Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Wednesday, November 13, 2024

GRICE ITALICO A/Z F FERRA

 

 

Grice e Ferraris: la ragione conversazionale e filosofia italiana – Luigi Speranza (Galatone). Filosofo italiano. Grice: “I like Ferraris – he analyses all the implicata of The Lord’s Prayer – pretty complicated – my favourite is his excursus on the implicatum of ‘thy will be done’” Figlio Pietro De Ferraris e Giovanna d'Alessandro. Studia a Nardò. Passa quindi a Napoli. Molte sono le conoscenze che fa all'Accademia. Entra in contatto con Gareth detto il Chariteo, Attaldi, Pontano, Gaza, Caracciolo, Pardo, Lecce, Sannazaro. Si laurea a Ferrara, dove soggiorna. Si trasferì poi a Venezia per poi ritornare a Napoli ed entrare nel giro della reggia partenopea, nella corte di Ferdinando I.  Si adatta a Gallipoli, dove si sposa Maria Lubelli dei baroni di Sanarica. La serenità della sua vita fu turbata dall'invasione di Otranto da parte dei Turchi. Cerca rifugio a Lecce annotando gli eventi drammatici che in seguito sarebbero stati il canovaccio per un'opera composta in latino. Si sposta ripetutamente fra Napoli, apprezzato dottore al servizio della corte aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di residenza. Inizia anche a scrivere, inizialmente in forma epistolare. Manda i ringraziamenti a Barbaro per la dedica ricevuta; è seguente la redazione di Altilio Galateus εὐ πράττειν e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum de distinctione humani generis et nobilitate; e una seconda epistola a Barbaro e il saggio Ad Pancratium de dignitate disciplinarum.  Dopo la morte di Ferdinando e Alfonso II, abbandona Napoli non prima di avere composto Galateus medicus in Alphonsum regem epitaphium. Torna a Lecce dove forma assieme L’Accademia dei lupiensi. Scrisse Ad Chrysostomum De villae incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi che era andata distrutta dal fuoco. E a Napoli, convocato dal re Federico d’Aragona che lo volle con sé, ma l'inasprimento del conflitto con Francia lo spinse a ritornare nella provincia salentina. Godette dell'ospitalità di Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo di comporre in latino lavori di filosofia, filosofici. Una delle pochissime trasferte dal Salento fu quella che effettuò a Roma presso Giulio II, a cui offrì una copia dell'atto di Donazione di Costantino, che era conservata nella biblioteca di Casole. Fu uno studioso che, come gli intellettuali suoi contemporanei, riuscì a coniugare una vasta erudizione umanistica con nozioni scientifiche. Le sue conoscenze erano di ampio respire. Il suo bagaglio filosofico include la cultura classica di Aristotele, Platone ed Euclide. Considera che la filosofia classica era stata traviata dai filosofi come Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò solo Boezio e la sua Consolatio philosophiae. Prediligeva la civiltà classica e autori come Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca, Svetonio, Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di Dante, Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. Si interessa anche delle opere di Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò Ippocrate e Galeno.Non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue opere. Ma non sfuggì a Ferraris il quadro generale della società dei suoi tempi e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle cattive consuetudini.  Il suo De Situ Japygiae e un autorevole trattato storico-geografico sul Salento.  Mentre era a Bari ha notizia della "Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna tredecim equitum.  Altre opere: Oltre a saggi e trattatelli, compose le seguenti epistole: Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi, Ad Accium Sincerum de villa Laurentii Vallae, Ad Franciscum Caracciolum de beneficio indignis collato, Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopus, Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopo, De Heremita, De podagral, Ad Chrysostomum, suo salutem de nobilitate, Ad Chrysostomum de morte fratris, Ad illustrem comitem Potentiae, Ad comitem potentiarum, Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi Apuliae, Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae,  ad Chrysostomum de pugna tredecim equitum, Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani, Ad Prosperum Columnam, ad Chrysostomum de Prospero Columna, phiilosophi praestantissimi de situ elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium, Esposizione del Pater noster De educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam, ad Antonium de Caris Neritinum episcopum, regem Ferdinandum, Beatissimo  Iulio II pontifici maximo; philosophi epraestantissimi De situ Japigiae ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati, Ad Nicolaum Leonicenum medicum, Petro Summontio De suo scribendi genere, Summontio suo bonam valetudinem Callipolis description, Pyrrum Castriotam, Illustri viro Belisario Aquevivo, (Vituperatio litterarum), Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas, Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. La Iapigia. Itinerari e luoghi dell'antico Salento (Lecce, Messapica Editrice), “Gallipoli” (Lecce, Messapica Editrice). Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il poeta nel marzo con l’apposizione in Piazza Crocefisso di una lapide dedicata alla sua memoria. Dizionario biografico degli italiani, Treccani Enciclopedie, Galatone, in Treccani Enciclopedie. PULITEZZA SPECIALE, •tifi' m CONVERSAZIONI, ' r Or^ne delle eatwersm Umi e specie. M AUorohè, dopo il IX -secdb, ff mase sciolto quasi ogni vincolo governativo in Europa, ciascun uomo, secondo le  sue  forz6%  procurò  di  rapire  o distrug*  gerot  £Dibbmar  fortezze  per  difendersi  o adonar  prmi  per  assalire. Tra gli oggetti rapiti  prìpieggiavano  le  donne  ragguardevoli  per  bellèzzà.   I  cavalieri  o  sia  gli  uomini  a  cavallOy  che  più  de*  fanti  erano  anticamente  pregiati  alla  guèrra,  spinti  da  avidità  e  da  amore,  da  vanità  e  da  gloria»  ^i  assunsero  il  carico  di  difendere  il  bel  sesso  »  come  vedremo nèlF articolo seguente.Quindi 8i uoiiODD in croecbi talora ne' ciiBSteUi de'feudatari, talora nelle corti de' principi i cavalieri per fare  pompa  delle  loro  lAiprese,  le doniM/ per  onorare  i  loro  difensori  e  trarne vanto,  i  poeti  pec  cantare  il  valore  degli  uni  e  la  bellezza  delle  altrer Le  donne,  i  cavalier,  ràrme,  gli  aniiori.   , Ile  cortesie,  le  audaci  imprese  io  canto. Siccome  le  dame  e  le  principesse  l'oggetto  sono della  poesia,  così  ne furono  le  sovrane  in  '  M  giudizio  e  prò  tribunali.  Imperocché  tenevano  »  nelle  lor  Corti  e  castella  corte  W  amore  o  par lamentoi  oyè  trattai^nsi  i  problemi^  le  cause,  le  »  liti  amorose  e  cavalleresche;  concorrendovi  gen-  iiluomini  e  dame  dappresso  e  da  lungi,  e  sopratutto  poeti e cantori, quasi avvocati e giurisprudenti primarii a quel foro. Che  se  contenti  non    erano  {  litiganti. (kyUa  sentenza  de'{>ai:lamenti   allora  sorgevano  le  Tenzoni  o  sfide  poetiche,  eolle  j>  quali  r  un  contra  T  altro  scrivevano  i  trobadori  a  difesa  dìJoi^  eauÉT'e  di  lor  belle»  onde  sono sempre  in  giro  messagi  e  proposte  e  risposte,  e lamenti  e  disQde  novelle  d'^inore  e  di  poesia  Cresciuti  in  fom  i Governi ne suasegnenti secoli,  e  cessati  i  pericoli  delle  belle,  non  fu  più  necessario,,  per  ere  ammesso  in  queste  conver-  sazioni, Taver  rotto-  più  lancia  in  onore  d-ona  prin*  eipessa  o  d' una  lama,  ma  bastò  Q^ie  vi  scendesse    ^1)  BeUifiellf.        j  ^  oj  by  vmmztA:  sfigxale  30&   Per  lungo     )>  pi  magoanimi  lombi  ordine  il  sangue»  Purissimo  celeste»;   per  appriezz^re  meglio  i  sentiBientì  del  poeta  e  salire  air  origine  degli  usi,  il  lettore  può  consultare  la  nota.  Xe  ài  Londra  del  dicono:  Le  péU^ni  presentate  .alla  carte  dei  rUelami  nella  circostanza  dell'incofonazione   delFattufide.re  d*  InghQterra),  cofi   tengono  pretensioni  singolarissime,  e  che  ricordano  usi  antlchissimi.  il  conte  d'Abergaf enny,  come  signore  della  cascina  '  di  Sculton,  riclama  l'uffizio  di  capo  deUe  dispense  cl:àedetìàa di  farne  il  servizio  sia  personalmente,  sia  .col  mezzo  del  sup  deputato,  e  riclama  per  suo  emolumento  tutti  gli  avanzi  deUe  pietanze  e  delle  carni  dt^o  il  pranzo.   Due  petizioni  furono  presentale  dal  duca  di  Norfolck.  Colla  prima,  nella  sua  qualità  di  conte  maresciallo  ereditario,  egli  chiede  di  compiere  personalmente  o  col  mezzo  d'un  deputato  gli  idficii  di  primo  boUiqUm'e  d'Inghilterra,  e  di  ricevere  perciò  la  migitor  coppa. d'oro  con  «Q[M$relìio,  tp  rimarranno  sotto,  il  inezzule,  e  tutti  gii  orciuoll  e  coppe,  eccetto quelli  d'oro  e  d'argento  che  resteranno  nel  celliere  dopo  il  pranzo.  Colla  seconda  petizione  li  nobile  duca  dimanda ,  come  signore  della  cascina  di  Workoop,  di  presentare  al  r^  un  guaoto  di  mano  destra,  f»'di  soistoiieife  il  destro- liran^lo  dei  re  nel  menti»  ch'e  tiene  lo  scettro  reale.   n  duca  di  Montrose,  grande  scui^ere;  dimanda  di  fare  il  servizio  di  sargente  di  lavatoio  dell'argenteria,  e  di  ricevere  tutti  i  piatti  e  tondi  d'argento  serviti  sulla  mensa  del  re  il  giorno  dell'incoronazione,  e  cogli  emolumenti  che  ne  dipendono, e  di  portare  eziandio  gli  speroni  del  re  dinanzi  S..M.   n  8lg^  CampbeU ,  come  signore  della  cascina  fi  Lyston,  reclama  il  diritto  di  fiir  de  cialde  pel  re ,  e  d' imbandirle  jsulla  mensa  reale  al  banchetto  dell'incoronazione. Rimasero  quindi  a  poco  a  poco  e  dovettero  rimanere esclusi  i  poeti;  giacché,  se  nello  stato  primitivo delle  conversazioni,  mentre  il  poeta  si  mostra ricco  d'idee,  vantavano  i  cavalieri  destrezza  e  le  donne  pericoli^  nel  seguente  stato  il  poeta   solo  sarebbe  rimaso  oggetto  degli  astanti,  quindi  ne  avrebbe  sofferto  la  vanità  degli  altri.  Muniti  di  privilegi  reali  ed  onoriQci  che  dalle  altre  classi  li  separavano,  facendo,  principalmente  in  Francia,  professione  d'ignoranza,  i  nobili  chiusero  ad  esse  la  loro  conversazione,  e  avrebbero  creduto  di  degradarsi,  se  alla  loro  confidenza  avessero  ammesso chi  soltanto  di  talenti  o  d'altre  abilità  personali  si  fosse  potuto  dar  vanto. Appena  comparvero  leprime  scintille  delle  scienze,  i  pochi  spiriti  gentili  che  non  rimanevano  impaniati nelle  sensazioni  materiali  del  volgo,  provarono  il  bisogno  di  unirsi,  per  fare  acquisto  delle  altrui  cognizioni  e  dare  in  cambio  le  proprie.  Questo  bisogno  era  tanto  più  forte,  quanto  che  prima  della  stampa  altissimo  era  il  prezzo  de'  libri,  come  tutti  sanno;  nacquero  cosi  le  conversazioni  letterarie  od  accademie,  le  quali  da  principi  illustri  vennero  proli) Esistono  scritture  del  XVH  secolo,  sulle  quali  persone  d*alto  rango  fecero  la  croce  perchè  non  sapevano  scrivere.   Nello  stesso  secolo  parecchi  parenti  del  celebre  Cartesio  si  sforzavano  di  cancellarlo  dalla  loro  memoria,  i)ersuasi  che  la  filosofia,  di  cui  egli  era  il  corifeo,  fosse  macchia  alla  loro  schiatta  (  V.  Thomas,  Eloge  de  Décartes  ).  PUL1tBZZ4  SPB€ULE  tette,  giacché  i  principi  illustri  non  temono  le  sciepze  è  sanno  che  degli  Stati  il  principale  pregio  son  MSe  e  lo  splendore.   Per  consimili  motivi  sors^  eonvecsi^ioni  di  pit»  tori,  di  musìei,  e  con  maggiore  coneorrenza,  giae*  €bè  la  capacità  d' apprezzare  le  bellezze  di  questo,  «ti  egregie  è  men  rara  di  qa$Ua  che  per  appresare  le  scienze  richiedesi. Lo  spirito  di  commercio  svegliatosi  dopo  I."  un  decimo  secolo  in  Itatta^  pisogfessivattiente  4)reseii|U>  ne' susseguenti,  fu  larga  fonte  di  ricchezze.   Si  vide  allora  che  si  poteva  essere  ricco  e  considerato senza  essere  nobile  o  possessore  di  fondi. Il  desiderio  di  far  pompa  di  ricchezze,  unito  al  bisogno  di  conoscersi  peraccrescere  le  relazioni  com-  merciali, formò  le  adunanze  de' commercianti.   La  ricchezza  de' mercanti  cozzò  colla  ricchezza  de possidenti,  e  nette  città  libere  ottenne  quegli  o  maggi  che  altrove  si  era  riservati  la  nobiltà. La  classe  direttrice  de' lavori  nieccanlci  si  diviso  in  altrettante  masse  quante  sono  le  specie  di  essi.   L'analogia  de'lavorit  il  desiderio  d'imporre  legge  ai  lavoranti ,  la  necessità  di  conoscersi  per  ripartire  le  imposte  che  i  principi  esigevano  dall'  indu-  stria, rkniirono  i  direttoli  delle  varie  arti,  o  sia  i  fabbricatori,  in  altrettante  compagnie  o  cow/rafer-  nite  che  ebbero  te  loro  regole  e  tennwo  le  loro  Mssioni  in  gicrni  determinati» Le'ricebezze  perdute  ddia  iiobiUàyer  ie  ragimif  ehe  diremo,  furono  raccolte  da  persone' intelligenti  e  attive,  che,  senza  appartenere  al  ceto  de'commer-  cianti  o  de'fabbrieatori,  sepp  ero  farle. vafere.  I<on  contente  delle  nuòve  ricchezz  e,  aspimono  tfUa  siderazione,  e -giunsero  ad  otxeaerla  colf  affluenza  de'commengali:  si  fòrmaronò  così  de'nuovi  erocebi  composti  d'ogni  specie  di  per  wne;  vi  si  vide  il  fit-  taittolo  che  viene  sovente  alla  città  per  ta  vendita  de'  prodotti  agrarii;  il  sensale  i  ^he  propone  de'oon-  tratti  prontamente  lucrosi;  il  basso  impiegato,  il  eol^  zelo  è  neoesBarìo  al  itadronc  )  nelle  sue  relazioni  col  Governo;  il  nobile  decaduto   cke  ha  semjjre   '  «  4  \  '  ' .  prontf :  1^  E  sali  e  frizzi  e  lepijdi  racconti  il  militare  che  più  d' ogni  altro,  abbisogna,  di  pia-  ceri rumorosi;  il  parassito  che  il  naso    Air  odor  dell'arrosto  arri  ccia  in  alto  e  ia  cambio,  dell'  arrosto  vende     le  novelle  della  ^ittà  ai  commensali,  e  del  padre  ne  Le  signorili  stupidezze  in  dora  ».   La  plebe  che  eseguisce  i  lavori  materiali,  non  rsi  cedeva  per  r  addietro  fuorché  .  «  pubblici  spet-  tacoli sulle  piazze,  o  per  bisogni  momentanei  alle  «osterie,  o  p^r  pratiche  religiose  nt.  Ue  chiese.^  Oc*  c  cupata  più  a  gozzovigliare  che  a  di.  «correre,  si  troìsava  inoltre  separata  dalle  altre  clas:  li  pel  sucidume  uii<cui  era  involta..    I  >   P  VI.   cause  per  cui    aprjiréao  eotmiaicaìiioDi  tra  .  le  varie  adunanize  sociali,  e  dalPana  aU^altta  Horo- membri  trasaugrai'ono,  sono  le  segueati:  li  La  passione  del  gioooa ,  Jartìssima  io  tutti  i  ^  tempi  e  per  faddietro  di  più,  come  vedremo  nel-  .  r  articolo  aegueote,  rappe  la  barriera  ciie  separava  la  nobiltà  dal  eomtnereio  :  alenai  n(*ili  noli'  ere-  .  d^ero  ài  avvitire  i  loro  stemmi  awicinandosi  ai  commercianti  col  non  troppo  nobile  desiderio  d'ot-  tener parte  del  loro  denaro  giuncando. Molte  famiglie  nobili^  rimaste  rovinate  dalle  carte  dai,  dadiy  sen  tirono  pèr  csperieuza  ebe  tati  i  di*  filomi  gentilizi  non  bastavano  per  comprare  un  .  "Jbraceio  di  panno  o  una  libbra  di  caroe^  La  plebe  :Che  ne  era  stata  insultata,  cessò    rispellartedacehè^  •'BOQ  le  vide  più  in  carrozza;  quindi  divenne  popo-  lare proverbio  i^e  nobiità  sema  ricf^M&ia  è  fimo  s^enza  arrosto,  Il  celiiba'oo  cui  erano  condannati  per  l' addic:  tro  i  AobiH  cadetti,  mentre  le  nobili,  fanciiille  sì-  •senti  .vano  tutte  chiamate  al  chiostro^  gli  spinse  non  -di  r jado  ìft  traccia  di  beUezse  plebee.  Usciti  dal    p»'iazzo  pàtrizio  ,  non  isdegnarona d*  ei^ar  nella»  1?  asaccia  del  calzolaio,  del  falegname,  del  parrucchiare,  ecc.,  e  talora  .   ^<   airaer  bruno   ,  Seguir  fanciulle  che  espugnò  U  digiuno   fn  questa  caccia  la  nobiltà  contrasse  un  poMi  fango,  e,  quel  che  è  peggio,  si  lasciò  rapire  molto  sostanze;  quindi  per  doppia  ragione  scemò  di  credilo.    u   .1^ -o  310  '  c     UBaO  TEMO   I  principU  a  eui  Jiegli  scorsi  seeoli  a?éa  fatta   paura  la  nobiltà  potente,  colsero  tutte  le  occasioui  di  dìmìnùinie  i  privilegi^  fonte  di  copiose  riccbezze  e  maggtadri  angherìe;  qtuiidì  il  coectiio  chiB«ra  ti-  rato da  otto  cavalli,  non  ne  ebbe  che  quattro,  poi  due,  e  talvolta  rimase  polveroso  nella  rimessa;  audà  per  óonseguensa  diradandosi  la  nebbia  ehe  eòprìva  gli  alberi  genealogi  e  li  rendeva,  grandi  agii  occhi  del  volgo. «  I^a  filosofia,  i  cui  delitti  som  precisamente  misurati  dalle  perdite  subite  dal  feudalismo  e  dalla  superstbUone ,  vantando  i  diritti  dei  meiito»  personale,  non  volle  riconoscere  alcun  valore  nelle  vecchie  pergameqe,  e  disse  ehe  nao  zoppo  «ansava  4'  essere  eoppo  perohe  sao  nóniio  aveva  avuto  le  gambe  diritte,  e  che  quiodi  doveva  essere  |RÙ  Stimato  -m  artista  che  con  indmtria  mmhit»  accresceva il suo peculio,  di  quello  che uni  nobile  .che  co^suoi  vizi  daya fondo  al suo  patrimonio. La  poesia,  più  coraggiosa  della  fttosefia  «  arA  supporre,  ridendo,  che  le  nobili  matrone  non  erano  siale  tutte  Luccesie,  e  che  talvolta  la  moglie  £^  eompaefréde'figli  men  patriasii  M attrito; iati soumi»  la  purità  del sangue  soggiacque  a  molti  dubbi  an-  che neU'opteione  dei  volgo*  il  quale    sempre  ragione  a  chi  riesce  e  farlo  ridere  fP^.  l  pometti  dell'  inimitabile  Parini) la  onta  di  tutto  ciò  vi  sono  tuttora  pAreeehie  petsone  ebe  appresEiaiD  gli  stemmi  geiitittzii  ed  «scludono  dalla  lem  CONVERSAZIONE clii  non  n'  è  fornito  ,  per  la  stessa  ideutica  ragione  per  cui  i  pacftUtici  apprezzano  le  stampelle. L'aumento  de'teatrì  dimiouì  il  concorso  alle  eonversaziODi  particolari;  quindi  restando  istesso  il  bisogno  di  conversare,  fu  forza  essere  meno  ritrosi  fieir  ammettere  nuovi  membri:  dapprima  Tetichetta  voleva  un  diploma,  posdà    eratenlò  un  abito  di  seta.   VL  Le  invenzioni  teoriche  e  pratiche  mis^D  in  contatto  f  dotti  «  gii  artisti;  «iaseanaf  di  queste  elassi  *  seuA  il  bisogno  di  consultare  Faltra;  la  prima  per conoscere  de'£atti,  la  seconda  per averne  la  spiegazione: il  dotto  imparò  a  rispettar  Tartista;  Tar*  tista  s' accorse  che  i  consigli  del  dQtto  gli  potevano  essere  utili. Crescendo  i  punti  di  comunicazione  ed  i  contatti  sociali,  crebbero  i  bisogni  del  lusso  e  si  estesero;  quindi  ì  lavoranti  ottennero  meqo  scarsa  mercede  che  negli  scorsi  secoli;  disparve  così  a  poco  a  poco  «  almeno  in  parte  «il  sucidume  dalla  plebe,  ed  ella  potè  conseguire  un  abitof  ebe  sebbene  inferiore  nella  ùiìQZZà  a  quello  del  ricco,  ne  imitò  l'apparenza.   Vili.  In  questo  stalo  di  cose,  dissipato  il  fumo  géntìlizio,  si  vide  qtioli  persane  concorrevano  al^  fMienda  sociale^  e  quaU  na;  ciascuno  ottenne  un  valor  d'opinione  corrispondente  alla  ricchezza  (ca-  raitto  reale),  o  air  abilità  (caratto  pemnale)  di  cui  era  fornitQuindi  fu  concesso  un  grado  di  stima  alla  bassa  plebe,  fu  tolto  un  grado  .di  stinia  alla  nobiltà^  fu  diviso  il  restante  con  proporzione  graduale.   Lo  aprezzo  rimase  a  quelli  che  volevano  vivere  a  apese  aitnri,  questumuUh    '  i;  ^J9ibami^  a  quatti  dtie,  volevo   vivere  a  spese  altra«  TiAa^do*  '  "tkmf^^   lAi  pubblica  beneficenza  s'interessò  per  quelli  €he  erano  impotenti  al  lavoro  9  cioè  noa  eiano  caratìtisti  per  'maacanga  di  volontà»  ma  (fi  potere.   L'idea  che  tutti  i  carattisti  coDCorrevano  all'amada  iMeiale^  e  ohe  ciaseuso  a?^  bisogno  degli  altri,  fece  allargare  le  porte  delle  conversazioiii  con  miituO'  vantaggio  de'  concorreati ,  come ,  v^^mo  i|iel  seguente  gitolo. Utilità  e  nemtìtài  delle  conversazioni.  LE CONVERSAZIONE, questo  mezzo  di  felicità  sociale,    pronto,    innocente,    facile  a  tatti  gl’uomini,    convenevole  a  tutte  le  condizioni,    necessario  a  ttttte  le  etsu  LA CONVERSAZIONE non potevano sfuggire al  morso  della  censura. Giacché,  essendo  «w-  scettive  di varii aspetti  offeivano  campo  ai  poeti  di  farne  delle  caricatore;  esseialo /cm^i  di  piaceri  dovevano  essere  scopo  alle  declamazioni  de' moralisti pedanti. Gli  uni  e  gl’altri imitarono  le  due  donne  ddia  favola,  Tuna  delle  quali,  un  pp^  vecchia, strappa  al  marito  i  capelli  neri,  V  altra,  un  po'^ome^  gli  strappa  i  bianchi,  tantoché  il  pover'uomo  finisce  per  restar  calvo.  Infatti^  siccome  chi  non  esagera,  non  djesta  che  lie^e  impressione,  perciò  ai  difettnedi  reali,  ddla  CONVERSAZIONE sono aggiunti  de' fittizi!,  e,  secondo  il  solito,  si  bearono  degli  spetri  a  spavento  de’ fanciulli  e PULITEZZA speciale- <  delle  irnmaginazioni  deboli:  con  eguale  LOGICA  si  'screditerebbe  il  sonuo,  perchè  talvolta  i  sogni  ci  conturbano. PARLO DELL’INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI SULLA FELICITA SOCIALE. ^l,-V.^J^  ?o^l  miseri  mortali  a  cui    spesso   Il  tesoro  del  tempo  è  incarco  e  noia,  TROVANO NELLE CONVERSAZIONI UN MEZZO D’INNOCUO E PIACEVOLE TRATTENIMENTO. Qualunque  in  fatti  sia  l'origine  del  bisogno  di  sentire,  egli  esiste.  Questo  bisogno e forte  in  tutti  gl’uomini  dopo  il  lavoro,  lO;  studio,  gli  affari;  yi. È  più  forte  ne ricchi  sciolti  dall' obbligo  del lavoro,  dello  studio,  degli  affari. È  fortissimo  nelle  donne,    perchè  dotate  di  maggiore  sensibilità,    perchè  a  maggiore  monotonìa di  vita  condannate. Questo  bisognò  viene  alimentato  dall'ISTINTO DELLA SOCIABILITA CHE INDUCE GL’UOMINI A RACCOGLIERSI INSIEME PER COMMUNICARSI a  vicenda  le  loro  speranze  o  i  loro  timori,  le  loro  pene  o  i  loro  piaceri. Quindi  vediamo formarsi  unioni  sociali    tra  le  orde  selvaggie de’ deserti come tra le persone più urbane delle  nostre città. Questo BISOGNO,  a  guisa  di  calamita, attrae  spesso  e  lega  insieme  anche  le  persone più  indifferenti,  e  perfino   »I   v^^^*  VI '•••i.'.-Che  amabile  città  si  è  mai  Venezia,  mi  dicòva  una  signora!  E  che  cosa  vi  avete  voi  trovato  di    seducente?  Vi  parlavo  lutto  il  giorno.  Siiiipatizzaat|r,c|oaìe  g&u^    cani.   LE CONVERSAZIONI CONSIDERATE COME MEZZO diaria*  nimsffe'lefoi^jHanguidife,  od^né  sensasibbi  plccaoti  sull’intervallo  che ì  bisogni  BOddisfatti  disgiiioée/'da!  bisogni  da  soddi^fàrsi^  fiume  parte  degfi  altri  trastulli,  e    liiaocenti  sono  in    stesse  come  un  passeggio  in  aoieap  giardino.  jL  1  piisicerf  die  gustiàoio  mila  «oUtodine^  eccettuato il  caso  di  speciale  affezione,  illar^uidiscooo  pcesto  e  perdono  -parte  delle  lóro  attrattale.  AU'op*^  postò  "Àé^ii  GonAunicbiamo  agl’altri,  sembra  ebò  si  riofolrzjao  e  si  estendano;  s^  polli  gustiaipo  in  loi   oòqspàgnia ,  dnréno  di più  .  ci;  «ièà^M  frià  cari /e  per  tutto  T  animo  si  diffondono,   >*  Ctf ombra  è  piacerj^se  noi  condisce  affetto. In  un  crocichio  di persone  che  si  stimano  e  si  amano,  cresce  il  sentimento  delia  fór;ca  phe^inijoezaa  Bile  vicende'  sociali  ci  abbisogna. Ciascuno,  oà^  noscendo  le  disposizioni  coniuaì,  appliea; nella  sua  jAiente  le  foi^e  altrui  ai  b^ogni  [tfopri. LA CONVERSAZIONE io  accerta  che  in  caso  di  calunnia  tror  .'.Vei^U  apologisti;  di  rovescio,  de' protettori }  -iil^^Qì^v  die^oonsigUen;  dWaoQK^t  delle,  perr  Possiamo  dunque  t^ccUre^  di  mansogna, !!  nolissinHi^  misaritropo  Timone:  pcanzàva  costui  lin  giorno  con  Apenuuito,  «Itr^  ihisaotrapo,  eelébnttido  ii»ienie  la  festa  delle  libazioni    fttfiebri.  Dopo  lungo  silenzio  Apemarilo  disce:  Fa  d'  uopo  convenire,  o  Timone,  che  il  nostro  pramo  è  molto  allegro:  e  questi  rispose. Lo  sarebbe  di  più  senza  la  tua  presenza.   sone  pronte  a  scemarlo  partecipandovi.  Questa  PERSUASIONE abituale reagisce contro i vaghi timori che o  nascono neir immaginazione naturahnente, 6 dalle  mosse de'nemici vengònb prodotti;.Brorbabilmente  egli  è  questo  il  motivo per cui,  he^popoli che concedorto  n^iplto  tempo  alla CONVERSAZIONE,  non  suole  essere-"^ sovèrchia  T  inquietudine  sul  futuro j  se  ne  potrebbero  trovare  esempi  a  Venezia  ed  a'  Parigi,  ^i-  't'^^-  ^'^^   S  if  J'W FLUENZA DELLE CONVERSAZIONI u  ii.  V,.  ,  \^  sull'istruzione.  v;   ì.  Alcuor  !eggoB(>  (>er  spacciare  le  loro  idee  nelle CONVERSAZIONI i^altri  per  non  mostrarsi  digiuni  delle  notizia  più  triviali.  .  i   /  La  lettura  cominciata  per  vànìtà,  continuata  per  abitudirte,  talvòlta  in  passione  si  cambia,  e  i  frivoli gusti  tìghoreggia  o  discaccia. Chi  léggCi  o  per  istruirsi  o  innocentemente  intrattenersi, toglie  sempre  degli  istanti  alla  covi^  ruzione,  e  talvolta  le  toglie  de'  capitali per  la  compra  de’libri di cui  abbisogna. I  gabinetti  di  lettura  sono  una  conseguenza  dello  spirito  socievole  dello  scorso  secolo;  si  procura  a  tutti  un  mezzo  d’istruzione  con  pochi  soldi. Non  tutti  possono  leggere  tutti  i  libri;  ciascuno  è  costretto  a  ristringersi  nella  sua  sfera;  ma  NELLA CONVERSAZIONE i  libri  letti  da  uno,  divengono  mezzi d'istruzione  per  gli  altri. In  caso  di  bisogno  egli  vi    in  UQ  quarto  d'ora  il  frutto  di  dieci  ore  di'  lettura. Se  nelle  dispute  che  sogliona  nascere  NELLE CONVERSAZIONI,  i due contendenti restano per la  più dèi loro parere, l'influenza delle dispute sulle opinioni non lascia d'essere reale, giacché. Gli spettatori  disinteressati formano il loro giudizio sulle ragioni allegate prò e contra dai disputanti. La voce, il  gesto,  il  tuono  di essi rendono, per così dire, più acuti i tratti del loro spirito e più profondamente neir altrui  memoria gli  imprimono. Quegli tra i contendenti che ha torto, e che nella disputa chiuse gl’occhi alla verità, non conserva questa ostinazione,  allorché  riflette  poscia  di  sangue fredddo,  e  sovente  s'accosta  al  sentimento,  che  aveva  combattuto.  In  una CONVERSAZIONE GENERALE,  quegli  che  parla,  si  vede  cinto  d'una  specie  d'uditorio  che  lo nima  e  lo  sostiene. Questa  circostanza  da  allo  spirito  maggiore  attività,  alla  memoria  maggior fermezza,  al  giudizio  maggior  penetrazione,  alla  fantasia  de’ LIMITI CHE NON GLI PERMETTONO DI DIVAGARE.  IL BISSOGNO DI PARLAR CON CHIAREZZA lo  sforza  a  dar  qualche  attenzione  allo  stile  e  ad  ESPORRE CON QUALCHE ORDINE le  sue  idee. Il desiderio  d'essere ascoltato favorevolmente gli suggerisce tutti I MEZZI D’ELOQUENZA DI CUI LA CONVERSAZIONE famigliare é capace.Quindi LA CONVERSAZIONE è  la  prima. Intendo  qui  di  parlare  delle  persone  di  spirito  e  di  buonafede;  giacché  gli  spiriti  falsi  e  vani,  o  gli  uomini  di  parUto,  pe’ quali  LA CONVERSAZIONE E UN’ARENA OVE COMBATTANO DA GLADIADORI, non  aspirando  di  giungere  alla  verità,  ma  di  conseguire  un'  apparente  VITTORIA,  quesU  non  riescono  nelle  loro  dispute  che  a  raddoppiare  il  velo  che  ingombra  il  loro  intelletto,  e  a  vie  più  nelle  loro  opinioni  smarrirsi. e  la  migliore  scuola  per  gli  uomini  che   {tarlar  ia  pubblico  si  dispongono. Sj:  f   Air  opposto  un  uomo  che  vìve  solitario  nel  suo  gabjìiettOr  noD  stimolato  a  farpas^re.le  sue  idee  tìjrii'Mtrui'anittio,  noin^eriteiidosr'itvymffiairii  a fronte  non  avendo  obbie;{.ioni  da  combattere,  non  impàérà.  fót^  gìàmàm  qiiest'acle  delicata  ebe  convincere  gli  spiriti  senza  offender l’amor  proprio. •€0Dà  bel  garbo  costringe  l'altrui  inerzia  airesame  «j^ttì  prègiuritzie^  pungèndota  con  x^iche  tmjU*  piccante Altronde  sempre  solo  con    stesso,  e  ^imsM  aggeUi^^L^4xm/twitoi  disposto  a  niguardmi  x^iascuna  4rfea-  che  gli  si  pcesèdtay.came^una  scoperta. Non  mai  esposto  a  queste  piccole  lotte  di  società  che  danno  si  prontamente  a  tiascufiei. la  misura  delle  sue  forze,  egli  inclinerà  a  formarsi  mt  ppinione  esagerata  de'  supL  talenti  e  ad  e-  Bpone  le  ^nierìdee  con  atìsi  fmpfariosa  edoffenshra.  Si  può  dire  delle  CONVERSAZIONI ciò  che  ALFIERI  dice  dei.  vhiggi;.vY|    impara^  più  assai  che  in  su  le  cartCi   tH\   stimare  o  spregiar  l'uomo^  ^^^j  »;Ma  a.cònoscer    stesso  e  gli  altri  jn  parte  v.   ^^i^ìLo  studio  ia£atti  de'libri  rie^oe  ua  mol  languido  é.  ddN)le^  che  esercitai  non  agita!^  non  riseaMa  la  mente  come  LA CONVERSAZIONE.  S'io  discorpo  con  CdbustO/  ragionatore,  dicis  Montaigne^,  egli  mi  ein|[e e  iB.Incalza  da  tulteie  parti;  lé^sa$  fdee  ri^egllaiio  le  umi  la^^osàia,  la  gloria,  .la  QQnte^ziQpe  mi  spingena,  mi  riali^aho  sopra  di  me,  e  non  diradortni  presentano  nuove  combinazioni  ideali. INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI. .  sfil  costume U  de6Àderio  4i  piacere  a^i  atoi  vaddoldsee  ia  pale  mseefen  dèir  mm^i  ìnra  questo  Aderto  si  svolge,  ci  aDiina NELLE CONVERSAZIONI  e  l' abitudiM  d!eq^ijmerl€t  forma  J'abìMdiBe  di  aeotirlo. DACCHE LE CONVERSAZIONI DIVENNERO COMUNI, nac-  q[iie fiorì  «/quell'eleganza  di  tratto. e  quella  non  9  80  quale  gra^ìa^-d* urbanità^  quel  Aresentorsi  plà  9.  disinvolto,  quel  più  leggiadro  atteggiarsi,  e  quei  n  versatili  modi  e  politi  cbe.  imlla  sentano  V  ioatr  titudiiie  6  TimbaMaso;  quindi  quel  wiàsm  wtm  u  più  dilicato,  e  que'  mutui  riguardi  e  qua'  molti*  pliei  uffieii  di  olviltàt  johe  quaai  ad  egiH  .ubante  »Ja  vanità  e  L’AMOR PROPRIO  dona  e  riceve.  Le passioni  .medesinia  c)ie  erano  prima  iutratta*  ».iMtt'.,  Mnreggendo  in  pfttte  la  toc  nafitf  wtm^  i>  biaoza  ,  sonosi  anch'  esse,  dirò  così,  incivilite.  L'oigo^iosa  superbia  si  è  maaobei^ata  sotto  la  spoglia  d'  doa  finta  modestia  ;  T  invìdia  siesta  sa  pronunciar  delle  lodi,  e  IL PUNTIGLIOSO E CALDO RISENTIMENTO   V  obe  quasi  ad  ogni  parola  aveva  li  fuoco  negl’occhi  e  la  mano  sull'elsa,  ha  ».tesBiperato.  queir  indole  sua  ferqee  »;  si  è  im«  parato  a  dissimulare  un'offesa,  a  Dasedndelw  tipatìa,  a  rispondere  pacatamente;  e  benché  questa    re   P   if   M  lusinghiera,  gradita  e  di  realissimi  vantaggi  sociali  /ecandq,  ^jper-^^la.^[y&lio  ostacolo  a  mali gravU-. Finalmente  sogliono  non  pochi  giudicare  del  me-  nto 4'  uoa  pecfiona  dalla  sua  maniera  di  caavMr*  sare^'  nè,  si  eiitano  di  porre  al  vaglio  sue  buone  0  cattive  qualità^,  ma  ue^  formailo  giudizio  dalle  i-  dfie  cb'ella  .presenta:  Bé^ordeobi  sociali  ;  qoiadi  £0^  forza  entrare  nelle  società,  giacché  le  abitudini  del  -  ^eatil  couversare  aoit  possooo  in  soUngo  gabinetto  aljgnistarsi. INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI SULLA MORALE.  h  AUotcfaè  gli  uomini  s'uniscono  in  CONVERSEVOLE  ecMohior^  49orge  tea  di' essi  un'  opinione  la  quale  condanna  gl’atti  che  riescono  nocivi  a  tutti  od  a  qualcuno  deglj  uniti:  ciascuno  ò  costretto  a  nascosi dere  1  eentiméQti  criminosi  che  per  avventura  cova  neiranimp.  £  aiccMie.  anche  ci»  maàqa  éi  virtù,  vuole  mostrarne almeno  l'apparenza,  quindi,  se  qualcuno  d^li  uniU dà mentore  di  vì^i, la van^à  degli  altri .  si  uniseè  to6t»  pericaeeierlo  dal  loro  imo,  ae^  non  corra  voce  «che  lo  tollerano  o  f  approvano. Dnn^e  quanto  {mù.  erescé  lar  bc^ma  di  PARTECIPARE AI PIACERI DELLE CONVERSAZIONI, tanto  più  cre-  sQono  i.  motivi  per  isciogli^sii  dai  vizii  che  esse  ooodamiaiiD.  .   «  1  ref  mordendo  a  lungo  GIOCO,  è  d'uopo  »  Che  r  oprare  al  gridar  conforme  eqch^ggi  )\   II;  Screditando  gli  altrui  vizii  ciascuno  si  lusinga  ^  iter  provn  di  .contiaria  virtù;  quindi  NELLE CONVERSAZIONI cìascuoo  cbiSuna  a  indicato  la  riprover  vole  condotta  degli  estranei  od  assenti:  ciascuno  ride  delle  umiliazioni  cui  è  condannato  un  lecca-  zampe; ciascun  parla  con  orrore  d'un  tradimento;  ciascuno  sviluppa  le  circostanze  che  aggravano  un  delitto  ecc.  Escono  DALLE CONVERSAZIONI dalle  de'  gridi  che  chiamano  gli  sguardi  del  pubbblico  sul  magistrato corrotto,  sul  giudice  venale,  sull' amministratore infedele  ecc. Allorché  la  condotta  di  qualche  persona  potente  non  è  ben  nota,  ciascuno  degl’astanti  comunica  agli  altri  le  sue  viste;  si  mettono  al  vaglio  i  fatti  e  le  congetture,  si  confrontano  le  realtà  e  le  apparenze; si  richiamano  le  notizie  anteriori  e  concomitanti ,  e  dualmente  si  giunge  a  smascherar  l'impostura.  L'opinione  pubblica  va  ad  attingere  ALLE CONVERSAZINI  i  documénti  che  giustificano  i  suoi  decreti  d’onore  o  d'infamia.  LE CONVERSAZIONI sono  come  le  sentinelle  notturne che  ad  ogni  ora  si  comunicano  il  grido  di  sorveglianza,  onde  reprimere  ne' pubblici  perturbatori il  desiderio  di  far  del  male.  LE CONVERSAZIONI offrono  il  destro  di  pronte  benefiche soscrizioni  a  vantaggio  dei  poveri.  L'interesse che  la  padrona  di  casa  sa  destare  nell’animo  de'suoi  amici  a  favore  d'una  famiglia  o  d'una  classe  sventurata  ,  il  desiderio  comune  di  dare  prova  di  generosità ,  l'altrui  esempio  che  fa  forza  anche  ai  più  renitenti,  tutto  concórre  a  far  riuscire  immediatamente un  progetto  generoso,  che  senza  LE CONVERSAZIONI le  resterebbe  sventato  o  verrebbe  troppo  t^rdi. Quindi  con  piccolo  incomodo  degl’astanti si  raccoglie  ia  più  orocebi  una-samiQil  ragguai:de*  -  voìfi  e  safficieate  ^1  Jbisoguo, INFLUENZI DELLE CONVERSAZIONI  sulte  càrtL   Le  conversioni avviemando giornalmente uomini,  e  ciascuno  bramando  di  comparire  ricco  e4  legaste,  €i:e5C0ifo  i  compratori  dette  merci  4^.e  adornaao  le  persone  e  le  case. Quindi  si  eslesero  toi^amei^te  l^.arti  così  dette,  di  lusso.  Il  popolo  firàneese ,  "^tmiò  H  quale,  E MASSIMO IL BISOGNO DI CONVERSA  è  divenuto IL DOMINATORE DELLA MODA. JBari'addietrqi  etmano  scarsissime  LE CONVERSAZIONI,  e  moltissimi  gl’obbriachi;  ti  capitale  che  ora  si  spende  in  abiti  ,. allora  sj  spendeva  in  bagordi.  Quelii  cbe  ftnaot rimprovero  ALLA FILOSOFIA  d'avere  esteso  lo  spirito  di  socievolezza ,  son  costretti  a  dire  cAte-  un  uomo  ubbriaco    preferibile  ad  ,un  nomo  legante. Per  disgrazia  dell'  umanità  questi  Ostrogoti  sitrovano  talvolta  alla  testa  degli  St^i ,  e  con  ottime    A  Verona,  trovandomi  unà  sétat  alla  convetsadon'e    d^iHia  signora  che  non  soleva  andare  al  teatro ,  ma  univa  nella  sua^eas£i  vaeii  amici,  ella  ci  dice:  Signori  :  dimani  a  sera  no^  qi  vedremo,  perchè  uadcò  A  teatro,  t  t:ome  al  teatro  t  ^  Si,  gbusehè  la  serata  va avaatagato  ^ povecL^-  Dunque  ci  vedremo,  risposero  tulli..  fiaÉattì'  la  ««ra.  susseguente non  solo  ciascuno  degl’astanjti  andò' ài -tealro ,  ma,  conduce  seco  quattro  o  cinque  amici cosicché  il  palco  déUa  signora  fu  un  andirivieni  continuo,  ed  una  specie  di  goecrà  a  ÌMdamà  V  ini4$mt0  >  la  ^àte  si  fonava  neUa  sua  sconfitta.    Beco  la  ^àvOlz^adone  :  beaefioenònt  ìuoit^  alpia^.  cerei  onore  al  bel  sesso  cbe  la  proinoveiL   intenzioni  li  rovinano.  Pio  IV,  declamando  contro  l'uso  delle  carrozze,  indusse  i  cardinali  a  cavalcare le  mule;  si  moltiplicarono  le  mule  in  ragione  de'capitali  che  non  erano  più  impiegati  nelle  carrozze  cioè  le  ìnule  presero  il  posto  degl’artisti.  Non  vi  par  bella  e  sensata  questa  trasformazione?  Andate  avanti,  beatissimo  Padre,  e,  giusta  le  massime predicate  da  altri  moralisti,  induceteci  a  privarci  del  cappello ,  della  giubba,  delle  calze,  delle  scarpe;  e  così  dopo  d'  aver  fatto  sparire  gli  artisti,  se  pur  questi  vorranno  sparire  senza  cagionarvi qualche  timore,  venderete  le  vostre  derrate agl’uccelli.  Torniamo  al  fatto:  IN FORZA DELLE CONVERSAZIONI si  sono  cambiate  le  abitudini  economiche,  e  l’eleganza  è  sottentrata  all'ubbriachezza. Quella  massa  di  liquori  che  per  Taddietro  consumavasi  da  un  solo  con  danno  della  salute  e  della  ragione,  ora  sopra  dieci  innocuamente  si  distribuisce,  cioè  sopra  gli  artisti  che  fabbricano  cose  comode  ed  eleganti. Dunque  nell'aumento  DELLE CONVERSAZIONI  hanno  guadagnato  l’arti  e  la  morale. II  lettore  che  non  fosse  abbastanza  persuaso  de'  vantaggi  che  ho  attribuito ALLE CONVERSAZIONI  ed  in  generale  allo  spirito  di  socievolezza,  è  pregato  a sospendere il suo giudizio sino all'articolo secondo,  ove  esaminerò  gli  usi  e  i  costumi  de'tempi  barbari  e  semi-barbari  ,  ne'quali  di , socievolezza  non  v'  era  quasi  traccia.    , Accennate  nel  Tranató  del  Inerito  e  ^elìt  KieomfitnUe. «  Gli  oMPOstt  Oggetti   V  Rende  più  chiaro  il  paragoo.  Distìngua  ,  »  Meglio  ciascun  di  noi  ;     .       ic.i»    :  .  .n  NeimalehegIiattnopprm««4lb9A€   -  . Scelta  deHe  tantféfsaatcni:    r  .f'/.v;r   li  Cki  .vcdesgft  sfogare  il  coosoitia  di  tutti  f   reprobi,  correrebbe  pericolo  di  viver  solo.   Pupi  restare  ia  casa  nfm  ioKdarti  kfijoarp^t  ma  restando  in  casa  ti  privi  d'una  passeggiata  utile  e  4^Uzio9a«   Dpnque  non  potendosi  p^r  noi  crear  uoniiiil   perfetti,  sarà  sempre  miglior  consiglio  accrescere  la  forza  della  j[M*opria  virtìi5  di  quello  che  i'irrita-  ^  biKtà  agli  altrui  vizi;  ^  ^  .   Dire  che  aoa  dobbiamo  essere  cestii  a  lordarci  ^  le  weqMi  pi^  jurooucarci  una  buona  passeggiiitaii  nm  è  dire  che  dobbiamo  innoitrarci  nel  fango  sìao  agli  occhi  e  con  pericolo  di  spezzarci  una  gamba  :  per  anpdogìa  dite  lo  stesso  delle  conversazioni.   Adombrati  gh'  estremi,  dirò  al  giovine  che  nella  soelta  delle  conversazioni ,  più  ctie  gli  adulti  ed^  i  veoohi  egli  debb' essere  riservato  ;  giacché ,  man-  candogli la  loro  esperienza»  può  facilmente  .restare  tra  queMaeei  che  essi  spezzerebb^o..   Inoltre  il  credito  degli  adulti  e  de'  vecchi  è  già-  formato  ;  le  loro  buone  qualità,  sona  note ,  un'abì-  .  tudine  provaUi  da  più  risponde  ad  ogni  dub*  bia  apparenza.  All'opposto  il  giovine  dee  tuttora  £ar  nascere  questa  b|io)ML, opinione  neir^ltrui  animo  "^à4   -  è  di  hidd^oi^eail  giadhao  ebe  gU/a^    noi,  quando  dalie  persone  che  fréquentiamo  ci  giudicano  ;  e  fa  d' uopo  osservare  che  la  yafiitÀ  vieta  lo«o  di  cambiare  j&KitiAièDte  h  ptàtàà  opi-  nione che  di  noi  concepirono,  vera  o  falsa  che  ella  sia,  Dun(]ue,  beii|^è  ^^iva  Aacora  molto  istrutto ,  otterrà  il  giovine  più  gradi  di  stima  se  correrà  voce  eh'  egli  conversa  . spes$p.^^£on  parsone  di  me-  rito e  gode  fa  loro  confidenza.  LA CONVERSAZIONE colle  ballerine,  colle  persóne  di  dubbia  fede,  o  p^leseqiente  scelleraté,  macchia  la  riputazione  di  clrinncpie:  i  càm  'lodtì  insudiciano  queUi  tui  ft^no  maggiori  carezze. Tutti  consigliano  ai  giovani  di  non  trovarsi  NELLE CONVERSAZIONI bve  s!  tengono  giuócW  d'at^  zardo;  giacdiè,  quaiunqué:  sia  la  lóro  risoluzione,  ossi  finiscokio  peir  teàdere  e  rovinarsi;  Essi  cedono,  alte  suggestioni  ed  all' esempio  altrui,  al  timore  d'essere  dichiarati'  spilorci,  paurosi,  vili  o  schiavi  d^e^voiéiri  patemi  ;  essi  cedono  «1  defsiderlo  di  ìdlve*  .  