Il tradizionale
metodo della filosofia telesiana rivive dopo tre secoli in G.: fondamento della
scienza èlasolaos servazione;e nondimeno riserva di ossequio verso l'autorità
religiosa,da parte degli autori. G. rivolge ai fenomeni del pensiero quella osservazione, che TELESIO aveva rivolto a'fenomeni naturali. Il metodo ch'ei si
traccia, e che si studia di seguire, è il seguente: osservare i fenomeni
primitivi, ridurli fino agli elementi irreducibili. La filosofia intellettuale,
ei dice, dopo aver riconosciuto i fatti attuali di coscienza dee saggiar di
risalire di riduzione in riduzione al fatto primitivo, alla pura veduta
intellet Quali sono i fenomeni primitivi del pensiero a cui si ferma? Sono
tre, la sensazione, il giudizio, il volere; quindi tre parti principali della
filosofia, estetica, logica, etica. Lasciando di vedere se questi tre sono proprio
i fenomeni irreducibili, certo è però che il metodo da lui seguito è precisamente quello tenuto dalle scienze esatte. L'autore non dissimula il bisogno
da lui sentito di applicare alla filosofia ilmetodo dellematematiche,allequali
s'era da prima ad detto, e dal cui studio deriva in gran parte il riscontro che
si può scorgere tra la sua filosofia e quella che nel torno m e desimo si
coltivava in Francia sotto il nome di filosofia po sitiva. Eppure, esclama G.,
non v'è chi passando dalla evidenza delle matematiche alle ricerche filosofiche
non senta irrequieto ilbisogno di sortir fuori delle incertezze, in cui vede
implicato il sistema della scienza. Come dalla semplice osservazione lo spirito
possa sollevarsi alla riduzione scientifica de’ fenomeni, G. descrive in modo
molto preciso;e tale che merita esser riferi to con le sue stesse parole. « Ma
l'esperienza non è l'osservazione empirica,che si arresta a'fenomeni
isolati.Ilmetodo sperimentale sigiova
dituttiinostrimezziperiscovrirelaconnessione de'feno meni;del ragionamento
astratto,della induzione,delle spe rienze artifiziali, delle ipotesi. Con sì
varî mezzi la fisica la vora alle classificazioni de'fenomeni esterni,a ridurre
i fe nomeni particolari a'generali,a rilevare dal corso della na tura le sue
leggi,cioè le costanti condizioni de'fenomeni,le une costanti e permanenti , le
altre costanti nel cangiar dei fenomeni. In tal divisamento non mira soltanto a
minorar tuale. l'ignoto,che resta limitato
a'fenomeni irreducibili, ma ad uno scopo più positivo,a quello diprevenir
l'esperienza,e somministrar così preziosi materiali a tutte le arti. Chi
ricorda il motto del Comte: savoir c'est prévoir riconoscerà di leggieri il
riscontro de due filosofi. Nè risalta meno la comune mira di ridurre i fenomeni
fino all'estremo limite, affine di minorare l'ignoto.
Trasportandoorailmetodotestedescritto alleinvestiga zioni filosofiche, G.
procede cosi ; osserva , cioè, i fatti della coscienza,qual'è attualmente, e di
riduzione in riduzione risale finoaiprimielementi,ond'ellaèstata ge nerata.
Egli stesso formola il suo problema in questi termini: « coi mezzi che sono in
nostro potere, ritrovar la generazione delle verità, di cui siamo in possesso ».
Questo metodo ei lo chiama genealogico; e la parola ed il concetto sitrovano
inun altro filosofo italiano, noto a G., in Borelli,che intitolò la sua
filosofia, Prin cipii della genealogia del pensiero. Fino a che punto s'ac
cordino nel loro intento, toccheremo appresso. Qui basta notare, che la
filosofia vera, la filosofia seria per G. comincia con quest'analisi minuta
degli elementi primi del pensiero. Dimodochè sebbene ei lodi Aristotele di aver
a m messo la realtà delle idee universali,e più ancora di essersi fondato sul
senso,nondimeno,poiché lo Stagirita vi arrivo quasi di lancio,e per
un'affrettata generalizzazione,il nostro filosofo non ripigliala vera storia da
lui. Il primo saggio genealogico del pensiero sembra a lui,essere stato il
Saggiosul'intellettoumano di Locke, che pure Galluppi chiama immortale. Quel
saggio, caduto poi indiscredito, ebbe una meritata rinomanza; e la fama fu più
fondata del discredito. La filosofia inglese mette capo tutta quanta in esso;
la francese del secolo trascorso ne derivò; alla tedesca, iniziata da Kant, di
è il primo urto per mezzo di Hume. Oggidi, appresso di noi. Il
principal merito del filosofo di Wrington era agl’occhi di G. quello di aver
combattuto ad oltranza le idee innate.Ritenere tutte,o alcune idee per
innate,porta ne cessariamente per conseguenza di non ricercarne l'origine; e
quindi impedisce il progresso della filosofia, che tutta si dee travagliare
attorno a questa ricerca. Cartesio e Leibniz, che si credono di averle ammesse,
inrealtàleritenneroco me semplici disposizioni ;e fu per colpa di una
improprietà dilinguaggio se s'imputò a loro diaverle accettate. E qui dava una
toccatina a Galluppi. Ma il sistema lockiano, nel rintracciare la genealogia
del pensiero, omise moltissimi atti mentali che vi concorrono; ed era omissione
scusabile in un primo tentativo, ed in ricerca cotanto complessa. Locke diè,
per dir così, una formola generale, alla quale erano applicabili più valori:
Condillac si avvisa di darle un valore preciso; ma precisando, disvia.Locke,difatti,aveva
riconosciute due sorgenti delle nostre idee,la sensazione,e la
riflessione:quest'ultima non era ben definita,erauna funzione che accoglieva un
po'di tutto,giudizio,astrazione,ragionamento,volontà,era in
definita,siconfondeva con lacoscienza:Condillac dà un va si è
piùgiustiversodelmodesto,delsincero,del pazientissimo Locke ; smessi i superbi
fastidî delle sintesi frettolose: al tempo che scrive G. le
invettive giobertiane erano accolte senza molti scrupoli ; ed al filosofo calabrese
fu gloria non esser se ne lasciato smuovere. Galluppi, come abbiamo visto,lo
aveva pregiato assai,ma i consigli del buon vecchio cominciavano ad aver poca
presa su gli animi de' filosofi. Fuori d'Italia Herbart faceva tanta stima del
Saggio lockiano,che al Consigliere Clemens,il quale lo ri chiedeva intorno alla
filosofia da insegnare ne’ginnasi, riso lutamente rispondeva : dal maestro di
filosofia ne'ginnasi anzi tutto ed assolutamente richiederei che avesse letto
Locke . ore preciso , riduce tutto alla sensazione , o semplice,
otra sformata : sentire è giudicare. G. fa della sensazione e del giudizio due
fenomeni irreducibili ; egli non può dunque nè contentarsi dell'ambiguità della
riflessione lockiana, ne moltomeno dellasemplicitàdellasensazionecondillachiana.
All'osservazione de'fatti gli pare che il Condillac abbia sosti tuito la
tortura del fare sistematico. Gran merito di Kant è quello di avere scorto
l'importanza del giudizio,di questo fenomeno irreducibile, stato da Condillac
confuso con la sensazione. Pel filosofo di Koenisberg gli ultimi elementi delle
nostre idee sono da una parte le sensazioni,dall'altraigiudizî:idueelementi
appunto che al nostro filosofo paiono indispensabili alla soluzione del
problema che si è proposto. Ma con questo gran merito egli imputa al Kant una
gran colpa,la soggettività de’rapporti; vizio che gli sembra infet tare la
filosofia contemporanea. L a soggettività di Kant però, e G. ne conviene , fu
una necessità storica. Locke aveva detto che tutte le n o stre idee nascono dalla
sperienza,e che un'idea originale semplice non può derivare quindi da un
ragionamento : H u me accettò le premesse, econtinuò: ma l'idea di causa non.
Per lui,come per d'Alembert, lafacoltà distintiva dell'es sere attivo e
intelligente,è quella di poter dare un senso al la parola è:ora Condillac
questa distinzione l'ha distrutta.; i J tà el Se elementi soggettivi,
eglinota,simesconoco'dati spe rimentali,in taleipotesinon conosceremmo quel
ch'è nel fattoosservato,ma quelcheciapparisce esservi;talchese spogliamo
ilfattodiciò ch'è nostra proprietà, la nostra conoscenza svanisce.Si vuol che
siano elementi soggettivi le idee di spazio, di tempo, di sostanza, di causa?
Togliete via dunque dagli oggetti esterni e dal proprio essere siffatti ele
menti;e la scienza della natura,e dello spirito è distrutta
», può derivare dalla sperienza ;dunque non c'è.Cosi tutta la
scienza della natura andava in aria,e Reid sirifugiò nel sen so comune ,in una
credenza irresistibile,istintiva:Kant a m mise degli elementi aggiunti dall'attività
dello spirito. G. nota con molto accorgimento,che in sostan zailsensocomune,
dicuitantosi compiacciono certi filo sofi anche oggidi,non salva nulla;che per
giunta è pieno di contraddizioni, perchè introduce classificazioni e
distinzioni arbitrarie, mentre si era prefisso di accettare le comuni credenze
tali quali si trovano nella coscienza volgare; che tra Reid e Kant,per ciò che
riguarda la realtà della scienza, non c'è punto di di vario. Kant nello
spiegare il fenomenolosfigura,elascia sco vrireildubbio: lascuolascozzesetiene
occultato il dubbio perchè non imprende la spiegazione del fenomeno. È Bravo
G.! Egli non si lascia appagaredallepa role,e
civedebenaddentro;esel'haconKant,saperò rendergli giustizia,nè condannando
lui,assolve quelli che sono intinti della stessa pece. Ed ora viene
ilbuono.Nella dottrina kantiana ei capisce subito, che non il numero degli
elementi soggettivi aggiunti dallo spirito,ma l'aggiunzione sola,quanta che
fosse, era sufficiente a compromettere la realtà della scienza umana . Certi
nuovi critici,che in filosofia credono poter servirsi dellastadera, han
detto,peresempio: Kant ammette in tuizionipure,categorie edidee,tutte
apriori,ilGalluppi, invece, appena appena dà per soggettivi i due rapporti d'i
dentità e di diversità,dunque è lampante ch'ei sian discosti le mille miglia
uno dall'altro. sta dunque la differenza, in quanto alla realtà
delle nostre conoscenze , tra il proscritto sistema kantiano, e la favorita
dottrina della scuola di Reid ! que G. scrive così:«basta ilsupporre una pura
ve duta dello spirito il solo rapporto d'identità e di
diversità, ·apporto fondamentale delle nostre conoscenze , per
ricadere nel realismo empirico del sistema kantiano. Nè contentoacid, altro
verincalzalasua osservazione in questi termini. Mettiamo ora in disparte il
sistema kantiano; cangiamo la sua ripartizione tra gli elementi soggettivi e
gli oggettivi accordando più largamente alla sperienza ; o anche tutte le idee
diciamole derivate dalla sperienza,e riteniamo bensi solamente che non sono
condizioni oggettive i rapporti a n zidetti appresi tra le sensazioni ; noi
ricadiamo apertamen te nel realismo empirico della filosofia critica. Per G. il
kantismo consisteva nell'applicazione di elementi soggettivi alle
sensazioni:dovunque riscontra que sto medesimo processo ei riconosce ritenuto
il fondamento della filosofia kantiana. Ei si maraviglia anzi che gli altri non
siansi accorti di questa medesimezza. La storia nota a stupore della
posterità,che i filosofi tutti hanno accusato d'idealismo il sistema kantiano,
e che niuno aveva avvertito, l'idealismo esser nella supposta n a tura
soggettiva delle idee di rapporto. Quale sarebbe stata la maraviglia di G., se
avesse vistoche,quando ebbenotatacotesta somiglianzalo SPAVENTA, contro lui gridarono
tutte le oche, vigili sentinelledella rocca filosofica. Parve denigrazione
della filosofia italiana, quella ch'era critica aggiustata e seria:parve così a
coloro, iquali se ne predicavano sostenitori,quando non l'avevano studiata,e
forse neppure letta. Ma torniamo a G.. Ei non cita il Galluppi in tutto quanto
il Saggio, se non una volta sola ; egli però scrive il libro per combattere la
dottrina del suo gran concittadino,che glipareva derivata a dirittura da quella
di Kant.Che però miri a Galluppi, ap parisce da
un'apposita nota al Saggio.La dottrina degli elementi soggettivi,ei dice,è
stata da noi detta soggettivismo per denotarla qual vizio radicale del metodo
filosofico.Puòanche dirsiformalismo, riferendosi alle forme pure diKant,che
sono gli elementi soggettivi. Noi abbiamo preferito finora la prima espressione
per la c o n siderazione, che nelle dottrine attualmente in vigore si abbraccia
l'ipotesi degli elementi soggettivi,e non vi si parla di forme. E siccome
credono alcuni di non incorrere nell'idealismo di Kant,tuttochè adottano quella
ipotesi;noi nel combatterla sotto qualunque aspetto,dovevamo ritenere il nome
or generalmente adottato, quello di elementi sogget tivi.Se
cifossimoinvecediretticontro ilformalismo, po teasi credere che prendevamo di
mira il solo sistema kantia no.Insostanza,ladistinzionedimateriaediformaintal
