Wednesday, May 15, 2013

PAOLO MALATESTA, conte di Ghiaggiuolo -- storia dell'iconografia --- IL BACIO: Giuseppe Cades (1790), Felice Giani (1810), Giovanni Fussli (1808)

Speranza


Paolo Malatesta, conte di Ghiaggiuolo e la sua rappresentazione artistica

dal Trecento all’età romantica

Il punto di vista extradiegetico. Dante Alighieri e Francesca.
 
Fra il secolo XIV e il XVI gli
artisti privilegiano il tema
dell'episodio di Paolo Malatesta e Francesca
nell quinto canto dell'Inferno (Divina Commedia) di Dante Alighieri,
chiudendo in uno stesso spazio i due poeti e Paolo e Francesca, con una netta predilezione per il momento
in cui Francesca Minore da Polenta parla e Dante ascolta.
Le miniature dei codici
trecenteschi presentano un’immagine
standardizzata.

Dante Alighieri e Virgilio sono

collocati nel riquadro sinistro,

mentre Paolo Malatesta e Francesca in quello destro.

Così:

-- il codice Italico
1027.
-- il codice di Borso d’Este.


-- il Codice Gradenigo.

Paolo Malatesta e Francesca sono in posizione orizzontale,

in alto rispetto ai due poeti, sollevati dalla tempesta.

Di norma, Paolo Malatesta e Francesca sono rappresentati nella

loro nudità e talora, come nel "Codice Gradenigo", col sesso ben evidenziato.

Al centro dell’immagine
Francesca e Alighieri, che il Gradenigo rappresenta col
dito indice alzato, come a richiamare

l’attenzione sulle parole pronunciate.

Analoga modalità di rappresentazione perdura anche nel

secolo XV, come nella miniatura di Anonimo di Scuola Bolognese o
in quella di Baccio Baldini o,


ancora nella raffigurazione
composita di Priamo della Quercia (intorno alla metà del XV sec.).

Interessante quest’ultima che rimanda
al punto di vista di chi ha già letto l’intero episodio
e che

colloca nella parte sinistra Alighieri mentre chiede
di parlare ai Paolo e Francesca.

Inserisce Paolo e

Francesca ancora nudi e orizzontali
 in posizione dinamica di passaggio
sulla parte destra del

dipinto.

Ripropone sotto di loro Alighieri mentre
sviene per la commozione,
 alla fine del racconto.

Fanno eccezione
alcune rappresentazioni
in cui l’affabulazione
avviene mentre la tempesta tace e
Paolo e Francesca sono in piedi e conversano con Alighieri

Essi sono pudicamente vestiti, e collocati
sul lato destro, in un codice del XIV secolo, il
MS 1076 della Biblioteca Trivulziana (Milano)

Degna di nota la rappresentazione
di Francesca con l’indice della mano
destra alzato mentre, con

evidenza, sta raccontando la sua storia e di Paolo che tiene, nella mano sinistra,
sollevato e bene
il mostra il "Libro Galeotto," in un duplice
rimando, quindi a oralità e scrittura.
Rovesciata la
posizione di Paolo e Francesca, questa volta collocati sul lato sinistro, che mantengono una dantesca
nudità, come nel "Codice Urbinate Latino 365", illustrato da Guglielmo Giraldi (1480).

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Dopo il silenzio del secolo XVII,

sul finire del XVIII, a Roma,

Giovanni FLAXMAN


 riprende il tema dello

svenimento di Dante,

"E caddi come corpo morto cade" (1793).

Joahnn Heinrich Füssli (1818), Vitale Sala (1823) e Bernhard von Neher (1842)
colgono il momento in cui le due anime si
avvicinano a Alighieri.

Francesco Scaramuzza (1859), "O animal grazïoso e benigno", slitta di poco

sull’inizio della risposta.

