Grice e Ferraris: la ragione conversazionale e filosofia
italiana – Luigi Speranza (Galatone).
Filosofo italiano.
Grice: “I like Ferraris – he analyses all the implicata of The Lord’s Prayer –
pretty complicated – my favourite is his excursus on the implicatum of ‘thy
will be done’” Figlio Pietro De Ferraris e Giovanna d'Alessandro. Studia a Nardò. Passa quindi a Napoli. Molte sono le
conoscenze che fa all'Accademia. Entra in contatto con Gareth detto il
Chariteo, Attaldi, Pontano, Gaza, Caracciolo, Pardo, Lecce, Sannazaro. Si
laurea a Ferrara, dove soggiorna. Si trasferì poi a Venezia per poi ritornare a
Napoli ed entrare nel giro della reggia partenopea, nella corte di Ferdinando
I. Si adatta a Gallipoli, dove si sposa Maria Lubelli dei baroni di
Sanarica. La serenità della sua vita fu turbata dall'invasione di Otranto da parte
dei Turchi. Cerca rifugio a Lecce annotando gli eventi drammatici che in
seguito sarebbero stati il canovaccio per un'opera composta in latino. Si
sposta ripetutamente fra Napoli, apprezzato dottore al servizio della corte
aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di residenza. Inizia anche a
scrivere, inizialmente in forma epistolare. Manda i ringraziamenti a Barbaro
per la dedica ricevuta; è seguente la redazione di Altilio Galateus εὐ πράττειν
e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum de distinctione humani generis et
nobilitate; e una seconda epistola a Barbaro e il saggio Ad Pancratium de
dignitate disciplinarum. Dopo la morte di Ferdinando e Alfonso II,
abbandona Napoli non prima di avere composto Galateus medicus in Alphonsum
regem epitaphium. Torna a Lecce dove forma assieme L’Accademia dei lupiensi. Scrisse
Ad Chrysostomum De villae incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi
che era andata distrutta dal fuoco. E a Napoli, convocato dal re Federico
d’Aragona che lo volle con sé, ma l'inasprimento del conflitto con Francia lo
spinse a ritornare nella provincia salentina. Godette dell'ospitalità di
Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo di comporre in latino lavori di
filosofia, filosofici. Una delle pochissime trasferte dal Salento fu quella che
effettuò a Roma presso Giulio II, a cui offrì una copia dell'atto di Donazione
di Costantino, che era conservata nella biblioteca di Casole. Fu uno studioso
che, come gli intellettuali suoi contemporanei, riuscì a coniugare una vasta
erudizione umanistica con nozioni scientifiche. Le sue conoscenze erano di
ampio respire. Il suo bagaglio filosofico include la cultura classica di Aristotele,
Platone ed Euclide. Considera che la filosofia classica era stata traviata dai
filosofi come Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò
solo Boezio e la sua Consolatio philosophiae. Prediligeva la civiltà classica e
autori come Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca,
Svetonio, Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di
Dante, Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. Si interessa anche delle
opere di Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò Ippocrate
e Galeno.Non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e
descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando
con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue
opere. Ma non sfuggì a Ferraris il quadro generale della società dei suoi tempi
e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa
soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle cattive
consuetudini. Il suo De Situ Japygiae e un autorevole trattato
storico-geografico sul Salento. Mentre era a Bari ha notizia della
"Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna
tredecim equitum. Altre opere: Oltre a saggi e trattatelli, compose le
seguenti epistole: Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi, Ad Accium
Sincerum de villa Laurentii Vallae, Ad Franciscum Caracciolum de beneficio
indignis collato, Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopus, Antonio Ptolomaeo
Lupiensi episcopo, De Heremita, De podagral, Ad Chrysostomum, suo salutem de
nobilitate, Ad Chrysostomum de morte fratris, Ad illustrem comitem Potentiae,
Ad comitem potentiarum, Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis
militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi
Apuliae, Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae,
ad Chrysostomum de pugna tredecim
equitum, Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani, Ad Prosperum Columnam, ad
Chrysostomum de Prospero Columna, phiilosophi praestantissimi de situ
elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium, Esposizione del Pater noster De
educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam, ad Antonium de Caris Neritinum
episcopum, regem Ferdinandum, Beatissimo
Iulio II pontifici maximo; philosophi epraestantissimi De situ Japigiae
ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati, Ad Nicolaum
Leonicenum medicum, Petro Summontio De suo scribendi genere, Summontio suo
bonam valetudinem Callipolis description, Pyrrum Castriotam, Illustri viro
Belisario Aquevivo, (Vituperatio litterarum), Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas,
Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. La Iapigia. Itinerari e luoghi
dell'antico Salento (Lecce, Messapica Editrice), “Gallipoli” (Lecce, Messapica
Editrice). Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il
poeta nel marzo con l’apposizione in Piazza Crocefisso di una lapide dedicata
alla sua memoria. Dizionario biografico degli italiani, Treccani Enciclopedie, Galatone,
in Treccani Enciclopedie. PULITEZZA SPECIALE, •tifi' m CONVERSAZIONI, ' r Or^ne
delle eatwersm Umi e specie. M AUorohè, dopo il IX -secdb, ff mase sciolto
quasi ogni vincolo governativo in Europa, ciascun uomo, secondo le sue
forz6% procurò di
rapire o distrug* gerot
£Dibbmar fortezze per
difendersi o adonar prmi
per assalire. Tra gli oggetti
rapiti prìpieggiavano le
donne ragguardevoli per
bellèzzà. I cavalieri
o sia gli
uomini a cavallOy
che più de*
fanti erano anticamente
pregiati alla guèrra,
spinti da avidità
e da amore,
da vanità e
da gloria» ^i
assunsero il carico
di difendere il
bel sesso » come vedremo nèlF articolo seguente.Quindi 8i
uoiiODD in croecbi talora ne' ciiBSteUi de'feudatari, talora nelle corti de'
principi i cavalieri per fare pompa delle
loro lAiprese, le doniM/ per
onorare i loro
difensori e trarne vanto,
i poeti pec
cantare il valore
degli uni e
la bellezza delle
altrer Le donne, i
cavalier, ràrme, gli
aniiori. , Ile cortesie,
le audaci imprese
io canto. Siccome le
dame e le
principesse l'oggetto sono della
poesia, così ne furono
le sovrane in
' M giudizio
e prò tribunali.
Imperocché tenevano »
nelle lor Corti
e castella corte
W amore o par
lamentoi oyè trattai^nsi
i problemi^ le
cause, le »
liti amorose e
cavalleresche; concorrendovi gen-
iiluomini e dame
dappresso e da
lungi, e sopratutto
poeti e cantori, quasi avvocati e giurisprudenti primarii a quel foro.
Che se
contenti non erano
{ litiganti. (kyUa sentenza
de'{>ai:lamenti allora sorgevano
le Tenzoni o
sfide poetiche, eolle
j> quali r
un contra T
altro scrivevano i
trobadori a difesa
dìJoi^ eauÉT'e di
lor belle» onde sono
sempre in giro
messagi e proposte
e risposte, e lamenti
e disQde novelle
d'^inore e di
poesia Cresciuti in
fom i Governi ne suasegnenti
secoli, e cessati
i pericoli delle
belle, non fu
più necessario,, per
ere ammesso in
queste conver- sazioni, Taver rotto-
più lancia in
onore d-ona prin*
eipessa o d' una
lama, ma bastò
Q^ie vi scendesse
^1) BeUifiellf. j
^ oj by
vmmztA: sfigxale 30&
Per lungo )>
pi magoanimi lombi
ordine il sangue»
Purissimo celeste»; per
appriezz^re meglio i
sentiBientì del poeta
e salire air
origine degli usi,
il lettore può
consultare la nota.
Xe ài Londra
del dicono: Le
péU^ni presentate .alla
carte dei rUelami
nella circostanza dell'incofonazione delFattufide.re d*
InghQterra), cofi tengono
pretensioni singolarissime, e
che ricordano usi
antlchissimi. il conte
d'Abergaf enny, come signore
della cascina '
di Sculton, riclama
l'uffizio di capo
deUe dispense cl:àedetìàa di farne
il servizio sia
personalmente, sia .col
mezzo del sup
deputato, e riclama
per suo emolumento
tutti gli avanzi
deUe pietanze e
delle carni dt^o
il pranzo. Due
petizioni furono presentale
dal duca di
Norfolck. Colla prima,
nella sua qualità
di conte maresciallo
ereditario, egli chiede
di compiere personalmente
o col mezzo
d'un deputato gli
idficii di primo
boUiqUm'e d'Inghilterra, e
di ricevere perciò
la migitor coppa. d'oro
con «Q[M$relìio, tp
rimarranno sotto, il
inezzule, e tutti
gii orciuoll e
coppe, eccetto quelli d'oro
e d'argento che
resteranno nel celliere
dopo il pranzo.
Colla seconda petizione
li nobile duca dimanda
, come
signore della cascina
di Workoop, di
presentare al r^
un guaoto di
mano destra, f»'di
soistoiieife il destro- liran^lo dei re nel
menti» ch'e tiene
lo scettro reale.
n duca di
Montrose, grande scui^ere;
dimanda di fare
il servizio di
sargente di lavatoio
dell'argenteria, e di
ricevere tutti i
piatti e tondi
d'argento serviti sulla
mensa del re il giorno
dell'incoronazione, e cogli
emolumenti che ne
dipendono, e di portare
eziandio gli speroni
del re dinanzi
S..M. n 8lg^
CampbeU , come signore
della cascina fi
Lyston, reclama il
diritto di fiir
de cialde pel re
, e
d' imbandirle jsulla mensa
reale al banchetto
dell'incoronazione. Rimasero
quindi a poco a poco
e dovettero rimanere esclusi i
poeti; giacché, se
nello stato primitivo delle conversazioni, mentre
il poeta si
mostra ricco d'idee, vantavano
i cavalieri destrezza
e le donne
pericoli^ nel seguente
stato il poeta
solo sarebbe rimaso
oggetto degli astanti,
quindi ne avrebbe
sofferto la vanità
degli altri. Muniti
di privilegi reali
ed onoriQci che
dalle altre classi
li separavano, facendo,
principalmente in Francia,
professione d'ignoranza, i
nobili chiusero ad
esse la loro
conversazione, e avrebbero
creduto di degradarsi,
se alla loro
confidenza avessero ammesso chi
soltanto di talenti
o d'altre abilità
personali si fosse
potuto dar vanto. Appena
comparvero leprime scintille
delle scienze, i
pochi spiriti gentili
che non rimanevano
impaniati nelle sensazioni materiali
del volgo, provarono
il bisogno di
unirsi, per fare
acquisto delle altrui
cognizioni e dare
in cambio le
proprie. Questo bisogno
era tanto più
forte, quanto che
prima della stampa
altissimo era il
prezzo de' libri,
come tutti sanno;
nacquero cosi le
conversazioni letterarie od
accademie, le quali
da principi illustri
vennero proli) Esistono scritture
del XVH secolo,
sulle quali persone
d*alto rango fecero
la croce perchè
non sapevano scrivere.
Nello stesso secolo
parecchi parenti del
celebre Cartesio si
sforzavano di cancellarlo
dalla loro memoria,
i)ersuasi che la
filosofia, di cui
egli era il
corifeo, fosse macchia
alla loro schiatta
( V. Thomas,
Eloge de Décartes
). PUL1tBZZ4 SPB€ULE
tette, giacché i
principi illustri non
temono le sciepze
è sanno che
degli Stati il
principale pregio son
MSe e lo
splendore. Per consimili
motivi sors^ eonvecsi^ioni
di pit» tori,
di musìei, e
con maggiore coneorrenza,
giae* €bè la
capacità d' apprezzare le
bellezze di questo,
«ti egregie è
men rara di
qa$Ua che per
appresare le scienze
richiedesi. Lo spirito di
commercio svegliatosi dopo
I." un decimo
secolo in Itatta^
pisogfessivattiente
4)reseii|U> ne'
susseguenti, fu larga
fonte di ricchezze.
Si vide allora
che si poteva
essere ricco e
considerato senza essere nobile
o possessore di
fondi. Il desiderio di
far pompa di
ricchezze, unito al
bisogno di conoscersi
peraccrescere le relazioni
com- merciali, formò le
adunanze de' commercianti. La
ricchezza de' mercanti cozzò
colla ricchezza de possidenti, e
nette città libere
ottenne quegli o
maggi che altrove
si era riservati
la nobiltà. La classe
direttrice de' lavori nieccanlci
si diviso in altrettante masse
quante sono le
specie di essi.
L'analogia de'lavorit il
desiderio d'imporre legge
ai lavoranti , la
necessità di conoscersi
per ripartire le
imposte che i
principi esigevano dall'
indu- stria, rkniirono i
direttoli delle varie
arti, o sia
i fabbricatori, in
altrettante compagnie o
cow/rafer- nite che
ebbero te loro
regole e tennwo
le loro Mssioni
in gicrni determinati» Le'ricebezze perdute
ddia iiobiUàyer ie
ragimif ehe diremo,
furono raccolte da
persone' intelligenti e attive,
che, senza appartenere
al ceto de'commer-
cianti o de'fabbrieatori, sepp
ero farle. vafere. I<on
contente delle nuòve
ricchezz e, aspimono
tfUa siderazione, e -giunsero
ad otxeaerla colf
affluenza de'commengali: si
fòrmaronò così de'nuovi
erocebi composti d'ogni
specie di per
wne; vi si
vide il fit-
taittolo che viene
sovente alla città
per ta vendita
de' prodotti agrarii;
il sensale i ^he propone
de'oon- tratti prontamente
lucrosi; il basso
impiegato, il eol^
zelo è neoesBarìo
al itadronc )
nelle sue relazioni
col Governo; il
nobile decaduto cke
ha semjjre '
« 4 \ ' ' .
prontf : 1^ E
sali e frizzi
e lepijdi racconti
il militare che
più d' ogni altro,
abbisogna, di pia-
ceri rumorosi; il parassito
che il naso
Air odor dell'arrosto
arri ccia in
alto e ia
cambio, dell' arrosto
vende le novelle
della ^ittà ai commensali, e
del padre ne
Le signorili stupidezze
in dora ». La plebe
che eseguisce i
lavori materiali, non
rsi cedeva per
r addietro fuorché
. « pubblici
spet- tacoli sulle piazze,
o per bisogni
momentanei alle «osterie,
o p^r pratiche
religiose nt. Ue
chiese.^ Oc* c
cupata più a
gozzovigliare che a
di. «correre, si
troìsava inoltre separata
dalle altre clas:
li pel sucidume
uii<cui era involta..
I > P
VI. cause per
cui aprjiréao eotmiaicaìiioDi tra
. le varie
adunanize sociali, e
dalPana aU^altta Horo- membri
trasaugrai'ono, sono le
segueati: li La
passione del gioooa ,
Jartìssima io tutti
i ^ tempi
e per faddietro
di più, come
vedremo nel- .
r articolo aegueote,
rappe la barriera
ciie separava la
nobiltà dal eomtnereio
: alenai n(*ili
noli' ere- .
d^ero ài avvitire
i loro stemmi
awicinandosi ai commercianti
col non troppo
nobile desiderio d'ot-
tener parte del loro
denaro giuncando. Molte famiglie
nobili^ rimaste rovinate
dalle carte dai,
dadiy sen tirono
pèr csperieuza ebe
tati i di*
filomi gentilizi non
bastavano per comprare
un . "Jbraceio di
panno o una
libbra di caroe^
La plebe :Che
ne era stata
insultata, cessò dì
rispellartedacehè^ •'BOQ le
vide più in
carrozza; quindi divenne
popo- lare proverbio i^e
nobiità sema ricf^M&ia
è fimo s^enza
arrosto, Il celiiba'oo
cui erano condannati
per l' addic: tro
i AobiH cadetti,
mentre le nobili,
fanciiille sì- •senti
.vano tutte chiamate
al chiostro^ gli
spinse non -di r
jado ìft
traccia di beUezse
plebee. Usciti dal
• p»'iazzo pàtrizio
, non isdegnarona d* ei^ar
nella» 1? asaccia
del calzolaio, del
falegname, del parrucchiare,
ecc., e talora
. ^< airaer
bruno , Seguir
fanciulle che espugnò
U digiuno fn
questa caccia la
nobiltà contrasse un
poMi fango, e,
quel che è
peggio, si lasciò
rapire molto sostanze;
quindi per doppia
ragione scemò di
credilo. u .1^ -o
310 ' c
UBaO TEMO I
principU a eui
Jiegli scorsi seeoli
a?éa fatta paura
la nobiltà potente,
colsero tutte le
occasioui di dìmìnùinie
i privilegi^ fonte
di copiose riccbezze
e maggtadri angherìe;
qtuiidì il coectiio
chiB«ra ti- rato da
otto cavalli, non ne ebbe
che quattro, poi
due, e talvolta
rimase polveroso nella
rimessa; audà per
óonseguensa diradandosi la
nebbia ehe eòprìva
gli alberi genealogi
e li rendeva,
grandi agii occhi
del volgo. « I^a
filosofia, i cui
delitti som precisamente
misurati dalle perdite
subite dal feudalismo
e dalla superstbUone , vantando
i diritti dei
meiito» personale, non
volle riconoscere alcun
valore nelle vecchie
pergameqe, e disse
ehe nao zoppo
«ansava 4' essere
eoppo perohe sao
nóniio aveva avuto
le gambe diritte,
e che quiodi
doveva essere |RÙ
Stimato -m artista
che con indmtria
mmhit» accresceva il suo
peculio, di quello
che uni nobile .che
co^suoi vizi daya fondo
al suo patrimonio. La poesia,
più coraggiosa della
fttosefia « arA
supporre, ridendo, che
le nobili matrone
non erano siale
tutte Luccesie, e
che talvolta la
moglie £^ eompaefréde'figli men
patriasii M attrito; iati
soumi» la purità
del sangue soggiacque a
molti dubbi an-
che neU'opteione dei volgo*
il quale dà
sempre ragione a
chi riesce e
farlo ridere fP^.
l pometti dell'
inimitabile Parini) la onta
di tutto ciò
vi sono tuttora
pAreeehie petsone ebe
appresEiaiD gli stemmi
geiitittzii ed «scludono
dalla lem CONVERSAZIONE clii non
n' è fornito
, per la
stessa ideutica ragione
per cui i
pacftUtici apprezzano le
stampelle. L'aumento
de'teatrì dimiouì il
concorso alle eonversaziODi
particolari; quindi restando
istesso il bisogno
di conversare, fu
forza essere meno
ritrosi fieir ammettere
nuovi membri: dapprima
Tetichetta voleva un
diploma, posdà sì
eratenlò un abito
di seta. VL
Le invenzioni teoriche
e pratiche mis^D
in contatto f
dotti « gii
artisti; «iaseanaf di
queste elassi *
seuA il bisogno
di consultare Faltra;
la prima per conoscere
de'£atti, la seconda
per averne la spiegazione: il dotto
imparò a rispettar
Tartista; Tar* tista
s' accorse che i
consigli del dQtto
gli potevano essere
utili. Crescendo i punti
di comunicazione ed
i contatti sociali,
crebbero i bisogni
del lusso e
si estesero; quindi
ì lavoranti ottennero
meqo scarsa mercede
che negli scorsi
secoli; disparve così
a poco a
poco « almeno
in parte «il
sucidume dalla plebe,
ed ella potè
conseguire un abitof
ebe sebbene inferiore
nella ùiìQZZà a
quello del ricco,
ne imitò l'apparenza.
Vili. In questo
stalo di cose,
dissipato il fumo
géntìlizio, si vide
qtioli persane concorrevano
al^ fMienda sociale^
e quaU na;
ciascuno ottenne un
valor d'opinione corrispondente alla
ricchezza (ca- raitto
reale), o air
abilità (caratto pemnale)
di cui era
fornitQuindi fu concesso
un grado di
stima alla bassa
plebe, fu tolto
un grado .di
stinia alla nobiltà^
fu diviso il
restante con proporzione
graduale. Lo aprezzo
rimase a quelli
che volevano vivere
a apese aitnri,
questumuUh ' i;
^J9ibami^ a quatti
dtie, volevo vivere
a spese altra«
TiAa^do* ' "tkmf^^
lAi pubblica beneficenza
s'interessò per quelli
€he erano impotenti
al lavoro 9
cioè noa eiano
caratìtisti per 'maacanga
di volontà» ma
(fi potere. L'idea
che tutti i
carattisti coDCorrevano all'amada
iMeiale^ e ohe
ciaseuso a?^ bisogno
degli altri, fece
allargare le porte
delle conversazioiii con
miituO' vantaggio de'
concorreati , come , v^^mo
i|iel seguente gitolo. Utilità e
nemtìtài delle conversazioni. LE CONVERSAZIONE, questo mezzo
di felicità sociale,
sì pronto, sì
innocente, sì facile
a tatti gl’uomini,
sì convenevole a
tutte le condizioni,
sì necessario a
ttttte le etsu LA
CONVERSAZIONE non potevano sfuggire al
morso della censura. Giacché, essendo
«w- scettive di varii aspetti offeivano
campo ai poeti
di farne delle
caricatore; esseialo /cm^i di
piaceri dovevano essere
scopo alle declamazioni
de' moralisti pedanti. Gli
uni e gl’altri imitarono le
due donne ddia
favola, Tuna delle
quali, un pp^
vecchia, strappa al marito
i capelli neri,
V altra, un
po'^ome^ gli strappa
i bianchi, tantoché
il pover'uomo finisce
per restar calvo.
Infatti^ siccome chi
non esagera, non
djesta che lie^e
impressione, perciò ai
difettnedi reali, ddla CONVERSAZIONE
sono aggiunti de' fittizi!, e,
secondo il solito,
si bearono degli
spetri a spavento
de’ fanciulli e PULITEZZA speciale-
< delle irnmaginazioni deboli:
con eguale LOGICA
si 'screditerebbe il
sonuo, perchè talvolta
i sogni ci
conturbano. PARLO DELL’INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI SULLA FELICITA
SOCIALE. ^l,-V.^J^ ?o^l miseri
mortali a cui
sì spesso Il
tesoro del tempo
è incarco e
noia, TROVANO NELLE CONVERSAZIONI
UN MEZZO D’INNOCUO E PIACEVOLE TRATTENIMENTO. Qualunque in
fatti sia l'origine
del bisogno di
sentire, egli esiste.
Questo bisogno e forte in
tutti gl’uomini dopo
il lavoro, lO;
studio, gli affari;
yi. È più forte
ne ricchi sciolti dall' obbligo
del lavoro, dello studio,
degli affari. È fortissimo
nelle donne, sì
perchè dotate di
maggiore sensibilità, sì
perchè a maggiore
monotonìa di vita condannate. Questo bisognò
viene alimentato dall'ISTINTO DELLA SOCIABILITA CHE INDUCE
GL’UOMINI A RACCOGLIERSI INSIEME PER COMMUNICARSI a vicenda
le loro speranze
o i loro
timori, le loro
pene o i
loro piaceri. Quindi vediamo formarsi unioni
sociali sì tra
le orde selvaggie de’ deserti come tra le persone più
urbane delle nostre città. Questo BISOGNO, a
guisa di calamita, attrae spesso
e lega insieme
anche le persone più
indifferenti, e perfino
»I v^^^* VI '•••i.'.-Che amabile
città si è
mai Venezia, mi
dicòva una signora!
E che cosa
vi avete voi
trovato di sì
seducente? Vi parlavo
lutto il giorno.
Siiiipatizzaat|r,c|oaìe
g&u^ cani. LE CONVERSAZIONI CONSIDERATE COME MEZZO diaria* nimsffe'lefoi^jHanguidife, od^né
sensasibbi plccaoti sull’intervallo che ì
bisogni BOddisfatti disgiiioée/'da! bisogni
da soddi^fàrsi^ fiume
parte degfi altri
trastulli, e sì
liiaocenti sono in
sé stesse come
un passeggio in
aoieap giardino. jL
1 piisicerf die
gustiàoio mila «oUtodine^
eccettuato il caso di
speciale affezione, illar^uidiscooo pcesto
e perdono -parte
delle lóro attrattale.
AU'op*^ postò "Àé^ii
GonAunicbiamo agl’altri, sembra
ebò si riofolrzjao
e si estendano;
s^ polli gustiaipo
in loi oòqspàgnia ,
dnréno di più .
ci; «ièà^M frià
cari /e per tutto
T animo si
diffondono, >* Ctf ombra
è piacerj^se noi
condisce affetto. In un
crocichio di persone che
si stimano e si amano,
cresce il sentimento
delia fór;ca phe^inijoezaa
Bile vicende' sociali
ci abbisogna. Ciascuno, oà^
noscendo le disposizioni
coniuaì, appliea; nella sua
jAiente le foi^e
altrui ai b^ogni
[tfopri. LA CONVERSAZIONE io
accerta che in
caso di calunnia
tror .'.Vei^U apologisti;
di rovescio, de' protettori } -iil^^Qì^v
die^oonsigUen; dWaoQK^t delle,
perr Possiamo dunque
t^ccUre^ di mansogna, !!
nolissinHi^ misaritropo Timone:
pcanzàva costui lin
giorno con Apenuuito,
«Itr^ ihisaotrapo, eelébnttido
ii»ienie la festa
delle libazioni fttfiebri.
Dopo lungo silenzio
Apemarilo disce: Fa
d' uopo convenire,
o Timone, che
il nostro pramo
è molto allegro:
e questi rispose. Lo
sarebbe di più
senza la tua
presenza. sone pronte
a scemarlo partecipandovi. Questa
PERSUASIONE abituale reagisce contro i vaghi timori che o nascono neir immaginazione naturahnente, 6
dalle mosse de'nemici vengònb
prodotti;.Brorbabilmente egli è
questo il motivo per cui, he^popoli che concedorto n^iplto
tempo alla CONVERSAZIONE, non
suole essere-"^
sovèrchia T inquietudine
sul futuro j se
ne potrebbero trovare
esempi a Venezia
ed a' Parigi,
^i- 't'^^- ^'^^
S if J'W FLUENZA DELLE CONVERSAZIONI u ii.
V,. , \^
sull'istruzione. v; ì.
Alcuor !eggoB(> (>er
spacciare le loro
idee nelle CONVERSAZIONI i^altri per
non mostrarsi digiuni
delle notizia più
triviali. . i
/ La lettura
cominciata per vànìtà,
continuata per abitudirte,
talvòlta in passione
si cambia, e
i frivoli gusti tìghoreggia
o discaccia. Chi léggCi
o per istruirsi
o innocentemente intrattenersi, toglie sempre
degli istanti alla
covi^ ruzione, e
talvolta le toglie
de' capitali per la
compra de’libri di cui abbisogna. I
gabinetti di lettura
sono una conseguenza
dello spirito socievole
dello scorso secolo;
si procura a
tutti un mezzo
d’istruzione con pochi
soldi. Non tutti possono
leggere tutti i
libri; ciascuno è
costretto a ristringersi
nella sua sfera;
ma NELLA CONVERSAZIONE i libri
letti da uno,
divengono mezzi d'istruzione per
gli altri. In caso
di bisogno egli
vi dà in
UQ quarto d'ora
il frutto di
dieci ore di'
lettura. Se nelle dispute
che sogliona nascere
NELLE CONVERSAZIONI, i due
contendenti restano per la più dèi loro
parere, l'influenza delle dispute sulle opinioni non lascia d'essere reale,
giacché. Gli spettatori disinteressati
formano il loro giudizio sulle ragioni allegate prò e contra dai disputanti. La
voce, il gesto, il
tuono di essi rendono, per così
dire, più acuti i tratti del loro spirito e più profondamente neir altrui memoria gli
imprimono. Quegli tra i contendenti che ha torto, e che nella disputa
chiuse gl’occhi alla verità, non conserva questa ostinazione, allorché
riflette poscia di
sangue fredddo, e sovente
s'accosta al sentimento,
che aveva combattuto. In una CONVERSAZIONE
GENERALE, quegli che
parla, si vede
cinto d'una specie
d'uditorio che lo nima
e lo sostiene. Questa circostanza
da allo spirito
maggiore attività, alla
memoria maggior fermezza, al
giudizio maggior penetrazione,
alla fantasia de’ LIMITI CHE NON GLI PERMETTONO DI
DIVAGARE. IL BISSOGNO DI PARLAR CON
CHIAREZZA lo sforza a
dar qualche attenzione
allo stile e
ad ESPORRE CON QUALCHE ORDINE le sue
idee. Il desiderio d'essere
ascoltato favorevolmente gli suggerisce tutti I MEZZI D’ELOQUENZA DI CUI LA
CONVERSAZIONE famigliare é capace.Quindi LA CONVERSAZIONE è la
prima. Intendo qui di
parlare delle persone
di spirito e
di buonafede; giacché
gli spiriti falsi
e vani, o
gli uomini di
parUto, pe’ quali LA CONVERSAZIONE E UN’ARENA OVE COMBATTANO DA
GLADIADORI, non aspirando di
giungere alla verità,
ma di conseguire
un' apparente VITTORIA,
quesU non riescono
nelle loro dispute
che a raddoppiare
il velo che
ingombra il loro
intelletto, e a
vie più nelle
loro opinioni smarrirsi. e
la migliore scuola
per gli uomini
che {tarlar ia
pubblico si dispongono. Sj: f
Air opposto un
uomo che vìve
solitario nel suo
gabjìiettOr noD stimolato
a farpas^re.le sue
idee tìjrii'Mtrui'anittio, noin^eriteiidosr'itvymffiairii a fronte non
avendo obbie;{.ioni da
combattere, non impàérà.
fót^ gìàmàm qiiest'acle
delicata ebe convincere
gli spiriti senza
offender l’amor proprio. •€0Dà bel
garbo costringe l'altrui
inerzia airesame «j^ttì
prègiuritzie^ pungèndota con
x^iche tmjU* piccante Altronde sempre
solo con sè
stesso, e ^imsM
aggeUi^^L^4xm/twitoi
disposto a niguardmi
x^iascuna 4rfea- che
gli si pcesèdtay.came^una scoperta. Non
mai esposto a
queste piccole lotte
di società che
danno si prontamente
a tiascufiei. la misura
delle sue forze,
egli inclinerà a
formarsi mt ppinione
esagerata de' supL
talenti e ad
e- Bpone le
^nierìdee con atìsi
fmpfariosa edoffenshra. Si
può dire delle CONVERSAZIONI
ciò che
ALFIERI dice dei.
vhiggi;.vY| sì impara^
più assai che
in su le
cartCi tH\ stimare
o spregiar l'uomo^
^^^j »;Ma a.cònoscer
sè stesso e
gli altri jn
parte v. ^^i^ìLo
studio ia£atti de'libri
rie^oe ua mol
languido é. ddN)le^
che esercitai non
agita!^ non riseaMa
la mente come LA
CONVERSAZIONE. S'io discorpo
con CdbustO/ ragionatore,
dicis Montaigne^, egli
mi ein|[e e iB.Incalza
da tulteie parti;
lé^sa$ fdee ri^egllaiio
le umi la^^osàia,
la gloria, .la
QQnte^ziQpe mi spingena,
mi riali^aho sopra
di me, e
non diradortni presentano
nuove combinazioni ideali. INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI. . sfil
costume U de6Àderio 4i
piacere a^i atoi
vaddoldsee ia pale
mseefen dèir mm^i
ìnra questo Aderto
si svolge, ci
aDiina NELLE CONVERSAZIONI e l' abitudiM
d!eq^ijmerl€t forma J'abìMdiBe
di aeotirlo. DACCHE LE CONVERSAZIONI
DIVENNERO COMUNI, nac- q[iie fiorì «/quell'eleganza di
tratto. e quella non
9 80 quale
gra^ìa^-d* urbanità^ quel Aresentorsi
plà 9. disinvolto,
quel più leggiadro
atteggiarsi, e quei
n versatili modi
e politi cbe.
imlla sentano V
ioatr titudiiie 6
TimbaMaso; quindi quel
wiàsm wtm u
più dilicato, e
que' mutui riguardi
e qua' molti*
pliei uffieii di
olviltàt johe quaai
ad egiH .ubante
»Ja vanità e L’AMOR PROPRIO dona
e riceve. Le passioni
.medesinia c)ie erano
prima iutratta* ».iMtt'.,
Mnreggendo in pfttte
la toc nafitf
wtm^ i> biaoza
, sonosi anch'
esse, dirò così,
incivilite. L'oigo^iosa superbia
si è maaobei^ata
sotto la spoglia
d' doa finta
modestia ; T
invìdia siesta sa
pronunciar delle lodi,
e IL PUNTIGLIOSO E CALDO
RISENTIMENTO V obe
quasi ad ogni
parola aveva li
fuoco negl’occhi e
la mano sull'elsa,
ha ».tesBiperato. queir
indole sua ferqee
»; si è
im« parato a
dissimulare un'offesa, a
Dasedndelw tipatìa, a
rispondere pacatamente; e
benché questa re
P if M
lusinghiera, gradita e
di realissimi vantaggi
sociali /ecandq, ^jper-^^la.^[y&lio ostacolo
a mali gravU-. Finalmente sogliono
non pochi giudicare
del me- nto 4'
uoa pecfiona dalla
sua maniera di
caavMr* sare^' nè,
si eiitano di
porre al vaglio
sue buone 0
cattive qualità^, ma
ue^ formailo giudizio
dalle i- dfie
cb'ella .presenta: Bé^ordeobi
sociali ; qoiadi
£0^ forza entrare
nelle società, giacché
le abitudini del
- ^eatil couversare
aoit possooo in
soUngo gabinetto aljgnistarsi. INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI
SULLA MORALE. h AUotcfaè
gli uomini s'uniscono
in CONVERSEVOLE ecMohior^
49orge tea di' essi
un' opinione la
quale condanna gl’atti
che riescono nocivi
a tutti od
a qualcuno deglj
uniti: ciascuno ò
costretto a nascosi dere
1 eentiméQti criminosi
che per avventura
cova neiranimp. £
aiccMie. anche ci»
maàqa éi virtù,
vuole mostrarne almeno l'apparenza,
quindi, se qualcuno
d^li uniU dà mentore di
vì^i, la van^à degli altri .
si uniseè to6t»
pericaeeierlo dal loro
imo, ae^ non
corra voce «che
lo tollerano o f approvano. Dnn^e quanto
{mù. erescé lar
bc^ma di PARTECIPARE AI PIACERI DELLE CONVERSAZIONI, tanto più
cre- sQono i.
motivi per isciogli^sii
dai vizii che
esse ooodamiaiiD. .
« 1 ref
mordendo a lungo GIOCO, è
d'uopo » Che
r oprare al
gridar conforme eqch^ggi
)\ II; Screditando
gli altrui vizii
ciascuno si lusinga
^ iter provn
di .contiaria virtù;
quindi NELLE CONVERSAZIONI cìascuoo cbiSuna
a indicato la
riprover vole condotta
degli estranei od
assenti: ciascuno ride
delle umiliazioni cui
è condannato un
lecca- zampe; ciascun parla
con orrore d'un
tradimento; ciascuno sviluppa
le circostanze che
aggravano un delitto
ecc. Escono DALLE CONVERSAZIONI dalle de'
gridi che chiamano
gli sguardi del
pubbblico sul magistrato corrotto, sul
giudice venale, sull' amministratore infedele ecc. Allorché
la condotta di
qualche persona potente
non è ben
nota, ciascuno degl’astanti
comunica agli altri
le sue viste;
si mettono al
vaglio i fatti
e le congetture,
si confrontano le
realtà e le
apparenze; si richiamano le
notizie anteriori e
concomitanti , e dualmente
si giunge a
smascherar l'impostura. L'opinione
pubblica va ad
attingere ALLE CONVERSAZINI i
documénti che giustificano
i suoi decreti
d’onore o d'infamia.
LE CONVERSAZIONI sono come le
sentinelle notturne che ad
ogni ora si
comunicano il grido
di sorveglianza, onde
reprimere ne' pubblici perturbatori il desiderio
di far del
male. LE CONVERSAZIONI offrono il
destro di pronte
benefiche soscrizioni a vantaggio
dei poveri. L'interesse che la
padrona di casa
sa destare nell’animo
de'suoi amici a
favore d'una famiglia
o d'una classe
sventurata , il
desiderio comune di
dare prova di
generosità , l'altrui esempio
che fa forza
anche ai più
renitenti, tutto concórre
a far riuscire
immediatamente un progetto generoso,
che senza LE CONVERSAZIONI le resterebbe
sventato o verrebbe
troppo t^rdi. Quindi con
piccolo incomodo degl’astanti si raccoglie
ia più orocebi
una-samiQil ragguai:de* -
voìfi e safficieate
^1 Jbisoguo, INFLUENZI DELLE
CONVERSAZIONI sulte càrtL
Le conversioni avviemando
giornalmente uomini, e ciascuno
bramando di comparire
ricco e4 legaste,
€i:e5C0ifo i compratori
dette merci 4^.e
adornaao le persone
e le case. Quindi
si eslesero toi^amei^te
l^.arti così dette,
di lusso. Il
popolo firàneese , "^tmiò
H quale, E MASSIMO IL BISOGNO DI CONVERSA è
divenuto IL DOMINATORE DELLA MODA. JBari'addietrqi etmano scarsissime
LE CONVERSAZIONI, e moltissimi
gl’obbriachi; ti capitale
che ora si
spende in abiti
,. allora sj spendeva
in bagordi. Quelii
cbe ftnaot rimprovero ALLA FILOSOFIA d'avere
esteso lo spirito
di socievolezza , son
costretti a dire
cAte- un uomo
ubbriaco jè preferibile
ad ,un nomo
legante. Per disgrazia dell'
umanità questi Ostrogoti
sitrovano talvolta alla
testa degli St^i ,
e con ottime
A Verona, trovandomi
unà sétat alla
convetsadon'e • d^iHia
signora che non
soleva andare al
teatro , ma univa
nella sua^eas£i vaeii
amici, ella ci dice: Signori
: dimani a
sera no^ qi
vedremo, perchè uadcò
A teatro, t
t:ome al teatro
t ^ Si,
gbusehè la serata
va avaatagato ^ povecL^- Dunque
ci vedremo, risposero
tulli.. fiaÉattì' la
««ra. susseguente non solo
ciascuno degl’astanjti andò' ài -tealro , ma,
conduce seco quattro
o cinque amici cosicché il
palco déUa signora
fu un andirivieni
continuo, ed una
specie di goecrà
a ÌMdamà V
ini4$mt0 > la
^àte si fonava
neUa sua sconfitta.
— Beco la
^àvOlz^adone : beaefioenònt
ìuoit^ alpia^. cerei
onore al bel
sesso cbe la
proinoveiL intenzioni li
rovinano. Pio IV,
declamando contro l'uso
delle carrozze, indusse
i cardinali a
cavalcare le mule; si
moltiplicarono le mule
in ragione de'capitali
che non erano
più impiegati nelle
carrozze cioè le
ìnule presero il
posto degl’artisti. Non
vi par bella
e sensata questa
trasformazione? Andate avanti,
beatissimo Padre, e,
giusta le massime predicate da
altri moralisti, induceteci
a privarci del
cappello , della giubba,
delle calze, delle
scarpe; e così
dopo d' aver
fatto sparire gli
artisti, se pur
questi vorranno sparire
senza cagionarvi qualche timore,
venderete le vostre
derrate agl’uccelli.
Torniamo al fatto:
IN FORZA DELLE CONVERSAZIONI si
sono cambiate le
abitudini economiche, e l’eleganza è
sottentrata all'ubbriachezza. Quella massa
di liquori che
per Taddietro consumavasi
da un solo
con danno della
salute e della
ragione, ora sopra
dieci innocuamente si
distribuisce, cioè sopra
gli artisti che
fabbricano cose comode
ed eleganti. Dunque nell'aumento DELLE CONVERSAZIONI hanno
guadagnato l’arti e
la morale. II lettore
che non fosse
abbastanza persuaso de'
vantaggi che ho
attribuito ALLE CONVERSAZIONI ed
in generale allo
spirito di socievolezza,
è pregato a sospendere il suo giudizio sino
all'articolo secondo, ove esaminerò
gli usi e
i costumi de'tempi
barbari e semi-barbari
, ne'quali di , socievolezza non v' era
quasi traccia. , Accennate
nel Tranató del
Inerito e ^elìt
KieomfitnUe. « Gli oMPOstt
Oggetti V Rende
più chiaro il
paragoo. Distìngua ,
» Meglio ciascun
di noi ;
.» . ic.i»
: . .n
NeimalehegIiattnopprm««4lb9A€
- . Scelta deHe
tantféfsaatcni: r .f'/.v;r
li Cki .vcdesgft
sfogare il coosoitia
di tutti f
reprobi, correrebbe pericolo
di viver solo.
Pupi restare ia
casa nfm ioKdarti
kfijoarp^t ma restando
in casa ti
privi d'una passeggiata
utile e 4^Uzio9a«
Dpnque non potendosi
p^r noi crear
uoniiiil perfetti, sarà
sempre miglior consiglio
accrescere la forza
della j[M*opria virtìi5
di quello che
i'irrita- ^ biKtà
agli altrui vizi;
^ ^ .
Dire che aoa dobbiamo essere
cestii a lordarci
^ le weqMi
pi^ jurooucarci una
buona passeggiiitaii nm
è dire che
dobbiamo innoitrarci nel
fango sìao agli
occhi e con
pericolo di spezzarci
una gamba :
per anpdogìa dite
lo stesso delle
conversazioni. Adombrati gh'
estremi, dirò al
giovine che nella
soelta delle conversazioni , più
ctie gli adulti
ed^ i veoohi
egli debb' essere riservato
; giacché , man-
candogli la loro esperienza»
può facilmente .restare
tra queMaeei che
essi spezzerebb^o.. Inoltre
il credito degli
adulti e de'
vecchi è già-
formato ; le
loro buone qualità,
sona note , un'abì-
. tudine provaUi
da più risponde
ad ogni dub*
bia apparenza. All'opposto
il giovine dee
tuttora £ar nascere
questa b|io)ML, opinione neir^ltrui
animo "^à4 -
è di hidd^oi^eail
giadhao ebe gU/a^
dì noi, quando
dalie persone che
fréquentiamo ci giudicano
; e fa d'
uopo osservare che
la yafiitÀ vieta
lo«o di cambiare
j&KitiAièDte h ptàtàà
opi- nione che di
noi concepirono, vera
o falsa che
ella sia, Dun(]ue,
beii|^è ^^iva Aacora
molto istrutto , otterrà
il giovine più
gradi di stima
se correrà voce
eh' egli conversa
. spes$p.^^£on parsone di
me- rito e gode
fa loro confidenza.
LA CONVERSAZIONE colle
ballerine, colle persóne
di dubbia fede,
o p^leseqiente scelleraté,
macchia la riputazione
di clrinncpie: i
càm 'lodtì insudiciano
queUi tui ft^no
maggiori carezze. Tutti consigliano
ai giovani di
non trovarsi NELLE CONVERSAZIONI bve s!
tengono giuócW d'at^
zardo; giacdiè, quaiunqué:
sia la lóro
risoluzione, ossi finiscokio
peir teàdere e
rovinarsi; Essi cedono,
alte suggestioni ed
all' esempio altrui, al
timore d'essere dichiarati'
spilorci, paurosi, vili
o schiavi d^e^voiéiri
patemi ; essi
cedono «1 defsiderlo
di ìdlve* .
nire prontamente ricchi,
desiderio che prontaménte
SI a<^de e
divamìm. aUa Tista
deU'oro.^" T '
tia passione del
giuoco , principalmente sé
è {giuoco d^azzardo,
produce i seguenti
danni. Perdita deità feliùità
ifolividuale. Le^^- òende del
giuoco * quand' anche
siano favorevoli, -
CHceitano scosse si
rapide e sì
gagliarde che confi-
ììano ^co) dolore;
Ora queste scossè
^gliono por :
"lo più essere
sinistre , giacché
la massima parte
D'altra parte la
brama dell'oro che,
in vece di
restare sazia, cresce
colie vincite , ed è-
tormentata dalie >peràite,
'la brama aìzsata'dell'oro è
i|tra caiH crena
ciie rode l'animo
del giuoeatore, è
una sot- tile fiamma
che lo consuma.
