Luigi Speranza
La storia della lingua italiana è una storia della comunicazione nello spazio geografico italiano, una storia della comunità linguistica italiana ai diversi livelli geografici: nazionale, regionale, locale, e ai diversi livelli culturali -- dell’uso comunicativo, letterario, scientifico, tecnico-settoriale.
La storia della lingua italiana studia lo spostamento nel tempo dei confini linguistici geografici e sociali, dei rapporti fra la lingua e i dialetti (per le origini, fra una pluralità di lingue, i «volgari»), dei confini e dei rapporti con la superlingua culturale “storica”, il latino (vale a dire la storia dell’affrancamento e dell’affermazione del volgare rispetto alla presenza tradizionale di superlingua cólta costituita dal latino), come oggi con la nuova superlingua culturale, l’inglese e con altre – oggi culturalmente meno “pesanti” – presenze di lingue straniere.
Questa definizione richiede una serie di ulteriori precisazioni.
2. L’italiano fuori d’Italia. Alloglotti in Italia
L’italiano non è parlato, quale «lingua ufficiale» solamente nei confini politici del territorio della Repubblica italiana È «lingua ufficiale» anche in Canton Ticino, nella Confederazione Elvetica (dove è parlato anche nel Canton dei Grigioni), è parlato nello stato della Città del Vaticano e nella Repubblica di S.Marino.
È lingua abbastanza usuale nelle zone di confine del Nizzardo, del Principato di Monaco.
Lo era nei territori ex-italiani di Istria e Dalmazia e a Malta.
Si afferma sempre più nelle zone “dirimpettaie” dell’Albania, grazie alla televisione e all’uso che ne fanno gli immigrati (spesso clandestini).
Un caso a parte è costituito dall’espansione dell’italiano nelle comunità di emigrati
all’estero, dove spesso si realizza in varietà regionali, quando non come conservazione vera e propria del dialetto originario.
All’interno dei confini politici del territorio della Repubblica sono diffuse parlate alloglotte di diversa origine e cronologia d’ingresso.
La tutela delle minoranze linguistiche è stabilita dalla Legge 15 Dicembre 1999, n. 48, «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche»,
che, a fianco dell’affermazione che
«la lingua ufficiale della Repubblica italiana è l'italiano»,
promuove la
valorizzazione delle lingue e delle culture “minoritarie”, in «attuazione dell'articolo 6 della
1 Cfr. G. FOLENA, La storia della lingua, oggi, in
2 Cfr. A. VARVARO, Storia della lingua: passato e prospettive di una categoria controversa, in «Romance Philology», XXVI (1972-73), pp. 16-51 e 509-31, ora in ID., La parola nel tempo. Lingua, società e storia, Bologna, Il Mulino,
1984, pp.9-77
3 Dve è stato scalzato dall’inglese (lingua ufficiale, con il maltese - un idioma appartenente al gruppo dialettale arabomagrebino, la sola lingua semitica scritta in alfabeto latino - introdotto nel 1935 in sostituzione dell’italiano) -e sempre
più dall’arabo “libico”, per ovvie ragioni politico-economiche. L’italiano si sta però espandendo nuovamente, specialmente fra le nuove generazioni, specialmente grazie al fatto che vengono regolarmente captati i programmi televisivi italiani). Cfr. …. in L’italiano nelle regioni. Lingua nazionale e identità regionali, a cura di F. Bruni, UTET, Torino 1992, pp.
4 Cfr. C. BETTONI, L’italiano fuori d’Italia, in A.A. SOBRERO (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo, II, La variazione e gli usi, Laterza, Bari 1993, p. 411-460
5 Per il quadro americano, dove circa un milione e cinquecentomila italo-americani di cittadinanza statunitense di diversa generazione (su circa dodici milioni) «dichiarano» di parlare italiano, cfr.
H. W.A. HALLER, Una lingua perduta e ritrovata: l’italiano degli italo-americani, La Nuova Italia, Firenze 1993
6 Si veda ad esempio il caso del veneto in Messico (per cui cfr. M. SARTOR, F. URSINI, Cent'anni di emigrazione: una comunità veneta sugli altipiani del Messico, s.i.l., 1983) e nella regione del Rio Grande do Sur in Brasile (per cui cfr. F.
URSINI …. Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali»7, nel dettaglio, secondo l’ordine alfabetico stabilito nella stessa legge e con una netta bipartizione,
«albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale,
il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo».8
«Isole linguistiche» (cioè parlate di comunità ridotte, isolate e di diffusione geografica limitatissima) albanesi, residui di colonie di immigrazione originata, a partire dal XV sec., dall’espansione turca nei Balcani, si trovano tra la provincia di Campobasso e il nord di quella di
Foggia, sparsamente nelle province di Pescara, Taranto, Potenza, e più diffusamente in Calabria e Sicilia (Piana degli Albanesi).
A Alghero, in Sardegna, il catalano (una presenza storicamente forte, con influssi sulle stesse varietà linguistiche locali) è parlato a partire dalla conquista militare aragonese del 1354, che
portò alla deportazione della popolazione indigena e alla sua sostituzione con contingenti catalani.
La maggior diffusione del tedesco (un dialetto basso tedesco) si registra nell’alta Valle
dell’Adige (Südtirol) entrata a far parte dello Stato italiano a seguito della conferenza di pace di
Parigi, tra il 1919 e il 1920; questa minoranza etnica è tutelata dallo Statuto speciale della provincia
autonoma di Bolzano, che prevede la denominazione di lingua ufficiale per il tedesco (insieme a
italiano e ladino), la «scelta di appartenenza etnica» e il bi- o trilinguismo toponomastico. Altre
isole tedesche (con errore “storico” definite «cimbre», in realtà bavaro-austriache, di insediamento
più recente) sono residuali nei territori dei Tredici comuni del Veronese e dei Sette comuni del
Vicentino; al gruppo vallese (Walser) appartengono invece le comunità piemontesi e aostane di
insediamento medievale nella testa delle valli attorno al Monte Rosa.
Due consistenti colonie greche (di origine discussa: o greca classica, come residuo delle
colonie anteriori alla dominazione romana – e lo proverebbe la persistenza di tratti arcaici
scomparsi dai dialetti greco-moderni – o greca-bizantina) sono insediate nel Salento e in Calabria (i
comuni di Bova, Condofuri, Rogudi).
Minoranze slovene sono insediate nelle Valli del Natisone, fra le province di Udine, Gorizia,
Trieste. Antiche colone serbo-croate sono circoscritte ad alcuni centri del Molise.
«Penisole» (o propaggini, cioè aree linguistiche extranazionali che si estendono anche
all’interno dei nostri confini) provenzali si hanno in molte valli alpine del Piemonte e nell’alta Valle
di Susa. Franco-provenzali sono la media e la bassa Valle di Susa, le Valli di Lanzo, la Valle
d’Aosta (dove peraltro la lingua ufficiale è il francese, che è parificato all’italiano nello Statuto
Speciale della Regione). Un’«isola linguistica» occitanica resiste a Guardia Piemontese, in
provincia di Cosenza, relitto di un’antica emigrazione valdese.
Ladino e sardo, dal punto di vista glottologico, sono classificate fra le vere e proprie lingue
romanze.
