Monday, March 4, 2013

ZANDONAIANA -- D'Annunzio ---- ****

Speranza



 

(LA)
« Hoc habeo quadcumque dedi. »
(IT)
« Io ho quel che ho donato. »
(Motto dannunziano[1])
on. Gabriele D'Annunzio
Bandiera italiana
Parlamento italiano
Camera dei deputati
Gabriele D'Annunzio
Luogo nascitaPescara
Data nascita12 marzo 1863
Luogo morteGardone Riviera
Data morte1º marzo 1938
Professionescrittore
PartitoDestra storica (1897), Sinistra storica(1897-1900)
LegislaturaXX del Regno d'Italia


Gabriele D'Annunzio, principe di Montenevoso, a volte scritto d'Annunzio, come usava firmarsi (Pescara, 12 marzo 1863Gardone Riviera, 1º marzo 1938), è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico e giornalista italiano, simbolo del Decadentismo italiano[3], del quale fu il più illustre rappresentante assieme a Giovanni Pascoli, ed eroe di guerra[4][5].

Firma di Gabriele D'Annunzio

Soprannominato il Vate cioè "il profeta", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. Come letterato fu «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana…»[6][7] e come politico lasciò un segno sulla sua epoca e una influenza sugli eventi che gli sarebbero succeduti.

  • Gabriele D'Annunzio
    D'Annunzio nell'uniforme di Maggiore della Regia Aeronautica
    D'Annunzio nell'uniforme di Maggiore della Regia Aeronautica
    12 marzo 1863 - 1º marzo 1938
    Soprannomeil Vate
    Nato aPescara
    Morto aGardone Riviera
    Cause della morteemorragia cerebrale
    Luogo di sepolturaGardone Riviera, Mausoleo del Vittoriale
    Dati militari
    Nazione servitaFlag of Italy (1861-1946).svg Italia
    Reggenza Italiana del Carnaro.jpg Reggenza Italiana del Carnaro
    Forza armataRegio Esercito
    Regia Aeronautica
    Legionari di Fiume
    Armaterza armata (nel 1917)
    Specialitàvoli di ricognizione, pilota
    Anni di servizio1915 - 1918
    GradoMaggiore
    Tenente colonnello (al congedo)
    Generale onorario di Brigata aerea
    FeriteOcchio destro, tempia destra
    ComandantiRaffaele Cadorna, Armando Diaz
    GuerrePrima guerra mondiale, Impresa di Fiume
    BattaglieBeffa di Buccari, Volo su Vienna, Decima battaglia dell'Isonzo, battaglie dell'Isonzo,
    Comandante diReggenza Italiana del Carnaro
    DecorazioniCroce di Guerra, titolo nobiliare di Principe di Montenevoso
    Frase celebreMemento audere semper ("Ricordati di osare sempre")
    Altro lavoroscrittore, poeta, politico
    Fonti nel testo
    voci di militari presenti su Wikipedia

    La casa natale di D'Annunzio a Pescara


    Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia borghese benestante.

    Terzo di cinque figli, visse un'infanzia felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Dalla madre, Luisa de Benedictis (1839-1917), erediterà la fine sensibilità; dal padre, Francesco Paolo (1831-1893), nato Rapagnetta (acquisì il cognome D'Annunzio da un ricco parente che lo adottò, lo zio Antonio D'Annunzio[8]), il temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, che portarono la famiglia da una condizione agiata a una difficile situazione economica. Reminiscenze della condotta paterna, la cui figura è ricordata nelle Faville del maglio e accennata nel Poema paradisiaco, sono presenti nel romanzo Trionfo della morte. Ebbe tre sorelle, cui fu molto legato per tutta la vita, e un fratello minore:
    Il giovane D'Annunzio non tardò a manifestare un carattere ambizioso e privo di complessi e inibizioni, portato al confronto competitivo con la realtà. Una testimonianza ne è la lettera che, ancora sedicenne nel 1879, scrive a Giosuè Carducci, il poeta più stimato nell'Italia umbertina, mentre frequenta il liceo al prestigioso istituto Convitto Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima opera del giovane studente, Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo. Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana Il Fanfulla della Domenica, il libro venne pubblicizzato dallo stesso D'Annunzio con un espediente: fece diffondere la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. La notizia ebbe l'effetto di richiamare l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese, facendone un personaggio molto discusso. Lo stesso D'Annunzio poi smentì la falsa notizia. Dopo aver concluso gli studi liceali accompagnato da una notorietà in continua ascesa, giunse a Roma, dove si iscrisse alla Facoltà di Lettere.


    Gabriele D'Annunzio
    Gli anni 1881-1891 furono decisivi per la formazione di D'Annunzio, e nel rapporto con il particolare ambiente culturale e mondano di Roma cominciò a forgiarsi il suo stile raffinato e comunicativo, la sua visione del mondo e il nucleo centrale della sua poetica. La buona accoglienza che trovò in città fu favorita dalla presenza in essa di un folto gruppo di scrittori, artisti, musicisti, giornalisti di origine abruzzese, parte dei quali conosciuti dal poeta a Francavilla al Mare, in un Convento di proprietà del corregionale e amico Francesco Paolo Michetti (fra cui Scarfoglio, Tosti, Masciantonio e Barbella) che fece parlare in seguito di una "Roma bizantina".
    La cultura provinciale e vitalistica di cui il gruppo si faceva portatore appariva al pubblico romano, chiuso in un ambiente ristretto e soffocante — ancora molto lontano dall'effervescenza intellettuale che animava le altre capitali europee — una novità "barbarica", eccitante e trasgressiva; D'Annunzio seppe condensare perfettamente, con uno stile giornalistico esuberante, raffinato e virtuosistico, gli stimoli che questa opposizione "centro-periferia", "natura-cultura" offriva alle attese di lettori desiderosi di novità.
    D'Annunzio si era dovuto adattare al lavoro giornalistico soprattutto per esigenze economiche, ma attratto alla frequentazione della Roma "bene" dal suo gusto per l'esibizione della bellezza e del lusso, nel 1883 sposò, con un matrimonio "di riparazione" (lei era già incinta del figlio Mario), nella cappella di Palazzo Altemps a Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese, da cui ebbe tre figli (Mario, deputato al parlamento, Gabriele Maria, attore, e Ugo Veniero)[9]. Il matrimonio finì in una separazione legale dopo pochi anni (anche se il poeta e la moglie rimasero in buoni rapporti), per le numerose relazioni extraconiugali di D'Annunzio, tra cui quella con Maria Gravina, da cui ebbe la figlia Renata. Tuttavia, le esperienze per lui decisive furono quelle trasfigurate negli eleganti e ricercati resoconti giornalistici. In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente a fuoco i propri riferimenti culturali, nei quali si immedesimò fino a trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive.
    Il grande successo letterario arrivò con la pubblicazione del suo primo romanzo, Il piacere nel 1889. Tale romanzo, incentrato sulla figura dell'esteta decadente, inaugura una nuova prosa introspettiva e psicologica[10] che rompe con i canoni estetici del naturalismo e del positivismo allora imperanti. Accanto a lettori ed estimatori più attenti e colti, venne presto a crearsi attorno alla figura di D'Annunzio un vasto pubblico condizionato non tanto dai contenuti, quanto dalle forme e dai risvolti divistici delle sue opere e della sua persona, un vero e proprio star system ante litteram, che lo stesso scrittore contribuì a costruire deliberatamente. Egli inventò uno stile immaginoso e appariscente di vita da "grande divo", con cui nutrì il bisogno di sogni, di misteri, di "vivere un'altra vita", di oggetti e comportamenti-culto che stava connotando in Italia la nuova cultura di massa.

    D'Annunzio negli anni 1890

    Tra il 1891 e il 1893 D'Annunzio visse a Napoli, dove compose Giovanni Episcopo e L'innocente, seguiti da Il trionfo della morte (scritto in Abruzzo, fra Francavilla al Mare e San Vito Chietino) e dalle liriche del Poema paradisiaco. Sempre di questo periodo è il suo primo approccio agli scritti di Nietzsche. Le suggestioni nietzschiane, liberamente filtrate dalla sensibilità del Vate si ritroveranno anche ne Le vergini delle rocce (1895), poema in prosa di squisita fattura dove l'arte «...si presenta come strumento di una diversa aristocrazia, elemento costitutivo del vivere inimitabile, suprema affermazione dell'individuo e criterio fondamentale di ogni atto»[11].

    Sempre nel 1892 cominciò una relazione epistolare con la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe inizio la stagione centrale della sua vita. Si conobbero personalmente nel 1894 e subito scattò l'amore. Per vivere accanto alla sua nuova compagna, D'Annunzio si trasferì a Firenze, nella zona di Settignano, dove affittò la villa La Capponcina (vicinissima alla villa Porziuncola dell'attrice), trasformandola in un monumento del gusto estetico decadente, definita da lui "la vita del signore rinascimentale". È in questo periodo che si situa gran parte della drammaturgia dannunziana che è piuttosto innovativa rispetto ai canoni del dramma borghese o del teatro dominanti in Italia e che non di rado ha come punto di riferimento la figura attoriale della Duse, nonché le sue migliori opere poetiche, la gran parte delle Laudi, e, tra queste, il vertice e capolavoro della poesia dannunziana, l' Alcyone. La relazione dell'artista con Eleonora Duse è stata celebrata a Firenze in un modo molto originale. Alla nascita del quartiere fiorentino di Coverciano (sorto proprio ai piedi della villa dannunziana di Settignano), due importanti arterie stradali della zona vennero inaugurate in memoria dei famosi amanti, prevedendo inoltre un incrocio tra queste vie. Tra il 1893 e il 1897 D'Annunzio condusse un'esistenza movimentata che lo portò dapprima nella sua terra d'origine e poi in Grecia, che visitò nel corso di un lungo viaggio. Nel 1897 volle provare l'esperienza politica, vivendo anch'essa, come tutto il resto, in un modo bizzarro e clamoroso: eletto deputato della destra, passò quasi subito nelle file della sinistra, giustificandosi con la celebre affermazione «vado verso la vita».