sistema serve a render più potente l'idealismo,che si rac chiude nella dottrina
degli elementi soggettivi.Quindi si son messe in disparte le forme kantiane, e
si sono adottati gli elementi soggettivi che Kant appello forme. Ecco come da
taluni si è creduto evitare l'idealismo kantiano! Per G. adunque il divario fra
Kant e Galluppi, ed anche tra Kant e Rosmini,come vedremo appresso, era più
dinomeched'altro. Che cosa ne dirà Acri? checo sa ne diranno tutti quei
ciarlatani grandi e piccini,che sen zaaverlettoneppureifrontispizîdelleopereche
citano,lo mitriarono vindice della filosofia italiana ? Ai ciarlatani è inutile
rivolgere nessuna domanda;al pro fessore Acri domando che cosa voleva
dire,quando scrisse a proposito del Galluppi il seguente giudizio ricavato da
G. Ma perciò che Galluppi e Kant affermano tutt'e due che
questeidee(identitàediversità)sono soggettive es'accor dano
nelleparole,ne vuoi dedurre che Galluppi sia kantia n o ? Il tuo argomento
sarebbe questo nè più né meno: quell'anima le lì è cane; quella costellazione
lì è cane: quello abbaia; dunque quell'altra deve pure abbaiare. Se si
considera ilpensiero di Galluppi su questo argomento,quantunque non molto lucido
e netto, come ha notato quel nostro G. degnodimaggiorfama,
sivedesubitochel'idea diidentitàhavalore oggettivoereale, perchènasce dall'i
dentità reale dell'io come cosa,non altrimenti che l'idea di unità (Acri,
Critica). Quando lessi questa scappata dell'Acri, mi misi a ridere: tralasciai
pero di tenerne conto nella risposta che gli feci, non volendo entrare nella
esposizione di G.,che sa pevodidovere scriveredopo:eccomioraapoternefartoc care
con mano la falsità. Stando all'Acri, adunque,quel nostro G. aveva notato
benissimo che per Galluppi le idee di identità e di di versitàerano oggettive;
chesoltantonellaespressioneave va questi mancato di lucidezza. Ha Acri letto
davveroil Saggio di G.? Io credo, edebbocrederedino, perchè intutt'iquat tro
volumi,quel nostro valoroso concittadino d'altro non biasimail
Galluppi,pursenzacitarlodinome,che diaver accettato dal kantismo la
soggettività de'rapporti, segnata mente poi di questi due d'identità e di
diversità. Acri, seavesselettoillibro,non sarebbeuscitoin quella
citazione,inesatta non solo,ma assurda ;chi pensi, che G. ad altro fine non
scrisse,che a rilevare la medesimezza de'risultati, per rispetto alla realtà
della n o stra scienza,si delle forme kantiane,come degli elementi soggettivi
delGalluppi. Capiscoche Acri potevafar a fidanza con l'ignoranza assoluta
de'suoi ammiratori in fatto di storia della filosofia, ma egli non doveva
contare per niente,dunque,neppure isuoi
contraddittori? Padronissimo di creder lui,che que'rapporti
per Galluppi sianooggettivi,ma perchè volertirare dallasua anche G. ,che tutta
la vita scrisse appunto per dimostrare il contrario?È un po'troppo,parmi.
Finchè visse il Galluppi, G. non riflni dal com batterneladottrina,
congrandeinsistenzaforse, delche si scusava;ma con profonda convinzione, edopo
averne lunga mente ponderato quelli che a lui parevano inconvenienti
gravissimi.Nol nominò però mai,altro che una volta sola, e per lodarlo. Morto
che e Galluppi , scrivendo egli l'ultima sua opera col titolo di Prospetto
della filosofiaortodossa, smettelaprima riserva,elocombatte no minatamente .
Ripetendo le antiche obbiezioni ,egli scrive cosi. Su tutto quel che abbiamo
qui osservato intorno alla dottrina della sensazione essenzialmente percettiva,
e della soggettivitàdelleideedirapporto,dobbiamo anoistessiil far noto a'nostri
cortesi lettori,che le stesse osservazioni, più estesamente sviluppate,furono
fatte di ra gione pubblica, e non abbiam poi cessato di riprodurle in parte,e
ripetutamente in varii articoli pubblicati in diversi giornali. Dimodochè
rimane fuori di ogni controversia, che il De Grazia ha inteso combattere la
dottrina di Galluppi su la soggettività de'rapporti,e che ha creduto essere
questa dot trina conforme a quella di Kant . Potrei anzi a g giungere,che la
soggettività de'rapporti parve a G. concedere più di quel che Kant medesimo
ricercasse:«tutto, egli avverte, si accordava a Kant , anzi ancor più di quanto
questiesigea,quando glisiaccordava,che le idee di rap porto sono elementi
soggettivi. E perchè dippiù? Perchè Kant limitava almenoilnumero delle sue
forme; mentre la tesi galluppiana della soggettività spaziava più largamente.
Ecco le strette in cui G. pone questa filosofia. Finché
siritiene,eidice, da'filosofilanatura soggetti vadelleideedi rapporto,
restainconcusso ilprincipio,che isensi non possono altrodarcichenude
sensazioni. Questo principio o rovescia per intero il sistema sperimentale, o
deve ammettersi che tutte le nostre idee sono sensazioni:ad un estremo
èilformalismoassoluto, all'altroestremo è il sensualismo. Nelle forme pure
dello spirito si modella in ideel'informemateriasensibile,dice
ilformalista:tutte le nostre idee sono sensazioni, o primitive o trasformate,
dice il sensualista. O Kant,o Condillac:eccoilbivio della filosofia, secondo il
nostro filosofo. Perchè questo bivio? Perchè due soluzioni sono possibili,
quando non si tien conto di tutti nostri mezzi del conoscere. Questi mezzi sono
due :sentire,e giudica re;ridurli entrambi ad un solo,importa o lasensazione
tra sformata di Condillac,o ilformalismo kantiano. Formalista è dunque
Galluppi, formalista Rosmini ; entrambi costretti ad ammettere tutt'igiudizi
come sinteti ciapriori. « Se l'idea di identità fosse un elemento
soggettivo,come essi opinano,e perciò addizionale alle due idee,il nostro giudizio
sarebbe in tutti casi sintetico a priori ».(p.286). Ma
ilGalluppicombatteigiudizîsinteticiapriori,sidi ilcorollario previsto da
G. non lo tocca dun que .Così ragionerebbe chi si fermasse alla
buccia delle q u e stioni;noncosì G., ilquale vipenetraaddentro. È una
contraddizione, eglidice,dicuiilfilosofonon s'èac corto, perchè la vera
dottrina è quella che non dipende dal la intenzione, o dalla professione di
fede che fa un autore, ma quellachesifondanellalogica. Avete un bel dire che
giudizi sintetici a priori non volerà; « Non si è dunque avvertito, che son due
tesi contraddit torie, il non esservi giudizî sintetici a priori, e l'essere
ele mento addizionale l'idea d'identità ». (loc.cit.). te
ammetterne,quando poisostenete che ogni rapporto è un'identità o totale o
parziale ; e quando soggiungete che questa identità è un'aggiunta dello
spirito. Quale dottrina contrappone ora G. a quelle del Condillac,e del Kant ?
L'uno diceva : giudicare è sentire; l'altro, seguito dal Rosmini e da Galluppi,
diceva:giudicare è aggiungere; G., discostandosi dal primo e dal secondo,
dice:giudicare èosservare. Ma prima d'intendere il significato nuovo,ch'ei dà
alla funzione del giudizio,necessita ricordare com'egli abbia in teso la
sensazione. Né Locke, nè Condillac distinsero abbastanza la sensazio ne dalla
percezione ; Condillac anzi le confuse affatto. Alla stessa confusione fu
sforzato Galluppi.Tralascio le osser vazioni sui primi due,mi fermo a quelle
che vanno dritte contro la spiegazione galluppiana,ch'è lamira principale di G.
Due sbagli commette Galluppi,uno di confondere ilsen - timento con la
coscienza; l'altro di confondere la sensazione con la percezione. « Il
sentimento e la coscienza del sentimento sono nel n o stro spirito cosi
abitualmente congiunti,che più filosofi han confuso i due fatti affermando, che
sentire ed esser conscio di sentire non sono che una operazione medesima dello
spi rito. Confondendo la coscienza della sensazione con la sensazione, non si
sono avveduti que'filosofi, che ciò era un confondere il conoscere, il
percepire col sentire, con fusione che essi medesimi rimproverano
a'sensualisti. Queste due confusioni erano state fatte veramente dal
Galluppi,avendoeglicompresosottoilnome disensibilitàin Il
simile si dica della idea dell'ente, che Rosmini a g giunge ad ogni giudizio;
su la quale torneremo altra volta. Sentire il me sensitivo di un
fuordime, glidice G., è la più forzata contrazione,che potea darsi all'e
spressione del fatto di coscienza. L'industria adoperata da Galluppi per nascondere
questi giudizî elementari e primitivi proviene,a parer del nostro fi losofo,
dal perchè egli li aveva tenuti per sospetti di sogget tivismo.Questo medesimo
motivo lo indusse ad ammettere le sensazioni oggettive, senza bisogno di
spiegare il passag gio dal sentire al percepire . Leibniz e d'Alembert,
entrambi geometri , e prima di loro anche il Malebranche, avevano riconosciuto
il bisogno di spiegare il passaggio dal me (cf. GRICE, PERSONAL IDENTITY) al
fuor di me: i due primi avevano anzi proceduto più avanti,additando come mezzo
l'induzione; il Galluppi tagliòcorto,negò ilproblema stesso; affermando non
esservi luogo a passaggio, quando la sensazione coglie immediatamente
l'oggetto. Doppio sbaglioadunque da parte di Galluppi: primo, aver disconosciuto
igiudizî primitivi;secondo,aver rifiutato,per la conoscenza del mondo
esteriore, il soccorso della induzio ne . Contro i giudizî lo aveva prevenuto
la dottrina kantiana de'rapporti soggettivi ; contro l'induzione,il presupposto
che nessun'abitudine posteriore avrebbe potuto fare ciò che un atto primitivo
non aveva potuto.Se una prima sensazio ne non mi fapassare all'oggetto
esterno,come, diceva il Galluppi, mi ci potrebbe abilitare una seconda od una
terza? Eppure de'giudizî abituali che si frammischiano alle sensa zioni aveva
toccato prima il Malebranche , poi il Condillac ; - terna il
sentimento e la coscienza del me; esottoil nome di sensihilità esterna la
sensazione e la percezione . Perchè dal sentimento si va daalla coscienza,
edallasen sazionealla percezione ci vuole il giudizio; non il giudizio
galluppiano che aggiunga rapporti soggettivi, ma ilgiudi zio che osserva,ed
osservando distingue i rapporti reali delle cose. e della
forza dell'abitudine Hume ,e della efficacia della in duzione avevano accennato
Leibniz e D'Alembert! G. riassume e tesoreggia isaggi de'suoi prede c essori ,
e li compi e così . associazione adunque spiega l'origine : l'induzione as
sicura la realtà; come si può assicurare, beninteso, una ve rità contingente ,
la quale non esclude mai la possibilità del l'opposto. Coloro i quali han posto
mente alla sola abitudine fonda ta su l'associazione,han detto :ma qual
garantia ci porge ella della sua realtà ? Così son rimasti nel circolo
descritto da Hume. G. , s chi vale prime e le seconde difficoltà , e formola il
processo genealogico cosi: l'associazione comincia, senza badare alla
realtà;l'induzione legittima ciò che trova, senza doversi brigare del
cominciamento. In siffatta guisa il nostro filosofo fa capitale di tutt'i saggi
parziali tentatiprimadilui,licollega,liordina,licompie uno con l'altro :la
sensazione e igiudizî abituali, intrave duti da Malebranche e da Condillac
;l'osservazione, indefi nitatralemanidi Locke, edalui meglio precisata; lamas
sima aurea del Kant :pensare è giudicare ;la virtù dell'abi tudine,messa a
rilievo da Hume;la induzione accennata da Bacone in generale,additata da
Leibniz e da D'Alembert a scenze provvisorie. 30 La sensazione dà
iprimi dati, il giudizio osserva i rap portichevisonocontenuti; l'associazione
delle idee ci for nisce leconoscenze prime concernenti ilmondo esterno,in via
provvisoria ;l'induzione,più tardi,legittima le cono Gli altri,invece,ponendo
mente alla tardiva comparsa della induzione, hanno osservato, come Galluppi: ma
la induzione vien troppo tardi a farmi passare alla realtà ester na,richiede
troppi congegni,troppe industrie,dicuil'in fante non si può supporre
capace. 31 proposito
dellaconoscenzadelleveritàdifatto.Bacone,di fatti,dicendo:sensus tantum 'de
experimento, esperimen tum de rejudicet,aveva enunciato un canone applicabile
piùaifenomeninaturali, chealnostromodo diconoscerli: l'applicazione speciale
alla nostra conoscenza si deve a'due geometri filosofi, cioè al Leibniz ed al
D'Alembert. La storia intanto invece di attribuire agli anzidetti filosofi la
debita lode di essersi accostati sempre più alla soluzione delproblema
delconoscere,ricordalemacchine artificiose de'lorosistemi ,l'occasionalismo,
l'armonia prestabilita,e simili deviamenti dalla salda filosofia. Galluppi poiagli
occhisuoihailtorto non solodinon aver profittato de'saggi antecedenti, ma di
essere indietreg giato anche al di là di quel che aveva avvertito ilCondillac.