A parte la controversa definizione di «ladino», troppo poco distintiva delle diversità delle
realizzazioni9, parlate del gruppo «ladino centrale» sono localizzate nelle valli alpine dolomitiche
attorno al massiccio del Sella. Il ladino è una delle tre lingue (con italiano e tedesco) previste dallo
Statuto autonomo della Regione Trentino-Alto Adige, parlato in Val Badia, Val di Fassa, Val
Gardena; e anche la Costituzione della Confederazione Elvetica stabilisce che il ladino (più
7 Questa legge, pur positiva e che ha finalmente fatto ordine nel complesso problema delle minoranze, ha suscitato grandi
discussioni. I linguisti hanno lamentato le limitazioni della tutela di legge, che si restringe alle dodici comunità
menzionate (tralasciando situazioni altrettanto degne di considerazione,come: il caso dei Galloitalici di Sicilia e di
Basilicata e dei Tabarchini di Sardegna), non prendendo in esame le esigenze di riconoscimento e visibilità delle
cosiddette “minoranze diffuse”- ossia di quelle comunità sparse, disseminate a piccoli gruppi sul territorio - e ancor più
dei consistenti gruppi di cittadini immigrati di parlata diversa da quella italiana che, con espressione coniata da Tullio De
Mauro, si possono definire “nuove minoranze”.
8 Cfr. G. FRANCESCATO, Sociolinguistica delle minoranze, in A.A. SOBRERO (a cura di), Introduzione all’italiano
contemporaneo, II, it., pp. 311-340.
9 Cfr. G. B. PELLEGRINI, La genesi del retoromanzo (o ladino), Niemeyer, Tübingen 1991.
precisamente nella definizione di«romancio») è una delle quattro lingue nazionali della Svizzera. Il
ladino orientale (più semplicemente friulano) è parlato nella gran parte del Friuli10 e della Carnia.
Particolarità uniche all’interno del gruppo delle lingue romanze ha il sardo11, distinto in
quattro varietà: gallurese, sassarese, logudorese (e nuorese), campidanese (Cagliari).
3. Lingua nazionale e dialetti. Letteratura popolare, vernacolare, dialettale riflessa.
La moderna dialettologia12 definisce e misura la «dialettalità» contrastivamente rispetto al
possesso di varianti generali comunemente accettate come standard13, vale a dire, nello specifico
della situazione italiana, sul piano del rapporto fra i diversi gradi di varietà dell'italiano (da quello
comune a quello regionale popolare) e dialetti (da quelli di più ampia coinizzazione regionale o
interregionale a quelli più locali)14.
Analogamente, non ha senso parlare di superamento dell'antitesi di lingua nazionale e
dialetti15 nel periodo costitutivo di una comunità nazionale interregionale, in cui l'antagonismo dei
vari dialetti è vivo e costitutivamente operante. Come ha ben scritto Stussi, «questa
contrapposizione viene percepita nelle varie parti d'Italia con cronologia e intensità non omogenee,
per cui, a rigore, in un posto si scrive ancora in volgare, in un altro già in dialetto, senza contare che
nella stessa zona ci possono essere prese di coscienza differenti da scrittore a scrittore»16.
Tale è la situazione italiana ancora per tutto il Duecento, quando i tentativi di portare a livello letterario i dialetti si susseguono, e fin per il periodo delle origini risulta vera l'affermazione di Contini che la
nostra è l’unica letteratura in cui lingua e dialetto siano inscindibilmente fusi.
Benedetto Croce, in "La letteratura dialettale" riflessa, stabilisce uno scenario di
cooperazione, se non delle due culture, della letteratura popolare vernacola con la letteratura cólta in lingua, in cui però è ben distinto l'uso dialettale nativo, quello cioè di chi ha a disposizione l'unico strumento linguistico del dialetto, da quello riflesso, quello cioè di chi opta per il dialetto (magari
stilizzato e già codificato) pur avendo accesso ad uno strumento comunicativo di maggior prestigio sociolinguistico e di più ampia diffusione diatopica e diastratica.
La definizione di Benedetto Croce (da porre in correlazione privilegiata con la sua esperienza erudita, per cui basta solo citare la riscoperta di Basile), legava la nascita di un'autonoma letteratura dialettale riflessa fra Cinque e Seicento alla codificazione linguistica e alla definitiva affermazione
10 Con una regressione in tempi recenti, per cui oggi l’area di Pordenone è largamente veneta.
11
Basti citare l’esito dell’articolo "so", "sa" < "IPSUM", "IPSAM" (e non da ILLUM, ILLAM, come nel resto della Romània).
Cfr., E. BLASCO FERRER, Storia linguistica della Sardegna, Niemeyer,Tübingen, 1984.
12 Nell'impossibilità di districarsi in una bibliografia ormai inesauribile, rinvio soltanto, orientativamente, a M.
CORTELAZZO,
"Avviamento critico allo studio della dialettologia italiana"
I. Problemi e metodi, Pacini, Pisa 1969 e
ID., I dialetti e la dialettologia in Italia (fino al 1800), Gunter Narr Verlag, Tübingen 1980; ancora valido l'agile profilo
della tematica anche letteraria di G. P. CAPRETTINI Dialetto, in Enciclopedia, IV, Einaudi, Torino 1978, pp. 690-702
(in particolare pp. 691-95).
13 Per le riserve che si sono avanzate sul concetto stesso di standard linguistico, in particolare per la situazione italiana,
cfr. G. BERRUTO, Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, La Nuova Italia, Firenze 1987.
14 Secondo gli schemi più o meno variamente articolati e suddivisi proposti da A. MIONI, La situazione sociolinguistica
italiana: lingua, dialetti, italiano regionale, in A. COLOMBO (a cura di), Guida all'educazione linguistica, Zanichelli,
Bologna 1979, pp. 101-14, F. SABATINI, L'«italiano dell’uso medio»: una realtà tra le varietà linguistiche italiane, in
G. HOLTUS, E. RADTKE (a cura di), Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, Gunter Narr Verlag,
Tübingen 1985, pp. 154-84 e ID.,«Italiani regionali» e «italiano dell’uso medio», in L'italiano regionale, Bulzoni, Roma
1990, pp. 75-8..
15
Una storia del termine "dialetto" nella terminologia linguistica rinascimentale ha dato in maniera eccellente P. TROVATO,
'Dialetto' e sinonimi ('idioma', 'proprietà', 'lingua') nella terminologia linguistica quattro- e cinquecentesca,
Rivista di letteratura italiana II 205-36.
Si veda anche M. ALINEI,.,
Lingua e dialetti: struttura, storia e geografia, Il Mulino, Bologna 1984, pp. 169-99.
A. STUSSI,
"Lingua e dialetto nella tradizione letteraria italiana: teoria e storia,"
in Lingua e dialetto nella tradizione
letteraria italiana, Atti del convegno, Salerno, 5-6 novembre 1993, Salerno Editrice, Roma 1996, pp.3-28: 6.
G. CONTINI, Introduzione alla Cognizione del dolore, ora in ID., Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi
(1938-1968), Einaudi, Torino 1970, pp. 601-19: 611.
La letteratura dialettale riflessa, la sua origine nel Seicento e il suo ufficio storico [1926], poi in ID., Uomini e cose della vecchia Italia, s. I, Laterza, Bari 1927, pp. 225-34. del toscano come lingua letteraria nazionale e stabiliva un discrimine cronologico che la critica
attuale ha sempre più abbassato.
Il saggio di Contini introduttivo alla Cognizione del dolore di
Gadda del 1963, definiva Ruzzante il più antico dialettale raggiunto dal canone rustico, 19, indietreggiando poi in una tradizione di rime in pavano fino a Francesco di Vannozzo e a Niccolò
de' Rossi e, su altro piano, linguistico ma non espressivo, a Cielo d'Alcamo.
