Wednesday, April 22, 2015

LA MUSICA DI GIASONE -- GIASONIANA

Speranza

L’esame della prima aria di GIASONE, "Di gloria all’invito" mostra con chiarezza l’ambiguità del personaggio e delle strutture musicali

L’aria intona tre quartine di senari.

L'aria è statica, perché nulla viene a turbare il trionfo di GIASONE.

Nella tradizione delle arie cerimoniali e belliche, l'aria è in Re maggiore con trombe, timpani e banda militare in orchestra, e non sul palco.


Segue ad un ampio coro cerimoniale prevalentemente omo-ritmico, e si libra come vera affermazione di potenza, diremmo quasi di ESIBIZIONISMO EROTICO.

Il primo distico è intonato come stentorea apostrofe vocalizzata, plateale e acuta, in una frase di ben sette battute rivolta al sovrano.

Ma in realtà al pubblico che deve riconoscere subito lo status e la dignità sociale del personaggio.

Il periodo iniziale è estremamente ambivalente.

Le prime sette battute variano il tema della seconda strofa del CORO, che non tornerà più nel corso dell’aria.

Le altre presentano invece una regolarità metrica nell’accompagnamento orchestrale prima assente, ed sono costruite su un andamento armonico e melodico nuovo, che si rivelerà di lì a poco analogo a quello che intona le alter trova conferma in tutta la trattatistica settecentesca.

Così Virgilio Bernardoni, La teoria della melodia vocale nella trattatistica italiana (1790-1870).

Su questo vale partire da G. Pagannone, Mobilità strutturale della ‘lyric form’ cit., e id., Tra “cadenze felicità felicità felicità” e “melodie lunghe lunghe lunghe”, "Il Saggiatore musicale".

Vista la varietà con cui si presentano le forme di Mayr, s'intende qui per ‘coda’ una sezione che rispetta, oltre al primo, almeno un altro dei tre requisiti individuati da R. Moreen, Integration of Test Forms and Musical Forms in Verdi’s Early Operas, Princeton

 a) suspension of tonal movement: successive cadences are on the final tonic of the piece
b) suspension of text exposition: the text of a coda is entirely repetition
c) the important characters in the number sing together ad equals.

La definizione di "coda" data da Pietro Lichtenthal nel suo Dizionario e Bibliografia della musica, Milano, Fontana, 1836 consente d’altronde quest’uso del termine più retorico, che formale:

«Coda, s. f. Nome che si dà al periodo aggiunto a quello che potrebbe terminare un pezzo di musica, ma senza finirlo in modo così completo e brioso».

Scott L. Balthazar, Mayr, Rossini, and the Development of the Early Concertato Finale.

È sufficiente d’altronde dar senso allegorico al sostantivo astratto nel primo verso per scioglierne le implicazioni erotiche.

Sulla VALENZA EROTICA del canto lirico cfr. il quadro di riflessioni e studi che tracciano Marco BEGHELLI "Erotismo canoro", e Davide DAOLMI e Emanuele SENICI, "L’omosessualità è un modo di cantare": i contributi “queer” all’indagine sull’opera in musica", in «Il Saggiatore musicale».

Cfr. la distinzione tra melodie aperte e chiuse in Friedrich Lippmann, Per un’esegesi dello stile rossiniano, in «Nuova rivista musicale italiana», II, oltre al quartine dell’aria.

Sembra quindi costruito con una sezione introduttiva di cerniera tra coro d’apertura e solista e inizio dell’aria vera e propria introdotta dalle tre battute d’orchestra (bb. 8-10).

Da quel momento infatti il coro e GIASONE  si alternano.

GIASONE, già rivòltosi a CREONTE in questa prima quartina, prosegue nelle due successive per rendere omaggio a CREUSA, e salutare poi il popolo tutto.

Ogni volta il coro acclama le sue dichiarazioni.

Entro ogni frase o strofa l’impianto tonale è assolutamente stabile, idoneo a garantire la coerenza della struttura sotto le imprevedibili fogge che assumono le varianti del canto solistico di NOZZARI, vero completamento e prolungamento del compositore.  

