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Monday, November 18, 2024

GRICE ITALO A/Z D DAN

 

Grice e Dandolo: la ragione conversazionale e ’implicatura conversazionale della Roma pagana, filosofia romana – Carneade e compagnia – scuola di Varese – filosofia varesese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varese). Filosofo varesese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I love Dandolo; you know why? Because he was an amateur, not a professional; I mean, he was a country gentleman and an earl, so if he philosophised it wasn’t for the colour of the money! Plus, he owned a lovely ‘palazzo,’ which I would call ‘villa’! Neoguelfo. Figlio dal conte Vincenzo e Mariana Grossi. Il padre era esponente della Municipalità di Venezia, ma dopo il trattato di Campoformio, con il quale si sancì la fine della Repubblica, dovette esulare in Francia. Venne in seguito nominato da Napoleone senatore del Regno italico e conte. Fu anche governatore civile della Dalmazia. Passa quindi un'infanzia assai agitata; fu cresciuto da una "cameriera disattenta" e poi sballottato per vari collegi. Si laurea a Pavia. Passa alcuni anni girando per l'Europa e conducendo una vita mondana. In questo periodo venne a contatto con illustri personalità culturali politiche dell'epoca. Venne sospettato dal governo austriaco di aver partecipato alle congiure degli anni precedenti, e per questo fatto rientrare in modo coatto in Italia (senza tuttavia essere perseguitato). In Italia, si dedica ampiamente alla filosofia, e sposa la sorella di Bargnani; uno dei cospiratori mazziniani. Morta la sposa affida ad un amico i figli. Sposa la contessa Ermellina Maselli, da cui ebbe altri due figli. I primi due figli presero parte alle Cinque giornate e ad altre operazioni belliche e lo stesso Tullio fu uno dei principali autori della rivoluzione e capo della rivolta varesina (scoppiata in concomitanza con quella di Milano), ma a Roma, durante la difesa della repubblica di Mazzini, Su figlio muore e l’altro rimase gravemente ferito. Questo evento tocca molto Tullio che tuttavia, pur dovendosi prendere cure molto onerose del superstite, continua comunque i suoi studi di filosofia. Sui due figli raccolse un gran numero di documenti, memorie e storie pubblicati in “Lo spirito della imitazione di Gesù Cristo esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescent: corrispondenze di lettere famigliari: riicordi biografici dell'adolescenza d'Enrico e d'Emilio D., Milano). Un filosofo che fece delle critiche alla sua attività fu Tommaseo, ma risultò essere piuttosto duro ed aspro, tanto da scrivere. “Fin da giovane scarabocchiò librettucci compilati o piuttosto arruffati. Né di quelli che scrisse dal venticinque al cinquantacinque sapresti quale sia il più decrepito e il più puerile. Ma fece due opere buone, un figliolo che morì valentemente in Roma assediata da Galli vendicatori delle oche; e un altro figliolo che scrisse la storia, e direi quasi la vita della Legione Lombarda capitanata da Manara, libro di senno virile e d'affetto pio.” I suoi saggi trattano gli argomenti più vari: dalla pedagogia all'autobiografia, da quelli di carattere storico a quelli religiosi. Molti di essi sono schizzi letterari e filosofici o riguardano descrizioni di viaggi, città e munomenti. Inoltre, scrisse molto intorno alla storia romana antica, alla nascita del Cristianesimo, al Medioevo e al Rinascimento, pubblicando anche molti discorsi e documenti inediti. Più che ad un contributo critico, mira a dare un'informazione non faziosa per una migliore conoscenza del passato. Questi suoi scritti storici sono molto diversi fra di loro. In alcuni predilige uno stile aulico, mentre in altri un tono popolare e facile; trattando ora gli argomenti con approssimazione ed ora dando al racconto la coinvolgenza di un romanzo. Altre opere: “Roma”; “Napoli” (Milano); “Firenze”; “Torino”; “La Svizzera”; “Il Cantone de' Grigioni” (Milano); “Prospetto della Svizzera, ossia ragionamenti da servire d'introduzione alle lettere sulla Svizzera); “La Svizzera considerata nelle sue vaghezze pittoresche, nella storia, nelle leggi e ne' costume”; “Venezia”; “Il secolo di Pericle”; “Schizzi di costume”, “Il secolo d'Augusto”; “Semplicità” (o rapidi cenni sulla letteratura e sulle arti”; “Album storico poetico morale, compilato per cura di V. de Castro” (Padova); “Reminiscenze e fantasie. Schizzi letterari, Peregrinazioni. Schizzi artistici e filosofici (Torino); Roma e l'Impero sino a Marco Aurelio” (Milano); “Firenze sino alla caduta della Repubblica”; “Il Medio Evo elvetico”; “Racconti e leggende”; “La Svizzera pittoresca, o corse per le Alpi e pel Jura a commentario del Medio Evo elvetico; “I secoli dei due sommi italiani Dante e Colombo; “Il Settentrione dell'Europa e dell'America nel secolo passato; “L'Italia nel secolo passato; Il Cristianesimo nascente; La Signora di Monza. Le streghe del Tirolo. Processi famosi del secolo decimosettimo per la prima volta cavati dalle filze originali (rist. anast., Milano); Il pensiero pagano ai giorni dell'Impero. Studii, Il pensiero cristiano ai giorni dell'Impero. Studii; Il pensiero pagano e cristiano ai giorni dell'Impero. Studii; “Monachesimo e leggende. Saggi storici; “Roma e i papi. Studi storici, filosofici, letterari ed artistici, Il secolo di Leone Decimo. Studii, Lo spirito della imitazione di Gesù Cristo esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescenti (corrispondenza di lettere famigliari). Ricordi biografici dell'adolescenza d'Enrico e d'Emilio Dandolo, Milano); “La Francia nel secolo passato, “Corse estive nel Golfo della Spezia; Il secolo decimosettimo, Ragionamenti preliminari ed indici ragionati degli studi del conte Tullio Dandolo su Roma pagana e Roma cristiana pubblicati ad annunzio e prospetto dell'opera, Assisi  (estr. da Stella dell'Umbria); “Ricordi di D.”; “Lettera a D. Sensi. Indice della materia, Assisi); “Ricordi”; “Ricordi inediti di G. Morone gran cancelliere dell'ultimo duca di Milano, a cura di D., Milano; Alcuni brani delle storie patrie di Giuseppe Ripamonti per la prima volta tradotti dall'originale latino dal conte T. Dandolo, Il potere politico cristiano. Discorsi pronunciati dal Ventura di RaulicaR. P., a cura di Dandolo, Milano); “Vicende memorabili narrate da Alessandro Verri precedute da una vita del medesimo di Maggi, a cura di D., A. F. Roselly de Lorgues. Ricordi, primo e secondo periodo, Assisi. di Guerri, direttore delle Civiche raccolte storiche di Milano.  Colloqui col Manzoni, T. Lodi (Firenze). Treccani, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiano. LA FILOSOFIA ROMANA. Nei primi secoli della repubblica i romani non diedersi pensiero di filosofia. Appena ne conobbero il nome. Intenti da principio a difendersi, poi a consolidare la loro dominazione sui popoli vicini, la loro saviezza fu figlia della sperienza e d'un ammirabile buon senso affinato dalle difficoltà esteriori in mezzo a cui si trovarono collocati, e dal godimento di un'interiore libertà, le cui procelle incessanti valevano ad elevare ed afforzare gli animi. Volle taluno che le instituzioni del re Numa non andassero digiune di pitagorismo. Gli è da credere piuttosto, avuto riguardo all'ordine cronologico, che Pitagora attignesse nelle dottrine sacerdotali del secondo re di Roma qualcuna delle sue teoriche intorno la religione. Allorchè i romani strinsero i primi legami co' greci delle colonie italiche e siciliane, non credettero di ravvisare che leggerezza mollezza e corruzione in que' popoli i quali a ricambio qualificarono i romani di barbari. Sul finire della prima guerra punica fu resa nota ai vincitori la letteratura drammatica de greci; e vedemmo Livio Andronico ha per primo tradotto tragedie, le quali cacciarono di scanno i versi fescennini, i giuochi scenici etruschi e le informi atellane. Ennio, oltre ai componimenti poetici di cui facemmo menzione, voltò in latino la storia sacra di Evemero, scritto ardito, inteso a dimostrare che gli dei della Grecia altro non erano che antichi uomini dalla superstizione divinizzati. I romani non videro nelle ipotesi del filosofo che un oggetto di mera curiosità. Non erano ombrosi come gl’ateniesi, non avevano peranco sperimentato qualc’azione efficace la filosofia esercitar potesse sulla religione. Accolsero del pari con indifferenza la sposizione poetica che del sistema dell’ORTO loro presenta LUCREZIO. Germi sono questi gettati in terreno non preparato ancora à riceverli. La conquista non tardò a dischiudere colla Grecia più facili mezzi di comunicazione. I conquistatori trasportarono in patria schiavi tra’ quali vi avevano non