Straordinaria e anomala un’ultima rappresentazione di Francesca che


racconta: è il disegno di Buonaventura Ganelli (1867) nel quale una Francesca impudica e quasi
 
orgogliosa della sua nudità, parla a Alighieri appena sollevata da terra,
con la testa alta e il corpo
eretto, come a rivendicare la legittimità della sua passione.

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(Dante Alighieri Estense, Cod. alfa.R.4.8 (Ital. 474), 1380.

"Codice membranaceo della Divina Commedia"  (1392),


trascritto dal gentiluomo veneziano Giacomo Gradenigo,
corredato da un commento che è una redazione
accresciuta di quello di Jacopo della Lana e decorato da 24
miniature di mano dello stesso Gradenigo e da

fregi e iniziali di un secondo artista padovano.  
 
Che si avvalse, nella rappresentazione della Commedia, dei
disegni di Botticelli.

La rappresentazione di Baldini ricalca

quella dell’anonimo bolognese.

In entrambi i casi la parte sinistra dell’immagine è riservata a Minosse che condanna le

anime.

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E’ il modo consolidato di rappresentare il "discorso veemente". [Meneghetti 1992, cap. 7].

 

La Divina Commedia di Dante Alighieri, composto da Giovanni Flaxman,
Scultore Inglese e
inciso da Tomaso Piroli,
Roma 1793.
 
Il punto di vista intradiegetico. Il personaggio Alighieri


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L’età romantica segna il ritorno della fortuna di Alighieri.

Un percorso le cui tappe più significative, in

Europa, sono costituite da

-- un articolo di Federico Schlegel (1791)

-- un passo della Corinne di Madama di Staël (1807).

-- due conferenze di Foscolo (Londra, 1817)

-- una conferenza di SamueleTaylor Coleridge (1818).
 

Il culto per Dante Alighieri, in particolare nel mondo di lingua inglese, raggiungerà vette altissime grazie ad altre due opere: il commento di Dante Gabriele Rossetti (1826) e
la traduzione e il commento di Enrico Wodsworth Longfellow (1867).

Per il Canto Quinto in particolare rappresentano un momento fondamentale le traduzioni di due numi del Romanticismo:


-- lo stesso Schlegel e
-- Giorgio Byron.

Questa volta, però, il punto di vista privilegiato
è interno al testo ed è duplice.

Se si fa riferimento alla prima parte dell’episodio (vv. 73-120),
l' "occhio" è quello del
personaggio Alighieri

Se si fa riferimento alla seconda parte dell’episodio (vv. 121-138), l'"occhio" è quello di
Francesca Minore.

A parte rare eccezioni non si rappresenta più Francesca
come narratrice di una storia di cui è la protagonista.

Francesca diventa attrice di quella storia, una esemplare EROINA romantica.

"Amor ch’a nullo amato amar perdona."

La passione distruttiva, teorizzata e diffusa da
Giorgio Byron con "Manfred" (1814) e "Parisina Malatesta" (1816),

in una sorta di besoin de la fatalité, trova
la sua incarnazione più autorevole ed efficace proprio nel
personaggio di Francesca, sì che nei decenni centrali
del secolo (in particolare tra il 1846 e il 1877)
Francesca esercita un’attrazione irresistibile
sull’immaginazione degli artisti.



Vi sono quattro opere esemplari,
assai vicine fra loro per modalità di composizione e

interpretazione
La prima è quella di Ary SCHEFFER  (1835)
che colloca Paolo e Francesca, nudi, al centro
dell’immagine, trascinati dalla tempesta.

Francesca, il cui corpo bianco
cattura il massimo della luce, è abbandonata
sul corpo di Paolo Malatesta che ha il braccio
sinistro piegato verso il volto in un gesto di disperazione.

Francesca ha un gesto di possesso languido
e, al tempo stesso, imperioso: è come
disperatamente aggrappata al corpo di Paolo, con un esito intenso e struggente.

