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Sunday, June 9, 2024

Grice e Mosca

 Sia a causa di una lontana parentela. etnica, sia 

perchè l'influenza delle vicine colonie greche dell’ Ita- 
lia meridionale avrebbe agito efficacemente fin dal se- 
sto secolo avanti l’era volgare, certo è che l’organiz- 
zazione politica delle città italiche, all’inizio dell’epoca 
storica, presenta molte analogie con quella dello stato- 
città ellenico. 

In Roma infatti, che è la più nota fra le città 
italiche, troviamo in origine il Re, il Senato composto 
nei tempi più antichi dai capi delle diverse genti pa- 
trizie, ed i Comizi, ossia l’assemblea del popolo. Abo- 
lita come in Grecia la regalità ereditaria e sostituita 
ad essa il consolato e le altre magistrature temporanee, 
elettive e quasi sempre multiple, sorse presto anche a 
Roma la lotta tra l’antica cittadinanza patrizia, costi- 
tuita da coloro che facevano parte delle antiche genti 
e la nuova cittadinanza plebea, composta a preferenza 
dai discendenti degli stranieri domiciliati e dei servi 
liberati. E per un certo tempo pare che due città coe- 
sistessero nell’Urbe, con magistrature speciali all’una 
ed all’altra, finchè si fusero quasi intieramente con una 


62 GAETANO MOSCA 


costituzione che ricorda molto il tipo ellenico della 
città-stato, ma che si distingue da essa per alcune par- 
ticolarità originali. Le principali sarebbero la maggior 
facilità con la quale veniva accordata gradatamente la 
cittadinanza, od una semicittadinanza, alla parte mi- 
gliore dei popoli vinti, il mantenimento di tutti i di- 
ritti di cittadinanza ai coloni che si spedivano in siti 
abbastanza lontani dalla capitale, ed infine il carattere 
spiccatamente aristocratico che conservò fino all’ultimo 
secolo della repubblica la costituzione romana rispetto 
a quella di quasi tutte 1é città greche. | 

Infatti il Senato romano nell’epoca storica era com- 
posto da coloro che erano scelti dal censore fra le per- 
sone che avevano esercitato cariche elevate, e solo in 
un'epoca relativamente recente i Comizi centuriati fu- 
rono riformati in maniera da togliere in essi la pre- 
ponderanza alle classi altamente censite ed accanto at 
Comizi centuriati furono ammessi i Comizi tributi, nei 
quali prevaleva il numero sul censo. Però la legge non 
poteva essere approvata se non nelia forma precisa con 
la quale i magistrati l'avevano proposta, ed il Senato 
romano ebbe attribuzioni ed autorità assai più larghe 
di quelle concesse ai corpi analoghi che si potevano 
trovare in qualche città ellenica. Ed in quanto alle 
cariche elettive il costume, più che lia legge, impedì 
sino agli ultimi tempi della repubblica che fossero con- 
ferite a veri popolani. Infatti il tribunato militare, che 
era il primo gradino che dovevano salire coloro che 
aspiravano alla carriera politica, fino alla fine della re- 
pubblica non fu praticamente accessibile che ai mem- 
bri dell’ordine equestre, i quali dovevano possedere 
un censo piuttosto elevato. 

Ma quando Roma, dopo avere sottomesso l'’ Italia, 
ebbe conquistato quasi tutte le terre bagnate dal Me- 
diterraneo apparì chiaramente che la costituzione della 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 63 


città-stato, sia pure modificata nel modo accennato, 
non poteva più funzionare. Infatti la lontananza della. 
grande maggioranza dei cittadini era di ostacolo alla 
regolare e pronta riunione dei Comizi nel foro, i quali 
in ultimo non furono più frequentati che dalla pleba- 
glia che abitava nell’ Urbe. Inoltre diveniva impossi-- 
bile di conservare l’annualità delle cariche più elevate 
quando i consoli dovevano fare un lungo viaggio per 
recarsi nelle lontane province. 

