Speranza
Attila: Dramma lirico in un prologo e tre atti. Musica di Giuseppe
Verdi. Libretto di Temistocle
Solera
Attila,
re degli unni, Basso
Ezio, generale romano, Baritono
Odabella, figlia del
signore d'Aquileja, Soprano
**********************************
Foresto, cavaliere aquilejese, Tenore
***********************************
Uldino,
giovane bretone, schiavo d'Attila, Tenore
Leone, vecchio romano,
Basso
duci, re e soldati, Unni, Gepidi, Ostrogoti, Eruli, Turingi, Quadi,
Druidi, sacerdotesse, popolo di Aquileja, vergini di Aquileja, ufficiali e
soldati romani, vergini e fanciulli di Roma, eremiti e schiavi.
La Scena
durante il Prologo è in Aquileja e nelle Lagune Adriatiche; durante i tre Atti è
presso Roma.
Epoca: la metà del quinto
secolo.
PROLOGO
SCENA
I: Piazza di Aquileia
La notte, vicina al termine, è rischiarata da una
grande quantità di torce. Tutto all'intorno è un miserando cumulo di rovine. Qua
e là vedesi ancora tratto tratto sollevarsi qualche fiamma, residuo di un
orribile incendio di quattro giorni. La scena è ingombra di Unni, Eruli,
Ostrogoti, ecc.
CORO:
Urli, rapine,
Gemiti, sangue, stupri,
rovine,
E stragi e fuoco
D'Attila è gioco.
O lauta mensa,
Che a noi
sì ricco suol dispensa!
Wodan non falla,
Ecco il Valhalla! . . .
T'apri
agli eroi . . .
Terra beata, tu se' per noi.
Attila viva;
Ei la
scopriva!
Il re s'avanza,
Wodan lo cinge di sua possanza.
Eccoci a
terra,
Dio della guerra!
(Tutti si
prostrano)
PROLOGO
SCENA II
Attila viene condotto sopra
un carro tirato dagli schiavi, duci, re, ecc.
ATTILA (scende dal
carro):
Eroi, levatevi! Stia nella polvere
Chi vinto muor.
Qui! . . .
circondatemi; l'inno diffondasi
Del vincitor.
I figli d'Attila vengono e
vincono
A un colpo sol.
Non è sì rapido solco di fulmine,
D'aquila il
vol.
(Va a sedersi sopra un trono di lance e scudi)
CORO:
Viva il
re delle mille foreste,
Di Wodano ministro e profeta;
La sua spada è
sangiugna cometa,
La sua voce è di cielo tuonar.
Nel fragore di cento
tempeste
Vien lanciando dagl'occhi battaglia;
Contro i chiovi dell'aspra
sua maglia
Come in rupe si frangon gli acciar.
PROLOGO
SCENA
III
Entrano Uldino, Odabella, e Vergini d'Aquileia
ATTILA:
(scendendo dal trono):
Di vergini straniere,
Oh, quale stuol
vegg'io?
Contro il diveto mio
Che di salvarle osò?
ULDINO:
Al re
degno tributo ei mi sembrò.
Mirabili guerriere
Difesero i fratelli . .
.
ATTILA:
Che sento? A donne imbelli
Chi mai spirò
valor?
ODABELLA: (con energia)
Santo di patria indefinito
amor!
Allor che i forti corrono
Come leoni al brando
Stan le tue donne,
o barbaro,
Sui carri lagrimando.
Ma noi, donne italiche,
Cinte di ferro
il seno,
Sul fumido terreno
Sempre vedrai pugnar.
ATTILA:
Bella
è quell'ira, o vergine,
Nel scintallante sguardo;
Attila, i prodi
venera,
Abbomina il codardo . . .
O valorosa, chiedimi
Grazia che più
ti aggrada.
ODABELLA:
Fammi ridar la spada!
ATTILA:
La mia
ti cingi! . . .
ODABELLA:
(Oh acciar!)
Da te questo or m'é
concesso,
O giustizia alta, divina!
L'odio armasti
dell'oppresso
Coll'acciar dell'oppressor.
Empia lama, l'indovina
Per
qual petto è tua punta?
Di vendetta l'ora è giunta . . .
Fu segnata dal
Signor.
(Odabella e donne partono)
ATTILA:
(Qual nell'alma, che
struggere anela,
Nuovo senso discende improvviso? . . .
