oreità che attornia siffatti » termini vuoi più sapere ampiamente, prendi il primo p libro di Macrobio, dottissimo uomo, sopra il Sogno di » Scipione. » * . - Le sentenze dell' autore de' Saturnali alle quali al- lude Boezio, sono, a quanto pare, le seguenti: « Tutti i » corpi sono conchiusi da una superficie in che ha ter- » mine V ultima parte loro. Questi termini che attorniano » e limitano sempre i corpi, sonò incorporei e non li » considera che rintellettò.... Cotesta superficie in quanto » è termine de' corpi è terminata da linee..., le linee » finiscono in punti.... La superficie come forma subiet- D tivà del corpo, assume il' numero delle linee.... Essa » sebbene incorporea non si disgiùnge però dal corpo.... » Dalle linee si ascende al numero.... Adunque quanto » è, ed è pensato al di sopra della superficie , è già pù- 9 ramente incorporeo.... Ma la perfetta incorporalità sta » nel numerp. » * Dalla nostra versione mi pare che chiaramente re- sulti, come Boezio nel suo primo commento, né alla dottrina di Platone, né a quella di Aristotele sulla natura degli universali e sclusivamente si attenga; ma indichi piuttosto una via media per conciliarle ambedue, ed ap- plicare questo modo conciliativo alla Scolastica cristiana ' Boethii. Opera omnia. Voi. 1 Basile», apud Henricpetrom lS70ia Porph. a Victor, translat. Dial. I, pag. 9 e 10. * Macrobii. De Somnio Seipionis,^ Lib. f. Gap. V* y Google CAPITOLO SECONDO. 31 e latina. Egli non è niente peripatetico quando spinge la mente a ricercare 1' ultima ragione ideale del genere, ammesso che i generi V uno all' altro si possono mentala mente sovrapporre sino all' infinito. Se non va all' infi- nito dove non è più genere, ogni genere che l'altro sor* passi non è genere per sé, ma relativeimente alle specie sottostanti: così le specie tali non sono per sé, ma re- lativamente al genere, che loro sovrasta. Sidthè e l'uno e r altro non nella sostanza sono contenuti > ma nella fartecipasione che ha il superiore coli' inferiore, e que- sto su quello. E la partecipazione che non è genere , è però l' idea madre che limita sopra e sotto, a differenzia e reintegra matematicamente il genere e la specie. Mo- stra Boezio di compiacersi del suo trovato, e fa dire a Fabio: Subtiliter meherdef et quod nunquam fere antehac audivimus. Ed oggi tra i nostri filosofi la metessi gio- bertiana, non arieggia in qualche modo la participatio Ai Boezio? Nel secondo commento che procede , non colla ver- sione di Vittorino , ma di Boezio stesso j nel quale è sem- brato al Cousin d' incontrare una opinione del tutto con- traria a quella del primo sulla natura degli Universali, noi non solo la troveremo, riportando il testo alla prima similissima; ma con una serie più estesa di argomenti premessi, dove si adducono ambedue le estreme sen- tenze de' realisti e de' nomuiali, dimostrando il vizio in- b*inseco loro, tenuti come sditarj, ed insieme la neces- sità di risolvere il problema con un termine medio, che e nel suo vero intrìnseco e nella generalità delle sue ap- plicazioni avanzasse ogni altra risoluzione finora cono- sciuta, e fessevi messo Pittagora disposatore con tale gemma dell' Accademia col Peripato. Ritoma Boezio aHe sue due forme della incorporalità, e dice: a Due sono le » forme delle cose incorporee, che l'una fuori de' corpi Digitized by VjOOQIC 31 IL BOEZIO. » può dtare, e permanentemente continuare nella sua ,9 incorporalità separata dai corpi, come Dio, la mente, «l'anima. L'altra forma benché incorporea, tuttavia » senza i corpi non esiste, come la linea, la superficie, » il numero, e «altre qualità le quali sebbene diciamo » essere incorporee, come quelle che sono senza la tri- » plico dimensione, sono però ai corpi confitte per sif- » fatto moiao che non se ne possono divellere né allon- A tanare, imperocché separate dai corpi non a^^bbono 9 più esistenza. Questa é V ardua questione che Porfirio » si ricusa dallo sciogliere, e che io tenterò di appianare, » onde il lettore esca della sua ansietà, ed io e tempo » ed oper? impìisghi utilmente, sebbene non sia dell' uf- » ficip della presente Introduzione. » Esposti gli argomenti delle due parti contrarie, scende Boezio alla conclusione^ a I generi e le specie ed ogni »^ altra qualità, e si trovano nelle cose incorporee, e sì » trovano nelle corporee. Se sono nelle incorporee, il D genere che loro appartiene é intellettivo. Se nelle cor- »(poree li ravvisi la mente, ne astrae la natura incor- 0 porea , e sola e pura ne contempla in sé stessa la fòr- » ma. Dividendo dai corpi ciò che loro é permisto, cioè N i generi e le specie, e