Speranza
L’esame della prima aria di GIASONE, "Di gloria
all’invito" mostra con chiarezza l’ambiguità del personaggio e delle strutture musicali
L’aria
intona tre quartine di senari.
L'aria è statica, perché nulla viene a turbare il
trionfo di GIASONE.
Nella tradizione delle arie cerimoniali e belliche, l'aria è in Re
maggiore con trombe, timpani e banda militare in orchestra, e non sul palco.
Segue ad un ampio coro cerimoniale prevalentemente omo-ritmico, e si libra come vera
affermazione di potenza, diremmo quasi di ESIBIZIONISMO EROTICO.
Il primo
distico è intonato come stentorea apostrofe vocalizzata, plateale e acuta, in
una frase di ben sette battute rivolta al sovrano.
Ma in realtà al pubblico che
deve riconoscere subito lo status e la dignità sociale del personaggio.
Il periodo iniziale è estremamente ambivalente.
Le prime sette battute variano
il tema della seconda strofa del CORO, che non tornerà più nel corso dell’aria.
Le altre presentano invece una regolarità metrica nell’accompagnamento
orchestrale prima assente, ed sono costruite su un andamento armonico e
melodico nuovo, che si rivelerà di lì a poco analogo a quello che intona le
alter trova conferma in tutta la trattatistica settecentesca.
Così Virgilio
Bernardoni, La teoria della melodia vocale nella trattatistica
italiana (1790-1870).
Su questo vale partire da G. Pagannone, Mobilità
strutturale della ‘lyric form’ cit., e id., Tra “cadenze felicità
felicità felicità” e “melodie lunghe lunghe lunghe”, "Il Saggiatore
musicale".
Vista la varietà con cui si presentano le forme di Mayr, s'intende qui per ‘coda’ una sezione che rispetta, oltre al primo, almeno un altro dei
tre requisiti individuati da R. Moreen, Integration of Test
Forms and Musical Forms in Verdi’s Early Operas, Princeton
a) suspension of tonal movement: successive cadences
are on the final tonic of the piece
b) suspension of text exposition: the text
of a coda is entirely repetition
c) the important characters in the number
sing together ad equals.
La definizione di "coda" data da Pietro Lichtenthal nel
suo Dizionario e Bibliografia della musica, Milano, Fontana, 1836 consente
d’altronde quest’uso del termine più retorico, che formale:
«Coda, s. f. Nome
che si dà al periodo aggiunto a quello che potrebbe terminare un pezzo di
musica, ma senza finirlo in modo così completo e brioso».
Scott L.
Balthazar, Mayr, Rossini, and the Development of the Early Concertato
Finale.
È sufficiente d’altronde dar senso allegorico al sostantivo
astratto nel primo verso per scioglierne le implicazioni erotiche.
Sulla VALENZA EROTICA
del canto lirico cfr. il quadro di riflessioni e studi che
tracciano Marco BEGHELLI "Erotismo canoro", e Davide DAOLMI e Emanuele SENICI, "L’omosessualità è un modo di cantare": i contributi “queer”
all’indagine sull’opera in musica", in «Il Saggiatore musicale».
Cfr. la distinzione tra melodie aperte e chiuse in Friedrich Lippmann,
Per un’esegesi dello stile rossiniano, in «Nuova rivista musicale
italiana», II, oltre al quartine dell’aria.
Sembra quindi costruito con una
sezione introduttiva di cerniera tra coro d’apertura e solista e inizio
dell’aria vera e propria introdotta dalle tre battute d’orchestra (bb. 8-10).
Da
quel momento infatti il coro e GIASONE si alternano.
GIASONE, già rivòltosi a CREONTE
in questa prima quartina, prosegue nelle due successive per rendere omaggio a
CREUSA, e salutare poi il popolo tutto.
Ogni volta il coro acclama le sue
dichiarazioni.
Entro ogni frase o strofa l’impianto tonale è assolutamente
stabile, idoneo a garantire la coerenza della struttura sotto le imprevedibili
fogge che assumono le varianti del canto solistico di NOZZARI, vero completamento
e prolungamento del compositore.
