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Friday, June 14, 2024

Grice e Massolo

 La ricca letteratura critica su Massolo - tenuta viva da amici ed allie- 

vi, ma rivolta non a celebrare bensì a interpretare l’itinerario filosofico 
dell’amico/maestro e il suo modello teoretico, che, da Heidegger e Kant, 
lo conduce verso Hegel e Marx, evidenziando così sia una ‘parabola’ della 
filosofia italiana (e non solo) del dopoguerra sia la costruzione di un mo- 
dello di storicismo connotato in modo assai diverso da quelli post-cro- 
ciani o gramsciani, correnti nell’Italia postbellica, e incardinato su una 
ontologia storica del soggetto —, tale letteratura critica (che ha coinvolto 
Landucci e Sichirollo, Bodei e Salvucci, Losurdo e Badaloni, ecc.), dice- 
vo, ci ha indicato - con precisione - alcuni ‘nuclei forti’ di quel pensiero, 
sottolineandone l’articolazione complessa e la significativa attualità. Sul 
primo fronte sono stati il passaggio dall’esistenzialismo al marxismo, l’in- 
terpretazione della filosofia classica tedesca, il rapporto (teoretico) fra Hegel 
e Marx, il nesso fra «il filosofo e la città» a essere sottolineati; sul secon- 
do, soprattutto, quel carattere etico-politico del suo storicismo, connesso 
a un «forte e vero umanesimo» fondato sul dialogo-nella-città e rivolto a 
una «costruzione della ragione nel mondo reale», elementi che rendono il 
suo insegnamento «ancora fortemente attuale», anche nell’orizzonte del 
postmoderno (P. Salvucci, in N. De Domenico, P. Puglisi, 1988, passim). 
Proprio per leggere più intimamente il modello storicistico di Massolo, 
dobbiamo sottolineare ancora: 


1. il suo passaggio dall’esistenzialismo al marxismo; 

2. l’elaborazione del suo neo-storicismo negli anni Cinquanta; 

3. il modello maturo che esso assume nel lavoro dell’‘ultimo’ Massolo, 
cioè dal 1955 al 1966, da La storia della filosofia come problema a «En- 
tiusserung», «Entfremdung» nella Fenomenologia dello spirito. 


Lesistenzialismo del ‘primo’ Massolo, come emerge dagli scritti dei 
primi anni Quaranta e culminato in Storicità della metafisica (1944) e in 
Introduzione all'analitica kantiana (1946), risulta contrassegnato dalla 
storicità, ma questa è ancora una struttura ontologica del soggetto, pro- 
prio quella che è sfuggita a Kant — «da trovarsi nella loro [di coscienza tra- 


Franco Cambi, Pensiero e tempo: ricerche sullo storicismo critico: figure, modelli, 
attualità, ISBN 978-88-8453-782-9 (online), ISBN 978-88-8453-781-2 (print), © 2008 
Firenze University Press 


178 PENSIERO E TEMPO 


scendentale e coscienza sensibile] storicizzazione, nel piano, dunque, della 
storicità dell’esistenza umana e di una intelligenza critica dell’uomo» - e 
che va messa in luce in Heidegger, il quale ci ha evidenziato la «tempora- 
lità» dell’uomo (riprendendo e approfondendo Kant, al di là dei «razio- 
nalismi» idealistici) e la condizione storica (connessa all’esser «il singolo 
mai l’aurora», poiché «egli si muove in un mondo già apparso, il cui es- 
sere gli è nascosto»? e su cui deve interrogarsi facendo i conti col «passa- 
to» che costituisce l’orizzonte di quel mondo) del suo «esserci», in cui è la 
«trascendenza pura» del tempo che impone la domanda metafisica, ma 
per cui ogni risposta non sarà che condizionata e parziale, poiché è l’uo- 
mo che pensa la metafisica, la pensa dalla condizione di «un’indigenza di 
essere» a cui mai potrà rispondere in toto. Così alla metafisica spetta una 
radicale storicità (come domanda/risposta dell’uomo-nel-tempo), anche 
perché - inoltre - nel processo di fondazione metafisica la 


rivelazione del mondo non significa manifestazione di qualcosa che 
rimanga nel suo in sé irrevocabile alla vista, ma il suo stesso venir pro- 
dotto all’essere, giacché il suo essere è il suo apparire. 