L'articolazione lingua-dialetto è una compagine concatenata fin dalla fondazione della nostra espressione letteraria, e la letteratura dialettale riflessa va vista come variante equipollente di quella in lingua (con coscienza dell'uso di un registro diverso solo linguisticamente e non sul piano della
realizzazione poetica), per la quale è data una scelta alternativa di carattere espressivo ed in certo qual modo eversivo della linea vincente con il classicismo bembesco che in fondo finisce per rendere più chiari i rapporti fra il dato di fatto di una lingua letteraria ormai consolidata sul versante monolinguistico toscano e una innegabile produzione dialettale e plurilingue.
A questo punto la stilizzazione realistica vernacolare diventa segno distintivo e precisa scelta culturale 20.
È una distinzione che mantiene tuttora la propria validità, anche se è stata approfondita nella campionatura e nella specificità del contesto italiano, nell'analisi del grado di stilizzazione e dialettalità convenzionale, nell'indagine dell'articolazione regionale della nostra storia letteraria;
ma che soprattutto è stata posta in correlazione con le modalità espressive dell'esperienza stilistica e con un fenomeno come il plurilinguismo, costitutivo della nostra tradizione letteraria, ma che
per spessore e sistematicità delle sue manifestazioni raggiunge il grado di maggiore coerenza nel corso del Cinquecento.
******************
Al di là della storia di tradizione ininterrotta che lega il latino all’italiano, nel quadro derivativo delle lingue neolatine, il latino manterrà sempre una
funzione di superstrato culturale, una lingua cui fare sempre riferimento, per il suo prestigio
19 Ibid., p. 612.
20 Cfr. G. L. BECCARIA (a cura di), Letteratura e dialetto, Zanichelli, Bologna 1975 (in particolare l'Introduzione, pp.
1-19).
21 Basti citare M. SANSONE, Relazioni fra la letteratura italiana e le letterature dialettali, in Problemi ed orientamenti
critici di lingua e letteratura italiana, I, Letterature comparate, a cura di A. Momigliano, Marzorati, Milano 1948, pp.
261-327. Per la considerazione del rapporto lingua-dialetto, cfr. anche E. BONORA, Poesia letteraria e poesia dialettale
[1970], in ID., Retorica e invenzione, Rizzoli, Milano 1970, pp. 255-99.
22 W. TH. ELWERT, Letterature nazionali e letterature dialettali nell'Europa occidentale [1970], in ID., Italienische
Dichtung und europäische Literatur, Steiner Verlag, Wiesbaden 1975, pp. 39-63 (preceduto da Die mundartliche
Kunstdichtung Italiens di lingue come quelle germaniche all’epoca delle invasioni barbariche, und ihr Verhältnis zur
Literatur in der Hochsprache [1939], in ID., Aufsätze zur italienische Lyrik, ibid., 1967, pp. 156-91.
23 Al di là di C. DIONISOTTI, Geografia e storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino 1967, cfr. ID., Culture
regionali e letteratura nazionale in Italia, in Culture regionali e letteratura nazionale. Atti del VII congresso
dell'Associazione internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana, Adriatica, Bari 1974, pp. 000-000 e A.
STUSSI, Lingua, dialetto e letteratura [1972], ora nel volume omonimo, Einaudi, Torino 1993, pp. 3-63 e Letteratura
italiana e culture regionali [1979], in ID., Studi e documenti di storia della lingua e dei dialetti italiani, Il Mulino,
Bologna 1982, pp. 11-27.
24 G. CONTINI, Dialetto e poesia in Italia, «L’Approdo», III (1954), pp. 10-3 e ID., Introduzione alla Cognizione del
dolore, cit.(per un inquadramento storico-teorico si veda anche Espressionismo letterario [1977], in ID., Ultimi esercizî
ed elzeviri (1968-1987), Einaudi, Torino 1988, pp.41-105). Il quadro d'insieme più suggestivo, in questa direzione, è
quello offerto da C. SEGRE, Polemica linguistica ed espressionismo dialettale nella letteratura italiana [1961], in ID.,
Lingua, stile e società, Feltrinelli, Milano 1963, pp. 383-412
25 Cfr. I. PACCAGNELLA, Plurilinguismo letterario: lingue, dialetti, linguaggi, in Letteratura italiana, 2, Produzione e
consumo, Einaudi, Torino 1983, pp.103-67. Sulla catacresi del termine espressionismo, sull'illecita sovrapposizione di
categorie come plurilinguismo, espressionismo, espressività, parodia linguistica, cfr. anche ID., Il fasto delle lingue.
Plurilinguismo letterario nel Cinquecento, Bulzoni, Roma 1984, pp. 18-22, oltre a STUSSI, Lingua e dialetto nella
tradizione letteraria italiana, cit.
26
Alcune definizioni, forse un po’ approssimative, che verranno specificate in seguito.
Indichiamo con substrato (sostrato) il complesso delle influenze esercitate da una lingua, che è scomparsa ed è stata soppiantata da un'altra in un
determinato territorio, sulla lingua che l'ha sostituita.
Con adstrato qualsiasi influsso che una lingua esercita su altra lingua parlata in area ad essa confinante.
Con superstrato lo strato linguistico che in una determinata area e in un preciso
culturale e la quantità e qualità del suo serbatoio lessicale.
I latinismi (cioè le parole di tradizione
dotta, passate in italiano senza soluzione di continuità e non attraverso la trasmissione popolare, che
invece ne regola il passaggio secondo norme di adattamento al sistema fonomorfologico della
nostra lingua) sono una componente essenziale dell'italiano contemporaneo.
Ad esempio, caratteristica più marcata dell’italiano, nel quadro delle lingue romanze, è la forte compresenza di
allotropi, due forme derivate dalla stessa base latina, o per via popolare o per via dotta (del tipo
"ANGOSTIA(M)" >
"angoscia"/:angustia",
DESCUM
>
"desco"
"disco",
PLEBEM
pieve
plebe
SOLIDU(M)
soldo
solido,
VITIUM
vezzo
vizio
o anche forme derivate popolarmente, fin dal
latino volgare, a mezzo di suffissi rispetto al derivato dalla base semplice (del tipo
APICULAM
>
pecchia rispetto a
APEM > ape.
In molti casi l’allotropo di origine dotta è quello oggi di uso
più comune, pur essendo classificabile come “latinismo”, a riprova che la storia della diffusione di una parola non si identifica necessariamente con le modalità della sua diffusione.
Lo stesso dicasi degli aggettivi di relazione, più astratti e generalizzanti, che conservano nessi consonantici latini invece semplificatisi nell’evoluzione della parola di base (del tipo "floreale" rispetto a "fiore", con
conservazione del nesso "FL–" che di norma evolve in cons. + i, o mensile rispetto a mese, con conservazione del gruppo – NS - ).
Il latino ha conservato una maggiore vitalità in alcuni settori specialistici del nostro lessico.
Per molti secoli è stata la lingua dei testi giuridici.
In latino sono redatti, per tutto il Medioevo gli statuti di comuni e città (e dal latino sono riprese le denominazioni di alcune
magistrature, come
"console"
CONSULEM
o
"podestà"
( < POTESTATE(M)) o i documenti delle cancellerie (fino all’affermazione quattrocentesca di un volgare “cancelleresco” appunto,
basato su una coinè interdialettale di base prevalentemente toscana letteraria).