Questi aveva ritenuto per obbiettivo, o percettivo il solo tatto: Galluppi
estese l'obbiettività a tutti i sensi, occultan do la difficoltà invece di
scioglierla.La realtà oggettiva de gli esseri esteriori,ei dice,ha bisogno di
essere legittimata: ciò che non veggono alcuni odierni scrittori,iquali sup
ponendo naturalmente percettivid ell'oggetto esterno i no stri sensi,credono
con ciò avere abbastanza legittimata la realtà dell'oggetto esterno. Galluppi
diffidandodituttociòche civieneinorigine per mezzo de'giudizî,trasporta alla
sensazione quanto im mediatamente siapprende con l'atto del giudizio. Ei non
s'accorge che c'è una contraddizione manifesta tra la realtà oggettiva delle
idee e la natura soggettiva de'rap porti Ondechesquadrilaquestione,
G. torna,edin siste sempre su questo vizio radicale della dottrina gallup
piana;vizio che apparve chiaro in Kant,e che in lui rimase occulto per aver
dichiarate oggettive leidee,contraddicendo alla loro provenienza. In Galluppi
rivive la tesi del concettualismo , che il n ostro filosofo combatte
aspramente; in Galluppi,e più anco ranel Rosmini.G. fautore del realismo,non
del platonico però,spende molte pagine nel rilevare gl'inconve nienti del
concettualismo medioevale,e più del moderno;ed in questa disputa,trattata
largamente in una rassegna appo sita pubblicatail1850, eidifende SanTommaso
dallataccia di concettualista, ed impugna la somiglianza che Rosmini vuol
trovare tra la sua teorica dell'ente possibile, e quella dell'Aquinate. Di
questa particolare ricerca diremo appresso : continuiamo intanto ad avvertire,
con la scorta di G., le lacune ch'egli addita ne'sistemide'suoi avversarî. La
critica dello stato attuale fu fatta maestrevolmente da Kant. G. è larghissimo
di lodi al fondatore del Criticismo, filosofo per questo verso inarrivabile.
Della origine però Kant non occupossi, dichiarandoaggiunti a prior itutti
quegli elementi, di cui gli pareva arduo rintracciare la ge nerazione. Quanto
sitoglieaiverimezzi diacquistar cono scenze, tutto si attribuisce ad una
supposta origine a priori, a questo vasto serbatoio di tutte le perdite
dell'analisi . Cosi , con una similitudine arguta,ei battezza per vere lacune,
per difetto di analisi ogni forma a priori. Nella stessa maniera han
combattuto,dopo di G., l'apriori ifilosofi po sitivisti. Siricasca inquesto
metodo dunque,sempre che, abbandonatalagenesisperimentale,siricorre allospedien
te di addizioni di forme pure;sia qualunque ilnome con cui si travestiscano.
D'accordo con Kant, dice G., che la conoscenza risulti da sensazioni e da
giudizî; ma giudicare, per me, semplicemente osservare,e non è punto
aggiungere. La veduta èprora quando siosserva nell'oggetto,non già
quando - Il metodo daseguire, nelproblema dellaconoscenza,era
questo:esaminare lo stato della coscienza, qual'è attualmen te;risalirealle
origini delle idee che ora vitroviamo;legit timarne la realtà. O
siaggiunge dal soggetto. Aggiunta chel'avretevoi,non è più da discorrere della
sua realtà. Sicché delle tre analisi da fare, Kant fece benissimo la critica
della coscienzaattuale; arrestossi per via nel rintrac ciare le origini della
coscienza primitiva;e conseguentemen te non potè legittimare la realtà della
nostra scienza. La realtà della scienza è collegata con la dottrina del giu
dizio:se questo è una mera osservazione,la realtà è assicu rata; se,invece,è
una funzione addizionale, la realtà non si può a nessun patto legittimare. Ed
ora noi siamo perfettamente in grado dicomprendere, perchè G. combatta con
tanta insistenza la filoso fia di Galluppi, ed insieme di valutare,quanto poco
la mira di G. sia statas corta da quellichenehannofinora discorso.
Egli ritorna spesso su la critica da noi esposta, con una prolissità,ch'è stata
non piccola causa dell'esser passatainavvertita, perchè
dileggereiseivolumidelle sue opere i più si sono sgomentati. Il significato
però di tutta la sua discussione si può ridurre a quest'alternativa in cui egli
trovòimpigliatala ricercadellaumana cognizione: gliuni avevan detto con
Condillac: giudicare è sentire ;gli altri a vevan ripetuto con Kant :le idee di
rapporto sono elementi soggettivi: egliavevarisposto: è falsal'una
el'altraspiega zione. Ilgiudicarenon èsentire,ma osservare; irapporti sono
oggettivi,non soggettivi. Galluppi intanto , destreggiandosi tra le due
spiegazioni , aveva di ciascuna ritenuto una parte.Pur discostandosi dal la
dottrina condillachiana, pur distinguendo ilgiudiziodal la sensazione,aveva
però ammesso de'rapporti,iquali era no sentiti:tali erano il rapporto tra
modificazione e sostan za,ed ilrapporto tra effetto e causa. Similmente,pur
promettendo divolersiappartareda Kant, pur professandosi fedele al metodo
sperimentale, aveva accettato due rapporti come soggettivi affatto,quello
d'identi tà,e quello di diversità. La sottile e giusta critica di G. aveva
messo in e videnza le due capitali contraddizioni della filosofia del Gal
luppi.La consapevolezza piena,profonda,ch'egli ha delle obbiezioni mosse al suo
grande avversario , ve lo fa insistere forse soverchiamente ;ma non senza
rivelare una grande perspicacia di mente nell'applicazione che ne fa alle
singole questioni. L'idea di azione,di connessione,egli scrive,è idea di
rapporto;eirapportisigiudicano,non sisentono.Sièdi menticato in questa
occasione,che una sensazione non è più che una nostra modificazione, e per se
stessa non può darci altra idea che quella di un particolar nostro modo di
esistere. L'anno appresso, che G. finisce la pubblicazione del suo
Saggio, cioè, un dotto abbruzzese, Colecchi, pubblicava in due volumi le sue
Quistioni filosofi che,e vi rifaceva lacritica di Galluppi,muovendo da un
criterio opposto a quello del nostro G.,ed intanto somigliantissima nel
significato. Il Colecchi segue la filosofia kantiana nel concetto fonda
mentale,ma senediparteinmoltiparticolari.Riduceleca tegorie tutte quante a
quelle di sostanza e di causa;le deduce non già dalle forme del giudizio, come
aveva fatto Kant , ma dalle anzidette nozioni di sostanza e di causa, congiun
te con quelle di spazio e di tempo ; rifiuta lo schematismo kantiano, che gli
parve complicato, e superfluo ; e finalmen te crede , che la realtà della
nostra scienza non ne sia punto compromessa. Colecchi adunque biasima il
Galluppi d'incoerenza per averammesso alcuni
rapportioggettivi,edaltrisoggettivi; senonche, invece disoggiungere com G: dove
vateritenerlituttiper oggettivi, corregge lacontraddizione io
galluppiana in un modo opposto, soggiungendo: dovevate ammetterli tutti per
soggettivi. Tralasciando ora le modificazioni arrecate dal Colecchi alla
filosofia kantiana, eraffrontandolesueobbiezioni contro Galluppi in ciò che
s'accordano con le altre antece dentemente mosse dal nostro G., citiamo in
compro va testualmente le parole del filosofo abbruzzese,perchè il lettore ne
vegga l'accennata somiglianza. Dopo aver egli ricordato la soggettività
de'rapporti d'i dentità e di diversità ammessa dal Galluppi contro del Locke ,
continua così: « Posto ciò si domanda ora:se rispetto a quelle idee che sono un
prodotto dell'analisi che le separa da'sentimenti, e che sono perciò
oggettive,venga lo spirito assistito o no dalledue
ideed'identitàedidiversità?seno,nonpotràegli separarle punto dai
sentimenti;perocchè un bambino puran che ne ha bisogno,per distinguere lasua
nutrice da uno stra niero;e tale distinzione è fuor di dubbio un atto di
analisi : se sì, le due idee d'identità e di diversità devono precedere le
sensazioni:sono dunque per anticipazione,ed anteriori ai sentimenti; e perciò
nell'ordine cronologico delle nostre co gnizioni non possono essere posteriori
alle sensazioni, ne presupporle come condizioni indispensabili.Come dunque so
stenere: che ogni nostra cognizione incomincia con l'analisi, e termina con la
sintesi, se per fare qualunque spezie di a n a lisi,ha bisogno lo spirito delle
due idee d'identità edi diver sità,le quali, per avviso del nostro autore, sono
un prodotto della sintesi che le aggiunge ai prodotti dell'analisi?(Quistioni
filosofiche,Napoli). Potreicitarealtri luoghi,concui il Colecchinota il
di un li ne ato 4 1 Biasima inoltre Galluppi di aver detto che sono
sogget tivesololeideedirapporto,perchèegliammette leideedi spazio,
ditempo,disostanza,dicausa,sottoilnome dileggi della intelligenza,che sono
soggettive,senza essere rapporti. verso valore che debbono
avere nella ipotesi di Galluppi le idee di identità e di diversità quando si
applicano o agli o g getti dellamatematica, o aquelli della sperienza; ma usci
reifuoridelmiotema. Amepremeasso dare chele contraddizioni, in cui s'era
avvolta la filosofia galluppiana per manco di coerenza,erano state rilevate con
mirabile acume da G. e da Colecchi. Ferri,il quale scrisse due grossi volumi su
la sto riadellafilosofiaitaliananelnostrosecolo,non trovòaltro spazio per
ricordare idue anzidetti nostri filosofi, che questo, occupato dalle seguenti
parole: « Il faudrait enfin mentionner les écrits de Di Grazia, et de Collecchi
, Napolitains, qui, tout en modifiant,ou en combattant Galluppi, n'ont
cependant pas dépassé le point de vue de l'expérience ou de la philosophie
critique. Essais sur l'histoire etc.. Certo così Ferri non si compromette. En m
o d i fiant, en combattant, sono frasi tanto diplomatiche che par che dicano, e
non dicono. G. modifica Galluppi; Colecchi lo combatte: ci ho gusto : sta bene;
ma che cosa han detto? Questo è il punto; e su questo, silenzio perfetto.E poi
G. non l'ha punto modificato, l'ha combattuto pure : l'avesse combattuto, qual
lume si ricaverebbedaquestemezzeparole? Nonerameglioconfes sare di non averne
letto sillaba ? E perchè non occuparsene? Forsechè erandameno ditanti altri?