Dopo la plateale apertura delle prime sette battute, ‘Di gloria all’invito’ è infatti costruita in un crescendo di sontuosità secondo moduli virtuosistici che potremmo definire a strofe variate.

La seconda e la terza ripresa di GIASONE hanno andamento sufficientemente analogo alle bb. 11 e seguenti della prima per essere riconosciute, appunto, come riprese, sebbene si costruiscano su un fraseggio sintatticamente più coerente e regolare.

La quartina rivolta all’amata, è articolata in nove battute (per la ripetizione di un emistichio nel finale) ma seguita poi da sei battute di coda.

L’ultima quartina è cantata in altre nove battute (sempre per la ripetizione di un inciso verso il finale) prima che il coro s’aggiunga al solista in un’ampia coda finale di ben 26 battute.

Le regolari e brevi introduzioni orchestrali ad ogni ripresa di GIASONE , i refrains del coro, la costanza del metro poetico, tutto in senari, e del metro musicale lasciano percepire una struttura strofica molto netta, non inficiata nemmeno dall’improvviso scarto tonale alla dominante su cui è omogeneamente intonata la seconda quartina di GIASONE , con relativo ‘applauso’ del coro.

CORO INTRODUTTIVO, RE MAGGIORE:

Fosti grande allor che apristi mari ignoti a ignote genti; grande allor che i tauri ardenti il tuo braccio al suol prostrò, ma più grande allor che pace col tuo sangue acquista un regno, quando al trono fai sostegno, che rovina minacciò.

PRELUDIO, RE MAGGIORE. GIASONE  

Di gloria all’invito -- commento di Saverio Lamacchia, “Solita forma” del duetto o del numero? L’aria in quattro tempi nel melodramma del primo Ottocento, in «Il Saggiatore musicale»,

Anche l’articolazione armonica contribuisce a questa ambiguità.

L’antecedente apre in tonica e chiude in dominante così da consentire al conseguente di ripartire in tonica.

Ma le tre battute orchestrali intermedie provvedono a completare la cadenza avviata dall’antecedente e ad aprirne un’altra per lanciare il conseguente.

Renato Di Benedetto, Poetiche e polemiche, in Storia dell’opera italiana, VI, utilizza queste parole per definire il ruolo del cantante nell’opera italiana ed affrancarlo da una tradizione critica e storiografica che a lungo l’ha dipinto come strumento passivo, competitore od usurpatore del ruolo creativo dell’autore.

Se le sue osservazioni valgono sempre nel caso dell’opera italiana, tanto più sono adeguate al caso di un cast d’eccezione come fu quello composto da Colbran e Nozzari per le recite di Giasone e Medea in Corinto.

Sulla questione cfr. anche Daniela Tortora, Drammaturgia del Rossini serio cit., a Creonte fra l’armi volai.

SEZIONE A, RE MAGGIORE “per te s’io pugnai, tel dica il tuo cor”. 

CORINZI:

Di gloria il sentiero tu calchi primiero; per te degni eroi soccombe il valor.

SEZIONE A', LA MAGGIORE GIASONE  

Spronavami all’ire (a PRINCIPESSA CREUSA)
l’amato tuo nome; m’accrebbe l’ardire Imene ed Amor.

CORINZI: Di gloria, etc.

SEZIONE A'', RE MAGGIORE. GIASONE:

“Se amante e guerriero (ai suoi seguaci) combatto con voi, è vano per noi nemico furor.

CORINZI: Per te degli eroi soccombe il valor.”

Oltre alla struttura a strofe variate, tuttavia, in quest’aria si possono individuare i segmenti che diverranno canonici pochi anni dopo nella cosiddetta solita forma.

Una semplice esasperazione delle differenze di fraseggio, di agogica, di accompagnamento, di contenuto testuale, della strofa intermedia avrebbe consentito a Mayr di foggiare la cavatina di GIASONE sul modello dell’aria quadri-partita.

