Luigi Speranza
Emanuele Filiberto rende omaggio al Milite Inoto
L’erede dei Savoia, Emanuele Filiberto, esprime un rammarico
«non viene dall’essere stato escluso in prima persona dalle celebrazioni, quanto dal fatto che la storia sia stata falsificata cancellando i Savoia. Questo avviene perché l’Italia non ha ancora elaborato il lutto per il proprio passato».
Il rifermento è al discorso che il capo dello Stato ha tenuto a Reggio Emilia l’8 gennaio:
«Se sento – dice Emanuele Filiberto – che nel discorso del presidente della
Repubblica sulla bandiera non si cita Vittorio Emanuele II, e che come padri della
Patria vengono indicati sempre solo Garibaldi e Mazzini, mai Carlo Alberto, questo è
chiaramente una falsificazione della storia, perché senza di loro il nostro Paese
non sarebbe lo stesso».
L’Italia, secondo Emanuele Filiberto, continua a mutilare il proprio passato.
«In altri Paesi – dice – ci si confronta con la storia anche coinvolgendo i discendenti, mentre la mia famiglia non è stata ufficialmente coinvolta».
Ma non è questo che l’erede dei Savoia chiede alle istituzioni repubblicane, quanto
«rispetto» per la sua casa e per i suoi avi. Tra l’altro «un bel gesto, in questo anno così importante», sarebbe far rientrare dall’esilio le spoglie di Vittorio Emanuele III e della regina Elena, e quella di Umberto II, e di sua moglie Maria Jose e permettere che riposino al Pantheon.
L’appello arriva nel giorno in cui la più antica associazione combattentistica italiana celebra i re d’Italia e la propria storia di custode dei sovrani: l’Istituto nazionale per la Guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon, ente morale sotto la vigilanza del ministero della Difesa. Circa 5mila iscritti, soprattutto «militari, professionisti e appartenenti all’antica nobiltà», eredi di veterani delle guerre risorgimentali che vigilarono sulla tomba di Vittorio Emanuele II al Pantheon, che da statuto forniscono «un tributo di riconoscenza all’augusta Casa Savoia che portò all’unità e alla grandezza dell’Italia» e di cui Emanuele Filiberto è presidente onorario.
«La storia del Paese va preservata – dicono gli iscritti attendendo la celebrazione nella piazza – e per questo anche la memoria dei Savoia», mentre qualcuno mormora timidamente:
«Ma l’Italia è una Repubblica…».
Con persone così ferventemente impegnate, impossibile evitare, quindi, incursioni polemiche: «Nelle celebrazioni per l’unità – dice un iscritto – si è trascurato il fatto che l’Italia è nata come regno. Questo non significa essere monarchici, ma amore per la storia».
Il giovane Savoia, cui il messaggio è rigirato, risponde riconoscente:
«Mi sento di ringraziare tutti quelli che ci hanno sostituito durante gli anni d’esilio. Hanno fatto in modo che la memoria storica rimanesse viva».
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