nire  prontamente  ricchi,  desiderio  che  prontaménte  SI  a<^de  e  divamìm.  aUa  Tista  deU'oro.^"    T  '  tia  passione  del  giuoco  ,  principalmente    è  {giuoco  d^azzardo,  produce  i  seguenti  danni. Perdita deità feliùità  ifolividuale.  Le^^- òende  del  giuoco  *  quand' anche  siano  favorevoli,  -  CHceitano  scosse  si  rapide  e    gagliarde  che  confi-  ììano  ^co)  dolore;  Ora  queste  scossè  ^gliono  por  :  "lo  più  essere  sinistre  ,  giacché  la  massima  parte    D'altra  parte  la  brama  dell'oro  che,  in  vece  di  restare  sazia,  cresce  colie  vincite ,  ed  è- tormentata  dalie  >peràite,  'la  brama  aìzsata'dell'oro  è  i|tra  caiH    crena  ciie  rode  l'animo  del  giuoeatore,  è  una  sot-  tile fiamma  che  lo  consuma.  Ommetto  di  parlare  de' suicidi  prodotti  dalle  perdite  nel  giuoco.  Perdita  della  salute.  È  questa  una  conseguenza  dell'accennato  stato  dell'animo.  Infatti  sotto   razione  ripetuta  del  giuoco  si  sviluppa  un  carattere  irascibile  ed  una  viziosa  energìa  di  sensibilità  che  alla  macchina  corporea  riesce  sommamente  nociva  ;  perciò  la  massima  parte  de'giuocatori  sono  decre-  piti a  40  anni.  Perdita  delle  sostanze.  Per  un  giuoeatore  arricchito  dal  giuoco  ne  conterete  cento  rovinati.   4.  Perdila  delta  fama.  Cicerone,  per  iscreditare  i  giudici  di  Clodio ,  li  paragona  a  quelli  che  fre-  quentano le  case  di  giuoco.    Benché  tutti  i  giocatori non  siano  persone  infami ,  ciò  non  ostante  la  massima  parte  non  lasciano  d'essere  riprensibili  perchè  si  espongono  al  pericolo  di  divenir  tali. Nissuno    la  sua  figlia  per  isposa  ad  un  gioca^  tore  ;  nissuno  lo  accetta  per  compagno  in  uh'  in-  trapresa; nissuno  lo  vanta  per  amico  ;  nissuno  lo  vorrebbe  per  padrone  ;  ogni  padre  vieta  a'suoi  figli  la  di  lui  compagnia  come  la  peste.  Perdita  della  sensibilità  ai  piaceri  intellet-  tuali e  morali.  Siccome  le  persone  abituate  all'uso  del  più  acuto  rapè  divengono  insensibili  ai  soavi  effluvii  del  garofano  e  della  rosa,  così  le  persone  abituate  alle  scosse  gagliarde  del  giuoco  rimangono  insensibili  ai  piaceri  della  commedia ,  della  trage-;  dia,  della  pittura  e  delle  altre  arti  belle;  quindi  1*  momenti  che  i  giocatori  non  impiegano  nel  giuoco,  sono  occupati  dalla  noia.  Il  giuoco  accresce  il   bisogno  di  sentire,  e  diminuisce  il  potere  di  sod-  disfarlo. Il  giuocatore  s'espone  al  pericolo  di  perdere,  e  perde  talvolta  quell'unico  denaro  che  è  necessario  alla  sussistenza  de'  figli  e  della  moglie  ;  la  sorte  infelice  di  questi  fa  dunque  minor  impressione  sopra di  lui  che  il  bisogno  di  giuocare:  in  quale  punto  sarà  sensibile  il  di  lui  animo  alle  loro  carezze  ?   Un  giovine  dedito  al  giuoco  sfugge  la  compagnia  de'  suoi  genitori ,  sdegna  i  loro  innocenti  piaceri ,  sprezza  i  loro  consigli ,  amareggia  i  pochi  istanti  della  loro  vita,  diviene  ladro  domestico,  e  talora  i  disonora  con  azioni  che  gli  fruttano  la  prigionia  0  il  capestro.   6.  Perdita  del  senso  comune.  Ogni  giocatore  sragiona  cosi  come  sragiona  il  volgo ,  allorché  dai  sogni  deduce  ì  futuri  numeri  del  lotto.   L' abitudine  di  prendere  per  norma  a'  suoi  giu-  dizi i  rapporti  fantastici  delle  cose  distrugge  l'abi-  tudine di  consultarne  i  rapporti  reali ,  costanti  e  ragionevoli.  Un  giocatore  non  avrà  vergogna  d'at-  tribuire la  sua  perdita  alla  sua  scatola;  un  altro  alla  presenza  d'un  nemico  ecc.  ;  alcuni  non  giocano che  denaro  tolto  a  prestito ,  quasi  preserva-  tivo contro  la  sorte  ;  altri  destinano  parte  delle  yincite  ad  opere  pie,  quasi  pegno  di  vincita,  ecc.  !!   L' idea  del  guadagno  allorché  soggiorna  lungo  tempo  in  una  testa  debole,  ardente,  soggiogata  da  ;  vane,  combinazioni,  converte  il  dubbio  in  certezza,  e  fa  riguardare  come  infallibile  ciò  che  fervida-  mente desidera.  L'illusione  è    forte,  che  non  è  distrutta  dall'esperienza  delle  perdite,  e  in  onta  di  esse  rinasce  e  si  rinforza. Gli  animi  fórtenfienté  agitati,  dice  Tacito,  incli-  nano alla  superstizione,  cioè  la  causa  delle  loro  sventure  riconoscono  in  cose  o  parole  incapaci  di  produrle  ;  quindi  le  invocano  o  le  maledicono,  ne  sperano  o  ne  temono.  La  fortuna^  nome  vuoto  di  senso,  agisce  sull'animo  de'giocatori  cóme  se  fosse  un  ente  reale  :  a  lei  attribuiscono  le  vincite  e  le  perdite.  La  fortuna  è  un  concorso  di  cause  ignote  ove  la  temerità  fa  tutto  y  e  la  prudenza  nulla. I selvaggi dell'America ,  dice  il  padre  Lafiteau,  si  preparano  al  giuoco  con  austeri  digiuni ,  quasi  volendo  interessare  la  Divinità  al  successo  de'loro  stolti  e  ingiusti  desideri. Dopò  ^li  antecedenti  riflessi  è  quasi  inutile  l'osservare che  nel  giuoco  ogni  sentimento  di  decenza  si  perde  e  di  gentil  costume  ;  si  diviene  rozzo ,  villano  ,  grossiere,  caustico,  mordace:  non  si  ha  riguardo    alle  qualità  altrui    ai  diritti  ;  si  of-  fende l'altrui  amor  proprio,  si  tradiscono  ì  sentì-'  menti  del  proprio  animo,  ecc.  Dopo  la  fama  di  decenti  ed  oneste  il  giovine  '  preferirà  quelle  conversazioni  ove  è  maggiore  la  libertà.  Siccome  il  piacere  è  d'indole    schizzinosa  che  non  sempre  apparisce  ai  cenni  del  desiderio';  e  fugge  rapidamente  allorché  vede  un  laccio,  fosse  anche  tessuto  di  rose ,  riè  di  tempo  serba  regola    di  luogo ,  riè  a  tutti  i  discorsi  sorride  ;  quindi  dirò  al  giovine:  allontanati  da  que'crocchi  ove  devi  rendere  ragione  perchè  non  venisti  a  tal  ora,  per-  chè ti  parti  pria  del  consueto,  e  t'è  forza  al  posto  assiderti  che  non  t'aggrada ,  e  con  tale  foggia  d'abito comparire  che  non  ti  conviene,  e  sulle  altrui  maniere  irremissibilmente  atteggiarti  e  deporre  sulla     bigitized    328  -  Libro  TEBzo  4   soglia  il  tuo  carattere  originale  per  rivestirtene  al-  lorché n'esci.  Fuggi  pure,  perchè  il  rituale  esat-"  tissimo  delle  cerimonie,  i  complimenti,  gli  inchini,  i  baciamani  si  .frappongono  ai  cuori  che  corrono  a  contatto  ,  e  i  sentimenti  ora  rispinti  dall'  altrui    orgoglio ,  qui  umiliati  dai  titoli ,    repressi  dal-  l'aria di  comando,  e  tra  imperiosi  e  inetti  doveri  allacciati,  non  possono  scorrere  rapidamente  qual  elettrica  scintilla  e  propagarsi  per  tutta  1'  assem-  blea; quindi  l'allegrezza  sfuma  ed  ilpiacere,  e  al  loro  posto  va  assidersi  mortai  tiranna  la  noia.  Taccio  il  civile  barbaro-bugiardo  -  .  ^;     V  Frasario  urbano  d'inurbani  petti,^  t  w  Figlio  di  ratte  labbra  e  sentir  tardo.  »   iVs.   k  IV.  Il  giovine  non  fuggirà  la  conversazione  delle  donne  oneste,  giacché  solamente  in  loro  compagnia  imparerà  a  rattemprare  l'effervescenza  dell'età,  a  ingentilire  colla  grazia  le  maniere,  a  piegare  i  movimenti a leggiadria, la placidezza  del  discorso  senza  viltà,  la  modestia  senza  timidezza  ,  il  co-  raggio senza  impeto,  il  brio  che  sa  rispettar  la  de,  cénza,  l'allegrezza  che  non  diviene  smodata,  quelle  fine  attenzioni  che  prevengono  i  desiderii  senza  mostrar  d'occuparsene,  e  quel  conversare  libero  e  cordiale  che  non  degenera  in  confidenza  temeraria  e  plebea.  v  Swift  attribuisce LA DEDADENZA DELLA CONVERSAZIONE in Inghilterra  all'esclusione delle  donne;  da  ciò  nacque  una  famigliarità  grossolana  che  porta  il  titolo d'allegrezza  e  libertà  innocente,  abitudine dannosa,  egli  dice,  ne'  nostri  climi  del  Nord^  i)  ove  la  poca  pulitezza  e  decenza  che  abbiamo      r    DM.è  introdotta,  per  così  dire,    contrabbando  e  ^  contro  la  naturale  inclinazione  che  ci  spinge  »  continuamente  verso  la  barbarie,  ^e  non  si  man-  fi-T  tiene  che  per  artifizio. SOGGETTO DELLE CONVERSAZIONI. Qualunque  argomento  frivolo  o  grave  basso  o  sublime,  lepido  o  serio,  p^rcAè  piaccia  agli  astanti,    noìi  offenda  la  morale^  PUO ESSERE ARGOMENTO DI CONVERSAZIONE:  qui  più  che  altrove  debb'essere   .    é   ragione  e  legge  «  Ciò  che  il  consenso  universale  elegge.  »   ytl  poeti  satirici  hanno  voluto  ristringerci  in  più  angusti  confini;  quindi   1.  Pongono  in  ridicolo  le  dimande  relative  alla  salute quasi  che  la  salute  non  fosse  l'oggetto  più  interessante  per  gl’uomini,  e  una  buona  digestione  non  valesse  cento  anni  d'immortalità;  r  2.  Non  vogliono  che  parliamo  del  tempo,  quasi  che  le  vicende  delle  stagioni  sullo  stato  tìsico  e  morale  della  specie  umana,  sui  prodotti  delle  campagne, sul  corso  del  commercio,  e  non  di  rado  sui  pensieri  degl’uomini  grandi  e  piccoli  aon  influissero ;  c  giornalmente  non  fossero  occupati  i  fisici  ad  osservarne  Tandamento  progressivo,  retrogrado,  irregolare.  Qualche  poeta  ci  deride  QUANDO NELLE CONVERSAZIONI PARLIAMO d'arti  e  di  commercio,  di  pace  e  di  guerra,  di  governa  e  di  politica,  é  vuole  poi     x   che  ci  occupiamo  dé'satelliti  di  Giove  é  dell'anello;  di  Saturno.  Certamente  che  anche  Giove  e  Saturno  possono  ESSERE OGGETTO DELLE NOSTRE CONVERSAZIONI,  ed  è  cosa  desiderabile  che  Io  sieno,    perchè  pascono l'animo  di  idee  sublimi,    perchè  servono  di  guida  al  nocchiero  che  va.  errando  sulP  immensa  superficie  de'  mari  ,  ecc.  Ma  avreste  voi  vietato  ai  Romani  di  parlare  quando  Cesare  ottenne  dal  Senato il  diritto  sopra  tutte  le  mogli?  Quando  Vespasiano ,  che  si  mostrava    tenero  pel  bene  del  popolo,  pose  un'imposta  sulle  orine?  Vi  sono  delle  cose  che  ci  toccano    dappresso,  che  è  assai  difficile  di  non  tenerne  discorso,  come  è  difficile  di  non  gridare  ahi  !  quando  il  fuoco  ci  scotta.  Se  poi,  per  opposta  ragione,  si  riflette  che  LO SCOPO PRINCIPALE DI QUELLI CHE S’UNISCONO IN CONVERSEVOLE CROCCHIO si  è  d'intrattenersi  e  ridere,  si  scorgerà  che  è  quasi  impossibile  d'allontanarne  gl’argo menti ridicoli,  da  qualunque  sorgente  provengano.  I  Romani  non  potevano  contenere  le  risa  allorché  parlavano  dell'imperatore  Costanzo,  perchè  costui,  quand'  era  in  pubblico  non  osava  movere  il  capo,    fare  un  gesto,    tossire,    sputare,  lusingandosi in  tale  guisa  di  rendere  più  imponente  la  dignità  imperiale.  Il  retore  Temistlo,  il  quale  era  stato  fatto  senatore  da  Costanzo,  trasformò  l'imperatore,  che  non sapeva  sputare,  nel  più  gran  filosofo  dell'universo;  avreste  voi  voluto  che  i  Romani non  ridessero    dell'impeiratore    del  retore? Si  può  parlare,  senza  cognizione,  della  pace  e  della  guerra  come  delle  zucche  e  dei  ravanelli;  dunque  IL LIMITE DI FISSARI AI DISCORSI NELLE CONVERSAZIONI,  rispettata  la  mòralé,  come  si  disse  di  sopra   non  dalia  qualità  dell' argomeiita  8i-d«U)e  ildsomere  ,  ma  dalh'giioliàiiza.di    parla  o  dalla  noia  di  chi  ascolta. Dopo  4 avere  eseldso  dalle  cQiiVèi^sjùtidid^l  discorsi  più  interessanti,  si  è  fatto  loro  rimprovero  perchè  spasso  non  s'occupano  che  di  coseJrivoJes  eoitià  jfoalè  èènsbra  si    a  divedere  d^aver  diinìenticato  che  IL PRINCIPALE OGGETTO DELL CONVERSAZIONI si' è  il  piacere:  Se  il  caippo  in  cui  il  piacerò  ap^  l^^cev  è  di  già  anche  troppo  ristretto,  per  quale  motivo  vorrete  voi  ristringerlo    più?.  Vi  furono*  de' grand' iiòinini  che  ridévanó  di  cuore  alle  tlSt^  tezze  di  Pulcinella,  vorrete  voi  condannarli?  Più    spirito  è  3tato  avvolto  in  cose  serie,  più  assav\*  porà  il  contrasto  delle'frfvolezze'  Ne'momenti^'ózia  non  vergognava  Esopo  di  giuocare  alle  noci ,  Ca*  tbfifó  alla  pafla  nel  eàmpo  Mairzio  ;  Pascal  facevi  delle  scarpe,  Malebranche  cucina  delle  vivande^  di  SCIPIONE e  di  LELIO dice  CICERONE,  che,  ritiràti  alla  esfiìpagna,  non  isdegnavano  di  bamboleggiare,  incredibiliter  repuescere.  Queste  frivolezze  .offrono  uni  trastullo  necessai^io,  senza  che  lascino  neil' a»  ttimo  alcuna  traccia  da  che  sono  svanite. «  Rispettiam  dunque  la  follia  gradita    -  l^.QWBe  balsamo  dolce  d«Ua  vita.  »   Cbesterfield  dice  che  le  frivolezze  DELLE CONVERSAZIONI   €l^0B&  tòné  ti  compénso  delie  àliiine  piccole ,  ebé  neri  pensano  e  non  amano  di  pensare.    Avrei  '    «fimyandatQ  volontieri  a  questo  scrittore  s' 6|^i  ad-  dlìjMMMte      per  pensare^  Le  frivolezze  DELLE CONVERSAZIONI,  simili  alle  immagini  scucite  4el  sonno, servono  a  farci  ridere  e  nulla  più.  Io  sono  stanooc  a  segno  che  non  mi  reggo  in  piedi,  e  voi  mi'con-À  sigliate  di  passeggiare?  Che  cosa  direste  d'un uomo  che  per  sgombrarvi  dall'animo  la  melanconia,  vi-  ponesse  tra  le  mani  le  Notti  di  Yòung  ?    Si  devono ammirare  quelli  che  dopo  d'essersi  occupati  di  studio  0  d' affari  nel  gabinetto ,  possono  ritornare  agl’affari  o  allo  studio  NELLE CONVERSAZIONI;.  .  hna  non  si  possono  spregiar  quelli  che  dopo  avere  eseguito  il  loro  dovere,  abbisognano  di  riposo.  Sic,  .come  i  pranzi  non  sono  eccellenti  se  non  quando  possono  soddisfare  tutti  i  gusti,  così  non  sono,  eccellenti  LE CONVERSAZIONI se  una  varietà  di  soggetti  corrispondenti  ai  bisogni  di  ciascuno, non  presentano. Generalmente  parlando ,  i  discorsi  serii  non  possono piacere  alla  maggior  parte  degl’astanti,  giacchè  la  maggior  parte  vanno  a  ricercare  NELLE CONVERSAZIONI riposo  alla  riflessione  e  pascolo  alla  fantasia. Non  si  può  quindi  approvare  la  condotta    Locke,  il  quale,  mentre  tre  milordi,  Hallifax ,  Anglesey.,  Shaftesbury,  jgiocavano  tra  di- loro  ,  egli  '  occupaVasi  a  scrivere  ie  parole  che  uscivano  loro  '  di  bocca.  Per  quale  motivo  ridete  voi,  gli  disse  Ànglesey?  Perchè  nou  perdo  nulla  di  quanto  voi  dite,  rispose  il  filosofo,  e  gli  mostrò  la  nota  delle  parole  poco  assennate  che  ciascun  giocatore  aveva  detto. Questa  censura  era  fuori  di  proposito,  giacché da  persone  die  giocano ,  e  giocano  per  divertirsi, non si  deve  aspettare  che  argomentino  in  barbara  o  in  baralipton.  Quando  prendiamo  una  medicina ,  dobbiamo  noi  osservare  se  è  bianca  o  nera,  leggiera  o  pesante,  bella  o  brutta,  graziosa 0  no  alia  visita,  di  qualche  astante  ?  £Ua  ci  ridona  la  salute,,  e  bastai  *     «  Airincontro,  dice  Gozzi,  certi  Catoni  vorrebbero  che  oca  si  uscisse  mai  dal  malinconica  e  dal  ^rave,  come  se  gli  uomiiri  fossero  d'aeciaio  e  non  di  carne.  Questi  tali  ci , vorrebbero  affo.-  »  gati  nella  noia.  £  quando  Fanioio  ò  kifastfdilOt  »  non  è  buono    per      per  altrui.  Il  meglio  è  un  bocconcello  colla  salsa  di  tempo  in  tempo,  »  e  poscia  un  grosso  boccone  delle  vivandé  usuaK.   La  misura  ne' passatempi  è  rimedio  della  vita  ;  »  ed  io  jtanto  ve^  magri  sparati  è  disossati  quelli  V  che  non  pensano  ad  altro  che  al  sollazzo,  quanto    queUi  che  tirano  continuamente  quella  benedetta  li  carretta  delle  fecceade.  Soggetti  ge^ieralni^nte  noiosi    Sogliono  essere  soggetti  noiosi  ed  opposti  allo  SCOPO DELLA CONVERSAZIONE i  seguenti  :   L  Gl’incessanti  lamenti  sopirà  viali  a  cui  non  si  può  opporre  rimedio..  Talvolta LA CONVERSAZIONE in  vette  d'essere  un  tessuto  di  piacevoli discorsi  e  ameni,  è  un  vero  piangisteo,  o,  per  dir  meglio,  un  miserere.  Se  qualcuno  riesce  a  dìipenticare  i  Riali  eomuni,  T  unó  o  l'ailro  degli  astanti  glieli  rammenta  con  circostanze  nuove,  e  il  sentimento  dolorosa  ne  aggrava  colla  prospettiva  «d'un  avvenne  peggiore.    Che  cosa  direste  di  schiavi  che  per divertirsi  parlassero  delle  loro  catene. É  questo  up  difetto  de'  veccM  che  non  sànm  aprir  l'animo  alla  speranza;  degli  ignoranti ,  incapaci di  riguardare  le  cose  da  più  aspetti;  delle menti  deboli  che  ad ogni lotta  succumbono. Alcuni  velano  questa  incivile  abitudine  col  sentimento  di  compassione  pe'mali  altrui,  cioè  per  mostrarsi  compassionevoli verso  gl’assenti  tormentano  gl’astanti. Pietro  è  morto  improvvisamente;  Paolo  si  è  ammazzato;  il  pane  è  troppo  caro;  la  tempesta  ha  distrutto  la  vendemmia ;  le  imposte  sono  eccessive;  la  guerra  è  imminente;  la  peste  s'avvicina,  ecc.  Poco  manca  che  non  ci  predicano  la  flne  del  mondo,  come  si usava negli scorsi secoli, idea che tuttora  s' insinua  ne'  discorsi  della  plebe  quando è  afflitta  da  qualche  calamità. Sarebbe  pazzia  il  pretendere  di  non  sentire  i  mali  della  vita,  ma  è  pazzia  maggiore  il  non  sforzarsi  di  dimenticarli. Sarebbe  imprudenza  l'andare  verso  il  futuro  colle  spalle  indietro,  ma  è  imprudenza  maggiore  il  riguardare  i  mali  futuri  come  successi  e  non  distrarne  lo  sguardo.  La  novità  della  cosa  può  qualche  rara  volta  sciorre  da  inciviltà  l’annunzio d'una  trista  novella. Ma  richiamare  continuamente r  idea  di  mali  che  tutti  conoscono ,  è  l'eccesso  deirinurbauità,  giacché  questa  ricordanza,  oltre  d' essere  dolorosa  per  se  stessa,  conturba  e  piega  a  melanconia  i  sentimenti  degl’astanti.  In  questa  situazione  degl’animi  non  osa  spuntare  sul  labbro  il  sorriso. Cento  detti  spiritosi,  pronti  a  ravvivare  LA CONVERSAZIONE,  tornano  indietro. Ora  rinunziare  a  cento  piaceri  per  procacciarsi  un  dolore è  un  calcolo  da  matto.  Si  può  procurare  agli  spiriti  de' momenti  di  distrazione  fissandoli  sopra  oggetti  diversi  dagli  abituali. Sì  pùo  'Yìntiizzare  la  sensazione  4el  dolore  riguardando le  cose  dal  lato  ridicolo. CìasGuno^  può  cogliere  de'jnoti?!    eoasolaaàone  paragonandosi  con  quelli  che  in  più  tristo  statoci  trovano.  Chi  vuol  viver  tranquillo  i  giorni  sui,  »  Kon  conti  quanti  son  di  lui  più  lieti,  'Ma  gitanti  sod  più  miseri  di  lui.  »   Si  può  innalzare  l’animo  alla  speranza,  mei]itre   il  volgo  s'abbandona  al  timore,  considerando  tutta  Festeosione  delle  eventualità  possiinli  Mentre ,  aeU'  ulUmo  assedio  di  Genova,  i  soldati  ca?   scanti  (li  fame  facevano  la  guardia  seduti ,  uno  di  essi  disse:  Ma^séna  non  voiTà  arrendersi  iìnchè  non  ci  ha  fatto  mangiare  i  «udì  stivali.  — -Questa  facezia  induce  gl’astanti  a  dioie  ai-^  tre,  e  intanto  U  sentimento  deUa  fame  fa  tr^;ua.   Un  generale  francese,  ferito  in  battaglia^  sta  per  far^ta-*.  gliarc  una  ^aniba  ;  il  suo  servo  piange  in  un  angolo  della  stanza:  Meglio  per  te^  <t*\idìce  il  paziente;  non  vedi  tu  che  quando  avrà  una  gamba  di  meno^  non  ti  resterà  più  da  lur  sitare  che  un  solo  stivale  ?  Quindi  ritrova  forza  per  subire  r  operatone.   Io  ammiro  la  notissima  donna  spartana,  che  dice  al  fi^io  tornato  zoppo  dalla  battaglia:  Ad  ogni  passo  rammenterai  U  iuo  valore  e  la  tua  gloria,  Gbe -bella  idea,  che  idea  in-  gegoosa,  si  é  quella  obe  ia  tacere  U  senUmento  spia((Kev<^  un'jmpedeilone  fisica  090  un  sentimento  miòrale  »^  desca  l’amor  proprio,  e  a  sublime  sfera  lo  innalza  1^   Si  clìiama  leggerezza  1'  abitudine  di  considerare  le  cose  dal  lato  ridicolo  :  preziosa  leggerezza  che  ci  fa  sorrìdere  in  mezzo  al  dolore ,  tratto  caratteristico  che  distingue  i'  uoma  dai  bruti.   n  seniimenio  della  speranza  si  cambia  ki  finrza  lMee^,  qualunque  sia  U  modo  misterioso  con  cui  siffatta  4ra8torma-    Una  bella  imipagmazioQe,  un' iinaiagiiiazioiie  rideate  sa  creare  delle  róse  anehe  ia  mezzo  ai  deserti.  S'ella  è  in  parte  dono  della  natura,  si  può  aecresceria  coirabitudine  e  migliorarla  coirarteLe  insipide  SOTTIGLIEZZE.  Profondere  sfarzi  di  spirito  sulle  parole,  sulle  cosev  solfe  idee  senza  trarne  alcun  vantaggio  o  le-  pore,  è  eccitare  nell’animo  degl’astanti  il  sentiménto penoso  della  fatica,  è  indisporne  ramon  proprio  coir  idea  della  pretensione  ,  è  rendersi  ridicolo pel  non  successo.  Un' uomo  cbd  tenta  di   ziODé  «tkseede.  emrva  questo  fenomeno  negli  stesKi  ani*  mali:  il  cavatto,  statico  dal  viaggio,  aeeorgendoiii  d'essere   vicino  all'  albergo,  trova  forza  per  accelerare  il  passo.   il  Destrier  che  air  albergo  é  vicino ,    Più  veloce  s'  affretta  nel  corso  ;  »  Non  l'  arresta  1’angustia  del  morso,  .Non  la  voce  che  legge  gli  diu    .   'l'n  imbecille  non  crede  che  T  innesto  possa  costringere r  albero  selvaggio  a  produrre  de'  fruin  domestici  e  sa-  .  porlti  :  le  anime  deboli  non  credono  che  possa  lo  spirito  innalzarsi sul  senthnento  d^I  dolore  e  dominarlo  :  tanto  peggio  per  esse.  Al  contrarlo  lo  ho  conosdiito  m  nomo  di  tempra   '    forte ,  che,  detenuto  per  opinioni  politiche,  non  sog^^iacciue    che  un  giorno  alla  melanconia  in  quattordici  mesi ,  benché  gli  fosse  negato  il  conforto  de*  libri.   Far  r  elogio  della  melanconia ,  come  i^ero  alcuni  scrit-  tori detti  sentimentali,  è  fere  F  elogio  delle  nubi  che  f\  tol-  gonp  la  vista  diìl  lìriuaniento.  In  mezzo  a  tante  forze  die*  tendono  a  dislrng^<»rci,  vanteremo  noi  i  pregi  d' uu  seati-   ;    meato  che  accelera  la  distrusdone  /Itìtt   saltare  al  di    della  sua  ombra,  rapi^resMM  Udi**  fetto  che  ho  io  animo  di  censurare  :  eccone  degli   1  Far  contrapposti  ad  ogni  paroluccja  t   »  Stirar  con  le  tanaglie  5  concettwzzi ,    »  Attaceonar  le  i^ime  con  Ja  eer^i  '  V    ogni  aetento  far  éegìi  eqntvociasm  ;   É    Lodsi^  le  inoscbe,  f  grilli  e  il  raTanello\  »  Ed  altre  scioccherìe  c'hanno  corliposto  ^  li  Bernì,  il  Maiire,  il  Lasca  ed  ii  Burcbiellò.»   Le  tante  quistìoni  di  metafisica  che  si  facevano  per  Faddietro  sopra  cose  ehe  la  ragione  non  intese  giammai,  dovevano  generalmente  fruttar  noia  agli  ascoltanti.se  non  erano  interessati  nella  disputa  pef  amor  proprio.  Di  sottili  insipidezze  ei.  diede  un  esempio  d'altra  specie  Uvezio,  allorché  esaminando  dottamente  quale  è  la  positura  naturale  diell'uomo  tra  lo  stare  in  piedi ,  «edato  ^  coricate,  genuflesso  0  passeggiare,  dopo  d'avere  discusso  a  lungo  gl'in-  convenienti cai  andremmo  ìncdntro  tenendoci  continuamente nell'una  o  nell'altra  di  queste  posizioni,  conehiude  clie  lo  astato  naturale  dell'uomo  si  è  di  panenderle  tutte  sticces^mmente.  Era  forse  neete-^  serio  che  l'erudito  vescovo  d'Avranches  si  stillasse  il  cérvello  per  provarci  questa  verità?  Perciò  ma*  dama  Geoffrin,  parlando  d'iino  di  questi  stucclie-  voli  Ciceroni ,  diceva  :  «  Allorché  egli  mi  parla ,  »  vorrei  che  Dìo  mi  facesse  la  grazia  di  rèndermi  n  sorda  senza  che  questi  se  ne  accorgesse  \  egli     n  sarddbe  perisuasa  eh'  io  T  ,ascolUi$si ,  e  s^reòiflio  »  contanti  ambidUie.  ».    xii  ^n       k^-m^    ?   Cresce  ri  motivo  di  censuràre  le>  insipide^  6Mi«»  gliezze  allorché  ,  divenute  triviali  affatto ,  da  uq  Iato  si  ripetono  eoo  pretensione  di  novità,  con  che  si  dà -segno  dignopàhza,  daU'aUra  riescono  ofhn^  sive  alfuno  o  all'altro  degli  astanti.  Il  poeta  Des-  préaiix^  che  iioa  eika^ dotate  della  pazienza  di  ncia^  daina  €reoffriti  ^  se^ténde'^un  giorno  Bordaloue  a  rìpeteìre  le  vaghe  analogie  sulla  pretesa  follia  dei  poeti^  gU  dis9eH»xi(  pp^€auslieanlellte:  Io  so,  mio  Caro  padre,  quanto  si  dice  d'ingegnoso  su  questo  »  9fg0jQsento  ;  se  v^i  y/»lete  venir  meco  aU'o-  »  spedate  de'matti ,  io  son  pronto  a  mostrarvi  dieci  «  predicatori  per  i^u  poeta  ^  e^roi  vedrete  a  tutte   lo  4(>ggb  deUdjiàaal  «he  dividanp  il  loto  dteooiso^   in  ti;e  punti.-'   r^Uriaql^oedenti  riiles^iiaioa  condanaano  Fuso  dir  propÌMie  quistioofdligegncile^  le  quali,  rispondendo  ciascuno  a  capriccio,  servono  di  piacevole  esercizio  ag^fipiiNiti  ^'^liti  iNToiy^ e  vivaci  che  sci^piana  impftlìiéisamente  y  -e  talvélta  a  lode  di  qualche    8ti^t(^  v.|ieUa  mwì^m^lkm^  della  duchessa  del  MaifMVféei^lìiB»^^  a  dar  risalto  alle   pili  sfuggevoli  differènze  tra  i  diversi  oggetti  pro^  ||9^iM^>^^  dis$A,Ma  giorno  ai  cardinale  di  p4>)igw%]^IÌnatot^difi6ie^  passa  tra  me  e  il  mio  oralogio? —  Il  vostro  orologio,  rispose  il  cardi*  nia^e  ^  ($tliirieor4a(^/<w:ftViJ^  ee  le  iate  dimenticafei   Tutti  i  di^corsir^ehe  escono-  dal  limiti  della   conmmens,a^  j§^S^tk^<^^  si^o  alla  98.   BiitArà  qui  aàmmi?^  il  earattère  degli  astanti  è  Ufi  limite  ^pwa^iii^iqQfP 'ir^iacchè  per  quanto  siano generalit  per  es.,  le  vostre  iodi  ad.  toia  vjrtà  e  le   vostre  censure  ad  un  vizio,  vi  si  attribuirà  non  di  rado  l'intenzione  di  far  rimprovero  quello  degli  aistanti  ebe  manca  della  prima  q  è  allaceiato  dal  secondo.   Finalmente IL SOGGETTO DELLA CONVERSAZIONE diviene  noioso  allorché  Tidea  della  nostra  per*  sona  e  delle  cose  nostre  presentiamo  per  lungo  tempo  agli  altrui  sguardi  j  .  come  Aireìùo  nel  e9«    «  Soggetti  aggrademli. Se  una  parte  della  civiltà consiste  nel  dire  a  ciascuno  ciò  che  gli  conviene»  è  chiaro  che,  acpiò  non  manchi  SOGGETTO ALLA CONVERSAZIONE,  devi  parlare ad  ognuno  delle  cose  che  più  roccupano  o  più  gli  aggradano,  della  sua  arte  o  professione,  de' suoi  gusti  o  delle  sue  avventore ,  de' figliuoli  o  della  moglie,  ecc. Acgomento  al  nocchier  son  le  procelle  «    I  bovi  airarator  :  le  sue  ferite  ^  Conta  il  guerrier»  conta  il  pastorale  agneHe.  »   Chiederai  dunque  al  giovine  galante    '  /   a  .  A  qual  cantore   9  Nel  vicin  verno  si  darà  la  palma  *>  Sopra  le  scene;  e  s'egli  è  ver  che  rieda  »  L'astuta  Frine  che  ben  cento  folli  »  Milordi  rimandò  nudi  al  Tamigi  ;  »  O  se  il  brillante  danzator  IXarciso  9  Tornerà  pure  ad  agghiacciare  i  petti  »  De'  palpitsgoiti  italici  mariti.    Ai  vécrthfo  dfititafidefai  conto  degli  u^i  eivlii,  po*'  litici,  religiosi  clie  negli  anui  di  sua  gioventù  si  costuinarona,  onde .  procurarti  il  piacere  d!  con*   frontarli  cogli  attuali.  Preparati  però  a  sentire  ec-  cessive lodi  dei  passato  ;  quindi  avrai  Tavvertenza  ^di  separare  i  f alti  dal  giudizio  di  chi  "gli  e^one.  Spingerai  anco  con  bel  garbo  il  di  lui  animo  verso   l- piaceri  che  più  Tadescarono   ».  '  «Onde     misero  cor,  che  il  ben  p^dtita   .  »  Non  ha  più  di  goder  speranza  alcuna  ,  ,  »  Kesii  il  conforto  stiinen  d'aver  goduto.»,  Colle  donne  volgari   Or  di  polii  ragiona,  or  di  bucato*  »   Colle  donne  galanti  parla «  Di  veli  e  enfile  e  femminili  arredi.  »  Colle  donne  gentili  che  uniscono  ii  bel  costiime   airistruzione,  porrai  sul  tappeto  le  arti  belle,  e  a  norma  del  loro  genio  particolare  proporrai  quaiclie  problema,  acdocohè  al  piacere  di  discorrere  um-  scano  il  piacere  di  soddisfare  la  tua  curiosità.  Ad  una  giovinetta  ohe.  occupa  vasi  a  dipingere,  chiese  un  giovine,  se  provava  più  diletto  nel  ritrarre  gli  uomini  o  le  donne  ^  i  giovani  o  i  vecchi.    Sono  indififerente  a  tutti.    Eppure?    Pre/e^  risco  le  fisonomie  sensibili  senza  riguardo  al  sesso.    £  quali  sono  i  segni  fisionomici  che  caratterizzano  la  sensibilità?  ^  Qui  cominciò  un  discorso  che  durò  due  ore,  la  giovine  facendo  pompa,  di  sentimento ,  il  giovine  di  metafisica.  Le  letture,  cui  talvolta  sono  occupate  le  signore,  Yf  jfffft^mo  U  ctesbro  di  jebi«der«  loro  ^ii^li  f^m  le  colpiscano  di  più,  e  quali  autori  in  tale  ò  tal  altro  ramo  di  letteratura  preferiscano,  e  se  avrete  l'av»  mieuM  proporrà  loro  qualche  obbiezione  pet  dimostrare  che  non  vi  sfuggono  le  loro  idee^  prò*  curerete  ad  e^  il  diritto  di  pmlan^  à  lun^iit^  mmBM  ^^nimm/^:èe9lL  mUoMi  poesn  Uteek^lé  d*  inciviltà  y  poiché  ciascuno  ba  diritto,  di  difen^  dflisi:  e  giustìicare  cìòl  cbe  dm*-  '  Della  fanciulla  vorrai  yedere  i  dis!^,  i  ricàini,  la  scrittura,  ecc.   Chtederstt  «drifcaamom»  ohe  ms»  w^ò  ^^IpM^   che  brillano  neH*azzurra  volta  del  cielo.  Per  quaH  €ag4QiiLalciij|^i:sfiH>iB(^^  altri  cambiarono. di   MlOfe.  D' oode.  amnga  che  i  pidi^  si  <  inafapo  nello  stesso  senso  da  occidente  in  oriente.  Perchà  mail  eaegaiscjoao  i  laro  fioti  ia,,)ioa  ^iBl|a  s^oa»V  mentre  te  comete  vanno  errando  liberamente  per  latte  le  r^ipai  del  cìe^o.  Ove  v^aono  e  d'onde  veór  gono  questi  astri  che.  spa^epteeo  11  wlgo-  éoUli  fatarba  .e  colla  coda. Delle  erranti  stelle   »  Segai  il  cammino,  e  le  eagion  disveli  ^Degli  aerei  portènti  ;  onde  Je  nufci,  v   »  Onde  il  tuono  e  la  pioggia,  e  di  qual  fuoco-   »  Aceendesi  il  balen;  perchè  sì.  lenti  . I  caldi  soli  estivi,  e  qua!  ritardo    :  '   »  Le  fredde  notti  deirinverno^allQpghi..   Inviterai  l’economista  ad  esporti  le  cagioni  del-  l'alto  0  basso  prtìsìo  de'generi,  dell'abbondanza  o  scarsezza  d'una  specie  di  monete  ;  l'influsso  delle  imposte  suiragricoitura  e  sai  mestieri;  se  convengft  dare  la  preferenza  alle  manifatture  nazionali;  ia  quali  casi  e  con  quali  mezzi  debba  il  Governo  promoverle  ecc.   Parlerai  al  filosofo  di  leggi,  all'avvocato di  liti ,  al  medico  delle  malattie  dominanti  ecc.  Ma  guardati  bene  di  decidere  tu  stessQ,  principalmente avanti  queste  persone  sugli  accennati   argomenti,  giacché,  non  appartenendo  essi  alla  tua  professione,  ti  esporresti  facilmente  al  ridicolo  cui  si  espose  un  sarto ,  il  quale  avendo  composto  e  ^presentato  ad  Enrico  IV  un  libro  di  regolamenti  .•^civili,  sentì  il  re  a  dire  agli  ^stanti  :  Chiamatemi  dunque  il  cancelliere,  perchè  mi  prenda  la  misura  d'un  abito  (1).   f  ^  Allorché  ti  trovi  in  una  compagnia  di  stolti,  non  mostrare    la  distrazione    lo  spregio  eh'  ei  meritar  si  potrebbero.  Lascia  alla  fatuità  libero   '  Campo  di  far  pompa  delle  sue  scempiaggini  senza  farle  giammai  temere  d'essere  repressa  e    anche  giudicata.  La  Motte,  persuaso  del  proverbio  spagnuolo,  che  non  havvi  stolto  da  cui  non  possa  trarre  qualche  profitto  il  saggio,  applicavasi  a;  ricercare  negli  uomini sprovvisti di spirito il lato favorevole dal quale poteva, sia per propria istruzione,sia  a  conforto  della  loro  vanità^  riguardarli.  Facendo  cadere  destramente  il  discorso  sopra  quanto  avevano  veduto  o  sapevano  di  meglio,  procurava   Convengo  non  essere  impossibile  che  un  uomo  si  formi  in  mente  idee  ragionevoli  anche  sopra  oggetti  estranei  alla  sua  professione;  ma,  essendo  la  cosa  alquanto  improbabile,è  necessaria  in  simili  casi  somma  riservatezza  e  dif-  idenza  speciale  nel  proporle.'   tolto,  senza  il  piacere  di  smérthi^  il  poco  bene  che  possedevano  ;  «  mentre  non  annoiavasi  con  es^  vH  wodeite  ^mtentr  4I  di  14  delle  lo»   speranze. Sargenti  di  ridicolo sociale.]   Tu  mi  dirai  che  ti  porti  alia  conversazione  non  .p«r  esenatare  la  pazienza^,  me  per  andare  a  ^écia  d(  piaceri  innocenti,  e  vorresti  poterli  córre  0  tra  i.  fiori  del  discorso,  0  ndie  maniere  delle  persione^  0  tra.  ameni  sentiiilenti  e  gentili.;   Ti  ricorderò  dunque  la  massima  raccomandata  di  sopra,  cioè  avvezzati  a  riguardare  le  cose  dal  fatto,  ridicolo  :  eéecotene  aicniie  fonti*  suceinla*  mente.  TI  porgeranno  grato  spettacolo.  "   ù  Le  variazioni  deile  passioni  pet  em  io  jrteaso  uomo  passe  facilmente  dal  giardini  d' Epicuro  ai  portici  di  Zenone^  ed  è  a  ticenda  di  vota,  e  fiv>n*  dano  per  trimestre,  e  per  cai  non  di'  rad^  *  ^   *  Osan  profoni  e  fetidi  servacci   »Di  libertà  mentire  il  nobil  fuoco.   »  Quanti  ancor  ne  veggiam  d'animo  incerto  1^  E  di  dottrina 5  in  cui  fondarsi,  ignudr,  '     Che  quel  clie  sol  mattino  era  lor  Aoia,  *  »  Chiaman  perfetto  al  tramontar  del  sole  ?  ^.  »  A  vicenda  gli  scorgi  ora  del  véro       Difensori,  or  del  falso:  ora  baciarti  9  In  fronte  amici,  or  affrontarti  infesti,   »  Tanto  che  sotto  a  due  stendardi  e  volti          A  due  partiti  un    solo  li  yede.  ^   m    :}/  Le  qifMate^  ripugnanze.  Più  Qti  gusto^  um  aUbsrimfó  ,  wi  senliflliefite  'è'  tsemofie ,  piò  :AigMé  alcuni    mostrarsene^  alieni.  Così  adoperando  ,  i^etnbrà  loro  di  «tacearsì  dalla  massa  volgare,  e,   collocatisi  in  alto ,  divjenire  r  oggetto  degli  altrui  sguacdi.'  n   .   Essi  contrasto- eternò  \  *  i.  Fanno  a  ragion,  per  voler  esser  sempre  \  P,  Singolari  dagli  altri  ;  e  picca  occulta  »  Hanno  in    .d'esser    buon  gusto  soli/    Jton  d'altri  àppresse,  e  veder  soli  il  vero;  ;; V  I  più  di  quQSti  incaputendo  avvezzi  Son  del  sénno  a  c^rcpr ,  lontani  ognoi^ Dalle  profane  popolari  turbe.  Onde  se  ayvjen-che  il  popolo  par  caso Dia  pur  nel  segno,  e  ragiohevoi  pènsi,  Sc£i.nt.onan  essi^  e  mal  pensano  e  a  torto;.  \  Perchè  purificate  eceèlse  menti. Non  seguan  mai  popolaresche  teste.  »'   ISome  vi  sareste  voi  contenuto  con  Euripide,  il  quale  assicbrava  di  non  amare  le  donne,  dopo4'es-  sersi  amìtaogliato  tre  volte  ?  Seguendo  i  precetti  sinora  esposti,  voi  avreste  dovuto,  senza  lasciar  {scorgere  dubbio  sulla  sua  sinceritià^^avreste  dovuto  ^  c^tedérgli  la  storia  di  questi  tre^esseri  tatfto  odiati,  e  con  cui  egli  strinse,  alie^inz^  forse,  ad  esercizio  di  sua  pazienza.  Gli  sforzi  della  vanità  per  cui  ciascuno  tenta  d*  associare  V  idea  delia  propria  persona  aWidéa  delle  cose  pregiate  o  delle  persane  il*  lustri.  Se  taluno  vanta  un  bel  libro,  un  letterato  yi  accerterà  tosto  che  lo  possiede,  benché  forse    OdÉflii  ahbia  and'  vodafe  fiè  i^die  pti^iAMii  r''^  si  tratta  d'un  grand'uotno  ,  questi  vuo!  essere  suo  parente^  e  qu^i  ^la  ^ide  a  Parigi  .0  a  Londra  ^  o  viaggiò  còn'lai  tstXto  ^ièséo  meeilòV  e  wd  tm  vanto  come  l'asino  della  favola ,  il  quale  portando  delle  reliquie,  slnun^gmava  d'éèsere  adorato»- Orasio si  vantava  d'urtare  impulitamente  chiunque  inco»»'  '  trava  per  if^rada^  purché  potesse  giungere  presto  .^"^M^eeniib  i^irefdete  l'asMKia  o  aia  il  eàttraito  dieK*  ^i'àinclr  proprio  :  egli  vi    una  parte  della  sua  ri-  -piitai^we^^  cieè  ti  concede  d'  essere-  impulHo,  af«  finché  Io  crediate  in  lega  col  ministro' d'AiagteMU  in  somma  quatti  .ad  ogni  istante  si  scorge  che  ^  ttMàini  iielle  loro  pretensioni  sohcf  pìù^  iirragione*  voli  di  que'facchini  che  seqtendo  a  lodare  le  belle  sonate  d'un  organista,  si  gloriane  d'avere  levato  i  mantici. A^'^Aeciocchè  i  giovani  non  prendano  abbaglio,  farò  >dHervare  ebe  il  vantarsi  d'essere  i'amioo  di  qiiid(die  persona  virtuosa  od  altrimenti  stintiablle ,  qtiando   10  si  è  veramente  V  non  è  un  vanto  irsagtonevole  èoftie  gli  anteeedenti  -,  giaeeliè  le  petiOfle  Y«MMia^  le  stimabili  non  concedono  la  loro  amicizia^se  non   11  persone  eh' elle  stimano.  »  >r  /  •*^4.  /  pregiudizi  comuni.  QuéSIft  torgenté^^i  ri*  dicolo  non  ti  può  mancare  se  ti  trovi  in  compa-  gnia di  donnìeeiuole;  giaeehè  ae  pe)r  ea. 'favai  og-  getto del  discorso  un  male  0  l'altro,  esseti  spac-  ^i^attno  tosto  de'rimedii  simili  a  quelli  del  medico  Quinto  Sereno,  il  quale,  per  guarire    quatìwia»   '  j^neva  sotto  il  capo  del  febbricitante  il  quarto  li-  %fo  éeir  Ilìade.  Contìnua  tu  la  storia  dellegaia*   lattier  ed  «fisa  Mtttiiuieraiiil^  dei  recale   che  ti  farebbero  ridere,  fossi  anche  moribondof/   Mi  è  stato  di^and^to  se  e  come  si  può  iotrat*  teimrsi  e  ridere  eofievj^aeecherew   yeramente  il  problema  è  un  po'difflcile,  ma  se  il'tettora  premelte  di  noa  tradisuii)  gli  affiderò  il  Le  pinzochere  chiamano  chiunque  al  loro  con-  toitton^e;  e  il.  loro  eootoi^  cresce  in  ragione  delle  persole  ehé  eoodamano;  ^  Quando  adunque  mi  .tcp vo  in  compagnia  d'  una  di  queste  signore,  le  em^to  avioti  '  una  ventina  di  peccatori  per  te  meno,  e  tutti  colle  loro  colpe  sulla  fronte  :  qui  si;iegge  rnode^  ik  ieàtfo^  più  Jungi  pas^eggiy  smmii   "La  vista  di  questi  piaceri,  a  cui  per  motivi  ri-  spettabili, madama  ha  rinunziato ,  riscalda  la  sua  bHe;  quindi  eceolar assisa  prò  tribunali,  e  scrivendo  sentenze  da  Radiunante,  colle  mani  e  co'{»icdi  eac*  «la  tìPotw*  filpifi  poveri  profiud.   -Appunto  perchè  so  che  la  pinzochera  è  ineso-.  rabitef  io  mi  interpongo  e  chieggo  pietà  ora  per  Vhi^.  ora  per  rsAtro  :  tento  Tapologia  della  moda  ;  dimando  qualche  tolleranza  pel  teatro  ;  il  concerto  dèlie  (Sfere  mi  serve  ja  difendere  i  ^oni,  gli  au«  gelli  vengono-  in  soccorso  de'  canti  ecc.  ;  succede  dunque  una  contesa  tra  il  giudice  e  V  oratore,  e  coi  {a  siessioné.  criminale  continua^  giàcohò  ie,  ob*  bieziofifi  ragionevoli  ed  a  proposito  sohq  uhq  sti"-  molante DELLA CONVERSAZIONE. E  eieoofm  lo  zelo  di  madama  è  . scevro  di  mallaia  ,  quindi  riscaldandosi  ella  facilmente ,  ini  permette  di  i^ere  n$l/wdo  delsuo  euHmofÀ ravviso  allora  sotto  tinte  superstiziose  quelle  false  idee  che  leggo  in  alcuni  libri  sotto  tinte  poetiche,  ed  imparo  a  stimarne  profondamente  gli  autori! Crescendo  il  calore  di  madama ,  io  diminuisco  ;  l'opposizione,  e  le  lascio  assaporare  il  piacere  d'a-  vermi persuaso e vinto  :  in  questo  modo  usciamo  dalla  conversazione  soddisfattissimi  entrambi,  ella  di  me, ed  io  di  lei.  Gli  sforzi  per  comparire  ricchi  ;  del  che  vedi  un  cenno  alla  pag.  89  , .Basterà   qui  il  dire  che  il  ridicolo  in  questi  casi  cresce  in  ragione  della  differenza  che  passa  tra  l'apparenza  e  la  realtà,  sicché  il  massimo  ridicolo  ci  verrebbe  offerto  da.  colóro  che  imitassero  i  comici  di  campagna,  i  quali,  dopo  d'avere  rappresentato  Cesare  e  Pompeo,  muoiono di  fame.  La  saccenteria la  quale  si  è  di  due  specie:),  appartengono  alla  prima  quelle  persone  che  ,  non»^  facendo  mai  uso  del  loro  giudizio,  spacciano  le  idee  altrui  senza  discernimento  e  come  proprie.   Molti  vedrai  che  proferir  non  sanno  ^  \%  ' »  Mai  sentenza  da    ;  corrono  in  gìra'^   »  Per  la  cittade  di  pareri  a  caccia  ;  ,  1 Intendimento  è  in  casa  lor,  da  cantò    Mobile  disusato  e  inutil  ciarpa.  L'opinioni  più  travolte  e  false  »  Succian  avidamente,  e  a  grande  onore.  /  ^'  '      »  Premon  la  spugna  ad  opportuno  tempo,  E  fan  lago  d'umor  sorbito  altrove.  »   La  seconda  specie  di  saccenti  contiene  que*  cer-  retani che,  forniti  d'un  capitale  scientifico  come  10,  fanno  pompa  d'un  capitale  come  100,  e  otten-   ,gono  facile  credenza  prineipalmeate  presso  le  donnicciuole  che  pizzicano  di  letteratura.   Non  basta,  dice  Gozzi,  l'aver  buone  merci    nella  bottega;  ma  il  saperle  mostrare  è  di  grande   utilità.  Succede  a'ietteral,  quando  sanno  acqui-  »  starsi  l'opinione  degli  uomini,  quello  che  accade  >  a  qualche  benestante  o  giocatore,  che  se  il  primo  »  ha  tremila  ducati  d'entrata,  si  dice  cinquemila;  »  e  se  il  secondo  ne  vince  cinquanta,  corre  la  voce  '»^di  cento.  Così  se  l'uomo  di  lettere  avrà  buona  V maniera  d'insinuarsi  nell'animo  altrui,  non  vi    sarà  cosa  al  mondo  che  non  si  creda  eh'  egli  i^intenda.  Una  così  fatta  avvertenza  fu  buona  in  »  ogni  tempo.  È  vero  che  secondo  i  costumi  del-    l'età  e  delle  nazioni  la  fu  anche  diversamente  »  posta  in  opera.  Ma  che  credete  che  fosse  quella  »  ruvidezza  d'Antistene?  Che  quel  mantellaccio, quella  valigia,  quel  bere  con  le  giumelle,  e  la   casa  nella  botte ,  e  le  altre  poltronerie  di  quei  »  malcreato  di  Diogene?  Non  altro  che  un  saper  »  vendere  le  sue  mercanzie.  Perchè  quando  uno  »  f a  con  una  certa  signoria  d'animo  quello  che  gli  »^altri  non  usano  di  fare,  tira  gli  occhi  di  tutti  a   *  sè,  e  a  poco  a  poco  la  maraviglia.  Aristofane  V  che  intendeva  le  cose  pel  buon  verso,  e  diceva  "  al  pane  pane,  per  aprire  gli  occhi  agli  Ateniesi,  »,  volendo  far  conoscere  l'artifizio  di  certi  studianti,  »  li  fece  comparire  sulla  scena  magri,  smunti  e  ^  del  colore  della  terra,  che  pareva  che  si  fossero  »  distrutti  a  studiare  ;  poi  le  loro  dottrine  erano,     quanto  spazio  salta  una  pulci,  e  se  la  zenzala  »  ha  la  tromba  nella  gola,  o,  con  riverenza  vostra,  di  sotto.  Le  industrie  d'oggidì  non  istanno V  più  nelle  goffaggini  di  Diogene,  o  nel  colorito  »  della  faccia  che  gialleggi.  Non  importa  più  che  '  »  i  letterati  siano  magri  o  scoloriti,  no  ;  chè  ce  »  ne  può  essere  d'ogni  corpo  e  d'ogni  colore  ;  solamente  è  necessario  un  poco  di  baldanza  per  »  dar  cognizione  di    al  mondo.  È  vero  che  per  »  rendersi  baldanzoso  bisognerà  prima  invaghirsi.^  »  del  suo  fare  e  del  suo  dire;  e  a  forza  di  dare  »  ad  intendere  a    medesimo,  che  si  sa,  comin-    fciare  a  crederlo  finché  la  coscienza  noi  nega  più,  »  e  allora  poi  darlo  ad  intendere  anche  ad  altrui.  »  Poi  entrare  in  ogni  ragionamento  tanto  animati,  »  e  tanto  a  bandiera  spiegata  da  far  credere  che  quello  che  si  dice  abbia  proprio  la  radice  nel-  »  rintelletto,  e  sia  studio  di  tutta  la  sua  vita.'  »  Qualche  picchiata  agli  autori  può  ancora  giovare,  M  Verbigrazia ,  se  un  dice  :  Come  vi  piace  l'opera'  '  »  del  tale     Non  ho  avuto  pazienza  di  leggerla.   Dante .J*  È  rancido.  Petrarca?  Troppo  lavorato;>  »  «  poi  malgrado  gli  so,  perchè  ha  fatti  tanti  Pe-  »  trarchisti  che  sono  una  noia.  L'Ariosto?  Divino;  »  ma  molte  volte    nel  basso  che  m'uccide.  Il  »  Tasso?  Semper  corda  oberrat  eadem.  Insomma  »  eirè  come  dice  Leopardi:     a  Vuoi  tu  parere  un'  arca  di'  scienza  ?   Biasima  sempre ,  e  vedrai  la  brigata  »  Starti  d' intorno  con  gran  riverenza.  »   »  Un  grand'uomo ,  un  grand'uomo  è  costui ,  dirà  la  brigata,  che  conosce  dove  sono  difettivi  gli  »  autori.  Proviamolo.  Si  ragiona  di  questo  mondo  »  e  dell'altro.  Su  due  piedi  l'uomo  ha  da  saper  »  rispondere  tanto  del  corso  de' pianeti,  quanto sentenziare  deiinitivamente  delio  arricciare  ca-  »  pelli  ;  e  s'egli  ha  grande  animo ,  sempre  termi*  »  nera  col  dire  :  In  un  mio  Trattato  spero  di  far    vedere  al  mondo  eh'  è  goffo.  Le  signorie  loro  »  tra  poco  vedranno  l'opinione  ch'io  tengo  sopra  »  ciò  in  un  libro  che  quasi  ho  terminato:  per  modo  »  che  empiendo  il  capo  de' circostanti  di  sentenze,  »  di  libri  e  di  simili  abbondanze  letterarie,  egli  è  »  impossibile  che  quando  prende  licenza  dalla  com-  »  pagnia  non  si  bisbigli  :  Oh  che  uomo  !  Oh  che  »  profondo  sapere  !  Costui  è  una  libreria  che  cam-  »  mina.  Una  stamperia  che  tira  il  fiato.  »   Ma  se  ti  è  permesso  di  ridere  delle  stoltezze  degli  uomini,  come  gli  altri  ridono  delle  tue  ,  la  pulitezza  vuole  che  il  tuo  sorriso  al  loro  guardo  s'asconda,  e  che,  d'ogni  malizia  spoglio,  non  sia  diverso  dal  sentimento  che  eccitano  in  te  due  puU.  Cini  che  vengono  a  contesa.   /   ,  giuochi  di  società.   Classificazione  dé*giuochi  e  vantaggi.   Da  un  lato  non  è  sempre  possibile  nelle  lunghe  sere  iemali  alimentare LA CONVERSAZIONE con  soggetti nuovi  e  interessanti;  dall'altro  il  discorso  pende naturalmente alla  satira. Ora  è  meglio  giocare  che  annoiarsi ,  è  meglio  giocare  che  maledire  «  purché  regola  si  serbi  e  misura. Le  jeu  fùt  de  tout  temps  permis  p9ur  s'àmuser  ;  Oh  ne  peut  pas  t^mjours  travailler^  prier ,  lire  ;  //  vaut,  ìnieux  s'óccuper  à  jouer  qiià  médire.   1  giaoehi  poksoAo  esheré  indotti  a  cpiattro-elattf:   La  1.*  esercita  le  forze  corporee  (per  es. ,  il  «orso,  la  lotta,  il  pigiato  eec^«.  )•   La  2.^  esercita  le  forze  intellettuali  (  per  es.  gli  teaochif  vari!  giuochi  colle  carte;  eec}«  ^   La  S.*  lascia  Inerti  le  fonie  corporee  e  intrilel»  tuali  (per  es.  i  dadi  e  tutti  i  giuochi  d'azzardo)^   La  .  4**  esercita  coDtemporaoeaoieDte  le  forze  fi»  siche  e  tntellettualf  in  diversi  gradi  ,-  e  In  parte  anco  dipende  dall'azzardo  (  per  es.  il  giuoco  della  palla  «  cavallo^  del  pallMe.eo'piedi  ecc.).  I*«r?{^  volanti  divertono  nel  verno  tutte  le  corti  d'oriente:  vi  si  appendono  de'  fuochi  che  seml^rano  astri  in  mezeo  al  cielo.  Quello  del    di  Stam^  sèmpre  in  aria  ciascuna  notte ,  e  i  mandarini  ne  tengono  alternatìvamente  il  cordone.  In  Itàlia  querto  diiier^  timento  è  rimasto  ai  ragazzi  ne'giorni  festivi  d'e-  state e  nelle  ore  pomeridiane,  e  unisce  il  piacere  deHa  vista  airesercizio  delle  membra  (t).   *  L' opinione  comune  vuole  (  ed  io  l'aveva  se-  gnita  Bell0  antecedenti  edizioni  di  questo  scritto  )  che  Fuso  delle  carte  da  giuoco  fosse  ignoto  pria  del  XV  secolo ,  e  che  ne  sia  stato  inventore  Già*  cornino  Crtn^nneur,  pittore  di  Parigi,  verso  la  fine  dei  secolo  XIV.  Pare  che  non  si  possa  dubitare  della    (!)  I  cervl-volanU  meritavano  una  menidone  pnrtlcoIw?c ,  |H9cchè  la  loro  storia  è  unita  a  quatta  deU'  el^tlrieitè.    falsità  di  questa  opinione  allorché  si  legge  il  manoscritto italiano  del  1295,  citato  dal  Tiraboschi  e  dal  Dizionario  della  Crusca,  nel  quale  si  parla  del  giuoco  delle  carte,  come  già  largamente  diffuso  in  quel-  Tepoca.  Forse  ella  è  questa  un'invenzione  asiatica  come  il  giuoco  degli  scacchi.  Che  che  però  sia  della  sua  origine,  egli  è  certo  che  le  carte,  ugualmente  che  altri  piaceri  innocenti  ,  censurate  caldamente  da'  predicatori ,  proscrìtte  con  pene  rigorose  dai  governi,  resistettero  a  tanti  nemici  potenti  congiurati contro  di  esse.  Dopo  che  l'esperienza  e  i  progressi dell'economia  politica  hanno  insegnato  ai  governi  a  trarre  un  partito  flscale  da  ciò  che  ave-  vano inutilmente  proibito,  le  carte  da  giuoco  go-  dono, per  così  dire,  d'un  esistenza  legale,  impin-  guano il  pubblico  tesoro,  occupano  alcuni  fabbricatori,  e  il  piacere  deglr  uni  diviene  sorgente  di  lavoro  per  gli  altri.  Le  carte  formano  parte  de'  divertimenti  delle  quattro  parti  del  mondo. Le  prime  carte  differivano  dalle  attuali  nell'ap-  parenza e  nel  prezzo  ;  esse  erano  dorate,  e  le  loro  figure  dipinte  e  alluminate,  sicché  la  fabbricazione  richiedeva  talento e lavoro  particolare;  quindi  ne  era  alto  il  prezzo,  in  conseguenza  raro  Tuso. L'invenzione  delle  carte  introdusse  de' cambia-  menti ne'modi  di  divertirsi.  I  differenti  giuochi  a'  quali  esse  aprirono  il  campo,  costarono  più  tempo  che  dertaro  ;  quindi  anche  nel  loro  abuso  furono  meno  fatali  de'  dadi.   In  generale  i  giuochi  d'industria ,  ì  quali  appartengono alla  seconda  classe,  possono  essere  utile  e  innocente  esercizio  allo  spirito  di  combinazione    ed  io  dirò  francamente  alle  madri:  Se  il  vostro  ligliuoio  è  stupido  i  inspirategli  qualche  gusto  pe^  fuochi  d'industria;  k  vanità  punta  ed  aaiouAa  ^Ue  vìaende  delle  pmlile  a  deHe  Tioctto  risyeglìà  Tattenzione  e    qualche  iittività  allo  spirito.  -  Aggiungete  che  una  persom  ohe  UM  sa  gioem^   costringe  altre  due  o  tre  a  rimanere  oziose  come  eis^  in  una  coaversazione.  r  o:  Additando  i  iWDtaggi  det  giooéo  tmè  paioob  al  bisogno  d'intrattenersi,  non  intendo  di  vantarne  la  passioiie^  «amo  ehi  addita  i  pragl4el  vino,  io-  lande  di  gkistifioare  rubbriaebeeza..  :  vi  .v>iJE  che  dite  dei  degli  scacchi?   «  Quello  earia  è  mutile  JiilfatteDHMBta  ai  kh   »  gegnoso  (risponde  il  Castiglione);  ma  parmfebe  »  un  sol  difetto  vi  si  trovi  ;  e  questo  è  che  si  può  »  saperaé^  troppo,  di  modo  che  a  cui  vuol  ^ssaere  »  eccellente  nel  giuoco  degli  scacchi,  credo  bisogni  »  consumarvi  molto  tempo,  e  mettervi  tanto  studio  9  quanto  ii^  vatésse^iiiiparar  qoaiehe  wbil  aefeaza,  »  o  far  qual  si  voglia  altra  cosa  ben  d'importauiia  ;  »  e  pu;  ìd  utolme^  etn  tanta  letica,  non  w  altep  »  che  un  giuoco.  GU^^fOiiiAi^gi^o^i  qtiai  eh' essi  siwa^  purché  noi!  eseatiè 'dal  liaMi  .  della  deeema^  s$ao  imta  pià  pregiabiUy  quca^o  maggiore  esercizio  offrono  ^iifoftj%roei;iq»ipHfi^^  alU/0rze^is»tellet'  tuali;  quindi  tra  tutti  i  giuochi  t  meno  pregiabiii  e  i  più^daiinoat  aooo  i  giuochi  d'azzardo.:  ^   'Regote  di  civiltà  nel giuoco.   iVoti  mQSif4Ue  mal  umore  se  vi.  toccano  cat'  ièbe  coorte  o  se  perdete  ;  giacebè ,  altvimenli  fa-  cendo, dareste  a  divedere  che  la  vostra  tranquilK può  essere  turbata  da  un'inezia,  e  cte  apprezzate  WfmhiiaMnlle  una  pieeola  niQneta«  -  .  If    Nm  siate  troppo  fento  nel  giocare,  sia  per  non  dar  prova  d'inerzia  intetlettpale,  sia  per  non   Se  il  vostra  compagno  commette  degli  ^r-  rorif  ó&rreggetelo  €on  gwbo^  iberna  fare  schia-  iNMS^  6  dar  wgM  4t  troppo  dispidoere  R  che  violerebbe  la  prima  regola;  d' altra  parte  dovete  fiewdarvi  di  ^fuiatli  %ìt»  eonunetlete      steasò. Se  giocate  con  persone  schizzinose,  difen-  deté  il  vostro  diritto  seaza  riscaldarvi  e  soprattutto  «iiM  paiéfo  «iSniiiKe  ;  #^  Ae^po  é'a?^  sposto  }e  vpstre  ragiooi)  cedete  con  beila  maniera. Io  giòco  per  diletto  e  per  conforto;  .  »     chi  vuol  far  quistion vada  aila^guerr^  E  giuochi  ad  ammazzare  o  ad  essèr  morto. Non  moxtrMe  ecee$sÌoa  é^ili^rwsa  fpumdo  vincete  ,    percbò  Waii^prez»  maggiore  dell  impmtattca  éeila  Msa  t  dtnot»  picooiMza  di  apicito sì  perchè  la  vostra  allegrezza  produce  nel  perdente  im  (dispiacere  più  sensibiie  d^a  perdita,. ed  è  ri-  guardato cornai  m  prìmo''gmb  d'iMuttOk  Infetti  nissuno  ama  di  perd^e  a  nissun  giuoco,  non  tanto  per  h^resse  guanto  «par  amair  propria  ;  giaacbè  dalla  perdita  risultane  idee  umiliamli  eeonlrarie  aii/opinione  abituale  die ci3scuno  arasi  formata  in  mente  della  stia  destrazza  e  della  sua  fortuna.  Vod*  taire,  benché  uomo  di  spirito,  o  perchè  uomo  di  .  troppo  spirito,  non  poteva  tollerare  il  padre  Adam,  quando  guasti  lo  vinceta  agli  scaccili    al  tò*  ie;lìardo.  Un  principe  assiro  uccise  il  Aglio  di  ^>o-    Jbyas  alla  i:accia,  perebè  quel  giovine  era  riuscito  a  ferire  un  orso  ed  pn  (ione,  contro  tsni  il  pnriiicipe  aveva  slanciate  le  sue  freccie  inutilmente. Un  uomo  probo  non  si  permette  la  minima  sùperchieria  nel  giuoco  ;  egli  vuole  poter  dire»  io  non  ho  fraudato  giammai,  senza  che  la  coscienza  Io  smenta  :  egli  temè  che  V  abitudioe  d' ingannare  neHe  cose  piccole  diminuisca  la  sua  delicatezza  nelle  grandi. Ogni  frode  dovrebbe  essere  punita- còlla  perdita  una ,  due  o  tre  partite ,  secondo  la  sua  impor*  tanza ,  ed  a  giudico  inappellabile  d^gli  astanti. La  somma  giocala  deve  essere  tenuissìiha  e  sempre  inferiore  alle  finanze  del  men  ricco  tra  i  giuocatori  ;  altrimenti  alcuni  non  giocheranno  per  non  resbré  esposti  a  gravi  perditè ,  altri  gio-  cheranno con  grave  loro  daqoo  per  non  comparire  spilorci:  Tono  e  l'altro  caso  annuUa  il  piacere  delibi  CONVERSAZIONE e  lo  deprava.  Il  prodotto  delle  vincite  debb' essere  m-  pSeguito  4Z  vasutaggio  tornirne  ;  QUESTA REGOLA dimt-  i)uisce  il  dispiacere  delle  perdite^  e  neutralizza  l'a-  vidi del  guadagno. Il  tempo  destinato  al  giuoco  non  deve  su-  perare i  due  terzi  del  tempo  consecFato  alla  cw^  ireflsasione  i  e  questa  non  deve  succedere  a  ^e»e  'de' doveri  e  degli  affari  di  maggiore  importanza.  .      Jiton  ai  deve  costringere  con  importuniià  sèsamo  a  giocasi ,  come  non  ti  deve  èoatriogere  . jaissuno  a  bere.  Non  si  devono  accoppiare  mi  friwM  >er*  sos^ie  nemiche  o  reciprocamente  odiose.  Egli  è  quf$ta  un  probienia  teìvoita  dilGcile  per  la  padrora iiratO  TÉMÙ   di  casa,  e  a  scioglierlo  beae  ci  vuole  occhio  Qao  e  pratica  di  aioDdo.   .  «  Lieto  così  tra  ramichevol  turbai  »  L'  ore  dividi  delle  amene  sere,  )*  E  n'abbiao  parte  gli  eruditi  detti,  «  £  parte  ancora  al  genial  oe  dona  »  Breve  «ommercio  di  piacevol  gioco,  »  Cui  mutua  gioia  e  scarsa  speme  avvivi,  •>  Ma  sete  d'oro  non  corrompa,  o  il  renda  '  »  Torbido  e  taciturno,  e  tal  che  dopo  »  Al  vìnto  Insieme  e  al  vincitore  incresca. DOVERI NELLA CONVERSAZIONE. ATTENZIONE.  L’attenzione  ne' crocchi  sociali  si  divide  in  doe  rami  distintisdmi*  Il  prim^  coDuprenda  quatf  a^ttnsa  sansibiiilà  che  immagina  i  bisogni  degl’astanti ,  li  previene  od  asseconda;   Il  secondo  oom|ltettde  le  affetftudini  «steHori  di-  mostranti che  Taitrui  discorso  occupa  interamente  il  nostro  anunob*   L  Supponiamo  una  signora,  che,  animata  dal-,  raoeenaata  sensibilità  dirige  ufia  CONVERSAZIONE,  0d  «serviaoMMie  ^v%ibM^  La  ptontezza  era  mii  ella  risponde  alle  dimande,  vi  fa  supporre  che  la  sua  attenzione  sia  tutta  ooeupata  nelle  risposte  ;  V ingannate;  ella  si  diiFÌd6, si  moltiplica  ,  ed  è  presente  a  tutti  i  pensieri  degli  astanti  ;  non  vi   S&7   sfogge  uno  sguardo  eh' ella  noi  vegga;  non  {or-  inate- tto  degiderk)  ch'elici  non  conosca}  noa  pfo^  ferite  una  pàroia  eh'  ella  non  ascolti  ;  non  v'  ha  individuo  nella  conversazioae  eh'  ella  dimentichi  iQ&tti  ella  vede    Ja  un  angola  ehi  wa  paria  per  timidezza,  6  gh  dirige  con  sorriso  di  confidenza  una  dimanda. Ella  s'accofge^  che  U  discorso  d  ;qualcuQó  eomiaeiab  ad annoiar  la brigala,  e  gli  .  cambia  cofx  bel.  garbo  il  soggetto tra  le  mani.  Il  vosl^  ^vvtirsacio  vi  stringe»eoa  afgomenti.iQeal»Dtì  a  segno  che  siete  vicino  succumbere;  ella  viene  in  ip(ra  soccorro,  con  una  celia.  . Vi  jsf uggì  di  bocca  dna  parola  a  cui  sh    sinistro  senso,?  ella  spiega  la  vostra  intenzione  e  la  presenta  in  beir  aspetto.  Cadeste  per  inavvertenza  iiv  uno  sbaglio  che  può  divenirvi  nocive  ?  ella  vi  trae  d'imbarazzo  colla  sua  presenza  di  spirito  Uh  Voi  non  ardite  leggere  una  iatteira  che  vi  viene  pre^eotida/netta  ewiversaziaiie  ;  ella  dimanda  per.  voi. il  permesso  agli  astanti,  pro-  ^testando  che  ne  conosce  Timportan^a.  Voi  vorreste  .partire  e  non  osate  ;  elja  vi  &  rimprovero  che  4ih   1  'Ferdinando  VI  re  di  Spagna,  benché  di  carattere  buono  jed  amano,  era  alquanto  severo  contro-  quelli  che  facevano  uso  di  tabacco  proy[>ito.  -  tJn  gìomò  in  sua  presenza  un  grande  di  Spagna  trasse  di  tasca  una  scatola  piena  della  polve  proscritta.  Il  re  slanciò  sopra  di  lui  uno  sguardo  mi-  naccioso. L' ambasciatore  di  Francia  (  M.r  di  Duras  ) ,  ac-  cortosi della  faccenda,  s' avvicinò  alio  Spaludo  e  gli  disse:  Ohi  ecco  la  ndaia|iaocbierache  V.E.,  per  prenderai  giuoco  di  me,  mi  aveva  tolta.  Questo  felice  espediente  trasse  d^ impaccio il  reo  6  disarmò  il  monarca.  (NB.  I  membri  del  corpo  diplomatico  non  erano  soggelU  alla  legge  della  proibizione  ).   menrichiate  i  vostri  affari  pe'vostri  amici,  e  v'or-  dina di  partire  sotto  pena  della  sua  disgrazia.  Vinse  ella ,  è  vero,  al  giuoco,  ma  se  la  destrezza  del  suo  compagno  non  avesse  corretto  i  suoi  er-  rori, sarebbe  rimasta  succumbente.  Quest'oggi  ella  è  libera  dalla  sua  emicrania  e  ne  furono  medicina  i  bei  motti  della  scorsa  sera.  Osservate  con  quale  compiacenza  arresta  di  quando  in  quando  il  suo  .  sguardo  sopra  uu  astante,  e  pare  che  la  sua  fisonomia  s'animi  e  s'abbellisca  :  ne  volete  conoscere  il  motivo?  Questi  le  presentò  l'occasione  d'essere  utile  ad  un  infelice.  Senza  pretendere  dominio  nella  conversazione,  sa  dirigerla  con  destrezza ,  e  quasi  direi  fa  comparire  sul  palco  i  personaggi ,  restando  essa  tra  le  scene.  Ella  sa  far  valere  cia-  scuno senz'aria  di  protezione,  perchè  sa  distribuire  le  parti  secondo  V  abilità,  il  genio  e  i  talenti  di  ciascuno.  Voi  avete  fatta  una  bella  azione,  e  non  ne  parlate  per  modestia;  credete  voi  ch'ella  non  la  conosca  ?  che  l'abbia  dimenticata?  Aspettate  che  la  conversazione  sia  piena,  ed  ella  verrà,  per  così  dire,  a  prendervi  per  la  mano  e  vi  presenterà  agli  sguardi  di  tutti  in  mezzo  ai  raggi  della  vostra  gloria. Parecchi  scrittori  che  frequentarono  i  bordelli  ,  hanno  fatto  la  satira  del  bel  sesso  :  essi  avevano    Nel  testo  ho  abbozzato  con  lievi  tinte  il  carattere  d'una  signora,  la  cui  amara  perdita  lasciò  profonda  sensazione  nel-  r  animo  di  quelli  che  ne  ammirarono  le  virù  :  parlo  della  si-  gnora Marianna  Morigi  Réina.    ragione  :  il  primo  dovere  d' un  viaggiatore  si  è  d' essere  esatto.  A. chi  ha  conosciuta  deile  dooae  che  il  flore  delia  gentilezza  uDivana  aHe  fià- amabili virtù,  iocumbe  l'obbligo  d'esattew  eguale.   IL  Mostrare  che  degli  altrui  discorsi  nóu  f«t»  dete  una  parola,  e  che  le  affezioni  risentite  che  il  parlante  tende  ad  eccitare,  è  dovere  si  evidente,  che.  d' ulteriori  schiarimenti  non  abbisogna  dopo  quanto  è  stato  detto  nel  libro  primo.  Se  npn  mostra  che  il  turbi  o  che  il  conforti  Ciò  che  sente  chi  ascolta ,  non  dirai  '   f  O  ch'egli  è  sordo  o  che  poco  gt'  importi?  Con  somma  attenzìon  dunque  dovrai  Ascoltar  ehi  proponga  o  chi  risponda,  ,  n  Se  avrai  iuteìrrogato  o  se  il  sarai*  »  £.se  avversa  al  tuo  genio  o  pur  seconda  Sarà' la  eosa  iM^t  dèi  mei  visito. Mostrare  impressione  aspra  o  glo<M)ndd. Conviene  assistere  ai  discorso  di  chi  parla  come  si  assiste  In  teatro  ad  una  seeua  nuova  ;   n  E  però  sii  disposto  ad  ascoltarlo  »  Come  di  tutto  ignorante  tu  fossi ,   »  E  n^suoi  vari!  sensi  a  seguitarlo.  È  quindi  grave  inurbanità,  allón^è  qualcuno  parla,  trastullarsi  ooHentaglio,  col  cane,  coi  guanti,  colla  td^oduera,  eoi  cappello,  ovvero  Volgere  qua  ^.    il  capo,  e  far  gesti  con  questo  e  sorridere  a  qucHo ,  ioBomma  mostrare  un'  aria  di  volto  che ,  alla  sensazione  comune  eccitata  dai  dkeeni.  del  pariante  non  eorri^poada.  In  forza  di  queste  distrazioni,  quando  il  discorsa  è  innoltrato  e  diviene  interessante,  siamo  costrettJ  ^  a  confessare  che  ce  ne  sfuggì  il  filo,  e  con  altrui  .  noia  preghiamo  chi  parla  a  rannodarlo  nella  nostra  mente. Egle  distratta  intanto Torna,  disse,  a  ridir,  ch'io  nulla  intesi. L'altrui  distrazione,  oltre  d'essere  un  affronto  .  a  chi  parla,  giunge  a  turbare  le  di  lui  idee ,  mentre  all'opposto  l'altrui  attenzione  le  raccoglie.   '  «  E  se  ascoltando  astratto  o  per  stanchezza  «  Volgi  l'occhio  ,  si  ferma  chi  favella  ;  »  Ma  guardalo,  e  il  discorso  raccapezza. La  distrazione  poi  è  dannosa  a  noi  stessi  in  tre  modi  nella  CONVERSAZIONE  A  ,<vr  riv  i/,   1'.  Ci  fa  ripetei^e  le  stesse  dbnande  ^  ^^^prova  labilità  di  memoria,   Una  principessa  volendo  dire  qualche  cosa  graziosa ad  una  giovine  dama,  le  dimandò  quanti  figli  aveva. ‘Tre,’ rispose  la  dama.  Un  quarto  d'ora  dopo ,  la  principessa,  la  cui  attenzione  era  straniera a  questo  trattenimento,  dimanda DI NUOVO  alla  dama  quanti  figli  aveva.    “Siccome non ho partorito dopo la prima dimanda che aveste la bontà di farmi,” replica la dama , “così i miei figli restano tuttora tre.” Ci fa commettere sbagli e contrassensi che ci rendono ridicoli. Un  negoziante  cui  fu  esibito  da  sottoscrivere   l'estratto  battesimale  d'uno  de'suoi  figliuoli,  scrive  :  Pietro  ....  6  compagni.  Egli  non  s'accorse  della sua  stoltezza  se  non  se  dopo  la  risata  generale  che  eccita.  Ci  fa  si^elare  i  sentimenti  del  nostro  animo  contro  nostra  voglia.  . Una  dama  alla  presenza  di  suo  marito  parla  della  destrezza, di  cui  si  era  servito  un  galante  per  introdursi  nella  casa  d'una  signora  ch'egli  ama,  in  assenza  di  suo  marito.  Ma  nel  mentre,  dice  ella,  se  la  intendeno  tra  di  loro,  eccoti  il  marito  che  batte  alla  porta. Ora  immaginatevi l’imbarazzo in  cui allora io mi  trovai. La verità  sfuggita alla moglie pose il  marito in altro imbarazzo maggiore. Sogliono  essere  causa  di  distrazione. La  noia  prodotta  da  discorso  poco  interessante o  già  notoy  e  il  poco  concetto  che  si  ha  di  chi  parla. Quindi  dell'altrui  distrazione,  siamo  non di  rado cagione  noi  stessi. L’abituale  irriflessione  che  lascia  errare  sbrigliatamente  la  fantasia  senza  riguardo  alla  realtà  delle  cose  da  cui  siamo  circondati. La  voglia  di  rispondere  per  vanità  od  altr,  simile  sentimento.  Allorché  qualcuno  parla,  alcuni  concentrano  il  pensiero  sopra  ciò  che  devono  rispondere. Tutto  occupati  nella  risposta,  non  resta  loro  alcun  grado  d'attenzione  per  ciò  che  ascoltano. Temendo  che  sfugga  loro  l'idea  che  vogliono  esporvì ,  il  loro  spirito  s’occupa  a  conservarla,  e  ad  impedire  che  altre  al  di  lei  posto  sottentrino.  L'astratto  è  una  testa  debole  che si lascia  predominare dalle idee che gli vanno per la fantasia , o un  uomo  vano  che  si  finge  occupato  in  grandi  pensieri. In  atto  Di  pensator  profondo,  altero  sembra   Quasi  seder  della  ragion  sul  trono ,   E  il  semi-chiuso  ciglio  abbassa  appena  .ijfilt-  Sul  non  pensante  vegetabil  volgo. Pretendere  di  mostrarsi  filosofi  mostrandosi  stratti  e  sgarbati,  è  pretendere  di  mostrar  ricchezze  con  un  tabarro  rattoppato.  Chi  alla coltura delle scienze  accoppia  gentil  costume,    segno di  forza  d'animo  come  due. Chi  alla  coltura  delle  scienze  rozzo  costume  unisce,  dimostra  forza  d'animo  come  uno:  poiché  se  la  rozzezza  è  naturale,  la  gentilezza  è  figlia  dell'educazione;  dunque,  rigorosamente  parlando,  in  vece  d'innalzarsi,  l'astratto  si  degrada,  giacché  la  sua  condotta  prova  o  può  provare ch'egli  basta  a  coltivare  le  scienze, non  basta  a  coltivare  le  scienze  e    stesso.  Si  possono  dunque coltivare  le  scienze  senza  essere  villano. Le scienze vogliono che dalla  solitudine passiamo alla società,  più amabili,  perchè vogliono de' seguaci^'  non  degli  stupidi  ammiratori  o  de' nemici. È  quasi  straniera  sulla  fronte  dell'  uomo  buono  la  severità,  mentre  non  di  rado  comparisce  sul  suo  labbro  un  dignitoso  e  piacevole  sorriso,  f.^^   L'uomo  buono  non  s'offende  d'uno  sgarbo,  non  fa  rumore  per  un'altrui  svista  ;  dissimula  le  mancanze d'ossequio  e  di  rispetto  che  a  prava  inten-  '  zione  non  si  possono  attribuire.   Non  isdegna  d'occuparsi  di  cose  frivole,  se  piacevoli agli  altri:  e  nelle  partite  di  piacere  più  l'altrui genio  consulta  che  il  proprio.    iìlLìmaii   Di  contrasti  ignara. Condiscendenza  che  alle  propri  voglie  Cede  coàì,  che  delle  altrui  s'indonna.»,  ^   liwiisilegoa  di  prestare  orecchio  agli  imbecilli  che  non  gli  dicono  BuUa,  e  Ji  toUwa,  lofitaoissiuKi   4   «  Gli  altrui  detti  e  qualche  »  Sbaglio  sfuggito  e  naturai  difetto   AiranouDcfo  d' un  vizio  egli  inc^inà  a  porlo  in  ,  dubbio  ;  e  se  il  vizio  è  certo,  ricorda  il  pentimento  «^he  potrà  cancellarlo.  Quindi  egli  prende  spesso  ta-  liKesa  degli  assenti,  e  conchiude,  quando  può,  Hi  modo  analogo  a  quello  che  usò  Boiingroke^  ai-  Jorchè  intése  a  laccfriiré  la  riputsbsions  éi  Maftou-  ,  Tough  :  Egli  ayeva  .tante  virtù,  che  ho  dimenticato  I  suo»  mi.    t  .Egli  scusa  gli  altrui  difetti  anche  a  spese  della   P.erità  allorché  non  ne  viene  danno  ad  altri  ^1).    (I)  IMusladin  Saadì  nel  suo  Mosarium  poUticwm  riferisce  «che  un  cèrto  re  condannò  a  morte  naa  de*  tuoi  sehiavi  ,  e  ^lie  quesU}  non  vedendk»  speranza  ^  grazia,  ^ede  sfogo  al  .  suo  dolore  con  nalèdieloini  e  ìmpreeaslofxl  d'ogni  genere  'contro  il  re.  Questi  non  intendendo  ciò  che  diceva  lo  schiavo,  \  ne  chiese  la  spiegazione  ad  uno  de'  suoi  cortigiani  :  il  corti-   .  ji^iono ,  il  quale,  per  rara  sorte  aveva  il  cuor  buonore  desi^   derava  salvare  la  vita  al  colpevolé^  riiposè:  fflgilore,  questo  povero  diavolo  dfeè,  che  U  parafo  srta  preparato  perqueUi   (  c:{]c  moderano  la  loro  collpra ,  e  che  perdonano  i  difetti  \  ed ;  ,   Egli  è il  primo  a  sottoscriversi  ad  un  progetto  di  beDeficeneà  ;  non  è  loataiio  dall'  imj^rtunare  per  ottenere un  beneficio  a  vantaggio  di  'qoalchè   bisognoso.  ; Egli  ha  la  delicatezfsa  dare  ad  un  brae&iio  l  apparenza  d\un  obbligo ,  e  conta  pel  massinno  ptqioere  il  piacer  di  beD6fic9re  (1).  È  inotile  rag-    iH  quésto  tfodo  egli  Implora  la  tostrà  d^iDenza.  AUora  ir  '    re  perdond  éló  woìàmo,  e  gU  aiscordà  dinuovi»  A  sua  gmìi.   Cn  altro  cortigiano  iniquo  per  carattere ,  facendo  rlmpro'  veri  al  primo,  gli  disse  che  non  cpnveniva  ad  un  uomo  del   ,8U0  «Ugo  il  mentire  alla  presenza:  del  re;  quindi  rivoltosi  al  ,  principe ,  te  vi  svelerò  la  verità ,  gli  disse  :  i^ppiale  che  lo  «eMavo  fak  proferito  gouIbo  di  véf  1^  pUi;  «BecraUMi/in^  "  rioni,  e  questo  signore  vi  vende  una  merizegna.    M  re,  offeso  da  questa  graluila  e  inopportuna  malvagìtìu           può  ben  essere^  replicò;  Kta  la  menzlogna  che  voi  gU  r  ^cimbroverate,      eliè  la  vostra  ^^ìk  è  pregevole  ;  giac-    cbè  con  questo  mé^  egli  procacciò  dfc>a)vare  la  vitàad  «  un  uomo ,  mèùtre  voi  tentale  di  togliergliela  :  ignorate  vo^  »  questa  MASSIMA?  La  menzogna  die  frutta  un  bene,  vale  »  più  della  verità  che  produce  un  danno. Turenne  avendo  veduto  nella  sua  armala  un  olBciale  imesto  ma  povero,  fornito. di  cattivo  cavallo,  lo  invitta  pranzo ,  e  dopo  pranzo  gii  disse  in  disparte  con  speciale  bontà  d'animo:  io  devo  farvi  una  preghiera  che  forse  voi  troverete  un  poco  ardila  ;  ma  spero  che  non  vorrete  rica-  li lìtillà  al-  vostro  generale,  lo  sono  vecchio  ed  anemie  ma-  laticcio }  i  cavalli  Uroppo  vivaci  mi  ca^^ianano  disagio  e  pena;  voi  ne  avete'  uno  sol  quale  starei  còmodissimo.  Se  non  te-  messi di  domandarvi  un  sacrifizio  troppo  grande ,  vi  preghe-  rei di  cedermelo.    L'  officiale  non  rispose  che  con  profonda   .  riverenza,  andò  ^  pifendero  il  suo  .cavallo  e  lo  condusse  nella  «cudfHriA  di  Turenne.  ^  Questo  generali^  gii  spedì  il  giorno  ap-  presso uno  de*  più  belli  e  migliori  cavalli  dell*  acq^ta.  gfO^re  ch'egei  si  astiene  dalle  commi  ^UHaipai  a  iBer  di  labbro^  no»  aeeompagnaté  èA  desiéeria   d'eseguire^  e  che  si  debbono  chiamai'e  r   «  YeiMi  iógafinì  in  mmzognere  offerte,  r  -   fissare  sei^ro  co'  suoi  simili  è  dtmenticare  di   quante  qualità  siamo  sprovvisti ,  da  quanti  difetti  funifflio  lur^ervati  dai  solo  azzardo,  quanti  oggetti,  qpante  circostanze  sulle  debolezze  degli  uomini  influiscano. Ma  per  e^eré  buono  non  siate  imprudente  }  e  ricordatevi  che  la  bontà  inclina  naturalmente  a  giudicare gli  uomini  no  quali  som  ma  quali  dovrebbero  essere;  la  quale  illusione  se  riesce.pia^  cevole,  perchè  ci  libera  dalle  spine  della  difliden^a,  spesso  di  molti,  e  gravi  sbagli  è  fonte.   §  8.  Modestia^.   Per  Qiodéscià  inteiAlesi  quella,  virtù,  die  si  a-  stiene  dal  prevalersi  de'  proprii  talenti  e  della  prò*  pria  abilità  In  modo  spiacevole  a^  j^uèlli  con  cui  viviamo.   Ella  è  veramente  una  virtù  ^  gi^hè  riesce  a  reprimere  la  nittùrale  tendenza  che  spinge  ciascuno  ad  esagerare  i  proprii  pregi  e  farli  sentire  agli  altri.   ^  Io  non  credo  ch'uom  sia  sotto  la  luna,    Ch'il  suo  ingegno  cambi^^e  con  PLATONE,  »  Quantui^ue  egli  non  skppia  cosa  aìcuna.  Perche  a  ciascun  par  esser  Salomone,  ,  »  £  ui  essenza^si  giudica  da  tanto  «  Che  meriti  ogni  onor  da  le  persone.     Quindi  Timmodestia  cresce  in  ragione  dell'ign^^  .  ranza ,  o  per  dir  meglio  del  falso  sapere  ;  perciò     Digi vi,'   la  Bruyère  dice  :  //  vanaglorlosOy  misto  di  sciocco  e  di  petulante^  sta  tra  questi  due  estremi.   Un  giudizio  troppo  favorevole  di  noi  stessi  of-  fende i  nostri  simili ,  ì  quali ,  volendo  giudicare  liberamente  le  nostre  azioni ,  veggono  con  dispiacere che  si  assegni  a  se  stesso  nella  loro  opinione  un  rango  o  delle  ricompense  che  essi  non  ci  as-  segnarono.   L'uomo  modesto  somiglia  a  que' fiori  che  umili  steli  tolgono  all'altrui  vista,  e  che  solo  il  loro  pro-  fumo fa  conoscere.   La  modestia    ai  talenti,  alle  virtù,  alle  abi-  lità quell'incanto  che  il  pudore  aggiunge  alla  bel-  lezza (1).  '   «  Ippolito,  che  sài  più  in    A\  tanti    '  »  Fra  lor  che  sanno,  e  di  saper  dan  mostra,  Mentre  a  te  ignaro  de'  tuoi  proprii  vanti  -   .*   ^  Schietto  pudor  Tonesta  guancfa  inostra.  »  «  LaseianK),  dice  GOZZI,  il  commendarsi  da  se  »  medesimi  a  coloro  i  quali,  temendo  di    e  delle  y>  opere  loro  ,  tentano  di  sostenerle  coi  puntelli ,  »  come  gli  edifizi  vecchi  e  cadenti.  Non  sia  disgiunta  da  noi  giammai  queir  onorata  modestia  »  che  è  condimento  e  grazia  di  tutte  le  virtù ,  e  ^>  le  rende  più  care  e  pregiate.  Qual  baldanza,  vi    L’umiltà,  differente dalla modestia,  è  una  qualità  cha  brama  mostrarsi  agli  occtii  altrui,  perchè ,  mostrandosi ,  In  vece  d' offendere  la  loro  vanità ,  X  adesca  \  ella  suppone  per  lo  più  in  quelli  che  la  ostentano ,  un  sentimento  segreto  d'amor  proprio  od  anche  d'orgoglio  ch'ella  si  sforza  di  re-  prmiere ,  desiderando  che  le  si  sappia  grado  della  sua  vittoria.    prego,  sarebbe  la  nostra  se  volessimo  privar  le  »  genti  della  facoltà  di  dare  il  proprio  giudizio  »  sopra  di  noi  ?  Perchè  vorremo  noi  essere  niae-^  »  stri  a  tutti  coloro  i  quali  ci  ascoltano,  e  coniandare  ad  ognuno  che  a  nostro  modo  favelli  ?  E   se  per  avventura  V  intendessero  altrimenti  da  »  quello  che  andiamo  noi  vociferando  di  noi  me-  »  desimi ,  che  sarebbe  allora  ?  Le  nostre  voci  si  »  rimarrebbero  offuscate  nelP  immensa  furia  delle  »  contrarie ,  e  noi  verremmo  giudicati  senza  cervello.  Quanto  è  a  me ,  così  penso  e  tengo  per  »  fermo,  che  farà  sempre  inutile  opera  colui  il  »  quale  a  dispetto  di  mare  e  di  vento  vorrà  essere  »  d'assai  con  la  sola  forza  delle  sue  ciance.  »  r  Giusta  gli  esposti  principii ,  l'uso  ha  introdotto  nel  conversare  socievole  certi  modi  di  dire  che  ,  lungi  dal  dare  segno  di  confidenza  eccessiva  nel  nostro  giudizio,  lasciano  scorgere  dubbio  e  difll-  denzà.  Franklin  ci  dice  che  conservò  T  abitudine  di  non  impiegare  giammai  nelle  quistioni  contro-  verse le  parole  certamente,  sicuramente^  indubi-  tatamente^ od  altre  simili  che  il  dimostrassero  irremovibile nella  sua  opinione.  Io  diceva  piuttosto,  egli  soggiunge  i  fo  credo^  io  suppongOy  a  me  pare  che  la  cosa  sia  così,  per  tate  a  tale  ragione:  ov-  vero la  cosa  è  così,  se  non  m'inganno  (l)'.      {\)  Prima  di  Franklin,  aveva  detto  Monsignor  Della  Casa  :  «  Bisogna  che  tu  ti  avvezzi  ad  usare  le  parole  gentili  e  rao*  »  deste  ,  e  dolci  sì ,  che  ninno  amaro  sapore  abbiano*  e  in-  »  nanzi  dirai  :  Io  non  seppi  dire,  che  Voi  non  m' intendete ,    e  Pensiamo  un  poco,  se  così  è,  come  noi  diciamo;  pint:  »  tosto  che  dire:  Voi  errate,  o  E' non  vero,  o  Voi  non  la Poiché  gli  scopi  della  conversazione  sono  d'i-  Vr^struirsi  o  d'istruire  gli  altri,  di  piacere  o  di  per-  »  siiadere,  è  cosa  desiderabile  che  gli  uomini  in--  »  telligenti  e  ben  intenzionati  non  diminuiscano  n^vjl  potere  che  hanno  d'essere  utili,  affettando  »  d'esprimersi  in  modo  positivo'^  presuntuoso  che  »  vi|i9n  lascia  di  spiacere  a  quelli  che  ascoltano,, e  »  non  è  proprio  che  ad  eccitare  delle  opposizioni'  »  e  prevenire  gli  effetti  pe' quali  fu  concesso  al-   . uomo  Jl.s dono  della  favella*/ ,  «tr  .   .  r  «  Se  volete  istruire,  ricordatevi  che  un  tono  af-  ^, fejrmativo ^fi-  dogmatico,  proponendo  la  vostra  -Ili  sapete  ;  perciocché  cortese  é  amabile  usanza  è  lo  Incolpare   M  altrui,  eziandio  in  quello  che    intendi  d'incolpaclo;^  anzi<^   »  si  dee  far  comune  Terrore  proprio  dell' amico, prenderne prima una  parte  per sè,  e  poi  biasimarlo  e  ripren-   i>  derlo. Noi  errammo  la  via  :  e  Noi  non  ci .  ricordammo   À  ieri  di  così  fare*  ^ome  che  lo  smemorato  sia  pur  colui   A  solo  e  non  tu  :  e  quello  che  Restatone  disse  ai  suoi  com-   »  pagni  non  istette  bene:  «  Foij  se  le  vostre  parole  moìi  men'   M  lono  n  ;  perché  non  si  deve  recare  ili  dubbio  la  fede  al-   »>  tmi:  anzi,  se  alcuno  U  promise  alcuna  cosa/e  non  tela   »  attende,  non  istà  bene  che  tu  dica:  Voi  mi  mancaste  della   •)  vostra  fede  ;  salvo  se  tu  non  fossi  costretto  da  alcuna  necessiti ,  p«r  salvezza  del  tuo  onore ,  a  così  dire  :  ma  se   n  egli  ti  avrà  ingannato,  dirai  :  Voi  non  vi  ricordaste  di  così  fare  :  e  se  egli  non  se  ne  ricordò,  dirai  piuttosto  :  Voi  non   »  poteste  ;  o  Non  vi  ritornò  a  mente  ;  che  Voi  dimenUcastc,   »  o  Voi  non  vi  curaste  d'attenermi  la  promessa:  perciocché   »  queste    fatte  parole  hanno  alcuna  puntura  e  alcun  ve-   »  neno  di  doglianza  e  di  villania  ;  sicché  coloro  che  costu-   »  mano  di  spesse  volte  dire  colali  motU ,  sono  ripulaU  per-   »  sone  aspre  e  ruvide  ;  e  cosi  é  fuggito  il  loro  consorzio   M  conie  si  fugge  di  rimescolarsi  Ira'  pruni  e  tra'  triboli.   S6ft   »  proposizione  ^  è  sempre  causa  per  cui  si  cerca  di  eontraddìpvi'^  e  p«r  non  si^  aicoltato    con  attenzione.  Da  un  altro  Iato  se,  desiderando  »  d'essere  istruito ,  e  di  profittare  delle  coignizteiii  »  «degli  altri  ^  toì  ti  esprimete  eooie  pensona  for<-  )>  temente  ostinata  nei  suo  modo  di  pensare,  gli  9  MouNAt  modesti  e  sensibiii  che  nm  amane  la  H  disputa ,  vi  lasceranno  tranquillamente  in  pos-  »  sesso  de' vostri  errori.  Seguenda  un  metodo  or-»  y>  goglioso,  raire  volt»  potete  speme,  di  piaeefs  af  »  vostri  uditori,  di  conciliarvi  la  loro  benevolenza,  »  e  di  convincer  quelli  cui  voi  eravate  vago  di  £a9  »  aggradire  i  vostri  pensieri  La  ragione  non  lia  giammai  maggiore  impero  che  quaodo  alla  si  presenta  non  come  una  legge  che  si  deve  seguire,  ma  come  un'opinione  che  può  meritare  d'essere  esaminata  ;  perciò  ne'  crocchi  di  Filadelfia  pagavasi  un'ammenda  tutte  le  volte  die  facciasi  uso  d'un'  espressione  decisiva.e  dogmatica.  Gli  liQmini  piià  intrepidi'  nella  loro  c^rtsasa  4^rano  obbligati  d'impiegare  le  formole  del  dubbio,  e  pren-  dere nel  loro  linguaggio  l'abitudine  della  modestia^  la  quale,  quand'anclie  s*|uerestasse  alle  sete  parole,      (I)  L*  abate  Polignae  sapava  presedtave  le  ime  Idee  i^a   aria    modesta  e  gentile,  clieil  Pontefice  Alessandro  VIU  gli  diceva:  Voi  sembrate  sempre  essere  del  mio  parerei  ma  alla  line  de'  conti  é  sempre  il  vostro  che  prevale.   Luigi  XIV,  dopo  d*avere  ascoltato  U  suddetto  abate  sulla  ìiegoziazkme  Intrapresa  à  Boma  per  le  celebri  proposiztoid  idei  clero  Oallleano,  disse  :  R!l  sono  Inlratlenuto  con  un  nomo,  e  glovìre  uomo,  U  quale  mi  ha  sempre  controddetUi  c  mi  e  smifte  piaciuto,  /   ai*  uno  xiMa    ^  *   avrebbe  già  il  vantaggio  di  non  offendere  1'  altrui  amor  proj^io,  ma  che^  per  rinfluenza  delle  i^aaroie  MHe  idee  y  ém  fiiialMefite  etftfindent  4mU6  fltetse  opkìioai.   .Ii6  pmone  gemili  sapendo  die  ralttni  wiità   soffre  allorché  si  vede  convinta,  sogliono  terminare  la  contesa  con  una  lepidezza, a fine di mostrare che mii forepo  icrtet»  dall'oppoeisimd,  eh0  El-  lero offendere  il  loro  antagoniata,.  che  non  si,  van-  tano 4Mla  vktona»   .C&a^imazi(me  dello  stésso  argomento.  Siccome  T  ombra  sola  della  pretensione  offende  Faltmi  amor  proprio,  perciò  i  titoli  di  vano,  su-  IUrbò,  anrogantef  tallita  si  regalane  a  tollo^  a  torto  si  dichiarano  offensive  le  giuste  ragioni  con  cai  l'Qinocenza  e  il  nierito  rivendicano  i  loro. diritti.  Costretto  non  di  rado  Tuomo  grande  ad  imporre  silenzio  air  orgoglio  soperchialore ,  £a  conoscere    di* egli  è,  sbalza  nella  tua  possa  e  torreggia  dinanzi  alla  mediocrità  impertinente  che  vorrebbe  avvilirlo.   a  Di  modestia  »  Tempo  or  non  è,  voce  d*oner  n'appella.  »   Infatti  la  vera  modestia  è  eome  la  vera  bravura,   ÌJ  quale  non  oltraggia  giammai,  ma  sa  rispingere  gli  oltraggi  y  fuorché  quelli  che.  li  fa  non  sia  vile  à  segno  da  non  meritare  che  disprezzo.  