filosofi, ma retori e grammatici; e loro fidarono l'educazione de' proprii figli. L'introduzione degli studii filosofici in Roma risale alla celebre ambasceria di Carneade accademico, Critolao peripatetico, Diogene stoico. Avidi di brillare e lusingati dall'ammirazione che destavano in un popolo non avvezzo a sottili investigazioni, quei tre fecero pompa di tutta la profondità e desterità della loro dialettica ad abbagliare la romana gioventù che loro s'affoltava intorno, incantata di scovrire usi dianzi ignorati della parola. I magistrati s'adombrarono di cotesto subitano commovimento. I vecchi Se. natori armaronsi di tutta l'autorità delle prische costumanze per respingere studi speculativi, che teme vano come pericolosi e disprezzavano come futili. CATONE il censore ottenne che si allontanassero tosto dalla romana gioventù i retori che davano opera a distruggere le più venerate tradizioni e a smovere le fondamenta della morale. I sofismi di Carneade, il quale faceva pompa della spregevole arte di sostenere a piacimento le opinioni più contraddittorie, forne a Catone plausibili argomenti di vituperarlo. Sicchè i primordi della filosofia furono contrassegnati in Roma da sfavorevoli apparenze. Il rigido censore non prevede che, un secolo dopo, quella filosofia che aveva voluto proscrivere, meglio approfondita e meglio conosciuta, sarebbe il solo rifugio del suo pronipote contro le ingiurie della fortuna e la clemenza di GIULIO CESARE. Non possiamo trattenerci dal simpatizzare con que’ vecchioni, i quali opponevano al torrente da che avvisavano minacciata la patria lor capegli canuti e la loro antica esperienza, evocando a respignere pericolose novatrici dottrine la religione del passato e le  tradizioni di seicent anni di vittorie di libertà divirtù. Ma se a codesto spontaneo sentimento tien  dietro la riflessione, saremo costretti di riconoscere  che a rintuzzare il progresso della filosofia ed anco de sofismi di Grecia, il senato mal si appose con quel suo violento procedere. Tutto ciò che è pericoloso racchiude in sè un principio falso che è sempre facil cosa scovrire. Affermare il contrario sarebbe muovere accusa al divino, quasi ch'ella con innestare il male nella conoscenza del vero avesse teso un laccio all’umana intelligenza. Convien dunque adoperarsi  a dimostrare la falsità delle opinioni perniziose, non  proscriverle alla cieca, quasi rifuggendo esaminarle  conscii dell'impossibilità di confurtarle. Sì ardua impresa rispondere agli ateniesi sofisti? o sì difficile dimostrare che quelle loro argomentazioni pro e contra lo stesso principio di morale erano assurde? O sì temerario lo appellarsene, ne' cuori romani, a’sentimenti innati del vero e del giusto, il risvegliare in  quelle anime ancor nuove sdegno e disprezzo per teoriche, le quali, consistendo tutte in equivoci, dovevano vituperosamente cadere dinanzi la più semplice analisi? Catone anda altero dell'ottenuta vittoria. Gli ambasciadori ateniesi furono tosto rimandati. Per un secolo ancora severi editti, frequentemente rinnovati, lottarono contro ogni nuova dottrina. Ma l'impulso è dato, nè poteva fermarsi. I romani conservarono impresse nella memoria le dottrine dei sofisti. Era poi e riguardarono la dialettica di Carneade non tanto come un sistema che conveniva esaminare, quanto come una proprietà che stava bene difendere. Giunti ad età provetta nel bivio d'abbandonare ogni speculazione filosofica o di disobbedire alle leggi, sono tratti a disobbedire dalla loro inclinazione per le lettere, passione la quale, dacchè è nata, va crescendo ogni dì, siccome quella che ha riposte in sè medesima le proprie soddisfazioni. Gl’uni tennero dietro alla filosofia nel suo esiglio ad Atene. Altri mandarono colà i loro figli. I capitani degl’eserciti sono i primi a lasciarsi vincere apertamente da questa tendenza generale degli spiriti. L'accademico Antioco è compagno di Lucullo. Catone il censore cede egli stesso, a malgrado delle sue declamazioni, alla seduzione dell'esempio, ed assistè alle lezioni del peripatetico Nearco. SILLA fa trasportare in Roma la biblioteca d'Apellico di Teo. CATONE d'Utica allorch'è tribuno militare in Macedonia peregrino in Asia a solo oggetto d'ottenere che  Atenodoro, filosofo del Portico, abbandonasse il suo ritiro di Pergamo e si conducesse a dimorare con lui. Pure gl’spiriti che con siffatto entusiasmo s'abbandonarono alle filosofiche investigazioni non trovavansi da studii anteriori preparati ad astratte speculazioni. Ne avvenne che la filosofia penetra in coteste menti dico come in massa e nel suo insieme. Ma non s'indentifica col rimanente delle loro opinione. La sua efficacia è nel tempo stesso più gagliarda e mento continua che in Grecia. Più gagliarda nelle circostanze importanti nelle quali l'uomo trascinato fuori del circolo delle sue abitudini cerca appoggi, motivi d'agire, conforti straordinarii. Meno continua perchè, se niun evento tnrbava l'ordine abituale, ella ridiventava pe’ romani una scienza, piuttostochè una regola di condotta applicata a tutti i casi della vita sociale. Che se non iscorgiamo in Roma individui che a somiglianza dei sapienti della Grecia consacrassero alla filosofia esclusivamente il loro tempo. Non ci appare nè anche, ad eccezione di Socrate, che i greci abbiano saputo trarre dalla filosofia quegli efficaci soccorsi che invigorivano gli illustri cittadini di Roma in mezzo ai campi, nelle guerre civili, tra le proscrizioni, allora suprema.  I romani si divisero in sette. Effetto della maniera d'insegnamento di cui i retori greci usavano con essi. Per la maggior parte schiavi od affrancati, dovevano costoro, qualunque fosse il loro convincimento o la loro preferenza per queste o quelle dottrine, studiarsi di piacere a' padroni; ond'è che chiaritisi come una tale ipotesi respignesse colla sua severità o stancasse colla sua sottigliezza, affrettavansi di sostituirne altra più accetta. Tali sono i risultamenti della dipendenza. L’amore stesso del vero non basta ad affrancare l'uomo dal giogo. S’egli non abjura le sue opinioni, ne cangia le forme; se non rinnega i suoi principii, li sfigura. Allorchè a questi retori schiavi succedettero i retori stipendiati, le dottrine diventarono derrata di cui itanto per greci trafficarono, e della quale per conseguenza lasciarono la scelta a' compratori. Le varie sette non trovarono in Roma uguale favore. L'epicureismo benchè in bei versi esposto ed insegnato da Lucrezio, vi fu dapprima respinto, non la sua morale di cui bene non si conoscevano ancora i corollarii, quanto per la raccomandazione che faceva d'attenersi ad una vita speculativa e ritirata, aliena non meno da fatiche che da pericoli. Gli è questo difatti il principale rimprovero che fa Cicerone alla filosofia epicurea. I cittadini d'uno stato libero non sanno concepire la possibilità di porre in dimenticanza la patria, perciocchè ne posseggono una; e considerano come colpevole debolezza quell'allontanamento da ogni carriera attiva, che sotto il dispotismo diventa bisogno è virtù di tulli gli uomini integri e generosi. L'epicureismo ebbesi per altro un illustre seguace; nè qui vo' accennare d'Atlico, che senza principii senza opinioni fu bensì amico caldo e fedele, ma cittadino indifferente e di funesto esempio, avvegnachè sotto forme eleganti insegnò alla moltitudine ancora indecisa e vacillante come chicchessia può accortamente isolarsi e tradire con decenza i proprii doveri verso la patria. Il romano di cui intendo parlare è Cassio che fino dall'infanzia si consacrò alla causa della libertà, e rinunziando ai piaceri alle dolcezze della vita, non ebbe che un pensiero un interesse una passione, la patria. Fu centro della cospirazione contro Cesare; e dolendosi di non potere sperare in un'altra vita, muore dopo avere corso un arringo continuamente in contraddizione colle sue dottrine. Le sette di Pitagora, di Aristotile, e di Pirrone incontrarono a Roma ostacoli d'altra maniera. La prima, per una naturale conseguenza del segreto in cui si avvolse fino dal suo nascere, contrasse affinità con estranie superstizioni; perciocchè uno degli inconvenienti del mistero, anche quando n'è pura l'intenzione primitiva, è di fornire all' impostura facile mezzo d'impadronirsene. Nigido Figulo è il solo pitagorico di qualche grido che abbia fiorito in Roma. L'oscurità aristotelica ebbe poche attrattive per menti più curiose che meditative. L'esagerazione pirronista per ultimo ripugna alla retta ragione de’ romani. Il platonismo che ancor non era ciò che di. venne due secoli dopo per opera de' novelli platonici. Lo scetticismo moderato della seconda accademia, e lo stoicismo furono i sistemi