Speranza
«La partitura di quest’opera ha ottenuto un autentico successo, contiene un
numero considerevole di bei pezzi espressivi, pieni di fuoco e di ricco
colorito. Non c’è ouverture, ma un introduzione cantata e danzata pervasa di
verve e di brio.
….Il talento di Bizet come pianista è grande, dopo Liszt e
Mendelssohn, si sono visti pochi lettori di questo livello... La partitura dei
Pêcheurs de perles fa il più grande onore a Bizet, tanto che saremo costretti ad
accettarlo come compositore, malgrado il suo raro talento di pianista
lettore....Il suo lavoro è di uno stile semplice e sobrio, caratterizzato da
un’orchestrazione maestosa dalla notevole enfasi armoniosa».
Queste le
parole che Hector Berlioz dedica a Georges Bizet e al suo primo lavoro
operistico che il compositore, non ancora venticinquenne, realizzò su
commissione di Léon Carvalho, direttore del Théâtre Lyrique di Parigi. Alla
prima del 29 settembre 1863, le cronache raccontano di un’accoglienza
entusiastica del primo atto, mentre meno calore ci fu per i due atti
successivi. Orchestra e direzione vennero salutate come perfette e sublimi. I
giudizi, in merito alla scelta dell’ambientazione esotica, furono contrastanti:
«elegante» per Filippi, «splendida» e «accuratissima» per gli organi aziendali
di Sonzogno, «discreta» per Giulio Ricordi, mentre il Corriere teatrale la
ritenne infima, la stroncò irremediabilmente e la liquidò come «meschina assai».
Il lavoro ottenne quindi un discreto successo di pubblico ma una fredda
accoglienza da parte della critica, nonostante, in favore del giovane
compositore, si fossero levate, oltre a quelle di Berlioz, voci autorevoli. La
stroncatura fece scomparire l’opera dai teatri francesi; lo stesso compositore
apportò in seguito alcune modifiche alla partitura, ma non ebbe mai la
possibilità di rivedere l’opera in scena. L'opera, I Pescatori di perle,
ritornerà in Francia, molti anni dopo la morte di Bizet, solo in occasione
dell’Esposizione Universale di parigi del 1893; in Italia, invece, riscosse un
eccezionale successo già al debutto al Teatro alla Scala di Milano del 20 marzo
1886, quando fu riadattata dall’editore Sonzogno e tradotta da Angelo Zanardini
con un finale “posticcio”. Nel giro di pochi anni il lavoro di Bizet divenne un
vero e proprio successo nazionale, rappresentato alla pari di un’opera di
repertorio e iniziò la sua marcia nella penisola italiana: in circa cinque anni
I Pescatori di perle saranno protagonisti indiscussi di gran parte di quelle
piazze e di quei teatri - poco più d’una decina - che contano davvero
nell’Ottocento lirico di casa nostra. Tra l’autunno e l’inverno del 1886 l'opera
viene rappresentata all’Argentina di Roma e al Regio di Torino; il 1887 è la
volta del San Carlo di Napoli e del Carlo Felice di Genova, l'anno successivo al
Comunale di Bologna, mentre nel 1889 toccherà al Costanzi di Roma e alla Fenice
di Venezia. La Pergola di Firenze l' accoglie nel 1892, due anni prima l'aveva
ospitato Palermo al Politeama Garibaldi. Anche Catania riserva ai pescatori il
palcoscenico del Castagnola nella stagione 1897-98. Un successo incredibile che
già nel febbraio 1888, in occasione di una ripresa al Teatro Apollo di Roma, il
Teatro Illustrato- pubblicazione della casa Sonzogno- riprodusse le parole di
Francesco d’Arcais: «I Pescatori di perle - scrive l’illustre d’Arcais
dell’Opinione - si rappresentano oramai in tutto il mondo, salvo... a
Parigi».
Col tempo, tuttavia, l'opera Les Pêcheurs de perles ha
conosciuto una piena riabilitazione ed è entrata a far parte del repertorio
lirico classico, eseguita anche in Italia nella sua lingua d’origine.