Ommetto di parlare
de' suicidi prodotti dalle
perdite nel giuoco.
Perdita della salute.
È questa una
conseguenza dell'accennato stato
dell'animo. Infatti sotto
razione ripetuta del
giuoco si sviluppa
un carattere irascibile
ed una viziosa
energìa di sensibilità
che alla macchina
corporea riesce sommamente
nociva ; perciò
la massima parte
de'giuocatori sono decre-
piti a 40 anni.
Perdita delle sostanze.
Per un giuoeatore
arricchito dal giuoco
ne conterete cento
rovinati. 4. Perdila
delta fama. Cicerone,
per iscreditare i
giudici di Clodio ,
li paragona a
quelli che fre-
quentano le case di
giuoco. — Benché
tutti i giocatori non
siano persone infami ,
ciò non ostante
la massima parte non
lasciano d'essere riprensibili
perchè si espongono
al pericolo di
divenir tali. Nissuno dà
la sua figlia
per isposa ad
un gioca^ tore
; nissuno lo
accetta per compagno
in uh' in-
trapresa; nissuno lo vanta
per amico ;
nissuno lo vorrebbe
per padrone ;
ogni padre vieta
a'suoi figli la
di lui compagnia
come la peste.
Perdita della sensibilità
ai piaceri intellet-
tuali e morali. Siccome
le persone abituate
all'uso del più
acuto rapè divengono
insensibili ai soavi
effluvii del garofano
e della rosa,
così le persone
abituate alle scosse
gagliarde del giuoco
rimangono insensibili ai
piaceri della commedia ,
della trage-; dia,
della pittura e
delle altre arti
belle; quindi 1*
momenti che i
giocatori non impiegano
nel giuoco, sono
occupati dalla noia.
Il giuoco accresce
il bisogno di
sentire, e diminuisce
il potere di
sod- disfarlo. Il giuocatore
s'espone al pericolo
di perdere, e
perde talvolta quell'unico
denaro che è
necessario alla sussistenza
de' figli e
della moglie ;
la sorte infelice
di questi fa
dunque minor impressione
sopra di lui che
il bisogno di
giuocare: in quale
punto sarà sensibile
il di lui
animo alle loro
carezze ? Un
giovine dedito al
giuoco sfugge la
compagnia de' suoi
genitori , sdegna i
loro innocenti piaceri ,
sprezza i loro
consigli , amareggia i
pochi istanti della
loro vita, diviene
ladro domestico, e
talora i disonora
con azioni che
gli fruttano la
prigionia 0 il
capestro. 6. Perdita
del senso comune.
Ogni giocatore sragiona
cosi come sragiona
il volgo , allorché
dai sogni deduce
ì futuri numeri
del lotto. L' abitudine
di prendere per
norma a' suoi
giu- dizi i rapporti
fantastici delle cose
distrugge l'abi- tudine di
consultarne i rapporti
reali , costanti e
ragionevoli. Un giocatore
non avrà vergogna
d'at- tribuire la sua
perdita alla sua
scatola; un altro
alla presenza d'un
nemico ecc. ;
alcuni non giocano che
denaro tolto a
prestito , quasi preserva-
tivo contro la sorte
; altri destinano
parte delle yincite
ad opere pie,
quasi pegno di
vincita, ecc. !! L'
idea del
guadagno allorché soggiorna
lungo tempo in
una testa debole,
ardente, soggiogata da
; vane, combinazioni,
converte il dubbio
in certezza, e
fa riguardare come
infallibile ciò che
fervida- mente desidera. L'illusione
è sì forte,
che non è
distrutta dall'esperienza delle
perdite, e in
onta di esse
rinasce e si
rinforza. Gli animi fórtenfienté
agitati, dice Tacito,
incli- nano alla superstizione, cioè
la causa delle
loro sventure riconoscono
in cose o
parole incapaci di
produrle ; quindi
le invocano o
le maledicono, ne
sperano o ne
temono. La fortuna^
nome vuoto di
senso, agisce sull'animo
de'giocatori cóme se
fosse un ente
reale : a lei attribuiscono
le vincite e le perdite.
La fortuna è
un concorso di
cause ignote ove la temerità
fa tutto y
e la prudenza
nulla. I selvaggi dell'America ,
dice il padre
Lafiteau, si preparano
al giuoco con
austeri digiuni , quasi
volendo interessare la
Divinità al successo
de'loro stolti e
ingiusti desideri. Dopò ^li
antecedenti riflessi è
quasi inutile l'osservare che nel
giuoco ogni sentimento
di decenza si
perde e di
gentil costume ;
si diviene rozzo ,
villano , grossiere,
caustico, mordace: non
si ha riguardo
nè alle qualità
altrui nè ai
diritti ; si
of- fende l'altrui amor
proprio, si tradiscono
ì sentì-' menti
del proprio animo,
ecc. Dopo la
fama di decenti
ed oneste il
giovine ' preferirà
quelle conversazioni ove è maggiore
la libertà. Siccome
il piacere è
d'indole sì schizzinosa
che non sempre
apparisce ai cenni
del desiderio'; e
fugge rapidamente allorché
vede un laccio,
fosse anche tessuto
di rose , riè
di tempo serba
regola nè di
luogo , riè a
tutti i discorsi
sorride ; quindi
dirò al giovine:
allontanati da que'crocchi
ove devi rendere
ragione perchè non
venisti a tal
ora, per- chè ti
parti pria del
consueto, e t'è
forza al posto
assiderti che non
t'aggrada , e con
tale foggia d'abito comparire che
non ti conviene,
e sulle altrui
maniere irremissibilmente atteggiarti e
deporre sulla *»
bigitized 328 -
Libro TEBzo 4
soglia il tuo
carattere originale per
rivestirtene al- lorché n'esci. Fuggi
pure, perchè il
rituale esat-" tissimo
delle cerimonie, i
complimenti, gli inchini,
i baciamani si
.frappongono ai cuori
che corrono a
contatto , e
i sentimenti ora
rispinti dall' altrui
• orgoglio , qui
umiliati dai titoli ,
là repressi dal-
l'aria di comando, e
tra imperiosi e
inetti doveri allacciati,
non possono scorrere
rapidamente qual elettrica
scintilla e propagarsi
per tutta 1'
assem- blea; quindi l'allegrezza
sfuma ed ilpiacere,
e al loro
posto va assidersi
mortai tiranna la
noia. Taccio il
civile barbaro-bugiardo - . ^;
V Frasario urbano
d'inurbani petti,^ t
w Figlio di
ratte labbra e
sentir tardo. »
iVs. k IV.
Il giovine non
fuggirà la conversazione
delle donne oneste,
giacché solamente in
loro compagnia imparerà
a rattemprare l'effervescenza dell'età,
a ingentilire colla
grazia le maniere,
a piegare i
movimenti a leggiadria, la placidezza
del discorso senza
viltà, la modestia
senza timidezza ,
il co- raggio senza
impeto, il brio
che sa rispettar
la de, cénza,
l'allegrezza che non
diviene smodata, quelle
fine attenzioni che
prevengono i desiderii
senza mostrar d'occuparsene, e
quel conversare libero
e cordiale che
non degenera in
confidenza temeraria e
plebea. v Swift attribuisce
LA DEDADENZA DELLA CONVERSAZIONE in Inghilterra
all'esclusione delle donne; da
ciò nacque una
famigliarità grossolana che
porta il titolo d'allegrezza e
libertà innocente, abitudine dannosa, egli
dice, ne' nostri
climi del Nord^
i) ove la
poca pulitezza e
decenza che abbiamo
sì r DM.è
introdotta, per così
dire, dì contrabbando
e ^ contro
la naturale inclinazione
che ci spinge
» continuamente verso
la barbarie, ^e
non si man-
fi-T tiene che
per artifizio. SOGGETTO DELLE
CONVERSAZIONI. Qualunque argomento frivolo
o grave basso
o sublime, lepido
o serio, p^rcAè
piaccia agli astanti,
€ noìi offenda
la morale^ PUO ESSERE ARGOMENTO DI CONVERSAZIONE: qui
più che altrove
debb'essere . é
ragione e legge
« Ciò che
il consenso universale
elegge. » ytl
poeti satirici hanno
voluto ristringerci in più angusti
confini; quindi 1.
Pongono in ridicolo
le dimande relative
alla salute quasi che
la salute non
fosse l'oggetto più
interessante per gl’uomini,
e una buona
digestione non valesse
cento anni d'immortalità; r
2. Non vogliono
che parliamo del
tempo, quasi che
le vicende delle
stagioni sullo stato
tìsico e morale
della specie umana,
sui prodotti delle
campagne, sul corso del
commercio, e non
di rado sui
pensieri degl’uomini grandi
e piccoli aon
influissero ; c giornalmente
non fossero occupati
i fisici ad
osservarne Tandamento progressivo,
retrogrado, irregolare. Qualche
poeta ci deride
QUANDO NELLE CONVERSAZIONI PARLIAMO d'arti e
di commercio, di
pace e di
guerra, di governa
e di politica,
é vuole poi
x che ci
occupiamo dé'satelliti di
Giove é dell'anello;
di Saturno. Certamente
che anche Giove
e Saturno possono
ESSERE OGGETTO DELLE NOSTRE CONVERSAZIONI, ed
è cosa desiderabile
che Io sieno,
sì perchè pascono l'animo di
idee sublimi, sì
perchè servono di
guida al nocchiero
che va. errando
sulP immensa superficie
de' mari ,
ecc. Ma avreste
voi vietato ai
Romani di parlare
quando Cesare ottenne
dal Senato il diritto
sopra tutte le
mogli? Quando Vespasiano ,
che si mostrava
sì tenero pel
bene del popolo,
pose un'imposta sulle
orine? Vi sono
delle cose che
ci toccano sì
dappresso, che è
assai difficile di
non tenerne discorso,
come è difficile
di non gridare
ahi ! quando
il fuoco ci scotta. Se
poi, per opposta
ragione, si riflette
che LO SCOPO PRINCIPALE DI QUELLI
CHE S’UNISCONO IN CONVERSEVOLE CROCCHIO si
è d'intrattenersi e
ridere, si scorgerà
che è quasi
impossibile d'allontanarne gl’argo menti ridicoli, da
qualunque sorgente provengano.
I Romani non
potevano contenere le
risa allorché parlavano
dell'imperatore Costanzo, perchè
costui, quand' era in pubblico
non osava movere
il capo, né
fare un gesto,
né tossire, né
sputare, lusingandosi in tale
guisa di rendere
più imponente la
dignità imperiale. Il
retore Temistlo, il
quale era stato
fatto senatore da
Costanzo, trasformò l'imperatore,
che non sapeva sputare,
nel più gran
filosofo dell'universo; avreste
voi voluto che
i Romani non ridessero
né dell'impeiratore né del retore? Si
può parlare, senza
cognizione, della pace
e della guerra
come delle zucche
e dei ravanelli;
dunque IL LIMITE DI FISSARI AI
DISCORSI NELLE CONVERSAZIONI,
rispettata la mòralé,
come si disse
di sopra non
dalia qualità dell' argomeiita 8i-d«U)e
ildsomere , ma
dalh'giioliàiiza.di parla o
dalla noia di
chi ascolta. Dopo 4 avere
eseldso dalle cQiiVèi^sjùtidid^l discorsi
più interessanti, si
è fatto loro
rimprovero perchè spasso
non s'occupano che
di coseJrivoJes eoitià
jfoalè èènsbra si
dà a divedere
d^aver diinìenticato che IL
PRINCIPALE OGGETTO DELL CONVERSAZIONI si' è
il piacere: Se
il caippo in
cui il piacerò
ap^ l^^cev è
di già anche
troppo ristretto, per
quale motivo vorrete
voi ristringerlo dì
più?. Vi furono*
de' grand' iiòinini che ridévanó
di cuore alle
tlSt^ tezze di
Pulcinella, vorrete voi
condannarli? Più lò
spirito è 3tato
avvolto in cose
serie, più assav\*
porà il contrasto
delle'frfvolezze'
Ne'momenti^'ózia non vergognava
Esopo di giuocare
alle noci , Ca*
tbfifó alla pafla
nel eàmpo Mairzio
; Pascal facevi
delle scarpe, Malebranche
cucina delle vivande^
di SCIPIONE e di LELIO
dice CICERONE, che,
ritiràti alla esfiìpagna,
non isdegnavano di
bamboleggiare,
incredibiliter repuescere. Queste
frivolezze .offrono uni
trastullo necessai^io, senza
che lascino neil' a»
ttimo alcuna traccia
da che sono
svanite. « Rispettiam dunque
la follia gradita
- l^.QWBe balsamo
dolce d«Ua vita.
» Cbesterfield dice
che le frivolezze DELLE CONVERSAZIONI €l^0B&
tòné ti compénso
delie àliiine piccole ,
ebé neri pensano
e non amano
di pensare. —
Avrei ' •
«fimyandatQ volontieri a
questo scrittore s' 6|^i
ad- dlìjMMMte per
pensare^ Le frivolezze
DELLE CONVERSAZIONI, simili alle
immagini scucite 4el
sonno, servono a farci
ridere e nulla
più. Io sono
stanooc a segno
che non mi
reggo in piedi,
e voi mi'con-À
sigliate di passeggiare?
Che cosa direste
d'un uomo che per
sgombrarvi dall'animo la
melanconia, vi- ponesse tra
le mani le
Notti di Yòung
? — Si
devono ammirare quelli che
dopo d'essersi occupati
di studio 0 d'
affari nel gabinetto ,
possono ritornare agl’affari
o allo studio
NELLE CONVERSAZIONI;. . hna
non si possono
spregiar quelli che
dopo avere eseguito
il loro dovere,
abbisognano di riposo.
Sic, .come i
pranzi non sono
eccellenti se non
quando possono soddisfare
tutti i gusti,
così non sono,
eccellenti LE CONVERSAZIONI se una
varietà di soggetti
corrispondenti ai bisogni
di ciascuno, non presentano. Generalmente parlando ,
i discorsi serii
non possono piacere alla
maggior parte degl’astanti,
giacchè la maggior
parte vanno a
ricercare NELLE CONVERSAZIONI riposo alla
riflessione e pascolo
alla fantasia. Non si
può quindi approvare
la condotta dì
Locke, il quale,
mentre tre milordi,
Hallifax , Anglesey., Shaftesbury,
jgiocavano tra di- loro
, egli '
occupaVasi a scrivere
ie parole che uscivano loro
' di bocca.
Per quale motivo
ridete voi, gli
disse Ànglesey? Perchè
nou perdo nulla
di quanto voi
dite, rispose il
filosofo, e gli
mostrò la nota
delle parole poco
assennate che ciascun
giocatore aveva detto. Questa
censura era fuori
di proposito, giacché da
persone die giocano ,
e giocano per
divertirsi, non si deve aspettare
che argomentino in
barbara o in
baralipton. Quando prendiamo
una medicina , dobbiamo
noi osservare se
è bianca o
nera, leggiera o
pesante, bella o
brutta, graziosa 0 no
alia visita, di
qualche astante ?
£Ua ci ridona
la salute,, e
bastai * •
« Airincontro, dice
Gozzi, certi Catoni
vorrebbero che oca
si uscisse mai
dal malinconica e
dal ^rave, come
se gli uomiiri
fossero d'aeciaio e non di
carne. Questi tali
ci , vorrebbero affo.- »
gati nella noia.
£ quando Fanioio
ò kifastfdilOt »
non è buono
nè per sè
nè per altrui.
Il meglio è
un bocconcello colla
salsa di tempo
in tempo, »
e poscia un
grosso boccone delle
vivandé usuaK. La
misura ne' passatempi è
rimedio della vita
; » ed
io jtanto ve^
magri sparati è
disossati quelli V
che non pensano
ad altro che
al sollazzo, quanto
>» queUi che
tirano continuamente quella
benedetta li carretta
delle fecceade. Soggetti
ge^ieralni^nte noiosi Sogliono
essere soggetti noiosi
ed opposti allo SCOPO
DELLA CONVERSAZIONE i seguenti :
L Gl’incessanti lamenti
sopirà viali a cui non
si può opporre
rimedio.. Talvolta LA
CONVERSAZIONE in vette d'essere
un tessuto di
piacevoli discorsi e ameni,
è un vero
piangisteo, o, per
dir meglio, un
miserere. Se qualcuno
riesce a dìipenticare
i Riali eomuni,
T unó o
l'ailro degli astanti
glieli rammenta con
circostanze nuove, e
il sentimento dolorosa
ne aggrava colla
prospettiva «d'un avvenne
peggiore. — Che
cosa direste di
schiavi che per divertirsi parlassero
delle loro catene. É
questo up difetto
de' veccM che
non sànm aprir
l'animo alla speranza;
degli ignoranti , incapaci di
riguardare le cose
da più aspetti;
delle menti deboli che ad
ogni lotta succumbono. Alcuni velano
questa incivile abitudine
col sentimento di
compassione pe'mali altrui,
cioè per mostrarsi
compassionevoli verso gl’assenti tormentano
gl’astanti. Pietro è morto
improvvisamente; Paolo si
è ammazzato; il
pane è troppo
caro; la tempesta
ha distrutto la
vendemmia ; le imposte
sono eccessive; la
guerra è imminente;
la peste s'avvicina,
ecc. Poco manca
che non ci
predicano la flne
del mondo, come
si usava negli scorsi secoli, idea che tuttora s' insinua
ne' discorsi della
plebe quando è afflitta
da qualche calamità. Sarebbe pazzia
il pretendere di
non sentire i
mali della vita,
ma è pazzia
maggiore il non
sforzarsi di dimenticarli. Sarebbe imprudenza
l'andare verso il
futuro colle spalle
indietro, ma è
imprudenza maggiore il
riguardare i mali
futuri come successi
e non distrarne
lo sguardo. La
novità della cosa
può qualche rara
volta sciorre da
inciviltà l’annunzio d'una trista
novella. Ma richiamare continuamente r idea
di mali che
tutti conoscono , è
l'eccesso deirinurbauità, giacché
questa ricordanza, oltre
d' essere dolorosa per
se stessa, conturba
e piega a
melanconia i sentimenti
degl’astanti. In questa
situazione degl’animi non
osa spuntare sul
labbro il sorriso. Cento detti
spiritosi, pronti a
ravvivare LA CONVERSAZIONE, tornano
indietro. Ora rinunziare a
cento piaceri per
procacciarsi un dolore è
un calcolo da
matto. Si può
procurare agli spiriti
de' momenti di distrazione
fissandoli sopra oggetti
diversi dagli abituali. Sì
pùo 'Yìntiizzare la
sensazione 4el dolore
riguardando le cose dal
lato ridicolo. CìasGuno^ può
cogliere de'jnoti?! dì
eoasolaaàone paragonandosi con
quelli che in
più tristo statoci
trovano. Chi vuol
viver tranquillo i
giorni sui, »
Kon conti quanti
son di lui
più lieti, 'Ma
gitanti sod più
miseri di lui.
» Si può
innalzare l’animo alla
speranza, mei]itre il
volgo s'abbandona al
timore, considerando tutta
Festeosione delle eventualità
possiinli Mentre , aeU'
ulUmo assedio di
Genova, i soldati
ca? scanti (li
fame facevano la
guardia seduti , uno
di essi disse:
Ma^séna non voiTà
arrendersi iìnchè non
ci ha fatto
mangiare i «udì
stivali. — -Questa facezia
induce gl’astanti a
dioie ai-^ tre,
e intanto U
sentimento deUa fame
fa tr^;ua. Un
generale francese, ferito
in battaglia^ sta
per far^ta-*. gliarc
una ^aniba ;
il suo servo
piange in un
angolo della stanza:
Meglio per te^
<t*\idìce il paziente;
non vedi tu
che quando avrà
una gamba di
meno^ non ti
resterà più da
lur sitare che
un solo stivale
? Quindi ritrova
forza per subire
r operatone. Io
ammiro la notissima
donna spartana, che
dice al fi^io
tornato zoppo dalla
battaglia: Ad ogni
passo rammenterai U
iuo valore e
la tua gloria,
Gbe -bella idea, che
idea in- gegoosa,
si é quella
obe ia tacere
U senUmento spia((Kev<^ un'jmpedeilone fisica
090 un sentimento
miòrale »^ desca l’amor proprio,
e a sublime
sfera lo innalza
1^ Si clìiama
leggerezza 1' abitudine
di considerare le
cose dal lato
ridicolo : preziosa
leggerezza che ci
fa sorrìdere in
mezzo al dolore ,
tratto caratteristico che
distingue i' uoma
dai bruti. n
seniimenio della speranza
si cambia ki
finrza lMee^, qualunque
sia U modo
misterioso con cui
siffatta 4ra8torma- Una
bella imipagmazioQe, un' iinaiagiiiazioiie rideate
sa creare delle
róse anehe ia
mezzo ai deserti.
S'ella è in
parte dono della
natura, si può
aecresceria coirabitudine e
migliorarla coirarteLe insipide
SOTTIGLIEZZE. Profondere sfarzi
di spirito sulle
parole, sulle cosev
solfe idee senza
trarne alcun vantaggio
o le- pore,
è eccitare nell’animo
degl’astanti il sentiménto penoso della
fatica, è indisporne
ramon proprio coir
idea della pretensione
, è rendersi
ridicolo pel non successo.
Un' uomo cbd tenta
di ziODé «tkseede.
emrva questo fenomeno
negli stesKi ani*
mali: il cavatto,
statico dal viaggio,
aeeorgendoiii d'essere vicino
all' albergo, trova
forza per accelerare
il passo. il
Destrier che air
albergo é vicino ,
)» Più veloce
s' affretta nel
corso ; »
Non l' arresta
1’angustia del morso,
.Non la voce
che legge gli
diu >» .
'l'n imbecille non
crede che T
innesto possa costringere r
albero selvaggio a
produrre de' fruin
domestici e sa-
. porlti : le anime
deboli non credono
che possa lo
spirito innalzarsi sul senthnento
d^I dolore e
dominarlo : tanto
peggio per esse.
Al contrarlo lo
ho conosdiito m
nomo di tempra
' forte , che,
detenuto per opinioni
politiche, non sog^^iacciue
• che un
giorno alla melanconia
in quattordici mesi ,
benché gli fosse
negato il conforto
de* libri. Far
r elogio della
melanconia , come i^ero
alcuni scrit- tori detti
sentimentali, è fere
F elogio delle
nubi che f\
tol- gonp la
vista diìl lìriuaniento.
In mezzo a
tante forze die*
tendono a dislrng^<»rci, vanteremo
noi i pregi
d' uu seati- ;
meato che accelera
la distrusdone /Itìtt
saltare al di
là della sua
ombra, rapi^resMM Udi**
fetto che ho io animo
di censurare :
eccone degli 1
Far contrapposti ad
ogni paroluccja t
» Stirar con
le tanaglie 5
concettwzzi , • »
Attaceonar le i^ime
con Ja eer^i
' V Aé
ogni aetento far
éegìi eqntvociasm ;
É Lodsi^ le
inoscbe, f grilli
e il raTanello\
» Ed altre
scioccherìe c'hanno corliposto
^ li Bernì,
il Maiire, il
Lasca ed ii
Burcbiellò.» Le tante
quistìoni di metafisica
che si facevano
per Faddietro sopra
cose ehe la
ragione non intese
giammai, dovevano generalmente
fruttar noia agli
ascoltanti.se non erano
interessati nella disputa
pef amor proprio.
Di sottili insipidezze
ei. diede un
esempio d'altra specie
Uvezio, allorché esaminando
dottamente quale è
la positura naturale
diell'uomo tra lo
stare in piedi ,
«edato ^ coricate,
genuflesso 0 passeggiare,
dopo d'avere discusso
a lungo gl'in-
convenienti cai andremmo ìncdntro
tenendoci continuamente
nell'una o nell'altra
di queste posizioni,
conehiude clie lo
astato naturale dell'uomo
si è di
panenderle tutte sticces^mmente. Era
forse neete-^ serio
che l'erudito vescovo
d'Avranches si stillasse
il cérvello per
provarci questa verità?
Perciò ma* dama
Geoffrin, parlando d'iino
di questi stucclie-
voli Ciceroni , diceva
: « Allorché
egli mi parla ,
» vorrei che
Dìo mi facesse
la grazia di
rèndermi n sorda
senza che questi
se ne accorgesse
\ egli n
sarddbe perisuasa eh'
io T ,ascolUi$si ,
e s^reòiflio »
contanti ambidUie. ».
xii ^n k^-m^
♦ ? Cresce
ri motivo di
censuràre le> insipide^
6Mi«» gliezze allorché
, divenute triviali
affatto , da uq
Iato si ripetono
eoo pretensione di
novità, con che
si dà -segno dignopàhza,
daU'aUra riescono ofhn^
sive alfuno o
all'altro degli astanti.
Il poeta Des-
préaiix^ che iioa
eika^ dotate della pazienza
di ncia^ daina
€reoffriti ^ se^ténde'^un
giorno Bordaloue a
rìpeteìre le vaghe
analogie sulla pretesa
follia dei poeti^
gU dis9eH»xi( pp^€auslieanlellte: Io
so, mio Caro
padre, quanto si
dice d'ingegnoso su
questo » 9fg0jQsento
; se v^i
y/»lete venir meco
aU'o- » spedate
de'matti , io son
pronto a mostrarvi
dieci « predicatori
per i^u poeta
^ e^roi vedrete
a tutte lo
4(>ggb deUdjiàaal «he
dividanp il loto
dteooiso^ in ti;e
punti.-' r^Uriaql^oedenti riiles^iiaioa
condanaano Fuso dir
propÌMie
quistioofdligegncile^ le quali,
rispondendo ciascuno a
capriccio, servono di
piacevole esercizio ag^fipiiNiti
^'^liti iNToiy^ e vivaci
che sci^piana impftlìiéisamente y
-e talvélta a
lode di qualche
a« 8ti^t(^ v.|ieUa
mwì^m^lkm^ della duchessa
del MaifMVféei^lìiB»^^ a dar risalto
alle pili sfuggevoli
differènze tra i
diversi oggetti pro^
||9^iM^>^^ dis$A,Ma giorno
ai cardinale di
p4>)igw%]^IÌnatot^difi6ie^
passa tra me e il
mio oralogio? — Il
vostro orologio, rispose
il cardi* nia^e
^
($tliirieor4a(^/<w:ftViJ^
ee le iate
dimenticafei Tutti i
di^corsir^ehe escono- dal limiti della
conmmens,a^ j§^S^tk^<^^ si^o
alla 98. BiitArà
qui aàmmi?^ il
earattère degli astanti
è Ufi limite
^pwa^iii^iqQfP 'ir^iacchè
per quanto siano generalit per
es., le vostre
iodi ad. toia
vjrtà e le
vostre censure ad
un vizio, vi
si attribuirà non
di rado l'intenzione
di far rimprovero
quello degli aistanti
ebe manca della
prima q è
allaceiato dal secondo.
Finalmente IL SOGGETTO DELLA CONVERSAZIONE diviene noioso
allorché Tidea della
nostra per* sona
e delle cose
nostre presentiamo per
lungo tempo agli
altrui sguardi j
. come Aireìùo
nel e9« «
Soggetti aggrademli. Se una
parte della civiltà consiste nel
dire a ciascuno
ciò che gli
conviene» è chiaro
che, acpiò non
manchi SOGGETTO ALLA
CONVERSAZIONE, devi parlare ad
ognuno delle cose
che più roccupano
o più gli
aggradano, della sua
arte o professione,
de' suoi gusti o
delle sue avventore ,
de' figliuoli o della
moglie, ecc. Acgomento al
nocchier son le
procelle « 1»
I bovi airarator
: le sue
ferite ^ Conta
il guerrier» conta
il pastorale agneHe.
» Chiederai dunque
al giovine galante
' / a
. A qual
cantore 9 Nel
vicin verno si
darà la palma
*> Sopra le
scene; e s'egli
è ver che rieda »
L'astuta Frine che
ben cento folli
» Milordi rimandò
nudi al Tamigi
; » O
se il brillante
danzator IXarciso 9
Tornerà pure ad
agghiacciare i petti
» De' palpitsgoiti
italici mariti. Ai
vécrthfo dfititafidefai conto
degli u^i eivlii,
po*' litici, religiosi
clie negli anui
di sua gioventù
si costuinarona, onde .
procurarti il piacere
d! con* frontarli
cogli attuali. Preparati
però a sentire
ec- cessive lodi dei
passato ; quindi
avrai Tavvertenza ^di
separare i f alti
dal giudizio di
chi "gli e^one.
Spingerai anco con
bel garbo il
di lui animo
verso l- piaceri che
più Tadescarono ». ' «Onde
misero cor, che il ben
p^dtita . »
Non ha più
di goder speranza
alcuna , ,
» Kesii il
conforto stiinen d'aver
goduto.», Colle donne
volgari Or di
polii ragiona, or
di bucato* »
Colle donne galanti
parla « Di veli e enfile
e femminili arredi.
» Colle donne
gentili che uniscono
ii bel costiime
airistruzione, porrai sul
tappeto le arti
belle, e a
norma del loro
genio particolare proporrai
quaiclie problema, acdocohè
al piacere di
discorrere um- scano
il piacere di
soddisfare la tua
curiosità. Ad una
giovinetta ohe. occupa
vasi a dipingere,
chiese un giovine,
se provava più
diletto nel ritrarre
gli uomini o
le donne ^
i giovani o
i vecchi. —
Sono indififerente a
tutti. — Eppure?
— Pre/e^ risco
le fisonomie sensibili
senza riguardo al
sesso. — £
quali sono i
segni fisionomici che
caratterizzano la sensibilità?
^ Qui cominciò
un discorso che
durò due ore,
la giovine facendo
pompa, di sentimento ,
il giovine di
metafisica. Le letture,
cui talvolta sono
occupate le signore,
Yf jfffft^mo U
ctesbro di jebi«der«
loro ^ii^li f^m
le colpiscano di
più, e quali
autori in tale
ò tal altro
ramo di letteratura
preferiscano, e se
avrete l'av» mieuM
proporrà loro qualche
obbiezione pet dimostrare
che non vi
sfuggono le loro
idee^ prò* curerete
ad e^ il
diritto di pmlan^
à lun^iit^ mmBM
^^nimm/^:èe9lL mUoMi poesn
Uteek^lé d* inciviltà
y poiché ciascuno
ba diritto, di
difen^ dflisi: e
giustìicare cìòl cbe
dm*- ' Della
fanciulla vorrai yedere
i dis!^, i
ricàini, la scrittura,
ecc. Chtederstt «drifcaamom»
ohe ms» w^ò
^^IpM^ che brillano
neH*azzurra volta del
cielo. Per quaH
€ag4QiiLalciij|^i:sfiH>iB(^^
altri cambiarono. di MlOfe.
D' oode. amnga che
i pidi^ si
< inafapo nello
stesso senso da
occidente in oriente.
Perchà mail eaegaiscjoao
i laro fioti
ia,,)ioa ^iBl|a s^oa»V
mentre te comete
vanno errando liberamente
per latte le
r^ipai del cìe^o.
Ove v^aono e
d'onde veór gono
questi astri che.
spa^epteeo 11 wlgo-
éoUli fatarba .e
colla coda. Delle erranti
stelle » Segai
il cammino, e
le eagion disveli
^Degli aerei portènti
; onde Je
nufci, v »
Onde il tuono e la
pioggia, e di
qual fuoco- »
Aceendesi il balen;
perchè sì. lenti
. I caldi soli
estivi, e qua!
ritardo : '
» Le fredde
notti deirinverno^allQpghi.. Inviterai
l’economista ad esporti
le cagioni del-
l'alto 0 basso
prtìsìo de'generi, dell'abbondanza o
scarsezza d'una specie
di monete ;
l'influsso delle imposte
suiragricoitura e sai
mestieri; se convengft
dare la preferenza
alle manifatture nazionali;
ia quali casi
e con quali
mezzi debba il
Governo promoverle ecc.
Parlerai al filosofo
di leggi, all'avvocato di liti ,
al medico delle
malattie dominanti ecc.
Ma guardati bene
di decidere tu
stessQ, principalmente avanti queste
persone sugli accennati
argomenti, giacché, non
appartenendo essi alla
tua professione, ti
esporresti facilmente al
ridicolo cui si
espose un sarto ,
il quale avendo
composto e ^presentato
ad Enrico IV
un libro di
regolamenti .•^civili, sentì
il re a
dire agli ^stanti
: Chiamatemi dunque
il cancelliere, perchè
mi prenda la
misura d'un abito
(1). f ^ Allorché
ti trovi in
una compagnia di
stolti, non mostrare
né la distrazione
né lo spregio
eh' ei meritar
si potrebbero. Lascia
alla fatuità libero
' Campo di
far pompa delle
sue scempiaggini senza
farle giammai temere
d'essere repressa e
né anche giudicata.
La Motte, persuaso
del proverbio spagnuolo,
che non havvi
stolto da cui
non possa trarre
qualche profitto il
saggio, applicavasi a;
ricercare negli uomini sprovvisti di spirito il lato favorevole
dal quale poteva, sia per propria istruzione,sia a
conforto della loro
vanità^ riguardarli. Facendo
cadere destramente il
discorso sopra quanto
avevano veduto o
sapevano di meglio,
procurava Convengo non
essere impossibile che
un uomo si
formi in mente
idee ragionevoli anche
sopra oggetti estranei
alla sua professione;
ma, essendo la
cosa alquanto improbabile,è
necessaria in simili
casi somma riservatezza
e dif- idenza
speciale nel proporle.'
tolto, senza il
piacere di smérthi^
il poco bene
che possedevano ;
« mentre non
annoiavasi con es^
vH wodeite ^mtentr
4I di 14
delle lo» speranze. Sargenti di
ridicolo sociale.] Tu mi
dirai che ti
porti alia conversazione
non .p«r esenatare
la pazienza^, me
per andare a
^écia d( piaceri
innocenti, e vorresti
poterli córre 0
tra i. fiori
del discorso, 0
ndie maniere delle
persione^ 0 tra.
ameni sentiiilenti e
gentili.; Ti ricorderò
dunque la massima
raccomandata di sopra,
cioè avvezzati a
riguardare le cose
dal fatto, ridicolo
: eéecotene aicniie
fonti* suceinla* mente.
TI porgeranno grato
spettacolo. " ù
Le variazioni deile
passioni pet em
io jrteaso uomo
passe facilmente dal
giardini d' Epicuro ai
portici di Zenone^
ed è a
ticenda di vota,
e fiv>n* dano
per trimestre, e
per cai non
di' rad^ *
^ * Osan
profoni e fetidi
servacci »Di libertà
mentire il nobil
fuoco. » Quanti
ancor ne veggiam
d'animo incerto 1^ E di
dottrina 5 in cui
fondarsi, ignudr, '
Che quel clie
sol mattino era
lor Aoia, *
» Chiaman perfetto
al tramontar del
sole ? ^.
» A vicenda
gli scorgi ora
del véro '»
Difensori, or del
falso: ora baciarti
9 In fronte
amici, or affrontarti
infesti, » Tanto
che sotto a
due stendardi e
volti • •
>» A due
partiti un dì
solo li yede.
^ m •
:}/ Le qifMate^
ripugnanze. Più Qti
gusto^ um aUbsrimfó
, wi senliflliefite 'è'
tsemofie , piò :AigMé
alcuni dì mostrarsene^
alieni. Così adoperando
, i^etnbrà loro
di «tacearsì dalla
massa volgare, e,
collocatisi in alto ,
divjenire r oggetto
degli altrui sguacdi.'
n . Essi
contrasto- eternò \ *
i. Fanno a ragion, per
voler esser sempre
\ P, Singolari
dagli altri ;
e picca occulta
» Hanno in
sè .d'esser dì
buon gusto soli/
!» Jton d'altri
àppresse, e veder
soli il vero;
;; V I più
di quQSti incaputendo
avvezzi Son del
sénno a c^rcpr ,
lontani ognoi^ Dalle profane
popolari turbe. Onde
se ayvjen-che il
popolo par caso Dia
pur nel segno,
e ragiohevoi pènsi,
Sc£i.nt.onan essi^ e mal pensano
e a torto;.
\ Perchè purificate
eceèlse menti. Non seguan
mai popolaresche teste.
»' ISome vi
sareste voi contenuto
con Euripide, il
quale assicbrava di
non amare le
donne, dopo4'es- sersi
amìtaogliato tre volte
? Seguendo i
precetti sinora esposti,
voi avreste dovuto,
senza lasciar {scorgere
dubbio sulla sua
sinceritià^^avreste dovuto ^
c^tedérgli la storia
di questi tre^esseri
tatfto odiati, e
con cui egli
strinse, alie^inz^ forse,
ad esercizio di
sua pazienza. Gli
sforzi della vanità
per cui ciascuno
tenta d* associare
V idea delia
propria persona aWidéa
delle cose pregiate
o delle persane
il* lustri. Se
taluno vanta un
bel libro, un
letterato yi accerterà
tosto che lo
possiede, benché forse
OdÉflii ahbia and'
vodafe fiè i^die
pti^iAMii r''^ si
tratta d'un grand'uotno
, questi vuo!
essere suo parente^
e qu^i ^la
^ide a Parigi
.0 a Londra
^ o viaggiò
còn'lai tstXto ^ièséo
meeilòV e wd tm vanto
come l'asino della
favola , il quale
portando delle reliquie,
slnun^gmava d'éèsere adorato»- Orasio si vantava
d'urtare impulitamente chiunque
inco»»' ' trava
per if^rada^ purché
potesse giungere presto
.^"^M^eeniib i^irefdete l'asMKia
o aia il
eàttraito dieK* ^i'àinclr
proprio : egli
vi dà una
parte della sua
ri- -piitai^we^^ cieè
ti concede d'
essere- impulHo, af«
finché Io crediate
in lega col
ministro' d'AiagteMU in somma
quatti .ad ogni
istante si scorge
che ^ ttMàini
iielle loro pretensioni
sohcf pìù^ iirragione*
voli di que'facchini
che seqtendo a
lodare le belle
sonate d'un organista,
si gloriane d'avere
levato i mantici. A^'^Aeciocchè i
giovani non prendano
abbaglio, farò >dHervare
ebe il vantarsi
d'essere i'amioo di
qiiid(die persona virtuosa
od altrimenti stintiablle ,
qtiando 10 si
è veramente V
non è un
vanto irsagtonevole èoftie
gli anteeedenti -,
giaeeliè le petiOfle
Y«MMia^ le stimabili
non concedono la
loro amicizia^se non
11 persone eh' elle
stimano. » >r
/ •*^4. /
pregiudizi comuni. QuéSIft
torgenté^^i ri* dicolo
non ti può mancare
se ti trovi
in compa- gnia di
donnìeeiuole; giaeehè ae
pe)r ea. 'favai og-
getto del discorso un
male 0 l'altro,
esseti spac- ^i^attno
tosto de'rimedii simili
a quelli del
medico Quinto Sereno,
il quale, per
guarire tó quatìwia»
' j^neva sotto
il capo del
febbricitante il quarto
li- %fo éeir
Ilìade. Contìnua tu
la storia dellegaia*
lattier ed «fisa
Mtttiiuieraiiil^ dei recale
che ti farebbero
ridere, fossi anche
moribondof/ Mi è
stato di^and^to se
e come si
può iotrat* teimrsi
e ridere eofievj^aeecherew yeramente
il problema è
un po'difflcile, ma
se il'tettora premelte
di noa tradisuii)
gli affiderò il
Le pinzochere chiamano
chiunque al loro
con- toitton^e; e
il. loro eootoi^
cresce in ragione
delle persole ehé
eoodamano; ^ Quando
adunque mi .tcp vo
in compagnia d'
una di queste
signore, le em^to
avioti ' una
ventina di peccatori
per te meno,
e tutti colle
loro colpe sulla
fronte : qui
si;iegge rnode^ ik
ieàtfo^ più Jungi
pas^eggiy smmii "La
vista di questi
piaceri, a cui
per motivi ri-
spettabili, madama ha rinunziato ,
riscalda la sua
bHe; quindi eceolar assisa prò
tribunali, e scrivendo
sentenze da Radiunante,
colle mani e
co'{»icdi eac* «la
tìPotw* filpifi poveri
profiud. -Appunto perchè
so che la
pinzochera è ineso-.
rabitef io mi
interpongo e chieggo
pietà ora per
Vhi^. ora per rsAtro :
tento Tapologia della
moda ; dimando
qualche tolleranza pel
teatro ; il
concerto dèlie (Sfere
mi serve ja
difendere i ^oni,
gli au« gelli
vengono- in soccorso
de' canti ecc.
; succede dunque
una contesa tra
il giudice e
V oratore, e
coi {a siessioné.
criminale continua^ giàcohò
ie, ob* bieziofifi
ragionevoli ed a
proposito sohq uhq
sti"- molante DELLA
CONVERSAZIONE. E eieoofm lo
zelo di madama
è . scevro di
mallaia , quindi
riscaldandosi ella facilmente ,
ini permette di
i^ere n$l/wdo delsuo
euHmofÀ ravviso allora sotto
tinte superstiziose quelle
false idee che
leggo in alcuni
libri sotto tinte
poetiche, ed imparo
a stimarne profondamente
gli autori! Crescendo il
calore di madama ,
io diminuisco ;
l'opposizione, e le
lascio assaporare il
piacere d'a- vermi persuaso e vinto :
in questo modo
usciamo dalla conversazione
soddisfattissimi entrambi, ella
di me, ed io
di lei. Gli
sforzi per comparire
ricchi ; del
che vedi un
cenno alla pag.
89 , .Basterà qui
il dire che
il ridicolo in
questi casi cresce
in ragione della
differenza che passa
tra l'apparenza e
la realtà, sicché
il massimo ridicolo
ci verrebbe offerto
da. colóro che
imitassero i comici
di campagna, i
quali, dopo d'avere
rappresentato Cesare e
Pompeo, muoiono di fame.
La saccenteria la quale
si è di
due specie:), appartengono
alla prima quelle persone
che , non»^
facendo mai uso
del loro giudizio,
spacciano le idee
altrui senza discernimento
e come proprie.
Molti vedrai che
proferir non sanno
^ \% ' »
Mai sentenza da sè ;
corrono in gìra'^
» Per la
cittade di pareri
a caccia ;
, 1 Intendimento è
in casa lor,
da cantò 3»
Mobile disusato e
inutil ciarpa. L'opinioni
più travolte e
false » Succian
avidamente, e a
grande onore. /
^' ' »
Premon la spugna
ad opportuno tempo,
E fan lago
d'umor sorbito altrove.