    Il 3 marzo 1901 inaugurò invece con il fondatore Ettore Ferrari, Gran Maestro della massoneria del Grande Oriente d'Italia, l'Università Popolare di Milano, nella sede di via Ugo Foscolo, dove pronunciò il discorso inaugurale e dove, successivamente, svolse un'attività straordinaria di docenze e lezioni culturali.[12] L'amicizia con Ferrari aveva avvicinato il Vate alla "libera muratoria": D'Annunzio era infatti massone e 33º grado della [Gran Loggia d'Italia degli ALAM detta "di Piazza del Gesù", fuoriuscita nel 1908 da GOI[13], testimonianza del suo interesse per l'esoterismo.
    Più tardi, in occasione dell'Impresa di Fiume fu iniziato al Martinismo. Molti dei volontari fiumani erano massoni e tra di essi figuravano in particolare Alceste De Ambris, Sante Ceccherini, Eugenio Coselschi, Ulderico Zasio, Marco Egidio Allegri. La bandiera della Reggenza del Carnaro avrebbe contenuto svariati simboli massonici e gnostici, come l'uroburo e le sette stelle dell'Orsa Maggiore.


    Eleonora Duse
    La relazione con Eleonora Duse si incrinò nel 1904, dopo il tradimento con Alessandra di Rudiní e la pubblicazione del romanzo Il fuoco, in cui il poeta aveva descritto impietosamente la loro relazione. In quell'epoca la vita dispendiosa condotta dal Vate lo portò a sperperare le cospicue somme percepite per le proprie pubblicazioni, che divennero comunque insufficienti a coprire le spese prodottesi. Nel 1910 D'Annunzio si trasferì in Francia: già da tempo aveva accumulato una serie di debiti e per evitare i creditori aveva preferito allontanarsi dal proprio Paese. L'arredamento della villa fu messo all'asta e D'Annunzio per cinque anni non rientrò in Italia. Risale a questo periodo la relazione con l'americana Romaine Beatrice Brooks.
    A Parigi era un personaggio noto, era stato tradotto da Georges Hérelle e il dibattito tra decadentisti e naturalisti aveva a suo tempo suscitato un grosso interesse già con Huysmans. Ciò gli permise di mantenere inalterato il suo dissipato stile di vita fatto di debiti e frequentazioni mondane, tra cui Filippo Tommaso Marinetti e Claude Debussy. Pur lontano dall'Italia collaborò al dibattito politico prebellico, pubblicando versi in celebrazione della Guerra italo-turca, inclusi poi in Merope o editoriali per diversi giornali nazionali (in particolare per il Corriere) che a loro volta gli concedevano altri prestiti.
    Nel 1910 Corradini aveva organizzato il progetto dell'Associazione Nazionalista Italiana, al quale D'Annunzio aderì inneggiando a una nazione dominata dalla volontà di potenza e opponendosi all'«Italietta meschina e pacifista».
    Dopo il periodo parigino si ritirò ad Arcachon, sulla costa Atlantica, dove si dedicò all'attività letteraria in collaborazione con musicisti di successo (Mascagni, Debussy,...), compose libretti d'opera, soggetti per film (Cabiria).


    D'Annunzio ai primi anni del 1900
    Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Volo su Vienna e Beffa di Buccari.
    Nel 1915 ritornò in Italia, dove rifiutò la cattedra di letteratura italiana che era stata di Pascoli; condusse immediatamente una intensa propaganda interventista, inneggiando al mito di Roma e del Risorgimento e richiamandosi alla figura di Giuseppe Garibaldi. Il discorso celebrativo che D'Annunzio pronunciò a Quarto il 4 maggio 1915 (in occasione della sagra dei Mille) suscitò entusiastiche manifestazioni interventiste, così come l'arringa tenuta a Roma il 13 maggio 1915. Con l'entrata in Guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915 (durante le cosiddette "radiose giornate di maggio"), D'Annunzio si arruolò volontario nei Lancieri di Novara, nonostante avesse già 52 anni, partecipando subito ad alcune azioni dimostrative navali e aeree. Per un periodo risiedette a Cervignano del Friuli perché così poteva essere vicino al Comando della III Armata, a capo della quale era Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d'Aosta, suo amico ed estimatore.

    Il volantino lanciato su Vienna
    Nel settembre 1915 partecipò a un'incursione aerea su Trento e nei mesi successivi, sul fronte carsico, a un attacco lanciato sul monte San Michele nel quadro delle battaglie dell'Isonzo. Il 16 gennaio del 1916, a seguito di un atterraggio d'emergenza, nell'urto contro la mitragliatrice dell'aereo riportò una lesione all'altezza della tempia e dell'arcata sopraccigliare destra. La ferita non curata per un mese provocò la perdita dell'occhio. Visse così un periodo di convalescenza, durante il quale fu assistito dalla figlia Renata. In quei mesi compose il Notturno utilizzando delle sottili strisce di carta che gli permettevano di scrivere nella più completa oscurità, necessaria per la convalescenza dalla ferita che l'aveva temporaneamente accecato. L'opera venne pubblicata nel 1921 e contiene una serie di ricordi e di osservazioni. Tuttavia, ben presto tornò a combattere. Contro i consigli dei medici, continuò a partecipare ad azioni belliche aeree e di terra: nel settembre 1916 a un'incursione su Parenzo e, nell'anno successivo (1917), con la III Armata, alla conquista del Veliki e al cruento scontro presso le foci del Timavo nel corso della decima battaglia dell'Isonzo. Le imprese aeree contro il porto di Cattaro (1917) e la partecipazione alla Beffa di Buccari e al Volo su Vienna (1918) completarono il suo stato di servizio. Al termine del conflitto «egli apparteneva di diritto alla generazione degli assi e dei pluridecorati...»[14] e il coraggio dimostrato, unitamente ad alcune celebri imprese di cui era stato protagonista, ne consolidarono ulteriormente la popolarità. Si congedò con il grado di tenente colonnello, inusuale, all'epoca, per un militare non di carriera. Nell'immediato primo dopoguerra D'Annunzio si fece portatore di un vasto malcontento, insistendo sul tema della "vittoria mutilata" e chiedendo, in sintonia con una serie di voci della società e della politica italiana, il rinnovamento della classe dirigente in Italia. La stessa onda di malcontento trovò ben presto un sostenitore in Benito Mussolini, che di qui al 1922 avrebbe portato all'ascesa del fascismo in Italia.

    Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Impresa di Fiume e Reggenza Italiana del Carnaro.

    D'Annunzio in divisa da comandante su una cartolina di Fiume
    « Trasformare il cardo bolscevico in rosa d'Italia, Rosa d'Amore. »
    (Gabriele D'Annunzio[15])

    Enrico Marchiani, Ritratto di Gabriele d'Annunzio in uniforme da Ardito. Dipinto esposto al Museo D'Annunzio Eroe del Vittoriale
    Nel 1919 organizzò un clamoroso colpo di mano paramilitare, guidando una spedizione di "legionari", partiti da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925, Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa), all'occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo di edificazione del proprio mito personale e politico.
    A Fiume, occupata dalle truppe alleate, già nell'ottobre 1918 si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia,[16] di cui fu nominato presidente Antonio Grossich. D'Annunzio con una colonna di volontari (tra i quali vi era anche Silvio Montanarella, marito della figlia Renata) occupò Fiume e vi instaurò il comando del "Quarnaro liberato". Il 5 ottobre 1920 aderì al Fascio di combattimento di Fiume[17].
    D'Annunzio e il suo governo vararono tra l'altro la Carta del Carnaro, una costituzione provvisoria incredibilmente avanzata e moderna, scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e modificata in parte da D'Annunzio stesso, che prevedeva, assieme alle varie leggi applicative e regolamenti varati, numerosi diritti per i lavoratori, le pensioni di invalidità, l' habeas corpus, il suffragio universale maschile e femminile, la libertà di opinione, di religione e di orientamento sessuale, tra cui la depenalizzazione dell'omosessualità, del nudismo e dell'uso di droga[18] e il risarcimento degli errori giudiziari[19], il tutto molto tempo prima di altre carte costituzionali dell'epoca.
    Il 12 novembre 1920 venne stipulato il trattato di Rapallo: Fiume divenne città libera, Zara passò all'Italia; ma D'Annunzio non accettò l'accordo e il governo italiano di Giovanni Giolitti il 26 dicembre 1920, fece sgomberare i legionari con la forza, causando numerosi morti, nel cosiddetto "Natale di sangue". Ai tempi di Fiume D'Annunzio soprannominò sprezzantemente Cagoja Nitti, in relazione appunto allo sgombero della città ordinato nel 1921.[20] Nel 1924 lo Stato Libero di Fiume, fu infine annesso all'Italia, dove rimase fino al 1945.


    La villa di D'Annunzio, nel complesso monumentale del "Vittoriale degli Italiani"
    Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Vittoriale degli italiani.
    Deluso dall'epilogo dell'esperienza di Fiume, nel febbraio 1921 si ritirò in un'esistenza solitaria nella villa di Cargnacco (comune di Gardone Riviera) che pochi mesi più tardi acquistò. Ribattezzata il Vittoriale degli italiani fu ampliata e successivamente aperta al pubblico. Qui lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici di cui la sua stessa persona costituiva il momento di attrazione centrale. Il 27 e il 28 maggio 1922, D'Annunzio ospitò al Vittoriale Georgij Vasil'jevič Čičerin, commissario sovietico agli affari esteri[21] arrivato in Italia per la conferenza di Genova del 1922.[22][23]
    D'Annunzio si impegnò inoltre per la crescita e il miglioramento della zona: la costruzione della strada litoranea Gargnano-Riva del Garda (1929-1931) fu fortemente voluta da lui che se ne interessò personalmente, facendo valere il suo prestigio personale con le autorità. La strada, progettata e realizzata dall'ing. Riccardo Cozzaglio, segnò il termine del secolare isolamento di alcuni paesi del Lago di Garda e fu poi classificata di interesse nazionale con il nome di Strada statale 45 bis Gardesana Occidentale. Lo stesso D'Annunzio, presente all'inaugurazione della strada, la battezzò con il nome di Meandro per via della sua tortuosità e dell'alternarsi delle buie gallerie e del lago azzurro.[24]

    Il Vate e il fascismo [modifica]