È la storicità stessa dell’uomo che fonda la metafisica e la «ricerca me- 
tafisica dovrà porsi il problema della storia» perché 


unicamente un approfondimento della storicità può permettere di 
guardare nella eccezionalità che è la metafisica come azione non del- 
l’uomo in generale ma del singolo.‘ 


Singolo, temporalità, storicità sono qui gli elementi ontologici su cui si 
attiva la ricerca di Massolo, attraversata dalla lezione dello Heidegger degli 
anni Venti-Trenta (tra Essere e tempo e Kant e il problema della metafisica), 
riletto anche attraverso le indicazioni postgentiliane di Fazio-Allmayer, 
che nel suo attualismo critico ha messo al centro sempre più l’uomo e ha 
guardato a una umanizzazione del reale. 

Già Salvucci, nella sua Presentazione al volume Logica hegeliana e filo- 
sofia contemporanea, che raccoglie gli scritti sparsi di Massolo, elaborati 
dal 1939 al 1958, sottolinea il «faticoso processo» del suo pensiero, che lo 
conduce alla «liberazione dal predominio della logica hegeliana» e verso 
«il realismo», in cui emerge il ruolo dell’uomo colto nella sua «alienazio- 
ne», che ne è il contrassegno storicamente primario ed efficace. Alienazio- 
ne che è storica, ma di cui la filosofia - da Kant in poi - si fa testimone e 
interprete. Con Hegel, invece, la ricomposizione dell’alienazione si com- 


1 A. Massolo, Introduzione all’analitica kantiana, Sansoni, Firenze 1946, p. 6. 
? Id., Storicità della metafisica, Le Monnier, Firenze 1944, p. 4. 

3 Ivi, p. 11. 

4 Ivi, p. 13. 


LO STORICISMO DELL'ULTIMO MASSOLO 179 


pie nell’orizzonte dell’Assoluto, attraverso l’artificio della logica e la sua 
riconsiderazione unitaria e pacificata dai conflitti e dalla dialettica che 
essi producono, e che dà luogo alla costruzione dell’Idea filosoficamente 
resa trasparente a se stessa e, proprio per questo, totalmente realizzata. 
Per liberare Hegel dal primato della logica, bisogna risalire all'opera più 
drammatica e aperta di Hegel stesso, a quella Fenomenologia dello spirito 
che pone al centro proprio l’alienazione (e non come sola estraneazione), 
l’alienazione dell’uomo colto nel suo statuto ‘tragico’. Sarà Marx, poi, a 
compiere il passo successivo e decisivo: a riportare nel tempo storico-s0- 
ciale (nella dimensione del lavoro e nei sistemi di produzione economi- 
ca) tale alienazione, mostrando che essa «non è altro che un prodotto di 
quella forma storica di lavoro che è la divisione del lavoro»?. Lasse nuovo 
e il principio determinante di questo storicismo realistico e antropologico 
diviene la Città («la Città-Storia» già di Hegel, ma qui riportata ai sogget- 
ti e alla loro rete di azioni e reazioni nel tempo e sul tempo). Ed è questo 
costituirsi nella e relazionarsi alla città che viene a contrassegnare il filo- 
sofare, quale atto di «razionalizzazione» e di «storicizzazione». 

Per Salvucci qui sta il senso del lavoro di Massolo, lo stemma del suo 
storicismo e la stessa angolazione da cui ricostruisce e interpreta il marxi- 
smo. Marxismo come storicismo, ma qui ripensato sulle orme di Kant, 
Hegel e Marx e che pone al centro, heideggerianamente, la questione della 
temporalità, del tempo storico ovvero della forma antropologica di vivere 
la temporalità storica. Che è - appunto - l’alienazione. 

