Grice e Dandolo: la ragione
conversazionale e ’implicatura conversazionale della Roma pagana, filosofia
romana – Carneade e compagnia – scuola di Varese – filosofia varesese –
filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varese). Filosofo
varesese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I
love Dandolo; you know why? Because he was an amateur, not
a professional; I mean, he was a country gentleman and an earl, so if he
philosophised it wasn’t for the colour of the money! Plus, he owned a lovely
‘palazzo,’ which I would call ‘villa’! Neoguelfo. Figlio dal conte Vincenzo
e Mariana Grossi. Il padre era esponente della Municipalità di Venezia, ma dopo
il trattato di Campoformio, con il quale si sancì la fine della Repubblica,
dovette esulare in Francia. Venne in seguito nominato da Napoleone senatore del
Regno italico e conte. Fu anche governatore civile della Dalmazia. Passa quindi
un'infanzia assai agitata; fu cresciuto da una "cameriera disattenta"
e poi sballottato per vari collegi. Si laurea a Pavia. Passa alcuni anni girando
per l'Europa e conducendo una vita mondana. In questo periodo venne a contatto
con illustri personalità culturali politiche dell'epoca. Venne sospettato
dal governo austriaco di aver partecipato alle congiure degli anni precedenti,
e per questo fatto rientrare in modo coatto in Italia (senza tuttavia essere
perseguitato). In Italia, si dedica ampiamente alla filosofia, e sposa la
sorella di Bargnani; uno dei cospiratori mazziniani. Morta la sposa affida ad
un amico i figli. Sposa la contessa Ermellina Maselli, da cui ebbe altri due
figli. I primi due figli presero parte alle Cinque giornate e ad altre
operazioni belliche e lo stesso Tullio fu uno dei principali autori della
rivoluzione e capo della rivolta varesina (scoppiata in concomitanza con quella
di Milano), ma a Roma, durante la difesa della repubblica di Mazzini, Su figlio
muore e l’altro rimase gravemente ferito. Questo evento tocca molto Tullio che
tuttavia, pur dovendosi prendere cure molto onerose del superstite, continua
comunque i suoi studi di filosofia. Sui due figli raccolse un gran numero di
documenti, memorie e storie pubblicati in “Lo spirito della imitazione di Gesù
Cristo esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescent:
corrispondenze di lettere famigliari: riicordi biografici dell'adolescenza
d'Enrico e d'Emilio D., Milano). Un filosofo che fece delle critiche alla sua
attività fu Tommaseo, ma risultò essere piuttosto duro ed aspro, tanto da
scrivere. “Fin da giovane scarabocchiò librettucci compilati o piuttosto
arruffati. Né di quelli che scrisse dal venticinque al cinquantacinque sapresti
quale sia il più decrepito e il più puerile. Ma fece due opere buone, un
figliolo che morì valentemente in Roma assediata da Galli vendicatori delle
oche; e un altro figliolo che scrisse la storia, e direi quasi la vita della
Legione Lombarda capitanata da Manara, libro di senno virile e d'affetto pio.”
I suoi saggi trattano gli argomenti più vari: dalla pedagogia
all'autobiografia, da quelli di carattere storico a quelli religiosi. Molti di
essi sono schizzi letterari e filosofici o riguardano descrizioni di viaggi,
città e munomenti. Inoltre, scrisse molto intorno alla storia romana antica,
alla nascita del Cristianesimo, al Medioevo e al Rinascimento, pubblicando
anche molti discorsi e documenti inediti. Più che ad un contributo critico,
mira a dare un'informazione non faziosa per una migliore conoscenza del
passato. Questi suoi scritti storici sono molto diversi fra di loro. In alcuni
predilige uno stile aulico, mentre in altri un tono popolare e facile;
trattando ora gli argomenti con approssimazione ed ora dando al racconto la
coinvolgenza di un romanzo. Altre opere: “Roma”; “Napoli” (Milano);
“Firenze”; “Torino”; “La Svizzera”; “Il Cantone de' Grigioni” (Milano); “Prospetto
della Svizzera, ossia ragionamenti da servire d'introduzione alle lettere sulla
Svizzera); “La Svizzera considerata nelle sue vaghezze pittoresche, nella storia,
nelle leggi e ne' costume”; “Venezia”; “Il secolo di Pericle”; “Schizzi di
costume”, “Il secolo d'Augusto”; “Semplicità” (o rapidi cenni sulla letteratura
e sulle arti”; “Album storico poetico morale, compilato per cura di V. de
Castro” (Padova); “Reminiscenze e fantasie. Schizzi letterari, Peregrinazioni.
Schizzi artistici e filosofici (Torino); Roma e l'Impero sino a Marco Aurelio”
(Milano); “Firenze sino alla caduta della Repubblica”; “Il Medio Evo elvetico”;
“Racconti e leggende”; “La Svizzera pittoresca, o corse per le Alpi e pel Jura
a commentario del Medio Evo elvetico; “I secoli dei due sommi italiani Dante e Colombo;
“Il Settentrione dell'Europa e dell'America nel secolo passato; “L'Italia nel
secolo passato; Il Cristianesimo nascente; La Signora di Monza. Le streghe del
Tirolo. Processi famosi del secolo decimosettimo per la prima volta cavati
dalle filze originali (rist. anast., Milano); Il pensiero pagano ai giorni
dell'Impero. Studii, Il pensiero cristiano ai giorni dell'Impero. Studii; Il
pensiero pagano e cristiano ai giorni dell'Impero. Studii; “Monachesimo e
leggende. Saggi storici; “Roma e i papi. Studi storici, filosofici, letterari
ed artistici, Il secolo di Leone Decimo. Studii, Lo spirito della imitazione di
Gesù Cristo esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescenti
(corrispondenza di lettere famigliari). Ricordi biografici dell'adolescenza
d'Enrico e d'Emilio Dandolo, Milano); “La Francia nel secolo passato, “Corse
estive nel Golfo della Spezia; Il secolo decimosettimo, Ragionamenti
preliminari ed indici ragionati degli studi del conte Tullio Dandolo su Roma
pagana e Roma cristiana pubblicati ad annunzio e prospetto dell'opera, Assisi (estr. da Stella dell'Umbria); “Ricordi di D.”;
“Lettera a D. Sensi. Indice della materia, Assisi); “Ricordi”; “Ricordi inediti
di G. Morone gran cancelliere dell'ultimo duca di Milano, a cura di D., Milano;
Alcuni brani delle storie patrie di Giuseppe Ripamonti per la prima volta
tradotti dall'originale latino dal conte T. Dandolo, Il potere politico
cristiano. Discorsi pronunciati dal Ventura di RaulicaR. P., a cura di Dandolo,
Milano); “Vicende memorabili narrate da Alessandro Verri precedute da una vita
del medesimo di Maggi, a cura di D., A. F. Roselly de Lorgues. Ricordi, primo e
secondo periodo, Assisi. di Guerri, direttore delle Civiche raccolte storiche
di Milano. Colloqui col Manzoni, T. Lodi
(Firenze). Treccani, Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiano. LA FILOSOFIA ROMANA. Nei primi secoli della
repubblica i romani non diedersi pensiero di filosofia. Appena ne conobbero il
nome. Intenti da principio a difendersi, poi a consolidare la loro dominazione
sui popoli vicini, la loro saviezza fu figlia della sperienza e d'un ammirabile
buon senso affinato dalle difficoltà esteriori in mezzo a cui si trovarono
collocati, e dal godimento di un'interiore libertà, le cui procelle incessanti
valevano ad elevare ed afforzare gli animi. Volle taluno che le instituzioni
del re Numa non andassero digiune di pitagorismo. Gli è da credere piuttosto,
avuto riguardo all'ordine cronologico, che Pitagora attignesse nelle dottrine
sacerdotali del secondo re di Roma qualcuna delle sue teoriche intorno la
religione. Allorchè i romani strinsero i primi legami co' greci delle
colonie italiche e siciliane, non credettero di ravvisare che leggerezza
mollezza e corruzione in que' popoli i quali a ricambio qualificarono i romani
di barbari. Sul finire della prima guerra punica fu resa nota ai vincitori la
letteratura drammatica de greci; e vedemmo Livio Andronico ha per primo
tradotto tragedie, le quali cacciarono di scanno i versi fescennini, i giuochi
scenici etruschi e le informi atellane. Ennio, oltre ai componimenti poetici di
cui facemmo menzione, voltò in latino la storia sacra di Evemero, scritto
ardito, inteso a dimostrare che gli dei della Grecia altro non erano che
antichi uomini dalla superstizione divinizzati. I romani non videro nelle
ipotesi del filosofo che un oggetto di mera curiosità. Non erano ombrosi come
gl’ateniesi, non avevano peranco sperimentato qualc’azione efficace la
filosofia esercitar potesse sulla religione. Accolsero del pari con
indifferenza la sposizione poetica che del sistema dell’ORTO loro presenta LUCREZIO.