Dopo la riforma burocratico-amministrativa napoleonica molti latinismi si divulgano per il tramite del francese.
E creatività continua ad avere nell’Ottocento, come dimostrano parole – peraltro tuttora vitali - come attribuzione, esumare, quiescenza.
Residui del modello latino nell’uso giuridico-amministrativo sono da riconoscere, a livello morfologico, nella conservazione dei comparativi organici in "–ore"
(del tipo attivo in
maggiore
minore
migliore
peggiore
citeriore
ulteriore
poziore
viciniore
o
nei deverbali gerundivi del tipo (comune)
laureando
educanda.
Dall’ambito strettamente giuridicoamministrativo si sono poi allargate a settori più ampiamente comunicativi (lingua politica, dei
giornali e dei media) riprese di formule latine, come
"conditio sine qua non",
"excusatio non petita",
"notitia criminis",
"nulla poena sine iudicio",
"ope legis",
"res nullius"
momento storico interferisce con la lingua indigena senza sostituirla completamente, ma causando profonde reazioni nella struttura di essa, specialmente dal punto di vista lessicale.
Ovviamente le definizioni di superstrato, adstrato ,come
anche quella di substrato, hanno una validità relativa alla cronologia dei fenomeni.
Così se il latino qui è interpretato come lingua di superstrato culturale, nei confronti dell’italiano ormai affermato (o in via di affermazione), riveste
invece la funzione di substrato linguistico rispetto alle lingue germaniche nel periodo delle invasioni barbariche, come a
sua volta il tedesco (per restare nello stesso ambito linguistico) assolve oggi alla funzione di lingua di adstrato rispetto
all’italiano stesso.
E questo vale oggi per tutte le lingue di cultura, particolarmente (come vedremo) l’inglese.
notes:
Cfr. B. MIGLIORINI,
"I latinismi nel lessico italiano"
"Le parole semidotte in italiano", in ID., Lingua
d’oggi e di ieri, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1973, pp. 215-237; . B. MIGLIORINI, Latinismi recenti nel lessico
italiano e nel lessico europe ,in ID., Lingua e cultura, Tumminelli, Roma 1948, pp. 75-81; e soprattutto il più
complessivo e aggiornato lavoro di C. SCAVUZZO, I latinismi nel lessico italiano, in Storia della lingua italiana, a
cura di L. Serianni e P.Trifone, II, Scritto e parlato, Einaudi, Torino 1994, pp. 469-494.
28 Cfr. T. DE MAURO, F. MANCINI, M. VEDOVELLI, M. VOGHERA, Lessico di frequenza dell’italiano parlato ,
EtasLibri, Roma 1993, che tra le duecento parole più frequenti (oltre a quelle grammaticali, come il, di, per ecc.)
collocano dieci latinismi (grazie, modo, numero, pensare, problema, proprio, senso, storia, tipo, ultimo).
29 Cfr. B. MIGLIORINI, Correnti dotte e correnti popolari [1939], in ID. Lingua e cultura, cit., pp. 27-46.
30 Che peraltro in alcuni dialetti, come il veneto, ha un esito polare in ave.
31 Ambito in cui, nell’ultimo decennio, si sono registrati interventi politici nella direzione di una semplificazione (e
conseguente maggiore comprensibilità, con eliminazione di aulicismi ma anche forestierismi e burocratismi) del
cosiddetto «burocratese». Cfr. Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la funzione pubblica, Codice di
stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche: proposte e materiali di studio, Istituto
poligrafico e Zecca dello stato Roma 1993;[altri riferimenti bibl incompleti. FIORATO; M.A. CORTELAZZO]
Fra Medioevo e Cinquecento, a parte alcuni trattatelli in volgare di carattere pratico – ostetricia, dietetica, mascalcia - e traduzioni, con le rilevanti eccezioni di
Luca Pacioli
-- toscano di
Borgo San Sapolcro --
autore della Summa di Arithmetica, Geometria, Proportioni e
Proporzionalità, e nel 1496 della Divina Proportione, e del bresciano Niccolò Tartaglia 32, che nel
1543 pubblicò a Venezia la prima traduzione italiana degli Elementi di Euclide e tre anni dopo i Quesiti, et invenzioni diverse, sostanzialmente la lingua della scienza è il latino.
In latino ancora nel 1610 Galileo Galilei pubblicherà il Sidereus nuncius, l'opera in cui dà notizia della scoperta dei
quattro satelliti principali di Giove: Io, Europa, Ganimede e Callisto.
Ma proprio da Galileo33 verrà la spinta decisiva nella scelta del volgare anche come lingua della scienza: una scelta non scontata,
anche se radicata nella fiducia nativa, per così dire, delle possibilità del toscano di esprimere
compiutamente le nuove idee della rivoluzione scientifica, intesa anche a segnare il proprio distacco
dal mondo accademico di matrice aristotelico-tolemaica espressivamente legato al latino, che, con
totale evidenza nel Saggiatore (1623), diviene il termine di paragone negativo nel confronto dei due
sistemi e delle due lingue.
E il latino viene soppiantato da un volgare di livello medio-alto, che
affida la chiarezza nella coniazione della nuova terminologia scientifica a neologismi derivati dalla
terminologia toscana più diffusa o formati per calco semantico, anziché con importazione di
latinismi e grecismi.
Operazione che rivela la propria carica dirompente se si considera che le
lezioni universitarie continueranno ad essere tenute in latino fino al 1754, quando Antonio
Genovesi, all'università di Napoli, tenne il primo corso in volgare di «meccanica e di commercio».
Il campo in cui il latino mantiene la più duratura vitalità è evidentemente quello religioso.
Nella vita della Chiesa, fin dai primi secoli il latino cristiano, pur intenzionalmente permeato di
tratti linguistici volgari (
"il sermo humilis",
particolarmente evidente nella versione "Vetus" latina della
Bibbia, precedente la "Vulgata" di S Girolamo), dominava nella predicazione: ma già il Concilio di Tours (813) aveva sanzionato l’autonomia delle lingue neolatine, con la raccomandazione di
affidarsi
«rusticam romanam linguam aut thiotiscam, quo facilius cuncti possint intelligere quae dicuntur».
Sarà la Riforma protestante ad accelerare, nei paesi di lingua tedesca, il processo di traduzione e libera diretta interpretazione dei testi sacri, laddove nei paesi rimasti cattolici,
nonostante le istanze di introduzione del volgare nella predicazione e nella liturgia (espresse nel
1513 nel Libellus ad Papam Leonem X, ribadite ancora da Giambattista Gelli, in parte realizzate
nella traduzione della Bibbia dal fiorentino Antonio Brucioli nel 1527), e nonostante la diffusione,
dopo il Concilio di Trento (1545-1563), del «catechismo», sorta di resumé dottrinale
prevalentemente in forma dialogica e scritto in una lingua completamente esplicativa, bisognerà
attendere il 1965 per l’introduzione della liturgia in volgare.
5. L’adstrato linguistico
5.1.
Oggi il latino non entra più in gioco se non come disponibilità culturale, come riserva tradizionale di superlingua dotta.
È aumentata, e aumenta, invece la rilevanza e la pressione sull’italiano delle lingue di cultura straniere, di modelli linguistici esogeni, a partire da quello angloamericano, verificabili soprattutto a livelli di lingue settoriali (economia, finanza, scienza, tecnologia, pubblicità, comics …) ma largamente diffusi anche nella lingua d’uso.