Oltre a ciò era avvenuto un profondo rivolgimento- 
nella distribuzione della proprietà fondiaria, poichè 
questa si era a poco a poco accentrata nelle mani di 
un piccolo numero di latifondisti, e quindi era grada- 
tamente diminuita quella classe di piccoli proprietari 
che per lungo tempo aveva costituito il nerbo degli: 
eserciti romani. Per riparare a questa deficienza furono. 
promulgate due leggi: una proposta da Caio Gracco 
nell’anno 123 avanti Cristo, mediante la quale l’arma- 
mento non era più a carico del soldato, ma veniva. 
pagato dal pubblico erario, e l’altra proposta nell’anno- 
108 avanti l’era volgare da Caio Mario, il riformatore- 
dell’organizzazione militare romana, con la quale ve-. 
nivano ammessi nelle legioni non solo i proletari ma 
anche i figli dei liberti. 

Conseguenza di queste leggi e delle guerre lun- 
ghe e lontane fu che all’esercito cittadino si andò 
mano mano sostituendo un esercito di soldati di me- 
stiere, reclutati negli strati più bassi della popolazione, 
e praticamente il comando (imperium), prima corcesso- 
solo temporaneamente e con possibilità di revoca ai 
comandanti delle legioni, divenne illimitato e si pro- 
trasse per molti anni; sicchè i soldati divennero facili 
strumenti dei loro capi sostenendone gli ambiziosi di- 
segni a patto di partecipare ai vantaggi della vittoria. 
In-questa condizione di cose bisogna ricercare una delle. 


64 GAETANO MOSCA 


principali origini delle guerre civili, che ebbero come 
‘conseguenza un sensibile spostamento della proprietà 
privata; perchè durante la prima, e soprattutto durante 
la seconda proscrizione, molte furono le terre che ven- 
nero tolte ai ricchi ed ai medii proprietari e furono 
«distribuite ai soldati, cioè ai proletari armati. 

Viva è stata una disputa fra alcuni storici moderni, 
perchè alcuni sostengono che Augusto ha voluto creare 
una nuova forma di governo, sostituendo l’ {mpero alla 
Repubblica, mentre altri invece opinano che egli volle 
conservare la forma repubblicana ritoccandola dove 
‘era necessario. 

A noi la questione sembra, in tali termini, posta 
male; perchè le persone non troppo addentro nello 
studio delle istituzioni romane potrebbero in tal modo 
supporre che la repubblica in Roma antica fosse una 
forma di governo presso a poco uguale alle moderne 
repubbliche e che l'impero di Augusto avesse molta 
.somiglianza con gli imperi moderni. La verità è che 
Augusto vide che l’antica costituzione dello stato-città 
non poteva più funzionare dopo che Roma aveva sog- 
giogato tutte le coste del Mediterraneo e che i cittadini 
romani erano diventati milioni e perciò aggiunse a 
quelli antichi nuovi e più efficaci organi di governo, 
adattando pure, per quanto era possibile, gli organi 
antichi ai bisogni nuovi. 

Quindi i comizi come organi legislativi comincia- 
rono ad andare in disuso, sebbene Augusto abbia fatto 
.da essi approvare due importanti leggi tutelatrici del- 
l'istituto familiare, cioè la legge Papia Poppea de 
maritandis ordinibus e la legge Julia de adulteriis. 
L’ultima legge approvata dai comizi, di cui si ha no- 
tizia, è una legge agraria di Nerva dell’anno 97 dopo 
Cristo. 

La funzione legislativa dei comizi passò all’ Impe- 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 65 


ratore ed al Senato, il quale emanava Senatus consulta 
aventi forza di legge. Però le antiche prerogative di 
questo corpo politico furono notevolmente limitate; in- 
fatti gli affari finanziari e la politica estera, che erano 
stati di sua competenza, furono in buona parte affidati 
all’ Imperatore !. 

Le province dell’impero furono divise in imperiali 
e senatorie; le une erano amministrate direttamente 
dall’ Imperatore mediante funzionari da lui nominati, 
le altre da funzionari nominati dal Senato. È da no- 
tare che le province imperiali erano quasi tutte ai con- 
fini dell'impero ed in esse risiedevano le legioni delle 
quali era generalissimo l’imperatore, il quale aveva con- 
seguentemente nelle sue mani la forza militare, e nelle 
province imperiali, dove vi era un governo militare, 
esercitava un’autorità assoluta. 