Germi sono questi gettati in terreno non preparato ancora à riceverli. La
conquista non tardò a dischiudere colla Grecia più facili mezzi di
comunicazione. I conquistatori trasportarono in patria schiavi tra’ quali vi
avevano non filosofi, ma retori e grammatici; e loro fidarono l'educazione de'
proprii figli. L'introduzione degli studii filosofici in Roma risale alla
celebre ambasceria di Carneade accademico, Critolao peripatetico, Diogene
stoico. Avidi di brillare e lusingati dall'ammirazione che destavano in un
popolo non avvezzo a sottili investigazioni, quei tre fecero pompa di tutta la
profondità e desterità della loro dialettica ad abbagliare la romana gioventù
che loro s'affoltava intorno, incantata di scovrire usi dianzi ignorati della parola.
I magistrati s'adombrarono di cotesto subitano commovimento. I vecchi Se.
natori armaronsi di tutta l'autorità delle prische costumanze per respingere
studi speculativi, che teme vano come pericolosi e disprezzavano come futili. CATONE
il censore ottenne che si allontanassero tosto dalla romana gioventù i retori
che davano opera a distruggere le più venerate tradizioni e a smovere le
fondamenta della morale. I sofismi di Carneade, il quale faceva pompa della
spregevole arte di sostenere a piacimento le opinioni più contraddittorie,
forne a Catone plausibili argomenti di vituperarlo. Sicchè i primordi della
filosofia furono contrassegnati in Roma da sfavorevoli apparenze. Il rigido censore
non prevede che, un secolo dopo, quella filosofia che aveva voluto proscrivere,
meglio approfondita e meglio conosciuta, sarebbe il solo rifugio del suo
pronipote contro le ingiurie della fortuna e la clemenza di GIULIO CESARE. Non
possiamo trattenerci dal simpatizzare con que’ vecchioni, i quali opponevano al
torrente da che avvisavano minacciata la patria lor capegli canuti e la loro
antica esperienza, evocando a respignere pericolose novatrici dottrine la
religione del passato e le tradizioni di seicent anni di vittorie di
libertà divirtù. Ma se a codesto spontaneo sentimento tien dietro la
riflessione, saremo costretti di riconoscere che a rintuzzare il
progresso della filosofia ed anco de sofismi di Grecia, il senato mal si
appose con quel suo violento procedere. Tutto ciò che è pericoloso racchiude in
sè un principio falso che è sempre facil cosa scovrire. Affermare il
contrario sarebbe muovere accusa al divino, quasi ch'ella con innestare il
male nella conoscenza del vero avesse teso un laccio all’umana intelligenza.
Convien dunque adoperarsi a dimostrare la falsità delle opinioni
perniziose, non proscriverle alla cieca, quasi rifuggendo esaminarle
conscii dell'impossibilità di confurtarle. Sì ardua impresa rispondere
agli ateniesi sofisti? o sì difficile dimostrare che quelle loro
argomentazioni pro e contra lo stesso principio di morale erano
assurde? O sì temerario lo appellarsene, ne' cuori romani, a’sentimenti
innati del vero e del giusto, il risvegliare in quelle anime ancor nuove
sdegno e disprezzo per teoriche, le quali, consistendo tutte in equivoci,
dovevano vituperosamente cadere dinanzi la più semplice
analisi? Catone anda altero dell'ottenuta vittoria. Gli ambasciadori ateniesi
furono tosto rimandati. Per un secolo ancora severi editti, frequentemente
rinnovati, lottarono contro ogni nuova dottrina. Ma l'impulso è dato, nè poteva
fermarsi. I romani conservarono impresse nella memoria le dottrine dei sofisti.
Era poi e riguardarono la dialettica di Carneade non tanto come un sistema
che conveniva esaminare, quanto come una proprietà che stava bene difendere. Giunti
ad età provetta nel bivio d'abbandonare ogni speculazione filosofica o di
disobbedire alle leggi, sono tratti a disobbedire dalla loro inclinazione per
le lettere, passione la quale, dacchè è nata, va crescendo ogni dì, siccome
quella che ha riposte in sè medesima le proprie soddisfazioni. Gl’uni tennero
dietro alla filosofia nel suo esiglio ad Atene. Altri mandarono colà i loro
figli. I capitani degl’eserciti sono i primi a lasciarsi vincere apertamente da
questa tendenza generale degli spiriti. L'accademico Antioco è compagno di
Lucullo. Catone il censore cede egli stesso, a malgrado delle sue declamazioni,
alla seduzione dell'esempio, ed assistè alle lezioni del peripatetico Nearco. SILLA
fa trasportare in Roma la biblioteca d'Apellico di Teo. CATONE d'Utica allorch'è
tribuno militare in Macedonia peregrino in Asia a solo oggetto d'ottenere
che Atenodoro, filosofo del Portico, abbandonasse
il suo ritiro di Pergamo e si conducesse a dimorare con lui. Pure gl’spiriti
che con siffatto entusiasmo s'abbandonarono alle filosofiche investigazioni non
trovavansi da studii anteriori preparati ad astratte speculazioni. Ne avvenne
che la filosofia penetra in coteste menti dico come in massa e nel suo insieme.
Ma non s'indentifica col rimanente delle loro opinione. La sua efficacia è nel
tempo stesso più gagliarda e mento continua che in Grecia. Più gagliarda nelle circostanze
importanti nelle quali l'uomo trascinato fuori del circolo delle sue abitudini
cerca appoggi, motivi d'agire, conforti straordinarii. Meno continua perchè, se
niun evento tnrbava l'ordine abituale, ella ridiventava pe’ romani una scienza,
piuttostochè una regola di condotta applicata a tutti i casi della vita
sociale. Che se non iscorgiamo in Roma individui che a somiglianza dei sapienti
della Grecia consacrassero alla filosofia esclusivamente il loro tempo. Non ci
appare nè anche, ad eccezione di Socrate, che i greci abbiano saputo trarre
dalla filosofia quegli efficaci soccorsi che invigorivano gli illustri
cittadini di Roma in mezzo ai campi, nelle guerre civili, tra le proscrizioni,
allora suprema. I romani si divisero in sette. Effetto della maniera
d'insegnamento di cui i retori greci usavano con essi. Per la maggior parte
schiavi od affrancati, dovevano costoro, qualunque fosse il loro convincimento
o la loro preferenza per queste o quelle dottrine, studiarsi di piacere a'
padroni; ond'è che chiaritisi come una tale ipotesi respignesse colla sua
severità o stancasse colla sua sottigliezza, affrettavansi di sostituirne altra
più accetta. Tali sono i risultamenti della dipendenza. L’amore stesso del vero
non basta ad affrancare l'uomo dal giogo. S’egli non abjura le sue opinioni, ne
cangia le forme; se non rinnega i suoi principii, li sfigura. Allorchè a
questi retori schiavi succedettero i retori stipendiati, le dottrine diventarono
derrata di cui itanto per greci trafficarono, e della quale per
conseguenza lasciarono la scelta a' compratori. Le varie sette non trovarono
in Roma uguale favore. L'epicureismo benchè in bei versi esposto ed insegnato
da Lucrezio, vi fu dapprima respinto, non la sua morale di cui bene non si
conoscevano ancora i corollarii, quanto per la raccomandazione che faceva
d'attenersi ad una vita speculativa e ritirata, aliena non meno da fatiche che
da pericoli. Gli è questo difatti il principale rimprovero che fa Cicerone alla
filosofia epicurea. I cittadini d'uno stato libero non sanno concepire la
possibilità di porre in dimenticanza la patria, perciocchè ne posseggono una; e
considerano come colpevole debolezza quell'allontanamento da ogni carriera
attiva, che sotto il dispotismo diventa bisogno è virtù di tulli gli uomini
integri e generosi. L'epicureismo ebbesi per altro un illustre seguace; nè qui
vo' accennare d'Atlico, che senza principii senza opinioni fu bensì amico caldo
e fedele, ma cittadino indifferente e di funesto esempio, avvegnachè sotto
forme eleganti insegnò alla moltitudine ancora indecisa e vacillante come
chicchessia può accortamente isolarsi e tradire con decenza i proprii doveri
verso la patria. Il romano di cui intendo parlare è Cassio che fino
dall'infanzia si consacrò alla causa della libertà, e rinunziando ai piaceri
alle dolcezze della vita, non ebbe che un pensiero un interesse una passione,
la patria. Fu centro della cospirazione contro Cesare; e dolendosi di non potere
sperare in un'altra vita, muore dopo avere corso un arringo continuamente in
contraddizione colle sue dottrine. Le sette di Pitagora, di Aristotile, e
di Pirrone incontrarono a Roma ostacoli d'altra maniera. La prima, per una
naturale conseguenza del segreto in cui si avvolse fino dal suo nascere,
contrasse affinità con estranie superstizioni; perciocchè uno degli
inconvenienti del mistero, anche quando n'è pura l'intenzione primitiva, è di
fornire all' impostura facile mezzo d'impadronirsene. Nigido Figulo è il solo
pitagorico di qualche grido che abbia fiorito in Roma. L'oscurità aristotelica
ebbe poche attrattive per menti più curiose che meditative. L'esagerazione
pirronista per ultimo ripugna alla retta ragione de’ romani. Il platonismo che
ancor non era ciò che di. venne due secoli dopo per opera de' novelli
platonici. Lo scetticismo moderato della seconda accademia, e lo stoicismo
