Tuesday, November 27, 2012

La clemenza di Tito: Atto II **

Speranza

ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Portici.
SESTO solo, col distintivo de’ congiurati sul manto
SESTO
Oh dei, che smania è questa!
Che tumulto ho nel cor! Palpito, agghiaccio,
m’incamino, m’arresto, ogn’aura, ogn’ombra
580mi fa tremare. Io non credea che fosse
sì difficile impresa esser malvagio.
Ma compirla convien; già per mio cenno
Lentulo corre al Campidoglio; io deggio
Tito assalir. Nel precipizio orrendo
585è scorso il piè. Necessità divenne
ormai la mia ruina. Almen si vada
con valore a perir. Valore? E come
può averne un traditor? Sesto infelice
tu traditor! Che orribil nome! E pure
590t’affretti a meritarlo. E chi tradisci?
Il più grande, il più giusto, il più clemente
principe della terra, a cui tu devi
quanto puoi, quanto sei. Bella mercede
gli rendi invero. Ei t’innalzò per farti
595il carnefice suo. M’inghiotta il suolo
prima ch’io tal divenga. Ah non ho core
Vitellia a secondar gli sdegni tui;
morrei prima del colpo in faccia a lui.
S’impedisca... Ma come
600or che tutto è disposto... Andiamo, andiamo
Lentulo a trattener. Sieguane poi
quel che il fato vorrà. Stelle! Che miro!
Arde già il Campidoglio! Aimè l’impresa
Lentulo incominciò. Forse già tardi
605sono i rimorsi miei;
difendetemi Tito eterni dei. (Vuol partire)
SCENA II
ANNIO e detto
ANNIO
Sesto dove t’affretti?
SESTO
Io corro amico...
Oh dei non m’arrestar. (Come sopra)
ANNIO
Ma dove vai?
SESTO
Vado... Per mio rossor già lo saprai. (Parte)
SCENA III
ANNIO, poi SERVILIA, indi PUBLIO con guardie
ANNIO
610Già lo saprai per mio rossor! Che arcano
si nasconde in que’ detti? A quale oggetto
celarlo a me! Quel pallido sembiante,
quel ragionar confuso
stelle che mai vuol dir? Qualche periglio
615sovrasta a Sesto. Abbandonar nol deve
un amico fedel. Sieguasi. (Vuol partire)
SERVILIA
Alfine
Annio pur ti riveggo.
ANNIO
Ah mio tesoro
quanto deggio al tuo amor! Torno a momenti.
Perdonami se parto.
SERVILIA
E perché mai
620così presto mi lasci?
PUBLIO
Annio, che fai?
Roma tutta è in tumulto; il Campidoglio
vasto incendio divora; e tu fra tanto
puoi star, senza rossore,
tranquillamente a ragionar d’amore!
SERVILIA
625Numi!
ANNIO
(Or di Sesto i detti
più mi fanno tremar. Cerchisi...) (In atto di partire)
SERVILIA
E puoi
abbandonarmi in tal periglio?
ANNIO
(Oh dio
fra l’amico e la sposa
divider mi vorrei). Prendine cura
630Publio per me; di tutti i giorni miei
l’unico ben ti raccomando in lei. (Parte frettoloso)
SCENA IV
SERVILIA e PUBLIO
SERVILIA
Publio, che inaspettato
accidente funesto!
PUBLIO
Ah voglia il cielo
che un’opra sia del caso e che non abbia
635forse più reo disegno
chi destò quelle fiamme.
SERVILIA
Ah tu mi fai
tutto il sangue gelar.
PUBLIO
Torna, o Servilia,
a’ tuoi soggiorni e non temer. Ti lascio
quei custodi in difesa e corro intanto
640di Vitellia a cercar. Tito m’impone
d’aver cura d’entrambe.
SERVILIA
E ancor di noi
Tito si rammentò?
PUBLIO
Tutto rammenta.
Provede a tutto. A riparare i danni,
a prevenir l’insidie, a ricomporre
645gli ordini già sconvolti... Oh se ’l vedessi
della confusa plebe
gl’impeti regolar! Gli audaci affrena;
i timidi assicura; in cento modi
sa promesse adoprar, minacce e lodi.
650Tutto ritrovi in lui; ci vedi insieme
il difensor di Roma,
il terror delle squadre,
l’amico, il prence, il cittadino, il padre.