Quell'ardire, quel
nobile viso
Dolcemente mi fiedono il cor!)
CORO:
Viva il re che
alle terra rivela
Di quai raggi Wodano il circonda!
Se flagella è torrente
che innonda;
È rugiada se premia il valor.
ATTILA:
Schiava non già
ma del mio campo gemma
Rimani e fulgi nel real corteggio,
Siate voi tutte
ancelle
A lei ch'io vesto della luce mia
ODABELLA:
(Fingasi! Oh
lampo di celeste ajuto! -
Oh patria! ... Oh padre! Oh sposo mio
perduto!)
ATTILA:
Uldino, a me dinanzi
L'inviato di Roma ora si
guidi . . .
(Uldino parte)
Frenatevi, miei fidi,
Udir si dee, ma in
Campidoglio poi
Riposta avrà da noi.
PROLOGO
SCENA
IV
Entrano Ezio ed ufficiali
romani
EZIO:
Attila:!
ATTILA:
Oh, il nobil messo!
Ezio!
Tu qui? Fia vero!
Ravvisi ognuno in esso
L'altissimo guerriero
Degno
nemico d'Atilla,
Scudo di Roma e vanto . . .
EZIO
Attila, a te
soltanto
Ora chied'io parlar.
ATTILA:
Ite!
(Escono
tutti)
PROLOGO
SCENA V
Attila ed Ezio
ATTILA:
La
destra porgimi . . .
Non già di pace spero
Tuoi detti . .
.
EZIO:
L'orbe intero
Ezio in tua man vuol dar.
Tardo per gli
anni, e tremulo,
È il regnator d'Oriente;
Siede un imbelle giovine
Sul
trono d'Occidente;
Tutto sarà disperso
Quand'io mi unisca a te . .
.
Avrai tu l'universo,
Resti l'Italia a me.
ATTILA:
(severo)
Dove l'eroe più valido
È traditor, spergiuro,
Ivi perduto è il
popolo,
E l'aer stesso impuro;
Ivi impotente è Dio,
Ivi è codardo il re
. . .
Là col flagello mio
Rechi Wodan la fé!
EZIO:
(rimettendosi)
Ma se fraterno vincolo
Stringer non vuoi tu meco,
Ezio
ritorna ad essere
Di Roma ambasciator.
Dell'imperante Cesare
Ora il
voler ti reco . . .
ATTILA:
È van! Chi frena or l'impeto
Del nembo
struggitor?
Vanitosi! Che abbietti e dormenti
Pur del mondo tenete la
possa,
Sovra monti di polvere e d'ossa
Il mio baldo cosier
volerà.
Spanderò la rea cenere ai venti
Delle vostre superbe
città.
EZIO:
Fin che d'Ezio rimane la spada,
Starà saldo il gran
nome romano:
Di Chalons lo provasti sul piano
Quando a fuga t'aperse il
sentier.
Tu conduci l'eguale masnada,
Io comando gli stessi
guerrier.
(Partono entrambi da opposte parti)
PROLOGO
SCENA
VI
Rio-Alto nelle Lagune Adriatiche. Qua e là sopra palafitte sorgono
alcune capanne, comunicanti fra loro per le lunghe asse sorrette da barche. Sul
davanti sorge in simile guisa un altare di sassi dedicato a San Giacomo.
Più
in là scorgesi una campana appesa ad un casotto di legno, che fu poi il
campanile di San Giacomo. Le tenebre vanno diradandosi fra le nubi tempestose:
quindi a poco a poco una rosea luce, sino a che (sul finir della scena) il
subito raggio del sole inondando per tutto, riabbella il firmamento del più
sereno e limpido azzurro. Il tocco lento della campana saluta il
mattino.
Alcuni Eremiti escono dalle capanne e s'avviano
all'altare.
CORO di EREMITI:
I: Qual notte!
II: Ancor fremono
l'onde al fiero
Turbo, che Dio d'un soffio suscitò.
I: Lode al Signor!
Lode al Signor!
UNITI: L'altero
Elemento Ei sconvolse ed acquetò.
Sia
torbida o tranquilla la natura,
D'eterna pace Ei nutre i nostri
cor.
L'alito del mattin già l'aure appura.
I: Preghiam! Preghiam!
II:
Lode al Creator!
VOCI INTERNE: Lode al Creatore!
