Mosaici delle Terme di Caracalla
Invv. 9875, 9876
I mosaici, con ampie integrazioni moderne, costituivano il pavimento di due esedre nelle biblioteche delle Terme di Caracalla. Sono suddivisi in pannelli rettangolari o quadrati. Le figure intere e i busti rappresentano pugili e lottatori, con i capelli spesso raccolti nel cirrus, il caratteristico ciuffo dietro la nuca che denotava gli atleti professionisti; le braccia dei pugili sono rivestiti dai cesti (protezioni in cuoio e stoffa con elementi metallici). La vigorosa muscolatura dei corpi e i possenti lineamenti dei volti sono resi con la ricca policromia delle tessere. Nel mosaico sono raffigurati anche i giudici di gara che si distinguono dagli altri personaggi poiché indossano la toga. Benché la costruzione delle Terme sia inquadrabile agli inizi del III secolo d.C., alcuni hanno ipotizzato una datazione in occasione di un restauro che interessò il complesso termale agli inizi del IV secolo d.C. |
Saturday, March 30, 2013
MOSAICI delle TERME di CARACALLA, Museo Gregoriano Profano, Vaticano
Speranza
MAUSELEO degli Haterii -- Museo Gregoriano Profano, Vaticano
Speranza
Museo Gregoriano Profano |
Mausoleo degli Haterii
Invv. 9997, 9998
I rilievi appartenevano alla ricca decorazione della tomba degli Haterii, una famiglia di costruttori che, nei primi anni del II secolo d.C., aveva eretto il proprio sepolcro lungo l'antica via Labicana. In uno dei rilievi è rappresentato un edificio funerario a forma di tempietto. In alto è visibile il catafalco funebre. Sulla sinistra appare una macchina da costruzione, sorta di elevatore azionato da una grande ruota mossa da schiavi, un chiaro riferimento al mestiere dei committenti. Gli Haterii parteciparono alla costruzione di importanti monumenti dell'età flavia, esibiti con orgoglio in uno dei rilievi. Da sinistra sono riconoscibili il propileo al santuario di Iside e Serapide nel Campo Marzio e il Colosseo. Più discussa l'identificazione degli altri tre. Nell'arco a un fornice con quadriga sull'attico è riconosciuto l'arco di Tito, il grande arco con al centro la dea Roma è forse un monumento nella zona del Colosseo, il tempio è probabilmente quello di Giove Statore sulle pendici del Palatino. | ||
RILIEVI della CANCELLERIA, Vaticano -- Museo Gregoriano Profano
Speranza
Museo Gregoriano Profano |
Rilievi della Cancelleria
Invv. 13392, 13395, 13389, 13391
I rilievi, rinvenuti al di sotto del
Palazzo della Cancelleria, erano parte della decorazione di un monumento pubblico databile al regno di Domiziano (81-96 d.C.). Nel rilievo A è rappresentato l'arrivo (adventus) dell'imperatore Vespasiano a Roma, accolto da un personaggio togato, probabilmente il figlio Domiziano. Alla scena partecipano il Genio del Senato e il Genio del Popolo Romano, mentre a sinistra sono presenti le Vestali e la dea Roma seduta. Nel rilievo B è raffigurata la partenza (profectio) per una campagna militare. L'imperatore, preceduto da Minerva e Marte, incede accompagnato dalla dea Roma, dal Genio del Senato con lo scettro e dal Genio del Popolo Romano con la cornucopia. Sulla sinistra è visibile l'ala di una Vittoria, che allude al successo dell'impresa. Il volto dell'imperatore Domiziano fu rilavorato come Nerva in seguito alla damnatio memoriae che seguì la sua morte violenta. |
LA NIOBIDE CHIARAMONTI, Museo Gregoriano, Vaticano
Speranza
Museo Gregoriano Profano |
Niobide Chiaramonti
Inv. 1035
La statua raffigura una delle figlie di Niobe, mentre tenta di fuggire dalle frecce di Apollo e Artemide. Il mito narra infatti che Niobe, regina di Tebe, ebbe 14 figli e per questo si vantava di essere superiore a Latona, la quale diede a Zeus soltanto una coppia di gemelli. Questi ultimi decisero di vendicare l'offesa recata alla madre uccidendo tutti i Niobidi a colpi di freccia, Apollo i maschi e Artemide le femmine. È probabile che la figura sia una copia di età adrianea, forse parte di un complesso gruppo scultoreo raffigurante i Niobidi. Di tale gruppo, che replicava un noto ciclo statuario dell'età ellenistica, esistono diverse versioni, la più completa delle quali è conservata presso la Galleria degli Uffizi. L'opera è stata rinvenuta alla metà del '500 a Villa Adriana a Tivoli, durante gli scavi voluti dal Cardinale Ippolito d'Este. | ||
