Alcune considerazioni sull’eclettismo, RIF, Alcune
considerazioni sulle categorie, Acc. Lincei. Rendiconti, Il Teeteto, tradotto da BONGHI (si veda),
Roma NA, La percezione intellettiva e il concetto, Acc. Lincei. Rendiconti, Rec.
di ZUCCANTE (si veda), Saggi filosofici, Renan, Acc. Lincei. Rendiconti, Taine,
Acc. Lincei. Rendiconti, La percezione intellettiva e il concetto, Taine,
RIF, Moleschott, RIF, Il carattere dello spirito italiano nella storia della
filosofia, NA, La psicologia dell'associazione da Hobbes ai nostri giorni,
Bocca, Roma; Estr.: Balbi, Roma; “Il carattere nazionale e il classicismo nell’etica
degl’italiani, NA, Estr.: Forzani, Roma, Rec. di MALTESE (si veda) Socialismo, RIF,
“L'evoluzione filosofica dell'idea dell'anima e i sistemi filosofici” RIF; Cenno
su FERRARI (si veda) e le sue dottrine, in FERRARI (si veda), La mente di G. ROMAGNOSI
(si veda), Milanese, Milano, a cur. di Campa, La Voce, Firenze. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Treccani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Grice: “Ferri is obsessed with Bonghi’s Convito. The dialogues of love by
Plato are four: Carmide, Licide, Convito, and Fedro. Fedro is subtitled by
Diogenes Laertius as being ‘about eros’ (peri erotes) – but it was translated
as ‘o vero del bello’ – Convito is so obvious about eros that Plato didn’t care.
As for Carmide and Licide, Ferri dedicates
little attention. Keywords: fisiologia dell’amore come desiderio – psicologia
filosofica dell’amore – l’amore e una specie di desiderio – con relazione alla
percezione dell’amante del corpo bello dell’amato --. il convito di Platone
nella traduzione di Bonghi ‘’ “Il convito di platone tradotto da R. Bonghi”
RIF, il dialogo dell’amore di Platone
come sub-genere: “I dialoghi dell’amore di Platone” (Rizzoli): sono quattro:
Convito, Fedro, Liside, Carmide. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferri” – The
Swimming-Pool Library. Luigi Ferri. Ferri.
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