speculando attorno ad essi e 9 considerandoli, si imita il geometra che non dà in falso » quando dal corpo divide la linea e la superficie, ed » astratta che l'ha colla mente, la ritiene come incor- » porale, sebbene dal corpo disgiunta non possa esi- D stero. In queste astrazioni delle qnalità dell' oggetto » che opera la mente, vi può essere falsità di cqngiun- 9 zione se la ment^ in modo fantastico la qualità d' un » oggetto accoppia a quella d' un altro, come quella 9 dell'uomo e del cavallo, formandone un centauro; ma » finché il genere é semplice e proprio soltanto dell'og- » getto, è vero. Chiunque pertanto divida dalle cose in Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SECONDO. 33 » che sono/ astragga ed assuma le universali qualità, » nop' spio non erra; ma nel solo suo intelletto scorge » il vero delle proprietà,, e lo afferma. Le quali essendo » ne'jDorpi e nelle cose sensibili, la loro natura non si » intende che fuori di essi, cioè nèir intelligenza. Onde- » che pensando noi e i generi e le specie, allora di tutti » quei singolari in che esistono le somiglianze si fa una » unità, come da singoli uomini dissomiglianti si cava » un simile a sé stesso, che è l' umanità, che' pensata » neir anima, è vera e ben determinata specie delle ani- » malità: e considerata di seguitò la simiglianza 'delle » specie diverse, la quale non può esistere che nelle » stessè specie e ne' loro individui, sene forma il gè- » nere. I quali generi benché derivino da' singolari; sono » pensati come universali dalla mente; non altro es- » sendo le specie che una idea collettiva di individui j> dissimili'in numero riuniti in*spstanzialè somiglianza: » il genere idea collettiva di specie ^ra lóro somiglianti. » Ma ^questa somiglianza finché esiste nei singolari è » sensibile: quando si fa universale è intelligibile ^ è iper i> lo stesso modo mentre è sensibile tiensi ne' singolari, IO e quando è intellettiva entra negli universali. Esistono 9 adunque i generi circa i corpi, intendonsi però fuori i> dei corpi. Ciò lion toglie intanto che due proprietà d'uno » stesso oggetto non siano razionalmente divise, come * la linea curva e- la concava: alle quali sebbene com- » peta una diversa difinizioné, e diverso sia il modo » d' intenderle, .sempre tuttavia nel medesimo oggetto » si ritrovano, essendo e Puna e l'altra sempre la stessa » linea. Egualmente adunque nei generi e nelle specie, » nella singolarità e nella xmiversalìtà l' oggetto resta il > medesimo; ma altro è il modo con che l' universale è 9 pensato dalla mente^ altro quello eoa che il singolare » èisentito attorno'a quelli oggetti medesimi', dai quali Digitized byVjOOQ le 34 IL BOEZIO. D derivano ambedue. Per i quali considerameDti a me » pare che la questione sia risoluta. I generi e le specie » sussistono in un modo, e sono pensati in un altro; e » tanto sono pensati come incorporei ma congiunti ed 9 esistenti .coi corpi, come li volle Aristotele; quanto » i^omé sussistenti per sé medesimi e indipendenti dai • corpi) come li volle Platone. » * Imperocché tra gli uni egli altri Boezio trdvò saga- cemente il mezzo pittagorico conciliativo, della incorpo- ralità de' termini geometrici. Che se questa maniera di risoluzione del grande problema greco fosse stata bene intesa dalle scuole del medio evo, T idealismo de* realisti lion avrebbe inceppato le scienze naturali de' libri di Aristotele, né il materialismo de' nominalisti, radiando l'ideale, avrebbe tanto nociuto alle teologiche disci- pline; ma invece il pensiero latino sostenuto da tutti i suoi elementi e dalle provate ed evidenti connessioni loro , avrebbe proceduto compiutamente verso la scienza della natura, e quella del soprannaturale. CAPITOLO TERZO. Di altri Boezii più antichi, o suoi contemporanei. Fuvvi un Boezio storico, del quale fa menzióne Diogene Laerzio nella vita di*Zenone. Plutarco tra gl'in- terlocutori de' suoi Sinoposiaci. annovera un Boezio epi- cureo. Un terzo Boezio detto Cretensé e assai, dotto dei libri di Aristotele, fu console nei tempi di Galeno, ed ^ Boetbii. Op. dt. In Porphyriam a se transiatum. Comment. Ltb.I. p.tg. tfóeSe. - Digitized by VjOOQIC ' QAPITOLO TERZO. 