Rossini dovette interpretarla in questa prospettiva, se effettivamente l’assunse a modello dell’esordio eroico per le opere destinate a Nozzari.

Ma Mayr stesso decise di esplicitare questa lettura quando la ritocca per le rappresentazioni al Carcano del 1829.

Inserì un vero e proprio cantabile come riflessione nostalgica a parte di Giasone sulla consorte ripudiata.

A quest’epoca, tuttavia, l’idea di adottare esplicitamente la struttura dell’aria quadri-partita è consona ad una nuova concezione drammaturgica di Giasone, il quale da stentoreo esibizionista viene riconvertito a soggetto portatore di emozioni più complesse e sfumate.

Le strofe funzionali al virtuosismo del solista vengono così riconcepite come momenti affettivi diversi cui dar voce nelle strutture della solita forma in quattro tempi, e il passaggio da una passione all’altra viene giustificato da mozioni interiori dell’animo di GIASONE. 

La partitura di “Giasone e Medea in Corinto” mostra molto spesso ambiguità formali, soprattutto là dove rappresenta situazioni o affetti concitati e movimentati senza per questo rinnegare i riferimenti stilistici della tradizione belcantistica e virtuosistica.

Il tentativo di soddisfare. Sulle arie quadripartite cfr. Saverio Lamacchia, “Solita forma” del duetto o del numero?

Una lettura di ‘Di gloria all’invito’ come modello delle arie quadri-partite si trova in Saverio Lamacchia, “Solita forma” del duetto o del numero?

Lamacchia cerca in Mayr riscontri dell’uso rossinano di tempo d’attacco in arie solistiche anziché in duetti.

Legge quindi in questa chiave ciò che io qui ho inteso invece far risalire a tradizioni virtuosistiche precedenti.

entrambe queste esigenze estetiche e drammatiche, teoricamente e storicamente divergenti, spinge Mayr a proporre soluzioni formali talvolta paradossali, come i frequenti accenni a placide riprese tematiche, che suonano come se fossero del tutto indifferenti alle catastrofi luttuose nel frattempo avvenute nelle sezioni dinamiche del numero.

Se ne veda un caso nel numero che avvia lo scioglimento del dramma, l’aria di GIASONE, “Amor, per te penai”.  

Romani aveva concepito un testo molto articolato che, come abbiamo visto nel  precedente, attacca come regolare aria metastasiana col da capo, ma poi prosegue con una successione di metri diversi, adeguati alla concitazione del momento:

a) «Amor, per te penai», settenari – abax
b) «Accorrete, oh tradimento», ottonari – abbx
c) «O noi sventurate», senari ababccddxex
d) «Dove sono? Chi mi desta?», ottonari – abbx
e) «Lasciatemi, o barbari», senari -- asbasbx, cdedfx.

Mayr accoglie il suggerimento iniziale di Romani e intona la prima quartina con una melodia di fattura mozartiana, stabilmente incardinata nella tonalità d’impianto, Sib.

Sebbene incisi introduttivi e ripetizioni interne variino con vezzi belcantistici la regolarità delle frasi, le due coppie di versi della prima quartina sono fondamentalmente intonate su frasi simmetriche di 4 + 4 battute.

L’intera quartina è poi ripetuta su una seconda frase con incipit analogo alla precedente: la simmetria fraseologica è qui sbilanciata dal una lunga adenza di 10 battute che dilata il secondo membro. L’andamento complessivo di questa prima sezione si può schematizzare così: Moderato. Introduzione orchestrale. 

La strutturazione è tipica dell’aria virtuosistica con asimmetrie variate incardinate su una regolare struttura metrica, richiami tematici ma non vere ripetizioni del dettato melodico, sostanziale stabilità armonica.

Quanto Mayr sia ancora attratto dalle arie solistiche dal segno degli anni ’80 è sottolineato da Scott L. Balthazar, Mayr and the Development of the Two-Movement Aria.

Con corona e pause, le prime due battute scorporano l’invocazione ‘Amor’ dal primo verso e danno loro una funzione introduttiva che indico qui tra parentesi quadre.