    Incontro tra Mussolini e D'Annunzio
    Il rapporto con il fascismo fu complesso e articolato, benché sostanzialmente organico: i fascisti in ascesa celebrarono D'Annunzio, appropriandosi di motti e simboli del Vate[25], come uno dei massimi e più fecondi letterati d'Italia, ma lo scrittore, a parte l'adesione iniziale ai Fasci di combattimento, non volle mai prendere la tessera del Partito Nazionale Fascista, probabilmente per mantenere la sua completa autonomia. Mussolini già all'inizio appoggiò D'Annunzio, per utilizzarne la fama in favore del movimento in ascesa.
    Nel 1919 il futuro duce avviò rapidamente una sottoscrizione pubblica per finanziare l'Impresa di Fiume che raccolse quasi tre milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire, fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, altro denaro in seguito. Una parte cospicua del denaro raccolto invece non fu consegnata a D'Annunzio. Mussolini fu accusato da due redattori di aver dirottato il denaro per finanziare il proprio partito in vista delle prossime elezioni politiche italiane del 1919 e lo squadrismo.[26] Per controbattere alle accuse D'Annunzio inviò una lettera a Mussolini in cui ne attestò pubblicamente l'autorizzazione[27]. Il poeta certificò che parte della somma raccolta fu utilizzata per finanziare lo squadrismo a Milano.
    « Mio caro Benito Mussolini, chi conduce un'impresa di fede e di ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi d'essere rinnegato e tradito "prima che il gallo canti per la seconda volta". E non deve adontarsene né accorarsene. Perché uno spirito sia veramente eroico, bisogna che superi la rinnegazione e il tradimento. Senza dubbio voi siete per superare l'una e l'altro. Da parte mia, dichiaro anche una volta che — avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica — io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei combattenti. Contro ai denigratori e ai traditori fate vostro il motto dei miei "autoblindo" di Ronchi, che sanno la via diritta e la meta prefissa.Fiume d'Italia, 15 febbraio 1920 Gabriele D'Annunzio. »
    Lettera originale inviata da D'Annunzio a Mussolini
    Dopo la morte di Giacomo Matteotti, rapito e assassinato da un gruppo di camicie nere, mentre il Fascismo si sentiva in difficoltà l'8 luglio 1924 D'Annunzio scrisse a Mussolini:
    « Avere fede intiera nella mia lealtà e nella mia carità di patria. Il mio silenzio e il mio lavoro sono oggi esempio a tutti gl'italiani. Non l'uno sarà interrotto e non l'altro[28] »
    D'Annunzio, assieme a Filippo Tommaso Marinetti, fu uno dei primi firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, pubblicato il 21 aprile 1925. Il deputato socialista Tito Zaniboni, più tardi noto per aver organizzato un attentato contro Mussolini il 4 novembre 1925, comunicò al giornale Il Mondo, la notizia che D'Annunzio, in una lettera indirizzata a un legionario fiumano avrebbe scritto in maniera critica sulla questione:
    « Sono molto triste di questa "fetida ruina" »
    (Gabriele D'Annunzio secondo Tito Zaniboni[29])
    All'indiscrezione D'Annunzio rispose il 5 novembre su "La provincia di Brescia":
    « A tutti i politicastri, amici o nemici, conviene dunque ormai disperare di me. Amo la mia arte rinovellata, amo la mia casa donata. Nulla d'estraneo mi tocca, e d'ogni giudizio altrui mi rido »
    (Gabriele D'Annunzio[30])
    Nel 1937 fu eletto Presidente dell'Accademia d'Italia, ma non andò mai a presiedere alcuna riunione (la nomina fu quasi imposta da Mussolini, con la contrarietà di D'Annunzio). D'Annunzio fu anche Presidente onorario della SIAE dal 1920 al 1938.[31] Per molti il Duce, temendo la popolarità e la personalità indipendente del poeta, tentò di metterlo risolutamente da parte, ricoprendolo di onori.[32]

    Segnata con la X la finestra dalla quale D'Annunzio cadde

    D'Annunzio nel 1922, in uniforme da Tenente colonnello dell'Aeronautica
    Di certo vi era la scomodità del personaggio: già nel 1922, tre mesi prima della Marcia su Roma, quando D'Annunzio cadde dalla finestra della sua villa rischiando la vita (vicenda soprannominata "il volo dell'arcangelo"), qualcuno parlò di attentato ordito dal primo ministro Francesco Saverio Nitti o addirittura dai fascisti; il funzionario Giuseppe Dosi indagò sulla caduta "accidentale" di D'Annunzio, che quasi ne provocò la morte, e scrisse:
    « Sicuramente qualcuno che ha visto nell'evento la volontà di non far presiedere a D'Annunzio l'incontro con Nitti e Mussolini e quindi cerca la traccia di un complotto. La principale indiziata è Luisa Baccara (compagna di D'Annunzio all'epoca, ndr) o sua sorella Jolanda ovvero tutte e due insieme. Nasce l'ipotesi che Luisa Baccara (che delle due sorelle ha maggiore personalità) sia la carceriera del Comandante; che sia una spia di Nitti o una fascista celata, ma anche che abbia lo scopo finale di uccidere D'Annunzio per toglierlo di mezzo, posto che sia diventato ingombrante per tutti. Certo gli eventi portano molta acqua al mulino di queste ipotesi.[33] »
    Renzo De Felice afferma che D'Annunzio fu posto poi sotto controllo di agenti fascisti[34], visti anche i buoni rapporti del Vate con esponenti del mondo libertario, socialista e rivoluzionario[35], tra cui l'ex legionario fiumano e poi socialista Alceste De Ambris (che avvicinò il nazionalista D'Annunzio all'anarco-individualismo[36]) e il politico Aldo Finzi[37], fascista di sinistra che prese parte con il poeta al volo su Vienna, di origine ebraica e futuro antifascista, e che sarà ucciso dai tedeschi alle Fosse Ardeatine nel 1944. Nel 1937-38 D'Annunzio si oppose all'avvicinamento dell'Italia fascista al regime nazista, bollando Hitler, già nel 1934, come "pagliaccio feroce".[38]
    La sua influenza sulla cultura italiana ed europea nei primi decenni del Novecento fu indiscutibile. Sempre attento ai movimenti dei giovani, fu tra i massimi ispiratori del Fondaco di baldanza, della Federazione Italiana Universitaria e di La Fionda, associazione goliardica e casa editrice. Morì nella sua villa il 1º marzo 1938 per un'emorragia cerebrale, mentre era al suo tavolo da lavoro. Ai funerali di Stato, voluti in suo onore dal regime fascista, la partecipazione popolare fu imponente. Il feretro, avvolto dalla bandiera del Timavo[39] era seguito da «...la folla innumerevole degli ex legionari, degli ammiratori, dei devoti alla sua gloria e alla sua fama...».[40] È sepolto nel mausoleo del Vittoriale.

    Opere principali [modifica]

    Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Opere di Gabriele D'Annunzio.
    La produzione letteraria di D'Annunzio fu stampata integralmente fra il 1927 e il 1936 da un Istituto nazionale creato appositamente sotto l'egida dello Stato italiano per la pubblicazione della sua Opera Omnia. Il Vate collaborò attivamente alla realizzazione dell'ambizioso progetto, come collaborò alla pubblicazione di un'edizione economica (L'Oleandro) che ricalcava la precedente, realizzata anch'essa quando egli era ancora in vita, fra il 1931 e il 1937. Subito dopo la sua morte e cioè fra il 1939 e il 1942 la Fondazione del Vittoriale degli Italiani provvide a ristampare quasi integralmente la produzione dannunziana: 42 volumi su un totale di 46 (gli ultimi quattro non uscirono per le note vicende belliche che desolarono l'Italia nel 1943). Nel secondo dopoguerra merita una particolare menzione la pregevole edizione dell' Opera Omnia apparsa, a partire dal 1950, nei Classici Contemporanei Italiani di Arnoldo Mondadori Editore. Fra le opere più significative di Gabriele D'Annunzio segnaliamo:

    Estetismo e pensiero dannunziano [modifica]

    (LA)
    « Habere, non haberi »
    (IT)
    « Possedere, non essere posseduto »
    (Gabriele D'Annunzio, massima del padre di Andrea Sperelli ne Il Piacere)

    Le fonti dell'immaginario dannunziano [modifica]

    Il mondo letterario francese [modifica]


    Luisa Baccara, una delle sue amanti
    Alcune volte la fortuna di cui un autore gode è il frutto di scelte consapevoli, di una capacità strategica di collocarsi nel centro di un sistema culturale che possa garantirgli le migliori opportunità che il suo tempo ha da offrirgli. D'Annunzio aveva cominciato a "immaginarsi" poeta leggendo Giosuè Carducci negli anni del liceo; ma la sua sensibilità per la trasgressione e il successo dal 1885 lo portò ad abbandonare un modello come quello carducciano, già provinciale e superato in confronto a quanto si scriveva e si dibatteva in Francia, culla delle più avanzate correnti di avanguardia - Decadentismo e Simbolismo. Il suo giornale gli assicurava l'arrivo di tutte le riviste letterarie parigine, e attraverso i dibattiti e le recensioni in esse contenuti, D'Annunzio poté programmare le proprie letture cogliendo i momenti culminanti dell'evoluzione letteraria del tempo.
    Fu così che conobbe Théophile Gautier, Guy de Maupassant, Max Nordau e soprattutto Joris-Karl Huysmans, il cui romanzo À rebours costituì il manifesto europeo dell'estetismo decadente. In un senso più generale, le scelte di D'Annunzio furono condizionate da un utilitarismo che lo spinse non verso ciò che poteva rappresentare un modello di valore "alto", ideale, assoluto, ma verso ciò che si prestava a un riuso immediato e spregiudicato, alla luce di quelli che erano i suoi obiettivi di successo economico e mondano.

    La filosofia tedesca e il vitalismo [modifica]

    D'Annunzio non esitava a "saccheggiare" ciò che colpiva la sua immaginazione e che conteneva quegli elementi utili a soddisfare il gusto borghese e insieme elitario del "suo pubblico". D'altronde, a dimostrazione del carattere unitario del "mondo dannunziano", è significativo il fatto che egli usò nello stesso modo anche il pensiero filosofico, soprattutto tedesco.
    Fra i filosofi contemporanei più letti in Europa negli anni 1880 e 1890 vi furono senza dubbio Schopenhauer e Nietzsche. Da quest'ultimo soprattutto lo scrittore trasse alcuni importanti spunti e motivi per nutrire un universo di sentimenti e valori che appartenevano già a lui da sempre, e che facevano parte dell'atmosfera culturale che si respirava in un continente agitato da venti di crisi nazionalistiche, preannunzio della Grande guerra.