35 è da questa celebrato nelle sue mediche opere. Ha in* tomo alla patria di questo terzo Boezio, o piuttosto Boeto, caddero in err(Mre sì Marziano Rota, che Pietro Berti, ed altri biografi del Boezio senatore, e anch'io con essi E qui sarà bene il riferire un brano di lettera inedita, che fra i documeqti stamperò p^r intiero, dei sommo Bor- ghesi, tre anni fa per morte manpato alla grandezza del sapere italiano, e per maggiore sventura in tempi più disposti a rovinare , che ad accrescere le patrie glorie. Onde nessuno ancora ha deposto sulla tomba di quel grande una degna ricordaTiza; fra tanta indecorosa aA- sietà delle moltitudini d^assordare il mondo cogli osanna agli eresriarchi, ai demagoghi, ai mestatori, ai pazzi, ai masnadieri. Pochi anniavanti passava anche il cadavere di Pietro Giordani in mezzo. a questa nuova Italia, non visto, o appena compianto. Fra i trambusti civili d' un altre imbastito italico regno moriva pure illacrimato, e seo^a r onore del sepolcro il Parini. Segno sempre fa- tale e di nuove cadute fu. air Italia il raffreddarsi, del culto de' suoi sapienti e delle virtù loro; imperocché ve- nerate si imitino, imitata si acquisti temperanza nelle volontà, e saggezza nella morale civile,, e accortezza neir accettare e saper condurre nuovi politici ordipa- menti. I quali come > giungono alla loro mèta obbedendo alla legge naturale delle gradazioììi, cosi ^precipitano a rovina irreparabile, se da matta superbia e da cieca im^ pazienza, fuor di misura e di tempo vi sieno spinti. Tor- nando al Borghesi, le sue parole su Etevio Boeto sono le seguenti. « Al qual proposito e unicamente per mo- » strade che ho letta con tutta attenzione quest^ ultima » parte della sua Opera, mi permetta di notarle una » piccola inavvertenza sfuggitale dalla penna nel dire » che Alessandria fu la patria del consoie Flavio Boeto, » mentre Galeno asserisce. De anc^om. adminh. L. 1 , e. i.. y Google 36 IL BOEZIO. • ch'egli fu nativo di Tolemaijie nella Siria Palestina. » E cosi dev' essere, perchè se fosse stato Alessandrino p non avrebbe potuto ottenere i Fasci; essendo notorio » che gli Egiziani furono esòlusi dal senato fìno a Ca- » racalla, il quale vi ammise pel primo Elio Coerano.» ^ Si cita inoltre dallo stesso nostro Boezio nel commento jBi Porfirio, un altro Boezio suo contemporaneo, ricordato ^iltresì come filosofo dà Ammonio e da Simplicio. Boezio Severino fiì laico, e fu gran partigiano della cristiana fede. Pertanto non va molto a sangue di certi storici moderni, i quali dopo ottenuto lo spregio della dottrina clericale; malecoinpòrtano la esistenza di co- te3to laico, divulgatore e traduttore eli tanta gteca sa- pienza, e innestatore di questa alla religione e alla .filo- sofia latina nel sesto secolo. Essi gridano tenebre , per poter poi presentare primo fanale di-luce, la scompi- gliata scienza degli Arabi. E cotesti storici adunque, che tengon cónto di tutti i più iiisulsi pretesti per seminare dubbiezze critiche non uelie jsole tradizioni, ma eziandio sulle più evidenti verità, valutano assai gli amonimi sum.mentovati, oiide mettere incertezza su molte tradu- zioni e libri che vanqo sotto il nóme^ di Boezio: e se non fosse chi ogni taato li smaséherassé, appena gli con- cederebbero il libro De Consolatime. Quando però si sono raccolti tutti siffatli'Bóezii,si vedeche i due primi Tuno stoico e ì? altro epicureo, e per la antichità e per la filosofìa da essi profesi^ata non ponno confonderai col Boezio cristiano dei tempf di re Teodorico. Il Flavio Boeto rammentato da Galeno 'tanto meno, può essere autore dei libri di Severino Boezio; perocché in questi si citano uomini che ebbero vita dopo quel Flavio e dopo Galeno ; ove sola non bastasse a differenziarli la sequenza de'nomi < Lettera scrìttami da S. MariDOi H 23 Marzo |855, da Barto- ^ lomméo Bocgbesi. y Google CAPITOLO TERZO. 37 del nostro Boezio, di Anicio Manlio Torquato Severino. Resterebbe ¥ unico Boezio citato come filosofo aristo- telico dal nostro medesimo, e da altri suoi contempo- ranei. Ma quando si fosse detto e provato che i noti libri appartengono a tale Boezio , e non al Severino, che avreb- bero ottenuto a prò loro i critici? Due cose restereb- bero a farsi: 1° dimostrare che le lettere di Teodorico e di Cassiodoro dove si parla delle traduzioni di Seve- rino Boezio sono apocrife : 2"* che tutte siffatte traduzioni e commenti e trattati proprii, che ne' codici più antichi e nelle più antiche edizioni sono intitolate dal nostro Boezio, sono lavori posteriori agli Arabi. Tutto questo non si è ancor tentato di fare , perocché i critici (eccetto alcuni ultimi tedeschi dei quali ci occuperemo più in- nanzi) riposavano quasi sicuri suir oblìo in che giace- vano le opere del senatore romano. Che se per avven- tura, non il mio'tenuissimo lavoro, ma altri ed altri conoponessero, libri sopra Boezio che la presente età sti- . masse degni di divulgare , vedrebbersl allora arruffarsi di rabbia gli Scettici, e mettersi su cotestà via o sopra altre, onde sperderne ad ogni costo