» La seconda
specie di saccenti
contiene que* cer-
retani che, forniti d'un
capitale scientifico come
10, fanno pompa
d'un capitale come
100, e otten-
,gono facile credenza
prineipalmeate presso le
donnicciuole che pizzicano
di letteratura. Non
basta, dice Gozzi,
l'aver buone merci
V» nella bottega;
ma il saperle
mostrare è di
grande utilità. Succede
a'ietteral, quando sanno
acqui- » starsi
l'opinione degli uomini,
quello che accade
> a qualche
benestante o giocatore,
che se il
primo » ha
tremila ducati d'entrata,
si dice cinquemila;
» e se
il secondo ne
vince cinquanta, corre
la voce '»^di
cento. Così se
l'uomo di lettere
avrà buona V maniera
d'insinuarsi nell'animo altrui,
non vi sarà
cosa al mondo
che non si
creda eh' egli
i^intenda. Una così
fatta avvertenza fu
buona in »
ogni tempo. È
vero che secondo
i costumi del-
>» l'età e
delle nazioni la
fu anche diversamente
» posta in
opera. Ma che
credete che fosse
quella » ruvidezza
d'Antistene? Che quel
mantellaccio, quella valigia, quel
bere con le
giumelle, e la
casa nella botte ,
e le altre
poltronerie di quei
» malcreato di
Diogene? Non altro
che un saper
» vendere le
sue mercanzie. Perchè
quando uno » f
a con
una certa signoria
d'animo quello che
gli »^altri non
usano di fare,
tira gli occhi
di tutti a
* sè, e
a poco a
poco la maraviglia.
Aristofane V che
intendeva le cose
pel buon verso,
e diceva "
al pane pane,
per aprire gli
occhi agli Ateniesi,
», volendo far
conoscere l'artifizio di
certi studianti, »
li fece comparire
sulla scena magri,
smunti e ^
del colore della
terra, che pareva
che si fossero
» distrutti a
studiare ; poi
le loro dottrine
erano, • quanto
spazio salta una
pulci, e se
la zenzala » ha la
tromba nella gola,
o, con riverenza
vostra, di sotto.
Le industrie d'oggidì
non istanno V più
nelle goffaggini di
Diogene, o nel
colorito » della
faccia che gialleggi.
Non importa più
che ' »
i letterati siano
magri o scoloriti,
no ; chè
ce » ne
può essere d'ogni
corpo e d'ogni
colore ; solamente
è necessario un
poco di baldanza
per » dar
cognizione di sè
al mondo. È
vero che per
» rendersi baldanzoso
bisognerà prima invaghirsi.^
» del suo
fare e del
suo dire; e
a forza di
dare » ad
intendere a sè
medesimo, che si
sa, comin- >»
fciare a crederlo
finché la coscienza
noi nega più,
» e allora
poi darlo ad
intendere anche ad
altrui. » Poi
entrare in ogni
ragionamento tanto animati,
» e tanto
a bandiera spiegata
da far credere
che quello che
si dice abbia
proprio la radice
nel- » rintelletto,
e sia studio
di tutta la
sua vita.' »
Qualche picchiata agli autori può
ancora giovare, M
Verbigrazia , se un
dice : Come vi piace
l'opera' ' »
del tale Non
ho avuto pazienza
di leggerla. Dante .J*
È rancido. Petrarca?
Troppo lavorato;> »
« poi malgrado
gli so, perchè
ha fatti tanti
Pe- » trarchisti
che sono una
noia. L'Ariosto? Divino;
» ma molte
volte dà nel
basso che m'uccide.
Il » Tasso?
Semper corda oberrat
eadem. Insomma »
eirè come dice
Leopardi: a Vuoi
tu parere un'
arca di' scienza
? Biasima sempre ,
e vedrai la
brigata » Starti
d' intorno con gran
riverenza. » »
Un grand'uomo , un
grand'uomo è costui ,
dirà la brigata,
che conosce dove
sono difettivi gli
» autori. Proviamolo.
Si ragiona di
questo mondo »
e dell'altro. Su
due piedi l'uomo
ha da saper
» rispondere tanto
del corso de' pianeti,
quanto sentenziare
deiinitivamente delio arricciare
ca- » pelli
; e s'egli
ha grande animo ,
sempre termi* »
nera col dire
: In un
mio Trattato spero
di far •
vedere al mondo
eh' è goffo.
Le signorie loro
» tra poco
vedranno l'opinione ch'io
tengo sopra »
ciò in un
libro che quasi
ho terminato: per
modo » che
empiendo il capo
de' circostanti di sentenze,
» di libri
e di simili
abbondanze letterarie, egli
è » impossibile
che quando prende
licenza dalla com-
» pagnia non
si bisbigli :
Oh che uomo
! Oh che
» profondo sapere
! Costui è
una libreria che
cam- » mina.
Una stamperia che
tira il fiato.
» Ma se
ti è permesso
di ridere delle
stoltezze degli uomini,
come gli altri
ridono delle tue
, la pulitezza
vuole che il
tuo sorriso al
loro guardo s'asconda,
e che, d'ogni
malizia spoglio, non
sia diverso dal
sentimento che eccitano
in te due
puU. Cini che
vengono a contesa.
/ , giuochi
di società. Classificazione dé*giuochi
e vantaggi. Da
un lato non
è sempre possibile
nelle lunghe sere
iemali alimentare LA
CONVERSAZIONE con soggetti nuovi e
interessanti; dall'altro il
discorso pende naturalmente
alla satira. Ora è
meglio giocare che
annoiarsi , è meglio
giocare che maledire
« purché regola
si serbi e
misura. Le jeu
fùt de tout
temps permis p9ur
s'àmuser ; Oh ne peut
pas t^mjours travailler^
prier , lire ;
// vaut, ìnieux
s'óccuper à jouer
qiià médire. 1 giaoehi
poksoAo esheré indotti
a cpiattro-elattf: La
1.* esercita le
forze corporee (per
es. , il «orso,
la lotta, il
pigiato eec^«. )•
La 2.^ esercita
le forze intellettuali
( per es.
gli teaochif vari!
giuochi colle carte;
eec}« ^ La
S.* lascia Inerti
le fonie corporee
e intrilel» tuali
(per es. i
dadi e tutti
i giuochi d'azzardo)^
La . 4**
esercita coDtemporaoeaoieDte le
forze fi» siche
e tntellettualf in
diversi gradi ,-
e In parte
anco dipende dall'azzardo
( per es.
il giuoco della
palla « cavallo^
del pallMe.eo'piedi ecc.).
I*«r?{^ volanti divertono
nel verno tutte
le corti d'oriente:
vi si appendono
de' fuochi che
seml^rano astri in
mezeo al cielo.
Quello del i«
di Stam^ sèmpre
in aria ciascuna
notte , e i
mandarini ne tengono
alternatìvamente il cordone.
In Itàlia querto
diiier^ timento è
rimasto ai ragazzi
ne'giorni festivi d'e-
state e nelle ore
pomeridiane, e unisce
il piacere deHa
vista airesercizio delle
membra (t). * L'
opinione comune vuole
( ed io
l'aveva se- gnita
Bell0 antecedenti edizioni
di questo scritto
) che Fuso
delle carte da
giuoco fosse ignoto
pria del XV
secolo , e che
ne sia stato
inventore Già* cornino
Crtn^nneur, pittore di
Parigi, verso la
fine dei secolo
XIV. Pare che
non si possa
dubitare della (!)
I cervl-volanU meritavano
una menidone pnrtlcoIw?c ,
|H9cchè la loro
storia è unita
a quatta deU'
el^tlrieitè. falsità di
questa opinione allorché
si legge il
manoscritto italiano del 1295,
citato dal Tiraboschi
e dal Dizionario
della Crusca, nel
quale si parla
del giuoco delle
carte, come già
largamente diffuso in
quel- Tepoca. Forse
ella è questa
un'invenzione asiatica come
il giuoco degli
scacchi. Che che
però sia della
sua origine, egli
è certo che
le carte, ugualmente
che altri piaceri
innocenti , censurate
caldamente da' predicatori ,
proscrìtte con pene
rigorose dai governi,
resistettero a tanti
nemici potenti congiurati contro di
esse. Dopo che
l'esperienza e i
progressi dell'economia
politica hanno insegnato
ai governi a
trarre un partito
flscale da ciò
che ave- vano inutilmente proibito,
le carte da
giuoco go- dono, per
così dire, d'un
esistenza legale, impin-
guano il pubblico tesoro,
occupano alcuni fabbricatori,
e il piacere
deglr uni diviene
sorgente di lavoro
per gli altri.
Le carte formano
parte de' divertimenti
delle quattro parti
del mondo. Le prime
carte differivano dalle
attuali nell'ap- parenza e
nel prezzo ; esse erano
dorate, e le
loro figure dipinte
e alluminate, sicché
la fabbricazione richiedeva
talento e lavoro
particolare; quindi ne
era alto il
prezzo, in conseguenza
raro Tuso. L'invenzione delle
carte introdusse de' cambia-
menti ne'modi di divertirsi.
I differenti giuochi
a' quali esse
aprirono il campo,
costarono più tempo
che dertaro ;
quindi anche nel
loro abuso furono
meno fatali de'
dadi. In generale
i giuochi d'industria ,
ì quali appartengono alla seconda
classe, possono essere
utile e innocente
esercizio allo spirito
di combinazione • ed io
dirò francamente alle
madri: Se il
vostro ligliuoio è
stupido i inspirategli
qualche gusto pe^
fuochi d'industria; k
vanità punta ed aaiouAa ^Ue
vìaende delle pmlile
a deHe Tioctto
risyeglìà Tattenzione e
dà qualche iittività
allo spirito. -
Aggiungete che una
persom ohe UM
sa gioem^ costringe
altre due o
tre a rimanere
oziose come eis^
in una coaversazione. r
o: Additando i
iWDtaggi det giooéo
tmè paioob al
bisogno d'intrattenersi, non
intendo di vantarne
la passioiie^ «amo
ehi addita i
pragl4el vino, io-
lande di gkistifioare
rubbriaebeeza.. : vi
.v>iJE che dite dei degli
scacchi? « Quello
earia è mutile
JiilfatteDHMBta ai kh
» gegnoso (risponde
il Castiglione); ma
parmfebe » un
sol difetto vi
si trovi ; e questo
è che si
può » saperaé^
troppo, di modo
che a cui
vuol ^ssaere »
eccellente nel giuoco
degli scacchi, credo
bisogni » consumarvi
molto tempo, e
mettervi tanto studio
9 quanto ii^
vatésse^iiiiparar qoaiehe wbil
aefeaza, » o
far qual si voglia altra
cosa ben d'importauiia
; » e pu; ìd
utolme^ etn tanta
letica, non w
altep » che un giuoco.
GU^^fOiiiAi^gi^o^i qtiai eh' essi
siwa^ purché noi!
eseatiè 'dal liaMi .
della deeema^ s$ao
imta pià pregiabiUy
quca^o maggiore esercizio
offrono
^iifoftj%roei;iq»ipHfi^^
alU/0rze^is»tellet' tuali; quindi
tra tutti i
giuochi t meno
pregiabiii e i
più^daiinoat aooo i
giuochi d'azzardo.: ^
'Regote di civiltà
nel giuoco. iVoti mQSif4Ue
mal umore se
vi. toccano cat'
ièbe coorte o
se perdete ;
giacebè , altvimenli fa-
cendo, dareste a divedere
che la vostra
tranquilK può essere turbata
da un'inezia, e
cte apprezzate WfmhiiaMnlle
una pieeola niQneta«
- . If
• Nm siate
troppo fento nel
giocare, sia per
non dar prova
d'inerzia intetlettpale, sia
per non Se
il vostra compagno
commette degli ^r-
rorif ó&rreggetelo €on
gwbo^ iberna fare
schia- iNMS^ 6
dar wgM 4t
troppo dispidoere R
che violerebbe la
prima regola; d' altra
parte dovete fiewdarvi
di ^fuiatli %ìt»
eonunetlete steasò. Se giocate
con persone schizzinose,
difen- deté il
vostro diritto seaza
riscaldarvi e soprattutto
«iiM paiéfo «iSniiiKe
; #^ Ae^po
é'a?^ sposto }e
vpstre ragiooi) cedete
con beila maniera. Io
giòco per diletto
e per conforto;
. » chi
vuol far quistion vada
aila^guerr^ E giuochi
ad ammazzare o
ad essèr morto. Non
moxtrMe ecee$sÌoa é^ili^rwsa
fpumdo vincete ,
sì percbò Waii^prez»
maggiore dell impmtattca
éeila Msa t
dtnot» picooiMza di
apicito sì perchè la
vostra allegrezza produce
nel perdente im
(dispiacere più sensibiie
d^a perdita,. ed è ri- guardato cornai m
prìmo''gmb d'iMuttOk Infetti
nissuno ama di
perd^e a nissun
giuoco, non tanto
per h^resse guanto
«par amair propria
; giaacbè dalla
perdita risultane idee
umiliamli eeonlrarie aii/opinione
abituale die ci3scuno arasi
formata in mente
della stia destrazza
e della sua
fortuna. Vod* taire,
benché uomo di
spirito, o perchè
uomo di .
troppo spirito, non
poteva tollerare il
padre Adam, quando
guasti lo vinceta
agli scaccili oé
al tò* ie;lìardo.
Un principe assiro
uccise il Aglio
di ^>o- Jbyas
alla i:accia, perebè
quel giovine era
riuscito a ferire
un orso ed
pn (ione, contro
tsni il pnriiicipe
aveva slanciate le sue freccie
inutilmente. Un uomo probo
non si permette
la minima sùperchieria
nel giuoco ;
egli vuole poter
dire» io non
ho fraudato giammai,
senza che la
coscienza Io smenta
: egli temè
che V abitudioe
d' ingannare neHe cose
piccole diminuisca la
sua delicatezza nelle
grandi. Ogni frode dovrebbe
essere punita- còlla perdita
una , due o
tre partite , secondo
la sua impor*
tanza , ed a
giudico inappellabile d^gli
astanti. La somma giocala
deve essere tenuissìiha
e sempre inferiore
alle finanze del
men ricco tra
i giuocatori ;
altrimenti alcuni non
giocheranno per non
resbré esposti a
gravi perditè , altri
gio- cheranno con grave
loro daqoo per
non comparire spilorci:
Tono e l'altro
caso annuUa il
piacere delibi CONVERSAZIONE e lo
deprava. Il prodotto
delle vincite debb' essere
m- pSeguito 4Z
vasutaggio tornirne ; QUESTA
REGOLA dimt- i)uisce il
dispiacere delle perdite^
e neutralizza l'a-
vidi del guadagno. Il tempo
destinato al giuoco
non deve su-
perare i due terzi
del tempo consecFato
alla cw^ ireflsasione
i e questa
non deve succedere
a ^e»e 'de' doveri
e degli affari
di maggiore importanza.
. X» Jiton
ai deve costringere
con importuniià sèsamo
a giocasi , come
non ti deve
èoatriogere . jaissuno a
bere. Non si
devono accoppiare mi
friwM >er* sos^ie
nemiche o reciprocamente odiose.
Egli è quf$ta
un probienia teìvoita
dilGcile per la
padrora iiratO TÉMÙ di
casa, e a scioglierlo beae
ci vuole occhio
Qao e pratica
di aioDdo. .
« Lieto così
tra ramichevol turbai
» L' ore
dividi delle amene
sere, )* E
n'abbiao parte gli
eruditi detti, «
£ parte ancora
al genial oe
dona » Breve
«ommercio di piacevol
gioco, » Cui
mutua gioia e
scarsa speme avvivi,
•> Ma sete
d'oro non corrompa,
o il renda
' » Torbido
e taciturno, e
tal che dopo
» Al vìnto
Insieme e al
vincitore incresca. DOVERI NELLA
CONVERSAZIONE. ATTENZIONE. L’attenzione ne' crocchi
sociali si divide
in doe rami
distintisdmi* Il prim^
coDuprenda quatf a^ttnsa
sansibiiilà che immagina
i bisogni degl’astanti , li
previene od asseconda;
Il secondo oom|ltettde
le affetftudini «steHori
di- mostranti che Taitrui
discorso occupa interamente
il nostro anunob*
L Supponiamo una
signora, che, animata
dal-, raoeenaata sensibilità
dirige ufia CONVERSAZIONE, 0d
«serviaoMMie ^v%ibM^ La
ptontezza era mii
ella risponde alle dimande,
vi fa supporre
che la sua
attenzione sia tutta
ooeupata nelle risposte
; V ingannate; ella
si diiFÌd6, si moltiplica
, ed è
presente a tutti
i pensieri degli
astanti ; non vi S&7
sfogge uno sguardo
eh' ella noi vegga;
non {or- inate- tto
degiderk) ch'elici non
conosca} noa pfo^
ferite una pàroia
eh' ella non
ascolti ; non v' ha
individuo nella conversazioae
eh' ella dimentichi
iQ&tti ella vede
là Ja un
angola ehi wa
paria per timidezza,
6 gh dirige
con sorriso di
confidenza una dimanda. Ella
s'accofge^ che U
discorso d ;qualcuQó
eomiaeiab ad annoiar la brigala,
e gli .
cambia cofx bel.
garbo il soggetto tra
le mani. Il
vosl^ ^vvtirsacio vi
stringe»eoa afgomenti.iQeal»Dtì a
segno che siete
vicino succumbere; ella
viene in ip(ra
soccorro, con una
celia. . Vi jsf uggì
di bocca dna
parola a cui
sh dà sinistro
senso,? ella spiega
la vostra intenzione
e la presenta
in beir aspetto.
Cadeste per inavvertenza
iiv uno sbaglio
che può divenirvi
nocive ? ella
vi trae d'imbarazzo
colla sua presenza
di spirito Uh
Voi non ardite
leggere una iatteira
che vi viene
pre^eotida/netta
ewiversaziaiie ; ella
dimanda per. voi. il
permesso agli astanti,
pro- ^testando che
ne conosce Timportan^a.
Voi vorreste .partire
e non osate
; elja vi
& rimprovero che
4ih 1 'Ferdinando
VI re di
Spagna, benché di
carattere buono jed
amano, era alquanto
severo contro- quelli
che facevano uso
di tabacco proy[>ito.
- tJn gìomò
in sua presenza
un grande di
Spagna trasse di
tasca una scatola
piena della polve
proscritta. Il re
slanciò sopra di
lui uno sguardo
mi- naccioso. L'
ambasciatore di Francia
( M.r di
Duras ) , ac-
cortosi della faccenda, s' avvicinò
alio Spaludo e gli disse:
Ohi ecco la
ndaia|iaocbierache V.E., per
prenderai giuoco di
me, mi aveva
tolta. Questo felice
espediente trasse d^ impaccio il reo
6 disarmò il
monarca. (NB. I
membri del corpo
diplomatico non erano
soggelU alla legge
della proibizione ).
menrichiate i vostri
affari pe'vostri amici,
e v'or- dina di
partire sotto pena
della sua disgrazia.
Vinse ella , è
vero, al giuoco,
ma se la
destrezza del suo
compagno non avesse
corretto i suoi
er- rori, sarebbe rimasta
succumbente. Quest'oggi ella
è libera dalla
sua emicrania e
ne furono medicina
i bei motti
della scorsa sera.
Osservate con quale
compiacenza arresta di
quando in quando
il suo . sguardo sopra
uu astante, e pare che
la sua fisonomia
s'animi e s'abbellisca
: ne volete
conoscere il motivo?
Questi le presentò
l'occasione d'essere utile
ad un infelice.
Senza pretendere dominio
nella conversazione, sa
dirigerla con destrezza ,
e quasi direi
fa comparire sul
palco i personaggi ,
restando essa tra
le scene. Ella
sa far valere
cia- scuno senz'aria di
protezione, perchè sa
distribuire le parti
secondo V abilità,
il genio e
i talenti di
ciascuno. Voi avete
fatta una bella
azione, e non
ne parlate per
modestia; credete voi
ch'ella non la
conosca ? che
l'abbia dimenticata? Aspettate
che la conversazione
sia piena, ed
ella verrà, per
così dire, a
prendervi per la
mano e vi
presenterà agli sguardi
di tutti in
mezzo ai raggi
della vostra gloria. Parecchi scrittori
che frequentarono i
bordelli , hanno
fatto la satira
del bel sesso
: essi avevano
Nel testo ho
abbozzato con lievi
tinte il carattere
d'una signora, la
cui amara perdita
lasciò profonda sensazione
nel- r animo
di quelli che
ne ammirarono le
virù : parlo
della si- gnora Marianna Morigi
Réina. ragione :
il primo dovere
d' un viaggiatore si
è d' essere esatto.
A. chi ha conosciuta
deile dooae che
il flore delia
gentilezza uDivana aHe
fià- amabili virtù, iocumbe l'obbligo
d'esattew eguale. IL
Mostrare che degli
altrui discorsi nóu
f«t» dete una
parola, e che
le affezioni risentite
che il parlante
tende ad eccitare,
è dovere si
evidente, che. d' ulteriori
schiarimenti non abbisogna
dopo quanto è
stato detto nel
libro primo. Se
npn mostra che il turbi
o che il
conforti Ciò che
sente chi ascolta ,
non dirai '
f O ch'egli
è sordo o
che poco gt'
importi? Con somma
attenzìon dunque dovrai
Ascoltar ehi proponga
o chi risponda,
, n Se
avrai iuteìrrogato o
se il sarai*
» £.se avversa
al tuo genio
o pur seconda
Sarà' la eosa iM^t
dèi mei visito. Mostrare impressione
aspra o glo<M)ndd. Conviene assistere
ai discorso di
chi parla come
si assiste In
teatro ad una
seeua nuova ;
n E però
sii disposto ad
ascoltarlo » Come
di tutto ignorante
tu fossi , »
E n^suoi vari!
sensi a seguitarlo.
È quindi grave
inurbanità, allón^è qualcuno
parla, trastullarsi ooHentaglio,
col cane, coi
guanti, colla td^oduera,
eoi cappello, ovvero
Volgere qua ^.
là il capo,
e far gesti
con questo e
sorridere a qucHo ,
ioBomma mostrare un'
aria di volto
che , alla sensazione
comune eccitata dai
dkeeni. del pariante
non eorri^poada. In
forza di queste
distrazioni, quando il
discorsa è innoltrato
e diviene interessante,
siamo costrettJ ^ a confessare
che ce ne
sfuggì il filo,
e con altrui
. noia preghiamo
chi parla a
rannodarlo nella nostra
mente. Egle distratta intanto Torna, disse,
a ridir, ch'io
nulla intesi. L'altrui distrazione,
oltre d'essere un
affronto . a
chi parla, giunge
a turbare le
di lui idee ,
mentre all'opposto l'altrui
attenzione le raccoglie.
' « E
se ascoltando astratto
o per stanchezza
« Volgi l'occhio
, si ferma
chi favella ;
» Ma guardalo,
e il discorso
raccapezza. La distrazione poi
è dannosa a
noi stessi in
tre modi nella CONVERSAZIONE A
,<vr riv i/,
1'. Ci fa
ripetei^e le stesse
dbnande ^ ^^^prova
labilità di memoria,
Una principessa volendo
dire qualche cosa
graziosa ad una giovine
dama, le dimandò
quanti figli aveva. ‘Tre,’ rispose la
dama. Un quarto
d'ora dopo , la
principessa, la cui
attenzione era straniera a
questo trattenimento, dimanda DI NUOVO alla
dama quanti figli
aveva. — “Siccome non ho partorito dopo la prima
dimanda che aveste la bontà di farmi,” replica la dama , “così i miei figli
restano tuttora tre.” Ci fa commettere sbagli e contrassensi che ci rendono
ridicoli. Un negoziante cui
fu esibito da
sottoscrivere l'estratto battesimale
d'uno de'suoi figliuoli,
scrive : Pietro
.... 6 compagni.
Egli non s'accorse
della sua stoltezza se
non se dopo
la risata generale
che eccita. Ci
fa si^elare i
sentimenti del nostro
animo contro nostra
voglia. . Una dama
alla presenza di
suo marito parla della destrezza, di
cui si era
servito un galante
per introdursi nella
casa d'una signora
ch'egli ama, in
assenza di suo
marito. Ma nel
mentre, dice ella,
se la intendeno
tra di loro,
eccoti il marito
che batte alla
porta. Ora immaginatevi l’imbarazzo
in cui allora io mi trovai. La verità sfuggita alla moglie pose il marito in altro imbarazzo maggiore.
Sogliono essere causa
di distrazione. La noia
prodotta da discorso
poco interessante o già
notoy e il
poco concetto che
si ha di chi parla. Quindi
dell'altrui distrazione, siamo
non di rado cagione noi
stessi. L’abituale
irriflessione che lascia
errare sbrigliatamente la
fantasia senza riguardo
alla realtà delle
cose da cui
siamo circondati. La voglia
di rispondere per
vanità od altr,
simile sentimento. Allorché
qualcuno parla, alcuni
concentrano il pensiero
sopra ciò che
devono rispondere. Tutto occupati
nella risposta, non
resta loro alcun
grado d'attenzione per
ciò che ascoltano. Temendo che
sfugga loro l'idea
che vogliono esporvì ,
il loro spirito
s’occupa a conservarla,
e ad impedire
che altre al
di lei posto
sottentrino. L'astratto è
una testa debole
che si lascia predominare dalle
idee che gli vanno per la fantasia , o un
uomo vano che
si finge occupato
in grandi pensieri. In
atto Di pensator
profondo, altero sembra
Quasi seder della
ragion sul trono , E il
semi-chiuso ciglio abbassa
appena .ijfilt- Sul
non pensante vegetabil
volgo. Pretendere di mostrarsi
filosofi mostrandosi stratti
e sgarbati, è
pretendere di mostrar
ricchezze con un
tabarro rattoppato. Chi
alla coltura delle scienze
accoppia gentil costume,
dà segno di forza
d'animo come due. Chi
alla coltura delle
scienze rozzo costume
unisce, dimostra forza
d'animo come uno:
poiché se la
rozzezza è naturale,
la gentilezza è
figlia dell'educazione; dunque,
rigorosamente parlando, in
vece d'innalzarsi, l'astratto
si degrada, giacché
la sua condotta
prova o può
provare ch'egli basta a
coltivare le scienze, non
basta a coltivare
le scienze e
sé stesso. Si
possono dunque coltivare le
scienze senza essere
villano. Le scienze vogliono che dalla
solitudine passiamo alla società,
più amabili, perchè vogliono de'
seguaci^' non degli
stupidi ammiratori o de'
nemici. È quasi straniera
sulla fronte dell'
uomo buono la
severità, mentre non
di rado comparisce
sul suo labbro
un dignitoso e
piacevole sorriso, f.^^
L'uomo buono non
s'offende d'uno sgarbo,
non fa rumore
per un'altrui svista
; dissimula le
mancanze d'ossequio e di
rispetto che a
prava inten- '
zione non si
possono attribuire. Non
isdegna d'occuparsi di
cose frivole, se
piacevoli agli altri: e
nelle partite di
piacere più l'altrui genio consulta
che il proprio.
iìlLìmaii Di contrasti
ignara. Condiscendenza che alle
propri voglie Cede
coàì, che delle
altrui s'indonna.», ^
liwiisilegoa di prestare
orecchio agli imbecilli
che non gli
dicono BuUa, e
Ji toUwa, lofitaoissiuKi 4
« Gli altrui
detti e qualche
» Sbaglio sfuggito
e naturai difetto
AiranouDcfo d' un vizio
egli inc^inà a
porlo in ,
dubbio ; e
se il vizio
è certo, ricorda
il pentimento «^he
potrà cancellarlo. Quindi
egli prende spesso
ta- liKesa degli
assenti, e conchiude,
quando può, Hi
modo analogo a
quello che usò
Boiingroke^ ai- Jorchè
intése a laccfriiré
la riputsbsions éi
Maftou- , Tough
: Egli ayeva
.tante virtù, che
ho dimenticato I suo» mi.
t .Egli scusa
gli altrui difetti
anche a spese
della P.erità allorché
non ne viene
danno ad altri
^1). (I) IMusladin
Saadì nel suo
Mosarium poUticwm riferisce
«che un cèrto
re condannò a
morte naa de*
tuoi sehiavi ,
e ^lie quesU}
non vedendk» speranza
^ grazia, ^ede
sfogo al .
suo dolore con
nalèdieloini e ìmpreeaslofxl
d'ogni genere 'contro
il re. Questi
non intendendo ciò
che diceva lo
schiavo, \ ne
chiese la spiegazione
ad uno de'
suoi cortigiani :
il corti- .
ji^iono , il quale,
per rara sorte
aveva il cuor
buonore desi^ derava
salvare la vita
al colpevolé^ riiposè:
fflgilore, questo povero
diavolo dfeè, che
U parafo srta
preparato perqueUi (
c:{]c moderano la
loro collpra , e
che perdonano i
difetti \ ed ;
, Egli è il
primo a sottoscriversi ad
un progetto di
beDeficeneà ; non
è loataiio dall'
imj^rtunare per ottenere un
beneficio a vantaggio
di 'qoalchè bisognoso.
; Egli ha la
delicatezfsa dare ad
un brae&iio l
apparenza d\un obbligo ,
e conta pel
massinno ptqioere il
piacer di beD6fic9re
(1). È inotile
rag- iH quésto
tfodo egli Implora
la tostrà d^iDenza.
AUora ir '
re perdond éló
woìàmo, e gU
aiscordà dinuovi» A
sua gmìi. Cn
altro cortigiano iniquo
per carattere , facendo
rlmpro' veri al
primo, gli disse
che non cpnveniva
ad un uomo
del ,8U0 «Ugo
il mentire alla
presenza: del re;
quindi rivoltosi al
, principe , te
vi svelerò la
verità , gli disse
: i^ppiale che
lo «eMavo fak
proferito gouIbo di
véf 1^ pUi;
«BecraUMi/in^ " rioni,
e questo signore
vi vende una
merizegna. M re,
offeso da questa
graluila e inopportuna
malvagìtìu • dò
può ben essere^
replicò; Kta la
menzlogna che voi
gU r ^cimbroverate, eliè
la vostra ^^ìk è pregevole
; giac- 1»
cbè con questo
mé^ egli procacciò
dfc>a)vare la vitàad
« un uomo ,
mèùtre voi tentale
di togliergliela :
ignorate vo^ »
questa MASSIMA? La
menzogna die frutta
un bene, vale
» più della
verità che produce
un danno. Turenne avendo
veduto nella sua
armala un olBciale
imesto ma povero,
fornito. di cattivo cavallo,
lo invitta pranzo ,
e dopo pranzo
gii disse in
disparte con speciale
bontà d'animo: io
devo farvi una
preghiera che forse
voi troverete un
poco ardila ;
ma spero che
non vorrete rica-
li lìtillà al- vostro
generale, lo sono
vecchio ed anemie
ma- laticcio } i
cavalli Uroppo vivaci
mi ca^^ianano disagio
e pena; voi
ne avete' uno
sol quale starei
còmodissimo. Se non
te- messi di domandarvi
un sacrifizio troppo
grande , vi preghe-
rei di cedermelo. L'
officiale non rispose
che con profonda
. riverenza, andò
^ pifendero il
suo .cavallo e
lo condusse nella
«cudfHriA di Turenne.
^ Questo generali^
gii spedì il
giorno ap- presso uno
de* più belli
e migliori cavalli
dell* acq^ta. gfO^re
ch'egei si astiene
dalle commi ^UHaipai
a iBer di
labbro^ no» aeeompagnaté
èA desiéeria d'eseguire^
e che si
debbono chiamai'e r
« YeiMi iógafinì
in mmzognere offerte,
r - fissare
sei^ro co' suoi
simili è dtmenticare
di quante qualità
siamo sprovvisti , da
quanti difetti funifflio
lur^ervati dai solo
azzardo, quanti oggetti,
qpante circostanze sulle
debolezze degli uomini
influiscano. Ma per e^eré
buono non siate
imprudente } e
ricordatevi che la
bontà inclina naturalmente
a giudicare gli uomini
no quali som
ma quali dovrebbero
essere; la quale
illusione se riesce.pia^
cevole, perchè ci
libera dalle spine
della difliden^a, spesso
di molti, e
gravi sbagli è
fonte. § 8.
Modestia^. Per Qiodéscià
inteiAlesi quella, virtù,
die si a-
stiene dal prevalersi
de' proprii talenti
e della prò*
pria abilità In
modo spiacevole a^
j^uèlli con cui
viviamo. Ella è
veramente una virtù
^ gi^hè riesce
a reprimere la
nittùrale tendenza che
spinge ciascuno ad
esagerare i proprii
pregi e farli sentire agli
altri. ^ Io non credo
ch'uom sia sotto
la luna, Ch'il
suo ingegno cambi^^e
con PLATONE, »
Quantui^ue egli non
skppia cosa aìcuna.
Perche a ciascun
par esser Salomone,
, » £
ui essenza^si giudica
da tanto «
Che meriti ogni
onor da le
persone. Quindi Timmodestia
cresce in ragione
dell'ign^^ . ranza ,
o per dir
meglio del falso
sapere ; perciò
Digi vi,' la Bruyère
dice : //
vanaglorlosOy misto di
sciocco e di petulante^ sta
tra questi due
estremi. Un giudizio
troppo favorevole di
noi stessi of-
fende i nostri simili ,
ì quali , volendo
giudicare liberamente le
nostre azioni , veggono
con dispiacere che si
assegni a se
stesso nella loro
opinione un rango
o delle ricompense
che essi non
ci as- segnarono.
L'uomo modesto somiglia
a que' fiori che
umili steli tolgono
all'altrui vista, e
che solo il
loro pro- fumo fa
conoscere. La modestia
dà ai talenti,
alle virtù, alle
abi- lità quell'incanto che
il pudore aggiunge
alla bel- lezza (1).
' « Ippolito,
che sài più
in là A\
tanti ' »
Fra lor che
sanno, e di
saper dan mostra,
Mentre a te
ignaro de' tuoi
proprii vanti - .* ^
Schietto pudor Tonesta
guancfa inostra. »
« LaseianK), dice GOZZI, il
commendarsi da se
» medesimi a
coloro i quali,
temendo di sè
e delle y>
opere loro ,
tentano di sostenerle
coi puntelli , »
come gli edifizi
vecchi e cadenti.
Non sia disgiunta
da noi giammai
queir onorata modestia
» che è
condimento e grazia
di tutte le
virtù , e ^>
le rende più
care e pregiate.
Qual baldanza, vi L’umiltà, differente dalla modestia, è
una qualità cha
brama mostrarsi agli
occtii altrui, perchè ,
mostrandosi , In vece
d' offendere la loro
vanità , X adesca
\ ella suppone
per lo più in quelli
che la ostentano ,
un sentimento segreto
d'amor proprio od
anche d'orgoglio ch'ella
si sforza di
re- prmiere , desiderando
che le si
sappia grado della
sua vittoria. prego,
sarebbe la nostra
se volessimo privar
le » genti
della facoltà di
dare il proprio
giudizio » sopra
di noi ?
Perchè vorremo noi
essere niae-^ »
stri a tutti
coloro i quali
ci ascoltano, e
coniandare ad ognuno
che a nostro
modo favelli ?
E se per
avventura V intendessero
altrimenti da »
quello che andiamo
noi vociferando di
noi me- »
desimi , che sarebbe
allora ? Le
nostre voci si
» rimarrebbero offuscate
nelP immensa furia
delle » contrarie ,
e noi verremmo
giudicati senza cervello.
Quanto è a me
, così
penso e tengo
per » fermo,
che farà sempre
inutile opera colui
il » quale
a dispetto di
mare e di
vento vorrà essere
» d'assai con
la sola forza
delle sue ciance.
» r Giusta
gli esposti principii ,
l'uso ha introdotto
nel conversare socievole
certi modi di
dire che ,
lungi dal dare
segno di confidenza
eccessiva nel nostro
giudizio, lasciano scorgere
dubbio e difll-
denzà. Franklin ci
dice che conservò
T abitudine di non impiegare
giammai nelle quistioni
contro- verse le parole
certamente, sicuramente^ indubi-
tatamente^ od altre simili
che il dimostrassero
irremovibile nella sua opinione.
Io diceva piuttosto,
egli soggiunge i
fo credo^ io
suppongOy a me
pare che la
cosa sia così,
per tate a
tale ragione: ov-
vero la cosa è
così, se non
m'inganno (l)'. •
{\) Prima di
Franklin, aveva detto
Monsignor Della Casa
: « Bisogna
che tu ti
avvezzi ad usare
le parole gentili
e rao* »
deste , e
dolci sì , che
ninno amaro sapore
abbiano* e in-
» nanzi dirai
: Io non
seppi dire, che
Voi non m' intendete , j»
e Pensiamo un
poco, se così
è, come noi
diciamo; pint: »
tosto che dire:
Voi errate, o E'
non vero, o
Voi non la Poiché
gli scopi della
conversazione sono d'i-
Vr^struirsi o d'istruire
gli altri, di
piacere o di
per- » siiadere,
è cosa desiderabile
che gli uomini
in-- » telligenti
e ben intenzionati
non diminuiscano n^vjl
potere che hanno
d'essere utili, affettando
» d'esprimersi in
modo positivo'^ presuntuoso
che » vi|i9n
lascia di spiacere
a quelli che
ascoltano,, e » non
è proprio che
ad eccitare delle
opposizioni' » e
prevenire gli effetti
pe' quali fu concesso
al- . uomo Jl.s dono
della favella*/ , «tr
. . r
« Se volete
istruire, ricordatevi che
un tono af- ^,
fejrmativo ^fi- dogmatico, proponendo
la vostra -Ili
sapete ; perciocché
cortese é amabile
usanza è lo
Incolpare M altrui,
eziandio in quello
che tù intendi
d'incolpaclo;^ anzi<^ »
si dee far
comune Terrore proprio
dell' amico, prenderne prima una
parte per sè, e
poi biasimarlo e
ripren- i> derlo. Noi
errammo la via
: e Noi non ci .
ricordammo À ieri
di così fare*
^ome che lo
smemorato sia pur
colui A solo
e non tu
: e quello
che Restatone disse
ai suoi com-
» pagni non
istette bene: «
Foij se le
vostre parole moìi
men' M lono
n ; perché
non si deve
recare ili dubbio
la fede al-
»> tmi: anzi,
se alcuno U
promise alcuna cosa/e
non tela »
attende, non istà
bene che tu
dica: Voi mi
mancaste della •)
vostra fede ; salvo se
tu non fossi
costretto da alcuna
necessiti , p«r salvezza
del tuo onore ,
a così dire
: ma se
n egli ti
avrà ingannato, dirai
: Voi non
vi ricordaste di
così fare :
e se egli
non se ne
ricordò, dirai piuttosto
: Voi non
» poteste ;
o Non vi
ritornò a mente
; che Voi
dimenUcastc, » o
Voi non vi curaste d'attenermi
la promessa: perciocché
» queste sì
fatte parole hanno
alcuna puntura e
alcun ve- »
neno di doglianza
e di villania
; sicché coloro
che costu- »
mano di spesse
volte dire colali
motU , sono ripulaU
per- » sone
aspre e ruvide
; e cosi
é fuggito il
loro consorzio M
conie si fugge
di rimescolarsi Ira'
pruni e tra'
triboli. S6ft »
proposizione ^ è
sempre causa per
cui si cerca
di eontraddìpvi'^ e
p«r non si^
aicoltato 1» con
attenzione. Da un
altro Iato se,
desiderando » d'essere
istruito , e di
profittare delle coignizteiii
» «degli altri
^ toì ti
esprimete eooie pensona
for<- )> temente
ostinata nei suo
modo di pensare,
gli 9 MouNAt
modesti e sensibiii
che nm amane
la H disputa ,
vi lasceranno tranquillamente in
pos- » sesso
de' vostri errori. Seguenda
un metodo or-»
y> goglioso, raire
volt» potete speme,
di piaeefs af
» vostri uditori,
di conciliarvi la
loro benevolenza, »
e di convincer
quelli cui voi
eravate vago di £a9 »
aggradire i vostri
pensieri La ragione
non lia giammai
maggiore impero che
quaodo alla si
presenta non come
una legge che
si deve seguire,
ma come un'opinione
che può meritare
d'essere esaminata ;
perciò ne' crocchi
di Filadelfia pagavasi
un'ammenda tutte le
volte die facciasi
uso d'un' espressione
decisiva.e dogmatica. Gli
liQmini piià intrepidi'
nella loro c^rtsasa
4^rano obbligati d'impiegare
le formole del
dubbio, e pren-
dere nel loro linguaggio
l'abitudine della modestia^
la quale, quand'anclie
s*|uerestasse alle sete
parole, • (I)
L* abate Polignae
sapava presedtave le ime Idee
i^a aria sì
modesta e gentile,
clieil Pontefice Alessandro
VIU gli diceva:
Voi sembrate sempre
essere del mio
parerei ma alla
line de' conti
é sempre il
vostro che prevale.
Luigi XIV, dopo
d*avere ascoltato U
suddetto abate sulla
ìiegoziazkme Intrapresa à
Boma per le
celebri proposiztoid idei
clero Oallleano, disse
: R!l sono
Inlratlenuto con un
nomo, e glovìre
uomo, U quale
mi ha sempre
controddetUi c mi
e smifte piaciuto,
/ ai* uno
xiMa ^ *
avrebbe già il
vantaggio di non
offendere 1' altrui
amor proj^io, ma
che^ per rinfluenza
delle i^aaroie MHe
idee y ém
fiiialMefite etftfindent 4mU6
fltetse opkìioai. .Ii6
pmone gemili sapendo
die ralttni wiità
soffre allorché si
vede convinta, sogliono
terminare la contesa
con una lepidezza, a fine di mostrare che mii
forepo icrtet» dall'oppoeisimd, eh0
El- lero offendere il
loro antagoniata,. che
non si, van-
tano 4Mla vktona» .C&a^imazi(me dello
stésso argomento. Siccome
T ombra sola
della pretensione offende
Faltmi amor proprio,
perciò i titoli
di vano, su-
IUrbò, anrogantef tallita
si regalane a
tollo^ a torto
si dichiarano offensive
le giuste ragioni
con cai l'Qinocenza
e il nierito
rivendicano i loro. diritti. Costretto
non di rado
Tuomo grande ad
imporre silenzio air
orgoglio soperchialore , £a
conoscere dè di* egli
è, sbalza nella
tua possa e
torreggia dinanzi alla
mediocrità impertinente che
vorrebbe avvilirlo. a Di modestia
» Tempo or
non è, voce
d*oner n'appella. »
Infatti la vera
modestia è eome
la vera bravura,
ÌJ quale non
oltraggia giammai, ma
sa rispingere gli
oltraggi y fuorché
quelli che. li
fa non sia vile à
segno da non
meritare che disprezzo.