furono i sistemi adottati in Roma. Lucullo, Bruto, Varrone sono platonici. Cicerone,
a cui piacque porre a riscontro tutte le varie dottrine, inclina per
l'indecisione accademica. Lo stoicismo solo fu caro alla grand'anima di Catone
Uticense. “Non possum legere librum Ciceronis de Se. nectute, de
Amicitia, de Officiis, de Tusculanis Quæstionibus, quin aliquoties exosculer
codicem, ac venerer sanctum illud pectus aflatum celesti Qumine. ERASM. in
Conviv --. M. Tullio adotta egli per convinzione i sistemi filosofici della
nuova accademia, o diè loro la preferenza perchè più propizii all’oratore in
fornirgli arme con cui combattere i proprii avversarii! Corse grand' intervallo
tra un Cicerone ambizioso, e un Cicerone disingannato. Ciò che pel primo era
oggetto subordinato a speranze a divisamenti avvenire, diventa pel secondo un
bisogno del cuore, un'intensa occupazione della mente. Ei pose affetto alle
dottrine del platonismo riformato; e a quelle parti della morale in esse
contenuta di cui si tenne men soddisfatto, altre ne sostituì fornitegli dallo
stoicism. E propriamente ecclettico, od amatore del vero e del buono ovunque lo
riscontrava. Ad imitazione di Platone pose in dialoghi i suoi scritti
filosofici. Per eleganza di stile ed elevatezza di concetti non cede al
modello. Per chiarezza e per ordine lo vince. Ne cinque libri, De finibus,
intorno la natura del bene e del male si propose una meta sublime; la ricerca
cioè del bene supremo; in che cosa consista; come si consegna; ove dimori. Tu
cerchi però inutil mente in quelle pagine da cui traluce tanta sapienza
plausibile soluzione del quesito. Gli antichi ingolfandosi in cotali disamine
faceano ricerca di ciò che trovare non potevano; chè gli è impossibile che il
bene supremo rinvengasi in ordine di cose che necessariamente è imperfetto.Verità
che il Vangelo ci rese ovvia insegnandoci come la felicità sognata dai gentili
pel loro saggio non sia fatta per uomo mortale, essondechè stanza le è
riserbata imperibile sublime. In che cosa consiste il sommo bene? Ecco di
che venivano continuamente richiesti i filosofi. Epicuro ed Aristippo
rispondevano, nel piacere; Jeronimo, nell'assenza del dolore; Platone, nella
comprensione del vero, e nella virtù che ne è conseguenza; Aristotile, nel
vivere conformemente alla natura. Cicerone associa le sentenze di Platone e
d'Aristotile, e si appose meglio di quanti nell'arduo arringo l'avevano
preceduto. Dalle più elevate astrazioni sceso ad argomenti che si collegano
co' bisogni e co' vantaggi dell'uomo, M. Tullio si propose nelle Tusculane di
cercare i mezzi adducenti alla felicità. Cinque ne noverò; il dispregio della
morte; la pazienza ne' dolori; la fermezza nelle varie prove; l'abitudine di
combaltere le passioni, e finalmente la persuasione che la virtù dee unicamente
cercare premio in sè stessa: e la dimostrazione di cotesti assiomi si fa vaga,
sotto la penna del filosofo, di tutte le grazie dell'eloquenza. All'Anima,
egli scrive, tu cercheresti inutilmente un'origine terrestre, perocchè
nulla in sè accoglie di misto e concreto; non un atomo d'aria d'acqua di fuoco.
In cotesti elementi sapresti tu scorgere forza di memoria d'intelligenza di
pensiero, valevole a ricordare il passato a provvedere al futuro ad abbracciare
il presente? Prerogative divine sono queste, nè troveresti mai da chi sieno
state agli uomini largite, se non 'da Dio. È l'anima pertanto informata di
certa quale sua singolar forza e natura ben diverse da quelle che reggono i
corpi tutti a noi noti. Checchè dunque in noi sia che sente intende vuole vive;
divina cosa certo è cotesta; eterna quindi necessariamente esser deve. Nè la divinità
stessa, quale ce la figuriamo, comprenderla in altra guisa possiamo, che come
libera intelligenza scevra d'ogni mortale contatto, che tutto sente e muove, d’eterno
moto ella stessa fornita. L’anima umana per genere e per natura somiglia a
Dio. “Dubiterai tu, a veder le meraviglie dell'universo, che tal opera
stupenda non abbiasi (se dal nulla fu tratta, come afferma Platone) un
creatore; o se creata non fu, come pensa Aristotile, che ad alcun possente moderatore
non sia data in custodia? Tu Dio non vedi; pur le opere sue tel rivelano: così
ti si fa palese dell'anima, comechè non vista, la divina vigoria, nelle
operazioni della memoria nel raziocinio nel santo amore della virtù.” I
discepoli d'Epicuro, commentando, esagerando ciò che vi avea d'incerto d'oscuro
nei principii del loro maestro. l'universo nato dal caso affermarono,
negarono la provvidenza, piegarono all'ateismo. Tullio si fa a combatterli nel
suo libro Della natura degli Dei. Le lettere antiche non inspiraronsi mai di
più sublime eloquenza. Vedi primamente la terra, collocata nel centro del
mondo, solida, rotonda, in sè stessa da ogni parte per interior forza
ristrella; di fiori d'erbe d'arbori di messi ammantarsi. Mira la perenne
freschezza delle fonti, le trasparenti acque de' fiumi, il verdeggiare vivacissimo
delle rive, la profondità delle cave spelonche, delle rupi l'asperità, delle
strapiombanti vette l’elevazione, delle pianure l'immensità, e quelle recon.
dite vene d'oro e d'argento, e quell' infinita possa di marmi. Quante svariate
maniere d'animali! quale aleggiare e gorgheggiar d'uccelli e pascere d'armenti,
ed inselvarsi di belve! E che cosa degli uomini dirò, che della terra
costituiti cultori non consentono alla ferina immanità di toruarla selvaggia,
all’animalesca stupidità di devastarla, sicchè per opera loro campi isole lidi
mostransi vaghi di case, popolati di città! Le quali cose se a quella guisa
colla mente comprendere potessimo, come le veggiamo cogli occhi; niune in
gettare uno sguardo sulla terra potrebbe dubitar più oltre che esista ia
provvidenza divina. “Ed infatti, come vago è il mare! come gioconda
dell'universo la faccia! Qual moltitudine e varietà d'isole é amenità di piani,
e disparità d'animali, sommersi gli uni nei gorghi, gnizzanti gli altri alla superficie,
nati questi a rapido moto, quelli all’imobi, lità delle loro conchiglie! E
l'acre che col mare con: fina qua diffuso e lieve s'innalza, là si condensa e
accoglie in nugoli, e la terra colle piove feconda; e ad ora ad ora pegli spazii
trascorrendo ingencra i vento ti, e fa che le stagioni subiscano dal freddo al
caldo loro consuete mutazioni, e le penne de' volatori sostiene, e gli animali
mantien vivi.” 5 Giace ultimo l'etere dalle nostre dimore disco. stissimo, che
il cielo e tutte cose ricigne, remoto confine del mondo; per entro al quale
ignei corpi con maravigliosa regolarità compiono il loro corso. Il sole, uno
d'essi, che per mole vince di gran volte la terra, intorno a questa s'aggira,
col sorgere e il tramontare segnando i confini del giorno e della notte;
coll'avvicinarsi e il discostarsi quelli delle stagioni; sicchè la terra,
allorehè il benefico astro s'allontana, da certa qual tristezza è conquisa;
pare che invece insieme col ciclo ši allegri allorchè torna. La luna, che a
dire de matemateci, è più che una mezza terra, trascorre pe' medesimi spazii
del sole, ed ora facendoglisi incontro; ora dipartendosi, que' raggi che da lui
riceve a noi trasmette; ed avvengonle mutazioni di luce; perciocchè talora
postasi innanzi al sole lo splendore ne oscura; talora nell'ombra della terra
s'immerge e d'improvviso scompare. Per quegli spazii medesimi le stelle che
denominiamo vaganti girano intorno a noi e sorgono e tramontano ad uno stessso
modo; il moto delle quali ora è affrettato ora s'allenta ora cessa;
spettacolo di cui altro avere non vi può più ammirando e più bello. Tiene
dietro la moltitudine delle non vaganti stelle, delle quali sì precisa è la
reciproca giacitura, che si poterono ad esse applicar nomi di determinate figure. “E
tanta magnificenza d'astri, tanta pompa di cielo, qual sano intelletto mai
potrà figurarsele surte dal raccozzarsi di corpi qua e là fortuitamente? Chi
potrà credere che forze d' intelligenza e di- ragione sprovvedute fossero state
capaci di dar compimento a tali opere delle quali, senza somma intelligenza e
robusta ragione, ci sforzeremmo inutilmente di comprendere, non dirò come si
sieno fatte, ma solo quali veramente sieno?” Dopo d'avere additato virtù e
religione siccome scaturigini del bene, maestre di felicità, dopo d'avere
spaziato pegli immensi campi d'un'alta e confortevole metafisica, dopo di avere
falto tesoro negli insegnamenti della greca filosofia di ciò ch'essa mise in
luce di più puro e sublime intorno l'anima e Dio; argomento degno della gran
mente di Cicerone era la felicità, non più studiata e ricercata pegli
individui, ma per le nazioni; ed a sì nobile soggetto consacrò i suoi trattati,
in gran parte perduti, Della repubblica e Delle leggi. Nei frammenti che ce ne
restano scorgiamo essersi il filosofo serbato fedele al suo assioma favorito: -
nella giustizia divina contenersi l'unica sanzione dell'umana giustizia.