le memorie, e i di- scoperti e spolverati monumenti annullare. CAPITOLO QUARTO. Delle altre Opere di Severino Boezio. Ciò premesso, è luogo ora di ricordare delle altre Opere di Boezio, delle quali faremo tre classi, cioè le fìsiche 0 naturali, le matematiche, e le filosofiche. PUCCINOTTI, à Digitized by VjOOQIC 38 IL BOEZIO. Seienge fisiche o naturalù Nel terzo commento della seconda edizione del libro d' Aristotele , che s'intitola De entmtiatiane o Breimrium ai libri De syllogismis cathegórtcis Boezio afferma « che » dei tre modi dei contingenti non ne dice più oltre, » avendone meglio trattato ne^ suoi libVt fisici e naturali. > In altro luogo trovasi pure detto , che tratterà di scienze fisiche a ut si quid ex Logicete arlis subtilitatey velex Moralis gravitate peritiae et ex NaturaHs acutnfne ve- ritatis ab AriSÌotele perspicuum est, id cmne ardinatum ttafisferamj atque id quodam lumine Commentariorwn illustrem, » * Quanto poi egli si trovasse piena e sod- disfattto di tali studj , allorché èra libero di poterli col- tivare, lo dice, imprecando al carcere che glieli impediva, nel poemetto De eonsolatione. ' Hic quondam coèlo liber aperto Suetus in aetherios ire meatus Cernebat rosei lumina Solis; Yisebat gelidae sydera Lunae Et quecumque vagos stella recur^us Ezeroet, varios flexa per orbes Gomprensa^ numeris victor habebat. Quin etiam Qausas unde sonora Flumina solicitent sequora ponti ; Quis solvat.stabìlem spirtas orbém^ Vel cor Hesperias sidus in undas Casurum rutilo surgat ab ortu : Quis Yeris placìdas temperet horas Ut terras roseis florìbus ornet: * V. in Berti Prefat. p. 46. * DeCoMol Metrum.ll. y Google CAPITOLO QUARTO. 39 Quis dedìt ut pieno fertilis anno Autumnus gratklis ìnftuat uvis Rimari solitus, atque latentis . Naturjb varias redderb causas: Nunc jacet effceto lamine mentis Et pressus gravibus colla catenis Declìvemque gerens pondere vultom Cogitar, hea ! stolidam cernere terram. Né gli scrittori della vita di^oezio^nè gli storici della medicina, né quelli che in passatOyStudiarooo e scris*- sero sopra fppocrate, ebbero mai conosciuto la versione degli Aforismi fatta da Boezio, ed ancora esistente nel secolo XIII. Credo che V unico autore e codicei nel quale se ne fa menzione siano le Opere di Taddeo fiorentino: opere che' noi i primi, possiamo dirlo senza albagia, abbiamo diligentemente esaminate: e siamo stati rimerì* tati della nostra fatica, avendo riconosciuto in Taddeo un personaggio storico d' assai granale importanza nella sto- ria di nostra arte. Ora Taddeo ne' suoi Commenti agli Aforismi d^ Ippocrate pone sempre a confrontò le tre tra- duzioni eh' egli aveva dinanzi , cioè quella di Boezio , r altra di Costantino Salernitano, e, V altra di Burgun> dioue da Pisa: e quando volea vedere se quella di Costan- tino, che teneva per testo, era da accettarsi, la con- frontava con r altra che sapea fatta fedjelmente sul greco da Boezio, e trovandola concorde, tale concordanza chiu- deva ogni questione interpetrativa.^ Seiemse rmUemq^che. I due libri dell- aritmetica, De AffUmeiica. Lib. //, che tra le Opere di Bo6;^o si comprendono, sono im^ * V. la nosu« Storia. Voi. % L. tlI^C XV, p. 312. Digitized by VuOOQlC 40 IL BOEZIO. libera traduzione latina del greco trattato di Nicomaco, superiore in pregio air altra che già esisteva fatta da Apuleio Madaurense , e per le aggiunte di Boezio, e per V unitovi libro di Varrone, De memuris. Seguono i libri di geometria, De Geometria Lib, IH, latina traduzione dei libri di Euclide, la prima ai PLomani offerta nella loro lingua. Uno di tali libri di geometria fu composto , non tradotto,, da Boezio. Ambedue le opere, aritmetica e geo- metria, dédicolle al patrizio Simmaco suo suocero; e dice in un breve proemio che la versione d' Euclide la intra- prese per suo consiglio, te adhortante exponenda et lu- cidiore aditu expolienda suscepi. Nessuno più bello elogio né più autentica testimonianza del valore di Boezio, e dei lavori studiosamente volti alla istruzione dei Latini nelle matematiche, di quello della Epistola 45 di Cas- siodoro a lui diretta in nome di Teodorico re. * Transla- tiontbia enim tuis Pithagoras musicus , Ptolomeus ctstro- nomus leguntur Italis: Nicomachus aritmeticuSj geome- tricus Euclides audiutitur Ausoniis,,.. Mecanicum etiam ArchimedemlatialemSiculis reddidistu... Tuartemprae- dictam ex disciplina nobilibus natam ^per quadriafariat Mathesis januas introisti. La musica come scienza faceva parte in antico delle matematiche; perocché regolata da f)roporzioni aritme- tiche e geometriche. Quando Boezio prese a scrivere i «uoi cinque libri. De