Friday, November 15, 2024

GRICE ITALO A/Z E EP

 

 

Grice ed Epicaride: la ragione conversazionale e la diaspora di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. He is said to have been a Pythagorean who solved the problem of not being allowed to eat living things by killing those things first!

 

Grice ed Epicarmo: la ragione conversazionale all’isola -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Palermo). Filosofo italiano. He writes comedies. He achieved a reputation as a philosopher through several works. He was one of the seven sages (according to Hippoboto) and may have been a Pythagorean.

 

Grice ed Epicoco: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della religione civile dei romani – scuola di Mesagne – filosofia mesagnese – filosofia brindisese -- filosofia pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Mesagne). Filosofo mesagnese. Filosofo brindisese. Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Mesagne, Brindisi, Puglia. Grice: “I like Epicoco; he has a way with words – e.g. ‘only the sick heal.” Is that synthetic a priori?” Grice: “My favourite is Epicoco’s emphasis on some symbols, like blood, and Canova’s Eros – and ‘l’amore che decide.’ Insegna a San Carlo Borromeo all'Aquila. Altre opere:  Vergine Madre figlia del tuo figlio; Itaca editrice; Jesu dulcis memoria; Itaca editrice; Il grido di Benedetto XVI; con Michele G. Masciarelli; Tau editrice; Futuro presente. Contributi sull'enciclica Spe salvi di Benedetto XVI; con Angelo Amato e Paola Bignardi; Tau editrice; L'Immacolata perfezione. Sentieri in preparazione alla festa dell'Immacolata; Tau editrice  Io vedo il tuo volto. Arte e liturgia; Tau editrice  Ex coelesti virtute. Miscellanea di studi in onore di S. E. Mons. Giuseppe Molinari nel Suo 50º di Sacerdozio; Tau editrice  Etty Hillesum. Introduzione ad una donna; Tau editrice  Piccola introduzione alla Bibbia; Tau editrice  Qualcuno accenda la luce. Conversazioni sull'Enciclica Lumen Fidei di papa Francesco; Tau editrice  Giovanni Paolo II. Ricordi di un papa santo; con Mons. Piero Marini; Tau editrice  La misericordia ha un volto. Il Giubileo straordinario della Misericordia secondo papa Francesco; Tau editrice  Preghiere di ogni giorno; Tau editrice  Nati per amare. I giovani raccontano la famiglia; LUP  Solo i malati guariscono. L'umano del (non) credente; San Paolo, Milano  Educare è meglio che curare; Tau editrice,  La malattia è un dono di vita. Storia di Teresa Ruocco; Tau editrice  La stella, il cammino, il bambino. Il natale del viandante; San Paolo, Milano  Quello che sei per me. Parole sull'intimità; San Paolo, Milano  Amen. La Parola che salva; San Paolo, Milano  Sale non miele. Per una fede che brucia; San Paolo, Milano. Telemaco non si sbagliava. O del perché la giovinezza non è una malattia; San Paolo, Milano  L’amore che decide; Tau editrice,  Camminando tra pastori e Re Magi. Trenta piccole meditazioni e un "quaderno" per la riflessione personale: un percorso di preparazione al Natale, San Paolo, Cinisello Balsamo,  Qualcuno a cui guardare. Per una spiritualità della testimonianza, Città Nuova, Roma,. Note  A L'Aquila Epicoco diventa il nuovo preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose, Giovani: don Epicoco (filosofo), “proporre un incontro che può cambiare la loro vita”, in Servizio Informazione Religiosa, 11 settembre.  Intervista a Il Faro di Roma Scheda in Itaca libri  Scheda sito San Paolo  Scheda del docente nel sito dell'Università Pontificia  Articolo incarichi diocesani  Intervista a Credere  Sito della Parrocchia Universitaria L'Aquila  Incarichi nel Sito Ufficiale della Diocesi, su diocesilaquila. Scheda sul profilo di don Luigi Maria Epicoco  Radio Radicale Comunicato stampa  Sito Rai Caterpillar  Rai Due intervento a NemoNessuno escluso in prima serata  Membri Cavalieri della Luce Archiviato il 18 gennaio  in.  Testimonianza nella rivista Credere  Roma Sette sul nuovo Messalino edito da San Paolo  Intervista e nuovo libro sul sito Aleteia  La prefazione di Massimo Recalcati al libro di don Luigi Maria Epicoco  Don Epicoco nuovo preside dell’Issr L’Aquila  Conferenza di don Luigi Maria Epicoco a Nizza il 13 novembre.  Wikipedia Ricerca Religione sistema di credenze e attività umane nei confronti di una o più entità sovrannaturali Lingua Segui Modifica La religione è un costrutto sociale formato da quell'insieme di credenze, vissuti, riti che coinvolgono l'essere umano, o una comunità, nell'esperienza di ciò che viene considerato sacro, in modo speciale con la divinità, oppure è quell'insieme di contenuti, riti, rappresentazioni che, nell'insieme, entrano a far parte di un determinato culto.[1]   Alcuni simboli religiosi. Da sinistra a destra, dall'alto verso il basso: Cristianesimo, ebraismo, induismo, bahaismo, Islam, Neopaganesimo, Taoismo, Shintoismo, Buddismo, Sikhismo, Brahmanesimo, Giainismo, Ayyavazhi, Wicca, Templari e Chiesa Nativa Polacca Va tenuto presente che «il concetto di religione non è definibile astrattamente, cioè al di fuori di una posizione culturale storicamente determinata e di un riferimento a determinate formazioni storiche».[1] Lo studio delle "religioni" è oggetto della "Scienza delle religioni" mentre lo sviluppo storico delle religioni è oggetto della "Storia delle religioni".  EtimologiaModifica  Cicerone fu il primo autore a proporre un significato etimologico, collegato all'attenzione verso ciò che riguardava gli dèi, e una definizione del termine religio.  Lattanzio (250-327), apologeta cristiano, criticò l'etimologia di "religione" proposta da Cicerone, ritenendo che questo termine dovesse essere riferito al "legame" tra l'uomo e la divinità. Il termine religione deriva dal latino relìgio, la cui etimologia non è del tutto chiarita[2].  Secondo Cicerone, la parola originerebbe dal verbo relegere, ossia "ripercorrere" o "rileggere", intendendo una riconsiderazione diligente di ciò che riguarda il culto degli dèi[3]:  (LA)  «qui autem omnia quae ad cultum deorum pertinerent diligenter retractarent et tamquam relegerent, sunt dicti religiosi ex relegendo, ut elegantes ex eligendo, diligendo diligentes, ex intelligendo intelligentes»  (IT)  «invece coloro che riconsideravano con cura e, per così dire, ripercorrevano tutto ciò che riguarda il culto degli dei furono detti religiosi da relegere, come elegante deriva da eligere (scegliere), diligente da diligere(prendersi cura di), intelligente da intelligere(comprendere)»  (Cicerone. De natura deorum II, 28; traduzione in italiano di Cesare Marco Calcante in Cicerone. La natura divina. Milano, Rizzoli, 2007, pagg. 214-5) Jean Paulhan evidenzia come Lucrezio fece invece derivare religio dalla radice di re-ligare, nel significato «dei legami che uniscono gli uomini a certe pratiche»[3] – derivazione che fu poi ritenuta tale anche da Lattanzio e Servio Mario Onorato (però col significato di «legarsi nei confronti degli dei»[4]). Secondo Michael von Albrecht, da essa, poiché verbo contrario all'idea di liberazione, Lucrezio ne derivò il significato negativo, del quale è: «molto grafica l'espressione religione refrenatus (5, 114), che rispecchia le inibizioni al pensiero filosofico causate dal paganesimo: l'uomo è trattenuto, impedito, essendo le sue mani letteralmente "legate dietro la schiena"». Inoltre «parla spesso dei “nodi stretti” [...]della religio, dai quali Epicuro avrebbe liberato l'umanità».[5][6] Un significato simile le aveva attribuito lo storico greco Polibio, dando alla religione, ma con particolare riguardo alla tradizione e ai costumi dei Romani, il senso di un instrumentum regni.[7] Nello specifico Lattanzio (250-327)[8], che fu ripreso anche da Agostino d'Ippona (354-430)[9], correggendo Cicerone, sostiene:  (LA)  «Hoc vinculo pietatis obstiicti Deo et religati sumus ; unde ipsa religio nomen accepit, non ut Cicero interpretatus est, a relegendo.»  (IT)  «Con questo vincolo di pietà siamo stretti e legati (religati) a Dio: da ciò prese nome religio, e non secondo l'interpretazione di Cicerone, da relegendo.»  (Lattanzio. Divinae institutiones IV, 28. Traduzione di Giovanni Filoramo. Le scienze delle religioni. Brescia, Morcelliana, 1997, pag.286) Così lo studioso Luigi Alici (1950-) mette a confronto la lettura etimologica offerta da Agostino in De civitate Dei X,3, che si richiama a Cicerone, con quella di Lattanzio il quale "preferisce insistere sull'idea primitiva di 'ciò che lega' di fronte agli dèi":  «tale legame sarebbe pure indicato dall'uso simbolico delle vitae, cioè delle bende con cui si coprivano il capo i sacerdoti»  (Alici. Nota 5 in Agostino. La città di Dio. Milano, Bompiani, 2004, pag.462) Tuttavia lo storico delle religioni italiano Montanari osserva che:  «Etimologicamente, religio non deriva da religare('legarsi faccia a faccia con gli dèi'): questa interpretazione, di fonte cristiana (Lattanzio), fu attribuita agli antichi, ma sulla base del nuovo culto monoteistico.»  (Enrico Montanari. Roma. Il concetto di "religio" a Roma. In Dizionario delle religioni (a cura di Filoramo). Torino, Einaudi) Quindi, per Enrico Montanari, l'origine del termine "religione" è da ricercarsi nella coppia dei termini religere/relegere intesi come "raccogliere nuovamente", "rileggere" osservare "con scrupolo e coscienziosità l'esecuzione di un atto" e quindi eseguire con attenzione l'"atto religioso". Furono i primi teologi cristiani, nel IV secolo, a rovesciare il significato originario del termine per collegarlo al nuovo credo.  Allo stesso modo osservò Leeuw  che coniando l'espressione homo religiosus lo oppose all'homo negligens:  «Possiamo quindi intendere la definizione del giurista Masurio Sabino: religiosum est, quod propter sanctitatem aliquam remotum ac sepositum a nobis est. Ecco precisamente in che cosa consiste il sacro. Usargli sempre debiti riguardi: è questo l'elemento principale della relazione fra l'uomo e lo straordinario. L'etimologia più verosimile fa derivare la parola religio da relegere, osservare, stare attenti; homo religiosus è il contrario di homo negligens.»  (Gerardus van der Leeuw. Phanomenologie der Religion. In italiano: Leeuw. Fenomenologia della religione. Torino, Boringhieri) Storia della definizioneModificaOccidenteModifica Grecia antica Lo stesso argomento in dettaglio: Religione dell'antica Grecia. Il termine che nella lingua greca moderna indica la "religione" è θρησκεία (thrēskeia). Tale termine è collegato a θρησκός (thrēskos; "pio", "timoroso di Dio"). Quindi anche se nella cultura religiosa greco-antica non esisteva un termine che riassumesse quello che noi intendiamo oggi per "religione"[13], thrēskeia[14] possedeva tuttavia un ruolo e un significato precisi: indicava la modalità formale con cui andava celebrato il culto a favore degli dèi. Scopo del culto religioso greco era infatti quello di mantenere la concordia con gli dèi: non celebrare loro il culto significava provocarne l'ira, da qui il "timore della divinità" (θρησκός) che lo stesso culto provocava in quanto connesso con la dimensione del sacro.  Roma antica Lo stesso argomento in dettaglio: Religione romana  Monaci manichei intenti a copiare testi sacri, con un'iscrizione in sogdiano (manoscritto da Khocho, Bacino del Tarim). Il manicheismofu una religione perseguitata, al pari di altre, nell'Impero romano in quanto contrastava con il mos maiorum. La concezione romana di "religione" (religio) corrisponde alla cura nei confronti dell'esecuzione del rito a favore degli dèi, rito che, per tradizione, va ripetuto finché non risulti correttamente eseguito. In questo senso i romani collegavano al termine di "religione" un senso di timore nei confronti della sfera del sacro, sfera propria del rito e quindi della religione stessa.  In un ambito più aperto i romani accoglievano comunque tutti i riti che non contrastassero con il mos maiorum dei tradizionali riti religiosi, ovvero con il costume degli antenati. Quando nuovi riti, e quindi novae religiones, venivano a contrastare con il mos maiorum questi venivano proibiti: fu il caso, ad esempio e di volta in volta, delle religioni ebraica, cristiana, manichea e dei riti bacchanalia.  La prima definizione del termine "religione", ovvero del suo originario termine latino religio, la dobbiamo a Cicerone il quale nel De inventione così la esprime:  (LA)  «Religio est, quae superioris naturae, quam divinam vocant, curam caerimoniamque effert. Cicerone. De inventione) Con l'epicureo Lucrezio si affaccia una prima critica alla nozione di religione intesa qui come un elemento che sottomette l'uomo per mezzo della paura e da cui il filosofo deve liberarsi[20]:   «Humana ante oculos foede cum vita iacere / in terris oppressa gravi sub religione / quae caput a caeli regionibus ostendebat / horribili super aspectu mortalibus istans, / primum Graius homo mortalis tollere contra est / oculos ausus primusque obsistere contra»   «La vita umana giaceva sulla terra alla vista di tutti turpemente schiacciata dall'opprimente religione, che mostrava il capo dalle regioni celesti, con orribile faccia incombendo dall'alto sui mortali. Un uomo greco per la prima volta osò levare contro di lei gli occhi mortali, e per primo resistere contro di lei.»  (Lucrezio. De rerum natura. Traduzione di Giancotti in Lucrezio. La natura. Milano, Garzanti, primum quod magnis doceo de rebus et artis religionum animum nodis exsolvere pergo -- Lucrezio. De rerum natura) Occidente cristiano  Massacre saint Barthelemy di Dubois conservato presso il Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna. A seguito dei massacri provocati dalle Guerre di religione i pensatori francesi del XVII secolo misero in dubbio la sovrapposizione delle nozioni di civiltà e religione fino a quel momento in vigore. Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:Cristianesimo.  Ebrei in preghiera il giorno dello Kippur, opera di Gottlieb. Nell'Occidente cristiano, l'Ebraismo, come l'Islām, verrà indicato come una religione solo a partire dal XVII secolo. Le prime comunità cristiane non utilizzarono il termine religio per indicare le proprie credenze e pratiche religiose[22]. Con il tempo, tuttavia, diffusamente a partire dal IV secolo, il Cristianesimo adottò tale termine nell'accezione indicata da Lattanzio, individuandone l'unicità in quanto la "religione" era l'unica via di salvezza per l'uomo.  La relazione tra religio cristiana e quelle dei culti o delle "filosofie" precedenti fu variamente interpretata dagli esegeti cristiani. Giustino, ma anche Clemente Alessandrino e Origene, sostennero che partecipando tutti gli uomini al "Verbo" coloro che tra questi vissero secondo "ragione" erano comunque dei cristiani[24]. Con Tertulliano (III secolo) la prospettiva cambiò e le differenze tra mondo "antico" e il mondo dopo la "rivelazione" cristiana furono decisamente accentuate.  Con Agostino d'Ippona, ma già precedentemente con Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio di Nissa, il pensiero platonico rappresentò per i teologi cristiani un esempio della comprensibilità di cosa fosse la vera "religione".  Rispetto ai significati del termine "religione" nel mondo cristiano, lo storico delle religioni svizzero Michel Despland osserva che:  «Diventato cristiano l'Impero, si trovano presso i cristiani tre accezioni della parola. La religione è un ordine pubblico mantenuto dall'imperatore cristiano che instaura sulla terra la legislazione voluta da Dio (idea imperiale). Può anche essere l'eros dell'anima individuale verso Dio (idea mistica). Infine religio può designare la disciplina propria ai battezzati che hanno fatto voto di perfezione e sono diventati eremiti o cenobiti (Monachesimo).»  (Michel Despland. Religione. Storia dell'idea in Occidente, in Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori) Quindi se inizialmente il termine "religione" è assegnato esclusivamente agli ordini religiosi[26], a partire dalla Francia il termine accoglie dapprima anche quei pellegrini o cavalieri che se ne mostrano degni attraverso il mantenimento dei loro voti, poi i mercanti onesti e gli sposi fedeli, aprendo così il termine all'intero mondo laicale che osserva con scrupolo i precetti della Chiesa.  Con la Scolastica la "religione" venne collocata tra le "virtù morali" inserite nella "giustizia" in quanto essa rende a Dio l'onore e l'attenzione che gli sono "dovuti" esprimendosi con atti esteriori, come la liturgia o il voto, ed atti interiori, come la preghiera o la devozione.  Infine il termine "religione" diviene sinonimo di "civiltà". Con la Riforma protestante a partire dal XVI secolo il termine "religione" è assegnato a due confessioni cristiane distinte, e solo con il XVII secolo l'Ebraismo e l'Islām saranno considerate "religioni".  Le Guerre di religione provocarono in Francia l'abbandono dell'idea che il termine "religione" potesse essere sovrapponibile a quello di civiltà e, ad incominciare dal XVII secolo, alcuni intellettuali francesi avviarono una critica serrata al valore stesso della religione.  «Vive forze nazionali si risvegliano e insorgono contro l'adattamento compiuto dopo le guerre di religione. Da allora la religione è vista come riguardante un'autorità oppressiva, la fede come una credenza poco ragionevole, anzi quasi irragionevole. In Francia, le intelligenze cominciano a preferire la civiltà alla religione. E c'è la tendenza a credere che quanto l'uomo più si civilizzerà tanto meno sarà incline alla religione.»  (Despland. Op.cit.) Occidente moderno e contemporaneo La Modernità attribuisce valore supremo alla razionalità affrontando con questo strumento conoscitivo anche l'alveo della religione che così viene sottoposto al suo esame.  Se da una parte autori come Leibniz e Malebranche dopo l'analisi razionale esaltarono i valori religiosi, altri, come ad esempio Locke o JRousseau, utilizzarono la "ragione" per spogliare la "religione" dei suoi contenuti non giustificabili razionalmente.  Altri autori, come Toland o Voltaire furono propugnatori del deismo, una lettura decisamente razionalista della religione.  Con Hume vi fu un rifiuto dei contenuti razionali della religione, nell'insieme considerata un fenomeno del tutto irrazionale, nato dai timori propri dell'uomo nei confronti dell'universo. Partendo dal giudizio di "irrazionalismo" della religione, in Occidente, con ad esempio Julien Offray de La Mettrie o Helvétius, si affacciarono le prime critiche radicali alla religione che portarono all'affermazione dell'ateismo.  In questo ambito Holbach giunse a sostenere che:  «L'idea di un Dio terribile, raffigurato come un despota, ha dovuto rendere inevitabilmente malvagi i suoi sudditi. La paura non crea che schiavi che credono che tutto divenga lecito quando si tratta o di guadagnarsi la benevolenza del loro Signore, o di sottrarsi ai suoi temuti castighi. La nozione di un Dio-tiranno non può produrre che schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti.»  (Holbach, Il buon senso, a cura di S. Timpanaro, Garzanti) Culture non occidentaliModifica Nelle culture non occidentali il termine "religione" viene reso con termini che non hanno la stessa etimologia latina. Così, se in Occidente, fatto salvo la lingua greca, il termine "religione" ha ovunque origine dal latino religio, l'etimologia del termine ebraico origina invece da un termine proprio dell'antico persiano, allo stesso modo l'arabo dove il termine "religione" origina dall'avestico. Nelle lingue del Subcontinente indiano invece il termine "religione" viene reso con termini di origine sanscrita e, in Estremo Oriente, con termini di origine cinese.  Vicino e Medio OrienteModifica In lingua ebraica il termine occidentale "religione" viene reso come(alfabeto ebraico) traslitterato in caratteri latini come dath. Tale termine compare alcune volte nel Tanakh, così nel Libro di Ester Il re ordinò che così fosse fatto. Il decreto (dath) fu promulgato a Susa. I dieci figli di Amàn furono appesi al palo.»  (Libro di Ester) In questo verso (dath) sta per "editto", "legge", "decreto". L'ebraico dath deriva dall'avestico e dall'antico persiano dāta.  Il termine avestico dāta possiede in quella lingua sempre il significato di "legge" o di "legge di Ahura Mazdā"[30], ovvero legge del Dio unico e supremo dello Zoroastrismo.  (AE)  «ahmya zaothre baresmanaêca mãthrem speñtem ashhvarenanghem âyese ýeshti, dâtem vîdôyûm âyese ýeshti, dâtem zarathushtri âyese ýeshti, darekhãm upayanãm âyese ýeshti, daênãm vanguhîm mâzdayasnîm âyese ýeshti.»  Con questo zaothra e baresman desidero questo Yasna per il generoso Manthra, il più glorioso e lo desidero per Dāta, la Legge, la più gloriosa, santificata Aša, istituita contro i daēva, e per la legge insegnata da Zarathuštra. Desidero, questo Yasna, per Upayana, l'antica tradizione mazdea, e per Daēna, la santa religione mazdea.»  (Avestā II, 13. Traduzione di Arnaldo Alberti, in Avestā. Torino, UTET) In lingua araba il termine occidentale "religione" viene reso come دين (alfabeto arabo) traslitterato in caratteri latini come dīn. Oggi ho perfezionato la vostra religione ( dīn) compiendo per voi il mio beneficio e ho scelto per voi l'Islām come religione ( dīn)»  (Corano) Il termine arabo dīn deriva dal medio persiano dēn.  In lingua persiana il termine occidentale "religione" viene reso come دین (alfabeto arabo-persiano) traslitterato in caratteri latini come dīn. Tale termine deriva dal termine medio persiano dēnche, a sua volta, deriva dall'avestico daēnā che in quella antica lingua significa "religione" intesa come splendore, luminosità di Ahura Mazdā. Daēnā a sua volta proviene, nella medesima lingua, dalla radice dāy(vedere).  (AE)  «nivaêdhayemi hañkârayemi mãthrahe speñtahe ashaonô verezyanguhahe dâtahe vîdaêvahe dâtahe zarathushtrôish darekhayå upayanayå daênayå vanghuyå mâzdayasnôish»  Annuncio e celebro in lode del benefico ed efficace Manthra, ašavan, rivelazione contro i daēva; rivelazione che viene da Zarathuštra, e in lode di Daēna, la buona religione mazdea, che ha un'antica Tradizione»  (Avestā Traduzione di Alberti, in Avestā. Torino, UTET) Subcontinente indiano La bandiera dell'India. Al centro della bandiera è collocato, raffigurato in blu, il Čakra di Aśokaovvero il sigillo che compare negli editti promulgati dall'imperatore indiano Aśoka e che rappresenta il Dharmačakra, la "Ruota del Dharma". Nella lingua hindi, la lingua ufficiale e più diffusa dell'India, il termine occidentale "religione" viene reso come (alfabeto devanagari) traslitterato in caratteri latini come Dharma.  «È abbastanza difficile trovare un'unica parola nell'area dell'Asia meridionale che denoti ciò che in italiano è definito "religione", un termine effettivamente piuttosto vago e dall'ampio raggio semantico. Forse il termine più appropriato potrebbe essere il sanscrito dharma, traducibile in diversi modi, tutti pertinenti alle idee e alle pratiche religiose indiane»  (William K. Mahony. Induismo, "Enciclopedia delle Religioni" vol. 9: "Dharma induista". Milano, Jaca Book, 2006, pag.99) Gianluca Magi precisa tuttavia che il termine Dharma  «è più ampio e complesso di quello cristiano di religione e, dall'altro, meno giuridico delle attuali concezioni occidentali di "dovere" o di "norma", poiché privilegia la consapevolezza e la libertà piuttosto che il concetto di religio od obbligo»  (in Dharma, "Enciclopedia filosofica" vol.3. Milano, Bompiani. Il termine Dharma è usato nella maggior parte delle religioni di origine indiana per indicare tali contesti religiosi: Induismo Sanātana Dharma), Buddhismo Buddha Dharma), Giainismo Jain Dharma) e Sikhismo (Sikh Dharma).  Ma anche per indicare le religioni occidentali come l'Ebraismo (Dharma ebraico) o il Cristianesimo (Dharma cristiano)  Il termine Dharma deriva dalla radice sanscrita dhṛtraducibile in italiano come "fornire una base", ovvero come "fondamento della realtà", "verità", "obbligo morale", "giusto", "come le cose sono" oppure "come le cose dovrebbero essere". O guardiani dell'ordine cosmico (Ṛta), o Dei le cui leggi (Dharma) sono sempre realizzate, voi salite sul vasto carro del cielo più alto; a chi, Mitra e Varuṇa, mostrate il vostro favore, la pioggia del cielo dona abbondanza di miele»  (Ṛgveda) Estremo Orientesānjiào yījiào Tre religioni (insegnamenti) una religione (insegnamento). Confucio (Kǒng Qiū) e Lǎozǐ proteggono il Buddha Śākyamuni Shìjiāmóuní) infante. Rotolo dipinto su seta, Dinastia Ming conservato presso il British Museum di Londra.  Scrittura oracolare su ossa, all'origine del carattere cinese  (zǐ, bambino). Il carattere cineseche indica la singola "religione" è (jiào) e si compone, oltre del carattere  (zǐ), del carattere  (lǎo, vecchio), il tutto ad indicare l'insegnamento. In lingua cinese il termine occidentale "religione" viene reso come , traslitterato in caratteri latini in zōngjiào (Wade-Giles tsung-chiao).  Da questa lingua il termine religione  viene così reso nelle altre lingue estremo-orientali in:  lingua giapponese shūkyō; lingua coreana  jonggyo lingua vietnamita tôn giáo. In lingua cinese (jiào) rende anche il khotanesedeśanā, a sua volta resa del sanscrito deśayati(causativo del verbo di III classe diś: "mostrare", "assegnare", "esibire", "rivelare") e anche il sanscritośāsana (insegnamento).  Il carattere  è formato da (zǐ, bambino, dove la figura stilizzata è avvolta in fasce e agita le braccia),  (lǎo, vecchio).  Mentre  (zōng) indica "scuola", "tradizione acclarata", "religione" quindi "insegnamento di una tradizione acclarata/religione".  Il carattere cinese  (zōng) è formato dai caratteri  (mián, tetto di un edificio) e ( shì "altare", oggi nel significato di "mostrare") a sua volta composto da  (altare primitivo) con ai lati  (gocce di sangue o di libagioni); il tutto a significare "edificio che contiene un altare".  Le singole religioni vengono indicate dal nome che le caratterizza seguite dal carattere (jiào): Buddhismo (Fójiào da Fó Buddha), Confucianesimo (Rújiào, da Rú, letterato confuciano), Daoismo (Dàojiào da Dào) Cristianesimo (Jīdūjiāo da  Jīdū Cristo), Ebraismo  ( Yóutàijiào da Yóutài Giuda), Islām (Yīsīlánjiāo da Yīsīlán Islām).  DescrizioneModifica Il dibattito sulla nozione di religioneModifica La nozione di "religione" è problematica e dibattuta.  