Giuseppe Frascheri (1846) replica
la scena riprendendo letteralmente
la posizione di Paolo Malatesta, ma rovesciando
da sinistra verso destra quella di Francesca
che è l’amante, questa volta, a trasportare.
 
Rappresentazione affine, ma che recupera una verticalizzazione della figura, è proposta
da Gustav Doré (1861) -- INCISIONE II -- che aggiunge il particolare realistico della ferita mortale sul petto di Francesca.

L’ultima opera di questo gruppo
è quella di Luigi Hofmann-Zeitz (1876).

Hoffman-Zeitz replica, nelle sue
linee essenziali, la composizione di
Doré, e tocca vertici assoluti
di sentimentalismo rappresentando Paolo e Francesca
in una bacio eterno che rompe ogni legge divina e respinge la condanna.

Nel dipinto di Hoffman Zeitz
 vi sono due elementi che la fanno da protagonisti.

La centralità del bianco e sensuale corpo di
Francesca immerso nella luce e la progressiva
attenuazione della figura di Dante Alighieri.

A figura piena e

distinta in Frascheri, è
in penombra in Scheffer,
appena riconoscibile in Doré, confuso nella

tempesta in Hofmann-Zeitz.
 

Le conferenze di Fuscolo sono "Il canto di Francesca da Rimini" (agosto 1817) e  "Il secolo di Dante (dicembre 1817).

Le conferenze di Fuscolo furono pubblicate sulla “Quaterly Review” nell’aprile 1819.

Da ricordare anche il "Discorso sul testo del poema di Alighieri" (1825).

 

In questa prima fase di rivalutazione
dell’opera di Alighieri non sono da dimenticare

-- Schelling
-- Hegel
-- Shelley
-- Tennyson ("Idylls of the King").

Da segnalare, ma scarsa, l’attenzione concessa all’incontro fra Alighier e i lussuriosi: Joseph Anton Koch (1823) e
William Blake (1825).
 
Una replica del quadro viene dipinta da Scheffer nel 1855.

Per l’iconografia di Dante cfr.

-- Guglielmo Locella,

Iconografia dantesca:

Dantes Francesca da Rimini in der

-- Literatur
-- bildenden Kunst und
-- Musik, P. Neff Vderlag, Esslingen 1913.

 
Per l’iconografia su Paolo e Francesca cfr. Nevio Matteini (1965) e Lorenzo Renzi (2007).
 
In questi anni
spiccano anche la delicata
composizione di Dante Gabriel Rossetti (1855),

il cupo e dolente dipinto di Giorgio Frederic Watts (1872) e il
volo di Moisé Bianchi (1877).

Ma si perde il personaggio di Francesca,
e torna al centro dell’immagine Francesca e Paolo in preda alla tempesta della
passione, con modalità che dominerannno anche il XX secolo.

"a che e come concedette Amore"

Nella seconda parte dell’episodio, Francesca
risponde alla precisa domanda di Alighieri con
un’altrettanto precisa e fulminante risposta
che rimanda a tre momenti distinti:

1) Paolo e Francesca leggono il libro di Lancillotto e Ginevra (e Galeotto).



2) Paolo e Francesca si guardano e si rivelano il loro amore

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3) IL BACIO -- i due amanti si baciano.

4) La morte.

Il punto di vista è quello di Francesca.

'E Francesca che ha nitida nella memoria la scena del bacio.

L’intensità dell’accaduto
fa sì che non solo il personaggio
Dante Alighieri, ma lo stesso l
ettore riesca per così
dire a entrare dentro e ad assistere
a quel che accade in un assoluto
annullamento della distanza temporale.

La condensazione
temporale del racconto favorisce senza dubbio
la visualizzazione.

Ma scarsa attrazione hanno esercitato il momento
della lettura e quello della rivelazione.

1) Tra gli esiti

mi
gliori della lettura il dipinto di Anselmo Feuerbach (1864), sontuoso e di principesca
compostezza.


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2)

Per la rivelazione, la scultura di Antonio Etex, col cavaliere inginocchiato ai piedi


della dama amata.