I testi raccolti da Salvucci nel 1967 nel volume citato sono un preciso 
résumé di questo itinerario teoretico, in cui i vari tasselli vengono a com- 
porre un cammino in ascesa verso il marxismo critico, di cui Marx e il 
fondamento della filosofia è l'esempio cruciale. I conti con Hegel sono fat- 
ti analiticamente nelle Ricerche sulla logica hegeliana (1943-44), in cui è 
proprio l’oblio del «destino del mondo», del «nascere e del morire» (per 
valorizzare il puro paradigma logico-ideale) che viene sottolineato e fis- 
sato nel suo ruolo, per noi, oggi, di ‘scandalo’. Ma l’idealismo non muore 
con Hegel: ritorna anche dopo di lui. Nella tensione cartesiana del pensie- 
ro di Husserl, che riduce l’uomo a mente, la mente a pensiero, il soggetto 
a un'isola, caratterizzato dalla ‘solitudine’ della «soggettività trascenden- 
tale». Saranno figure come Heidegger, come Spirito, come Luporini, co- 
me Fazio-Allrnayer (con la sua «logica della compossibilità»), come Banfi 
a riaprire i confini di questo storicismo bloccato nella formula idealistica 
e a ricondurci sul terreno della esperienza ‘esistenzialmente’ connotata e 
orientata a un pensiero che si compie e si legittima nel processo stesso della 
storicità, intesa come storia degli uomini, degli uomini concreti, cioè dei 
produttori. Allora è Marx che ‘invera’ lo storicismo con la sua «filosofia 
dell’uomo alienato». Ma Marx non è un ‘tribunale’ della filosofia: è anco- 


$ P. Salvucci, Presentazione a A. Massolo, Logica hegeliana e filosofia contempo- 
ranea, Giunti-Marzocco, Firenze 1967, p. IX. 


180 PENSIERO E TEMPO 


ra filosofia, ma è la filosofia del nostro tempo, che rompe ogni dualismo, 
che rende l’atto filosofico segno e prodotto dell’alienazione, che la ricolloca 
nel suo terreno genetico — «il lavoro» — ma da lì fa procedere anche il suo 
possibile superamento, indicando nei mutamenti delle condizioni econo- 
miche il varco stesso per aprire la storia alla speranza, ovvero alla disalie- 
nazione. Marx umanizza la filosofia e umanizza la storia. Allora Massolo 
può concludere con decisione: 


Il rovesciamento che Marx opera del rapporto alienazione-lavoro, 
rovesciamento che ha il suo teoretico e storico fondamento nella cri- 
tica al concetto hegeliano di lavoro e perciò nella critica alla divisione 
di esso, impegna la filosofia che si fa cosciente della propria origine e 
della sua radice che è il lavoro, a non cercare la propria giustificazione 
nel mondo dell’estraneazione che è per essa il mondo dei massimi pro- 
blemi, ma a distruggere questo mondo, nel quale è l’altro di sé, mondo 
che non è il suo mondo e del quale non ha bisogno, perché esso non è 
il suo fondamento.® 


Siamo nel 1947, e il percorso del pensiero maturo di Massolo è qui già 
delineato con precisione: confrontandosi con Marx, riportare lo storicismo 
a nutrirsi della lezione di Marx, integrandola però con i vettori di quell’esi- 
stenzialismo che pur è stato un ‘raddrizzamento’ antropologico e una re- 
staurazione di una corretta concezione del tempo. Si pensi ad Heidegger. 