Dopo la
plateale apertura delle prime sette battute, ‘Di gloria all’invito’ è infatti costruita
in un crescendo di sontuosità secondo moduli virtuosistici che potremmo
definire a strofe variate.
La seconda e la terza ripresa di GIASONE hanno
andamento sufficientemente analogo alle bb. 11 e seguenti della prima per
essere riconosciute, appunto, come riprese, sebbene si costruiscano su un
fraseggio sintatticamente più coerente e regolare.
La quartina rivolta
all’amata, è articolata in nove battute (per la ripetizione di un emistichio
nel finale) ma seguita poi da sei battute di coda.
L’ultima quartina è cantata
in altre nove battute (sempre per la ripetizione di un inciso verso il finale)
prima che il coro s’aggiunga al solista in un’ampia coda finale di ben 26
battute.
Le regolari e brevi introduzioni orchestrali ad ogni ripresa di GIASONE
, i refrains del coro, la costanza del metro poetico, tutto in senari, e
del metro musicale lasciano percepire una struttura strofica molto netta, non
inficiata nemmeno dall’improvviso scarto tonale alla dominante su cui è omogeneamente
intonata la seconda quartina di GIASONE , con relativo ‘applauso’ del coro.
CORO
INTRODUTTIVO, RE MAGGIORE:
Fosti grande allor che apristi mari ignoti a
ignote genti; grande allor che i tauri ardenti il tuo braccio al suol prostrò,
ma più grande allor che pace col tuo sangue acquista un regno, quando al trono
fai sostegno, che rovina minacciò.
PRELUDIO, RE MAGGIORE. GIASONE
Di gloria all’invito -- commento di
Saverio Lamacchia, “Solita forma” del duetto o del numero? L’aria in quattro
tempi nel melodramma del primo Ottocento, in «Il Saggiatore
musicale»,
Anche l’articolazione armonica contribuisce a questa ambiguità.
L’antecedente apre in tonica e chiude in dominante così da consentire al conseguente
di ripartire in tonica.
Ma le tre battute orchestrali intermedie provvedono a
completare la cadenza avviata dall’antecedente e ad aprirne un’altra per
lanciare il conseguente.
Renato Di Benedetto, Poetiche e polemiche, in Storia
dell’opera italiana, VI, utilizza queste parole per definire il ruolo del
cantante nell’opera italiana ed affrancarlo da una tradizione critica e
storiografica che a lungo l’ha dipinto come strumento passivo, competitore od usurpatore
del ruolo creativo dell’autore.
Se le sue osservazioni valgono sempre nel caso
dell’opera italiana, tanto più sono adeguate al caso di un cast d’eccezione
come fu quello composto da Colbran e Nozzari per le recite di Giasone e Medea
in Corinto.
Sulla questione cfr. anche Daniela Tortora, Drammaturgia del
Rossini serio cit., a Creonte fra l’armi volai.
SEZIONE A, RE
MAGGIORE “per te s’io pugnai, tel dica il tuo cor”.
CORINZI:
Di gloria il sentiero tu calchi
primiero; per te degni eroi soccombe il valor.
SEZIONE A', LA MAGGIORE GIASONE
Spronavami all’ire (a PRINCIPESSA
CREUSA)
l’amato tuo nome; m’accrebbe l’ardire Imene ed Amor.
CORINZI: Di
gloria, etc.
SEZIONE A'', RE MAGGIORE. GIASONE:
“Se amante e
guerriero (ai suoi seguaci) combatto con voi, è vano per noi nemico
furor.
CORINZI: Per te degli eroi soccombe il valor.”
Oltre alla struttura a
strofe variate, tuttavia, in quest’aria si possono individuare i segmenti che diverranno
canonici pochi anni dopo nella cosiddetta solita forma.
Una semplice
esasperazione delle differenze di fraseggio, di agogica, di accompagnamento, di
contenuto testuale, della strofa intermedia avrebbe consentito a Mayr di
foggiare la cavatina di GIASONE sul
modello dell’aria quadri-partita.
Rossini dovette interpretarla in questa
prospettiva, se effettivamente l’assunse a modello dell’esordio eroico per le
opere destinate a Nozzari.