adottati in Roma. Lucullo, Bruto, Varrone sono platonici. Cicerone, a cui piacque porre a riscontro tutte le varie dottrine, inclina per l'indecisione accademica. Lo stoicismo solo fu caro alla grand'anima di Catone Uticense. “Non  possum legere librum Ciceronis de Se. nectute, de Amicitia, de Officiis, de Tusculanis Quæstionibus, quin aliquoties exosculer codicem, ac venerer sanctum illud pectus aflatum celesti Qumine. ERASM. in Conviv --. M. Tullio adotta egli per convinzione i sistemi filosofici della nuova accademia, o diè loro la preferenza perchè più propizii all’oratore in fornirgli arme con cui combattere i proprii avversarii! Corse grand' intervallo tra un Cicerone ambizioso, e un Cicerone disingannato. Ciò che pel primo era oggetto subordinato a speranze a divisamenti avvenire, diventa pel secondo un bisogno del cuore, un'intensa occupazione della mente. Ei pose affetto alle dottrine del platonismo riformato; e a quelle parti della morale in esse contenuta di cui si tenne men soddisfatto, altre ne sostituì fornitegli dallo stoicism. E propriamente ecclettico, od amatore del vero e del buono ovunque lo riscontrava. Ad imitazione di Platone pose in dialoghi i suoi scritti filosofici. Per eleganza di stile ed elevatezza di concetti non cede al modello. Per chiarezza e per ordine lo vince. Ne cinque libri, De finibus, intorno la natura del bene e del male si propose una meta sublime; la ricerca cioè del bene supremo; in che cosa consista; come si consegna; ove dimori. Tu cerchi però inutil mente in quelle pagine da cui traluce tanta sapienza plausibile soluzione del quesito. Gli antichi ingolfandosi in cotali disamine faceano ricerca di ciò che trovare non potevano; chè gli è impossibile che il bene supremo rinvengasi in ordine di cose che necessariamente è imperfetto.Verità che il Vangelo ci rese ovvia insegnandoci come la felicità sognata dai gentili pel loro saggio non sia fatta per uomo mortale, essondechè stanza le è riserbata imperibile sublime. In che cosa consiste il sommo bene? Ecco di che venivano continuamente richiesti i filosofi. Epicuro ed Aristippo rispondevano, nel piacere; Jeronimo, nell'assenza del dolore; Platone, nella comprensione del vero, e nella virtù che ne è conseguenza; Aristotile, nel vivere conformemente alla natura. Cicerone associa le sentenze di Platone e d'Aristotile, e si appose meglio di quanti nell'arduo arringo l'avevano preceduto. Dalle più elevate astrazioni sceso ad argomenti che si collegano co' bisogni e co' vantaggi dell'uomo, M. Tullio si propose nelle Tusculane di cercare i mezzi adducenti alla felicità. Cinque ne noverò; il dispregio della morte; la pazienza ne' dolori; la fermezza nelle varie prove; l'abitudine di combaltere le passioni, e finalmente la persuasione che la virtù dee unicamente cercare premio in sè stessa: e la dimostrazione di cotesti assiomi si fa vaga, sotto la penna del filosofo, di tutte le grazie dell'eloquenza. All'Anima, egli scrive, tu cercheresti inutilmente un'origine terrestre, perocchè nulla in sè accoglie di misto e concreto; non un atomo d'aria d'acqua di fuoco. In cotesti elementi sapresti tu scorgere forza di memoria d'intelligenza di pensiero, valevole a ricordare il passato a provvedere al futuro ad abbracciare il presente? Prerogative divine sono queste, nè troveresti mai da chi sieno state agli uomini largite, se non 'da Dio. È l'anima pertanto informata di certa quale sua singolar forza e natura ben diverse da quelle che reggono i corpi tutti a noi noti. Checchè dunque in noi sia che sente intende vuole vive; divina cosa certo è cotesta; eterna quindi necessariamente esser deve. Nè la divinità stessa, quale ce la figuriamo, comprenderla in altra guisa possiamo, che come libera intelligenza scevra d'ogni mortale contatto, che tutto sente e muove, d’eterno moto ella stessa fornita. L’anima umana per genere e per natura somiglia a Dio. “Dubiterai tu, a veder le meraviglie dell'universo, che tal opera stupenda non abbiasi (se dal nulla fu tratta, come afferma Platone) un creatore; o se creata non fu, come pensa Aristotile, che ad alcun possente moderatore non sia data in custodia? Tu Dio non vedi; pur le opere sue tel rivelano: così ti si fa palese dell'anima, comechè non vista, la divina vigoria, nelle operazioni della memoria nel raziocinio nel santo amore della virtù.” I discepoli d'Epicuro, commentando, esagerando ciò che vi avea d'incerto d'oscuro nei principii del loro maestro. l'universo nato dal caso affermarono, negarono la provvidenza, piegarono all'ateismo. Tullio si fa a combatterli nel suo libro Della natura degli Dei. Le lettere antiche non inspiraronsi mai di più sublime eloquenza. Vedi primamente la terra, collocata nel centro del mondo, solida, rotonda, in sè stessa da ogni parte per interior forza ristrella; di fiori d'erbe d'arbori di messi ammantarsi. Mira la perenne freschezza delle fonti, le trasparenti acque de' fiumi, il verdeggiare vivacissimo delle rive, la profondità delle cave spelonche, delle rupi l'asperità, delle strapiombanti vette l’elevazione, delle pianure l'immensità, e quelle recon. dite vene d'oro e d'argento, e quell' infinita possa di marmi. Quante svariate maniere d'animali! quale aleggiare e gorgheggiar d'uccelli e pascere d'armenti, ed inselvarsi di belve! E che cosa degli uomini dirò, che della terra costituiti cultori non consentono alla ferina immanità di toruarla selvaggia, all’animalesca stupidità di devastarla, sicchè per opera loro campi isole lidi mostransi vaghi di case, popolati di città! Le quali cose se a quella guisa colla mente comprendere potessimo, come le veggiamo cogli occhi; niune in gettare uno sguardo sulla terra potrebbe dubitar più oltre che esista ia provvidenza divina. “Ed infatti, come vago è il mare! come gioconda dell'universo la faccia! Qual moltitudine e varietà d'isole é amenità di piani, e disparità d'animali, sommersi gli uni nei gorghi, gnizzanti gli altri alla superficie, nati questi a rapido moto, quelli all’imobi, lità delle loro conchiglie! E l'acre che col mare con: fina qua diffuso e lieve s'innalza, là si condensa e accoglie in nugoli, e la terra colle piove feconda; e ad ora ad ora pegli spazii trascorrendo ingencra i vento ti, e fa che le stagioni subiscano dal freddo al caldo loro consuete mutazioni, e le penne de' volatori sostiene, e gli animali mantien vivi.” 5 Giace ultimo l'etere dalle nostre dimore disco. stissimo, che il cielo e tutte cose ricigne, remoto confine del mondo; per entro al quale ignei corpi con maravigliosa regolarità compiono il loro corso. Il sole, uno d'essi, che per mole vince di gran volte la terra, intorno a questa s'aggira, col sorgere e il tramontare segnando i confini del giorno e della notte; coll'avvicinarsi e il discostarsi quelli delle stagioni; sicchè la terra, allorehè il benefico astro s'allontana, da certa qual tristezza è conquisa; pare che invece insieme col ciclo ši allegri allorchè torna. La luna, che a dire de matemateci, è più che una mezza terra, trascorre pe' medesimi spazii del sole, ed ora facendoglisi incontro; ora dipartendosi, que' raggi che da lui riceve a noi trasmette; ed avvengonle mutazioni di luce; perciocchè talora postasi innanzi al sole lo splendore ne oscura; talora nell'ombra della terra s'immerge e d'improvviso scompare. Per quegli spazii medesimi le stelle che denominiamo vaganti girano intorno a noi e sorgono e tramontano ad uno stessso modo; il moto delle quali ora è affrettato ora s'allenta ora  cessa; spettacolo di cui altro avere non vi può più ammirando e più bello. Tiene dietro la moltitudine delle non vaganti stelle, delle quali sì precisa è la reciproca giacitura, che si poterono ad esse applicar nomi di determinate figure. “E tanta magnificenza d'astri, tanta pompa di cielo, qual sano intelletto mai potrà figurarsele surte dal raccozzarsi di corpi qua e là fortuitamente? Chi potrà credere che forze d' intelligenza e di- ragione sprovvedute fossero state capaci di dar compimento a tali opere delle quali, senza somma intelligenza e robusta ragione, ci sforzeremmo inutilmente di comprendere, non dirò come si sieno fatte, ma solo quali veramente sieno?” Dopo d'avere additato virtù e religione siccome scaturigini del bene, maestre di felicità, dopo d'avere spaziato pegli immensi campi d'un'alta e confortevole metafisica, dopo di avere falto tesoro negli insegnamenti della greca filosofia di ciò ch'essa mise in luce di più puro e sublime intorno l'anima e Dio; argomento degno della gran mente di Cicerone era la felicità, non più studiata e ricercata pegli individui, ma per le nazioni; ed a sì nobile soggetto consacrò i suoi trattati, in gran parte perduti, Della repubblica e Delle leggi. Nei frammenti che ce ne restano scorgiamo essersi il filosofo serbato fedele al suo assioma favorito: - nella giustizia divina contenersi l'unica sanzione dell'umana giustizia.  