Chi avrebbe potuto
tacciare d'arroganza Cicerone,
allorché, tot- nato
dall'esilio, pregiavasi d'avere
salvato gli Dei
del Campidoglio, il
Senato dalla vendetta
di CATILINA, il
popolo dal giogo
e dalla schiavitù
? Non era
egli giusto che
mostrasse a'suoi nemici
il suo Dome
cancellato , i suoi,
monumenti distrutti, la,
sua casa demolita,
e c6l peso
della sua gloria
gli opprimesse? I^aseiando
da. banda il
caso assai rara
di CICERONE Cice*«- ronC)
e consultando la
giornaliera esperienza, ve-
dremo che ì^Uoìtdi..
l'esternare giusto sprezzo
per gUr aUH
e giusta sHtim
pctsé^ è gittstij^ato,
^al- r altrui insolenza. Gbe cesa
dite di quelH
ohe scrivono la
propria vita? Il severo
Tacito non ha
osato fare rimprovero
a parecchi' famosi
ingegni dell' antichità,
che le loro
gesta pubblicarono, non
per ostentazione e
Un prelato cortigiano,
il cui merito
consisteva ne'suoi avi,
ccedevasi disonorato vedendo
in Flechier un
confratello, che Dio
aveva fatto eIoqu$inte,
caritatevole, virtuoso, ma
non gentiluomo :
egli era ^sorpreso
che Fléchier fosse
passato dalla bottega
de* snoi paventi
affa ^e tescovfle ,
ed èMie r
impertinenza di dirglielo
: Con questo
modo di jwmare^
ri- spose il vescovo
di Nìmes, temo
assai che se
voi foste nolo
f ai posto
m cui io
aono^ rum ne
feski disceso far
delle eandéU» Anche
H «lareseiallò de la Feuììtàde,
tanto più soper-
cliialore con quelli
che credeva inferiori
a sè ,
quanto più era
vile alla Corte,
disse al sullodato
Flechier, eh' egli
non' era a'
suoi ocelli che
un meschino borgliigilino
di Nimes, e
SQg^nset Gmmdt» ehs
vostro padre sarebbe
6m sér^ preso
nei vedérvi dà
che voi siete.
Forse men sorpreso
che non vi
sembra^ rispose il
prelato, giacché non
il figlio di
mio padre^ ma
io^ fui fatto
vescovo. — Il
diritto di difesa
giustificava questa risposta; poiché l'
alta opinione che
U buon vescovo
mctetiava di sè,
oltre d' essere fondata
sul veiO} ten«
deva a reprimere
un ioigjusto 8pcegio« arroganza ma p«r
quella tonfideasa the
.la 'pvobità inspira. Alfieri* che
ci ha lasciato. la
sua vita confessa
candidamente che il
parlare e molto
più lo scrivere
^.^i se sl^esso
nasce da molto
amor, di se stessa. '^ìkipo
questa ingenua confessione
rautece giustifica *
la sua condotta
nel modo seguènte:
'^-Avendo ia oramai
scritto naolto, e
troppo pià forse
che non avrei
dovuto ^ è
cosa assai nàtu-
* » rate
che alcuni di
quei pochi a
chi non saranno
dispiaciute le mie
Opere ( ée
non tra' miei con^, »
temporanei, tra quelli
almeno che vivran
dopo ), avranno
qualche curiosità di
sapere qlial i<^
mi » fossi.
Io ben posso
ciò credere , senza
neppor » troppo
lusingarmi , poiché di
ogni altro autore
1» andie minimo
quanto ad valore ,
ma voluofiinoso quanto
alle opere , si
vede ogni giorno
e seri- n
ver^^e leggere^ q
vendere almeno la
vita. Ondo^ quand'anche
nessun' altra ragione Vf
fosse ^ è )».jQ^^pur sempre
che, morto io,
un qualche »
lyÉsJo peir càyaore
alcuni più soidi
da una nuova
edizione delie mie
opere, ci farà
premettere una »
qualunque mia vita»
£ quella verrà
verisimil<* » mente
scritta da uno
che non mi
aveva o niente
» 0 mal
conosciuto, che avrà
radunato le materie
» di essa
da fonti o
dubbi o parziali;
onde codesta vita
per certo verrà
ad essere, se
non » altro,
alquanto meno verace
di quella che
possa dare io
«team; E ciò
tanto più, perchè
lo scrit« »
t<(^ a soldo
dell'editore suol sempre
fare uno »|,smto
panegirico dell'autore che si ristampa^
sti^ » mando
amendue di dare
così pià ampio
snriercio » alla
loro comune m^canzia.; L'illustre Alfieri
adunque, a ragione
persuaso che il
suo iiome sarebbe
grande ^ucbè restasse
scintilla di ;gusto
sul nostro globo
^ scrisse la
sua vita, acciò
Aa stolta e
mercantile adulazione non
venisse presantata ai
postai sotto falso
aspato. ' Questa
difesa è modesta
nel tempo stesso
e sa« gace.
L' auto re avrebbe
dovuto aggiungere «
che anche lo
spirit o psfrtitp
s'accinge spesso a
scri- vere delle vite
o de'romanzi, e
di censure è
largo o di
lodi ugualmente contrarie
al vero (1).
^ Ossian, diòe
Cesarotti, non ha
difBcoItà di far
Assentire la goista
estimazione ch'ei possedeva
V presso la
sua nazione. L'uomo
grande è sincero;
» parla di
se stesso come
degli altri, ed
è giusto 3»
Ugualmente con tutti.
La decenza moderna
è È compftrsaìn
Franeia ima cosi
delU SiUtoteca de-
gli uomini viventi
ecc. GU ignoti
autori di questa
misera- bile rapsodìa mettono
i vivi nel
sepolcro , contaoo i
morti tra i vivi
, di
più individui ne
fanno un solo ,
squartano un Individuo
10 tre, C8nd>iano
U medica in
«rrocato^ lo stam-
patore in consigliere, ll^canieiioe
in arlecchino: raccontano
fatti che l' opinione
locale smentisce , citano
libri di cui
non conoscono il
frontispizio , alterano
le date per
creare odio- sità od
affezione , censurano quelli
che non li
pagano , ven- dono le
lodi a tre
centesimi per jMigina,
gindicano ^ af-*
lui coir acume
della stupidezza, parlano
degH uomini come
ne parlerebbe un
Ourangoulangh, ecc. ecc.
: speculazione libraria che
né dà, ne
toglie riputazione, perchè
nissuno gua- rentisce nè
i fatti, né
i giudizii, ma
che può far
ridere sin- ceramente le
persóne di éenno,
giacché le persone
di senno hanno
diritto di ridere,
quando veggono lin'
impòsta «icfAi credulità^
sidV invidia e tuUo
$pitii0 di fmrUio
^ affezioni tanto
più pronte a
pagare quanto più. goffe
son le menzogne
die lor $i
vendono» molto schizzinosa
su questo punto:
gli uomini, »
non osando lodarsi
in pubblico, si
adulano più »
liberamente in segreto,
e sì credono
in diritto »
di risarcirsi della
loro Onta modestia
col detrarre' »
alla fama degli
altri. Così non
abbiamo guada-* »
gnato che virtù
apparenti e vizi
reali. » Eccettuati
i casi di
difesa accennati di
sopra,' a me
pare che il
giudizio di Cesarotti
dia in falso;
giacché chi vanta
i proprii meriti,
in vece di
far^ parlare gli
altri a suo
favore, li fa
tacere; In vece
di farsi degli
ammiratori, si fa
de'nemici ; quindi
il dignitoso silenzio
della modestia sarà
sempre preferibile: II merito
più grande è
il più modesto.
» ) Se
facesse d'uopo confermare
questa idea popolare
con autorità , sceglierei
tra gli antichi CATONE , il
quale , a detta
di SALLUSTIO, faceva
grandi cose senza
menarne rumore, e
avrebbe potuto dire
: a Cedo
a tutti in
parole, a nullo
in fatti. Tra
i moderni v'
additerei il poeta
Despréaux , il quale,
eccitato da un
incisore a far
qualche verso pel
suo ritratto :
Io non sono
sì malaccorto ,
ri- spose , da
dir bene di me
, nè
sì stolto da
dirne male. §
6. Rispetto ai
pregiudizi. I giovani
non conoscendo ancora
per esperienza quante
passioni vegliano alla
conservazione degli errori ,
ignorando che tra
gli errori v'
è una for-
tissima lega, e tale
che scotendone uno,
gli altri si
risentono e CQjrrono
in difesa: i
giovani, dissi, si
danno a credere
che ogni verità
potssa essere , sRa- presenza
di chiunque proclamata ,
e fanno le
maraviglie se più
ostacoli le si
oppongono. Come inafi
ha (iNDlnto il
sensate Bandi riguardare
il ri* spetto
ai pregiudizi come
un legame inventato
dai eapriccio e
dalla moda? Se qualcuno, entrato
in una moschea
zeppa di adoratori
di Maometto, grl->
classe ad altissinia
voce che Maometto
era un im*
postorcr credete voi.
che farebbe HK>lti
proseliti, e che
non verreUe in
pezzi dagli astanti?
Ma senza anco
voler calcolare i
danni cui si
espone ehi spaccia
una verità imprudente,
fa d'uopo con-f
venire che, offendendo
i pregiudizi contrarii,
non le rende
più agevole la
strada^ ma più
scabrosa. Ella è
infatti cosa difficilissima il
convincere un' uomo
dopo che abbiamo
offeso ilsuo an^or
proprio, ' Se il
-sole, dice d'Alembert,
^lene ad illuminare
in un istante
gli abitanti d'una
caverna oscura, e
dardeggia impetuosamente i
suoi raggi &m
loro occhi non
anco disposti e
preparati , e quindi
gli irrita soverchiamente ,
renderà loro per
sempre odioso lo
splendore dei giorno ,
di cui non
cono- scono ancora i
vantaggi, mentre sentono
il dolore che
loro cagiona. Se
ai contrario introducesi
in questa inverna
un debole raggio
che per insensi-
bili gradi vada crescendo,
si riuscirà a
dimostrare il pregio
della luce , e
gli abitanti stessi
ne bra* nieranno
l'aumento. Per la
medesima ragione con-
viene rattemprare la luce
dei vero ,
ed aspettare che
rintelletto a poco
a poco si
sciolga dalle false
idee che l'ingombrano , divenga
gradatamente più forte.
I s' abitui e s'
addomestichi cpl nuovo
ospite f^he non
conosceva per anco.
>^ Pretendere che
tutti gli intelletti
ammettano tosto le
stesse verità, è
pretendere che tutti
gli stomachi digeriscano
egualmente le stesse
vivande. La pulitezza
vi fa dunque
un dovere di
cono- scere il carattere
personale e la
situazione sociale delle
persone che al
solito crocchio concorrono ,
acciò le vostre
idee ed affezioni
non vadano a
dar di cozzo
contro quelle degli
astanti , e con
reci- proco risentimento rimbalzino.
F'élo alle antipatie.
Lo sprezzo che
merita la vile
adulazione ha in-
, dotto a
fare distinto elogio
della franchezza , e
come virtù assoluta
raccomandarla. La massima
di velare le
proprie antipatie, come
quella di rispettare
i pregiudizi, è
stata riguardata qual
legame inventato dal
capriccio e dalla
moda da più
scrittori. Si dice
che dassì prova
d'integrità allorché la
lingua ed il
cuore essendo d'accordo,
le parole rappresentano
i sentimenti. Ciascuno
per altro s'
accorge , o
sente almeno confusamente,
che se merita
sprezzo un cortigiano
che ci protesta
stima, affezione, amicizia ,
mentre nell'interno dell'
animo egli si
ride di noi ,
merita disprezzo maggiore
un cinico, che
senza necessità viene
a dirci: Io
v'abbomino e vi
detesto. . Dunque
tra la menzognera
adulazione e la
fran- i chezza
eccessiva vi debb'essere
un mezzo. La necessità
di questo mezzo
è dimostrata da
tre ragioni. f
i. L'amor proprio
di ciascuno ,
costantemente avido di
farsi degli amici
e degli ammiratori,
agevolmente lusingasi di
ritrovarne dappertutto , e
sente in lui
sorgere e crescere
il dispiacere in
ragione delle persone da
cui si vede
sprezzato. Il dispiacere
risultante dallo sprezzo
è copiosa fonte
d'antipatie, animosità, odii ,
e perciò di
gra- vissimi danni sociali.-Noi
c'inganniamo sovente nell'opinione che
concepiamo degli altri ,
e più volte
siamo costretti a
ritrattarla V senza
riuscir sempre a
giudicare più sanamente. Laonde quando
alcuno, giusta l'interno
suo sen- timento, dice
ad un altro,
Vi sprezzo, è
sempre certo che
gli cagiona un
dolore , non è
sempre^ certo se
colpisce nel vero,
-^y, Ora, escluso
il caso di
necessità, fa d'uopo
essere 0 crudele
ò pazzo per
cagionare ad altri
un dolore' che
ppò essere ingiusto,
e farci un nemico
che può riuscirci
funesto. ^i^V'-Alcuni
dicono: Da un
lato v' è sèmpre
piacére neir esprimere i sentimenti quali
nascono nel no-
stro animo, mentre si
prova pena nel
reprimerli ; dall'altro
noi non abbiamo
bisogno di nessuno*f^i
Di questo raziocinio
la prima parte
è sempre vera,
ma la seconda
è sempre falsa,
finché re^* stiamo
nella società. Voi
non avete bisogno
di Pietro, e
forse senza danno
presente o futuro
po- tete dirgli : Ti disprezzo
; ma la
faccenda non va
così con tutti
gli altri uomini.
£ntrate in una
conversazione con quella
franchezza encomiata da
alcuni scrittori, e
presentandovi
successivamente a ciascuno
, dite a
questo : Voi
pretendete di piacere
a tutti, e
tutti si ridono
di voi ; — a
quello : Voi
siete sì sciocco che m'eccitate compassione; —
a un terzo
: Non saprei
dirvi il motivo ,
ma sento ars
avversiófte Contro di
voi, ecc. Se
voi così operate^
'mi par certo
che tutti s'alzeranno
per cacciarvi' .
/ fuori della
conversazione a ceffate
; e vi
succederà lo stesso
in tutte le
altré. ^^'o^mii ' La
franchezza non consfete
nell' offendere inu^
tilmente l'altrui amor
proprio , ma
nel difendere con
coraggio i dirìtti
deWinnanità contro r
orgoglio che li
calpesta^ e nel
convenire de'prqpri difetti
ed emendarsene. ' •/
^ ,»iliisidu6m;2 In
vece dunque di
dire al giovine
: Alza il
vélo che copre
il tuo animo
e mostra a
tutti Podio/ lo
sprezzo, la noia,
il dispiacére che
in te produ-
cono le loro debolezze
e i loro
difetti ; gli
dirò piuttosto :;
Jpl^; Uflf' lato sii
pronto a compatire
le loro debolezze,
dall'altro non crederti
infallibile j ne'juoi
giudizi. L'uomo franco
può conservare. il
j suo sentimento
senza offendere l'altrui
amor prò =5
prio ; non
si deve offendere
l'altrui amor proprio
se non in vista d'un
vantaggio maggiore, come
nònr si taglia
una gamba se
non per salvare
la vita. Mi spiegherò meglio con
un esempio: ^ Uno
de'confratelli di Guettard
lo ringraziava un
giorno perchè questi
gli aveva dato
il suo voto
4 allorché quegli
fu accettato membro
dell'accadenriia delle scienze,
roi non mi
dovete nulla, rispose
il ' Botanico
: s'io non
avessi creduto che
era giusto it
darvelo ^ non
r avreste avuto
^ giacché io
non v' amo.
». Questa risposta
, benché lodata
da Condorcet mi
sembra riprensibile ,
perchè gratuitamente of^
fensiva. Per quale
motivo cagionare un
disgusto e dire,
non v'amo^ a
chi viene a
protestarvi un sentimento
di riconoscenza.^ Se
Guettard. avesse ,SW' d(^V
Nèl^ire tt 'mi§^i^
te eoasultù te
giù- sUzìa e
niente altro; non
ringraziate ddnqiié me^.
ina voi stessè,
giicebè se nra
avessi creduto cto
lo meritaste^ ndw
?ir«fcMè »v«to ;<catìh
riq^^mileaddi^ Gtiettard sarebbe
stato^^ franco senza
essere offea- siw
é «liand. L'abAté
S. ae«l (Aragofift*
la indotta 4egH4t9^
mini nel mondo
a quella de' ciechi
in uiìà casa*
vàs|sì è ^nregoiare
: rj^^iH^^ I
più sensati a
tentone. Quelita
irregolarità di condotta
non succede per
Tapplicarle. Non uscendo
dai limiti deirargomento
che jdiscitto^ dirò aduncfue,
che in mezzo
a tanti earattefi
diversi, tr«*te-vtóc pMftéser^Ue
^pasaitini^* neK'aod^giQjnento costante
de' gusti e de*
pareri , tiatf 'si eMre
'pericoiè di sbaglio,
«dlforicbè attenlèii- dòsi
allo scopo della
conversazione^ che è il rfi*
^rtimento, si ha
riguarda alla vanità
di tia^ scuìw, che talvolta
è-il prineifmte\08tàiiUù^ fatti, se; nelle botteglie
predomina l'interesse, nelle
cooversaÈtoni prevale la
vanità, e I
bkdgtii -deila vanità sono
anteriori al bisogno
di trastullarsi. La vanità
è più o
meno maneggiaste secondo
iindole delle altre
qualità eiA f&
trova uffitt ;
Mvl^ viene dunque, tener
queste presenti al
pensiero per rttrovkre
i bieztl onde
adescai qaè)la {
o dmetio iVon
irritarla. Vanità e
ignoranza. AUorisliè la
vanità è Hìnalgamatà
coH'ignoranza, apre foreccbio
aHé più sciocche
menzogne, e delle
più improbabili illusioni
si pasce. L'uomo
vano ed ignorante,
per es., gongola
di piacere alle
Iodi che voi
date al suo
eappello, alla sua
giubba , al suo abito,:
mentre un uomo
di spirito ne
rimane offeso. . f^anità
e riflessione. In
questa combinazione le
lodi impudenti, anche
desiderandole per altri
fini, dispiacciono: i Romani
non sapevano come
contenersi con Tiberio,
il quale non
voleva la li;
berta e odiava
la schiavitù. A
Traiano éfie aveva
Io spirito sodo
, non andavano
a sangue le
basse maniere e
servili che usava
seco lui Adriano.
Carlo» ^.V disse
ad un adulatore:
IVF accorgo che
pensate a me
ne' vostri sogni.
,3. Fanità e
viisantropia. In questa
combina- .'zlone la
vanità è sì
schizzinosa e bizzarra,
che una |
lode, benché veridica,
e ravvolta in
gentile scorzi V
la offende , amando
essa meglio essere
contradidetta che encomiata.
Infatti egli è
un mezzo quasi
infaUibile per conciliarsi
l'animo del misantropo
il somministrargli occasioni di
esercitare la sua
bile contro quanto
succede, e procurarsi
così una specie
^di celebrità, essendo
ohe nessuno maltratta
il ge- nere umano
se non per
occupare di se
stesso il genere
umano. 4. Fanità
e sesso debole.
Benché le lodi
alla bellezza non
siano vere lodi ,
ciò non ostante
suo- nano piacevolmente all'orecchio
delle donne co-
muni, ed anche degli
uomini. Osley, famoso
men- dicante a Londra,
fece fortuna servendosi
del se- ,guente
stratagemma. Quando era
permesso di men-
dicare in Inghilterra , egli si
appostava ove era
maggiore la concorrenza
delle persone di
buon tuono; e
allorché vedeva delle
donne eleganti, cercava
loro la limosina.
Se esse gliela
ricusavano , Madama ,
diceva egli all'
una , In nome
di questi begli
occhi neri ;
all'altra, In nome
di questa bella
capellatura ; a
quella, In nome
di questo bel
taglio incantatore ; a questa ,
In nome di
que' labbri di rosa;
finalmente venivano le
gambe divine, i
piedi leggiadrt, il
portamento da regina:
nulla era di-
menticato : ed egli
andava a casa
colla borsa piena.,
inanità combinata con
qualunque sorta di
carattere. La qualità più
costante della vanità
in qualunque combinazione
di cose, o
sia considerata nell'uomo
in generale, si
è il piacere
crescente in ragione
delle persone che
parlano di lui
senza svantaggio. Un
principio d'involontaria allegrezza
scorgerete sul volto
di chiunque , appena
gli dite che
avete fatta menzione
di lui in
tale conversa- zione;
che Pietro ne
ha parlato in
tal altra, ecc.
È successo un
piccolo urto nell'amor
proprio di due
famiglie, il cui
rumore non è
giunto alla fine
della contrada ?
Gli individui di
esse vi diranno
che ne ha
parlato tutta la
città ; e
se voi mostrate qualche dubbio ivyi^ si dimanderà se
siete caduto dalle nubi:
tanto è vero
che là brama
d' essere r oggetto
degli altrui pensieri
c' induce a credere d'esserlo
realmente, e la
supposta esistenza nell'ai:
trui opinione è
centupla dell' esistenza
reale : in
somma gli uomini
in generale somigliano
quel miserabile principe
dominante sulle coste
della Gui- nea ,
il quale seduto
a' piedi d' un
albero , avente
per trono una
grossa pietra ,
per guardie quattro
ISegri armati di
picche dì legno,
diceva ad alcuni
-francesi : Si
parla molto di
me in Francia?
Atteso questa forza
estensiva della vanità,
ciascuno, spesso di
buona fede^ rappresenta
la sua opinione^
privata comè opinione
pubblica, di modo
che nel ^progresso
del discorso vengon
affibbiate al pub-
blico cinque o sei
opinioni talvolta contraddittorie sullo
stesso argomento. Conoscendo
le principali combinazioni
della va- ;ìiità ,
e i prodotti
sentimentali che i^'e
risultano > saprà
il giovine adescarla
con garbo senza
com- promettere la dignità
dell'uomo ; ritroverà
il limite che
separa la dissimulazione dalla
simulazione, e idalla
vile falsità si
terrà lungi ugualmente
che ridalla sincerità
gratuitamente offensiva. -
Dapprima, in vece
di mostrarsi stupido
e silenzioso alla vista
dell'altrui nierito,, il
giovine ne sar
\ pronto encomiatore,
esternando gradi di
sti?nu proporzionati alle
qualità utili e
lodevoli, asso- ciando alla
stima gradi di
rispetto, se di
partico- lari virtù si
tratti e di
grandezza d'animo; in
tulli i casi
egli procurerà che
il sentimento rappresen-
tato da' suol atti e
dalle sue parole
s'avvicini ìi quello
che gli altri
vogliono ritrovare in
lui, non dimenticando
che quando sì
tratta di riguardi;
e men male
peccar per eccesso
che per difetto.
Sta dunque attento
nel passar del
guado, ^jji?,.K cerca d'evitare
li due scogli, » Da cui
scampano pochi, o almen
di rado. »
ft ben che
in questo mar
la nave sciogliCol
rischio a destra
ed a sinistra,
ancora :^ »
Salvar ti puoi,
se il mio
consiglio accogli. . ^ Va
per la via
di mezzo, e
se pur fuora
^.;»vDel relto calle
fantasia li mena
, .» AH
pilo, e non
al basso tien
la prora. »
' d'avvilirsi^ isostràndosi
indulgente alle umane
de- ^lez29e, aUoìr«][iè
nmaa dmm ne
risulta^* EUa^Mftì isdegna
A tendere agli
altri tachè dì
più di quel,c^e
hanno diritto d'esìgere,
sapendo ejie nel
com* smercia < deUa
vita cU ai
ostinàsae^ a coVmmr^
gli uonuni nel
loro vero posto,
correrebbe pericob di
ppjRsi ia coi^esa
eoja tutti. >Le
aote anima ficoole^
jpqttìtfe aidle iaM pretemttoi, speaae^ sospette jti guardando come
furto fatto a
se stesse lutto
ciò (^p c(NM«doiif^
figli aitai >
Ungotìé goolàùiaf^^ là
tfiiancia in mano
per pesare a
rigore ciò che
4«!^oiiq| fat^f^iiidaie o
musare : é
sg^s^ sotto pr^
testo di non
degradarai, si im»lmiio*iiliiv^tlaeif|i .(^io^Q
usfmli eà inferiori. I
Lacedemoni, che- neri peccavano
per eccesso di
bas- sezza, hanno
lasciato un beli'
esempio dell' indulgenza
che si debba
alla follìa de'
grandi. 41e^s^"^^o ^^^^
piccolis- ^iiaio, qMlido
péélèadava drenare figUo
4i Giove, e
JHo egli stessè,
^ireeheper Melo rieooosotaeiDo tutti
gU 8ta(l.éella Grecia
: in occasione
dì queste pretensioni
i Lacedemoni fe-
cero il «eguente decreto,
veramente laconico ~
Poiché Ales- saneÉto
vuol essere Dio^
che lo sia.
' . Attai
meao ladolgeiito si
moslflò FilosseiMr een
Dioiiigi fttotteo. Questo
ttasniio, peidiè era
vètf laceva de*very,
pre* tendeva al
vanto di pòela.
Ef^li prff^ò un
giorno Filoss^ne a
correggere una sua
opera teatrale; e
questi, avendola rap-
pezzata e rifatta 4al
primo verso air^Himp,
il re lo
con- dannò alla
lettere, ^acciò- fi Imipamse a
rispeltase ia regia
pc^la. li giómò
sussegnèiYte^ tra(toìòdi cacGasKe,^K>'amiiiis8 alla
sua mensa, e
liniio il pranzo,
dopo avergli fettOfaleciDl
versi , gli
domandò il suo
parere. Il ponila ,
senza rispon- iV?^
Raccomanderò finalmente ai
giovani di non
imi- tare la vile
e perfida condotta
di coloro che
lo- dano alcuni
collo scopo di
denigrarè altri. Ih
ciascuna carriera alcuni
personaggi distinti occu-
pano gli sguardi del
pubblico : cbe
cosa fa V
in- vidia per defraudarli
? Suscita loro
de'rivali, colma di
lode degli imbecilli
che appena hanno
il senso comune,
e si sforza
di ripeterne i
nomi, acciocché il
pubblico s'induca ad
occuparsi di essi
e dimen- ,/tichi
i primii -^^Nel
corso della giornata
si riproducono ad
ogni vistante de'
casi , ne' quali
alla sola azioiie
d'inno- cente lode
si può ricorrere
per conseguire l'assenso
di alcune volontà
, e diminuire
la resistenza di
altre ; perciò
ad esercizio de'
giovani soggiungo i
seguenti problemi, ciascuno
de'quali ammette, col
dere, si rivolse
alle guardie e
disse loro: Riconducetemi
in ctarcere. ^f**^ -^u
^. •> i
Un uomo ^11
«pirilo nel case
di Fllossene sarebbe
uscito d* impaccio
con una celia.
Infatti la condotta
di questo poeta
sarebbe ammirabile, se
si fosse trattalo
d'una cattiva legge
od alli-a operazione
daivàosa al pubblico
; ma scegliete
jl carcere pcrclié
un Uranno vuol
essere poeta, é
paizrja. ' Maggiore
imprudenza commise rarchitelto
Apollodoro , il quale,
sapendo quanti> l' imperatore
Adriano era avido
dì lodi, criticò
un di lui
tempio in modo-
un po' burlesco , os-
servando cbe se gli
Dei e le
Dee si fossero
alzale in piedi ,
si sarebbero rotta
la testa nel
soffitto. Questo scherzo
gli costò lii
.vita. 11 quale
fatto Ù dice
che i coltivatori
dozzi- nali delle belle
arti hanno una
vanità atraordinaria, supe-
riore a qualunque sentimento^
e capace di
sacrificoì'c la slessa
amicizia, mezzo della lode , soluzioni
indefinite nelle varie
circostanze sociali. Disarmare
la collera. .( Aureliano
faceva rimprovero a
Zenobia , per-
chè non aveva riconosciuto
gli imperatori romani
; la principessa
lo calmò, dicendogli
: Io riconosco
voi per imperatore,
voi che sapete
vìncere : Galieno
e i suoi
pari non mi
sembravano degni di
questo nome. . ,
2. Addolcire l'amarezza
d'uri rifiuto. '^
^ ( 11
gran Condè, pregato
dalle dame di
lasciarle uscire da
Vezel ch'egli assediava ,
prevedendo che Ja
loro uscita ritarderebbe
la resa della
piazza, ri- spose che
non poteva acconsentire
ad una dimanda
che del più
bel frutto del
suo trionfo lo
prive*, rebbe. , *
Accrescere pregio ad
un favore.' (
Luigi XIV nominando
al vescovato di
Lavaur Flechier, che
predicava alla corte,
gli disse: Vi
ho fatto aspettare
alcun poco un
posto che meritavate
da lungo tempo,
ma non voleva
privarmi così presto
del piacere d'ascoltarvi.
) " '
4. elare il
lato offensivo d'una
verità. ( Despréaux
interrogato da Luigi
XIV sopra alcuni
versi da lui
composti: Sire, rispose,
nulla è impossibile
a Vostra Maestà
: ella ha
voluto fare de' cattivi
versi, e vi
è riuscita. )
Un soldato francese
si faceva chiamare
col nome d|
Turenne, celebre maresciallo
di Francia: quesU
mostrò d'es- serne ofifèso: il
soldato rispose: Generale,
io sono invaso
dalla gloria de*nomi:
se ne avessi
conosciuto uno più
bello del vostro,
l' avrei preso. L'uso
della lode è
ragionevole finché, fondato
* sul vero
o verisimile ,
è stimolo o
ricompensa ai talenti,
all'industria, alla virtù.
i L'uso della
lode è riprensibile
quando o fondasi
sul falso, 0
di gran lunga
oltrepassa la misura
del merito encomiato,
e allora dicesì
adulazioìiél * Vi sono de'Iodatorì
eterni, i quali
non vi danno
una lode fuggiasca
e dilicata ,
ma vi inondano
e opprimono d'elogi;
e ciò per
ogni inezia, ad
ogni istante, alla
presenza di qualunque
persona ; •
cosicché se non
rispingete le loro
lodi smodate, acquistate taccia
di vanità ; e se
le rispingete, essi
'. le replicano
con usura, e
per così dire
non vi in-
censano, ma vi danno
il turibolo nel
naso. Tre caratteri
distinguono l'adulazione dalla lode
' ' ragionevole
0 meritata: L'adulazione
cambia i vostri
vizi in virtù;
^ m||||( Ella
vanta in voi
delle qualità che
non avete ; Ella
innalza eccessivamente quelle
che avete ; ....
Nel mentire esperto,
* » Maestro
in adulare , egli
senz' onta V
Chiama faconda indotta
lingua , e
bella I * " »
Schifosa faccia ; un sottil
collo e lungo
I )) Agguaglia
a quello d'Ercole,
che innalza I
. » Di
terra Anteo; magnifica. una voce
) • »
Stridula e chioccia
qual d'irato gallo
» Che alla
mogliera sua morde
la cresta. •
» L'adulatore adunque È
un ipocrita che
finge &entimeoti c^^ptmru
a qutìlìi ohe
cg^ ffi^U' animo ;
^ Z m
vile - «
Buffon , perpetao
l^ioMM' di eaptf
«, * »
* die trama
ai cenni del
rìccOf e Ib.ecQ
ai detti deUd
persgy|;iefiu viziose i
% wó soroccatore
cl)e.)dà .menzogne per
fitleoi^rj; vantaggi personali
; É un
ladro che toglie
alla virtù r.eiicomio
ehe profonde al
vizio; £ un
infame che »
io^i^^^^i^te ali' onore
» non teme
il pubblico disprezzo;
L infamia delPadulazione cresce
in ragione della
pubblieU^ ddta aUe
lodi menzognere. Pera
colai che sa
malnati fogli «
Famelfto eerifter vende
sue lodi, »
E d'aura popolar
Talme rigonfia. »
Sid labbro a
lai le venenate
tazze » Vota
menzogna , e
Favvilito incenso »
Onde frodonne di
virtù gli altari ,
» La lusinga
vénal pria^nde a
Itti ; »
Che col prestigio
d'un error che
piace 19 Cangia
il ?izio in
virtù, traiforma in
mmie » T»
Ignoranza , follia ,
viltade, e mira
» Sorger Tersità
emulator d'Achille ^ » E
nn Sfida infame
in an Traian
rivolto. Allorché Filippo
di Macedonia divenne
guercio, il cor-
tigiano Clisofo usciva di
casa con un
empiastro sulF occbjo,
e si traeva
dietro una gamba
allorché il re
zoppicava per una
lecita. Sono arcìpochissimì quelli
che facciano sforzi
per acquistare le
qualità che loro
mancano allorché vengono
accertati che le
posseggono ; e
meno sentono stimolila salire
ad alto grado
di gloria se
quelli che li
circondano dicono loro
ad ogni istante
che sono giunti
alla cima. Si
può asserir anco
che più personaggi
potenti non divennero
tiranni se non
perchè fu fatto
lor credere che
tutto era loro
dovuto , e che
il loro rango
scusava qualunque colpa
potessero commettere. Da un
lato essendo utile
l'uso moderato e
ragio- nevole della lode ,
dall' altro non
essendo difficile d'essere
tacciati d'adulazione ,
perciò ricordecò la
regola dì Montaigne,
il quale , nel
lodare le virtù
e i pregi
reali de' suoi
amici , compiacevasi bensì
d'esagerare alcun poco,
ma limitavasi a
cambiare un piede
in un piede
e mezzo :
secondo Montaigne adunque
il rapporto tra
il merito e
la lode che
possiamo tributargli, non
deve oltrepassare il
rap- porto di uno
ad uno e
mezzo. Quindi pria
di profondere lodi
dobbiamo esami- nare le
qualità delle ji^rsone
; e se
ci accade d'es-
serci per bontà o
generosità d'animo ingannati,
non essere restii
a ritrattarci. —
^ Squadra ben
ben Tuom che
commendi, ond'onta »
De' falli altrui
non ti rifletta
in viso, w
Diam talor nella
ragna , e
ottien l'indegno M
Da noi favor;
dunque la man
delusa « Sottrai
da chi va
di sua colpa
onusto. » Delicatezza animo. Si' dic0
delicato oa fiim
aUovcbè al ooniatto
' d'aurà un
po' pungente s'attrista,
e al raggio
me- ridiano piega ti
capo suUo stelo.
Pèr drantMre quanto
è dUiaiad r
onora dette donne,
lo parago;iiaDao a
terso cristallo, i,
' * «
:A debìl canna
y » Ch'ogn'aur9
mchina, ogni respiro
appanna Si ,ah)ai;pa
animo dilicató quello
che alle tnioime
seai^kKÌon|,m&raUj^iK^ od a
vanjia^o aly 4rui
si risente. \\.
pi^Q 4^, essere
bontà d'animo senza
de. Rcatezzas ^
uoma ìytiòno vi
&rà tosto il
piae^ ^ebcgli domandate
: un uomo
dilicato farà dì
più;' egli Vif
risparmierà la peqa
41 domandare,, e
éa^rà tenere segreto
il beneficio. Vi
può essere giustim
Sj^nza^ delicatezza :
un uomo giusto
difenderà con calore
i vostri diritti
nel consiglio: un uomo dilicato difenderà anco le vostre convenien^, e
s' affiretterà a .spedirvi
la Booi^ del
felice enccesso. La
delicatez^ d'animo è
un misto di
speciali qni^ità e'si
manifesta coi caratteri
di esse, ^esie
.qualità sono le
seguenti. Finissima sensibilità. 1
generali Ateniesi a
' Maratona, ecc^itati
dall'esempio d*ArÌ9tide ,
cedet- tero intero a
Milziade quel comando
che gionial- mmte^ed
a vicenda toccava
a dascuno* Milziade,
acciò la vittoria
che lusingavasi di
conseguire non fosse
cagione di rincrescimento a
qualcuno de'ge- 9erali,
spinse la delicatezza
al segno da
non dare la
faiOtagli^ che giorno
ia cui gli
dpparlBomirjeoinandd.
«iW^^^^h-T^ Cemdido disinteresse.
Nelle cose di.seasibite
vitloree boa hm^wYv^laà^fe^^^^ kk^eosa
offerta e Ja
cosa (zccettata. serve
à misurare la'
delicatez;uhi [wgìio àir^
che è t^Qto
< aiaggMtr^ Jid
dftlieatez» quanto è
mifiore raccettazione a
fronW deirofi^rta^ Neirampiezza
del terreno che i Mitl-
l^nesi offerserb a
Pfttaco« loro cooeittadiao»
la ri^' compensa''
averiò per la
repubblica acquistato, non
accetto egli fuorché
io spazio che
perocMrsa un dardo
per esso lanciato.
E tra ta
iikunifiteàza de* doni
che il console
Postumio mise avanti
a Marzio per
ncojfj^seiaieiUo del sjao
vatoré, idtro non
volle il generoso
romano ch0 un
prigionièro col quale
ebbe comune l'albergo,
ed un eavallo
da guerra di
cui potesse natile -biittaglie ^sl^irvirsi. ÀU'opposto non
si vedé ombra
di ^éélloiieas net
ée^ guente fatto.
Il sopranlcnclente delle
finanze francesi BuUion
, nel ^640
fece battere a
Parigi i primi
luigi che comparvero
in JPrancia; e
avendo invitato a
pranzo cinque nobilissinù
•signori/ fecfe postare
A deueré .^6
badll' pieni di
i|uesle wm, specie,
e diése loro
di pMnd^è quanto
ne VolévatfO; Clàacun
signore si gettò
avidamente sopra questo
nuovo fruito, ne
riempì le sue
tasche e fuggì
colla sua preda,
senza aspettar la
sua carrozza, di
modo che 11
soprantendente rideva di
cuore dell'imbarazzo che
ciascun signore mostràva
eànoninando. Io vece
di delioateàa qoà
vedAwM^ vmssimo' interesse^ e
liiffà y. IndiacSMzione, giacché
ciaseano, di cosa
non bisognevole, accetta
quanto gli viene
ofiferto e se
ne carica in
ragione della capacità
delle sue tasche.
V Ne' casi comuni
V indiscrezione cr^^e a
misura che è
ptà '^keoìù U
vafitaggiù chei'eonkBgue accettante
y^ejiiù grande it danno
che re$ta alt
offerente. Vo6ite fierezza. Il
tratto più hello
che som- ministri la
3to];i^-)re]^tijKaiiiaate
airargpmeittP^ si è
il wgaeaté, se
la memprìa noii
m*in* gauna. Roberto,
duca di Normandia,
padre di Gu^
gUelmo ll^^tmgttistatore ^
trovaadasi a Xgfitif|tìDQr
poli diretto per
Terra Santa ,
erft eéldbre p#
tt fiv^cità del
suo spirito ^ per la
sua a£fai^iUtà t,
fi* WaMlÀ sd
altre 'vir^^^^^ L^jQipera|M)ré ^
^ogHo farne prova^
Io invito co'
suoi nobili a
pranzo nella «graiijsàla
del.palazz^ iniperial^i quindi^or^inò
che tutte lè^
tavd^v é tutti
gli seaniii £MSerd':bQé^patt dagli
altri commensali pria
deU'ajr^iì^Q de* quali
prescrisse* clie nissunà
A prendlésse >
stero. Giunto >
il duca co'suoi
nobili, tutti riccar
m^te vestiti,; avendo
os^rvato che gli
scandi erano oecopati,
« die nissano
rispondeva alle sue
gen* . tilezze,
si diresse, senza
mostrare la minima
sor- p^^. joè
II 4iiniQiO turbamento.,
veysp jl'una delle
estremità della sala
che rimaneva vuota,
si levò il
mantello, lo piegò
con bel garbo,
lo pose sul
pa- imento e vi
si assise sopra,
nel che fa
imitato dal suo
seguito. Pranzò in
questa posizione colle
vivande cl^e gli
vennero polite, dando
segno d^lla . più
fèrfetta soddis&zione. Finito
ìi pranzo, il
iw» e i suoljaobìli s' alzarono
, presero congedo
dalla ^mpagàrai nel moda più
grasìoso ed uaeiroao dalia sala
colle loro giubbe ,
lasciando sul pavi-
mento i mantelli che
erano di gran
valore. L'im- peratore che
^y^Va ammirato b
tòro condòtta, fa
sorpreso da quest^^ul)imo
tratto, e spedì
.upo de' suoi
còrtigìani.jal sappUcare U
dqcft iiA il
sao. se^ guito
a riprendere i
loro mantelli. Andate
, a dire
al vostro padrone,
rispose il duca,
che i ]!>{ormannì non
usano portar via
gli scanni di cui
si servirono a
pranzo. — "Questo
rifiuto era delicato,
nobile, convenevole e
fiero nel tempo
stesso.^ r*- vi—*-Gentili
sorprese. Il czar
Pietro, che viaggiava in
Europa per istruirsi
nelle manifatture europee ,
si fermò alcuni
giorni a Parigi ,
e tra gli
altri stabilimenti visitò
quello della zecca.
Si coniarono molte monete
alla sua presenza:
una di queste
essendo caduta a'suoi
piedi, egli la
raccolse e vi
vide da un lato II
suo ritratto in
busto, dalraltro una
faRia appoggiata col
piede sul globo,
e questa leggenda
: Fires acquirit
eundo^ felice alIasione
ai viaggi ed
alla gloria di
Pietro il Grande.
; D( queste monete
ne furono presentate
a lui ed
'alla sua comitiva.
Il czar non
potè ritenersi dal
dire : I
soli francesi sono
capaci di simili
gentilezze (o.*^'*;2'!!C
-^..rT.'^'' Dopo d'avere^
adombrati i quattro
principali elementi che
caratterizzano la delicatezza dell'
a- nimo, passiamo
ad osservarne' qualche combinazione. Lo spirito
vivace e la
pronta sensibilità di
questa na- zione rendono
T uso delle
sorprese gentili men
raro che al-
trove, anche nelle basse
classi sociali. Dopo
la battaglia della
Marsalte, vinta da
CaUnat, egli passò
la notte sotto
la sua tenda
alla testa delle
truppe» Trovavasi egli
in mezzo alla
gendarmerìa e dormiva
inviluppato nel suo
mantello. I gen-
darmi, che avevan presi
ai nemici 28
stendardi , immaginarono di
circondarlo di quesU
trofei: gli altri
reggimenti portarono essi
pure gli stendardi
conquistali. 11 giorno
comparisce : Catinai
si sveglia circondato
dai trofei della
sua vittoria , e
salutato dalie acclamazioni
dell' esercito. V%Mm Waniniù
diHcata sa mggeHrìs
de* vtm* sigli
senza mortificare V altrui
vanità y ad
imitew zione di
Livia , la quale
gettava , per così
dire , a e^w
nella convèrsazione delle
fdee trtlK ad
Aogostò senza che
egli s'accorgesse ch'ella
aveva più spirito
di lui. .
Non suole offrire
alta per rinfacciare
penuria^ contento di
mostrare la sua
disposizione a chi
volesse approfUtqme* Nelle
poe«e d'Ossian^ men*
tre Gaulo viene
circondato da Svarano,
Fingal s'alza ma non si
dà fretta d'accorrere;
egli non vude
rapire a Gaulo
l'onore di rimettersi
e liberarsi dal
nemico ; troppa
sollecitudine sarebbe stata
un' of- fesa alfa
sua gelosa delicatézza
su* questo pùnto.
' Egli sa
coprire il soccorso
con qualche p7 etesto
plausibite^ e all'idea
sì mortificante della
Kmosìnà sostituisce quella
d'un credito, d' un
compenso, d'un'
indennizzazione, d'un onorario. Eccone alcani
esempi: Un sigDoi»! per mr 'eampd
di benefleare un
aVvooatò miserabfle, ed
aUonlanare dal suo
animo l'idea umiliante
del soccorjK), lo
consultava $opra cause
immagiaarie, e pagava
largamente i consulti.
AJCcesUao visitando il
suo amico Ctesibio
ammalato, e vista
la sua Indigenza,
trovò modo di
cacciargli destramente sotto
II capeuftle U
denarb che abbisognavagll. l
signor Dubois all'
epoca del terrorismo
in Francia, essendo
stato destituito dalia
sua carica e
rinchiuso in pri-
^one, il botanico
(^ll^ei^t portò ciascun
mese, e finché
durò Uk detenzione,. alla fl^posa
dell' amico detenuto^
la metà del
proprio onocario , acclorcb',
ella non sospettasse
la desti- tuzione del
marito , e
non iscoigesse tutto
il pericolo cui
rimaneva esposto. Facendo
de' benefica , egli si
guarda dal ram-
mentarli sì perchè aspira al
piacere delle belle
anime , non
a quello dei
despoti ; sì
perchè sa che
la ricordanza de'beneiizi
riesce gravosa al be- neficato.