Ma Mayr stesso decise di esplicitare questa lettura quando
la ritocca per le rappresentazioni al Carcano del 1829.
Inserì un vero e
proprio cantabile come riflessione nostalgica a parte di Giasone sulla
consorte ripudiata.
A quest’epoca, tuttavia, l’idea di adottare esplicitamente
la struttura dell’aria quadri-partita è consona ad una nuova concezione
drammaturgica di Giasone, il quale da stentoreo esibizionista viene riconvertito
a soggetto portatore di emozioni più complesse e sfumate.
Le strofe funzionali
al virtuosismo del solista vengono così riconcepite come momenti affettivi
diversi cui dar voce nelle strutture della solita forma in quattro tempi, e
il passaggio da una passione all’altra viene giustificato da mozioni interiori
dell’animo di GIASONE.
La partitura di “Giasone
e Medea in Corinto” mostra molto spesso ambiguità formali, soprattutto là
dove rappresenta situazioni o affetti concitati e movimentati senza per questo
rinnegare i riferimenti stilistici della tradizione belcantistica e virtuosistica.
Il tentativo di soddisfare. Sulle arie quadripartite cfr. Saverio Lamacchia, “Solita
forma” del duetto o del numero?
Una lettura di ‘Di gloria all’invito’ come
modello delle arie quadri-partite si trova in Saverio Lamacchia, “Solita
forma” del duetto o del numero?
Lamacchia cerca in Mayr riscontri
dell’uso rossinano di tempo d’attacco in arie solistiche anziché in duetti.
Legge quindi in questa chiave ciò che io qui ho inteso invece far risalire a
tradizioni virtuosistiche precedenti.
entrambe queste esigenze estetiche e
drammatiche, teoricamente e storicamente divergenti, spinge Mayr a proporre
soluzioni formali talvolta paradossali, come i frequenti accenni a placide
riprese tematiche, che suonano come se fossero del tutto indifferenti alle
catastrofi luttuose nel frattempo avvenute nelle sezioni dinamiche del numero.
Se
ne veda un caso nel numero che avvia lo scioglimento del dramma, l’aria di
GIASONE, “Amor, per te penai”.
Romani
aveva concepito un testo molto articolato che, come abbiamo visto nel precedente, attacca come regolare aria
metastasiana col da capo, ma poi prosegue con una successione di metri
diversi, adeguati alla concitazione del momento:
a) «Amor, per te penai»,
settenari – abax
b) «Accorrete, oh tradimento», ottonari – abbx
c) «O noi sventurate», senari ababccddxex
d) «Dove sono? Chi mi
desta?», ottonari – abbx
e) «Lasciatemi, o barbari», senari -- asbasbx,
cdedfx.
Mayr accoglie il suggerimento iniziale di Romani e intona la
prima quartina con una melodia di fattura mozartiana, stabilmente
incardinata nella tonalità d’impianto, Sib.
Sebbene incisi introduttivi e
ripetizioni interne variino con vezzi belcantistici la regolarità delle
frasi, le due coppie di versi della prima quartina sono fondamentalmente
intonate su frasi simmetriche di 4 + 4 battute.
L’intera quartina è poi
ripetuta su una seconda frase con incipit analogo alla precedente: la
simmetria fraseologica è qui sbilanciata dal una lunga adenza di 10
battute che dilata il secondo membro. L’andamento complessivo di questa prima
sezione si può schematizzare così: Moderato. Introduzione
orchestrale.
La strutturazione è tipica
dell’aria virtuosistica con asimmetrie variate incardinate su una regolare
struttura metrica, richiami tematici ma non vere ripetizioni del dettato melodico,
sostanziale stabilità armonica.
Quanto Mayr sia ancora attratto dalle arie
solistiche dal segno degli anni ’80 è sottolineato da Scott L.
Balthazar, Mayr and the Development of the Two-Movement Aria.
Con corona
e pause, le prime due battute scorporano l’invocazione ‘Amor’ dal primo verso e
danno loro una funzione introduttiva che indico qui tra parentesi quadre.
