Saturday, February 21, 2015

La donna del lago

Speranza

LA DONNA DEL LAGO
  
Melodramma in due atti

Prima rappresentazione:

Napoli, Teatro San Carlo, 24 IX 1819

Il bello ideale del canto d'insieme
 
 
 

"La donna del lago" appartiene al periodo più intensamente creative di Rossini, il quinquennio 1816-1820, un periodo quasi interamente

vissuto in quell'enorme laboratorio d'avanguardia che era in quel tempo il

teatro musicale napoletano, dove venivano ospitate opere di Mozart, di
Gluck, di Spontini, altrove in Italia sconosciute o quasi, e del quale il
maestro pesarese era divenuto ormai arbitro pressoché assoluto.
 

Vedendo in ordine di tempo dopo il Mosè in Egitto e Ricciardo e

Zoraide, La donna del lago si colloca fra la stupenda e tuttavia

misconosciuta Ermione ed il melodramma serio Bianca e Falliero,



quest'ultimo scritto per la Scala di Milano. Composta in poco tempo su

un libretto predisposto da Antonio Leone Tottola e a sua volta ricavato
 

da The Lady of the Lake, poema in sei canti di Walter Scott (segnalato a



Rossini, per quanto se ne sa, da un giovane compositore francese
 
vincitore del Prix de Rome, Desire-Alexandre Batton) La donna del lago



fu rappresentata al Teatro San Carlo il 24 settembre 1819 con una

compagnia di celeberrimi campioni della vocalità di quegli anni: le

soprano Isabella Colbran, Rosmunda Pisaroni, i tenori Giovanni David e

Andrea Nozzari ed il basso Michele Benedetti.

Fu un successo non immediato: esito freddo la prima sera, ma tuttavia

già caloroso a partire dalla seconda rappresentazione, e ben presto

l'opera, nonostante le immense difficoltà dell'esecuzione vocale (ma in

quegli anni non v'era certo penuria di interpreti in grado di affrontarle e

di superarle.....), fece rapidamente il giro dei teatri italiani ed europei,

non di rado, com'era d'altronde costume dell'epoca, con pezzi sostituiti o

ricavati da altre opere dello stesso compositore.
 
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Nel 1821 veniva applaudita a Dresda, nel 1822 a Monaco di Baviera, a

Vienna, a Lisbona, a Stoccarda, nel 1823 a Londra, nel 1824 a

Pietroburgo e a Parigi, nel 1828 a Copenhagen, nel 1831 a Berlino.

In merito all'esecuzione parigina con la Sontag e la Pisaroni lasciò scritto

Escudier: "Fra le loro voci c'era una tale unione che si sarebbe potuto

credere che ne formassero una sola. Inflessioni, appoggiature, trilli

sembravano ispirati alle due virtuose dall'effetto d'una scintilla elettrica.
 

Era l'ideale di bellezza nel canto d'un ensemble).



Come per quasi tutte le opere serie del Rossini "italiano", fatta eccezione
 
per Otello, Mosè e Semiramide, anche la fortuna della Donna del lago



decadde rapidamente alla fine degli anni 1830: le ultime esecuzioni

ottocentesche risultano essere quelle avvenute, già quasi in clima di

"revival", nel 1854 a Parigi e nel 1860 a Trieste.
 

La ripresa della Donna del lago in tempi moderni data a partire dalla



riproposta, peraltro filologicamente discutibile, fatta al Maggio Musicale

Fiorentino nel 1958, seguita dalle esecuzioni effettuate rispettivamente

nel 1969 al Camden Town Hall di Londra e nel 1974 al Comunale di

Bologna.

Ma la vera rinascita dell'opera ha inizio con l'edizione (a cura di H. Colin

Slim), questa volta filologicamente ben più attendibile, varata dal Rossini

Opera Festival di Pesaro nel settembre del 1981 sotto la direzione di

Maurizio Pollini e la regia di Gae Aulenti, e riproposta in seguito in altri

teatri italiani e stranieri (Houston, New York, Trieste, Londra, Parigi,

Nizza, Parma, ecc.).
 