È evidente il fatto
che ogni lingua – in qualsiasi fase della sua storia – vive nel contatto con altre lingue (siano lingue
nazionali, siano dialetti) e non necessariamente i contatti presuppongono confini fisici, rivelandosi
anzi molto più penetranti quelli legati alla mobilità delle popolazioni (invasioni nel passato,
migrazioni, scambi commerciali, viaggi), quelli culturali, scientifici.
32 Matematico, uno dei maggiori algebristi italiani del '500, contribuì alla soluzione delle equazioni di terzo grado, che
non rese mai pubblica ma che rivelò a Girolamo Cardano.
I suoi studi di balistica furono pubblicati nella Nova Scientia.
33
Una sintesi dei suoi precedenti numerosi studi sul linguaggio scientifico ha dato M.L.ALTIERI BIAGI, Forme della
comunicazione scientifica, in Letteratura italiana, a cura di A. Asor Rosa, III, Le forme del testo, t. II, La prosa,
Einaudi, Torino 1984, pp. 891-974. Ancora valido su Galileo B. MIGLIORINI, Galileo e la lingua italiana, in ID.,
Lingua d’oggi e di ieri, cit., pp. 111-133.
È verità per noi assodata, ma è una più lenta acquisizione della nostra storiografia linguistica
(con un punto fermo nel
"Saggio sopra la filosofia delle lingue" di Melchiorre Cesarotti), che
nessuna lingua è pura e nessuna lingua è così perfetta e ricca da non necessitare di nuovi apporti.
Venuta a cadere una concezione puristica della lingua (dal purismo Sette-Ottocentesco a quello fascista, in cui la lingua veniva identificata con l’unità nazionale, come un segno distintivo della
propria identità politica e culturale), l’arricchimento con «prestiti» di parole straniere è uno dei modi di incremento del serbatoio lessicale della lingua e un segno della storia dei rapporti di una
lingua con le altre lingue di cultura, presenti e passate.
Si definisce «prestito linguistico» il fenomeno per cui una lingua utilizza prima e
assume poi tratti linguistici di un’altra lingua inesistenti precedentemente nel proprio sistema.
I prestiti interessano tutto il sistema della lingua, dal piano fonologico e fonetico (in misura pressoché inesistente nell’italiano.
ad esempio la realizzazione del fonema
/j/
in parole francesi entrate nell’uso, come garage, abatjour39) a quello morfologico (ad esempio l’uso del morfema plurale –s in parole inglesi come "films", decisamente minoritario rispetto alla forma indeclinata), dal piano sintattico (costrutti del tipo
«chi è chi»
sull’inglese who is who, o
«la seconda più grande città degli Stati Uniti») a quello lessicale, che tocca singole parole o locuzioni.
È questo con tutta evidenza il
settore maggiormente coinvolto, sia sul piano diacronico (come azione di una lingua di sostrato,
scomparsa dopo la sovrapposizione linguistica della lingua dei dominatori, che ha agito e agisce su
quella stessa lingua; o di superstrato , come nel caso dei prestiti germanici entrati in Italia all’epoca
delle invasioni barbariche; o di adstrato, lingua confinante o di contatto, com’è il caso dei prestiti
medievali dall’arabo), sia sul piano sincronico, com’è il caso degli angloamericanismi entrati
massicciamente in italiano a partire dal Dopoguerra soprattutto grazie ai moderni mezzi di
comunicazione di massa – dalla televisione a internet - , configurando così un caso di adstrato
culturale, di interferenza linguistica anche in assenza di contatto e contiguità geografica.
I prestiti si definiscono «di necessità», quando la parola viene introdotta (in forma più o
meno imitativa dell’originale) contestualmente al nuovo referente: come nel caso di molte parole
arrivate con la scoperta dell’America, quali patata, dall’haitiano, per il tramite dello spagnolo, o
canoa; o, caffè dal turco e zero dall’arabo; o, più di recente40, juke-box e tutta la terminologia
informatica (
"computer",
"mouse",
"display",
"hardware",
"software",
"driver",
e anche un aggettivo che si
riferisce alla comunicazione utente-pc come "friendly") dall’angloamericano.
I prestiti che si
definiscono «di lusso» a rigore sono superflui, perché la lingua già ha in sé le risorse lessicali
alternative al termine esotico, ma assumono una connotazione stilistica – com’è il caso di parole
brevi e fonoespressive particolarmente accettate dal linguaggio giornalistico, come
"show", "boom,"
34 Edito una prima volta nel 1785 e poi in forma definitiva nel 1800. Cfr Discussioni linguistiche del Settecento , a cura
di M. Puppo, UTET, Torino 1979
35 In Cesarotti secondo il principio sensistico-illuministico del miglioramento progressivo delle lingue.
36 Con la proibizione delle parole straniere nelle insegne dei negozi, nella pubblicità o nelle etichette della merce; con la
prescrizione mussoliniana dell’uso del voi sul lei; con l’italianizzazione, da parte di una «Commissione»
dell’Accademia d’Italia «per l’espulsione dei barbarismi dalla lingua italiana», di oltre millecinquecento esotismi,
alcune delle quali ragionevoli e in accordo con la nostra tradizione linguistica, del tipo accordo per "agreement",
bambinaia per "nurse", rinfresco per "buffet:, altre ridicole del tipo "tagliatella" per
"cocktail".
Cfr.
S. RAFFAELLI, Le parole proibite. Purismo di stato e regolamentazione della pubblicità in Italia (1812-1945), Il Mulino, Bologna 1983.
37 Cfr. T. DE MAURO, Postfazione a Grande dizionario italiano dell’uso, a cura di T. De Mauro, VI, UTET, Torino
1999, pp. 1163-1183.
38 Specialmente in situazioni di bilinguismo, quando gli stessi locutori utilizzano due lingue selezionando l’una o l’altra a seconda dell’ambiente o delle situazioni comunicative.
39 Che non a caso in alcuni dialetti settentrionali vengono realizzati come /z/ (s sonora): garas, abasur.
40 L’elenco è assolutamente casuale, e potrebbe essere molto più lungo.
41 Ironicamente si chiede Dardano (M. DARDANO, Manualetto di linguistica italiana, Zanichelli, Bologna 20032, p.
258) «quale potrebbe essere l’equivalente italiano di sit-in: ‘raduno di dimostranti che, stando seduti per terra, occupano
"click" rispetto a “traduzioni” come ‘spettacolo’, ‘sviluppo (economico)’, schiacciare il puntatore’, che poi sarebbe il "mouse" (divenuto ormai prestito di necessità) del pc - o di (supposta) promozione
sociale: è il caso della preferenza per anglismi quali "baby-sitter", "manager", "week-end" rispetto a
bambinaia42, dirigente, "fine settimana".
Il prestito può essere «non integrato» («integrale», «non adattato», a seconda della
terminologia adottata), se il vocabolo esotico viene accolto nella forma originaria (e quindi con
sequenza di fonemi e morfemi estranei all’italiano), del tipo "bar", "computer", équipe, lager, "tram", o
«integrato»44 («adattato») nel nostro sistema fono-morfologico, al punto tale da renderlo
indistinguibile dalle parole del repertorio lessicale autoctono, se non con una competenza
etimologica, come ad esempio "bistecca" dall’inglese "beefsteak", ingaggiare dal francese engager.
Un
tipo peculiare di prestito è il «calco», neologismo formato con materiale indigeno su modello
straniero.