u Fondamento primo d'ogni legislazione, egli scrive, sia un generale
convincimento che gli Dei sono di tutto arbitri, di tutto moderatori; che
benefattori del. l'uman genere scrutano che cosa è in sè stesso ogni uomo, che
cosa fa, che cosa pensa, con quale spirito pratica il culto; sicchè i buoni
sanno discernere dagli empii. Ecco di che gli animi voglionsi compene. trati, onde
abbiano la coscienza dell' utile e del vero.” Ma se M. Tullio della virtù della
felicità delle leggi ravvisava nella religione le scaturiggini, la religione
voleva che santa e pura fosse, onninamente sgombra dalle supestizioni dalle
credulità, da che vituperata miravala. A tal uopo dettò l'aureo trattato De
divinatione, nel quale usò d'un argomentare nel tempo stesso seyero e faceto,
con abbandonarsi in isferzare la credulità e la sciocchezza a'voli più opposti
della sua proteiforme eloquenza. Capolavoro di Cicerone è il libro Degli
Officii, ossia de' doveri morali degli uomini in qualunque condizione si
trovino essi collocati. I Greci ebbero costume di spaziare troppo ne' campi
delle filosofiche astrazioni; le loro dottrine trovarono meno facile
applicazione a' casi pratici della vita, perchè sovraccaricate di vane
disputazioni, oppurtune più spesso a trastullare l'imaginazione, che ad
illuminare l'intelletto. Tullio grande e saggio anche in questo volle spoglia
la sua filosofia di quell' ingombro, e ricondussela alla più semplice e precisa
espressione degli inculcati doveri. 6 Cicerone (scrive- a proposito del libro
degli Officii un critico tedesco) fu dotato di luminosa intelligenza di
rello giudizio di gran. de altività, doti opportunissime a coltivare la
ragione, a fornirle argomento d' incessanti meditazioni. Ma Cicerone non possede
lo spirito speculativo che si richiede a poter ben addentrarsi ne' primi
principii delle scienze: il tempo venivagli meno a minute indagini, la sua
indole stessa fare non gliele poteva famigliari. Uomo di stato più che
filosofo, le scienze morali lo interessavano per quel tanto che gli servivano a
rischiarare le proprie idee intorno ad argomenti politici. Vissulo in mezzo a
rivoluzioni, quali traversie non ebbe egli a sopportare ! Niun politico si
trovò mai in situazione più propizia per fare tesoro d'osservazioni intorno
l'indole della civile società, la diversità de' caratteri, l'influenza delle
passioni. Pure cotesta situazione sua stessa era poco alla a fornirgli opportunità
d’approfondire idec astralte o meditare sulla natura delle forze invisibili, i
cui visibili risultamenti s'appalesano nell' umano consorzio. La
situazione politica in cui M. Tullio si trovò collocato improntò la sua morale
d'un carattere speciale. Gli uomini dei quali ed a’ quali ragiona sono quasi
sempre della classe a cui spetla d'amministrare la repubblica: talora, ma più
di rado, rivolgesi agli studiosi delle lettere e delle scienze. Per la
moltitudine de cittadini hannovi bensì qua e là precetti generali comuni
applicabili agli uomini tutti; ma cercheresti inutilmente l'applicazione di
que' precelli alle circostanze d'una vita oscura e modestà. Caso invero
singolare! Mentre le forme del reggimento repubblicano raumiliavano l'orgoglio
politico con dargli a base il favore popolare, i pregiudizii dell'antica
società alimentavano l'orgoglio filosofico, con accordare il privilegio
dell'istruzione unicamente a coloro che per nascita o per fortune erano
destinati a governare i loro simili. In conseguenza di questo modo di vedere i
precetti morali di Cicerone degenerarono sovente in politici
insegnamenti. Coi trattati “Dell' amicizia” e “Della vecchiezza” M.
Tullio a confortevoli meditazioni ebbe ricorso onde ricreare la propria mente
dalla tensione di più ardui studii e dagli insulti della fortuna. E veramente
che cosa avere vi può sulla terra di più dolce e santo d'una fedele amicizia?
Che cosa vi ha di più dignitoso e simpatico d'una vecchiezza onorata e felice?
Cice, rone in descrivere quelle pure e nobili dilettazioni consulto il proprio
cuore: beato chi trova in sè stesso l' inspirazione e la coscienza della virtù!”
Ricerca Mitologia romana narrazioni mitologiche dell'antica Roma La mitologia
romana riguarda le narrazioni mitologiche della civiltà legata all'antica Roma,
e può essere suddivisa in tre parti: Periodo repubblicano: nata nei primi
anni della storia di Roma, si distingueva nettamente dalla tradizione greca ed
etrusca, soprattutto per quanto riguarda le modalità dei riti. Periodo
imperiale classico: spesso molto letteraria, consiste in estese adozioni della
mitologia greca ed etrusca. Periodo tardo-imperiale: consiste nell'assunzione
di molte divinità di origine orientale, tra le quali il Mitra persiano,
sincretizzato nel culto del Sol Invictus. Il mito di Romolo e Remo Natura
dei primi miti romaniModifica È possibile affermare che i primi romani avessero
miti. Detta in altro modo: finché i loro poeti non entrarono in contatto con
gli antichi greci verso la fine della Repubblica, i romani non ebbero storie
sulle loro divinità paragonabili al mito dei Titani o alla seduzione di Zeus da
parte di Era, ma ebbero miti propri come quelli di Marte e di Fauno. A quell'epoca
i romani già avevano: un sistema di rituali ed una gerarchia sacerdotale
ben definiti; un insieme molto ricco di leggende storiche sulla fondazione e
sviluppo della loro città che avevano per protagonisti degli umani ma vedevano
anche interventi divini. Prima mitologia sulle divinitàModifica Il modello
romano comportò un modo molto diverso di definire il concetto di divinità
rispetto a quello greco che ci è noto. Per esempio se avessimo chiesto ad un
antico greco chi fosse Demetra, avrebbe probabilmente risposto raccontando la
famosa leggenda del suo folle dolore per il rapimento della figlia Persefone da
parte di Ade. Al contrario un romano antico avrebbe risposto che Cerere aveva
un sacerdote ufficiale chiamato flamine, che era più giovane dei flamini di Giove,
Marte e Quirino (la Triade arcaica), ma più anziano dei flamini di Flora e
Pomona. Avrebbe anche potuto dire che era inserita in una triade con altre due
divinità agresti, Libero e Libera e avrebbe anche potuto elencare tutte le
divinità minori con funzioni specifiche che la assistevano: Sarritor (il
sarchiatore), Messor (il mietitore), Convector (il carrista), Conditor (il
magazziniere), Insitor (il seminatore) e altri ancora. Così la mitologia romana
arcaica, almeno per quello che riguardava gli dei, era costituita non da
storie, ma piuttosto da complesse interrelazioni reciproche tra dei e uomini e
all'interno della sfera umana, dall'una parte, e della sfera divina
dall'altra. La religione originaria dei primi romani venne modificata in
periodi successivi dall'aggiunta di numerose e conflittuali credenze e
dall'assimilazione di gran parte della mitologia greca. Quel poco che sappiamo
della religione romana arcaica lo conosciamo non attraverso fonti
contemporanee, ma grazie a scrittori tardi che cercarono di salvare le antiche
tradizioni dall'abbandono in cui erano cadute, come lo studioso del I secolo
a.C. Marco Terenzio Varrone. Altri scrittori classici, come il poeta Ovidio nei
suoi Fasti, furono fortemente influenzati dai modelli ellenistici e nei loro
lavori impiegarono spesso miti greci per riempire i vuoti della tradizione
romana. Prima mitologia sulla "storia" romanaModifica In
contrasto con la scarsità di materiale narrativo arrivatoci sugli dei, i Romani
avevano una ricca fornitura di leggende quasi storiche sulla fondazione e sulle
prime fasi dello sviluppo della loro città. I primi re di Roma come Romolo e
Numa avevano una natura quasi interamente mitica ed il materiale leggendario
può estendersi fino ai racconti della prima repubblica. In aggiunta a queste
tradizioni in gran parte indigene, fin dai tempi antichi materiale tratto da
leggende eroiche greche venne inserito in questo blocco originario, facendo
diventare, ad esempio, Enea un antenato di Romolo e Remo. L'Eneide e i primi
libri di Livio sono le migliori fonti esistenti per questa mitologia
umana. Divinità romaneModifica Ulteriori informazioni Si propone di
dividere questa pagina in due, creandone un'altra intitolata Divinità romane.