Musica L. V, i greci Pittagora, Filolao, Aristoxene, Eubulide e Hippaso ne avevano già elevata la scienza fino a introdurre in essa le mede- sime questioni che nelle arti belle non solo , ma e nelle scienze speculative si agitavano dai filosofi. La defini- zione dell' armonia e la natura del suono ne erano il soggetto. ^ Soli ì sensi uditivi e la meccanica decidono * Cassiodor. EpistoL I. * V. il quinto libro De Musica di Boezio. y Google capìtolo quarto. ' 41 delle consonanze, dicevano i se^aaci di Àristoxene: i Pittagorici al contrario ne attribuivano pressoché tutto il giudizio aHa ragione. Ptolomeo tra le due opinioni te- neva il mezzo, asserendo che al giudizio provvisorio deir udito sottentrava come definitivo, è correttivo degli errori del senso e della meccanica, quello della ragione. E questa è pure la sentenza seguita da Boezio, Pari- ménti sulla natura del suono i Pittagorici lo derivavano molto più dalla quantit^i che dalla qualità, come pensava Àristoxene; e Boezio sta coi primi, avvegnaché non neghi che alle modulazioni conferisce ancora la qualità. Ripen- sando al poco 0 nessun conto tra le scienze che oggi si fa della musica, e quanto all' opposto se ne davano pen- siero gli antichi Greci ed Italiani da Boezio fino all' Are- tino, sì conosce come tale eminente proprietà del carat- tere italiano , di che le cattoliche ispirazioni e le pub- bliche feste si allietavano, è andata via via perdendo la sua naXura nazionale coir imbastardirsi della nazione stessa: fino a ridursi ad essere rappresentata da qual- che supremo maestro ogni tanti anni, e anno per anno da qualche cantatricè o cantore, che dopo essere stato pagato e venduto dagli impresarìi a questo a a quel tea- tro, scappa a Londra, o in America: a far denari per querteriipo in che colla voce, oltre la quale nulla gli resta, stentata e logora terminerà pure, ogni sua cele- brità e fortuna. 11 pubblico non la rispetta più come scienza, da che i filosofi e gli scienziati T hanno abban- donata; né si disgusta se in Chiesa sente la musica della Traviata, sé in teatro lo Stabat SÌater del Rossini, sé in una marcia militare sente la casta Diva del Bellini: avendone smarrita la scienza, rimane indifferente come allo scandalo j così alla dissennatezza delle sue applica- zioni. Nella epistola di Gassiodoro si parla pure della ver- Digitized by VjOOQIC 42 IL BOEZIO. 6ione latina della Meccanica di Archimede lasciala da Boezio. Non vi ha dunque alcun dubbio die 1 Latini nel y e VI secolo avevano voltato nella loro lingua co- testo classico trattato. Ma oltre alfe versione v' ha pure la ricordania di costruzioni meccaniche maravigliose fetta in quei tempi, e di due orologi uno ad acqiia e l'al- tro Solare, costruiti da Boezio stesso e mandati in dono da Teodorico a Gundìbaldo suo suocero, re de' Borgo- gnoni.* Se tali meccaniche invenzioni, di che Roma van- < (Mechanica ars) facit aquaà ex Imo surgentes, praedpìles ca- dere; ignem ponderibns carrere, organa extraneis vocìbus insooare «tperegrinis fliatibns calamoa complet, nt musica possint arie catt- ure. Videmus per eam defeosiones jam aatauiiuin ciyitataiiii subito tali firmitateconsurgere ut machinafneutornin auxiliis superìor red- daturi qui desperatus vlribus inveaitujr. Madentes fabricae in aqua marina siccantur; duracum fuerint ingeniosa dispositione soWun- tor: metalla mugiunt: Dtoraedis in aere grnés buccinant: aenetts anguis insibiiat: aves simulate friiinniunt; et quse propriam vocem ncsciunt, ab aere dalcedìnem probanlur emittere cantiienae. Parva de illa referimus, cul.coelum imilari fas est. Haeic enim fecit secun- dum Solem in Archimedis sphera decurrere : haec alterum Zodiacum drculum fiumano Consilio fabricavit rhaec Lnnam defectu suo repa- rabilem artis illuminatione monstravit: parvaunque machinam gravi- dam mundo, ccelum gestabìle, compendium rerum ^ speculum d^« turae , ad speciem aeteris inconìprcn sibili mobilitate Tolutavit. Sic astra quorum licet cursum sciamus , fallentibus tamen oculis, pro- dire non cernémns. Stans quidam in illis transilus est; et quae ve- lociter currere vera ralione cogi)osci8, se movere non respicis. Quale est boc bomini etkm lacere, quid vei intellexisse potest esse Biira- bile ? Quare cum resonet talium rerum praedicauda notttia , Horolò- gia nobis publicis expedsis, «ine vestro dispendio, destinale. Pri- mum sìt, ubi Stylus diei index per umbram extguumliorascónsuevit estendere. Rudius itaque immobilis et parvus , peragens quod tam miranda' magnitudo solù discurrit, et fugam soUs aequiparat , quod noctem semper ignorat Inviderept talibns si astra sentirenl et met- tum suum fonasse deflecterent, ne tali ludibrio subiacerent. Ubi est illud horarnm de lumine venientium , singulare , mlraculum , si bas et umbra demonstrat? Ubi pnedicabilis indefecta rotatib , s! boc et y Google CAPITOLO QUikRTO. 