CiLstode deW altrui
gloria y e
quasi dimentico della
propria y si
trova infinitamente lontano
dal più vile
di tutti i
sentimenti , F Invidia Che
d'altrui ben, quasi
suo mal, si
duole. Allorché Ulisse e
Diomede ritornano dal
campo troiano, conducendo
i cavalli di
Reso e riportando
le spoglie di
Dolone, Ulisse, che
poteva dividere col
suo amico la
gloria di questa
spedizione, si fa
un dovere di
lasciargliela intera :
egli racconta minutamente
tutto ciò che
fece Diomede, e
nulla dice di
se stesso. Dimenticando
ch'egli ha dello
spirito , sa far
valere quello degli
altri, ed incoraggiare
il merito nascente
talvolta timido, si
perchè non crede
che possa essere
offuscata la sua
gloria , sì perchè
si regola coll'idea
del pubblico vantaggio.
Apre r animo a
tutti i sentimenti
che ingrana discono
la natura umana ,
e vorrebbe pur
chiu- derlo a quelli
che la degradano.
Egli sarebbe slato
buon credente in
Grecia ove si
divinizzavano gli eroi,
miscredente in Egitto
ove si divinizzavano
gli animali. Riceve
con riconoscenza gli
altrui avvertimenti anchè
quando offendono il
suo amor proprio,
e ne profitta,
mentre le anime
piccole e grossiere
ingrognano e riguardano
come nemici quelli
che additano loro
i mezzi per
divenire raigliori. S#S
buisce a virtìt,
collo scopo di
ravvivarne l'imagioe e
promoverne resecozione Ltmgi
dal brigare sotta
mano là carica
del sm amico
i egli è
disposto a rinunziare
ad una pen^
sione a vantaggio
di chi la merita più
di lui (
Proporziona la riconoscenza
non al beneficìoy
ma air intenzione
di chi V
eseguì, nè crede
che cessino i
suoi obblighi se
ìì benefattore cKvièhe
sventurato. Egli è
penuaso che la
rottura deW amiditAa
non Vautorizza a
manifestare i segreti
che furono affidati
alla sua onoratezza,
e non vuole
screditare la sua
causa con un
tradimento, come fu
detto a suo
luogo. * Costretto
a correggere qualcuno,
egli nùn lo
fa alla prssenza
di estranei, e
quando può ^
il fa a
quattr'occhi ; sa
anco condire la
correzione con lodi.
che animano, in
vece di ricorrere
a Dopd Ta
tn?6«n dèUa fertem
di SoltneU'riainiflt, nid
4657 , ì primi
soldati che entrarono
nella piazza avendovi
ritrovato una bellissima
donna , la condussero
al celebre maresciaUo
di Turenne come
la parie più
preziosa del bol-
lino. U maresciallo, fingendo
di credere che
essi altro scopo
non s'avessero proposto
che di sottrarla
alla brutalità de'
loro compagni, il colmò di
lodi per si
onesta condotta , fece
quindi ricercare il di lei
marito , e gli
disse alla loro
presenza: Voi dovete alla
morigeratezza de' miei
soldaU l'onore della
vostra sposa. (2)
Dugnay Trouin , dopo
una campagna gloriosa
nel 1707, ricusò
una pensione che
II ministro voleva
dargli, ma la
dimandò e V
ottenne per Saint- Auban,
^uo aiutante, ciie
aveva perduto una coscia
nella steslsa campagna.
t è f4i.
villanie che avviliscono.
Egli procura di
scemare la colpa
attribuendone parte alle
circostanze ; e
per eccitare la
voglia del ravvedimento^
ne lascia intravedere
la speranza. Egli
dice, per esempio
: .<(. Nissuno
di quelli che
vi conoscono e
vi stimano ')
vi credeva capace
di tal errore,
ed io meno
degli » altri.
È vero che
i compagni sorpresero
la vo- »
stra buona fede,
o l'impeto della
passione v'ac- »
ceco, ma io
sperava di più
da quella perspicacia
» e forza
d' animo di cui
ci deste tante
prove, e ^>
che certamente non
è estinta ;
in somma Y
er- » rore
è indegno di
voi. Come mai
non vi cadde
» in mente
che esponevate i
vostri genitori alla
w taccia d' avervi
istillato cattive massime
? Do- »
vranno essi cogliere
disdoro dove speravano
lode » ed
onore? I vostri
amici che tentano
di nascondere il
vostro fallo , accertano
che ne sentite
w profondo rammarico
: Vorrete voi smentirli
? » Dovrò
io accertarli che s'
ingannano ? >^
ecc. Vuomo dilicato^
nelle contese co^nemici
sdegna le vie
segrete , le quali ,
essendo favorevoli alla
calunnia e alla
frode , sono
preferite dalle anime
vili Non abusa
della vittoria perchè non
v'è me- rito
neW abusar del
potere^ e v' è
viltà nell'in- sidtare
i cadaveri. li Son
frmvde ncque occuUis^
sed palam et armatum populiim
romanum hostes suos
vlcisci , diceva Io
stesso Tiberio. Achille,
che fu da
Omero divinizzato , insulta
Ettore moribondo, e gli protesta
che, in vece
d onorata sepoltura
, Io farà
pasto de' cani. Dopo
che Achille ha
attaccato egli i /V
fl sentimento della
vendetta confondendoci coi
bruti, egli si
sforza sempre di
reprimerlo, perché, ^
.ogniqualvolta il può,
vuole distinguersi da
essi. Egli tenta
quindi di soggiogare
il nemico più
^ colla generosità
che colla /orsa
i' pffl '<H)f
menti nobili che
con atti freddamente
feroci ; é
. neri può
reprimere il sorriso
dello sprezzo alla
vista di chi
aspira alla gloria
del carnefitcefi — r S
varano nelle poesie
d'Ossian è vinto
da Fingal: ^
la condotta e
i discorsi di
questo , l'
artifizio cgrtV cui
s'insinua nell'animo del
suo nemico, sono
e-r qualmente ammirabili.
« Poteva Svarano
esser esa- cerbato
verso di Fingal
per quattro motivi
: per '
» l'inimicizia nazionale
degli Scozzesi e
dei Da-.., ;»~'nesi;
per l'inimicizia personale
tra lui e
fingal » per
la vergogna della
sua sconfitta; e per desi-
derio di risarcirsi.
Fingal prende a
superare tutti -^^
0» unesìi ostacoli
colla nobiltà de'
suoi sentimenti./ ^»
Comincia dal primo,
e mostra che
le guerre delle
loro famiglie non
venivano da un
odio ereditario, »
ma da una
gara di gloria
, e che
anzi esse da
» principio erano
amiche e congiunte.
Passa indi »
ad allontanargli dall'animo
l'idea della vergogn ch'era il
punto più delicato
e più necessario
; e .»
f^ì\iì grande elogio
del valore di
Svarano, |n- V
'rslesso il cadavere
d'Ellorc al suo
carro, dopo die
Io ha strascinalo
tra i sassi
e il fango,
sferzando a più
non posso .1
suoi cavalli^ dopo
che ne ha
fatto il più
feroce strazio , il poeta
viene a dirci'
» Ch'ei non
è ^lollo, nò
villan, né iniquo
il suo eroe
11 ! ;
* j^v, v
dicando che nel
suo spirito egli
non ha perduto
V^Al^iuUa dell'antica sua
gloria. La lode
non è mai
\ « più
lusinghiera quanto in
bocca d'un nemico,
i ^ f
Riconfortalo l'amor proprio
di Svaranp con
que- •:^.filo calmante,
Fingal mette in
uso ì modi
più *^ >>
blandi. Lo chiama
delicatanriente fratello d'Aga-
nadeca, per destar
in lui Sentimenti
teneri ed amichevoli
coll'imagine d una
sorella amala non
ij^rjf^^^no da lui
che da Fingal.
Mostra che sin
dal ^ »
tempo di quella,
egli avea concepita
molta pro- ))
pensione per lui,
e gli rammemora
la prova sen-
/^h sibile che
glie ne diede
in quella occasione.
Con • >
ciò égli induce
Svarano a vergognarsi
di con- .
.^^^seryar odio e
rahcore con una
persona che già
;s;3i;:da gran tempo
1* avea provocato
in affetto e
in ..p benevolenza.
Finalmente mette in
opera un tratto
di generosità singolare
che doveva espugnare
l'a- .:;t4.oimo il più indomabile. Svarano era
vinto : Fin-
gal era padrone
della sua vita
e della sua
libertà. • >»^«
questi si scorda
della sua vittoria
? suppone ^,>)
(:he Svarano sia
libero come innanzi
la battaglia, jfc)»/^- propone, per
soddisfarlo, un nuovo
cimento personale, come
se il passato
non dovesse deci-
-jf^' dere. Svarano
non è un
nemico vinto ,
ma un ospite
nobile a cui
si desidera di far onore^
A ;d tanta
generosità Svarano s'ingentilisce, e
la sua V
ferocia si va
cambiando in grandezza. Svaran, disse
Fìnga], nelle mie
vene » Scorre
il tuo sangue
: le famiglie
nostre , » Sitibonde
d*onor, vaghe di
pugne , jj w
Più volle s*aCfronlàr,
ma più volte
anco - W^iti
n^^l^ cqnv.ersa:;>ioni . §
1. Cohcorrenza superiore
alla capacità "
. y'^^ :
'del locale, '
*JL. ' j I
• < Invitare
più persone dl
qiiel che possa
compreu dere il
locale , è invitarle
ad essere soffocate
dal ^ (ialore ,
a restare in
piedi con sommo
disagio , a i
non i^ssere servite
se h<innQ^ sete ,
ecc. Quest'\jsQ *
.'X Festeggiarono fnsiéme
, e Tona
hU' altta . '
* . W
" • V
i • ospitai cortese
dono. ^^^À ^
'^l^^j^ Ti rasserena
dunque , e tiel
tuo voltò' -
'^f » .f^-V
^' » Splenda
letizia, e alla
piacevol arpa-Apri rorecchio
e '1 cor.
Terribil fosti ^
^ iij » Qual tempesta,
o guerrier ; de' flutU
tuoi ' .
i> Tu sgorgasti
valor; l'alta tua
voce » Quella
valea di mille
duci e mille.
• » 'Sciogli
doman le biancheggianli velCj;'
'Pt^lu^'^w Fratel d*
Aganadeca ; ella
sovente •* ^
» Viene all'anima
mia per lei
dogliosà ' /J^
' . Qual sole
in* sul merìggio: io
mi rammento. Quelle lagrime
lue ; vidi
il tuo pianto. Nelle
sale di Starno ,
e la mia
spada òt^ »
Ti rispettò mentr'
io volgeala a
tondo Rosseggiante di
sangue, e colmi
avea » Gli
occhi di pianto,
e '1 cor
ruggìa di sdegnò^J
^ »> Che
se pago non
sei, scegli e
combatti : \x
' » Quell'aringo
d'onor, che i
padri tuoi »>
Diero a Tremmor,
l'avrai da me
: gioioso ...^
(; » Vo'
che tu parta,
e rinomato e
chiaro Siccome Sol che
al tramontar sfavilla,
n regna in
Inghilterra ne' così
detti routs 0
grandi conversazioni. — Una signora
sceglie una giornata
^ . "
in cui terrà
un rout. Ella
spedisce de'biglietti d'in-;. ,
- .-^vìto a
più centinaia di
persone, non perchè
sono suoi parenti,
suoi amici, suoi
conoscenti, ma per^,
chè le ha vedute, e.
perchè la loro
presenza acqui» •
• sterà credito
alla sua assemblea.
, « .un vano
* » Secreto
genio femminil che
gode >» Di un numero
maggior, non sceglie
i buoni, Ma
tutti accoglie, e popolando il
foco. D'un incomodo stuol, cresce la turba. Minorando li
piacer. Pria delle 11
ore della sera
(il clie si chiama il
momento dell'alta marea
)^ la casa
brulica di persone
d'ogni rango e
d'ogni sesso. Si
pongono \ i
tavolini da giuoco
in tutti gli
angoli della casay
e tanti in
ciascuno quanti ifc
può contenere, la-
, sciando appena
spazio bastante onde
i giocatori possano
passare o sedersi.
Il caffè, il
tè, la limo*
nèa circolano negli
appartamenti. ^ La
confusione è la
vera essenza d'un
rout. Una dama
che tiene queste
assemblee non consulta
la capacità delle
sue sale, ma
la lista delle
persone .. di
buon tuono. Elia
invita sempre più
persone di quel
che possa ricevere
; ella si
compiace degl'in* convenienti
della stanchezza, del
rumore, del ca-
lore con tanta soddisfazione, con
quanta un attore
' ascolta i
gridi e il
fracasso degli spettatori
che assistono ad
una scenica rappresentazione destinata
a suo beneficio.
Gli sbagli de' servi,
la perdita di
qualche gioiello, le
ripetute esclamazioni buon
Diot come fa
caldo! sono vicino
a svenire! riescono
estremamente piacevoli alla
padrona di casa.
Non manca nulla
alla sua felicità
s'ella viene a
sapere \ che
v'ha tumulto nella
strada, che I
servi d'alcuni Pari
si sono battuti^
che de' cocchi si
sono spezzaiì j
e che qualcuno
della compagnia è
stato de- rubato
alla porta ecc.
; giacché tutti
questi accidenti romoreggiando
per la città
porteranno il nome
di madama da
una estremità all'altra.
Il giuoco è
il solo piacere
che vi si
trovi : delle
perdite considerabili procurano
rinomanza ad un
róut, e se
un giovine erede
vi resta rovinato,
la celebrità della
casa è sicura
per sempre. Talvolta
si .danza nei
rowte, e il ballo
è seguito da
un^|;,gran cena; ma vi manca sempre ciò
che fa la
delizia della danza,
la grazia e
l'allegrezza. Il locale destinato
ad una conversazione
è semM '
pre difettoso quando
i concorrenti , atteso
la situa-^ . *\
1 zione de' canapè,
non possono unirsi
in linea ciri ^ colare,
o stare a
fronte gli uni
degli altri. Allorché restano
seduti in linea
retta da una
sola banda, la conversazione si
spezza, e da
generale diviene pa^^
; tìcolare., il
che va soggetto
a più inconvenienti^ come
vede nel seguente
paragrafar CONVERSAZIONE
PARTICOLARE SOSTITUITA. v.'^T alla CONVERSAZIONE GENERALE. LA CONVERSAZIONE è gehèVatè
allorché ciascuno defili
astantì vi contribuisce
come attore o
spettatore. LA CONVERSAZIONE é
particolare quando gli
astanti si dividono in
più crocchi, stranieri per
così dire, j
gli uni agli
altrii benché riuniti
nella stessa stanza.
Supponiamo, a cagione
d'esempio, UNA CONVERSAZIONE DI
DODICI PERSONE -- è facile
cosa Io scorgere
che se esse
restano unite in
un solo crocchio
'! ' conseguiranno maggior effetto con minore sforzo;
dì quello che
se in quattro
si dividessero. Infatti nel caso
per intrattenere XII persone
ne basta una
; nel 2.o
per intrattenere XII
persone se ne
richieggono tre. !'
Nel 1.^ caso
una celia fa
ridere XII persone;*
I • ^
ngl2.« s'arresta nel
circolo di quattro.
VAllorché LA CONVERSAZIONE è
generale, un'idea vera
ma inesalta annunziata
da un'individuo, viene
rettificata da un
secondo, commentata da
un terzo, dimostrata
da un quarto,
ecc., sicché alla
fine del discorso si ha
per prodotto una verità lampante. All'opposto separate in IV crocchi
questi' contribuenti, e
vedrete che in
vece di quella
verità penduta comune
a XII teste,
restano in ciascuna delle semi-idee,
delle nozioni inconcIudenti, delle
notizie qui inesatte, là
false, e dalle quali nulla si può dedurre.
Succede NELLA PRODUZIONE DEL PIACERE
NELLE CONVERSAZIONI ciò che succede
nella produzione delle
ricchezze nell’agricoltura o
nelle arti. PIETRO possedè
l'aratro. PAOLO i
buoi, GIOVANNI ra))llitó
tì' arare. Se questi individui
s'associano, ^ Taratura
$\ leffetliia, non
si effettua se
restano di- :
sgiunti. Allorché dunque
qualcuno trae a
se due o
tra / astanti ,
commette una specie
di furto verso
gli altri, poiché
li priva del
piacere che produrrebbero in essi
le persone spiritose
e gioviali ch'egli
' bà rapito.
Egli stesso debb'essere
riguardato come un
disertore od un
contribuente moróso. È
un fatto dimostrato
dall' esperienza, che
le scosse sensibili
s'accrescono comunicandosi, atteso
la forza sussidiaria
che loro presta
l'immaginazione degli astanti. Quindi una
celia che fa
ridere quattro persone in
un grado come
quattro , ne fa
ridere dodici in un
grado come cinque
o sei.. Inoltre, se
assistono XII persone
al discorso del
parlante, con maggior
cura ed attenzione
egli svolgerà le sue
idee di quello
che se assistessero
quattro solamente. Allorché LA
CONVERSAZIONE è generale, un fatto qualunque, esposto da chi parla, va ad
agitare XII immaginazioni, nelle quali sì trovano associate altri fatti e
diversi in ciascuna. Dunque si deve
sperare maggior movimento NELLE IDEE CHE ALIMENTANO LA CONVERSAZIONE e maggior
varietà. Se in vece
di XII persone
(numero preso per
ipotesi), gli astanti
fossero di più,
i crocchi a
parte sarebbero meno
condannevoli; giacché ammettendo
gli accennati vantaggi
della CONVERSAZIONE GENERALE, bisogna
anche ammettere che in molti la voglia di parlare è vivissima:
e che questa
meno NELLA CONVERSAZIONE GENERALE
resta soddisfatta che ne’ crocchi
parziali. D'altra parte,
QUANDO LA CONVERSAZIONE è
troppo numerosa, scema
in alcuni l'allegrezza, perchè scema
la confidenza. È
cosa rara che LA
CONVERSAZIONE resti generale, i
allorché in XII concorrenti si
trova più d' una
donna; giacché ciascuna
diviene centro particolare,
intorno al quale
parte degl’astanti naturalmente
si unisce. Ho
detto è cosa
rara, poiché non
é certamente impossibile che
una speciale gentilezza
nelle donne si
sforzi di prevenire
la divisione. V
* \ %
Z/parlare motti insieme^
' « •
V v ' ^ IMa
lsto^^ idi tàiite
: ^ .
' »,'Vòcr distordf
e gareggianti iiisiéme
» Pur, ua
senso accoppiar? Tutti
ad un tén^o;
» VoglioB la
boeèa aprire' é
n^n^ i^/^ ^
" Affastelfano insieme.
Quanti argomenti. Ad ua
sol puQtot AKri
di cuCQe ed.
«tiri «failli ragiona:
Qui ài iMe;;
Là ^si contrasta^
e la quisti^ja
si . cribra
' r-^» Con
oàikktò ttpljcàre altertm
' v vf
. r" ^
Di sì e
dì no. Di
trenta voci acutaV/f
-Stridule,, rauche, reboanti
e gravi, ;
'^^ * ^
V DIssoiiaQti tra
ior odi lin
eóiifiise : .
ì ». Frastuono
ingrato di parole
e d'^rK , '
.1» fìi. tumulto
e di «tiMa^^nde
Jà T^ta *
; Concava echeggia
e riinbombahdò à&sorda ,
» Là civile
modestia ed il
, buon senso
i^ v /
y> Lèi ift'iifi
àngolo stringono le
labbta E Storditi ai
tarano gli wecchl
». / f^iimando
ii^Iti^fBirJdiio Jnsiemip i
Yh9^wfȈ' d'M^ . gara
per superarsi a
yieè(ida, «.tpro^\irii^^^ 4'a8sor49tffe:^gli ^istanti^
> A >
? :ì * /
. Ili alcuni
SI uniscono tré _d[i|etti
' , 1 .
La sfnania, di
int^rrpmp^e glt alt^i^
; jlk X'impazkiDza di
seiitìr Hiténrétii .m
stessi ; '
a. La pretensione
che gli alJLrì
uoa siano 4istratti> «lontre
es^i li aiuioiaiiò. Allorebò iiHrfli
parlano insieme .
* ' L Si
. stancano i
iK>liuoni f gli
iBSofi^ d0' par-!
istori'}'- V. \ ^ V
t'O'V. \- I &i annoiano
gii astanti con un fraatiMno
in*- intelligibile; Si è costretti
a ripetere più
volte la stessa
cosa; Si afferrano
male le idee
altrui. Si oonsuma tempo
e fasica a
combattere delie eliimére.
Siccome poi si
parla per piacere
o istruire, non
j)er fajr pompa,
4i cognizioni» quindi
allorché Tal- trui
impazienza ci interrompe,
è miglior consiglio
lasciarle libero il
campo, e tacere,
di quello che
battere inutilmente gli
orecchi di chi
non vuole ascoltarci
CO* (1) L*imp^iua
e la vivacità
che domìDano mi
carattere della Jiazlone
francese r assoggettanó
al difetU accenùaU:
mi testo. Cornino^,
riportaiado B Trattato
di VERCELLI Vsegnato ft
40 oUobi^ 4495
tra Carlo VILI e gli Ualiani,
osserva come un
tratto caratteristico dello
spirito francese la
suania di pae-
lare , per.
cui molte («rsone
parlando insieme ed
alzando a vicenda
la voce ^
nesaùna é realmen^
inte^. AH* opposto,
egli aggiunge, degl’italiani
nessuno parlava, 'ftioréhè il
duca Lodovico , il quale
perciò dice ai
francesi : Gii I
ad uno ad uno. le
memorie dell* Accademia
francese hanno conservato
per IradlikHQé no
moUirdI If^ miran, R
quale ,/oireso: piò d'ogni aHeo
dell'aeeennato difetto, disse
un giorno seriamente
a' suoi confratelli: Signori,
io vi propongo
di decretare che
non parleranno qui
più di quattro
persone Insieme \
forse così riusciremo
ad intenderci 1
! Un francese
diceva a numel,
vescovo di SaUsboiy/
oMe il fàesi
eei^Uisini eea stola
cosa' molto merìtosia per
cjH'Imglfeaf)^ non potendo
essi die difficilmente
rinunziare ad un
pezxo di manzo.
Al che iiurnet
mpo.se : Non è men.
meritoria per voi
altfi francesi, atteso
la legge del
silenzio. y .i^co L.Allegrezza
clamorosa. Un grado
moderato di sale
rende lè vivande
gradite a tutti!
palati : i
gradi' maggiori , 1
quali non riescono
piacevoli che a
poeliissimi, estinguono Tappetito
negli altri* L'allegrezza
moderata nelle conversazioni
passa facilmente d' animo
In animo >
ed è accolta
con lieta fronte
da tutti. L'allegrezza
clamorosa si co-
munica a pochi, e spesso muore
sul labbro di chi Tolle
eccitarla* Del quale
fenomeno tre sono
le cagioni. 1 .
I caratteri freddi
non essendo suscettivi
d'aU legrezza clamorosa ,
s'armano contro di
essa e le
oppongono la reazione
deirindifferenza. ' L’
allegrezza clamorosa dipendendo/ da un
ino4o particolare dì
vedere le cose,
alquanto strano, 6
spesso* da ^ccolezza
di spirito, i
^'arett^ ragio* nevoli
e sensati non
possono approvarla. L'jiUegrezza
moderata più facilmente
che la clamorosa
si coniiunica agli
^stariti, perchè dista
meno dallo stato
abituale degli spiriti.
Qualunque sieaa te
dause deli' accennale
fono* meno, egli
è fuori di
dtfbbio che se
V allegrezza moderata
fopienta ta conversazione, l'allegrezza
clamorosa tènde ad
estinguerla, e la
cosa non può
^essere altrimenti; infatti,
• . U
Durairte lo scoppio
dfille risa smodate
ma potendosi comunicare
agli animi i
moti d' un
aU legrezza piti
mite, tutti quelli
che non. parteoi|iane
aHe prime ,
si veggono 'ditfraudaft
de' secondi ;
quindi mentre alcuni
ridono a piena
gofà, restano gli altri
atteggiati a sprezzo
o sbadigliano ;
essi provano quell'ingrata sensazione
che prova chi
attento al dolce
suono dell'arpa viene
im;«rovvisainente as- sordato dal
rumore delle campane.
Dopo lo scoppio
di risa smodate
succede una serietà
agghiacciata, come dopo
un fuoco d'artifizio
ci sembra l’oscurità più
profonda. Un'allegrezza clamorosa
ci balza improvvisamente fuori
di strada, e ,
per così dire ,
sopra un'eminenza ,
ove non sap-
piamo d' onde siamo
venuti , nè
dove dobbiamo andare
; da ciò
poi la serietà,
il silenzio, qualche
esclamazione, e la
difficoltà di riprendere
il filo di
ameni discorsi. L' allegrezza clamorosa
non comunicandosi agii
altri, ed assai
pochi essendo capaci
di rianimarla, quegli
che la eccita
si trova nella
necessità di farne
tutta la spesa;
quindi se vuole
restare sulla scena
è costretto a
rappresentare il personaggio
del, buffone. L' allegrezza
moderata , figlia
d' una buona coscienza,
animata da un'
immaginazione ridente, trova
facilmente motivi d'innocente
trastullo e di-
gnitoso sorriso nelle scene
morali esposte. L'allegrezza
clamorosa, figlia talvolta
dello stravizzo, talvolta d'un
immaginazione irregolare, per lo più d'una sensibilità ottusa e
piccolezza di spirito, quasi sempre accompagnata dalla sgarbatezza, trova pascolo nella goffa derisione degli
astanti o degli assenti, e nella rappresentazione d'atti sguaiati,
plebei, vHlanì. Loquacità
eccessiva. LA CONVERSAZIONE è COME UN’AZIENDA COMMERCIALE; ciascuno dee pèrvi
il suo caratlo e ciascuno partecipare al prodotto. L’uomo che
tace sempre IN UNA CONVERSAZIONE
è uomo
che vuole essere
a parte del
prodotto senza essere
carattista. L’uomo che
parla sempre è un
jearattista che vuole
tutti i prodotti
dell’azienda. In generale
NELLE CONVERSAZIONI ciascuno ama
meglio spacciare la
propria mercanzia di
quello che acquistare
l’ altrui ; e ,
in vece di
formarsi giusta idea
degl’altri , aspira a
darla di sé
stesso. Agitati dalla smania
di parlare, non
pochi bramano di comparire
sempre alla tribuna,
senza volerne mai discendere. Quindi vi
tengono discorso su di tutto,
d' un libro
nuovo dopo la.
lettura di quattro
ò cinque pagine
a salti, d’una
nuova macchina dopo
d'averne veduto un
pezzo, d’un quadro
dopo d'averne ammirata
là cornice ccCm
e decidono e
sentenziano senza interruzione,
simili al giudice
d'Aristofane, che, chiuso
in casa dai
parenti vuole almeno dar
sentenza tra due
cani. Il GOZZI fa il seguente
carattere dell'imperlerrito parlatore.
< « SIgpor
jS. N. y
a penai la
algaoria; vostra «ente
un cct- »
stailo, un luteo,
o un ebfeo
a oomlnclaM uara^hmar
» mento, eh'
ella si scaglia
ìà^ e glielo
rompe a mezzo
col dire. La non
é così. Io so l'
ordine delle cose ,
e ve la
D iUcò lo ; e
dàlie dàlie dàlie,
non la finite
più , tornando Gir irteoiiTenienti a
coi va incontro
uu uomo che
parla troppo, sono
i seguenti: molte
volle da capo,
con molle cosette
di mezzo, clje
sono uno sfinimento,
come sono, per
esempio, que'vostri colori
» r^ttorici :
E dov' era
io oca? Ah
sì. E» toeno
due passi indietro:
e la fu
da rìdere, e
verbi^eazlai ecceleira, tanto
ohe mm lasciate
più tirare il
fiato a poveri drcaslanti. Così quando
avele assassinali e
ammazzati ì primi
a uno a
uno, eccovi a
volar via di
là in qualche
cerchio d'amici -o di patenti,
clie cagionana de'fatU
lorO| e piombate
sopra que povereUi
come un uccello
di rapina, sbaragUandogliì »
e facendogli andare
qua e colà
per paura della
furia vostra. M'
ha dello un
certo maestro, che
qualche volta andate
al suo collegio, e che, appena
entratovi, stornate i
discepoli n dallo
studio, e i
maestri dall' insegnare, parlando
di dot* •
tftoe , di scienze-,
d'armeggiare , di salière
U cavallo, e di
tutto quelló che
volete e potete,
si che nessuno
si può salvare dalla
furia vostra. Se un pover
uomo prende U-
» cenza da
voi per andare
a casa sua,
e voi subito
volete » accompagnarlo
per forza come
se foste l’ombra
di lui , petseguitandoto fino
In sali' nscìo e
sulle scale, e
nette » stante
ancoia. Se per
caso si narra
qualche novella per
la » citt;i ,
voi slète come,
ma rondine , ora qua
, ora
colà a »
dirla e ridirla
a tulli quanti.
Nè giova punto
eh' altri vi
• iaficìsL intendere
che la sa:
perche voi volete
cominciarla » a
dispetto di ttUU,
aggMtigendevi anche Im
proemio. Par- li late
di predicatori, dlmiàinoranenli, di
battaglie, del vostro
» servo, e
delle fmestre di
casa vostra con
tanfo tedio di
chi » v'ascolta
, che , appena
avele favellato , Tuno
si dimentica •
tutto, Taibro sbadiglia
sonniferando , e c'è
chi vi pianta
là » nel
meo» Aet ragionamehto.
Siccliò se vi
trovato con uno
» ch*ahliis '4a
sedere .a un
magistnito , a una
predica, a » mensa, a
una commedia, siete
cagione che slede
mezz'ora A dopo
il bisogno alla
sua faccenda. E
credo che piuttosto
» vi contentereste
di morire, che
di non superare
il cicala- t'
mento delle gasze,
de' pi^papHii delle
rondini, e di
quanto Egli affatica
i suoi polmoni. É
spesso costrétto a ripetere^ le
stesse cose il
che cagiona noia
agli altri e
svela i limiti
del suo «pirUo
S'espone a dire
degli spropositi vc^ndo
parlare di cose
che non gli
sono familiari^, e
dimostra di non
saperne alenna, giacché
quelli che sisinno
una cosa bene
si astengono dal
parlare di quelle
che ignorano. Offende quelli
che vorrebbero parlare
in vece di
lui (2> ; «
bestie Gidiio, schiamaizo. Oh
|^ é puie
un eraii peccato
» a non
aver (ante gole quante canne
hd l'organo, da
poter cavar fuori le
parole da tutte
1 Basta cbe
siete i^unto a
Il tale, che
non v* Imporla
più che ciascheduno
si fugga da
» vqL cpme
da un can
guasto, e cbe
fino i fanciulli
di casa »
vostra si ridano
di voi: petcliè-
quando la sera
il sónno comincia ad
aggravarli , vi pregano
a contar lo;*o
qualche i) cosa
per dormire più
presto. Saggio e cauto
ad un tempo j
e spesse. voHe Timido
un poco , lentanijenle
sffgno . Dà di
stia decisloa uom
che ben vede,
E in brevi
detti ognor spiegarsi
agogna^ Clii ragiona
a proposito, di
rado , S'allarga
ragioiUMiKlo ma la folle
. SupecUa )
che a scloe&bezza si
cong^mge Si diffonde
In loquela ^
e s^gue solo,
I. suoi fantasmi
^ e a
sè paria e
risponde. E alcuni
altri tanta ingordigia
hanno di parlare,
che non lascian
dire altrui. E
come noi veggiamo
taUolki su »
per r aie
de* contadini X un pollo
torre la spLca
di becco %
atf allvo; ^^osl
cavano costoro i
EagtonaoieiiU di bocca
a colui. che li
cominciò, e dicono
essi. E sicuramente che eglino
fanno venir voglia
altrui d'azzuffarsi con
esso loro. Rende
gl’altri più severi
nel giudicarlo. Impedire la
diffusione di idee
migliori delle sue
; ?• Svela
talvolta, per procurare
alimento al dìscorso,
^11 altrui segreti. Quindi si
mostra indegno e si "pfwù
deirallrui confidenza. Dimentica spesso
la convenienza, non ha riguardo al
caratterie delle persone
con cui i^rla,
al luogo In
cui si trova
alla situazione degli
animi. Per concentrare in
sò viémmargiormente gli
altrui sguardi, balza
in piedi, molti
gesti facendo colle
mani e col
capo; e se
qualcuno ardisce non
di t»orre in
dubbio la di
lui infallibiUtà, che
verar mente la
sarebbe un'impertinenza senzjj
pari , nia perciocché
«e tu guardi
bene , ninna cosa
muove Y uomo
piuttosto ad ira,
die quando d' improvviso
gli è guasta la sua. voglia
e il suo piacere , eziandio
minimo ; siccome
» (|umd0 i^
avrai aperto la
bocca per isbadii^re,
e alcuno !>'
té la Cura
con' mano, ò
quando tu liai
alzato il braccio
« per trarre
fa pietra, e
egli l' è sùliitamente
tenutò da colui, che
V è di
dietro. Ecco l'origine del
pedanlimo: quegli è
pedante che, s(M*gendo
io .piedi ed
alzando una voce
magnale e dura
» detta le
sue opinioni e
pronuncia l& sue
sentenze eoi tuono
che adopera il
maestro di scuola
co' suoi scolari.
Pedantìfimo si dice
anche rusò troppo
frequente e inopportune delle cognizioni tecniche pella
conversazione ordi- iiìarte,
e la- presunzione
ebe ravvisa in
esse importanza ec-
cedènte ; quindi i
seni-détll Geminano ^ppertutlo
H lor6 .falso
sapere, allegano Platone
e S. Tommteo
in eosii ebe
ai accertarle ba«ta
Tasserzione d'un facchino.
Pedantismo finalmente s'appella
un' eccessiva severità
ed uu^ndeféssa affettazione
nella scelta delie
parole e delle
frasL solo di
fargli qualche obbiezione
, esso gli volta gentilmente le
spalle sorridendo tra sè dell'altrui dabbenaggine, o gli risponde alla maniera
della Pitia la quale furiosa mostravasi allorché non sapeva come sottrarsi ad
una dimanda importuna.
Questi eterni parlatori,
per lo più
teste superficiali, e
talvolta prive dì
senso comune, affettano
di sapere ciò
che non sanno,
d'intendere ciò che
è superiore alle
loro cognizioni ,
di possedere ciò
che loro realmente
manca. Si tratta
egli d'una notizia?
essi la sapevano
; —d'una scienza? Thanno studiata; d'un fatto
straordinario ? ne
sono stati testimoni
; d' un giuoco
? i' hanno
insegnato al loro
nonno , ecc. :
e per voglia
di comparire i-
strutti, allontanano da
essi l'istruzione. Chi
ha poco senno e
dovrìa starsi ignoto,
Vuol far tutte
le carte in
compagnia : »
In simile maniera
un carro vuoto
)' Fa il
fracasso più grande
per la via
». ' La
loquacità presuntuosa de' giovani
è una conseguenza necessaria. Della vanità
generale comune a
tutti gl’uomini.
Dell'educazione particolare, supposta
scientifica, e veramente insensata
che ne’ prim’anni della
loro giovinezza ricevettero.
Siccome ciascuno procura
di mostrare ricchezza
collo sfoggio degli
abiti, così molti
procurano di mostrare
spirito collo sfoggio
delle cognizioni. Essi
crederebbero d'aver perduto
tempo e fatica
se aprisserola bocca
senza aver detto
qualche cosa spiri-
t,.cT Volendo presentare
tratti ingegnosi e
superare l’altrui aspettazione^
fanno degli sforzi
che tormentano gl’astanti,
e ad essi
fruttano ridicolo. Presumer
vanto di sagacé,
arguto» E senza
aver punto di
sale in zucca
, Imprudente mostrarsi e
linguacciuto v. Rendere
eunuco V intelletto e
feconda l’immaginazione tale era
il problema che si proponevano
grinstitutori nello scorso
secolo. Un sonettino,
una canzoncina, un po'
di latino, uno
sche-T* letro cronologico
detto storia, un
elenco dei nomi
delie città e de’ fiumi, chiamato
geografìa, ecc., in
somma parole e
poi parole, e
non mai cose,
èò*v,.^. stituivano il
capitale intellettuale, l'immenso
fogliame senza frutti che
i giovani compravano
s caro prezzo.
Abituati ad accettare
parole senza' conoscerne IL SIGNIFICATO nelle prime
scuole, accettarono parole IN
FILOSOFIA senza corrispondenti idee. Si
pronunciando per es., le parole mistiche di KANT, redetterjo di essersi
innoltrati nella scienza dell'uomo; e
così dite di
tanti altri sistemi
cui la sola magìa
delle parole e
Tbitudine di ammetterle
r'^ senza esame
acquistarono rinomanza. Quindi
LE CONVERSAZIONI brulicarono
di cianciarelli, che, essendo verbosi, credevano d'essere
eloquenti, e solleticando l'orecchio, di persuadere si lusingarono e d'
istruire. Ma fatai cosa
eli' è ch'ove
più abbond)a Un
bel parlare, ivi
la specie umana
Sia seccatrice almen
quaut' è faconda
ti dono di
parlare con facilità
e prontezza è
cosa ' .
; } pregevolissima, e.
non può essere
Irascui'alo doq da chi - PITAGORA , ìper
reprìmere ne* giovani I ' eccessrvà'^
loquacità, esige da' suoi
discepoli un assoluto silenzio ne V
primi anni delle
sue lezioni; il
che era spingere
le cose all'
estremo opposto, e
spezzare il ramo
per raddrizzarlo. Più
saggia Tao-tìca cavalleria
diceva a' suoi
seguaci: Siate semjore
l’ultimo a parlare
in mezzo agl’uomini
che vi, superano
in età e il
primo a battervi
alla guerra. Non
arrogarti dunque il
diritto d'eterno parlatore,
ma « Solo
i tuoi detti
nel comun discorso
» Ifitreccia a
tempo, e in
un civile e
cauto » Le
tue parole e il tuo
silenzio alterna. Colui che- si
finge dotato di cognizioni che
non ha, perdi il diritto d’essere
creduto negl’affari sociali.
Volendo mostrare troppo
spirito, si resta
caricati di TUTTO IL PESO DELLA CONVERSAZIONE, e
si perdé in
affetto ciò che
si acquista in
ammirazione ; gidoo
^ ignora che,
per convìncere lò
spirilo, spesso é
forza sedurre le
passioni che gli
fan siepe. Ma questo
dono per se
stesso ilion è
sicuro indizio di
profondo pensare. Parecchi
buoni spiriti non
riescono a svolgere
le loro idee
fuorché col mezzo della
meditazione; ed è
stato osservato che i filosofi non
sono quelli che
brillano di più
ne' crocchi sociali.
Ne' discorsi di ROUSSEAU
neppur l’ombra scorgevasi
di quello stile
che ne' suoi
scritti si ammira.
NICOLE , uno de'
primi scrittori del
XVn secolo, stanca quelli
che l’ascoltano. Perciò egli
dice del sig. TREVILLE, U
quale parlava .
con facilità :
Egli mi batte
rulla camera :
ma egli non
è g^cora in
fondo deHa^caìa eh*
io V ho confuso,
t 4t&l chè,
generalmente parlando, gli
uomini non amanq '
quelli che li
offuscano. > -^pm
> ^Allorché non
avete argomento interessante
da proporre, la
civillà vuole che
vi astenìate dal
parlare, in vece
di mettere alla
tortura l'altrui pazienza con
puerili e non
gradite scempiaggini. Perciò
r abate S. PIERRE
, il
quale non discorre
gran fatto NELLA CONVERSAZIONE, non
per sterilità nè
per disprezzo, ma
per tema d'infastidire
i suoi ascoltanti,
dice. Quando io scrivo,
nissuno è obbligato a
leggermi. Ma quelli ch'io
vorrei costringere ad ascoltarmi
si darebbero la
pena dì farne
almeno le viste, ed
io la risparmio
loro per quanto,
posso. Inoltre chi
vuol parlare di
ciò che non
intende, al quasi
certo rischio si
espone di guadagnarsi il titolo
d'ignorante. Quindi l'abate
Choisj', il quale
non era dotto,
ma lontanissimo dal
volerlo comparire, scrivendo
ad un suo
amico sulle sue CONVERSAZIONI
o sul
suo silenzio coi
dotti missionarii che
nella sua ambascerìa
egli aveva ritrovati
a Siam, si
esprime così.ii^^ Io
occupo un posto d' ascoltante nelle
loro assemblee , e
mi servo sempre
del vostro metodo
: una gran
modestia e nissun
prurìto di parlare.
Quando la palla
mi viene naturalmente , e
ch'io mi sento
istrutto a fondo
della cosa di
cui si tratta,
allora mi lascio
»v forzare, e parlo
piano, modesto egualmente
nei D sono
della voce che
nelle espressioni. Questo
metodo fa un
effetto mirabile, e
sovente, quando non
apro bocca, si
crede ch'io non
voglia parli lare, mentre
la vera ragione
del mio silenzio
si è un'ignoranza profonda
ch’egli è pur
bene di nascondere agli
occhi altrui. tjttl^
^ Da qiiesta modesta
confessione, soggiunge d^A^^.
lembert , si raccoglie
che l'abate Choisy
non rassomiglia certi
ciarlieri, i quali,
presi dalla manìa
di parlare di
quanto ignorano, meriterebbero
la risposta che
un artista greco
fece nel suo
laboratorio ai ridicoli
sragionamenti d'un dilettante:,.
Guardatevi dal farvi
sentire da' miei scolari. Infatti parlano
costoro con leggerezza
tale, che spesso
l'uomo pulito si
astiene dal far
loro un'obbiezione per
tema di vederli
ammutolire. I chiacchieroni
si fanno tacere
col non dar
retta ai loro
discorsi, come appunto
un suonator di
violino ferma i
danzatori cessando di
sonare. Co?itimcazione dello stesso
argomento. La loquacità eccessiva
è un difetto
che i moralisti
sogliono rimproverare al
bel sesso. Quindi
essi dicono, che
mostrare molto spirito colle
donne non è
il miglior mezzo
per conciliarsi, il
loro animo. Una
dama d'alto tono
che si era; I ,
scelto per amico
un uomo di
beli' aspetto e
di molto spirito,
gli disse un
giorno che poteva
ritirarsi, perchè ella
non ama le persone
che parlano troppo.
. vFin dal
pergamo fu rimproverato
alle donne ' -
l'accennato difetto :
un predicatore parlando
avanti I UA
consesso dì monache
nel giorno di
Pasqua/ I diede
loro ad intendere
che Cristo risuscitato
coin- ' parve
alle donne prima
che ai discépoli,
acciò la nuova
della sua risurrezione
più rapidamente si
diffondesse. i 11
suddetto difetta potrebbe
essere confermato dall'uso delle
donne negre della
riviera. di Qs^m- d j tot.
le ^uaH essendo
applio^tisshne ai labori
; glioBO , a
fina ^'^fitace hi
maldicdiusa 0 i
diseoiti inutili ,
empirsi la bocca
d'acqua mentre lavorano..