Io,peresempio,sen za far torto a nessuno , e salvo la disparità per altri
riguar di,trovo più ingegno filosofico in G. e nel Colecchi, che non nel
Mamiani. L'ho detta grossa? Chiedo scusa a tutti quelli che ne prenderanno
scandalo ;certo di aver con mecoloro, che sen'intendono davvero; eche
intendendo sene ardiscono dire il proprio parere. Del silenzio su Colecchi Ferri
si scusa quasi ,scri vendo in una nota così. Les écrits de Collecchi dispersés
dans les recueils litté raires n'avaient pas encore été publiés en un seul
corps il y a quelques années, Pardon, .Ferri: gliscrittidel Colecchi furono
stampati in due volumi, che io ho qui sul tavolo,ed hanno questaindicazione:
Napoli,all'insegna di Manuzio, Carrozzieria Montoliveton. Qualgiro di anni
comprendete voi nell'il y a quelques années ? Venticin que non vi bastano? E
perchè non una parola su G., che doveva es servi noto,poichè ne registrate
ilSaggio nell'indice delle opere filosofiche pubblicate in Italia in questo
secolo ? Forse non entrava nel disegno vostro, ch' era di d e scrivere il
pensiero italiano tutto inteso a cercare ciò che poi ha finalmen te trovato ,
l'idealismo temperato ? ed allora perchè accusare diparzialità Spaventa,
cheavevatrascuratinon soquali filosofi, indotto dal suo criterio hegeliano ? Ma
passiamo oltre, avvertendo soltanto, poichè siamo su questo argomento, che il
cognome di G. non va scritto “DiGrazia”; e che Colecchi non va rinforzato come
l'ha rinforzato Ferri, che lo scrive Collecchi. Sarebbero minuzie, se non
attestassero la poca diligenza nello scrivere la storia. Morto chefuil
Galluppi, G,, benchèricordiqua e là gli sforzi sostenuti nel combatterne le
dottrine, rivolge però altrove la propria attenzione. Ne'discorsi pubblicati ei
se la piglia con la filosofia,che in Italia aveva preso
ilsopravvento,echenonsicuravadinascondereildispre gio in cuiteneva
l'esperienza.Oramai non si tratta più di scoprire un Idealismo,tutto studioso
di occultarsi sotto il nome difilosofiasperimentale,com'erastatoilcasodel
Galluppi,ma di combattere un Idealismo che si presentava alla
svelata,eche,sottonomi diversi,s'eraguadagnate lementi della nuova
generazione.IlDe Grazia comprende tutti questisistemisotto un nome
solo,sottoquello difilosofia spe culativa . Traquestisistemiperò,secondolavaria
importanza,al cuni combatte più acremente,altri accenna soltanto.Accen na pure
del consenso del genere umano del La Mennais, del tradizionalismo del P.
Ventura;delprimo un po'più distesa mente, perchè s'accorda col sistema di
Gioberti nel rifiu tare la testimonianza e l'autorità della coscienza
subbiettiva. Quanto a Ventura, poco seguito aveva trovato in Italia,
nèmeritavaimportanza, nè G. glienedàmolta. Mente severa, educata alle scienze
matematiche, G. la giustizia sommaria di tutti questi sistemi in un fa scio,ai
quali a suo avviso mancava e la base solida, ed il rigoroso ragionamento. «Una
volta,eiscrive,erascrittoall'ingressodellascuo. la:nemo accedat, nisigeometra;
igiovanetti oggi leggono: nemo accedat,sigeometra.E non hanno torto,perché ove
si tratta di creare enti, o di manifestazioni del Dio-Cosmo, e di ispirazioni,e
di intuiti,o di nuove logiche trascenden tali,non può esservi luogo
pe'geometri:non è arena per le loro forze ». Ce n'è per tutti, come si vede, e
non risparmia né i si stemi tedeschi,nè i francesi,né i nostrani ;ma vediamo
quali obbiezioni particolari muova a ciascuno ;e basterà ac cennarle,perchè
oramai abbiamo abbastanza conosciuto il suo criterio. « Più dilettevole
trattenimento ci dà il La Mennais nel ravvisar per ogni dove un riflesso del d
o m m a religioso ; che 38 Contro del La Mennais nota che la ragione
umana collet tivaèun'astrazione,che solo l'individuo esiste;e quindi il
consenso universale non ha altro valore, che quello degl'individui, da cui
proviene. Con non dissimulata derisione trat ta poi le spiegazioni fantastiche
de'fenomeni naturali per mezzo del domma. Punzecchiando
Gioberti,siricordadelGalluppi,cheper liberarsida ogni molestia
sularealtàde'corpi,concepi ob biettive le sensazioni , e scrive . Le sue celie
su la commodità di questi spedienti sono fre quenti;senoncheglisembra che
nègl'intuiti,néleispi razioni , nè gli istinti, nè le idee inerenti allo
spirito , benchè talvolta simulino l'evidenza,bastano però a surrogarla pie
namente . Se G. tralascia gl'influssi divini, cið avviene perchè il Mamiani non
li aveva ancora escogitati. Ma torniamo agli appunti ch'ei muove al Gioberti.
Come ! eidice,l'intuitoèpresente,enon sivede!È ecclissato,sirepli
ca,estabene;ma comeunmotivofinito basta adecclissarlo? G., per questo
inesplicabile ecclisse, s 'insospet d'altronde doveasi toccare con più
rispettoso contegno. Fino ne' sette colori del prisma scorge il ternario, da
che tre soli secondo l'autore sono iprincipali ». Che cosa avrebbe detto G.,se
avesse letto la Vita di Gesù Cristo dell'abate Fornari ? Gioberti si studia di
sostenere col ragionamento la dot trinaquasiispiratadelLaMennais: G. rendegiu
stizia al filosofo italiano,nè lo confonde con l'autor dell’Ab
bozzo.Eccoperòlasommadegliappunticheglimuove. Gioberti, perlui, esclude ogni
analisi delle idee, eper dispensarci dalle minute inchieste psicologiche, ci
accorda l ' immediata veduta delle idee divine. Certamente, ripigli a G.,
eivalmegliocontemplarlenellalorointegritàri flesse dal lume divino su le
parole, che attentarsi di rima neggiarle con profana analisi ! « Per togliersi
da ogni impaccio basta oggi il dire : io sento i corpi esterni,le mie
sensazioni sono percettive de'corpi esterni;ovvero per risolvere con un solo
atto tutte le qui stioni di ontologia e di psicologia : io intuisco il
creato,il creatore,el'atto creativo!» tiscedellaesistenza
dell'intuito.E poi,esso nèsipuòvedere dalla coscienza,nè dimostrare dalla
ragione, come fare dun que a verificarlo ? Nè
piùplausibileèilsussidiochedovrebbearrecarelapa rola, affinchè dall'intuito si
passasse alla riflessione. Il potere della parola, dice G, è misterioso: non
circoscrive l'idea,su la quale non ha presa n è punto nè poco ; e non accresce
la nostra facoltà intellettiva. Sicchè, tutto ragguagliato, ilGioberti
cilasciacon una virtù intellettiva in potenza , e con una riflessione a nude
parole. Dove però G. va più addentro nel sistema giober tiano,è,a parer
mio,nella seguente osservazione. «Ma laricercafondamentale,dicuisièsempre
taciuto, concernelapossibilitàdella visione in Dio. La stessanonè
solamenteunfattogratuitamentesupposto,ma neppurciè dato sapere, se un essere
può vedere le idee di un altro es sere. Questa obbiezione di G. equivale a
quella dello Spaventa,quando osservava,che l'Ente veduto dall'intuito
giobertiano non può essere uno spirito. Diciamo ora della critica di Rosmini.
Della teorica rosminiana il nostro filosofo s'era occupato nel Saggio ; ci
torna di poi nelle opere posteriori alla morte di Galluppi con più larghezza.
G. continua:vedere le idee in Dio,presuppone
assodato,cheIddioleabbia;ora,cheilmodo dellacono
scenzadivinanonsiaconformealnostro;echequindinon si faccia per idee molteplici
e rappresentative, pare più ac cettato dalla filosofia ortodossa . E qui
riscontra la dottrina giobertiana non solo con quella del Malebranche,ma con
quella di Agostino,e non la trova somigliante,e quin di non la tiene per
ortodossa. Nel Galluppi G. aveva combattuto il concettualismo, aveva combattuto
l'asserzione , che le nostre idee non siano rappresentative.A proposito del
Rosmini ripiglia la controversia del concettualismo . Il concettualismo si
fonda su la subbiettività de'rapporti, onde risultano le idee:contro
ilconcettualismo adunque ba sta contrapporre questa sentenza di san Tommaso : «
relatio nem esserem naturae ». Or qual dottrina segue il Rosmini? Forse quest a
dell'Aquinate, fondatasulpiùschiettorealismo? No; nesegueuna ambigua , e per
tal ambiguità cerca tirar dalla sua l'autorità di San Tommaso. L'ente ideale di
Rosmini, dice G., è bifronte; da un lato offre l'idea universale di esistenza,
dall'altro un ente esistente. Basterebbe questa profonda osservazione, per
dimostrare diquantaperspicaciafossefornito G.; ma egliva più in là ancora,ed
addita un riscontro, che rivela la forza della sua critica. « M a , ci si dirà,
qui non trattasi di una esistenza sostan ziale, o di accidenti di una sostanza,
bensi di una esistenza ideale, qual può competere ad una idea.Si,ciò ricorda
l'Idea di Hegel , con la differenza che questa contempla sè stessa, e l'idea
universale di esistenza è l'oggetto contemplato da tutte le intelligenze,
differenza che gli hegeliani farebbero sparire.Quanto allanaturadellaesistenza,
l'entedi Rosmi ni non è meno lucido e trasparente, che l'Idea hegeliana, perchè
altro non è che l'idea di esistenza, o la
possibilità Sipongaormente,eglidice, cheiduepuntimessia
maggiorrisaltonelnostro librosono:1.che ilconcettuali smo è la causa principale
delle deviazioni della filosofia,e la grande abilitazione de'sistemi
speculativi;2. che l'Aquinate, tenendosi immune dal concettualismo,ha
felicemente seguito il metodo di pura osservazione ». dell'esistenza,come lo
stesso Rosmini ripetutamente va ri cordando a'suoi lettori ». « Se quindi si
ammette una esistenza attuale e indetermi nata;attuale e non reale; se si
ammette la possibilità dell'e sistenza essere un'attuale esistenza,si avrà il
caso proprio di una identità de'due contrari «.(Esperimenti della filoso
fiaspeculativane’sistemi delsecolocorrente -Napoli, Rassegna). Ho notato in
corsivo l'ultima conclusione di G., perchè il lettore rifletta su la
somiglianza da lui additata tra l'Ente rosminiano,e l'Idea dell'Hegel. Quando Spaventa,
dopo di G., e senza sapere forse delfilosofo calabrese, lecuiopere,
specialmente leul time,erano rimaste sconosciute,mise in rilievo con più
larghezza quel riscontro, la cos aparve strana , e ci si vide uno
stiracchiamento forzato de'sistemi in servizio di un criterio
preconcetto.Piùtardi,coloro chesieranoarrogatalarap presentanzadella
filosofiaitaliana, levarono lavoce,epro testarono contro il malvezzo di voler
far parere la nostra filosofiaun'imitazione dellafilosofiatedesca.Sietematti,si
disse ! Galluppi kantiano! Rosmini hegeliano ! Le son
cosedaridere:voiconfondeteitipicon gliectipi;voi non sapete che in Italia c'è
un'abbondanza straordinaria di tipi, e che voi altri li sfigurate barbaramente
per poterli tramu tare in ectipi. Questa brava gente,veramente
tipica,ignorava,che ilri scontro era tanto poco sforzato, da esser apparso
manifesto ad un filosofo, il quale non era punto tenero della filosofia
tedesca,e che di tutto si poteva accusare, salvo che della smania divoler
costruire la storiaapriori. G., difatti,aveva a chiare note,e con grande
insistenza,segna latoilkantismonelsistema del Galluppi; econ menodiffu sione,ma
con non minor chiarezza,l'hegelismo nel sistema delRosmini.Oh!come
dunqueivindici,glistoriografi,i rappresentanti
dellafilosofiaitalianaignoravanotuttalacri tica che si era esercitata nel
nostro paese su la nostra filo sofia nazionale ? Ma torniamo al Rosmini. G.,
dopo avvertita l'ambigua natura dell'Ente rosminiano, dopoaverbiasimatoil
Rosmini dinonaverte nuto fermo in una sola e medesima sentenza,di averlo una
voltachiamatounlumedatodaDio,un'altravoltaillume divinomedesimo, eidimostra
uguale accorgimento nelrile vare altri difetti. L'origine delle nostre idee è
doppia,una l'idea dell'ente, l'altra lapercezionesensitiva; ma G. s'accorge,
che la vera sorgente,l'unica sorgente rimane quest'ultima, e domanda : « A che