Da un punto di vista fenomenologico-religioso il termine "religione" è collegato alla nozione di sacro:  «Secondo Nathan Söderblom, Rudolf Otto e Mircea Eliade, la religione è per l'uomo la percezione di un "totalmente Altro"; ciò ha come conseguenza un'esperienza del sacro che a sua volta dà luogo a un comportamento sui generis. Questa esperienza, non riconducibile ad altre, caratterizza l'homo religiosus delle diverse culture storiche dell'umanità. In tale prospettiva, ogni religione è inseparabile dall'homo religiosus, poiché essa sottende e traduce la sua Weltanschauung (Dumézil). La religione elabora una spiegazione del destino umano (Widengren) e conduce a un comportamento che attraverso miti, riti e simboli attualizza l'esperienza del sacro.»  (JRies. Le origini, le religioni. Milano, Jaca) Da un punto di vista storico-religioso la nozione di "religione" è collegata al suo esprimersi storico:  «Ogni tentativo di definire il concetto di "religione", circoscrivendo l'area semantica che esso comprende, non può prescindere dalla constatazione che esso, al pari di altri concetti fondamentali e generali della storia delle religionie della scienza della religione, ha una origine storica precisa e suoi peculiari sviluppi, che ne condizionano l'estensione e l'utilizzo. Considerata questa prospettiva, la definizione della "religione" è per sua natura operativa e non reale: essa, cioè, non persegue lo scopo di cogliere la "realtà" della religione, ma di definire in modo provvisorio, come work in progress, che cosa sia "religione" in quelle società e in quelle tradizioni oggetto di indagine e che si differenziano nei loro esiti e nelle loro manifestazioni dai modi a noi abituali.»  (Giovanni Filoramo. Religione in Dizionario delle religioni (a cura di Filoramo). Torino, Einaudi) Da un punto di vista antropologico-religioso la "religione" corrisponde al suo modo peculiare di manifestarsi nella cultura:  «Le concezioni religiose si esprimono in simboli, in miti, in forme rituali e rappresentazioni artistiche che formano sistemi generali di orientamento del pensiero e di spiegazione del mondo, di valori ideali e di modelli di riferimento. Comba. Antropologia delle religioni. Un'introduzione. Bari, Laterza, 2008, pag.3) Anche se come evidenzia lo stesso Enrico Comba:  «Non è dunque possibile stabilire un criterio assoluto per distinguere i sistemi religiosi da quelli non religiosi nel vasto repertorio delle culture umane»  (Comba) Quindi, come notano Carlo Tullio Altan e Marcello Massenzio, il fenomeno della religione:  «come forma specifica della cultura umana, ovunque presente nella storia e nella geografia, è un fenomeno estremamente complesso, che va studiato con molteplici procedure, mano a mano che queste ci vengono offerte dal progresso degli studi delle scienze umane, senza pretendere di dire mai in proposito l'ultima parola, come accade per un lavoro che sia costantemente in corso d'opera. Altan e Massenzio. Religioni Simboli Società: Sul fondamento dell'esperienza religiosa. Milano, Feltrinelli) Analisi filosofica Lo stesso argomento in dettaglio: scienze delle religioni Natura problematica della definizione di "religione" Weber sostenne che la definizione di "religione" si può declinare alla fine della ricerca su di essa. Kołakowski ha osservato che, come per altri ambiti umanistici, difficilmente si potrà addivenire ad una definizione condivisa del termine "religione". La definizione moderna del termine "religione" è problematica e controversa:  «Definire la religione è compito tanto ineludibile quanto improbo. È infatti evidente che, se una definizione non può prendere il posto di una indagine, quest'ultima non può avere luogo in assenza di una definizione. Filoramo. Già Weber aveva sostenuto che:  «Una definizione di ciò che la religione 'è' non può trovarsi all'inizio, ma caso mai, alla fine di un'indagine come quella che segue.»  (Weber. Economia e società Milano, Comunità, Spiro e Saler obiettano in proposito che quando non si definisce l'oggetto di indagine in modo esplicito si finisce per definirlo in modo implicito.  Lo storico Kołakowski rileva invece che:  «Studiando le attività umane nessuno dei concetti di cui disponiamo può essere definito con assoluta precisione, e, sotto questo aspetto, 'religione' non si trova in una situazione peggiore di "arte", "società", "storia", "politica", "scienza", "linguaggio" e innumerevoli altre parole. Ogni definizione della religione deve essere fino ad un certo punto, arbitraria, e, per quanto scrupolosamente tentiamo di far sì che si conformi all'impiego attuale della parola nel linguaggio comune, molte persone riterranno che la nostra definizione comprenda troppo o troppo poco. Kołakowski. Se non esiste Dio. Bologna, Il Mulino) Le spiegazioni sulla natura e le ragioni dell'esistenza dei credi religiosi  Ulteriori informazioni Questa sezione sull'argomento religione è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Feuerbach sostene che: la religione consiste di idee e valori prodotti dagli esseri umani, erroneamente proiettati su forze e personificazioni divine. Dio sarebbe quindi la costruzione di un Super uomo (uomo potenziato con attribuiti ideali dati dall'uomo stesso). È una forma di alienazione (che non ha lo stesso significato attribuito da Marx), in quanto la religione estranea l'uomo da sé stesso facendogli credere di non essere in prima persona: l'uomo è sottomesso da sé stesso. La religione si trova ad essere dunque un rifugio dell'uomo di fronte alla durezza della realtà quotidiana.  Marx affermò che: la Religione è «il gemito della creatura oppressa, l'animo di un mondo senza cuore, così come è lo spirito d'una condizione di vita priva di spiritualità. Essa è l'oppio dei popoli.  Secondo l'ottica di Weber: le Religioni mondiali sarebbero capaci di raccogliere vaste masse di credenti e di influenzare il corso della storia universale. Weber non crede che la religione sia una forza conservatrice (Marx), bensì crede che essa possa provocare enormi trasformazioni sociali: La religione influisce sulla vita sociale ed economica. Il Puritanesimo e il protestantesimo, ad esempio, furono all'origine del modo di pensare capitalistico. Ne ”L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” Weber discusse ampiamente l'influenza del cristianesimo sulla storia dell'Occidente moderno. Weber scoprì che effettivamente alcune religioni sono caratterizzate da un ascetismo ultramondano, che privilegia la fuga dai problemi terreni, distogliendo gli sforzi dallo sviluppo economico. Il cristianesimo sarebbe una religione di salvezza per Weber, poiché è incentrata sulla convinzione che gli esseri umani possano essere salvati purché scelgano la fede e seguano le sue prescrizioni morali. Le religioni di salvezza presentano un aspetto rivoluzionario perché sono caratterizzate da un ascetismo intramondano, cioè uno spirito religioso che privilegia la condotta virtuosa in questo mondo. Le religioni asiatiche invece avevano un atteggiamento di passività rispetto all'esistente.  Tra le riflessioni contemporanee, particolarmente interessante è la spiegazione del fenomeno religioso proposta da Gauchet a iniziare dall'opera Il Disincanto del mondo: secondo lo storico-filosofo francese, la religione non è né una tensione individuale verso il trascendente, né una costruzione funzionale alla giustificazione del potere. La religione va invece intesa, in una prospettiva storica e antropologica, come maniera particolare di strutturazione dello spazio sociale e umano. In particolare la forma più pura di religione è da rintracciare negli animismi che caratterizzano quelle società che Pierre Clastres definisce “contro lo Stato”. Nelle società di questo tipo, la legge viene cioè fatta risalire a un tempo e a forze assolutamente altre rispetto al presente e nessun membro della società può quindi rivendicare un rapporto privilegiato con il trascendente. La nascita di un'istanza separata del potere è indisgiungibile da una trasformazione della religione: dopo tali trasformazioni, il mondo terreno e la realtà trascendente entrano in rapporto. La religione, che nella sua forma più pura era un disinnescamento totale dell'instabilità sociale, una rimozione assoluta della divisione attraverso l'assolutizzazione della separazione terreno/trascendente, si apre a quella che Gauchet definisce l'uscita dalla religione.  Alcuni termini classificatori e descrittivi delle religioni Tylor introdce la nozione di "animismo".  Il teologo calvinista Viret che, nel suo Instruction chrétienne del 1564 introdusse il termine "deismo".  Friedrich Schelling nel 1842 introdusse per primo il termine "enoteismo" poi ripreso e diffuso dall'indologo Friedrich Max Müller. Toland nel suo Socinianism Truly Stated. By a pantheist utilizzò per primo la nozione di "panteismo". "Animismo" (dall'inglese animism, a sua volta dal latino anĭma) è il termine introdotto nello studio delle religioni primitive dall'antropologo Tylor che nel suo Primitive Culture: Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, lo utilizzò per indicare quella prima forma di credenza spirituale ("anima" o "forza vitale") che viene riscontrata in oggetti o luoghi. In tal senso la teoria di Tylor si opponeva a quella di Herbert Spencer(1820-1903) che invece poneva nell'ateismo le convinzioni degli uomini primitivi.  La teoria "animistica", già messa in discussione da Mauss e da Frazer, è rifiutata oggi dalla maggior parte degli antropologi.  Tuttavia, come nota Jacques Vidal[37]  «in mancanza di altre espressioni l'uso del termine rimane frequente.»  Carlo Prandi[38] nota anche come tale termine venga utilizzato per indicare le credenze religiose dell'Africa subsahariana, quelle afrobrasiliane e quelle attinenti alle culture dell'Oceania.  Ateismo Esistono religioni atee, per considerarle tali prevale la definizione legata al culto piuttosto che al sacro, e l'interpretazione strettamente etimologica su quella abituale di "atteggiamento antireligioso. Durante i lavori del Parlamento Mondiale delle Religioni (PoWR) i buddisti, guidati dal Dalai Lama, protestarono contro l’uso del termine Dio che essi rifiutano, concordando solo su quello di Realtà suprema.  Il termine "Deismo" (dal francese déisme, a sua volta dal latino deus) fu coniato dal teologo calvinista svizzero di lingua francese Viret che nella sua Instruction chrétienne (Ginevra) lo utilizzò per indicare un gruppo che si opponeva agli "ateisti", ma Viret descrisse questo "gruppo" come di coloro che pur credendo in un Dio unico e creatore rigettavano la fede in Gesù Cristo.  Il poeta inglese John Dryden, in Religio Laici definì il "Deismo" come la credenza in un Dio creatore rifiutando qualsivoglia dottrina propugnata dalla tradizione e dalla rivelazione.  Con la pubblicazione del Dictionnaire historique et critique (Rotterdam) di  Bayle, che riprese la nozione di Déisme (s.v. "Viret"), il termine si diffuse ampiamente nella cultura europea.  Tuttavia il significato di "Deismo" ha posseduto, di volta in volta, connotazioni diverse. Wood ne ha identificate quattro:  credenza in un Essere supremo privo di tutti gli attributi di personalità (come intelletto e volontà); credenza in un Dio, ma rifiuto di qualsiasi cura provvidenziale da parte di questi per il mondo; fede in un Dio, ma negazione di ogni vita futura; credenza in un Dio, ma rifiuto di tutti gli altri articoli di fede religiosa. Molti filosofi e scienziati, per lo più illuministi del Settecento, sostennero tali posizioni; varianti istituzionalizzate del "Deismo" sono il Culto dell'Essere supremo durante la Rivoluzione francese e la spiritualità della Massoneria.  EnoteismoModifica "Enoteismo" (dal tedesco henotheismus, a sua volta dal greco εἷς eîs + θεός theós "un dio") fu il termine coniato da Schelling in Philosophie der Mythologie und der Offenbarung per indicare un "monoteismo " rudimentale sorto durante la preistoria della coscienza e precedente al "monoteismo evoluto" e al politeismo. In questo senso il termine si presenta simile a quello di Urmonotheimus ovvero "monoteismo primordiale" elaborato nel 1912 dall'antropologo e sacerdote Wilhelm Schmidt.  Successivamente, Müller utilizzò questo termine per indicare una pratica propria del Ṛgveda consistente nell'isolare una divinità rispetto alle altre durante le invocazioni rituali.  Nel suo significato storico-religioso, "enoteismo" occorre ad indicare quella forma di culto per cui una divinità viene, durante il rito, momentaneamente isolata e privilegiata rispetto alle altre, assurgendo così a divinità principale.  