SERVILIA
Ma sorpreso così, come ha saputo...
PUBLIO
655Eh Servilia, t’inganni.
Tito non si sorprende. Un impensato
colpo non v’è che nol ritrovi armato.
Sia lontano ogni cimento,
l’onda sia tranquilla e pura,
660buon guerrier non s’assicura,
non si fida il buon nocchier.
Anche in pace, in calma ancora,
l’armi adatta, i remi appresta,
di battaglia o di tempesta
665qualche assalto a sostener. (Parte)
SCENA V
SERVILIA sola
SERVILIA
Dall’adorato oggetto
vedersi abbandonar! Saper che a tanti
rischi corre ad esporsi! In sen per lui
sentirsi il cor tremante! E nel periglio
670non poterlo seguir! Questo è un affanno
d’ogni affanno maggior; questo è soffrire
la pena del morir, senza morire.
Almen, se non poss’io
seguir l’amato bene,
675affetti del cor mio
seguitelo per me.
Già sempre a lui vicino
raccolti amor vi tiene;
e insolito cammino
680questo per voi non è. (Parte)
SCENA VI
VITELLIA e poi SESTO
VITELLIA
Chi per pietà m’addita
Sesto dov’è? Misera me! Per tutto
ne chiedo invano, invan lo cerco. Almeno
Tito trovar potessi.
SESTO
Ove m’ascondo,
685dove fuggo infelice! (Senza veder Vitellia)
VITELLIA
Ah Sesto, ah senti.
SESTO
Crudel sarai contenta. Ecco adempito
il tuo fiero comando.
VITELLIA
Aimè, che dici!
SESTO
Già Tito... oh dio! già dal trafitto seno
versa l’anima grande.
VITELLIA
Ah che facesti!
SESTO
690No, nol fec’io, che dell’error pentito
a salvarlo correa. Ma giunsi appunto
che un traditor del congiurato stuolo
da tergo lo feria. «Ferma» gridai
ma ’l colpo era vibrato. Il ferro indegno
695lascia colui nella ferita e fugge.
A ritrarlo io m’affretto;
ma con l’acciaro il sangue
n’esce, il manto m’asperge e Tito, o dio,
manca, vacilla e cade.
VITELLIA
Ah ch’io mi sento
700morir con lui.
SESTO
Pietà, furor mi sprona
l’uccisore a punir; ma il cerco invano,
già da me dilieguossi. Ah principessa
che fia di me? Come avrò mai più pace?
Quanto, ahi quanto mi costa
705il desio di piacerti!
VITELLIA
Anima rea!
Piacermi! Orror mi fai. Dove si trova
mostro peggior di te? Quando s’intese
colpo più scelerato? Hai tolto al mondo
quanto avea di più caro. Hai tolto a Roma
710quanto avea di più grande. E chi ti fece
arbitro de’ suoi giorni?
Di’, qual colpa inumano
punisti in lui? L’averti amato? È vero,
questo è l’error di Tito;
715ma punir nol dovea chi l’ha punito.
SESTO
Onnipotenti dei! Son io? Mi parla
così Vitellia? E tu non fosti...
VITELLIA
Ah taci,
barbaro, e del tuo fallo
non volermi accusar. Dove apprendesti
720a secondar le furie
d’un’amante sdegnata?
Qual anima insensata
un delirio d’amor nel mio trasporto
compreso non avrebbe? Ah tu nascesti
725per mia sventura. Odio non v’è che offenda
al par dell’amor tuo. Del mondo intero
sarei la più felice,
empio, se tu non eri. Oggi di Tito
la destra stringerei; leggi alla terra
730darei dal Campidoglio; ancor vantarmi
innocente potrei. Per tua cagione
son rea, perdo l’impero,
non spero più conforto;
e Tito, ah scellerato! e Tito è morto.
735 Come potesti, oh dio,
perfido traditor...
Ah che la rea son io;
sento gelarmi il cor,
mancar mi sento.
740 Pria di tradir la fé
perché crudel perché...
Ah che del fallo mio
tardi mi pento. (Parte)
SCENA VII
SESTO e poi ANNIO
SESTO
Grazie, o numi crudeli; or non mi resta
745più che temer. Della miseria umana
questo è l’ultimo segno. Ho già perduto
quanto perder potevo. Ho già tradito
l’amicizia, l’amor, Vitellia e Tito.