serve il contrarre l'espressione di quanto si vuol che noi percepiamo
immediatamente con una sensazione? Il participio sostituito al verbo potrà mai
avere ilvalore di nasconderei moltigiudizî, chesicontengono nella formola
«enteagentesuimieisensi»? Il participio sostituito al verbo è difatti il
ripiego della ideologia rosminiana: G. ha colto a maraviglia. La
percezione sensitiva, ei continua,è,o no, un atto del pensiero? Se lo è,siavrà
un pensare identico alsentire; senonloè, siavràunapercezione,
allaqualeilnostrospi rito non pensa !O cade in sensualismo, o è nulla pel
nostro pensiero ». La percezione sensitiva adunque non si vede in che diver
sifichi dalla sensazione, posto che in lei non debba concorre re traccia di
pensiero: nè molto proficua è la ragione, che il De Grazia chiama potenza terza
e neutrale. Non è intellet to,non è senso:applica ildato dell'intelletto ai
dati della sensibilità;d'altro non brigasi;ma chimallevaallorala realtà ?Non
l'intelletto che ha da fare col possibile ; non il senso che non può cogliere
altro che nostre modificazioni. « La capacità di sentire
e la facoltà di percepire sono due potenze così differenti,che dee tenersi per
ugual controsenso l' attribuire la percezione alla sensibilità, e l'attribuir
la sensazione all'intelletto ». Rosmini con la percezione sensitiva attribuisce
al senso più che la costui capacità non comporti ; ricasca quindi nel difetto
di Galluppi, che fece la sensazione immediatamente percettiva.A questo sbaglio
ecco tener dietro un altro,che a noi piace riferire con le stesse parole del De
Grazia. « Un'altra opinione sui generis è di ammettere nel fatto la percezione
immediata del nostro essere ,e dell'essere ester no , m a il fatto aver bisogno
di venire autenticato da una idea innata, per quanto concerne la vera
esistenza, perchè altri menti quella da noi appresa nella coscienza potrebbe
dirsi apocrifa ! Meglio non poteasi rilevare la superfluità dell'ente rosmi
niano,dopoaverammesso lapercezionesensitivapercoglie re l'esistenza immediata e
reale. Come impugni G. le interpetrazioni date dal Rosminialsistemadi san
Tommaso vedremoaltravolta; chè tal ricerca non è semplicemente storica,e meglio
si collega allaesposizione della dottrina del nostrofilosofo,ilquale altro non
pretende di aver fatto,che di aver rinnovata la filosofia del sommo
Aquinate,stata per tanti secoli o scono sciuta o frantesa. Venghiamo al
giudizio su l'Hegel. Già per G. tutt'i sistemi nati in Germania dopo del Kant
sono « romanzi filosofici »;questo d'Hegel fra gli altri, anzi a capo degli
altri. Ignaro della lingua tedesca,egli tanto sa de'sistemi tede schi, quanto
ne ha appreso dal libro di Ott,ch'era stato pubblicato a Parigi. Non è da recar
maraviglia adunque, A G. non isfugge nessuno dei tortuosi giri
dell'ideo logia rosminiana. 45 s'ei qui non possa penetrare
sempre addentro nel pensiero dell'Hegel,come ha fatto coi filosofi francesi, e
coi nostri. Onde,mentre lasuacritica della filosofia del Galluppi,del Rosmini
edelGioberti, benchèprolissaestemperata,abbon da di osservazioni sode e
profonde, la critica dell'Hegel rie sce monca e superficiale. A lui mancava la
cognizione pie na ed esatta del sistema;pur tuttavia di alcuni appunti non
sipuò ameno diammirare lasagacia,elaserietà. Attraverso alle incertezze di una
esposizione,dove trovan luogo metafore più proprie ad abbuiare un concetto,che
a lumeggiarlo,èdifficilecogliere ilsignificato genuinodiun sistema . Così a G.
il divenire hegeliano sembra uno strofinamento dell'essere col non-essere. Par
che baleni il sospetto di qualche alterazione a G. stesso,ma tosto si ripiglia,
ed afferma che « si può esser sicuro che le pro posizioni fondamentali della
Logica hegeliana non valgono in tedesco più di quel che valgano in italiano o
in qualsiasi lingua ».Una tal sicurezza veramente fa un poco a calci col metodo
d'osservazione adottato dal nostro filosofo. Il quale se avesse conosciuto
iltedesco, si sarebbe accorto che non trattavasi nè di movimento,nè molto meno
distrofinamento. L'accusaperò, chemuove allaLogicahegelianadiessere un sistema
di rapporti senza termini,è molto più fondata. Senonchenella
Logica,itermininonsonoenonpossono essere altro,che relazioni anch'essi ; ma non
è vero però, ch'e i siano un mero niente, e che tutto il processo hegeliano
riesca al postutto ad un movimento da niente a niente. Cotesta esagerazione è
in lui derivata dal non aver compreso bene il valore del Nicht - sein , che non
egli soltanto, m a parecchi si sono incaponiti ad intendere per un bel nulla.
Fisso in questa interpetrazione, ei continua a biasimare questo modo di far
della scienzaun tessuto disiedino, lontano da ogni realtà salda,e solo
conveniente a quella fi losofia,che riduceirapportiapurevedute
dellospirito.Qui, come si può scorgere,ei non vuol lasciarsi fuggir l'occasio
ne di scagliare un'altra frecciata alla tanto combattuta filo sofia di
Galluppi, accennando la simiglianza che corre tra la soggettività de'rapporti e
l'Idealismo trascendentale ,che poi siassolvette nell'Idealismoassoluto. G.
confino accorgimento perseguita il suo illustre avversario sino alle ultime e
non sospettate conseguenze del suo principio. « Un rapporto ideale senza
itermini sarebbe appreso dalla. nostramente, sesiammettesse lasupposizione,che
irap porti sono pure vedute dello spirito, alle quali nulla corri sponde nelle
cose ». Hegel è agli occhi di G. un elevato e perspicace pensator , ma il suo
sistema è una perpetua ironia . L a sola istruzione che se ne possa cavare è
quella di capacitarsi della impotenza della filosofia speculativa a cogliere ed
a spiegare la realtà. « Ecco dunque l'istruzione ch'egli (Hegel) ci dà in forme
le più solenni :volete voi passare dal cerchio delle idee astrat te al mondo
reale ? vi è forza porre innanzi tratto, che il reale è lo stesso che l'ideale
! In altri termini : dalle idee astratte non si può derivare la realtà; e
questa massima può servir di lezione pe'tentativi,in cui con minori
proporzioni, o più propiamente, con meno di purità speculativa, si voles se
maneggiare ilmetodo ontologico ». I due principii che lo informano
sono l'Idealismo,e la con traddizione ; dall'uno il sistema hegeliano piglia le
prime mosse;coll'altraprocede avanti.Che cosa se ne inferisce? Questo soltanto,
che il concettualismo è falso; ma la vera filosofia rimane illesa dai suoi
colpi. Il valore che G. attribuisce ad Hegel è lo stesso, benchè egli nol dica
espressamente, di quello che Socrate ebbe verso la Sofistica. L'ironia
socratica avrebbe svelato le contraddizioni della Sofistica, come l'ironia
hegeliana avreb be tirato le ultime conseguenze del Concettualismo
moderno. Hegel, secondo il giudizio di G., addito il rimedio
contro le forme subbiettive di Kant, deducendo da quelle pre messe , che dunque
« i fenomeni del pensiero sono la sola v e rità assoluta. Tutta la storia della
filosofia si spiega,adunque, e siran noda intorno al problema della conoscenza.
Tre domande si possono fare: qual è lo stato presente della nostra coscienza ?
qual è stata la sua origine ? qual è la sua realtà ? Il criterio con cui il
nostro filosofo giudica tutt'i sistemi è il seguente : « ciò che la nostra
mente vede in u n fatto o è realmente nel fatto, o la nostra veduta è su tal
riguardo il lusoria ». Da un lato adunque c 'è il realismo, a favore del quale
egli si schiera ; dall'altro lato il concettualismo, che pigli a diverse forme,
finchè non diventi idealismo assoluto, ossia l'iro nia hegeliana, che mette a
nudo le coperte magagne de'siste mi antecedenti,Benchè ilibridi G.
sianopiuttostopolemiciche dottrinali,pure in essi,e nel Saggio
principalmente,si scor gono le linee di una nuova soluzione del problema
genealo gico delle idee. G. fa consistere in questa soluzio ne tutta la
sostanza della filosofia;m a a lui la genealogia non ha lostessosignificato,chehaalBorrelli,dalqualetolse
probabilmente ilnome. Borrelli,quasi almodo stesso,che fa oggidi Spencer,
studia la genesi del pensiero sotto l'aspetto fisiologico : G. si arresta ai
tre fe nomeni primitivi del sentire,del pensare,e del volere,e di quivi
soltanto piglia le mosse . Qual è ora per lui l'immediato,o ilfatto primitivo,
sul quale riposa la filosofia sperimentale ? IlGalluppi aveva risposto :questo
immediato è ilsenti mentodelmeedelfuordime; G. risponde:ilve roimmediatoèil
sentimentodelmesolo. Questa prima discrepanza si può dire la origine di ogni
divario che corre tra la filosofia de due filosofi calabresi. E n trambi
vogliono partire dalla esperienza immediata, m a i li miti di questa
immediatezza non sono tracciati al modo m e desimo . «Ilmetodo d'osservazione,
dice G., ciguida a riconoscere,che ilcampo
dellaimmediata percezione di fatti reali è la sola esperienza interna, ove
l'oggetto è in noi , è la nostra esistenza,e quanto apprendiamo nelle nostre m
a niere di essere.Gli oggetti esterni non sono esposti alla immediata nostra
percezione, ma n o i li percepiamo col mezzo di più atti mentali ». Questa
confusione sembra al nostro filosofo tanto più ine scusabile nel
Galluppi,quanto più questi si era chiarito con trario alla tesi della sensazione
trasformata . «Potrebbemaicredersi,eidice,chementre egli(ilGalluppi) combatte
avivamente il principio sensualista, giudicare è sentire, abbia poi ritenuto,
che il sentire è una speci e del pensare? G. scorge manifesti gl'inconvenienti
della spie gazione galluppiana , e li addita così . «Quandosiammette, chele
realtà esteriorisono danoi sentite,e che poi l'analisi,distinguendo isentimenti
che da prima erano confusi,cidàleidee,non sipuòsfuggirealla conseguenza,che
dette idee non sono altro che sentimenti distinti;poichè l'analisi non ha
cangiato la loro natura primitiva; onde tutto il capitale della esperienza
esterna è costituito da ciò che sisente,e da que'rapporti,che il nostro spirito
ha in pura sua seduta,ma che non sono nelle cose. Si fatte conseguenze vengono
poi confermate ed ampliate con essersidetto,che lacoscienzaèlasensibilità
interna, cioè All'acume di G. non isfuggi la conseguenza,che
avrebbe portato il principio galluppiano. Se la realtà este
rioreècoltaimmediatamente, dunque ilsentire è lostesso che il percepire ; è lo
stesso , che il pensare . Galluppi sen'e ra aperto con molta chiarezza: la
sensazione,per lui,suppo ne l'oggetto sentito,come ilpensare suppone l'oggetto
pen sato.Ilsentire era dunque una specie del pensare :sentire e pensare non
erano più due fenomeni primitivi, ed irredu cibili,come G.
sostiene. la conoscenza de'fatti interni è sensibilità. Vedesi
quindi che con questi principî ilsentire non fu distinto dal pen sare ». Gli
estremi , tra cui si studia di librarsi G., son questi due:da una parte quello
che raccorcia la portata del la coscienza;dall'altra quello che la dilata oltre
il convene vole.Chi dice:lacoscienzanon coglielanostraesistenza,e chidice:
lacoscienzasiestende alla realtà esterna, dice u gualmente cosa inesatta ;per
difetto, la prima osservazione; per eccesso,la seconda. IlGalluppi
ammetteundoppio immediato,ilme edilnon me; G. neammetteuno, ilmesolo:
dondeproviene siffatto divario ? Eccolo ,con le parole stesse di G., le quali
compendiano e chiariscono la dottrina galluppiana. « Il dir che partendo dalle
nostre modificazioni sensibili, noi veniam per via di giudizî acquistando la
conoscenza del mondo esteriore, val quanto il dir che lo spirito umano coni suo
i propri i elementi compone il mondo . La filosofia sperimentale di Francia su
questo punto va a coincidere con l'I dealismo di Kant. E perchè?