PROLOGO
SCENA
VII
Dalle navicelle, che approdano a poco a poco, escono Foresto, donne,
uomini e fanciulli d'Aquieliea
EREMITI:
Quai voci! Oh, tutto
Di
navicelle coperto è il flutto! . . .
Son d'Aquileia. Certo al
furor
Scampan dell'Unno.
POPOLO d'AQUILEIA:
Lode al
Creator!
FORESTO:
Qui, qui sostiamo! Propizio augurio
N'è questa
croce, n'è quest'altar.
Ognun d'intorno levi un tugurio
Fra quest'incanto
di cielo e mar.
POPOLO d'AQUILEIA:
Lode a Foresto! Tu duce
nostro,
Scudo e salvezza n'eri tu sol . . .
FORESTO:
Oh! Ma
Odabella! . . . Preda è del mostro,
Serbata al pianto, serbata al
duol.
Ella in poter del barbaro!
Fra le sue schiave avvinta!
Ahi, che
men crudo all'anima
Fora il saperti estinta!
Io ti vedrei fra gli
angeli
Almen ne' sogni allora,
E invocherei l'aurora
Dell'immortal mio
dì.
POPOLO d'AQUILEIA:
Spera! L'ardita vergine
Forse al crudel
sfuggì.
CORO:
Cessato alfine il turbine,
Più il sole
brillerà.
FORESTO:
Sì, ma il sospir dell'esule
Sempre la patria
avrà.
Cara patria, già madre e reina
Di possenti magnanimi figli,
Or
macerie, deserto, ruina,
Su cui regna silenzio e squallor;
Ma dall'alghe
di questi marosi,
Qual risorta fenice novella,
Rivivrai più superba, più
bella
Della terra, dell'onde stupor!
CORO:
Dall'alghe di questi
marosi,
Qual risorta fenice novella,
Rivivrai più superba, più
bella
Della terra, dell'onde
stupor!
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Out
ATTO
PRIMO
SCENA I
Bosco presso il campo d'Attila. È notte; nel vicino
ruscello brillano i raggi della luna.
Odabella
sola.
ODABELLA:
Liberamente or piangi . . .
Sfrenati, o cor. La
queta ora, in che posa
Han pur le tigri, io sola
Scorro di loco in
loco.
Eppur sempre quest'ora attendo, invoco.
Oh! Nel fuggente
nuvolo
Non sei tu, padre, impresso? . . .
Cielo! Ha mutato immagine!
Il
mio Foresto è desso.
Sospendi, o rivo, il murmure,
Aura, non più
fremir,
Ch'io degli amati spiriti
Possa la voce udir.
Qual suon di
passi!
ATTO PRIMO
SCENA II
Viene Foresto, in costume
barbaro
FORESTO:
Donna!
ODABELLA:
Gran
Dio!
FORESTO:
Ti colgo alfine!
ODABELLA:
Sì . . . la sua
voce!
Tu . . . tu! Foresto? Tu, l'amor mio?
Foresto, io manco! M'affoga il
cor!
Tu mi respingi? Tu! Sì feroce?
FORESTO:
Né a me dinanzi provi
terror?
ODABELLA: (riscuotendosi)
Ciel! Che
dicesti?
FORESTO:
T'infingi invano:
Tutto conosco, tutto
spiai!
Per te d'amore, furente, insano,
Sprezzai perigli, giunto son
qui.
Qual io ti trovi, barbara, il sai . . .
ODABELLA:
Tu! . . .
tu, Foresto, parli così?
FORESTO:
Sì, quell'io son, ravvisami,
Che
tu tradisti, infida;
Qui fra le tazze e i cantici
Sorridi all'omicida . .
.
E la tua patria in cenere
Pur non ti cade in mente
Del padre tuo
morente
L'angoscia, lo squallor . . .
ODABELLA:
Col tuo pugnal
feriscimi . . .
Non col tuo dir, Foresto;
Non maledir la misera . .
.
Crudele inganno è questo!
Padre, puoi tu ben leggere
Dentro il mio
sen dal cielo . . .
Oh! Digli tu, se anelo
D'alta vendetta in
cor.
FORESTO:
Va! Racconta al sacrilego infame,
Ch'io sol resto a
sbramar la sua fame.
ODABELLA:
Deh! Pel cielo, pei nostri
parenti,
Deh! M'ascolta o m'uccidi, crudele!
FORESTO:
Che vuoi
dirmi?
ODABELLA:
Foresto, rammenti
Di Giuditta che salva
Israele?