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3)


E’ il terzo momento, quello del bacio, ad aver
ispirato il numero maggiore di artisti.

Nel XIX secolo
si stabiliscono due diversi modelli di rappresentazione.

A)
Uno per così dire "cortese" e che fa
riferimento al racconto di Francesca.

B)

Un altro che si inserisce nel contesto
più ampio del dramma
della gelosia, recuperando la vicenda di
Paolo e Francesca così come gli storici e i commentatori della
 

Commedia l’avevano tramandata.
 
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Due diverse modalità di rappresentazione che si trovano unite in una miniatura del secolo XVI, della scuola di Rouen.


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Divisa in due riquadri, la miniatura di Rouen (1510)

riporta nel riquadro più grande di sinistra Paolo e Francesca che vengono sorpresi a letto dal marito di Francesca, Gianciotto Malatesta

Nel riquadro di destra, circa la metà del primo,
come se le ridotte dimensioni – che suggeriscono
una distanza spaziale - rimandassero a una lontananza temporale, 
Paolo e Francesca si baciano.


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Tra le prime opere che rappresentano
PAOLO E FRANCESCA mentre
si baciano, sono da ricordare due artisti

d’ambiente romano:

Giuseppe Cades (1790 circa) e Felice Giani (1810), e Johann Heinrich Füssli (1808).

 loro faranno seguito William DYCE (1845), Dante Gabriele Rossetti (1855) e Francesco

Scaramuzza (1859).

Il tema del BACIO, di fatto atemporale, permette
una varietà di costumi e di ambienti,

con esiti, quasi sempre, di maniera.

Fa eccezione la scultura
di Augusto Rodin, Il bacio (1888) -- per la Porta dell'Inferno.

Inizialmente intitolata Paolo e Francesca, le due figure, distaccate fra loro, sono colte nel

momento che precede il contatto delle labbra, in una tensione che non conosce alcuna forma di


cedimento e di abbandono.

La modalità più diffusa è però,
come dicevamo, quella che
PREVEDE il momento del bacio
coincidente con la scoperta del tradimento da parte di Gianciotto Malatesta.

Questi è sempre ritratto di lato, mentre spia, nascosto
da un muro o da una tenda, e collocato di
volta in volta sulla sinistra o sulla
destra dell’immagine.

Tra i primi, in età moderna:

Giovanni Füssli (1786) e Giovanni Flaxmann (1793),


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---- Ricordiamo, tra gli altri, Gaetano Previati (1901), Boccioni (1908), Pietro Canonica (1912), Aligi Sassu (1981).

--- I testi con la Storia di Lancillotto e Ginevra vengono proibiti da Innocenzo III nel 1313.

-- Per questo modello è potente la suggestione di opere letterarie. Fra queste, in particolare, della Francesca da Rimini di
Silvio Pellico (1815) e, memoria non lontana, proprio la Parisina Malatesta di George Byron (1816).

--- Ms. 2581, fol. 75, Osterreichsche Nationalbiblioteck, Vienna.

--- Entrambi influenzati da Michelangelo e vicini al Neoclassicismo

-- Da segnalare nel XX secolo, tra gli altri, "Il bacio" di Jenne (1910); la scultura di Alba Gonzales (1993), che coglie il

momento che immediatamente segue il bacio, con l’abbandono della lettura.

Recentissimo il "Paolo e Francesca" di Luca Guglielmo (2007).
 
Rodin ne fa una prima versione in creta nel 1886, seguiranno
altre versioni sia in marmo che in bronzo.

Della più nota, n marmo bianco, esistono due copie:
-- una alla Tate Gallery di Londra.
-- n’altra al Museo Rodin di Parigi.

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cui fanno seguito Michele Sangiorgi (1805), Joseph Anton Koch (1805), Felice Giani (1800), Maria Filippo Coupen della Couperie (1812), Giovanni Augusto Domenico Ingres
1814) e  Clemente Alberti (1828).