    Friedrich Nietzsche
    Molto si è discusso su un preteso stravolgimento della filosofia nietzschiana da parte di D'Annunzio, ma tali elucubrazioni in realtà non hanno ragione di essere. La scoperta di Nietzsche da parte del poeta abruzzese non avviene infatti sul piano ideologico, ma si configura come una suggestione letteraria[41]. Le preoccupazioni del Vate erano infatti di indole artistica, non filosofica. D'altra parte il pensiero di Nietzsche, pur essendo stato talvolta oggetto di una generica adesione da parte di D'Annunzio, non fu mai sviluppato organicamente nelle creazioni del Vate che oltretutto non ebbe mai la pretesa di interpretarlo.
    In particolare, la rielaborazione della figura del superuomo da parte di D'Annunzio avviene secondo una visione personale e una sensibilità che non sono quelle del filosofo tedesco. I raffinati esteti che popolano i romanzi dannunziani sono ben lontani dall'oltreuomo nietzschiano che raggiunge una conoscenza superiore perseguendo un cammino personale e una dura disciplina di vita. D'Annunzio, nonostante si fosse dichiarato ateo in gioventù[42][43], era affascinato dalle varie culture religiose, sia dal paganesimo sia dal cristianesimo (in particolare dal francescanesimo) fino all'occultismo e al panteismo, interpretate in un modo personalissimo, e non mutuò quindi da Nietzsche gli aspetti di nichilismo derivati dal concetto della morte di Dio, proclamata dal tedesco; adottata una visione agnostica in campo religioso[44], come quella del collega Pascoli, probabilmente si riavvicinò alla fede negli ultimi anni di vita.[45][46] Da ciò il suo panismo e il suo vitalismo, che permea tutta la sua opera: la pulsione vitale e sensuale che spinge l'esteta-superuomo alla conoscenza piena e alla fusione nel mondo e nella natura.

    I nuovi modelli narrativi [modifica]

    La scelta di nuovi modelli narrativi e soprattutto linguistici - elemento questo fondamentale nella produzione dannunziana - comportò anche, e forse soprattutto, l'attenzione verso nuove ideologie. Ciò favorì lo spostamento del significato educativo e formativo che la cultura positivista aveva attribuito alla figura dello scienziato verso quella dell'artista, diventato il vero "uomo rappresentativo" di fine ottocento - primo novecento: "è più l'artista che fonde i termini che sembrano escludersi: sintetizzare il suo tempo, non fermarsi alla formula, ma creare la vita".

    L'amore verso la Duse [modifica]

    Spregiudicatezza e narcisismo, slanci sentimentali e calcolo furono alla base anche dei rapporti di D'Annunzio con le numerose donne della sua vita. Quella che sicuramente più di ogni altra rappresentò per lo scrittore un nodo intricato di affetti, pulsioni e di artificiose opportunità fu Eleonora Duse, l'attrice di fama internazionale con cui egli si legò dal 1898 al 1901. Non c'è dubbio infatti che a questo nuovo legame debba essere fatto risalire il suo nuovo interesse verso il teatro e la produzione drammaturgica in prosa (Sogno di un mattino di primavera, La città morta, Sogno di un tramonto D'Autunno, La Gioconda, La gloria) e in versi (Francesca da Rimini, La figlia di Jorio, La fiaccola sotto il moggio, La nave e Fedra). In quegli stessi anni, la terra toscana ispirò al poeta la vita del "signore del Rinascimento fra cani, cavalli e belli arredi", e una produzione letteraria che rappresenta il punto più alto raggiunto da D'Annunzio nel repertorio poetico.

    Poetica [modifica]

    Il percorso poetico di D'Annunzio, cominciato precocemente con Primo vere (1879), raccolta non priva di interesse e che si ispira all'opera carducciana, trova una sua prima autonomia espressiva in Canto novo, dove già si iniziano chiaramente a delineare alcune componenti essenziali della sua arte: la capacità di assimilare e rielaborare in forme del tutto personali le suggestioni e gli stimoli più svariati, provenienti sia dalla storia e dalla mitologia sia dalle correnti letterarie e filosofiche contemporanee; una visione vitalistica e sensuale della realtà di matrice classica o classicheggiante; l'elaborazione di un linguaggio il cui splendore e preziosità suggestiona e seduce ed è esso stesso parte integrante di un mondo poetico espresso da una sensibilità squisita e raffinata. Tali componenti saranno ulteriormente sviluppate e approfondite nelle raccolte poetiche successive e in particolare nelle Elegie romane (1892), caratterizzate da un gusto eclettico di matrice decadentista in cui traspaiono gli echi più eterogenei, da Ovidio a Dante e Petrarca, da Goethe (che qui costituisce il modello per D'Annunzio sotto il profilo metrico) a Swinburne.

    D'Annunzio che legge
    Nel 1903 vennero pubblicati i primi tre libri delle Laudi, che secondo molti critici costituiscono il momento più alto dell'arte dannunziana e forse l'opera in versi più celebre e celebrata di D'Annunzio. In particolare nell'Alcyone, si riflettono i momenti più felici della sua panica immersione nelle atmosfere dell'antichità classica (Ditirambi, L'oleandro), in quelle della sua terra di origine, l'Abruzzo (I Pastori) e, soprattutto, nei paesaggi toscani della Val d'Arno (Bocca d'Arno), del Pisano e della Versilia (La pioggia nel pineto). Ai consueti stimoli letterari (Ovidio, Dante, Carducci, i simbolisti, ecc.) e filosofici (in primo luogo Nietzsche) si aggiungono nell'Alcyone i sussidi derivanti da letture più tecniche (dal dizionario botanico di Caruel ai trattati di agricoltura del Palladio)[47] che fanno della raccolta un unicum nel panorama poetico del Novecento europeo. Per taluni critici l'Alcyone comincia ad aprire la strada a un altro capolavoro assoluto del D'Annunzio maturo: il Notturno.
    D'Annunzio e Giovanni Pascoli, l'altro grande poeta del Decadentismo italiano, si conoscevano personalmente, e, benché caratterialmente e artisticamente molto diversi, il Vate stimava il collega e recensì positivamente le liriche pascoliane e Pascoli considerava D'Annunzio come il suo fratello minore e maggiore. Alla morte del Pascoli (1912) D'Annunzio gli dedicò l'opera Contemplazione della morte.

    Oratoria politica [modifica]


    Francobollo di Fiume con ritratto di D'Annunzio (1920)
    Negli anni immediatamente precedenti il Primo conflitto mondiale, nella mentalità collettiva e negli ambienti culturali di tutta l'Europa si affermò un diffuso atteggiamento ottimistico e di esaltazione, non di rado accompagnato da contenuti politico-ideologici. Questo stato d'animo generale, legato al clima culturale della Belle époque d'inizio secolo, fu poi ribattezzato Superomismo, sulla base di una lettura personale dei testi di Nietzsche; tutt'oggi il dibattito su quest'argomento non è ancora concluso. D'Annunzio intuì lo smisurato potere che si può trarre dai mezzi di comunicazione di massa e compartecipò a questo fenomeno fino a divenirne uno dei maggiori propugnatori.
    Il piacere fisico e gestuale della parola ricercata, della sonorità fine a sé stessa, della materialità del suono proposta come aspetto della sensualità, aveva già caratterizzato la poetica delle Laudi; ma con le opere teatrali egli aveva maturato uno stile il cui scopo era conquistare fisicamente il pubblico in un rapporto sempre più diretto e meno letterario. Facendo leva sul mito di Roma e su una vasta mitologia nazionale post-risorgimentale, creò un modulo retorico dall'aspetto al contempo combattivo ed elitario: l'abbandono della prosa letteraria e l'immersione nel rito collettivo della guerra si presentò come un tentativo di conquistare la folla, da un lato per dominarla dall'altro per annullarsi in essa, nell'ideale comunione totale tra capo e popolo. E in queste orazioni il popolo prendeva le forme impressionistiche dell'«umanità agglomerata e palpitante», mentre il capo era un re-filosofo, ora riproposto come profeta della patria.
    La retorica bellica di D'Annunzio trovò un largo consenso nella popolazione, affascinata dal suo carisma e dall'aura di misticità che lo circondava. Egli elaborò in questo modo un immaginario per la propaganda interventista, la quale sarà la premessa e il prototipo della propaganda fascista nel primo dopoguerra.
    Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Motti dannunziani.

    D'Annunzio e la musica [modifica]

    Sin dall'infanzia, Gabriele D'Annunzio ebbe un rapporto strettissimo con la musica, tanto da prendere lezioni di pianoforte e contemporaneamente di violino dietro suggerimento del padre. D'Annunzio possedeva un violino prodotto probabilmente da Jakobus Steiner (1617 - 1683), uno dei più illustri liutai del Tirolo. Il Vate era più legato a Gasparo da Salò che al sommo Stradivari. L'amore per Gasparo da Salò e per il violino è rintracciabile anche nelle stanze e nei giardini gloriosi del Vittoriale. Nella villa di Gardone Riviera c'è una parte del giardino che ha la forma di un violino ed è chiamata giardino delle danze. La stanza della musica, quella che ospitava le esecuzioni intime di Luisa Baccara al pianoforte, recava inizialmente il nome di Camerata di Gasparo , proprio in onore al padre del violino moderno. D'Annunzio sapeva suonare anche la chitarra e spesso trascorreva il pomeriggio con essa. Era un finissimo conoscitore dell'opera musicale: privilegiava il sinfonismo di Beethoven, la poesia pianistica di Chopin e di Schumann, il lirismo di Giuseppe Verdi e non dimenticava mai di prestare attenzione anche ai capolavori e alle innovazioni della sua epoca. Disdegnava la banda di Pescara, da lui definita brigantesca e si concentrava all'ascolto dei quintetti sgambatiani che Giovanni Sgambati, discepolo di Franz Liszt, teneva a Roma nella Sala Dante, alla presenza della Regina Margherita.

