Wednesday, January 13, 2016

I PESCATORI DI ZANARDINI (La Scala, 1886)

Speranza

"La partitura dei "Pescatori di Perle" ha ottenuto un autentico successo."

"Il melodramma contiene un numero considerevole di bei pezzi espressivi, pieni di fuoco e di ricco colorito."

"Non c’è ouverture, ma un introduzione cantata e danzata pervasa di verve e di brio."

"Il talento di Giorgio Bizet come pianista è grande, dopo Liszt e Mendelssohn, si sono visti pochi lettori di questo livello."

"La partitura dei "Pescatori di Perle" fa il più grande onore a Giorgio Bizet, tanto che saremo costretti ad accettarlo come compositore, malgrado il suo raro talento di pianista lettore."

""I Pescatori di Perle" è di uno stile semplice e sobrio, caratterizzato da un’orchestrazione maestosa dalla notevole enfasi armoniosa."

Queste le parole che Ettore Berlioz dedica a Giorgio Bizet e al suo primo lavoro operistico  che il compositore realizzò su commissione di Léon Carvalho, direttore del Teatro Lirico di Parigi.

Alla prima del 29 settembre 1863, le cronache raccontano di un’accoglienza entusiastica del primo atto, mentre meno calore ci fu  per i due atti successivi.

Orchestra e direzione vennero salutate come perfette e sublimi.

I giudizi, in merito alla scelta dell’ambientazione esotica, furono contrastanti: "elegante" per Filippi, "splendida"  e "accuratissima" per gli organi aziendali di Sonzogno, "discreta" per Giulio Ricordi, mentre il Corriere teatrale la ritenne infima, la stroncò irremediabilmente e la liquidò come "meschina assai".

"I pescatori di perle" ottenne quindi un discreto successo di pubblico ma una fredda accoglienza da parte della critica, nonostante, in favore del compositore, si fossero levate, oltre a quelle di Berlioz, voci autorevoli.

La stroncatura fece scomparire l’opera dai teatri francesi.

Lo stesso Bizet apportò in seguito alcune modifiche alla partitura, ma non ebbe mai la possibilità di rivedere l’opera in scena.

L'opera,  I Pescatori di perle, ritornerà in Francia, molti anni dopo la morte di Bizet, solo in occasione dell’Esposizione Universale di parigi del 1893.

In Italia, invece, riscosse un eccezionale successo già al debutto al Teatro alla Scala di Milano del 20 marzo 1886, quando fu riadattata dall’editore Sonzogno e tradotta da Angelo Zanardini con un finale “posticcio”.

Nel giro di pochi anni il lavoro di Bizet divenne un vero e proprio successo nazionale, rappresentato alla pari di un’opera di repertorio e iniziò la sua marcia nella penisola italiana.

In circa cinque anni "I Pescatori di perle" saranno protagonisti indiscussi di gran parte di quelle piazze e di quei teatri - poco più d’una decina - che contano davvero nell’Ottocento lirico di casa nostra.

Tra l’autunno e l’inverno del 1886 "I pescatori di perle" viene rappresentata all’Argentina di Roma e al Regio di Torino.

Il 1887 è la volta del San Carlo di Napoli e del Carlo Felice di Genova, l'anno successivo al Comunale di Bologna, mentre nel 1889 toccherà al Costanzi di Roma e alla Fenice di Venezia.

La Pergola di Firenze l' accoglie nel 1892, due anni prima l'aveva ospitato Palermo al Politeama Garibaldi.

Anche Catania riserva ai "Pescatori" il palcoscenico del Castagnola nella stagione 1897-98.

Un successo incredibile che già nel febbraio 1888, in occasione di una ripresa al Teatro Apollo di Roma, il Teatro Illustrato- pubblicazione della casa Sonzogno- riprodusse le parole di Francesco d’Arcais:

""I pescatori di perle" scrive l’illustre d’Arcais dell’Opinione - si rappresentano oramai in tutto il mondo, salvo ... a Parigi."

Col tempo, tuttavia, il melodramma "I pescatori di perle" ha conosciuto una piena riabilitazione ed è entrata a far parte del repertorio lirico classico, eseguita anche in Italia nella sua lingua d’origine.

Opera squisitamente francese, "I pescatori di perle" è intimamente permeata dalla profonda personalità di Bizet, nel lavoro è infatti  espresso nitidamente il suo temperamento lirico-drammatico e lungo tutta la trama si manifesta la variopinta tendenza di Bizet di evocare luoghi  lontani, nelle cui terre si intrecciano storie d’amore e di amicizia virile.