Da quel dì che ti pianse caduto
Con suo padre sul campo di
gloria,
Rinnovar di Giuditta l'istoria
Odabella giurava al
Signor.
FORESTO:
Dio! Che intendo!
ODABELLA:
La spada del
mostro,
Vedi, è questa! Il Signor l'ha voluto!
FORESTO:
Odabella
a'tuoi piedi mi prostro . . .
ODABELLA:
Al mio sen! S'addoppia il
valor!
FORESTO e ODABELLA:
Oh, t'inebria nell'amplesso,
Gioia
immensa, indefinita!
Nell'istante a noi concesso
Si disperde il corso
duol!
Ah! Qui si effonde in una sola
Di due miseri la vita . . .
Noi
ravviva, noi consola
Una speme, un voto sol.
ATTO
PRIMO
SCENA III
Tenda d'Attila. Sopra il suolo, coperto da una pelle
di tigre, è disteso Uldino che dorme. In fondo, alla sinistra, per mezzo di una
cortina sollevata a mezzo, la quale forma come una stanza appartata, scorgesi
Attila in preda al sonno sopra il letto orientale assai basso, e coperto
egualmente da pelli di tigre.
Attila, Uldino
ATTILA: (balzando
esterrefatto)
Uldino! Uldin!
ULDINO:
Mio re!
ATTILA:
Non
hai veduto?
ULDINO:
Che mai?
ATTILA:
Tu non
udisti?
ULDINO:
Io? Nulla.
ATTILA:
Eppur feroce
Qui
s'aggirava. Ei mi parlò . . . sua voce
Parea vento in
caverna!
ULDINO:
Oh re, d'intorno
Tutto è silenzio . . . della
vigil scolta
Batte soltanto il pie'.
ATTILA:
Mio fido,
ascolta!
Mentre gonfiarsi l'anima
Parea dinanzi a Roma,
Imman m'apparve
un veglio
Che m'afferrò la chioma . . .
Il senso ebb'io travolto,
La
man gelò sul brando;
Ei mi sorrise in volto,
E tal mi fe' comando:
"Di
flagellar l'incarco
Contro i mortali hai sol.
T'arretra! Or chiuso è il
varco;
Questo de' numi è il suol!"
In me tai detti suonano
Cupi, fatali
ancor,
E l'alma in petto ad Attila
S'agghiaccia pel
terror.
ULDINO:
Raccapriccio! E che far pensi?
ATTILA:
(riaccendendosi)
Or son liberi i miei sensi!
Ho rossor del mio
spavento.
Chiama i druidi, i duci, i re.
Già più rapido del vento,
Roma
iniqua, volo a te.
(Uldino esce)
ATTO PRIMO
SCENA
IV
Attila
ATTILA:
Oltre a quel limite
T'attendo, o
spettro!
Vietarlo ad Attila
Chi mai potrà?
Vedrai se pavido
Io là
m'arretro,
Se alfin me vindice
Il mondo avrà.
ATTO
PRIMO
SCENA V
Entrano Uldino, Druidi, duci e re
CORO:
Parla,
imponi.
ATTILA:
L'ardite mie schiere
Sorgan tutte alle trombe
guerriere:
È Wodan che a gloria r'appella;
Moviam
tosto.
CORO:
Sia gloria a Wodan.
Allo squillo, che al sangue ne
invita,
Pronti ognora i tuoi fidi saran.
(Le trombe squillano tutto
d'intorno; succede subito ed esce la seguente
religiosa armonia
di)
VOCI in LONTANANZA:
Vieni. Le menti visita,
O spirito
creator;
Dalla tua fronte piovere
Fanne il vital
tesor.
ATTILA:
Che fia! Non questo è l'eco
Delle mie trombe!
Aprite, olà!
ATTO PRIMO
SCENA V: Il campo
d'Attila
Dalla collina in fondo vedesi avanzare, preceduta da Leone e da
sei Anziani, processionalmente una schiera di vergini e fanciulli in bianche
vesti recanti palme. La scena è ingombra dalle schiere d'Attila in armi. Fra la
moltitudine appare Foresto con visiera calata e Odabella.
ATTILA:
Chi
viene?
CORO di VERGINI e di FANCIULLI: (sempre avanzandosi)
I guasti
sensi illumina,
Spirane amor in sen.
L'oste debella e spandasi
Di pace
il bel seren.