43 taviasi in qa^la età, 8Ì confrontino con quelle che andava immaginando come possibili otto secoli dopo Ruggero Bacone, e colla descrizione lasciatane che inolti storici rammentano a sua lode, si ha un bel testimonio della continuazione delle scienze sperimentali nel medio evo, e del benefico impulso dato loro dalle matematiche, dà Boezio nutrite a sostegno delle filosofiche discipline. Del qual consiglio preso in Atene, e trasferito nella latina istruzione, il Cassiodoro nella stessa epistola lo loda e lo ringrazia con parole, sul di cui significato la scuola scettica di certi storici ^odierni vuol pure arzigogolare onde rendere incerto il viaggio di Boezio in Grecia el'aph prendere eh' égli vi fece la; ellenica filosofia. Il passo dice: Sic enim Àtheniensium scholm bmgepositus intrici- stì. Mandato di qua Jcmtano tu frequentasti le scuole degli Alenfesi pi^ modo che i dogmi dei Greci H 'hai fatti di ventare dottrine romane: ut Grcecorum dogmata doctru- nam feeeris esse romanam. Questo è ciò che vuol testi* ficare Cassiodoro. Ma gli scettici la imbrogliano in strano modo, e parafrasando dicono: ce Benché postò lontano da melallà peragent quae sita perpetuo oontinentur ? 0 artis iuflestima* bltis viMas V qu$ dunit se dicit ludere, aatufaepraevalet secreta yu!« gare; SectuMlttin sit^ ubi praetèc solis radios, bora digDosdlur do* ctes in partes dividens^quod ut Dihil decerei astris rattònem cceli ad aquaram potius floenta convertii: quorum motibus osiendil quod coelo TolvHur t et audaci praesunìptione concepla ars elementis confert, quod orìginis eonditio denega vit, itni verse discipUnae cunclns pru* deatlomlabor naturae potenliam ut tantum possint nosse perqliirit. Mecbaoisma solum est quod ilUm ex contrariis appelJt imitari : et si fas est dicere in quibnsdam edam nitilur velie superare. Hoc enim fecisse dignosciiùr DedàJum volare. Hoc ferreu'm Cupìdinem ih Diaiiai tempia sinè àliqua alligalione pendere. Hoc liodie fadt muta cantare, insensata vivere, immobilia movert. JMecbanfcus , -sl fos est dicere, poenesocins est nalurae; occulta reserans; manifesta converlens, iniracuUs ludens; ila pulchre«imulans, ut quod coropositumoon am- bigiiilr, veriias aestimètur. (Cassiodori, Epist. 45. ) Digitized by VjOOQIC 44 ' IL B6EZ10. , .Aleno, cioè senza muoverti da Roma, tu hai introdotto le ateniesi scuole tra fioi, edjiai convertita là scienza greca nella romana. » Dunque pef. il signor Louis Judicis De Mirandpl, e pe^ il nostro Boncoxof^gtìi, longe posittis equivale a RaméB posiUis, e V introisU del Cassiodoro si può convertire minirodu!x:isti. Oppure bisognerebbe sup- porre che in Roma fossero state scuole Ateniesi, ovvero che in quei tempi io Rbma «e non più in Atene fosse quel disciplinarum fons^ al quale nella stéssa epìstola Cassiodoro dice c^e Boezio aveva attinto il suo sapere. Ed in tal caso j^rchè Boezio t^nto si sarebbe àfiaticato a versare in Roma lagt^eèa'sapienza? Quanto però all'i/i- trgisH, Cas^o4oro Tùsa in senso ài entrare; e nella stessa fistola ripete: per quadrifarias Mathesk jannas introi- sti. Il longepositus è tutt'altro che lontano da Atene. In- tende anzi significare ma7>Gfa/0 lontam di^.Roma in Alene. Cte ili questo senso usassero i Latini i\po$itus,&e n' ha alitro^ esempio nel IX secola. in Anastasio bibliotecario. Quando parla di papa Giovanni primo, e dei senatori mandati da Teodprico in Costantinopoli , dice che questi furono mandati, e Simmaco e Boezio trattenuti: Eodem tempore <mm hi positi ^ssent Cosiantinopolìy Tkeadoricus tenuit Simmacum etBoethium.^ I hcopositi de' tempi lon- gobardici eran persone mandate' di tener le veci d' altri uffiziali. ir volgarizzatore trecentista della\ Consolazione di Boezio, maestro Alberto fiorentino, nel proemio al suo volgarizÈrfménto, traduce lo stesso brano del Cas- siodoro con queste parole a Te- di molta tlottrina abbon- dante sì essere abbiam conosciuto, come se l'arti ^ che volgarmente gì' ignoranti esercitano, nella fontana me- deskna deUe discipline abbi bevuto. Così dr lungo stando, nelle scuoledegli Ateniesj^hai studiato; e sì a! cori de'pal- ■ ( ' Anastas. Bibliot» io Histor. Pontif. Joann. 1. Digitized by VjOOQIC CAPITOLO QUARTO. 45 liati la toga mescolasti, che la dottrina de' Greci hai fatta romana.»