Con La donna del lago di Rossini, Walter Scott s'affaccia per la prima



volta nel panorama della cultura italiana e al tempo stesso fa il suo primo

ingresso nella letteratura librettistica; un ingresso particolarmente
 

fecondo nel prosieguo di tempo, a voler solo rammentare I Puritani di

Bellini e in specie la Lucia di Lammermoor di Donizetti (e per tacere



dunque delle opere di Carafa, Pacini, Federico Ricci, Nicolai ed altri,

ispirate ai romanzi dello scrittore scozzese).
 

Che il "solare" Rossini - il quale fino ad allora, da Tancredi all'Ermione

attraverso Otello ed Armida, aveva dato veste musicale ad azioni tragiche



ambientate nel mondo classico, in quello del mito, in quello della fiaba -

si fosse lasciato attrarre da una saga "nordica", ambientata fra foreste

montane ed avvolta dalle brume lacustri della lontana Scozia, è sembrato

fatto così eccezionale che se non ha fatto scorrere rivoli d'inchiostro ha

certamente dato e continua a dare materia di discussione ai commentatori
 
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intenzionati a sottolineare il sostanziale "romanticismo" di un

compositore solitamente considerato come l'ultimo dei classici se non

addirittura un "passatista".......
 
STRALCIO DELLO SPARTITO
 
 
 
Il rischio di queste discussioni è quello di enfatizzare un aspetto

"letterario" o meglio "paesaggistico" che nell'arte del compositore

assolve ad un ruolo piuttosto marginale rispetto all'organizzazione

musicale del dramma: al post-tutto un elemento di colore, una tinta, atta a

stimolare e ad animare, all'occorrenza, il discorso musicale; una

suggestione ambientale volta semmai ad arricchire e a convalidare

ulteriormente, senza peraltro alterarle, le ragioni più autentiche della

drammaturgia del compositore, una drammaturgia profondamente

radicata in una visione integralistica della funzione della musica ai fini
 
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dell'espressione scenica, vale a dire intesa - secondo una ormai

proverbiale definizione dello stesso Rossini - come "atmosfera morale

che riempie il luogo in cui i personaggi del dramma rappresentano

l'azione".

Se Rossini, contemporaneo di Beethoven, di Schubert e di Weber, debba
 

considerarsi autore "classico" (nonostante Otello, La donna del lago e

magari anche il Guillaume Tell) o "romantico" (nonostante Tancredi,

Armida, Semiramide e magari anche Le Comte Ory) è questione vetusta



che talvolta viene ancora dibattuta, ed in particolare modo riproposta in
 
occasione della Donna del lago.



Ma si tratta di uno pseudo-problema, ove si consideri che Rossini ebbe

sempre cura di predisporre gli eventi al fine di governarli e poterli

esprimere attraverso il linguaggio dei suoni.

Egli ebbe a trattare ogni argomento - fosse serio o semiserio o comico o

biblico - in eguale misura ai fini dell'espressione melodrammaturgica,

riducendolo cioè a misura della propria poetica, sempre ed

inderogabilmente improntata alle leggi della chiarezza formale, della

simmetria.

Si potrebbe affermare che la natura stessa del linguaggio drammatico

rossiniano consentì al compositore di apparire metastasiano, classico,

neoclassico, protoromantico, romantico e quant'altro ancora, senza mai

essere tuttavia diverso da sé stesso, senza mai tradire i propri ideali

estetici......

In realtà egli interpretò due epoche restandone al di sopra,

contemplandole entrambe dall'alto del suo magistero: "pietra tombale ed

arco di trionfo, epinicio ed epicedio" (secondo l'espressiva immagine di

Paolo Isotta) dell'opera in musica nel passaggio dal dramma serio

metastasiano al melodramma ottocentesco, dal teatro "degli affetti" al

teatro "degli effetti".
 

Tant'è nella Donna del lago, in questo "melodramma serio", Rossini -



osserva ancora il citato Isotta - "Non s'è dedicato a dipinture

psicologiche, ma alla più squisita galleria d'affetti mai creata. E quelli

eroici sono in primo piano".