ATTILA: (commovendosi a poco a poco)
Uldino! è quello il
bieco
Fantasma! . . . Il vo' sfidar . . . Chi mi
trattiene?
LEONE:
Di flagellar l'incarco
Contro i mortal hai
sol.
T'arretra! . . . Or chiuso è il varco;
Questo de' numi è il
suol!
ATTILA:
Gran Dio! Le note stesse
Che la tremenda visîon
m'impresse.
(Egli leva la testa al cielo sopraffatto da subito terrore.
Tutti restano sorpresi e smarriti)
(No! . . . non è sogno ch'or l'alma
invade!
Son due giganti che investon l'etra . . .
Fiamme son gli occhi,
fiamme le spade . . .
Le ardenti punte giungono a me.
Spiriti,
fermate.
Qui l'uom s'arretra;
Dinanzi ai numi protrasi il re!)
CORO
e ULDINO:
(Sordo ai lamenti pur de' fratelli,
Vago di sangue, di pugne
solo,
La flebil voce di pochi imbelli
Qual nuovo senso suscita in
me?
Qual possa è questa! Prostrato al suolo
La prima volta degli Unni il
re!)
LEONE, ODABELLA, FORESTO e VERGINI:
Oh, dell'Eterno mira
virtute!
Da un pastorello vinto è Golìa,
Da umil fanciulla l'uomo ha
salute.
Da gente ignota sparsa è la fé . . .
Dinanzi a turba devota e
pia
Ora degli empi s'arretra il
re!
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Out
ATTO
SECONDO
SCENA I: Campo d'Ezio
Scorgesi in lontananza la grande città
dei sette colli. Ezio solo. Egli esce tenendo in mano un papiro spiegato e
mostrando dispetto.
EZIO:
"Tregua è cogl'Unni. A Roma,
Ezio, tosto
ritorna . . . a te l'impone
Valentinian."
L'impone! . . . e in cotal
modo,
Coronato fanciul, me tu richiami? . . .
Ovver, più che del barbaro
le mie
Schiere paventi! . . . Un prode
Guerrier canuto piegherà mai
sempre
Dinanzi a imbelle, a concubino servo?
Ben io verrò . . . Ma qual
s'addice al forte,
Il cui poter supremo
La patria leverà da tanto
estremo!
Dagli immortali vertici
Belli di gloria, un giorno,
L'ombre
degli avi, ah, sorgano
Solo un istante intorno!
Di là vittrice
l'aquila
Per l'orbe il vol spiegò . . .
Roma nel vil cadavere
Chi
ravvisare or può?
Chi vien?
ATTO SECONDO
SCENA
II
Preceduto da alcuni soldati romani presentasi uno stuolo di schiavi di
Attila
CORO:
Salute ad Ezio
Attila invia per noi.
Brama che a
lui convengano
Ezio, ed i primi suoi.
EZIO:
Ite! Noi tosto al
campo
Verrem.
ATTO SECONDO
SCENA III
Tra gli schiavi che
partono uno è rimasto. Egli è Foresto
Ezio, Foresto
EZIO:
Che
brami tu?
FORESTO:
Ezio, al comune scampo
Manca la tua
virtù.
EZIO: (sorpreso)
Che intendi? Oh, chi tu
sei?
FORESTO:
Ora saperlo è vano;
Il barbaro profano
Oggi vedrai
morir.
EZIO:
Che narri?
FORESTO:
Allor tu dei
L'opera mia
compir.
EZIO:
Come?
FORESTO:
Ad un cenno pronte
Stian le
romane schiere;
Quando vedrai dal monte
Un fuoco
lampeggiar,
Prorompano, qual fiere,
Sullo smarrito branco!
Or va . .
.
EZIO:
Di te non manco;
Saprò vedere, e oprar.
(Foresto
parte rapidamente)
ATTO SECONDO
SCENA
IV
Ezio
EZIO:
È gettata la mia sorte,
Pronto sono ad ogni
guerra;
S'io cadrò da forte,
E il mio nome resterà.
Non vedrò l'amata
terra
Svenir lenta e farsi a brano.
Sopra l'ultimo romano
Tutta Italia
piangerà.
ATTO SECONDO
SCENA V
Campo d'Attila come
nell'atto primo, apprestato a solenne convito. La notte è vivamente rischiarata
da cento fiamme che irrompono da grossi tronchi di quercia preparati all'uopo.