MOSAICO dell'ASAROTOS OIKOS
Speranza
Museo Gregoriano Profano |
Mosaico dell'asàrotos òikos
Inv. 10132
Lo splendido mosaico, realizzato con minute tessere anche in pasta vitrea e in smalti colorati, ornava il pavimento di un triclinio in una villa di età adrianea sull'Aventino. Il tema decorativo è quello dell'asàrotos òikos, "pavimento non spazzato", ideato nel II secolo a.C. da Sosos di Pergamo e qui ripreso dall'artista Eraclito che vi ha inserito la sua firma. Il mosaicista ha realizzato un pavimento disseminato da resti di cibo, come doveva presentarsi alla fine di un lussuoso banchetto: si riconoscono frutti, lische di pesci, ossa di pollo, molluschi, conchiglie e anche un topolino che rosicchia un guscio di noce. La consistenza dei soggetti raffigurati è resa attraverso un efficace gioco coloristico delle ombre proiettate sul fondo bianco del pavimento. In corrispondenza dell'originario ingresso alla stanza compare una raffigurazione con maschere teatrali e oggetti rituali. Al centro rimane parte di una complessa scena nilotica. |
IL MARSIA -- Vaticano
Speranza
Museo Gregoriano Profano |
Atena e Marsia
Invv. 9974, 37022, 9975, 9970
Il gruppo di MARSIA restituisce un capolavoro di Mirone che raffigura la dea Atena e il sileno Marsia. Il mito narra che Atena, dopo aver inventato il flauto a doppia canna, l'aulòs, lo gettò inorridita a terra poiché nel suonarlo le si erano deformate le gote. Il sileno, attratto dal meraviglioso suono, con passo leggero, quasi di danza, si avvicinò allo strumento per impossessarsene. È qui esposta la statua di Marsia che, databile alla prima metà del I secolo d.C., fu ritrovata nel 1823 sull'Esquilino. Accanto è un calco in gesso della Atena Lancellotti utilizzato alla metà del XIX secolo per la ricostruzione del gruppo mironiano che, databile intorno al 460 a.C., era noto da raffigurazioni monetali, da rilievi e da fonti letterarie. Il Marsia è testimoniato da una ulteriore replica in marmo pentelico proveniente dalla villa di Domiziano a Castel Gandolfo, mentre della figura di Atena è esposta una testa di età adrianea sempre in marmo pentelico. | ||
MARMI del Partenone, Museo Gregoriano Profano
Speranza
Museo Gregoriano Profano |
Marmi del Partenone
Invv. 1016, 1014, 1013
I tre frammenti in marmo pentelico, giunti in Vaticano nel corso del XIX secolo, appartengono alla decorazione scultorea del Partenone (447-432 a.C.). L'apparato figurativo del tempio, costruito sull'Acropoli di Atene per volere di Pericle, si deve al genio creativo dello scultore ateniese Fidia. La testa del cavallo proviene dal frontone occidentale dell'edificio, sul quale era rappresentata la disputa tra Atena e Poseidone per il dominio dell'Attica. Nel frammento è stato identificato uno dei cavalli della quadriga di Atena. Nel rilievo con testa di fanciullo è stato riconosciuto un personaggio presente nel fregio che avvolgeva la cella del tempio: un portatore delle focacce che venivano offerte durante la processione delle Panatenee in onore di Atena. La testa maschile barbata è stata invece attribuita a una delle metope del lato meridionale dell'edificio, dove era raffigurata una Centauromachia. |
MUSEO PROFANO, Museo Gregoriano Profano -- Vaticano
Speranza
Museo Gregoriano Profano | ||||
Marmi del Partenone, invv. 1016, 1014, 1013
Atena e Marsia, invv. 9974, 37022, 9975, 9970
Mosaico dell'asàrotos òikos, inv. 10132
Niobide Chiaramonti, inv. 1035
Rilievi della Cancelleria, invv. 13392, 13395, 13389, 13391