    Amicizie,collaborazioni ed inimicizie [modifica]

    Era intimo amico di Francesco Paolo Tosti, il cosiddetto Re della romanza. D'Annunzio fornì a Tosti numerosi testi da musicare. Il più famoso è senz'altro uno dei capolavori della canzone napoletana: A vucchella. Scritta da D'Annunzio nel 1892 in seguito ad una scommessa con Ferdinando Russo al tavolino del Caffè Gambrinus di Napoli, divenne un successo internazionale quando fu cantata da Enrico Caruso.Russo diede il testo a Tosti che lo musicò e la celeberrima canzone fu pubblicata da Ricordi nel 1904 con la sua data di composizione. Tra le altre romanze di Tosti con i versi di D'Annunzio, merita d'esser ricordata anche L'alba separa dalla luce l'ombra , famosissima lirica tratta dalle Quattro canzoni dell'Amaranta. D'Annunzio intuì il valore dell'opera verista ma fu sempre riluttante nei suoi confronti. Definì Pietro Mascagni il capobanda e scrisse un pamphlet dallo stesso titolo che apparve su Il mattino di Napoli il 3 settembre 1892. D'Annunzio reclamava un ritorno all'antica musicalità d'origine classica. Divenne amico di Giacomo Puccini e col grande compositore si pensava ad una composizione di drammi storici: Rosa di Cipro e La crociata dei fanciulli. Il carteggio che recentemente è stato pubblicato, mostra proprio queste due forze culturali, che cercano d'entrare in contatto per creare un assoluto capolavoro.
    D'Annunzio legò anche con Arturo Toscanini e memorabile è il concerto che Toscanini tenne con l'orchestra del Teatro alla Scala nel 1920 a Fiume. D'Annunzio scrisse a Toscanini nel giugno di quell'anno:«... Venga a Fiume d'Italia, se può. È qui oggi la più risonante aria del mondo. E l'anima del popolo è sinfoniale come la sua orchestra. I Legionari attendono il Combattente che un giorno condusse il coro guerriero». Toscanini fu accompagnato nella città dannunziana da Leone Sinigaglia e Italo Montemezzi. La città di Fiume era una sorta d città musicale. La musica era la più intima compagna dei cittadini e nello statuto della città v'era scritto:«Excitat auroram», eccita l'alba. D'Annunzio disse ai suoi legionari dopo l'esercitazione del mattino:«Guardatelo, guardategli la mano che tiene lo scettro. Il suo scettro è una bacchetta, leggera come una verga di sambuco; e solleva i grandi flutti dell'orchestra, sprigiona i grandi torrenti dell'armonia, apre le cateratte della grande fiumana, scava le forze dal profondo e le rapisce al sommo, frena i tumulti e li riduce in sussurri, fa la luce e l'ombra, fa il sereno e la tempesta, fa il lutto e il giubilo». Quella stessa sera vi fu il concerto che prevedeva musiche di Beethoven, Giuseppe Verdi (I vespri sicialiani),Wagner,Sinigaglia(Suite Piemonte) e di Respighi(Le fontane di Roma). Il legame con Toscanini non terminò dopo l'esperienza di Fiume. Il Vate invitava spesso Toscanini e sua figlia al Vittoriale.
    D'Annunzio prestò numerosi suoi testi alla scena musicale. La figlia di Iorio fu musicata da Alberto Franchetti, famoso per aver concesso ad Umberto Giordano il testo dell'Andrea Chenier; Francesca da Rimini da Riccardo Zandonai che ne trasse un'opera dal valore autentico, Parisina da Pietro Mascagni, La Pisanella e La Nave ad Ildebrando Pizzetti, il più grande compositore influenzato dal dannunzianesimo assieme a Gian Francesco Malipiero e autore della Sinfonia del Fuoco per Cabiria, il kolossal cui aveva collaborato anche D'Annunzio. Non solo agli italiani finirono i grandi capolavori scenici del Vate: le musiche di scena per Fedra vennero composte da Arthur Honegger mentre Claude Debussy ebbe il privilegio di musicare la tragedia pagana mista a simboli cristiani nota come Il martirio di San Sebastiano.

    Composizioni da camera su testi dannunziani [modifica]

    Opere teatrali e musiche di scena su soggetti dannunziani [modifica]

    La musica nelle opere di D'Annunzio [modifica]

    La maggior parte delle opere scritte da D'Annunzio contengono riferimenti espliciti alla musica. Il piacere divenne ben presto il testo sacro dell'estetismo. Il suo protagonista, l'esteta e raffinato Andrea Sperelli, conosce ad un concerto la donna che amerà. La cornice dell'innamoramento è Beethoven. La sonata al chiaro di luna diventa il simbolo ed emblema di un amore che sta scoccando. D'Annunzio immortala il momento magico, fatato, attraverso le note dell'andante sostenuto. Il romanzo contiene altri riferimenti a brani celebri e non. Maria Ferres, la seconda amata di Sperelli, è un'abile pianista che esegue preludi di Bach e pezzi sognanti di Schumann. D'Annunzio sembra quasi farsi beffe dei lettori poco esperti dell'arte: in un passo, si parla di una Gavotta delle dame gialle composta da Jean Philippe Rameau, ma il francese non ha mai composto nessun pezzo con questo titolo.
    Ne Il trionfo della morte, Giorgio Aurispa, il protagonista, si imbatte in una stanza del suo palazzo, colma di memorie d'arte musicali: «Nella terza stanza, severa e semplice, le memorie erano musicali, venivano dai muti strumenti. Sopra un lungo cembalo levigato, di palissandro, ove le cose si riflettevano come in una sfera, riposava un violino nella sua cutodia. Sopra un leggio una pagina di musica si sollevava e si abbassava ai soffli dell'aria, quasi in ritmo con le tende. Giorgio si avvicinò. Era una pagina di un Mottetto di Felix Mendelssohn: Dominica II post Pascha... Giorgio aprì la custodia, guardò il delicato strumento che dormiva in un velluto color d'oliva, con le sue quattro corde intatte. Preso come da una curiosità di svegliarlo, egli toccò il cantino che diede un gemito acuto facendo vibrare tutta la cassa. Era un violino di Andrea Guarneri, con la data del 1680. La figura di Demetrio, alta, smilza, un po' curva, con un collo lungo e pallido, con i capelli rigettati indietro, con la ciocca bianca sul mezzo della fronte, riapparve».
    Un'altra memoria musicale del romanzo è senza dubbio il ricordo del Tristano e Isotta in cui il protagonista si getta nella memoria profonda cercando di godere ancora della scena passionale e magica. Il fuoco è il romanzo in cui la musica troneggia. Uno dei personaggi è addirittura Richard Wagner, vecchio, prossimo alla morte. Si fanno riferimenti a Claudio Monteverdi, a Caccini, alla sinfonia dell'Arianna di Benedetto Marcello.
    Le vergini delle rocce è il suo unico romanzo in cui non compare nessun riferimento preciso alle composizioni ma la musica qui è data dalla glorificazione della bellezza sonora scaturita dall'acqua: «L'acqua non è più l'acqua; diventa un'anima perduta che urla, che ride, che singhiozza, che balbetta, che sbeffa, che si lagna, che chiama, che comanda. Incredibile!, dice Antonello per giustificarsi di avere imposto il silenzio ai giuochi degli zampilli. Ma quando Anatolia richiama a vita la grande fontana marmorea - componimento pomposo di cavalli nettunii, di tritoni, di delfini e di conche in triplice ordine, dandole l'acqua, ecco che il narratore Claudio immagina la voluttà della pietra invasa dalla fresca e fluida vita: e finge in . sè medesimo «l'impossibile brivido. Le buccine dei tritoni soffiavano, dice Claudio, le fauci dei delfini gorgogliavano. Dalla sommità uno zampillo eruppe sibilando, lucido e rapido come un colpo di stocco vibrato contro l'azzurro; si franse, si ritrasse, esitò, risorse più diritto e più forte; si mantenne alto nell'aria, si fece adamantino, divenne uno stelo, parve fiorire. Uno strepito breve e netto come lo schiocco di una frusta echeggiò da prima nel chiuso; poi fu come uno scroscio di risa poderose, fu come un rovescio di pioggia... - Senti, esclamò Antonello che guardava quel trionfo con occhi di nemico - ti sembra tollerabile a lungo questo frastuono ? - «Ah, io starei ore e giorni ad ascoltarlo - parvemi dicesse Violante mettendo su la sua voce un velo più grave - nessuna musica vale questa per me».
    L'opera poetica infine, è tutta permeata da una musicalità eccezionale, che si riscontra anche nella prosa dannunziana. Le liriche dell'Elettra invece, contengono alcuni omaggi ai grandi ingegni musicali dell'Italia (Giuseppe Verdi e Bellini). L'Alcyone però, è il capolavoro della musicalità lirica di D'Annunzio:basti pensare alla grandezza della Pioggia nel pineto, il più grande esempio di partitura musicale dannunziana.

    D'Annunzio e Wagner [modifica]

    « ..Nell'orchestra parlavano tutte le eloquenze, cantavano tutte le gioie, piangevano tutti i dolori, che mai voce umana espresse. Su dalle profondità sinfoniche le melodie emergevano, si svolgevano, si interrompevano, si sovrapponevano, si mescevano, si stemperavano, si dileguavano, sparivano per riemergere. [...] Nell'impeto delle progressioni cromatiche era il folle inseguimento d'un bene che sfuggiva ad ogni presa pur da vicino balenando. Nelle mutazioni di tono, di ritmo, di misura, nelle successioni di sincopi era una ricerca senza tregua, era una bramosia senza limiti, era il lungo supplizio del desiderio sempre deluso e mai estinto. »
    (Il trionfo della morte)
    « Nel preludio del Tristano e Isolda l'anelito dell'amore verso la morte irrompeva con una veemenza inaudita, il desiderio insaziabile si esaltava in una ebrezza di distruzione. Per bere laggiù in onor tuo la coppa dell'amore eterno, io voleva consacrarti con me sul medesimo altare alla morte. »
    (Il trionfo della morte)
    D'Annunzio pubblicò tre articoli nel 1893,su “La Tribuna” il 23 luglio, il 3 e il 9 agosto e dedicati a Il caso Wagner . In questi articoli D'Annunzio prende ufficialmente le difese del compositore e va contro Friedrich Nietzsche.D'Annunzio difende il lavoro moderno di Wagner e dice: "Il filosofo si mette fuori del suo tempo, mentre l'artefice rientra nel suo tempo. Ma l'uno, pur glorificando la vita, spazia in un dominio puramente speculativo; mentre l'altro realizza le sue astrazioni nella forma concreta dell'opera d'arte.... Pel Nietzsche, quindi, l'autore del Parsifal non è un artefice di musica... egli concede che in questo il Wagner possa a buon diritto apparirci come un creatore e un novatore di primo ordine, avendo infinitamente aumentato la potenza espressiva della musica. Ma la concezione è subordinata all'ipotesi che la musica possa talora non essere musica, sì bene un linguaggio, una specie di ancilla dramaturgica. Togliete la musica wagneriana dalla protezione dell'ottica teatrale - egli dice - e avrete semplicemente della cattiva musica, la peggior musica che sia mai esistita. Qui è il grossolano errore, o la vana ingiustizia. Per me, e per i miei pari, la superiorità di Riccardo Wagner sta appunto in questo: che la sua musica è, in gran parte, bellissima ed ha un alto e puro valore di arte indipendentemente dalla faticosa macchinazione teatrale e dalla significazione simbolica sovrapposta". La musica di Wagner è riccamente citata nel Trionfo tanto che il Tristano diventa fonte di ispirazione per l'opera ma anche follia per il protagonista.