Chi  avrebbe  potuto  tacciare  d'arroganza  Cicerone,  allorché,  tot-  nato  dall'esilio,  pregiavasi  d'avere  salvato  gli  Dei  del  Campidoglio,  il  Senato  dalla  vendetta  di  CATILINA,  il  popolo  dal  giogo  e  dalla  schiavitù  ?  Non    era  egli  giusto  che  mostrasse  a'suoi  nemici  il  suo  Dome  cancellato ,  i  suoi,  monumenti  distrutti,  la,  sua  casa  demolita,  e  c6l  peso  della  sua  gloria  gli  opprimesse?  I^aseiando  da.  banda  il  caso  assai  rara  di CICERONE  Cice*«-  ronC)  e  consultando  la  giornaliera  esperienza,  ve-  dremo  che  ì^Uoìtdi..  l'esternare  giusto  sprezzo  per  gUr  aUH  e  giusta  sHtim  pctsé^  è  gittstij^ato,  ^al-  r altrui insolenza. Gbe  cesa  dite  di  quelH  ohe  scrivono  la  propria  vita? Il  severo  Tacito  non  ha  osato  fare  rimprovero  a  parecchi'  famosi  ingegni  dell'  antichità,  che  le  loro  gesta  pubblicarono,  non  per  ostentazione  e    Un  prelato  cortigiano,  il  cui  merito  consisteva  ne'suoi  avi,  ccedevasi  disonorato  vedendo  in  Flechier  un  confratello,  che  Dio  aveva  fatto  eIoqu$inte,  caritatevole,  virtuoso,  ma  non  gentiluomo  :  egli  era  ^sorpreso  che  Fléchier  fosse  passato  dalla  bottega  de*  snoi  paventi  affa  ^e  tescovfle ,  ed  èMie  r  impertinenza  di  dirglielo  :  Con  questo  modo  di  jwmare^  ri-  spose il  vescovo  di  Nìmes,  temo  assai  che  se  voi  foste  nolo  f  ai  posto  m  cui  io  aono^  rum  ne  feski  disceso  far  delle  eandéU»   Anche  H  «lareseiallò  de  la  Feuììtàde,  tanto  più  soper-   cliialore  con  quelli  che  credeva  inferiori  a    ,  quanto  più  era  vile  alla  Corte,  disse  al  sullodato  Flechier,  eh'  egli  non'  era  a'  suoi  ocelli  che  un  meschino  borgliigilino  di  Nimes,  e  SQg^nset  Gmmdt»  ehs  vostro  padre  sarebbe  6m  sér^  preso  nei  vedérvi    che  voi  siete.  Forse  men  sorpreso  che  non  vi  sembra^  rispose  il  prelato,  giacché  non  il  figlio  di  mio  padre^  ma  io^  fui  fatto  vescovo.    Il  diritto  di  difesa  giustificava  questa  risposta; poiché  l'  alta  opinione  che  U  buon  vescovo  mctetiava  di  sè,  oltre  d' essere  fondata  sul  veiO}  ten«  deva  a  reprimere  un  ioigjusto  8pcegio« arroganza ma  p«r  quella  tonfideasa  the  .la  'pvobità  inspira. Alfieri*  che  ci  ha  lasciato. la  sua  vita confessa candidamente  che  il  parlare  e  molto  più  lo  scrivere  ^.^i  se  sl^esso  nasce  da  molto  amor,  di se stessa.  '^ìkipo  questa  ingenua  confessione  rautece  giustifica  *  la  sua  condotta  nel  modo  seguènte:  '^-Avendo  ia  oramai  scritto  naolto,  e  troppo  pià   forse  che  non  avrei  dovuto  ^  è  cosa  assai  nàtu-  *  »  rate  che  alcuni  di  quei  pochi  a  chi  non  saranno  dispiaciute  le  mie  Opere  (  ée  non  tra'  miei  con^,  »  temporanei,  tra  quelli  almeno  che  vivran  dopo  ),   avranno  qualche  curiosità  di  sapere  qlial  i<^  mi  »  fossi.  Io  ben  posso  ciò  credere ,  senza  neppor  »  troppo  lusingarmi ,  poiché  di  ogni  altro  autore    andie  minimo  quanto  ad  valore ,  ma  voluofiinoso    quanto  alle  opere ,  si  vede  ogni  giorno  e  seri-  n  ver^^e  leggere^  q  vendere  almeno  la  vita.  Ondo^    quand'anche  nessun' altra  ragione  Vf  fosse ^ è  )».jQ^^pur  sempre  che,  morto  io,  un  qualche  »  lyÉsJo  peir  càyaore  alcuni  più  soidi  da  una  nuova  edizione  delie  mie  opere,  ci  farà  premettere  una  »  qualunque  mia  vita»  £  quella  verrà  verisimil<*  »  mente  scritta  da  uno  che  non  mi  aveva  o  niente  »  0  mal  conosciuto,  che  avrà  radunato  le  materie  »  di  essa  da  fonti  o  dubbi  o  parziali;  onde  codesta  vita  per  certo  verrà  ad  essere,  se  non  »  altro,  alquanto  meno  verace  di  quella  che  possa  dare  io  «team;  E  ciò  tanto  più,  perchè  lo  scrit«  »  t<(^  a  soldo  dell'editore  suol  sempre  fare  uno  »|,smto  panegirico  dell'autore  che  si  ristampa^  sti^  »  mando  amendue  di  dare  così  pià  ampio  snriercio  »  alla  loro  comune  m^canzia.; L'illustre  Alfieri  adunque,  a  ragione  persuaso  che  il  suo  iiome  sarebbe  grande  ^ucbè  restasse  scintilla  di  ;gusto  sul  nostro  globo  ^  scrisse  la  sua  vita,  acciò  Aa  stolta  e  mercantile  adulazione  non  venisse  presantata  ai  postai  sotto  falso  aspato.  '   Questa  difesa  è  modesta  nel  tempo  stesso  e  sa«  gace.  L' auto  re  avrebbe  dovuto  aggiungere  «  che  anche  lo  spirit  o  psfrtitp  s'accinge  spesso  a  scri-  vere delle  vite  o  de'romanzi,  e  di  censure  è  largo  o  di  lodi  ugualmente  contrarie  al  vero  (1).   ^  Ossian,  diòe  Cesarotti,  non  ha  difBcoItà  di  far  Assentire  la  goista  estimazione  ch'ei  possedeva  V  presso  la  sua  nazione.  L'uomo  grande  è  sincero;  »  parla  di  se  stesso  come  degli  altri,  ed  è  giusto    Ugualmente  con  tutti.  La  decenza  moderna  è   È  compftrsaìn  Franeia  ima  cosi  delU  SiUtoteca  de-   gli  uomini  viventi  ecc.  GU  ignoti  autori  di  questa  misera-  bile rapsodìa  mettono  i  vivi  nel  sepolcro ,  contaoo  i  morti  tra  i  vivi ,  di  più  individui  ne  fanno  un  solo ,  squartano  un  Individuo  10  tre,  C8nd>iano  U  medica  in  «rrocato^  lo  stam-  patore in  consigliere,  ll^canieiioe  in  arlecchino:  raccontano  fatti  che  l' opinione  locale  smentisce ,  citano  libri  di  cui  non  conoscono  il  frontispizio  ,  alterano  le  date  per  creare  odio-  sità od  affezione ,  censurano  quelli  che  non  li  pagano ,  ven-  dono le  lodi  a  tre  centesimi  per  jMigina,  gindicano  ^  af-*  lui  coir  acume  della  stupidezza,  parlano  degH  uomini  come  ne  parlerebbe  un  Ourangoulangh,  ecc.  ecc.  :  speculazione  libraria che    dà,  ne  toglie  riputazione,  perchè  nissuno  gua-  rentisce nè  i  fatti,    i  giudizii,  ma  che  può  far  ridere  sin-  ceramente le  persóne  di  éenno,  giacché  le  persone  di  senno  hanno  diritto  di  ridere,  quando  veggono  lin'  impòsta  «icfAi  credulità^  sidV invidia  e  tuUo  $pitii0  di  fmrUio  ^  affezioni  tanto  più  pronte  a  pagare  quanto  più. goffe  son  le  menzogne  die  lor  $i  vendono»   molto  schizzinosa  su  questo  punto:  gli  uomini,  »  non  osando  lodarsi  in  pubblico,  si  adulano  più  »  liberamente  in  segreto,  e    credono  in  diritto  »  di  risarcirsi  della  loro  Onta  modestia  col  detrarre'  »  alla  fama  degli  altri.  Così  non  abbiamo  guada-*  »  gnato  che  virtù  apparenti  e  vizi  reali.  »   Eccettuati  i  casi  di  difesa  accennati  di  sopra,'  a  me  pare  che  il  giudizio  di  Cesarotti  dia  in  falso;  giacché  chi  vanta  i  proprii  meriti,  in  vece  di  far^  parlare  gli  altri  a  suo  favore,  li  fa  tacere;  In  vece  di  farsi  degli  ammiratori,  si  fa  de'nemici  ;  quindi  il  dignitoso  silenzio  della  modestia  sarà  sempre  preferibile: II  merito  più  grande  è  il  più  modesto.  »  )   Se  facesse  d'uopo  confermare  questa  idea  popolare  con  autorità ,  sceglierei  tra  gli  antichi CATONE ,  il  quale ,  a  detta  di  SALLUSTIO,  faceva  grandi  cose  senza  menarne  rumore,  e  avrebbe  potuto  dire  :   a  Cedo  a  tutti  in  parole,  a  nullo  in  fatti.  Tra  i  moderni  v'  additerei  il  poeta  Despréaux ,  il  quale,  eccitato  da  un  incisore  a  far  qualche  verso  pel  suo  ritratto  :  Io  non  sono    malaccorto  ,  ri-  spose ,  da  dir  bene  di  me ,      stolto  da  dirne  male.   §  6.  Rispetto  ai  pregiudizi.   I  giovani  non  conoscendo  ancora  per  esperienza  quante  passioni  vegliano  alla  conservazione  degli  errori ,  ignorando  che  tra  gli  errori  v'  è  una  for-  tissima lega,  e  tale  che  scotendone  uno,  gli  altri  si  risentono  e  CQjrrono  in  difesa:  i  giovani,  dissi,   si  danno  a  credere  che  ogni  verità  potssa  essere ,  sRa- presenza  di  chiunque  proclamata ,  e  fanno  le  maraviglie  se  più  ostacoli  le  si  oppongono.  Come  inafi  ha  (iNDlnto  il  sensate  Bandi  riguardare  il  ri*  spetto  ai  pregiudizi  come  un  legame  inventato  dai  eapriccio  e  dalla  moda?  Se  qualcuno,  entrato  in  una  moschea  zeppa  di  adoratori  di  Maometto,  grl->  classe  ad  altissinia  voce  che  Maometto  era  un  im*  postorcr  credete  voi.  che  farebbe  HK>lti  proseliti,  e  che  non  verreUe  in  pezzi  dagli  astanti?  Ma  senza  anco  voler  calcolare  i  danni  cui  si  espone  ehi  spaccia  una  verità  imprudente,  fa  d'uopo  con-f  venire  che,  offendendo  i  pregiudizi  contrarii,  non  le  rende  più  agevole  la  strada^  ma  più  scabrosa.  Ella  è  infatti  cosa  difficilissima  il  convincere  un'  uomo  dopo  che  abbiamo  offeso  ilsuo  an^or  proprio,  '  Se  il -sole,  dice  d'Alembert,  ^lene  ad  illuminare  in  un  istante  gli  abitanti  d'una  caverna  oscura,  e  dardeggia  impetuosamente  i  suoi  raggi  &m  loro  occhi  non  anco  disposti  e  preparati ,  e  quindi  gli  irrita  soverchiamente  ,  renderà  loro  per  sempre  odioso  lo  splendore  dei  giorno ,  di  cui  non  cono-  scono ancora  i  vantaggi,  mentre  sentono  il  dolore  che  loro  cagiona.  Se  ai  contrario  introducesi  in  questa  inverna  un  debole  raggio  che  per  insensi-  bili gradi  vada  crescendo,  si  riuscirà  a  dimostrare  il  pregio  della  luce ,  e  gli  abitanti  stessi  ne  bra*  nieranno  l'aumento.  Per  la  medesima  ragione  con-  viene rattemprare  la  luce  dei  vero  ,  ed  aspettare  che  rintelletto  a  poco  a  poco  si  sciolga  dalle  false  idee  che  l'ingombrano ,  divenga  gradatamente  più  forte.  I  s' abitui  e  s' addomestichi  cpl  nuovo  ospite  f^he  non  conosceva  per  anco.  >^   Pretendere  che  tutti  gli  intelletti  ammettano  tosto  le  stesse  verità,  è  pretendere  che  tutti  gli  stomachi  digeriscano  egualmente  le  stesse  vivande.   La  pulitezza  vi  fa  dunque  un  dovere  di  cono-  scere il  carattere  personale  e  la  situazione  sociale  delle  persone  che  al  solito  crocchio  concorrono ,  acciò  le  vostre  idee  ed  affezioni  non  vadano  a  dar  di  cozzo  contro  quelle  degli  astanti ,  e  con  reci-  proco risentimento  rimbalzino.   F'élo  alle  antipatie.  Lo  sprezzo  che  merita  la  vile  adulazione  ha  in-  ,  dotto  a  fare  distinto  elogio  della  franchezza ,  e  come  virtù  assoluta  raccomandarla.   La  massima  di  velare  le  proprie  antipatie,  come  quella  di  rispettare  i  pregiudizi,  è  stata  riguardata  qual  legame  inventato  dal  capriccio  e  dalla  moda  da  più  scrittori.  Si  dice  che  dassì  prova  d'integrità  allorché  la  lingua  ed  il  cuore  essendo  d'accordo,  le  parole  rappresentano  i  sentimenti.   Ciascuno  per  altro  s'  accorge  ,  o  sente  almeno  confusamente,  che  se  merita  sprezzo  un  cortigiano  che  ci  protesta  stima,  affezione,  amicizia ,  mentre  nell'interno  dell'  animo  egli  si  ride  di  noi ,  merita  disprezzo  maggiore  un  cinico,  che  senza  necessità  viene  a  dirci:  Io  v'abbomino  e  vi  detesto.  .  Dunque  tra  la  menzognera  adulazione  e  la  fran-  i  chezza  eccessiva  vi  debb'essere  un  mezzo. La  necessità  di  questo  mezzo  è  dimostrata  da  tre  ragioni.   f  i.  L'amor  proprio  di  ciascuno  ,  costantemente  avido  di  farsi  degli  amici  e  degli  ammiratori,  agevolmente  lusingasi  di  ritrovarne  dappertutto ,  e  sente  in  lui  sorgere  e  crescere  il  dispiacere  in  ragione delle  persone  da  cui  si  vede  sprezzato.   Il  dispiacere  risultante  dallo  sprezzo  è  copiosa  fonte  d'antipatie,  animosità,  odii ,  e  perciò  di  gra-  vissimi danni  sociali.-Noi  c'inganniamo  sovente  nell'opinione  che  concepiamo  degli  altri ,  e  più  volte  siamo  costretti  a  ritrattarla  V  senza  riuscir  sempre  a  giudicare  più  sanamente. Laonde  quando  alcuno,  giusta  l'interno  suo  sen-  timento, dice  ad  un  altro,  Vi  sprezzo,  è  sempre  certo  che  gli  cagiona  un  dolore ,  non  è  sempre^  certo  se  colpisce  nel  vero,  -^y,  Ora,  escluso  il  caso  di  necessità,  fa  d'uopo  essere  0  crudele  ò  pazzo  per  cagionare  ad  altri  un  dolore'  che  ppò  essere  ingiusto,  e  farci  un  nemico  che  può  riuscirci  funesto. ^i^V'-Alcuni  dicono:  Da  un  lato  v' è  sèmpre  piacére  neir  esprimere i sentimenti  quali  nascono  nel  no-  stro animo,  mentre  si  prova  pena  nel  reprimerli  ;  dall'altro  noi  non  abbiamo  bisogno  di  nessuno*f^i  Di  questo  raziocinio  la  prima  parte  è  sempre  vera,  ma  la  seconda  è  sempre  falsa,  finché  re^*  stiamo  nella  società.  Voi  non  avete  bisogno  di  Pietro,  e  forse  senza  danno  presente  o  futuro  po-  tete dirgli  :  Ti  disprezzo  ;  ma  la  faccenda  non  va  così  con  tutti  gli  altri  uomini.  £ntrate  in  una  conversazione  con  quella  franchezza  encomiata  da  alcuni  scrittori,  e  presentandovi  successivamente  a  ciascuno  ,  dite  a  questo  :  Voi  pretendete  di  piacere  a  tutti,  e  tutti  si  ridono  di  voi  ;    a  quello  :  Voi  siete    sciocco che m'eccitate compassione;    a  un  terzo  :  Non  saprei  dirvi  il  motivo ,  ma  sento    ars  avversiófte  Contro  di  voi,  ecc.  Se  voi  così  operate^  'mi  par  certo  che  tutti  s'alzeranno  per  cacciarvi'   .  /  fuori  della  conversazione  a  ceffate  ;  e  vi  succederà  lo  stesso  in  tutte  le  altré.  ^^'o^mii  ' La  franchezza  non  consfete  nell'  offendere  inu^  tilmente  l'altrui  amor  proprio  ,  ma  nel  difendere  con  coraggio  i  dirìtti  deWinnanità  contro  r  orgoglio  che  li  calpesta^  e  nel  convenire  de'prqpri  difetti  ed  emendarsene.  '  •/ ^  ,»iliisidu6m;2  In  vece  dunque  di  dire  al  giovine  :  Alza  il  vélo  che  copre  il  tuo  animo  e  mostra  a  tutti  Podio/  lo  sprezzo,  la  noia,  il  dispiacére  che  in  te  produ-  cono le  loro  debolezze  e  i  loro  difetti  ;  gli  dirò  piuttosto  :;  Jpl^;  Uflf' lato  sii  pronto  a  compatire  le  loro  debolezze,  dall'altro  non  crederti  infallibile  j  ne'juoi  giudizi.  L'uomo  franco  può  conservare.  il  j  suo  sentimento  senza  offendere  l'altrui  amor  prò  =5  prio  ;  non  si  deve  offendere  l'altrui  amor  proprio  se  non  in  vista  d'un  vantaggio  maggiore,  come  nònr  si  taglia  una  gamba  se  non  per  salvare  la  vita.  Mi spiegherò meglio  con  un  esempio:  ^ Uno  de'confratelli  di  Guettard  lo  ringraziava  un  giorno  perchè  questi  gli  aveva  dato  il  suo  voto  4  allorché  quegli  fu  accettato  membro  dell'accadenriia  delle  scienze,  roi  non  mi  dovete  nulla,  rispose  il   '  Botanico  :  s'io  non  avessi  creduto  che  era  giusto  it  darvelo  ^  non  r  avreste  avuto  ^  giacché  io  non  v'  amo.  ».   Questa  risposta  ,  benché  lodata  da  Condorcet  mi  sembra  riprensibile  ,  perchè  gratuitamente  of^  fensiva.  Per  quale  motivo  cagionare  un  disgusto  e  dire,  non  v'amo^  a  chi  viene  a  protestarvi  un  sentimento  di  riconoscenza.^  Se  Guettard. avesse    ,SW'   d(^V  Nèl^ire  tt  'mi§^i^  te  eoasultù  te  giù-  sUzìa  e  niente  altro;  non  ringraziate  ddnqiié  me^.  ina  voi  stessè,  giicebè  se  nra  avessi  creduto  cto  lo  meritaste^  ndw  ?ir«fcMè  »v«to  ;<catìh  riq^^mileaddi^  Gtiettard  sarebbe  stato^^  franco  senza  essere  offea-  siw  é  «liand.  L'abAté  S.  ae«l  (Aragofift*  la  indotta  4egH4t9^   mini  nel  mondo  a  quella  de' ciechi  in  uiìà  casa*  vàs|sì  è  ^nregoiare  :  rj^^iH^^  I  più  sensati  a  tentone. Quelita  irregolarità  di  condotta  non  succede  per   Tapplicarle.  Non  uscendo  dai  limiti  deirargomento  che jdiscitto^  dirò  aduncfue,  che  in  mezzo  a  tanti  earattefi  diversi,  tr«*te-vtóc  pMftéser^Ue  ^pasaitini^*  neK'aod^giQjnento  costante  de' gusti  e  de*  pareri ,  tiatf 'si  eMre  'pericoiè  di  sbaglio,  «dlforicbè  attenlèii-  dòsi  allo  scopo  della  conversazione^  che  è  il  rfi*  ^rtimento,  si  ha  riguarda  alla  vanità  di tia^  scuìw,  che talvolta  è-il  prineifmte\08tàiiUù^  fatti, se; nelle  botteglie  predomina  l'interesse,  nelle  cooversaÈtoni  prevale  la  vanità,  e  I  bkdgtii -deila  vanità  sono  anteriori  al  bisogno  di  trastullarsi. La  vanità  è  più  o  meno  maneggiaste  secondo  iindole  delle  altre  qualità  eiA  f&  trova  uffitt  ;  Mvl^  viene  dunque, tener  queste  presenti  al  pensiero  per  rttrovkre  i  bieztl  onde  adescai  qaè)la  {  o  dmetio   iVon  irritarla.   Vanità  e  ignoranza.  AUorisliè  la  vanità  è  Hìnalgamatà  coH'ignoranza,  apre  foreccbio  aHé  più  sciocche  menzogne,  e  delle  più  improbabili  illusioni  si  pasce.  L'uomo  vano  ed  ignorante,  per  es.,  gongola  di  piacere  alle  Iodi  che  voi  date  al  suo  eappello,  alla  sua  giubba  ,  al  suo  abito,:  mentre  un  uomo  di  spirito  ne  rimane  offeso. .  f^anità  e  riflessione.  In  questa  combinazione  le  lodi  impudenti,  anche  desiderandole  per  altri  fini, dispiacciono: i Romani  non  sapevano  come  contenersi  con  Tiberio,  il  quale  non  voleva  la  li;  berta  e  odiava  la  schiavitù.  A  Traiano  éfie  aveva  Io  spirito  sodo  ,  non  andavano  a  sangue  le  basse  maniere  e  servili  che  usava  seco  lui  Adriano.  Carlo»  ^.V  disse  ad  un  adulatore:  IVF  accorgo  che  pensate  a  me  ne'  vostri  sogni.  ,3.  Fanità  e  viisantropia.  In  questa  combina-   .'zlone  la  vanità  è    schizzinosa  e  bizzarra,  che  una  |  lode,  benché  veridica,  e  ravvolta  in  gentile  scorzi  V  la  offende ,  amando  essa  meglio  essere  contradidetta  che  encomiata.  Infatti  egli  è  un  mezzo  quasi  infaUibile  per  conciliarsi  l'animo  del  misantropo  il somministrargli  occasioni  di  esercitare  la  sua  bile  contro  quanto  succede,  e  procurarsi  così  una  specie   ^di  celebrità,  essendo  ohe  nessuno  maltratta  il  ge-  nere umano  se  non  per  occupare  di  se  stesso  il  genere  umano.   4.  Fanità  e  sesso  debole.  Benché  le  lodi  alla  bellezza  non  siano  vere  lodi ,  ciò  non  ostante  suo-  nano piacevolmente  all'orecchio  delle  donne  co-  muni, ed  anche  degli  uomini.  Osley,  famoso  men-  dicante a  Londra,  fece  fortuna  servendosi  del  se-   ,guente  stratagemma.  Quando  era  permesso  di  men-  dicare in  Inghilterra  ,  egli  si  appostava  ove  era  maggiore  la  concorrenza  delle  persone  di  buon  tuono;  e  allorché  vedeva  delle  donne  eleganti,  cercava  loro  la  limosina.  Se  esse  gliela  ricusavano ,  Madama  ,  diceva  egli  all'  una ,  In  nome  di  questi  begli  occhi  neri  ;  all'altra,  In  nome  di  questa  bella  capellatura  ;  a  quella,  In  nome  di  questo  bel  taglio  incantatore  ;  a  questa ,  In  nome  di  que' labbri  di  rosa;  finalmente  venivano  le  gambe  divine,  i  piedi  leggiadrt,  il  portamento  da  regina:  nulla  era  di-  menticato :  ed  egli  andava  a  casa  colla  borsa  piena.,  inanità  combinata  con  qualunque  sorta  di  carattere. La  qualità  più  costante  della  vanità  in  qualunque  combinazione  di  cose,  o  sia  considerata  nell'uomo  in  generale,  si  è  il  piacere  crescente  in  ragione  delle  persone  che  parlano  di  lui  senza  svantaggio.  Un  principio  d'involontaria  allegrezza  scorgerete  sul  volto  di  chiunque ,  appena  gli  dite  che  avete  fatta  menzione  di  lui  in  tale  conversa-  zione;  che  Pietro  ne  ha  parlato  in  tal  altra,  ecc.  È  successo  un  piccolo  urto  nell'amor  proprio  di  due  famiglie,  il  cui  rumore  non  è  giunto  alla  fine  della  contrada  ?  Gli  individui  di  esse  vi  diranno  che  ne  ha  parlato  tutta  la  città  ;  e  se  voi  mostrate qualche dubbio ivyi^ si dimanderà se siete caduto  dalle  nubi:  tanto  è  vero  che    brama  d' essere  r  oggetto  degli  altrui  pensieri  c'  induce  a  credere  d'esserlo  realmente,  e  la  supposta  esistenza  nell'ai:  trui  opinione  è  centupla  dell'  esistenza  reale  :  in  somma  gli  uomini  in  generale  somigliano  quel  miserabile  principe  dominante  sulle  coste  della  Gui-  nea ,  il  quale  seduto  a'  piedi  d' un  albero  ,  avente  per  trono  una  grossa  pietra  ,  per  guardie  quattro  ISegri  armati  di  picche    legno,  diceva  ad  alcuni  -francesi  :  Si  parla  molto  di  me  in  Francia?  Atteso  questa  forza  estensiva  della  vanità,  ciascuno,  spesso  di  buona  fede^  rappresenta  la  sua  opinione^  privata  comè  opinione  pubblica,  di  modo  che  nel  ^progresso  del  discorso  vengon  affibbiate  al  pub-  blico cinque  o  sei  opinioni  talvolta  contraddittorie  sullo  stesso  argomento.   Conoscendo  le  principali  combinazioni  della  va-  ;ìiità ,  e  i  prodotti  sentimentali  che  i^'e  risultano  >  saprà  il  giovine  adescarla  con  garbo  senza  com-  promettere la  dignità  dell'uomo  ;  ritroverà  il  limite  che  separa  la  dissimulazione  dalla  simulazione,  e  idalla  vile  falsità  si  terrà  lungi  ugualmente  che  ridalla  sincerità  gratuitamente  offensiva.  -  Dapprima,  in  vece  di  mostrarsi  stupido  e  silenzioso alla  vista  dell'altrui  nierito,,  il  giovine  ne  sar  \  pronto  encomiatore,  esternando  gradi  di  sti?nu  proporzionati  alle  qualità  utili  e  lodevoli,  asso-  ciando alla  stima  gradi  di  rispetto,  se  di  partico-  lari virtù  si  tratti  e  di  grandezza  d'animo;  in  tulli  i  casi  egli  procurerà  che  il  sentimento  rappresen-  tato da' suol  atti  e  dalle  sue  parole  s'avvicini  ìi  quello  che  gli  altri  vogliono  ritrovare  in  lui,  non  dimenticando  che  quando    tratta  di  riguardi;  e  men  male  peccar  per  eccesso  che  per  difetto.  Sta  dunque  attento  nel  passar  del  guado,  ^jji?,.K cerca d'evitare li due scogli,   »  Da cui  scampano  pochi, o  almen  di  rado.  »  ft  ben  che  in  questo  mar  la  nave  sciogliCol  rischio  a  destra  ed  a  sinistra,  ancora  :^  »  Salvar  ti  puoi,  se  il  mio  consiglio  accogli.  .  ^  Va  per  la  via  di  mezzo,  e  se  pur  fuora  ^.;»vDel  relto  calle  fantasia  li  mena  ,    AH  pilo,  e  non  al  basso  tien  la  prora.  »  '  d'avvilirsi^  isostràndosi  indulgente  alle  umane  de-  ^lez29e,  aUoìr«][iè  nmaa  dmm  ne  risulta^*  EUa^Mftì  isdegna  A  tendere  agli  altri  tachè    più  di  quel,c^e  hanno  diritto  d'esìgere,  sapendo  ejie  nel  com* smercia  <  deUa  vita  cU  ai  ostinàsae^  a  coVmmr^  gli  uonuni  nel  loro  vero  posto,  correrebbe  pericob  di  ppjRsi  ia  coi^esa  eoja  tutti.  >Le  aote  anima  ficoole^  jpqttìtfe aidle iaM pretemttoi, speaae^ sospette jti guardando  come  furto  fatto  a  se  stesse  lutto  ciò  (^p  c(NM«doiif^  figli  aitai  >  Ungotìé  goolàùiaf^^    tfiiancia  in  mano  per  pesare  a  rigore  ciò  che  4«!^oiiq|  fat^f^iiidaie  o  musare  :  é  sg^s^  sotto  pr^  testo  di  non  degradarai,  si  im»lmiio*iiliiv^tlaeif|i  .(^io^Q  usfmli    inferiori. I  Lacedemoni,  che- neri  peccavano  per  eccesso  di  bas-  sezza,  hanno  lasciato  un  beli'  esempio  dell'  indulgenza  che  si  debba  alla  follìa  de'  grandi.  41e^s^"^^o  ^^^^  piccolis-  ^iiaio,  qMlido  péélèadava  drenare  figUo  4i  Giove,  e  JHo  egli  stessè,  ^ireeheper  Melo  rieooosotaeiDo  tutti  gU  8ta(l.éella  Grecia  :  in  occasione    queste  pretensioni  i  Lacedemoni  fe-  cero il  «eguente  decreto,  veramente  laconico  ~  Poiché  Ales-  saneÉto  vuol  essere  Dio^  che  lo  sia.  '  .  Attai  meao  ladolgeiito  si  moslflò  FilosseiMr  een  Dioiiigi  fttotteo.  Questo  ttasniio,  peidiè  era  vètf  laceva  de*very,  pre*  tendeva  al  vanto  di  pòela.  Ef^li  prff^ò  un  giorno  Filoss^ne  a  correggere  una  sua  opera  teatrale;  e  questi,  avendola  rap-  pezzata e  rifatta  4al  primo  verso  air^Himp,  il  re  lo  con-  dannò  alla  lettere, ^acciò- fi  Imipamse  a  rispeltase  ia  regia  pc^la.  li  giómò  sussegnèiYte^  tra(toìòdi  cacGasKe,^K>'amiiiis8  alla  sua  mensa,  e  liniio  il  pranzo,  dopo  avergli  fettOfaleciDl  versi  ,  gli  domandò  il  suo  parere.  Il  ponila ,  senza  rispon-   iV?^  Raccomanderò  finalmente  ai  giovani  di  non  imi-  tare la  vile  e  perfida  condotta  di  coloro  che  lo-  dano  alcuni  collo  scopo  di  denigrarè  altri.  Ih  ciascuna  carriera  alcuni  personaggi  distinti  occu-  pano gli  sguardi  del  pubblico  :  cbe  cosa  fa  V  in-  vidia per  defraudarli  ?  Suscita  loro  de'rivali,  colma  di  lode  degli  imbecilli  che  appena  hanno  il  senso  comune,  e  si  sforza  di  ripeterne  i  nomi,  acciocché  il  pubblico  s'induca  ad  occuparsi  di  essi  e  dimen-   ,/tichi  i  primii   -^^Nel  corso  della  giornata  si  riproducono  ad  ogni  vistante  de'  casi ,  ne'  quali  alla  sola  azioiie  d'inno-  cente  lode  si  può  ricorrere  per  conseguire  l'assenso  di  alcune  volontà  ,  e  diminuire  la  resistenza  di  altre  ;  perciò  ad  esercizio  de'  giovani  soggiungo  i  seguenti  problemi,  ciascuno  de'quali  ammette,  col    dere,  si  rivolse  alle  guardie  e  disse  loro:  Riconducetemi  in  ctarcere.  ^f**^ -^u  ^.  •>  i   Un  uomo  ^11  «pirilo  nel  case  di  Fllossene  sarebbe  uscito  d*  impaccio  con  una  celia.  Infatti  la  condotta  di  questo  poeta  sarebbe  ammirabile,  se  si  fosse  trattalo  d'una  cattiva  legge  od  alli-a  operazione  daivàosa  al  pubblico  ;  ma  scegliete  jl  carcere  pcrclié  un  Uranno  vuol  essere  poeta,  é  paizrja.   '  Maggiore  imprudenza  commise  rarchitelto  Apollodoro ,  il  quale,  sapendo  quanti>  l' imperatore  Adriano  era  avido    lodi,  criticò  un  di  lui  tempio  in  modo-  un  po' burlesco ,  os-  servando cbe  se  gli  Dei  e  le  Dee  si  fossero  alzale  in  piedi ,  si  sarebbero  rotta  la  testa  nel  soffitto.  Questo  scherzo  gli  costò  lii  .vita.  11  quale  fatto  Ù  dice  che  i  coltivatori  dozzi-  nali delle  belle  arti  hanno  una  vanità  atraordinaria,  supe-  riore a  qualunque  sentimento^  e  capace  di  sacrificoì'c  la  slessa  amicizia, mezzo  della  lode  ,  soluzioni  indefinite  nelle  varie  circostanze  sociali.  Disarmare  la  collera. .(  Aureliano  faceva  rimprovero  a  Zenobia  ,  per-  chè non  aveva  riconosciuto  gli  imperatori  romani  ;  la  principessa  lo  calmò,  dicendogli  :  Io  riconosco  voi  per  imperatore,  voi  che  sapete  vìncere  :  Galieno  e  i  suoi  pari  non  mi  sembravano  degni  di  questo  nome. .  ,   2.  Addolcire  l'amarezza  d'uri  rifiuto.  '^  ^   (  11  gran  Condè,  pregato  dalle  dame  di  lasciarle  uscire  da  Vezel  ch'egli  assediava ,  prevedendo  che  Ja  loro  uscita  ritarderebbe  la  resa  della  piazza,  ri-  spose che  non  poteva  acconsentire  ad  una  dimanda  che  del  più  bel  frutto  del  suo  trionfo  lo  prive*,  rebbe.  ,  * Accrescere  pregio  ad  un  favore.'   (  Luigi  XIV  nominando  al  vescovato  di  Lavaur  Flechier,  che  predicava  alla  corte,  gli  disse:  Vi  ho  fatto  aspettare  alcun  poco  un  posto  che  meritavate  da  lungo  tempo,  ma  non  voleva  privarmi  così  presto  del  piacere  d'ascoltarvi.  )  "  '   4.  elare  il  lato  offensivo  d'una  verità.   (  Despréaux  interrogato  da  Luigi  XIV  sopra  alcuni  versi  da  lui  composti:  Sire,  rispose,  nulla  è  impossibile  a  Vostra  Maestà  :  ella  ha  voluto  fare  de' cattivi  versi,  e  vi  è  riuscita.  )  Un  soldato  francese  si  faceva  chiamare  col  nome  d|  Turenne,  celebre  maresciallo  di  Francia:  quesU  mostrò  d'es-  serne ofifèso:  il  soldato  rispose:  Generale,  io  sono  invaso  dalla  gloria  de*nomi:  se  ne  avessi  conosciuto  uno  più  bello  del  vostro,  l' avrei  preso.  L'uso  della  lode  è  ragionevole  finché,  fondato   *  sul  vero  o  verisimile  ,  è  stimolo  o  ricompensa  ai  talenti,  all'industria,  alla  virtù.   i  L'uso  della  lode  è  riprensibile  quando  o  fondasi   sul  falso,  0  di  gran  lunga  oltrepassa  la  misura  del  merito  encomiato,  e  allora  dicesì  adulazioìiél   *  Vi  sono  de'Iodatorì  eterni,  i  quali  non  vi  danno  una  lode  fuggiasca  e  dilicata  ,  ma  vi  inondano  e   opprimono  d'elogi;  e  ciò  per  ogni  inezia,  ad  ogni  istante,  alla  presenza  di  qualunque  persona  ;     cosicché  se  non  rispingete  le  loro  lodi  smodate, acquistate taccia di vanità ;  e  se  le  rispingete,  essi   '.  le  replicano  con  usura,  e  per  così  dire  non  vi  in-  censano, ma  vi  danno  il  turibolo  nel  naso.  Tre  caratteri  distinguono  l'adulazione  dalla  lode  '      '    ragionevole  0  meritata:   L'adulazione  cambia  i  vostri  vizi  in  virtù;  ^   m||||(  Ella  vanta  in  voi  delle  qualità  che  non  avete  ; Ella  innalza  eccessivamente  quelle  che  avete  ; ....  Nel  mentire  esperto,   *  »  Maestro  in  adulare ,  egli  senz'  onta   V  Chiama  faconda  indotta  lingua  ,  e  bella  I  *  "  »  Schifosa  faccia  ;  un  sottil  collo  e  lungo  I  ))  Agguaglia  a  quello  d'Ercole,  che  innalza   I  .    »  Di  terra  Anteo;  magnifica. una  voce   )    »  Stridula  e  chioccia  qual  d'irato  gallo   »  Che  alla  mogliera  sua  morde  la  cresta.      »   L'adulatore  adunque È  un  ipocrita  che  finge  &entimeoti  c^^ptmru  a   qutìlìi  ohe  cg^  ffi^U' animo  ;  ^  Z  m  vile   -  «  Buffon  ,  perpetao  l^ioMM'  di  eaptf  «,   *  »  *   die  trama  ai  cenni  del  rìccOf  e  Ib.ecQ  ai  detti  deUd   persgy|;iefiu  viziose  i   %    soroccatore  cl)e.)dà  .menzogne  per  fitleoi^rj;  vantaggi  personali   ;   É  un  ladro  che  toglie  alla  virtù  r.eiicomio  ehe  profonde  al  vizio;   £  un  infame  che  »  io^i^^^^i^te  ali'  onore  »  non  teme  il  pubblico  disprezzo;   L  infamia  delPadulazione  cresce  in  ragione  della  pubblieU^  ddta  aUe  lodi  menzognere.   Pera  colai  che  sa  malnati  fogli  «  Famelfto  eerifter  vende  sue  lodi,  »  E  d'aura  popolar  Talme  rigonfia.  »  Sid  labbro  a  lai  le  venenate  tazze  »  Vota  menzogna  ,  e  Favvilito  incenso  »  Onde  frodonne  di  virtù  gli  altari ,  »  La  lusinga  vénal  pria^nde  a  Itti  ;  »  Che  col  prestigio  d'un  error  che  piace  19  Cangia  il  ?izio  in  virtù,  traiforma  in  mmie  »    Ignoranza ,  follia  ,  viltade,  e  mira  »  Sorger  Tersità  emulator  d'Achille  ^  »  E  nn  Sfida  infame  in  an  Traian  rivolto.  Allorché  Filippo  di  Macedonia  divenne  guercio,  il  cor-  tigiano Clisofo  usciva  di  casa  con  un  empiastro  sulF  occbjo,  e  si  traeva  dietro  una  gamba  allorché  il  re  zoppicava  per  una  lecita. Sono  arcìpochissimì  quelli  che  facciano  sforzi  per  acquistare  le  qualità  che  loro  mancano  allorché  vengono  accertati  che  le  posseggono  ;  e  meno  sentono stimolila  salire  ad  alto  grado  di  gloria  se  quelli  che  li  circondano  dicono  loro  ad  ogni  istante  che  sono  giunti  alla  cima.  Si  può  asserir  anco  che  più  personaggi  potenti  non  divennero  tiranni  se  non  perchè  fu  fatto  lor  credere  che  tutto  era  loro  dovuto ,  e  che  il  loro  rango  scusava  qualunque  colpa  potessero  commettere. Da  un  lato  essendo  utile  l'uso  moderato  e  ragio-  nevole della  lode ,  dall'  altro  non  essendo  difficile  d'essere  tacciati  d'adulazione  ,  perciò  ricordecò  la  regola    Montaigne,  il  quale ,  nel  lodare  le  virtù  e  i  pregi  reali  de'  suoi  amici ,  compiacevasi  bensì  d'esagerare  alcun  poco,  ma  limitavasi  a  cambiare  un  piede  in  un  piede  e  mezzo  :  secondo  Montaigne  adunque  il  rapporto  tra  il  merito  e  la  lode  che  possiamo  tributargli,  non  deve  oltrepassare  il  rap-  porto di  uno  ad  uno  e  mezzo.   Quindi  pria  di  profondere  lodi  dobbiamo  esami-  nare le  qualità  delle  ji^rsone  ;  e  se  ci  accade  d'es-  serci per  bontà  o  generosità  d'animo  ingannati,  non  essere  restii  a  ritrattarci.     ^   Squadra  ben  ben  Tuom  che  commendi,  ond'onta  »  De'  falli  altrui  non  ti  rifletta  in  viso,  w  Diam  talor  nella  ragna  ,  e  ottien  l'indegno  M  Da  noi  favor;  dunque  la  man  delusa  «  Sottrai  da  chi  va  di  sua  colpa  onusto.  »      Delicatezza animo. Si'  dic0  delicato  oa  fiim  aUovcbè  al  ooniatto  '   d'aurà  un  po'  pungente  s'attrista,  e  al  raggio  me-  ridiano piega  ti  capo  suUo  stelo.   Pèr  drantMre  quanto  è  dUiaiad  r  onora  dette  donne,  lo  parago;iiaDao  a  terso  cristallo,    i,  '  *  «   :A  debìl  canna  y  »  Ch'ogn'aur9  mchina,  ogni  respiro  appanna   Si  ,ah)ai;pa  animo  dilicató  quello  che  alle  tnioime  seai^kKÌon|,m&raUj^iK^  od  a  vanjia^o  aly   4rui  si  risente.   \\.  pi^Q  4^,  essere  bontà  d'animo  senza  de.  Rcatezzas  ^  uoma  ìytiòno  vi  &rà  tosto  il  piae^  ^ebcgli  domandate  :  un  uomo  dilicato  farà    più;'  egli  Vif  risparmierà  la  peqa  41  domandare,,  e  éa^rà  tenere  segreto  il  beneficio.   Vi  può  essere  giustim  Sj^nza^  delicatezza  :  un  uomo  giusto  difenderà  con  calore  i  vostri  diritti  nel consiglio: un uomo dilicato difenderà anco le vostre convenien^, e s' affiretterà  a  .spedirvi  la  Booi^  del  felice  enccesso.   La  delicatez^  d'animo  è  un  misto  di  speciali  qni^ità  e'si  manifesta  coi  caratteri  di  esse,  ^esie   .qualità  sono  le  seguenti. Finissima  sensibilità.  1  generali  Ateniesi  a  '  Maratona,  ecc^itati  dall'esempio  d*ArÌ9tide  ,  cedet-  tero intero  a  Milziade  quel  comando  che  gionial-  mmte^ed  a  vicenda  toccava  a  dascuno*  Milziade,  acciò  la  vittoria  che  lusingavasi  di  conseguire  non  fosse  cagione  di  rincrescimento  a  qualcuno  de'ge-  9erali,  spinse  la  delicatezza  al  segno  da  non  dare   la  faiOtagli^  che  giorno  ia  cui  gli  dpparlBomirjeoinandd.  «iW^^^^h-T^  Cemdido  disinteresse.  Nelle  cose  di.seasibite  vitloree  boa  hm^wYv^laà^fe^^^^  kk^eosa  offerta  e  Ja  cosa  (zccettata.  serve  à  misurare  la'  delicatez;uhi  [wgìio  àir^  che  è  t^Qto  <  aiaggMtr^  Jid  dftlieatez»  quanto  è  mifiore  raccettazione  a  fronW  deirofi^rta^  Neirampiezza  del  terreno  che  i  Mitl-  l^nesi  offerserb  a  Pfttaco«  loro  cooeittadiao»  la  ri^'  compensa''  averiò  per  la  repubblica  acquistato,  non  accetto  egli  fuorché  io  spazio  che  perocMrsa  un  dardo  per  esso  lanciato.  E  tra  ta  iikunifiteàza  de*  doni  che  il  console  Postumio  mise  avanti  a  Marzio  per  ncojfj^seiaieiUo  del  sjao  vatoré,  idtro  non  volle  il  generoso  romano  ch0  un  prigionièro  col  quale  ebbe  comune  l'albergo,  ed  un  eavallo  da  guerra  di  cui  potesse  natile -biittaglie  ^sl^irvirsi. ÀU'opposto  non  si  vedé  ombra  di  ^éélloiieas  net  ée^   guente  fatto.  Il  sopranlcnclente  delle  finanze  francesi  BuUion  ,  nel  ^640  fece  battere  a  Parigi  i  primi  luigi  che  comparvero  in  JPrancia;  e  avendo  invitato  a  pranzo  cinque  nobilissinù  •signori/  fecfe  postare  A  deueré  .^6  badll'  pieni  di  i|uesle  wm,  specie,  e  diése  loro  di  pMnd^è  quanto  ne  VolévatfO;  Clàacun  signore  si  gettò  avidamente  sopra  questo  nuovo  fruito,  ne  riempì  le  sue  tasche  e  fuggì  colla  sua  preda,  senza  aspettar  la  sua  carrozza,  di  modo  che  11  soprantendente  rideva  di  cuore  dell'imbarazzo  che  ciascun  signore  mostràva  eànoninando.  Io  vece  di  delioateàa  qoà  vedAwM^  vmssimo' interesse^  e  liiffà  y.  IndiacSMzione,  giacché  ciaseano,  di  cosa  non  bisognevole,  accetta  quanto  gli  viene  ofiferto  e  se  ne  carica  in  ragione  della  capacità  delle  sue  tasche.  V   Ne' casi  comuni  V indiscrezione  cr^^e  a  misura  che  è  ptà  '^keoìù  U  vafitaggiù  chei'eonkBgue  accettante  y^ejiiù grande  it  danno  che  re$ta  alt  offerente. Vo6ite  fierezza.  Il  tratto  più  hello  che  som-  ministri la  3to];i^-)re]^tijKaiiiaate  airargpmeittP^  si  è  il  wgaeaté,  se  la  memprìa  noii  m*in*  gauna.  Roberto,  duca  di  Normandia,  padre  di  Gu^  gUelmo  ll^^tmgttistatore  ^  trovaadasi  a  Xgfitif|tìDQr  poli  diretto  per  Terra  Santa  ,  erft  eéldbre  p#  tt  fiv^cità  del  suo  spirito  ^  per  la  sua  a£fai^iUtà  t,  fi*  WaMlÀ  sd  altre 'vir^^^^^  L^jQipera|M)ré  ^  ^ogHo  farne  prova^  Io  invito  co'  suoi  nobili  a  pranzo  nella  «graiijsàla  del.palazz^  iniperial^i  quindi^or^inò  che  tutte  lè^  tavd^v  é  tutti  gli  seaniii  £MSerd':bQé^patt  dagli  altri  commensali  pria  deU'ajr^iì^Q  de*  quali  prescrisse*  clie  nissunà  A  prendlésse  >  stero.  Giunto  >  il  duca  co'suoi  nobili,  tutti  riccar  m^te  vestiti,;  avendo  os^rvato  che  gli  scandi  erano  oecopati,  «  die  nissano  rispondeva  alle  sue  gen*  .  tilezze,  si  diresse,  senza  mostrare  la  minima  sor-  p^^.  joè  II  4iiniQiO  turbamento.,  veysp  jl'una  delle  estremità  della  sala  che  rimaneva  vuota,  si  levò  il  mantello,  lo  piegò  con  bel  garbo,  lo  pose  sul  pa- imento  e  vi  si  assise  sopra,  nel  che  fa  imitato  dal  suo  seguito.  Pranzò  in  questa  posizione  colle  vivande  cl^e  gli  vennero  polite,  dando  segno  d^lla .  più  fèrfetta  soddis&zione.  Finito  ìi  pranzo,  il  iw»  e  i  suoljaobìli  s' alzarono  ,  presero  congedo  dalla  ^mpagàrai  nel moda più  grasìoso ed uaeiroao  dalia  sala  colle  loro  giubbe ,  lasciando  sul  pavi-  mento i  mantelli  che  erano  di  gran  valore.  L'im-  peratore che  ^y^Va  ammirato  b  tòro  condòtta,  fa  sorpreso  da  quest^^ul)imo  tratto,  e  spedì  .upo  de'  suoi  còrtigìani.jal  sappUcare  U  dqcft  iiA  il  sao.  se^  guito  a  riprendere  i  loro  mantelli.  Andate  ,  a  dire  al  vostro  padrone,  rispose  il  duca,  che  i  ]!>{ormannì    non  usano  portar  via  gli  scanni  di  cui  si  servirono  a  pranzo.    "Questo  rifiuto  era  delicato,  nobile,  convenevole  e  fiero  nel  tempo  stesso.^  r*-  vi—*-Gentili  sorprese.  Il  czar  Pietro,  che  viaggiava in  Europa  per  istruirsi  nelle  manifatture  europee ,  si  fermò  alcuni  giorni  a  Parigi ,  e  tra  gli  altri  stabilimenti  visitò  quello  della  zecca.  Si  coniarono molte  monete  alla  sua  presenza:  una  di  queste  essendo  caduta  a'suoi  piedi,  egli  la  raccolse  e  vi  vide  da  un  lato  II  suo  ritratto  in  busto,  dalraltro  una  faRia  appoggiata  col  piede  sul  globo,  e  questa  leggenda  :  Fires  acquirit  eundo^  felice  alIasione  ai  viaggi  ed  alla  gloria  di  Pietro  il  Grande.  ;  D( queste  monete  ne  furono  presentate  a  lui  ed  'alla  sua  comitiva.  Il  czar  non  potè  ritenersi  dal  dire  :  I  soli  francesi  sono  capaci  di  simili  gentilezze (o.*^'*;2'!!C  -^..rT.'^''   Dopo  d'avere^  adombrati  i  quattro  principali  elementi  che  caratterizzano  la  delicatezza  dell'  a-  nimo,  passiamo  ad  osservarne' qualche  combinazione. Lo  spirito  vivace  e  la  pronta  sensibilità  di  questa  na-  zione rendono  T  uso  delle  sorprese  gentili  men  raro  che  al-  trove, anche  nelle  basse  classi  sociali.  Dopo  la  battaglia  della  Marsalte,  vinta  da  CaUnat,  egli  passò  la  notte  sotto  la  sua  tenda  alla  testa  delle  truppe»  Trovavasi  egli  in  mezzo  alla  gendarmerìa  e  dormiva  inviluppato  nel  suo  mantello.  I  gen-  darmi, che  avevan  presi  ai  nemici  28  stendardi ,  immaginarono  di  circondarlo  di  quesU  trofei:  gli  altri  reggimenti  portarono  essi  pure  gli  stendardi  conquistali.  11  giorno  comparisce  :  Catinai  si  sveglia  circondato  dai  trofei  della  sua  vittoria ,  e  salutato  dalie  acclamazioni  dell' esercito.    V%Mm  Waniniù  diHcata  sa  mggeHrìs  de*  vtm*  sigli  senza  mortificare  V altrui  vanità  y  ad  imitew  zione  di  Livia ,  la  quale  gettava ,  per  così  dire ,  a  e^w  nella  convèrsazione  delle  fdee  trtlK  ad  Aogostò  senza  che  egli  s'accorgesse  ch'ella  aveva  più  spirito  di  lui.  .  Non  suole  offrire  alta  per  rinfacciare  penuria^  contento  di  mostrare  la  sua  disposizione  a  chi  volesse  approfUtqme*  Nelle  poe«e  d'Ossian^  men*  tre  Gaulo  viene  circondato  da  Svarano,  Fingal  s'alza  ma  non  si    fretta  d'accorrere;  egli  non  vude  rapire  a  Gaulo  l'onore  di  rimettersi  e  liberarsi  dal  nemico  ;  troppa  sollecitudine  sarebbe  stata  un'  of-  fesa alfa  sua  gelosa  delicatézza  su*  questo  pùnto.  '  Egli  sa  coprire  il  soccorso  con  qualche  p7 etesto  plausibite^  e  all'idea    mortificante  della  Kmosìnà  sostituisce  quella  d'un  credito,  d' un  compenso,  d'un' indennizzazione,  d'un  onorario. Eccone  alcani  esempi: Un  sigDoi»!  per  mr  'eampd  di  benefleare  un  aVvooatò  miserabfle,  ed  aUonlanare  dal  suo  animo  l'idea  umiliante  del  soccorjK),  lo  consultava  $opra  cause  immagiaarie,  e  pagava  largamente  i  consulti.  AJCcesUao  visitando  il  suo  amico  Ctesibio  ammalato,  e  vista  la  sua  Indigenza,  trovò  modo  di  cacciargli  destramente  sotto  II  capeuftle  U  denarb  che  abbisognavagll.  l  signor  Dubois  all'  epoca  del  terrorismo  in  Francia,  essendo  stato  destituito  dalia  sua  carica  e  rinchiuso  in  pri-  ^one,  il  botanico  (^ll^ei^t  portò  ciascun  mese,  e  finché  durò  Uk  detenzione,. alla  fl^posa  dell'  amico  detenuto^  la  metà  del  proprio  onocario ,  acclorcb',  ella  non  sospettasse  la  desti-  tuzione del  marito  ,  e  non  iscoigesse  tutto  il  pericolo  cui  rimaneva  esposto.  Facendo  de' benefica ,  egli  si  guarda  dal  ram-  mentarli sì perchè  aspira  al  piacere  delle  belle  anime  ,  non  a  quello  dei  despoti  ;    perchè  sa  che  la  ricordanza  de'beneiizi  riesce  gravosa  al  be-  neficato.   CiLstode  deW  altrui  gloria  y  e  quasi  dimentico  della  propria  y  si  trova  infinitamente  lontano  dal  più  vile  di  tutti  i  sentimenti ,  F  Invidia Che  d'altrui  ben,  quasi  suo  mal,  si  duole. Allorché  Ulisse  e  Diomede  ritornano  dal  campo  troiano,  conducendo  i  cavalli  di  Reso  e  riportando  le  spoglie  di  Dolone,  Ulisse,  che  poteva  dividere  col  suo  amico  la  gloria  di  questa  spedizione,  si  fa  un  dovere  di  lasciargliela  intera  :  egli  racconta  minutamente  tutto  ciò  che  fece  Diomede,  e  nulla  dice  di  se  stesso.   Dimenticando  ch'egli  ha  dello  spirito ,  sa  far  valere  quello  degli  altri,  ed  incoraggiare  il  merito  nascente  talvolta  timido,  si  perchè  non  crede  che  possa  essere  offuscata  la  sua  gloria ,    perchè  si  regola  coll'idea  del  pubblico  vantaggio.   Apre  r animo  a  tutti  i  sentimenti  che  ingrana  discono  la  natura  umana ,  e  vorrebbe  pur  chiu-  derlo a  quelli  che  la  degradano.  Egli  sarebbe  slato  buon  credente  in  Grecia  ove  si  divinizzavano  gli  eroi,  miscredente  in  Egitto  ove  si  divinizzavano  gli  animali.   Riceve  con  riconoscenza  gli  altrui  avvertimenti  anchè  quando  offendono  il  suo  amor  proprio,  e  ne  profitta,  mentre  le  anime  piccole  e  grossiere  ingrognano  e  riguardano  come  nemici  quelli  che  additano  loro  i  mezzi  per  divenire  raigliori.      S#S   buisce  a  virtìt,  collo  scopo  di  ravvivarne  l'imagioe  e  promoverne  resecozione     Ltmgi  dal  brigare  sotta  mano    carica  del  sm  amico  i  egli  è  disposto  a  rinunziare  ad  una  pen^  sione  a  vantaggio  di  chi  la  merita  più  di  lui  (  Proporziona  la  riconoscenza  non  al  beneficìoy  ma  air  intenzione  di  chi  V  eseguì,    crede  che  cessino  i  suoi  obblighi  se  ìì  benefattore  cKvièhe  sventurato.   Egli  è  penuaso  che  la  rottura  deW  amiditAa  non  Vautorizza  a  manifestare  i  segreti  che  furono  affidati  alla  sua  onoratezza,  e  non  vuole  screditare   la  sua  causa  con  un  tradimento,  come  fu  detto  a  suo  luogo.   *  Costretto  a  correggere  qualcuno,  egli  nùn  lo  fa  alla  prssenza  di  estranei,  e  quando  può  ^  il  fa  a  quattr'occhi  ;  sa  anco  condire  la  correzione   con  lodi.  che  animano,  in  vece  di  ricorrere  a    Dopd  Ta  tn?6«n  dèUa  fertem  di  SoltneU'riainiflt,  nid  4657 ,  ì  primi  soldati  che  entrarono  nella  piazza  avendovi   ritrovato  una  bellissima  donna ,  la  condussero  al  celebre  maresciaUo  di  Turenne  come  la  parie  più  preziosa  del  bol-  lino. U  maresciallo,  fingendo  di  credere  che  essi  altro  scopo  non  s'avessero  proposto  che  di  sottrarla  alla  brutalità  de'  loro  compagni, il colmò  di  lodi  per  si  onesta  condotta ,  fece  quindi  ricercare  il  di  lei  marito ,  e  gli  disse  alla  loro  presenza: Voi  dovete  alla  morigeratezza  de'  miei  soldaU  l'onore  della  vostra  sposa.   (2)  Dugnay  Trouin ,  dopo  una  campagna  gloriosa  nel  1707,  ricusò  una  pensione  che  II  ministro  voleva  dargli,  ma  la  dimandò  e  V  ottenne  per  Saint- Auban,  ^uo  aiutante,  ciie  aveva  perduto  una  coscia  nella  steslsa  campagna.    t  è    f4i.   villanie  che  avviliscono.  Egli  procura  di  scemare  la  colpa  attribuendone  parte  alle  circostanze  ;  e  per  eccitare  la  voglia  del  ravvedimento^  ne  lascia  intravedere  la  speranza.  Egli  dice,  per  esempio  :  .<(.  Nissuno  di  quelli  che  vi  conoscono  e  vi  stimano  ')  vi  credeva  capace  di  tal  errore,  ed  io  meno  degli  »  altri.  È  vero  che  i  compagni  sorpresero  la  vo-  »  stra  buona  fede,  o  l'impeto  della  passione  v'ac-  »  ceco,  ma  io  sperava  di  più  da  quella  perspicacia  »  e  forza  d' animo  di  cui  ci  deste  tante  prove,  e  ^>  che  certamente  non  è  estinta  ;  in  somma  Y  er-  »  rore  è  indegno  di  voi.  Come  mai  non  vi  cadde  »  in  mente  che  esponevate  i  vostri  genitori  alla  w  taccia  d' avervi  istillato  cattive  massime  ?  Do-  »  vranno  essi  cogliere  disdoro  dove  speravano  lode  »  ed  onore?  I  vostri  amici  che  tentano  di  nascondere  il  vostro  fallo ,  accertano  che  ne  sentite  w  profondo  rammarico  : Vorrete  voi  smentirli  ?  »  Dovrò  io  accertarli  che  s' ingannano  ?  >^  ecc.   Vuomo  dilicato^  nelle  contese  co^nemici  sdegna  le  vie  segrete ,  le  quali ,  essendo  favorevoli  alla  calunnia  e  alla  frode  ,  sono  preferite  dalle  anime  vili  Non  abusa  della  vittoria perchè  non  v'è  me-  rito  neW  abusar  del  potere^  e  v' è  viltà  nell'in-  sidtare  i  cadaveri.    li Son  frmvde  ncque  occuUis^  sed  palam  et  armatum  populiim  romanum  hostes  suos  vlcisci ,  diceva  Io  stesso  Tiberio.  Achille,  che  fu  da  Omero  divinizzato ,  insulta  Ettore  moribondo,  e  gli  protesta  che,  in  vece  d  onorata  sepoltura  ,  Io  farà  pasto  de' cani.   Dopo  che  Achille  ha  attaccato  egli i  /V  fl  sentimento  della  vendetta  confondendoci  coi  bruti,  egli  si  sforza  sempre  di  reprimerlo,  perché,  ^  .ogniqualvolta  il  può,  vuole  distinguersi  da  essi.   Egli  tenta  quindi  di  soggiogare  il  nemico  più  ^  colla  generosità  che  colla  /orsa  i'  pffl  '<H)f  menti  nobili  che  con  atti  freddamente  feroci  ;  é  .  neri  può  reprimere  il  sorriso  dello  sprezzo  alla  vista  di  chi  aspira  alla  gloria  del  carnefitcefi  — r  S varano  nelle  poesie  d'Ossian  è  vinto  da  Fingal:  ^  la  condotta  e  i  discorsi  di  questo  ,  l'  artifizio  cgrtV  cui  s'insinua  nell'animo  del  suo  nemico,  sono  e-r  qualmente  ammirabili.  «  Poteva  Svarano  esser  esa-   cerbato  verso  di  Fingal  per  quattro  motivi  :  per  '  »  l'inimicizia  nazionale  degli  Scozzesi  e  dei  Da-..,  ;»~'nesi;  per  l'inimicizia  personale  tra  lui  e  fingal  »  per  la  vergogna  della  sua  sconfitta;  e  per  desi-   derio  di  risarcirsi.  Fingal  prende  a  superare  tutti  -^^    unesìi  ostacoli  colla  nobiltà  de'  suoi  sentimenti./    Comincia  dal  primo,  e  mostra  che  le  guerre  delle  loro  famiglie  non  venivano  da  un  odio  ereditario,  »  ma  da  una  gara  di  gloria  ,  e  che  anzi  esse  da  »  principio  erano  amiche  e  congiunte.  Passa  indi  »  ad  allontanargli  dall'animo  l'idea  della  vergogn ch'era  il  punto  più  delicato  e  più  necessario  ;  e    f^ì\iì  grande  elogio  del  valore  di  Svarano,  |n-   V   'rslesso  il  cadavere  d'Ellorc  al  suo  carro,  dopo  die  Io  ha  strascinalo  tra  i  sassi  e  il  fango,  sferzando  a  più  non  posso  .1  suoi  cavalli^  dopo  che  ne  ha  fatto  il  più  feroce  strazio  ,  il  poeta  viene  a  dirci'   »  Ch'ei  non  è  ^lollo,    villan,    iniquo   il  suo  eroe  11  !  ;  *  j^v,   v  dicando  che  nel  suo  spirito  egli  non  ha  perduto  V^Al^iuUa  dell'antica  sua  gloria.  La  lode  non  è  mai  \  «  più  lusinghiera  quanto  in  bocca  d'un  nemico,  i  ^  f  Riconfortalo  l'amor  proprio  di  Svaranp  con  que-  •:^.filo  calmante,  Fingal  mette  in  uso  ì  modi  più  *^  >>  blandi.  Lo  chiama  delicatanriente  fratello  d'Aga-  nadeca,  per  destar  in  lui  Sentimenti  teneri  ed  amichevoli  coll'imagine  d  una  sorella  amala  non  ij^rjf^^^no  da  lui  che  da  Fingal.  Mostra  che  sin  dal  ^  »  tempo  di  quella,  egli  avea  concepita  molta  pro-  ))  pensione  per  lui,  e  gli  rammemora  la  prova  sen-  /^h  sibile  che  glie  ne  diede  in  quella  occasione.  Con     >  ciò  égli  induce  Svarano  a  vergognarsi  di  con-  .  .^^^seryar  odio  e  rahcore  con  una  persona  che  già  ;s;3i;:da  gran  tempo  1*  avea  provocato  in  affetto  e  in  ..p  benevolenza.  Finalmente  mette  in  opera  un  tratto   di  generosità  singolare  che  doveva  espugnare  l'a-  .:;t4.oimo  il  più  indomabile. Svarano  era  vinto  :  Fin-  gal  era  padrone  della  sua  vita  e  della  sua  libertà.     >»^«  questi  si  scorda  della  sua  vittoria  ?  suppone  ^,>)  (:he  Svarano  sia  libero  come  innanzi  la  battaglia,  jfc)»/^- propone,  per  soddisfarlo,  un  nuovo  cimento   personale,  come  se  il  passato  non  dovesse  deci-  -jf^'  dere.  Svarano  non  è  un  nemico  vinto  ,  ma  un   ospite  nobile  a  cui  si  desidera  di  far  onore^  A  ;d  tanta  generosità  Svarano  s'ingentilisce,  e  la  sua  V  ferocia  si  va  cambiando  in  grandezza. Svaran,  disse  Fìnga],  nelle  mie  vene   »  Scorre  il  tuo  sangue  :  le  famiglie  nostre ,   »  Sitibonde  d*onor,  vaghe  di  pugne ,  jj   w  Più  volle  s*aCfronlàr,  ma  più  volte  anco   -  W^iti  n^^l^  cqnv.ersa:;>ioni .   §  1.  Cohcorrenza  superiore  alla  capacità  "  .  y'^^  :  'del  locale,   '  *JL.  '   j    I    <   Invitare  più  persone  dl  qiiel  che  possa  compreu  dere  il  locale ,  è  invitarle  ad  essere  soffocate  dal  ^  (ialore ,  a  restare  in  piedi  con  sommo  disagio ,  a  i  non  i^ssere  servite  se  h<innQ^  sete ,  ecc.  Quest'\jsQ   *  .'X  Festeggiarono  fnsiéme  ,  e  Tona  hU' altta  .  '  *  .  W  "    V  i  • ospitai  cortese  dono.        ^^^À  ^   '^l^^j^  Ti  rasserena  dunque ,  e  tiel  tuo  voltò'  -  '^f  »  .f^-V  ^'  »  Splenda  letizia,  e  alla  piacevol  arpa-Apri  rorecchio  e  '1  cor.  Terribil  fosti  ^  ^  iij  »  Qual  tempesta,  o  guerrier  ;  de'  flutU  tuoi  '  .  i>  Tu  sgorgasti  valor;  l'alta  tua  voce  »  Quella  valea  di  mille  duci  e  mille.    »  'Sciogli  doman  le  biancheggianli  velCj;'  'Pt^lu^'^w   Fratel  d*  Aganadeca  ;  ella  sovente  •*  ^   »  Viene  all'anima  mia  per  lei  dogliosà  '     /J^  '  . Qual  sole  in* sul  merìggio:  io  mi  rammento. Quelle  lagrime  lue  ;  vidi  il  tuo  pianto. Nelle  sale  di  Starno ,  e  la  mia  spada      òt^   »  Ti  rispettò  mentr'  io  volgeala  a  tondo     Rosseggiante  di  sangue,  e  colmi  avea   »  Gli  occhi  di  pianto,  e  '1  cor  ruggìa  di  sdegnò^J  ^   »>  Che  se  pago  non  sei,  scegli  e  combatti  :       \x  '   »  Quell'aringo  d'onor,  che  i  padri  tuoi      »>  Diero  a  Tremmor,  l'avrai  da  me  :  gioioso    ...^  (;   »  Vo'  che  tu  parta,  e  rinomato  e  chiaro Siccome  Sol  che  al  tramontar  sfavilla,  n    regna  in  Inghilterra  ne'  così  detti  routs  0  grandi   conversazioni.    Una  signora  sceglie  una  giornata  ^  .  "  in  cui  terrà  un  rout.  Ella  spedisce  de'biglietti  d'in-;. ,   -  .-^vìto  a  più  centinaia  di  persone,  non  perchè  sono  suoi  parenti,  suoi  amici,  suoi  conoscenti,  ma  per^,  chè  le  ha  vedute,  e.  perchè  la  loro  presenza  acqui»         sterà  credito  alla  sua  assemblea.    ,  « .un  vano   *  »  Secreto  genio  femminil  che  gode     Di  un  numero  maggior,  non  sceglie  i  buoni,  Ma  tutti  accoglie, e popolando il foco. D'un incomodo stuol, cresce la turba. Minorando  li  piacer. Pria  delle  11  ore  della  sera  (il clie si  chiama  il  momento  dell'alta  marea  )^  la  casa  brulica  di  persone  d'ogni  rango  e  d'ogni  sesso.  Si  pongono  \  i  tavolini  da  giuoco  in  tutti  gli  angoli  della  casay  e  tanti  in  ciascuno  quanti  ifc  può  contenere,  la-  ,  sciando  appena  spazio  bastante  onde  i  giocatori  possano  passare  o  sedersi.  Il  caffè,  il  tè,  la  limo*  nèa  circolano  negli  appartamenti.  ^   La  confusione  è  la  vera  essenza  d'un  rout.  Una  dama  che  tiene  queste  assemblee  non  consulta  la  capacità  delle  sue  sale,  ma  la  lista  delle  persone  ..  di  buon  tuono.  Elia  invita  sempre  più  persone  di  quel  che  possa  ricevere  ;  ella  si  compiace  degl'in*  convenienti  della  stanchezza,  del  rumore,  del  ca-  lore con  tanta  soddisfazione,  con  quanta  un  attore  '  ascolta  i  gridi  e  il  fracasso  degli  spettatori  che  assistono  ad  una  scenica  rappresentazione  destinata  a  suo  beneficio.  Gli  sbagli  de' servi,  la  perdita  di  qualche  gioiello,  le  ripetute  esclamazioni  buon  Diot   come  fa  caldo!  sono  vicino  a  svenire!  riescono  estremamente  piacevoli  alla  padrona  di  casa.  Non  manca  nulla  alla  sua  felicità  s'ella  viene  a  sapere  \  che  v'ha  tumulto  nella  strada,  che  I  servi  d'alcuni  Pari  si  sono  battuti^  che  de' cocchi  si  sono  spezzaiì  j  e  che  qualcuno  della  compagnia  è  stato  de-  rubato  alla  porta  ecc.  ;  giacché  tutti  questi  accidenti  romoreggiando  per  la  città  porteranno  il  nome  di  madama  da  una  estremità  all'altra.   Il  giuoco  è  il  solo  piacere  che  vi  si  trovi  :  delle  perdite  considerabili  procurano  rinomanza  ad  un  róut,  e  se  un  giovine  erede  vi  resta  rovinato,  la  celebrità  della  casa  è  sicura  per  sempre.  Talvolta  si  .danza  nei  rowte, e  il  ballo  è  seguito  da  un^|;,gran  cena;  ma  vi  manca  sempre  ciò  che  fa  la  delizia  della  danza,  la  grazia  e  l'allegrezza. Il  locale  destinato  ad  una  conversazione  è  semM  '  pre  difettoso  quando  i  concorrenti ,  atteso  la  situa-^ .  *\  1  zione  de' canapè,  non  possono  unirsi  in  linea  ciri  ^  colare,  o  stare  a  fronte  gli  uni  degli  altri. Allorché  restano  seduti  in  linea  retta  da  una  sola  banda,  la conversazione  si  spezza,  e  da  generale  diviene  pa^^  ;  tìcolare.,  il  che  va  soggetto  a  più  inconvenienti^  come     vede  nel  seguente  paragrafar  CONVERSAZIONE PARTICOLARE SOSTITUITA. v.'^T  alla  CONVERSAZIONE GENERALE.  LA CONVERSAZIONE è  gehèVatè  allorché  ciascuno  defili  astantì  vi  contribuisce  come  attore  o  spettatore. LA CONVERSAZIONE é  particolare  quando  gli  astanti si  dividono  in  più  crocchi,  stranieri per  così  dire,  j  gli  uni  agli  altrii  benché  riuniti  nella  stessa  stanza.  Supponiamo,  a  cagione  d'esempio,  UNA CONVERSAZIONE DI DODICI PERSONE --  è  facile  cosa  Io  scorgere  che  se  esse  restano  unite  in  un  solo  crocchio  '! '  conseguiranno  maggior effetto con minore  sforzo;    quello  che  se  in  quattro  si  dividessero. Infatti  nel caso  per  intrattenere XII  persone  ne  basta  una  ;  nel  2.o  per  intrattenere  XII  persone  se  ne  richieggono  tre.  !'    Nel  1.^  caso  una  celia  fa  ridere  XII  persone;*  I     ^  ngl2.«  s'arresta  nel  circolo  di  quattro.   VAllorché  LA CONVERSAZIONE  è  generale,  un'idea  vera  ma  inesalta  annunziata  da  un'individuo,  viene  rettificata  da  un  secondo,  commentata  da  un  terzo,  dimostrata  da  un  quarto,  ecc.,  sicché  alla  fine del  discorso  si  ha per prodotto  una verità  lampante. All'opposto separate in IV  crocchi  questi'  contribuenti,  e  vedrete  che  in  vece  di  quella  verità  penduta  comune  a  XII  teste,  restano  in  ciascuna delle  semi-idee,  delle  nozioni  inconcIudenti,  delle  notizie  qui  inesatte, là  false,  e  dalle quali nulla si può dedurre. Succede  NELLA PRODUZIONE DEL PIACERE NELLE CONVERSAZIONI ciò  che  succede  nella  produzione  delle  ricchezze  nell’agricoltura  o  nelle  arti. PIETRO  possedè  l'aratro.  PAOLO  i  buoi,  GIOVANNI  ra))llitó  tì' arare. Se  questi  individui  s'associano,  ^  Taratura  $\  leffetliia,  non  si  effettua  se  restano  di-  :  sgiunti.   Allorché  dunque  qualcuno  trae  a  se  due  o  tra  /  astanti ,  commette  una  specie  di  furto  verso  gli  altri,  poiché  li  priva  del  piacere  che  produrrebbero in  essi  le  persone  spiritose  e  gioviali  ch'egli  '    rapito.  Egli  stesso  debb'essere  riguardato  come  un  disertore  od  un  contribuente  moróso.  È  un  fatto  dimostrato  dall'  esperienza,  che  le  scosse  sensibili  s'accrescono  comunicandosi,  atteso  la  forza  sussidiaria  che  loro  presta  l'immaginazione  degli  astanti. Quindi  una  celia  che  fa  ridere  quattro persone  in  un  grado  come  quattro ,  ne  fa  ridere dodici  in  un  grado  come  cinque  o  sei.. Inoltre,  se  assistono  XII  persone  al  discorso  del  parlante,  con  maggior  cura  ed  attenzione  egli  svolgerà le  sue  idee  di  quello  che  se  assistessero  quattro  solamente. Allorché LA CONVERSAZIONE è generale, un fatto qualunque, esposto da chi parla, va ad agitare XII immaginazioni, nelle quali sì trovano associate altri fatti e diversi in ciascuna. Dunque  si  deve  sperare  maggior movimento  NELLE IDEE CHE ALIMENTANO LA CONVERSAZIONE e  maggior  varietà. Se  in  vece  di  XII  persone  (numero  preso  per  ipotesi),  gli  astanti  fossero  di  più,  i  crocchi  a  parte  sarebbero  meno  condannevoli;  giacché  ammettendo  gli  accennati  vantaggi  della  CONVERSAZIONE GENERALE,  bisogna  anche  ammettere  che  in  molti la voglia di parlare è  vivissima:  e  che  questa  meno  NELLA CONVERSAZIONE GENERALE resta  soddisfatta che  ne’ crocchi  parziali.  D'altra  parte,  QUANDO LA CONVERSAZIONE è  troppo  numerosa,  scema  in  alcuni  l'allegrezza, perchè  scema  la  confidenza.   È  cosa  rara  che  LA CONVERSAZIONE resti  generale,  i  allorché  in  XII concorrenti  si  trova  più  d' una  donna;  giacché  ciascuna  diviene  centro  particolare,  intorno  al  quale  parte  degl’astanti  naturalmente  si  unisce.  Ho  detto  è  cosa  rara,  poiché  non  é  certamente impossibile  che  una  speciale  gentilezza  nelle  donne  si  sforzi  di  prevenire  la  divisione.    V  *  \    %  Z/parlare  motti  insieme^  '   «    V  v  '  ^  IMa  lsto^^      idi  tàiite  :  ^  .   '  »,'Vòcr  distordf  e  gareggianti  iiisiéme   »  Pur,  ua  senso  accoppiar?  Tutti  ad  un  tén^o;   »  VoglioB  la  boeèa  aprire'  é  n^n^  i^/^  ^  "  Affastelfano  insieme.  Quanti  argomenti. Ad  ua  sol  puQtot  AKri  di  cuCQe  ed.  «tiri  «failli  ragiona:  Qui  ài  iMe;;    ^si  contrasta^  e  la  quisti^ja  si  .  cribra  '  r-^»  Con  oàikktò  ttpljcàre  altertm  '   v  vf  .  r"  ^     Di    e    no.  Di  trenta  voci  acutaV/f  -Stridule,,  rauche,  reboanti  e  gravi,  ;  '^^  *  ^  V  DIssoiiaQti  tra  ior  odi  lin  eóiifiise  :  .  ì  ».  Frastuono  ingrato  di  parole  e  d'^rK ,  '  .1»  fìi.  tumulto  e  di  «tiMa^^nde    T^ta  *  ;  Concava  echeggia  e  riinbombahdò  à&sorda ,  »    civile  modestia  ed  il  ,  buon  senso    i^  v  /  y>  Lèi  ift'iifi  àngolo  stringono  le  labbta E  Storditi  ai  tarano  gli  wecchl  ».  /   f^iimando  ii^Iti^fBirJdiio  Jnsiemip  i  Yh9^wf»à'  d'M^ .   gara  per  superarsi  a  yieè(ida,  «.tpro^\irii^^^  4'a8sor49tffe:^gli  ^istanti^   >     A  >  ?       :ì *  /  .  Ili  alcuni  SI  uniscono  tré _d[i|etti  '  ,   1 .  La  sfnania,  di  int^rrpmp^e  glt  alt^i^  ; jlk  X'impazkiDza  di  seiitìr  Hiténrétii  .m  stessi  ;  '   a.  La  pretensione  che  gli  alJLrì  uoa  siano 4istratti>  «lontre  es^i  li  aiuioiaiiò. Allorebò  iiHrfli  parlano  insieme  .  *  '   L  Si .  stancano  i  iK>liuoni  f  gli  iBSofi^  d0'  par-!  istori'}'- V.  \  ^  V t'O'V.  \-   I  &i  annoiano  gii  astanti  con  un  fraatiMno  in*-   intelligibile;   Si  è  costretti  a  ripetere  più  volte  la  stessa  cosa;   Si  afferrano  male  le  idee  altrui. Si  oonsuma  tempo  e  fasica  a  combattere  delie  eliimére.   Siccome  poi  si  parla  per  piacere  o  istruire,  non  j)er  fajr  pompa,  4i  cognizioni»  quindi  allorché  Tal-  trui  impazienza  ci  interrompe,  è  miglior  consiglio  lasciarle  libero  il  campo,  e  tacere,  di  quello  che  battere  inutilmente  gli  orecchi  di  chi  non  vuole  ascoltarci  CO*    (1)  L*imp^iua  e  la  vivacità  che  domìDano  mi  carattere  della  Jiazlone  francese  r  assoggettanó  al  difetU  accenùaU:  mi  testo.   Cornino^,  riportaiado  B  Trattato  di  VERCELLI Vsegnato  ft  40  oUobi^  4495  tra  Carlo  VILI   e  gli  Ualiani,  osserva  come  un  tratto  caratteristico  dello  spirito  francese  la  suania  di  pae-  lare  ,  per.  cui  molte  («rsone  parlando  insieme  ed  alzando  a  vicenda  la  voce  ^  nesaùna  é  realmen^  inte^.  AH*  opposto,  egli  aggiunge,  degl’italiani  nessuno  parlava, 'ftioréhè  il  duca Lodovico ,  il  quale  perciò  dice  ai  francesi :  Gii  I  ad  uno  ad  uno.   le  memorie  dell*  Accademia  francese  hanno  conservato  per  IradlikHQé  no  moUirdI  If^ miran,  R  quale ,/oireso: piò  d'ogni  aHeo  dell'aeeennato  difetto,  disse  un  giorno  seriamente  a' suoi  confratelli:  Signori,  io  vi  propongo  di  decretare  che  non  parleranno  qui  più  di  quattro  persone  Insieme  \  forse  così  riusciremo  ad  intenderci  1  !  Un  francese  diceva  a  numel,  vescovo  di  SaUsboiy/  oMe  il  fàesi  eei^Uisini  eea  stola  cosa' molto  merìtosia  per  cjH'Imglfeaf)^  non  potendo  essi  die  difficilmente  rinunziare  ad  un  pezxo  di  manzo.  Al  che  iiurnet  mpo.se  :  Non  è  men.  meritoria  per  voi  altfi  francesi,  atteso  la  legge  del  silenzio. y  .i^co  L.Allegrezza  clamorosa.   Un  grado  moderato  di  sale  rende    vivande  gradite  a  tutti!  palati  :  i  gradi'  maggiori ,  1  quali  non  riescono  piacevoli  che  a  poeliissimi,  estinguono  Tappetito  negli  altri*   L'allegrezza  moderata  nelle  conversazioni  passa  facilmente  d' animo  In  animo  >  ed  è  accolta  con  lieta  fronte  da  tutti.  L'allegrezza  clamorosa  si  co-  munica a  pochi,  e  spesso  muore  sul  labbro  di  chi  Tolle  eccitarla*   Del  quale  fenomeno  tre  sono  le  cagioni.   1 .  I  caratteri  freddi  non  essendo  suscettivi  d'aU  legrezza  clamorosa ,  s'armano  contro  di  essa  e  le  oppongono  la  reazione  deirindifferenza.  '   L’ allegrezza  clamorosa  dipendendo/ da  un  ino4o  particolare    vedere  le  cose,  alquanto  strano,  6  spesso*  da  ^ccolezza  di  spirito,  i  ^'arett^  ragio*  nevoli  e  sensati  non  possono  approvarla.  L'jiUegrezza  moderata  più  facilmente  che  la  clamorosa  si  coniiunica  agli  ^stariti,  perchè  dista  meno  dallo  stato  abituale  degli  spiriti.   Qualunque  sieaa  te  dause  deli'  accennale  fono*  meno,  egli  è  fuori  di  dtfbbio  che  se  V  allegrezza  moderata  fopienta  ta  conversazione,  l'allegrezza  clamorosa  tènde  ad  estinguerla,  e  la  cosa  non  può  ^essere  altrimenti;  infatti,    .   U  Durairte  lo  scoppio  dfille  risa  smodate  ma  potendosi  comunicare  agli  animi  i  moti  d'  un  aU  legrezza  piti  mite,  tutti  quelli  che  non.  parteoi|iane  aHe  prime  ,  si  veggono  'ditfraudaft  de'  secondi  ;  quindi  mentre  alcuni  ridono  a  piena  gofà,  restano gli  altri  atteggiati  a  sprezzo  o  sbadigliano  ;  essi  provano quell'ingrata  sensazione  che  prova  chi  attento  al  dolce  suono  dell'arpa  viene  im;«rovvisainente  as-  sordato dal  rumore  delle  campane.  Dopo  lo  scoppio  di  risa  smodate  succede  una  serietà  agghiacciata,  come  dopo  un  fuoco  d'artifizio  ci  sembra l’oscurità  più  profonda.  Un'allegrezza  clamorosa  ci  balza  improvvisamente  fuori  di  strada,  e ,  per  così  dire ,  sopra  un'eminenza  ,  ove  non  sap-  piamo d'  onde  siamo  venuti  ,    dove  dobbiamo  andare  ;  da  ciò  poi  la  serietà,  il  silenzio,  qualche  esclamazione,  e  la  difficoltà  di  riprendere  il  filo  di  ameni  discorsi.   L' allegrezza  clamorosa  non  comunicandosi  agii  altri,  ed  assai  pochi  essendo  capaci  di  rianimarla,  quegli  che  la  eccita  si  trova  nella  necessità  di  farne  tutta  la  spesa;  quindi  se  vuole  restare  sulla  scena  è  costretto  a  rappresentare  il  personaggio  del,  buffone. L'  allegrezza  moderata  ,  figlia  d' una  buona  coscienza,  animata  da  un'  immaginazione  ridente,  trova  facilmente  motivi  d'innocente  trastullo  e  di-  gnitoso sorriso  nelle  scene  morali  esposte.  L'allegrezza  clamorosa,  figlia  talvolta  dello  stravizzo, talvolta  d'un  immaginazione  irregolare,  per lo più d'una sensibilità ottusa e piccolezza di spirito, quasi sempre accompagnata dalla sgarbatezza,  trova pascolo nella goffa derisione degli astanti o degli assenti, e nella rappresentazione d'atti  sguaiati,  plebei,  vHlanì. Loquacità eccessiva. LA CONVERSAZIONE è COME UN’AZIENDA COMMERCIALE; ciascuno dee pèrvi il suo caratlo e ciascuno partecipare al prodotto. L’uomo  che  tace  sempre IN UNA CONVERSAZIONE è  uomo  che  vuole  essere  a  parte  del  prodotto  senza  essere  carattista.  L’uomo  che  parla  sempre  è un  jearattista  che  vuole  tutti  i  prodotti  dell’azienda.   In  generale  NELLE CONVERSAZIONI  ciascuno  ama  meglio  spacciare  la  propria  mercanzia  di  quello  che  acquistare  l’ altrui  ;  e ,  in  vece  di  formarsi  giusta  idea  degl’altri ,  aspira  a  darla  di    stesso. Agitati  dalla  smania  di  parlare,  non  pochi  bramano di  comparire  sempre  alla  tribuna,  senza  volerne mai  discendere. Quindi  vi  tengono  discorso  su  di  tutto,  d'  un  libro  nuovo  dopo  la.  lettura  di  quattro  ò  cinque  pagine  a  salti,  d’una  nuova  macchina  dopo  d'averne  veduto  un  pezzo,  d’un  quadro  dopo  d'averne  ammirata    cornice  ccCm  e  decidono  e  sentenziano  senza  interruzione,  simili  al  giudice  d'Aristofane,  che,  chiuso  in  casa  dai  parenti vuole  almeno  dar  sentenza  tra  due  cani. Il GOZZI fa  il  seguente  carattere  dell'imperlerrito  parlatore.   <  «  SIgpor  jS.  N.  y  a  penai  la  algaoria;  vostra  «ente  un  cct-  »  stailo,  un  luteo,  o  un  ebfeo  a  oomlnclaM  uara^hmar  »  mento,  eh'  ella  si  scaglia  ìà^  e  glielo  rompe  a  mezzo  col  dire. La  non  é  così. Io  so  l' ordine  delle  cose ,  e  ve  la  D  iUcò  lo  ;  e  dàlie  dàlie  dàlie,  non  la  finite  più ,  tornando  Gir  irteoiiTenienti  a  coi  va  incontro  uu  uomo  che  parla  troppo,  sono  i  seguenti:    molte  volle  da  capo,  con  molle  cosette  di  mezzo,  clje  sono  uno  sfinimento,  come  sono,  per  esempio,  que'vostri  colori  »  r^ttorici  :  E  dov'  era  io  oca?  Ah  sì.    toeno  due  passi  indietro:  e  la  fu  da  rìdere,  e  verbi^eazlai  ecceleira,  tanto  ohe  mm  lasciate  più  tirare  il  fiato  a poveri  drcaslanti. Così  quando  avele  assassinali  e  ammazzati  ì  primi  a  uno  a  uno,  eccovi  a  volar  via  di    in  qualche  cerchio  d'amici   -o  di  patenti,  clie  cagionana  de'fatU  lorO|  e  piombate  sopra   que  povereUi  come  un  uccello  di  rapina,  sbaragUandogliì  »  e  facendogli  andare  qua  e  colà  per  paura  della  furia  vostra.  M'  ha  dello  un  certo  maestro,  che  qualche  volta  andate  al suo  collegio,  e  che,  appena  entratovi,  stornate  i  discepoli  n  dallo  studio,  e  i  maestri  dall' insegnare,  parlando  di  dot*     tftoe ,  di  scienze-,  d'armeggiare ,  di  salière  U  cavallo,  e  di tutto  quelló  che  volete  e  potete,  si  che  nessuno  si  può salvare  dalla  furia  vostra.  Se  un  pover  uomo  prende  U-  »  cenza  da  voi  per  andare  a  casa  sua,  e  voi  subito  volete  »  accompagnarlo  per  forza  come  se  foste  l’ombra  di  lui ,   petseguitandoto  fino  In  sali' nscìo  e  sulle  scale,  e  nette  »  stante  ancoia.  Se  per  caso  si  narra  qualche  novella  per  la  »  citt;i ,  voi  slète  come,  ma  rondine ,  ora  qua ,  ora  colà  a  »  dirla  e  ridirla  a  tulli  quanti.    giova  punto  eh'  altri  vi     iaficìsL  intendere  che  la  sa:  perche  voi  volete  cominciarla  »  a  dispetto  di  ttUU,  aggMtigendevi  anche  Im  proemio.  Par-  li late  di  predicatori,  dlmiàinoranenli,  di  battaglie,  del  vostro  »  servo,  e  delle  fmestre  di  casa  vostra  con  tanfo  tedio  di  chi  »  v'ascolta  ,  che ,  appena  avele  favellato ,  Tuno  si  dimentica     tutto,  Taibro  sbadiglia  sonniferando ,  e  c'è  chi  vi  pianta    »  nel  meo»  Aet  ragionamehto.  Siccliò  se  vi  trovato  con  uno  »  ch*ahliis  '4a  sedere  .a  un  magistnito ,  a  una  predica,  a  »  mensa,  a  una  commedia,  siete  cagione  che  slede  mezz'ora  A  dopo  il  bisogno  alla  sua  faccenda.  E  credo  che  piuttosto  »  vi  contentereste  di  morire,  che  di  non  superare  il  cicala-  t'  mento  delle  gasze,  de'  pi^papHii  delle  rondini,  e  di  quanto    Egli  affatica  i  suoi  polmoni. É  spesso  costrétto  a  ripetere^  le  stesse  cose  il  che  cagiona  noia  agli  altri  e  svela  i  limiti  del  suo  «pirUo  S'espone  a  dire  degli  spropositi  vc^ndo  parlare  di  cose  che  non  gli  sono  familiari^,  e  dimostra  di  non  saperne  alenna,  giacché  quelli  che  sisinno  una  cosa  bene  si  astengono  dal  parlare  di  quelle  che  ignorano. Offende  quelli  che  vorrebbero  parlare  in  vece  di  lui  (2>  ; «  bestie  Gidiio, schiamaizo.  Oh  |^  é  puie  un  eraii  peccato  »  a  non  aver  (ante  gole  quante  canne  hd  l'organo,  da  poter cavar  fuori  le  parole  da  tutte  1  Basta  cbe  siete  i^unto  a  Il  tale,  che  non  v*  Imporla  più  che  ciascheduno  si  fugga  da  »  vqL  cpme  da  un  can  guasto,  e  cbe  fino  i  fanciulli  di  casa  »  vostra  si  ridano  di  voi:  petcliè-  quando  la  sera  il  sónno comincia  ad  aggravarli ,  vi  pregano  a  contar  lo;*o  qualche  i)  cosa  per  dormire  più  presto. Saggio  e  cauto  ad  un  tempo j  e  spesse. voHe  Timido  un  poco ,  lentanijenle  sffgno  . Dà  di  stia  decisloa  uom  che  ben  vede,  E  in  brevi  detti  ognor  spiegarsi  agogna^  Clii  ragiona  a  proposito,  di  rado  ,    S'allarga  ragioiUMiKlo ma  la  folle  .  SupecUa  )  che  a  scloe&bezza  si  cong^mge  Si  diffonde  In  loquela  ^  e  s^gue  solo,  I.  suoi  fantasmi  ^  e  a    paria  e  risponde.   E  alcuni  altri  tanta  ingordigia  hanno  di  parlare,  che  non  lascian  dire  altrui.  E  come  noi  veggiamo  taUolki  su  »  per  r  aie  de*  contadini  X  un  pollo  torre  la  spLca  di  becco  %  atf  allvo;  ^^osl  cavano  costoro  i  EagtonaoieiiU  di  bocca  a  colui. che  li  cominciò,  e  dicono  essi.  E sicuramente  che eglino  fanno  venir  voglia  altrui  d'azzuffarsi  con  esso  loro.  Rende  gl’altri  più  severi  nel  giudicarlo. Impedire  la  diffusione  di  idee  migliori  delle  sue  ;   ?•  Svela  talvolta,  per  procurare  alimento  al  dìscorso,  ^11  altrui  segreti. Quindi  si  mostra  indegno  e  si  "pfwù  deirallrui  confidenza. Dimentica  spesso  la  convenienza,  non  ha  riguardo al  caratterie  delle  persone  con  cui  i^rla,  al  luogo  In  cui  si  trova  alla  situazione  degli  animi.  Per concentrare  in    viémmargiormente  gli  altrui  sguardi,  balza  in  piedi,  molti  gesti  facendo  colle  mani  e  col  capo;  e  se  qualcuno  ardisce  non  di  t»orre  in  dubbio  la  di  lui  infallibiUtà,  che  verar  mente  la  sarebbe  un'impertinenza  senzjj  pari ,  nia  perciocché  «e  tu  guardi  bene ,  ninna  cosa  muove  Y  uomo   piuttosto  ad  ira,  die  quando  d' improvviso  gli  è  guasta la sua.  voglia  e il suo  piacere ,  eziandio  minimo  ;  siccome  »  (|umd0  i^  avrai  aperto  la  bocca  per  isbadii^re,  e  alcuno  !>'    la  Cura  con'  mano,  ò  quando  tu  liai  alzato  il  braccio  «  per  trarre  fa  pietra,  e  egli  l' è  sùliitamente  tenutò  da  colui, che  V  è  di  dietro. Ecco  l'origine  del  pedanlimo:  quegli  è  pedante  che,  s(M*gendo  io  .piedi  ed  alzando  una  voce  magnale  e  dura  »  detta  le  sue  opinioni  e  pronuncia  l&  sue  sentenze  eoi  tuono  che  adopera  il  maestro  di  scuola  co' suoi  scolari. Pedantìfimo  si  dice  anche  rusò  troppo  frequente  e  inopportune delle cognizioni tecniche pella conversazione  ordi-  iiìarte,  e  la-  presunzione  ebe  ravvisa  in  esse  importanza  ec-  cedènte ;  quindi  i  seni-détll  Geminano  ^ppertutlo  H  lor6  .falso  sapere,  allegano  Platone  e  S.  Tommteo  in  eosii  ebe  ai  accertarle  ba«ta  Tasserzione  d'un  facchino.   Pedantismo  finalmente  s'appella  un'  eccessiva  severità  ed  uu^ndeféssa  affettazione  nella  scelta  delie  parole  e  delle  frasL    solo  di  fargli  qualche  obbiezione  ,  esso gli volta gentilmente le spalle sorridendo tra sè dell'altrui dabbenaggine, o gli risponde alla maniera della Pitia la quale furiosa mostravasi allorché non sapeva come sottrarsi  ad  una  dimanda  importuna.   Questi  eterni  parlatori,  per  lo  più  teste  superficiali,  e  talvolta  prive    senso  comune,  affettano  di  sapere  ciò  che  non  sanno,  d'intendere  ciò  che  è  superiore  alle  loro  cognizioni  ,  di  possedere  ciò  che  loro  realmente  manca.  Si  tratta  egli  d'una  notizia?  essi  la  sapevano  ;  —d'una  scienza? Thanno  studiata; d'un  fatto  straordinario  ?  ne  sono  stati  testimoni  ; d'  un  giuoco  ?  i'  hanno  insegnato  al  loro  nonno ,  ecc.  :  e  per  voglia  di  comparire  i-  strutti,  allontanano  da  essi  l'istruzione.  Chi  ha  poco  senno e  dovrìa  starsi  ignoto,  Vuol  far  tutte  le  carte  in  compagnia  :  »  In  simile  maniera  un  carro  vuoto  )'  Fa  il  fracasso  più  grande  per  la  via  ».   '  La  loquacità  presuntuosa  de' giovani  è  una  conseguenza necessaria. Della  vanità  generale  comune  a  tutti  gl’uomini. Dell'educazione  particolare,  supposta  scientifica, e  veramente  insensata  che  ne’ prim’anni  della  loro  giovinezza  ricevettero.   Siccome  ciascuno  procura  di  mostrare  ricchezza  collo  sfoggio  degli  abiti,  così  molti  procurano  di  mostrare  spirito  collo  sfoggio  delle  cognizioni.  Essi  crederebbero  d'aver  perduto  tempo  e  fatica  se  aprisserola  bocca  senza  aver  detto  qualche  cosa  spiri-  t,.cT    Volendo  presentare  tratti  ingegnosi  e  superare  l’altrui  aspettazione^  fanno  degli  sforzi  che  tormentano  gl’astanti,  e  ad  essi  fruttano  ridicolo.  Presumer  vanto  di  sagacé,  arguto»  E  senza  aver  punto  di  sale  in  zucca  , Imprudente  mostrarsi  e  linguacciuto  v.   Rendere  eunuco  V intelletto  e  feconda  l’immaginazione tale  era  il  problema che si proponevano grinstitutori  nello  scorso  secolo.  Un  sonettino,  una  canzoncina,  un  po' di  latino,  uno  sche-T*  letro  cronologico  detto  storia,  un  elenco  dei  nomi  delie  città  e  de’ fiumi,  chiamato  geografìa,  ecc.,  in  somma  parole  e  poi  parole,  e  non  mai  cose,  èò*v,.^.  stituivano  il  capitale  intellettuale,  l'immenso  fogliame senza  frutti  che  i  giovani  compravano  s  caro  prezzo.   Abituati  ad  accettare  parole  senza' conoscerne  IL SIGNIFICATO nelle  prime  scuole,  accettarono parole IN FILOSOFIA senza  corrispondenti  idee. Si  pronunciando per es., le parole mistiche di KANT, redetterjo di essersi innoltrati nella scienza dell'uomo;  e così  dite  di  tanti  altri  sistemi  cui  la sola  magìa  delle  parole  e  Tbitudine  di  ammetterle  r'^  senza  esame  acquistarono  rinomanza.  Quindi  LE CONVERSAZIONI brulicarono  di  cianciarelli,  che, essendo verbosi, credevano d'essere eloquenti, e solleticando l'orecchio, di persuadere si lusingarono e d' istruire. Ma  fatai  cosa  eli'  è  ch'ove  più  abbond)a  Un  bel  parlare,  ivi  la  specie  umana    Sia  seccatrice  almen  quaut'  è  faconda  ti  dono  di  parlare  con  facilità  e  prontezza  è  cosa  '  .  ;  }  pregevolissima,  e.  non  può  essere  Irascui'alo     doq  da  chi  -    PITAGORA  ,  ìper reprìmere ne*  giovani  I  '  eccessrvà'^  loquacità,  esige  da' suoi  discepoli  un  assoluto silenzio  ne V  primi  anni  delle  sue  lezioni;  il  che  era  spingere  le  cose  all'  estremo  opposto,  e  spezzare  il  ramo  per  raddrizzarlo.  Più  saggia  Tao-tìca  cavalleria  diceva  a'  suoi  seguaci:  Siate  semjore  l’ultimo  a  parlare  in  mezzo  agl’uomini  che  vi,  superano  in  età e  il  primo  a  battervi  alla  guerra.  Non  arrogarti  dunque  il  diritto  d'eterno  parlatore,  ma   «  Solo  i  tuoi  detti  nel  comun  discorso  »  Ifitreccia  a  tempo,  e  in  un  civile  e  cauto  »  Le  tue  parole  e  il  tuo  silenzio  alterna. Colui  che- si  finge  dotato  di  cognizioni  che  non  ha,  perdi il diritto  d’essere  creduto  negl’affari   sociali.  Volendo  mostrare  troppo  spirito,  si  resta  caricati  di  TUTTO IL PESO DELLA CONVERSAZIONE,  e  si  perdé  in  affetto  ciò  che  si  acquista  in  ammirazione  ;  gidoo  ^    ignora  che,  per  convìncere    spirilo,  spesso  é  forza  sedurre  le  passioni  che  gli  fan  siepe. Ma  questo  dono  per  se  stesso  ilion  è  sicuro  indizio  di  profondo  pensare.  Parecchi  buoni  spiriti  non  riescono  a  svolgere  le  loro  idee  fuorché  col  mezzo della  meditazione;  ed  è  stato  osservato  che i filosofi  non  sono  quelli  che  brillano  di  più  ne'  crocchi  sociali.  Ne'  discorsi  di  ROUSSEAU neppur  l’ombra  scorgevasi  di  quello  stile  che  ne'  suoi  scritti  si  ammira.   NICOLE ,  uno  de'  primi  scrittori  del  XVn  secolo,  stanca quelli  che  l’ascoltano. Perciò  egli  dice  del  sig.  TREVILLE,  U  quale  parlava  .  con  facilità  :  Egli  mi  batte  rulla  camera  :  ma  egli  non  è  g^cora  in  fondo  deHa^caìa  eh*  io  V ho  confuso,  t    4t&l   chè,  generalmente  parlando,  gli  uomini  non  amanq '  quelli  che  li  offuscano.  >   -^pm  >  ^Allorché  non  avete  argomento  interessante  da  proporre,  la  civillà  vuole  che  vi  astenìate  dal  parlare,  in  vece  di  mettere  alla  tortura  l'altrui  pazienza con  puerili  e  non  gradite  scempiaggini.  Perciò  r  abate  S.  PIERRE ,  il  quale  non  discorre  gran  fatto  NELLA CONVERSAZIONE,  non  per  sterilità    per  disprezzo,  ma  per  tema  d'infastidire  i  suoi  ascoltanti,  dice. Quando  io  scrivo,  nissuno  è  obbligato a  leggermi. Ma  quelli  ch'io  vorrei  costringere ad  ascoltarmi  si  darebbero  la  pena    farne  almeno  le viste,  ed  io  la  risparmio  loro  per  quanto,  posso.  Inoltre  chi  vuol  parlare  di  ciò  che  non  intende,  al  quasi  certo  rischio  si  espone  di  guadagnarsi il  titolo  d'ignorante.  Quindi  l'abate  Choisj',  il  quale  non  era  dotto,  ma  lontanissimo  dal  volerlo  comparire,  scrivendo  ad  un  suo  amico  sulle  sue  CONVERSAZIONI o  sul  suo  silenzio  coi  dotti  missionarii  che  nella  sua  ambascerìa  egli  aveva  ritrovati  a  Siam,  si  esprime  così.ii^^  Io  occupo  un  posto d' ascoltante  nelle  loro  assemblee ,  e  mi  servo  sempre  del  vostro  metodo  :  una  gran  modestia  e  nissun  prurìto  di  parlare.  Quando  la  palla  mi  viene  naturalmente ,  e  ch'io  mi  sento  istrutto  a   fondo  della  cosa  di  cui  si  tratta,  allora  mi  lascio  »v forzare,  e  parlo  piano,  modesto  egualmente  nei  D  sono  della  voce  che  nelle  espressioni.  Questo   metodo  fa  un  effetto  mirabile,  e  sovente,  quando  non  apro  bocca,  si  crede  ch'io  non  voglia  parli lare,  mentre  la  vera  ragione  del  mio  silenzio  si è  un'ignoranza  profonda  ch’egli  è  pur  bene  di nascondere  agli  occhi  altrui.   