Certo, vi sono motivi ricorrenti che sembrano evocare i luoghi

dell'azione, la foresta, il lago, ma che soprattutto concorrono, se non ad

annullare la frammentarietà del pezzo chiuso, a conferire unità stilistica e

coerenza di eloquio al discorso musicale.

Vi è infatti già nell'Introduzione la fanfara di caccia sostenuta da sei
 
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corni sul palcoscenico (ripartiti in tre gruppi per creare effetti d'eco) che

poi ritorna nel corso dell'opera in forme variate. Vi è soprattutto, sempre

all'inizio dell'opera, la suggestiva canzone su ritmo di barcarola intonata

da Elena, su un motivo che riappare poi in altri momenti, segnatamente

alla fine; ma - a parte il fatto che questa melodia, come già la fanfara,

nulla presenta di esotico - si tratta di un vero e proprio espediente

melodrammaturgico; quando Elena, arrivata a corte, la sentirà cantare da

lontano, da questo riconoscerà la presenza di colui che ancora ignora

essere il re.
 

D'altro canto fedele d'Amico ha buon argomento nel rilevare nella Donna

del lago l'assenza "di quegli ideali morali o di quei modi passionali che ci



fanno qualificare romantico un dramma", a differenza ad esempio di
 
Otello (vedi il personaggio di Desdemona, per tanti aspetti anticipatore



delle eroine di Donizetti e Verdi) e nell'indicare se mai nel mezzo

stereofonico ovvero "nella spazialità del messaggio musicale che

riproduce una molteplicità di luoghi non visibili ma presenti attraverso

l'evocazione dei suoni lontani" quell'atmosfera "romantica" che taluni

commentatori sembrano avvertire in quest'opera.

Tale atmosfera in qualche misura fuoriesce non dalla natura

dell'argomento, non dal paesaggio insolito, bensì da un'energia

espressiva tutta interiore al linguaggio musicale ed al mondo come esso è

architettato e strutturato.

E in questa struttura, connotata da ritmi marziali e da richiami

naturalistici, ma che pur rivela in controluce il modello settecentesco del

teatro degli affetti, la spinta verso la drammatizzazione del discorso

musicale fa sì che l'opera sembri proiettarsi verso il melodramma del

futuro...... e come tale iscriversi, solitaria e geniale, nell'universo

romantico europeo, precorrendo, non si dice solo la tinta paesaggistica
 

del Guillaume Tell ma fin gli umori arcani e satanici del Freischutz di



Weber......
 
In tal senso La donna del lago è stata identificata da qualche



commentatore come l'anello mancante dell'evoluzione che congiunge
 
l'idillio al dramma, il giovanile Tancredi alla Straniera di Bellini e alla

Lucia di Lammermoor di Donizetti.



Ma è bene accantonare le suggestioni letterarie onde non perdere di vista
 
l'autentica dimensione melodrammaturgica della Donna del lago e poter



meglio comprendere i pregi intrinseci di quella che Philip Gossett ha

definito "la verità di toni, di forme di stili vocali, di orchestrazione" come
 
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"una delle più impegnative opere mai scritte da Rossini", la sua opera

"forse più ricca di melodia", nella quale il compositore sviluppa un gusto

contrappuntistico davvero insolito".

All'estro musicale, sempre di qualità altissima, e contrassegnato da un

gioco di alternanze ritmiche che non cessa mai di sorprendere per

originalità d'invenzioni, si associa il trattamento originale degli strumenti

d'orchestra in funzione concertante ed il ruolo protagonistico (piuttosto

inconsueto nell'opera italiana di quegli anni) del coro.
 
BOZZETTO
 
 
 
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Conforme all'uso napoletano, l'opera non ha sinfonia: essa inizia

direttamente con una complessa Introduzione con coro, nella quale si

manifestano e praticamente si esauriscono gli intenti "paesaggistici".

Solitamente la struttura dell'opera rossiniana si regge su tre scene

d'insieme che stanno come tre pilastri destinati a sostenere l'intera

architettura drammatica: l'Introduzione dell'opera, il finale del primo
 

atto, l'ensemble collocato nella parte centrale del secondo atto. Parimenti

avviene nella Donna del lago.