A Roma e nelle province senatorie 1’ Imperatore 
era un magistrato civile, però cumulava in sè tante 
cariche che la sua volontà era preponderante. Le an- 
tiche magistrature repubblicane furono quasi tutte con- 
. servate, ma, accanto ad esse, si istituirono nuove e 
più efficaci ciriche, coperte da semplici cavalieri o dai 
liberti dell’ Imperatore, che dipendevano direttamente 
da lui. Così a poco a poco la burocrazia imperiale 


4 Nella civiltà. antica non si riscontra quella netta suddivi- 
sione di attribuzioni fra i diversi organi sovrani che, almeno teo- 
ricamente, esiste oggi nei paesi di civiltà europea ed americana; 
poichè spesso la stessa attribuzione, come ad esempio il potere 
legislativo, veniva a vicenda esercitata da due organi diversi. Di , 
fatto poi a Roma, nei primi due secoli dell'impero, i poteri del 
Senato si allargavano e restringevano secondo la volontà degli 
imperatori; più rispettosi essendo in generale dell’autorità del 
Senato quelli che lasciarono un buon nome, come ad esempio 
Traiano, meno assai quelli che furono dai contemporanei e dai 
posteri giudicati malvagi. oa 


G. MOSCA. 5 


66 È GAETANO MOSCA 


soppiantò le antiche magistrature, che divennero col 
tempo puramente onorifiche. 

Rimase soltanto, come traccia e ricordo dell’antico 
regime politico, la /ex regia de imperio per la quale 
nominalmente era il Senato, come rappresentante del 
popolo romano, che conferiva all'Imperatore la sua 
potestà; sebbene di fatto era il favore ed il disfavore 
dei pretoriani e poi delle legioni che creava ed abbat- 
teva gli imperatori. Ad ogni modo la legge citata fa- 
ceva sì che, fino alla fine del terzo secolo dopo Cristo, 
la costituzione dell'impero romano si poteva distin- 
guere da quella degli antichi imperi orientali, nei quali 
il sovrano era tale per delegazione del Dio nazionale 
O per privilegio ereditario della sua famiglia. Di que- 
sto concetto relativo all’origine dell’autorità dell’ im- 
peratore romano si trova ancora il ricordo nelle Pan- 
dette di Giustiniano; e perfino alla fine del sesto secolo 
dopo Cristo san Gregorio Magno, scrivendo all’ impe- 
ratore d’Oriente, affermava che mentre i sovrani stranieri 
(reges gentium) erano signori di servi, gli imperatori 
romani (imperatores vero reipublicae) comandavano 
ad uomini liberi. 

Uno dei punti più deboli della costituzione impe- 
riale romana fu la incertezza della regola di successione, 
la quale faceva sì che nascessero frequenti lotte fra i 
diversi pretendenti al trono. I primi cinque imperatori 
appartenevano per sangue o per adozione alla famiglia 
Giulia Claudia, spentasi questa con Nerone nell’anno 
68 dopo Cristo; dopo un anno di guerre civili sotten- 
. trava con tre imperatori, Vespasiano, Tito e Domiziano, 
la famiglia Flavia fino al 96. Con quell’anno prevale 
il costume dell’adozione, mediante il quale l’impera- 


tore vivente designava il successore e, mercè questo. 


costume, si ebbe una serie di buoni imperatori fino 
all’anno 180 dopo Cristo. 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 67 


In quell’anno si tornò alla successione naturale, 
perchè a Marco Aurelio succedette l’indegno suo figlio 
Commodo e, dopo che questi fu ucciso, nel 192 dopo 
Cristo, ricominciarono le guerre civili fra i candidati 
alla successione, sostenuti ognuno dalle proprie legioni, 
e con il ricominciare di queste lotte si manifestarono 
i primi indizi della decadenza dell’ impero e della ci- 
viltà antica. 