La leqoacità dette,
domiet seoondo che
io ne giu«
dieé, a due
Ani d^lta fimportanzia*
éorridi^nde. L'uno si
è che, essendo
é$$e. te prime educa-triei
éé faneiiilll') detona
esiereltttfe te fero
.tenere^ orecchie con
un cicaleccio continuo,
e imprimere Ìb
^ue'édb^li cernili oiolte
tracce ideali, che
senza,^ questo soccorso- diffleHmente Vi
«gioirebbero. ' .'1)
seeogdq si, è
. che, essendo
esse destipate a
«ìMi^iEnfel^ra aspra la
vita airaomo,. dover*
vano essere dotate
d'una sensibilità squisita
che a lotti
ì di lui
affetti prontamente si
risentisse, e della
facoltà d' insiniìàVs^
gqrbo nqf di
l«i allibo, ìi|jtrattenerlo oaa
sentimentale colloquio ed
àHeirtariiét té pene:
tton saprei ben
dire se questo
sia il motivo
per cui generalmente
le donne superbie gli
n^minLoella gra^^ia della
voce e del
canto. GIOVENALE, come
tanti altri poeti
dopo di lui
v ha eensurato
la loquacità deUe
donne letterate ne',
segufati^'veirn: « .
SI tosto ,
^ ' i>
T'assidi a mensa,
essa 1^ mensa
in scuola^. »
EcQO ti cangia
^ é dà
sentenze e.-npr|Be, /
» Loda il
cantor d'Enea, s'intenerisce. Per la
pQv.era Elisa ^
i due poeti
' ' »
Mette al paraggio;
a ima bitaneia
appende , » In
un, gùscio Maron,
neir altro Òmero.
» Orammatici ,
rettorìd, seolastiei «.^ . '
i> Ite a
rfporvi : i
convittor son muti PiissuQ
fisponde; e chi
tentar latria .
s ; »
D'arresUrue la foga?
Un avvócatd, y
B'altre donne uno
stuol ; tal
dalla bocca <
Vei^ (NTi^vio ^
parote^ e tale
^ r-Stridor mòtesto;
e tintinnìo di
voei^ Che un picchiai
di patini e
cauipaneU.! ' »
D'udir ti sembra
i »rrà piHtrìa
sot- ; .)i
Senz' altra aggiunta^ di
caldaie o trorobe. Recar ^eoisso
^ti! ii^iHuitata inaa
«^t» . Qnestà
gairrulita è condannabile
n^lle.dQnàè gualmente che
iiegli uoinini i.
e ciò che
Aiolièjre ba detto
nella sua commedia
cóntro le donm
sac^ cenli^ ai
saccenti in generale
sì applica. La
noia che- viene
prodotta dalla loquacità
noq. scema in milione
della barba di
chi parla, meatre
air op- posto un
bel detto cresce
di |^regio se
esce da bel
labbro. TaciturnUà. , lia
storia d' Atene e
di Sparta due
estremi -ci piTe^nta
nel modo di
parlare. Gli ^Ateniesi
érana talmente invasi
dalla manìa ciarliera
^ cbia lunghe
dissertazióni dicevano so|tfa
Inezie, vi spiavano
dottamente in quanti
modi può eseguirsi
una CA- vriola,
parlavano ad alta
vo((e in pub|ilic0|
dispu- tavano per le'
strade, si fermavano
eui mereati, e
ricoveravansi sotto d'un
portico per risolvervi
dQ* problemi nel
modo più rumoroso.
Plauto li de-
scrive in atto
di portare sotto
le pieghe del
loro manto pateechi
libri per convincere
i loro avver-»
Mrii eon assiomi
e sentenze decisive.
Gli SpUrtUfir-all'opposto erano
più silenziosi delle
pietrcr Disapprovando la
verbosità degli Alenicsì
e la V
taciturnità degli Spart.an?,
condannerò con maggior
y ragione il
laconismo degli ultimi,
i quali non
ri- | >^'1^pondendo che
con monosillabi, lasciavi^no
scor- ^ '^gere
un orgoglio offensivo..
Filippo re di
Macedonia avendo scrìtto
agli Spartani che
avrebbe fatto i
le sue vendette
se entrava nel
loro territorio, que-
^ Bti aljro
non risposero se
non che Se.
Gli stessi Spartani scrivevano
lettere molto laconiche,
cioè H impertinenti
; ma dacché
furono compiutamente. 'i.
i battuti a
Leutre , cominciarono
ad allungar loro frasi. Son
io, diceva Epaminopda,
che ho inse-
^ guato loro
questa civiltà. La
taccia d'inurbana data
alla tacilurnilà è
dun^ 'ì' ì
que molto antica,
e con ragione
/ principalmente i
quando son le
persone adulte che
tacciono; giacchè se
è necessaria la
riservatezza per non
esporre pensieri che
poscia si vorrebbe
invano rivocare, non
fa d'uòpo spingerla
al punto da
rendersi muto. Una
persona taciturna nella
conversazione è una
persona che vuole
entrare in teatro
senza biglietto d'ingresso;
è una persona
che vuole godere
senza contribuire. Una
persona taciturna diviene
incomoda per più ragioni. Ella arresta
la comunicazione de'sentimenti , i
quali sogliono acquistar
forza diffondendosi.
Presenta l'idea d'un
censore severo che
sem- r brà
accusare gli astanti
di frivolezza. Eccita una
diffldenza non favorevole
alla giovlalità. Una persona
chè parla ci
dà, per cosi
dire, la - misura delle
sue forze :
le sue idee,
i suoi sentimenti ,
i suoi gusti,
i moli della
sua fisonomia , \a
qualità de' suoi
gesti la palesano
al nostro sguardo
: noi sappiamo
come fa d'uopo
regolarsi con essa.
All'opposto una persona
che tace, in-
spira difUdenza, perchè si
diffida di tutto
ciò che non
si conosce. D'altra
parte non si
sa che cosa
'possa piacerle o
spiacerle: questa incertezza
diviene un limite
illegittimo alla facoltà
d'agire e di
parlare , quindi è
penosa. Finalmente ,
siccome nel i^commercio
V amor proprio
d' un negoziante
resta offeso allorché
vede rigettate 1^
sue cambiali, cosi
nella conversazione spiace
all' amor proprio
degli astanti la
vista d'una persona
che non corrisponde
alla loro allegrezza
, e ricusa
d' accomunarsi con essi;
perciò più facilmente
viene perdonata la
frivolezza che la taciturnità. La taciturnità può essere
prodotta da cinque cause. Mancanza
d'idee o stupidezza.
In questo •
caso è certamente
miglior consiglio tacere
qhe par- lare;
giacché parlando si
procurerebbe spregio a
se stesso e
noia agli altri.
Le persone taciturne
che appartengono a
questa classe sono
tollerate "nelle conversazioni
come si tollerano
nella società '^1
bisognosi impotenti :
la pubblica beneficenza
gli alimenta. Non
potendo CONTRIBUIRE ALLA
CONVERSAZIONE, esse devono
rappresentare il personaggio
dèlia scimmia, cioè
atteggiarsi a norma
de'seutimenti che si
dimostrano dagli altri. Diffidenza eccessiva di se stesso.
Questa qualità si trova talvolta anche nelle persone di carattere amabile, e
proviene da mancanza d' educazione e
di pratica: è
una debolezza che
merita Indulgenza, almeno
sul principio, benché
faccia torlo alla
società privandola di
molte idee utili;
dico almeno sul
principio, giacché un po' d'esperienza
dandoci la misura
delle altrui forze
e delle nostre,
questa diffidenza deve
sparire se non
é unita a stupidezza, ii» Scarsa
scienza è molta
vanità. Alcuni non
osano di contraddire
perchè non soffrono
d'essere contraddetti ;
la loro pazienza
non é che
un timido orgoglio;
il loro silenzio
é un mezzo
di sicurezza; essi
tacciono per non
esporsi alla censura.
/4. Stolto orgoglio.
L'amor proprio raffinato
e tronfio sdegna
di prendere parte
alle frivolezze della CONVERSAZIONE,
e di comunicare
agli altri i
suoi più che
sublimi concetti. Si
danno anche uditori
disdegnosi che, per
non accordare legger-
mente la loro ammirazione,
ricusano l'approvazione più meritata. Malizia. L'orgoglio
va spesso unito
a cattivo carattere;
quindi il silenzio
é non di
rado effetto della
malizia. Ritornando dalla CONVERSAZIONE, in cui
non proferirono una
parola, alcuni passano
a rivista tutto
ciò che vi
fu detto, con
intenzione di censurare
i discorsi più
indifferenti; osservatori malevoli
, il silenzio
de’ quali é
uno spionaggio sempre
pronto ad abusare
del vantaggio che
le anime false
e fredde sulla
franchezza e la
veracità agevolmente ottengono.
Fu dimandato a
M.r Fontanes 9
celebre matematico, che cosa
faceva nelle CONVERSAZIONI ove slava
sovente taciturno: Sto
osservando^ diss'egli, la
vanità degli uomini per ferirla all'occasione. Bel mestiere per un
filosofo! Alcuni finalmente non
sono taciturni nelle CONVERSAZIONI,
ma misteriosi: essi
dicono alcune cose e
poscia troncano il
discorso con aria
d'importanza e mistero.
Questa condotta è
doppiamente censurabile; giacché
da un lato
eccita una curio-
sità che non resta
soddisfatta , dall'altro
fa supporre che crede
gli astanti inoapaci
di silenzio o
capaci di tradimento.
EGOISMO # r
ir Se alla
loquacità s' unisce l’egoismo, cioè
se parliamo sempre
di noi ste&i ,
de* nostri gusti ,
delle cose nostre ,
in somma di
quanto ci appar-
.tiene , siamo certi
d'annoiari gli astanti oltre
misura. È difficile di
ritrovare un viaggiatore
che sia sobrio
nel racconto de'suoi
viaggi ; un
cliente delle sue
liti ; un*galante
delle sue avventare»
ecc., . senza
aspettare che l'analogia
delle idee guidi
il discorso ove
essi vogliono ,
taluni parlano della
loro moglie che
è un'ottima creatura,
de'loro figli cJiie
hanno sortita ìndole
divina , de'
loro maestri che
sono altrettanti Socrati,
de'loro affari che
tutti vanno a
maravigliai de' loro
nemici che sono
il fior de'
birbanti , ecc. : u Di
sé, de' suoi pernierà
de' sogni suoi
» Perpetuo citator,
storia e giornale
» Invasi da
questa manìa si
mostrano spesso i
gip- vàni poeti,
perchè lusipgandf^i facilmente
d'avere composto sublimi
versi, vogliono recitarli
anche ai sordi. inedtartoir acerbo
» In fuga
volge e ignorante
è 1 dotto
; ' »
Se poi ne
abbranchi alcunOf il
tìen, l'uccsMIe* 1»
Leggendo ognor ;
mignatta, che la
cute » Non.
lascia pria che
ae rilK)cchi ii
saague. La stoUem e
la vanità giungono
talvolta a segno^
che non potendo
far oggetto dell' altrui
attenzione te nostre
heUe qualità, le
presentiamo i nostri
in- comodi^ lenostre .
debolezze 9 la
nostra pusillani- mità, e
talora que'raali che,
essendo comuni, non
meritano speciale riflesso.
« i' A
che lai lezzi,
Schizzinoso mortai , e
con qual dritto
' i> Pretender
puoi d' esser tu
solo esente )»
Da la sorte
comnn, come se
fossi r> Il
figliuolin della gallina
bianca, 1» Moi
vili polli e
di vii uovo
usciti ? »
Cresee r impertinenza, se
alla voglia di
ptflmre sempre di
sè, si unisce
la pretensione di
superare in tutto
gli altri. A
sentire qualche stolto,
i suoi cavalli
ilono più veloci
di quelli d' Achille,
i suoi jiervi
più avveduti di
Ulisse, il suo
cuoco più sagace
d'Apicio, ecc. Il
sole comprimi ed
ultimi raggi saluta
il suo palazzo
; l'aria non
è pura fuor-
ché nelle sue campagne
; in nessun
gianlino olez- zano sì
soavemente i fiori
come nel suo.
Chi si move
in una danza
con maggior > garbo di
lui? Al paragone
della beHesza non
potrebbe egli con-
tendere il ponto alle
tre Dee? ecc.
Quindi ora pretende
al sublime onore
di passare prima
degli altri ; ora si
lagna , perchè
non pieghi sino
a terra la
fronte chi gli
fa di cappello
ecc. I suoi
vanti giungono sempre
alla menzogna quando
parla con persone
che non lo
conescono. !• •
a E sei
miglia lontan dal
suo paese »
Tal faceva il
signor, barone o
conte.Ch'ivi guardava i
porci per le
spese ». f
^ Siccome gli
uomini vogliono più
applausi die istruzione
, inclinano più
a censurare che
ad ap- plaudire;
perciò comparir nelle
conversazioni più di
sè occupali che
degli altri ,
voler primeggiare sopra
tutti , pretendere
di singolarizzarsi a
spese altrui, è
il più sicuro
mezzo per rendersi
sprege- vole e ridicolo,
/j/vj . La
smania di rappresentare
un personaggio di-
stinto nella conversazione e
rendersi lo scopo
di tutti gli
sguardi , è il
difetto principale degli
uo- mini di spirito
^ i quali
perciò amano meglio
tal- volta di conversare
con persone di poca levata
cui possono dar
legge coloro discorsi
, di quello
che ritrovarsi in
crocchio coloro simili,
da cui temono
di .riceverla ;
cioè preferiscono d'essere
re in una
cattiva compagnia, alPessere
sudditi in una
buona. Ma solamente
una vanità puerile
può compiacersi dell'omaggio
di quelli ch'ella
disprezza. Due donne di
primo rango ti
movevano querela^ pre-
tendendo runa suir altra
il passo in
una chiesa y
e assordavano colle loro
dispute i tribunali.
Carlo V, per
impedire le cabale
.cui poteva dar
luogo questa sì
seria contesa, stimò
a proposito di
farsene arbitro ,
e decise che
11 diritto d'
an- dare avanU apparteneva
alla più stolta
delle contendenti. L'abate
Testu , dice
d'Alembeit , dominava principal-
nieDte all' Hòlel-Richelieu, ovo
era l'oracolo e
l'amico intimo ^iqitif L'amore disordinato
di noi stessi
ténehdoci fissa avanti
lo spirito V
idea delle nostre
qualità , V
in- grandisce
snrìisuratamente, come il
sol eadente in-
grandisce l'ombra del nostro
corpo e la
fa com- parir gigantesca. Può
essere citato sotto
questo articolo il
difetto 4i coloro
che la loro
arte o professione
innalzano ' sopra
tutte , e vi
mostrano i beni
immensi di cui
è fonte; e
vi provano con
cento argomjenti, che
se sparissero tutte
le altre, essa
sola sosterrebbe la,
società cadente e
le darebbe lustro.
Da ciò nasce
una serie indefinita
di sgarbi, di>spregi,
di censure alle
volte ingiuste, spesso
false , sempre
ìmpulit;e. Un buon
prete cui confessavasi
Despréaux , gU
dimandò Qual era
la sua professione.
Io sono poeta ,
rispose il penitente.
Cattivo mestiere, replicò
il prete :
e poeta in
qual genere ? Poeta satirico. Amora peggio
; e contro
chi- fate voi
delle satire? Contro
i compositori difxommedie
e di romanzC
'^^Òh ! per
questo aggiunse il prete, alla
buon' orix ;
e gli diede
fas- soluzione immediatamente. In
conseguenza delPac- cennata
impulitissima pretensione Alcibiade
diede uno schiaffo
ad un maestro
di rettorica, perchè
non aveva un
esemplare delle poesie
d'Omero ; ed
un altro adoratore
di questo poeta
fece voto di
. della duchessa
di questó nome,
^lìceome egli non
amava d'essere contraddello,
ma molto di
essere ammirato , perciò
gli andava poco
a sangue il
commercio degli uomini ,
più conlenlo di
brillare in un
circolo di donne
che talora col
suo dir sorprendeva ,
talora adescava, secondo
che meno o
più gli piacevano. ,
t leggere Ogni
giorno mille versi
di esso» a
ripara- zione tarli
gli venivano iattL
\Irritabilità e ruvidezza.
Lo spirito stizMso
è ii flagello
deH^^Niéi^tà'i come il
carattere dolc« ne
è il ba)san(M),
.»Iiiriitàbilità rende deeuplo-'il.fientìmjeiito.ctolAh supposta
offesa: e spesso
ha fonte neir ìntima
p^sijasiooe di non
meritare alcun riguardo.
Quindi le* peiisMe
più ^irtilei)Ui smé'
per lo fiià4e? teste
più piccole, più
vuote, più prive
di qualità reati."
Gcnìvinte dqlla ..kro
.BiiUftà.> iMiinam a-
mdenl scopo dell'altrui
spre^?o, e si
confermano in questa
idea ad j^oi/miaima
eerknoma che per
ioavverf lénaa vengà
cdii «ssè traseuràta.^
Uina parole eftig«
gita in un
momento di calprCi- di
vivacità, d'àlle^ grezza,
viene da ^se
esaotlnata con tutto
il rigorè, non
dico della logica,
ma del puntiglio,
staccata da quelle
circostanze che se non la
giostificanò
pienain6iite<
la^dimò^tranO' figlia pintlMto''4eH' ,
riflessióne che delio
malizia. r^-r I
L-esser tenera e
vezzo6CKaBìci»*(it ditdiee aseai;"
»:dicc monsignor della
Casa, e massimamente
agli M. i^omioi;
iNsreiocchè l'osare con
si &tta maniera
«: di pet*s0Be
non pme eompagnia-me
servitù re »
certo alcuni se
ne trovano ohe
sono tanta tenerr
'> e fragili
4, che il
viv.ere e dimorar
con «asdoìfo, »
ninna altra cosa
è, che impacciarsi
fra tanti •
» sottilissimi vetri;
così temono essi
ogni leggier '^ercosisé,
e così conviene
trattargli e riguardar*
»• gli :
1 qijali così
si crucciano, se voi non
foste 1* così
pronto ^ fioUeeìto
a sduladii a
visitarli , a »
riverirli , ed a
risponder loro, come
un altro*. farebbe
d'un' ingiuria mortale;
e se voi
non dato »
loro così ogni
titolo appunto, le
querele aspris- »
sime e le
inimicizie mortali nascono
di presente. »
l^oi mi diceste
messere^ e non
signore. E per-
» chè non
mi dite voi
S. ? Io
chiamo pur »
voi il signor^
tale. Ed anco
non ebbi il mio »
luogo a tamia
! E ieri
non vi degnaste
di » venire
per me a
casa, come io
venni a trovar
i^voi Valtr* ieri.
Questi non sono
mòdi da tener
con un mio
pari. Costoro veramente
recano le »
persone^a tale, che
non è chi,
li possa patir
di » vedere ,
perciocché troppo amano
se medesimi »
fuor di misura;
ed in ciò
occupati , poco di
» spazio avanza
loro di poter
amare altrui; senza
» che gli
uomini richieggono che
nelle maniere di
w coloro co'
quali usano , sia
quel piacere che
può » in
cotale atto essere
; ma il
dimorare con sì
ì> fatte persone
fastidiose , l'amicizia delle
quali sì )^
leggiermente , a guisa
di sottilissimo velo
, si w
squarcia, non è
usare ma servire,
e perciò non
* solo norf
diletta , ma ella
spiace sommamente. »
Altri a nissuno
mai fanno buon
viso; e vo-~
» lonlieri ad
ogni cosa dicono
di no; e
hòh prèri- dono
in grado nè
onore nè carezze
che loro sf
>i faccia, a
guisa di gente
straniera é '^barbara ;
non » sostengono
d'essere visitati ed
accompagnati ; e
» non si
rallegrano de'motti nè
delle piacevolezze; »
^ tutte le
proferté rifiutano. Messér
tale m*im- »
pose dinanzi ch'io
vi salutassi per
parte sua. »
— Che ho
io a fare
dei suoi saluti
? ^ E-
>l messer cotale
mi dimandò come
voi stavate.^ »
— Fenga , e
sì mi cerchi
il polso »
La naturale rozzezza
dell' uomo , fa
mancanza d^educazione ,
una stolta vanità
, la piccolezza
di spirito ,
talvolta dei risentimenti
amari , talvolta Fimpossibilità di
partecipare ai piaceri
sociali , ba- stano a
spiegare in generale
gli accennati difetti.
Una causa speciale
d' irritabilità e ruvidezza
si era per
Taddietro uno stolto
orgoglio di famiglia,
per cui alcuni,
persuasi d'essere vasi
d'oro, e cre-
dendo tutti gli altri
di fango, sfuggivano
ogni con- tatto con
essi , si mostravano
alieni da ogni
con- fidenza, s'atteggiavano a
sprezzo abituale come
queir Omberto ALDOBRANDESCHI a cui
Dante ALIGHIERI fa dire,
« L'antico sangue
e l'opere leggiadre
» De'miei maggior
mi fèro sì
arrogante, » Cbe
non pensando alla
comune madre ,
» Ogni uomo
ebbi in dispetto
tant*avante , ^
Cb' io ne
morii » Finalmente vi
è una irritabilità
e una ruvidezza
che è figlia
di timori immaginarii.
Un asino sta
mangiando il suo
fieno ; voi
gli passate a
fianco senza pensare
a lui ;
egli si volge
e vi mostra
i denti, temendo
cbe vogliate rapirgli
parte del suo
pasto o tulio.
— In questo
stalo d'allarme si
trovano non di rado
alcuni, percbè credono
d'avere sempre qualche
nemico a fronte
; quindi stanno
continuamente sulle ditese,
pronti anche ad
assa- lire chi non
ha giammai pensato
ad essi. Uno
sguardo incerto, una
parola dubbia ,
un atto che
non sanno spiegare,
eccita tosto il
loro mal umore;
quindi succedono degli
sgarbi, parecchie amicizie
cessano , delle nimistà
sottentrano , e l'
allegrezza dalla conversazione
sparisce. Contro i
quali difetti . vatgpna
i seguenti riflessi.
La società è
una piazza di
commercia, ove 8i
dà amor per
amore « .stima
per stima, odio
per odio, sprezzo
per sprezzo. Jn.q«iesto
camliia d'affetti ciascuno
procura di non
essere ingannato, e
rieiisa é} dar
più di quel
ctie riQeve. L'orgoglioso
vorrebbe violare queste
due lef^i ;
egli dà sprezzo,
e vorrebbe ammirazione
: egli dà
poco o nulla ,
e vorrebbe motto
; quindi s' irrita
non rfeevendo !n
proporzione delle sue
pretensioni ; egli
è irragionevole come
colui che con
pochi cen- tesimi volesse eomprar
delle gemme. Il
tempo che perdete
in lagnarvi inutilmente,
in prepararvi a
difese , in mulinare
contro chi non
pensa a voi ,
occupatelo a rendervi
stimabile in qualche
cosa, e coglierete
rispetto e contentezza
> mentre attualmente
cogliete sprezzo e
rammarico. É ottima cosa
la sensibilità airopinione
pubblica, perchè è stimolo
alla virtù e
ritegno ai vizi
; ma è
pazzia il far
dipendere la propria
felicità dairopinione eventuale
di questo o
di quello. «
« Brami invan
d'esentarti alle punture
, » Se
fòf d' A pelle
infin Topre Immortali
» D'un ciabatti Q
soggette alle censure
». Pretendere che la nostra
condotta ottenga Tapprovazione
di tutti, è
nretendere che a
tutti piacciano le
stesse vivande, i
falsi giudi%i del
volgo non tolgono
pregio alle nostre
azioni, come le
nubi non tolgono
pregio alla hice
del sole. Chiama
in Roma più
gente alla sua
udlenea » L'arpa
d'aoa Ucisca cantatrice^
» Che la
eampafia della Sapienaa.
» Laseino omai>
le dispute e
i litìgi »
Il Portico e il Liceo,
poiché' et MllM •
» Più di
Talete un aarto
di Parigi. »
*i^ì sono delle
persone dalle quali
essere lo4a(p sa-
rebbe infamia, e lo
sprezzo delle quali
è segnò 4| merito.
$iate dunque sensibile
air opinione pub-
blica^ e sordo alle
yoci .p^rtioolari cbe
da es^ discordano^
ricercate l'approvazione delle
per- som assennata 2;iV^2^o5e,^e ridetevL4f)U§
dpgli sciocchi e
de'yiziosL *t Uq
.vi^giatore, dice Boccalini,
era importunato dal
rumore delle cicale
; egli yolle
ucciderle, e sì
allontanò dalla strada;
egli doveva continuare
quie- tatneate il
suo viaggio, e
le Qical^ sarebbero
wprJje 4a se
9|M8e alla fiue
di otto giomL
. I •lE
fo come il
villan, che, posto
in mez^ '
r i V
Al romor delle
stridule cicale, -
» Semai eurare
H fimeo strido
toro D Segue
traa^uìUamente il suo
lavoro. » III.
Se avete qualche
difetto fisico, siate
il primo a
riderne voi stesso
; in questa
maniera sfuggirete airaltrui
motteggio : facendo
altrimenti, mostran* dovi
tenera da questo
lato , ognuno si
procurerà il piacere
di pungervi. Alfieri,
costretto a portare
la parrucca nella
$ua gioventù, allorché
trovavasi in collegio,
divenne iminediataBiente lo
scherno di tutti
i suoi compagni.
« Da prima ,
egli dice, io
m'era messo a
pigliarne apertamente le
parti; » ma
vedendo poi ch'io
non poteva a
nisBua patto »
salvar la parrucca
mia da qaello
sfrenato tor» »
rente che da
ogni parte assaltavala ,
e ch'io ao-
» dava i
rischio di perdere
anche con essa
me » stesso,
tosto mutai di
bandiera, e presi
il partito »
più disinvolto, che
era di sparruccarmi
da me »
prima che mi
venisse fatto quell'affronto, e di »
palleggiare io stesso
la mia infelice
parrucca per D
l'aria, facendone ogni
titapero. E io
fatti, dopo »
alcuni giorni, sfogatasi
Tira pubblica in tal guisa,
» io rimasi
poi la meno
perseguitata, e dirci
quasi v ìa
più' risj[léttàta parroeca
fira le due
o tre altre
» cb^ ve
n'erano in quella
stessa galleria. Allora
» imparai che
bisognava sempre parere
di dare. »
spontaneamente quello ebe
non si potea
impedire » d'esserci
tolto. » ;
>^ Benedetto XIV
fece di più:
un cattivo poeta
aveva stampata una
satira contro di
lui: il Pontc-
0è9%^jBsaminò , la* corresse ,
la . rimandò
air au- tore, accertandolo che
cosi corretta la
venderebbe iV. (%esterfi0ld
aggiunge: « IVon
mostìrate iriai »
il più piccolo
segno di risentimento
se non potete
i in qualche
maniera soddisfarlo: ma- sorridete^ »
sempre quando non
potete punire. Non
si po: »
trebbe viver nel
mondo se non
si pocesserana^ »
scondere o almeno
dissimulare i giusti
motivi di »
risentimento che incontrano
ogni giorno in
» un'attiva vita
e affaccendata. Chi
non^è padrone »
di se stesso
in tali occasioni,
dovrebbe lasciare ilmondo
e ritirarsi iu
qualche romitaggio o
de« » serto.
Mostrando m inutile
e cupo risentimento^, 4^
LIMQ^EUO , »
autorizzate quello di
coloro che vi
possono. of«* 3»
fendere, e oh/f
voi olCeodigre aoa
potete} porgete 1»
loro quel pretesto
eoa cui forse
desiderano di ».
Komperla cop voi
e d'iugiuriarvi, mentre
un op- »
pqsto coQtegBO li
forzerebbe a star
ae'liiniti delia »
decenza almeno, e
sconcerterebbe o farebbe
pa- » lese
la loro otalfgoità
V * J ^.^ ^ii^'
In somnia^ sodo
le deboli canne
che si lasciano
turbare da ogni
soffio di vej^o ,
pentrj^ le alte
gtt€pr0e réslstoiK) agli
aquiioni. Finché dunque si
tratta d'ingiurie lievi,
la mi- glior^ risposta, si
è il sorxiso
del dispre^ui^o; ma
Quando iti tratta
d' ingiurie gravi ché
offendano l'onorey chi
le soffre le
merita; il risentimento
in 'questi casK
è cosi jiusto
come è giusta^lsi
legge che le
punisce. . .
^à^l \ i
10. Curiosità degli
affari altrui. >
Non può abbastanza
censurarsi, perchè contraria
alla confidenza e
quindi. all'allegrezza, la smania
di eeloro che
vogliono conoscere tutti
gli affari altrui^
saperne le più
minute circostanze, e
dei nomi chieg-
gono notìzia a de' luoghi ,
e , per trarvi
di bocca qualche
cosa di più ,
pria fingono di
non avere bea
intesot poi vi
dimandano schiarimento ad
un dub- biti^
orarvi piantano avanti
un sospetto come
in* fallibile, e,
vedendo che lo
respingete, mostrano di
riciedersì passando al sospetto opposto,
e dalla nuova
vostra negativa o
maraviglia fatti accorti
si ripiegano aopra
se stessi per
ritornare airattacco ; e 0
non gran pompa
«di tolleranza v'
invitano ad aprir
V animo , o
con improvvisa ed
isolata interrrogazione vi
sorprendono : e
tenendo gli occhi
fissi sopra di voi
, cercano di
leggervi nel volto
V im- pressione che
fanno i loro
discorsi , la
quale, pav - ragonata
e unita alla
vostra risposta ,
serve loro di
via per giungere
al vero. Questa
curiosità conduce -i
ciarlieri, i parabolani,
gli invidiosi, i
tristi per tutte
le case , i
palchi , i caffè,
onde raccogliere e.
raccontare i^.^^ •
• • >
' it ......
ie vicende ascose
: ' . w Degli
instabilì amor, le
cagion lievi ^^
X » Dei
frequenti disgusti, i
varii casi »
Del dì già
scorso, le gelose
risse, \ ^
» Le illanguidite
e le nascenti
fiamme Le forzate costaiize
e le sofferte.*'
' » Con
mutua pace infedeltà
segrete, • »
Dolci argomenti a
feraminii bisbiglio »^
. Questo prurito
d'indagare le faccende
altruf è tanto
più attivo, quanto
più si manca
di idee e di sentimenti
proprii; giacché il
nostro animo volendo
^un continuo pascolo,
se non ne
trova in se
stesso* . va
per le altrui
case a questuarne
(1). v •
^ Senìbra che
anco la vanità
concorra a rendere
il pungolo della
curiosità più attivo. Si
crede acqui- "
— *i '
ir (I) L'Imperatore
Claudio sarel)be morto
di noia se
noi) • si
fosse occupalo ad
ascoltare tutte le
cause che si
agitavano :nel foro,
ed a conoscere
tutti i segreti,
gli accidcnU, le
sven- ture,i piccoli
odii, gli intrighi,
i pelegolezzi delle
famiglie. Gli avvocati,
cui era nota
questa sua debolezza,
lo prende- vano alle
volte per i
piedi e lo
trattenevano in tribunale
al- lorché egli voleva
partirne. Le dimande
inopportune, le ri-
spostestolte, i riflessi
ridicoli di qlieslo
preteso giudice mei
\ levano in
tale evidenza la
sua stupidezza, che
un avvocato *
: ,v.' ,
.Starsi qualche grado
di gloria nel
poter dire lo^lo
io l'ho veduto
: infatti gli
stolti e gli
scioperati • amniirano
queste notìzie, e
credono uom d'acuto
e ; perspicace
ingegno colui che le spaccia;
mentre tutto :
il suo ingegno
si riduce a
prestare le sue
orecchie ai discorsi
degli altrui servi
e nio;izi di
stalla. >^ Siccome
in tutte le
classi sociali sta
la realtà all'apparenza
come la grossezza
della rana alla
grossezza del bue
; siccome ciascuno
si sforza di
coprire con color
lusinghiero le proprie
debolezze, quindi il
curioso che vuole
spingere lo sguardo
/sotto al velo
delle cose, offende
sensibilmente l'al- trui amor
proprio, e tanto
più , quanto che
da un lato
si temono maligni
commenti, dall'altro si
vede minacciata pubblicità
alle proprie miserie
ed ai difetti,
sapendosi da ciascuno
che il curioso
è in- discreto
e ciarliero. Sarebbe
desiderabile che i
^ curiosi venissero
a scoprire nelle
loro impulite ri-
cerche ora un'azione virtuosa
che la modestia
vo- leva sottrarre agli
altrui sguardi, ora
qualche ac- cidente che
offendesse il loro
amor proprio, come
•successe a Catone,
il quale stimolando
Cesare a mostrare
una littera che
questi ricevette in
pien senato, e
di cui faceva
mistero , Catone
, dissi, vide
con sua sorpresa
una lettera galante
scritta i"di pugno
di sua sorella.
Allorché sì tratta
di cose alcun
poco ragguarde- voli,
il curioso corre
pericolo d'assicurarsi Tono-
ratissimo titolo di
spia (I). »
(I) U Gozzi
dipinge nel modo
seguente la comune
curio- sità de' faUi
altrui e i
suoi ridicoli commenti.
(« Sarà uno
nella sua slanza
cheto , solitario ;
penserà , Franklin ci
dà un metodo,
se non per
liberarci dai curiosi ,
almeno per troncarne
Y importunità ;
1 ^-.v. .
— — •
Jegc;erà, scriverà, o farà qualche
altra opera onorala
: » uscirà
di casa, anderà
un poco inlorno
a ricrearsi all'aria
; » saluterà
due o tre
amici, perché pochi
più ne avrà
voluti^ » sapendo
che di rado
se ne trova
anche uno che
sia vero: »
e appresso rientrerà
come prima a
fare i falli
suoi. Che »
uccellaccio è questo
? diranno alcuni
: non è
possihile che )»
un uomo sia
fallo a questo
modo. Si comincia
ad inter- »
prelare ogni suo
atto, ogni parola.
Sapete voi che
ha voluto •
dire quando alzò
le spalle ?
quello che significò
queir oc*, »>
chìala? e quella
parola tronca ch'egli
ha proferito? Sicché
il pover uomo,
senza punto avvedersene,
ha dietro il
notaio » e
Io strologo, e
chi nota, chi
indovina, chi fa
commenU » alla
sua lingua, e
a quante membra
egli ha indosso.
Vo- » lete
voi più? Tanti
sono i sospetU
del fallo suo,
che egli »
avrà fatto nell'
opinione d' alcuni
quello che non
ha fatto» mai,
o che non
avrà sognato di
fare. Le cose di
questo mondo sono come
una matassa di
filo ; chi
non sa trovarne
il capo , la
lasci stare , perchè
s' impiglierà sempre »
più. A me
pare che quando
s' ode a
raccontare qualche »
cosa d'uno, si
dotesse prendere questa
matassa, metterla »
sull'arcolaio, come fanno
le femmine appunto
del filo, scio-
»» gliere con
accortezza il primo
nodo, e preso
il bandolo in
» mano, cominciar
a dipanare con
diligenza, e, secondo
che » si
trovano gli intrighi
e i viluppi,
tentare se col
candore dell'animo e con
la verità si
possono sciogliere. Se non si
H può, buttisi
via la matassa,
ma quasi sempre
credo che sì potrebbe
da chi non
corresse troppo in
furia, per vo^
H lontà d'ingarbugliare piuttosto
che di snodare.
Questa u-^ r
ganza è quasi
comune. Benché la
logica insegni in
qual » forma
s' abbia a fare
per venir in
chiaro di certe
faccende incredibili o inviluppate,
pochi se ne
vagliono, e menasi
il n basloie
alla cieca, e
suo danno a
cui tocca. Quando
il » capo
é principalmente alteralo
da sospetti o
dal mal volere
» contro una persona, si
può dire che
questa sia una
specie ivi- 4Sfl
umm tmM e .
questo n^do coo»ste
nel precisare il
disMMio e limitame
H soggetto in
nòde^ da 'Weliidero
quai^- lunque eventuale
dimanda. Allorché questo
filosofo ni 1
0 * che
doveva prenderei sapendo
quanto erano curiosi
^ kiterrogatorì gli
Americani, usava dire
alle per- soAe
cui dnrigevasi: 11
mionome è.Franklm, staoH'
patore di professione
; io vengo
da tale luogo ,
voglio andare a
tal altro :
quale strada devo
tenere? Dichiarando impulita
l'eccessiva curiosità , av-^
verto i giovani ,
che in molti
casi la curiosità
è ; vinù
; perchè Tindifferenza, la
non curiinza^ Tin^
sensibilità sono la
massima offesa per
Tamor pro- prio x^he
vuple occupare gU
ititn ili S9
atpsso V é
^ conservare le
apparenze della modestia.
La puli- tezza v'
impioiie adunque dt
chiedere frequenti ap-
tfeàief di mostrarvi
inquieto suH' . altra! aorte
^ «d esternar
piacere o dolore
alle altrui foi
tnne o di-
sgrazie. L'infelice, come è
stato detto altrove ^\
sente alleviarsi il
peso de' suoi
mali allorché gli
4j^e^ al suo
simile; ma q^olte
volte temendo d'im-
v ^tf^unaito , si
pasce di cordoglio
in segreto , al-
lora fa d'uopo che
una tenera sensibilità
gli faccia una
dolce vio^enzaf e
"versi il balsamo
della eon« ^
solazione sulle piaghe
del suo animo:
la curiosità de' superiori
o degli amici
in questi casi
diviene imlesto rugiada.
• Parimente, «ccome
II timore dV
equistarsi la taccia
di vani, consiglia
alcuni a ve*
lara le loro
fortune ed onori
: qòindi la
pulitezza^ , _
9 •* y
d'ubbriache/za , per la
cui forzii l' uomo
non vede , né
sa » più
quello che si
dica o faccia ,
e appena coiX)sce
più sé »
medesimo 4Sr eome. attrai» ai àìm ^
vgoto^ehe éiiigtaM il di* scorso
da questa banda
, ma con
destrezza e tale
eanfeaiaQsa di parole ,
dm la congratulazione e
l'elogio seovri é'adiilaamie
si mostrino e
di men^ «
20goa. V In
«oMkia > Ja cnriofiità
ò ripronslbile qomdo
mi- naccia pubblicità alle
altrui debolezze e
imperfé« zioni ;
è lodevole quando
tende . a dare
risalto al merito
o porger aoeeorsò
al bisogno. Burrasche delle
conversazioni i o
dispute. 'I glardiAf
de'iilosofi d'Atene si
estendevano dalla rive
deirillisso sino a
quelle del Cefìso.
Gli Epi- curei sì
erano stabiliti al
centro, i discepoli
di Piatone vèrso
il Nord, e
quelli d^Aristotite al
Sud. Non si
videro giammai vicini
men turbolenti nè
man geloìsi: un
sentiero d* ulivo
^ un boscbetto
di mirto, una
siepe di rose
separava i sistemi
e ser- viva di
limite al regno
dell'opinione. Le conver*
sazioni non «ono
sempre ugualmente paciliche;
la diversità delle
idee apre il
campo a lotte
rumorose accompagnato e
seguite da parecchi
inconvenienti. § 1.
Idea della personalità.
Discutere è allegare
le ragioni e
gli argomenti cui
due opposta opinioni
si ' 0
sione degenera in
disputa al momento
che qualche personalità
vi si frammischia.
Per personalità non
si intèndono qui
quelle pa- tenti ingiurie che
la buona compagnia
interdice , ma quelle
che, sebbene meno
gravi, non lasciana
d'essere nel tempo
stesso pungenti per
Taltrui amor proprio,
ed estranee alla
cosa. . Due
specie di personalità
sogliono per lo
più introdursi nella
discussione, e le
fanno degenerare in
disputa. • >
Colla 1.3 spede
si fa rimprovero
air avversario ch'egli
parla per motivi
particolari, d'interesse per se stesso,
d'affezione pe'suoi amici
o per la
sua classe, d'odio
contro i suoi
nemici, ecc. «
Voi » parlate
così perchè siete
militare ; e
voi negate »
perchè siete prete,
ecc. » Ognun
vede che queste
non sono ragioni
; e quanto
è facile di
farne uso ad
uno, altrettanto riesce
spedito all'altro il
ribatterle. Colla 2.3
specie sì dice
all'avversario ch'egli non
conosce la materia
di cui si
parla ; ch'ella
suppone cognizioni superiori
alle sue; eh* ella
è estranea alla
sua professione. Anche
questo modo d'argo-
mentare tende bensì a
deprimere la persona
del- l'avversario, ma non
scioglie i dubbi
eh' egli pro-
ipove. Inoltre, senza
essere, per es.,
giureconsulto, non è
impossibile d'avere delle
idee giuste e
nuove sulla giurisprudenza. Cause delle
dispute. Si direbbe
che gli uomini
inciviliti amano le
di- spute, come i
selvaggi i combattimenti. Sono
cause di dispute
: I. //
desiderio di conservare
la propria libertà.
In parità di
circostanze ciascuno preferisce
all'ai'*. litti^ Ja«ia »9§iMm^
«ppunto perahà ò
sm ^ jqumdi siamo
tanto più resti!
ad ammettere l'opinione
altri, quanto è
maggiore 13aria di
epmaoido con om
ei viene proposta,
fiiif sottopond al
nostro giudizio un'idea
sotto le forme
del dubbio, riesce
fià ,f«eibiimt0 a
eonYtnemi. dr ^oello
^ ehi >
senza produrre argomenti
maggiori, nfH>stra di
vo* ler dogmatizzare
e vietarci ogni
obbiazioiie* L'uoma ò
ai geloso detta
sua libertà intellettuale, eoitae
la è. della «ua
libertà civile e
politica. ^ «
Dopo molti acutissimi
argomenti 1» E
molte riflessioni pellegrine
» E belle
cose détte da^taienti
» Sì grandi,
la questione ebbe
quél firó v
'\l . »
Che soglion tutte
le quistioni avere
v " '
• Cioè ^estò
ci€iscun,4el, mo parere
». IL La
vanUé^^eàe^ uaa apecie
d'avvilimento^ tìst sommettere
la propria alF
altrui opinione ,
percKè' lo crede
segno 4'iaferiorità intellettuale. Il
dispia- , cere
dì questa supposta
infèricirità, sensibile in
ttìtì^ cresce in
ragione dell'alta idea
che ci formiam
di noi stessi,
e può (
tant' è la.
debolezza umana j
) . giungere
al plinto da
cagionare la morte,
come successe ad
un filosofo dell'antichità detto
Dìodoro. Erano state
fatte a questo
sedicente filosofo alcune,
obbiezioni, alle quali
egli non seppe
rispondere : lo
sgraaiato .fu punto
da sì vivo
malincuore e di*
spetto, perchè il
suo spilli to lo
aveva tradito, tìm
spirò air istante.
è si ver4
die* la. vanità
è cavia di
dispute^ che il
silenzio d'uno de' disputanti che
resta nella propria
opinifma diviene offensivo ;per
Taitro. Il silenzio in
questo caso sembra
provare che si
ha sì basso
concetto dell'antagonista, che
qualunque ragione non
basterebbe per convincerlo;
quindi si risparmia
la pena di
parlare. Costui vede
dunque che mentre
egli si sfiata,
il nemico sorride,
e lo lascia
abbaiare come i
cani alla luna;
e che quindi
egli non ottiene
lo scopo che
si aveva proposto,
cioè la superiorità
sul suo avversario.