    D'Annunzio e la cucina: un intenditore sopraffino [modifica]

    « ..Scalise, il calabrese, mi ha mandato l’uva passa avvolta nelle foglie legate: quella che già celebrai nella Licenza della Leda. Magicamente la mia sensualità si trasfonde nelle mie dita che cercano gli acini dentro l’involucro. E’ un viluppo femminino. Una voluttà creata dall’immaginazione, nel separare acino da acino, nella massa aderente. L’umidità viscosa come quella della fica dopo il piacere. L’orgoglio di trovare un godimento ancor più profondo e raro, senza la presenza opaca e pesante. Una nuova specie di piacere solitario, inspirato da una Musa che arrossisce e impallidisce a volta a volta?.... »
    (Di me a me stesso)
    « ..O Vita, o Vita, / dono dell'Immortale / alla mia fame vorace... O mondo, sei mio! / Ti cogliero' come un pomo, / ti spremero' alla mia sete, / alla mia sete perenne..... »
    « ...La finezza dei cibi aiuta l'armonia mentale.... »
    D'Annunzio era un grandissimo goloso e probabilmente fu il più famoso goloso della sua epoca. Se doveva prender parte ad un pasto al Vittoriale, si isolava nella Stanza della cheli, la sala da pranzo riccamente decorata in cui troneggia ancora oggi la tartaruga di bronzo dal guscio della vera Cheli, la tartaruga del Vate che morì per indigestione di tuberose. Il Vate amava regalare alle sue donne dolci cioccolatini e marrons glacés, di cui era ghiottissimo ma non apprezzava il potere dionisiaco del vino puro e rosso che offriva in scintillanti calici vitrei e preferiva la semplice acqua, da sempre lodata nelle sue composizioni. Per il poeta, il cibo è un raffinatissimo e stimolante strumento di seduzione che anticipa il rapporto notturno vissuto nella più forte tempesta d'amore. Durante gli anni del Vittoriale, i pranzi raffinati vengono prodotti da Albina, governante chiamata Aélis, poi Suor Intingola, e Santa Cuciniera. Albina ha il compito di esaudire ogni suo desiderio del ventre ma anche di reclutare le “badesse”, le donne di compagnia che dovevano soddisfare i gusti sessuali del Comandante. Si racconta come il giovane poeta poco più che adolescente al Collegio Cicognini, abbia capitanato una rivolta contro la polpetta. D'Annunzio fu anche cuoco: in alcune lettere a Barbara Leoni si racconta di una speciale salsa:
    "...Ti ricordi tu quando scendevamo insieme per la scala portando le bottiglie, i barattoli, e quella famosa saliera uscita dalle fabbriche di Sevres? Ti ricordi com'eravamo allegri e come ridevamo e di quanti baci intramezzavamo la faccenda? Ti ricordi di tutto? E anche di quella salsa miracolosa che io feci una sera pestando per due ore un pezzo di tonno?... E poi, mentre le vaste tazze di caffe' fumigavano, tu perseguitavi le farfalle dagli occhi di rubino, che svolazzavano intorno al lume. E io aspettavo impaziente che tu dicessi alla fine: - Vuoi che andiamo? / E allora incominciava una altro piacere..."
    D'Annunzio amava circondarsi anche di bicchieri di vetro soffiato, laccato, bordato, finemente decorato. Sulla tavola di d'Annunzio compeggiavano argenti singolari: tartarughe e pavoni segnaposto, tempestati di gemme, passerotti per stecchini, spremilimone da piatto, pulcini portauovo. Ha disegnato anche i mobili: si ricorda il cesto da picnic, provvisto di ogni galanteria. Negli ultimi anni si ritirava nello studio verso mezzanotte e si faceva portare biscotti inglesi, mele cotte e il latte. Il pomeriggio era solito prendere il tè o un caffè e latte. Alle tre di notte il poeta mandava solitamente dei gustosi cioccolatini agli amici, fiori ed inviti a pranzo per il giorno successivo. Durante il periodo francese bevve il vino ma non trasse molti vantaggi dalle coppe rubiconde. Comprò i vini di Bordeaux e tra gli champagne preferiva il Mumm Cordon Rouge. Da grande bevitore d'acqua, preferiva quella minerale e quando mancava cominciava a cambiare d'umore. Sulle pareti del bagno del Vittoriale è riportato il verso di Pindaro: Ottima è l'acqua.
    Divorava la frutta, cotta o cruda, ad ogni pasto e fuori dai pasti. Dei frutti preferiva le pesche-noci, l'uva, i mandarini, le banane ma soprattutto le fragole. Gli piaceva una macedonia composta di fette d'arancio, prive di semi, spellate, e con qualche goccia di liquore. Gli piaceva il riso, la carne alla griglia quasi cruda e qualsiasi tipo di pesci. Forse il D'Annunzio ingordo è proprio quello dei gelati: il Vate se si trovava in un posto in cui non era osservato, amava divorare dieci o dodici gelati di seguito. Il caffè e il tè venivano assunti in maniera moderata. Il suo gelato preferito era il sorbetto al limone e sulla sua scrivania c'era sempre un calice colmo di cioccolatini. Tra i formaggi gustava con tanta felicità il cacio e il salamino pepato lo gustava assieme alla Baccara. Mangiava giornalmente 4-5 uova e fu un cultore della bistecca. Preferiva le trattorie ai grandi ristoranti. Provò entrambe le modalità ristorative ma delle trattorie amava la familiarità con cui venivano preparate le pietanze.

    Citazioni attribuite [modifica]

    • Nando Martellini, celebre telecronista sportivo e giornalista, lodando il lungomare principale di Reggio Calabria quello che sarà poi chiamato lungomare Falcomatà (in onore del sindaco della città calabrese Italo Falcomatà), il quale rappresenta una "passeggiata" dove arte e natura si fondono, attribuì a Gabriele D'Annunzio la definizione dello stesso come il più bel chilometro d'Italia, anche per via del miraggio della fata Morgana, un fenomeno ottico stranissimo che permette di vedere immagini ravvicinate della Sicilia riflesse dal mare tanto nitide da sembrare vere. In realtà la citazione è apocrifa e D'Annunzio non visitò mai Reggio Calabria.[48]

    Omaggi [modifica]

    • Gabriela Mistral, poetessa cilena, assunse questo pseudonimo in onore dei suoi due poeti preferiti, Frédéric Mistral e Gabriele D'Annunzio, appunto.
    • Dal 21 al 23 Giugno 2013 si terrà a Gardone Riviera, in occasione del 150° Anniversario dalla nascita del Vate, una manifestazione sportiva e culturale con automobili d'epoca( grande passione che il poeta D'Annunzio manifestò durante il suo soggiorno proprio a Gardone Riviera dove tutt'ora rimangono custodite due delle sue numerose automobili). La manifestazione,denominata COPPA GABRIELE D'ANNUNZIO,prevede anche la sosta presso la dimora del Vate e il pranzo all'interno del Parco del Vittoriale. [49]

    Neologismi da lui coniati [modifica]

    Fu lui a stabilire in Italia, tra le tante varianti che allora si usavano, che la parola "automobile" fosse di genere femminile: lo fece in una lettera inviata a Giovanni Agnelli che gli aveva posto l'annosa questione ("L'Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice; ha inoltre una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza").[50] Fu D'Annunzio che italianizzò il sandwich chiamandolo tramezzino.[51] Velivolo e folla oceanica sono espressioni che introdusse lo stesso Vate.[52] Arzente, italianizzazione del termine cognac, per Gabriele D'Annunzio avrebbe dovuto essere derivato da Arzillo a indicare lo stato di euforia indotto dall'ebbrezza.[53] Inventò il nome proprio Ornella e lo pseudonimo della scrittrice di romanzi rosa Amalia Liana Negretti Odescalchi, in arte Liala: il suo nome d'arte si deve proprio a un suggerimento di D'Annunzio: "Ti chiamerò Liala perché ci sia sempre un'ala nel tuo nome".[54]

    Marchi da lui creati: l'attività pubblicitaria di D'Annunzio [modifica]

    D'Annunzio fu un grande pubblicitario oltre che coniatore di neologismi. Anche il nome de La Rinascente, per gli omonimi attuali grandi magazzini di Milano, fu suggerito da Gabriele D'Annunzio. I magazzini, originariamente chiamati "magazzini Bocconi", furono distrutti da un incendio che ne bloccò per un certo periodo l'attività. In occasione della riapertura, l'esercizio commerciale venne ribattezzato La Rinascente.[55] Fu testimonial dell'Amaro Montenegro e dell'Amaretto di Saronno.[56] D'Annunzio lanciò una propria linea di profumi, l'Acqua Nunzia.[57] Coniò il nome Saiwa per l'azienda di biscotti.[58] D'Annunzio coniò inoltre il termine "fraglia", unione dei termini "fratellanza" e "famiglia", che indica oggi molte associazioni veliche, tra cui la Fraglia della Vela di Riva del Garda.[59] Il dolce tipico abruzzese denominato "parrozzo" fu lodato da Gabriele d'Annunzio, che lo apprezzò molto e cui dedicò dei versi.[60] Per la famiglia di industriali Caproni, pionieri del volo, coniò il motto, scritto sopra un caprone rampante: "Senza cozzar dirocco".[61]

    Filmografia su Gabriele D'Annunzio [modifica]

    Film biografici [modifica]

    Oltre ai film tratti da sue opere, D'Annunzio è apparso anche in film biografici e storici, tra cui:

    Altro [modifica]

    Un film softcore erotico del 1921, con le didascalie attribuite a Gabriele D'Annunzio (in realtà opera dei due registi, che si finsero invece essi stessi il figlio Gabriellino D'Annunzio), ha tra i protagonisti un attore-sosia, che interpreta un frate, e viene spacciato per D'Annunzio stesso.[62][63] Il regista erotico Tinto Brass ha dichiarato invece di voler girare un film, che vorrebbe intitolare Eja, eja, alalà, e dovrebbe raccontare la notte di D'Annunzio precedente l'impresa di Fiume.[64]