Unni, Ostrogoti, Eruli, ecc. Mentre i guerrieri cantano, Attila, seguito dai
Druidi, dalle sacerdotesse, dai duci e re, va ad assidersi al suo posto .
odabella gli è appresso in costume d'Amazzone.
CORO:
Del ciel
l'immensa vòlta,
Terra, ai nemici tolta,
Ed aer che fiammeggia
Son
d'Attila la reggia.
La gioia delle conche
Or si diffonda intorno;
Di
membra e teste tronche
Godremo al nuovo giorno!
(Uno squillo di tromba
annuncia l'arrivo degli ufficiali romani preceduti da
Uldino.
ATTO SECONDO
SCENA VI
Entrano Ezio col seguito.
Uldino, Foresto, che nuovamente in abito guerriero si frammischia alla
moltitudine
ATTILA: (alzandosi)
Ezio, ben vieni! Della tregua
nostra
Fia suggello il convito.
EZIO:
Attila grande
In guerra
sei, più generoso ancora
Con ospite nemico.
(Alcuni Druidi,
avvicinandosi ad Attila, gli dicono sottovoce)
DRUIDI:
O re,
fatale
È seder collo stranio.
ATTILA:
E che?
DRUIDI:
Nel
cielo
Vedi adunarsi i nembi
Di sangue tinti . . . Di sinistri
augelli
Misto all'infausto grido
Dalle montagne urlò lo spirito
infido!
ATTILA:
Via, profeti del mal!
DRUIDI:
Wodan ti
guardi.
ATTILA: (alle sacerdotesse)
Sacre figlie degli
Unni,
Percuotete le cetre, e si diffonda
Delle mie feste la canzon
gioconda.
(Tutti si assidono. Le sacerdotesse, schieratesi nel mezzo, alzano
il seguente canto:)
SACERDOTESSE:
Chi dona luce al cor? . . . Di
stella alcuna
Dal cielo il vago tremolar non pende;
Non raggio amico di
ridente luna
Alla percossa fantasia risplende . . .
Ma fischia il vento,
rumoreggia il tuono,
Sol dan le corde della tromba il suono.
(In quel
mentre un improvviso e rapido soffio procelloso spegne gran parte delle fiamme.
Tutti si alzano per natural moto di terrore. Silenzio e tristezza generale.
Foresto è corso ad Odabella Ezio s'é avvicinato ad
Attila)
TUTTI:
Ah!
FORESTO: (ad Odabella)
O sposa,
t'allieta,
È giunta la meta;
Dei padri lo scempio
Vendetta
otterrà.
La tazza là mira
Ministra dell'ira,
Al labbro
dell'empio,
Uldin l'offrirà.
ODABELLA: (fra sé)
(Vendetta avrem
noi
Per mano de' suoi? . . .
Non fia ch'egli cada
Pel lor
tradir.
Nel giorno segnato,
A Dio l'ho giurato,
È questa la
spada.
Che il deve colpir)
EZIO: (ad Attila)
Rammenta i miei
patti:
Con Ezio combatti;
Del vecchio guerriero
La mano non
sprezzar.
Decidi. Fra poco
Non fora più loco.
(Del barbaro
altiero
Già l'astro dispar)
ATTILA: (ad Ezio)
M'irriti, o Romano .
. .
Sorprendermi è vano:
O credi che il vento
M'infonda terror?
Nei
nembi e tempeste
S'allietan mie feste . . .
(Oh rabia; non sento
Più
d'Attilail cor!)
ULDINO: (fra sé)
(Dell'ora funesta
L'istante
s'appresta . . .
Uldin, paventi?
Breton non sei tu?
O il cor più non
t'ange
La patria che piange?
La rea servitù?)
CORO:
(Lo spirto
de' monti
Ne rugge alle fronti,
Le quercie fumanti
Sua mano coprì . .
.
Terrore, mistero
Sull'anima ha impero . . .
Stuol d'ombre
vaganti
Nel buio apparì)
(Il cielo si
rasserena)
TUTTI:
L'orrenda procella
Qual lampo sparì.
Di calma
novella
Il ciel si vestì.
ATTILA: (riscuotendosi)
Si riaccendan le
quercie d'intorno,
(Gli schiavi eseguiscono il cenno)
Si rannodi la danza
ed il giuoco . . .
Sia per tutti festivo tal giorno,
Porgi, Uldino, la
conca ospital.
FORESTO: (piano ad Odabella)
Perché tremi? S'imbianca
il tuo volto.