La Mothe aveva
detto male d'Omero
; il poeta
Gacon pretese di
vendicarlo; la Mothe
non rispose]: roi
non vo- -
lete dunque rispondere
al mio Omero
vendicato'? gli disse
il poeta, f'^oi
temete la mia
replicai Ebbene , voi
non V evltet^ete
; io pubblicherò
un libro che
avrà per titolo
: Risposta al
silenzio di la
Mothe. Lo spirito
di contraddizione. Alcuni
par che non
godano d'altro che
d'essere molesti e
fa- stidiosi a guisa
di mosche , è
fanno professione di.. contraddire dispettosamente ad
ognuno senza riguardo.
« Pria che
tu parli , M
Nega quel che
vuoi dir, e
se consenti .
» Pur d'aver
torto, Non è
yero^ ei grida^^^" É
vuol ch'abbi raglotii"»/-' E
siccome taluni si
mostrano terribili nelle
dispute per la
forza e capacità
de' polmoni, perciò
sembra che lo
spirito di contraddizione si
debba primiera- mente a
stolto orgoglio attribuire,
o sia indistinto
bisogno di dominare.
Lo fomenta fors'anche
una causa fisica
non ben nota,
chiamata temperamento, quella
causa per cui
il can rosso
dell' abate Casti
neinilustre adunanza degli
animali parlanti. Di petto
Instancabile e di
voce » Ringhia
; con tutti
ognor brontola e
sbuffa , » Pronto
con tutti ad
attaccar baruffa. Le inimicìzie
sogliono essere una
delle pri- marie ragioni
per cui si
rigettano le idee
altrui ; giacché
all'odio sembrano vere
e reali vittorie
le mortificazioni alla
vanità dell'odiato. Secondo
che racconta il
Castiglioni , trovandosi due
nemici nel consiglio
di Fiorenza , V
uno di essi ,
il quale era
di casa Altoviti ,
dormiva; l'altro che
gli sedeva vicino ,
e che era
di casa Alamanni ,
per ridere ;
toccandolo col cubito ,
lo risvegliò e
disse : Non
odi tu ciò
che il tal
dice ? rispondi,
chè i signori
dimandano del tuo
parere. Allor TAltoviti
, tutto sonnacchioso,
e senza pensar
altro, si levò
in piedi e
disse : Signori,
io dico tulio
il contrario di
quello che ha
detto T Alamanni. Rispose
rAlaiiianni: Oh! 10
non ho detto
nulla. Subito disse
rAllovitì: Di quello
che tu dirai
! ! i
V. V imperfezione
inerente a qualunque
cosa umana apre
il campo a
rinascenti dispute. Questa
imperfezione risulta :
Dagli oggetti che
hanno molti lati,
e de'quali ciascuno
considera quello che
più gli piace
; 2. Dalle
persone che non
hanno gli stessi
occhi, gli stessi
interessi , gli stessi
principi!, le stesse
* cognizioni, gli
slessi gusti (1).
1*4. ^ Petrarca
parla iV un
uomo, il gusto
del quale era
si depravato, che
non poteva tollerare
il dolce canto
degl'usi- l^nuoli, e
gongolava di piacere
al crocidar delle
rane. Dalie parole
che non sono
abbastanza molti- plicate ne
abbastanza particolari per
essere sempre esatte
^ e corrispondere
ali^ varie modiGcazioni
de' sentìment!. Quindi
tutto ciò che
si dice e
si scrive essendo
SQfi^ettfvo. di «varietà
indefiaila^ non deve
recare maraviglia se
a costanti opposizioni
va soggetto, ^»1ra
le eansa delle
dìApntei e sotta
questo arti* colli
fa d'uopo» ace^nram-
ia monto di
spiegm^ i futti
prima d'esserBi accertati
della loro esistenza ^
e .per col
si dispala con- taMd
maggioi* calwes quanto
che ciascuno parla
y ccilne si
dice , in aria
, e M
batte con strali
di nebbia. Nel lì>05
corse rumore elio
essenilo caduU ideali
ad qiì faiìciailo
df sette anni
nella Slesia, gUe.tté
era sorlo uno
d'drd al poslo
d*tino de'ipollftri eadutt.
HorsHus , professore di
meileina mellf università
^i ffelmaMftd, sf
rìsse nel ^595
la storia di
questo dente , e
pretese ch'egli era
in parte natu-
rale, in parte nìiracoloso
, e. che era
stato spedito da
Dio a questo
fanciullo^ a fine
di consolare i
Cristiani afflitti per le vittorie
de'Turéhi. t^lguratévt quale
consolazione poteva re-
care al cristiani tm
dente d' oro , e
quale rapporto poteva
unire un dente
e i Turchi.
Nello stesso anno,
attìnchè questo dente
noB-manoasse di storici,
RuUandtui ne diede
una nuova storia
con VMOvI cijmiDelitIt
SuaUnni dopo ^
IngloBlerns ^ altro,
dpU^ tedesco, scdsse
contrq II sistema
esposto da iW-
landus^ W quale
rispose cpn una
pix)fonda arcihelllssima re-
plica, come è ben
naturale di supporre.
Un altro dotto
d'e- guale calibro raccolse
tutta ciò i^ìha
era stato detto
sopra questo dente
maravtgliosOi e vi
aggiunse i! suo
parere* A tante
béHe òperé aitro
non mancava se
non che la
cosa fosse vera,
doè òhe II
dente fosse d'oro.
Onando un orefice
Tebbe esaminato , risultò
che questo preleso
dente d'oro era
umi Incmvementi delle
disputé/- • >
1, L'imn araltya
éelle sopraece&nate peirsonalità
suole inacerbire gli
animi nelle discute
: Ordiìia- riamente
ricorre piò spesso
aite personalità chi
più scarseggia di
ragioni, 3. Nel
calore delia disputa
^li animi perdano
di vista rargomento'
primitivo^ 'e vanno
divagando fra idee
accidentali Tuno all'oriente,
Taltro all' occi- dente ,
questi in >Icò
; quello al
bassé ^ èDsicchè
dopo lungo alternare
di sì e
di no, dopo
un'ora di tempesta ,
dopo d'ayere perduto
la voce e
i pol- moni ,
i conteodeati più
cbe pria trovansi
lootàn! dalla meta* ,
, . . .
]^fiMii0 di 4U08|ta
dUpQsizione d^ loro
che la decisione
della disputa temono
con- traria alle lor
viste ; quindi
s'arrestano sopra «oa
parola, contendono sopra
una slhfiìfrtudine , scÌMa-
inazzano sopra un'idea
accessoria ecc.; il
perchè .talvolta- /a
cdlwosa i^ntesa sopra
circoif^s^nze ac' cideìitali
potrà smprirpi la
dubbia, fede di
lai uno da'*
coniendentL foglia d'oro
destramente applicata al
dente ma sì
cominciò «A disputale
e aompprre de'libn,
posd^ ^ consultò
l'oreiice. foMaeeademfeo A
Seeliao , me^ibro d' altre
acc«deoUe , in vm
giOg^Mti |MdÉb1k»ta ael
4821, j^ailmdb deUa
pcovinda Lodigiana, dice
che ivi si
fabbrica .iV- celebre formaggio
deUo parmigiano ;
nel che ha
ragione : ma
il bello si
v che ag
* . SiWgB
cbe questo ((nrmaggio
si fabhi:ie^ col
latte di asina.
' Se quaala
gcariaso M^ddoM> ò
oneduto , possiamo aspi^tacci
uoa feoiioa di
dissertazioni sui nostri
formaggi ffasipati Dal riscaldameato
contro le ragioni
si passa al
risealdtmeiiio Mnlro Je
feraipei»; e :i
disputanti dimpslrano «
Negli occhi il
fuoco e sulle
labbra il tosco
In somma dalla
disputa sì pass^
alle ingiurie , gen-
tilissiiue ed edificanti
ragipni degli eroi
di Omero. Iqfatt^
Giove non parla
mal a .Giunoné
.senza dirle molti
improperi!, e Giunone
non risponde che
sullo stesso tonOì.
Dopo sì npbiU
esenipip figuratevi come
dovevano parlare gli
Dei minori (i).
' 4* In
forza di questo
riscaldamento, o in,
mezzo a questa
lotta di vanità
, ciascuno a'osti^ia
nel pri- (i)
jF^ra i IraUi
caratterisUci.degli awpcaU iligìéiil,
1 an'impudeittà. *
Que* <sai^dìet. à
permettoBÒ I sarcasmi
'più indecenti, le
personalità più ingiuriose
contro la parte
avver- saria;^ essi apostcatapp
A|¥rt^^ i iestimoDii
nel mado più
vil- lano ed .offeosivo,
colio scopo di
turbarne ranimo e
indebo- liroe te
deposizioni/ EMI per attro
Urano Ulv<^ addosso
delle repliche che
gli espongono àlle
risate deir udienza.
In una causa
che discutcvasi avanti
il banco del
re, fu prodotto
un testimonio che
aveva il naso
estremamente rosso: l' av-
vocato avversario volendo intimidirlo,
gli disse, dopo
che 11 testimonio
ebbe préstato il
fjlufaiiiento : Vediamo
ciò che r
avete da dirci
col vostro naso
di rame. Pel
giuramento che ho
prestato, repricò il
testimonio, io non
vorrei cambiare il
mio naso di
rame còlla vostra
fronte di broDso*
.^ Ua paesano
det Berkslìire andava
a ^tepoMre isT
una oauM che
dteutevad ^ GnMinH
« Cdmo dàVMUÈ
ét ^lle/ gH
«disrie » V
avvoi^alb ' Wallace
/ quanto guadagnate
voi ^ giurare
? 1» —
Signor avvocato onoratlssimo,
rispose il paesano
, se voi
non guadagnaste ad
abbaiare ed a
mentire più di
quel che ' lo a
giurare, voi portereste
ben prèìrtn^m abllo
di^ili9;€0iiie lo porto
io^ mitivo parere,
benché il discorso
il dimostri per-
suaso del contrario. Gli amici
delFabate Regnier gli
davano il titolo
di abate pertinax,
perchè ''^<'*V?'Pìù*duro ed
òslinato degli incudi
» , »
egli aveva l'abitudine
dì disputare '^fehacemente ne^
crocchi, lìnché i
suoi avversari!, più
per stanchezza che
per convincimento, fossero
costretti a sotto-
* mettersi al
suo parere. Tra
cento contendenti forse
se ne trova
un solo che
finisca col dire
, et lo
parlo per dir
vero, r. f
». ' •'^'*
\y\ .^jil» Non
per invidia altrui
nè per disprezzo
». . r4^oi)>;.Mia gloria
non ripongo in
ostinarmi,, i <:Iì;»
Nel mio pensier.
lia debolezza è
questa ri »
Delle piccole menti,
ed io mi
credo oii^(ffiiGrande abbastanza
per lasciarti tutto
^ iMi^P L'onpr
d'avermi persuaso e
vinto Regole per
impedire o diminuire
. gli iìiconvenienli ielle
dispule. , i
. ... 1.
Nelle assemblee numerose
astenersi dalFindi- care
col nome proprio
l'individuo cui si
risponde^ ' *
«(4) « Quando
un uomo s'è
ostinato a dire:
La non ha
» ad essere
allrtmenii, io Intendo
che la cosa
vada così, o
)» così ; va,
picchialo, spingilo, dagli
d'urto, tu cozzi
con una >».
torre, hai a
fai*e con un
greppo, e non
ti riesce altro
se » non
ché tu medesimo
t' induri, e a poco a
poco senza *»)
avved<^rtene, come chi
é tocco dalla
pestilenza, che dall'uno
»> s' appicca
air altro, tanto
sei tu ostinato
e duro nella
tua n opinione,
quanto egli nella
sua, e non
c'è più verso,
che » né
l'uno nè Taltro
si creda d'avere
il torto. Nella
camera de'comuni d'Inghilterra, chi
discute r altrui
mozione o risponde
ad un argomento ,
in vece di
'designarne l'autore col
di lui nome
indivi- duale, ricorre a
qualcuna delle seguenti
circonlo- cuzioni :
l'onorevole membro alla
mia destra o
si* nistra ,
il gentiluomo dal
cordone bleu, il
nobile lord, il
mio dotto amico
(parlando d'un avvocato)*
ecc., ovvero semplicemente
il preopinante. La
ragione di questa
regola si che
la specifi- <;azione
del nome è
un appello più
vivo all'amor proprio
che qualunque altra
designazione. Col primo
modo di parlare
si dimentica, per
così dire, la
persona individuale, e
non si considera
che il di
lei carattere politico.
Si scorge Tutilità
di questa regola
, se si
riflette che nel
calore della dìsputa
i contendenti durano
fatica a sottomettervisi , e la passione
tende a violarla.
Allorché Tex^ministro Decazes
montò alla tribuna
della camera dei depu- tati per
rispondere al notissimo
segreto di Rignon,
e cominciò per
chiamare a nome
il Bignon , mostrò tutta
l'amarezza del risentimento,
e dimenticò le
regole della pulitezza
francese c delle
assemblee numerose. ^
t.fn . Non
attribuire giammai a
pravi motivi od
intenzioni perverse V
altrui opinione. Anehe
questa regola è
osservata rigorosamente ne'dibattimenti brittanici.
Voi potete con
tutta li- bertà rimproverare al
preopinante la sua ignoranza, i
suoi errori, le sue false
interpretazioni d*un fatto,
ma fa d'uopo
che v'asteniate dall'accusare
i motivi che
riaducono a proporre
od a rispondere.
Esten- detevi sopra tutte
le conseguenze nocive
della mi- Sttm
poopoata o doiropinioQe
«h'egli- dtf&nde ; di-
ìnositraie ehe saifann^
fenestè atta Sl^,
ehe.-la?»^ riranno la lirannia o
l'anardua; ma non
fate giam*f mei
siipporrèch'egH abbia iiMvediite
a ¥ol«teqìieslfi conseguenze.
- , f^-^^oi'^ii
.vRigorasamente parlando,,V aocennata
regola è fondata
nella giustisia ;
potùhè se è
dfffidto U conoscf^re
i mi e
segreti motivi che
agiscono sul no^tta
aiilmo « è
edsa taneruria il
preMiém di ravvisare
quelli che movono
Faltrui ; e
ciascuno sa. per
pisoptfia «sperienra quante
volte i nostri
.409 spetti diano
in fate» in
queste ricerche. La risérta^
tMZza imposta d^UA
suddetta regola è
olile a tutti,
perchè è scM»tegiia> aOa libertà delle
opitueitì é schermo
contro le ingiuste
accuse. Nei dibattimenti
pplitieìii com(9 HeUa^gju^rra^' ciascuna
deve. asteneESì da
que' mezzi che
ragjionevoitnente non yorrcèbe
Msati opntro di
sè. » *)
? ^ 1
> -Ma sQi^rirttutto
poid'Memoata^^liegek
ètepiiliMr^ alla prudenza.
Infatti , voi
credete che il
vostrb a^jta^aui^ «'apfiig^
al. torto^^ oi^.
egli ummrk torse
restìo ad abbracciale
là vostra opinimie*
sé gliela presentate
nella sua nudezza
scortata sold dagli
argofwoti elM la
dinioetiaadv Me< se
eontet ciate dal
rendere sospette le
sue inten2ionì , voi
Toffendete , voi lo
provocate , voi Mn
igH toseiete la
calma neeessaria per
ascoltafvi con atteKione.
Egli diviene parte
contro di voi.
Il calore Sì
oem munied dairun^idraltro ;
i suoi amici
sMotereasMit per lui;
e tfiiindi nascono
non di rado
de'risenti- ^ associano
alV opposizione politica tutta l'aqj^retua 4e;gB- od&if^iia»opti|b. Un
uomo di carattere
benevolo ^ modesto
nella superiorità , generóso
4iieHa siDei for2a ,
* confida solo
ne' suoi argomenti,
e sdegnerebbe di
dovere la vittoeNiv
alla Intenwopi siiippioste
prave del rao
nemico. % 8;
Gmrd(VFU- dal perdere tempo
e parole nel
eùnfuiar^ èùse pafpàbttmenl^
fake. ' In
questi casi è
meglio troncare il
discorso e fkàMatA
allTopiniaiie degli astantì
) giiBicehè la
di- scussione recherebbe noia
ad essi , senza
riuscire a persuader
ravver^ariou Zenone negava,
l'esistenza * M NfnMo
Diogene , -senza spendere
parole V sì
mise a passeggiare
: Zenone persistette
nel suo pnadoiw
y ' e
Dìo^e eontÌlm6 il
sùo passeggio; Allorché
Didone s' incontra negli
Elisi con Enea
, da €w
«ra stata si
ingiustamente e là
barbaramente abbandonata, s'airesta
ella per argonventare
con lui e
convincerlo ? Enea
cerca di riacquistare
il di lei
aflhMt dia gK tolge spregevolmente le
sptflè senza dir
verbo. Badale bene
elle nel -caso
pratico rorgéglio potrà
ingaummled ff^durvi a
sopporre palpabilmente false
le >altnù idee ,
o palpabilmente vere
le vostre. La
mAt 0» r^ppfovairtmi» 'che
4wdrete sut<vdlto degli
sitanti, v*r servirà
di norma per
troncare la discus*
skma o oantiomrla.
4. NoH rispondere
alle ingiurie thè
net co* lùT
della disputa fuggono
di bocca aWaivver*
Battiy ma ascolta ,
dicf^va Temistocle ad
Euri- biade «
il.qsale alzava il
bastone per provar
la sua tesl^
Questa fermezza d'pnimo
in un uomo
che era tutt'altro
che vile i
ci dice cbe
si devono lasoiat
uigiii^LCi 4^ &è sentite,
e* difendere le
proprie idee con
tutto il sangue
freddo deJla ragione.
' IitfAtti ib^
in^lalfi^l della disputa
sfuggon di bocca
parole che si
ritrat- talo appena cessata
; dialiaitro l 'altriii
(?;4iit»'*ftifi^ . giustiflcberebbe la nostMi. '
• - -^^^^
la questi casi,
una risposta urbana
che dimos^i. torrente
di villanie. Perchè
mi dite voi
delle in- gmiy^
in luogo M
rg^ionVf Avreste voi
preso if niie
ragiónt per ingftif^^iN^w
ion. all'impetuoso^B^^j^^ BQiUiOW^.as:
salilo da ^if^jT
Menai^ev^^' ùiia dlà^wiéy ''
ne raccolse un
centinaio delle più
villane , quindi
vi. aer4s^^Mtl,Q qi^e^te
{K^cha psirol^ :
ìuAi^z^^i^r polito. jiv
'';^''^"'^'ì'^'^'^^T''-^òJ
(4) La fissa
concilio degli Dei
tra Gipve e
Ciunone, relativamcnle alla
causii de' Greci
e dtMroiabi .
fa assopita dalla
deitrem^dl Vincano. - .
, « Vulcano
^soM'^ . e
i sereMi» ìa
spirto » Retta
ìnadre abbat|u(o; Oh,
dfssé, ìnrvéto /
» Strana fia
questa e memoranda
istoria^ . »
Che per la
dispregevole e meschina
" » ^a2ià
idectri v&da a
soqnjaadro H clélo.
' » brande
è fl perigito
: 'addiovconittt e èè^^e,
• Se preval
la discordia; addio
retema ») Gioia
che ne fa
Dei : sei
saggia , o madre ,
» Né d'uopo
hai tu de' miei
consigli; ah cedi
» (U pur
dirò ) , VolgiU
a Giove, e .paìià
» CompiacenUi *,
sòmniessa, onde dal'ciglia
- » Sgombri
quel cupo nuvolo
cbe offusca^ '
f > ^
- nSMI'iBltM^'^ I
me ii^KmMà^ cAft»
ee^Hunà^ Urisùt faecia
ces- \ queista
me:&2;o già iicceooato
di sopra. Chi
ael eà<« -,
n ^éiien d^lfa
leste^^ - '* ' .>.
Qqanlo forte e
pòsseote : e sì dicendo ,
. ' -
v\ * Prende
capace coppa , e a lei
con questa, .
; * .
»; Presentandosi innanzi
: Ah soflri,
o, .madre ^ .
' ^ n
SommessameotéJ^lgllando
a^unse'^ , .
\ " -,
^ i $Qnrif
èiiie'yoòH^^
Impiinem^EHtftlei * *
* . *
9 N<m'''SI còzza 'con
Giove; ab se
noi tutti'* -
^ ' »
» Ei vuol
cacciar da' nostri seggi
, il sai
j - 4 Sì sei
potrebbe; q 4Uor
che fora (ip
tf^igio): . , »
pel tuo VulcaD»,sé'8i
ioateoricio atioor^ ' V fio^mi
dal «^n^i^ >
' * '
' r Stramassaf
Bulla teìrra ?
A coUi detti
» L' afflitta Dea
V annuvolata faccia
/• ' «
Rallegrò d'un sorriso.
Or che ^i
tarda , i( .Gridò
'lesali già vineitor;;
a* Assaggi -i
là tazza della
gioia : el
ff alt» tefaa
" V Neltarè
afiMfWanre, e posto
a fronte, Alza
il nappo alla
Diva. Ella lo
prese . ,
\ Dalle mani
del figlio :
e| poscia Jo
giro » N'andò
agli fdhi .m^sceBdoV
id volto ^
agli atti,- ,
; • . All'
qfDr^ttar ddlModampante passo,
'. »• IJn
ìIso sollazzevole si
sparse " *
' « Fra
la turba dei Numi, ognun
applause • t
Al vivace coppiere
, ed ogni
fronte ' 9
Basscjreoossi : fra
letizili e festa
^ . <ft
/Pràscorre II ^rno ,
^ hon vi
nùiDca i^^o* ». Cpnla
dorata cetra, e
non le Muse
» Con rarmonìca
voce e l
canti alterni ,
' » E
tutto di gioia
esulta Olimpo »
' hJre (Sella
disputa scappa fuori
con una celia
ai»* gaia, sembra
direi dlie rimo^a.alla
vìltaria^^^ vi rìhuDzfa
spontaneàmente, e die
mfoìe iestarei amico
liei tenipo stesso
chejn iuìla nQ$tra
vanità iir ftiigeira
W nemleio. t^óeslo
tirAtfa-^g^AeiféM^ sorprende piacevolmente; e
quella vanità che
vo- lea vineere
n:0lia .dìapQta> non
vuole mtate-fiirta' in
generosità; quindi gli
animi si acquietano.
Lo spiritoso Voiture
aveva punto e
ìnareeiNto un cor*
^hHoi queétf vt)léva
èomingerlo a 'battersi* in
duello. La partita
non è uguale,
rispose il poeta;
siete grande io
soa piceola; \voi
siete bravo- ed
io poltrone: voi
volete uccidermi? ebbene,
ec- comi morto. £gU
dissirmò il suo
nemico facendéM Quando
i contèndenti non la finiscono ,
e kt disputa
è ' alquanto
loalorom y pànM
dàvèf^ degli astanti
d'interromperla con suoni,
cantij giuochi^ soniniinistraziani di
Jiqwri o «ifn|li.
V " «
Al suon {piacevole
.» D'arpe trèniafitr
, » Mescete,
o vergini, '
' ' /
» Mescete i
canti ' \
' Satira itréanà.
t I. UtilHà
della satira urbana.
, ' *
Condannando come inurbane
le villanie e
le ìn- giuriC)
non intendo di
vietar Tusa savio
ed op^ pòrttino
deli' ironfa o
idetta a^ttn eh»
flUt^ pregiU'* -
tifiao tElujO »
volta giunge a
porre sul trono
il vero, )ridendo«
. - Jà'amor
pri^Mifo, che non
ahbaadana uomini m aoQ qiiMd^
,9m abtoodoiiwo la,
vk»; iìi toi^
temere sópra ogni
altro male la
derìsione, e scuote
Jovb dì dos89
.r uidolenza ,
e daUe^ i^j^
cai^ feUìe gir
spoglia per non
rimanere esposto ai
frizzi del ridicolo^:
i) che jpes^.
non , ottime la piìi
l^mpaoti^ Térìià 6d
ligguerrìta >ragiònir./$e Aristo&iie avelie
dato agli Ateniensi
In una concione
quegli ani* ma^brameoti.
etie died^.loro .aeU^
cooiniedie, l'a- vrebbero lagnato a
pezzi; laddove in
teatro ride- vano smasc^llatamente e
di^vaiio eh' egli, aveya
vagioiie. Bèi^chè i
Geniti aTesaerc^ veduto
CiaerOQe assalire Tedificio
dellldolatrìa con armi
prestategli dalla, filosofia V.
poro iiea. aapavafio
lodimi .ad ab-
bandonarnei tempii. Comparve
in mezzo d'essi
Ladano, il ^uàiQ
fece la guerra
al gentilesimi. doI
.«lotteggio, fi se
non ne distrMse
gli altari, ne d^ sperse
in gran parte
gli adoratori. Il buon senso
aveva {iròseritte. la^
mz^ia cavallefescfae in
fspagna, pria che
nasces^è d^rvanfes ;C
mà quella nazione
non riuscì a
spogliarsene se non
dopo ^'tgii abbe
preÉcutato al ptibbli^,
11 suo ridico*
Kssimo Dpn Chisciotte.
Tanto è , véro
ciò che dice
Orazio: « fPnoa
graVf sèstenza ottieB
più spesso »
II desiato Cne
arguta celia ».
Si deve adunque
riguardare la satira
come una apecia
d'ammenda censoria che
aerve a corriere
quei difetti i
quali, senza cessare
d'esser molesti e
talora 4muk)sì alla
aociatìb non triy^Qsijaei
codici , St
inosservati dalio stesso
colpevole seoza la
- caule àmmo9lmùe
della satira \
del an^tteg^ ;
« dello scherzo.
Il suo pungolo
viva e leggiero,
vi- brato a tempo ,
può divenire suppUmento
alla le* <
gìslazioue, più ef&eaée
dei gravi sèrmoni,
più acutd di
qualche pena afflittiva,
e il rimedio
blando e specifica
dei morbi lìpn
^ilcerosi fleiranljsgo, e
f^ec così dire
cutanei: ^ V
\ « Seguasi
il Venosin , che
ride e taglia
_ . . ..^
» Chi sfugge
a) Fpro. IJ
satiresco uffizio -
f » .Piiif
die II fratesco
può levarti il
pelo ^ '
». P%chè il
frizzo piii scotta
che il y^j^^^^^^
L'ironia però e la satira
sono armi pericolosissitne di
cui egli è^estMmametite foeìle
di alm^ sare ,
sia perchè questo
genere di discorso
non è il
più difficile (1)^
sia perchià la
sottra, .presenta UM . fat^B
sembi^^^ sia perche^
deprimendo gli altri,
sembra airaniòr proprio
d'io- nateaiÀ 80
stesso:, perciò riesce
iiiiripido 11^k»gio% • e il
motteggio piacevolissimo (3);
ed Ennio sog-*
gittiige^ ch'egli è
più facile ad
uà uomo di
spiriló il wlbeare
««Ha bocctt* de'
carboni^ àeeeal , di
quello, che riteoere
.un iiiottti s^tipco
che gli corra
{i) Un giovine
gloriandosi d' avece composto
una satira^ CiebiUoD^gU
disse : lUcón^spele
cpsnfo è JMle
qiiesl^ niera di
scrivere, giaccbiè ij
siete riusdto aUa^^vesbrft
et^u (2) Maliffnilad
falsa species liberiate
inesL Xacit. , Hist.,
I. OblrectaU<K et
Uvor prouU wiuihm
accifiuntuTn Idem, m ^^
'-^fi* tiimo s'assoèia
spesso l'invìdia, la
quale stiilerf>ià mtnvte
azioiii' altrui ^l»U&ee
severa inquisizione, A
fiiie ét iìtùywfì
qualche» «aeGateBa^ e
;.coii wAì^ gni
>ep]orì. adoaibrarla: €
Di tutti invidioso
diceà malQ Sénisa
rispetto, e pretendi^vii
ardito ' .
» Piovra i
costumi altrui far da fiscale
Quindi suUe cose , sulle
follìe ^ sui
pregiudizi , sulle |ti*€itensi(^ai d^lj'aiuor
proprio, ' sui
vizi in ge-
nerale àevc H 'jmotteggit)
più spesso cadere
che .non suiruomo
particolare, àccioecbè alpri,
vo^ndo eedtaré iH
.rteOi non apra
una piaga mortale
mei- 4'altrui animo,
e non s'esponga
all^d^o delle per-
SOM emeste se la
/SMira dà in ialso,
. FqItio che<
per diletto o
per malignò V
Animo Valtrui fama
è a morder
presto^ ' * .
. »
Ch'infin giunge a
sp^ieqiar pef* corbe
un cigQps '
» IQ ebt^nt'odio
vìen^ eh' ogn'uoin ené^^^^
i Lo d^nna
con ragion, l'abborre
e fugge \VÌ»:Con9e
mostrò all'umah éóusdrzio
inlissto Meii voglioT^f
' ommettere d'és8èrvà?e,
ehe ai rinvèi^iore
di falsa maldicenza
o d'ingiusta sdittra
è ripr^sibiie , lo
à pure quello
ebe la difiba^e:
lAi-'appiceando il fuoco
all'altrui casa si
scusasse dicendo, che
ha ricevuto il
fuqco da altri,
non oV Mrrebbcf
cotnpatimento ; per he stessà
ragioné t>t-. tenerlo
non debbe chi
spargendo false maldicenze
e ingiuste satire,
dice d'averle intese
da. Pietro a
d9 Martino, io
un caffè o in un'osteria,
enones^ i^ne egli
rinventore^ ' »
SenCilor W raceontar,
fti un trombe]^
* » Preso
una volta da'nemici
in campo /
* ' r
» Mentre stava sonando
alla veletta: '
V \\ qiial,
per ritrovar riparo
o scampo/ »
Dicea che solamente
egli sonava, '
" » Ma
eoi stio fèrro
mai non tinse
il campq. Gli
fu rispo$to allor,
ch'ei meritava •
Maggior iien^ pero;
poichò sonando^ >
Alle stragi, al.
furor gli altri
irritava ». Dopo
(Tavere stabilita la
legge generale , fa
d' uqpo aggiungere
le ecceziotU, - le. qvali
per lo piiij
dall' e$amé delle ragi«ni
w cut fondMli
là 4lessa legge^
risultano. y url^nità
jno!» coBdaQQa ne
nel convenar ab*
eiale nè nella
repubblica letteraria i modi satìrici
più. 0 .iDeoo
.piccanti, ma veri,
contro gìi indk^i^,
dui tÈ^ seguenti
casi e pe'
seguenti motivi: /
, 1^ Rispingere
m impertinente aggressore»
^ jMtiasiiiio Oacier^
entuaiasta della àeiMza
^digb' antichi , ascoltando
un giorno una
dama che non
ne parlava Qon
troppo rispetto , e
prioiHpdknj^qt* del divino
Platone , le
.disse con tatta
la genti- lezza degli
eroi d'Omero: Certdment;^
madama non degnasi
di leggete dtro
Sèrittere anticò che
Petronio (ciascun sa che Petronio
è ràutore pre-
diletta de' dissoluti^; Perdojiate^,
replicò ellat fò
aspetto , per leggerlo
\ che voi
fie abbiate Jatto
un santo. Chi
vorrejìèe dare al
{rizao di quella
dama ia ttisoiii
dimpulito (i)? .
•" » «
(i) Un principe
volendo divertirsi a
spese d' un
suo cor- tigiano I
eli' egli avm
impiegido ip diversè
amb^^ecie , lo Mendicar
la ragione degli
attentati d* uno
stolto o d'un
impostore. Socrate adoprava
l'ironia colle persone
presuntuose , con
que' pretesi dotti
universali che, non
sapendo nulla, davano
ad in- tendere al
popolo di saper
tutto, e pronti
mo- stravansi a
rispondere sopra qualunque
argomento. Luciano smascherò
il celebre Peregrino,
il quale profittando
della dabbenaggine popolare
, e fa-
cendo false predizioni ,
aveva aperta una
bottega d'impostura nella
Grecia e s'era
arricchito a danno
del senso comune
e del pubblico
costume. Mendicare i
diritti del giustOy
delVonestóy .della patria
dagli attentati de*
malvagi , per falsa
opinione potenti o
per forza' reale.
Chi avrebbe potuto
condannare Cicerone, allorché
met- teva in evidenza
i vizi di
Catilina e i
suoi atr tentati
cóntro la Repubblica?
Il giudice che
espone un delinquente
alla berlina con
un cartello sul
. pettOj ove
t\ leggono i
suoi delitti, è
senza dub- bio un
maldicente; ma questa
maldicenza perso- nale è
necessaria a scorno
del delitto ed
a fine ;di
prevenirlo- ' rassomigliava ad
un barbagianni. Io non
, so
bene a obi
mi ral^omlgli , rispose
il cortigiano :
tutto ciò cb'io
so si é,
che ho avuto
l'onore di rappresentare
molte volte vostra
maestà. ' Anche
nel «eguente madrigale
il frizzo è
giustilìcato dal diritto
di difesa: «
D'un ponte al
passo stretto^ •
» Stando sopra
d' un carro Tommasetto
y hicontrossl In
due fraU zoccolanti
^ -, n
Che disser :
Villanaccio , Ur* avanU. Ed
egli : Aspetto
che passiate voi
; •^ »
Non to' mettere
11 carro innanzi
t* buoi ».
a.. m f-Il
pdjdrone che, interrogato
sulle qualità d'un
servo licenziato , dietro
la sua esperianza
lo dì- chiara
ladro, è senza
fallo un maldicente;
rna que* sta
maldicenza o diffamazione
è utile, giacche
è meno male
che resti senza
padrone un ladro,
di quello che
vengano derubati più
innocenti. • '
ChesterOeld non distinse
con precisione i
con* fini che
la satira , la
derisione , la maldicenza
utile e necessaria
separano dalla maldicenza
inu- tile 0 ingiusta,
nel. seguente paragrafo:
, . a
La privata maldicenza
non deve giammai
es- *^ sere
accolta e divulgata
volontariamente, perchè »
sebbene la diffamazione
possa al presente
ap- » pagar
la malignità e
Torgoglio de'nostri cuori,
i> pure la
fredda riflessione trarrà
da sì fatta
in* » clinazione
conseguenze sfavorevolissime per
noi. » In
fatto di maldicenza,
come di ruberia,
chi la »
raccoglie è sempre
creduto colpevole quanto
il ladro stesso
». Distinguete la
maldicenza che svela
le altrui innocue
debolezze per sola
voglia di denigrare,
dalla maldicenza che
svela i vizj
veri e i delitti reali
che possono essere
dannosi al prossimo.
La prima è
ingiusta e riprensibile,
la seconda utile
e necessaria. L'uomo
cui siete per
affidare la direzione
della vostra cassa ,
è un truffatore
, xxn giocatore,
un dissoluto: mi
farete voi rimpro-
vero se ve ne
avvertisco? Qualcuno vi
imputa dei vizi
e dei delitti
falsi: vi lagnerete
voi di me,
se gli strappo
dal volto la
maschera , e Io dimostro
bugiardo ed impostore?
È giunto in
città un ca-
valiere d'industria che co'
suoi ingegnosi stratta*
gemmi scrocca l'altrui
denaro: vorrete voi
che noR ne
dia avviso a'
miei amici ,
acciò la loro
jomoaa fede, non cada
in laccio? AU^
corte; sevo] -
amate il gregge,
darete la caccia
ai lupi; e se gli
uoiiiiali. accennerete loro i cani
arrabbiati. Jieyole ^er V uso^ della
satira. Tre sono le
fegole che debonsi
osservare motteggiatore , acciocché
il motteggio riesca
one- sto e Jegittiibo,
cioè non offenda
nè la giusti^à^
ijè Yumanitày nè
la convenienza. Il
motteggio è ingiusto
in due modi:
1^ quando t>un^e
(^ersóne esent! dal
vizio ìniputato;' 2^
qMando cade su
difetti che non
possono ascri- '
versi a colpa,
come le imperfezioni
fisiche ^ ovvero
le sventure accidentali.
• L', umanità
rimane offesa quando
il motteggio ^
nialigno ò acerbo.
Dà segno dì
malignità chi mostrasi
avido del male
altrui y M si delizici^
e còn^piaep neirinsuJtare
e nel nuocerer^$idà
segno d'acerbità, qualora
il motteggio è
sproporzionato alla jcolpat
.e flagella a
sangue chi ^on
merita che un
lieve colpo di
stafile (I). ,
* ' ;
' (\\ V
itotàh' SoMÉe m
rattopprata .^iHn'^Mee» delle
sue maniere ^
dairameDìià abituale de'suoi
sguttdi, dal tiorriso
dì bonlA ^
sempre pronto a
Dc^cere sui suoi
labbri, di modo
che 4'icoDia cessava
d'essere aiuara, e
diveniva, per oqsì
dite , ua agro-dolce
eondile dalle 'grazia. Cresceva or ' t*inK>, or
riiRro di ifuéstt
due efemeiilt, secondo
cbe 11 difeifò
Tdie Socrate voleva
correggere, era amb
nodfO. Voltaire dice,
che volendo censurare
Cornelio, imiterebbe '
iioid4> Il Quatoy
nellA poomi^edl» del Uakiouuto
pet ior^a >
» • .
y .i.Lo u - Si
Tìola la convenienza,
quando i motteggi
di- ' sconvengono
al motteggiato o
al motteggiatore éHa
«iveostanza di ioogo
e* di tmf^
; qrówto sono
sconci o villani,
quando si scialacquano
senza ' misara^
e : se
ne fa professione
aperta « perpetnà»
L'ingiustìzia nel motteggiatore
o è maliziosa
o ' irriflessiva^
la prima nasce
dal bisogno di
umiliar PMtrttì merito
ptat inoftlnorsi sulle
f«^tie deli" ftb^*
battuto rivale: la
seconda proviene da
un errore d3iiteUetto
originalo de rislielftesie
di idee^ siste*
mi esclusivi, rigidezza
dì carattere, tenacità
d'opì* nìoni. Da
quesi^a causa derida
j^e tal,Y9|ts^ l'aicer*
Utà prodotta p*^ii
spesso umor eausticeié.
etra- biUariqi^ JLi|i
causticità è sovente
figlia 4/ ^
<^uor depravato i
ebbro d' orgoglio malefico,
e pasciuto del
fiele deirinvidia; talora
una cattiva organizzazione, o
le persecuzioni ostinate
deUa Tortutia giungòtiò
e guastare aiidie
unendole Me^'-e ad
avvelenarne Io spìrito.
' • /
r. ' Le:
e^ ke peir
'sóei pìriii- dpii
0 una natura
grossolana, 0 la
mancanza d'e- ducazioney
o una vita
isolata e lontana
dalla so^ eietà,
0 il pocò
studio dell'uomo, o
le compagnie yolgi^p^^
ioQne T abitudine;
di parlare spensier^-
taméirter; . > «
ji non dà
giottliBat ma<> bailaalata
a' Sganardio'w non
previo un eoDipUmento
rispeUoso, e colla
protesta d'essere disperalo
per essere caj[tr41o
di Cario. Questo
inpdo.di^ceosarareiM»ja
debb' esjsere escluso
dai croccili. sociaB
*, se ma
cb0 in vece
di porre in
m&no al censore
uh bastone j
fa d* uopo
dàrgfr un fltigeRò
di jNMe. '
Jl}ìm^ li6)Ia ùimwènms^h
satira appoggiate al
falso va mordendo
lievemente i costumi
degli assenU ,
non ta 99vero
cepsore aggrotterai tosto
ki eiglia, uè
tomi icon mano
ardita qoeatò tenoe
piiiBere alla mediocrità
che si consola
della prò-! |lrìa
batwzza
sfoirmndosi4i4«pcimi^V J'alte^^^ n»e-
rito V ma
a condiscendenza atteggiato
più che ad
a88.ei)8p9 .ammirerai lo
spirito di ehi
censura, e^ter^ modo
dabbii mU'applicaaioQa. Sa
*poi U piacere
di satireggiale gua4dgi]ia
gj[i 9Staim al
puntp,,(^e 'aQi;ga qwlcha*
». ^ ;vt.-(:;-^; ^ ^
« Tewité et6lrti0
nrò?atord^^ f'':: ^
^ » Motti
protervi, onde a
maligno riso ^^^ V »
Mover la dorma
e la virtù
schernire ^ '
ti sarà permesso
di. troncare em
jdigailà V altrui
aiscorso, e assumere
la difesa degli
assenti; ma, per non
scemar fede alle
tue parole ^
non devi mostrare
alterazione di spirito;
giacché, altrinieriti operando ,
al piacere di
satireggiare si assoeierà
, nell'animo .del
satìrico il, piacere
di conturbarti, e
gl} assenti verranno
ad essere danneggiati
dalla tua stessa
apologia. L' e^peri^jdza dimostra
infatti che il
calare della difesa
rendè , tahotta
gli assa- litori più
feroci, e allora
la conversazione rasso»
miglia i^ue'aiigrifizi sbarbarì
ne' quali immola vansi ijjttime
omaiie. ' Lascia
dunque qualche pascerlo
.alla malignità, se
vuoi ch'ella ti
permetta un elo-
.gìo; MBt per
prosare la. itiocei^ità
del, 4iio ttlo,>
allorché tu stesso
produrrai in mezzo
le azioni di
qualcuno, in cui
siano difetti frammisti
a vir^, userai
la dèstrézza di
quel pittore che,
dovendo ritrarreAntigono guercio,
lo pins^ di
profile. Facezie. Un discorso
che inaspettotanieiile e
contro JTap- paranza
caoibid il rimpjTovero
in. lode, it
male. in .tiene, il
lisGMHre iO; sqi^exanza,
lo spmzo iii
istinni^ e talora
anche ali'oppostcs si
chiamai face zùa La
facezia si divide
in due. specie;
La l> ^
un hréYé raceoitto
che fa passare
IV nimo tra
alcune d\Tenture, e
dopo d' averne
ali- mentota la
curiorttà , ikiisce con
iin sentimento non
preveduto. ^. (I)
Dionigi il tiranno
avendo sapulo che
una sua coni-'
me^Ua^ dajui spedita. 4l: concorso in
Atene, era^t^ta eoro-
oata^ ne injpti
«r«lleg)nem. ^ CiH
Ateniesi dissesn cbe^ise
*av«flh aero preveduta' questa tdaf^t^jotià
i vsu^hf^eio cèronatQ.Dlou^ venti
anni prima. *
* ' in
qiieslo caso la
iode copre un
vero disprezzo, e
mmì- testa la
Viziosa compiacenza ct^e
dovevano provare que'
repubb|i^|AMr la moi>t€i
d'un tiranno tanto
abbòminato; Sorge^^fftiBrmo piaqèvolissitna sorpeesa
nel vedere etie
«gli Ateniesi potevano
liberar Siracusa onorando
Dioniiii in Atenei*
Jjl. padre Le
'i'cìlier, che mentre
era confessurti di
Luigi XÌV,* teneva
il protocollo de'
beneticii ecclesiastici, diceva
ad uti giovine
abate : Yoi
altri esitanti agli
impieglil sièle oost^
amfei' finché aVeté,
bisoerio di noi
; 'ma qìiéaida
siete saziati^ ci
dimenticate. — Ah ,
non temete nulla,
rispose ridendo Tabate:
io iK>n vi
dimcoUciierò giuiumai, giaccliè
solip iosa^ In
questo ciùo tt
timore si cambia in
speranza^ e nel
-tempo slesso éi
si pres^ta improvvisamenfe nùi^
upa brama I
• che con
somma gelosia suol
tenei:sì nascosta. ,
i, ^ Eia
è un semplice
detto pronto, rnaspettàtoi
opportuno t un vivo
^^apidgi£ripo che vellica
e' punge piaeevoimente. * Con maggiore
chiarezza e precisione
di ter^ Quni>-
giusta il suo
costume, spiega la
cosa il dot-
tissimo Gberardffil dksemkK.