La
melodia vera e propria inizia da b. 3 con i settenari organizzati a due a due
su regolari frasi simmetriche di (2+2) + (2+2) battute ciascuna, armonicamente
bilanciata nell’usuale giro armonico I-VV-I. In questo e negli schemi che
seguiranno nel corso del , i pedici indicano i numeri di battute, gli apici i
versi cantati, 0 indica eventuale testo ripetuto. A b. 49 irrompe il coro «di
dentro» in Sol minore.
Le successive, irregolari, lasse di ottonari e senari
sono poi intonate in una lunga sezione armonicamente instabile che tocca le
tonalità di Do min., Sol min., Mib magg., Re magg., Fa magg. prima di tornare a
Sib.
Ogni verso del coro della quartina di ottonari è cantato in quattro
battute, mentre il distico di GIASONE ne
impiega sei per concludersi così che la quadratura della frase musicale richiede
una ripresa dei primi versi del coro per completarsi in otto battute. [Moderato]
4 bb (coro, 1 verso, Sol minore) + 4 bb (coro, 1 verso, Sol minore) + 6 bb
(GIASONE , 2 versi, Do minore) + 2 bb (ripresa del coro, 1 verso, Sol minore) Rispetto
alla consuetudine che vorrebbe intonati due versi ogni quattro battute, quelli
del coro eccedono ciascuno di due battute perché l’orchestra ripete incisi
melodici tra gli emistichi e dilata la successione delle esclamazioni;
la frase di GIASONE è invece ampliata da
una sorta di progressione.
L’effetto globale è di grande movimento e si contrappone
alla sostanziale stabilità delle prime battute dell’aria.
Lo stesso avviene nel
trattamento musicale della lassa di senari che segue, cantata dal coro
che esce in scena e dialoga direttamente con GIASONE . Mayr ritocca l’assetto metrico:
aggiunge un verso a GIASONE e alcuni
emistichi al coro362, così da rendere meno meccanica l’alternanza tra i due
interlocutori: 4 bb (coro – GIASONE , 1 verso ciascuno, Mib), 4 bb (coro – GIASONE
, 1 verso ciascuno, Mib), 4 bb (coro, 2 versi, Mib), 4 bb (GIASONE – coro, 1 verso ciascuno, Mib), 6 bb. (coro, 2
versi, con espansione dovuta a due bb. di progressione, modulante), 2 + 4 bb. (emistichio
di GIASONE – un verso e mezzo del coro:
le due battute di GIASONE funzionano
come sospensione che ritarda l’avvio del conseguente della frase precedente,
modulante a Reb).
Nella successiva quartina di ottonari continua il dialogo tra
il principe e il popolo: la forma non chiude ancora, anzi resta a lungo sospesa
tra Reb e Fa prima di cadenzare a Sib alla fine del primo distico.
Solo da qui,
b. 113, tornato finalmente alla tonalità d’impianto, Mayr espande la melodia
in periodi ampi e compiuti per i quali i due versi restanti della quartina non
sono sufficienti e vengono perciò entrambi ripetuti: cantati inizialmente nelle
canoniche Quattro battute, vengono replicati con progressione in altre otto.
Questa melodia di 4 + 8 battute è anticipata da una frase d’orchestra di
quattro battute, analoga per timbre all’introduzione dell’aria: un richiamo
che, assieme alla somiglianza del materiale tematico con la prima sezione, al
ritorno dell’armonia iniziale e al netto cambiamento dell’accompagnamento
orchestrale – già in primo piano a garantire compattezza metrica e -- È questa
una consuetudine già studiata per il repertorio rossiniano e post rossiniano
nelle strutture melodiche definite lyric forms. Anche in Medea in
Corinto, tuttavia, è il rapporto più frequente. Questi ritocchi sono
recepiti nel libretto romano tratto direttamente dalla partitura. fraseologica,
passa ora in secondo piano e si riduce a sostegno del canto del tenore – configurano
questa parte come un accenno di ripresa. Ormai stabilizzata la tonalità d’impianto,
la lassa di senari che segue da b. 130 non porta novità di rilievo dal punto di
vista armonico e suonerebbe dunque come coda cadenzante e vocalizzata. A
prescindere dal diverso statuto della seconda sezione, sostanzialmente caratterizzata
come musica di scena, senza frasi o periodi coerentemente organizzati, quest’aria
potrebbe essere schematizzata come un’aria tripartita con coda (ABA' + coda) giacché
il percorso tonale, i richiami timbrici e tematici distinguono nettamente l’intonazione
dei versi centrali del coro. Ma può essere anche intesa come un’aria che in un unico
movimento incorpora diverse sezioni (ABA'C).