S'è accennato all'insolito gusto contrappuntistico presente in quest'opera:

ne è un esempio il Finale primo: i bardi cantano un inno ai guerrieri

accompagnati da arpa, viole, pizzicato di violoncelli ed un unico

contrabbasso; i guerrieri scozzesi guidati da Malcolm e da Rodrigo

cantano un brano marziale accompagnati da trombe e da una banda sul

palco.

Nella stretta Rossini riunisce tutti i motivi con tutta l'orchestra, tre cori

divisi, soli, banda, per quello che Gossett non esita a definire un

momento "incandescente".
 

L'ensemble al centro del secondo atto è costituito dal Gran Terzetto con



coro; in realtà: un duetto che si trasforma in terzetto, e del quale il

compositore dà tutta la misura del suo magistero nel fare dramma
 

attraverso il colore vocale.



Ed è precisamente nella vocalità, o meglio, nello sviluppo del pensiero

melodico al servizio della voce, che sta il senso dello straordinario

fascino che emana da quest'opera; nella vocalità si esplica tutta la forza

avvincente della drammaturgia rossiniana, quella leggendaria dimensione

canora che tanto commosse Leopardi nell'assistere ad una

rappresentazione dell'opera al Teatro Argentina di Roma: "Abbiamo in
 

Argentina La donna del lago, la qual musica, eseguita da voci



sorprendenti, è cosa stupenda, e potrei piangere ancor io, se il dono delle

lagrime non mi fosse stato sospeso".

E tale forza espressiva, lungi dall'esibirsi e dall'esaurirsi attraverso una

parata di brani virtuosistici (come era il caso, ad esempio, nella
 

Elisabetta e come sarà ancora, in qualche misura, nella Semiramide), si



sviluppa coerentemente con il dramma e interamente al suo interno. La

vera, grande difficoltà dell'esecuzione vocale di un'opera di Rossini non

sta infatti tanto in doti acrobatiche quanto piuttosto nella pienezza del

sentimento del canto, un canto vero, espresso senza alcuno sforzo, come

emanazione diretta del pensiero umano.
 
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Nella Donna del lago, ben più che in altre opere serie rossiniane, i



registri risultano differenziati: soprano, contralto, tenore contraltino,

tenore baritonale, basso; ma questa differenziazione non corrisponde ad

una tipologia vocale di tipo realistico che si realizzerà in Bellini e

Donizetti e sarà infine sanzionata da Verdi.

Nulla di più estraneo alla struttura rossiniana, quanto meno nell'opera

seria, di una tipologia vocale in base alla quale ad un determinato timbro

debba corrispondere un determinato ruolo.

Qui la differenziazione dei timbri è semmai uno strumento tecnico che

consente al compositore il moltiplicarsi dell'espressione drammatica nel

canto d'insieme attraverso il contrappunto delle voci onde pervenire

attraverso questa molteplicità ad una superiore unità poetica da conferire

alla musica quel potere di estasi e di incanto in cui si traduce la catarsi

dei conflitti drammatici - liberazione dal dolore e rasserenamento dei

sentimenti - potere nel quale è il vero segreto dell'arte di Rossini ed al

tempo stesso uno degli aspetti più enigmatici ed inquietanti del teatro

musicale dell'Ottocento.
 
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LA TRAMA
 
 
 
L'azione come quella dell'omonimo romanzo di Walter Scott, si

svolge in Scozia all'epoca della ribellione di gruppi di montanari dello

Stirling, detti Clan-Alpini, contro il regno di Giacomo V, e precisamente

nel 1530.

Giacomo Douglas, già precettore del Re, è stato bandito dal regno a

causa delle gesta di un suo nipote, ed è dovuto fuggire sulle montagne

insieme a sua figlia Elena. Qui ha trovato la protezione del capo dei

ribelli Rodrigo di Dhu, cui per riconoscenza ha offerto la mano di Elena

senza sapere che lei sì è nel frattempo innamorata del giovane Malcom

Groeme, datosi alla macchia per seguirla.

Disperata, Elena passa giornalmente lunghe ore a meditare sul lago

Katrine, meritando così il soprannome di "Donna del lago" tra gli

abitanti della zona.
 