Su questo aspetto bisogna considerare che durante tutta la seconda metà dell’Ottocento crebbe in maniera esponenziale un deciso interesse per l’esotico, anche i pittori orientalisti –infatti - rappresentano principalmente paesi arabi, così come le culture dell’estremo oriente, con diverse sfumature: dal sogno romantico, al viaggio verista all’identificazione simbolista.

Giorgio Bizet non solo non si sottrae al fascino dell’esotico, ma se ne serve per il suo lavoro, utilizzando lo sfondo di terre lontane, di odori, di profumi e di sapori – sui quali molto si fantasticava in quello scorcio di secolo - connotandoli di una seduzione profonda grazie ad una caratterizzazione onirica, a tratti quasi fiabesca ed avvolgente.

La base della struttura drammatica dell’opera è costituita dal consueto triangolo amoroso.

Nadir e Zurga, legati da un’amicizia profonda e indissolubile, entrano in conflitto per la passione del primo nei confronti di Léïla, una sacerdotessa di Brahma a sua volta combattuta fra voto di castità e amore terreno (cf. "La Vestale" di Spontini e la "Norma" di Bellini).

Molto spesso nella storia dell’opera abbiamo assistito al tema della vergine sacra a cui l’amore terreno è vietato (come nel caso della "Norma" di Vincenzo Bellini e "La Vestale" di Gaspare Spontini).

In maniera differente, nei "Pescatori di perle", si colloca il rapporto di amicizia-amore dei due personaggi maschili, Nadir e Zurga, caratterizzati da un’affettività così profonda che costituisce un intreccio drammatico quasi più importante della passione amorosa di Nadir e Léïla.

L'affetto intimo e profondo che unisce indissolubilmente i due amici accompagna tutto lo sviluppo darmmaturgico dei "Pescatori di perle" fino alle pagine conclusive.

In quest’ottica tematica, di una sottile ambiguità omosessuale, ha una connotazione diversa anche la scelta dell’ambientazione esotica che in questo caso assume una valenza decisamente funzionale e simbolica.

L’esotismo è la mitizzazione dell’altro costituita dal desiderio e dal sogno di allontanarsi dal proprio ambiente, un’evasione dell’anima in un altrove misterioso e appagante.

 Un mondo lontano che rappresenta l’alternativa alla vita vera come un paradiso consolante e ristoratore.

Il melodramma di Bizet, al di là degli intrecci amorosi resta un lavoro ideale per cantanti dalla eccezionale caratura vocale, specie il ruolo di Nadir, basato sul registro acuto, che si serve dei “suoni misti” per assumere una caratterizzazione più propriamente esotica (Aria: la barcarola, "Mi par d'udir ancora").

Particolarmente significativi per forza drammatica ed espressiva sono i duetti dei protagonisti: quello del primo atto di Nadir e Zurga “Au fond du temple saint”, e quello del secondo atto di Nadir e Léïla che celebra con passionali e languidi passaggi orchestrali l’amore dei due.

In risalto anche le pagine corali e l’introspezione sublime e incantevole dell’aria di Nadir, "Mi par d'udir ancora", nel suo introspettivo dialogo illuminato dalla soave luce delle stelle.

Altra caratteristica dei "Pescatori di perle" sono certe rivisitrazioni alla partitura originale.

Dopo la morte di Bizet, infatti, i suoi contemporanei non ritennero il finale dell’opera sufficientemente grandioso e  drammatico.

Provvidero, per questa ragione a modificarlo.

Aggiunsero un terzetto e condannarono di volta in volta Zurga a morire tra le fiamme o a essere pugnalato dal sacerdote, mentre Bizet aveva preferito un finale di più ampio respiro, con Zurga lasciato in vita a contemplare la felicità dei due amanti in fuga.

Quella salernitana sarà la versione apocrifa del 1893 che presenta le seguenti variazioni al terz’atto:

Choeur dansè

È completamente eliminata la sezione centrale con l’intervento di Nadir, ed il coro è sintetizzato in un’unica sezione.

Scène et Duo

La suggestiva scena di introduzione è modificata ampliando l’intervento del coro, che ripete altre due volete la frase “Zurga les livre à vos bras irrités” e viene conclusa con una solenne cadenza perfetta in Fa minore.

A questo punto attacca un terzetto spurio (in forma tripartita), nel quale Nadir, Léïla e Zurga cantano un riadattamento del testo originale del duetto n. 14, condotto con solenne convenzionalità.

Il finale della versione postuma comincia con una scena nella quale Zurga esorta gli amici a fuggire al sopraggiungere di Nourabad, che fa il suo ingresso accompagnato da quattro notabili, e pugnala a morte Zurga.

Poi, a partire dalle parole “Plus de crainte” di Nadir e Léïla (intonate sul motif de la dèesse), il finale procede come nella versione originale.

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