Perchè Galluppi non si affidava ai giudizî per
coglierelarealtà;perchèigiudizî,secondo lui,erano pure vedute dello spirito; di
modo ché, se il mondo non ci fosse a p parso dal bel principio così,come oggi
lo apprendiamo , quel lo costruito di poi sarebbe stato una mera relazione del
n o stro spirito,a cui nulla sarebbe corrisposto di reale nella
natura.Diffidente della sincerità de'nostri mezzi di conoscere, Galluppi
quindiappigliossialpartito delReid,edam mise l'immediatezza della
sensazione,confondendola con la percezione esterna. 51 « Si è quindi
detto, osserva G., che nel fatto io sento non è contenuto il proprio essere, e
si è terminato d'altra parte con dire che nel fatto io sento si contiene
l'essere straniero,ilnonio». G. ritienelasinceritàdelgiudizio,ritieneirap porti
come reali,e quindi non alla sensazione,ma ad un pro
cessospontaneodell'intelletto,edalconcorso digiudizîdi venuti abituali ed indiscernibili
attribuisce le idee de'corpi, quali nello stato presente le troviamo nella
nostra coscienza . Esclusa da G. l'immediatezza della sensazione, non per
questo ei mena buoni que'sillogismi, iquali si cre devano più spedito passaggio
dalle nostre sensazioni alm o n do esterno. G. nota che il modello di questi
ragionamenti ri sale fino al nostro CAMPANELLA, il quale lo formolò così: Sia
monoichemutiamo: dunquesentiamosolonoistessi, enon giàlecose.Noisentiamo
lecoseesterne,soloperchécisen tiamomutare,manonsiamonoichecimutiamo;dunqueal
tracosacimuta. Questo sillogismo , che , variamente rimaneggiato , è rimasto in
sostanza il gran ponte di passaggio dal mondo interno
all'esterno,nonèparsoabbastanzaconcludentealnostro fi losofo.Le
lacune,ch'egliviha scorte,non sipossono logi camente colmare.Anzitutto :chi vi
dice che ilprincipio di ogni nostra mutazione sia la volontà ? L'associazione
delle nostre idee talvolta non è volontaria, ed intanto è mutazio nenostra.
Epoi, poniamo che la mutazione vi additi alcunchè di esterno, chi vi garantisce
che il principio esterno sia un corpo ? A
taliobbiezioninonc'èdareplicare:ilsillogismoèim potente a discoprire un fatto
:esso è utile soltanto a disco prire verità di ragione. Tolta l'immediatezza
della sensazione,tolto il sillogismo, G. torna alle rappresentazioni , come
immagini delle cose esterne,ed alla induzione,la quale,travagliandosi su quelle
immagini,va legittimando la realtà delle immagini complesse,che l'associazione
ha spontaneamente ed abitual mente formate.Non sarà una dimostrazione
necessaria,ma nelle verità di fatto non si dà mai l'assoluta
impossibilità dell'opposto,e bisogna contentarsi della certezza morale.
L'associazione collega insieme le immagini visive e le tat
tili:igiudizîabituali colgonoirapportiqualirealmente e sistono ;noi adunque
venghiamo componendo lo spettacolo del mondo esterno non con vedute
subbiettive,ma con ele menti dati dalla realtà stessa dellecose. Questa è stata
pure la dottrina dell'Aquinate,e ditutta la filosofia ortodossa. Nell'ultima
opera pubblicata col titolo di Prospetto della filosofia ortodossa,ilnostro
filosofo sifaforte dell'autorità dell'Aquinate per tutte le parti fondamentali
della sua dot trina,salvoimiglioramentich'eicredediavervi arrecato, supplendo a
quelli ch'ei chiama desiderata della filosofia to mistica. G.
noneraabbastanzaversato nella filosofia aristotelica , da accorger s i che il
meglio d i quella, che ei battezzava per dottrina ortodossa,era mutuato da
Aristotele.Vediamo intanto quali principii ei ne accoglie,e ne te soreggia.
Primieramente G. avverte la differenza che AQUINO mette tra isensibili
proprî,ed icomuni;differenza, che noi sappiamo appartenere ad Aristotele. Con
molto acume l’Aquinate aveva avvertito di fatti che isensibili proprî sono
qualità,come odori,sapori,suoni,co lori,e simili;e che isensibili
comuni,invece,sono quanti tà o estensiva,o intensiva,o discreta,come
figure,distan ze,movimenti, successione :« sensibilia propria ... sunt
qualitates : sensibilia communia omnia reducuntur ad quantitatem. Finalmente
cita la sentenza che accenna alla formazione delleimmagini corporee,
echeattribuisce allospirito,enon Dipoi ricorda la dottrina sui
rapporti, che AQUINO ha riconosciuto come reali, comeresnaturae, enongiàco me
res rationis. giàaicorpi. «Imaginem corporisnoncorpus
inspiritu, sed ipse spiritus in seipso facit. Alla quale ultima sentenza G.
aggiunge questa avvertenza . E l'avvertenza mira visibilmente a cansare
l'equivoco del le forme soggettive,e degli elementi a priori da lui con gran de
perseveranza combattuti.Lo spirito si compone egli le immagini de'corpi
esterni, l'idea del corpo è un prodotto della sintesi , contro alla opinione di
Galluppi, m a in questo raccoglimento non c'è mistura di elementi soggettivi
:tutti idati sono reali.Inquestosignificato,enonaltrimenti va
intesalaproposizione dell'Aquinate, che ad altri potrebbe parere intinta di
kantismo, e che suona così :dat (anima) eisformandisquiddam substantiaesuae.
San Tommaso adunque aveva tracciato le prime linee di quella filosofia sperimentale,
di cui G. si dà per continuatore: i due filosofi cadono d'accordo
sui seguenti ri sultati : 1o che nel senso non v'è altro che il cangiamento del
senso;2ochele immagini de'corpi sivan componendo con elementi nostri;
3ochenoigiudichiamo, essere icorpi simili a quelle immagini. Se non che Tommaso
s'era fermato qui. G. domanda inoltre:con quali operazioni si son for mate
quelle immagini ? Con qual criterio le giudichiamo si mili ai corpi esterni ? E
alla prima domanda ha risposto : le operazioni sono i giudizî accoppiati alle
sensazioni;l'associazione delle im magini visive con le immagini tattili:
giudizi ed associa zione che si uniscono spontaneamente ed abitualmente. Alla
seconda domanda poi ha risposto: la legittimazione « Quanto
però AQUINO enuncia,non lascia dub bio, che nella formazione delle immagini
de'corpi esterni ha inteso non mettersi in opra altri elementi,che que'del
senso e della imaginazione». Quando , difatti, io applico ai
fenomeni della estensione le verità della geometria,e l'applicazione
riesce,allora è chia ro che alla esistenza de'corpi si aggiunge tutta la forza
della dimostrazione induttiva. Mal si è creduto che ogni nerbo di logica
dimostrazione consistesse soltanto nel sil logismo e nelle sue forme. Se
l'estensione corporea,dice G. ,è reale, la troverò costantemente conforme alle
leggi geometriche,ma se è un'illusione de'sensi,mi sipotrà presentare nelle vo
lubili forme in cuiapparisce ne'sogni.Nella ipotesi affer mativa v'è la
necessità assoluta di trovarsi avverate le ve ritàmatematiche,come
sihanell'esperienza:nellaipotesi negativa, l'evento che ne dà l'esperienza, è
uno degli in finiti eventi possibili. Questo cenno può far presentire, a qual
grado si eleva la pruova induttiva del Leibniz, riguar dandola dal solo lato
delle verità matematiche. Esposta in questi termini la mente del nostro
filosofo, proseguiamo a raffrontare le differenze conseguenti tra la sua
dottrina,e quella di Galluppi. Galluppi aveva pareggiata la sperienza interna
con l'e sterna,e quindi ammessa una doppia relazione colta imme diatamente,
quella tra sostanza e modificazione, e l'altra tra causaedeffetto. G.,
invece,distingueleidee pri - si fa non per la immediatezza della sensazione,e
neppure per sillogismo,ma per via d'induzione,secondo l'addita mento diLeibniz,
ediD'Alembert,idue filosofimatemati ci,mal trascurati dai filosofi posteriori.