u Fondamento primo d'ogni legislazione, egli scrive,  sia un generale convincimento che gli Dei sono di tutto arbitri, di tutto moderatori; che benefattori del. l'uman genere scrutano che cosa è in sè stesso ogni uomo, che cosa fa, che cosa pensa, con quale spirito pratica il culto; sicchè i buoni sanno discernere dagli empii. Ecco di che gli animi voglionsi compene. trati, onde abbiano la coscienza dell' utile e del vero.” Ma se M. Tullio della virtù della felicità delle leggi ravvisava nella religione le scaturiggini, la religione voleva che santa e pura fosse, onninamente sgombra dalle supestizioni dalle credulità, da che vituperata miravala. A tal uopo dettò l'aureo trattato De divinatione, nel quale usò d'un argomentare nel tempo stesso seyero e faceto, con abbandonarsi in isferzare la credulità e la sciocchezza a'voli più opposti della sua proteiforme eloquenza.  Capolavoro di Cicerone è il libro Degli Officii, ossia de' doveri morali degli uomini in qualunque condizione si trovino essi collocati. I Greci ebbero costume di spaziare troppo ne' campi delle filosofiche astrazioni; le loro dottrine trovarono meno facile applicazione a' casi pratici della vita, perchè sovraccaricate di vane disputazioni, oppurtune più spesso a trastullare l'imaginazione, che ad illuminare l'intelletto. Tullio grande e saggio anche in questo volle spoglia la sua filosofia di quell' ingombro, e ricondussela alla più semplice e precisa espressione degli inculcati doveri. 6 Cicerone (scrive- a proposito del libro degli Officii un critico tedesco) fu dotato  di luminosa intelligenza di rello giudizio di gran. de altività, doti opportunissime a coltivare la ragione, a fornirle argomento d' incessanti meditazioni. Ma Cicerone non possede lo spirito speculativo che si richiede a poter ben addentrarsi ne' primi principii delle scienze: il tempo venivagli meno a minute indagini, la sua indole stessa fare non gliele poteva famigliari. Uomo di stato più che filosofo, le scienze morali lo interessavano per quel tanto che gli servivano a rischiarare le proprie idee intorno ad argomenti politici. Vissulo in mezzo a rivoluzioni, quali traversie non ebbe egli a sopportare ! Niun politico si trovò mai in situazione più propizia per fare tesoro d'osservazioni intorno l'indole della civile società, la diversità de' caratteri, l'influenza delle passioni. Pure cotesta situazione sua stessa era poco alla a fornirgli opportunità d’approfondire idec astralte o meditare sulla natura delle forze invisibili, i cui visibili risultamenti s'appalesano nell' umano consorzio.  La situazione politica in cui M. Tullio si trovò collocato improntò la sua morale d'un carattere speciale. Gli uomini dei quali ed a’ quali ragiona sono quasi sempre della classe a cui spetla d'amministrare la repubblica: talora, ma più di rado, rivolgesi agli studiosi delle lettere e delle scienze. Per la moltitudine de cittadini hannovi bensì qua e là precetti generali comuni applicabili agli uomini tutti; ma cercheresti inutilmente l'applicazione di que' precelli alle circostanze d'una vita oscura e modestà. Caso invero singolare! Mentre le forme del reggimento repubblicano raumiliavano l'orgoglio politico con dargli a base il favore popolare, i pregiudizii dell'antica società alimentavano l'orgoglio filosofico, con accordare il privilegio dell'istruzione unicamente a coloro che per nascita o per fortune erano destinati a governare i loro simili. In conseguenza di questo modo di vedere i precetti morali di Cicerone degenerarono sovente in politici insegnamenti.  Coi trattati “Dell' amicizia” e “Della vecchiezza” M. Tullio a confortevoli meditazioni ebbe ricorso onde ricreare la propria mente dalla tensione di più ardui studii e dagli insulti della fortuna. E veramente che cosa avere vi può sulla terra di più dolce e santo d'una fedele amicizia? Che cosa vi ha di più dignitoso e simpatico d'una vecchiezza onorata e felice? Cice, rone in descrivere quelle pure e nobili dilettazioni consulto il proprio cuore: beato chi trova in sè stesso l' inspirazione e la coscienza della virtù!” Ricerca Mitologia romana narrazioni mitologiche dell'antica Roma La mitologia romana riguarda le narrazioni mitologiche della civiltà legata all'antica Roma, e può essere suddivisa in tre parti:  Periodo repubblicano: nata nei primi anni della storia di Roma, si distingueva nettamente dalla tradizione greca ed etrusca, soprattutto per quanto riguarda le modalità dei riti. Periodo imperiale classico: spesso molto letteraria, consiste in estese adozioni della mitologia greca ed etrusca. Periodo tardo-imperiale: consiste nell'assunzione di molte divinità di origine orientale, tra le quali il Mitra persiano, sincretizzato nel culto del Sol Invictus.  Il mito di Romolo e Remo Natura dei primi miti romaniModifica È possibile affermare che i primi romani avessero miti. Detta in altro modo: finché i loro poeti non entrarono in contatto con gli antichi greci verso la fine della Repubblica, i romani non ebbero storie sulle loro divinità paragonabili al mito dei Titani o alla seduzione di Zeus da parte di Era, ma ebbero miti propri come quelli di Marte e di Fauno.  A quell'epoca i romani già avevano:  un sistema di rituali ed una gerarchia sacerdotale ben definiti; un insieme molto ricco di leggende storiche sulla fondazione e sviluppo della loro città che avevano per protagonisti degli umani ma vedevano anche interventi divini. Prima mitologia sulle divinitàModifica Il modello romano comportò un modo molto diverso di definire il concetto di divinità rispetto a quello greco che ci è noto. Per esempio se avessimo chiesto ad un antico greco chi fosse Demetra, avrebbe probabilmente risposto raccontando la famosa leggenda del suo folle dolore per il rapimento della figlia Persefone da parte di Ade. Al contrario un romano antico avrebbe risposto che Cerere aveva un sacerdote ufficiale chiamato flamine, che era più giovane dei flamini di Giove, Marte e Quirino (la Triade arcaica), ma più anziano dei flamini di Flora e Pomona. Avrebbe anche potuto dire che era inserita in una triade con altre due divinità agresti, Libero e Libera e avrebbe anche potuto elencare tutte le divinità minori con funzioni specifiche che la assistevano: Sarritor (il sarchiatore), Messor (il mietitore), Convector (il carrista), Conditor (il magazziniere), Insitor (il seminatore) e altri ancora. Così la mitologia romana arcaica, almeno per quello che riguardava gli dei, era costituita non da storie, ma piuttosto da complesse interrelazioni reciproche tra dei e uomini e all'interno della sfera umana, dall'una parte, e della sfera divina dall'altra.  La religione originaria dei primi romani venne modificata in periodi successivi dall'aggiunta di numerose e conflittuali credenze e dall'assimilazione di gran parte della mitologia greca. Quel poco che sappiamo della religione romana arcaica lo conosciamo non attraverso fonti contemporanee, ma grazie a scrittori tardi che cercarono di salvare le antiche tradizioni dall'abbandono in cui erano cadute, come lo studioso del I secolo a.C. Marco Terenzio Varrone. Altri scrittori classici, come il poeta Ovidio nei suoi Fasti, furono fortemente influenzati dai modelli ellenistici e nei loro lavori impiegarono spesso miti greci per riempire i vuoti della tradizione romana.  Prima mitologia sulla "storia" romanaModifica In contrasto con la scarsità di materiale narrativo arrivatoci sugli dei, i Romani avevano una ricca fornitura di leggende quasi storiche sulla fondazione e sulle prime fasi dello sviluppo della loro città. I primi re di Roma come Romolo e Numa avevano una natura quasi interamente mitica ed il materiale leggendario può estendersi fino ai racconti della prima repubblica. In aggiunta a queste tradizioni in gran parte indigene, fin dai tempi antichi materiale tratto da leggende eroiche greche venne inserito in questo blocco originario, facendo diventare, ad esempio, Enea un antenato di Romolo e Remo. L'Eneide e i primi libri di Livio sono le migliori fonti esistenti per questa mitologia umana.  Divinità romaneModifica Ulteriori informazioni Si propone di dividere questa pagina in due, creandone un'altra intitolata Divinità romane. Dèi greci e romaniModifica La pratica rituale romana dei sacerdoti ufficiali distingueva nettamente due classi di dèi, gli dèi indigeni (di indigetes) e i nuovi dèi (di novensiles).  