La giocondità delle
lacezie par che
nasca ordinariamente da
un ingé^ gIMMt»'
ed iroproiovlM 'aecoppiftiBentcr W
d«ie idee disparatCL tra loro
e disconv^jiienti (1). ' '
lì riso, semjira
il prodotto 4i
due sensai&ioni u-
iike, sorpresa e
piacere , eccitate
da Jien elitra»-,
stì 0 da
finissime analogie. L'impressione oagionata
nel nostro animo
da un oggetto
nuovo o inaspettato
sidsiiania sorpfesia. La
sorpresa è maggiore
quando T oggetto
.coni- 0 la'
eosa * raeectea'
è eonivìirìa a/
qiiai^ suole comuneipente
succedere. Quindi la aorptesa.
è massiin» allorché
è mas- sióio
il contrasto tra
il fatto ^pcaditio
.eJa-Hft:
stifi.jaspettazione* Ciò posto:
. jChie éel
jtUo abbia: kmga
la sorpresa^ è
di^ mostrato dai
seguenti notissimi fatti:
• ' '
Ridono frtù spe&so
gli ignoranti che
gli o^-, mini
cotti, poiché ì
primi nón conosGéndo
i rap- porti die
uniscftpo, ie cas.e,
9, WAggiori sorprese
soggiacciono. 11 saggio appena
sorride mentre lo
sciocco • t'abbandona
a^ riso sgangherato,
^acchè il sagg^ìo
^ . EIcmonti
* peesla ad
uso delle scuole.
trava presto le
idee intermedie che
imi»sip>pi^jlor^ liuie' afeiluate.
ddto «òse .«col
fi^ k»q^«if^ì^^ successo
e che sembra
smentirlo. ^ r
" ^^^ >
a<« fy. mette*
«bea fUe^ Ue9ggiOt4t^^l<^ f^eioe-
co non ride;
e questo accade
quando il contrago'
ma è immediatamente espresso
» ma dietro
rap-* porti pBBfiìm.ài
idee s'asconde « e quaìdie
mé^ noento di
riflessione per essere
EientUp o ricono-
4.0 '6H uomini
faceti e lepidi
dicono e sanno
rHl^yar jOOi^e che
lanno ridere gli
altri, ^senza die
. «et irfdeno^tesifi. Man
vidptin* esa perchè
veggenti* ril nodo/cUe^unisce le
idee in apparenza
contrastanli; ^Qao*. ridwe
gli. altri. 4^rehè
hfinBQ T artiiisio.
di. ^asconderlo ai
loro occhi. >'
* r^r? II
riso die ecdta
.una facezia^ sentila
la fush ma
yoitai è'«moltn pjéore
alte sead^a, e
posbin diviene millo,
perdiè le cose
note fioii lasciano
Ittoga^^liia ijorp»^. / IL Che
a/ riso non
basti una sorpresa
q^it^*'^ limqu^f ma si riohicgga
Vaggiìmla^i sensaziaue piacevole,
seop^ira rieattare -dat
ft^^fuenti ietti: Noi ridiamo
ricordando le nostre
passate fi^lÀ^ Qv^j^m^
aUoiaOia annessa jd^a
del .disi^- nore,
perchè questa Vicordanxa
dà risalta al
sen^ limentOc:4^4.;POSti;a #Utuaj|^e
.saggezza » e!,
quasi « dissi,
le accresce piregio;
. . t
, ^ evi^
rvjV/. 2. <>
Noi ridiamo aH'udire
le altrui goffaggini
; il,* cl\e
fiorse d^riiui dairamor
(HPQpriOr il qmlei
gica-f, see nello
scoprire in altii
de'difetti de'quali egU
ait crede esente.
Koi rìdiamo alle
sveMure^dei ncNMvl^nemicti. allorché
non sono sì
forti da interessare
la nostra compassione ;
poiché le accennate
sventure adé^ scano
piacevolmente il sentimento
dell' inimicizia e
della vendetta. ,i^>>i
-^^t^^fi r/Ji^U\p>y'4,i
^j'^Mip^i - 4.«
I beffardi ridono
nello scliernìre questò
o quello, giacché
il loro orgoglio
coglie tanti gradi
di piacere, quanti
gradi di depressione
ed avvili- mento fa
subire agli altri
co'suoi motteggi. •
^fi.p Noi ridiamo
nello scoprire somiglianze
tra oggetti che
credevamo non ne
serbassero alcuna, come
rìdiamo in generale
sentendo ingegnosi tratti
di spirito; perchè
il facile esercizio
della no- stra intelligenza nel
rapido passaggio da un' idea
dtf un'altra, ì
cui rapporti lontani
non erano ben
noti e distinti ,
é per se
stesso piacevole , com'
è piacevole un
moderato passeggio, il
respirare aria nuova,
la comparsa d' un
lume neiroscurità e
si- mili; 2.0 perchè
quella cognizione diviene
argo- mento della sagacità
nostra^ la quale
ha saputo cogliere
un elemento che,
i:estìo all'analisi, al
co- mun guardo
ascondevasi* V .
^ "4(^j»* ,
III. j4cciò la
sorpresa e il
piacere cagionino riso,
vogliono essere prodotti
da lievi contrasti
0 da finissime
analogìe; ecco qualche
fatto: • 1.°
Alla vista, per
es. d'un bel
quadro, all'udire una
bella musica, noi
proviamo sorpresa e
pia-» cere, ma
non rìdiamo; dite
lo stesso allorché
al' vostro occhio
sì presenta l'arcobaleno
od altro si-
mile grandioso ed innocente
fenomeno. "i.^ Vi
cagionerà sorpresa e
piacere senza farvi
ridere la vista
d'un animale selvaggio
non mai veduto
prima, per es.
la grossa scimia
chiamata Qurang-outang. Ma
se la scimia
vi si presenta con
berretto da cardinale
in testa, voi
non po- trete comprimere il
riso: v'è qui
un' contrasto. Osservate
bene che non
tutti i contrasti
fanno ridere^ ma
solamente i contrasti
lievi, e son
quelli che escludono
la compassione e
l'orrore. Se un
uomo millantandosi di
poter saltare un
fosso vi cade
in mezzo come
un animale, voi
ridete sgan- gheratamente; ma se,
cadendo si rompe
una gam- ba od
altro, voi non
ridete più; qui
il riso è
com- presso dalla compassione.
Dire con Aristotile,
che il riso
è prodotto da
una deformità senza
dolore^ è ristringere
di troppo, secondo
che io ne
giudico, il campo
del ridicolo; poiché
spesso noi ridiamo
saporitamente senza che
alcuna ombra di
deformità al nostro
spirito si appresemi.
Infatti ci fa ridere la
sco- perta di finissima
analogìa non prima
supposta (p. 471,
nota i), l'unione
di qualità che
sogliono essere disgiunte
(p. 461, nota
i), la disgiunzione
di qualità che
vanno ordinariamente unite
insieme (i). (I)
TI rasllf^'lìone raccoma
come un dottore
vedendo uno che
per giusti/.a era
frustato intorno alla
piazza, e avendone
compassione, perchè 'I
meschino, henchè le
spalle lìeramente gli
sanguinassero, andava così
lentamente, come se
avesse passeggiato a
piacere per passar
tempo, gli disse
: Cammina, poveretto,
ed esci presto
di questo affanna
Allora il luion
uomo, rivolto, guardandolo
quasi per maraviglia,
stette un poco
senza parlare , poi
disse : Quando
sarai frustato tu,
an- derai a
modo tuo \
eh' io adesso
voglio andar al
mio. Vediamo in
questo caso disgiunte
due quaìilù che
sogliono essere unite;
cioè, sotto Fazione
delle percosse, non
scor- giamo né I
segni del dolore
, nè lo
sforzo a liberarsene.
Abbiamo dunque da
un lato una
forte sorpresa, daU'
altro Fonti 4ija0ezie€^^ * Le numerose
fonti dà cui
s^possoikl tram ìetà^
cezie, vogliono esser
ridotte a cinque
capi generali. Deformità logiche;
Deformità morali; Deformità
fisiche; Opposizione artifiziale
tra tó iHile
e il sog-getto. Somigh'aoze e
contrarietà lontane o
latenti ed miprovvisamente svelate.
Sono deformità logiche
le deviazioni dal
retta raziocinare; e
ì gradi di
esse saranno sempre
maggiori, quanto più
peccheranno coatra le
regole del ginsto
raziocinio. « L'rghpranza
quindi delle 1)
pili facili combinazioni,
la credulità soverchia,,
i> la scimunitaggine sono
fonti sicurissimi dia'qiiali
» emerge quella
deformità logica che
provoca il »
riso senza eccitare
nè rodjQ nèla
compassione: » quindi
le parole^ o
prive di senso
o storpiate, »
le interrogazioni, le
risposte fuor di
proposito, M le
incoerenze, la pertinacia
negli errori evidenti,
e quella abitudine
che i goffi
hanno dì dir
seni*» » pre
e. credere le
cose a rovescio
dei logici detr » tand
». un sospettò
dié quel padeiité
o non gòffrissC}
il che fa
ta- cére n denttinéoto
penóso della compassioné
^ o ituscisae
a deoilnare 11
dplòre ^ il
che dà luogo
ad anudirazione scevra
d'invìdia. lo non
saprei come innesLire
sulle azioni e
sul discorso di
quest'uomo Videa della
deformità^ mentre vi
veggo cbia- rrsslmo
un bel contrasto
con qùanto succede
'comunemente; DUn esemplo
di ^&r^giooaaieuto logico
cagionato aà '
bijióna dó^e d'òirgotglia
sì vede nel
discorsa 'die l'Alfieri meite
in bocca al
suo conte, allorché
co- stui viene a
contrasto eoU'abate, futuro
mae^a .de'suo] pglì^
sup'ofiiararto che gli
vuol dare.. '
« Ora, venendo
al sodo, '
.S. ^'" »
Del salario parliamo.
V do tre
scudi; ^' ;
» Che tutti
in casa far
star bene io
godo. — Ma,
signor, le, par egli?
a me tre
scudi? " S
Al cocchier ne
dà sei. Clie impertinenza?
^ > »
Mancan forse i
maestri anco a
du'scudi? Ch'è ella in
somma poi vostra
scienza ? '^r%
Chi siete^D somma
voi, che al mi'
cocchiere * Veniaté
a cootrastar la
precedenza? ^ l
ìK GU è
nato in casa,
e d'un mi'cameriere:
i i> Mentre
tu sei di
padre contadino, E lavorano i
tucti r/altrui podere^
H » Compitar,
senza intenderlo, il
latino; ' >
Una zimarra, un
mantello n tallare, ^^
i » rCn>
coUaru^cia sudi-rcelestrino
, >
* - Vaglion iòrse
a natura in
voi cangiare r
. Poche paròle:
io p^go^ereibeiiissimo: C
. u '
>» Se a
lei npn quadra^
ella è padron
d'andare ». Atteso
una grata sorpresa
sono parìmente ma-
te)*ie di riso
le imle^ intelligenze^
" come' allorché
un discorso vien
preso ih un senso opposto
a quello che
gli fu dato
da chi. Jo pronunciò ; d'
onde na-
sce una contrarietà fra
la dimanda e
la risposta, ed
una sensibilissima divergenza
: per es.,
Pietro dhnanda a
Paolo dove va^
Paolo ^rispofìde jparfii
pesci. ' .
* ij,.i^L.o i_.Appartengono a
questa ètasse té
ISu'tle^^^^ contengono un
certo inganno inaspettato,
per cui nasce
molestia ad alcuno
senza dolore però
e senza grave
incomodo. IL Per
deformità morale intendesi
quella che non
è consona all'
usata maniera con
cui conver- sano gli
uomini, ma sì
però che non
turbi o funesti
Tordine socievole, poiché
allora questa de-
^formità andria congiunta
con la scelleratezza, e
ingenererebbe odio, non
riso. Quindi fanno
ridere 1. V
incongruenza de'caratteri :
perciò sem- brano piacevolmente assurde
le millanterijs in
bocca d'un vile,
e le gravi
sentenze sul labbro
d'una me- retrice e
simili. Tutti i caratteri
e tutte le
azioni che hanno
l'aria di singolarità^
cioè che si
scostano dalle ri-
cevute costumanze; 3. *>
La discordanza tra
i mezzi e
il fine prò-
postosi^ 0 le
pretensioni maggiori delle
forze. Le passioni gagliarde
svegliate da lievi
cagioni; talvolta per
es., resta annullato
un pro- getto di
matrimonio, di commercio,
od altra as-
sociazione, per contesa sui
titoli de'contraenti da
inserirsi nella carta
di contratto; e
le reciproche vanità
rimbalzano come rimbalzano
e retrocedono due
palle elastiche che,
moventisi in opposte
dire- zioni, vengono ad
urtarsi in mezzo
al bigliardo (?)•
' (I) *
Allorché il Cardinale
Mazarino, miuistro francese,
e dòn Luigi
di HarO) nìinislro
spagnuolo, convennero neirisola
de' FaggianI (
in mezzo alla
Bidassoa sul contine
de' due regni),
per concertare tra
le altre cose
il malrimonio d'una
» S. Gli sforzi
per attribuire agli
altri la col-
po, de nostri sbagli
(1). *r A
scanso dì ripetizioni
vedi la pag.
343 eseg. f
HI. Deformità Jìsica
si è quella
che emerge dalle
deformità visibili, corporee,
naturali. « Va-
M stissimo campo
di ridicolo si
è questo, poiché
» iufinite sono
le aberrazioni che
notar si pos-
» sono nel regno della
natura, e nell'uom
princi- w palmente,
che per eccellenza
fu detto re
della » natura
medesima. Quante mai
numerar si pos-
» sono deformità
corporali, sia nei
membri, sia* »
nel portamento, tutte
sono giocondissima fonte
» di ridicolo,
purché le deformità
che prendonsi D
per oggetto di
scherzo non siano
indecenti o »
col dolore congiunte,
poiché allora non
riso, ma .
» ecciterebbero di
leggieri odio o
compassione. Un uomo urbano
per altro non
farà mai og-
getto di scherzo quelle
fisiche deformità che
non si possono
attribuire a colpa,
come ho già
detto più volte.
Ito f '
Infante di Spagna
(Maria d'Auslda )
con Luigi XIV
re di Francia,
furono tante le
recìproche pretensioni, sorsero
si gravi difficoltà
sul cerimoniale e
V etichetta, che
trascorsero due mesi
prima clie i
ministri potessero accordarsi.
(I) Un ingegnere
mezzo ul)briaco e
barcollante prende a
. misurare un
terreno, e commette:
ercoli tali die
gli astanti ne
fanno le maraviglie.
11 buon uomo
in vece di
rendere , giustizia
a sè stesso,
se la prende
col suo strumento,
e dice balbetttUìdo:
Ehi ma il
difetto é nella
mia pertica: ora
ella lia otto
piedi, ora non
ne ha (|uattrOj
e la getta
sul fuoco. In
questo esempio primeggia
la deformità logica
sulla defor> niifà
moràlo. Ceretti. .j^
xxl i^\.^r Jife
àctoi^ v ti.
"'llr, 11 ridicolo
nasce alle volte
dal veder trattali
con uno stile
lepido e scherzevole
gli argomenti gravi
e severi, il
che vellica piacevolmente
la ma- lignità del
cuore umano, il
quale gode nel
veder posti a
livello gli oggetti
eminenti coi più
comu- iif, ed
è questo il
copioso fonte delie
parodie. Talvolta all'incontro
s'induce riso col
ragionar di ^
oggetti bassi e
plebei in un
tono grandioso ed
eie-, vato, dal
che vengono essi
a ricevere un'aria
co^^ mica e
faceta, mentre sotto
aspetto di lode
son fatti ridicoli,
e la critica
riesce tanto più
salsa, qiianto più è dissimulata.
Senza alcuna specie
di discorso si
può eccitare 'ridicolo
con una lode
apparente smentita dal
fatto. Batru, che
aveva motivo di
lagnarsi del duca
d'E- pernon, fece
un libro che
aveva per titolo:
Le grandi imprese
del duca d'Epernon:
ma tutti i
fogli del libro
erano bianchi. tt
Debbono essere collocati
sotto questo titolo
» que'concetti d'ambiguo
significato, onde può » trarsene
una grave sentenza
ed una arguta
fa- ì) cezia.
Così a dire
d'un uomo liberale,
che quello •»
che ha, non
è suo, può
divenir salso ove
si V torca
a biasimo d'un
ladro: e salso
riesce per D
non dissimil ragione
quel motto citato
da Tullio, .
)i a proposito
d' un servo
infedele, lui essere
il y> solo,
per cui mdla
vha in casa
disuggellato « e
di chiuso; il
che a lode
d'un servo leale
po- » irebbe
dirsi ugualmente. Se
non che sì
fatti >p scherzi
vengono commendati più
per ingegnosi .?>>
che per festivi,
essendo manifesto indizio
d'a- •» cuto
ingegno il tor
le parole in
altra signiUca- w
zione da quella
in che sogliono
esser usate.
^^Ordinariamente questi scherzi
riescono insipidi, perchè
per Io più
da un lato
lasciano scorgere la
voglia di scherzare
e l'impotenza di
riuscire, dal- l'altro
non producono effetto
sensibile sull'animo per
mancanza d'acume. -
V.^' <t Tra
tutte la maniere
onde si perviene a
movere riso, piacevoli
senza fine riescono,
tanto il torcere
contro d'altrui quel
frizzo che a
farci ridicoli era
stato proferito, a
quel modo che
Ca- tullo, interrogato da
Filippo perché abbaiasse,.
Perchè vedo il
ladro, rispose; quanto
dal conce*^ dere
argutamente all'avversario ciò
stesso con che
ti morde, trarne
appunto occasione di
vituperarlo, siccome usò
avvedutamente L. Celio,
al quale es-
sendo da taluno di
bassi natali rimproverato
che egli fosse
indegno de* suoi maggiori:
Affé, ripi- gliò, che
tu se' degno de' tuoi
» (i). In
questi e simili
casi il piacere
risulta da dop-*
pia fonte: l.*»
dalla depressione d'un
impertinente, aggressore, o
sia dalla cessazione
d'un dolore; il
che, quando succede
rapidamente nelle cose
mo-.^ fall, equivale
a piacere; 2.o
dagli improvvisi rap-
porti di somiglianza tra
la proposta e
la risposta. ^*
' 11 ridicolo
risultante dalla scoperta
improvvisa di somiglianze
o contrarietà non
comuni, non si
" ' (()
• Luigi XV disse un
giorno al conte
Eric di Sparre,
jche fu due
volle ambasciatore in
Francia pel re
di Svezia :
./SigfioF di Sparre,
provo dispiacere vivissimo
in pensando che
voi non siete
della mia religione;
un giorno o
lallro io an<
derò in cielo,
e non vi
troverò. — Perdonatemi,
Sire, rispose f
' ambasciatore :
il mio padrone
m' ha ordinato
di seguirvi dappertutto.
" , f può assolatamaote
attribuis^ alia iiialigQilà|ii»Ma, come
si dovrebbe, se
in queste indagini
si preip*' (fesse
peK gttidé la
^ola teoria d' Asistoteteì il
che multerà meglio
dall'analisi del seguente
fiattóv;Un contadino, yenuto
a dolersi pon
un podestà perchè
gli era stato
rubatali sto «ino^
dopo d'a- erare; parlato della. Sfla
povertà e deiringanno
fat- tégH dal
ladro, per. fine
pjè grave la
perdita sua, disse;
Messere, se voi
aveste veduto il
«lio asioo^ ,aiio0r,fiitt
riconoscereste quanto io
ho ragion di
dolermi; chè quandi ^veva
il suo basto
a^osiSiH f iHraa :f
sopriam^iM^ *ii8^^i^hevci cagiona
qiipste 4i8Cor^^ non
n^sce dal vedere
depresso TulHo a
livello delPasino, ma
DèVoiedei^x^^^^ s£orz;aur dosi
d'ingrandirne Videa, scappa
&ori improvTl^ ^saQiente
con un confronto
nuovo, e si
Insinga ^ t^^ré
sowiigliaiwa.tra Basilio e
TiilfiQ^r lù ttóte-
le cose vi
sono certi limiti
che non si
éebboào oltrepassare, certe,
condizioni alle qu^lì
jEa d'uopo sottomettersi; altrimenti
facendo,- si va lungi,
dalla meta cui
si proponeva di
giungere, non si
consegue Io scopo
che si vagheggiava.
Lo ^opo cui
miriamo, i mezzi
che possiamo porre
m <>pera, servond
a farci ricondscere
quelle condizioni e
que'limiti. ' '
Le facèzie x)
celie che teodono
a rendere festiva
a brigata, sì
possono considerare \
\ Nella persona
che le dice;.
i.o Ifelia persona
che m è
l'oggetto;r3«.^ Migli «auuiti
eh» , le
aseetbp^i' < Persiona che^
celia* . 1^*0
uomo geutila nè
ride nè fa
ridere aUa foggin
de'pazzi^ degU seioeioliii
id^IL iilériichif degli
inetti, de'buffoni, Fenelon
non ischerza come
arleccliioo: uè Xmsm
4ì §M8to eaft£<)iìde.il «mono
de^G^'. dfiH' a||ia C9I
fracaaso assordante ddle
campane. . Vupmo
dmiene^ bttffime, Mihrchà
Mace^ altri a
ridere per le
sue sciùcchezzey allorché
ai4eiU axgiuti smtilm$c$
de'mUi arJecJmetehif ed
a misura che
si fa attore
in vece, «fi
restare semplice narrale;
perciò alquanto buffonesca,
aeeottdo <die 10
Be.^iiuiieo, fa. la
wnéatta iK IMo*-
gene nella seguente
occasione. Ne' giuochi
pub- blici d'Ateoe si
distribuivano uu giorno
de'piemii a quelli
che davano saggio
di maggior destrezza
neg^l esercizi dell'arco,
.della Jotta e.
delia €om« «
Ira qnoUi v^Ae
^tiravmo Tareo,. prìmèggiaìFa
4100 per la
sua gofiferìa. Diogene
andò a collocarsi
pre- cisamente alla meta
cui mirava Tarciere;
gli si di«
mandò perchè sceglieva
quel posto: Per
non es- ser ferito,
rispose il cìnico.
Il motto è
arguto, ma la
condotta era bu£fonesèa
per un filosofo;
ed oltre a
ciò troppo acerba
p^r Tarciere ^.
. (I) Minore
taccia, perché accompagnata
da minore pub-
blicità , merita *
la condotta di
SoeriOe , «norcHè Alcibiade
rKoniò da Olimpia
vincitore di tre
premi al cdi*8o
deH^tìt Tutta la
Grecia lo aveva
celebrato per questa
sua vittoria. Al
suo arrivo tutta
Atene andò a
ritrovarlo. Socrate solo
non Digitized by
i.^ iloiiici 'ébe fiol^iioi
detti argutt impirtii
ad eccitare negli
altri il riso,
nofì^debb'igssere il priino
a rideriie;,iina facezia. detta cojxsei^età
riei^eepiù piccante; Egii si
tenderebbe ridieak) m
per si fatte
^ver ti questa 0
quella brigata coi»
tale o tal
altra ciUa^ <
6 vJd^iJpÉltaatf ' 0MÉ
i^ipateMa di- vanto;
Non conviene fare
oggetto di celia
mordace Gli uomini
generalmente stimati^ e
non taiiitave JiliisMfiMM^
al qlMpte'dól^ tanfiNBeoolt
rifèane an- cora la macchia d'aver
messo in deriso
Socrate; ' .
La peiaM» troppo
atolido«' pat«hè nott
v*è glo^ im'nel
venire a contesa
con esse; *
.1 miaer» ed- ìi^ìcÌy
perchè sarebbe (grude^;
eÓMtMatd a ^isaÉo cbe
immé^ mmaMMori; GU
ttomini troppo sensitivii
peròhè motteg*^ gio ^ alvvilifiM;
I vendicativi, perché
ci esponiamo a
pagarne ii ioo
lo «tesso* si
diea^ degli igMraQtl«^|K)l^tf9 ai
1pllaI^^tlri strale acutis8i«M
€be ai pianta
nel loro animo*
1 comparve che
il giorno appresso,
e , in vece
di domandare il
vincitore, dimandò i
vincitori, (ili schiavi
non comprendendo il suo pensiero,
egli ordinò loro
di conduco alta
stalla. Ejf^li vi étitrò col
suo seguito^ ed
essendosi fatto mosiràre
iisavalli iIMNmati da
Olimpia, si avvicinò
ad essi, li
salutò con rispetto,
fece loro de'gran
complimenti sulla loro
agilità e sulla
gloria che si
erano acquistala. Alcuni
del suo seguito
recitarono loro l'oite
cl^e Euripide i^veva
composto in onore
d'Alcibiade, Dopo questa
scen^ i^oiffonesqa^ Socrate
si ritirò senza
doman- dar di vedere
il Iripoiiilbre. m
, la calimi»
«W» si 4^
iii^o^teggiare alj[a cìepa;
It.' Persona cui
è diretta la
eeiia. it^ .
l^aiwlla è.pegUa 4^i9r
cadere, una eelia senza
disposta, di quello -
elie^ ifnpegnar<A hi
im 4Kmi}^atUi|i^to con
p^r$pua che forsp
non . mirò 1^
yvWWfH; (»Hr«4|^ «l
wilapfi dagU scbiarimenti
che, ìoi vj^
d'^vj^icio^r^ g^lj ajoÀmU,
gli allontaDano ifi
QMfidla BOB Vi
è pcmHHle dUsimulare,
e vedete gli
altri a ridere
a vostre spese,
ridete voi iwret
e topralMiO' hm
imetiste- lAsMtbneDto dispiacere,
come è stato
detto di sopra.
Si veg-^ goao
ogai giorno persooe
incivili che non
sanao rispondere ad-mi
ìnnoceote scherso fncMrchè
con > ingiurie
e viHapì^ pgiKJiq
pgpi, ((erflQpa prudepte
cli^ qQ|i,.vi|ote {s^ii^Qin^
8filg(;e il loro
in- • contip»
a.* Se nQg.èyfk^m^
dirìiy^ - ^
to, è penDcsso
re4argi|ìre, e ripnandare
la palla a
chi la gettò;
è que||9 |i
dii^itto dal ^iit^cp^.
ob^ Le facezie
che piacciono al
volgo, riescono il
. #iii d«U«
y9H&. tPWH^ (Ursone
aeasat^. ! <P^(^'lwmle p9S9<wkQ
sembrai^ tra gravi
matrone qpelie ce|'^
cbie, proiferite in
un croccilo d
up- . Altronde
Ya?iaipo 4»^Qto i
giudizi degli no- li
jnini interno 4, n^P^T^^i^
$SO)hra qnasj iip-
» Dosaihile il
iiSBarae 11 véro
ed essenzial caratatère;
conciossiacliè a taluno
parrà lepido e
gen- » tile
un molto che
ad altri riescirà
dispiacevole e »
rozzo^ Sappiamo in sfatti che
a Cicerone, ricco
» altronde del
talento della facezia,
ivano a san-
'fi'' » gue
gli scherzi di
Plauto, mentre Orazio
li ri- »
prova siccome illepidi
ed inurbani Ed
ecco buovi motivi
per conoscere intimamente
il carattere e
il gusto delle
persone con cui
si con- versa, acciocché ì
nostri detti non
facciano nascere nel
loro animo la
noia, mentre aspiriamo
ad ecci- tarvi il
diletto. ^ 'ik'
IV, Qualità delle
celie. ^ È necessario iin"^tìsto fino
e delicato per
di- Stinsuere ...ì,j*»«u«u^ y-mm-^: , l.«
Ciò che adesca
da ciò che
punge. Ciò che punge
da ciò'ché è
insipido 3.0 Ciò
che è insipido
da ciò che è triviale;
^ 4.0 Basta
il senso comune
per discerncré ciò
che è triviale
da ciò che
è ributtante. Questi quattro
gradi servono, a
i^oèì dire, di
scala per apprezzare
le celie. La finezza del gusto è
il risultato di certa facilità d'immogrnazione, volubilità di
spirito, feeoudità di
idee, rapidità di
confronti, acutezza di
giudizio, delicatezza di
sentimento. Colla scorta
di queste facoltà
si riesce a
coii4- porre un
misto felice di
serio e di
giovfale, a ve-
stiredi forme leggiadre
le idee piò
astratte, a ri-
trovare una massima che
corregge piacendo, uri
pungolo che scuote
senza irritare, una
censura che nè
il rispetto offende
nè ramìcizia. Allorché dunque
muniti di queste
fàcòltà Vac^ cagete
che gli asMatì
fiono disposti ad
éseoltarvì; che n
soggetto vale la
pena che parliate;
che tutte le
circostaii^e vi sono
favorevolij se ^udebe
idea festiva e
cap^ di irallegrare
una società amabile
si presenta al
vostro spirito, commettereste
una ispeéfe d'ingiustizia
se ne la
privaste^ qualunque.' sia
n vostro carattere^
qualunque carica occupiate
nello Stato. Le celie
fehe si possono
chiamare il fiore
dello sphrito, vogliono
essere dilicate. D' Alembert
rK . portando
il deita*M padre
Bourdaloué relativo à
Despréaux — Se
Despréaux mi mette
in ridicolo netà
sue satire, ìq
gli rènderò ta^rigtia
Mite mie prediche
— D'Alembert con
tutta la delica-
tezza attica soggiunge: V'ha,
apparenza che que-
sto non sarebbe sueeesso
nella predica del
perdono delle ingiurie. Per
non ripetere ciò
che è stato
detto iòtaTear pttolò
antecedente, mi ristringerò
ad accennare alcuni
difetti che si
debbono sft^ire:nel maneg-
gia delle celTe.^ Le celie
non vogliono essere
insipide. Sono ,
sempre insipide le
celie che si
risolvono in èqui*
voci, iperboli esagerate,
giuochi di parole,
verbi a doppio
senso, cui la
vera significazione si
toglie per sostituirle
un'altra che non
l'è. Ssseudo più
facile il ripetere
delle parole, dei
suoni, delle sii-
labe^ di Quello
che awiéihare le
qualità lontane delle
cose o scoprirne
le latenti; perciò
le suddette ,
celie piacciono al
volgo, mentre danno
noia alle persoa#
seiiHAe» I fanciulli
confondono le carte
nel mezzo della^
partita quando non
hanno buoa giuoco :
gli scìoli non
potendo alimentare la
con- , versazione
coiramenità dei sentimenti
e delle idee,
• le interrompono
con bischizzi (1),
calembonrg^ discorsi che
sembrano dire qualche
cosa, mentre non
dicono nulla, e
sono il tormento
di chiunque è
dotato di qualche
spirito, ij 2.0
Le celie non
devono essere scurrili.
Esse sono tali
allorché versano sopra
cose la cui
im- magine offende il
gusto, come la
loro realtà of-
fende i sensi (2).
Si chiamano anche
scurrili quelle \
celie che fanno
arrossire il pudore.
. Le celie
non de vono
peccare per eccessiva
' . ìiìalignità. Le celie
non devono peccare
per eccessiva acerbità^
dovendosi bensì far
uso del sale,
ma . •
con moderazione (4).
(f) I bischizzi
consistono nel mutare
^ ovvero accrescere o minuire una lettera o sillaba d'
una parola ;
cóme colui che
disse : Tu dèi essere
più xlollo nella
lingua latrina cUe
nelia lìngua greca. Pecca
pec bassa e
villana scurrilità il
seguente epitaffio che il Lasca
fece ad un
Grasso : «
Qui giace il
Grasso ( noli
ben chi legge) »
Che avendo il
viso simile al
cui molto ,
L'alma, non discernendo
il cui dal
volto, » Se n' uscì per la via dette coregge. » (5)
Alla consccrazione d up' abadessa, le magnifiche tappezzerie, i vestimenti
ricamaU, i diamanti,
ì profumi, Ianni-
sica, i molli
vescovi esecutori delle
ecclesìasliche cerimonie
sorpresero una buona
donfia in modo
che ella disse:
Ecco il paradiso.
Qualcuno rispose malignamente
: Non vi
sarebbero tanti vescovi.
(4) Una vecchia
contessa assai ricca
avendo sposato'un giovine
marchese malagiato , e
nel contratto di
matrimonio. Le celie, allorché
il soggetto lo
comporta^ de»ono richiamare
gli spiriti alla
morale. Non si deve cambiare il mezzo in fine, cioè non conviene
consecrare alle celie quel tempo che è dovuto alle cose più gravi. Da tale
passione pe'combaltimenti di spirito
o duelli di
mot, leggi e di celie
erano invasi i
Normanni, che anche
neir ardore d'
un assedio i
nemici sospendevano talvolta
le ostilità per
abbandonarsi ad una
guerra meno dannosa,
guerra di motti,
di redarguziom, d^'
buffonerie. Allorché
qualcuno dei due
partiti, era preso
da questa vaghezza,
si mostrava all'al-
tro in abito bianco,
il che era
riconosciuto ed ac-
cettato come una sfida
di celie. La
qual cosa cer-
tamente non era riprensibile
in tempo di
guerra, giacche Non distrugge
città guerra di
lingue avendogli falla
la donazione di
luUi i suoi
beni, lemelle, dopo
molte infedeltà, che
il marito volesse
disfarsi di lei,
e un giorno
sentendosi male, credette
e disse d'essere
avvele- nata,— Avvelenata
? rispose il
marchese alla presenza
di più persone.
E chi accusate
voi di questo
delilto? — Voi,
replicò la dama.
— Ah Signori,
nulla di più
falso, esclamò il
marito. Sventralela subito,
e toccherete con
mano la calunnia..Qui
l'acerbità e la
malignità vanno insieme.
(I) Si faceva
rimprovero ad una
giovine perchè accon-
sentiva a sposare un
uomo che urtava
di fronte gli
usi e le
mode del suo
tempo, un orUjinale
in una parola;
ma la sin-
golarità di quest'uomo non
era che un
vizio dello spirilo, e nissuno aveva l’ animo più onesto di lui. Quindi
la giovine che lo conosceva, rispose con finezza: lo acconsento a spo- sarlo^ perchè
spero che sarà
buon marito per
singolarità. ed è
meàe male dileggiarsi
che iieoidev9Ì; ma 6ao^
vafìiìi di Salisbury rimprovera ai detti
popoli quel- l'eccedente p^issiona aoebe
ia tempo di
pace. Kantagqi che si
possono trarre dalle /ae^ie. Benché
le celie sì
riducano a momentanei
tratti di npirito^
i^e, ^imiU^alle sciatillc,
jcoin|^ariscooo -e eeìssano
m un utante^
Don segue pero
che dì grandi
eventi non possano
esser cagione. Infatti,
alloiìch^ ei tvatta
di coscT mòrali,
gli effetti dipeo*
dono dalia determinazione della
volontà; ora a
de^ terminarle la
volontà i più
frivoli motivi bastano,
sì .quando mancano
motivi più gravi,
sì quandi questi
sj trovano in
opposizione/ come una
sein- pliee dramma
basta per'&r traboccare
la bìlaacta<t allo^hè
i più gravi
pesi là tengono
in equilibrio.- L'aftlisi
de' fatti porrà in
maggior luce il
mìo pensiero. Coloro che
nel calcolo degli
effetti consi- derano solo
le ma^se,. apparenti, inarcherapnò
le ciglia se
dirò loro che
tma celia può
in forza essere
uguale ad t^ailamato;
eppure bisogna ri-
gorosamente ammettere questa eqtiaasione,
aile^cbè si osserva che un'armata atterrita da maggior numero di nemici,
può. da uoa celia
ricevere tanta torza
coraggiosa da riuscire
a vincerli, come
lo* ba provato
più volte r^^sperieoza
(i} (I) Prima della
battaglia successa a!
Trasknene, I Cartaginesi erano ì»pa\
untati dai iìuuiux^g
esi^rcilu rumano ^uppi
m . 2.*^
È noto che
l'orgoglio de' tiranni non
sof- fre indugi; che
le loro volontà
si eseguiscono in
ragione del loro
potere; che, sordi
alla clemenza, alla
giustizia, alla ragione,
mandano a morte
chi fa loro
rimostranze, sicché per
fare equilibrio ai,
loro desideri!, converrebbe
avere un potere
uguale al loro.
Questo potere si trova in una celia: una celia può
cambiare le più
risolute voglie del
più feroce tiranno
(1). del loro. Glscon
ne esternò la
sua sorpresa ad
Annibale: V* ha
una cosa, rispose
questo generale, che
mi sorprende ancora
di più, ed è che in questo gran numero di nemici non
v' ha un solo che si chiami Giscon. La storia dice che questo' sangue freddo
animò U coraggio de' Cartaginesi; giacché
non potevano essi
persuadersi che il
loro generale fosse
disposto a scherzare
in un momento
sì importante, $cn/a
essere sicurp di battere i nemici,
come infatU li
battè éJi vinse.
1^ In caso
simile un altro,
generale veniva sollecitato
a far riconoscere
i nemici che
s'avanzavano in gran
copia: Noi li
conteremo, diss'egli, quando
gli avremo disfatti.
Queste pa- role bastarono per far
passare i suoi
soldati dal timore
alla speranza, dall' avvilimento al
coraggio, e renderli
vincitori di quelli
da' quali temevano pochi
momenU avanti d'essere
vinti. (I) Tutti
sanno quanto era
dispotico e feroce
Enrico Vili re
d'Inghilterra. Avendo egli de'moUvi
di scontentezza contro
Francesco I re di Francia,
gli spedì per
aipbasciatore un ve-
scovo inglese eh' ci
volle incaricare d'un
discorso pieno di
fiele, d'orgoglio e
di minacele. Questo
prelato scorgendo tutto
il pericolo della
sua missione, cercò
di farsene dispensare.
Non temete niente ,
gli disse Enrico,
poiché se il
re di Francia
vi facesse morire,
io farei abbattere
la testa a
molU francesi che
sono in mio
potere. Va benissimo,
replicò il vescovo,
ma di tutte queste teste nissuna s'adatterebbe
sì bene al mio Tomo
SiTO MnMwto dàlPidea
impoiiml» Moveri dTitn
mioistroi «lalla gravità
de' moti?! che
devono de«- ternmarlOt
dai dami tnm
aeea. demaail» chiamato^
atle pubbliche cariche,
si dora fatica a comprenda
<die una ceiia
si possa j^om^
pén- queiMmpiego «fttr*^
em ^tefe mepatù
pér demerito; e
pure gueata posaihUità
ceaUuata fili Mita
tOv ^ / • %
fyìsìo come quella
che vi é.
^ ^^ta celia,
«heloee.Bidéee. Bnlriè^ idasci a fario candMàre.'df rlsolufeimiie; senza
di etto .'forse
l'Inghilterra e la
Francia conlecebbero una
guerra di più.
IVouchirevan, re di
Perula, aveva condannato
a morte uno
de'suoi paggi per
aver ^uesU kia)i{vertéDteaiea(e:8pas8a sopra
lui* della salla
^intti)dèii> a mensa
i il|Mi||0Q>Mm*vadaDdo ^mmà
di perdono/ 'ifMò tutto
II piatto sopra
tjùèll'liii||lah cabile re.
Nouchlrevan, più sorpreso
che sdegnalo, volle
sa- peri la ragione
di siffalta temerità.
« Prìncipe, gli
disse i( .•
paggio, io desidero
die te laia morte non rechi niacclìia.
1» alia «ofiiii»
Hplitazioiia; com vóe^
. • de'moffiirehi, ma-
voi perdereste quello
bel tìtolo se
là po» »
slerìtfi "sapesse che
per lievissima colpa condannaste
a morie • ano de'
vostri sudditi ;
perciò ho versalo
tu Ito il
piatto. Nouchirevan rientrato lo se
stesso vergogpò della sua collera, e
gli f(?ce grazia.
11 Marelìesé dì
Andrea tnristeva pressò
Lòuvóis ministro della
guerra in Francia,
onde ottenere una
carica^ il ministro
die aveva ricevute
parecchie lagnanze contro questo officiale gliela ricusava.
S io
eoiniociassi a servire so.
ben io ciò
^he faéel, ri8|Mstf
roffieii|le un po^
eómmosso; fi che
fareste vd ?
gli disse fl
mli^stro con un
tono risentila Regolerei
sì bene la
mia coikloUa, replicò
l'officiale, che non vi trovereste nulla da ridire. Il
ministro sorpreso plaeevollafDte da questa
òsposia, ac<;ordò dò
che aveva ne|{alo.
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4.0 Una celia
può ottenere quel
premio che ,
non ottenne la
ragione^ che non
attenne C im^
portunità talvolta più valevolé detta fazione. Non v'ha cosa nè più
comune pè più noiosa idè'n^lHantatork nàOB votte odirotia «si le ragioni
<die condannano la loto condotta, e mille Tòlte toroano iii oamjio. eolie
toorn celia può agevolmente ridérre' à
'^ 'Hlimzio titt
wiWantoioìre; giacché, in genejrale riesce più difficile il rispondere ad
unà: ieHai chà
ad ma tuona
ragione. Gli poeta aspettava tutu i giorni Augusto a certo passaggio còn
un epigramma alta mano: eglli'sperava qualche ricompensa, mai la ricompensa
nòn' Éttritic Blair Un giorno l’impilatore, per divertirsi a spese del poèta è
IrastuHarlò cevolmcnle).gli.pi;sBsentò deVyéssi eh'egli aveva
composti 10^41 Ijoi'.oiiore. Il poeia degpo4*«ieiji Mtt
ti(Ui| trasse (U
tasca dèi deuaiO)
e lò diede
ad Augusto, dicéndo^lt
ch'io v*ò£fro non è degno del
vostro merito, ma iò nórt possere di più. Augusto incantato da questa risposta
nuovia piccante, gli fece dare fOO,(HW sesterzi (circa
^ 30,000 fr.) Ecco und
ttiolui ì&àst»-oiprale suttor
u ^elo d'una facezia. Iki gie«iDe
a^'A vantava CU/Sapare
Hutto e d'aveifo imparato
in poco tempo, aggiungeva à-avere speso grosse somme per pagare i suoi
maestri. Uno degl’uditori non po-
tendo più contenersi a tali iat(tanze, gii disse freddamenté: Affé, se V
voi trovato cento scudi per tutto ciò ebe sapete ef«dètefni, Mn fiidagteite a pABderiL- n detto e eccellente, ma pùngeva un poHroppo fUA'iM.
Uno spiantato lagnavasi
in un crocchio di molte perscibè
•pel gK^asto che la grandine
aveva fatto nel suo paese e
masirimanento Re;siR>l pcNlerl.-tin
ii|le cl)e a fondo
conosceva qitelmQlantaiofe è che sapea qaaiilk tasse povero in ràiim;
non potendo più contènersi a laìl iattanze, gii
inosse soìbi. Grice: “Ferraris’s Galateo
was so famous that, unlike Vico with his ‘new science’, a few philosophers
cared to consider seriously a ‘nuovo Galateo’. Antonio De Ferraris, Antonio De Ferraris. Galateo.
Ferraris. Keywords: conversazione, il Galateo, il nuovo Galateo. Refs.: Luigi
Speranza, “Ferraris e Grice” – The Swimming-Pool Library.
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