 
 
ATTO I
 
 
 
Guidato dalla fama della bellezza della misteriosa donna del lago,

il Re assume i panni di cacciatore ed il falso nome di Umberto di

Snowdon e si allontana da una battuta di caccia alla ricerca di lei.

Trovatala, finge d'aver perso la strada, ed è subito ammaliato da lei e

dalla sua disinteressata ospitalità.

Benché s'avveda che lei lo conduce nella dimora degli Angus, ed Elena

stessa gli riveli il nome del padre, egli indugia per un momento in

propositi d'amore.

Un gruppo di amiche di Elena giunge a festeggiare il suo prossimo

matrimonio con Rodrigo sollevando inconsapevolmente l'ansia di lei e la

gelosia del Re.

Da lui interrogata, Elena ammette la sua pena, pur senza rivelarne la

ragione, ed in tal modo alimenta non volendo le sue speranze. Ma ora

Umberto deve riunirsi ai suoi: l'ospite viene accompagnato da Albina,

amica di Elena, sull'altra sponda del lago.

Appena essi si sono allontanati giunge Malcom, immerso in malinconici

pensieri circa il suo amore contrastato dal destino, cui poi si affiancano

l'alpino Serano e lo stesso Douglas. Alle esortazioni di quest'ultimo,
 
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perché essa sposi e renda felice il capo dei ribelli, Elena tenta di

temporeggiare adducendo come motivo che la guerra è imminente, ma in

tal modo riesce soltanto a destare l'ira del padre.

Poco dopo il silenzio di Elena e le intemperanze di Malcom finiscono per

insinuare il sospetto anche in Rodrigo, giunto sul luogo insieme

all'esercito ribelle. I bardi procedono ad eseguire un rito propiziatorio

durante il quale una luce boreale illumina il cielo per un momento, segno

di buon auspicio per tutti.

Quindi i ribelli muovono incontro al nemico tra cori e canti di vittoria.
 
ATTO II

Scena I
 
 
 
Il Re, sempre nei panni di Umberto, è tornato nella foresta con

l'intenzione di dichiararsi ad Elena. La trova con Albina sulla soglia di

una grotta, ove le due ragazze attendono notizie di Douglas che tarda a

rientrare dal campo di battaglia.

Di fronte al rifiuto di Elena, che confessa d'amare un altro, egli le offre

l'amicizia ed un anello col quale potrà ottenere la grazia per sé e i suoi di

fronte al Re, se mai dovessero da lui essere condannati.

Mentre si salutano mestamente, i due vengono sorpresi da Rodrigo, che

subito identifica in Umberto un amico. Di fronte all'indomita resistenza

di questi, Rodrigo chiama i suoi guerrieri ad arrestarlo. L'intervento di

Elena in sua difesa tramuta lo scontro in un duello a singolar tenzone fra

Rodrigo ed il misterioso amico del Re.

Malcom è intanto tornato alla grotta per difendere Elena dall'esercito del

Re, penetrato nel frattempo nel territorio degli alpini, ma vi trova

soltanto Albina.

Sopraggiunge Serano con la notizia della disfatta dei ribelli e della resa

di Douglas, che ha deciso di costituirsi al Re nella speranza di placarne la

furia vendicatrice.

Alle domande di Malcom, Serano aggiunge che Elena, da lui informata

poco prima, è subito corsa verso la reggia. I guerrieri in ritirata piangono

infine la morte di Rodrigo, battuto in duello.
 
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Scena II
 
 
 
Entrata nella reggia subito dopo che Douglas è stato fatto arrestare

dal Re, Elena sente questi cantare il suo amore infelice per lei. Credendo

ancora alla sua falsa identità ella gli chiede di condurla di fronte al Re.

Egli la introduce nella sala e, rivelandosi nei panni di sovrano, mantiene

la promessa di perdonare Douglas ed i suoi. Soltanto per Malcom non

accetta richieste: lo fa chiamare e, fingendo di volerlo punire di fronte a

tutti, gli dona una collana di gemme ed unisce la sua mano a quella di

Elena, fra la meraviglia ed il sollievo di tutti.
 

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