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Più rare le rappresentazioni della loro morte.

Tra le rappresentazione della morte di Paolo e Francesca forse la più nota è la Morte di Paolo e

francesca di Andrea Cabanel (1870) con Gianciotto dietro la tenda che spia (suggestione di Ingres).


Composizione sapiente, dai dettagli curati, si inserisce nella tradizione delle opere precedenti, che

vuole che l’uccisione avvenga nel momento del Primo Bacio, come conferma il libro caduto dalle

mani di Francesca.

Il punto di vista extradiegetico: lo sguardo del commentatore.

Nei primi commenti della Divina Commedia appare evidente come si badi sopra tutto all’identificazione di Paolo e Francesca e alla narrazione sommaria della loro storia.

Quello che l’auctor sapeva e il personaggio Dante Alighieri mostra di sapere, può non essere noto al lettore.

Così i primi commenti
privilegiano materia extra-testuale, come indicano già con chiarezza gli incipit:  Jacopo Alighieri

(1322)

Essendosi degli antichi infino a qui ragionato, di due modernamente si segue.

Graziolo
Jacopo della Lana

(1324).

Qui tocca Alighieri una istoria, la quale venne ad ARIMINO in questo modo ... or questa istoria

si fu che ...

L’attenzione viene dunque riservata all’elemento extra-diegetico, e Francesca percepita primariamente come la narratrice della sua storia.
A partire dall’"Ottimo Commento" (1334), l’elemento extra-diegetico e quello intradiegetico si
fondono in una commistione indifferenziata.

Quello che le cronache riportano e quello che
Francesca narra sono accolti come elementi di
pari valore e pari credibilità, sì che Pietro Alighieri,
 


che pure emette giudizio negativo su Francesca, insisterà sulla centralità del bacio.


Ad que dicit etiam quod precipue inducti sunt propter lecturam cuiusdam libri de gestis illorum de Tabula
Rotunda in parte illa ubi legitur quod
Galeoctus amore Lancialocti fecit
quod quedam dama de Maloaut,
proca dicti Galeocti, conduxit reginam
Genevram ad quoddam viridarium, ubi
breviter secrete dictus Lancialoctus, eius procus, osculatus est eam,
unde dicit dicta umbra dicte domine Francisce
hic ultimo quod, sicut Galeotus predictus fuit mediator ibi ad tale osculum,
ita ille liber et qui eum scripsit, idest composuit,
fuit seu fuerunt causa ad eorum osculum a quibus
talibus libris legendis ostendit etiam hic auctor debere
homines se abstinere predicta de causa.

---- Alighieri P. 1978, p. 117.



A partire da Boccaccio, diventa centrale

il processo di condanna o assoluzione morale di Francesca.

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Mentre il loro giudizio è comprensivo, e, al fondo, assolutorio, un Benvenuto da Imola definisce
Francesca Minore una meretrice.

Francesco di Bartolo da Buti scrive che "l’opportunità fanno l’uomo ladro


e la donna disonesta."

E si barcamena fra la comprensione e la condanna.

Il veneziano Jacopo

Gradonigo (1389- 399), riprende il commmento di Jacopo della Lana, il

giudizio su Francesca di

Buti e liquida rapidamente l’episodio definnendolo una “novelletta”.

Tocha quiui Dante una
novelletta la quale fue in ARIMINO in cotesto modo.
 



--- Ebbe grande diffusione la litografia che Didier ricavò dal quadro nel 1847.

--- La scena della morte di Paolo e Francesca è già presente in un disegno del MS L. III. 17 della Biblioteca Nazionale di Torino.


E’ la prima volta in cui la scena di Paolo Malatesta e Francesca uccisi è rappresentata insieme a quella del bacio.