2. La rilettura di Hegel e Marx e lo storicismo engagé 


Nel 1947-48 Massolo imposta il lavoro sul ‘suo’ Marx, distanziandolo 
da Feuerbach e dalla sua stessa interpretazione di Hegel (un Hegel antro- 
pologico, appunto), riportandolo verso Hegel e la sua visione dialettica e 
real-razionalistica della realtà, non teologica bensì storicistica del mondo, 
e un Hegel che sta al centro del Capitale e della sua riflessione (metodo- 
logica e contenutistica) sulla forma attuale del divenire storico. Rispetto 
a Hegel, però, Marx fa un passo ulteriore: supera la fenomenologia (che è 
ancora lettura teoretica) e reclama la «realtà rivoluzionaria», un mutamen- 
to prassico, storico; storico-economico, anzi, poiché la storia è ‘sorretta’ 
dall’economia. Così è «il lavoro» a stare al centro di questo programma e 
di rilettura di Hegel e di interpretazione di Marx. Se Hegel legge, però, il 
lavoro ancora ‘in assoluto’, sarà Marx a collegarlo storicamente alla divi- 
sione del lavoro, ai conflitti sociali, alle prassi rivoluzionarie. 

Attraverso le Ricerche sulla logica hegeliana e altri saggi, del 1950 (poi 
ripubblicato come Logica hegeliana e filosofia contemporanea con altre ag- 
giunte), si arriva nel 1955 a La storia della filosofia come problema e altri 
saggi, e poi nel 1958 all’ importante Frammento etico-politico. 


6 Massolo, Logica hegeliana e filosofia contemporanea, cit., p. 188. 
£i 8 p P 


LO STORICISMO DELĽ ULTIMO MASSOLO 181 


Bene Sichirollo presentava l’orizzonte del lavoro teorico maturo di 
Massolo nella Premessa alla seconda edizione, nel 1967, di La storia del- 
la filosofia come problema: lì è «la filosofia e la storia da Hegel a Marx» ad 
essere protagonista, e contrassegna 


la stagione della coscienza filosofica nel suo momento più maturo ed 
ultimo: il passaggio dal rapporto dialettico al rapporto storico, dal- 
la filosofia come speculazione e identità alla filosofia come storia e 
differenza, alla filosofia che si fa storica, e sa la propria genesi dalla 
non-filosofia-ideologia.” 


Massolo stesso enunciava l’impianto complessivo di quella sua ricerca, 
che parlando di storia della filosofia, in realtà, parlava della «filosofia sto- 
rica», poiché quella «mette in crisi» questa, le impone di ripensarsi oltre 
la «sua pretesa di universalità» e le impone un circolo storico. 

Qui essa si fa contraddizione a se stessa: verità e tempo, insieme; verità nel 
tempo. Come lucidamente comprendeva Hegel, che risolve tale contraddizio- 
ne nella «determinazione dell’Idea nel suo concetto logico», ma per «diversi 
gradi», come scrive lui stesso. Ogni verità filosofica è verità di e per queltempo 
che la produce, ma - retrospettivamente — risulta sempre radicalmente sto- 
rica. Ma Hegel sottrae il suo sistema a questo principio e fa della sua filosofia 
il «sapere assoluto». E non solo: è l’autocoscienza che supera la storicità e si 
ripropone - come filosofia e filosofia della filosofia - come Assoluto. Allora 
gli apporti della sociologia correggono questo errore: riportano nel relativi- 
smo storico tutti i sistemi filosofici, anche quello hegeliano, mostrandone la 
«condizionatezza». Condizionatezza che è storicità, è dialogo col tempo, col 
proprio tempo, e con un mondo che non è tanto coscienza/autocoscienza 
quanto socialità, vita sociale dalla quale dipende e sulla quale agisce. Il filo- 
sofo stesso è sempre «uomo della città». Sì, nel suo pensiero «il concetto è il 
sistema», ma il suo «dialogo» con la città sta prima e dopo quel «concetto». 