tjttl^  ^ Da  qiiesta  modesta  confessione,  soggiunge  d^A^^.  lembert ,  si  raccoglie  che  l'abate  Choisy  non  rassomiglia  certi  ciarlieri,  i  quali,  presi  dalla  manìa  di  parlare  di  quanto  ignorano,  meriterebbero  la  risposta  che  un  artista  greco  fece  nel  suo  laboratorio  ai  ridicoli  sragionamenti  d'un  dilettante:,.  Guardatevi  dal  farvi  sentire  da' miei  scolari. Infatti  parlano  costoro  con  leggerezza  tale,  che  spesso  l'uomo  pulito  si  astiene  dal  far  loro  un'obbiezione  per  tema  di  vederli  ammutolire.  I  chiacchieroni  si  fanno  tacere  col  non  dar  retta  ai  loro  discorsi,  come  appunto  un  suonator  di  violino  ferma  i  danzatori  cessando  di  sonare. Co?itimcazione  dello  stesso  argomento. La  loquacità  eccessiva  è  un  difetto  che  i  moralisti  sogliono  rimproverare  al  bel  sesso.  Quindi  essi  dicono,  che  mostrare  molto  spirito colle  donne  non  è  il  miglior  mezzo  per  conciliarsi,  il  loro  animo.  Una  dama  d'alto  tono  che  si  era;  I  ,     scelto  per  amico  un  uomo  di  beli'  aspetto  e  di  molto  spirito,  gli  disse  un  giorno  che  poteva  ritirarsi,  perchè  ella  non  ama le  persone  che  parlano  troppo.  .    vFin  dal  pergamo  fu  rimproverato  alle  donne  ' -  l'accennato  difetto  :  un  predicatore  parlando  avanti  I  UA  consesso    monache  nel  giorno  di  Pasqua/   I  diede  loro  ad  intendere  che  Cristo  risuscitato  coin-   '  parve  alle  donne  prima  che  ai  discépoli,  acciò  la   nuova  della  sua  risurrezione  più  rapidamente  si  diffondesse.   i  11  suddetto  difetta  potrebbe  essere  confermato dall'uso  delle  donne  negre  della  riviera. di  Qs^m-    d  j    tot.  le  ^uaH  essendo  applio^tisshne  ai  labori  ;  glioBO ,  a  fina  ^'^fitace  hi  maldicdiusa  0  i  diseoiti  inutili  ,  empirsi  la  bocca  d'acqua  mentre  lavorano..   La  leqoacità  dette,  domiet  seoondo  che  io  ne  giu«  dieé,  a  due  Ani  d^lta  fimportanzia*  éorridi^nde.   L'uno  si  è  che,  essendo  é$$e. te  prime  educa-triei  éé  faneiiilll')  detona  esiereltttfe  te  fero  .tenere^  orecchie  con  un  cicaleccio  continuo,  e  imprimere  Ìb  ^ue'édb^li  cernili  oiolte  tracce  ideali,  che  senza,^  questo  soccorso- diffleHmente  Vi  «gioirebbero.  '  .'1)  seeogdq  si,  è  .  che,  essendo  esse  destipate  a  «ìMi^iEnfel^ra  aspra  la  vita  airaomo,.  dover*   vano  essere  dotate  d'una  sensibilità  squisita  che  a  lotti  ì  di  lui  affetti  prontamente  si  risentisse,  e  della  facoltà  d'  insiniìàVs^  gqrbo  nqf  di  l«i   allibo,  ìi|jtrattenerlo  oaa  sentimentale  colloquio  ed  àHeirtariiét    pene:  tton  saprei  ben  dire  se  questo  sia  il  motivo  per  cui  generalmente  le  donne  superbie gli  n^minLoella  gra^^ia  della  voce  e  del  canto.   GIOVENALE,  come  tanti  altri  poeti  dopo  di  lui  v  ha  eensurato  la  loquacità  deUe  donne  letterate  ne',  segufati^'veirn:   «   .  SI  tosto  ,   ^  '  i>  T'assidi  a  mensa,  essa  1^  mensa  in  scuola^.  »  EcQO  ti  cangia  ^  é    sentenze  e.-npr|Be,  /  »  Loda  il  cantor  d'Enea,  s'intenerisce. Per  la  pQv.era  Elisa  ^  i  due  poeti  '  '  »  Mette  al  paraggio;  a  ima  bitaneia  appende ,  »  In  un,  gùscio  Maron,  neir  altro  Òmero.  »  Orammatici  ,  rettorìd,  seolastiei  «.^  .  '     i>  Ite  a  rfporvi  :  i  convittor  son  muti PiissuQ  fisponde;  e  chi  tentar  latria  .    s    ;    »  D'arresUrue  la  foga?  Un  avvócatd,     y  B'altre  donne  uno  stuol  ;  tal  dalla  bocca  <  Vei^  (NTi^vio  ^  parote^  e  tale        ^  r-Stridor  mòtesto;  e  tintinnìo  di  voei^ Che  un  picchiai  di  patini  e  cauipaneU.!  '  »  D'udir  ti  sembra  i  »rrà  piHtrìa  sot-  ;  .)i  Senz' altra  aggiunta^  di  caldaie  o  trorobe. Recar  ^eoisso  ^ti!  ii^iHuitata  inaa  «^t»  .  Qnestà  gairrulita  è  condannabile  n^lle.dQnàè  gualmente  che  iiegli  uoinini  i.  e  ciò  che  Aiolièjre  ba  detto  nella  sua  commedia  cóntro  le  donm  sac^  cenli^  ai  saccenti  in  generale    applica.  La  noia  che-  viene  prodotta  dalla  loquacità  noq. scema  in  milione  della  barba  di  chi  parla,  meatre  air  op-  posto un  bel  detto  cresce  di  |^regio  se  esce  da  bel  labbro. TaciturnUà.  ,   lia  storia  d' Atene  e  di  Sparta  due  estremi  -ci  piTe^nta  nel  modo  di  parlare.  Gli  ^Ateniesi  érana  talmente  invasi  dalla  manìa  ciarliera  ^  cbia  lunghe  dissertazióni  dicevano  so|tfa  Inezie,  vi  spiavano  dottamente  in  quanti  modi  può  eseguirsi  una  CA-  vriola,  parlavano  ad  alta  vo((e  in  pub|ilic0|  dispu-  tavano per  le'  strade,  si  fermavano  eui  mereati,  e  ricoveravansi  sotto  d'un  portico  per  risolvervi  dQ*  problemi  nel  modo  più  rumoroso.  Plauto  li  de-   scrive  in  atto  di  portare  sotto  le  pieghe  del  loro  manto  pateechi  libri  per  convincere  i  loro  avver-»  Mrii  eon  assiomi  e  sentenze  decisive.  Gli  SpUrtUfir-all'opposto  erano  più  silenziosi  delle  pietrcr    Disapprovando  la  verbosità  degli  Alenicsì  e  la  V  taciturnità  degli  Spart.an?,  condannerò  con  maggior  y  ragione  il  laconismo  degli  ultimi,  i  quali  non  ri-  |  >^'1^pondendo  che  con  monosillabi,  lasciavi^no  scor-  ^  '^gere  un  orgoglio  offensivo..  Filippo  re  di  Macedonia  avendo  scrìtto  agli  Spartani  che  avrebbe  fatto  i   le  sue  vendette  se  entrava  nel  loro  territorio,  que-  ^  Bti  aljro  non  risposero  se  non  che  Se.  Gli  stessi Spartani  scrivevano  lettere  molto  laconiche,  cioè  H  impertinenti  ;  ma  dacché  furono  compiutamente.    'i.    i    battuti  a  Leutre  ,  cominciarono  ad  allungar loro frasi.  Son  io,  diceva  Epaminopda,  che  ho  inse-  ^  guato  loro  questa  civiltà.  La  taccia  d'inurbana  data  alla  tacilurnilà  è  dun^  'ì'  ì  que  molto  antica,  e  con  ragione  /  principalmente  i  quando  son  le  persone  adulte  che  tacciono;  giacchè  se  è  necessaria  la  riservatezza  per  non  esporre  pensieri  che  poscia  si  vorrebbe  invano  rivocare,    non  fa  d'uòpo  spingerla  al  punto  da  rendersi  muto.  Una  persona  taciturna  nella  conversazione  è  una  persona  che  vuole  entrare  in  teatro  senza  biglietto  d'ingresso;  è  una  persona  che  vuole  godere  senza  contribuire.    Una  persona  taciturna  diviene  incomoda  per  più ragioni. Ella  arresta  la  comunicazione  de'sentimenti ,  i  quali  sogliono  acquistar  forza  diffondendosi. Presenta  l'idea  d'un  censore  severo  che  sem-  r  brà  accusare  gli  astanti  di  frivolezza. Eccita  una  diffldenza  non  favorevole  alla  giovlalità. Una  persona  chè  parla  ci  dà,  per  cosi  dire,  la  -  misura  delle  sue  forze  :  le  sue  idee,  i  suoi  sentimenti ,  i  suoi  gusti,  i  moli  della  sua  fisonomia ,  \a  qualità  de'  suoi  gesti  la  palesano  al  nostro  sguardo  :  noi  sappiamo  come  fa  d'uopo  regolarsi  con  essa.  All'opposto  una  persona  che  tace,  in-  spira difUdenza,  perchè  si  diffida  di  tutto  ciò  che  non  si  conosce.   D'altra  parte  non  si  sa  che  cosa   'possa  piacerle  o  spiacerle:  questa  incertezza  diviene  un  limite  illegittimo  alla  facoltà  d'agire  e  di  parlare ,  quindi  è  penosa.  Finalmente  ,  siccome  nel   i^commercio  V  amor  proprio  d'  un  negoziante  resta  offeso  allorché  vede  rigettate  1^  sue  cambiali,  cosi  nella  conversazione  spiace  all'  amor  proprio  degli  astanti  la  vista  d'una  persona  che  non  corrisponde  alla  loro  allegrezza  ,  e  ricusa  d' accomunarsi  con  essi;  perciò  più  facilmente  viene  perdonata  la  frivolezza che  la  taciturnità. La taciturnità può essere prodotta da cinque cause. Mancanza  d'idee  o  stupidezza.  In  questo    caso  è  certamente  miglior  consiglio  tacere  qhe  par-  lare;  giacché  parlando  si  procurerebbe  spregio  a  se  stesso  e  noia  agli  altri.  Le  persone  taciturne  che  appartengono  a  questa  classe  sono  tollerate  "nelle  conversazioni  come  si  tollerano  nella  società  '^1  bisognosi  impotenti  :  la  pubblica  beneficenza  gli   alimenta.  Non  potendo  CONTRIBUIRE ALLA CONVERSAZIONE,  esse  devono  rappresentare  il  personaggio  dèlia  scimmia,  cioè  atteggiarsi  a  norma  de'seutimenti  che  si  dimostrano  dagli  altri. Diffidenza eccessiva di se stesso. Questa qualità si trova talvolta anche nelle persone di carattere amabile, e proviene da mancanza d' educazione e  di  pratica:  è  una  debolezza  che  merita  Indulgenza,  almeno  sul  principio,  benché  faccia  torlo  alla  società  privandola  di  molte  idee  utili;  dico  almeno  sul  principio,  giacché  un  po'  d'esperienza  dandoci  la  misura  delle  altrui  forze  e  delle  nostre,  questa  diffidenza  deve  sparire  se  non  é  unita  a  stupidezza,  ii» Scarsa  scienza  è  molta  vanità.  Alcuni  non  osano  di  contraddire  perchè  non  soffrono  d'essere  contraddetti  ;  la  loro  pazienza  non  é  che  un  timido  orgoglio;  il  loro  silenzio  é  un  mezzo  di  sicurezza;  essi  tacciono  per  non  esporsi  alla  censura.  /4.  Stolto  orgoglio.  L'amor  proprio  raffinato  e  tronfio  sdegna  di  prendere  parte  alle  frivolezze  della  CONVERSAZIONE,  e  di  comunicare  agli  altri  i  suoi  più  che  sublimi  concetti.  Si  danno  anche  uditori  disdegnosi  che,  per  non  accordare  legger-  mente la  loro  ammirazione,  ricusano  l'approvazione più  meritata. Malizia.  L'orgoglio  va  spesso  unito  a  cattivo  carattere;  quindi  il  silenzio  é  non  di  rado  effetto  della  malizia.  Ritornando  dalla CONVERSAZIONE, in  cui  non  proferirono  una  parola,  alcuni  passano  a  rivista  tutto  ciò  che  vi  fu  detto,  con  intenzione  di  censurare  i  discorsi  più  indifferenti;  osservatori  malevoli  ,  il  silenzio  de’  quali  é  uno  spionaggio  sempre  pronto  ad  abusare  del  vantaggio  che  le  anime  false  e  fredde  sulla  franchezza  e  la  veracità  agevolmente  ottengono.  Fu  dimandato  a  M.r  Fontanes  9  celebre  matematico,  che cosa  faceva  nelle  CONVERSAZIONI ove  slava  sovente  taciturno:  Sto  osservando^  diss'egli,  la  vanità degli uomini per ferirla all'occasione. Bel mestiere per un filosofo! Alcuni  finalmente  non  sono  taciturni  nelle  CONVERSAZIONI, ma  misteriosi:  essi  dicono  alcune  cose e  poscia  troncano  il  discorso  con  aria  d'importanza  e  mistero.  Questa  condotta  è  doppiamente  censurabile;  giacché  da  un  lato  eccita  una  curio-  sità che  non  resta  soddisfatta  ,  dall'altro  fa  supporre che  crede  gli  astanti  inoapaci  di  silenzio  o  capaci  di  tradimento.  EGOISMO  #   r  ir   Se  alla  loquacità  s' unisce l’egoismo,  cioè  se  parliamo  sempre  di  noi  ste&i ,  de*  nostri  gusti ,  delle  cose  nostre ,  in  somma  di  quanto  ci  appar-  .tiene ,  siamo  certi  d'annoiari gli  astanti  oltre  misura. È  difficile  di  ritrovare  un  viaggiatore  che  sia  sobrio  nel  racconto  de'suoi  viaggi  ;  un  cliente  delle  sue  liti  ;  un*galante  delle  sue  avventare»  ecc.,  .  senza  aspettare  che  l'analogia  delle  idee  guidi  il  discorso  ove  essi  vogliono  ,  taluni  parlano  della  loro  moglie  che  è  un'ottima  creatura,  de'loro  figli  cJiie  hanno  sortita  ìndole  divina  ,  de'  loro  maestri  che  sono  altrettanti  Socrati,  de'loro  affari  che  tutti  vanno  a  maravigliai  de'  loro  nemici  che  sono  il  fior  de'  birbanti ,  ecc.  :   u  Di  sé,  de' suoi  pernierà  de'  sogni  suoi  »  Perpetuo  citator,  storia  e  giornale  »  Invasi  da  questa  manìa  si  mostrano  spesso  i  gip-  vàni  poeti,  perchè  lusipgandf^i  facilmente  d'avere  composto  sublimi  versi,  vogliono  recitarli  anche  ai  sordi. inedtartoir  acerbo  »  In  fuga  volge  e  ignorante  è  1  dotto  ;  '  »  Se  poi  ne  abbranchi  alcunOf  il  tìen,  l'uccsMIe*    Leggendo  ognor  ;  mignatta,  che  la  cute  »  Non.  lascia  pria  che  ae  rilK)cchi  ii  saague. La  stoUem  e  la  vanità  giungono  talvolta  a  segno^  che  non  potendo  far  oggetto  dell' altrui  attenzione  te  nostre  heUe  qualità,  le  presentiamo  i  nostri  in-  comodi^ lenostre  .  debolezze  9  la  nostra  pusillani-  mità, e  talora  que'raali  che,  essendo  comuni,  non  meritano  speciale  riflesso.   «  i'  A  che  lai  lezzi,   Schizzinoso  mortai ,  e  con  qual  dritto  '  i>  Pretender  puoi  d' esser  tu  solo  esente    Da  la  sorte  comnn,  come  se  fossi  r>  Il  figliuolin  della  gallina  bianca,    Moi  vili  polli  e  di  vii  uovo  usciti  ?  »   Cresee  r impertinenza,  se  alla  voglia  di  ptflmre  sempre  di  sè,  si  unisce  la  pretensione  di  superare  in  tutto  gli  altri.  A  sentire  qualche  stolto,  i  suoi  cavalli  ilono  più  veloci  di  quelli  d' Achille,  i  suoi  jiervi  più  avveduti  di  Ulisse,  il  suo  cuoco  più  sagace  d'Apicio,  ecc.  Il  sole  comprimi  ed  ultimi  raggi  saluta  il  suo  palazzo  ;  l'aria  non  è  pura  fuor-  ché nelle  sue  campagne  ;  in  nessun  gianlino  olez-  zano sì  soavemente  i  fiori  come  nel  suo.  Chi  si  move  in  una  danza  con  maggior > garbo  di  lui?  Al  paragone  della  beHesza  non  potrebbe  egli  con-  tendere il  ponto  alle  tre  Dee?  ecc.  Quindi  ora  pretende  al  sublime  onore  di  passare  prima  degli altri ;  ora  si  lagna  ,  perchè  non  pieghi  sino  a  terra  la  fronte  chi  gli  fa  di  cappello  ecc.   I  suoi  vanti  giungono  sempre  alla  menzogna  quando  parla  con  persone  che  non  lo  conescono.  !•    a  E  sei  miglia  lontan  dal  suo  paese  »  Tal  faceva  il  signor,  barone  o  conte.Ch'ivi  guardava  i  porci  per  le  spese  ».  f  ^  Siccome  gli  uomini  vogliono  più  applausi  die  istruzione  ,  inclinano  più  a  censurare  che  ad  ap-  plaudire;  perciò  comparir  nelle  conversazioni  più  di    occupali  che  degli  altri  ,  voler  primeggiare  sopra  tutti  ,  pretendere  di  singolarizzarsi  a  spese  altrui,  è  il  più  sicuro  mezzo  per  rendersi  sprege-  vole e  ridicolo,  /j/vj   .  La  smania  di  rappresentare  un  personaggio  di-  stinto nella  conversazione  e  rendersi  lo  scopo  di  tutti  gli  sguardi ,  è  il  difetto  principale  degli  uo-  mini di  spirito  ^  i  quali  perciò  amano  meglio  tal-  volta di  conversare  con  persone  di  poca  levata  cui  possono  dar  legge  coloro  discorsi  ,  di  quello  che  ritrovarsi  in  crocchio  coloro  simili,  da  cui  temono  di  .riceverla  ;  cioè  preferiscono  d'essere  re  in  una  cattiva  compagnia,  alPessere  sudditi  in  una  buona.  Ma  solamente  una  vanità  puerile  può  compiacersi  dell'omaggio  di  quelli  ch'ella  disprezza. Due  donne  di  primo  rango  ti  movevano  querela^  pre-  tendendo runa  suir  altra  il  passo  in  una  chiesa  y  e  assordavano colle  loro  dispute  i  tribunali.  Carlo  V,  per  impedire  le  cabale  .cui  poteva  dar  luogo  questa    seria  contesa,  stimò  a  proposito  di  farsene  arbitro  ,  e  decise  che  11  diritto  d'  an-  dare avanU  apparteneva  alla  più  stolta  delle  contendenti.   L'abate  Testu  ,  dice  d'Alembeit ,  dominava  principal-  nieDte  all'  Hòlel-Richelieu,  ovo  era  l'oracolo  e  l'amico  intimo    ^iqitif L'amore  disordinato  di  noi  stessi  ténehdoci  fissa  avanti  lo  spirito  V  idea  delle  nostre  qualità  ,  V  in-  grandisce snrìisuratamente,  come  il  sol  eadente  in-  grandisce l'ombra  del  nostro  corpo  e  la  fa  com-  parir gigantesca.   Può  essere  citato  sotto  questo  articolo  il  difetto  4i  coloro  che  la  loro  arte  o  professione  innalzano  '  sopra  tutte ,  e  vi  mostrano  i  beni  immensi  di  cui  è  fonte;  e  vi  provano  con  cento  argomjenti,  che  se  sparissero  tutte  le  altre,  essa  sola  sosterrebbe  la,  società  cadente  e  le  darebbe  lustro.  Da  ciò  nasce  una  serie  indefinita  di  sgarbi,  di>spregi,  di  censure  alle  volte  ingiuste,  spesso  false  ,  sempre  ìmpulit;e.  Un  buon  prete   cui  confessavasi  Despréaux  ,  gU  dimandò  Qual  era  la  sua  professione.  Io  sono  poeta ,  rispose  il  penitente.  Cattivo  mestiere,  replicò  il  prete  :  e  poeta  in  qual  genere  ?  Poeta  satirico. Amora  peggio  ;  e  contro  chi-  fate  voi  delle  satire?  Contro  i  compositori  difxommedie  e  di  romanzC  '^^Òh  !  per  questo aggiunse  il  prete,  alla  buon'  orix  ;  e  gli  diede  fas-  soluzione  immediatamente.  In  conseguenza  delPac-  cennata  impulitissima  pretensione  Alcibiade  diede  uno  schiaffo  ad  un  maestro  di  rettorica,  perchè  non  aveva  un  esemplare  delle  poesie  d'Omero  ;  ed  un  altro  adoratore  di  questo  poeta  fece  voto  di  .   della  duchessa  di  questó  nome,  ^lìceome  egli  non  amava  d'essere  contraddello,  ma  molto  di  essere  ammirato ,  perciò  gli  andava  poco  a  sangue  il  commercio  degli  uomini ,  più  conlenlo  di  brillare  in  un  circolo  di  donne  che  talora  col  suo  dir  sorprendeva ,  talora  adescava,  secondo  che  meno  o  più  gli  piacevano. ,   t   leggere  Ogni  giorno  mille  versi  di  esso»  a  ripara-  zione     tarli      gli  venivano  iattL  \Irritabilità  e  ruvidezza.   Lo  spirito  stizMso  è  ii  flagello  deH^^Niéi^tà'i  come  il  carattere  dolc«  ne  è  il  ba)san(M),   .»Iiiriitàbilità  rende  deeuplo-'il.fientìmjeiito.ctolAh  supposta  offesa:  e  spesso  ha  fonte  neir ìntima  p^sijasiooe  di  non  meritare  alcun  riguardo.  Quindi  le*  peiisMe  più  ^irtilei)Ui  smé'  per  lo  fiià4e? teste  più  piccole,  più  vuote,  più  prive  di  qualità  reati."  Gcnìvinte  dqlla  ..kro  .BiiUftà.>  iMiinam  a-  mdenl  scopo  dell'altrui  spre^?o,  e  si  confermano  in  questa  idea  ad  j^oi/miaima  eerknoma  che  per  ioavverf  lénaa  vengà  cdii  «ssè  traseuràta.^  Uina  parole  eftig«  gita  in  un  momento  di  calprCi- di  vivacità,  d'àlle^  grezza,  viene  da  ^se  esaotlnata  con  tutto  il  rigorè,  non  dico  della  logica,  ma  del  puntiglio,  staccata  da  quelle  circostanze  che  se  non  la  giostificanò  pienain6iite<  la^dimò^tranO'  figlia  pintlMto''4eH'  ,  riflessióne  che  delio  malizia.  r^-r  I    L-esser  tenera  e  vezzo6CKaBìci»*(it  ditdiee  aseai;"  »:dicc  monsignor  della  Casa,  e  massimamente  agli  M.  i^omioi;  iNsreiocchè  l'osare  con  si  &tta  maniera  «:  di  pet*s0Be  non  pme  eompagnia-me  servitù  re  »  certo  alcuni  se  ne  trovano  ohe  sono  tanta  tenerr  '>  e  fragili  4,  che  il  viv.ere  e  dimorar  con  «asdoìfo,  »  ninna  altra  cosa  è,  che  impacciarsi  fra  tanti    »  sottilissimi  vetri;  così  temono  essi  ogni  leggier   '^ercosisé,  e  così  conviene  trattargli  e  riguardar*  »•  gli  :  1  qijali  così  si  crucciano,  se  voi  non  foste  1*  così  pronto  ^  fioUeeìto  a  sduladii  a  visitarli ,  a  »  riverirli ,  ed  a  risponder  loro,  come  un  altro*.     farebbe  d'un'  ingiuria  mortale;  e  se  voi  non  dato  »  loro  così  ogni  titolo  appunto,  le  querele  aspris-  »  sime  e  le  inimicizie  mortali  nascono  di  presente.  »  l^oi  mi  diceste  messere^  e  non  signore.  E  per-  »  chè  non  mi  dite  voi  S.  ?  Io  chiamo  pur  »  voi  il  signor^  tale.  Ed  anco  non  ebbi  il  mio  »  luogo  a  tamia  !  E  ieri  non  vi  degnaste  di  »  venire  per  me  a  casa,  come  io  venni  a  trovar  i^voi  Valtr*  ieri.  Questi  non  sono  mòdi  da  tener  con  un  mio  pari.  Costoro  veramente  recano  le  »  persone^a  tale,  che  non  è  chi,  li  possa  patir  di  »  vedere ,  perciocché  troppo  amano  se  medesimi  »  fuor  di  misura;  ed  in  ciò  occupati ,  poco  di  »  spazio  avanza  loro  di  poter  amare  altrui;  senza  »  che  gli  uomini  richieggono  che  nelle  maniere  di  w  coloro  co'  quali  usano ,  sia  quel  piacere  che  può  »  in  cotale  atto  essere  ;  ma  il  dimorare  con    ì>  fatte  persone  fastidiose ,  l'amicizia  delle  quali    )^  leggiermente ,  a  guisa  di  sottilissimo  velo  ,  si  w  squarcia,  non  è  usare  ma  servire,  e  perciò  non  *  solo  norf  diletta ,  ma  ella  spiace  sommamente.   »  Altri  a  nissuno  mai  fanno  buon  viso;  e  vo-~  »  lonlieri  ad  ogni  cosa  dicono  di  no;  e  hòh  prèri-   dono  in  grado    onore    carezze  che  loro  sf  >i  faccia,  a  guisa  di  gente  straniera  é '^barbara  ;  non  »  sostengono  d'essere  visitati  ed  accompagnati  ;  e  »  non  si  rallegrano  de'motti    delle  piacevolezze;  »  ^  tutte  le  proferté  rifiutano.  Messér  tale  m*im-  »  pose  dinanzi  ch'io  vi  salutassi  per  parte  sua.  »    Che  ho  io  a  fare  dei  suoi  saluti  ?  ^  E-  >l  messer  cotale  mi  dimandò  come  voi  stavate.^  »    Fenga ,  e    mi  cerchi  il  polso  »  La  naturale  rozzezza  dell'  uomo ,  fa  mancanza  d^educazione  ,  una  stolta  vanità  ,  la  piccolezza  di  spirito  ,  talvolta  dei  risentimenti  amari ,  talvolta  Fimpossibilità  di  partecipare  ai  piaceri  sociali ,  ba-  stano a  spiegare  in  generale  gli  accennati  difetti.   Una  causa  speciale  d' irritabilità  e  ruvidezza  si  era  per  Taddietro  uno  stolto  orgoglio  di  famiglia,  per  cui  alcuni,  persuasi  d'essere  vasi  d'oro,  e  cre-  dendo tutti  gli  altri  di  fango,  sfuggivano  ogni  con-  tatto con  essi ,  si  mostravano  alieni  da  ogni  con-  fidenza,  s'atteggiavano  a  sprezzo  abituale  come  queir  Omberto  ALDOBRANDESCHI a  cui  Dante  ALIGHIERI fa  dire,   «  L'antico  sangue  e  l'opere  leggiadre  »  De'miei  maggior  mi  fèro    arrogante,  »  Cbe  non  pensando  alla  comune  madre  ,  »  Ogni  uomo  ebbi  in  dispetto  tant*avante  ,  ^  Cb'  io  ne  morii   » Finalmente  vi  è  una  irritabilità  e  una  ruvidezza  che  è  figlia  di  timori  immaginarii.  Un  asino  sta  mangiando  il  suo  fieno  ;  voi  gli  passate  a  fianco  senza  pensare  a  lui  ;  egli  si  volge  e  vi  mostra  i  denti,  temendo  cbe  vogliate  rapirgli  parte  del  suo  pasto  o  tulio.    In  questo  stalo  d'allarme  si  trovano non  di  rado  alcuni,  percbè  credono  d'avere  sempre  qualche  nemico  a  fronte  ;  quindi  stanno  continuamente  sulle  ditese,  pronti  anche  ad  assa-  lire chi  non  ha  giammai  pensato  ad  essi.  Uno  sguardo  incerto,  una  parola  dubbia  ,  un  atto  che  non  sanno  spiegare,  eccita  tosto  il  loro  mal  umore;  quindi  succedono  degli  sgarbi,  parecchie  amicizie  cessano ,  delle  nimistà  sottentrano  ,  e  l' allegrezza  dalla  conversazione  sparisce.    Contro  i  quali  difetti .  vatgpna  i  seguenti  riflessi.   La  società  è  una  piazza  di  commercia,  ove  8i    amor  per  amore  «  .stima  per  stima,  odio  per  odio,  sprezzo  per  sprezzo.   Jn.q«iesto  camliia  d'affetti  ciascuno  procura  di  non  essere  ingannato,  e  rieiisa  é}  dar  più  di  quel  ctie  riQeve.   L'orgoglioso  vorrebbe  violare  queste  due  lef^i  ;   egli    sprezzo,  e  vorrebbe  ammirazione  :  egli    poco  o  nulla ,  e  vorrebbe  motto  ;  quindi  s' irrita  non  rfeevendo  !n  proporzione  delle  sue  pretensioni  ;  egli  è  irragionevole  come  colui  che  con  pochi  cen-  tesimi volesse  eomprar  delle  gemme.   Il  tempo  che  perdete  in  lagnarvi  inutilmente,  in  prepararvi  a  difese ,  in  mulinare  contro  chi  non  pensa  a  voi ,  occupatelo  a  rendervi  stimabile  in  qualche  cosa,  e  coglierete  rispetto  e  contentezza  >  mentre  attualmente  cogliete  sprezzo  e  rammarico. É  ottima  cosa  la  sensibilità  airopinione  pubblica, perchè  è  stimolo  alla  virtù  e  ritegno  ai  vizi  ;  ma  è  pazzia  il  far  dipendere  la  propria  felicità  dairopinione  eventuale  di  questo  o  di  quello.  «    «  Brami  invan  d'esentarti  alle  punture  ,  »  Se  fòf  d' A  pelle  infin  Topre  Immortali  »  D'un  ciabatti Q  soggette  alle  censure  ».   Pretendere  che  la  nostra  condotta  ottenga  Tapprovazione  di  tutti,  è  nretendere  che  a  tutti  piacciano  le  stesse  vivande,  i  falsi  giudi%i  del  volgo  non  tolgono  pregio  alle  nostre  azioni,  come  le  nubi  non  tolgono  pregio  alla  hice  del  sole.    Chiama  in  Roma  più  gente  alla  sua  udlenea  »  L'arpa  d'aoa  Ucisca  cantatrice^  »  Che  la  eampafia  della  Sapienaa.   »  Laseino  omai>  le  dispute  e  i  litìgi   »  Il  Portico  e  il  Liceo,  poiché' et  MllM    »  Più  di  Talete  un  aarto  di  Parigi.  »   *i^ì  sono  delle  persone  dalle  quali  essere  lo4a(p  sa-  rebbe infamia,  e  lo  sprezzo  delle  quali  è  segnò  4|  merito.  $iate  dunque  sensibile  air  opinione  pub-  blica^ e  sordo  alle  yoci  .p^rtioolari  cbe  da  es^   discordano^  ricercate  l'approvazione  delle  per-   som  assennata 2;iV^2^o5e,^e  ridetevL4f)U§  dpgli  sciocchi  e  de'yiziosL  *t   Uq  .vi^giatore,  dice  Boccalini,  era  importunato  dal  rumore  delle  cicale  ;  egli  yolle  ucciderle,  e    allontanò  dalla  strada;  egli  doveva  continuare  quie-  tatneate  il  suo  viaggio,  e  le  Qical^  sarebbero  wprJje  4a  se  9|M8e  alla  fiue  di  otto  giomL  .   I   •lE  fo  come  il  villan,  che,  posto  in  mez^  '  r  i  V  Al  romor  delle  stridule  cicale,  -   »  Semai  eurare  H  fimeo  strido  toro  D  Segue  traa^uìUamente  il  suo  lavoro.  »   III.  Se  avete  qualche  difetto  fisico,  siate  il  primo  a  riderne  voi  stesso  ;  in  questa  maniera  sfuggirete  airaltrui  motteggio  :  facendo  altrimenti,  mostran*  dovi  tenera  da  questo  lato ,  ognuno  si  procurerà  il  piacere  di  pungervi.  Alfieri,  costretto  a  portare  la  parrucca  nella  $ua  gioventù,  allorché  trovavasi  in  collegio,  divenne  iminediataBiente  lo  scherno  di  tutti  i  suoi  compagni.  «  Da  prima ,  egli  dice,  io    m'era  messo  a  pigliarne  apertamente  le  parti;  »  ma  vedendo  poi  ch'io  non  poteva  a  nisBua  patto  »  salvar  la  parrucca  mia  da  qaello  sfrenato  tor»  »  rente  che  da  ogni  parte  assaltavala ,  e  ch'io  ao-  »  dava  i  rischio  di  perdere  anche  con  essa  me  »  stesso,  tosto  mutai  di  bandiera,  e  presi  il  partito  »  più  disinvolto,  che  era  di  sparruccarmi  da  me  »  prima  che  mi  venisse  fatto  quell'affronto,  e  di  »  palleggiare  io  stesso  la  mia  infelice  parrucca  per  D  l'aria,  facendone  ogni  titapero.  E  io  fatti,  dopo  »  alcuni  giorni,  sfogatasi  Tira  pubblica  in  tal  guisa,  »  io  rimasi  poi  la  meno  perseguitata,  e  dirci  quasi  v  ìa  più'  risj[léttàta  parroeca  fira  le  due  o  tre  altre  »  cb^  ve  n'erano  in  quella  stessa  galleria.  Allora  »  imparai  che  bisognava  sempre  parere  di  dare.  »  spontaneamente  quello  ebe  non  si  potea  impedire  »  d'esserci  tolto.  »  ;  >^  Benedetto  XIV  fece  di  più:  un  cattivo  poeta  aveva  stampata  una  satira  contro  di  lui:  il  Pontc-  0è9%^jBsaminò ,  la*  corresse ,  la  .  rimandò  air  au-  tore, accertandolo  che  cosi  corretta  la  venderebbe   iV.  (%esterfi0ld  aggiunge:  «  IVon  mostìrate  iriai  »  il  più  piccolo  segno  di  risentimento  se  non  potete  i  in  qualche  maniera  soddisfarlo:  ma- sorridete^  »  sempre  quando  non  potete  punire.  Non  si  po:  »  trebbe  viver  nel  mondo  se  non  si  pocesserana^  »  scondere  o  almeno  dissimulare  i  giusti  motivi  di  »  risentimento  che  incontrano  ogni  giorno  in  »  un'attiva  vita  e  affaccendata.  Chi  non^è  padrone  »  di  se  stesso  in  tali  occasioni,  dovrebbe  lasciare   ilmondo  e  ritirarsi  iu  qualche  romitaggio  o  de«  »  serto.  Mostrando  m  inutile  e  cupo  risentimento^,      4^  LIMQ^EUO  ,   »  autorizzate  quello  di  coloro  che  vi  possono.  of«*    fendere,  e  oh/f  voi  olCeodigre  aoa  potete}  porgete    loro  quel  pretesto  eoa  cui  forse  desiderano  di  ».  Komperla  cop  voi  e  d'iugiuriarvi,  mentre  un  op-  »  pqsto  coQtegBO  li  forzerebbe  a  star  ae'liiniti  delia  »  decenza  almeno,  e  sconcerterebbe  o  farebbe  pa-  »  lese  la  loro  otalfgoità  V  *  J  ^.^  ^ii^'  In  somnia^  sodo  le  deboli  canne  che  si  lasciano  turbare  da  ogni  soffio  di  vej^o ,  pentrj^  le  alte  gtt€pr0e  réslstoiK)  agli  aquiioni. Finché  dunque  si  tratta  d'ingiurie  lievi,  la  mi-  glior^ risposta,  si  è  il  sorxiso  del  dispre^ui^o;  ma  Quando  iti  tratta  d' ingiurie  gravi  ché  offendano  l'onorey  chi  le  soffre  le  merita;  il  risentimento  in  'questi  casK  è  cosi  jiusto  come  è  giusta^lsi  legge  che  le  punisce.  .  .  ^à^l   \  i  10.  Curiosità  degli  affari  altrui.   >   Non  può  abbastanza  censurarsi,  perchè  contraria  alla  confidenza  e  quindi. all'allegrezza,  la  smania  di  eeloro  che  vogliono  conoscere  tutti  gli  affari  altrui^  saperne  le  più  minute  circostanze,  e  dei  nomi  chieg-  gono notìzia  a  de' luoghi ,  e ,  per  trarvi  di  bocca  qualche  cosa  di  più ,  pria  fingono  di  non  avere  bea  intesot  poi  vi  dimandano  schiarimento  ad  un  dub-  biti^  orarvi  piantano  avanti  un  sospetto  come  in*  fallibile,  e,  vedendo  che  lo  respingete,  mostrano  di  riciedersì  passando  al  sospetto  opposto,  e  dalla  nuova  vostra  negativa  o  maraviglia  fatti  accorti  si  ripiegano  aopra  se  stessi  per  ritornare  airattacco  ;  e  0  non  gran  pompa  «di  tolleranza  v'  invitano  ad  aprir  V  animo ,  o  con  improvvisa  ed  isolata  interrrogazione  vi  sorprendono  :  e  tenendo  gli  occhi  fissi  sopra  di  voi ,  cercano  di  leggervi  nel  volto  V  im-  pressione che  fanno  i  loro  discorsi  ,  la  quale,  pav  - ragonata  e  unita  alla  vostra  risposta  ,  serve  loro  di  via  per  giungere  al  vero.  Questa  curiosità  conduce  -i  ciarlieri,  i  parabolani,  gli  invidiosi,  i  tristi  per  tutte  le  case ,  i  palchi ,  i  caffè,  onde  raccogliere  e.   raccontare  i^.^^             >  '  it   ......      ie  vicende  ascose       :  '  .   w  Degli  instabilì  amor,  le  cagion  lievi  ^^   X         »  Dei  frequenti  disgusti,  i  varii  casi   »  Del    già  scorso,  le  gelose  risse,       \  ^   »  Le  illanguidite  e  le  nascenti  fiamme Le  forzate  costaiize  e  le  sofferte.*'  '   »  Con  mutua  pace  infedeltà  segrete,     »  Dolci  argomenti  a  feraminii  bisbiglio  »^  .   Questo  prurito  d'indagare  le  faccende  altruf  è  tanto  più  attivo,  quanto  più  si  manca  di  idee  e  di  sentimenti  proprii;  giacché  il  nostro  animo  volendo  ^un  continuo  pascolo,  se  non  ne  trova  in  se  stesso*  .  va  per  le  altrui  case  a  questuarne  (1).  v    ^  Senìbra  che  anco  la  vanità  concorra  a  rendere  il  pungolo  della  curiosità  più attivo.  Si  crede  acqui-  "       *i  '  ir   (I)  L'Imperatore  Claudio  sarel)be  morto  di  noia  se  noi)    si  fosse  occupalo  ad  ascoltare  tutte  le  cause  che  si  agitavano  :nel  foro,  ed  a  conoscere  tutti  i  segreti,  gli  accidcnU,  le  sven-  ture,i  piccoli  odii,  gli  intrighi,  i  pelegolezzi  delle  famiglie.  Gli  avvocati,  cui  era  nota  questa  sua  debolezza,  lo  prende-  vano alle  volte  per  i  piedi  e  lo  trattenevano  in  tribunale  al-  lorché egli  voleva  partirne.  Le  dimande  inopportune,  le  ri-  spostestolte,  i  riflessi  ridicoli  di  qlieslo  preteso  giudice  mei  \  levano  in  tale  evidenza  la  sua  stupidezza,  che  un  avvocato  *    :      ,v.'  ,   .Starsi  qualche  grado  di  gloria  nel  poter  dire  lo^lo  io  l'ho  veduto  :  infatti  gli  stolti  e  gli  scioperati    amniirano  queste  notìzie,  e  credono  uom  d'acuto  e  ;  perspicace  ingegno  colui  che  le  spaccia;  mentre  tutto  :  il  suo  ingegno  si  riduce  a  prestare  le  sue  orecchie  ai  discorsi  degli  altrui  servi  e  nio;izi  di  stalla.  >^  Siccome  in  tutte  le  classi  sociali  sta  la  realtà  all'apparenza  come  la  grossezza  della  rana  alla  grossezza  del  bue  ;  siccome  ciascuno  si  sforza  di  coprire  con  color  lusinghiero  le  proprie  debolezze,  quindi  il  curioso  che  vuole  spingere  lo  sguardo  /sotto  al  velo  delle  cose,  offende  sensibilmente  l'al-  trui amor  proprio,  e  tanto  più ,  quanto  che  da  un  lato  si  temono  maligni  commenti,  dall'altro  si  vede  minacciata  pubblicità  alle  proprie  miserie  ed  ai  difetti,  sapendosi  da  ciascuno  che  il  curioso  è  in-  discreto  e  ciarliero.  Sarebbe  desiderabile  che  i  ^  curiosi  venissero  a  scoprire  nelle  loro  impulite  ri-  cerche ora  un'azione  virtuosa  che  la  modestia  vo-  leva sottrarre  agli  altrui  sguardi,  ora  qualche  ac-  cidente che  offendesse  il  loro  amor  proprio,  come  •successe  a  Catone,  il  quale  stimolando  Cesare  a  mostrare  una  littera  che  questi  ricevette  in  pien  senato,  e  di  cui  faceva  mistero  ,  Catone  ,  dissi,  vide  con  sua  sorpresa  una  lettera  galante  scritta  i"di  pugno  di  sua  sorella.   Allorché    tratta  di  cose  alcun  poco  ragguarde-  voli,  il  curioso  corre  pericolo  d'assicurarsi  Tono-  ratissimo  titolo  di  spia  (I).  »    (I)  U  Gozzi  dipinge  nel  modo  seguente  la  comune  curio-  sità de'  faUi  altrui  e  i  suoi  ridicoli  commenti.     Sarà  uno  nella  sua  slanza  cheto ,  solitario  ;  penserà ,    Franklin  ci    un  metodo,  se  non  per  liberarci  dai  curiosi ,  almeno  per  troncarne  Y  importunità  ;   1   ^-.v.  .          Jegc;erà,  scriverà,  o  farà  qualche  altra  opera  onorala  :  »  uscirà  di  casa,  anderà  un  poco  inlorno  a  ricrearsi  all'aria  ;  »  saluterà  due  o  tre  amici,  perché  pochi  più  ne  avrà  voluti^  »  sapendo  che  di  rado  se  ne  trova  anche  uno  che  sia  vero:  »  e  appresso  rientrerà  come  prima  a  fare  i  falli  suoi.  Che  »  uccellaccio  è  questo  ?  diranno  alcuni  :  non  è  possihile  che    un  uomo  sia  fallo  a  questo  modo.  Si  comincia  ad  inter-  »  prelare  ogni  suo  atto,  ogni  parola.  Sapete  voi  che  ha  voluto     dire  quando  alzò  le  spalle  ?  quello  che  significò  queir  oc*,  »>  chìala?  e  quella  parola  tronca  ch'egli  ha  proferito?  Sicché  il   pover  uomo,  senza  punto  avvedersene,  ha  dietro  il  notaio   »  e  Io  strologo,  e  chi  nota,  chi  indovina,  chi  fa  commenU   »  alla  sua  lingua,  e  a  quante  membra  egli  ha  indosso.  Vo-   »  lete  voi  più?  Tanti  sono  i  sospetU  del  fallo  suo,  che  egli   »  avrà  fatto  nell'  opinione  d'  alcuni  quello  che  non  ha  fatto»  mai,  o  che  non  avrà  sognato  di  fare. Le  cose  di  questo mondo  sono  come  una  matassa  di  filo  ;  chi  non  sa  trovarne  il  capo ,  la  lasci  stare ,  perchè  s' impiglierà  sempre   »  più.  A  me  pare  che  quando  s'  ode  a  raccontare  qualche   »  cosa  d'uno,  si  dotesse  prendere  questa  matassa,  metterla   »  sull'arcolaio,  come  fanno  le  femmine  appunto  del  filo,  scio-   »»  gliere  con  accortezza  il  primo  nodo,  e  preso  il  bandolo  in   »  mano,  cominciar  a  dipanare  con  diligenza,  e,  secondo  che   »  si  trovano  gli  intrighi  e  i  viluppi,  tentare  se  col  candore dell'animo  e  con  la  verità  si  possono  sciogliere.  Se  non  si   H  può,  buttisi  via  la  matassa,  ma  quasi  sempre  credo  che sì  potrebbe  da  chi  non  corresse  troppo  in  furia,  per  vo^   H  lontà  d'ingarbugliare  piuttosto  che  di  snodare.  Questa  u-^   r  ganza  è  quasi  comune.  Benché  la  logica  insegni  in  qual   »  forma  s' abbia  a  fare  per  venir  in  chiaro  di  certe  faccende incredibili  o  inviluppate,  pochi  se  ne  vagliono,  e  menasi  il   n  basloie  alla  cieca,  e  suo  danno  a  cui  tocca.  Quando  il   »  capo  é  principalmente  alteralo  da  sospetti  o  dal  mal  volere   »  contro  una  persona,  si  può  dire  che  questa  sia  una  specie    ivi-    4Sfl  umm  tmM   e  . questo  n^do  coo»ste  nel  precisare  il  disMMio  e  limitame  H  soggetto  in  nòde^  da  'Weliidero  quai^-  lunque  eventuale  dimanda.  Allorché  questo  filosofo    ni   1   0   *  che  doveva  prenderei  sapendo  quanto  erano  curiosi  ^  kiterrogatorì  gli  Americani,  usava  dire  alle  per-  soAe  cui  dnrigevasi:  11  mionome  è.Franklm,  staoH'  patore  di  professione  ;  io  vengo  da  tale  luogo ,  voglio  andare  a  tal  altro  :  quale  strada  devo  tenere?   Dichiarando  impulita  l'eccessiva  curiosità ,  av-^  verto  i  giovani ,  che  in  molti  casi  la  curiosità  è  ;  vinù  ;  perchè  Tindifferenza,  la  non  curiinza^  Tin^  sensibilità  sono  la  massima  offesa  per  Tamor  pro-  prio x^he  vuple  occupare  gU  ititn  ili  S9  atpsso  V  é  ^  conservare  le  apparenze  della  modestia.  La  puli-  tezza v'  impioiie  adunque  dt  chiedere  frequenti  ap-  tfeàief  di  mostrarvi  inquieto  suH' . altra!  aorte  ^  «d  esternar  piacere  o  dolore  alle  altrui  foi  tnne  o  di-  sgrazie. L'infelice,  come  è  stato  detto  altrove ^\  sente  alleviarsi  il  peso  de'  suoi  mali  allorché  gli  4j^e^  al  suo  simile;  ma  q^olte  volte  temendo  d'im-  v  ^tf^unaito ,  si  pasce  di  cordoglio  in  segreto ,  al-  lora fa  d'uopo  che  una  tenera  sensibilità  gli  faccia  una  dolce  vio^enzaf  e  "versi  il  balsamo  della  eon«  ^  solazione  sulle  piaghe  del  suo  animo:  la  curiosità  de' superiori  o  degli  amici  in  questi  casi  diviene  imlesto  rugiada.    Parimente,  «ccome  II  timore  dV  equistarsi  la  taccia  di  vani,  consiglia  alcuni  a  ve*  lara  le  loro  fortune  ed  onori  :  qòindi  la  pulitezza^   ,    _    9  •*   y  d'ubbriache/za ,  per  la  cui  forzii  l' uomo  non  vede ,    sa  »  più  quello  che  si  dica  o  faccia ,  e  appena  coiX)sce  più    »  medesimo    4Sr   eome. attrai»  ai  àìm  ^  vgoto^ehe  éiiigtaM  il  di*   scorso  da  questa  banda  ,  ma  con  destrezza  e  tale  eanfeaiaQsa  di  parole ,  dm  la  congratulazione  e  l'elogio  seovri  é'adiilaamie  si  mostrino  e  di  men^   «   20goa.  V   In  «oMkia  > Ja  cnriofiità  ò  ripronslbile  qomdo  mi-  naccia pubblicità  alle  altrui  debolezze  e  imperfé«  zioni  ;  è  lodevole  quando  tende .  a  dare  risalto  al  merito  o  porger  aoeeorsò  al  bisogno. Burrasche  delle  conversazioni  i  o  dispute.   'I  glardiAf  de'iilosofi  d'Atene  si  estendevano  dalla   rive  deirillisso  sino  a  quelle  del  Cefìso.  Gli  Epi-  curei sì  erano  stabiliti  al  centro,  i  discepoli  di  Piatone  vèrso  il  Nord,  e  quelli  d^Aristotite  al  Sud.  Non  si  videro  giammai  vicini  men  turbolenti    man  geloìsi:  un  sentiero  d*  ulivo  ^  un  boscbetto  di  mirto,  una  siepe  di  rose  separava  i  sistemi  e  ser-  viva di  limite  al  regno  dell'opinione.  Le  conver*  sazioni  non  «ono  sempre  ugualmente  paciliche;  la  diversità  delle  idee  apre  il  campo  a  lotte  rumorose  accompagnato  e  seguite  da  parecchi  inconvenienti.   §  1.  Idea  della  personalità.   Discutere  è  allegare  le  ragioni  e  gli  argomenti  cui  due  opposta  opinioni  si  '    0   sione  degenera  in  disputa  al  momento  che  qualche  personalità  vi  si  frammischia.   Per  personalità  non  si  intèndono  qui  quelle  pa-  tenti ingiurie  che  la  buona  compagnia  interdice ,  ma  quelle  che,  sebbene  meno  gravi,  non  lasciana  d'essere  nel  tempo  stesso  pungenti  per  Taltrui  amor  proprio,  ed  estranee  alla  cosa.  .  Due  specie  di  personalità  sogliono  per  lo  più  introdursi  nella  discussione,  e  le  fanno  degenerare  in  disputa.    >   Colla  1.3  spede  si  fa  rimprovero  air  avversario  ch'egli  parla  per  motivi  particolari,  d'interesse  per  se  stesso,  d'affezione  pe'suoi  amici  o  per  la  sua  classe,  d'odio  contro  i  suoi  nemici,  ecc.  «  Voi  »  parlate  così  perchè  siete  militare  ;  e  voi  negate  »  perchè  siete  prete,  ecc.  »  Ognun  vede  che  queste  non  sono  ragioni  ;  e  quanto  è  facile  di  farne  uso  ad  uno,  altrettanto  riesce  spedito  all'altro  il  ribatterle.   Colla  2.3  specie    dice  all'avversario  ch'egli  non  conosce  la  materia  di  cui  si  parla  ;  ch'ella  suppone  cognizioni  superiori  alle  sue;  eh* ella  è  estranea  alla  sua  professione.  