 Il disegno, segnalato per la prima volta da Alfred oBassermann (1808) è stato accuratamente descritto da Lorenzo Renzi (2007)
 
Non vi è dubbio però che è il commento di Giovanni Boccaccio (1373)

a definire la storia di Paolo e Francesca
e a influenzare, di fatto, gran parte sia della produzione letteraria che dell’iconografia
successiva, in particolare quella del XIX secolo:


(…) quasi senza alcuno sospetto insieme
cominciarono ad usare.

Della qual cosa avvedutosi un singulare
servidore di Gianni, andò a lui e racontògli
ciò che della bisogna sapea, promettendogli,
quando volesse, di
fargliele toccare e vedere.
Di che Gianni fieramente turbato,
occultamente tornò a Rimino e da questo cotale,
avendo veduto Polo entrare nella camera
di madonna Francesca, fu in
quel punto menato all'uscio della detta
camera, nella quale non potendo entrare,
ché serrata era dentro, chiamò di forza la donna e diè di petto
nell'uscio.

Per che da madonna Francesca e da Polo conosciuto, credendo Polo, per fuggire subitamente per
una cateratta, per la quale di quella camera si scendea in un'altra, o in tutto o in parte potere ricoprire il fallo suo, si gittò per quelli cateratta, dicendo alla donna che gli andasse ad aprire.

Ma non avvenne come avvisato avea, per ciò che, gittandosi giù, s'appiccò una falda d'un coretto, il quale egli avea indosso, ad un ferro, il quale ad un legno di quella cateratta era.

Per che, avendo già la donna aperto a Gianni, credendosi ella, per lo non esservi trovato Polo, scusare, ed entrato Gianni dentro, incontanente s'accorse Polo esser ritenuto per la falda del coretto.

E con uno stocco in mano correndo là per ucciderlo, e la donna, accorgendosene, acciò che quello non avvenisse, corse oltre presta e misesi in mezzo tra Polo e Gianni, il quale avea già alzato il
braccio con lo stocco in mano e tutto si gravava sopra il colpo.

Avvenne quello che egli non arebbe voluto, cioè che prima passò lo stocco il petto della donna che egli agiugnesse a Polo.

Per lo quale accidente turbato Gianni, sì come colui che più che se medesimo amava la donna, ritratto lo stocco, da capo ferì Polo e ucciselo.

E così amenduni lasciatogli morti, subitamente si partì e tornossi all'uficio suo.

Furono poi li due
 

 
 

amanti con molte lacrime la mattina seguente sepelliti e in una medesima sepoltura.

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Boccaccio cui si deve anche la segnalazione dell’importanza del libro -- il romanzo cavalleresco di Lancillotto e Ginevra -- Galeotto -- e
della lettura, nello
svolgimento della storia di Paolo e Francesca. 
 
E così vuol questa donna dire che quello libro, il quale leggevano Polo ed ella, quello officio adoperasse tra lor due che adoperò Galeotto tra Lancialotto e la reina Ginevra.

E quel medesimo dice essere stato colui che lo scrisse,
per ciò che, se scritto non l'avesse, non ne
potrebbe esser seguito quello che ne seguì.

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La storia si colorisce, nel tempo, di nuovi particolari, come in un commento di Anonimo (1400).
 
Un giorno però Gianciotto Malatesta, che si trovava spesso di fuori in signoria, fu avvisato tramite lettera da un

famigliare, di cui però non viene precisato il nome,
che il fratello e la moglie s’intrattenevano in
atteggiamenti ambigui.
Gianciotto, quindi, tornato nella sua residenza per controllare la veridicità della
missiva, li trovò entrambi nella stanza da letto, ma Paolo,
cercando di scappare da una cateratta rimase
incastrato e Gianciotto gli corse addosso con uno spuntone.
 
E non v’è che non riconosca nella miniatura di Rouen, il nuovo elemento dei due amanti sorpresi a
letto dal marito
 

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Nel Quattrocento, fra giudizi incerti, spicca quello di Cristoforo LANDINO, che li condanna senza remissione.