La storia della filosofia delinea uno storicismo radicale, dialettico, aper- 
to, in cui il gioco tra saperi (filosofia in primis) e forme sociali si fa deter- 
minante e che non è mai disponibile a priori. La stessa storia del pensiero 
«non si costruisce da sé», anzi 


risulta dall’assoluta storicizzazione che di volta in volta la riflessione 
filosofica compie, facendosi in tal modo logica e pensabilità delle di- 
verse epoche, nelle quali di volta in volta debbono considerarsi con- 
cluse ed esaurite le possibilità esistenziali dell’uomo. 


Ritornando sul tema nel 1961 (La storia della filosofia e il suo significa- 
to) Massolo difende lo storicismo dal nihilismo, si oppone al suo obiettivo 


7 Id., La storia della filosofia come problema, Vallecchi, Firenze 1967, p. 15. 
8 Ivi, p. 37. 


182 PENSIERO E TEMPO 


di «catastrofe» del pensiero occidentale, e lo fa valorizzando il «rapporto 
vivente» che lega le filosofie al tempo storico-sociale e le rende sue fun- 
zioni esemplari e rivelative. Dalla Grecia a noi centrale resta il messaggio 
di un pensiero che si pensa «lungo il sentiero degli uomini». Già per He- 
gel «la filosofia sorge dalla polis», dalla libera cittadinanza e dall’incontro 
degli uomini, nello «spirito etico» e nel conflitto (tragico) che la polis vie- 
ne a istituire. La filosofia porta i segni di quelle origini, e li porta nel suo 
farsi «lo sforzo di sapere che cosa è lo spirito», di fissare quel complesso 
traguardo condensandolo nel concetto. In realtà, però, la filosofia è storia, 
è epoca, è tempo della polis. Dopo Hegel è Marx a illuminare la dialetti- 
ca delle forme, riportandole al lavoro concreto e lesgendole nella matrice 
dell’economico, posto come «leva» delle dinamiche sociali e fattore-chiave 
(ma non esclusivo: c'è anche l’ethos determinante per la filosofia e, quindi, 
per il «contesto» storico) della polis. Ed è il Marx di Per la critica dell’eco- 
nomia politica, con la sua dialettica tra astratto e concreto, ad essa posto 
come guida. Lì è, sì, il circolo qualità/quantità a rivelarsi decisivo, ma lo 
è anche — e ancor di più - la contraddizione, non una contraddizione che 
da logica si è fatta storica e sociale, e proprio perché la storia è fatta dalle 
società e dal brulichio delle loro forme. 

La filosofia è dialogo, e dialogo con la città e nella città. Tra logos e co- 
munità corre un rapporto simbiotico, se pure fatto di differenze e oppo- 
sizioni. Ed «è la comunità stessa che deve decidere come sola misura della 
verità. Ma la comunità non è una cosa, ma un insieme di individui, cia- 
scuno dei quali è a sua volta un possibile criterio e misura della verità», 
ma non sempre e necessariamente. Può anche assumere il dialogo come 
forma-di-vita e come forma del logos e farsi così soggetto-nella comunità, 
ad essa saldandosi e promuovendone, con gli altri, le stesse possibilità. Già 
Socrate aveva posto la sua filosofia in questa condizione, poi il pensiero 
moderno l’ha riscoperta. E oggi si impone come regola, ma regola d’azio- 
ne. Per noi quella «coscienza comune» non è un dato ma un compito: «Ciò 
che sinora era stato il grande presupposto, può oggi semmai essere posto 
e creduto come compito»?. 

Allora la filosofia è politica, è politicità concettualizzata e impegno eti- 
co-sociale, poiché tra politica e polis corre un nesso intimamente efficace, 
che si sviluppa in tensione tra pensiero e polis o in loro integrazione, rico- 
noscendo - però - il loro intimo legame dialettico, e storico. Il filosofo sa 
di stare-nella-storia e che «l’essere è ora la storia stessa», nella quale il filo- 
sofo introduce la «finalità universale», il compito e il traguardo da pensare 
e volere sempre nella «città-storia». E da valere in funzione dell’uomo di 
cui e per cui nasce la stessa filosofia. Se pure per un uomo che, anche oggi 
e sempre di più, sa di essere comunità. È poi nel Frammento etico-politico 
del ’58 che lo storicismo engagé di Massolo riesce a rispecchiarsi più com- 
piutamente. Lì la filosofia, condotta ormai oltre Hegel, se pure attraverso 


° Ivi, p. 221-224. 