Non è dimostrazione apodittica cotesta,certamente : an che un incontro fortuito
potrebbe essere causa di quella cor rispondenza che noi verifichiamo nella
sperienza tra i rap porti quantitativi ideali,eirapporti quantitativi reali dei
corpi;ma aqualestremo siassottiglia questa possibilitàdi un incontro fortuito,e
di quanta forza non s'ingagliardi sce l'ipotesi della realtà de'rapporti tra
corpo e corpo ! mitive dalle derivative ;chiama primitive
quelle che sono ricavate dal fatto immediato della coscienza,da lui circo
scritto nelsoloiosento;echiamaderivativequelleche na scono poi dalla sperienza
esterna. « Si sono messe,ei dice,in una medesima classe,tanto le idee primitive
di numero, di sostanza,e di modificazione, di affermazione e negazione,quanto
le idee derivative di causa,diazione mutua,delcontingente,delnecessario,del
possibile;e non si sono mentovate le idee derivative di spa zio,ditempo,per
essersi supposto venirci date dallasen sibilità senza previo lavoro
dell'intelletto ». L'originale dell'idea di sostanza è dunque ilnostro pro prio
essere:delle modificazioni si dice impropriamente che esistono:ciò ch'esiste è
la sostanza.Però se un essere esi stente non avesse punto di modi,ei non
sarebbe nè in m o to,nèinquiete;nèpensante,nènon pensante,ecisarebbe un mezzo
tra l' esseree d il non essere ; il che è assurdo . Cosi dice egli parlando
delle forme kantiane,e l'appun to si può volgere pure al Galluppi, che alla sostanza
ed alla causa attribuì, come abbiamo visto, la medesima origine. Per G. la
coscienza è l'lo sento,e in questo fatto permanente della propria esistenza lo
spirito apprende la sostanza, come la modificazione nelle sensazioni in cui si
senteesistere.Ilmododiesisterenon sipuòdispiccaredal laesistenza, e G. chiama
una RIVOLUZIONE filosofica quella avvenuta in occasione dello scetticismo di
Hume , quando si cominciò ad affermare che nel fatto di coscienza v'èilsolomodo
diessere,enon giàl'essere. D'allorain poi si cercò di supplire a questo difetto
supposto per via di aggiunzioni provenienti da altresorgenti:così ilRosmini
suppose che al fatto di coscienza si dovesse aggiungere l'i dea dell'essere.Pel
De Grazia ilfatto della coscienza nella sua integrità dà l'uno e l'altro; se
non che a cogliere questo rapporto non è attalasensazione, siveramente
ilgiudizio. Senza avere sperimentato il fatto del passaggio da
una modificazione ad un'altra,noi non avremmo potuto affer marlo : dopo la
sperienza però,noi essendo in un dato m o do pensiamo la tendenza di passare ad
un altro; e cotesta tendenza chiamiamo forza, la quale è dunque ciò che han no
di costante gli stati successivi della sostanza. Nella originedell'idea di
causa noi abbiamo bisogno di al tri dati. a Non siavverte,diceilnostro
autore,chelacausa che produce le sensazioni è quella che mette in esercizio la
sen sibilità;lacausa cheproduceipensierinon èlapotenzadi pensare,ma
èquellachemetteineserciziolapotenzadi pensare;la causa che produce ivoleri non
è la volontà,ma è quella che mette in esercizio la volontà ». Chi ricorda ora
che a queste tre classi di fenomeni ri duce
eglituttalanostraattivitàspirituale,vede chiaramen te
cheperluiselacoscienzaporgeil modellodellasostan za,non
èperòbastevoleaspiegarel'ideadicausa.Qui oc corrono più sostanze, di cui una
determina l'altra. Nella sostanza la mutazione sopravvenuta è determinata
dallostatoanteriore; nellacausaessamutazione èdeter minata e dallo stato
anteriore e dalla mutua azione. G. riassume la sua dottrina su queste due idee
capitali nel seguente modo . « La sostanza persiste nella suaimmutabile
naturaal can giar delle modificazioni. Nell'ordine naturale nè possono prodursi
nuove sostanze, nè leattualiannientarsi. I cangiamenti di una sostanza sono
cosi connessi tra lo ro,cheinogniistanteil suostatoèdeterminatodalsuosta to
antecedente,cioè nel corso de'suoi cangiamenti ha per
modificazionecostanteunatendenzaalcangiamentocheim mediato vaseguendo,
equestatendenzaèquelche noi conosciamo della forza interna di una sostanza.La
diversa na tura di queste forze ci viene manifestata dalla esperienza, cioè dai
diversi cangiamenti della sostanza.Così distinguia mo levarieforzeinternediuna
sostanza, elevarieforzein terne delle diverse sostanze ». « Una sostanza, che
trovasi in uno stato permanente non può da sè stessa,cioè per propria
forza,passare ad altro stato ». «Oltre la connessione
traicangiamentidiunastessaso stanza v'è anche una connessione tra i cangiamenti
di di verse sostanze,cioè una mutua azione tra le medesime. Tutti gli
avvenimenti dell'universo saranno necessarii, e l'azzardo non è che l'incontro
di avvenimenti non con nessi tra loro.Ma questo incontro medesimo è necessario,
in quanto son necessarie le serie de'cangiamenti anteriori, che han determinato
quegli stessi avvenimenti che s'incon trano ». Ecco la somma della sua
dottrina,la quale,intorno alla causalità specialmente, è la traduzione
filosofica delle leggi delmoto diNewton. Questeleggi,osservailDeGrazia,ed a
ragione, non sarebbero vere leggi degli esseri naturali,se fosse falsa
l'ipotesi della mutua azione. Locke intanto aveva negato l'idea di sostanza,
Hume la connessione richiesta dalla mutua azione nella causalita ; entrambi per
lo stesso motivo,che noi cioè non conoscia mo adeguatamente nè quella,nè questa.
Pare al nostro au torecheilragionamentodiHumesiriducaaquestoentime
ma:noinonabbiamoideaadeguata diazione;dunque non ne abhiamo punto. Le
ricerche,dalle quali Hume era stato indotto a questa conclusione ,la quale
troncava i nervi ad ogni attività scien tifica, si possono brevemente esporre
così.L'esperienza non dàconnessione,ma semplicecongiunzione:ilragionamento non
dà idee nuove :l'abitudine non cangia la natura
della 58 prinda percezione,come una serie di zeri è
impotente a co stituire una quantità. Con
lacoscienzacolghiamolemutazioninostre,elegiu dichiamo
appartenereallanostrasostanza:conl'astrazione noi
rendiamogeneralequestaconnessioneinterna.La spe rienza
esternadipoicimostrafattiincongiunzione,ma con tal costanza,che noi ci
avvezziamo a riferire un fenomeno alla presenza di un dato oggetto:noi
induciamo,che questa congiunzionesiaunaveradipendenza.Eperchè?«Unacontraria
supposizione, ei risponde, implica l'assurdo, che due sostanze con le stesse
modificazioni sono condizionate ad e sercitare una mutua azione in un tempo più
tosto che in altro;in un luogo più tosto che in altro luogo. In tal guisa tutte
quelle funzioni del pensiero,che isolate non
sarebberostatebastevoliafornircilaconnessionecau sale,intrecciateabilmente
insieme bastano. IlKant,come sappiamo,dallepremesse diHume,lasciate correre
senza contrasto,inferi che dunque l'idea di causa è a priori ; evitando con
questa origine le scabrose ricerche de]l'analisi.Altri aveva inferito,che
ilprincipio di causali tà sia,nongiàsinteticoapriori,ma analiticoadirittura,
come trainostriilGalluppiedilRosmini:ilnostroDeGra zia riconosce che nella idea
dell'avvenimento non è racchiu s a l'idea della sua causa ; dà ragione alla
filosofia critica di averlo sostenuto per sintetico;ma crede di coglierla poi
in flagrante contraddizione nel valore che Kant attribuì a tal principio.
Giovaesaminare quest'ultimo aspetto della questione. G. replicò:altroèil non
avere una ideaadegua ta,ilnonconoscereilcomedell'azione;edaltroilnon a verne la
menoma idea.Vero è inoltre,che nè la sperienza, nè il sillogismo,nè l'abitudine
bastano da soli,ma intrecciati insieme forsebasteranno:
epoisièlasciatafuordiconto l'in duzione,laquale èdiunaiutoinestimabile.Ed
eccocome. Kant aveva attribuito al principio di causalità
un'origine apriori,epoiavevaattribuitoallostessounvalore oggettivo: G. interpet
r a oggettivo nel senso della filosofia sperimentale,ed affibbiaalKant una
contraddizione,che proviene da una poco esatta cognizione della Critica della
Ragion pura. Da una partesiammette,cheinostriconcettieigiu dizî sintetici a
priori hanno un valore oggettivo nella natura ... Dall'altra parte si sostiene
che la causalità non è legge degli esseri, ma legge de'lor cangiamenti sommessi
alla nostra esperienza ». Per Kant l'oggettivo non era punto nella natura , m a
era semplicemente ciò che si trovava in ogni coscienza,non co me questa o
quella coscienza empirica ed individuale,ma in ogni coscienza umana in
universale,in ogni coscienza uma na come tale. Onde Kuno Fischer esponendo
questa significazione della parola oggettivo nel sistema kantiano scrive
appunto cosi. Nun heisst «verknüpft sein in reinen Bewusstsein soviel als
obiectiv verknüpft sein. Ma di tali inesattezze fu causa non la poca
penetrazione dellamente, sil'averluiignorato lalingua tedesca;ilche lo
costrinse a servirsi di poco sicure traduzioni. Nell'esame del modo, come G.
spieg a l'origine dell'idea disostanza,equella dicausa,noi abbiamo indi cato
tutto quanto il suo processo analitico nella genealo gia del pensiero,perchè la
prima idea è primitiva, la se conda derivativa. Pure di altre principali
toccheremo un cenno per chiarezza maggiore,ma prima alleghiamo testual mente la
formola del suo metodo. « Pura osservazione di fatto nelle idee primitive;pura
os servazione di concetti astratti nelle idee derivative ;ecco i due cardini
del presente Saggio. La natura oggettiva delle idee di rapporto , e i giudizî
parte integrante di alcune idee sono ledue vedute primordialinella
quistionedellaorigine e realtà delle nostre conoscenze. Con questo criterio ora
ilnostro filosofo si fa ad esami nare ilfatto, ediquivi pervia diastrazione,
ossiapervia del giudizio,attinge ogni nostra idea. Percepire
ilpossibilevalgiudicare ciò ch'è possibile, come percepireilnecessario
valgiudicareciòch'èneces s-ario,e percepire ilgeneraleval giudicare ciò ch'è
gene r ale. È una falsa opinione il credere che la necessità,la pos
sibilità,launiversalità,come altresì laidentità,ladiversi t à non siano
contenute tutte quante nella realtà che ci sta davanti : il giudizio non
aggiunge nulla di suo, esso è un puro mezzo di osservazione, e nulla più. Il
nostro spirito ha la virtù di apprendere l'identità e la diversità,con
cuisioffronoleidee alla nostra percezio ne:eccoquanto devesi solamentedire dal
filosofo». L'infinito non è pel nostro autore,se non la quantità in finita, e
la origine di questa idea è anch'essa dovuta alla e sperienza. « Partendo dal
principio,che ilpositivo dee precedere il negativo nell'ordine genealogico,
abbiamo conchiuso,la quantità che ha limiti dover precedere la quantità che non
ha limiti;ilfinito dover precedere l'infinito;ilsiavanti al no.L'equivoco
ènelcredere,che una quantitàinfinita non ènegativa. Che
sesiosserva,laquantitàinfinitacomprendere in se tutte le finite, è da osservare
altresì ch'essa le comprende non come negazione,ma come quantità:lanegazione
siri ferisce al limite. Tra quelli che AQUINO chiamava sensibili comuni c'erano
l'estensione e lasuccessione,rapporti quantitati vi,mentre
isensibiliproprîeranoqualità. Oralavorando Piùcomplicata è la genesi
delle idee di spazio e di tempo. sopra questi due dati,vale a dire
considerando come as soluta la posizione de'punti nella estensione,e
degl'istanti nella successione, si ha nel primo caso lo spazio, nel se condo
iltempo. « La pura estensione non è tutta intera l'idea dello s p a zio :in
questo v'è dippiù il valore assoluto de'suoi punti . L'idea di successione non
è tutta intera l'idea del tempo : in questo v'è dippiù il valore assoluto
de'suoi istanti. Che cosa vuol dire questo valore assoluto ? Ecco:l'estensione
consiste nella postura de'punti;e c o testa postura è di sua natura relativa.
Se ora la postura non si riferisce ad alcuni punti soltanto,ma a tutt'i punti
assegnabili, siavrànonpiùunadataestensione, ma lo spa zio.Cosidicasideltempoperrispettoallasuccessione.
C'è successione,se un istantesiriferisce ad un istante dato : c'è tempo se la
relazione si allarga a tutti gl'istanti a s s e gnabili. Dimodochè lo spazio
siha negando illimite della esten sione finita ; il tempo negando il limite
della successione finita. Ma l'estensione e la successione,si domanderà, donde
provvengono? G., che li chiama sensibilicomuni, ritenendo la nomenclatura
tomistica nel Prospetto della filosofia o r t o dossa, nel Saggio ne
attribuisce l'origine non alla sensibi lità, ma all'intelletto.Egli anzi
combatte la dottrina kantiana delle forme pure della sensibilità,osservando che
non si può dare estensione e successione senza apprendere del le sensazioni
come moltiplici,e quindi come diverse, o meidentiche; sicchènumero,diversità,
identitàsono con dizioni dell'apprensione di questi due nuovi rapporti, che si
dicono estensione e successione.Kant che le attribuiva alla sensibilità non si
accorgeva del concorso indispensa bile dell'intelletto che vi si richiedeva ;ed
anzi si contrad CO diceva ammettendo, che la
materia sensibile prende un pri mo
ordinenelleformepuredellasensibilità,echeperesse forme la varietà e la
moltiplicità della rappresentazione ac quista un certo ordine. Questa
contraddizione era stata avvertita dal Borrelli pri ma delGrazia, e forse
questi l'hamutuata dall'autore della Genealogia del pensiero. Kant, aveva
dettoilBorrelli,tie ne percategorie dell'intellettoladiversitàelamoltiplicità:
e d intanto ammette una varietà ed una moltitudine anche nella sensibilità:
come va ciò ? Nè Borrelli, né G. s'accorsero però che il divario tra categoria,
ed intuizione pura consiste non già nel supporre entrambe una moltiplicità;ma
nel diverso m o do dellegamecategorico,edintuitivo. Ma è tempo omai di giudicare
nel suo insieme il tentati v o del nostro filosofo. Propostosi discoprire
lelacunedellafilosofiadelGallup pi principalmente,e di additare i costui
sviamenti dal m e todo sperimentale, egli si studia di evitare ogni spiegazio n
e ,la quale non si desumesse dal fatto reale.La ragione c'è nonperprodurre,
maperosservare:ilpiùchepossafa re èdiastrarre.Per questa disposizione d'animo
gliando a sanguelafilosofia dell'Aquinate, che,foggiatasul'ari stotelica, gli
parve battesse la stessa via.Ripetendo l'an tico
adagioaristotelicocheilpensareèofantasia,onon senza fantasia, l'Aquinate
procede difatti di astrazione in astrazione,ma
senzadispiccarsimaidalfattosensibile.Che cosa èilfantasma? Similitudine
dellacosa particolare:Si militudo reiparticularis. Checosaèl'attodell'intendere?