^ È altresì indubitato, per ciò che narra il Gassiodoro nella sua Epistola, che esistevano presso Boe- zio macchinette astronomiche, imitanti la meccanica ce- leste {ccelum gestabile): per le quali, come oggi si fa colla ordinaria sfera, imprendevasi la astronomia, se- condo la scienza, benché scarsa, che se tie trova neiropere di Ptolomeo, latinizzate ancor queste da Boezio ad uso delle romane scuole. Opere filosofiche. Oltre ai Commenti alla Isagoge di Porfirio, dei quali si è già discorso innanzi, i libri di Aristotele da lui co- nosciuti e tradotti e commentati sono i seguenti : In Categorias, seu in Praedicamenta Aristotelis Com- mentariorum Libri IV. Narra qui Boezio dapprincipio come Archita pittagorico composti avesse due libri col titolo di Logica universalis, nel primo dei quali dispose e trattò delle dieci Categorie. Onde fu detto non esseme d' Aristotele la invenzione. lamblico fu il primo a porre innanzi tai critiche e notizie. Ma Temistio rivendicò ad Aristotele il primato, osservando che l'Archita sopra- detto non poteva essere il pittagorico, ma più facilmente un peripatetico posteriore ad Aristotele : al che accon- sente anche Boezio. Il quale a questo libro fa la tradu- zione col commento insieme, e dice esserne lo intendi- mento di disputare dei primi nomi e delle voci date dagli uomini alle còse e del significato di tali voci; non in quanto a veruna loro proprietà o figura, ma solamente in quanto significano le cose e i primi generi di queste. Imperocché lasciate nella loro infinita moltitudine, non * Boato voìgari%%ato da M, Alberto fiorentino. Codice Strozr ztano pubblicato dal Manni. Firenze 1735, p. 5. Digitized.by VjOOQIC 46 IL BOEZIO. avrebbero costituita la scienza; raggruppate in dieci ca- tegorie la ragione le può comprendere, e architettare per tal modo la scienza. Come però questa scienza per esse si compia, sembra che quale altissimp argomento Boezio lo volesse trattare in un secondo più grave Com- mentario, come fece per la Isagoge di Porfirio; imperoc- ché dichiara che avanti di sd^^re^ quid prcedicamentortmi velit intentio, ha giudicato meglio farne precedere l'espo- sizione più semplice e quasi grammaticale. IlUc api scientiam pithagoricam perfeciamque doctrinam, hic ad simplices introducendorum motus expositionis sit aeca- modcUa sustantia. Del secondo lavoro però propostosi da Boezio, non ne è rimasta tràccia tra le opere oggi note di lui. Frattanto parlando della utilità del libro de' pre- dicamenti considera Boezio essere indispensabile il pre- metterlo alla Logica. Da che questa costituita di sillo- gismi, i sillogismi di proposizioni, le proposizioni di discorsi e voci; prima è mestieri conoscere il significato delle voci che a formare la scienza si adoperano. Né la- scia qui di rammentare un' altra volta e la Fisica e la FilosofiV morale di Aristotele, e dice essere il libro delle Categorie utilissimo anche a tali disoipline. ^ Nel Libro secóndo s' incontra quella romàna è tutta nobile dichiarazione dello scrittore, di non volere lasciare gli studii, avvegnaché fossergli giunte le molte e gravi cure del Consolato. Né io, egli dice, meno benemerito sarò a' miei concittadini , sé alle virtù lóro antiche, con che da tutte le altre città del mondo seppero trasportare la potenza e l' imperi^- in quest'una nostrii Repubblica, io vi recherò a benéficio^dei costumi loro, la istruzione e la^apiénza delie greche scuole. Quare ne hoc quidem ^ Haec quoque nòbis de decem PraedicamenUs inspectìo etinpAt- 4le« AHstòtells doctrioa et i& moralis philo«opliì^ acquisitìoiìe pei^ trtUisest. . y Google CAPITOLO QUARTO. 47 ipsum JComuKs pacai officio, cum Romani semper fuerit moris, ftiod ubicumque gentium pukhrum esset atqt$e tatidabile, id magis oc magis imitatione honestare. Tutto il primo libro essendo intorno alla sostanza ^ discorde nel secondo dell'altra Galloria: la gmniUà^ e dei relativi di essa quantità. II libro III discorre della qualità, ed a schiarimento di tale Categoria^ aggiunge Aristotele le definizioni del- l' arnione e patiiqne, del luogo e della posizione^ del dove e del quando e dell'attere. In questo libro Boezio dta altre volte i libri della Fisica di Aristotele da lui cono- sciuti, e f libri Ethichorum: e si rinnova la citazione dei libri di Metafisica, ed altra notabilissima dei libri De generatiom et cotruptione. * E v'ha inoltre la impor- tante testimonianza eh' egli scrivesse questi commentari! sui Predicamenti nel tempo che Anastasio era impera- tore d' Oriente. Nune esse {didmus} Imperatorem Orientis qui nwic Anastasius appeUatur, ' Ed essendo noto che cotesto Anastasio innanzi di salire sul trono era cat- tolico fervoroso, e che dopo pochi anni del suo im- pero divenne