Uccidetemi almeno
750smanie che m’agitate,
furie che lacerate
questo perfido cor. Se lente siete
a compir la vendetta,
io stesso, io la farò. (In atto di snudar la spada)
ANNIO
Sesto t’affretta.
755Tito brama...
SESTO
Lo so; brama il mio sangue,
tutto si verserà. (Come sopra)
ANNIO
Ferma; che dici?
Tito chiede vederti; al fianco suo
stupisce che non sei, che l’abbandoni
in periglio sì grande.
SESTO
Io!... Come?... E Tito
760nel colpo non spirò?
ANNIO
Qual colpo? Ei torna
illeso dal tumulto.
SESTO
Eh tu m’inganni.
Io stesso lo mirai cader trafitto
da scelerato acciaro.
ANNIO
Dove?
SESTO
Nel varco angusto, onde si ascende
765quinci presso al Tarpeo.
ANNIO
No; travedesti.
Tra il fumo e fral tumulto
altri Tito ti parve.
SESTO
Altri! E chi mai
delle cesaree vesti
ardirebbe adornarsi? Il sacro alloro,
770l’augusto ammanto...
ANNIO
Ogni argomento è vano.
Vive Tito ed è illeso. In questo istante
io da lui mi divido.
SESTO
Oh dei pietosi!
Oh caro prence! Oh dolce amico! Ah lascia
che a questo sen... Ma non m’inganni?
ANNIO
Io merto
775sì poca fé? Dunque tu stesso a lui
corri e ’l vedrai.
SESTO
Ch’io mi presenti a Tito
dopo averlo tradito?
ANNIO
Tu lo tradisti!
SESTO
Io del tumulto, io sono
il primo autor.
ANNIO
Come! Perché?
SESTO
Non posso
780dirti di più.
ANNIO
Sesto è infedele!
SESTO
Amico,
m’ha perduto un istante. Addio. M’involo
alla patria per sempre;
ricordati di me; Tito difendi
da nuove insidie; io vo ramingo, afflitto
785a pianger fra le selve il mio delitto.
ANNIO
Fermati. Oh dei! Pensiam... Senti; finora
la congiura è nascosta; ognuno incolpa
di quest’incendio il caso; or la tua fuga
indicar la potrebbe.
SESTO
E ben che vuoi?
ANNIO
790Che tu non parta ancor, che taccia il fallo,
che torni a Tito, e che con mille emendi
prove di fedeltà l’error passato.
SESTO
Colui, qualunque sia che cadde estinto,
basta a scoprir...
ANNIO
Là dov’ei cadde io volo.
795Saprò chi fu, se il ver si sa, se parla
alcun di te; pria che s’induca Augusto
a temer di tua fé, potrò avvertirti,
fuggir potrai. Dubbio è ’l tuo mal se resti,
certo se parti.
SESTO
Io non ho mente amico
800per distinguer consigli. A te mi fido;
vuoi ch’io vada? Anderò... Ma Tito, oh numi,
mi leggerà sul volto... (S’incamina e si ferma)
ANNIO
Ogni tardanza,
Sesto, ti perde.
SESTO
Eccomi, io vo... Ma questo (Come sopra)
manto asperso di sangue?
ANNIO
805Chi quel sangue versò?
SESTO
Quell’infelice
che per Tito io piangea.
ANNIO
Cauto l’avvolgi,
nascondilo e t’affretta.
SESTO
Il caso, oh dio,
potria...
ANNIO
Dammi quel manto; eccoti il mio. (Cambiano il manto)
Corri, non più dubbiezze.
810Fra poco io ti raggiungo. (Parte)
SESTO
Io son sì oppresso,
così confuso io sono,
che non so se vaneggio o se ragiono.
Fra stupido e pensoso
dubbio così s’aggira
815da un torbido riposo
chi si destò talor.
Che desto ancor delira
fra le sognate forme,
che non sa ben se dorme,
820non sa se veglia ancor. (Parte)
SCENA VIII
Galleria terrena adornata di statue corrispondente a giardini.
TITO e SERVILIA
TITO
Contro me si congiura! Onde il sapesti?