Dèi greci e romaniModifica La pratica rituale romana dei sacerdoti ufficiali
distingueva nettamente due classi di dèi, gli dèi indigeni (di indigetes) e i
nuovi dèi (di novensiles). Gli dei indigeni erano gli dèi originari dello
stato romano e i loro nomi e la loro natura erano rivelati dai titoli degli
antichi sacerdoti e dalle feste fissate sul calendario; trenta dèi di questo
tipo erano onorati con feste speciali. I nuovi dèi erano divinità più
tardi i cui culti vennero introdotti nella città in periodi storici, di solito
in una data conosciuta e in risposta a una specifica crisi o a una determinata
necessità. Le divinità romane arcaiche includevano, oltre agli dèi
indigeni, un insieme di dèi cosiddetti specialisti i cui nomi venivano invocati
nel corso di diverse attività, come la mietitura. Frammenti di antichi rituali
che accompagnano tali azioni come l'aratura o la semina rivelano che in ogni
fase delle operazioni veniva invocata una divinità specifica, il cui nome
derivava sempre dal verbo che identificava l'operazione stessa. Tali divinità
possono essere raggruppate sotto la definizione generale di dei assistenti o
ausiliari, che venivano invocati a fianco delle divinità più grandi. Il culto
romano arcaico, più che essere politeista, credeva a molte essenze di tipo
divino: degli esseri invocati i fedeli non conoscevano molto più che il nome e
le funzioni e il numen di questi esseri, ossia il loro potere, si manifestava
in modi altamente specializzati. Il carattere degli dèi indigeni e le
loro feste mostrano che i Romani arcaici non solo erano membri di una comunità
agreste, ma amavano anche combattere ed erano spesso impegnati in guerre. Gli
dei rappresentavano chiaramente le necessità pratiche della vita quotidiana,
secondo le esigenze della comunità romana a cui appartenevano. I loro riti
venivano celebrati scrupolosamente con offerte ritenute adatte. Così Giano e
Vesta custodivano la porta e il focolare, i Lari proteggevano i campi e la
casa, Pale il pascolo, Saturno la semina, Cerere la crescita del grano, Pomona
i frutti, Consus e Opi la mietitura. Tavola illustrata degli Acta
Eruditorum raffigurante divinità romane Anche Giove supremo, il signore degli
dèi, era onorato perché recasse assistenza alle fattorie e ai vigneti. In una
accezione più vasta egli era considerato, grazie all'arma del fulmine, il
direttore delle attività umane e, per mezzo del suo dominio incontrastato, il
protettore dei Romani durante le campagne militari oltre i confini della loro
comunità. Rilevanti nei tempi arcaici furono gli dei Marte e Quirino, che
venivano spesso identificati. Marte era il dio dei giovani e specialmente dei
soldati; veniva onorato a marzo e a ottobre. Gli studiosi moderni ritengono che
Quirino fosse il protettore della comunità in armi. A capo del pantheon
originario vi era la triade composta da Giove, Marte e Quirino (i cui tre
sacerdoti, o flamini, appartenevano all'ordine più elevato), insieme a Giano e
Vesta. Questi dèi nei tempi arcaici avevano una individualità molto ridotta e
le loro storie personali non conoscevano matrimoni e genealogie. Diversamente
dagli dei Greci, si riteneva che non agissero come i mortali e così non
esistono molti racconti sulle loro imprese. Questo culto arcaico era associato
a Numa Pompilio, il secondo re di Roma, che si credeva avesse avuto come
consorte e consigliera la dea romana delle fontane e del parto, Egeria, spesso
considerata una ninfa nelle fonti letterarie successive. Tuttavia, nuovi
elementi vengono aggiunti in un periodo relativamente tardo. Alla casa reale
dei Tarquini la leggenda ascrive l'introduzione della grande triade capitolina
di Giove, Giunone e Minerva, che occupò il primo posto nella religione romana.
Altre aggiunte furono il culto di Diana sull'Aventino e l'introduzione dei
libri sibillini, profezie di storia mondiale, che, secondo la leggenda, vennero
acquistate da Tarquinio alla fine del VI secolo a.C. dalla Sibilla
cumana. Divinità straniereModifica L'assorbimento degli dèi dei popoli
vicini avvenne quando lo stato romano conquistò il territorio circostante. I
Romani generalmente garantivano agli dèi locali dei territori conquistati gli
stessi onori degli dèi caratteristici dello stato romano. In molti casi le
divinità di recente acquisizione venivano formalmente invitate a trasferire la
propria dimora nei nuovi santuari di Roma. L’oggetto di culto rappresentante
Cibele venne trasferito da Pessinos in Frigia e accolto con le dovute cerimonie
a Roma. Inoltre, lo sviluppo della città attraeva stranieri, a cui era
consentito mantenere il culto dei propri dèi. In questo modo Mitra giunse a
Roma e la sua popolarità tra le legioni ne fece diffondere il culto fino in
Britannia. Oltre a Castore e Polluce, gli insediamenti greci in Italia, una
volta conquistati, sembra che abbiano introdotto nel pantheon romano Diana,
Minerva, Ercole, Venere e altre divinità di rango inferiore, alcune delle quali
erano divinità italiche, altre derivavano originariamente dalla cultura della
Magna Grecia. Le divinità romane importanti venivano alla fine identificate con
gli dei e le dee greche che erano più antropomorfiche e assumevano molti dei
loro attributi e miti. Principali divinità romane Animali Lupo Picchio
Sirena Strige Dèi e dee Abbondanza:
personificazione dell'abbondanza e della prosperità nonché la custode della
cornucopia Abeona: protettrice delle partenze, dei figli che lasciano per la
prima volta la casa dei genitori o che muovono i loro primi passi. Adeona:
protettrice del ritorno, in particolare di quello dei figli verso casa dei
genitori. Aequitas: l'origine, il principio ispiratore di matrice divina, del
diritto. Aeracura: dea ctonia e della fertilità Aesculanus: divinità romana
protettrice dei mercanti e preposta alla coniazione delle monete Aio Locuzio:
dio dell'avvertimento misterioso, avvisò Roma dell'invasione dei Galli
Alemonia: dea della fertilità per cui le si dedicavano dei sacrifici per avere
figli, ma era anche responsabile della salute del bimbo nel ventre materno. Era
infatti lei che si occupava del suo nutrimento mentre viveva nel corpo della
madre, garantendo quindi altresì la salute del corpo della madre Alma: colei
che portava la vita Angerona: dea del silenzio o dei piaceri, protettrice degli
amori segreti, guaritrice dalle malattie cardiache, dal dolore e dalla
tristezza Angizia: divinità ctonia adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri
popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti Anguana: una creatura legata
all'acqua, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa Anna
Perenna: dea che presiedeva il perpetuo rinnovarsi dell'anno Annona: un'antica
dea italica, dea dell'abbondanza e degli approvvigionamenti Antevorta: dea del
futuro, presiede alla nascita dei bambini quando sono in posizione cefalica
Attis: paredro di Cibele, il servitore autoeviratosi, che guida il carro della
dea. Aquilone: dio del vento del nord Aurora: dea dell'aurora Auster: dio del
vento del sud Averna: una dea della morte Bacco: dio della follia, delle feste,
del vino, dell'uva, dell'ebrezza e della vendemmia Barbatus: dio a cui si
rivolgevano i ragazzi non solo perchè facesse crescere copiosa la barba, ma
anche per non tagliarsi quando ci si liberava di essa con una lama piuttosto
affilata Bellona: dea che incarna la guerra Bona Dea: antica divinità laziale,
il cui nome non poteva essere pronunciato, dea della fertilità, della
guarigione, della verginità e delle donne Bonus Eventus: una delle dodici
divinità che presiedevano all'agricoltura e concetto di successo Bubona: dea
protettrice dei buoi Candelifera: dea romana della nascita Caligine: dea della
nebbiosa oscurità primordiale, generò dapprima Caos, poi, Notte, Giorno, Erebo
ed Etere Caos: dio del caos primordiale Cardea: dea della salute, delle soglie
e cardini della porta e delle maniglie, associata anche al vento Carmenta: dea
protettrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici Carna:
dea con il compito di proteggere gli organi interni, in particolare dei
bambini, e più in generale di assicurare il benessere fisico all'uomo Cerere:
divinità materna della terra, dell'agricoltura, del grano, della fertilità, dei
raccolti e della carestia Cibele: dea della natura, degli animali e dei luoghi
selvatici. Clementia: dea della clemenza e della giustizia Cloacina: dea
protettrice della Cloaca Maxima, la parte più antica ed importante del sistema
fognario di Roma Concordia: spirito dell'armonia della comunità Conso: divinità
del seme del grano, dei depositi per la sua conservazione, dei granai e degli
approvvigionamenti Cupido: dio dell'amore divino, del desiderio sessuale,
dell'erotismo e della bellezza Cunina: dea della tenerezza, protettrice dei lattanti,
che veniva supplicata a lungo quando il pargolo era insonne e non faceva
dormire, o quando aveva la febbre, o male al pancino Cura: dea della vita e
dell'umanità Dea Tacita: dea degli inferi che personifica il silenzio Devera:
una delle tre divinità che insieme a Pilumnuse Intercidona proteggevano le
ostetriche e le donne in travaglio Diana: dea della Luna, delle selve, degli
animali selvatici, delle giovani fanciulle vergini e della caccia, custode
delle fonti e dei torrenti Disciplina: personificazione della disciplina
Discordia: dea della discordia, del caos e del male Dis Pater: dio del
sottosuolo Domidicus: dio che guida la casa sposa Domizio: dio che installa la
sposa Dria: dea che assicurava un buon flusso esente da dolori nelle
mestruazioni Edulica: dea spesso invocata perché alla madre non mancasse il
latte Edusa: dea che provvedeva a far provare al bambino il desiderio della
semplice acqua Egeria: dea romana delle fontane e del parto Epona: dea dei
cavalli e dei muli Ercole: dio del salvataggio Erebo: dio ancestrale
dell'oscurità, le cui nebbie circondavano il centro della Terra Esculapio: dio
della medicina Etere: dio dell'aria superiore che solo gli dei respirano
Fabulinus: dio che insegna ai bambini a parlare Falacer: dio del Cermalus (un'altura
del Palatino) Fama: personificazione della voce pubblica Fascinus: incarnazione
del divino fallo Fauno: dio dei pascoli, delle selve, delle foreste, della
natura, dei campi, dell'agricoltura, della campagna e della pastorizia Favonio:
dio del vento dell'ovest Febo o Apollo: dio del Sole, delle arti, della musica,
della profezia, della poesia, delle arti mediche, delle pestilenze e della
scienza Fecunditas: dea della fertilità Felicitas: divinità dell'abbondanza,
della ricchezza e del successo, presiedeva alla buona sorte Ferentina: dea
dell'acqua e della fertilità Feronia: una dea romana della fertilità di origine
italica, protettrice dei boschi e delle messi, celebrata dai malati e dagli
schiavi riusciti a liberarsi Febris: dea della Febbre, associata alla
guarigione dalla malaria Fides: personificazione della lealtà Flora: dea della
primavera e dei fiori Fontus o Fons: dio delle fonti Fornace: dea del forno in
cui si cuoce il pane Fortuna: dea del caso e del destino Furie:
personificazioni femminili della vendetta Furrina: dea delle acque Giano: dio
dei bivi, delle scelte, dell'inizio e della fine Giorno: dea del giorno Giove:
re degli dei, dio del fulmine e del tuono Giunone: regina degli dei, dea della
donne e del matrimonio Giustizia: personificazione della giustizia Giuturna:
dea dei corsi d'acqua dolce del Lazio Insitor: dio della protezione della
semina e degli innesti Inuus: dio del rapporto sessuale Iride: dea
dell'arcobaleno e messaggera degli dei Iuventas: dea della giovinezza
Jugatinus: dio che unisce la coppia in matrimonio Lari: spiriti protettori
degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon
andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale Laverna:
protettrice dei ladri e degli impostori Levana: dea protettrice dei neonati
riconosciuti dal padre Libero (Liber): dio italico della fecondità, del vino e
dei vizi Libertas: divinità romana della libertà Libitina: divinità arcaica
romana, incaricata di badare ai doveri ed ai riti che si tributavano ai morti e
che perciò presiedeva ai funerali Lua: dea a cui erano consacrate le armi dei
nemici sconfitti Lucina: dea del parto, salvaguardava inoltre le donne nel
lavoro Luna: personificazione della Luna Luperco: dio protettore della
fertilità Lympha: dea che influenzava l'approvvigionamento idrico Maia: dea
della fecondità e del risveglio della natura in primavera Mani: anime dei
defunti. Esse talvolta venivano identificate con le divinità dell'oltretomba
Manturna: dea che teneva la sposa a casa Marìca: divinità italica. Ninfa
dell'acqua e delle paludi, era signora degli animali e protettrice dei neonati
e della fecondità Marte: dio della guerra violenta Matres: divinità femminili
dell'abbondanza e della fertilità Mefite: dea delle acque, invocata per la
fertilità dei campi e per la fecondità femminile Mena (21°figlia di Giove): dea
della fertilità e delle mestruazioni Mors: personificazione della morte
Mercurio: messaggero degli dei, dio della velocità, dell'astuzia, delle strade,
del commercio, dei messaggi, dei viaggiatori, dei ladri, dell'eloquenza,
dell'atletica, delle trasformazioni di ogni tipo, della destrezza e della
farmacia, protettore dei messaggeri, dei ladri e dei viaggiatori Minerva: dea
dell'intelligenza, delle tattiche militari, della tessitura e delle arti
casalinghe Mitra (Mithra): dio delle legioni e dei guerrieri Muse: 9 divinità
delle arti Mutuno Tutuno: divinità matrimoniale fallica Nemesi: dea della
vendetta, dell'equilibrio e del castigo Nettuno: dio del mare, dei terremoti,
dei maremoti, delle piogge, del vento marino, delle tempeste e della siccità
Notte: dea della notte Numeria: dea italica della matematica, preposta al conto
dei mesi del parto Nundina: dea che si occupava della purificazione dei nuovi
nati Opi: dea della terra e dispensatrice dell'abbondanza agraria Orco: dio
degli Inferi Ore: dee delle ore Ossilao: dio che si doveva occupare che le ossa
dei bambini crescessero sane e robuste Palatua: dea del Palatino Pale: dio
degli allevatori e del bestiame Partula: dea del parto, che determina la durata
di ogni gravidanza Pax: dea della pace Pavenzia: dea che si occupava di
proteggere i bambini dagli spaventi improvvisi Pellonia: divinità che faceva
scappare i nemici Penati: spiriti protettori di una famiglia e della sua casa ed
anche dello Stato Pertuda: dea che consente la penetrazione sessuale Picumnus:
dio della fertilità, dell'agricoltura, del matrimonio, dei neonati e dei
bambini Pietas: dea del compimento del proprio dovere nei confronti dello
Stato, delle divinità e della famiglia Pilunno: dio protettore dei neonati
nelle case contro le malefatte di Silvano Plutone: dio della morte e degli
inferi Pomona: dea dei frutti Potina: dea che si occupava di accompagnare il
bimbo nello svezzamento Portuno: dio dei porti e delle porte Postvorta: dea del
passato, presiede la nascita dei bambini quando essi sono in posizione podalica
Prema: dea che tiene la sposa sul letto Priapo: dio della fertilità maschile
Proserpina: dea dei fiori e della primavera Providentia: personificazione divina
dell'abilità di prevedere il futuro Psiche: dea delle anime, personificazione
dell'Anima gemella, ossia l'amore umano e protettrice delle fanciulle
Pudicizia: dea romana della castità coniugale Quirino: dio delle curie e
protettore delle pacifiche attività degli uomini liberi Robigus: dio romano
della ruggine del grano Roma: dea della patria e della città di Roma Rumina:
dea delle donne allattanti Salacia: dea dell'acqua salata e custode delle
profondità dell'oceano Salus: personificazione dello stare bene, della salute e
della prosperità Sanco: dio protettore dei giuramenti Saturno: titano del tempo
e della fertilità Securitas: personificazione della sicurezza Silvano: dio dei
boschi Senectus: dio della vecchiaia Sogno: dio dei sogni Sole: personificazione