Anche  questo  modo  d'argo-  mentare tende  bensì  a  deprimere  la  persona  del-  l'avversario, ma  non  scioglie  i  dubbi  eh'  egli  pro-  ipove.  Inoltre,  senza  essere,  per  es.,  giureconsulto,  non  è  impossibile  d'avere  delle  idee  giuste  e  nuove  sulla  giurisprudenza. Cause  delle  dispute.   Si  direbbe  che  gli  uomini  inciviliti  amano  le  di-  spute, come  i  selvaggi  i  combattimenti.  Sono  cause  di  dispute  :   I.  //  desiderio  di  conservare  la  propria  libertà.  In  parità  di  circostanze  ciascuno  preferisce  all'ai'*.   litti^ Ja«ia  »9§iMm^  «ppunto  perahà  ò  sm  ^ jqumdi  siamo  tanto  più  resti!  ad  ammettere  l'opinione  altri,  quanto  è  maggiore  13aria  di  epmaoido  con  om  ei  viene  proposta,  fiiif  sottopond  al  nostro  giudizio  un'idea  sotto  le  forme  del  dubbio,  riesce  fià  ,f«eibiimt0  a  eonYtnemi.  dr  ^oello  ^  ehi  >  senza  produrre  argomenti  maggiori,  nfH>stra  di  vo*  ler  dogmatizzare  e  vietarci  ogni  obbiazioiie*  L'uoma  ò  ai  geloso  detta  sua  libertà  intellettuale,  eoitae  la  è. della  «ua  libertà  civile  e  politica.  ^   «  Dopo  molti  acutissimi  argomenti     E  molte  riflessioni  pellegrine   »  E  belle  cose  détte  da^taienti   »    grandi,  la  questione  ebbe  quél  firó  v  '\l   .  »  Che  soglion  tutte  le  quistioni  avere  v  "  '    Cioè  ^estò  ci€iscun,4el,  mo  parere  ».   IL  La  vanUé^^eàe^  uaa  apecie  d'avvilimento^  tìst  sommettere  la  propria  alF  altrui  opinione  ,  percKè'  lo  crede  segno  4'iaferiorità  intellettuale.  Il  dispia-  ,  cere    questa  supposta  infèricirità,  sensibile  in  ttìtì^  cresce  in  ragione  dell'alta  idea  che  ci  formiam  di  noi  stessi,  e  può  (  tant'  è  la.  debolezza  umana  j  )  .  giungere  al  plinto  da  cagionare  la  morte,  come  successe  ad  un  filosofo  dell'antichità  detto  Dìodoro.  Erano  state  fatte  a  questo  sedicente  filosofo  alcune,  obbiezioni,  alle  quali  egli  non  seppe  rispondere  :  lo  sgraaiato  .fu  punto  da    vivo  malincuore  e  di*  spetto,  perchè  il  suo  spilli to  lo  aveva  tradito,  tìm  spirò  air  istante.   è  si  ver4  die*  la.  vanità  è  cavia  di  dispute^  che  il  silenzio  d'uno  de' disputanti  che  resta  nella  propria  opinifma diviene  offensivo  ;per  Taitro.  Il silenzio  in  questo  caso  sembra  provare  che  si  ha    basso  concetto  dell'antagonista,  che  qualunque  ragione  non  basterebbe  per  convincerlo;  quindi  si  risparmia  la  pena  di  parlare.  Costui  vede  dunque  che  mentre  egli  si  sfiata,  il  nemico  sorride,  e  lo  lascia  abbaiare  come  i  cani  alla  luna;  e  che  quindi  egli  non  ottiene  lo  scopo  che  si  aveva  proposto,  cioè  la  superiorità  sul  suo  avversario.  La  Mothe  aveva  detto  male  d'Omero  ;  il  poeta  Gacon  pretese  di  vendicarlo;  la  Mothe  non  rispose]:  roi  non  vo-  -  lete  dunque  rispondere  al  mio  Omero  vendicato'?  gli  disse  il  poeta,  f'^oi  temete  la  mia  replicai  Ebbene ,  voi  non  V  evltet^ete  ;  io  pubblicherò  un  libro  che  avrà  per  titolo  :  Risposta  al  silenzio  di  la  Mothe.  Lo  spirito  di  contraddizione.  Alcuni  par  che  non  godano  d'altro  che  d'essere  molesti  e  fa-  stidiosi a  guisa  di  mosche ,  è  fanno  professione  di.. contraddire  dispettosamente  ad  ognuno  senza  riguardo.   «  Pria  che  tu  parli ,   M  Nega  quel  che  vuoi  dir,  e  se  consenti  .   »  Pur  d'aver  torto,  Non  è  yero^  ei  grida^^^"  É  vuol  ch'abbi  raglotii"»/-'  E  siccome  taluni  si  mostrano  terribili  nelle  dispute  per  la  forza  e  capacità  de'  polmoni,  perciò  sembra  che  lo  spirito  di  contraddizione  si  debba  primiera-  mente a  stolto  orgoglio  attribuire,  o  sia  indistinto  bisogno  di  dominare.  Lo  fomenta  fors'anche  una  causa  fisica  non  ben  nota,  chiamata  temperamento,  quella  causa  per  cui  il  can  rosso  dell'  abate  Casti  neinilustre  adunanza  degli  animali  parlanti. Di  petto  Instancabile  e  di  voce  »  Ringhia  ;  con  tutti  ognor  brontola  e  sbuffa ,  »  Pronto  con  tutti  ad  attaccar  baruffa. Le  inimicìzie  sogliono  essere  una  delle  pri-  marie ragioni  per  cui  si  rigettano  le  idee  altrui  ;  giacché  all'odio  sembrano  vere  e  reali  vittorie  le  mortificazioni  alla  vanità  dell'odiato.  Secondo  che  racconta  il  Castiglioni ,  trovandosi  due  nemici  nel  consiglio  di  Fiorenza ,  V  uno  di  essi ,  il  quale  era  di  casa  Altoviti ,  dormiva;  l'altro  che  gli  sedeva  vicino ,  e  che  era  di  casa  Alamanni ,  per  ridere  ;  toccandolo  col  cubito ,  lo  risvegliò  e  disse  :  Non  odi  tu  ciò  che  il  tal  dice  ?  rispondi,  chè  i  signori  dimandano  del  tuo  parere.  Allor  TAltoviti  ,  tutto  sonnacchioso,  e  senza  pensar  altro,  si  levò  in  piedi  e  disse  :  Signori,  io  dico  tulio  il  contrario  di  quello  che  ha  detto  T Alamanni.  Rispose  rAlaiiianni:  Oh!  10  non  ho  detto  nulla.  Subito  disse  rAllovitì:  Di  quello  che  tu  dirai  !  !  i   V.  V  imperfezione  inerente  a  qualunque  cosa  umana  apre  il  campo  a  rinascenti  dispute.  Questa  imperfezione  risulta  :   Dagli  oggetti  che  hanno  molti  lati,  e  de'quali  ciascuno  considera  quello  che  più  gli  piace  ;   2.  Dalle  persone  che  non  hanno  gli  stessi  occhi,  gli  stessi  interessi ,  gli  stessi  principi!,  le  stesse   *    cognizioni,  gli  slessi  gusti  (1).   1*4.  ^   Petrarca  parla  iV  un  uomo,  il  gusto  del  quale  era  si  depravato,  che  non  poteva  tollerare  il  dolce  canto  degl'usi-  l^nuoli,  e  gongolava  di  piacere  al  crocidar  delle  rane.   Dalie  parole  che  non  sono  abbastanza  molti-  plicate ne  abbastanza  particolari  per  essere  sempre  esatte  ^  e  corrispondere  ali^  varie  modiGcazioni  de'  sentìment!.   Quindi  tutto  ciò  che  si  dice  e  si  scrive  essendo  SQfi^ettfvo.  di  «varietà  indefiaila^  non  deve  recare  maraviglia  se  a  costanti  opposizioni  va  soggetto,  ^»1ra  le  eansa  delle  dìApntei  e  sotta  questo  arti*  colli  fa  d'uopo»  ace^nram-  ia  monto  di  spiegm^  i  futti  prima  d'esserBi  accertati  della  loro  esistenza ^  e  .per  col  si  dispala  con- taMd  maggioi*  calwes  quanto  che  ciascuno  parla  y  ccilne  si  dice ,  in  aria  ,  e  M  batte  con  strali  di  nebbia. Nel  lì>05  corse  rumore  elio  essenilo  caduU  ideali  ad  qiì  faiìciailo  df  sette  anni  nella  Slesia,  gUe.tté  era  sorlo  uno  d'drd  al  poslo  d*tino  de'ipollftri  eadutt.  HorsHus ,  professore  di  meileina  mellf  università  ^i  ffelmaMftd,  sf  rìsse  nel  ^595  la  storia  di  questo  dente ,  e  pretese  ch'egli  era  in  parte  natu-  rale, in  parte  nìiracoloso  ,  e. che  era  stato  spedito  da  Dio  a  questo  fanciullo^  a  fine  di  consolare  i  Cristiani  afflitti  per  le  vittorie  de'Turéhi.  t^lguratévt  quale  consolazione  poteva  re-  care al  cristiani  tm  dente  d' oro ,  e  quale  rapporto  poteva  unire  un  dente  e  i  Turchi.  Nello  stesso  anno,  attìnchè  questo  dente  noB-manoasse  di  storici,  RuUandtui  ne  diede  una  nuova  storia  con  VMOvI  cijmiDelitIt  SuaUnni  dopo  ^  IngloBlerns  ^  altro,  dpU^  tedesco,  scdsse  contrq  II  sistema  esposto  da  iW-  landus^  W  quale  rispose  cpn  una  pix)fonda  arcihelllssima  re-  plica, come  è  ben  naturale  di  supporre.  Un  altro  dotto  d'e-  guale calibro  raccolse  tutta  ciò  i^ìha  era  stato  detto  sopra  questo  dente  maravtgliosOi  e  vi  aggiunse  i!  suo  parere*  A  tante  béHe  òperé  aitro  non  mancava  se  non  che  la  cosa  fosse  vera,  doè  òhe  II  dente  fosse  d'oro.  Onando  un  orefice  Tebbe  esaminato ,  risultò  che  questo  preleso  dente  d'oro  era  umi    Incmvementi  delle  disputé/-       >   1,  L'imn  araltya  éelle  sopraece&nate  peirsonalità   suole  inacerbire  gli  animi  nelle  discute  :  Ordiìia-  riamente  ricorre  piò  spesso  aite  personalità  chi  più  scarseggia  di  ragioni,   3.  Nel  calore  delia  disputa  ^li  animi  perdano  di  vista  rargomento'  primitivo^  'e  vanno  divagando  fra  idee  accidentali  Tuno  all'oriente,  Taltro  all' occi-  dente ,  questi  in  >Icò  ;  quello  al  bassé  ^  èDsicchè  dopo  lungo  alternare  di    e  di  no,  dopo  un'ora  di  tempesta ,  dopo  d'ayere  perduto  la  voce  e  i  pol-  moni ,  i  conteodeati  più  cbe  pria  trovansi  lootàn!  dalla  meta* ,  , .  .  .  ]^fiMii0  di  4U08|ta  dUpQsizione  d^   loro  che  la  decisione  della  disputa  temono  con-  traria alle  lor  viste  ;  quindi  s'arrestano  sopra  «oa  parola,  contendono  sopra  una  slhfiìfrtudine ,  scÌMa-  inazzano  sopra  un'idea  accessoria  ecc.;  il  perchè  .talvolta-  /a  cdlwosa  i^ntesa  sopra  circoif^s^nze  ac'  cideìitali  potrà  smprirpi  la  dubbia,  fede  di  lai  uno  da'*  coniendentL   foglia  d'oro  destramente  applicata  al  dente  ma    cominciò  «A  disputale  e  aompprre  de'libn,  posd^  ^  consultò  l'oreiice.   foMaeeademfeo  A  Seeliao ,  me^ibro  d' altre  acc«deoUe ,  in  vm  giOg^Mti  |MdÉb1k»ta  ael  4821,  j^ailmdb  deUa  pcovinda  Lodigiana,  dice  che  ivi  si  fabbrica  .iV- celebre  formaggio  deUo  parmigiano  ;  nel  che  ha  ragione  :  ma  il  bello  si  v  che  ag  *  .  SiWgB  cbe  questo  ((nrmaggio  si  fabhi:ie^  col  latte  di  asina.   '  Se  quaala  gcariaso  M^ddoM>  ò  oneduto ,  possiamo  aspi^tacci  uoa  feoiioa  di  dissertazioni  sui  nostri  formaggi  ffasipati Dal  riscaldameato  contro  le  ragioni  si  passa  al  risealdtmeiiio  Mnlro  Je  feraipei»;  e  :i  disputanti  dimpslrano   «  Negli  occhi  il  fuoco  e  sulle  labbra  il  tosco   In  somma  dalla  disputa    pass^  alle  ingiurie ,  gen-  tilissiiue  ed  edificanti  ragipni  degli  eroi  di  Omero.  Iqfatt^  Giove  non  parla  mal  a  .Giunoné  .senza  dirle  molti  improperi!,  e  Giunone  non  risponde  che  sullo  stesso  tonOì.  Dopo    npbiU  esenipip  figuratevi  come  dovevano  parlare  gli  Dei  minori  (i).  '   4*  In  forza  di  questo  riscaldamento,  o  in,  mezzo  a  questa  lotta  di  vanità  ,  ciascuno  a'osti^ia  nel  pri-   (i)  jF^ra  i  IraUi  caratterisUci.degli  awpcaU  iligìéiil,  1   an'impudeittà.  *  Que*  <sai^dìet.  à  permettoBÒ  I  sarcasmi  'più  indecenti,  le  personalità  più  ingiuriose  contro  la  parte  avver-  saria;^ essi  apostcatapp  A|¥rt^^  i  iestimoDii  nel  mado  più  vil-  lano ed  .offeosivo,  colio  scopo  di  turbarne  ranimo  e  indebo-  liroe  te  deposizioni/ EMI  per  attro  Urano  Ulv<^  addosso  delle  repliche  che  gli  espongono  àlle  risate  deir  udienza.  In  una  causa  che  discutcvasi  avanti  il  banco  del  re,  fu  prodotto  un  testimonio  che  aveva  il  naso  estremamente  rosso:  l' av-  vocato avversario  volendo  intimidirlo,  gli  disse,  dopo  che  11  testimonio  ebbe  préstato  il  fjlufaiiiento  :  Vediamo  ciò  che   r   avete  da  dirci  col  vostro  naso  di  rame.  Pel  giuramento  che  ho  prestato,  repricò  il  testimonio,  io  non  vorrei  cambiare  il  mio  naso  di  rame  còlla  vostra  fronte  di  broDso*  .^  Ua  paesano  det  Berkslìire  andava  a  ^tepoMre  isT  una  oauM  che  dteutevad  ^  GnMinH  «  Cdmo  dàVMUÈ  ét  ^lle/  gH  «disrie  »  V  avvoi^alb  '  Wallace  /  quanto  guadagnate  voi  ^  giurare  ?      Signor  avvocato  onoratlssimo,  rispose  il  paesano  ,  se  voi  non  guadagnaste  ad  abbaiare  ed  a  mentire  più  di  quel  che  '  lo  a  giurare,  voi  portereste  ben  prèìrtn^m  abllo  di^ili9;€0iiie  lo  porto  io^   mitivo  parere,  benché  il  discorso  il  dimostri  per-  suaso del  contrario. Gli  amici  delFabate  Regnier  gli  davano  il  titolo  di  abate  pertinax,  perchè   ''^<'*V?'Pìù*duro  ed  òslinato  degli  incudi  »  ,  »   egli  aveva  l'abitudine    disputare '^fehacemente  ne^  crocchi,  lìnché  i  suoi  avversari!,  più  per  stanchezza  che  per  convincimento,  fossero  costretti  a  sotto-  *  mettersi  al  suo  parere.  Tra  cento  contendenti  forse  se  ne  trova  un  solo  che  finisca  col  dire  ,   et  lo  parlo  per  dir  vero,  r.  f  ».  '  •'^'*  \y\  .^jil»  Non  per  invidia  altrui    per  disprezzo  ».  .   r4^oi)>;.Mia  gloria  non  ripongo  in  ostinarmi,,  i  <:Iì;»  Nel  mio  pensier.  lia  debolezza  è  questa  ri    »  Delle  piccole  menti,  ed  io  mi  credo  oii^(ffiiGrande  abbastanza  per  lasciarti  tutto  ^  iMi^P  L'onpr  d'avermi  persuaso  e  vinto    Regole  per  impedire  o  diminuire  .  gli  iìiconvenienli  ielle  dispule.  ,   i  .  ...   1.  Nelle  assemblee  numerose  astenersi  dalFindi-  care  col  nome  proprio  l'individuo  cui  si  risponde^    '  *  «(4)  «  Quando  un  uomo  s'è  ostinato  a  dire:  La  non  ha  »  ad  essere  allrtmenii,  io  Intendo  che  la  cosa  vada  così,  o    così  ;  va,  picchialo,  spingilo,  dagli  d'urto,  tu  cozzi  con  una  >».  torre,  hai  a  fai*e  con  un  greppo,  e  non  ti  riesce  altro  se  »  non  ché  tu  medesimo  t' induri,  e  a  poco  a  poco  senza  *»)  avved<^rtene,  come  chi  é  tocco  dalla  pestilenza,  che  dall'uno  »>  s'  appicca  air  altro,  tanto  sei  tu  ostinato  e  duro  nella  tua  n  opinione,  quanto  egli  nella  sua,  e  non  c'è  più  verso,  che  »    l'uno    Taltro  si  creda  d'avere  il  torto.  Nella  camera  de'comuni  d'Inghilterra,  chi  discute  r  altrui  mozione  o  risponde  ad  un  argomento ,  in  vece  di  'designarne  l'autore  col  di  lui  nome  indivi-  duale, ricorre  a  qualcuna  delle  seguenti  circonlo-  cuzioni  :  l'onorevole  membro  alla  mia  destra  o  si*  nistra  ,  il  gentiluomo  dal  cordone  bleu,  il  nobile  lord,  il  mio  dotto  amico  (parlando  d'un  avvocato)*  ecc.,  ovvero  semplicemente  il  preopinante.   La  ragione  di  questa  regola  si  che  la  specifi-  <;azione  del  nome  è  un  appello  più  vivo  all'amor  proprio  che  qualunque  altra  designazione.  Col  primo  modo  di  parlare  si  dimentica,  per  così  dire,  la  persona  individuale,  e  non  si  considera  che  il  di  lei  carattere  politico.  Si  scorge  Tutilità  di  questa  regola  ,  se  si  riflette  che  nel  calore  della  dìsputa  i  contendenti  durano  fatica  a  sottomettervisi ,  e  la  passione  tende  a  violarla.  Allorché  Tex^ministro  Decazes  montò  alla  tribuna  della  camera  dei  depu-  tati per  rispondere  al  notissimo  segreto  di  Rignon,  e  cominciò  per  chiamare  a  nome  il  Bignon ,  mostrò tutta  l'amarezza  del  risentimento,  e  dimenticò  le  regole  della  pulitezza  francese  c  delle  assemblee  numerose.  ^  t.fn  .  Non  attribuire  giammai  a  pravi  motivi  od  intenzioni  perverse  V  altrui  opinione.   Anehe  questa  regola  è  osservata  rigorosamente  ne'dibattimenti  brittanici.  Voi  potete  con  tutta  li-  bertà rimproverare  al  preopinante  la  sua  ignoranza,  i  suoi  errori,  le  sue  false  interpretazioni  d*un  fatto,  ma  fa  d'uopo  che  v'asteniate  dall'accusare  i  motivi  che  riaducono  a  proporre  od  a  rispondere.  Esten-  detevi sopra  tutte  le  conseguenze  nocive  della  mi-    Sttm  poopoata  o  doiropinioQe  «h'egli- dtf&nde  ;  di-  ìnositraie  ehe  saifann^  fenestè  atta  Sl^,  ehe.-la?»^  riranno la lirannia o l'anardua;  ma  non  fate  giam*f  mei  siipporrèch'egH  abbia  iiMvediite  a  ¥ol«teqìieslfi   conseguenze.  -    ,  f^-^^oi'^ii   .vRigorasamente  parlando,,V  aocennata  regola  è  fondata  nella  giustisia  ;  potùhè  se  è  dfffidto  U  conoscf^re  i  mi  e  segreti  motivi  che  agiscono  sul  no^tta  aiilmo  «  è  edsa  taneruria  il  preMiém  di  ravvisare  quelli  che  movono  Faltrui  ;  e  ciascuno  sa.  per  pisoptfia  «sperienra  quante  volte  i  nostri  .409  spetti  diano  in  fate»  in  queste  ricerche. La  risérta^  tMZza  imposta  d^UA  suddetta  regola  è  olile  a  tutti,  perchè  è  scM»tegiia>  aOa  libertà  delle  opitueitì  é  schermo  contro  le  ingiuste  accuse.  Nei  dibattimenti  pplitieìii  com(9  HeUa^gju^rra^'  ciascuna  deve.  asteneESì  da  que'  mezzi  che  ragjionevoitnente  non  yorrcèbe  Msati  opntro  di  sè.  »  *)  ?  ^  1  >  -Ma  sQi^rirttutto  poid'Memoata^^liegek  ètepiiliMr^  alla  prudenza.  Infatti  ,  voi  credete  che  il  vostrb   a^jta^aui^  «'apfiig^  al.  torto^^  oi^.  egli  ummrk  torse  restìo  ad  abbracciale    vostra  opinimie*    gliela  presentate  nella  sua  nudezza  scortata  sold  dagli  argofwoti  elM  la  dinioetiaadv  Me<  se  eontet   ciate  dal  rendere  sospette  le  sue  inten2ionì ,  voi  Toffendete ,  voi  lo  provocate ,  voi  Mn  igH  toseiete  la  calma  neeessaria  per  ascoltafvi  con  atteKione.  Egli  diviene  parte  contro  di  voi.  Il  calore    oem  munied  dairun^idraltro  ;  i  suoi  amici  sMotereasMit  per  lui;  e  tfiiindi  nascono  non  di  rado  de'risenti-  ^   associano  alV opposizione  politica  tutta l'aqj^retua  4e;gB- od&if^iia»opti|b.  Un  uomo  di  carattere  benevolo  ^  modesto  nella  superiorità ,  generóso  4iieHa  siDei  for2a ,  *  confida  solo  ne'  suoi  argomenti,  e  sdegnerebbe  di  dovere  la  vittoeNiv  alla  Intenwopi  siiippioste  prave  del  rao  nemico.    %  8;  Gmrd(VFU- dal  perdere  tempo  e  parole  nel  eùnfuiar^  èùse  pafpàbttmenl^  fake.  '   In  questi  casi  è  meglio  troncare  il  discorso  e  fkàMatA  allTopiniaiie  degli  astantì  )  giiBicehè  la  di-  scussione recherebbe  noia  ad  essi ,  senza  riuscire  a  persuader  ravver^ariou  Zenone  negava,  l'esistenza  *  M NfnMo  Diogene ,  -senza  spendere  parole  V    mise  a  passeggiare  :  Zenone  persistette  nel  suo  pnadoiw  y  '  e  Dìo^e  eontÌlm6  il  sùo  passeggio;  Allorché  Didone  s' incontra  negli  Elisi  con  Enea  ,   da  €w  «ra  stata  si  ingiustamente  e    barbaramente  abbandonata,  s'airesta  ella  per  argonventare  con  lui  e  convincerlo  ?  Enea  cerca  di  riacquistare  il  di  lei  aflhMt  dia  gK  tolge  spregevolmente  le  sptflè  senza   dir  verbo.       Badale  bene  elle  nel  -caso  pratico  rorgéglio  potrà  ingaummled  ff^durvi  a  sopporre  palpabilmente  false  le  >altnù  idee ,  o  palpabilmente  vere  le  vostre.  La  mAt    r^ppfovairtmi»  'che  4wdrete  sut<vdlto  degli  sitanti,  v*r  servirà  di  norma  per  troncare  la  discus*  skma  o  oantiomrla.   4.  NoH  rispondere  alle  ingiurie  thè  net  co*  lùT  della  disputa  fuggono  di  bocca  aWaivver*   Battiy  ma  ascolta ,  dicf^va  Temistocle  ad  Euri-  biade  «  il.qsale  alzava  il  bastone  per  provar  la  sua  tesl^  Questa  fermezza  d'pnimo  in  un  uomo  che  era  tutt'altro  che  vile  i  ci  dice  cbe  si  devono  lasoiat    uigiii^LCi  4^ &è  sentite,   e*  difendere  le  proprie  idee  con  tutto  il  sangue  freddo  deJla  ragione.  '  IitfAtti  ib^  in^lalfi^l   della  disputa  sfuggon  di  bocca  parole  che  si  ritrat-  talo appena  cessata  ;  dialiaitro  l 'altriii  (?;4iit»'*ftifi^  .  giustiflcberebbe  la  nostMi.  '    -  -^^^^   la  questi  casi,  una  risposta  urbana  che  dimos^i.   torrente  di  villanie.  Perchè  mi  dite  voi  delle  in-  gmiy^  in  luogo  M  rg^ionVf  Avreste  voi  preso  if  niie  ragiónt  per  ingftif^^iN^w  ion.  all'impetuoso^B^^j^^  BQiUiOW^.as:  salilo  da  ^if^jT  Menai^ev^^' ùiia  dlà^wiéy  ''   ne  raccolse  un  centinaio  delle  più  villane  ,  quindi  vi.  aer4s^^Mtl,Q  qi^e^te  {K^cha  psirol^  :  ìuAi^z^^i^r   polito. jiv '';^''^"'^'ì'^'^'^^T''-^òJ    (4)  La  fissa  concilio  degli  Dei  tra  Gipve  e  Ciunone,  relativamcnle  alla  causii  de'  Greci  e  dtMroiabi  .  fa  assopita  dalla  deitrem^dl  Vincano.  - .  ,    «  Vulcano  ^soM'^  .  e  i  sereMi»  ìa  spirto  »  Retta  ìnadre  abbat|u(o;  Oh,  dfssé,  ìnrvéto  /  »  Strana  fia  questa  e  memoranda  istoria^  .  »  Che  per  la  dispregevole  e  meschina  "  »  ^a2ià  idectri  v&da  a  soqnjaadro  H  clélo.  '  »  brande  è  fl  perigito  : 'addiovconittt  e  èè^^e,    Se  preval  la  discordia;  addio  retema  »)  Gioia  che  ne  fa  Dei  :  sei  saggia ,  o  madre ,  »    d'uopo  hai  tu  de' miei  consigli;  ah  cedi  »  (U  pur  dirò  ) ,  VolgiU  a  Giove,  e .paìià  »  CompiacenUi  *,  sòmniessa,  onde  dal'ciglia  -  »  Sgombri  quel  cupo  nuvolo  cbe  offusca^  '    f  >    ^  -  nSMI'iBltM^'^  I   me  ii^KmMà^  cAft»  ee^Hunà^  Urisùt  faecia  ces-  \   queista  me:&2;o  già  iicceooato  di  sopra.  Chi  ael  eà<«   -,      n  ^éiien  d^lfa  leste^^  - '*   ' .>.  Qqanlo  forte  e  pòsseote  :  e    dicendo ,  .    '  -  v\    *  Prende  capace  coppa ,  e  a  lei  con  questa,  .   ;  *  .    »;  Presentandosi  innanzi  :  Ah  soflri,  o, .madre  ^   .  '  ^       n  SommessameotéJ^lgllando  a^unse'^     ,    .  \  "  -,    ^  i  $Qnrif  èiiie'yoòH^^        Impiinem^EHtftlei  *  *  *  .     *  9  N<m'''SI  còzza 'con  Giove;  ab  se  noi  tutti'*  -  ^    '  »  »  Ei  vuol  cacciar  da' nostri  seggi  ,  il  sai  j  -  4      sei  potrebbe;  q  4Uor  che  fora  (ip  tf^igio):  .      , »  pel  tuo  VulcaD»,sé'8i  ioateoricio  atioor^   '  V  fio^mi  dal  «^n^i^  >  '      *  '  '   r  Stramassaf  Bulla  teìrra  ?  A  coUi  detti  »  L' afflitta  Dea  V  annuvolata  faccia  /•  '  «  Rallegrò  d'un  sorriso.  Or  che  ^i  tarda ,  i(  .Gridò  'lesali  già  vineitor;;  a*  Assaggi  -i    tazza  della  gioia  :  el  ff  alt»  tefaa  "      V  Neltarè  afiMfWanre,  e  posto  a  fronte,      Alza  il  nappo  alla  Diva.   Ella  lo  prese      .  ,  \  Dalle  mani  del  figlio  :  e|  poscia  Jo  giro  »  N'andò  agli  fdhi  .m^sceBdoV  id  volto  ^  agli  atti,-  ,  ;    .  All' qfDr^ttar  ddlModampante  passo,  '.  »•  IJn  ìIso  sollazzevole  si  sparse      "      *  '  «  Fra  la  turba  dei  Numi,  ognun  applause    t  Al  vivace  coppiere  ,  ed  ogni  fronte  '  9  Basscjreoossi  :  fra  letizili  e  festa  ^  .  <ft  /Pràscorre  II  ^rno ,  ^  hon  vi  nùiDca  i^^o*  ». Cpnla  dorata  cetra,  e  non  le  Muse  »  Con  rarmonìca  voce  e  l  canti  alterni  ,  '  »  E      tutto  di  gioia  esulta  Olimpo  »  '    hJre  (Sella  disputa  scappa  fuori  con  una  celia  ai»*  gaia,  sembra  direi  dlie  rimo^a.alla  vìltaria^^^  vi  rìhuDzfa  spontaneàmente,  e  die  mfoìe  iestarei  amico  liei  tenipo  stesso  chejn  iuìla  nQ$tra  vanità  iir  ftiigeira  W  nemleio.  t^óeslo  tirAtfa-^g^AeiféM^  sorprende  piacevolmente;  e  quella  vanità  che  vo-  lea  vineere  n:0lia  .dìapQta>  non  vuole  mtate-fiirta'  in  generosità;  quindi  gli  animi  si  acquietano.  Lo  spiritoso  Voiture  aveva  punto  e  ìnareeiNto  un  cor*  ^hHoi  queétf  vt)léva  èomingerlo  a 'battersi*  in  duello.  La  partita  non  è  uguale,  rispose  il  poeta;   siete  grande  io  soa  piceola;  \voi  siete  bravo-  ed  io  poltrone:  voi  volete  uccidermi?  ebbene,  ec-  comi morto.  £gU  dissirmò  il  suo  nemico  facendéM   Quando  i  contèndenti  non  la  finiscono ,  e  kt  disputa  è  '  alquanto  loalorom  y  pànM  dàvèf^  degli  astanti  d'interromperla  con  suoni,  cantij  giuochi^  soniniinistraziani  di  Jiqwri  o  «ifn|li.   V  "  «  Al  suon  {piacevole     D'arpe  trèniafitr    ,  »  Mescete,  o  vergini,  '  '  '  /  »  Mescete  i  canti    '  \  '     Satira  itréanà.   t   I.  UtilHà  della  satira  urbana.   ,  '  *   Condannando  come  inurbane  le  villanie  e  le  ìn-  giuriC)  non  intendo  di  vietar  Tusa  savio  ed  op^    pòrttino  deli'  ironfa  o  idetta  a^ttn  eh»  flUt^  pregiU'*    -  tifiao  tElujO  »   volta  giunge  a  porre  sul  trono  il  vero,  )ridendo«  .  -  Jà'amor  pri^Mifo,  che  non  ahbaadana  uomini  m  aoQ  qiiMd^  ,9m  abtoodoiiwo  la,  vk»;  iìi  toi^  temere  sópra  ogni  altro  male  la  derìsione,  e  scuote  Jovb    dos89  .r  uidolenza  ,  e  daUe^  i^j^  cai^  feUìe  gir  spoglia  per  non  rimanere  esposto  ai  frizzi  del  ridicolo^:  i)  che  jpes^.  non , ottime  la  piìi  l^mpaoti^  Térìià  6d  ligguerrìta  >ragiònir./$e  Aristo&iie  avelie  dato  agli  Ateniensi  In  una  concione  quegli  ani*  ma^brameoti.  etie  died^.loro  .aeU^  cooiniedie,  l'a-  vrebbero lagnato  a  pezzi;  laddove  in  teatro  ride-  vano smasc^llatamente  e  di^vaiio  eh' egli,  aveya  vagioiie.  Bèi^chè  i  Geniti  aTesaerc^  veduto  CiaerOQe  assalire  Tedificio  dellldolatrìa  con  armi  prestategli  dalla,  filosofia V.  poro  iiea.  aapavafio  lodimi  .ad  ab-  bandonarnei  tempii.  Comparve  in  mezzo  d'essi  Ladano,  il  ^uàiQ  fece  la  guerra  al  gentilesimi.  doI  .«lotteggio,  fi  se  non  ne  distrMse  gli  altari,  ne  d^  sperse  in  gran  parte  gli  adoratori.  Il  buon  senso  aveva  {iròseritte.  la^  mz^ia  cavallefescfae  in  fspagna,  pria  che  nasces^è  d^rvanfes  ;C    quella  nazione  non  riuscì  a  spogliarsene  se  non  dopo  ^'tgii  abbe  preÉcutato  al  ptibbli^,  11  suo  ridico*  Kssimo  Dpn  Chisciotte.  Tanto  è  , véro  ciò  che  dice  Orazio:   «  fPnoa  graVf  sèstenza  ottieB  più  spesso  »  II  desiato  Cne  arguta  celia  ».   Si  deve  adunque  riguardare  la  satira  come  una  apecia  d'ammenda  censoria  che  aerve  a  corriere  quei  difetti  i  quali,  senza  cessare  d'esser  molesti  e  talora  4muk)sì  alla  aociatìb  non  triy^Qsijaei  codici    ,    St   inosservati  dalio  stesso  colpevole  seoza  la  -  caule  àmmo9lmùe  della  satira  \  del  an^tteg^  ;  «  dello  scherzo.  Il  suo  pungolo  viva  e  leggiero,  vi-  brato a  tempo ,  può  divenire  suppUmento  alla  le*  <  gìslazioue,  più  ef&eaée  dei  gravi  sèrmoni,  più  acutd  di  qualche  pena  afflittiva,  e  il  rimedio  blando  e  specifica  dei  morbi  lìpn  ^ilcerosi  fleiranljsgo,  e  f^ec  così  dire  cutanei:      ^    V  \   «  Seguasi  il  Venosin ,  che  ride  e  taglia     _    . .  ..^  »  Chi  sfugge  a)  Fpro.  IJ  satiresco  uffizio  -   f  »  .Piiif  die  II  fratesco  può  levarti  il  pelo  ^  '   ».  P%chè  il  frizzo  piii  scotta  che  il  y^j^^^^^^  L'ironia  però  e  la  satira  sono  armi  pericolosissitne  di  cui  egli  è^estMmametite  foeìle  di  alm^  sare ,  sia  perchè  questo  genere  di  discorso  non  è  il  più  difficile  (1)^  sia  perchià  la  sottra,  .presenta  UM  .  fat^B  sembi^^^  sia  perche^   deprimendo  gli  altri,  sembra  airaniòr  proprio  d'io-  nateaiÀ  80  stesso:,  perciò  riesce  iiiiripido  11^k»gio%    e  il  motteggio  piacevolissimo  (3);  ed  Ennio  sog-*  gittiige^  ch'egli  è  più  facile  ad    uomo  di  spiriló  il  wlbeare  ««Ha  bocctt*  de'  carboni^  àeeeal ,  di  quello,  che  riteoere  .un  iiiottti  s^tipco  che  gli  corra   {i)  Un  giovine  gloriandosi  d' avece  composto  una  satira^  CiebiUoD^gU  disse  :  lUcón^spele  cpsnfo  è  JMle  qiiesl^  niera  di  scrivere,  giaccbiè  ij  siete  riusdto  aUa^^vesbrft  et^u   (2)  Maliffnilad  falsa  species  liberiate  inesL  Xacit. ,  Hist.,  I.  OblrectaU<K  et  Uvor  prouU  wiuihm  accifiuntuTn  Idem,  m  ^^ '-^fi*   tiimo  s'assoèia  spesso  l'invìdia,  la  quale  stiilerf>ià  mtnvte  azioiii'  altrui  ^l»U&ee  severa  inquisizione,  A  fiiie  ét  iìtùywfì  qualche»  «aeGateBa^  e  ;.coii  wAì^  gni  >ep]orì.  adoaibrarla:         Di  tutti  invidioso  diceà  malQ  Sénisa  rispetto,  e  pretendi^vii  ardito  '  .  »  Piovra  i  costumi  altrui  far  da  fiscale   Quindi  suUe  cose  ,  sulle  follìe  ^  sui  pregiudizi ,  sulle  |ti*€itensi(^ai  d^lj'aiuor  proprio,  '  sui  vizi  in  ge-  nerale àevc  H  'jmotteggit)  più  spesso  cadere  che  .non  suiruomo  particolare,  àccioecbè  alpri,  vo^ndo  eedtaré  iH  .rteOi  non  apra  una  piaga  mortale  mei-  4'altrui  animo,  e  non  s'esponga  all^d^o  delle  per-   SOM  emeste  se  la /SMira    in  ialso,  .  FqItio  che<  per  diletto  o  per  malignò   V  Animo  Valtrui  fama  è  a  morder  presto^    '  *  . .  »  Ch'infin  giunge  a  sp^ieqiar  pef*  corbe  un  cigQps  '  »  IQ  ebt^nt'odio  vìen^  eh' ogn'uoin  ené^^^^  i  Lo  d^nna  con  ragion,  l'abborre  e  fugge  \VÌ»:Con9e  mostrò  all'umah  éóusdrzio  inlissto   Meii  voglioT^f  '  ommettere  d'és8èrvà?e,  ehe  ai   rinvèi^iore  di  falsa  maldicenza  o  d'ingiusta  sdittra  è  ripr^sibiie ,  lo  à  pure  quello  ebe  la  difiba^e:  lAi-'appiceando  il  fuoco  all'altrui  casa  si  scusasse  dicendo,  che  ha  ricevuto  il  fuqco  da  altri,  non  oV  Mrrebbcf  cotnpatimento  ;  per  he  stessà  ragioné  t>t-.  tenerlo  non  debbe  chi  spargendo  false  maldicenze  e  ingiuste  satire,  dice  d'averle  intese  da.  Pietro  a  d9  Martino,  io  un  caffè  o  in  un'osteria,  enones^  i^ne  egli  rinventore^  '  »   SenCilor  W  raceontar,      fti  un  trombe]^   *    »  Preso  una  volta  da'nemici  in  campo  /  *  '  r  »  Mentre  stava  sonando  alla  veletta:  '   V  \\  qiial,  per  ritrovar  riparo  o  scampo/  »  Dicea  che  solamente  egli  sonava,   '  "  »  Ma  eoi  stio  fèrro  mai  non  tinse  il  campq.  Gli  fu  rispo$to  allor,  ch'ei  meritava    Maggior  iien^  pero;  poichò  sonando^  >  Alle  stragi,  al.  furor  gli  altri  irritava  ».   Dopo  (Tavere  stabilita  la  legge  generale ,  fa  d'  uqpo  aggiungere  le  ecceziotU,  -  le.  qvali  per  lo  piiij  dall' e$amé  delle  ragi«ni  w  cut  fondMli    4lessa  legge^  risultano.   y  url^nità  jno!»  coBdaQQa  ne  nel  convenar  ab*  eiale    nella  repubblica  letteraria  i  modi  satìrici  più.  0  .iDeoo  .piccanti,  ma  veri,  contro  gìi  indk^i^,  dui  tÈ^  seguenti  casi  e  pe'  seguenti  motivi:  /   ,  1^  Rispingere  m  impertinente  aggressore»  ^  jMtiasiiiio  Oacier^  entuaiasta  della  àeiMza  ^digb'  antichi ,  ascoltando  un  giorno  una  dama  che  non  ne  parlava  Qon  troppo  rispetto ,  e  prioiHpdknj^qt*  del  divino  Platone  ,  le  .disse  con  tatta  la  genti-  lezza degli  eroi  d'Omero:  Certdment;^  madama  non  degnasi  di  leggete  dtro  Sèrittere  anticò  che  Petronio  (ciascun  sa  che  Petronio  è  ràutore  pre-  diletta de'  dissoluti^;  Perdojiate^,  replicò  ellat    aspetto ,  per  leggerlo  \  che  voi  fie  abbiate  Jatto  un  santo.  Chi  vorrejìèe  dare  al  {rizao  di  quella  dama  ia  ttisoiii  dimpulito  (i)?   .  •"  »  «   (i)  Un  principe  volendo  divertirsi  a  spese  d'  un  suo  cor-  tigiano I  eli'  egli  avm  impiegido  ip  diversè  amb^^ecie ,  lo    Mendicar  la  ragione  degli  attentati  d*  uno  stolto  o  d'un  impostore.  Socrate  adoprava  l'ironia  colle  persone  presuntuose  ,  con  que'  pretesi  dotti  universali  che,  non  sapendo  nulla,  davano  ad  in-  tendere al  popolo  di  saper  tutto,  e  pronti  mo-  stravansi  a  rispondere  sopra  qualunque  argomento.  Luciano  smascherò  il  celebre  Peregrino,  il  quale  profittando  della  dabbenaggine  popolare  ,  e  fa-  cendo false  predizioni  ,  aveva  aperta  una  bottega  d'impostura  nella  Grecia  e  s'era  arricchito  a  danno  del  senso  comune  e  del  pubblico  costume.   Mendicare  i  diritti  del  giustOy  delVonestóy  .della  patria  dagli  attentati  de*  malvagi ,  per  falsa  opinione  potenti  o  per  forza'  reale.  Chi  avrebbe  potuto  condannare  Cicerone,  allorché  met-  teva in  evidenza  i  vizi  di  Catilina  e  i  suoi  atr  tentati  cóntro  la  Repubblica?  Il  giudice  che  espone  un  delinquente  alla  berlina  con  un  cartello  sul  .  pettOj  ove  t\  leggono  i  suoi  delitti,  è  senza  dub-  bio un  maldicente;  ma  questa  maldicenza  perso-  nale è  necessaria  a  scorno  del  delitto  ed  a  fine  ;di  prevenirlo-  '    rassomigliava  ad  un  barbagianni.  Io  non ,  so  bene  a  obi  mi  ral^omlgli ,  rispose  il  cortigiano  :  tutto  ciò  cb'io  so  si  é,  che  ho  avuto  l'onore  di  rappresentare  molte  volte  vostra  maestà.   '  Anche  nel  «eguente  madrigale  il  frizzo  è  giustilìcato  dal  diritto  di  difesa:   «  D'un  ponte  al  passo  stretto^     »  Stando  sopra  d' un  carro  Tommasetto  y  hicontrossl  In  due  fraU  zoccolanti  ^  -,      n  Che  disser  :  Villanaccio ,  Ur*  avanU. Ed  egli  :  Aspetto  che  passiate  voi  ;  •^   »  Non  to'  mettere  11  carro  innanzi  t*  buoi  ».    a..  m   f-Il  pdjdrone  che,  interrogato  sulle  qualità  d'un  servo  licenziato ,  dietro  la  sua  esperianza  lo  dì-  chiara  ladro,  è  senza  fallo  un  maldicente;  rna  que*  sta  maldicenza  o  diffamazione  è  utile,  giacche  è  meno  male  che  resti  senza  padrone  un  ladro,  di  quello  che  vengano  derubati  più  innocenti.    '   ChesterOeld  non  distinse  con  precisione  i  con*  fini  che  la  satira ,  la  derisione ,  la  maldicenza  utile  e  necessaria  separano  dalla  maldicenza  inu-  tile 0  ingiusta,  nel.  seguente  paragrafo:  ,  .   a  La  privata  maldicenza  non  deve  giammai  es-  *^  sere  accolta  e  divulgata  volontariamente,  perchè  »  sebbene  la  diffamazione  possa  al  presente  ap-  »  pagar  la  malignità  e  Torgoglio  de'nostri  cuori,  i>  pure  la  fredda  riflessione  trarrà  da    fatta  in*  »  clinazione  conseguenze  sfavorevolissime  per  noi.  »  In  fatto  di  maldicenza,  come  di  ruberia,  chi  la  »  raccoglie  è  sempre  creduto  colpevole  quanto  il   ladro  stesso  ».  Distinguete  la  maldicenza  che  svela  le  altrui  innocue  debolezze  per  sola  voglia  di  denigrare,  dalla  maldicenza  che  svela  i  vizj  veri  e  i  delitti  reali  che  possono  essere  dannosi  al  prossimo.  La  prima  è  ingiusta  e  riprensibile,  la  seconda  utile  e  necessaria.  L'uomo  cui  siete  per  affidare  la  direzione  della  vostra  cassa ,  è  un  truffatore  ,  xxn  giocatore,  un  dissoluto:  mi  farete  voi  rimpro-  vero se  ve  ne  avvertisco?  Qualcuno  vi  imputa  dei  vizi  e  dei  delitti  falsi:  vi  lagnerete  voi  di  me,  se  gli  strappo  dal  volto  la  maschera  ,  e  Io  dimostro  bugiardo  ed  impostore?  È  giunto  in  città  un  ca-  valiere d'industria  che  co'  suoi  ingegnosi  stratta*  gemmi  scrocca  l'altrui  denaro:  vorrete  voi  che    noR  ne  dia  avviso  a'  miei  amici  ,  acciò  la  loro  jomoaa  fede, non  cada  in  laccio?  AU^  corte;  sevo]  -  amate  il  gregge,  darete  la  caccia  ai  lupi;  e  se  gli  uoiiiiali.  accennerete  loro  i  cani  arrabbiati. Jieyole  ^er  V  uso^  della  satira. Tre  sono  le  fegole  che  debonsi  osservare   motteggiatore ,  acciocché  il  motteggio  riesca  one-  sto e  Jegittiibo,  cioè  non  offenda    la  giusti^à^  ijè  Yumanitày    la  convenienza.   Il  motteggio  è  ingiusto  in  due  modi:  1^  quando  t>un^e  (^ersóne  esent!  dal  vizio  ìniputato;'  2^  qMando  cade  su  difetti  che  non  possono  ascri-  '  versi  a  colpa,  come  le  imperfezioni  fisiche  ^  ovvero  le  sventure  accidentali.    L',  umanità  rimane  offesa  quando  il  motteggio  ^  nialigno  ò  acerbo.    segno    malignità  chi  mostrasi  avido  del  male  altrui  y  M  si  delizici^  e  còn^piaep  neirinsuJtare  e  nel  nuocerer^$idà  segno  d'acerbità,  qualora  il  motteggio  è  sproporzionato  alla  jcolpat  .e  flagella  a  sangue  chi  ^on  merita  che  un  lieve  colpo  di  stafile  (I).  ,     *  '    ;  '  (\\  V  itotàh'      SoMÉe  m  rattopprata  .^iHn'^Mee»  delle  sue  maniere  ^  dairameDìià  abituale  de'suoi  sguttdi,  dal  tiorriso    bonlA  ^  sempre  pronto  a  Dc^cere  sui  suoi  labbri,  di  modo  che  4'icoDia  cessava  d'essere  aiuara,  e  diveniva,  per  oqsì  dite ,  ua  agro-dolce  eondile  dalle  'grazia. Cresceva  or  '  t*inK>, or  riiRro  di  ifuéstt  due  efemeiilt,  secondo  cbe  11  difeifò  Tdie  Socrate  voleva  correggere,  era         amb  nodfO.  Voltaire  dice,  che  volendo  censurare  Cornelio,  imiterebbe   '  iioid4>  Il  Quatoy  nellA poomi^edl»  del  Uakiouuto  pet  ior^a  >   »     .  y  .i.Lo  u   -  Si  Tìola  la  convenienza,  quando  i  motteggi  di-  '  sconvengono  al  motteggiato  o  al  motteggiatore  éHa  «iveostanza  di  ioogo  e*  di  tmf^  ;  qrówto  sono  sconci  o  villani,  quando  si  scialacquano  senza  '  misara^  e  :  se  ne  fa  professione  aperta  «  perpetnà»  L'ingiustìzia  nel  motteggiatore  o  è  maliziosa  o  '  irriflessiva^  la  prima  nasce  dal  bisogno  di  umiliar  PMtrttì  merito  ptat  inoftlnorsi  sulle  f«^tie  deli"  ftb^*  battuto  rivale:  la  seconda  proviene  da  un  errore  d3iiteUetto  originalo  de  rislielftesie  di  idee^  siste*  mi  esclusivi,  rigidezza    carattere,  tenacità  d'opì*  nìoni.  Da  quesi^a  causa  derida  j^e  tal,Y9|ts^  l'aicer*  Utà  prodotta  p*^ii  spesso  umor  eausticeié.  etra-  biUariqi^  JLi|i  causticità  è  sovente  figlia  4/  ^  <^uor  depravato  i  ebbro  d' orgoglio  malefico,  e  pasciuto  del  fiele  deirinvidia;  talora  una  cattiva  organizzazione,  o  le  persecuzioni  ostinate  deUa  Tortutia  giungòtiò  e  guastare  aiidie  unendole  Me^'-e  ad  avvelenarne  Io  spìrito.  '    /  r.  '  Le:  e^  ke  peir  'sóei  pìriii-   dpii  0  una  natura  grossolana,  0  la  mancanza  d'e-  ducazioney  o  una  vita  isolata  e  lontana  dalla  so^  eietà,  0  il  pocò  studio  dell'uomo,  o  le  compagnie  yolgi^p^^  ioQne  T  abitudine;  di  parlare  spensier^-   taméirter; .  >  «  ji    non    giottliBat  ma<>  bailaalata  a'  Sganardio'w  non  previo  un  eoDipUmento  rispeUoso,  e  colla  protesta  d'essere  disperalo  per  essere  caj[tr41o  di  Cario.  Questo  inpdo.di^ceosarareiM»ja  debb'  esjsere  escluso  dai  croccili.  sociaB  *,  se  ma  cb0  in  vece  di  porre  in  m&no  al  censore  uh  bastone  j  fa  d*  uopo  dàrgfr  un  fltigeRò  di  jNMe.  '        Jl}ìm^  li6)Ia  ùimwènms^h  satira  appoggiate  al  falso  va  mordendo  lievemente  i  costumi  degli  assenU  ,  non  ta  99vero  cepsore  aggrotterai  tosto  ki  eiglia,    tomi  icon  mano  ardita  qoeatò  tenoe  piiiBere  alla  mediocrità  che  si  consola  della  prò-!  |lrìa  batwzza  sfoirmndosi4i4«pcimi^V  J'alte^^^  n»e-  rito  V  ma  a  condiscendenza  atteggiato  più  che  ad  a88.ei)8p9  .ammirerai  lo  spirito  di  ehi  censura,  e^ter^  modo  dabbii  mU'applicaaioQa.  Sa  *poi  U  piacere  di  satireggiale  gua4dgi]ia  gj[i  9Staim  al  puntp,,(^e  'aQi;ga  qwlcha*  ».  ^  ;vt.-(:;-^; ^   ^    «  Tewité  et6lrti0  nrò?atord^^  f''::  ^   ^    »  Motti  protervi,  onde  a  maligno  riso  ^^^  V  »  Mover  la  dorma  e  la  virtù  schernire  ^  '   ti  sarà  permesso  di.  troncare  em  jdigailà  V  altrui  aiscorso,  e  assumere  la  difesa  degli  assenti;  ma,  per  non  scemar  fede  alle  tue  parole  ^  non  devi  mostrare  alterazione  di  spirito;  giacché,  altrinieriti  operando ,  al  piacere  di  satireggiare  si  assoeierà  ,  nell'animo  .del  satìrico  il,  piacere  di  conturbarti,  e  gl}  assenti  verranno  ad  essere  danneggiati  dalla  tua  stessa  apologia.  L' e^peri^jdza  dimostra  infatti  che  il  calare  della  difesa  rendè  ,  tahotta  gli  assa-  litori più  feroci,  e  allora  la  conversazione  rasso»  miglia  i^ue'aiigrifizi  sbarbarì  ne' quali  immola vansi  ijjttime  omaiie.  '  Lascia  dunque  qualche  pascerlo  .alla  malignità,  se  vuoi  ch'ella  ti  permetta  un  elo-  .gìo;  MBt  per  prosare  la.  itiocei^ità  del,  4iio  ttlo,>  allorché  tu  stesso  produrrai  in  mezzo  le  azioni  di  qualcuno,  in  cui  siano  difetti  frammisti  a  vir^,  userai  la  dèstrézza  di  quel  pittore  che,  dovendo  ritrarreAntigono  guercio,  lo  pins^  di  profile. Facezie.   Un  discorso  che  inaspettotanieiile  e  contro  JTap-  paranza  caoibid  il  rimpjTovero  in.  lode,  it  male. in  .tiene,  il  lisGMHre  iO;  sqi^exanza,  lo  spmzo  iii  istinni^  e  talora  anche  ali'oppostcs  si  chiamai  face zùa  La  facezia  si  divide  in  due.  specie;  La  l>  ^  un  hréYé  raceoitto  che  fa  passare  IV  nimo  tra  alcune  d\Tenture,  e  dopo  d'  averne  ali-  mentota  la  curiorttà ,  ikiisce  con  iin  sentimento  non  preveduto.  ^.    (I)  Dionigi  il  tiranno  avendo  sapulo  che  una  sua  coni-'  me^Ua^  dajui  spedita. 4l: concorso  in  Atene,  era^t^ta  eoro-  oata^  ne  injpti  «r«lleg)nem.  ^  CiH  Ateniesi  dissesn  cbe^ise  *av«flh  aero  preveduta' questa  tdaf^t^jotià  i  vsu^hf^eio  cèronatQ.Dlou^  venti  anni  prima.  *  *  '   in  qiieslo  caso  la  iode  copre  un  vero  disprezzo,  e  mmì-  testa  la  Viziosa  compiacenza  ct^e  dovevano  provare  que'  repubb|i^|AMr  la  moi>t€i  d'un  tiranno  tanto  abbòminato;  Sorge^^fftiBrmo  piaqèvolissitna  sorpeesa  nel  vedere  etie  «gli  Ateniesi  potevano  liberar  Siracusa  onorando  Dioniiii  in  Atenei*  Jjl.  padre  Le  'i'cìlier,  che  mentre  era  confessurti  di  Luigi  XÌV,*  teneva  il  protocollo  de'  beneticii  ecclesiastici,  diceva  ad  uti  giovine  abate  :  Yoi  altri  esitanti  agli  impieglil  sièle  oost^  amfei'  finché  aVeté,  bisoerio  di  noi  ;  'ma  qìiéaida  siete  saziati^  ci  dimenticate.    Ah ,  non  temete  nulla,  rispose  ridendo  Tabate:  io  iK>n  vi  dimcoUciierò  giuiumai,  giaccliè  solip  iosa^   In  questo  ciùo  tt  timore  si  cambia  in  speranza^  e  nel  -tempo  slesso  éi  si  pres^ta  improvvisamenfe  nùi^  upa  brama   I     che  con  somma  gelosia  suol  tenei:sì  nascosta.  ,  i,  ^  Eia      è  un  semplice  detto  pronto,  rnaspettàtoi  opportuno t  un  vivo  ^^apidgi£ripo  che  vellica  e'  punge  piaeevoimente.   *  Con  maggiore  chiarezza  e  precisione  di  ter^  Quni>-  giusta  il  suo  costume,  spiega  la  cosa  il  dot-  tissimo Gberardffil  dksemkK. La  giocondità  delle  lacezie  par  che  nasca  ordinariamente  da  un  ingé^  gIMMt»'  ed  iroproiovlM  'aecoppiftiBentcr  W  d«ie  idee  disparatCL tra  loro  e  disconv^jiienti  (1).  '    '     riso,  semjira  il  prodotto  4i  due  sensai&ioni  u-  iike,  sorpresa  e  piacere  ,  eccitate  da  Jien  elitra»-,  stì  0  da  finissime  analogie.   L'impressione  oagionata  nel  nostro  animo  da  un  oggetto  nuovo  o  inaspettato  sidsiiania  sorpfesia.  La  sorpresa  è  maggiore  quando  T  oggetto  .coni-  0  la'  eosa  *  raeectea'  è  eonivìirìa  a/  qiiai^  suole  comuneipente  succedere. Quindi  la  aorptesa.  è  massiin»  allorché  è  mas-  sióio  il  contrasto  tra  il  fatto  ^pcaditio  .eJa-Hft:  stifi.jaspettazione*  Ciò  posto:     .  jChie  éel  jtUo  abbia:  kmga  la  sorpresa^  è  di^  mostrato  dai  seguenti  notissimi  fatti:    '  '   Ridono  frtù  spe&so  gli  ignoranti  che  gli  o^-,  mini  cotti,  poiché  ì  primi  nón  conosGéndo  i  rap-  porti die  uniscftpo,  ie  cas.e,  9,  WAggiori  sorprese  soggiacciono. 11  saggio  appena  sorride  mentre  lo  sciocco    t'abbandona  a^  riso  sgangherato,  ^acchè  il  sagg^ìo  ^   .  EIcmonti  *  peesla  ad  uso  delle  scuole.  trava  presto  le  idee  intermedie  che  imi»sip>pi^jlor^  liuie'  afeiluate.  ddto  «òse  .«col  fi^  k»q^«if^ì^^  successo  e  che  sembra  smentirlo.  ^  r  "  ^^^  >  a<«  fy.  mette*  «bea  fUe^  Ue9ggiOt4t^^l<^  f^eioe-  co  non  ride;  e  questo  accade  quando  il  contrago'  ma  è  immediatamente  espresso  »  ma  dietro  rap-*  porti  pBBfiìm.ài  idee  s'asconde  «  e  quaìdie  mé^  noento  di  riflessione  per  essere  EientUp  o  ricono-   4.0  '6H  uomini  faceti  e  lepidi  dicono  e  sanno  rHl^yar  jOOi^e  che  lanno  ridere  gli  altri,  ^senza  die  .  «et  irfdeno^tesifi.  Man  vidptin*  esa  perchè  veggenti*  ril  nodo/cUe^unisce  le  idee  in  apparenza  contrastanli;  ^Qao*.  ridwe  gli.  altri.  4^rehè  hfinBQ  T  artiiisio.  di.  ^asconderlo  ai  loro  occhi.  >'  *   r^r?  II  riso  die  ecdta  .una  facezia^  sentila  la  fush  ma  yoitai  è'«moltn  pjéore  alte  sead^a,  e  posbin  diviene  millo,  perdiè  le  cose  note  fioii  lasciano  Ittoga^^liia  ijorp»^.  /   IL  Che  a/  riso  non  basti  una  sorpresa  q^it^*'^  limqu^f  ma  si  riohicgga  Vaggiìmla^i  sensaziaue  piacevole,  seop^ira  rieattare  -dat  ft^^fuenti  ietti: Noi  ridiamo  ricordando  le  nostre  passate  fi^lÀ^  Qv^j^m^  aUoiaOia  annessa   jd^a  del  .disi^-  nore,  perchè  questa  Vicordanxa    risalta  al  sen^  limentOc:4^4.;POSti;a  #Utuaj|^e  .saggezza  »  e!,  quasi  «  dissi,  le  accresce  piregio;  .       .  t  ,  ^      evi^  rvjV/.   2.  <>  Noi  ridiamo  aH'udire  le  altrui  goffaggini  ;  il,*  cl\e  fiorse  d^riiui  dairamor  (HPQpriOr  il  qmlei  gica-f,  see  nello  scoprire  in  altii  de'difetti  de'quali  egU  ait  crede  esente.  Koi  rìdiamo  alle  sveMure^dei  ncNMvl^nemicti.  allorché  non  sono    forti  da  interessare  la  nostra compassione  ;  poiché  le  accennate  sventure  adé^  scano  piacevolmente  il  sentimento  dell'  inimicizia  e  della  vendetta.  ,i^>>i  -^^t^^fi  r/Ji^U\p>y'4,i ^j'^Mip^i  -  4.«  I  beffardi  ridono  nello  scliernìre  questò  o  quello,  giacché  il  loro  orgoglio  coglie  tanti  gradi  di  piacere,  quanti  gradi  di  depressione  ed  avvili-  mento fa  subire  agli  altri  co'suoi  motteggi.     ^fi.p  Noi  ridiamo  nello  scoprire  somiglianze  tra  oggetti  che  credevamo  non  ne  serbassero  alcuna,  come  rìdiamo  in  generale  sentendo  ingegnosi  tratti  di  spirito;  perchè  il  facile  esercizio  della  no-  stra intelligenza  nel  rapido  passaggio  da  un'  idea  dtf  un'altra,  ì  cui  rapporti  lontani  non  erano  ben  noti  e  distinti ,  é  per  se  stesso  piacevole ,  com'  è  piacevole  un  moderato  passeggio,  il  respirare  aria  nuova,  la  comparsa  d' un  lume  neiroscurità  e  si-  mili; 2.0  perchè  quella  cognizione  diviene  argo-  mento della  sagacità  nostra^  la  quale  ha  saputo  cogliere  un  elemento  che,  i:estìo  all'analisi,  al  co-  mun  guardo  ascondevasi*  V  .  ^  "4(^j»*   ,   III.  j4cciò  la  sorpresa  e  il  piacere  cagionino  riso,  vogliono  essere  prodotti  da  lievi  contrasti  0  da  finissime  analogìe;  ecco  qualche  fatto:     1.°  Alla  vista,  per  es.  d'un  bel  quadro,  all'udire  una  bella  musica,  noi  proviamo  sorpresa  e  pia-»  cere,  ma  non  rìdiamo;  dite  lo  stesso  allorché  al'  vostro  occhio    presenta  l'arcobaleno  od  altro  si-  mile grandioso  ed  innocente  fenomeno.   "i.^  Vi  cagionerà  sorpresa  e  piacere  senza  farvi  ridere  la  vista  d'un  animale  selvaggio  non  mai  veduto  prima,  per  es.  la  grossa  scimia  chiamata  Qurang-outang.   Ma  se  la  scimia  vi  si  presenta con  berretto  da  cardinale  in  testa,  voi  non  po-  trete comprimere  il  riso:  v'è  qui  un'  contrasto.   Osservate  bene  che  non  tutti  i  contrasti  fanno  ridere^  ma  solamente  i  contrasti  lievi,  e  son  quelli  che  escludono  la  compassione  e  l'orrore.  Se  un  uomo  millantandosi  di  poter  saltare  un  fosso  vi  cade  in  mezzo  come  un  animale,  voi  ridete  sgan-  gheratamente; ma  se,  cadendo  si  rompe  una  gam-  ba od  altro,  voi  non  ridete  più;  qui  il  riso  è  com-  presso dalla  compassione.   Dire  con  Aristotile,  che  il  riso  è  prodotto  da  una  deformità  senza  dolore^  è  ristringere  di  troppo,  secondo  che  io  ne  giudico,  il  campo  del  ridicolo;  poiché  spesso  noi  ridiamo  saporitamente  senza  che  alcuna  ombra  di  deformità  al  nostro  spirito  si  appresemi.  Infatti  ci  fa  ridere  la  sco-  perta di  finissima  analogìa  non  prima  supposta  (p.  471,  nota  i),  l'unione  di  qualità  che  sogliono  essere  disgiunte  (p.  461,  nota  i),  la  disgiunzione  di  qualità  che  vanno  ordinariamente  unite  insieme  (i).   (I)  TI  rasllf^'lìone  raccoma  come  un  dottore  vedendo  uno  che  per  giusti/.a  era  frustato  intorno  alla  piazza,  e  avendone  compassione,  perchè  'I  meschino,  henchè  le  spalle  lìeramente  gli  sanguinassero,  andava  così  lentamente,  come  se  avesse  passeggiato  a  piacere  per  passar  tempo,  gli  disse  :  Cammina,  poveretto,  ed  esci  presto  di  questo  affanna  Allora  il  luion  uomo,  rivolto,  guardandolo  quasi  per  maraviglia,  stette  un  poco  senza  parlare ,  poi  disse  :  Quando  sarai  frustato  tu,  an-  derai  a  modo  tuo  \  eh'  io  adesso  voglio  andar  al  mio.   Vediamo  in  questo  caso  disgiunte  due  quaìilù  che  sogliono  essere  unite;  cioè,  sotto  Fazione  delle  percosse,  non  scor-  giamo né  I  segni  del  dolore  ,    lo  sforzo  a  liberarsene.  Abbiamo  dunque  da  un  lato  una  forte  sorpresa,  daU'  altro Fonti  4ija0ezie€^^  *   Le  numerose  fonti    cui  s^possoikl  tram  ìetà^   cezie,  vogliono  esser  ridotte  a  cinque  capi  generali. Deformità  logiche;  Deformità  morali;  Deformità  fisiche;   Opposizione  artifiziale  tra    iHile  e  il  sog-getto. Somigh'aoze  e  contrarietà  lontane  o  latenti  ed  miprovvisamente  svelate.  Sono  deformità  logiche  le  deviazioni  dal  retta  raziocinare;  e  ì  gradi  di  esse  saranno  sempre  maggiori,  quanto  più  peccheranno  coatra  le  regole  del  ginsto  raziocinio.  «  L'rghpranza  quindi  delle  1)  pili  facili  combinazioni,  la  credulità  soverchia,,  i>  la  scimunitaggine  sono  fonti  sicurissimi  dia'qiiali  »  emerge  quella  deformità  logica  che  provoca  il  »  riso  senza  eccitare    rodjQ  nèla  compassione:  »  quindi  le  parole^  o  prive  di  senso  o  storpiate,  »  le  interrogazioni,  le  risposte  fuor  di  proposito,  M  le  incoerenze,  la  pertinacia  negli  errori  evidenti,   e  quella  abitudine  che  i  goffi  hanno    dir  seni*»  »  pre  e.  credere  le  cose  a  rovescio  dei  logici  detr  »  tand  ».    un  sospettò  dié  quel  padeiité  o  non  gòffrissC}  il  che  fa  ta-  cére n  denttinéoto  penóso  della  compassioné  ^  o  ituscisae  a  deoilnare  11  dplòre  ^  il  che    luogo  ad  anudirazione  scevra  d'invìdia.   lo  non  saprei  come  innesLire  sulle  azioni  e  sul  discorso  di  quest'uomo  Videa  della  deformità^  mentre  vi  veggo  cbia-  rrsslmo  un  bel  contrasto  con  qùanto  succede  'comunemente;    DUn  esemplo  di  ^&r^giooaaieuto  logico  cagionato    '  bijióna  dó^e  d'òirgotglia    vede  nel  discorsa 'die  l'Alfieri  meite  in  bocca  al  suo  conte,  allorché  co-  stui viene  a  contrasto  eoU'abate,  futuro  mae^a  .de'suo]  pglì^  sup'ofiiararto  che  gli  vuol  dare..    '    «  Ora,  venendo  al  sodo,  '  .S.  ^'"  »  Del  salario  parliamo.  V  do  tre  scudi;  ^'  ;   »  Che  tutti  in  casa  far  star  bene  io  godo.     Ma,  signor,  le, par  egli?  a  me  tre  scudi?   "  S  Al  cocchier  ne    sei. Clie  impertinenza?  ^  >  »  Mancan  forse  i  maestri  anco  a  du'scudi? Ch'è  ella  in  somma  poi  vostra  scienza  ?  '^r%  Chi  siete^D  somma  voi,  che  al  mi' cocchiere   *  Veniaté  a  cootrastar  la  precedenza?   ^  l  ìK  GU  è  nato  in  casa,  e  d'un  mi'cameriere:  i  i>  Mentre  tu  sei  di  padre  contadino, E  lavorano  i  tucti  r/altrui  podere^  H   »  Compitar,  senza  intenderlo,  il  latino;  '  >     Una  zimarra,  un  mantello n  tallare,  ^^  i  »  rCn>  coUaru^cia  sudi-rcelestrino ,  >  *  - Vaglion  iòrse  a  natura  in  voi  cangiare     r  .  Poche  paròle:  io  p^go^ereibeiiissimo:   C  .  u  '      Se  a  lei  npn  quadra^  ella  è  padron  d'andare  ».   Atteso  una  grata  sorpresa  sono  parìmente  ma-  te)*ie  di  riso  le  imle^  intelligenze^  "  come'  allorché  un  discorso  vien  preso  ih  un  senso  opposto  a  quello  che  gli  fu  dato  da  chi.  Jo  pronunciò  ;  d' onde  na-  sce una  contrarietà  fra  la  dimanda  e  la  risposta,  ed  una  sensibilissima  divergenza  :  per  es.,  Pietro  dhnanda  a  Paolo  dove  va^  Paolo  ^rispofìde  jparfii  pesci.  '   .  *    ij,.i^L.o  i_.Appartengono  a  questa  ètasse    ISu'tle^^^^  contengono  un  certo  inganno  inaspettato,  per  cui  nasce  molestia  ad  alcuno  senza  dolore  però  e  senza  grave  incomodo.   IL  Per  deformità  morale  intendesi  quella  che  non  è  consona  all'  usata  maniera  con  cui  conver-  sano gli  uomini,  ma    però  che  non  turbi  o  funesti  Tordine  socievole,  poiché  allora  questa  de-  ^formità  andria  congiunta  con  la  scelleratezza,  e  ingenererebbe  odio,  non  riso.  Quindi  fanno  ridere   1.  V  incongruenza  de'caratteri  :  perciò  sem-  brano piacevolmente  assurde  le  millanterijs  in  bocca  d'un  vile,  e  le  gravi  sentenze  sul  labbro  d'una  me-  retrice e  simili. Tutti  i  caratteri  e  tutte  le  azioni  che  hanno  l'aria  di  singolarità^  cioè  che  si  scostano  dalle  ri-  cevute costumanze;   3.  *>  La  discordanza  tra  i  mezzi  e  il  fine  prò-  postosi^  0  le  pretensioni  maggiori  delle  forze. Le  passioni  gagliarde  svegliate  da  lievi  cagioni;  talvolta  per  es.,  resta  annullato  un  pro-  getto di  matrimonio,  di  commercio,  od  altra  as-  sociazione, per  contesa  sui  titoli  de'contraenti  da  inserirsi  nella  carta  di  contratto;  e  le  reciproche  vanità  rimbalzano  come  rimbalzano  e  retrocedono  due  palle  elastiche  che,  moventisi  in  opposte  dire-  zioni, vengono  ad  urtarsi  in  mezzo  al  bigliardo  (?)•    '  (I)  *  Allorché  il  Cardinale  Mazarino,  miuistro  francese,  e  dòn  Luigi  di  HarO)  nìinislro  spagnuolo,  convennero  neirisola  de'  FaggianI  (  in  mezzo  alla  Bidassoa  sul  contine  de'  due  regni),  per  concertare  tra  le  altre  cose  il  malrimonio  d'una    »  S. Gli  sforzi  per  attribuire  agli  altri  la  col-  po, de  nostri  sbagli  (1).   *r  A  scanso    ripetizioni  vedi  la  pag.  343  eseg.  f  HI.  Deformità  Jìsica  si  è  quella  che  emerge  dalle  deformità  visibili,  corporee,  naturali.  «  Va-  M  stissimo  campo  di  ridicolo  si  è  questo,  poiché  »  iufinite  sono  le  aberrazioni  che  notar  si  pos-  »  sono  nel  regno  della  natura,  e  nell'uom  princi-  w  palmente,  che  per  eccellenza  fu  detto  re  della  »  natura  medesima.  Quante  mai  numerar  si  pos-  »  sono  deformità  corporali,  sia  nei  membri,  sia*  »  nel  portamento,  tutte  sono  giocondissima  fonte  »  di  ridicolo,  purché  le  deformità  che  prendonsi  D  per  oggetto  di  scherzo  non  siano  indecenti  o  »  col  dolore  congiunte,  poiché  allora  non  riso,  ma  .  »  ecciterebbero  di  leggieri  odio  o  compassione. Un  uomo  urbano  per  altro  non  farà  mai  og-  getto di  scherzo  quelle  fisiche  deformità  che  non  si  possono  attribuire  a  colpa,  come  ho  già  detto  più  volte.   Ito  f  '    Infante  di  Spagna  (Maria  d'Auslda  )  con  Luigi  XIV  re  di  Francia,  furono  tante  le  recìproche  pretensioni,  sorsero  si  gravi  difficoltà  sul  cerimoniale  e  V  etichetta,  che  trascorsero  due  mesi  prima  clie  i  ministri  potessero  accordarsi.   (I)  Un  ingegnere  mezzo  ul)briaco  e  barcollante  prende  a   .  misurare  un  terreno,  e  commette:  ercoli  tali  die  gli  astanti  ne  fanno  le  maraviglie.  11  buon  uomo  in  vece  di  rendere   ,  giustizia  a    stesso,  se  la  prende  col  suo  strumento,  e  dice  balbetttUìdo:  Ehi  ma  il  difetto  é  nella  mia  pertica:  ora  ella  lia  otto  piedi,  ora  non  ne  ha  (|uattrOj  e  la  getta  sul  fuoco.  In  questo  esempio  primeggia  la  deformità  logica  sulla  defor>  niifà  moràlo.  Ceretti.  .j^  xxl  i^\.^r  Jife  àctoi^  v    ti.    "'llr,   11  ridicolo  nasce  alle  volte  dal  veder  trattali  con  uno  stile  lepido  e  scherzevole  gli  argomenti  gravi  e  severi,  il  che  vellica  piacevolmente  la  ma-  lignità del  cuore  umano,  il  quale  gode  nel  veder  posti  a  livello  gli  oggetti  eminenti  coi  più  comu-  iif,  ed  è  questo  il  copioso  fonte  delie  parodie.  Talvolta  all'incontro  s'induce  riso  col  ragionar  di  ^  oggetti  bassi  e  plebei  in  un  tono  grandioso  ed  eie-,  vato,  dal  che  vengono  essi  a  ricevere  un'aria  co^^  mica  e  faceta,  mentre  sotto  aspetto  di  lode  son  fatti  ridicoli,  e  la  critica  riesce  tanto  più  salsa,  qiianto  più  è  dissimulata.   Senza  alcuna  specie  di  discorso  si  può  eccitare  'ridicolo  con  una  lode  apparente  smentita  dal  fatto.  Batru,  che  aveva  motivo  di  lagnarsi  del  duca  d'E-  pernon,  fece  un  libro  che  aveva  per  titolo:  Le  grandi  imprese  del  duca  d'Epernon:  ma  tutti  i  fogli  del  libro  erano  bianchi.   tt   Debbono  essere  collocati  sotto  questo  titolo  »  que'concetti  d'ambiguo  significato,  onde  può  »  trarsene  una  grave  sentenza  ed  una  arguta  fa-  ì)  cezia.  Così  a  dire  d'un  uomo  liberale,  che  quello  •»  che  ha,  non  è  suo,  può  divenir  salso  ove  si  V  torca  a  biasimo  d'un  ladro:  e  salso  riesce  per  D  non  dissimil  ragione  quel  motto  citato  da  Tullio,  .  )i  a  proposito  d'  un  servo  infedele,  lui  essere  il  y>  solo,  per  cui  mdla  vha  in  casa  disuggellato  «  e  di  chiuso;  il  che  a  lode  d'un  servo  leale  po-  »  irebbe  dirsi  ugualmente.   Se  non  che    fatti  >p  scherzi  vengono  commendati  più  per  ingegnosi  .?>>  che  per  festivi,  essendo  manifesto  indizio  d'a-  •»  cuto  ingegno  il  tor  le  parole  in  altra  signiUca-  w  zione  da  quella  in  che  sogliono  esser  usate. ^^Ordinariamente  questi  scherzi  riescono  insipidi,  perchè  per  Io  più  da  un  lato  lasciano  scorgere  la  voglia  di  scherzare  e  l'impotenza  di  riuscire,  dal-  l'altro  non  producono  effetto  sensibile  sull'animo  per  mancanza  d'acume.  -   V.^'  <t  Tra  tutte  la  maniere  onde  si  perviene  a  movere  riso,  piacevoli  senza  fine  riescono,  tanto  il  torcere  contro  d'altrui  quel  frizzo  che  a  farci  ridicoli  era  stato  proferito,  a  quel  modo  che  Ca-  tullo, interrogato  da  Filippo  perché  abbaiasse,.  Perchè  vedo  il  ladro,  rispose;  quanto  dal  conce*^  dere  argutamente  all'avversario  ciò  stesso  con  che  ti  morde,  trarne  appunto  occasione  di  vituperarlo,  siccome  usò  avvedutamente  L.  Celio,  al  quale  es-  sendo da  taluno  di  bassi  natali  rimproverato  che  egli  fosse  indegno  de* suoi  maggiori:  Affé,  ripi-  gliò, che  tu  se' degno  de' tuoi  »  (i).   In  questi  e  simili  casi  il  piacere  risulta  da  dop-*  pia  fonte:  l.*»  dalla  depressione  d'un  impertinente,  aggressore,  o  sia  dalla  cessazione  d'un  dolore;  il  che,  quando  succede  rapidamente  nelle  cose  mo-.^  fall,  equivale  a  piacere;  2.o  dagli  improvvisi  rap-  porti di  somiglianza  tra  la  proposta  e  la  risposta.  ^*  '  11  ridicolo  risultante  dalla  scoperta  improvvisa  di  somiglianze  o  contrarietà  non  comuni,  non  si    "  '  (()    Luigi  XV  disse  un  giorno  al  conte  Eric  di  Sparre,  jche  fu  due  volle  ambasciatore  in  Francia  pel  re  di  Svezia  :   ./SigfioF  di  Sparre,  provo  dispiacere  vivissimo  in  pensando  che  voi  non  siete  della  mia  religione;  un  giorno  o  lallro  io  an<  derò  in  cielo,  e  non  vi  troverò.    Perdonatemi,  Sire,  rispose  f  '  ambasciatore  :  il  mio  padrone  m'  ha  ordinato  di  seguirvi  dappertutto.  "     ,  f  può  assolatamaote  attribuis^  alia  iiialigQilà|ii»Ma,  come  si  dovrebbe,  se  in  queste  indagini  si  preip*'  (fesse  peK  gttidé  la  ^ola  teoria  d' Asistoteteì  il  che  multerà  meglio  dall'analisi  del  seguente  fiattóv;Un  contadino,  yenuto  a  dolersi  pon  un  podestà  perchè  gli  era  stato  rubatali  sto  «ino^  dopo  d'a-  erare; parlato  della. Sfla  povertà  e  deiringanno  fat-  tégH  dal  ladro,  per.  fine  pjè  grave  la  perdita  sua,  disse;  Messere,  se  voi  aveste  veduto  il  «lio  asioo^  ,aiio0r,fiitt  riconoscereste  quanto  io  ho  ragion  di  dolermi;  chè  quandi ^veva  il  suo  basto  a^osiSiH   f iHraa  :f  sopriam^iM^  *ii8^^i^hevci  cagiona  qiipste  4i8Cor^^  non  n^sce   dal  vedere  depresso  TulHo  a  livello  delPasino,  ma  DèVoiedei^x^^^^  s£orz;aur  dosi  d'ingrandirne  Videa,  scappa  &ori  improvTl^  ^saQiente  con  un  confronto  nuovo,  e  si  Insinga  ^   t^^ré  sowiigliaiwa.tra  Basilio  e  TiilfiQ^r     ttóte-  le  cose  vi  sono  certi  limiti  che  non  si  éebboào  oltrepassare,  certe,  condizioni  alle  qu^lì  jEa  d'uopo  sottomettersi;  altrimenti  facendo,- si  va  lungi,  dalla  meta  cui  si  proponeva  di  giungere,  non  si  consegue  Io  scopo  che  si  vagheggiava.   Lo  ^opo  cui  miriamo,  i  mezzi  che  possiamo  porre  m  <>pera,  servond  a  farci  ricondscere  quelle  condizioni  e  que'limiti.  '  '   Le  facèzie  x)  celie  che  teodono  a  rendere  festiva  a  brigata,    possono  considerare  \  \   Nella  persona  che  le  dice;.   i.o  Ifelia  persona  che  m  è  l'oggetto;r3«.^  Migli  «auuiti  eh»  ,  le  aseetbp^i'   < Persiona  che^  celia*   .  1^*0  uomo  geutila    ride    fa  ridere  aUa  foggin  de'pazzi^  degU  seioeioliii  id^IL  iilériichif   degli  inetti,  de'buffoni,  Fenelon  non  ischerza  come   arleccliioo:    Xmsm    §M8to  eaft£<)iìde.il  «mono  de^G^'.  dfiH' a||ia  C9I  fracaaso  assordante  ddle  campane.  .  Vupmo  dmiene^  bttffime,  Mihrchà  Mace^   altri  a  ridere  per  le  sue  sciùcchezzey  allorché  ai4eiU  axgiuti  smtilm$c$  de'mUi  arJecJmetehif  ed  a  misura  che  si  fa  attore  in  vece,  «fi  restare  semplice  narrale;  perciò  alquanto  buffonesca,  aeeottdo  <die  10  Be.^iiuiieo,  fa.  la  wnéatta  iK  IMo*-  gene  nella  seguente  occasione.  Ne'  giuochi  pub-  blici d'Ateoe  si  distribuivano  uu  giorno  de'piemii  a  quelli  che  davano  saggio  di  maggior  destrezza  neg^l  esercizi  dell'arco,  .della  Jotta  e.  delia  €om«  «  Ira  qnoUi  v^Ae  ^tiravmo  Tareo,.  prìmèggiaìFa  4100  per  la  sua  gofiferìa.  Diogene  andò  a  collocarsi  pre-  cisamente alla  meta  cui  mirava  Tarciere;  gli  si  di«  mandò  perchè  sceglieva  quel  posto:  Per  non  es-  ser ferito,  rispose  il  cìnico.  Il  motto  è  arguto,  ma  la  condotta  era  bu£fonesèa  per  un  filosofo;  ed  oltre  a  ciò  troppo  acerba  p^r  Tarciere  ^.  .    (I)  Minore  taccia,  perché  accompagnata  da  minore  pub-  blicità ,  merita  *  la  condotta  di  SoeriOe ,  «norcHè  Alcibiade  rKoniò  da  Olimpia  vincitore  di  tre  premi  al  cdi*8o  deH^tìt  Tutta  la  Grecia  lo  aveva  celebrato  per  questa  sua  vittoria.  Al  suo  arrivo  tutta  Atene  andò  a  ritrovarlo.  Socrate  solo  non    Digitized  by    i.^  iloiiici 'ébe  fiol^iioi  detti  argutt  impirtii  ad  eccitare  negli  altri  il  riso,  nofì^debb'igssere  il  priino  a  rideriie;,iina  facezia. detta  cojxsei^età  riei^eepiù  piccante; Egii  si  tenderebbe  ridieak)  m  per  si  fatte   ^ver ti  questa  0  quella  brigata  coi»  tale  o  tal  altra  ciUa^  <  6  vJd^iJpÉltaatf '  0MÉ  i^ipateMa  di-  vanto;  Non  conviene  fare  oggetto  di  celia  mordace   Gli  uomini  generalmente  stimati^  e  non  taiiitave  JiliisMfiMM^  al  qlMpte'dól^  tanfiNBeoolt  rifèane  an-  cora la macchia  d'aver  messo  in  deriso  Socrate;  '  .  La  peiaM»  troppo  atolido«'  pat«hè  nott  v*è  glo^  im'nel  venire  a  contesa  con  esse;  *   .1  miaer»  ed- ìi^ìcÌy  perchè  sarebbe  (grude^;  eÓMtMatd  a ^isaÉo  cbe  immé^  mmaMMori;  GU  ttomini  troppo  sensitivii  peròhè  motteg*^  gio  ^  alvvilifiM;  I  vendicativi,  perché  ci  esponiamo  a  pagarne  ii  ioo  lo  «tesso*  si  diea^  degli  igMraQtl«^|K)l^tf9  ai  1pllaI^^tlri  strale  acutis8i«M  €be  ai   pianta  nel  loro  animo*     1    comparve  che  il  giorno  appresso,  e ,  in  vece  di  domandare  il  vincitore,  dimandò  i  vincitori,  (ili  schiavi  non  comprendendo  il  suo  pensiero,  egli  ordinò  loro  di  conduco  alta  stalla.  Ejf^li  vi  étitrò  col  suo  seguito^  ed  essendosi  fatto  mosiràre  iisavalli  iIMNmati  da  Olimpia,  si  avvicinò  ad  essi,  li  salutò  con  rispetto,  fece  loro  de'gran  complimenti  sulla  loro  agilità  e  sulla  gloria  che  si  erano  acquistala.  Alcuni  del  suo  seguito  recitarono  loro  l'oite  cl^e  Euripide  i^veva  composto  in  onore  d'Alcibiade,  Dopo  questa  scen^  i^oiffonesqa^  Socrate  si  ritirò  senza  doman-  dar di  vedere  il  Iripoiiilbre.      m    ,  la  calimi»  «W»  si  4^  iii^o^teggiare  alj[a  cìepa;   It.'  Persona  cui  è  diretta  la  eeiia.   it^  .  l^aiwlla  è.pegUa  4^i9r  cadere, una  eelia  senza  disposta,  di  quello -  elie^  ifnpegnar<A  hi  im  4Kmi}^atUi|i^to  con  p^r$pua  che  forsp  non .  mirò  1^  yvWWfH;  (»Hr«4|^  «l  wilapfi  dagU  scbiarimenti  che,  ìoi  vj^  d'^vj^icio^r^  g^lj  ajoÀmU,  gli  allontaDano   ifi  QMfidla  BOB  Vi  è  pcmHHle  dUsimulare,  e  vedete  gli  altri  a  ridere  a  vostre  spese,  ridete  voi  iwret  e  topralMiO'  hm  imetiste-  lAsMtbneDto  dispiacere,  come  è  stato  detto  di  sopra.  Si  veg-^  goao  ogai  giorno  persooe  incivili  che  non  sanao  rispondere  ad-mi  ìnnoceote  scherso  fncMrchè  con  >  ingiurie  e  viHapì^  pgiKJiq  pgpi,  ((erflQpa  prudepte  cli^  qQ|i,.vi|ote  {s^ii^Qin^    8filg(;e  il  loro  in-    contip»     a.*  Se  nQg.èyfk^m^  dirìiy^  -  ^   to,  è  penDcsso  re4argi|ìre,  e  ripnandare  la  palla  a  chi  la  gettò;  è  que||9  |i  dii^itto  dal  ^iit^cp^.  ob^   Le  facezie  che  piacciono  al  volgo,  riescono  il  .  #iii  d«U«  y9H&.  tPWH^      (Ursone  aeasat^.  !  <P^(^'lwmle  p9S9<wkQ  sembrai^  tra  gravi  matrone  qpelie  ce|'^  cbie,  proiferite  in  un  croccilo  d  up-   .  Altronde  Ya?iaipo  4»^Qto  i  giudizi  degli  no-  li jnini  interno  4, n^P^T^^i^  $SO)hra  qnasj  iip-  »  Dosaihile  il  iiSBarae  11  véro  ed  essenzial  caratatère;  conciossiacliè  a  taluno  parrà  lepido  e  gen-  »  tile  un  molto  che  ad  altri  riescirà  dispiacevole  e  »  rozzo^  Sappiamo  in  sfatti  che  a  Cicerone,  ricco   »  altronde  del  talento  della  facezia,  ivano  a  san-   'fi''   »  gue  gli  scherzi  di  Plauto,  mentre  Orazio  li  ri-  »  prova  siccome  illepidi  ed  inurbani   Ed  ecco  buovi  motivi  per  conoscere  intimamente  il  carattere  e  il  gusto  delle  persone  con  cui  si  con-  versa, acciocché  ì  nostri  detti  non  facciano  nascere  nel  loro  animo  la  noia,  mentre  aspiriamo  ad  ecci-  tarvi il  diletto.  ^   'ik'  IV,  Qualità  delle  celie.  ^   È  necessario  iin"^tìsto  fino  e  delicato  per  di-  Stinsuere  ...ì,j*»«u«u^        y-mm-^: ,   l.«   Ciò  che  adesca  da  ciò  che  punge. Ciò  che  punge  da  ciò'ché  è  insipido  3.0   Ciò  che  è  insipido  da  ciò  che  è  triviale;  ^  4.0   Basta  il  senso  comune  per  discerncré  ciò  che  è  triviale  da  ciò  che  è  ributtante. Questi  quattro  gradi  servono,  a  i^oèì  dire,  di  scala  per  apprezzare  le  celie. La finezza del gusto è il risultato di certa facilità d'immogrnazione, volubilità  di  spirito,  feeoudità  di  idee,  rapidità  di  confronti,  acutezza  di  giudizio,  delicatezza  di  sentimento.     Colla  scorta  di  queste  facoltà  si  riesce  a  coii4-  porre  un  misto  felice  di  serio  e  di  giovfale,  a  ve-  stiredi  forme  leggiadre  le  idee  piò  astratte,  a  ri-  trovare una  massima  che  corregge  piacendo,  uri  pungolo  che  scuote  senza  irritare,  una  censura  che    il  rispetto  offende    ramìcizia. Allorché  dunque  muniti  di  queste  fàcòltà  Vac^  cagete  che  gli  asMatì  fiono  disposti  ad  éseoltarvì;  che  n  soggetto  vale  la  pena  che  parliate;  che  tutte  le  circostaii^e  vi  sono  favorevolij  se  ^udebe  idea  festiva  e  cap^  di  irallegrare  una  società  amabile  si  presenta  al  vostro  spirito,  commettereste  una  ispeéfe  d'ingiustizia  se  ne  la  privaste^  qualunque.'  sia  n  vostro  carattere^  qualunque  carica  occupiate  nello  Stato. Le  celie  fehe  si  possono  chiamare  il  fiore  dello  sphrito,  vogliono  essere  dilicate.  D' Alembert  rK  .  portando  il  deita*M  padre  Bourdaloué  relativo  à  Despréaux    Se  Despréaux  mi  mette  in  ridicolo  netà  sue  satire,  ìq  gli  rènderò  ta^rigtia  Mite  mie  prediche    D'Alembert  con  tutta  la  delica-  tezza attica  soggiunge:  V'ha,  apparenza  che  que-  sto non  sarebbe  sueeesso  nella  predica  del  perdono  delle  ingiurie. Per  non  ripetere  ciò  che  è  stato  detto  iòtaTear  pttolò  antecedente,  mi  ristringerò  ad  accennare  alcuni  difetti  che  si  debbono  sft^ire:nel  maneg-  gia delle  celTe.^ Le  celie  non  vogliono  essere  insipide.  Sono  ,  sempre  insipide  le  celie  che  si  risolvono  in  èqui*  voci,  iperboli  esagerate,  giuochi  di  parole,  verbi  a  doppio  senso,  cui  la  vera  significazione  si  toglie  per  sostituirle  un'altra  che  non  l'è.  Ssseudo  più  facile  il  ripetere  delle  parole,  dei  suoni,  delle  sii-  labe^  di  Quello  che  awiéihare  le  qualità  lontane  delle  cose  o  scoprirne  le  latenti;  perciò  le  suddette  ,  celie  piacciono  al  volgo,  mentre  danno  noia  alle  persoa#  seiiHAe»  I  fanciulli  confondono  le  carte  nel  mezzo  della^  partita  quando  non  hanno  buoa giuoco  :  gli  scìoli  non  potendo  alimentare  la  con-  ,  versazione  coiramenità  dei  sentimenti  e  delle  idee,    le  interrompono  con  bischizzi  (1),  calembonrg^  discorsi  che  sembrano  dire  qualche  cosa,  mentre  non  dicono  nulla,  e  sono  il  tormento  di  chiunque  è  dotato  di  qualche  spirito,  ij  2.0  Le  celie  non  devono  essere  scurrili.  Esse  sono  tali  allorché  versano  sopra  cose  la  cui  im-  magine offende  il  gusto,  come  la  loro  realtà  of-  fende i  sensi  (2).  Si  chiamano  anche  scurrili  quelle  \  celie  che  fanno  arrossire  il  pudore.  .  Le  celie  non  de  vono  peccare  per  eccessiva   '  .  ìiìalignità. Le  celie  non  devono  peccare  per  eccessiva  acerbità^  dovendosi  bensì  far  uso  del  sale,  ma   .    con  moderazione  (4).    (f)  I  bischizzi  consistono  nel  mutare  ^ ovvero accrescere o minuire una lettera o sillaba  d'  una  parola  ;  cóme  colui  che  disse  :  Tu  dèi  essere  più  xlollo  nella  lingua  latrina  cUe  nelia  lìngua  greca. Pecca  pec  bassa  e  villana  scurrilità  il  seguente  epitaffio  che  il  Lasca  fece  ad  un  Grasso  :    «  Qui  giace  il  Grasso  (  noli  ben  chi  legge) »  Che  avendo  il  viso  simile  al  cui  molto  ,   L'alma,  non  discernendo  il  cui  dal  volto,  »  Se n' uscì per la via dette coregge. » (5) Alla consccrazione d up' abadessa, le magnifiche tappezzerie, i  vestimenti  ricamaU,  i  diamanti,  ì  profumi,  Ianni-  sica,  i  molli  vescovi  esecutori  delle  ecclesìasliche  cerimonie sorpresero  una  buona  donfia  in  modo  che  ella  disse:  Ecco  il  paradiso.  Qualcuno  rispose  malignamente  :  Non  vi  sarebbero  tanti  vescovi.   (4)  Una  vecchia  contessa  assai  ricca  avendo  sposato'un  giovine  marchese  malagiato ,  e  nel  contratto  di  matrimonio. Le  celie,  allorché  il  soggetto  lo  comporta^  de»ono  richiamare  gli  spiriti  alla  morale. Non si deve cambiare il mezzo in fine, cioè non conviene consecrare alle celie quel tempo che è dovuto alle cose più gravi. Da tale passione pe'combaltimenti  di  spirito  o  duelli  di  mot,  leggi  e  di  celie  erano  invasi  i  Normanni,  che  anche  neir  ardore  d'  un  assedio  i  nemici  sospendevano  talvolta  le  ostilità  per  abbandonarsi  ad  una  guerra  meno  dannosa,  guerra  di  motti,  di  redarguziom,  d^'  buffonerie. Allorché  qualcuno  dei  due  partiti,  era  preso  da  questa  vaghezza,  si  mostrava  all'al-  tro in  abito  bianco,  il  che  era  riconosciuto  ed  ac-  cettato come  una  sfida  di  celie.  La  qual  cosa  cer-  tamente non  era  riprensibile  in  tempo  di  guerra,  giacche Non  distrugge  città  guerra  di  lingue  avendogli  falla  la  donazione  di  luUi  i  suoi  beni,  lemelle,  dopo  molte  infedeltà,  che  il  marito  volesse  disfarsi  di  lei,  e  un  giorno  sentendosi  male,  credette  e  disse  d'essere  avvele-  nata,—  Avvelenata  ?  rispose  il  marchese  alla  presenza  di  più  persone.  E  chi  accusate  voi  di  questo  delilto?    Voi,  replicò  la  dama.    Ah  Signori,  nulla  di  più  falso,  esclamò  il  marito.  Sventralela  subito,  e  toccherete  con  mano  la  calunnia..Qui  l'acerbità  e  la  malignità  vanno  insieme.  (I)  Si  faceva  rimprovero  ad  una  giovine  perchè  accon-  sentiva a  sposare  un  uomo  che  urtava  di  fronte  gli  usi  e  le  mode  del  suo  tempo,  un  orUjinale  in  una  parola;  ma  la  sin-  golarità di  quest'uomo  non  era  che  un  vizio dello spirilo, e nissuno aveva l’ animo più onesto di lui. Quindi la giovine che lo conosceva, rispose con finezza: lo acconsento  a  spo-  sarlo^ perchè  spero  che  sarà  buon  marito  per  singolarità.    ed  è  meàe  male  dileggiarsi  che  iieoidev9Ì; ma  6ao^   vafìiìi  di  Salisbury rimprovera ai  detti  popoli  quel-  l'eccedente p^issiona  aoebe  ia  tempo  di  pace. Kantagqi  che  si  possono  trarre dalle /ae^ie.   Benché  le  celie    riducano  a  momentanei  tratti  di  npirito^  i^e,  ^imiU^alle  sciatillc,  jcoin|^ariscooo  -e  eeìssano  m  un  utante^  Don  segue  pero  che    grandi  eventi  non  possano  esser  cagione.  Infatti,  alloiìch^  ei  tvatta  di  coscT  mòrali,  gli  effetti  dipeo*  dono  dalia  determinazione  della  volontà;  ora  a  de^  terminarle  la  volontà  i  più  frivoli  motivi  bastano,    .quando  mancano  motivi  più  gravi,    quandi  questi  sj  trovano  in  opposizione/  come  una  sein-  pliee  dramma  basta  per'&r  traboccare  la  bìlaacta<t  allo^hè  i  più  gravi  pesi    tengono  in  equilibrio.-  L'aftlisi  de' fatti  porrà  in  maggior  luce  il  mìo  pensiero. Coloro  che  nel  calcolo  degli  effetti  consi-  derano solo  le  ma^se,. apparenti,  inarcherapnò  le  ciglia  se  dirò  loro  che  tma  celia  può  in  forza  essere  uguale  ad  t^ailamato;  eppure  bisogna  ri-  gorosamente ammettere  questa  eqtiaasione,  aile^cbè si osserva che un'armata atterrita da maggior numero di  nemici,  può. da  uoa  celia  ricevere  tanta  torza  coraggiosa  da  riuscire  a  vincerli,  come  lo*  ba  provato  più  volte  r^^sperieoza  (i} (I)  Prima  della  battaglia  successa  a!  Trasknene,  I  Cartaginesi erano  ì»pa\  untati  dai  iìuuiux^g  esi^rcilu  rumano  ^uppi   m   .  2.*^  È  noto  che  l'orgoglio  de' tiranni  non  sof-  fre indugi;  che  le  loro  volontà  si  eseguiscono  in  ragione  del  loro  potere;  che,  sordi  alla  clemenza,  alla  giustizia,  alla  ragione,  mandano  a  morte  chi  fa  loro  rimostranze,  sicché  per  fare  equilibrio  ai,  loro  desideri!,  converrebbe  avere  un  potere  uguale  al  loro.  Questo  potere  si trova in una celia: una celia può cambiare  le  più  risolute  voglie  del  più  feroce  tiranno  (1). del  loro.  Glscon  ne  esternò  la  sua  sorpresa  ad  Annibale:  V*  ha  una  cosa,  rispose  questo  generale,  che  mi  sorprende  ancora  di  più,  ed è che in questo gran numero di nemici non v' ha un solo che si chiami Giscon. La storia dice che questo' sangue freddo animò U coraggio  de' Cartaginesi;  giacché  non  potevano  essi  persuadersi  che  il  loro  generale  fosse  disposto  a  scherzare  in  un  momento    importante,  $cn/a  essere sicurp di battere  i  nemici,  come  infatU  li  battè  éJi  vinse.  1^   In  caso  simile  un  altro,  generale  veniva  sollecitato  a  far  riconoscere  i  nemici  che  s'avanzavano  in  gran  copia:  Noi  li  conteremo,  diss'egli,  quando  gli  avremo  disfatti.  Queste  pa-  role bastarono per  far  passare  i  suoi  soldati  dal  timore  alla  speranza,  dall' avvilimento  al  coraggio,  e  renderli  vincitori  di  quelli  da' quali  temevano  pochi  momenU  avanti  d'essere  vinti.   (I)  Tutti  sanno  quanto  era  dispotico  e  feroce  Enrico  Vili  re  d'Inghilterra.  Avendo egli  de'moUvi  di  scontentezza contro Francesco  I  re  di  Francia,  gli  spedì  per  aipbasciatore  un  ve-  scovo inglese  eh'  ci  volle  incaricare  d'un  discorso  pieno  di  fiele,  d'orgoglio  e  di  minacele.  Questo  prelato  scorgendo  tutto  il  pericolo  della  sua  missione,  cercò  di  farsene  dispensare.  Non  temete  niente ,  gli  disse  Enrico,  poiché  se  il  re  di  Francia  vi  facesse  morire,  io  farei  abbattere  la  testa  a  molU  francesi  che  sono  in  mio  potere.  Va  benissimo,  replicò  il  vescovo,  ma  di  tutte queste teste nissuna s'adatterebbe sì  bene al mio  Tomo   SiTO  MnMwto  dàlPidea  impoiiml»  Moveri  dTitn   mioistroi  «lalla  gravità  de'  moti?!  che  devono  de«-  ternmarlOt  dai  dami  tnm  aeea.  demaail»  chiamato^  atle  pubbliche  cariche,  si dora fatica a comprenda  <die  una  ceiia  si  possa  j^om^  pén-  queiMmpiego  «fttr*^  em  ^tefe  mepatù  pér  demerito;  e  pure  gueata  posaihUità  ceaUuata  fili  Mita  tOv  ^  /    %    fyìsìo  come  quella  che  vi  é.  ^  ^^ta  celia,  «heloee.Bidéee.  Bnlriè^  idasci a fario candMàre.'df  rlsolufeimiie;  senza  di  etto   .'forse  l'Inghilterra  e  la  Francia  conlecebbero  una  guerra  di  più.   IVouchirevan,  re  di  Perula,  aveva  condannato  a  morte  uno  de'suoi  paggi  per  aver  ^uesU  kia)i{vertéDteaiea(e:8pas8a  sopra  lui*  della  salla  ^intti)dèii>  a  mensa  i  il|Mi||0Q>Mm*vadaDdo  ^mmà  di  perdono/ 'ifMò  tutto  II  piatto  sopra  tjùèll'liii||lah  cabile  re.  Nouchlrevan,  più  sorpreso  che  sdegnalo,  volle  sa-  peri la  ragione  di  siffalta  temerità.   «  Prìncipe,  gli  disse  i(   .•  paggio,  io  desidero  die te laia morte non rechi niacclìia.    alia  «ofiiii»  Hplitazioiia;  com  vóe^   .    de'moffiirehi,  ma-  voi  perdereste  quello  bel  tìtolo  se    po»  »  slerìtfi  "sapesse  che  per  lievissima colpa condannaste a morie •  ano  de'  vostri  sudditi  ;  perciò  ho  versalo  tu  Ito  il  piatto. Nouchirevan  rientrato lo se stesso vergogpò della sua collera, e  gli  f(?ce  grazia.  11  Marelìesé    Andrea  tnristeva  pressò  Lòuvóis  ministro  della  guerra  in  Francia,  onde  ottenere  una  carica^  il  ministro  die  aveva  ricevute  parecchie  lagnanze  contro questo officiale gliela ricusava. S  io  eoiniociassi  a  servire so.  ben  io  ciò  ^he  faéel,  ri8|Mstf  roffieii|le  un  po^  eómmosso;  fi  che  fareste  vd  ?  gli  disse  fl  mli^stro  con  un  tono  risentila  Regolerei    bene  la  mia  coikloUa,  replicò  l'officiale,  che  non vi trovereste nulla da ridire. Il ministro sorpreso plaeevollafDte  da  questa  òsposia,  ac<;ordò    che  aveva  ne|{alo.    Digitized  by  Googlj    4.0   Una  celia  può  ottenere  quel  premio  che  ,  non  ottenne  la  ragione^  che  non  attenne  C  im^  portunità talvolta più valevolé detta fazione. Non v'ha cosa nè più comune pè più noiosa idè'n^lHantatork nàOB votte odirotia «si le ragioni <die condannano la loto condotta, e mille Tòlte toroano iii oamjio. eolie toorn celia può agevolmente ridérre' à  '^  'Hlimzio  titt  wiWantoioìre; giacché, in genejrale riesce più difficile il rispondere  ad  unà:  ieHai  chà  ad  ma  tuona  ragione. Gli poeta aspettava tutu i giorni Augusto a certo passaggio còn un epigramma alta mano: eglli'sperava qualche ricompensa, mai la ricompensa nòn' Éttritic Blair Un giorno l’impilatore, per divertirsi a spese del poèta è IrastuHarlò cevolmcnle).gli.pi;sBsentò deVyéssi eh'egli  aveva  composti  10^41  Ijoi'.oiiore. Il poeia degpo4*«ieiji  Mtt  ti(Ui|  trasse  (U  tasca  dèi  deuaiO)  e    diede  ad  Augusto,  dicéndo^lt  ch'io  v*ò£fro non è degno del vostro merito, ma iò nórt possere di più. Augusto incantato da questa risposta nuovia piccante, gli fece  dare  fOO,(HW sesterzi  (circa  ^ 30,000  fr.) Ecco  und  ttiolui  ì&àst»-oiprale  suttor  u  ^elo  d'una facezia. Iki  gie«iDe  a^'A  vantava  CU/Sapare  Hutto e  d'aveifo  imparato  in poco tempo, aggiungeva à-avere speso grosse somme per pagare i suoi maestri. Uno degl’uditori  non  po-  tendo più contenersi a tali iat(tanze, gii disse freddamenté: Affé, se V voi trovato cento scudi per tutto ciò ebe sapete  ef«dètefni, Mn fiidagteite a pABderiL-  n detto e eccellente,  ma pùngeva un poHroppo  fUA'iM.   Uno  spiantato  lagnavasi  in un crocchio di  molte  perscibè  •pel  gK^asto  che  la  grandine  aveva  fatto nel suo paese e masirimanento  Re;siR>l  pcNlerl.-tin  ii|le  cl)e  a fondo  conosceva qitelmQlantaiofe è che sapea qaaiilk tasse povero in ràiim; non potendo più contènersi a laìl iattanze, gii  inosse  soìbi. Grice: “Ferraris’s Galateo was so famous that, unlike Vico with his ‘new science’, a few philosophers cared to consider seriously a ‘nuovo Galateo’. Antonio De Ferraris, Antonio De Ferraris. Galateo. Ferraris. Keywords: conversazione, il Galateo, il nuovo Galateo. Refs.: Luigi Speranza, “Ferraris e Grice” – The Swimming-Pool Library.

 

No comments:

Post a Comment