SERVILIA
Un de’ complici venne
tutto a scoprirmi, acciò da te gl’implori
perdono al fallo.
TITO
E Lentulo è infedele!
SERVILIA
825Lentulo è della trama
lo scelerato autor. Sperò di Roma
involarti l’impero; unì seguaci;
dispose i segni; il Campidoglio accese
per destare un tumulto; e già correa
830cinto del manto augusto
a sorprender, l’indegno, ed a sedurre
il popolo confuso.
Ma, giustizia del ciel! l’istesse vesti
ch’ei cinse per tradirti
835fur tua difesa e sua ruina. Un empio
fra i sedotti da lui corse, ingannato
dalle auguste divise,
e per uccider te Lentulo uccise.
TITO
Dunque morì nel colpo.
SERVILIA
Almen se vive
840egli nol sa.
TITO
Come l’indegna tela
tanto poté restarmi occulta?
SERVILIA
E pure
fra’ tuoi custodi istessi
de’ complici vi son. Cesare è questo
lo scelerato segno, onde fra loro
845si conoscono i rei. Porta ciascuno
pari a questo, signor, nastro vermiglio
che su l’omero destro il manto annoda.
Osservalo e ti guarda.
TITO
Or di’ Servilia,
che ti sembra un impero? Al bene altrui
850chi può sagrificarsi
più di quello ch’io feci? E pur non giunsi
a farmi amar; pur v’è chi m’odia e tenta
questo sudato alloro
svellermi dalla chioma;
855e ritrova seguaci; e dove? In Roma!
Tito l’odio di Roma! Eterni dei!
Io che spesi per lei
tutti i miei dì! Che per la sua grandezza
sudor, sangue versai
860e or sul Nilo, or su l’Istro arsi e gelai!
Io che ad altro, se veglio,
fuor che alla gloria sua pensar non oso,
che in mezzo al mio riposo
non sogno che il suo ben, che a me crudele
865per compiacere a lei
sveno gli affetti miei, m’opprimo in seno
l’unica del mio cor fiamma adorata!
Oh patria! Oh sconoscenza! Oh Roma ingrata!
SCENA IX
SESTO, TITO e SERVILIA
SESTO
(Ecco il mio prence. Oh come
870mi palpita al mirarlo il cor smarrito!)
TITO
Sesto, mio caro Sesto, io son tradito.
SESTO
(Oh rimembranza!)
TITO
Il crederesti amico?
Tito è l’odio di Roma. Ah tu che sai
tutti i pensieri miei, che senza velo
875hai veduto il mio cor, che fosti sempre
l’oggetto del mio amor, dimmi se questa
aspettarmi io dovea crudel mercede.
SESTO
(L’anima mi trafigge e non sel crede).
TITO
Dimmi, con qual mio fallo
880tant’odio ho mai contro di me commosso?
SESTO
Signor...
TITO
Parla.
SESTO
Ah signor, parlar non posso.
TITO
Tu piangi, amico Sesto; il mio destino
ti fa pietà. Vieni al mio seno. Oh quanto
mi piace, mi consola
885questo tenero segno
della tua fedeltà!
SESTO
(Morir mi sento,
non posso più. Parmi tradirlo ancora
col mio tacer. Si disinganni a pieno).
SCENA X
SESTO, VITELLIA, TITO e SERVILIA
VITELLIA
(Ah Sesto è qui; non mi scoprisse almeno).
SESTO
890Sì sì voglio al suo piè... (Vuole andare a Tito)
VITELLIA
Cesare invitto (S’inoltra e l’interrompe)
preser gli dei cura di te.
SESTO
(Mancava
Vitellia ancor).
VITELLIA
Pensando
al passato tuo rischio ancor pavento.
(Per pietà non parlar). (Piano a Sesto)
SESTO
(Questo è tormento!)
TITO
895Il perder, principessa,
e la vita e l’impero
affliggermi non può. Già miei non sono
che per usarne a beneficio altrui.
So che tutto è di tutti, e che né pure
900di nascer meritò chi d’esser nato
crede solo per sé. Ma quando a Roma
giovi ch’io versi il sangue
perché insidiarmi? Ho ricusato mai
di versarlo per lei? Non sa l’ingrata
905che son romano anch’io, che Tito io sono?
Perché rapir quel che offerisco in dono?