La melodia vera e propria inizia da b. 3 con i settenari organizzati a due a due su regolari frasi simmetriche di (2+2) + (2+2) battute ciascuna, armonicamente bilanciata nell’usuale giro armonico I-VV-I. In questo e negli schemi che seguiranno nel corso del , i pedici indicano i numeri di battute, gli apici i versi cantati, 0 indica eventuale testo ripetuto. A b. 49 irrompe il coro «di dentro» in Sol minore.

Le successive, irregolari, lasse di ottonari e senari sono poi intonate in una lunga sezione armonicamente instabile che tocca le tonalità di Do min., Sol min., Mib magg., Re magg., Fa magg. prima di tornare a Sib.

Ogni verso del coro della quartina di ottonari è cantato in quattro battute, mentre il distico di GIASONE  ne impiega sei per concludersi così che la quadratura della frase musicale richiede una ripresa dei primi versi del coro per completarsi in otto battute. [Moderato] 4 bb (coro, 1 verso, Sol minore) + 4 bb (coro, 1 verso, Sol minore) + 6 bb (GIASONE , 2 versi, Do minore) + 2 bb (ripresa del coro, 1 verso, Sol minore) Rispetto alla consuetudine che vorrebbe intonati due versi ogni quattro battute, quelli del coro eccedono ciascuno di due battute perché l’orchestra ripete incisi melodici tra gli emistichi e dilata la successione delle esclamazioni; la frase di GIASONE  è invece ampliata da una sorta di progressione.

L’effetto globale è di grande movimento e si contrappone alla sostanziale stabilità delle prime battute dell’aria.

Lo stesso avviene nel trattamento musicale della lassa di senari che segue, cantata dal coro che esce in scena e dialoga direttamente con GIASONE . Mayr ritocca l’assetto metrico: aggiunge un verso a GIASONE  e alcuni emistichi al coro362, così da rendere meno meccanica l’alternanza tra i due interlocutori: 4 bb (coro – GIASONE , 1 verso ciascuno, Mib), 4 bb (coro – GIASONE , 1 verso ciascuno, Mib), 4 bb (coro, 2 versi, Mib), 4 bb (GIASONE  – coro, 1 verso ciascuno, Mib), 6 bb. (coro, 2 versi, con espansione dovuta a due bb. di progressione, modulante), 2 + 4 bb. (emistichio di GIASONE  – un verso e mezzo del coro: le due battute di GIASONE  funzionano come sospensione che ritarda l’avvio del conseguente della frase precedente, modulante a Reb).

Nella successiva quartina di ottonari continua il dialogo tra il principe e il popolo: la forma non chiude ancora, anzi resta a lungo sospesa tra Reb e Fa prima di cadenzare a Sib alla fine del primo distico.

Solo da qui, b. 113, tornato finalmente alla tonalità d’impianto, Mayr espande la melodia in periodi ampi e compiuti per i quali i due versi restanti della quartina non sono sufficienti e vengono perciò entrambi ripetuti: cantati inizialmente nelle canoniche Quattro battute, vengono replicati con progressione in altre otto.

Questa melodia di 4 + 8 battute è anticipata da una frase d’orchestra di quattro battute, analoga per timbre all’introduzione dell’aria: un richiamo che, assieme alla somiglianza del materiale tematico con la prima sezione, al ritorno dell’armonia iniziale e al netto cambiamento dell’accompagnamento orchestrale – già in primo piano a garantire compattezza metrica e -- È questa una consuetudine già studiata per il repertorio rossiniano e post rossiniano nelle strutture melodiche definite lyric forms. Anche in Medea in Corinto, tuttavia, è il rapporto più frequente. Questi ritocchi sono recepiti nel libretto romano tratto direttamente dalla partitura. fraseologica, passa ora in secondo piano e si riduce a sostegno del canto del tenore – configurano questa parte come un accenno di ripresa. Ormai stabilizzata la tonalità d’impianto, la lassa di senari che segue da b. 130 non porta novità di rilievo dal punto di vista armonico e suonerebbe dunque come coda cadenzante e vocalizzata. A prescindere dal diverso statuto della seconda sezione, sostanzialmente caratterizzata come musica di scena, senza frasi o periodi coerentemente organizzati, quest’aria potrebbe essere schematizzata come un’aria tripartita con coda (ABA' + coda) giacché il percorso tonale, i richiami timbrici e tematici distinguono nettamente l’intonazione dei versi centrali del coro. Ma può essere anche intesa come un’aria che in un unico movimento incorpora diverse sezioni (ABA'C).