del Sole Sol Indiges: antica divinità solare Sol Invictus: antica divinità
solare Somnus: dio del sonno e padre dei sogni Soranus: dio solare infero
Speranza: dea della speranza Statano: divinità che aiutava i bimbi ad avere
forza sulle gambe e quindi a camminare speditamente Statulino: dio che era
accanto ai bambini nel muovere i primi passi perché non cadessero donandogli la
stabilità Sterculo: dio inventore della concimazione dei campi e degli
escrementi Stimula e Sentia: dee che, negli adolescenti, affinavano i sensi ed
i ragionamenti, curandone l’intelligenza ed il raziocinio, li rendevano
consapevoli e gli insegnavano da un lato l’indipendenza e dall'altro l'onere
dei loro doveri Strenia: simbolo del nuovo anno, di prosperità e buona fortuna
Subigus: dio che sottomette la sposa alla volontà del marito Summano: dio dei
tuoni e dei fenomeni atmosferici notturni Terminus: dio dei confini dei poderi
e delle pietre terminali Tellus: dea romana della Terra e protettrice della
fecondità, dei morti e contro i terremoti Tiberino: dio delle sorgenti e del
fiume Tevere Trivia: dea della magia, degli incroci, degli incantesimi, degli
spettri e protettrice degli incroci di tre strade ed era la potente signora
dell'oscurità, regnava sui demoni malvagi, sulla notte, sulla Luna, sui
fantasmi e sui morti, associata anche ai cicli lunari rappresentava la Luna
calante. Era invocata da chi praticava la magia nera e la necromanzia Uterina:
assistente alla puerpera nel momento delle doglie che aiutava a superare il dolore
delle doglie Vacuna: patrona del riposo dopo i lavori della campagna. Divinità
di ampio utilizzo, ma soprattutto riconosciuta e invocata per la fertilità,
legata alle fonti, alla caccia, e al riposo Vaticano: dio la cui funzione era
assistere i neonati nel loro primo vagito Veiove: protettore dell'Asylum, il
bosco sacro di rifugio che si trovava nella sella del Campidoglio Venere: dea
della bellezza, dell'amore e del desiderio Verità: dea e personificazione della
verità Vertumno: dio della nozione del mutamento di stagione e presiedeva alla
maturazione dei frutti Vesta: dea del focolare, della casa e del cibo Vica
Pota: dea della vittoria e della conquista Victoria: dea della vittoria e dei
giochi Viduus: dio minore, deputato a separare l'anima dal corpo dopo la morte
Virginiensis: dea che scioglie la cintura della sposa Viriplaca: dea romana che
"placa la rabbia dell'uomo" Virtus: divinità del coraggio e della
forza militare, la personificazione della virtus (virtù, valore) romana
Volturno: dio del fiume Volturno e patrono del vento caldo di sud-est Volupta:
personificazione del piacere sensuale Vulcano: dio del fuoco, della metallurgia
e dei vulcani, protettore dei fabbri Festività Lo stesso argomento in
dettaglio: Festività romane. Consualia Fontinalia Fornacalia Lupercalia
Nettunalia Parentalia Saturnali Primavera sacra Floralia Località -- Averno
(lat.Avernus) Campidoglio Cariddi Lete Palatino Stige (lat.Styx) Personaggi,
eroi e demoniModifica Almone - eroe Anteo - eroe Ascanio - eroe Caca - demone
Caco - demone Camene - demoni Camerte - eroe Caronte - demone Cidone e Clizio -
eroi Clauso - eroe Clelia - eroe Curiazi - eroe Didone - personaggio Egeria -
demone Enea - eroe Ercole - eroe Eurialo e Niso - eroi Evandro - eroe Fauna -
demone Fauno - demone Feziali - eroe Flamini - personaggi Galatea - demone
Lamiro e Lamo - eroi Laride e Timbro - eroi Lavinia - personaggio Lica - eroe
Luca - eroe Marica - demone Messapo - eroe Murrano - eroe Numa Pompilio - eroe
Orazi - eroi Pallante - eroe Pico - demone Pontefice massimo - personaggio
Publio Cornelio Scipione Psiche - personaggio Ramnete - eroe Rea Silvia -
personaggio Remo - eroe Reto - soldato Romolo e Remo - eroi Salii - personaggi
Salio - eroe Serrano - eroe Sibilla - personaggio Tagete - demone Tarquito -
eroe Terone - eroe Tirro - personaggio Turno - eroe Ufente - eroe Umbrone -
eroe Venulo - eroe Vestali - personaggi Volcente - eroe PopoliModifica
Aborigeni Equi Latini Marsi Messapi Rutuli Sabini Troiani Volsci. Ferro e
Monteleone, Miti romani. Il racconto, Torino, Einaudi, 2010. Anna Ferrari,
Dizionario di mitologia, Torino, Utet, Voci correlate Religione romana
Sacerdozio (religione romana) Numen Mitologia Mitologia etrusca Mitologia greca
Dodici dei (religione romana) Quirino (divinità). Portale Antica Roma
Portale Letteratura Portale Mitologia Ultima modifica 5 ore
fa di Pulciazzo PAGINE CORRELATE Lista di divinità lista di un progetto Dèi
Consenti dodici dèi principali della mitologia romana Triade arcaica
Wikipedia Il Conte Tullio Dandolo. Tullio Dandolo. Dandolo. Keywords: storia
della filosofia romana – ambasceria di Carneade – e tutto il resto! -- “Il
secolo di Augusto”; “Roma e l’impero fino a Marc’Aurelio” “Corse estive nel
Golfo della Spezia”; roma pagana “indici ragionati degli studi del conte Tullio
Dandolo su Roma pagana” -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Dandolo” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Daniele: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale numismatica – scuola di San Clemente – filosofia rimenese –
filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (San Clemente). Filosfo san-clementino. Filosofo
riminiano. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. San Clemente, Rimini, Emilia-Romagna. Grice: “Daniele
is an interesting philosopher, if you are into numismatics, his pet topic!” Figlio di Domenico e Vittoria De Angelis, studia a
Napoli, dove frequenta gli intellettuali della città. Entra in amicizia con
vari studiosi tra cui Genovesi, Cirillo, ed Egizio. Cura un'edizione delle
opere di A. Telesio, illustre filosofo cosentino, lavoro che gli procurò
l'interesse di intellettuali di giornali letterari dell'epoca, specialmente per
l’epistola dedicatoria e la vita del Telesio filosofo in purgato latino. Cura
la pubblicazione le “Opuscoli” di Mondo, che era stato il suo primo maestro,
premettendovi una dotta prefazione di tutte le veneri e la grazie pellegrine
dell’idioma toscano, che merita gli elogi di Zanotti. Pubblica le nuove
“Orazioni” latine di Vico, ch’erano state lette da quest’altissimo ingengno
mentre filosofava sull’eloquenze e la colloquenza alla Regia Univerista.
Publicca la l’aureo romanzo de Longo – que sembra dettato dall’amore, reso in
volgare da Caro, con deliziosa e spontanea gracia, faciendo un dono
preziossimimo agli ananti della toscana favella – corredandolo di una dotta
prefazione escritta con ammirabile purita di lingua. A San Clemente cura le
proprietà della famiglia. Si dedica al studio dell’antico e agli studi della
classicità acquisendo documentazioni – collezione epigrafica -- e creando una
collezione di oggetti antichi legati al territorio di San Clemente. Pubblica una
critica ad alcuni studi sulle storia di Caserta (“Crescenzo Espersi Sacerdote
Casertano al Signor Gennaro Ignazio Simeoni, un ufficiale di artiglieria
napoletano”). Il marchese Domenico Caracciolo lo fa richiamare a Napoli dove
entra nella segreteria di Stato. Riordina la raccolta delle leggi e dei diplomi
dell'imperatore Federico II. E nominato "regio istoriografo", carica
che era stata di VICO (si veda) e di Assemani. Alla carica era associato un
sussidio economico. Pubblicò Le Forche Caudine illustrate (Napoli), lavoro che
gli permise di entrare all'Accademia della Crusca. Ricoprì nella Reale
Accademia di Scienze e Belle Lettere, creata da Ferdinando IV, la carica di
censore per le memorie delle classi terza e quarta. Riceve l'incarico di
sistemare la biblioteca della Collezione Farnese, in seguito confluita nella
Biblioteca di Napoli. Divenne uno dei 15 soci dell'Accademia Ercolanese, dove
cura la pubblicazione degli studi su Ercolano e Pompei. Suo malgrado anzi fu
coinvolto, a causa della sua vicinanza con gli intellettuali vicini alla
repubblica, nei fatti che successero dopo la caduta della Repubblica
partenopea. Perse tutti gli incarichi e di conseguenza torna agli amati studi.