MonoteismoModifica Il termine Monoteismo (neologismo greco, dal grecoμόνος, mónos = unico, solo e θεός theós = dio) caratterizza quelle religioni che propugnano l'esistenza di una singola divinità. Lalande ha così descritto, nel suo Vocabulaire technique et critique de la philosophie, revu par MM. les membres et correspondants de la Société française de philosophie et publié, avec leurs corrections et observations par André Lalande, membre de l'Institut, professeur à la Sorbonne, secrétaire général de la Société, Parigi, il termine "monoteismo":  «Dottrina filosofica o religiosa che ammette un solo Dio, distinto dal mondo»  Il tema, controverso, è quali possano essere le religioni ascrivibili a questo contesto. Dopo una disamina di tale problema, Paolo Scarpi così chiosa:  «In questa prospettiva, pertanto conviene limitare l'uso del termine monoteismo alle forme religiose che storicamente si sono affermate come tali e che hanno elaborato una speculazione teologica finalizzata alla dimostrazione dell'unicità di Dio»  Intendendo in questa prospettiva sostanzialmente l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islām. Di tutt'altro avviso è invece, ad esempio, Theodore M. Ludwig che nella Encyclopedia of Religion nata dal progetto internazionale proposto da Mircea Eliade include, sia nell'edizione del che nella seconda edizione, nella voce Monotheism, altre religioni oltre quelle qui sopra citate come lo Zoroastrismo, la Religione greca nella forma di alcuni culti e nel pensiero di alcuni teologi greci, la Religione egizia del culto di Aton, il Buddhismo nella forma della Terra Pura, l'Induismo in alcune sue particolari manifestazioni e il Sikhismo.  PanteismoModifica Il termine Panteismo (dall'inglese pantheism a sua volta dal greco παν pan + θεός theós = tutto Dio) letteralmente significa "tutto è Dio". Tale termine fu derivato da analogo termine, pantheistic, utilizzato dal filosofo irlandese Toland nel suo Socinianism Truly Stated. By a pantheist, ed ebbe larga diffusione in Europa durante le polemiche inerenti al Deismo.  Oggi il termine "Panteismo" occorre come termine tecnico-descrittivo per individuare quei credi religiosi, o filosofico-religiosi, che individuano una divinità che abbraccia ogni cosa, ovvero Dio che compenetra ogni aspetto e luogo dell'universo rendendo così sacro ogni aspetto dell'esistente, anche quello naturale. Sono imparentati ad esso i termini di "panenteismo", termine coniato da Krause per indicare una visione in cui Dio è sia immanente che trascendente. e di "monismo", genericamente ogni dottrina unitaria che presuppone un'unica sostanza, nella fattispecie la concezione di un unico Dio impersonale ed ozioso.  PoliteismoModifica Il termine "politeismo" è attestato nelle lingue moderne per la prima volta nella lingua francese (polythéisme). Il termine polythéisme fu coniato dal giurista e filosofo francese Jean Bodin, e quindi utilizzato per la prima volta nel suo De la démonomanie des sorciers (Parigi), per poi finire nei dizionari come il Dictionnaire universel françois et latin (Nancy), il Dictionnaire philosophique di Voltaire (Londra 1764) e, l'Encyclopédie di D'Alembert e Diredot (seconda metà del XVIII secolo), la cui voce polytheisme è curata dallo stesso Voltaire. Utilizzato in ambito teologico in opposizione a quello di "monoteismo"; entra nella lingua italiana.  Il termine polythéisme, quindi "politeismo", è formato da termini derivati dal greco antico: πολύς (polys) + θεοί (theoi) ad indicare "molti dèi"; quindi da polytheia, termine coniato dal filosofo giudaico di lingua greca Filone di Alessandria per indicare la differenza tra l'unicità di Dio nell'Ebraismo rispetto alla nozione pluralistica dello stesso propria delle religioni antiche, tale termine fu poi ripreso dagli scrittori cristiani (ad esempio da Origene in Contra Celsum).  Tale termine indica quelle religioni che ammettono l'esistenza di più dèi a cui destinare i culti. Non vi rientra pertanto il Dualismo, che nella versione classica del Manicheismo vede il mondo retto da due principi opposti in lotta tra loro, il Male e il Bene, quest'ultimo destinato a trionfare alla fine dei giorni. Il termine Dualismo viene inoltre esteso ad eresie quali gli Gnostici e i Catari, che nell'esaltare la figura del male distinguono nettamente tra spirito e materia, ma trattandosi di Cristiani, per quanto borderline, vanno inclusi tra i Monoteisti.  Religioni (in ordine alfabetico) con maggior numero di fedeliModifica BuddhismoModifica  Il Buddhismo nel mondo Il Buddhismo è una religione che comprende una varietà di tradizioni, credenze e pratiche, in gran parte basata sugli insegnamenti attribuiti a Siddhārtha Gautama, vissuto nel Nepal, comunemente appellato come il Buddha, ossia "il Risvegliato".  Le numerose scuole dottrinarie afferenti a questa religione si fondano e si differenziano in base alle raccolte scritturali riportate nei Canoni buddhisti e agli insegnamenti tradizionali trasmessi all'interno delle stesse scuole.  Le due grandi differenziazioni all'interno del Buddhismo riguardano le correnti Theravāda, presente prevalentemente in Sri Lanka, Thailandia, Cambogia, Myanmar e Laos, e Mahāyāna, presente invece prevalentemente in Cina, Tibet, Giappone, Corea, Vietnam e Mongolia.  Cristianesimo  I cristiani nel mondo per nazione Il Cristianesimo è la religione più diffusa nel mondo, in particolare in Occidente (Europa, Americhe, Oceania). Le forme storiche del cristianesimo sono molteplici, ma è possibile indicare quattro principali suddivisioni: il Cattolicesimo, il Protestantesimo, l'Ortodossia e l'Anglicanesimo. Oltre a queste quattro suddivisioni, esistono alcuni credi che si riallacciano al Cristianesimo ma non sono classificati nelle quattro categorie principali, tra cui Mormonismo e i Testimoni di Geova.  Tutte queste tradizioni cristiane riconoscono, seppure con piccole varianti, che il loro fondatore, Gesù di Nazaret, è il Figlio di Dio, e lo riconoscono come Signore. Credono altresì, a parte i Testimoni di Geova, i Mormoni e i Protestanti Unitari, che Dio è uno in tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.  Inoltre, tenendo presente che la Bibbia protestante ha 7 libri in meno della Bibbia cattolica, considerano la Bibbia un testo ispirato da Dio. La Bibbia dei cristiani è composta dall'Antico Testamento, il quale corrisponde alla Septuaginta, versione e adattamento in lingua greca della Bibbia ebraica con l'aggiunta di ulteriori libri[50], e dal Nuovo Testamento: quest'ultimo ruota interamente sulla figura di Gesù Cristo e del suo "lieto annuncio" (Vangelo).  Induismo  Induismo nel mondo L'Induismo è un insieme di dottrine, credenze e pratiche religiose e filosofico-religiose che hanno avuto origine in India, luogo dove risiede la maggioranza dei suoi fedeli. Secondo la tradizione, questa religione è eterna (Sanātana dharma, religione eterna) non avendo né un principio né una fine.  L'Induismo fa riferimento ad un insieme di testi sacriche per tradizione suddivide in Śruti e in Smṛti. Tra questi testi occorre ricordare in particolar modo i Veda, le Upaniṣad e la Bhagavadgītā.  IslamModifica  Presenza musulmana nel mondo L'Islam è la più recente delle tre principali religioni monoteiste originarie del Vicino Oriente. Ha come principale riferimento il Corano considerato libro sacro. Il testo in lingua araba, una raccolta di predicazioni orali, è relativamente breve rispetto ai testi sacri ebraici o indù. Il termine Islam significa letteralmente "sottomissione", intesa come fedeltà alla parola di Dio. L'Islam condivide con l'Ebraismo e il Cristianesimo gran parte della tradizione dell'Antico Testamento, legittimando il riferimento biblicosecondo cui Isacco (progenitore degli israeliti) e Ismaele (progenitore degli arabi) erano entrambi figli di Abramo. Riconosce la vita e le opere di Gesùritenendolo però un profeta. La figura di riferimento dell'Islam è Muhammad (Maometto), vissuto nel VII secolo nella penisola arabica, di cui la Sunna raccoglie gli aneddoti. Le due suddivisioni principali di questa religione sono l'Islam sunnita e l'Islam sciita.  Altre religioniModifica Altre importanti religioni, diffuse soprattutto in Asiasono:  Animismo Bahá'í Confucianesimo Culti sincretici africani Ebraismo Ermetismo Esoterismo Giainismo Gnosticismo Manicheismo Mitraismo Shintoismo Sikhismo Taoismo Zoroastrismo Nuovi movimenti religiosi Lo stesso argomento in dettaglio: Nuovo movimento religioso. Bambini di Dio Chiesa dell'unificazione Meditazione trascendentale Movimento raeliano Neopaganesimo Organizzazione Sathya Sai Pastafarianesimo Rajneeshismo Rastafarianesimo Sahaja Yoga Scientology Testimoni di Geova Wicca NoteModifica ^ a b Religione, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Sull'etimologia di "religio" si possono vedere gli studi di Huguette Fugier, Recherches sur l'expression du sacré dans la langue latine, Saint-Amand, Bedy, e Lieberg, "Considerazioni sull'etimologia e sul significato di religio", Rivista di Filologia Classica, Paulhan, Il segreto delle parole, a cura di Paolo Bagni, postfazione di Marchetti, Firenze, Alinea le fait de se lier vis-à-vis des dieux», symbolisé par l'emploi des uittæ et des στέμματα dans le culte. Ernout e Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine - Histoire des mots, ristampa della IV edizione, in nuovo formato, aggiornata e corretta da André, Parigi, Klincksieck, Albrecht, Terror et pavor: politica e religione in Lucrezio, su basnico. files.wordpress.com, ETS, cfr. anche Schilling, The Roman Religion, in Bleeker e Widengren (a cura di), Historia Religionum I - Religions of the Past, Leiden, E. J. Brill, Polibio, Storie, Concetta Aloe Spada, “L’uso di religio e religiones nella polemica antipagana de Lattanzio”, in Bianchi (ed.), The Notion of «Religion» in Comparative Research. Roma: 'L'Erma' di Bretschneider, Retractationes I, 13. Anche se in De civitate Dei Agostino segue invece l'etimologia offerta da Cicerone:  «Eleggendo quindi Dio, o piuttosto rieleggendolo (da cui verrebbe il termine religione) avendolo perduto per nostra negligenza»  (Agostino. La città di Dio. Milano, Bompiani, Cfr. anche Filoramo. Che cos'è la religione. Torino, Einaudi, Filoramo. Filoramo; Le scienze delle religioni. Brescia, Morcelliana, Cfr., ad esempio, Paolo Scarpi. Grecia (religione) in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, Dialetto ionico. ^ Questo tuttavia al di fuori del dialetto attico, cfr. in tal senso e per una più approfondita disamina dei termini Walter Burkert, La creazione del sacro, Tutti questi dati si intrecciano e completano la nozione che la parola thrēskeia evoca di per sé stessa: quella di 'osservanza, regola della pratica religiosa'. La parola si ricollega a un tema verbale che denota l'attenzione al rito, la preoccupazione di restare fedeli a una regola.» Émile Benveniste. Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino, Einaudi, Per i Romani religio stava a indicare una serie di precetti e di proibizioni e, in senso lato, precisione, rigida osservanza, sollecitudine, venerazione e timore degli dèi.»  (Mircea Eliade. Religione in Enciclopedia del novecento. Istituto enciclopedico italiano, Montanari. Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, Montanari. Va precisato tuttavia che gli epicurei non negavano l'esistenza delle divinità quanto piuttosto affermavano la loro lontananza e il loro disinteresse nei confronti degli uomini. ^ Si riferisce ad Epicuro. ^ Michel Despland. Religione. Storia dell'idea in Occidente, in Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori, I Apologeticum Tra questi Giustino cita esplicitamente Socrateed Eraclito: «Coloro che hanno vissuto secondo il Logos sono cristiani, anche se sono stati considerati atei, come, tra i Greci, Socrate ed Eraclito, ad altri simili, e tra i barbari, Abramo, Anania, Azaria, Misael, Elia, e molti altri ancora, dei quali ora non elenchiamo le opere e i nomi, sapendo che sarebbe troppo lungo. Di conseguenza coloro che hanno vissuto prima di Cristo, ma non secondo il Logos, sono stati malvagi, nemici di Cristo e assassini di quelli che vivevano secondo il Logos; al contrario coloro, quelli che hanno vissuto e vivono secondo il Logos sono cristiani, non soggetti a paure e turbamenti»  (Giustino. Apologia Traduzione di Girgenti in Giustino Apologie. Milano, Rusconi, Cfr. a titolo esemplificativo Agostino d'Ippona. De vera religione, Una religione è un Ordine religioso»  (Michel Despland. Op.cit..) ^ Antonin-Dalmace Sertillanges. La philosophie morale de saint Thomas d'Aquin. Parigi, Despland. Brown, Driver, Briggs. A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament. Oxford, Clarendon Press, 1968 ^ Dāta' nella Encyclopædia Iranica. ^ «DlN, I. Definition and general notion. It is usual to emphasize three distinct senses of din:  judgment, retribution; custom, sage;  religion. The first refers to the Hebraeo-Aramaic root, the second to the Arabic root ddna, dayn (debt, money owing), the third to the Pehlevi dēn(revelation, religion). This third etymology has been exploited by Noldeke and Vollers.»  (Louis Gardet. Encyclopedia of Islam, Leiden, Brill, Spiro. Religion: problems of definition and explanation, in M. Banton (a cura di) Anthropological Approaches to the study of Religion. London, Tavistock, 1966, pag. 90-1. ^ Benson Saler. Conceptualizing Religion: Immanent Anthropologist, Trascendent Natives, and Unbounded Categories. Leiden, Brill, Marx, "Introduzione" alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Opere filosofiche giovanili, Torino, Einaudi (traduzione italiana Einaudi Bolle. Animism and Animatism. Encyclopedia of Religion NY, Macmillan, Dictionnaire des Religions (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: Dizionario delle religioni. Milano, Mondadori, Prandi. Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, Bascone, Manualetto di storia religiosa: introduzione Küng, Ciò che credo, Rizzoli: La sua etimologia è del tutto simile a quello di "Teismo" derivando quest'ultimo dal greco théose il primo dal latino deus. Encyclopedia of Religion, vol.4. NY, Macmillan, Müller. Selected Essays on Language, Mythology and Religion, Londra, Ludwig. Monotheism, in Encyclopedia of Religion vol.9. NY, Macmillan, Owen. Concepts of Deity. Londra, Macmillan, 1971. ^ Maria Vittoria Cerutti, Storia delle religioni, EDUCatt: 2Scarpi, Politeismo in Dizionario delle religioni, Torino, Einaudi, Nocentini, L'Etimologico, Firenze, Le Monnier, Pironti. Il "linguaggio" del politeismo in Grecia: mito e religione vol.6 della Grande Storia dell'antichità (a cura di Umberto Eco). Milano, Encyclomedia Publishers/RCS, Da tener presente che la Bibbia protestantecontiene una differente raccolta di libri rispetto a quella, ad esempio, cattolica.   BibliografiaModifica Ugo Bianchi (a cura di), The Notion of 'Religion' in Comparative Research. Selected Proceedings of the 16. Congress of the International Association for the History of Religions, Rome, Roma, 'L'Erma' di Bretschneider, 1994. Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, Roma-Bari, Editori Laterza, 1991. Walter Burkert, La creazione del sacro, Milano, Adelphi. Yves Coppens, Origines de l'homme - De la matière à la conscience, Paris, De Vive Voix, 2010. Yves Coppens, La preistoria dell'uomo, Milano, Jaca. Nola, Attraverso la storia delle religioni, Roma, Di Renzo Editore, 1996. Ambrogio Donini, Lineamenti di storia delle religioni, Roma, Editori Riuniti, Eliade, Trattato di storia delle religioni, Torino, Bollati Boringhieri, 1999. Giovanni Filoramo, Storia delle religioni, Roma-Bari, Editori Laterza, Filoramo, Giorda e Spineto (a cura di), Manuale di Scienze della religione, Brescia, Morcelliana, 2019. Voci correlate Ateismo Antropologia delle religioni Credenza religiosa Critiche alla religione Culto Dio Divinità Fanatismo religioso Fenomenologia della religione Filosofia della religione Fede Homo religiosus Importanza della religione per stato Preghiera Psicologia della religione Religione di Stato Religioni maggiori Religioni per nazione Rivelazione Rito Santuario Sacrificio Scienza delle religioni Storia delle religioni Sacro Sociologia della religione Teologia Uscita dalla religione Altri progettiModifica Collabora a Wikisource Wikisource contiene di argomento religioso Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni sulla religione Collabora a Wikizionario Wikizionario contiene il lemma di dizionario «religione» Collabora a Wikinotizie Wikinotizie contiene notizie di attualità su argomenti di religione Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla religione Collabora a Wikivoyage Wikivoyage contiene informazioni turistiche su religione Wikiversity contiene materiale del Corso di laurea in Scienza delle Religioni, Facolta' di Lettere e Filosofia Collabora a Wikibooks Wikibooks contiene un approfondimento sulla storia della nozione di religione Collabora a Wikibooks Wikibooks contiene un libro su Le religioni e il sacro Collegamenti esterniModifica religione, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata ( EN ) Religione, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata ( EN ,  FR ) Religione, su Enciclopedia canadese. Religione, su The Encyclopedia of Science Fiction. Opere riguardanti Religione, su Open Library, Internet Archive. Religione, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Schilbrack, The Concept of Religion, in Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. Dale Tuggu, Theories of Religious Diversity, su Internet Encyclopedia of Philosophy. Centro Studi sulle Nuove Religioni, su cesnur. Portale Religioni: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Religioni PAGINE CORRELATE Religione romana credenze del popolo romano  Storia delle religioni Dio entità divina, essere supremo e oggetto di fede  Wikipedia Il contenutoWikipedia Ricerca Religione romana credenze del popolo romano Lingua Segui Modifica La religione romana è l'insieme dei fenomeni religiosi propri dell'antica Roma considerati nel loro evolvere come varietà di culti, questi correlati allo sviluppo politico e sociale della città e del suo popolo. Giove Tonante in una scultura. Le origini della città, e quindi della storia e della religione di Roma, sono controverse. Recentemente l'archeologo italiano Carandini sembrerebbe aver quantomeno dimostrato di poter datare l'origine di Roma all'VIII secolo a.C., saldando quindi le sue conclusioni, basate sugli scavi da lui condotti nella zona del Palatino, all'età di fondazione stabilita dal racconto tradizionale.  Le origini della religione romana vanno individuate nei culti dei popoli pre-indoeuropei stanziati in Italia, nelle tradizioni religiose dei popoli indoeuropei che migrarono nella penisola, nelle civiltà etrusca[9] e della Grecia[10] e nelle influenze delle civiltà del Vicino Oriente occorse lungo i secoli.  La religione romana cessò di essere la religione "ufficiale" all'interno dell'Impero romano con l'editto di Tessalonica e i successivi editti promulgati dall'imperatore romano convertito al cristianesimo Teodosio, il quale proibì e perseguitò tutti i culti non cristiani professati nell'Impero, soprattutto quelli pagani. Precedentemente c'era stato il vano tentativo dell'imperatore Giuliano di riformare la religione pagana per contrapporla efficacemente al cristianesimo, ormai ampiamente diffuso.  Una religione civile L'espressione "religione romana" è di conio moderno. Il termine italiano "religione" possiede tuttavia la sua chiara etimologia nel termine latino religio ma, nel caso del termine latino, esso esprime una nozione circoscritta alla cura nei confronti dell'esecuzione del rito a favore degli dei, rito che, per tradizione, va ripetuto finché non risulti correttamente eseguito, e in questo senso i Romani collegavano al termine religioil vissuto di timore nei confronti della sfera del sacro, sfera propria del rito e quindi della religione stessa. Religio est, quae superioris naturae, quam divinam vocant, curam caerimoniamque effert. Cicerone, De inventione) Pertanto, l'integrità e la prosperità di Roma (monarchica, repubblicana, imperiale) erano la finalità dello Stato e, a questo scopo, doveri civili e religiosi coincidevano: lo Stato si è attribuito il diritto di stabilire e specificare qual è il sacro e pertanto la religione romana è una religione civica, una religione che ha carattere pubblico e, di conseguenza, nella organizzazione istituzionale di Roma è presente anche un apparato religioso.   La nozione moderna di "religione" è invece più complessa e problematica andando a coprire un più ampio spettro di significati:  «Le concezioni religiose si esprimono in simboli, in miti, in forme rituali e rappresentazioni artistiche che formano sistemi generali di orientamento del pensiero e di spiegazione del mondo, di valori ideali e di modelli di riferimento»  (Enrico Comba, Antropologia delle religioni. Un'introduzione. Bari, Laterza) Precisare la differenza di "contenuto" tra il termine latino religio e quello di uso comune e moderno di "religione" rende conto della caratteristica unica dei contenuti religiosi del vivere romano:  «La religione romana (o più in generale greco-romana) può essere caratterizzata da due elementi: è una religione sociale ed è una religione fatta di atti di culto. Religione sociale, essa è praticata dall'uomo in quanto membro di una comunità e non in quanto singolo individuo, persona; è squisitamente una religione di partecipazione e nient'altro che questo. Il luogo dove si esercita la vita religiosa del romano è la famiglia, l'associazione professionale o di culto, e soprattutto, la comunità politica.»  (John Scheid, La religione a Roma. Bari, Laterza, 1983, p. 8) Ne consegue che per i Romani la religio non aveva molto a che fare con quello che noi indichiamo come credenza religiosa individuale in quanto è lo Stato a essere il tramite tra l'individuo e la divinità:  «L'atteggiamento religioso del romano va distinto dal sistema della fede. Religio non equivale a credo.»  (Robert Schilling, Rites, Cultes, Dieux de Rome. Parigi, Klincksieck; cit. in Scheid) Il sentimento religioso romano (pietas) verte dunque nella forte volontà di garantire il successo alla respublica mediante la scrupolosa osservanza della religio, dei suoi culti, dei suoi riti, della sua tradizione, osservanza che consente di ottenere il favore degli dei e garantire la pax deum (pax deorum). Tale concordia con gli dei determinata dalla scrupolosa osservanza della religio e dei suoi riti è testimoniata, per i Romani, dal successo di Roma nei confronti delle altre città e nel mondo.  (LA)  «...sed pietate ac religione atque una sapientia, quod deorum numine omnia regi gubernarique perspeximus, omnes gentes nationesque superavimus. Cicerone, De haruspicum responso, 9; traduzione di Bellardi, in Cicerone, Le orazioni Torino, UTET) Il che fa concludere a Cicerone:  Et si conferre volumus nostra cum externis, ceteris rebus aut pares aut etiam inferiores reperiemur, religione, id est cultu deorum, multo superiores. Cicerone, De natura deorum. II, 8; traduzione di Calcante. Milano, Rizzoli) La "mitologia" romana: le fabulae La nozione di "sacro" (sakros) nella cultura romana Lapis niger stele (modificato).JPG  Qui sopra il cippo del Lapis Niger risalente al VI secolo a.C. che riporta un'iscrizione bustrofedica. In questo reperto archeologico compare per la prima volta il termine sakros (Forum inscription (dettaglio).jpg: sakros es). Dal termine latino arcaico sakros originano due successivi termini latini: sacer e sanctus. Lo sviluppo del termine sakros, nel suo variegarsi di significati procede, per quanto inerisce al sanctus per via del suo participio sancio che è collegato a sakros per mezzo di un infisso nasale[20]. Ma sacer e sanctus, pur provenendo dalla stessa radice sak, possiedono dei significati originari molto diversi. Il primo, sacer, è ben descritto da SESTO POMPEO FESTO nel suo “De verborum significatu” dove precisa che: «Homo sacer is est, quem populus iudicavit ob maleficium; neque fas est eum immolari, sed, qui occidit, parricidii non damnatur». Quindi, e in questo caso, l'uomo sacro è colui che portando una colpa infamante che lo espelle dalla comunità umana deve essere allontanato. Non lo si può perseguire, ma non si può perseguire nemmeno colui che lo uccide. L'homo sacer non appartiene, non è perseguito, né è tutelato dalla comunità umana. Sacer è quindi ciò che appartiene ad 'altro' rispetto agli uomini, appartiene agli Dei, come gli animali del sacrificium (rendere sacer). Nel caso di sacer la sua radice sak inerisce a ciò che viene stabilito (quindi ciò che è sak) come non attinente agli uomini. Sanctus invece, come spiega il Digesto, è tutto ciò che deve essere protetto dalle offese degli uomini. È sanctaquell'insieme di cose che sono sottomesse a una sanzione. Esse non sono né sacre, né profane. Esse non sono comunque consacrate agli Dei, non appartengono a loro. Ma sanctus non è nemmeno profano, deve essere protetto dal profano e rappresenta il limite che circonda il sacer anche se non lo riguarda. Sacer è tutto ciò che appartiene quindi a un mondo fuori dall'umano: dies sacra, mons sacer. Mentre sanctus non appartiene al divino: lex sancta, murus sanctus. Sanctus è tutto ciò che è proibito, stabilito, sanzionato dagli uomini e, con questo, anche sanctus si relaziona al radicale indoeuropeo sak. Ma col tempo, sacer e sanctus si sovrappongono. Sanctus non è più solo il "muro" che delimita il sacer ma entra esso stesso in contatto col divino: dall'eroe morto sanctus, all'oracolo sanctus, ma anche Deus sanctus. Su questi due termini, sacer e sanctus, si fonda un ulteriore termine, questo dall'etimologia incerta, religio, ovvero quell'insieme di riti, simboli e significati che consentono all'uomo romano di comprendere il "cosmo", di stabilirne i contenuti e di mettersi in relazione con esso e con gli Dei. Così la città di Roma diviene essa stessa sacra in quanto avvolta dalla majestas che il dio Iupiter ha consegnato al suo fondatore, Romolo. Attraverso le sue conquiste, la città di Roma offre una collocazione agli uomini nello spazio "sacro" da essa rappresentato. La sfera del sacer-sanctus romano appartiene al sacerdosche, nel mondo romano unitamente all'imperator[21] si occupa delle res sacrae che consentono di rispettare gli impegni verso gli Dei. Così sacer divengono le vittime dei "sacrifici", gli altari e le loro fiamme, l'acqua purificatrice, gli incensi e le stesse vesti dei "sacerdoti". Mentre sanctus è riferito alle persone: i re, i magistrati, i senatori (pater sancti) e da questi alle stesse divinità. La radice di sakros, è il radicale indoeuropeo *sak il quale indica qualcosa a cui è stata conferita validità ovvero che acquisisce il dato di fatto reale, suo fondamento e conforme al cosmo. Da qui anche il termine, sempre latino, di sancire evidenziato nelle leggi e negli accordi. Seguendo questo insieme di significati, il sakrossancisce un'alterità, un essere "altro" e "diverso" rispetto all'ordinario, al comune, al profano. Il termine latino arcaico sakros corrisponde all'ittita saklai, al greco hagois, al gotico sakan. La presenza di una mitologia romana che prescindesse da quella greca è stato oggetto di dibattito fin dall'antichità. Il retore greco Dionigi di Alicarnasso ha negato questa possibilità attribuendo a Romolo, fondatore della città di Roma, l'espressa intenzione di cancellare qualsivoglia racconto mitico che attribuisse agli dei le condotte sconvenienti degli uomini:  τοὺς δὲ παραδεδομένους περὶ αὐτῶν μύθους, ἐν οἷς βλασφημίαι τινὲς ἔνεισι κατ´ αὐτῶν ἢ κακηγορίαι, πονηροὺς καὶ ἀνωφελεῖς καὶ ἀσχήμονας ὑπολαβὼν εἶναι καὶ οὐχ ὅτι θεῶν ἀλλ´ οὐδ´ ἀνθρώπων ἀγαθῶν ἀξίους, ἅπαντας ἐξέβαλε καὶ παρεσκεύασε τοὺς ἀνθρώπους {τὰ} κράτιστα περὶ θεῶν λέγειν τε καὶ φρονεῖν μηδὲν αὐτοῖς προσάπτοντας ἀνάξιον ἐπιτήδευμα τῆς μακαρίας φύσεως. Οὔτε γὰρ Οὐρανὸς ἐκτεμνόμενος ὑπὸ τῶν ἑαυτοῦ παίδων παρὰ Ῥωμαίοις λέγεται οὔτε Κρόνος ἀφανίζων τὰς ἑαυτοῦ γονὰς φόβῳ τῆς ἐξ αὐτῶν ἐπιθέσεως οὔτε Ζεὺς καταλύων τὴν Κρόνου δυναστείαν καὶ κατακλείων ἐν τῷ δεσμωτηρίῳ τοῦ Ταρτάρου τὸν ἑαυτοῦ πατέρα οὐδέ γε πόλεμοι καὶ τραύματα καὶ δεσμοὶ καὶ θητεῖαι θεῶν παρ´ ἀνθρώποις»  Censurò tutti quei miti che si tramandano sugli dèi, in cui erano offese e accuse contro di essi, ritenendoli empi, dannosi, offensivi e non degni degli dèi e neppure degli uomini giusti. Prescrisse inoltre che gli uomini pensassero e parlassero riguardo agli dèi nel modo più rispettoso possibile, evitando di attribuire loro una pratica indegna della loro natura divina. Presso i Romani infatti non si racconta che Urano fu evirato dai figli né che Crono massacrò i figli per paura di essere detronizzato, che Zeus pose fine alla supremazia di Crono, che era suo padre, rinchiudendolo nelle carceri del Tartaro, non si raccontano neppure guerre, né ferite, né patti, né la loro servitù presso gli uomini.»  (Dionigi di Alicarnasso; trad. di Guzzi)  Calco in gesso della fronte del "Sarcofago Mattei" (III secolo d.C.), conservato presso il Museo della civiltà romana (Roma). L'originale del calco è murato nello scalone principale di Palazzo Mattei in Roma. Questa fronte del sarcofago intende raffigurare una delle fabulae fondative della civiltà romana: il dio Marte che si avvicina a Rea Silvia addormentata. I gemelli Romolo e Remo sonoil  frutto della relazione tra il dio e Rhea Silvia, figlia di Numitor (Numitore), questi discendente dell'eroe troiano Aeneas (Enea) e re dei Latini. Allo stesso modo il filologo tedesco Georg Wissowa e Koch hanno diffuso in età moderna l'idea che i Romani non avessero in origine una propria mitologia. Diversamente Dumézil in varie opere aventi come oggetto la religione romana[29] ha invece ritenuto di considerare la presenza di una mitologia latina e quindi romana come diretta eredità di quella indoeuropea, al pari di quella vedica o di quella scandinava, successivamente il contatto con la cultura religiosa e mitologica greca avrebbe fatto dimenticare ai Romani questi loro racconti mitici basati su una trasmissione di tipo orale. Lo storico delle religioni italiano Brelich ha ritenuto di individuare una mitologia propria dei Latini che, seppur priva di ricchezza come quella greca, è comunque parte autentica e originaria di quel popolo. Lo storico delle religioni italiano Dario Sabbatucci[31]riprende di fatto le conclusioni di Koch quando individua nei Romani e negli Egiziani due popoli che hanno concentrato nel "rito" religioso il contenuto "mitico" non estraendone, a differenza dei Greci, il racconto mitologico. Più recentemente lo storico delle religioni Bremmer ritiene che i popoli indoeuropei e quindi di eredità indoeuropea, tra questi anche i Latini e i Romani, non abbiano mai posseduto dei racconti teogonici e cosmogonici se non in forma assolutamente rudimentale, la particolarità della mitologia greca risiederebbe quindi nel fatto di averli elaborati sull'impronta di quelli appartenenti alle antiche civiltà orientali. Allo stesso modo Bread critica le conclusioni di Dumézil sulla presenza di una mitologia indoeuropea, collegata all'ideologia tripartita, presente anche nella Roma arcaica. Si osserva la penetrazione di racconti mitici greci in Italia centrale con i reperti archeologici che li raffigurano. L'influenza greca emerge in modo decisamente impressionante con la costruzione del tempio a Iupiter Optimus Maximus al Campidoglio[36].  Andrea Carandini ritiene di individuare una precisa cesura tra la mitologia originaria del Lazio e quella successiva determinata dall'influenza greca:  «Ma a partire da un certo momento la creatività mitica originaria si esaurisce e gli ulteriori sviluppi cominciano a perdere autenticità, per cui viene a prodursi una cesura. Questa cesura cade a nostro avviso nel Lazio al tempo dei Tarquini quando avvengono manipolazioni del mito indigeno ed intrusioni di miti greci paragonabili a un grosso intervento chirurgico nella cultura del tempo.»  (Carandini, La nascita di Roma) Le mediazione etrusca all'epoca dei Tarquini, per mezzo della quale entrano nella religione romana anche nozioni mitiche proprie dei Greci, era già stata evidenziata da Eliade:  «Sotto la dominazione etrusca perde di attualità la vecchia triade costituita da Giove, Marte e Quirino, che viene sostituita dalla triade formata da Giove, Giunone e Minerva, istituita all'epoca dei Tarquini. È evidente l'influenza etrusco-latina, che del resto apporta alcuni elementi greci. Le divinità hanno ora delle statue: Juppiter Optimus Maximus, come d'ora innanzi sarà chiamato, è presentato ai Romani sotto l'immagine etruschizzata dello Zeus greco.»  (Eliade, Storia delle idee e delle credenze religiose) Se quindi i racconti mitologici greci, questi decisamente influenzati dal contatto della civiltà greca con quelle orientali, segnatamente con la civiltà mesopotamica, penetrano nell'Italia centrale determinando la successiva e decisiva influenza della mitologia greca sulle idee religiose latine, resta che alcuni racconti di natura mitica, alcuni dei quali anche di possibile eredità indoeuropea, possano essere appartenuti alla cultura orale latina arcaica e poi ripresi e in parte riformulati dai letterati e dagli antichisti romani dei secoli successivi.  L'accezione moderna del termine "mito" inerisce a racconti tradizionali che hanno come oggetto dei contenuti di tipo significativo[38], il più delle volte afferenti al campo teogonico e cosmogonico, e comunque inerente al sacro e quindi del religioso:  «Il mito esprime un segreto proprio delle origini, che conduce ai confini tra gli uomini e gli dei.»  (Jacques Vidal, Mito, in  Dizionario delle religioni(a cura di Paul Poupard). Milano, Mondadori) «Il mito si distingue dalla leggenda, dalla fiaba, dalla favola, dalla saga, pur contenendo in varia misura, elementi di ciascuno di questi generi letterari. Tutti questi tipi di racconto hanno in comune il fatto di non essere portatori di quei contenuti di verità che rendono il mito profondamente coinvolgente sul piano esistenziale e religioso»  (Prandi, Mito in Dizionario delle religioni (a cura di Filoramo), Torino, Einaudi) Il termine moderno "mito" risale al greco μύθος (mýthos) laddove, invece, i Romani utilizzano il termine fabula (pl. fabulae) che possiede origini nel verbo for, "parlare" di contenuti religiosi. Se fabulaper i Romani è quindi il "racconto" di natura tradizionale circondato da un'atmosfera religiosa, esso possiede l'ambivalenza di essere anche il "racconto" leggendario che si oppone a historia, il "racconto" fondato storicamente. Ne consegue che il fondamento di verità di una fabula è lasciato all'uditore che ne stabilisce il criterio di attendibilità, questo stabilito dalla tradizione. Così Livio, in Ad Urbe Condita, ricorda che tali fabulae fondative non si possono né adfirmare (confermare), né refellere (confutare).  Le fabulae fondative di Roma si riscontrano sostanzialmente coerenti in una letteratura che prosegue per circa sei secoli[44]. Tali fabulae narrano di un primo re dei Latini, Giano, cui segue un secondo re giunto esule dal mare, Saturnus (Saturno), il quale condivise con Ianus il regno. Figlio di Saturnus fu Pico, a sua volta padre di Fauno che generò il re eponimo dei Latini, Latino. A partire da Ianus, questi re divini introdussero nel Lazio la civiltà, quindi l'agricoltura, le leggi, i culti, fondando città.  EvoluzioneModifica Lo sviluppo storico della religione romana passò per quattro fasi: una prima protostorica, una seconda fase, contrassegnata dall'influenza delle religioni autoctone; una terza contraddistinta dall'assimilazione di idee e pratiche religiose etrusche e greche; una quarta, durante la quale si affermò il culto dell'imperatore e si diffusero le religioni misteriche di provenienza orientale.  Età protostorica Fondazione di Roma. Nell'età protostorica ancora prima della fondazione di Roma, quando nel territorio laziale c'erano solo tribù, nel territorio dei colli si credeva nell'intervenire nella vita di tutti i giorni di forze soprannaturali tipicamente magico-pagane. Queste forze non erano tuttavia personificate in divinità ma ancora indistinte e solo col rafforzarsi dei contatti con altre popolazioni, tra cui i Greci, i Sabini e gli Etruschi, tali forze cominceranno a essere personificate in oggetti e, solo a Repubblica inoltrata, in soggetti antropomorfi. Sino ad allora erano viste come forze chiamate numen o al plurale numina, grandi in numero e ciascuna avente il suo compito nella vita di tutti i giorni.  Età arcaica Lo stesso argomento in dettaglio: Età regia di Roma. La fase arcaica fu caratterizzata da una tradizione religiosa legata soprattutto all'ambito agreste, tipica dei culti indigeni mediterranei, sulla quale si inserì il nucleo di origine indoeuropea. Per la tradizione romana si deve a Numa Pompilio, il secondo re di Roma, la sistemazione e l'iscrizione delle norme religiose in un unico corpo di leggi scritte, il Commentarius, che avrebbe portato alla definizione di otto ordini religiosi: i Curiati, i Flamini, i Celeres, le Vestali, gli Auguri, i Salii, i Feziali e i Pontefici.   Busto di Giano bifronte, culto istituito da Numa Pompilio Gli dei principali e più antichi venerati nel periodo arcaico, la cosiddetta "triade arcaica", erano Giove(Iupiter), Marte (Mars) e Quirino (Quirinus), quella che Georges Dumézil definisce invece “triade indoeuropea. Proprio a Iupiter Feretrius (garante dei giuramenti) è dedicato il santuario cittadino di più antica consacrazione: stando a Tito Livio era stato proprio Romolo a fondarlo sul colle Palatino[48], così come fu responsabile della creazione del culto di Iupiter Stator (che arresta la fuga dai combattimenti).  Tra le divinità maschili troviamo Liber Pater, Fauno, Giano, Saturno, Silvano, Robigus, Consus (il dio del silo in cui si racchiude il frumento), Nettuno (in origine dio delle acque dolci, solo dopo l'apporto ellenizzante dio del mare), Fons (dio delle sorgenti e dei pozzi), Vulcano (dio del fuoco devastatore).  In questa fase primitiva della religione romana è riscontrabile la venerazione di numerose divinità femminili: Giunone in diversi e specifici aspetti (Iuno Pronuba, Iuno Lucina, Iuno Caprotina, Iuno Moneta), Bellona, Tellus e Cerere, Flora, Opi (l'abbondanza personificata), Pales (dea delle greggi), Vesta, Anna Perenna, Diana Nemorensis(Diana dei boschi, dea italica , introdotta secondo la tradizione da Servio Tullio come dea lunare), Fortuna (portata in città da Servio Tullio, con vari culti entro il pomoerium), la Dea Dia (la dea “luminosa” del cielo chiaro), la dea Agenoria (la dea rappresentante dello sviluppo).  Frequenti sono le coppie di divinità legate alla fertilità poiché essa era ritenuta per natura duplice: se in natura esistono maschio e femmina dovevano esserci anche maschio e femmina per ogni aspetto della fertilità divina. Ecco così Tellus e Tellumo, Caeres e Cerus, Pomona e Pomo, Liber Pater e Libera. In queste coppie il secondo termine rimane sempre una figura secondaria, minore, una creazione artificiale dovuta ai sacerdoti teologi più che alla reale devozione.  Il periodo delle origini è caratterizzato anche dalla presenza di numina, divinità indeterminate, come i Larie i Penati.  Età repubblicana Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica romana. La mancanza di un "pantheon" definito favorì l'assorbimento delle divinità etrusche, come Venere(Turan), e soprattutto greche. A causa della grande tolleranza e capacità di assimilazione, tipiche della religione romana, alcuni dèi romani furono assimilati a quelli greci, acquisendone l'aspetto, la personalità e i tratti distintivi, come nel caso di Giunone assimilata a Era; altre divinità, invece, furono importate ex novo, come nel caso dei Dioscuri. Il controllo dello Stato sulla religione, infatti, non proibiva l'introduzione di culti stranieri, anzi tendeva a favorirla, a condizione che questi non costituissero un pericolo sociale e politico. Nel II secolo a.C. furono ad esempio proibiti i baccanali con Senatus consultum de Bacchanalibus perché durante tali riti gli adepti praticavano la violenza sessuale reciproca (sodomia compresa), specialmente sui neofiti, e ciò era in contrasto con le leggi romane che impedivano tali atti tra cittadini, pur permettendole nei confronti degli schiavi, mentre il culto dionisiaco fu represso con la forza.  