Noi diciamo animo "gentile"
quello che è humano, affabile,
clemente, benigno, gratioso, cupido di
compiacere, alieno dall’opposito.

El quale si dilecta di chose belle e ben c
omposte, et ha in horrore ogni
crudeltà et efferità, le quali

tutte chose dimostrono quello da natura
essere disposto ad amare.

Molte chose et degne di essere
intese mi restano dell’amore, ma
perché sono divine et proprie del VERO AMORE, non

 ---- Commento ai vv. 97-99. -- Commento al v. 137. -- Nel Cinquecento Giovanni Bertoldi,. Guiniforte Barzizza (1440), Talice di Ricaldone (1474) continuano a insistere sullaqualità morale dei personaggi.
 ----

quadrano in questo luogo dove si tracta dell'AMOR LASCIVO, el quale tanto degenera et traligna dal vero amore che gli diventa contrario.

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Dunque Francesca non è “donna gentile” e ciò che prova
non è AMORE, ma "luxuria"


Nel XVI secolo , ontinua l’alternanza fra condanna
e assoluzione.

Alessandro VELLUTELLO mostra

compassione.

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Gian Battista Gelli sostiene che Francesca  è così accecata dalla passione che chiama


"traditore" il marito
mentre a tradirlo è stata lei.

Gabriele Trifon, Bernardino Daniello e Ludovico

Castelvetro (1570) riprendono sostanzialmente la storia.

Chi si discosta, con squisita sensibilità di

poeta, è Torquato Tasso, che sottolinea la compassione che muove il lettore.

Nota che i peccati
d’amore benché gravissimi, non solo trovano compassione tale, che è atta a far tramortire.

 
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Il XVII e XVIII secolo sono sordi a Dante Alighieri.

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Il  ritorno di Alighieri è legato a una età che aveva bisogno di

eroi e di titani, come mostra Ugo Foscolo che diffonde a Londra il culto di Alighier lasciando segno
profondo in Dante Gabriele Rossetti.


 ------
Francesca è per Rossetti personaggio di forza travolgente proprio perché ella stessa è stata travolta,
senza possibilità di difendersi, dalla passione amorosa.
 
L'accortissimo Dante ha voluto fare in certo modo una ingegnosa ed implicita scusa della misera coppia di Paolo e Francesca col

far precedere la sua comparsa da una folla di donne illustri, e di famosi eroi, prede tutti di Amore.

Quasi volesse far pensare al lettore.

Se il grande Achille, che avea vinti mille campioni, fu vinto egli stesso, quando
 
 

alfine con Amor combatteo.

Se Paris e Tristano, malgrado che fossero fortissimi tra i forti.

Se Semiramide, quantunque guerriera.

Se Didone, benchè castissima, non hanno saputo resistere a questa fatal passione, qual
  
maraviglia che l'affettuoso Paolo e la tenera Francesca abbiano ceduto per essi?

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Rossetticontinua che senza Amore non c’è Vita.

Or vi voglio regalare una gemma preziosa che fu sinora creduta fango.

Esa è in quel
ci spense in vita.

R
iflettete bene a quell'in vita.

E se direte



di non intenderlo, Alighieri vi griderà.

Intender non lo può chi non lo prova.

 
E che, nella parte finale del suo commento, denuncia con chiarezza lo stretto legame, in Alighieri, fra

parola e immagine.
 
Non erano determinati per precedente risoluzione,
e premeditato disegno.

Ma fu impulso di violento amore,
sino allora represso, quello che in un punto li vinse.

Che pittura ne' due primi versi.

Lettore, fa il comento da te.
 
Quel disiato riso
pinge una bocca ridente,
i cui baci son avidamente bramati.

Quel cotanto amante fa la scusa
di Paolo MALATESTA, che non fu più forte di cotanto eroe.

Quel verso,

“Questi che mai da me non fia diviso”,

ha qualche
 
cosa di consolante pei due sventurati.