Il calco può essere «semantico», quando una parola italiana preesistente cambia
significato deducendolo da una parola straniera, e si può specificare in calco «omonimico», cioè
basato anche sulla somiglianza fonica, come realizzare ‘capire’ sull’inglese to realize, autorizzare
‘permettere’ sul francese autoriser; e calco «sinonimico», cioè basato sulla somiglianza del
significato, come "fuorilegge" sull’inglese "outlaw".
Oppure può essere «di traduzione», quando si
forma un nuovo composto con lessemi italiani traducendo letteralmente i singoli componenti una
parola straniera, come
"grattacielo" su "skyscraper",
"ferrovia" (che convive con la forma autoctona
strada ferrata) sul tedesco Eisenbahn, "guerra fredda" su cool war.
5.3.1. Prestiti dalle varietà linguistiche germaniche45 sono penetrati in latino (e quindi
nell’italiano) in varie epoche.
Le prime entrate46 sono antecedenti al IV secolo e poi si fanno più
diffuse in epoca imperiale:
"alce",
"brace" ( < *braso- ‘carbone ardente’),
"sapone" (‘tintura per capelli’
poi ‘sapone’),
vanga, ovviamente vocaboli di àmbito militare:
"elmo",
"guerra" (werra ‘rancore, astio,
discordia’ che soppianta del tutto il latino "BELLUM"),
"guardare", guardia, guardiano, ( < *wardon,
‘stare di guardia’), ma anche
"stalla",
"banco", quasi certamente anche
"bianco" (che elimina ALBUS).
Non è invece sempre agevole distinguere gli strati (e la cronologia) di dominazione successiva a cui riferire altri, più numerosi prestiti.
Al francone probabilmente risale "rubare" ( < raubon, denominale
di rauba ‘roba’ ma anche ‘bottino’ e ’veste’, da cui anche il francese moderno robe).
Di matrice
gotica sono
"albergo"
( < *hari-berg, ‘alloggiamento militare’),
"arrancare" ( < ranco ‘zoppo’),
"astio",
bega, fiasco, tappo;
gotismi di area italiana (non comuni, come gli altri, a tutta l’area della
Romània, l’area cioè di espansione del latino) sono
greto
grinta
guercio
melma (< malma
‘sabbia’)
nastro
stecca.
Anche per la durata bisecolare della dominazione (densa fra l’altro di
conseguenze linguistiche, prima fra tutte il frazionamento dialettale, imputabile alla separazione fra zona di longobarda e zona bizantina più cospicuo) i prestiti longobardi sono i più numerosi e
riferibili a ambiti semantici fondamentali, termini anatomici:
anca
guancia
magone ( < *mago ‘strozza’, poi con il significato, vivo dialettalmente, di ‘stomaco’, solo successivamente, per
estensione, ‘ansia, oppressione, motivo di dispiacere’)
milza
nocca
schiena
stinco;
riguardanti la
casa:
balcone
scranna, stamberga, (letteralmente ‘casa di pietra’)
o il lavoro dei campi:
bica
gora,
un luogo pubblico’?». E conclude:
«In ogni modo la storia ci dimostra che anche il prestito di lusso può diventare
elemento stabile della lingua che lo accoglie».
42 Con una sfumatura leggermente diversa, per cui l’anglismo connota un’occupazione saltuaria, legata a un mondo di
attività giovanili, rispetto a una professione continuativa e socialmente ‘alta’.
4La successiva derivazione dal prestito non integrato crea però lessemi totalmente integrati nella nostra lingua:
to click
> "cliccare", manager >
"manageriale", bar >
"barista" (che convive, con sfumatura leggermente peggiorativa, con barman).
A rigore rientra in questa categoria anche il cosiddetto «prestito interno», cioè tra varietà locali del territorio poi
divenuto nazionale: è la storia dei dialettismi diffusi nell’italiano in epoche diverse della sua storia, dal veneto arsenale,
citato da Dante, al meridionale mozzarella.
45 Cfr. M.G. ARCAMONE, L’elemento germanico antico medievale e moderno (con esclusione dell’inglese), in Storia
della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P.Trifone, III, Le altre lingue , Einaudi, Torino 1994, pp. 751-790.
46 Fondamentale
A. CASTELLANI,
"Grammatica storica italiana"
Introduzione, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 29-94.
sterzo dell’aratro, zolla, la caccia e l’equitazione: aizzare, trottare, staffa, termini dell’ordinamento
giuridico:
castaldo,
faida,
guidrigildo,
tregua; peggioramento semantico hanno subito termini
originariamente “neutri” come sguattero (letteralmente ‘guardiano’), sgherro (‘capitano’),
manigoldo ( < manovaldo ‘tutorssegnato per legge a una donna ’) .
Frequenti i toponimi,
a partire dall’etnico
Lombardia
Brera
Braida ( < braida ‘pianura’)
Fara/Farra (originariamente ‘corpo di spedizione’)
Garda
Gardone
Gualdo ( < *wald ‘beni fondiari’)
Guastalla.
Dovuta
all’insediamento franco è la diffusione di
bosco
dardo
galoppare
grigio
guanto
gonfalone
guadagnare
Germanismi di epoca più tarda, basso Medioevale, sono i nomi di monete quali tallero, del
periodo dei Comuni termini politico-militari come guelfo (dal patronimico bavarese Welfen) e
ghibellino
-- dal toponimo Wibeling), legato al sacco di Roma (1527) il nome dei mercenari tedeschi
lanzichenecco ( < Landsknecht, alla lettera ‘servo del paese’).
Più recentemente sono pochi i
germanismi entrati nel nostro lessico: vocaboli tecnici (del tipo
diesel
dinamo
feldspato),
del
costume (fon47, kirsch, krapfen, landau, strudel, walzer), calchi di traduzione del lessico intellettuale (legati spesso alle traduzioni di Nietzsche, come ad esempio
"superuomo",
di Marx, come
"lotta di classe",
"plusvalore", di Freud, a partire dallo stesso psicanalisi). Più drammaticamente legata
alle due guerre mondiali l’immissione di termini militari quali
"bunker",
"kaputt", panzer, stukas, e del
nazismo, quali
"Führer" (probabile calco di traduzione sull’italiano "Duce"), (konzentration) lager
"campo di concentramento"
48.
5.3.2.Il greco rimase sempre per il latino un superstrato culturale vivo e immanente, base
di tecnicismi e neoconiazioni, che poi passano all’italiano, del tipo emorroidi, ipocondria;
specialmente vive sono a tutt’oggi le neoformazioni basate sul greco in composti ibridi (anche nelle
coniazioni di ambito politico) del tipo burocrazia, centimetro, dietrologia, iperletterario,
ipernazionalista, tuttologo,e nella terminologia tecnico-scientifico-medica moderna: anestesia,
arteriosclerosi, elettricità, cardiologia (e tutte le settorializzazioni mediche del tipo geriatria,
pediatria, urologia), con largo uso di suffiss(oid)i/prefiss(oid)i greci del tipo astronauta. Grecismi
sono entrati, sempre per il tramite del latino, grazie al contatto con il mondo bizantino, a partire da
termini marinareschi come argano, galea, gondola, molo; diffusi anche termini di uso commerciale
e botanico, quali anguria, bambagia, basilico, catasto, indivia,e più comune, come bottega ( apothéka).
Una fortissima spinta al grecismo venne dal cristianesimo, che introdusse
parole come parabola49 (che in rapporto alla predicazione di Cristo assume il valore di ‘esempio’ e
poi nella Vulgata, la traduzione della Bibbia fatta da San Girolamo, di parola), angelo, calare ( <
), chiesa, martire. Sempre tramite la Vulgata entrano elementi ebraici come
alleluia, amen, cherubino, manna, osanna; pasqua 50, sabato).