SERVILIA
O vero eroe!
SCENA XI
SESTO, VITELLIA, TITO, SERVILIA ed ANNIO col manto di Sesto
ANNIO
(Potessi
Sesto avvertir; m’intenderà). Signore (A Tito)
già l’incendio cedé; ma non è vero
910che il caso autor ne sia; v’è chi congiura
contro la vita tua; prendine cura.
TITO
Annio, io so... Ma che miro!
Servilia, il segno che distingue i rei
Annio non ha sul manto?
SERVILIA
Eterni dei!
TITO
915Non v’è che dubbitar. Forma, colore,
tutto, tutto è concorde.
SERVILIA
Ah traditore! (Ad Annio)
ANNIO
Io traditor!
SESTO
(Che avvenne!)
TITO
E sparger vuoi
tu ancora il sangue mio?
Annio, figlio, e perché? Che t’ho fatt’io?
ANNIO
920Io spargere il tuo sangue? Ah pria m’uccida
un fulmine del ciel.
TITO
T’ascondi invano.
Già quel nastro vermiglio,
divisa de’ ribelli a me scoperse
che a parte sei del tradimento orrendo.
ANNIO
925Questo! Come!
SESTO
(Ah che feci! Or tutto intendo).
ANNIO
Nulla, signor, m’è noto
di tal divisa. In testimonio io chiamo
tutti i numi celesti.
TITO
Da chi dunque l’avesti?
ANNIO
930L’ebbi... (Se dico il ver l’amico accuso).
TITO
E ben?
ANNIO
L’ebbi... Non so...
TITO
L’empio è confuso.
SESTO
(Oh amicizia!)
VITELLIA
(Oh timor!)
TITO
Dove si trova
principe, o Sesto amato,
di me più sventurato? Ogn’altro acquista
935amici almen co’ benefici suoi;
io co’ miei benefici
altro non fo che procurar nemici.
ANNIO
(Come scolparmi?)
SESTO
(Ah non rimanga oppressa
l’innocenza per me. Vitellia ormai
940tutto è forza ch’io dica). (Incamminandosi a Tito)
VITELLIA
(Ah no; che fai?
Deh pensa al mio periglio). (Piano a Sesto)
SESTO
(Che angustia è questa!)
ANNIO
(Eterni dei consiglio).
TITO
Servilia, e un tale amante
val sì gran prezzo?
SERVILIA
Io dell’affetto antico
945ho rimorso, ho rossor.
SESTO
(Povero amico!)
TITO
Ma dimmi anima ingrata, il sol pensiero (Ad Annio)
di tanta infedeltà non è bastato
a farti inorridir?
SESTO
(Son io l’ingrato).
TITO
Come ti nacque in seno
950furor cotanto ingiusto?
SESTO
(Più resister non posso). Eccomi Augusto
a’ piedi tuoi. (S’inginocchia)
VITELLIA
(Misera me!)
SESTO
La colpa
ond’Annio è reo...
VITELLIA
Sì la sua colpa è grande;
ma la bontà di Tito
955sarà maggior. Per lui signor perdono
Sesto domanda e lo domando anch’io.
(Morta mi vuoi). (Piano a Sesto)
SESTO
(Che atroce caso è il mio). (S’alza)
TITO
Annio si scusi almeno.
ANNIO
Dirò... (Che posso dir?)
TITO
Sesto, io mi sento
960gelar per lui. La mia presenza istessa
più confonder lo fa. Custodi a voi
Annio consegno. Esamini il Senato
il disegno, l’errore
di questo... Ancor non voglio
965chiamarti traditor. Rifletti ingrato
da quel tuo cor perverso
del tuo principe il cor quanto è diverso.
Tu infedel non hai difese,
è palese il tradimento;
970io pavento d’oltraggiarti
nel chiamarti traditor.
Tu crudel tradir mi vuoi
d’amistà col finto velo;
io mi celo agli occhi tuoi
975per pietà del tuo rossor. (Parte)
SCENA XII
SESTO, VITELLIA, SERVILIA ed ANNIO
ANNIO
E pur dolce mia sposa... (A Servilia)
SERVILIA
A me t’invola;
tua sposa io più non son. (Partendo)
ANNIO
Fermati e senti.
SERVILIA
Non odo gli accenti
d’un labbro spergiuro;
980gli affetti non curo
d’un perfido cor.