Se si prescinde dalle
articolazioni armoniche e si osserva la fisionomia ritmica delle parti, infatti,
la coda cadenzante sugli ultimi senari ha un profilo ritmico incalzante che,
seppure non confermato dal cambio di agogica, è però evidenziato (e
incoraggiato) dal movimento sincopato dell’orchestra. Riassumendo abbiamo:
SEZIONE
A, SI BEMOLLE MAGGIORE: “Amor per te penai; per te più non sospiro; la pace
al cor donai: per te respiro – amor.”
SEZIONE B, SOL MINORE – MI BEMOLLE
MAGGIORE – RE BEMOLLE MAGGIORE – FA MAGGIORE. CORO Accorrete…. Oh
tradimento!… Oh perfidia! Oh don funesto! GIASONE Giusti dèi! Qual grido è questo! Quale
in sen mi desta orror! SCENA 13 Donzelle, Corinti, GIASONE CORO O noi sventurate!… O regno dolente… GIASONE
Che avvenne? Parlate CORO PRINCIPESSA
CREUSA innocente… GIASONE Ohimè la
consorte… CORO In braccio di morte. La veste fatale… TUTTI Veleno mortale… in
sen le portò. GIASONE Io moro. s'abbandona;
il coro lo circonda e lo sostiene. TUTTI Infelice! Il cor gli mancò. GIASONE
dopo alquanta pausa Dove sono?
chi mi desta? Sole, ancor per risplendi. Scott L. Balthazar, Mayr, Rossini
and the Development of the Opera seria Duet: Some Preliminary
Conclusions osserva che già Cimarosa nei suoi duetti «incorporates into a two-tempo,
slow-fast, design» le quattro sezioni della futura “solita forma”. Strutture
analoghe, ancora nei duetti, sono evidenziate da Charles Brauner, Vincenzo
Bellini and the Aesthetics of Opera Seria in the First Third of the Nineteenth
Century cit., che osserva come molti duetti di Mayr sono quadripartiti nel
libretto ma tripartiti nella musica (veloce, lento, veloce) perché uniscono il
dialogo intermedio con il movimento veloce finale; altri inglobano, invece, tutte
e quattro le sezioni in un unico movimento.
SEZIONE A', SI BEMOLLE MAGGIORE:
“Cara sposa! Oh dio! M’attendi: sul tuo petto io morirò in atto di partire. Lasciatemi,
o barbari… seguirla vogl’io… CORINTI No: vivi la vendica… GIASONE
Atroce, il cor mio vendetta farà.