5.3.3. La presenza araba nel Mediterraneo non genera fusione con le popolazioni
sottomesse (si pensi alla Sicilia), ma ha un notevole prestigio culturale, per cui introduce vocaboli
relativi a nomi di piante: arancia, cotone, limone,spinaci, zucchero; al commercio: dogana,
fondaco, magazzino, tariffa; all’organizzazione politica: soldano e sultano, califfo, sceicco; alla
navigazione e all’astronomia: almanacco, ammiraglio, arsenale51,azimut, darssceriffoena,
libeccio,nadir, scirocco, zenit; a tecniche: alambicco, alchimia (dal bizantino ‘fusione,
mescolanza di liquidi’ ,poi ripreso dall’arabo con passaggio a ‘pietra filosofale’, appunto alchimia)
alcool (all’origine letteralmente una polvere per tingere le sopracciglia), elisir, talco; e in special
47 Da föhn ‘vento caldo’, passato per contiguità in italiano a merceonimo, per indicare l’asciugacapelli elettrico.
48 Nella forma neerlandese lager già diffuso a inizio Novecento, in riferimento alla guerra anglo-boera.
49 Che in Seneca, ad esempio, è ancora termine retorico a indicare la similitudo.
50 Sul greco , a sua volta derivato dall’aramaico, con probabile incrocio con il latino urale pascua ‘pascoli’.
51 Precocemente usato da Dante.
modo alla matematica: algebra, algoritmo, cifra e zero52 (entrambi da SIFR, ‘vuoto, zero’, che
successivamente, per la grandissima importanza nella numerazione decimale comporta la sua
estensione alle nove cifre – appunto – significative, cifra per l’intermediario dello spagnolo); ai
giochi, in particolare gli scacchi53: scacco matto, alfiere (da AL-FIL ‘elefante’), dado ( < ALZAHR;
in Dante zara; per il tramite del francese hasard, con sovrapposizione del suffisso –ard,
azzardo). Sono arabismi parole a tutt’oggi di uso comune quali azzurro, facchino, ragazzo. 54.
Arabismi (o forse meglio islamismi) più recenti sono legati alla maggiore interculturalità connessa
alle recenti immigrazioni, ai contatti culturali con una più diffusa conoscenza di usi e costumi, alla
circolazione di notizie politiche dal Medio Oriente: chador, intifada (letteralmente ‘scuotimento’),
kefiah, feddayn (‘colui che è pronto a sacrificarsi?), o dall’Iran e Iraq: ayatollah (alla lettera ‘segno
di Dio’ e solo dopo ‘religioso islamico’), burqa, hezbollah, pasdaran.
5.3.4. La storia della nostra lingua, dai primi secoli (in cui le letterature d’oil e d’oc e i
modelli delle chansons de geste e della lirica trobadorica influenzano profondamente i nostri
scrittori) alla fase di maggior penetrazione connessa alla diffusione dell’Illuminismo, dei principi e
delle istituzioni della Rivoluzione55, è storia di scambi e prestiti con le lingue di maggior prestigio,
della Francia, il provenzale e il francese.
La capacità propulsiva di questa penetrazione si misura nell’adozione stabile di alcuni
suffissi, divenuti poi produttivi in italiano: -aggio (< -ATICUM): baronaggio, coraggio, lignaggio,
omaggio, viaggio; -ardo: bastardo, beffardo, bugiardo, codardo; - iere (contro l’esito indigeno di –
ARIUS > -aio, -aro): cameriere, cancelliere, cavaliere, destriere, origliere ‘cuscino’ (e
limitatamente alla poesia amorosa della lirica siciliana -anza: allegranza, amanza, amistanza,
fidanza; -enza: credenza; -ura: freddura), -izzare (accanto a –eggiare).
I gallicismi medievali interessano vari campi, dal lessico primario: i francesismi burro,
cugino, derrata, giallo, giardino, giorno (che sostituisce DIEM > dì), mangiare (che sostituisce ben
presto gli indigeni manducare, manicare), passaggio, saggio (che convive con il provenzalismo
savio), svegliare, viaggio,e i provenzalismi bugia, speranza, a quello militare: cavaliere, gonfalone,
lizza, schiera, scudiere, stendardo, usbergo; da quello della caccia: astore, levriere, sparviere, a
quello della vita cavalleresca e di corte: cavaliere, dama, lignaggio, messere, scudiere; a quello
dell’abbigliamento: cotta, cuscino, fermaglio, gioiello, e della musica: liuto, viola.
Nei secoli seguenti, pur riducendosi notevolmente, la produttività del prestito continua nel
settore militare: avanguardia, batteria, brigadiere, carabina, maresciallo, trincea, e comincia ad
espandersi in quello della cucina: besciamella, bigné ,brioche, ragù.
Ma gli anni più fecondi, quelli che segnano una vera «gallomania» in Italia, sono quelli che
vanno dalla metà del ‘600 al cosiddetto Triennio rivoluzionari (1796-1799). I settori interessati al
prestito sono i più diversi: boulevard, cronometro,faraone ‘gioco d’azzardo con le carte’, purè,
rondeau (scritto presto rondò), sarcasmo, suicidio, con una forte espansione nell’ambito politico:
coalizione, complotto, controrivoluzionario, insieme a rivoluzione, fanatico, giacobino,
52 La latinizzazione in ZEPHIRUM (con la trafila > zefiro ( > zefro) > zero) è opera del matematico e mercante pisano,
Leonardo Fibonacci, che con il Liber abbaci (1202) introdusse in Europa la numerazione araba.
53 Appresi dagli Arabi dai Persiani.azzardo
54 Cfr. G.B. PELLEGRINI, Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciali riguardo all’Italia, Paideia, Brescia 1972;
M. MANCINI, Voci orientali ed esotiche nella lingua italiana, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e
P.Trifone, III, Le altre lingue , cit., pp. 825-879.
55 Cfr. S. MORGANA, L’influsso francese, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P.Trifone, III, Le altre
lingue, cit., pp. 671-719. Per i primi secoli, oltre al capitolo sull’influsso galloromanzo di A. CASTELLANI,
Grammatica storica italiana, I, Introduzione, Il Mulino, Bologna 2002, pp 000-000, si vedasi veda R. CELLA, I
gallicismi nei testi dell’italiano antico (dalle origini alla fine del sec. XIV), Accademia della Crusca, Firenze 2003;
sull’influsso del francese nel XVIII secolo cfr. A. DARDI, Dalla provincia all'Europa: l'influsso del francese
sull'italiano tra il 1650 e il 1715, Le lettere, Firenze,1992 e E LESO, Lingua e rivoluzione: ricerche sul vocabolario
politico italiano del triennio rivoluzionario 1796-179,9, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Venezia 1991 (su cui il
libro-recensione dello stesso Dardi «La forza delle parole». In margine a un libro recente su lingua e rivoluzione, senza
indicazioni tipografiche, Firenze 1955).
ghigliottina, sovversivo, terrorismo (dove assumono nuovo significato parole tradizionali come
cittadino,democrazia, nazione, tirannia) e in quello delle istituzioni e burocratico, a partire proprio
da burocrazia: autorizzare, codificare, corte d’assise, corte di cassazione, funzionario, ripristinare,
stato civile, timbro, votazione.
