Tuesday, July 31, 2012

Il nudo maschile nella statuaria romana antica: GIACINTO -- Castelporziano -- Palazzo Massimo, Roma

Speranza

 
Discobolo
Discobolo
AutoreMirone
Data455 a.C.
Materialebronzo (originale)
Dimensioni124 cm
UbicazioneMuseo nazionale romano di Palazzo Massimo, Roma (Discobolo Lancellotti)
Discobolo Townley, veduta di lato

Il Discobolo è una scultura realizzata da Mirone intorno al 455 a.C. in bronzo, e oggi è nota solo da copie marmoree dell'epoca romana, tra cui la migliore è probabilmente la versione Lancellotti (h. 124 cm) nel Museo nazionale romano, sezione di Palazzo Massimo alle Terme.

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Storia [modifica]

L'opera venne forse fusa per la città di Sparta come il fanciullo Giacinto nell'atto di scagliare il disco; Apollo, amante del ragazzo, l'avrebbe infatti ucciso involontariamente proprio rilanciandogli il disco. L'opera venne ammirata e di lì a poco, nel 455 a.C., anche Atene ne chiese una copia.
Dell'opera si conoscono diverse versioni. Tra le più importanti, oltre a quella Lacellotti, ne esiste una integra al British Museum detta Townley e proveniente da villa Adriana, che si distingue per un trattamento della testa più adrianeo, dai capelli più lunghi; inoltre lo scultore, possedendo una tecnica più avanzata, ridusse il tronco d'appoggio a lato della figura. Nel Museo nazionale romano si conserva un'altra versione frammentaria, detta di Castelporziano; nei Musei Capitolini esiste un Guerriero morente che contiene il torso antico di un Discobolo; nel Kunsthistorisches Museum di Vienna un torso con le gambe il cui autore, preoccupato dalla statica, mise un tronco più grande alla base. Nella Gliptoteca di Monaco ne esiste una piccola versione romana in bronzo. Una in marmo agli Uffizi, restaurata con una testa di Alessandro Magno del III secolo a.C.

Descrizione e stile [modifica]

L'atleta venne raffigurato nel momento in cui il suo corpo, dopo essersi rannicchiato per prendere slancio e radunare le forze, sta per aprirsi e liberare la tensione. Lo scultore si interessò alla rappresentazione del corpo in movimento, proiettandolo nello spazio e cogliendo il momento culminante dell'azione. La torsione del corpo, in una composizione a ruota, è vigorosa, ma allo stesso tempo armoniosa e delicata. Un'osservazione attenta rivela la possibilità di dividere l'opera in varie parti racchiuse in uno schema geometrico ben preciso, composto da quattro triangoli sovrapposti così definiti: il primo tra la base e i polpacci delle due gambe; il secondo chiuso tra la coscia destra e il polpaccio sinistro, con il vertice formato dalla piega interna del ginocchio; il terzo nello spazio creato dalla parte superiore della gamba, dal braccio sinistro poggiato sul ginocchio e dal torso; l'ultimo definito dalle linee del costato e del braccio sinistro che si incontrano in corrispondenza del capo. Un "effetto molla" è prodotto, invece, dalle sporgenze e dalle rientranze della parte sinistra della statua. Il busto si mostra frontale mentre un grande arco, che sottolinea l'effetto di tensione, viene formato dal braccio destro sollevato e lasciato indietro, dalle spalle, dal braccio sinistro e dalla gamba sinistra arretrata. Questa costruzione geometrica delle forme sacrifica qualche esattezza nel proporzionamento anatomico.
Vi si notano interessi per l'anatomia e l'intreccio compositivo delle membra comparabili a quelli già osservati nel frontone occidentale di Olimpia. Un legame con la tradizione anteriore è rappresentato dagli effetti disegnativi, che si percepiscono soprattutto nella chioma e nella geometria degli arti. Inoltre non siamo ancora a uno stile veramente a tutto tondo, essendo la visione frontale di gran lunga quella più interessante.
L'espressione di serenità, priva di sentimenti e accennate solo una tenue concentrazione, fu criticata da Plinio (Naturalis Historia, XXXIV, 58.).

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