Gli dei indigeni erano gli dèi originari dello stato romano e i loro nomi e la loro natura erano rivelati dai titoli degli antichi sacerdoti e dalle feste fissate sul calendario; trenta dèi di questo tipo erano onorati con feste speciali.  I nuovi dèi erano divinità più tardi i cui culti vennero introdotti nella città in periodi storici, di solito in una data conosciuta e in risposta a una specifica crisi o a una determinata necessità.  Le divinità romane arcaiche includevano, oltre agli dèi indigeni, un insieme di dèi cosiddetti specialisti i cui nomi venivano invocati nel corso di diverse attività, come la mietitura. Frammenti di antichi rituali che accompagnano tali azioni come l'aratura o la semina rivelano che in ogni fase delle operazioni veniva invocata una divinità specifica, il cui nome derivava sempre dal verbo che identificava l'operazione stessa. Tali divinità possono essere raggruppate sotto la definizione generale di dei assistenti o ausiliari, che venivano invocati a fianco delle divinità più grandi. Il culto romano arcaico, più che essere politeista, credeva a molte essenze di tipo divino: degli esseri invocati i fedeli non conoscevano molto più che il nome e le funzioni e il numen di questi esseri, ossia il loro potere, si manifestava in modi altamente specializzati.  Il carattere degli dèi indigeni e le loro feste mostrano che i Romani arcaici non solo erano membri di una comunità agreste, ma amavano anche combattere ed erano spesso impegnati in guerre. Gli dei rappresentavano chiaramente le necessità pratiche della vita quotidiana, secondo le esigenze della comunità romana a cui appartenevano. I loro riti venivano celebrati scrupolosamente con offerte ritenute adatte. Così Giano e Vesta custodivano la porta e il focolare, i Lari proteggevano i campi e la casa, Pale il pascolo, Saturno la semina, Cerere la crescita del grano, Pomona i frutti, Consus e Opi la mietitura. Tavola illustrata degli Acta Eruditorum raffigurante divinità romane Anche Giove supremo, il signore degli dèi, era onorato perché recasse assistenza alle fattorie e ai vigneti. In una accezione più vasta egli era considerato, grazie all'arma del fulmine, il direttore delle attività umane e, per mezzo del suo dominio incontrastato, il protettore dei Romani durante le campagne militari oltre i confini della loro comunità. Rilevanti nei tempi arcaici furono gli dei Marte e Quirino, che venivano spesso identificati. Marte era il dio dei giovani e specialmente dei soldati; veniva onorato a marzo e a ottobre. Gli studiosi moderni ritengono che Quirino fosse il protettore della comunità in armi.  A capo del pantheon originario vi era la triade composta da Giove, Marte e Quirino (i cui tre sacerdoti, o flamini, appartenevano all'ordine più elevato), insieme a Giano e Vesta. Questi dèi nei tempi arcaici avevano una individualità molto ridotta e le loro storie personali non conoscevano matrimoni e genealogie. Diversamente dagli dei Greci, si riteneva che non agissero come i mortali e così non esistono molti racconti sulle loro imprese. Questo culto arcaico era associato a Numa Pompilio, il secondo re di Roma, che si credeva avesse avuto come consorte e consigliera la dea romana delle fontane e del parto, Egeria, spesso considerata una ninfa nelle fonti letterarie successive.  Tuttavia, nuovi elementi vengono aggiunti in un periodo relativamente tardo. Alla casa reale dei Tarquini la leggenda ascrive l'introduzione della grande triade capitolina di Giove, Giunone e Minerva, che occupò il primo posto nella religione romana. Altre aggiunte furono il culto di Diana sull'Aventino e l'introduzione dei libri sibillini, profezie di storia mondiale, che, secondo la leggenda, vennero acquistate da Tarquinio alla fine del VI secolo a.C. dalla Sibilla cumana.  Divinità straniereModifica L'assorbimento degli dèi dei popoli vicini avvenne quando lo stato romano conquistò il territorio circostante. I Romani generalmente garantivano agli dèi locali dei territori conquistati gli stessi onori degli dèi caratteristici dello stato romano. In molti casi le divinità di recente acquisizione venivano formalmente invitate a trasferire la propria dimora nei nuovi santuari di Roma. L’oggetto di culto rappresentante Cibele venne trasferito da Pessinos in Frigia e accolto con le dovute cerimonie a Roma. Inoltre, lo sviluppo della città attraeva stranieri, a cui era consentito mantenere il culto dei propri dèi. In questo modo Mitra giunse a Roma e la sua popolarità tra le legioni ne fece diffondere il culto fino in Britannia. Oltre a Castore e Polluce, gli insediamenti greci in Italia, una volta conquistati, sembra che abbiano introdotto nel pantheon romano Diana, Minerva, Ercole, Venere e altre divinità di rango inferiore, alcune delle quali erano divinità italiche, altre derivavano originariamente dalla cultura della Magna Grecia. Le divinità romane importanti venivano alla fine identificate con gli dei e le dee greche che erano più antropomorfiche e assumevano molti dei loro attributi e miti.  Principali divinità romane Animali Lupo Picchio Sirena Strige Dèi e dee  Abbondanza: personificazione dell'abbondanza e della prosperità nonché la custode della cornucopia Abeona: protettrice delle partenze, dei figli che lasciano per la prima volta la casa dei genitori o che muovono i loro primi passi. Adeona: protettrice del ritorno, in particolare di quello dei figli verso casa dei genitori. Aequitas: l'origine, il principio ispiratore di matrice divina, del diritto. Aeracura: dea ctonia e della fertilità Aesculanus: divinità romana protettrice dei mercanti e preposta alla coniazione delle monete Aio Locuzio: dio dell'avvertimento misterioso, avvisò Roma dell'invasione dei Galli Alemonia: dea della fertilità per cui le si dedicavano dei sacrifici per avere figli, ma era anche responsabile della salute del bimbo nel ventre materno. Era infatti lei che si occupava del suo nutrimento mentre viveva nel corpo della madre, garantendo quindi altresì la salute del corpo della madre Alma: colei che portava la vita Angerona: dea del silenzio o dei piaceri, protettrice degli amori segreti, guaritrice dalle malattie cardiache, dal dolore e dalla tristezza Angizia: divinità ctonia adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti Anguana: una creatura legata all'acqua, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa Anna Perenna: dea che presiedeva il perpetuo rinnovarsi dell'anno Annona: un'antica dea italica, dea dell'abbondanza e degli approvvigionamenti Antevorta: dea del futuro, presiede alla nascita dei bambini quando sono in posizione cefalica Attis: paredro di Cibele, il servitore autoeviratosi, che guida il carro della dea. Aquilone: dio del vento del nord Aurora: dea dell'aurora Auster: dio del vento del sud Averna: una dea della morte Bacco: dio della follia, delle feste, del vino, dell'uva, dell'ebrezza e della vendemmia Barbatus: dio a cui si rivolgevano i ragazzi non solo perchè facesse crescere copiosa la barba, ma anche per non tagliarsi quando ci si liberava di essa con una lama piuttosto affilata Bellona: dea che incarna la guerra Bona Dea: antica divinità laziale, il cui nome non poteva essere pronunciato, dea della fertilità, della guarigione, della verginità e delle donne Bonus Eventus: una delle dodici divinità che presiedevano all'agricoltura e concetto di successo Bubona: dea protettrice dei buoi Candelifera: dea romana della nascita Caligine: dea della nebbiosa oscurità primordiale, generò dapprima Caos, poi, Notte, Giorno, Erebo ed Etere Caos: dio del caos primordiale Cardea: dea della salute, delle soglie e cardini della porta e delle maniglie, associata anche al vento Carmenta: dea protettrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici Carna: dea con il compito di proteggere gli organi interni, in particolare dei bambini, e più in generale di assicurare il benessere fisico all'uomo Cerere: divinità materna della terra, dell'agricoltura, del grano, della fertilità, dei raccolti e della carestia Cibele: dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici. Clementia: dea della clemenza e della giustizia Cloacina: dea protettrice della Cloaca Maxima, la parte più antica ed importante del sistema fognario di Roma Concordia: spirito dell'armonia della comunità Conso: divinità del seme del grano, dei depositi per la sua conservazione, dei granai e degli approvvigionamenti Cupido: dio dell'amore divino, del desiderio sessuale, dell'erotismo e della bellezza Cunina: dea della tenerezza, protettrice dei lattanti, che veniva supplicata a lungo quando il pargolo era insonne e non faceva dormire, o quando aveva la febbre, o male al pancino Cura: dea della vita e dell'umanità