È laspecieintelligibile,speciesintelligibilis,chesitorna ad astrarre
dalfantasma:un'astrazione adoppiogrado.E che
cosavuoldireilluminareifantasmi,equelfamoso lu me divino,
sulqualetantoavevadisputato SERBATI, seera Dio stesso,ounsuoriflesso?Per G.
nonèaltro,se non l'effetto della attenzione, che vi si presta. Il
giudicare era a lui un fatto irreducibile,da non confondere con la sensazione,
ma insiem e era un puro mezzo di osservazione . Osservare adunque è la parola
che compendia tutta la sua filosofia . Per questo verso la filosofia di
G. è più moderna di quella di Galluppi, e rasenta assai da presso il
Positivis mo contemporaneo,cheinqueltorno sistavaconcependo. Il Corso di
filosofia positiva dettato da Comte fu pubblicato in Francia. G. avrebbe potuto
averne notizia, matuttoinduce acredere,ch'ei non
l'abbiaavuta.L'educazioneprimadellasuamente, che al pari di quella del Comte
era stata avvezza alle scien zeesatte, elapocapropensione per lespiegazioni
trascen dentali poteronlo però sospingere per la medesima via. G. al pari
de'positivisti dichiara sconosciute le essenze delle cose, limitata ad una mera
riduzione di feno meni tutta la nostra scienza:crede anche lui doversi appli
care alla filosofia il metodo delle scienze esatte e delle s p e rimentali,e da
qui la grande importanza che attribuisce alla induzione , la scarsa che
attribuisce al sillogismo. Se non che all'osservazione immediata ei
seppe accoppia re l'induzione, ch'è l'osservazione mediata. Della induzione
ebbe un concetto preciso,nè lavolle ristretta al sempli ceradunamento de'fatti
osservati, ma ne estese la portata oltre ai limiti della sperienza.In questo
allargamento però essa non genera nell'animo quella evidenza, che scintilla
soltanto dalla osservazione immediata, o dalle verità di r a gione;ma una
certezza morale, la quale ammette la possibilità dell'opposto.Tutte
lescienzesperimentali debbono te nersi paghi di quello stato, ch'è pure tanto
discosto dal dubbio tormentoso lasciatoinereditàdạ Hume, ilqualedisco nobbe
l'efficacia della induzione. Ecco difatti alcune sentenze, le quali si
potrebbero cre dere imitate da Comte. Il metodo è il ridurre i
fenomeni particolari a'fenomeni generali, e questi ad altri più generali fino
ad arrestarsi a pochi fenomeni irreducibili ». « La riduzione viene operata a
lume delle verità neces sarie da un lato,e dalle accurate osservazioni
dall'altro la to.E un fenomeno generale che resiste agli incessanti rigo rosi
tentativi di riduzione,non è perciò dichiarato assolu tamente irreducibile alle
note forze primarie delle sostanze corporee,note però negli effetti, e per noi
sempre ignote nella loro essenza. I nostri mezzi sono impotenti a scovrir la
natura degli ésseri.Tutto quel che può scovrire la nostra ragione nella scienza
della natura è riposto nel classificare i fatti speri mentali con
andarrisalendo da’fattiindividualia'generali, e da questi a'più generali fino a
raggiungere ifatti primiti vi, ov'èforzal'arrestarsi». Ma
allatoaquestesomiglianzetroviamonel G. dei tratti, che lo differenziano dal
fondatore del Positivismo; ne addito due come principali. Comte trascura
affatto il problema della conoscenza , ed invece questo problema rimane per G.
ilprimo ed il capitale. Comte attribuisce alla metafisica un valore storico
soltanto, G. è per sua soche la metafisica possa rimanere accanto alla scienza
sperimentale.Così,sebbene dichia ri
inconoscibilel'essenzadell'anima,enotasolalasuama nifestazione nel pensiero,non
esita poi di affermare che la metafisica ne ha stabilito la spiritualità,
l'immortalità, la vita futura. Questa oscillazione fra le esigenze del suo
metodo e le tra dizioni di quella ch'ei chiama filosofia ortodossa fa sì che in
lui sipuòravvisareorauntomista,edora un positivista, secondo i casi.Se non che
il tomismo stesso a lui or balena 9 va come riflesso dalla filosofia
aristotelica,or come lume r a g giante dallarivelazionedivina; edellaortodossia
del cre dente si faceva schermo a nascondere gli ardimenti del filosofo .
Noiignoriamoqualiaccuseglifuronomosse,equalirim proveri fatti :certo apparisce
da alcuni luoghi dei suoi li bri che qualcosa di simile ci debba essere stato :
eccone u n o per esempio. Ci crediamo abbastanza fortunati di aver veduto
protrattii nostri giorni, fino all'istantedirassicurarciche il nostro comunquedebole
lavoroerasottolaguarentigiadel l'Aquinate, contro le avventate odiose
imputazioni. Ed altrove dice esplicitamente ch'ei ricorre all'autorità di
AQUINO (si veda) periscagionarsidellatacciad'incredulita. Lo studio di Aquino,
e d il Prospetto della filosofia ortodossa che ne fu ilrisultato,ebbero adunque
per fine ladifesa della propria dottrina. Meglio forse avrebbe fatto a
dispregiare ilvano cicaleccio delvolgo,che di ogni ri cercafilosofica
s'adombraes'insospettisce; ma l'indoledel nostro filosofo era dimessa e
circospetta, e preferi di ripa rarsi sotto l'egida di un dottore di santa
Chiesa; come se u n altrettalespedientefossegiovato a SERBATI (si veda) e da
GIOBERTI (si veda). Senza il bisogno di questa apologia della sua dottrina a
vrebbe potuto por mano a quella Filosofia del pensiero, a cui
accenna;imperciocchè,contutt'iseivolumidaluimessi a stampa,ilsuo sistema rimane
appena delineato nel prin cipioenelmetodo;nèdelleapplicazioni alla Estetica,oal
l'Etica si trova più di un semplice accenno: la Logica stessa non vi è di stesa
pienamente, sebbene tutto i'l Saggio non s i occupi di altro che di Logica.
Stando ai brevi accenni noi sappiamo che le parti della filosofia per lui
sarebbero state la logica,l'etica, l'estetica, perchè itre fenomeni
irreducibili del pensiero sono ilgiudi care,ilvolere,ilsentire. Ilsillogismo
ègiudizio pure; ma 66 un giudizio fondato sopra
idee astratte, mentre il giudizio primitivo è la osservazione immediata della
realtà concreta. Il sillogismo è applicabile alle sole verità di ragione. La
prova induttivá si adopera a slargare la cerchia della sperienza immediata
:essa però presuppone la realtà delle idee di numero,identità, diversità,
sostanza,modificazione, necessità,possibilità.Queste idee non si possono
ricavare per induzione, altrimenti ci sarebbe un circolo:sono ricava te per
astrazione dalla osservazione immediata fatta per m ezzo del giudizio.
L'associazione è la sorgente spontanea,ma illegittima del le nostre idee:
l'induzione dipoi legittima, confermandole , quelle relazioni,che
l'associazione delleidee aveva per ipo tesi anticipato. Ecco adunque delineato
il compito della logica: analisi d e l senso comune, e giustificazione delle
credenze spontanee che quello contiene. E dell'Etica ? Solo per intramessa
sappiamo,ch'egli,a differenza di Elvezio , il quale dà per originario il solo
desiderio del proprio utile, ammette appetiti disinteressati originalmente, non
credendo che l'abitudine potrebbe andare fino al punto di snatu rare
laqualitàstessadeldesiderio.Orsenoiabbiamo nella coscienza attuale de motivi
disinteressati, è necessità che questi motivi si fondino sopra appetiti
primitivameute tali. Anchequiadunqueavrebbe G. adottatolostesso
procedimento della conoscenza :lo spirito avrebbe legittima to con la ragione
ciò che la natura spontaneamente avesse in Prima la mente crede,
perchè non ragiona ancora; poi crede, perché la ragione ha legittimato la sua
credenza. Fin chè il dubbio non l'assale,l a mente riposa sicura sui nessi
stretti spontaneamente dalla associazione naturale delle sue idee: quando il
dubbio sottentra, la induzione ne la libera, giustificando la spontanea
credenza. origine operato. Se non che, egli seneri mette a
quella filosofia del pensiero, che poio non scrive, o non arria sino a noi. Meno
preciso è il disegno, del qua l e si sarebbe dovuto toccare dell’estetica. Noi
sappiamo solo, che il bello è per lui l'oggetto della
percezione, quando ci riesce piacevole il contemplarlo. Ma, oltre a
questo effetto prodotto dalla bellezza nello spirito contemplatore, in vano si
cercherebbero altri schiarimenti. Nei voluminosi saggi che scrive avrebbe G. po
tuto colorire intero il disegno della sua filosofia, se non si fosse allargato
troppo in polemiche ed in apologie, soventi superflue, e se avesse usato
maggior parsimonia nello stile, ch'è diffuso, stemperato, e ridondante
d'interminabili ripetizioni. I suoi saggi si sarebbero potuti restringere in un
solo, o in un paio al più, senza nessun danno per le idee che vi esprime; e
forse con questo guadagno dippiù, di aver potuto trovare maggior numero di
lettori. Dobbiamo in questa occasione ricordare, che il sensualismo è la
dottrina favorita degl’italiani, pria di comparire il Saggio su la critica
della conoscenza, che in parte con la forza del ragionamento, einparte con
quella autorità che il nostro GALLUPPI (si veda) venne mano mano acquistando
pel valore della sua opera, egli riuscì a sradicare l'errore dalle menti, ed
avviarle a'sani principi della morale e della religione. Quindi le sue
istituzioni di filosofia, del tutto conformi ai suoi principi del saggio,
furono adottate per quasi tutte le scuole d'insegnamento in Italia. Un tal
positivo giovamento recato alla [G. combatté la filosofia di
GALLUPPI (si veda), finché que sti vive e professa a Napoli: la combattè perchè
la credette sbagliata e perniziosa. Morto che e il suo grande avversario, ei,
pur rimanendo saldo nella sua sentenza, scrive di lui queste parole sua patria
è la gloria maggiore cui aspirar mai si possa da un filosofo. Così G. giudica
Galluppi morto nel Prospetto di filosofia ortodossa. Ed il giudizio ci rivela
il carattere integro, leale, generoso di chi lo porta. Combattendo le dottrine
di un avversario, ei rispetta, ei loda le intenzioni ; ei non disconosce
l'utilità che aveva arrecato al suo paese. Talvolta anzi ei par che non agogni,
che non cerchi altra gloria che quella conseguita dal suo valoroso avversario:
dispera quasi di conseguirla vivo, pur se l'augura dopo morto, non tanto per
sè, quanto a pro della sua patria. Ese non può goderne chi l'ha meritata, pur
questa tar da gloria si riflette sula sua patria, serve disprone a’ suoi
concittadini sopra tutto, nella faticosa carriera filosofica, e riesce di
nobile compiacenza per tutti gli spiriti fatti per a m mirare, per amar la
virtù. Chi scrive queste magnanime parole ha certamente un cuore non minore
della mente, e la tarda gloria da lui invocata è un tributo ben meritato da chi
non stimolato da bisogno, non allettato da premio, passa la vita, non fragliagi
ereditati, ma nella faticosa palestra dello studio filosofico, dove s'invecchia
e si muore anzi tempo, ma dove si ha al meno il dritto di credere che, morendo,
non si muore del tutto.Vincenzo Di Grazia. Grazia. Keywords: implicatura.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grazia” – The Swimming-Pool Library.
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