Mausoleo degli Haterii, invv. 9997, 9998
Mosaici delle Terme di Caracalla, invv. 9875, 9876
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I PAVONI -- Vaticani -- Invv. 5117, 5120 -- Braccio Nuovo
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Braccio Nuovo |
Pavoni
Invv. 5117, 5120
Fonti altomedioevali testimoniano la presenza dei pavoni nell'area circostante il Mausoleo di Adriano (117-138 d.C.), oggi Castel Sant'Angelo. Per lungo tempo i due bronzi dorati furono collocati nel quadriportico antistante la basilica di San Pietro, a ornamento del cosiddetto Cantaro. Si trattava di una fontana per le abluzioni dei pellegrini, al centro della quale era collocata la grande pigna bronzea, ora nell'omonimo cortile dei Musei Vaticani. Nel 1608, durante i lavori per la nuova basilica vaticana, i pavoni furono spostati nel Cortile della Pigna e in seguito, per garantire una migliore conservazione, trasferiti nell'attuale collocazione. I pavoni si segnalano per un'estrema qualità di esecuzione, che si esprime nei dettagli realistici e nella raffinata rappresentazione del piumaggio. Tali caratteristiche e la loro valenza simbolica d'immortalità rafforzano l'ipotesi di una originaria pertinenza all'apparato decorativo del sepolcro di Adriano. |
IL NILO del Braccio Nuovo, Vaticano
Speranza
Braccio Nuovo |
Nilo
Inv. 2300
La colossale statua del Nilo venne rinvenuta nel 1513 in Campo Marzio, dove probabilmente decorava il cosiddetto Iseo Campense, dedicato alle divinità egizie Iside e Serapide. Il fiume Nilo è raffigurato come un vegliardo disteso su di un fianco, con una cornucopia colma di frutti nella mano sinistra e spighe di grano nella mano destra. La terra d'Egitto è evocata dalla presenza di una sfinge, sulla quale la figura si poggia, e da alcuni animali esotici. La scena è vivacizzata da sedici putti, che alludono ai sedici cubiti d'acqua, cioè il livello raggiunto dal Nilo durante la stagione delle inondazioni. Sul basamento è raffigurato un paesaggio nilotico con pigmei, ippopotami e coccodrilli. È probabile che la scultura si ispiri a una monumentale statua del Nilo in basalto nero, capolavoro della scultura ellenistica alessandrina, che Plinio il Vecchio descrive all'interno del Foro della Pace. |
Augusto di Prima Porta, Braccio Nuovo, Vaticano
Speranza
Braccio Nuovo. |
Augusto di Prima Porta
Inv. 2290
La statua di Augusto, databile agli inizi del I secolo d.C., fu rinvenuta nella Villa di Livia, moglie di Augusto, presso Prima Porta lungo la via Flaminia. La statua raffigura l'imperatore Augusto nell'atto di parlare ai soldati (adlocutio), vestito di corazza e con il mantello (paludamentum) attorno ai fianchi. A rilievo sulla corazza, il re dei Parti restituisce a un generale romano le insegne strappate a Crasso nel 53 a.C. durante la rovinosa battaglia di Carre. Ai lati sono presenti le figure di due province dell'impero. La scena è inserita in un paesaggio cosmico. In alto sono visibili la personificazione del Cielo al centro, il carro solare di Apollo e quello di Aurora ai lati. In basso si riconoscono Apollo sul grifone, Diana sulla cerva e al centro distesa la dea Terra. L'impostazione generale della figura si ispira al Doriforo, capolavoro dello scultore greco Policleto, di cui è visibile una replica proprio nel Braccio Nuovo. | ||
Il Braccio Nuovo del Museo Chiaramonti, Vaticano (Raffaele Stern, m. 1820) -- inagurated, 1822
Speranza
Braccio Nuovo | ||||
Augusto di Prima Porta, inv. 2290
Nilo, inv. 2300
Pavoni, invv. 5117, 5120
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GRADIVA -- Vaticano
Speranza
Museo Chiaramonti |
Gradiva
Inv. 1284
Il rilievo è parte di una composizione che prevede una triade femminile avanzare da destra contrapposta ad altre tre fanciulle raffigurate su rilievi ora in diversi musei: sono le cosiddette Horai e Aglauridi, derivate probabilmente da un originale greco del IV secolo a.C.