ATTILA: (ricevendo la tazza da Uldino)
Libo a te, gran
Wodano, che invoco!
ODABELLA: (trattenendolo)
Ré, ti ferma! . . . è
veleno! . . .
CORO:
Che ascolto!
ATTILA: (furibondo)
Chi 'l
temprava?
ODABELLA:
(Oh momento fatal!)
FORESTO: (avanzandosi
con fermezza)
Io.
ATTILA:
(ravvisandolo)
Foresto!
FORESTO:
Sì, quello che un giorno
La
corona strappò dal tuo crine . . .
ATTILA: (traendo la spada)
Ah! In
mia mano caduto se' alfine,
Ben io l'alma dal sen ti trarrò.
FORESTO:
(con scherno)
Or t'é lieve . . .
ATTILA: (fermandosi a tali
parole)
Oh, mia rabbia! Oh, mio scorno!
ODABELLA:
Ré, la preda niun
toglier mi può.
Io t'ho salvo . . . il delitto svelai . . .
Da me sol fia
punito l'indegno.
ATTILA: (compiacendosi del fiero atto)
Io tel dono!
Ma premio più degno,
Mia fedele, riserbasi a te:
Tu doman salutata
verrai
Dalle genti qual sposa del re.
Oh, miei prodi! Un solo
giorno
Chiedo a voi di gioia e canto;
Tuonerà di nuovo intorno
Poscia
il vindice flagel.
Ezio, in Roma annuncia intanto
Ch'io de' sogni ho rotto
il vel.
ODABELLA: (a Foresto)
Frena l'ira che t'inganna;
Fuggi,
salvati, o fratello.
Me disprezza, me condanna,
Di' che vile, infame io
son . . .
Ma deh, fuggi . . . Al dì novello
Avrò tutto il tuo
perdon.
FORESTO: (ad Odabella)
Parto, sì per viver solo
Fino al dì
della vendetta;
Ma qual pena, ma qual duolo
A tua colpa si può dar? . .
.
Del rimorso che t'aspetta
Duri eterno il flagellar.
EZIO:
(Chi
l'arcan svelar potea?
Chi fidarlo a core amante?
Va, ti pasci, va, ti
bea,
Fatal uom, di voluttà.
Ma doman su te festante
Ezio in armi
piomberà)
ULDINO:
(Io gelar m'intesi il sangue . . .
Chi tradir
poteane omai?
Me dal fulmine, dall'angue,
Tu salvasti, o pro' guerrier . .
.
Ah generoso! E tu m'avrai
Sempre fido al tuo voler)
CORO:
Oh
re possente, il cor riscuoti . . .
Torna al sangue, torna al fuoco!
Su,
punisci, su, percuoti
Questo stuol di traditor!
Non più scherno, non più
giuoco
Noi sarem de' numi
lor.
ATTO/scenaIn
P1234567
I123456
II123456
III123456
Out
ATTO
TERZO
SCENA I
Bosco come nell'atto primo, il quale divide il campo di
Attila da quello di Ezio. È il mattino.
Foresto solo. Indi
Uldino.
FORESTO:
Qui del convegno è il loco . . .
Qui dell'orrende
nozze
L'ora da Uldino apprenderò . . . Nel petto
Frénati, o sdgeno . . . A
tempo,
Come scoppiar di
tuono,
Proromperò.
ULDINO:
Foresto!
FORESTO:
Ebben!
ULDINO:
Si
move
Ora il corteo giulivo
Che d'Attila alla tenda
Accompagna la
sposa.
FORESTO:
Oh, mio furore!
Uldino, va! . . . Ben sai
Di là
della foresta
In armi stanno le romane schiere . . .
Ezio a te attende
sol, perché sull'empio
Piombino tutte.
(Uldino parte)
ATTO
TERZO
SCENA II
Foresto
FORESTO:
Infida!
Il dì che brami è
questo:
Vedrai come ritorni a te Foresto!
Che non avrebbe il misero
Per
Odabella offerto?
Fino, deh, ciel perdonami,
Fin l'immortal tuo
serto.
Perché sul viso ai perfidi
Diffondi il tuo seren? . . .
Perché
fai pari agli angeli
Chi sì malvagio ha il sen?
ATTO
TERZO
SCENA III
Ezio viene frettoloso dalla parte del campo
romano
EZIO:
Che più s'indugia? . . . attendono
I miei guerrieri il
segno . . .