Età alto imperiale Alto Impero romano.  L'imperatore Commodorappresentato come Ercole La crisi della religione romana, iniziatasi nella tarda età repubblicana, s'intensificò in età imperiale, dopo che Augusto aveva provato a darle nuovo vigore.  Augusto ripristinò alcune antiche tradizioni religiose che erano cadute in disuso, come l'augurio della Salute, la dignità del flamine diale, la cerimonia dei Lupercalia, dei Ludi Saeculares e dei Compitalia. Vietò ai giovani imberbi di correre ai Lupercali e sia ai ragazzi, sia alle ragazze di partecipare alle rappresentazioni notturne dei Ludi Saeculares, senza essere accompagnati da un adulto della famiglia. Stabilì che i Lari Compitali fossero adornati di fiori due volte all'anno, in primavera ed estate.»  (Svetonio, Augustus) Le cause del lento degrado della religione pubblica furono molteplici. Già da qualche tempo vari culti misterici di provenienza medio-orientale, quali quelli di Cibele, Iside e Mitra, erano entrati a far parte del ricco patrimonio religioso romano.  Col tempo le nuove religioni assunsero sempre più importanza per le loro caratteristiche escatologiche e soteriologiche in risposta alle insorgenti esigenze della religiosità dell'individuo, al quale la vecchia religione non offriva che riti vuoti di significato. La critica alla religione tradizionale veniva anche dalle correnti filosofiche dell'Ellenismo, che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli dei.  Un'altra caratteristica tipica del periodo fu quella del culto imperiale. Dalla divinizzazione post-mortem di Gaio Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto si arrivò all'assimilazione del culto dell'imperatore con quello del Sole e alla teocrazia dioclezianea.  Età tardo imperiale Tardo Impero romano. Diocleziano assunse il titolo di Iovius, Massimiano quello di Herculius. Il titolo doveva probabilmente richiamare alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato a Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le disposizioni del collega. Malgrado queste connotazioni religiose, gli imperatori non erano "divinità", in accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene potessero essere salutati come tali nei panegirici imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinità, incaricati di eseguire la loro volontà sulla Terra. Vero è che Diocleziano elevò la sua dignità imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana. Egli voleva risultare intoccabile. Soltanto lui risultava dominus et deus, signore e dio, tanto che a tutti coloro che lo circondavano fu attribuita una dignità sacrale: il palazzo divenne sacrum palatium e i suoi consiglieri sacrum consistorium. Segni evidenti di questa nuova qualificazione monarchico-divina furono il cerimoniale di corte, le insegne e le vesti dell'imperatore. Egli, infatti, al posto della solita porpora, indossò abiti di seta ricamati d'oro, calzature ricamate d'oro con pietre preziose[63]. Il suo trono poi si elevava dal suolo del sacrum palatium di Nicomedia. Veniva, infine, venerato come un dio, da parenti e dignitari, attraverso la proschinesi, una forma di adorazione in ginocchio, ai piedi del sovrano.  Nella congerie sincretistica dell'impero durante il III secolo, permeata da dottrine neoplatoniche, e gnostiche, fece la sua comparsa il cristianesimo. La nuova religione andò lentamente affermandosi quale culto di Stato, con la conseguente fine della religione romana, da ora indicata spregiativamente come "pagana", sancito dalla chiusura dei templi e dalla proibizione, sotto pena capitale, di professare religioni diverse da quella cristiana.  Flavio Claudio Giuliano, discendente del cristiano Costantino I, tentò di restaurare la religione romana in forma ellenizzata a Costantinopoli, ma la sua morte prematura nel 363 pose fine al progetto. Teodosio Iemanò l'editto di Tessalonica per la parte orientale, rendendo il cristianesimo unica religione di Stato, con i decreti teodosianicominciarono le persecuzioni ai danni dei pagani nell'Impero romano; infine nel 394, i decreti furono estesi alla parte occidentale, dove stava avvenendo specialmente a Roma una rinascita pagana.  Emersero correnti neopagane, come la Via romana agli dei e il neo-ellenismo.  Organizzazione religiosa Lo stesso argomento in dettaglio: Sacerdozio (religione romana). Secondo la tradizione, fu Numa Pompilio a istituire i vari sacerdozi e a stabilire i riti e le cerimonie annuali. Tipica espressione dell'assunzione del fenomeno religioso da parte della comunità è il calendario, risalente alla fine del VI secolo a.C. e organizzato in maniera da dividere l'anno in giorni fasti e nefasti con l'indicazione delle varie feste e cerimonie sacre.  Collegi sacerdotali Augusto nelle vesti di pontefice massimo La gestione dei riti religiosi era affidata ai vari collegi sacerdotali dell'antica Roma, i quali costituivano l'ossatura della complessa organizzazione religiosa romana. Al primo posto della gerarchia religiosa troviamo il Rex Sacrorum, sacerdote al quale erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo.  Flamini, che si dividevano in tre maggiori e dodici minori, erano sacerdoti addetti ciascuno al culto di una specifica divinità e per questo non sono un collegio ma solo un insieme di sacerdozi individuali[67]; Pontefici[66], in numero di sedici, con a capo il Pontefice massimo, presiedevano alla sorveglianza e al governo del culto religioso; Auguri[66] , in numero di sedici sotto Gaio Giulio Cesare, addetti all'interpretazione degli auspici e alla verifica del consenso degli dei; Vestali[46] , sei sacerdotesse consacrate alla dea Vesta; Decemviri o Quimdecemviri sacris faciundis, addetti alla divinazione e alla interpretazione dei Libri sibillini; Epuloni, addetti ai banchetti sacri. SodaliziA Roma vi erano quattro grandi confraternite religiose, che avevano la gestione di specifiche cerimonie sacre.  Arvali, (Fratres Arvales), ("fratelli dei campi" o "fratelli di Romolo"), in numero di dodici, erano sacerdoti addetti al culto della Dea Dia, una divinità arcaica romana, più tardi identificata con Cerere. Durante il mese di maggio compivano un'antichissima cerimonia di purificazione dei campi, gli Arvalia. Luperci, presiedevano la festa di purificazione e fecondazione dei Lupercalia, che si teneva il 15 febbraio, il mese dei morti, divisi in Quintiali e Fabiani. Salii[66] (da salire, ballare, saltare), sacerdoti guerrieri di Marte, divisi in due gruppi da dodici detti Collini e Palatini. Nei mesi di marzo e ottobre i sacerdoti portavano in processione per la città i dodici ancilia, dodici scudi di cui il primo donato da Marte al re Numa Pompilio, i restanti copie fatte costruire dallo stesso Numa per evitare che il primo venisse rubato. La processione si fermava in luoghi prestabiliti in cui i Salii intonavano il Carmen saliare ed eseguivano una danza a tre tempi (tripudium)[68]. Feziali (Fetiales), venti membri addetti a trattare con il nemico. La guerra per essere Bellum Iustumdoveva essere dichiarata secondo il rito corretto, il Pater Patratus pronunciava una formula mentre scagliava il giavellotto in territorio nemico. Dal momento che, per motivi pratici, non era sempre possibile compiere questo rito, un peregrinusvenne costretto ad acquistare un appezzamento di terreno presso il teatro di Marcello, qui fu costruita una colonna, Columna Bellica, che rappresentava il territorio nemico, in questo luogo si poteva quindi svolgere il rito. Feste e cerimonieMagnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Festività romane.  Suovetaurilia, Museo del Louvre Delle feste maggiori (feriae publicae) le più importanti, oltre a quelle suddette, erano quelle del mese di dicembre, i Saturnalia, quelle dedicate ai defunti, in febbraio, come i Ferialia e i Parentalia e quelle connesse al ciclo agrario, come i Cerialia e i Vinalia di aprile o gli Opiconsivia di agosto.  Sulla base delle fonti classiche si è potuto individuare quali tra le numerose festività del calendario romano vedevano un'ampia partecipazione di popolo. Queste feste sono la corsa dei Lupercalia, i Feralia celebrati in famiglia, i Quirinalia celebrati nelle curie, i Matronalia in occasione delle quali le schiave venivano servite dalle padrone di casa, i Liberalia spesso associata alla festa familiare della maggiore età del figlio maschio, i Matralia con la processione delle donne, così come i Vestalia, i Poplifugia festa popolare, i Neptunalia, i Volcanalia e infine i Saturnalia, la cui vasta partecipazione di popolo è attestata da numerose fonti.  Durante le cerimonie sacre spesso venivano praticati sacrifici animali e si offrivano alle divinità cibi e libagioni. La stessa città di Roma veniva purificata con una cerimonia, la lustratio, in caso di prodigi e calamità. Sovente anche i giochi circensi (ludi) avevano luogo durante le feste, come nel caso dell'anniversario (dies natalis) del Tempio di Giove Ottimo Massimo, in concomitanza del quale si svolgevano i Ludi Magni.  Pratiche religiose «Cumque omnis populi Romani religio in sacra et in auspicia divisa sit, tertium adiunctum sit, si quid praedictionis causa ex portentis et monstris Sibyllae interpretes haruspicesve monuerunt, harum ego religionum nullam umquam contemnendam putavi mihique ita persuasi, Romulum auspiciis, Numam sacris constitutis fundamenta iecisse nostrae civitatis, quae numquam profecto sine summa placatione deorum inmortalium tanta esse potuisset. CICERONE (si veda), De natura deorum.Tra le pratiche religiose dei Romani forse la più importante era l'interpretazione dei segni e dei presagi, che indicavano il volere degli dei. Prima di intraprendere qualsiasi azione rilevante era infatti necessario conoscere la volontà delle divinità e assicurarsene la benevolenza con riti adeguati. Le pratiche più seguite riguardavano:  il volo degli uccelli: l'augure tracciava delle linee nell'aria con un bastone ricurvo (lituus, vedi Lituo), delimitando una porzione di cielo, che scrutava per interpretare l'eventuale passaggio di uccelli; la lettura delle viscere degli animali: solitamente un fegato di un animale sacrificato veniva osservato dagli aruspici di provenienza etrusca per comprendere il volere del dio; i prodigi: qualsiasi prodigio o evento straordinario, quali calamità naturali, epidemie, eclissi, ecc., era considerato una manifestazione del favore o della collera divina ed era compito dei sacerdoti cercare di interpretare tali segni. Lo spazio sacro Edicola dedicata ai Lari nella Casa dei Vettii a Pompei Lo spazio sacro per i Romani era il templum, un luogo consacrato, orientato secondo i punti cardinali, secondo il rito dell'inaugurazione, che corrispondeva allo spazio sacro del cielo. Gli edifici di culto romani erano di vari tipi e funzioni. L'altare o ara era la struttura sacra dedicata alle cerimonie religiose, alle offerte e ai sacrifici.  Eretti dapprima presso le fonti e nei boschi, progressivamente gli altari furono collocati all'interno delle città, nei luoghi pubblici, agli incroci delle strade e davanti ai templi. Numerose erano anche le aediculae e i sacella, che riproducevano in piccolo le facciate dei templi. Il principale edificio cultuale era rappresentato dall'aedes, la vera e propria dimora del dio, che sorgeva sul templum, l'area sacra inaugurata. Col tempo i due termini diventarono sinonimi per indicare l'edificio sacro.  