CODA O C, SI BEMOLLE: Ohimé! più non spero in vita riposo. Ho tutto
perduto, non sono più sposo, Orrendo sul ciglio un velo mi sta. Parte
seguito da’ Corinti e dalle donzelle. Questa ampia aria di GIASONE riesce così a coordinare l’incalzante
movimento in scena con l’impianto di tradizione virtuosistica. Da una parte, la
sezione B dà forma all’intervento del coro, che repentinamente interrompe lo
sfogo amoroso di GIASONE e annuncia,
anche agli spettatori, l’avvio della catastrofe. La ripresa tonale (A'), un po’
paradossale a quel punto, si giustifica come conferma dell’iniziale proposito
di GIASONE d’unirsi alla sposa, seppure oramai nella morte; la sezione
cadenzante finale accompagna l’uscita di scena dell’eroe, che s’avvia alla
vendetta. D’altra parte a dar forma ad una simile successione di eventi e
sentimenti sono ancora i moduli tradizionali della variazione virtuosistica con
frasi bilanciate, rese poi asimmetriche da ripetizioni interne e progressioni
su materiale tematico analogo sempre ma mai identico. Tutto il numero oscilla
di continuo tra semplici frasi tematiche ed ampie espansioni variate. La
ridotta differenza strutturale tra frasi tematiche e frasi cadenzali, ambo
costruite su incisi omogenei e accostati secondo principii di varietà più che
di contrasto364, consente a Mayr di rendere autonoma anche la sezione
cadenzante finale che, coi modi armonici e vocali della coda intona testo nuovo
e non si limita alla ripetizione insistita di frammenti poetici già ascoltati
nelle sezioni tematiche. L’ambiguità tra code e sezioni finali del numero
lirico assume dimensioni ancor più macroscopiche nell’aria di sortilegio di Medea
(n. 8), dove viene data sensibile concretezza al carattere esorbitante della
protagonista. L’aria è letteralmente informe, sebbene l’articolazione metrica
fornita da Romani avrebbe consentito a Mayr una suddivisione quadripartita; di
questo suggerimento Mayr accoglie solo una sorta di tempo d’attacco, in -- Lo
osserva anche Philip Gossett nell’introduzione all’edizione facsimile dello
spartito Carli sopra citata. Mayr made effort to modernize his score by attempting
to create longer lyrical periods in the Rossinian manner. Corrigge così il suo
stile basato su “a succession of shorter fragments. In lyrical scenes this
technique is rarely moving, but in highly dramatic scenes the succession of
shorter phrases can be striking in its immediacy and emotional power. Re
minore, nella prima sezione di endecasillabi misurati. Dall’Allegro giusto,
invece, inizia una sezione in Re maggiore senza cesure. Le due lasse di
decasillabi e ottonari sono intonate in un unico movimento con strutture
irregolari di battute (4 + 5 + 4 + 6 + …) o, più spesso, con frammenti melodici
ed esclamazioni che non coagulano in vere frasi musicali e vagano entro un
campo tonale molto ampio: Si min., Mi magg., Fa magg., Sib magg., La magg., La
min., Fa magg., Re magg., Sol min., per cadenzare infine in Re minore all’avvio
dell’ultima lassa di senari. Predominano fin qui spezzoni e lacerti di motivi
continuamente citati, ripresi e variati sul sostegno regolare e uniforme dell’orchestra:
solo il tappeto di figure dell’orchestra ostinate conferisce una certa corenza
metrica al numero. L’effetto frenetico, mobile, irregolare dell’incantesimo
celebrato in scena è garantito, ma lo spettatore ne è stordito e disorientato,
mancandgliu l’appiglio d’una qualsiasi frase compiuta da tenere a mente. Solo
alla novantanovesima battuta, appena prima di toccare finalmente la tonalità
d’impianto, Medea avvia una melodia coerente che dispiega in 16 battute gli
otto senari finali dell’aria (es. 11): sono tutti intonati a coppie, in frasi
di Quattro battute che compongono un periodo ad incisi paralleli apparentemente
regolare. Il material melodico, infatti, è analogo nei primi tre membri e
leggermente differenziato nell’ultimo, secondo uno schema a4 a'4 a''2+2 b4. Dal
punto di vista armonico, tuttavia, gli incisi ripresi e variati cambiano
sostanzialmente significato perché le 16 battute compiono un percorso instabile
con modulazioni appena accennate e mai definitivamente stabilizzate: la prima frase
è aperta in levare ancora in Sol minore ma modula subito a Re minore, la
seconda resta sospesa nell’area della sottodominante, la terza è invece
accentuatamente modulante, la quarta infine conferma la tonalità di Re minore.
Considerando il percorso armonico, il periodo può essere così strutturato: a:
Sol min. (I)-II-Re min. I-V-I a': IV- I-IV-I b: Mib, Re magg., Sol min., La
magg., a'': Re min. V-I-V-I La tonalità d’impianto del numero è dunque
definitivamente ristabilita solo alla fine del periodo tematico; a quel punto
si rende però necessaria una lunga coda di 38 battute, su testo ripetuto e con
interventi del coro delle furie, per affermarla definitivamente e chiudere l’aria
in un quadro tonale conchiuso. Il numero è insomma sbilanciato ad arte verso il
finale.
No comments:
Post a Comment