LO STORICISMO DELĽ ULTIMO MASSOLO 183 


lo stesso Hegel, posta in luce nel proprio «spettro» profondo da Marx, può 
dispiegarsi come radicale storicismo. Di uno storicismo della polis e di una 
polis di cui si sottolinea come centrale la lotta di classe. È il materialismo 
storico che dispiega al massimo questo storicismo antispeculativo e non 
relativistico, uno storicismo degli uomini, per gli uomini e che antropo- 
logizza la storia attraverso il loro operari rivoluzionario. Solo che ciò im- 
plica una «coscienza di classe» che non è spontanea, bensì è e va costruita 
e si costruisce sulla «coscienza infelice» dell’uomo, dell’uomo storico e di 
quello contemporaneo in particolare. Il disegno di Massolo è compiuto: fi- 
losofia e storia si congiungono, storia e economia/ethos si fondono, la polis 
è il loro organismo vivente, in quella polis noi pensiamo e agiamo, oggi la 
filosofia si sa come politica e in vista di una polis-comunità fondata a sua 
volta sulla non-alienazione. Che è, però, concretamente, politicamente (con 
Marx) tutta da costruire. Il quadro è energico e compatto, sorretto da un 
suo «principio speranza» che è quello dell’emancipazione. 


3. Il vettore dell'emancipazione 


A riconferma del suo «marxismo emancipativo» va riletto con preci- 
sione proprio l’ultimo testo di Massolo: «Entiusserung» e «Entfremdung» 
nella Fenomenologia dello Spirito, apparso su «aut-aut» nel 1966. È un te- 
sto che si colloca allo sbocco di tutta una rilettura di Hegel. Una lettura sì 
epocale, ma che di quel pensiero coglie più integralmente la problematicità 
e la ricchezza, ma anche le interne tensioni e la articolazione teoretica più 
aperta (e più antropologica) rispetto allo Hegel «del Sistema» (che si po- 
ne nell’ottica, sempre e comunque, dell’Idea). L’epocalità va fatta risalire 
a Dilthey e al suo studio del 1904 e alle varie interpretazioni che esso ha, 
via via, prodotto, fino a Hyppolite, fino a Kojève, fino a Lukács, passan- 
do anche per De Negri e della Volpe, approdando a una fitta letteratura 
europea tipica degli anni Cinquanta. È il «primo Hegel» che va studiato 
per capirne sì le radici, ma soprattutto le potenzialità molte e complesse. 
Soprattutto, ancora, la sua vocazione antropologica: descrittiva e inter- 
pretativa della condizione umana (quasi-esistenzialistica) e della forma 
che assume nella coscienza, se riletta nella sua frontiera fenomenologica, 
cioè dell’apparire delle sue «forme» trascendentali. Allora saranno, anche 
per Massolo, le «prime ricerche» di Hegel a farsi interessanti, anzi deter- 
minanti. Ad essere più squisitamente filosofiche, perché più storiche, ri- 
spetto allo Hegel-del-sistema, che assegna il primato alla speculazione e 
alla sua assoluta aseità. Qui no, è l'epoca, il tempo stesso e l’uomo di quel 
tempo medesimo che parla, e parla in presa diretta. Colto nel suo trava- 
glio spirituale, posto da coscienza/storia/spirito/città (per dirla in termi- 
ni massoliani) e contrassegnato dalla contraddizione che si fa coscienza 
e coscienza vissuta dell’alienazione e della sua rimozione/superamento. 
Nel saggio del 1966 Massolo ancora si domanda: «Come bisogna leggere 
Hegel?». Fissa sì la dialettica di essere/nulla/divenire come centrale, ma 
legandola al concreto pensiero del filosofo che ben distingue, pur intrec- 