Opera
squisitamente francese, Les Pêcheurs de perles è intimamente permeata dalla
profonda personalità del compositore, nel lavoro è infatti espresso nitidamente
il temperamento lirico-drammatico di Bizet e lungo tutta la trama si manifesta
la variopinta tendenza dell’autore di evocare luoghi lontani, nelle cui terre
si intrecciano storie d’amore e di amicizia. Su questo aspetto bisogna
considerare che durante tutta la seconda metà dell’Ottocento crebbe in maniera
esponenziale un deciso interesse per l’esotico, anche i pittori orientalisti
–infatti - rappresentano principalmente paesi arabi, così come le culture
dell’estremo oriente, con diverse sfumature: dal sogno romantico, al viaggio
verista all’identificazione simbolista. Bizet non solo non si sottrae al fascino
dell’esotico, ma se ne serve per il suo lavoro, utilizzando lo sfondo di terre
lontane, di odori, di profumi e di sapori – sui quali molto si fantasticava in
quello scorcio di secolo - connotandoli di una seduzione profonda grazie ad una
caratterizzazione onirica, a tratti quasi fiabesca ed avvolgente.
La
base della struttura drammatica dell’opera è costituita dal consueto triangolo
amoroso: Nadir e Zurga, legati da un’amicizia profonda e indissolubile, entrano
in conflitto per la passione del primo nei confronti di Léïla, una sacerdotessa
a sua volta combattuta fra voto di castità e amore terreno.
Molto spesso
nella storia dell’opera abbiamo assistito al tema della vergine sacra a cui
l’amore terreno è vietato (come nel caso della Norma di Vincenzo Bellini e La
Vestale di Gaspare Spontini). In maniera differente, ne Les Pêcheurs de perles,
si colloca il rapporto di amicizia-amore dei due personaggi maschili, Nadir e
Zurga, caratterizzati da un’affettività così profonda che costituisce un
intreccio drammatico quasi più importante della passione amorosa di Nadir e
Léïla. L'affetto intimo e profondo che unisce indissolubilmente i due amici
accompagna tutto lo sviluppo darmmaturgico dell'opera fino alle pagine
conclusive. In quest’ottica tematica, di una sottile ambiguità sessuale, ha una
connotazione diversa anche la scelta dell’ambientazione esotica che in questo
caso assume una valenza decisamente funzionale e simbolica: l’esotismo è la
mitizzazione dell’altro costituita dal desiderio e dal sogno di allontanarsi dal
proprio ambiente, un’evasione dell’anima in un altrove misterioso e appagante.
Un mondo lontano che rappresenta l’alternativa alla vita vera come un paradiso
consolante e ristoratore.
L’opera di Bizet, al di là degli intrecci
amorosi resta un lavoro ideale per cantanti dalla eccezionale caratura vocale,
specie il ruolo di Nadir, basato sul registro acuto, che si serve dei “suoni
misti” per assumere una caratterizzazione più propriamente
esotica.
Particolarmente significativi per forza drammatica ed espressiva
sono i duetti dei protagonisti: quello del primo atto di Nadir e Zurga “Au fond
du temple saint”, e quello del secondo atto di Nadir e Léïla che celebra con
passionali e languidi passaggi orchestrali l’amore dei due. In risalto anche le
pagine corali e l’introspezione sublime e incantevole dell’aria di Nadir, nel
suo introspettivo dialogo illuminato dalla soave luce delle
stelle.
Altra caratteristica de Les Pêcheurs sono certe rivisitrazioni
alla partitura originale. Dopo la morte di Bizet, infatti, i suoi contemporanei
non ritennero il finale dell’opera sufficientemente grandioso e drammatico;
provvidero, per questa ragione a modificarlo. Aggiunsero un terzetto e
condannarono di volta in volta Zurga a morire tra le fiamme o a essere pugnalato
dal sacerdote, mentre l’autore originale aveva preferito un finale di più ampio
respiro, con Zurga lasciato in vita a contemplare la felicità dei due amanti in
fuga.
Quella salernitana sarà la versione apocrifa del 1893 che
presenta le seguenti variazioni al terz’atto:
Choeur dansè
È
completamente eliminata la sezione centrale con l’intervento di Nadir, ed il
coro è sintetizzato in un’unica sezione.
Scène et
Duo
La suggestiva scena di introduzione è modificata ampliando
l’intervento del coro, che ripete altre due volete la frase “Zurga les livre à
vos bras irrités” e viene conclusa con una solenne cadenza perfetta in Fa
minore.
A questo punto attacca un terzetto spurio (in forma tripartita), nel
quale Nadir, Léïla e Zurga cantano un riadattamento del testo originale del
duetto n. 14, condotto con solenne convenzionalità.
Finale
Il finale della versione postuma comincia con una scena nella
quale Zurga esorta gli amici a fuggire al sopraggiungere di Nourabad, che fa il
suo ingresso accompagnato da quattro notabili, e pugnala a morte Zurga. Poi, a
partire dalle parole “Plus de crainte” di Nadir e Léïla (intonate sul motif de
la dèesse), il finale procede come nella versione originale.
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