Proromperan, quai folgori,
Tutti sul mostro
indegno.
FORESTO:
Non un, non un de' barbari
Ai lari
tornerà.
CORO: (interno)
Entra fra i plausi, o vergine,
Schiusa è
la tenda a te;
Entra, ed il raggio avvolgati
Dell'esultante re.
Bello è
il tuo volto, candido
Qual mattutino albor,
A dolce spirto è simile
Ora
di sol che muor.
FORESTO:
Tu l'odi? . . . è il canto pronubo . .
.
EZIO:
Funereo diverrà.
FORESTO:
Ah,
scellerata!
EZIO:
Frenati.
Lo esige l'alta
impresa.
FORESTO:
Sposa è Odabella al barbaro! . . .
A' suoi voler
s'è resa! . . .
EZIO:
La tua gelosa smania
Frena per poco
ancor.
FORESTO:
Tutti d'averno i demoni
M'agitan mente e
cor.
ATTO TERZO
SCENA IV
Odabella sempre in arnese da
Amazzone con manto reale e corona, viene spaventata e fuggente dal campo
barbaro
ODABELLA:
Cessa, deh, cessa . . . ah lasciami,
Ombra del
padre irata . . .
Lo vedi? . . . Io fuggo il talamo . . .
Sarai . . . sì .
. . vendicata . . .
FORESTO:
È tardo, o sposa d'Attila,
È tardo il
tuo pentir.
EZIO:
Il segno . . . il segno . . . affrettati,
O ci
farem scoprir.
ODABELLA:
Tu qui, Foresto? . . . Ascoltami,
Pietà
del mio martir.
Te sol, te sol quest'anima
Ama d'immenso
amore;
Credimi, è puro il core,
Sempre ti fui
fedel.
FORESTO:
Troppo mi seppe illudere
Il tuo mendace
detto!
Ed osi ancor d'affetto
Parlare a me, crudel?
EZIO:
Tempo
non è di lagrime,
Non di geloso accento;
S'affretti l'alto
evento,
Finché ne arride il ciel.
ATTO TERZO
SCENA
V
Entra Attila che va dritto ad Odabella
FORESTO:
Non
involarti, seguimi;
Perché fuggir chi t'ama? . . .
Che mai vegg'io? . . .
Qui, perfidi,
Veniste a nuova trama?
(ad Odabella)
Tu, rea donna, già
schiava, or mia sposa;
(a Foresto)
Tu, fellon, cui la vita ho
donata;
(ad Ezio)
Tu, Romano, per Roma salvata,
Congiurate tuttor
contro me? . . .
Scellerati . . . su voi sanguinosa
Piomberà la vendetta
del re.
ODABELLA:
Nella tenda, al tuo letto d'appresso,
Minacciosa
e tuttor sanguinante
Dio mio padre sta l'ombra gigante . . .
Trucidato ei
cadeva per te!
(Scaglia lungi da sé la corona)
Maledetto sarebbe
l'amplesso
Che me sposa rendesse del re.
FORESTO:
Di qual dono
beffardo fai vanto?
Tu m'hai patria ed amante rapita;
In abisso d'affanni
la vita
Hai, crudele, cangiato per me!
O tiranno . . . con morte
soltanto
Può frenarsi quest'odio per te.
EZIO:
Roma hai salva! . .
. e del mondo lo sdegno,
Che t'impreca superna vendetta?
Ed il sangue che
inulto l'aspetta
Non rammenti? . . . Paventane, o re.
De' delitti varcasti
già il segno;
L'ira pende del cielo su te.
(S'ode internamente il
rumore dell'improvviso assalto al campo d'Attila)
CORO:
Morte . . .
morte . . . vendetta!
ATTILA:
Qual suono?
EZIO e
FORESTO:
Suono è questo che segna tua
morte.
ATTILA:
Traditori!
EZIO e FORESTO:
Decisa è la sorte . .
.
(Foresto va per trafiggere Attila, ma è prevenuto da Odabella, che lo
ferisce esclamando:)
ODABELLA:
Padre! . . . ah padre, il sagrifico a
te.
(Abbraccia Foresto)
ATTILA: (morente)
E tu pure, Odabella?
. . .
ATTO TERZO
SCENA ULTIMA
Guerrieri romani irrompono da
ogni parte
TUTTI:
Appien sono
Vendicati, Dio, popoli e
re!
FINE
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