Dea Tacita: dea degli inferi che personifica il silenzio Devera: una delle tre divinità che insieme a Pilumnuse Intercidona proteggevano le ostetriche e le donne in travaglio Diana: dea della Luna, delle selve, degli animali selvatici, delle giovani fanciulle vergini e della caccia, custode delle fonti e dei torrenti Disciplina: personificazione della disciplina Discordia: dea della discordia, del caos e del male Dis Pater: dio del sottosuolo Domidicus: dio che guida la casa sposa Domizio: dio che installa la sposa Dria: dea che assicurava un buon flusso esente da dolori nelle mestruazioni Edulica: dea spesso invocata perché alla madre non mancasse il latte Edusa: dea che provvedeva a far provare al bambino il desiderio della semplice acqua Egeria: dea romana delle fontane e del parto Epona: dea dei cavalli e dei muli Ercole: dio del salvataggio Erebo: dio ancestrale dell'oscurità, le cui nebbie circondavano il centro della Terra Esculapio: dio della medicina Etere: dio dell'aria superiore che solo gli dei respirano Fabulinus: dio che insegna ai bambini a parlare Falacer: dio del Cermalus (un'altura del Palatino) Fama: personificazione della voce pubblica Fascinus: incarnazione del divino fallo Fauno: dio dei pascoli, delle selve, delle foreste, della natura, dei campi, dell'agricoltura, della campagna e della pastorizia Favonio: dio del vento dell'ovest Febo o Apollo: dio del Sole, delle arti, della musica, della profezia, della poesia, delle arti mediche, delle pestilenze e della scienza Fecunditas: dea della fertilità Felicitas: divinità dell'abbondanza, della ricchezza e del successo, presiedeva alla buona sorte Ferentina: dea dell'acqua e della fertilità Feronia: una dea romana della fertilità di origine italica, protettrice dei boschi e delle messi, celebrata dai malati e dagli schiavi riusciti a liberarsi Febris: dea della Febbre, associata alla guarigione dalla malaria Fides: personificazione della lealtà Flora: dea della primavera e dei fiori Fontus o Fons: dio delle fonti Fornace: dea del forno in cui si cuoce il pane Fortuna: dea del caso e del destino Furie: personificazioni femminili della vendetta Furrina: dea delle acque Giano: dio dei bivi, delle scelte, dell'inizio e della fine Giorno: dea del giorno Giove: re degli dei, dio del fulmine e del tuono Giunone: regina degli dei, dea della donne e del matrimonio Giustizia: personificazione della giustizia Giuturna: dea dei corsi d'acqua dolce del Lazio Insitor: dio della protezione della semina e degli innesti Inuus: dio del rapporto sessuale Iride: dea dell'arcobaleno e messaggera degli dei Iuventas: dea della giovinezza Jugatinus: dio che unisce la coppia in matrimonio Lari: spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale Laverna: protettrice dei ladri e degli impostori Levana: dea protettrice dei neonati riconosciuti dal padre Libero (Liber): dio italico della fecondità, del vino e dei vizi Libertas: divinità romana della libertà Libitina: divinità arcaica romana, incaricata di badare ai doveri ed ai riti che si tributavano ai morti e che perciò presiedeva ai funerali Lua: dea a cui erano consacrate le armi dei nemici sconfitti Lucina: dea del parto, salvaguardava inoltre le donne nel lavoro Luna: personificazione della Luna Luperco: dio protettore della fertilità Lympha: dea che influenzava l'approvvigionamento idrico Maia: dea della fecondità e del risveglio della natura in primavera Mani: anime dei defunti. Esse talvolta venivano identificate con le divinità dell'oltretomba Manturna: dea che teneva la sposa a casa Marìca: divinità italica. Ninfa dell'acqua e delle paludi, era signora degli animali e protettrice dei neonati e della fecondità Marte: dio della guerra violenta Matres: divinità femminili dell'abbondanza e della fertilità Mefite: dea delle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile Mena (21°figlia di Giove): dea della fertilità e delle mestruazioni Mors: personificazione della morte Mercurio: messaggero degli dei, dio della velocità, dell'astuzia, delle strade, del commercio, dei messaggi, dei viaggiatori, dei ladri, dell'eloquenza, dell'atletica, delle trasformazioni di ogni tipo, della destrezza e della farmacia, protettore dei messaggeri, dei ladri e dei viaggiatori Minerva: dea dell'intelligenza, delle tattiche militari, della tessitura e delle arti casalinghe Mitra (Mithra): dio delle legioni e dei guerrieri Muse: 9 divinità delle arti Mutuno Tutuno: divinità matrimoniale fallica Nemesi: dea della vendetta, dell'equilibrio e del castigo Nettuno: dio del mare, dei terremoti, dei maremoti, delle piogge, del vento marino, delle tempeste e della siccità Notte: dea della notte Numeria: dea italica della matematica, preposta al conto dei mesi del parto Nundina: dea che si occupava della purificazione dei nuovi nati Opi: dea della terra e dispensatrice dell'abbondanza agraria Orco: dio degli Inferi Ore: dee delle ore Ossilao: dio che si doveva occupare che le ossa dei bambini crescessero sane e robuste Palatua: dea del Palatino Pale: dio degli allevatori e del bestiame Partula: dea del parto, che determina la durata di ogni gravidanza Pax: dea della pace Pavenzia: dea che si occupava di proteggere i bambini dagli spaventi improvvisi Pellonia: divinità che faceva scappare i nemici Penati: spiriti protettori di una famiglia e della sua casa ed anche dello Stato Pertuda: dea che consente la penetrazione sessuale Picumnus: dio della fertilità, dell'agricoltura, del matrimonio, dei neonati e dei bambini Pietas: dea del compimento del proprio dovere nei confronti dello Stato, delle divinità e della famiglia Pilunno: dio protettore dei neonati nelle case contro le malefatte di Silvano Plutone: dio della morte e degli inferi Pomona: dea dei frutti Potina: dea che si occupava di accompagnare il bimbo nello svezzamento Portuno: dio dei porti e delle porte Postvorta: dea del passato, presiede la nascita dei bambini quando essi sono in posizione podalica Prema: dea che tiene la sposa sul letto Priapo: dio della fertilità maschile Proserpina: dea dei fiori e della primavera Providentia: personificazione divina dell'abilità di prevedere il futuro Psiche: dea delle anime, personificazione dell'Anima gemella, ossia l'amore umano e protettrice delle fanciulle Pudicizia: dea romana della castità coniugale Quirino: dio delle curie e protettore delle pacifiche attività degli uomini liberi Robigus: dio romano della ruggine del grano Roma: dea della patria e della città di Roma Rumina: dea delle donne allattanti Salacia: dea dell'acqua salata e custode delle profondità dell'oceano Salus: personificazione dello stare bene, della salute e della prosperità Sanco: dio protettore dei giuramenti Saturno: titano del tempo e della fertilità Securitas: personificazione della sicurezza Silvano: dio dei boschi Senectus: dio della vecchiaia Sogno: dio dei sogni Sole: personificazione del Sole Sol Indiges: antica divinità solare Sol Invictus: antica divinità solare Somnus: dio del sonno e padre dei sogni Soranus: dio solare infero Speranza: dea della speranza Statano: divinità che aiutava i bimbi ad avere forza sulle gambe e quindi a camminare speditamente Statulino: dio che era accanto ai bambini nel muovere i primi passi perché non cadessero donandogli la stabilità Sterculo: dio inventore della concimazione dei campi e degli escrementi Stimula e Sentia: dee che, negli adolescenti, affinavano i sensi ed i ragionamenti, curandone l’intelligenza ed il raziocinio, li rendevano consapevoli e gli insegnavano da un lato l’indipendenza e dall'altro l'onere dei loro doveri Strenia: simbolo del nuovo anno, di prosperità e buona fortuna Subigus: dio che sottomette la sposa alla volontà del marito Summano: dio dei tuoni e dei fenomeni atmosferici notturni Terminus: dio dei confini dei poderi e delle pietre terminali Tellus: dea romana della Terra e protettrice della fecondità, dei morti e contro i terremoti Tiberino: dio delle sorgenti e del fiume Tevere Trivia: dea della magia, degli incroci, degli incantesimi, degli spettri e protettrice degli incroci di tre strade ed era la potente signora dell'oscurità, regnava sui demoni malvagi, sulla notte, sulla Luna, sui fantasmi e sui morti, associata anche ai cicli lunari rappresentava la Luna calante. Era invocata da chi praticava la magia nera e la necromanzia Uterina: assistente alla puerpera nel momento delle doglie che aiutava a superare il dolore delle doglie Vacuna: patrona del riposo dopo i lavori della campagna. Divinità di ampio utilizzo, ma soprattutto riconosciuta e invocata per la fertilità, legata alle fonti, alla caccia, e al riposo Vaticano: dio la cui funzione era assistere