Fra Otto e Novecento rimangono toccati dal prestito ancora la cucina: casseruola, maionese,
pâté (ben presto scritto patè), menu, omelette,restaurant, soufflé (ben presto scritto sufflè), menu,
tartina; la moda: boutique, chemisier, chic,,decolleté, defiéè, plissé; lo spettacolo: avanspettacolo,
café-chantant, cinema, soirée, soubrette; lo sport: boxeur, pistard, velodromo, e l’automobilismo:
carburante, chassis (poi sostituito da telaio), chauffeur (sostituito da autista), parabrise (sostituito
con parabrezza), la scienza: disinfettante, nervosismo, organismo, vaccino. Negli ultimi
cinquant’anni il francesismo si ridotto a fenomeno sporadico e marginale, ancora nel settore della
moda e della cucina: fuseaux, griffe, prêt-à-porter, croissant.
5.3.5. Fino al Quattrocento lo spagnolo è il principale tramite nella diffusione degli arabismi
in italiano. La diffusione di parole come infante ‘titolo nobiliare che veniva dato ai figli dei re di
Spagna e di Portogallo, con esclusione dell'erede al trono‘, posata in origine ‘posto apparecchiato a
tavola’, è legata al consolidamento del dominio aragonese nell’Italia meridionale (1442). La
maggior parte degli iberismi entra però nell’italiano nei cent’anni (fra il 1559, pace di Cateau-
Cambrésis, e 1619, pace dei Pirenei) che vedono il diretto dominio spagnolo in Italia; sono termini
del costume come: baciamano, brio, creanza, etichetta, lazzarone, sfarzo, sussiego, puntiglio,
vigliacco; marinareschi: babordo, doppiare, flotta,nostromo, tolda, tribordo, uragano, e militari:
guerriglia,parata, zaino. Spagna e Portogallo, grandi potenze coloniali, introducono in italiano
esotismi provenienti dall’America centro-meridionale, soprattutto nomi di piante, animali e oggetti:
ananas, amaca, cacao, cioccolata, caimano,condor, lama, mais, patata,e dall’Oriente , in particolar
modo il portoghese: ananas, bambu, banana,cocco, mandarino, pagoda. 56 Entrano più tardi altri
liberismi che si consolideranno nell’uso; nel Settecento: barocco, disdoro, embargo, lero, miliziano,
sigaro; nell’Ottocento: caramella, cioccolatino, termini legati al folclore spagnolo: bolero, corrida,
quadriglia, torero, alle scienze: chinino, cocaina, droga, termini militari: guerrigliero, rancio,
reclutamento, e, nel secolo appena trascorso, termini politici, alcuni connessi alla Guerra civile
spagnola: caudillo (termine riferito al generale Francisco Franco, da cui anche franchismo), falange,
falangista, pasionaria (con riferimento alla repubblicana comunista Dolores Ibarruri) e
l’espressione quinta colonna (cioè una supposta colonna “interna” a Madrid,assediata dalle quattro
colonne franchiste esterne); altri all’America latina: golpe, golpista, peronismo, peronista, (più
effimeri contras, campesino, sandinista, subcomandante, sandinista).
5.3.6. Macroscopica è oggi la presenza dell’inglese nell’italiano, oltre tutto in continua
crescita.57 Nel Settecento58 l’influsso linguistico inglese, nonostante la vera e propria dichiarata
«anglomania» di scrittori come Baretti, è scarso. Sul piano lessicale entrano in italiano pochi
anglicismi, mediati dal latino; fra questi citiamo: adepto, colonia, costituzionale, inoculare,
legislatura, parziale, petizione. L’Ottocento e i primi del Novecento ne diffondono un numero
maggiore, sulla scia della fortuna anche in Italia dei romanzi di Walter Scott e poi di James
Fenimore Cooper59 e la diffusione dei giornali; ricordiamo: acquario (acquarium esempre con
latinismo criterium), antidiluviano, autobiografia, gentleman, inflazione, milady, whisky e
56 Cfr. A. D’AGOSTINO, L’apporto spagnolo, portoghese e catalano, in Storia della lingua italiana, a cura di L.
Serianni e P.Trifone, III, Le altre lingue, cit., pp. 791-824.
57 Cfr. G. CARTAGO, L’apporto inglese, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P.Trifone, III, Le altre
lingue, cit., pp. 721-750; da vedere anche I. KLAJN, Influssi inglesi nella lingua italiana, Olschki, Firenze 1972 e G.
RANDO, Dizionario degli anglismi nell’italiano postunitario, Olschki, Firenze 1987.
58 L ’interesse, episodicamente anche linguistico, per l’Inghilterra nel corso del secolo precedente è testimoniato nelle
Relazioni d’Inghilterra, 1668 e 1688 (Firenze,Olschki,1982) di Lorenzo Magalotti. al Granduca di Toscana.
59 Cfr. A-V. CALIMANI SULLAM, Il primo dei mohicani. L’elemento americano nelle traduzioni dei romanzi di J. F.
Cooper, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa 1995.
pellerossa (e rifatto su questo viso pallido), sceriffo (peraltro originariamente un arabismo). Gran
parte degli anglicismi (più correttamente bisognerebbe definirli angloamericanismi) non adattati
nell’italiano contemporaneo sono entrati popola seconda Guerra mondiale. È un fenomeno vistoso e
appariscente ma di dimensioni quantitative più limitate di quanto generalmente si pensi60. Semmai
va rilevato che alcuni anglicismi (del tipo jeans, killer, kit, okay, partner, punk, puzzle, scout, ,
spray, west) sono ormai stabilmente radicati nel lessico italiano e usati a tutte le età da tutti i
locatori; quantitativamente rilevante, quindi, è il numero delle parole di origine inglese, sia pure di
uso limitato, che entrano nel vocabolario italiano, e la loro concentrazione in campi determinati, in
particolare in settori oggi in espansione, dalla finanza al marketing ,(budget, business, meeting,
manager,part-time) all’informatica (click, computer, format, hardware, mouse, pc, oftware) negli
sport (baseball, basketball, tie-break, volley), tempo libero e spettacolo (hobbies, appunto:
audience, hi-fi ,network, pay-per-view, pay tv, star-system, videogames, ), nelle scienze e nella
tecnologia. Ma ogni elenco rischia di essere riduttivo e casuale. A partire dall’ultimo dopoguerra il
rapporto fra anglicismi adattati e non adattati si è risolto a favore di questi ultimi. Gli stretti rapporti
fra inglese e italiano sono testimoniati dal carattere di normalità che rivestono alcuni derivati da
basi inglesi (dribblare, lookare, manageriale, sponsorizzare, zoomare) dal gran numero di calchi
semantici, sia omonimici (acculturation > acculturazione, to contact > contattare, to pressurize >
pressurizzare), che sinonimici (fuorilegge – ingl. outlaw), e di prestiti semantici, anch’essi distinti
fra omonimici (to assume > assumere ‘supporre’, to realize > realizzare) e in sinonimici (colomba
‘fautore della pace’- ingl. dove).
60 Se T. DE MAURO, F. MANCINI, M. VEDOVELLI, M. VOGHERA, Lessico di frequenza dell’italiano parlato, cit.,
quantificano nel loro corpus di 496.335 occorrenze 1234 forestierismi fono-morfologicament e non integrati, pari allo
0,25%. Gli anglismi in questo contesto sono entro lo 0,3% nel parlato e al 2% nello scritto. Dati leggermente superiori
(3-4%) si evincono da sondaggi fatti su articoli di giornale da Sobrero 1992Cmanca
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