Speranza
Pietà del vaticano
Autore: Michelangelo
Buonarroti
Data: 1497-1499
Materiale: Marmo
Dimensioni: 174×195×69
cm
Ubicazione: Basilica di San Pietro in Vaticano, Roma
La Pietà
vaticana è una scultura marmorea (altezza 174 cm, larghezza 195 cm, profondità
69) di Michelangelo Buonarroti, databile al 1497-1499 è conservata nella
basilica di San Pietro in Vaticano a Roma. Si tratta del primo, clamoroso,
capolavoro dell'allora poco più che ventenne Michelangelo, considerata uno dei
maggiori capolavori che l'arte occidentale abbia mai prodotto. È anche l'unica
opera da lui firmata, sulla fascia a tracolla che regge il manto della Vergine:
MICHEL.A[N]GELVS BONAROTVS FLORENT[INVS] FACIEBAT.
Durante il primo soggiorno romano di
Michelangelo, dal 1496 al 1501, l'artista strinse un rapporto di amicizia e
collaborazione col banchiere Jacopo Galli, che fece da intermediario e garante
in diverse commissioni legate al gruppo di cardinali. Una delle più prestigiose
fu quella per la Pietà marmorea per il cardinale francese Jean de Bilhères,
ambasciatore di Carlo VIII presso papa Alessandro VI, destinata alla chiesa di
Santa Petronilla. Qui il cardinale venne effettivamente poi sepolto, facendo
pensare che l'opera fosse originariamente destinata al suo monumento
funebre[1].
Un contatto non formalizzato tra artista e committente dovette
avvenire già nel 1497, in seguito al quale l'artista si recò a Carrara per
scegliere un marmo, un'operazione che da allora divenne una costante della sua
carriera di scultore. Il contratto vero e proprio venne però firmato solo il 26
o il 28 agosto 1498, alla presenza del Galli, con un tempo di consegna previsto
in un anno. Effettivamente la statua fu pronta nel 1499 e destinata a Santa
Petronilla[1]. L'opera destò subito grande ammirazione e pare che Michelangelo
la firmò solo in un secondo momento, quando sentì due uomini lodare la statua ma
attribuirla allo scultore lombardo Cristoforo Solari[2].
Cinquant'anni dopo
Vasari ancora celebrava l'opera, scrivendo: «[Riguardo alla Pietà] non pensi
mai, scultore né artefice raro, potere aggiungere di disegno né di grazia, né
con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con
arte, quanto Michelagnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et
il potere dell'arte»[3].
Poco prima del 1517 l'opera venne trasferita nella
sagrestia della basilica di San Pietro in Vaticano e di nuovo spostata nel
vecchio coro sistino nel 1568, poi ancora, per i lavori che procedevano nella
basilica, sull'altare dei Santi Simone e Giuda, e nel 1626 nel nuovo coro. La
collocazione attuale, nella prima cappella a destra della navata della basilica,
risale al 1779. Nel 1736 aveva subito un restauro delle dita della mano destra
della Vergine[1].
L'assalto vandalico [modifica]
La Pietà
vandalizzata nel 1972
Il 21 maggio 1972, giorno di Pentecoste, un geologo
australiano di origini ungheresi di 34 anni, László Tóth – eludendo la
sorveglianza – riuscì a colpire con un martello l'opera di Michelangelo per
quindici volte[1] in un tempo di pochi secondi, al grido di I am Jesus Christ,
risen from the dead! ("Io sono Gesù Cristo, risorto dalla morte!"), prima che
fosse afferrato e reso inoffensivo.
La Pietà subì dei danni molto seri,
soprattutto sulla Vergine: i colpi di martello avevano staccato una cinquantina
di frammenti, spaccando il braccio sinistro e frantumando il gomito, mentre sul
volto il naso era stato quasi distrutto, come anche le palpebre. Il restauro
venne avviato quasi subito, dopo una fase di studio, e fu effettuato
riutilizzando per quanto possibile i frammenti originali, oltre che un impasto a
base di colla e polvere di marmo. Fu effettuato nei vicini laboratori dei Musei
Vaticani, sotto la responsabilità del direttore Deoclecio Redig de Campos e,
grazie all'esistenza di numerosi calchi, fu possibile reintegrare l'opera
fedelmente, senza rifacimenti arbitrari delle lacune[1].
L'autore dello
sfregio, riconosciuto infermo di mente, fu tenuto in un manicomio italiano per
un anno e poi rimpatriato in Australia. Da allora la Pietà è protetta da una
speciale parete di cristallo antiproiettile.