Se si prescinde dalle articolazioni armoniche e si osserva la fisionomia ritmica delle parti, infatti, la coda cadenzante sugli ultimi senari ha un profilo ritmico incalzante che, seppure non confermato dal cambio di agogica, è però evidenziato (e incoraggiato) dal movimento sincopato dell’orchestra. Riassumendo abbiamo:

SEZIONE A, SI BEMOLLE MAGGIORE: “Amor per te penai; per te più non sospiro; la pace al cor donai: per te respiro – amor.”

SEZIONE B, SOL MINORE – MI BEMOLLE MAGGIORE – RE BEMOLLE MAGGIORE – FA MAGGIORE. CORO Accorrete…. Oh tradimento!… Oh perfidia! Oh don funesto! GIASONE  Giusti dèi! Qual grido è questo! Quale in sen mi desta orror! SCENA 13 Donzelle, Corinti, GIASONE  CORO O noi sventurate!… O regno dolente… GIASONE  Che avvenne? Parlate CORO PRINCIPESSA CREUSA innocente… GIASONE  Ohimè la consorte… CORO In braccio di morte. La veste fatale… TUTTI Veleno mortale… in sen le portò. GIASONE  Io moro. s'abbandona; il coro lo circonda e lo sostiene. TUTTI Infelice! Il cor gli mancò. GIASONE  dopo alquanta pausa Dove sono? chi mi desta? Sole, ancor per risplendi. Scott L. Balthazar, Mayr, Rossini and the Development of the Opera seria Duet: Some Preliminary Conclusions osserva che già Cimarosa nei suoi duetti «incorporates into a two-tempo, slow-fast, design» le quattro sezioni della futura “solita forma”. Strutture analoghe, ancora nei duetti, sono evidenziate da Charles Brauner, Vincenzo Bellini and the Aesthetics of Opera Seria in the First Third of the Nineteenth Century cit., che osserva come molti duetti di Mayr sono quadripartiti nel libretto ma tripartiti nella musica (veloce, lento, veloce) perché uniscono il dialogo intermedio con il movimento veloce finale; altri inglobano, invece, tutte e quattro le sezioni in un unico movimento.

SEZIONE A', SI BEMOLLE MAGGIORE: “Cara sposa! Oh dio! M’attendi: sul tuo petto io morirò in atto di partire. Lasciatemi, o barbari… seguirla vogl’io… CORINTI No: vivi la vendica… GIASONE  Atroce, il cor mio vendetta farà.