Pubblicò un saggio di numismatica, Monete antiche di Capua, con la descrizione
delle monete capuane di cui sei inedite. Sotto Bonaparte, riottenne le sue
cariche e l'anno dopo divenne segretario perpetuo dell’Accademia di storia e di
antichità e fu nominato direttore della Stamperia Reale. Fu anche socio
dell'accademia Cosentina, della Plautina di Napoli, e dell'Accademia Etrusca di
Cortona. Altre opere: “Antonii Thylesii Consentini Opera” (Napoli); “Crescenzo
Esperti Sacerdote Casertano al Signor Gennaro Ignazio Simeoni” (Napoli) – una
lettera sotto un falso nome in cui dimonstra la vera origine di Caserta --; “Le Forche Caudine illustrate” (Caserta) –
dove stabilisce il vero luogo ove furono piantati que’ gioghi sotto cui
passarono le vite legion romane, provando con compoisoa e ben adattata
erudizioone, chef u la Valle d’Arpaia, contro l’opinione di Cluvero, Olstenio,
e di altri eruditi di chiaro nome --; “I Regali Sepolcri del duomo di Palermo
riconosciuti et illustrate” (Napoli) – imprese anche ad illustrare le tombe de’
re di Sicilia. Rispende in questa la purita della lingua, e la ‘erudizione piu
estesa, che possa desiderarse tanto nella patria storia degli antichi tempi,,
quanto in quella del medio evo -- “Monete antiche di Capua” (Napoli) dove interpreta le antiche monete di Capua gia
pubblicate fino al numero di dodici, ne pubblica altre sei del tutto ignote
agli eruditi; e nel fine dell’opera tratta in un erudite discourse del culto di
Giove, di Diana, e di Ercole presso i Campani. Opera inedita: Ricerca storica,
diplomatica, e legalle sulla condizione feudale di Caserta; Vita e Legislazione
dell’Imperatore Federico II, “Codice Fridericiano” contenente tutta la
legislazione di Federico. Propurca l’onoro di iiverine region storiografico,
segretario perpetuo dell’accademia ercolanese e l’accademia della Crusca.– che
le merita membro della Crusca – Vita ed opuscoli di Camilo Pellegrino il
giovane; Topografia dell’antica Capua illustrate con antichi monumenti; Il
Museo Casertano. “Cronologia della famiglia Caracciolo di Francesco de Pietri”
(Napoli). Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Danilele epigrafista e l’epigrafe probabilmente sua per la Reggia di
Caserta,La collezione epigrafica del Daniele a Caserta; Una pagina di storia
dell’Anfiteatro Campano, Francesco Daniele: un itinerario emblematico, in
classica a Napoli, La famiglia Daniele e i suoi due palazzi in San Clemente di
Caserta: note genealogiche ed araldiche, descrizione degli edifici superstiti e
ipotesi e proposte per la loro corretta attribuzione”; Daniele e lo studio del
mondo antico” -- Lettere di Francesco Daniele al principe di Torremuzza”; “Lettera
di Francesco Daniele a Giovanni Paolo Schultesius, Lettere di Francesco Daniele
al dottor Giovanni Bianchi di Rimini” Pseudonym: ‘Crescenzo Esperti’. Francesco Daniele. Keywords: filosofia
antica, roma antica, filosofia romana, l’antico in Roma antica, l’antico, idea
dell’antico, ercolano, pompei, collezione farnese, palazzo Daniele, San
Clemente, Caserta. Opera di Mondo, A. Telesio. “Regio Istoriografo,” carica cheera
state di Divo e di Assemani, Giove, Diana, Ercole, Campania, le vinte legion
legion romane, l’origine di Caserta, A. Telesio, filosofo. Mondo, filosofo,
opuscoli. Romanzo di Longo reso in volgare da Caro, vita di Talesio, orazioni
sull’eloquenza di Vico, valle d’Arpaia, gioghi, re di Sicilia. Numismatica
romana studio della monetazione romana Lingua Segui Modifica Ulteriori
informazioni A questa voce o sezione va aggiunto il template sinottico {{Coin
image box 1 double}} La numismatica romana studia la monetazione romana, cioè
l'insieme delle monete emesse da Romae dal suo Impero dalla prime emissioni di
monete fuse, delle monete romano-campane sino alla fine dell'Impero
Romano. Articolazione della materiaModifica monetazione romana
repubblicana monetazione imperatoriale monetazione imperiale monetazione
provinciale La monetazione repubblicana comprende monete dalle prime emesse da
Roma sino alla guerra civile. La monetazione imperatoriale comprende
monete emesse nel periodo delle guerre civili, dai vari generali in lotta in
virtù dell'imperium posseduto. Alcuni studiosi non accettano questa categoria
ed includono queste monete in quelle repubblicane. La monetazione
imperiale romana comprende monete emesse dalla nascita del principato fino alla
fine dell'Impero romano. La monetazione provinciale invece tratta di
quelle monete che sono state emesse da colonie ed alleati di Roma. Si tratta principalmente
di monete sussidiarie o di monete emesse dagli imperatori romani utilizzando
tipi che fossero meglio compresi da popolazioni di lingua greca. Spesso queste
monete sono indicate col termine di coloniali. Una volta erano anche chiamate
Greche imperiali. I punti più rilevanti nella monetazione romana sono
l'emissione del denario nel III secolo a.C., l'emissione dell'antoniniano da
parte di Caracalla nonché lo studio del sesterzio vero e proprio veicolo di
propaganda dell'antichità. Sono anche fondamentali le riforme monetarie
di Augusto, Caracalla, Aureliano e Diocleziano. Classificazione delle
monete romane repubblicaneModifica Antonia 1; Syd. Craw. 364/1b
Pompeia 1; Syd.; Craw. 235/1a Per le monete repubblicane uno dei riferimenti
più usati è il testo di Babelon (Description historique et chronologique des
monnaies de la république romaine vulgairement appelées monnaies consulaires)
pubblicato in due volumi nel 1885-1886. Nel testo viene utilizzata la
suddivisione proposta da Eckhel: monete fuse monete romano-campane
monete anonime, senza cioè l'indicazione del magistrato responsabile
dell'emissione monete divise per gens. All'interno della gens le monete sono
catalogate in ordine cronologico. Le monete vengono quindi indicate con
l'indicazione delle gens ed un numero progressivo: ad es. Claudia 6, Pomponia
1. La Description di Babelon è stata ristampata. Altri lavori più moderni
sono quello di Sydenham e quello di Michael H. Crawford, che elencano le monete
in ordine cronologico. Il lavoro di Crawford è il più recente sulla
monetazione repubblicana. Nell'elenco delle monete il primo numero indica il
monetario mentre il secondo numero indica la singola moneta. Sydenham, E.A.: Coinage of
the Roman Republic Crawford, Roman Republican Coinage. Quest'ultimo lavoro è considerato il migliore
attualmente esistente Bisogna anche citare due studi particolari:
Campana, La monetazione degli insorti durante la guerra sociale, l'unico studio
approfondito su questo tema, che riporta anche il corpus completo e lo studio
dei coni. Thurlow, B. - Vecchi I.: Italian Aes Grave and Italian Aes Rude,
Signatum, and the Aes Grave of Sicily, sulla monetazione fusa in Italia e
Sicilia. Classificazione delle monete romane imperiatorialiModifica Non
esistono pubblicazioni specifiche che classifichino le monete di questo
periodo. Si usano sia testi sulle monete repubblicane che testi sulle monete
imperiali. Alcuni dei testi sono già stati analizzati per le monete
repubblicane e sono: Babelon, E.: Monnaies de la République Romaine, che
usa la divisione per gens. Sydenham, E.A.: The Coinage of the Roman Republic,
che usa una suddivisione cronologica e si ferma grosso modo al 36 a.C. Crawford,
M. H.: Roman Republican Coinage. Altri testi, che riguardano anche la
monetazione imperiale sono: Cohen H. Déscription Historique, un testo che
riguarda le monete dell'Impero Romano e che il più usato per classificare le
monete imperiali Roman Imperial Coinage (a cura di Mattingly e Sydenham). Classificazione
delle monete romane imperialiModifica I testi di riferimento per la monetazione
imperiale sono i "Cohen" ed il RIC. Cohen: Déscription Historique
des Monnaie frappées sous L'Empire Romain, comunemént appelées Médailles
Imperiales. Riguarda le monete dell'Impero Romano e
che il più usato per classificare le monete imperiali. Ovviamente ormai molte
delle informazioni contenute sono diventate obsolete. Copre le monete emesse Le
monete sono ordinate prima cronologicamente per Imperatore, poi per l'ordine
alfabetico della scritta al rovescio. Questo ordine, certamente poco
scientifico, comunque permette di identificare abbastanza rapidamente la
moneta. Roman Imperial Coinage, Nove volumi a cura di Mattingly e Sydenham -- è
lo standard di riferimento per le centinaia di libri e cataloghi di collezioni
su questo periodo. Mommsen: Die Geschichte des römische Münzwesen - Berlin Tr. fr.: Histoire
de la monnaie romain. Paris (Ristampa Graz Ristampa Forni) Burnett: Coinage in the Roman
World,London: Seaby, Sutherland, Roman Coins Harl: Coinage in the Roman
Economy Thomsen, Early Roman Coinage: a Study of the Chronology, 3 voll.,
Copenaghen, Repubblica Babelon, Description historique et chronologique des
monnaies de la République Romaine vulgairement appelées monnaies consulaires, 2
voll., Paris, Rollin et Feuardent (ristampato da Forni). Alberto Banti, Corpus Nummorum Romanorum. Monetazione
repubblicana, Firenze, Banti editore, Gian Guido Belloni, La moneta romana.
Società, politica, cultura, Firenze, NIS, 1993. Gian Guido Belloni (a cura di),
Le monete romane dell'età repubblicana. Catalogo delle raccolte numismatiche,
Milano, Comune di Milano, Crawford, Roman Republican Coinage, London, Cambridge,
Crawford, Roman Republican Coin Hoards, London, Royal Numismatic Society, Sydenham,
The Coinage of the Roman Republic, New York (Durst). ImperoModifica Alberto
Banti, I grandi bronzi imperiali, Firenze, Banti, Cohen, Description des
Monnaies frappées sous l'Empire Romain, II ed. Paris, H. Mattingly - E.A. Sydenham (et al.), Roman
Imperial Coinage, Londra, Montenegro, Monete imperiali romane, Con valutazione
e grado di rarità, Torino, Montenegro edizioni numismatiche, Seaby, Roman
Silver Coins, Second edition, 4 voll., London, B.A. Seaby, 1967-71. David R.
Sear, Roman Coins and their Values, Millennium edition, 3 voll., London, Spinx,
Monetazione romana Monetazione romana Monetazione fusa Monetazione
romano-campana Monetazione romana repubblicana Monetazione imperatoriale
Monetazione imperiale Monetazione provinciale Monetazione bizantina Monetazione
italiana antica Collegamenti esterniModifica Sito con le immagini delle monete
repubblicane ed imperiali, su wildwinds.com. Introduction to Roman Coins by The
Museum of Antiquities on the University of Saskatchewan, su usask.ca. Risorse
numismatiche on line. Università di Bologna, su numismatica.unibo. Rassegna
degli Strumenti Informatici per lo Studio dell'Antichità Classica: Fonti
numismatiche, su rassegna.unibo.it. Portale Antica Roma
Portale Numismatica Ultima modifica 2 anni fa di Messbot PAGINE CORRELATE
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repubblicana monetazione di Roma repubblicana Roman Imperial Coinage
catalogo britannico delle monete romane di età imperiale Wikipedia Il Daniele.
Keywords: implicatura numismatica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Daniele” –
The Swimming-Pool Library.
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