i neonati nel loro primo vagito Veiove: protettore dell'Asylum, il bosco sacro di rifugio che si trovava nella sella del Campidoglio Venere: dea della bellezza, dell'amore e del desiderio Verità: dea e personificazione della verità Vertumno: dio della nozione del mutamento di stagione e presiedeva alla maturazione dei frutti Vesta: dea del focolare, della casa e del cibo Vica Pota: dea della vittoria e della conquista Victoria: dea della vittoria e dei giochi Viduus: dio minore, deputato a separare l'anima dal corpo dopo la morte Virginiensis: dea che scioglie la cintura della sposa Viriplaca: dea romana che "placa la rabbia dell'uomo" Virtus: divinità del coraggio e della forza militare, la personificazione della virtus (virtù, valore) romana Volturno: dio del fiume Volturno e patrono del vento caldo di sud-est Volupta: personificazione del piacere sensuale Vulcano: dio del fuoco, della metallurgia e dei vulcani, protettore dei fabbri Festività Lo stesso argomento in dettaglio: Festività romane. Consualia Fontinalia Fornacalia Lupercalia Nettunalia Parentalia Saturnali Primavera sacra Floralia Località -- Averno (lat.Avernus) Campidoglio Cariddi Lete Palatino Stige (lat.Styx) Personaggi, eroi e demoniModifica Almone - eroe Anteo - eroe Ascanio - eroe Caca - demone Caco - demone Camene - demoni Camerte - eroe Caronte - demone Cidone e Clizio - eroi Clauso - eroe Clelia - eroe Curiazi - eroe Didone - personaggio Egeria - demone Enea - eroe Ercole - eroe Eurialo e Niso - eroi Evandro - eroe Fauna - demone Fauno - demone Feziali - eroe Flamini - personaggi Galatea - demone Lamiro e Lamo - eroi Laride e Timbro - eroi Lavinia - personaggio Lica - eroe Luca - eroe Marica - demone Messapo - eroe Murrano - eroe Numa Pompilio - eroe Orazi - eroi Pallante - eroe Pico - demone Pontefice massimo - personaggio Publio Cornelio Scipione Psiche - personaggio Ramnete - eroe Rea Silvia - personaggio Remo - eroe Reto - soldato Romolo e Remo - eroi Salii - personaggi Salio - eroe Serrano - eroe Sibilla - personaggio Tagete - demone Tarquito - eroe Terone - eroe Tirro - personaggio Turno - eroe Ufente - eroe Umbrone - eroe Venulo - eroe Vestali - personaggi Volcente - eroe PopoliModifica Aborigeni Equi Latini Marsi Messapi Rutuli Sabini Troiani Volsci. Ferro e Monteleone, Miti romani. Il racconto, Torino, Einaudi, 2010. Anna Ferrari, Dizionario di mitologia, Torino, Utet, Voci correlate Religione romana Sacerdozio (religione romana) Numen Mitologia Mitologia etrusca Mitologia greca Dodici dei (religione romana) Quirino (divinità). Portale Antica Roma   Portale Letteratura   Portale Mitologia Ultima modifica 5 ore fa di Pulciazzo PAGINE CORRELATE Lista di divinità lista di un progetto Dèi Consenti dodici dèi principali della mitologia romana  Triade arcaica Wikipedia Il Conte Tullio Dandolo. Tullio Dandolo. Dandolo. Keywords: storia della filosofia romana – ambasceria di Carneade – e tutto il resto! -- “Il secolo di Augusto”; “Roma e l’impero fino a Marc’Aurelio” “Corse estive nel Golfo della Spezia”; roma pagana “indici ragionati degli studi del conte Tullio Dandolo su Roma pagana” -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Dandolo” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Daniele: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale numismatica – scuola di San Clemente – filosofia rimenese – filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (San Clemente). Filosfo san-clementino. Filosofo riminiano. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. San Clemente, Rimini, Emilia-Romagna. Grice: “Daniele is an interesting philosopher, if you are into numismatics, his pet topic!” Figlio di Domenico e Vittoria De Angelis, studia a Napoli, dove frequenta gli intellettuali della città. Entra in amicizia con vari studiosi tra cui Genovesi, Cirillo, ed Egizio. Cura un'edizione delle opere di A. Telesio, illustre filosofo cosentino, lavoro che gli procurò l'interesse di intellettuali di giornali letterari dell'epoca, specialmente per l’epistola dedicatoria e la vita del Telesio filosofo in purgato latino. Cura la pubblicazione le “Opuscoli” di Mondo, che era stato il suo primo maestro, premettendovi una dotta prefazione di tutte le veneri e la grazie pellegrine dell’idioma toscano, che merita gli elogi di Zanotti. Pubblica le nuove “Orazioni” latine di Vico, ch’erano state lette da quest’altissimo ingengno mentre filosofava sull’eloquenze e la colloquenza alla Regia Univerista. Publicca la l’aureo romanzo de Longo – que sembra dettato dall’amore, reso in volgare da Caro, con deliziosa e spontanea gracia, faciendo un dono preziossimimo agli ananti della toscana favella – corredandolo di una dotta prefazione escritta con ammirabile purita di lingua. A San Clemente cura le proprietà della famiglia. Si dedica al studio dell’antico e agli studi della classicità acquisendo documentazioni – collezione epigrafica -- e creando una collezione di oggetti antichi legati al territorio di San Clemente. Pubblica una critica ad alcuni studi sulle storia di Caserta (“Crescenzo Espersi Sacerdote Casertano al Signor Gennaro Ignazio Simeoni, un ufficiale di artiglieria napoletano”). Il marchese Domenico Caracciolo lo fa richiamare a Napoli dove entra nella segreteria di Stato. Riordina la raccolta delle leggi e dei diplomi dell'imperatore Federico II. E nominato "regio istoriografo", carica che era stata di VICO (si veda) e di Assemani. Alla carica era associato un sussidio economico. Pubblicò Le Forche Caudine illustrate (Napoli), lavoro che gli permise di entrare all'Accademia della Crusca. Ricoprì nella Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere, creata da Ferdinando IV, la carica di censore per le memorie delle classi terza e quarta. Riceve l'incarico di sistemare la biblioteca della Collezione Farnese, in seguito confluita nella Biblioteca di Napoli. Divenne uno dei 15 soci dell'Accademia Ercolanese, dove cura la pubblicazione degli studi su Ercolano e Pompei. Suo malgrado anzi fu coinvolto, a causa della sua vicinanza con gli intellettuali vicini alla repubblica, nei fatti che successero dopo la caduta della Repubblica partenopea. Perse tutti gli incarichi e di conseguenza torna agli amati studi. Pubblicò un saggio di numismatica, Monete antiche di Capua, con la descrizione delle monete capuane di cui sei inedite. Sotto Bonaparte, riottenne le sue cariche e l'anno dopo divenne segretario perpetuo dell’Accademia di storia e di antichità e fu nominato direttore della Stamperia Reale. Fu anche socio dell'accademia Cosentina, della Plautina di Napoli, e dell'Accademia Etrusca di Cortona. Altre opere: “Antonii Thylesii Consentini Opera” (Napoli); “Crescenzo Esperti Sacerdote Casertano al Signor Gennaro Ignazio Simeoni” (Napoli) – una lettera sotto un falso nome in cui dimonstra la vera origine di Caserta --;  “Le Forche Caudine illustrate” (Caserta) – dove stabilisce il vero luogo ove furono piantati que’ gioghi sotto cui passarono le vite legion romane, provando con compoisoa e ben adattata erudizioone, chef u la Valle d’Arpaia, contro l’opinione di Cluvero, Olstenio, e di altri eruditi di chiaro nome --; “I Regali Sepolcri del duomo di Palermo riconosciuti et illustrate” (Napoli) – imprese anche ad illustrare le tombe de’ re di Sicilia. Rispende in questa la purita della lingua, e la ‘erudizione piu estesa, che possa desiderarse tanto nella patria storia degli antichi tempi,, quanto in quella del medio evo --  “Monete antiche di Capua” (Napoli)  dove interpreta le antiche monete di Capua gia pubblicate fino al numero di dodici, ne pubblica altre sei del tutto ignote agli eruditi; e nel fine dell’opera tratta in un erudite discourse del culto di Giove, di Diana, e di Ercole presso i Campani. Opera inedita: Ricerca storica, diplomatica, e legalle sulla condizione feudale di Caserta; Vita e Legislazione dell’Imperatore Federico II, “Codice Fridericiano” contenente tutta la legislazione di Federico. Propurca l’onoro di iiverine region storiografico, segretario perpetuo dell’accademia ercolanese e l’accademia della Crusca.– che le merita membro della Crusca – Vita ed opuscoli di Camilo Pellegrino il giovane; Topografia dell’antica Capua illustrate con antichi monumenti; Il Museo Casertano. “Cronologia della famiglia Caracciolo di Francesco de Pietri” (Napoli). Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Danilele epigrafista e l’epigrafe probabilmente sua per la Reggia di Caserta,La collezione epigrafica del Daniele a Caserta; Una pagina di storia dell’Anfiteatro Campano, Francesco Daniele: un itinerario emblematico, in classica a Napoli, La famiglia Daniele e i suoi due palazzi in San Clemente di Caserta: note genealogiche ed araldiche, descrizione degli edifici superstiti e ipotesi e proposte per la loro corretta attribuzione”; Daniele e lo studio del mondo antico” -- Lettere di Francesco Daniele al principe di Torremuzza”; “Lettera di Francesco Daniele a Giovanni Paolo Schultesius, Lettere di Francesco Daniele al dottor Giovanni Bianchi di Rimini” Pseudonym: ‘Crescenzo Esperti’.  Francesco Daniele. Keywords: filosofia antica, roma antica, filosofia romana, l’antico in Roma antica, l’antico, idea dell’antico, ercolano, pompei, collezione farnese, palazzo Daniele, San Clemente, Caserta. Opera di Mondo, A. Telesio. “Regio Istoriografo,” carica cheera state di Divo e di Assemani, Giove, Diana, Ercole, Campania, le vinte legion legion romane, l’origine di Caserta, A. Telesio, filosofo. Mondo, filosofo, opuscoli. Romanzo di Longo reso in volgare da Caro, vita di Talesio, orazioni sull’eloquenza di Vico, valle d’Arpaia, gioghi, re di Sicilia.  Numismatica romana studio della monetazione romana Lingua Segui Modifica Ulteriori informazioni A questa voce o sezione va aggiunto il template sinottico {{Coin image box 1 double}} La numismatica romana studia la monetazione romana, cioè l'insieme delle monete emesse da Romae dal suo Impero dalla prime emissioni di monete fuse, delle monete romano-campane sino alla fine dell'Impero Romano.  Articolazione della materiaModifica monetazione romana repubblicana monetazione imperatoriale monetazione imperiale monetazione provinciale La monetazione repubblicana comprende monete dalle prime emesse da Roma sino alla guerra civile.  La monetazione imperatoriale comprende monete emesse nel periodo delle guerre civili, dai vari generali in lotta in virtù dell'imperium posseduto. Alcuni studiosi non accettano questa categoria ed includono queste monete in quelle repubblicane.  La monetazione imperiale romana comprende monete emesse dalla nascita del principato fino alla fine dell'Impero romano.  La monetazione provinciale invece tratta di quelle monete che sono state emesse da colonie ed alleati di Roma. Si tratta principalmente di monete sussidiarie o di monete emesse dagli imperatori romani utilizzando tipi che fossero meglio compresi da popolazioni di lingua greca. Spesso queste monete sono indicate col termine di coloniali. Una volta erano anche chiamate Greche imperiali.  I punti più rilevanti nella monetazione romana sono l'emissione del denario nel III secolo a.C., l'emissione dell'antoniniano da parte di Caracalla nonché lo studio del sesterzio vero e proprio veicolo di propaganda dell'antichità.  Sono anche fondamentali le riforme monetarie di Augusto, Caracalla, Aureliano e Diocleziano.  Classificazione delle monete romane repubblicaneModifica  Antonia 1; Syd. Craw. 364/1b  Pompeia 1; Syd.; Craw. 235/1a Per le monete repubblicane uno dei riferimenti più usati è il testo di Babelon (Description historique et chronologique des monnaies de la république romaine vulgairement appelées monnaies consulaires) pubblicato in due volumi nel 1885-1886. Nel testo viene utilizzata la suddivisione proposta da Eckhel:   monete fuse monete romano-campane monete anonime, senza cioè l'indicazione del magistrato responsabile dell'emissione monete divise per gens. All'interno della gens le monete sono catalogate in ordine cronologico. Le monete vengono quindi indicate con l'indicazione delle gens ed un numero progressivo: ad es. Claudia 6, Pomponia 1. La Description di Babelon è stata ristampata.  Altri lavori più moderni sono quello di Sydenham e quello di Michael H. Crawford, che elencano le monete in ordine cronologico.  Il lavoro di Crawford è il più recente sulla monetazione repubblicana. Nell'elenco delle monete il primo numero indica il monetario mentre il secondo numero indica la singola moneta.  Sydenham, E.A.: Coinage of the Roman Republic Crawford, Roman Republican Coinage. Quest'ultimo lavoro è considerato il migliore attualmente esistente  Bisogna anche citare due studi particolari:  Campana, La monetazione degli insorti durante la guerra sociale, l'unico studio approfondito su questo tema, che riporta anche il corpus completo e lo studio dei coni. Thurlow, B. - Vecchi I.: Italian Aes Grave and Italian Aes Rude, Signatum, and the Aes Grave of Sicily, sulla monetazione fusa in Italia e Sicilia. Classificazione delle monete romane imperiatorialiModifica Non esistono pubblicazioni specifiche che classifichino le monete di questo periodo. Si usano sia testi sulle monete repubblicane che testi sulle monete imperiali.  Alcuni dei testi sono già stati analizzati per le monete repubblicane e sono:  Babelon, E.: Monnaies de la République Romaine, che usa la divisione per gens. Sydenham, E.A.: The Coinage of the Roman Republic, che usa una suddivisione cronologica e si ferma grosso modo al 36 a.C. Crawford, M. H.: Roman Republican Coinage. Altri testi, che riguardano anche la monetazione imperiale sono:  Cohen H. Déscription Historique, un testo che riguarda le monete dell'Impero Romano e che il più usato per classificare le monete imperiali Roman Imperial Coinage (a cura di Mattingly e Sydenham). Classificazione delle monete romane imperialiModifica I testi di riferimento per la monetazione imperiale sono i "Cohen" ed il RIC. Cohen: Déscription Historique des Monnaie frappées sous L'Empire Romain, comunemént appelées Médailles Imperiales. Riguarda le monete dell'Impero Romano e che il più usato per classificare le monete imperiali. Ovviamente ormai molte delle informazioni contenute sono diventate obsolete. Copre le monete emesse Le monete sono ordinate prima cronologicamente per Imperatore, poi per l'ordine alfabetico della scritta al rovescio. Questo ordine, certamente poco scientifico, comunque permette di identificare abbastanza rapidamente la moneta. Roman Imperial Coinage, Nove volumi a cura di Mattingly e Sydenham -- è lo standard di riferimento per le centinaia di libri e cataloghi di collezioni su questo periodo. Mommsen: Die Geschichte des römische Münzwesen - Berlin Tr. fr.: Histoire de la monnaie romain. Paris (Ristampa Graz  Ristampa Forni) Burnett: Coinage in the Roman World,London: Seaby, Sutherland,  Roman Coins Harl: Coinage in the Roman Economy Thomsen, Early Roman Coinage: a Study of the Chronology, 3 voll., Copenaghen, Repubblica Babelon, Description historique et chronologique des monnaies de la République Romaine vulgairement appelées monnaies consulaires, 2 voll., Paris, Rollin et Feuardent (ristampato da Forni). Alberto Banti, Corpus Nummorum Romanorum. Monetazione repubblicana, Firenze, Banti editore, Gian Guido Belloni, La moneta romana. Società, politica, cultura, Firenze, NIS, 1993. Gian Guido Belloni (a cura di), Le monete romane dell'età repubblicana. Catalogo delle raccolte numismatiche, Milano, Comune di Milano, Crawford, Roman Republican Coinage, London, Cambridge, Crawford, Roman Republican Coin Hoards, London, Royal Numismatic Society, Sydenham, The Coinage of the Roman Republic, New York (Durst). ImperoModifica Alberto Banti, I grandi bronzi imperiali, Firenze, Banti, Cohen, Description des Monnaies frappées sous l'Empire Romain, II ed. Paris,  H. Mattingly - E.A. Sydenham (et al.), Roman Imperial Coinage, Londra, Montenegro, Monete imperiali romane, Con valutazione e grado di rarità, Torino, Montenegro edizioni numismatiche, Seaby, Roman Silver Coins, Second edition, 4 voll., London, B.A. Seaby, 1967-71. David R. Sear, Roman Coins and their Values, Millennium edition, 3 voll., London, Spinx, Monetazione romana Monetazione romana Monetazione fusa Monetazione romano-campana Monetazione romana repubblicana Monetazione imperatoriale Monetazione imperiale Monetazione provinciale Monetazione bizantina Monetazione italiana antica Collegamenti esterniModifica Sito con le immagini delle monete repubblicane ed imperiali, su wildwinds.com. Introduction to Roman Coins by The Museum of Antiquities on the University of Saskatchewan, su usask.ca. Risorse numismatiche on line. Università di Bologna, su numismatica.unibo. Rassegna degli Strumenti Informatici per lo Studio dell'Antichità Classica: Fonti numismatiche, su rassegna.unibo.it.   Portale Antica Roma   Portale Numismatica Ultima modifica 2 anni fa di Messbot PAGINE CORRELATE Numismatica studio della moneta e della sua storia  Monetazione romana repubblicana monetazione di Roma repubblicana  Roman Imperial Coinage catalogo britannico delle monete romane di età imperiale  Wikipedia Il Daniele. Keywords: implicatura numismatica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Daniele” – The Swimming-Pool Library.

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