Ricuso, detesto
il nodo funesto,
le nozze, lo sposo,
985l’amante e l’amor. (Parte)
SCENA XIII
SESTO, VITELLIA ed ANNIO
ANNIO
(E Sesto non favella!)
SESTO
(Io moro).
VITELLIA
(Io tremo).
ANNIO
Ma Sesto al punto estremo
ridotto io sono; e non ascolto ancora
chi s’impieghi per me. Tu non ignori
990quel che mi dice ognun, quel ch’io non dico.
Questo è troppo soffrir. Pensaci amico.
Ch’io parto reo lo vedi;
ch’io son fedel lo sai;
di te non mi scordai,
995non ti scordar di me.
Soffro le mie catene;
ma questa macchia in fronte,
ma l’odio del mio bene
soffribile non è. (Parte)
SCENA XIV
SESTO e VITELLIA
SESTO
1000Posso alfine, o crudele...
VITELLIA
Oh dio, l’ore in querele
non perdiamo così. Fuggi e conserva
la tua vita e la mia.
SESTO
Ch’io fugga e lasci
un amico innocente...
VITELLIA
Io dell’amico
1005la cura prenderò.
SESTO
No, finch’io vegga
Annio in periglio...
VITELLIA
A tutti i numi il giuro,
io lo difenderò.
SESTO
Ma che ti giova
la fuga mia?
VITELLIA
Con la tua fuga è salva
la tua vita, il mio onor. Tu sei perduto,
1010se alcun ti scuopre; e se scoperto sei
pubblico è il mio segreto.
SESTO
In questo seno
sepolto resterà. Nessuno il seppe;
tacendolo morrò.
VITELLIA
Mi fiderei,
se minor tenerezza
1015per Tito in te vedessi. Il suo rigore
non temo già, la sua clemenza io temo.
Questa ti vincerebbe. Ah per que’ primi
momenti in cui ti piacqui, ah per le care,
dolci speranze tue, fuggi, assicura
1020il mio timido cor. Tanto facesti;
l’opra compisci. Il più gran dono è questo
che far mi puoi. Tu non mi rendi meno
che la pace e l’onor. Sesto, che dici?
Risolvi.
SESTO
Oh dio!
VITELLIA
Sì, già ti leggo in volto
1025la pietà ch’hai di me; conosco i moti
del tenero tuo cor. Di’, m’ingannai?
Sperai troppo da te? Ma parla o Sesto.
SESTO
Partirò, fuggirò. (Che incanto è questo!)
VITELLIA
Respiro.
SESTO
Almen talvolta
1030quando lungi sarò...
SCENA XV
PUBLIO con guardie e detti
PUBLIO
Sesto.
SESTO
Che chiedi?
PUBLIO
La tua spada.
SESTO
E perché?
PUBLIO
Per tua sventura
Lentulo non morì. Già il resto intendi.
Vieni.
VITELLIA
(Oh colpo fatale!) (Sesto dà la spada)
SESTO
Alfin tiranna...
PUBLIO
Sesto, partir conviene. È già raccolto
1035per udirti il Senato; e non poss’io
differir di condurti.
SESTO
Ingrata addio.
Se mai senti spirarti sul volto
lieve fiato che lento s’aggiri,
di’: «Son questi gli estremi sospiri
1040del mio fido che more per me».
Al mio spirto dal seno disciolto
la memoria di tanti martiri
sarà dolce con questa mercé. (Parte con Publio e guardie)
SCENA XVI
VITELLIA sola
VITELLIA
Misera che farò? Quell’infelice,
1045oh dio, more per me. Tito fra poco
saprà il mio fallo e lo sapran con lui
tutti per mio rossor. Non ho coraggio
né a parlar né a tacere
né a fuggir né a restar; non spero aiuto,
1050non ritrovo consiglio. Altro non veggo
che imminenti ruine. Altro non sento
che moti di rimorso e di spavento.
Tremo fra’ dubbi miei;
pavento i rai del giorno;
1055l’aure che ascolto intorno
mi fanno palpitar.
Nascondermi vorrei;
vorrei scoprir l’errore;
né di celarmi ho core
1060né core ho di parlar. (Parte)
Fine dell’atto secondo
Ballo di greci scultori.

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