184 PENSIERO E TEMPO 


ciandole, Alienazione e Estraneazione. Entfremdung è condizione della 
vita storica, della stessa vita spirituale, è l’atto costitutivo della nostra stes- 
sa umanità. L'uomo è in quanto si oggettiva e crea a se stesso un mondo. 
Lì, però, si annida anche l’Entàusserung, che è esser-altro-da-sé, riduzio- 
ne del sé ad altro, essere dominati dai fattori storico-sociali. E questa è la 
condizione della coscienza storicamente determinata, epocalmente stori- 
ca, anche se di una storia che coinvolge tutto l’assetto delle civiltà. Scrive 
Massolo: «Entiusserung è assolutamente altro da Entfremdung, anzi ne è 
l'opposto», è la «differenza» storica che contrassegna l’uomo così come è 
divenuto nella storia stessa, che pur resta sorretta dalla legge dell’Estra- 
neazione. L'Alienazione è «contingenza storica» che può essere «supera- 
ta». La stessa «dialettica servo/padrone» si fa, qui, «fondante» e «in senso 
esistenziale e genetico», sottolinea. Da qui Massolo deduce due percorsi 
di indagine. Uno dentro Hegel, che mostri la funzione (sistematica) del- 
l’opera (la Fenomenologia dello Spirito) e il riconoscimento del suo ‘punto 
di crisi’, che la separa dal sistema. Nel gioco delle ‘figure’ dell’opera sarà 
quella dello Spirito estraneo a se stesso che va valorizzata, come decisiva e 
ricorrente nell’opera stessa. La «ripetizione della coscienza lacerata» si di- 
lata nel percorso storico e si attua sotto varie forme, fino al fatale 1789. La 
vita spirituale, per Hegel, resta duplicazione, conflitto, rischio di ‘disgre- 
gazione della coscienza stessa. Ma seguita, come un’ombra, dal bisogno, 
attesa, speranza, volontà della ricomposizione nell’«essenza calma delle 
cose». Negatività e assoluto stanno intrecciati, ma questo è anche l’attesa 
di quel travaglio del negativo. La stessa «intellezione» si fa «rappresenta- 
zione», della «vuota apparenza del mondo» ma anche del suo riscatto, ri- 
composizione, salvezza integrale del suo senso. 

Sotto un altro aspetto quel saggio di Massolo si nutre di (e apre a) una 
filosofa dell’emancipazione che vede l’alienazione come condizione sto- 
rica, storicamente rimuovibile, attraverso quel riscatto della polis, che 
riesca a farsi sempre di più città degli uomini e per gli uomini, come già 
ci ha indicato l’erede eretico di Hegel, Karl Marx, col suo materialismo 
storico. Il materialismo storico è oggi la vera filosofia dell’emancipazio- 
ne, che eredita il nocciolo duro della riflessione hegeliana, la storicizza e 
fa della storia il regno non della necessità bensì della libertà. Anzi, della 
liberazione. E lo stesso Massolo fissa questo traguardo proprio a conclu- 
sione di quel saggio: 


La coscienza che sorge dall’azione rivoluzionaria sarà una coscienza 
che non incontrerà più l'oggetto come un'entità estranea (ein Fremdes). 


Un mondo nuovo sorge come sua Entiusserung.!° 


Il saggio su Entfremdung e Entiusserung conclude là dove si apre lo 
spazio di quello storicismo attivo e emancipativo descritto proprio nel 


1 Ivi, p. 215. 


LO STORICISMO DELL'ULTIMO MASSOLO 185 


Frammento etico-politico, allargando meglio la vista sulla tensione antro- 
pologica di quello storicismo e la lettura raffinata (= non scolastica, non- 
riduttiva, non-oggettivistica) e aperta del materialismo storico, visto come 
prassi rivoluzionaria di e per un uomo-della-città, ma anche di e per una 
città-dell’-uomo. 