Il nome Gradiva, in latino "colei che cammina", venne attribuito alla prima fanciulla del gruppo da Wilhelm Jensen nella novella, Gradiva. Una fantasia pompeiana (1903). Carl Gustav Jung segnalò tale novella a Sigmund Freud, il quale nel saggio Delirio e sogno nella "Gradiva" di Jensen (1906) esaminò questo caso letterario come un caso psichiatrico, per spiegare come le sollecitazioni esterne possano portare in superficie tensioni psichiche nascoste nell'intimo. A Roma Freud, collezionista di arte antica, acquistò un calco di questo rilievo, che tenne alla parete del suo studio vicino al celebre divano-lettino. |
Ercole eTelefo bambino -- Museo Chiaramonti, Vaticano
Speranza
Museo Chiaramonti |
Ercole e Telefo bambino
Inv. 1314
Rinvenuta a Roma presso Campo de' Fiori, la statua fu una delle prime sculture a entrare nelle collezioni vaticane; sotto papa Giulio II (1503-1513) era già esposta nel Cortile delle Statue in Belvedere. La presenza di Eracle, infatti, si richiamava ai miti delle origini di Roma, in particolare alludeva alla vittoria della civiltà sulla barbarie del Lazio antico. Il dio Eracle, con clava e pelle leonina, tiene in braccio il figlio Telefo, nato dalla sacerdotessa Auge. Ella fu costretta ad abbandonare il piccolo sui monti dell'Arcadia, dove fu nutrito da una cerva e in seguito venne ritrovato dal padre.
Telefo, divenuto re della Misia, fu protagonista di un mito complesso e ricco di varianti che lo portò ad essere coinvolto nella spedizione dei Greci contro Troia. La statua è una replica degli inizi del II secolo d.C., derivata probabilmente da un originale tardo ellenistico. |
MUSEO CHIARAMONTI -- Vaticano
Speranza
Museo Chiaramonti | ||||
Ercole e Telefo bambino, inv. 1314
Gradiva, inv. 1284
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Il Guerriero Persiano, Vaticano -- Sala dei Candelabri ----
Speranza
Galleria dei Candelabri |
Guerriero Persiano
Inv. 2794
Il guerriero persiano, che indossa il berretto frigio, è colto nell'atto di tentare un'estrema difesa dal nemico, portando il corpo indietro e alzando a protezione il braccio destro, armato di spada. L'orrore della sconfitta è reso dalla drammatica espressione del volto. E' probabile che si tratti di una copia romana, databile al 110-120 d.C., di uno dei quattro gruppi bronzei che commemoravano le vittorie sui nemici dei Greci. Tali sculture erano state dedicate come ex voto da Attalo II di Pergamo intorno al 160-150 a.C. sull'Acropoli di Atene e a Pergamo stessa (il c.d. Piccolo Donario). La scultura apparterrebbe al gruppo che raffigurava il trionfo dei Greci sui Persiani, conseguito nella memorabile battaglia di Maratona nel 490 a.C. La statua venne recuperata tra il 1503 e il 1512, con altri esemplari attribuibili al Piccolo Donario, in occasione della costruzione di Palazzo Medici (poi detto Palazzo Madama). |
Galleria dei candelabri, Vaticano
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Galleria dei Candelabri | ||||
Guerriero Persiano, inv. 2794
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La Biga Vaticana -- Sala della Biga
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Sala della Biga |
Biga
Inv. 2368
Questa splendida opera è composta da parti antiche e da integrazioni eseguite da Francesco Antonio Franzoni nel 1788. Lo scultore assemblò la cassa di una biga e parte di un cavallo antichi, realizzò per intero il cavallo di sinistra e diede vita ad una scultura che può considerarsi come un suo eclettico e originale capolavoro. Almeno dal 1516 la cassa si trovava nella chiesa di San Marco a Roma, utilizzata come seggio episcopale; vi rimase fino al 1771, quando venne donata a papa Clemente XIV. La vivace decorazione vegetale sull'esterno del carro, nella quale compaiono spighe di grano e papaveri, presenta analogie con repertori figurativi della piena età augustea, quali le decorazioni dell'Ara Pacis. All'interno, al centro, compare l'Agyieus, la colonnina rastremata che costituisce l'immagine aniconica di Apollo Agyieus, protettore delle strade.
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La Sala della Biga
Speranza
Sala della Biga | ||||
Biga, inv. 2368
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