altrettanto fanatico eretico: ed essendo del pari nota la costante fede nella chiesa latina che tenne * Aristoiiles enim Tirtutesnon pntatScientìas, ut Socrates, sed babllus in Éthicis suis esse declarat. Et de faeere qnideiii et pati nlhii in boc libro nisi quod contraria snsdpiant et inl^sionem iraminutioiieaiqae ab Aristotele est dis- putatum , in aliìs vero eiasOperìbns piene ab eo perfecteqne tractata snnt , Qt hoc ipsnm de faeere et pati in bis librìs qoos De gerera- TiONB ETCORRUPTiONEinscrìpsit, da aliis quoquc Predicaiiientis non ini minor in aliis Operìbns dispntatio fbit , nt de eo quod est uhi et quando in Phisicis ; et de omnibns quidem altins subtilinsqne ili libris qnos Meiaphiiicorùm Tocarit exquirìtnr. Actos enim et passio sUnnl in Phisids esse monstrata snnt. P. 174. — 190. Lib. III. De prmdieamenii». » Pag. 191. y Google 48 IL BOEZIO. Boezio, se ne può inferire che poco appresso all' assunto impero, e prima delia brutta apostasia di Anastasio egli scrivesse i suoi commenti sulle Categorie; imperocché Anastasio è citato quasi con lode, quando si osservi che 1 suo nome è da Boezio posto accanto a quello di Scipione Africano. Nel libro IV subito si legge che Andronico dubi- tava non fosse questo libro una continuazione delle Ca- tegorie, stimandolo piuttosto una appendice di ignoto commentatore ; perocché nei libri Tapicorum Aristotele avrebbe ripetute quasi le cose medesime. Ma Porfirio seguitato da Boezio sosteneva che a tutta ragione Ari- stotele lo aveva annesso alle Categorie , come utUe e necessaria dichiarazione: e ciò è evidente anche per i titoli delle materie che vi si trattano. I quali sono de oppositis^ de modis prioriSj de modis simula de speciebus tnotm^ nel quale s'incontra altra citazione nel com- mento di Boezio della Fisica d'Aristotele.^ De modis habere è il titolo ultimo che chiude i libri de' Predica- menti. Interviene in questo IV Libro la famosa questione , oggi con molto strepito tra certi filosofì riprodottasi, de- gli opposti e dei contrarii. Gli opposti ponno incontrarsi nella medesima cosa, come il grande e il piccolo, lo sciolo e il sapiente: ma i contrarii sono sempre in due cose, come il bene il male, il vizio la virtù. Boezio dopo avere a dilungo e da ogni canto frugata l' ardua disqui- sizione, da disgradarne per la sottigliezza dell'ingegno ogni punta di odierno cervello germanico, si raccoglie e dice, che l' intera questione de' contrarii può riassumersi di tal guisa: le cose sono contrarie fra loro se l'una è di necessità che dall'altra differisca, e che non cambi * In PhUieis Arisloteies molus species alia ratione parlitus est. Llb. IV,p. 2il. y Google CAPITOLO QUARTO. 40 la sua natura; come salute e malattia nell'uomo, pari ed impari nel numero : ed in tal caso non v' ha tra i due contrari mezzo termine alcuno. Quando però de' due contrari l' uno non è immutabile affatto né interamente nel suo contrarto; cotesto comprende allora la qualità del mezzo termine, come il roseo tra il bianco e il nero, il tiepido tra il caldo e il freddo. Di tali cose ora molti sono, ora uno solo è il mezzo termine, e tutti ponno avere i loro nomi. In altre cose nelle quali v' ha un sol mezzo termine come tra il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, potendovi essere il bene con un po' di male, il giusto con un po' d' ingiusto ; qui Boezio ripete con Aristotele, che non v' ha nome che esprima quest'unico mezzo termine. Avvegnaché la voce indifferente non si usasse dai Greci mai in questo significato; eccetto gli Stoici che dicevano indifferenti la bellezza e la ricchezza, cioè né beni né mali essere. Eppero secondo la mente d' Aristotele, l' unico mezzo termine tra il bene e il male, il probo e l'improbo, il giusto e l'ingiusto si esprime colla negazione di né bene né male, ossia un cotat mezzo tra il probo e l' improbo, il giusto e l' ingiusto. Intesi di tal modo i Contrari, la descrizione che, ne fa Boezio è la seguente: Contrari&rum alia sunt habentia medieta- temj alia vero non haientia; et eorum quorum est aliquid medium^ in aliis plures medietales, in aliis vero una tantum medietas invenitur. Alque horum aliquce medie- taies propriis nomiriibia appellantur^ in aliquihtis vero ipsw quidem medietates propriis appellationibus carente contrarioriNn vero negationé signantur. *- Seguono le traduzioni e i cementi al libro d' Aristo- tele De interpretatùme^ detto anche della Ermeneutica , iripì tpfjLtvdag. Qui Boezio segue pure il suo costume di < De Praedicamenlis. Ck)min. L. IV» p. 194. PCCCINOTTI. y Google 50 IL BOEZIO.
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