    Onorificenze [modifica]

    Onorificenze italiane [modifica]

    Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine militare di Savoia
    «Cielo del Carso, 19-26 agosto 1917»
    3 giugno 1918,[65] R.D. n. 72/1918
    Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine militare di Savoia
    «Cielo di Vienna, 9 agosto 1918»
    10 novembre 1918,[65] R.D. n. 87/1918
    Croce al merito di guerra (3 volte) - nastrino per uniforme ordinariaCroce al merito di guerra (3 volte)
    Medaglia d'Oro al Valor Militare - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'Oro al Valor Militare
    — Zona di Guerra, Maggio 1915-Novembre 1918
    Medaglia d'argento al valor militare (5 volte) - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'argento al valor militare (5 volte)
    — Adriatico, Maggio 1915-Febbraio 1916, Veliki-Faiti, 10 ottobre-3 novembre 1916 - Cielo Carsico, Maggio 1917 - Buccari 10-11 febbraio 1918, Cielo Carsico-Timavo, Maggio 1917
    Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia di bronzo al valor militare
    — Bocche di Cattaro 4-5 ottobre 1917
    Promozione per merito di guerra (3 volte) - nastrino per uniforme ordinariaPromozione per merito di guerra (3 volte)
    — Veliki e Faiti, Azione notturna su Pola, Organizzazione 1º Squadrone Navale
    Mutilato e Invalido per Servizio prestato in Campagna - nastrino per uniforme ordinariaMutilato e Invalido per Servizio prestato in Campagna
    Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna) - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna)
    Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia commemorativa dell'Unità d'Italia
    Medaglia commemorativa italiana della vittoria - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia commemorativa italiana della vittoria
    Medaglia d'oro commemorativa della Spedizione di Fiume - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro commemorativa della Spedizione di Fiume

    Onorificenze straniere [modifica]

    Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore francese - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore francese
    1915-1918
    Croce di Guerra 1914-1918 francesi (3 volte) - nastrino per uniforme ordinariaCroce di Guerra 1914-1918 francesi (3 volte)
    1914-1918
    Cavaliere d'Onore e Devozione del Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di Malta - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere d'Onore e Devozione del Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di Malta

    Titoli nobiliari e militari [modifica]

    immagine del nastrino non ancora presentePrincipe di Montenevoso
    — Conferito con Regio Decreto del 15 marzo 1924 / 1915-1920
    generale Onorario di Brigata Aerea - nastrino per uniforme ordinariagenerale Onorario di Brigata Aerea
    — Conferito con Regio Decreto del 1925 / 1915-1918
    Appuntato ad honorem della Guardia di Finanza - nastrino per uniforme ordinariaAppuntato ad honorem della Guardia di Finanza
    — Conferito con Regio Decreto del 1925 / Fiume 25 giugno 1920

    la laurea "Honoris Causa" a D'Annunzio [modifica]

    Roma, Archivio Università "La Sapienza", verbale della seduta del Consiglio di Facoltà del 19 marzo 1919. Ivi anche minuta del telegramma rettorale:
      Comandante Gabriele D'Annunzio, Venezia - Con vivo compiacimento le annunzio che la Facoltà di Filosofia 
      e Lettere le ha conferito la laurea Honoris Causa. E' un giusto premio ad un alto intelletto ad un'anima 
      forte ad un provato patriottismo. Cordiali rallegramenti. Alberto Tonelli. 
    
    Tale testo fu riprodotta nell'articolo "La Laurea honoris Causaa G. d'A.", in "Gazzetta di Venezia", 8.2.1919.
    Il ringraziemento del "Vate" veniva letto dal Preside Luigi Credaro al Consiglio di Facoltà nella seduta del 19 marzo 1919.
      Non so dirle quanto mi sia caro oggi essere ricongiunto da tanto onore al grande Ateneo Romano, 
      dove tra i compagni di Guglielmo Oberdan primamente sognai e anelai la vendetta che abbiamo compiuta 
      e la Vittoria che vogliamo intera.
    
    Così telegrafava d'Annunzio in risposta alla comunicazione da parte del Rettore Alberto Tonelli dell'avvenuto conferimento della laurea Honoris Causa.
    Inoltre, come altri documenti relativi a D'Annunzio alla Sapienza, si conservano nell'Archivio dell'Università (Pos. 18, Prot. 784).
    Tra i tanti articoli dell'epoca relativi al conferimento della laurea, da segnalare quello dal titolo "La laurea di G. d'A. conferita dall'Università di Roma", in "Giornale d'Italia", del 7 febbraio 1919.

    Altri onori [modifica]

    • Nel 2010 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-DTL).

    Note [modifica]

    1. ^ Testamento inciso sul frontone dell'entrata al Vittoriale, D'Annunzio lo riprese dal poeta latino Rabirio, citato da Seneca in De beneficiis, VI libro (cfr. motti dannunziani).
    2. ^ Gatti Guglielmo, Vita di Gabriele d'Annunzio, Firenze, 1956; pp. 1 e 2.
    3. ^ Rai storia: D'Annunzio, il poeta aviatore
    4. ^ Storia del Trieste: D'Annunzio
    5. ^ MARTINELLI VITTORIO, La guerra di D'Annunzio. Da poeta e dandy a eroe di guerra e 'Comandante', Udine, Gaspari, 2001, recensione su gabrieledannunzio.it
    6. ^ Cit. tratta da AA.VV. La letteratura italiana vol.16, pag. 3, Edizione speciale per il Corriere della Sera, R.C.S. Quotidiani S.p.A., Milano 2005, p. 3. Titolo originale dell'Opera: Natalino Sapegno ed Emilio Cecchi (diretta da) Storia della letteratura italiana, Garzanti Grandi opere, Milano 2001 e De Agostini Editore, Novara 2005
    7. ^ Tutt'oggi «accanto alle più neutre registrazioni delle sue gesta o alle più lusinghiere etichette della vulgata critica (massimo esponente del decadentismo italiano, straordinario sperimentatore di generi e forme, etc.) ben consolidate sono pure le formule denigratorie [...] e assai diffuse le dicerie più incontrollabili, se non grottesche» (Luciano Curreri, D'Annunzio come personaggio nell'immaginario italiano, p. 258). A proposito delle dicerie improbabili e grottesche, il critico Curreri aggiunge in nota: «Si pensi alla leggenda, che continua ad essere diffusa soprattutto tra gli studenti delle scuole superiori, secondo la quale d'Annunzio si sarebbe fatto asportare una costola per poter praticare l' autofellatio» (Luciano Curreri, D'Annunzio come personaggio nell'immaginario italiano, p. 258)
    8. ^ Riguardo all'infanzia del poeta, qualcuno fece l'ipotesi che il suo nome fosse Gaetano Rapagnetta e fosse un orfano adottato dai D'Annunzio; in realtà era il padre a chiamarsi Francesco Paolo Rapagnetta D'Annunzio, avendo aggiunto il cognome d'adozione dello zio Antonio D'Annunzio al suo cognome di nascita. Sembra che il nome "Gabriele" fosse stato scelto in onore del fratello dello zio, morto in mare. Cfr. A. Rapagnetta, La vera origine familiare e il vero cognome del poeta abruzzese Gabriele D'Annunzio, Carabba, Lanciano, 1938; fonti on line [1] e [2]
    9. ^ Andrea Borella "Annuario della Nobiltà Italiana" Edizione XXXI Teglio (SO) 2010 S.A.G.I. Casa Editrice vol. 1 pagg. 259-260
    10. ^ Cfr. AA.VV. op. cit., v. 16, p. 72
    11. ^ Cit. tratta da Emanuela Scarano Lugnani, op. cit., p. 43
    12. ^ Attualmente presso la presente Università Popolare di Milano e degli Studi di Milano unipmi.org accreditata cnupi e museo museo-upm.it si conservano parecchie testimonianze.
    13. ^ Totous Tuus Network
    14. ^ AA.VV. op. cit., v. 16, p. 51
    15. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, Milano 2008, pag. 247, oppure anche "dove le nuove forme di vita non soltanto si disegnano ma si compiono; dove il cardo bolscevico si muta in rosa italiana: Rosa d'Amore."
    16. ^ Leandro Castellani, "L'impresa di Fiume", su Storia illustrata n. 142, settembre 1969 pag. 34: "La cittadinanza .. aveva proclamato fino dal 30 ottobre 1918, all'indomani del conflitto, la propria volontà di unirsi all'Italia."
    17. ^ Mimmo Franzinelli e Paolo Cavassini, "Fiume, l'ultima impresa di D'Annunzio", Mondadori Le scie, 2009 Milano, pag. 76
    18. ^ Aspetti libertari dell'Impresa di Fiume articolo su Anarchopedia
    19. ^ cfr. articoli 2 e 3 della Carta
    20. ^ [3]
    21. ^ gabrieledannunzio.net
    22. ^ comune di Rapallo
    23. ^ conferenza di Genova
    24. ^ Gargnano - Curiosità e notizie da Gargnano
    25. ^ Secondo storici anglosassoni, anche l'uso dell'olio di ricino come strumento di tortura e punizione, impiegato successivamente dal fascismo, sarebbe stato ideato da D'Annunzio durante l'occupazione di Fiume. Vedi (EN) Cecil Adams, Did Mussolini use castor oil as an instrument of torture?, The Straight Dope, 22 aprile 1994 e (EN) Richard Doody, Stati Libero di Fiume - Free State of Fiume, The World At War
    26. ^ fiammecremisi
    27. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, Milano 2008, pag. 232: "Il Comandante riconosceva di averlo autorizzato a trattenere una cifra imprecisata per i suoi "combattenti".
    28. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, Milano 2008, pag. 292
    29. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, Milano 2008, pag. 292: "L'onorevole Tito Zaniboni dichiarò, su "Il Mondo", che D'Annunzio aveva scritto, in una lettera a un legionario:"Sono molto triste di questa "fetida ruina"".
    30. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, Milano 2008, pag. 293
    31. ^ Dirittodautore.it - Le News
    32. ^ Mussolini avrebbe detto: "D'Annunzio è come un dente cariato: o lo si estirpa o lo si ricopre d'oro"
    33. ^ il volo dell'arcangelo Dal sito Gabriele D'Annunzio.it
    34. ^ Renzo De Felice, D'Annunzio politico 1918-1938
    35. ^ Articolo riportato da Anarcopedia, La Comune di Fiume
    36. ^ Il dannunzianesimo dopo Fiume
    37. ^ Scheda della biografia di Aldo Finzi
    38. ^ Hitler, per D'Annunzio un "feroce pagliaccio"
    39. ^ Venne in tal modo soddisfatto un desiderio che D'Annunzio avrebbe espresso fin dal 1922: «Toglietemi le fasce. Sbendatemi. Non voglio il lenzuolo degli infermi, il lenzuolo pallido dell'ospedale. Voglio che la bandiera del Timavo, che il làbaro del Fante, che il sudario del sacrifizio, mi copra solo...» Cfr. Gabriele D'Annunzio, Siamo spiriti azzurri e stelle. Diario inedito (17-27 agosto 1922) a cura di Pietro Gibellini, Firenze, Giunti Editore, 1995, p. 158, ISBN 88-09-20634-7
    40. ^ Cit. da Piero Chiara, Vita di Gabriele D'Annunzio, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, I ed. Oscar Mondadori, 1988, p. 446, ISBN 88-04-31066-9
    41. ^ Cfr. Emanuela Scarano Lugnani, D'Annunzio, Roma-Bari, Laterza, 1981, p. 43
    42. ^ La mia finestra
    43. ^ "Io sono ateo, ciò non significa che non mi ponga dei problemi morali, anzi! Me li pongo con la piena consapevolezza di ciò che comporta, perché non delego a delle divinità la decisione di ciò che è giusto o errato. Me ne assumo consapevolmente la responsabilità! Vedi io so che le mie colpe, se colpe ho, non riscattano col pentimento o infliggendomi delle punizioni. Io sono un uomo libero, la terra è la mia sola patria perché non ci vivo provvisoriamente. La mia storia incomincia e finisce qui! Io non ho un inferno da temere, nè un cielo in cui sperare. Secondo me possiamo contare solo su noi stessi. Non è una soluzione di comodo quella che ti propongo; è una soluzione che affronta la verità dell'esistenza. E che non cerca rifugio nella fede in un Dio confezionato dalla nostra fantasia e che in un'altra vita assegna il premio o la pena."
    44. ^ D'Annunzio
    45. ^ D'Annunzio e la fede
    46. ^ D'Annunzio e le donne al Vittoriale
    47. ^ Cfr. a tale proposito quanto scrive Gianni Oliva in: Gianni Oliva (a cura di), Gabriele D'Annunzio, tutte le poesie (ed. integrale), v. II (Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi), Roma, Newton Compton, 1995, p. 302, ISBN 88-7983-757-5
    48. ^ Secondo lo storico Agazio Trombetta la citazione è falsa, D'Annunzio non fu mai a Reggio e nella Biblioteca Dannunziana non risulta nulla su Reggio Calabria, vedi il volume Agazio Trombetta, La via marina di Reggio : il volto e l'anima tra passato e presente, Reggio Calabria, Culture, 2001. o l'articolo E Nando Martellini lanciò il più bel chilometro d’Italia. D’Annunzio? Mai messo piede a Reggio. 12-04-2011. URL consultato in data 06-08-2012.
    49. ^ Poche Chiacchiere: Gabriela e Alfonsina, poetesse
    50. ^ «Caro Senatore, l' automobile è femminile»
    51. ^ Glossario Gastronomico R/ST
    52. ^ conio del termine velivolo
    53. ^ Cognac Tesseron XO Selection Lotto N. 90
    54. ^ La mia scrittrice preferita - Opinioni per Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi
    55. ^ Rinascente, un «marchio» di D' Annunzio
    56. ^ [4]
    57. ^ Il Vate ignudo sulla sabbia www.gabrieledannunzio.it - Gabriele D'Annunzio, gabriele d'annunzio, d'annunzio, biografia, opere
    58. ^ Gabriele D’Annunzio
    59. ^ [5]
    60. ^ BlogFood, dal mondo delle Cesarine » Il Parrozzo e D’Annunzio
    61. ^ [6]
    62. ^ D'Annunzio e la vendetta di Priapo
    63. ^ Falso quel porno firmato D'Annunzio
    64. ^ Brass sul ste della storia. "Il mio eroico erotico D'Annunzio
    65. ^ a b Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