E l'altro “La bocca mi baciò tutto tremante” è da gran pittore ed





osservatore della natura.

'E da chi avea dovuto trovarsi in simil caso anch'esso, onde nascea quella tanta pietà,
  
que' sì forti rimorsi, e quel soppresso discorso.

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-- Pietà
-- commozione
-- rimorsi
-- consolazione
-- desiderio.

Il repertorio romantico è al completo.


Ed è altresì riconosciuta la straordinaria abilità di Alighieri nel creare quelle figure visibili e tangibili che Goethe teorizzava dovessero caratterizzare lo Stile alto.

Tra queste figure Francesca è quella che,


meglio di ogni altra, pare incarnare l’elemento metamorfico che caratterizza, sempre secondo
Goethe, le forme viventi (Valèry 1971).

 
 

--- Commento ai vv. 100-106.

-- Questa maggioranza di dolore si truova nel ricordarsi della felicità quando la somma felicità è stata cagione
dell’infima miseria,e dipende quella da questa,sì come fu l’amoroso diletto de’ due cognati,che si convertì in dispiacere
 
e fu cagione di questa miseria.
 

Commento a Inferno 5.79-81. Il commento è composto fra il 1826 e il 1827. Ivi, vv. 130-132.  Ivi, vv. 133-136.


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Con una corrispondenza non ignorabile fra lettura anche critica del testo e rappresentazione

iconografica, Francesca si trasforma in:

-- elegante narratrice

-- in adultera da condannare

-- in emozionante affabulatrice

-- in lettrice di corte

-- in incarnazione della passione amorosa al di fuori del tempo e

dello spazio.

Non è donna “gentile”, si leggeva in alcuni commenti del Trecento.

Ma il giudizio muta nell’età romantica e viene definitivamente stabilito, poco dopo la metà del secolo, da Francesco De Sanctis.

Francesca serba inviolate le qualità essenziali dell’essere femminile, la purità, la verecondia, la gentilezza, la squisita delicatezza dei sentimenti.

Francesca, la prima
 

donna del mondo moderno, è colei il cui peccato non si cancella più, diviene l’eternità.

Non solo l’attività della mente e dello spirito etternano l’uomo, come insegnava Brunetto, ma anche
l’intensità della passione.

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Nel XX secolo continua la trasformazione di Paolo e Francesca.


Di lei si sottolinea lo stretto legame

con la letteratura e la sua funzione di intellettuale.

E di pari passo diminuisce, anche per questo, la

sua capacità di suggestionare le arti figurative.

Ma la metamorfosi non è ultimata e nuove forme sono pronte a nascere a ogni nuova lettura.

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ILLUSTRAZIONI:
 

Giacomo Gradenigo,
"Paolo e Francesca" Codice membranaceo. 1392.
Biblioteca Gambalunga, Rimini
 
-- Vedi Lezione Ventesima. Francesca da Rimini e Francesca da Rimini in De Sanctis 1955, 205-215, 633-650.

La lezione su Francesca è del 1854. Il saggio di De Sanctis, del 1868.
 
Priamo della Quercia, V canto dell’Inferno (codice membranaceo, 1444), Yates Thompson Collection, British Library, London. Il codice era di proprietà di Alfonso V d’Aragona.
 
Ary Scheffer, Francesca da Rimini (1855), Museo del Louvre – Parigi
 
A. Feuerbach, Paolo e Francesca (1864) Shack Galerie, Monaco
 
Alexander Cabanel, The death of Paolo e Francesca (1870), Musèe d’Orsay

 
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BIBLIOGRAFIA

 

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La divina Commedia di dante Alighieri con comento analitico di Gabriele

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Zorzi Kasninski – Pératé A., Perrini G., De Bonnot J. 1971 (cur.), La divine Comédie de Dante




Alighieri, contenant al série complete des dessins exécutés à la pointe de plomb et d’argent par
 Sandro Botticelli peintre Florentis, Paris.

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