Una Vesperbild nordica (1420 circa), Museo diocesano,
Klagenfurt
Il soggetto del gruppo scultoreo è definito nel contratto: «Una
Pietà di marmo, cioè una Vergine Maria vestita con un Cristo morto nudo in
braccio». I gruppi scultorei della Pietà, prima di Michelangelo, erano su
supporto essenzialmente ligneo e diffusi soprattutto in area nordica (col nome
di Vesperbild), dove erano collegati alla liturgia del Venerdì Santo, ma
piuttosto rari in Italia[4], tutt'al più presenti in area ferrarese: ciò fa
pensare a un'esplicita richiesta "speciale" del committente, da cui anche la
chiarificazione del soggetto nel contratto[2].
L'iconografia della Pietà
veniva tradizionalmente risolta in uno schema piuttosto rigido, con la
contrapposizione tra il busto eretto e verticale di Maria e il corpo irrigidito
in posizione orizzontale di Gesù: tale organizzazione influenzava anche la
pittura, come si vede ad esempio nella Pietà di Pietro Perugino (1483-1493
circa)[4].
Michelangelo innovò invece la tradizione concependo il corpo di
Cristo come mollemente adagiato sulle gambe di Maria con straordinaria
naturalezza, privo della rigidità delle rappresentazioni precedenti e con
un'inedita compostezza di sentimenti[4]. Le due figure sembrano fondersi in un
momento di toccante intimità, dando origine a un'originale composizione
piramidale[2], raccordate dall'ampio panneggio sulle gambe di Maria, dalle
pieghe pesanti e frastagliate, generanti profondi effetti di chiaroscuro[4].
Fortemente espressivo è anche il gesto della mano sinistra, che pare invitare lo
spettatore a meditare sulla rappresentazione davanti ai suoi occhi[2], secondo
le pratiche di meditazione concentrata e dolente di ispirazione
savonaroliana[1].
La Vergine siede su una sporgenza rocciosa, qui ben finita
con piccole fessure ad arte (a differenza di altre opere dell'artista in cui era
semplicemente l'avanzo della sbozzatura del marmo), che simboleggia la sommità
del monte Calvario[2].
Il livello di finitezza dell'opera è estremo,
soprattutto nel modellato anatomico del corpo di Cristo, con effetti di
levigatura e morbidezza degni della statuaria in cera, come il dettaglio della
carne tra il braccio e il costato, modificata dalla salda presa di Maria opposta
al peso del corpo abbandonato[4]. La bellezza della statua risiede forse proprio
nel naturalismo straordinariamente virtuoso della scena, fuso con
un'idealizzazione e una ricerca formale tipica del Rinascimento, e un notevole
spessore psicologico e morale[1].
Interpretazioni
[modifica]
Pietà, particolare del Cristo. La mano della Madonna
sembra mostrare il figlio morto ai presenti
Il fatto che la Madonna fosse
molto giovane suscitò le critiche del Vasari, che era incapace ormai di
riconoscere la tradizione medievale di Maria vista come sposa di Cristo e
simbolo della Chiesa: tali iconografie, spesso antichissime, vennero abbandonate
in seguito alla Controriforma, interrompendo tradizioni secolari che vennero
presto dimenticate dai contemporanei. Una Madonna giovanissima si trova ad
esempio, per restare in ambito romano, nel mosaico di Jacopo Torriti in Santa
Maria Maggiore. Per tutto il Quattrocento si continuò a ripetere tali schemi,
con una conoscenza più o meno consapevole degli scritti teologici medievali,
spesso mediata dagli ordini religiosi committenti[5].
Inoltre Michelangelo,
come scrisse il suo biografo Ascanio Condivi, sostenne che "La castità, la
santità e l'incorruzione preservano la giovinezza". Michelangelo inoltre non
voleva rappresentare la scena con lo scopo di narrare un episodio (la morte di
Cristo) ma era principalmente interessato all'aspetto simbolico: Maria è
rappresentata giovane come quando concepì Cristo.
Note [modifica]
^ a b c
d e f g Baldini, cit., pag. 92.
^ a b c d e Alvarez Gonzáles, cit., pag.
42.
^ Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori
(1568), Grandi Tascabili Economici Newton, 2003, pag. 1207.
^ a b c d e De
Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 155.
^ Giulia Cosmo, Filippino Lippi, serie Art
dossier, Giunti, Firenze 2001, pag. 30.
Bibliografia [modifica]
Umberto
Baldini, Michelangelo scultore, Rizzoli, Milano 1973.
Pierluigi De Vecchi ed
Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN
88-451-7212-0
Marta Alvarez Gonzáles, Michelangelo, Mondadori Arte, Milano
2007. ISBN 978-88-370-6434-1
Voci correlate [modifica]
Opere di
Michelangelo
Pietà di Palestrina, Galleria dell'Accademia Firenze
Pietà
per Vittoria Colonna, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
Pietà Bandini,
Museo dell'Opera del Duomo, Firenze
Pietà Rondanini, Castello Sforzesco,
Milano
Pietà (arte)
Deposizione di Gesù
Basilica di San Pietro in
Vaticano
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