CODA O C, SI BEMOLLE: Ohimé! più non spero in vita riposo. Ho tutto perduto, non sono più sposo, Orrendo sul ciglio un velo mi sta. Parte seguito da’ Corinti e dalle donzelle. Questa ampia aria di GIASONE  riesce così a coordinare l’incalzante movimento in scena con l’impianto di tradizione virtuosistica. Da una parte, la sezione B dà forma all’intervento del coro, che repentinamente interrompe lo sfogo amoroso di GIASONE  e annuncia, anche agli spettatori, l’avvio della catastrofe. La ripresa tonale (A'), un po’ paradossale a quel punto, si giustifica come conferma dell’iniziale proposito di GIASONE d’unirsi alla sposa, seppure oramai nella morte; la sezione cadenzante finale accompagna l’uscita di scena dell’eroe, che s’avvia alla vendetta. D’altra parte a dar forma ad una simile successione di eventi e sentimenti sono ancora i moduli tradizionali della variazione virtuosistica con frasi bilanciate, rese poi asimmetriche da ripetizioni interne e progressioni su materiale tematico analogo sempre ma mai identico. Tutto il numero oscilla di continuo tra semplici frasi tematiche ed ampie espansioni variate. La ridotta differenza strutturale tra frasi tematiche e frasi cadenzali, ambo costruite su incisi omogenei e accostati secondo principii di varietà più che di contrasto364, consente a Mayr di rendere autonoma anche la sezione cadenzante finale che, coi modi armonici e vocali della coda intona testo nuovo e non si limita alla ripetizione insistita di frammenti poetici già ascoltati nelle sezioni tematiche. L’ambiguità tra code e sezioni finali del numero lirico assume dimensioni ancor più macroscopiche nell’aria di sortilegio di Medea (n. 8), dove viene data sensibile concretezza al carattere esorbitante della protagonista. L’aria è letteralmente informe, sebbene l’articolazione metrica fornita da Romani avrebbe consentito a Mayr una suddivisione quadripartita; di questo suggerimento Mayr accoglie solo una sorta di tempo d’attacco, in -- Lo osserva anche Philip Gossett nell’introduzione all’edizione facsimile dello spartito Carli sopra citata. Mayr made effort to modernize his score by attempting to create longer lyrical periods in the Rossinian manner. Corrigge così il suo stile basato su “a succession of shorter fragments. In lyrical scenes this technique is rarely moving, but in highly dramatic scenes the succession of shorter phrases can be striking in its immediacy and emotional power. Re minore, nella prima sezione di endecasillabi misurati. Dall’Allegro giusto, invece, inizia una sezione in Re maggiore senza cesure. Le due lasse di decasillabi e ottonari sono intonate in un unico movimento con strutture irregolari di battute (4 + 5 + 4 + 6 + …) o, più spesso, con frammenti melodici ed esclamazioni che non coagulano in vere frasi musicali e vagano entro un campo tonale molto ampio: Si min., Mi magg., Fa magg., Sib magg., La magg., La min., Fa magg., Re magg., Sol min., per cadenzare infine in Re minore all’avvio dell’ultima lassa di senari. Predominano fin qui spezzoni e lacerti di motivi continuamente citati, ripresi e variati sul sostegno regolare e uniforme dell’orchestra: solo il tappeto di figure dell’orchestra ostinate conferisce una certa corenza metrica al numero. L’effetto frenetico, mobile, irregolare dell’incantesimo celebrato in scena è garantito, ma lo spettatore ne è stordito e disorientato, mancandgliu l’appiglio d’una qualsiasi frase compiuta da tenere a mente. Solo alla novantanovesima battuta, appena prima di toccare finalmente la tonalità d’impianto, Medea avvia una melodia coerente che dispiega in 16 battute gli otto senari finali dell’aria (es. 11): sono tutti intonati a coppie, in frasi di Quattro battute che compongono un periodo ad incisi paralleli apparentemente regolare. Il material melodico, infatti, è analogo nei primi tre membri e leggermente differenziato nell’ultimo, secondo uno schema a4 a'4 a''2+2 b4. Dal punto di vista armonico, tuttavia, gli incisi ripresi e variati cambiano sostanzialmente significato perché le 16 battute compiono un percorso instabile con modulazioni appena accennate e mai definitivamente stabilizzate: la prima frase è aperta in levare ancora in Sol minore ma modula subito a Re minore, la seconda resta sospesa nell’area della sottodominante, la terza è invece accentuatamente modulante, la quarta infine conferma la tonalità di Re minore. Considerando il percorso armonico, il periodo può essere così strutturato: a: Sol min. (I)-II-Re min. I-V-I a': IV- I-IV-I b: Mib, Re magg., Sol min., La magg., a'': Re min. V-I-V-I La tonalità d’impianto del numero è dunque definitivamente ristabilita solo alla fine del periodo tematico; a quel punto si rende però necessaria una lunga coda di 38 battute, su testo ripetuto e con interventi del coro delle furie, per affermarla definitivamente e chiudere l’aria in un quadro tonale conchiuso. Il numero è insomma sbilanciato ad arte verso il finale.

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