4. Storicismo d'epoca? 


Per molti aspetti possiamo dire che siamo davanti a uno storicismo 
d’epoca, con questo elaborato da Massolo. Uno storicismo neostoricista, 
postmetafisico, critico, antropologico, emancipativo. Anche uno storici- 
smo incardinato sul nesso Hegel-Marx, in cui è però Marx a illuminare 
i connotati attuali e critici di Hegel. E un Marx che non si fa ‘tribunale’ 
della filosofia, ma metodo per pensarla, nella sua attualità e nella sua sto- 
ria. Uno storicismo critico e antropologico, ma che proprio — ed è il suo 
punto di originalità e di onore - nella città (polis) trova l’asse portante 
della propria teorizzazione, sottolineando l’aspetto sociale e politico della 
storia stessa e quindi la lettura dialettica dei condizionamenti e supera- 
menti che ogni filosofia compie in relazione alla sua città. Per il presente/ 
futuro solo questo tipo di storicismo potrà dar corpo a filosofie critiche 
che sull’emancipazione vengono a trovare la propria legittimazione e il 
proprio compito. 

Tale aspetto complesso, sfumato, problematico ma anche attuale e pre- 
gnante, carico di futuro, dello storicismo di Massolo è stato più volte sot- 
tolineato dai suoi interpreti, da Sichirollo a Salvucci, già ricordati, agli altri 
che in anni anche più recenti hanno ripensato la speculazione massoliana 
nel suo imprinting e nella sua densità storica e teorica. Si pensi al volume 
del 1988 su Il Filosofo e la città e ai richiami ancora di Salvucci alla «forte 
attualità» di quel pensiero, proprio per il «vero e forte umanesimo» che 
lo caratterizza e che è il frutto di un incrocio tra dialogo/città/storia che 
Massolo ha teorizzato con vivacità e precisione. Per questo Massolo, anche 
nel presente postmoderno, in questa età di decentramento, pluralizzazio- 
ne, di a-teleologismo, può fungere da significativo orientatore. 

Anche Burgio, nella stessa raccolta di studi, parla di Massolo e il no- 
stro interesse per la storia, riflettendo proprio su quello storicismo mas- 
soliano della maturità e sul suo statuto teorico. La storia per Massolo non 
è «condizionatezza», è possibilità, ma secondo un senso «posto da noi» e 
costruito nel tempo nella e per la città. Il vettore che guida tale storicismo 
è quello di una comunità politica che si impegni a vivere valori e fini col- 
lettivi, e a realizzarli insieme. Cazzaniga in Individuo e mondo moderno 
sottolinea ancora l’attualità di Massolo storicista. 

Lo chiama il «filosofo della città» e lo vede come attento interprete e ere- 
de di un marxismo dell’emancipazione, da realizzare dialetticamente nella 
città. Anche Sichirollo e Losurdo si attestano sulle stesse tematiche, riman- 
dandoci un'immagine di Massolo sì ‘d’epoca’, ma ancora tutta attuale, per 
la vocazione politico-emancipativa e per l'identità antropologico-sociale 


186 PENSIERO E TEMPO 


della sua filosofia, che si delinea come uno storicismo molto avanzato, pri- 
vato di ogni residuo metafisico e che si lega in modo squisitamente dialet- 
tico a quel nesso storia/prassi che è un po” la ‘croce’ della filosofia moderna 
e contemporanea e l’osso di seppia su cui si sono esercitati, ma anche se- 
parati e contrapposti, i vari storicismi. Qui, in quello di Massolo, il nesso è 
«di problema» e «di equilibrio», è aperto e sottile, ma posto come il nucleo 
costante da cui emerge e per cui emerge lo stesso filosofare. Saldando così 
il pensiero (filosofico) alla città, che è il luogo e il simbolo di questo intrec- 
cio, ma anche lo spazio in cui l’uomo può e deve realizzare se stesso. 


Bibliografia 


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CAPITOLO 8 

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