    Bibliografia [modifica]

    Opere
    • Opera omnia, 49 voll., Mondadori, Milano 1927-36 (a cura dell'Istituto nazionale per l'ed. di tutte le opere di G. D.)
    • Opere, 10 voll., Mondadori, Milano 1931-35; nuova ed. in 18 voll., ivi, 1932-37 (a cura di Egidio Bianchetti)
    • Tutte le opere, 11 voll., Mondadori, Milano 1939-76 (a cura di Enrica Bianchetti e Roberto Forcella)
    • Opere poetiche, 8 voll., Zanichelli, Bologna 1941-59 (a cura di Enzo Palmieri)
    • Poesie, teatro, prose, Ricciardi, Milano-Napoli 1966; nuova ed. Ist. della enciclopedia ital., Roma 2007 (a cura di Mario Praz e Ferdinando Gerra)
    • La violante dalla bella voce, Mondadori, Milano 1970 (a cura di Eurialo De Michelis)
    • Poesie, Garzanti, Milano 1978 (a cura di Federico Roncoroni)
    • Parisina, Raffaelli, Rimini 2007 (a cura di Walter Raffaelli)
    • Francesca da Rimini, Raffaelli, Rimini 2012 (illustrazioni di Adolfo De Carolis del 1902)
    • La figlia di Iorio, Mondadori, Milano 1980 (a cura di Eurialo De Michelis)
    • Favole mondane, Garzanti, Milano 1981 (a cura di Federico Roncoroni)
    • Versi d'amore e di gloria, introduzione di Luciano Anceschi, 2 voll., "I Meridiani" Mondadori, Milano 1982-84 (a cura di Annamaria Andreoli e Niva Lorenzini)
    • Prose, Garzanti, Milano 1983 (a cura di Federico Roncoroni)
    • Alcyone, ed. critica a cura di Pietro Gibellini, Garzanti, Milano 1988
    • Prose di romanzi, introduzione di Ezio Raimondi, 2 voll., "I Meridiani" Mondadori, Milano 1988-89 (a cura di Annamaria Andreoli e Niva Lorenzini)
    • Tutte le novelle, "I Meridiani" Mondadori, Milano 1992 (a cura di Annamaria Andreoli e Marina De Marco)
    • Lettere a Georges Herelle: 1891-1913, Palomar, Bari, 1993 (a cura di Maria Giovanna Sanjust)
    • Scritti giornalistici, 2 voll., "I Meridiani" Mondadori, Milano 1996-2003 (a cura di Annamaria Andreoli)
    • Elegie romane, "Oscar" Mondadori, Milano, 2005 (a cura di Maria Giovanna Sanjust)
    • Prose di ricerca, "I Meridiani" Mondadori, Milano 2005 (a cura di Annamaira Andreoli e Giorgio Zanetti)
    • Tragedie, sogni, misteri, 2 voll., "I Meridiani" Mondadori (in preparazione)
    Biografie
    Critica
    • Giuseppe Antonio Borgese, D'Annunzio, Ricciardi, Napoli 1909, n. ed. Mondadori, Milano 1983 (a cura di Anco Marzio Mutterle)
    • Vincenzo Morello, D'Annunzio, Società libraria editrice nazionale, Roma 1910
    • Alfredo Gargiulo, D'Annunzio, Perrella, Napoli 1912, n. ed. Sansoni, Firenze 1941
    • Francesco Flora, D'Annunzio, Ricciardi, Napoli 1926, n. ed. Principato, Messina-Milano 1935
    • Mario Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, Firenze 1935 (prima ed. 1930)
    • Pietro Pancrazi, Studi sul D'Annunzio, Einaudi, Torino 1939
    • Gioacchino Volpe, Gabriele D'Annunzio, Giardini, Pisa 1959
    • Eurialo De Michelis, Tutto D'Annunzio, Feltrinelli, Milano 1960
    • Emilio Mariano, Il sentimento del vivere ovvero Gabriele D'Annunzio, Mondadori, Milano 1962
    • Arnaldo Fortini, D'Annunzio e il francescanesimo, Assisi, Assisi 1963; ed. anastatica Lions Club, Assisi 2005
    • Ettore Paratore, Studi dannunziani, Morano, Napoli 1966
    • Ezio Raimondi, Una vita come opera d'arte (1969), in Il silenzio della Gorgone, Zanichelli, Bologna 1980
    • Giorgio Luti, La cenere dei sogni. Studi dannunziani, Nistri-Lischi, Pisa 1973
    • Eurialo De Michelis, Roma senza lupa: nuovi studi sul D'Annunzio, Bonacci, Roma 1976
    • Emanuella Scarano Lugnani, D'Annunzio (1976), Laterza, Roma-Bari 1983
    • Renzo De Felice, D'Annunzio politico, Laterza, Bari 1978
    • Giorgio Barberi Squarotti, Invito alla lettura di D'Annunzio, Mursia, Milano 1982
    • Eurialo De Micheli, Guida a D'Annunzio, Meynier, Torino 1988
    • Steno Vazzana, Il gesto di Perseo. Il teatro di Gabriele D'Annunzio, Nuova Impronta, Roma 1990
    • Renato Barilli, D'Annunzio in prosa, Mursia, Milano 1993
    • Enrico Galmozzi, Il soggetto senza limite. Interpretazione del dannunzianesimo, Barbarossa, Milano 1994
    • Arnaldo Di Benedetto, Verga, D'Annunzio, Pirandello, Fògola, Torino, 1994
    • Vito Moretti, D'Annunzio pubblico e privato, Marsilio, Venezia 2001
    • Annamaria Andreoli, D'Annunzio, il Mulino, Bologna 2004
    • Angela Tumini, Il mito nell'anima. Magia e folklore in D'Annunzio, trad. di Eleonora Sasso, Rocco Carabba, Lanciano 2004
    • Silvana Sinisi, La scrittura segreta di D'Annunzio, Bulzoni, Roma 2007
    • Gianni Oliva, D'Annunzio e la malinconia, Bruno Mondadori, Milano 2007
    • Giacomo Properzj, Natale di sangue. D'Annunzio a Fiume, Mursia, Milano 2010
    • Valeria Giannantonio, Tra metafore e miti. Poesia e teatro in D'annunzio, Liguori Editore, Napoli 2011

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