Il tempio romano risente inizialmente dei modelli etruschi, ma presto vengono introdotti elementi dall'architettura greca ellenistica. La più marcata differenza del tempio romano rispetto a quello greco è la sua sopraelevazione su un alto podio, accessibile da una scalinata spesso frontale. Inoltre si tende a dare maggiore importanza alla facciata, mentre il retro è spesso addossato a un muro di recinzione e privo dunque del colonnato. «“Roman religion” is an analytical concept that is used to describe religious phenomena in the ancient city of Rome and to relate the growing variety of cults to the political and social structure of the city. Schilling Jörg Rüpke, Roman Religio, in Encyclopedia of Religion, New York, Macmillan, Sul considerare la "religione romana" strettamente collegata alla città di Roma: Although Rome gradually became the dominant power in Italy during the third century BCE, as well as the capital of an empire during the second century BCE, its religious institutions and their administrative scope only occasionally extended beyond the city and its nearby surroundings (ager Romanus). Schilling, Rüpke, Roman religion, in Encyclopedia of Religion, vNew York, Macmillan) Ma anche:  «La religione romana esiste solo a Roma o là dove stanno i Romani»  (John Scheid, La religione a Roma. Bari, Laterza, Cfr. Andrea Carandini, La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà. Torino, Einuadi; Milano, Mondadori La datazione risale all'erudito romano Varrone. Altre datazioni come quelle proposte da Catone, Dionigi di Alicarnasso e Polibio non si discostano molto. Fabio Pittore indica il 748-747, Cincio Alimento il 729-728, Timeo si spinge fino all'814-813. ^ Per una sintesi, cfr. Viglietti, L'eta dei re in La grande storia dell'antichità -Roma (a cura di Umberto Eco), Così Eliade in Storia delle idee e delle credenze religiose: «orbene, l'etnia latina da cui è nato il popolo romano, è il risultato di una mescolanza fra le popolazioni neolitiche autoctone e gli invasori indoeuropei scesi dai paesi transalpini»; diversamente Georges Dumézil, in La religione romana arcaica, A differenza dei greci che invasero il mondo minoico, le diverse bande di indoeuropei che discesero in Italia non dovettero certamente affrontare grandi civiltà. Coloro che occuparono il sito di Roma probabilmente non erano neppure stati preceduti da un popolamento denso e instabile; tradizioni come il racconto su Caco inducono a pensare che i pochi indigeni accampati sulle rive del Tevere siano stati semplicemente e sommariamente eliminati come lo sarebbero stati, agli antipodi, i tasmaniani dai mercanti venuti dall'Europa.» ^ Per un'introduzione alle religione degli Indoeuropei cfr. Jean Loicq, Religione degli Indoeuropei in  Dizionario delle religioni (a cura di Paul Poupard). Milano, Mondadori; Gendre, Indoeuropei in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi; Boyer, Il mondo indoeuropeo in L'uomo indoeuropeo e il sacro, in Trattato di antropologia del sacro (a cura di Julien Ries) vol. 3. Milano, Jaca, Martinet, L'indoeuropeo. Lingue, popoli culture, Bari, Laterza; Villar, Gli Indoeuropei, Bologna, il Mulino, Per le decisive influenze della cultura religiosa etrusca su quella romana cfr. Marta Sordi, L'homo romanus: religione, diritto, e sacro, in Le civiltà del Mediterraneo e il sacro., in Trattato di antropologia del sacro (a cura di Julien Ries) Milano, Jaca, Per quanto attiene alla decisiva influenza della mitologia greca sulla religione romana si rimanda alle conclusioni di Georges Dumézil in La religione romana arcaica, Milano, Rizzoli. Cfr. al riguardo Pricoco, in Storia del cristianesimo (a cura di Filoramo) Bari, Laterza, Gli editti contro gli eretici e gli apostati furono in seguito raccolti nel sedicesimo libro del Codice teodosiano. Per i Romani religio stava a indicare una serie di precetti e di proibizioni e, in senso lato, precisione, rigida osservanza, sollecitudine, venerazione e timore degli dèi.»  (Mircea Eliade, Religione in Enciclopedia del novecento. Istituto enciclopedico italiano, Montanari, Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo, Torino, Einaudi, Virili, La politica religiosa dello Stato romano, Nuova Archeologia (inserti), marzo/aprile 2013. ^ «Ogni tentativo di definire il concetto di "religione", circoscrivendo l'area semantica che esso comprende, non può prescindere dalla constatazione che esso, al pari di altri concetti fondamentali e generali della storia delle religioni e della scienza della religione, ha una origine storica precisa e suoi peculiari sviluppi, che ne condizionano l'estensione e l'utilizzo. Considerata questa prospettiva, la definizione della "religione" è per sua natura operativa e non reale: essa, cioè, non persegue lo scopo di cogliere la "realtà" della religione, ma di definire in modo provvisorio, come work in progress, che cosa sia "religione" in quelle società e in quelle tradizioni oggetto di indagine e che si differenziano nei loro esiti e nelle loro manifestazioni dai modi a noi abituali.»  (Giovanni Filoramo, Religione in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, In tal senso Boyancé, Etudes sur la religion romaine, Roma, École française de Rome, 1972, p.28. ^ Deum al posto di deorum per l'arcaicità del genitivo. ^ Cfr. Julien Ries in Saggio di definizione del sacro. Opera Omnia. Milano, Jaca: Sul Lapis Niger, scoperto a Roma nel 1899 vicino al Comitium, 20 metri prima dell'Arco di Trionfo di Settimio Severo, nel luogo che si dice sia la tomba di Romolo, risalente all'epoca dei re, figura la parola sakros: da questa parola deriverà tutta la terminologia relativa alla sfera del sacro Benveniste: «Questo presente in latino in -io con infisso nasale sta a *sak come jungiu 'unire' sta a jug in lituano; il procedimento è ben noto.», in le Vocabulaire des institutions indo-européennes (2 voll., 1969), Paris, Minuit. Ed. italiana (a cura di Mariantonia Liborio) Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino, Einaudi, Qui inteso come ricolmo di augus, o ojas, dopo l'inauguratio, ovvero pieno della "forza", della "potenza", che gli consente di avere relazioni con il sakros, quindi non nell'accezione molto più tarda riferita prima al ruolo militare e poi politico di alcune personalità della Storia romana. ^ Julien Ries, Saggio di definizione del sacro, in Grande dizionario delle Religioni (a cura di Poupard). Assisi, Cittadella-Piemme, Ries, Saggio di definizione del sacro, Ries, Saggio di definizione del sacro, Op.cit. ^ Dionigi di Alicarnasso, II, 18-19 ^ Questa versione della fabula è in Ovidio, Fasti, Religion und Kultus der Römer, In Der römische Jupiter. Una riassuntiva è La Religion romaine archaïque, avec un appendice sur la religion des Étrusques, Payot, 1966, edito in Italia dalla Rizzoli di Milano con il titolo La religione romana arcaica. Miti, leggende, realtà della vita religiosa romana. Con un'appendice sulla religione degli etruschi. In Tre variazioni romane sul tema delle origini del 1955 con revisioni fino al 1977, Roma, Editori Riuniti, Ad esempio in Mito, rito e storia, Roma, Bulzoni, Insieme a Nicholas Horsfall in Roman Myth and Mythography, University of London Institute of Classical Studies, Bulletin Supplements Cfr. ad esempio Early Rome, In Religions of Rome I vol. (con John North e Simon Price), Cambridge, In tal senso cfr. Mauro Menichetti, Archeologia del potere. Re, immagini e miti a Roma e in Etruria in età arcaica, Roma, Longanesi, Da ricordare che la stabile presenza dei Greci nelle colonie italiane è databile fin dall'VIII secolo a.C. ^ «The most impressive testimony to early Rome’s relation to the Mediterranean world dominated by the Greeks is the building project of the Capitoline temple of Jupiter Optimus Maximus (Jove [Iove] the Best and Greatest), Juno, and Minerva, dateable to the latter part of the sixth century. By its sheer size the temple competes with the largest Greek sanctuaries, and the grouping of deities suggests that that was intended. Schilling, Rüpke, Roman religion, in Encyclopedia of Religion, New York, Macmillan, In tal senso e ad esempio cfr. Charles Penglase, Greek Myths and Mesopotamia: Parallels and Influence in the Homeric Hymns and Hesiod, Londra, Routledge, 2005. ^ «Myth is a traditional tale with secondary, partial reference to something of collective importance.» Walter Burkert, Structure and History in Greek Mythology and Ritual. Berkeley, University of California Press, Per il livello teocosmogonico cfr. Carlo Prandi, Mito in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo), Torino, Einaudi, Come "fondamentale indicatore religioso" e come "irruzione della dimensione del sacro" cfr. Carlo Prandi, Mito in Dizionario delle religioni (a cura di Giovanni Filoramo), Torino, Einaudi, Da considerare che il termine "mito" (μύθος, mýthos) possiede in Omero ed Esiodo il significato di "racconto", "discorso", "storia" (cfr. «per gli antichi greci μύθος è semplicemente "la parola", la "storia", sinonimo di λόγος o ἔπος; un μυθολόγος, è un narratore di storie» Graf, Il mito in Grecia Bari, Laterza; cfr. «"suite de paroles qui ont un sens, propos, discours", associé à ἔπος qui désigne le mot, la parole, la forme, en s'en distinguant...» Pierre Chantraine, Dictionnaire Etymologique de la Langue Grecque. Un racconto "vero" (μυθολογεύω, Odissea XII, 451; così Chantraine (Dictionnaire Etymologique de la Langue Grecque: «"raconter une histoire (vraie)", dérivation en εύω pour des raisons métriques».), pronunciato in modo autorevole (cfr. «in Omero mýthos designa nella maggior parte delle sue attestazioni, un discorso pronunciato in pubblico, in posizione di autorità, da condottieri nell'assemblea o eroi sul campo di battaglia: è un discorso di potere, e impone obbedienza per il prestigio dell'oratore.» Maria Michela Sassi, Gli inizi della filosofia: in Grecia, Torino, Boringhieri, 2009, p.50), perché «non c'è nulla di più vero e di più reale di un racconto declamato da un vecchio re saggio»(Giacomo Camuri, Mito in Enciclopedia Filosofica, vol.8, Milano). Nella Teogoniaè μύθος ciò con cui si rivolgono le dee Muse al pastore Esiodo prima di trasformarlo in "cantore ispirato" (cfr. 23-5: Τόνδε δέ με πρώτιστα θεαὶ πρὸς μῦθον ἔειπον) ^ Deriva *for, il suo valore religioso è messo in evidenza da Émile Benveniste (in  Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino, Einaudi). Dall'arcaico *for deriva anche fatus e fas ma anche fama e facundus; il suo corrispettivo greco antico è phēmi, pháto, ma manca completamente in indoiranico il che lo attesta nell'indoeuropeo di parte centrale (vedi anche l'armeno bay da *bati). ^ Termine e nozione di eredità greca. Brelich; per un'esaustiva rassegna dei testi Brelich rimanda ad Albert Schwegler, Römische Geschichte, Tübingen, Cfr., comunque, Virgilio Eneide, Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, Dumezil, La religione romana arcaica, Livio, Champeaux, La religione dei romani, Jacqueline Champeaux, Champeaux, p. 33 Champeaux, Champeaux, Aurelio Vittore, Epitome; Aurelio Vittore, Caesare; Lattanzio, De mortibus persecutorum; [1]Panegyrici latini, II, XI, 20. ^ Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH); Liebeschuetz; Odahl; Williams Barnes Bowman, "Diocletian and the First Tetrarchy" (CAH); Odahl; Southern; Williams Barnes 1981, p. 11; Cascio, "The New State of Diocletian and Constantine" (CAH),  Aurelio Vittore, Caesares, Horst, Costantino il Grande, p.49. ^ Aurelio Vittore, Caesares; Eutropio; Zonara, Aurelio Vittore, Caesares; Eutropio, IX, 26; Eumenio, Panegyrici latini, Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, Champeaux, p. 39 ^ Jacqueline Champeaux, Rüpke. La religione dei Romani, Torino, Einaudi, Montero, Sabino Perea (a cura di), Romana religio = Religio romanorum: diccionario bibliográfico de Religión Romana, Madrid, Servicio de publicaciones, Universidad Complutense. Fonti primarie Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I. Livio, Ab Urbe condita libri. Fonti storiografiche moderne R. Bloch, La religione romana, in Le religioni del mondo classico, Laterza, Bari Brelich, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Editori Riuniti, Roma Champeaux, La religione dei romani, Il Mulino, Bologna Ponte, Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica, ECIG, Genova Ponte, La religione dei romani, Rusconi, Milano 1992 G. Dumezil, La religione romana arcaica, Rizzoli, Milano, 2001 D. Feeney, Letteratura e religione nell'antica Roma, Salerno, Roma Kerényi, La religione antica nelle sue linee fondamentali, Astrolabio, Roma, Lugli, Miti velati. La mitologia romana come problema storiografico, ECIG, Genova Sabbatucci, Sommario di storia delle religioni, Il Bagatto, Roma, 1985 D. Sabbatucci, Mistica agraria e demistificazione, La goliardica editrice, Roma, Sabbatucci, La religione di Roma antica, Il Saggiatore, Milano, Scheid, La religione a Roma, Laterza, Roma-Bari 2001 Voci correlate Mitologia romana Via romana agli dei Sacerdozio (religione romana) Sacro (Romani) Dies religiosus Religione romana, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Religio romana, su novaroma Portale Antica Roma   Portale Religioni Flamine floreale Palatua Flamine pomonale Wikipedia Il contenutoGrice: “The Italians take ‘natural theology’ for granted; at Oxford, as Webb pointed out in his very first Wilde lecture on natural theology, things ain’t that easy, and they are not meant to be easy by the lecture founder, Dr. Wilde. Webb analyses Wilde’s letter in some detail. There’s naturalism and natural theology, there’s revealed theology, but there’s also civil theology, and it’s nice Webb’s main source is Varro!” Grice: “Most of the best Italian philosophers have been very much ANTI-ROMA; in part influenced by classical culture, but more so by the German protestant movement, which also had affinities with the Italian passion for ‘l’antico’” “Ironically, Roma is considered hardly a representative of romanita!” Cf. the neo-paganism of Evola, which is meant to represent romanita. -- Luigi Maria Epicoco. Epicoco. Keywords: Wilde readership in natural religion. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Epicoco” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice ed Epitetto: la ragione conversazionale -- Roman slave – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Upon freedom, he studied philosophy under Musonio Rufo, but he was expelled from Rome under Domiziano. For some reason, the emperor Antonino took a liking to his mode of philosophising, even though, of course, due to their different classes, they never met in the flesh.

 

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