Le dottrine politiche degli scrittori romani non 
sono molto originali; i Romani, uomini eminentemente 
d'azione, amavano poco di teorizzare. Inoltre nell’ul- 
timo secolo della Repubblica, epoca torbida di lotte 
civili, le teorie servivano poco e l'influenza delle dot- 
trine greche era preponderante. E sotto l’ Impero man- 
cava il fine pratico per l’indagine teorica dei problemi 
politici. . i 

Ad ogni modo fra gli scrittori romani nei quali 
si trovano pensieri che hanno rapporti con la vita po- 
litica si può anzitutto ricordare Lucrezio, il quale 
nel suo poema De rerum natura dopo aver ammesso 
l'esistenza degli Dei, i quali però non si occuperebbero 
delle cose di questo mondo, ricerca le origini degli 
ordinamenti politici. 

Afferma che in principio gli uomini si riunirono 
in città sotto capi scelti tra i più forti ed i più pre- 
stanti, poichè questo è il significato che bisogna dare 
all’aggettivo pulcher che Lucrezio usa; costoro dege- 
nerando abusarono del loro potere raccogliendo nelle 
loro mani tutte le ricchezze e suscitando così la ribel- 
lione dei governati, la quale avrebbe provocato uno 
stato di anarchia che avrebbe reso necessaria la for- 
mulazione delle leggi e l'elezione dei magistrati. 

Come facilmente si vede vi è in queste teorie 
molto eclettismo e si sente in esse l’ influenza di Pla- 
tone e di Polibio. 


680 " GAETANO MOSCA 


Sallustio nella sua opera De bello jugurtino 
‘ mette in bocca a Caio Mario una violenta invettiva 
contro l’aristocrazia romana, inoltre nella descrizione 
che fa della congiura di Catilina mette in evidenza in 
maniera efficacissima la corruttela della vita politica 
romana negli ultimi tempi della repubblica. 

Altro scrittore che si occupò anche di politica fu 
Cicerone che nel De republica, nel De legibus e nel 
De officiis esaminò le tre tradizionali forme di governo, 
affermando la sua preferenza per un governo misto nel 
quale le tre forme erano fuse. Appare in ciò chiara- 
mente l’ influenza di Polibio. Oltre a ciò Cicerone par- 
lando della schiavitù non ammette la teoria aristotelica 
della disuguaglianza degli uomini, ma la giustifica con 
un principio di diritto internazionale, affermando cioé 
che nella guerra i vinti ai quali si lascia la vita diven- 
tano servi. 

Intanto è giusto ricordare che Cicerone trattava 
assai umanamente i suoi schiavi, specialmente quelli 
colti che venivano -dall’Oriente, e difatti sono molto 
affettuose le lettere che scrisse al suo liberto e colla- 
boratore Tirone. 

Seneca, basandosi sulla distinzione fra diritto na- 
turale e diritto civile, sostenne che la schiavitù non 
era giustificabile dal punto di vista del diritto naturale, 
ma lo era in base al diritto civile. 

Tacito nel libro IV degli Annali dice incidental- 
mente che i governi misti di monarchia, aristocrazia e 
democrazia è più facile che siano lodati anzichè effet- 
tuati e che, se sono effettuati, non durano. Non sem- 
bra che Tacito sia stato repubblicano nel senso che 
avrebbe desiderato il ritorno all’antica forma di go- 
verno anteriore a Cesare e ad Augusto, egli era sol- 
tanto avverso ai cattivi imperatori e lodava quelli buoni, 
‘ che avevano saputo conciliare il principato con la li- 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 69 


bertà, cioè col rispetto delle leggi e dell’autorità del 
Senato. 


X 


CENNI SULLE CAUSE 
DELLA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO 
E DELLA DISSOLUZIONE DELLA CIVILTÀ ANTICA. 


Il più grande contributo alla elaborazione della ci- 
viltà antica lo diede la Grecia, ma fu merito di Roma 
l’avere esteso i risultati della cultura ellenica a buona 
parte dell’Asia, all'Africa settentrionale ed a tutta quella 
parte dell’ Europa che sta a mezzogiorno del Danubio 
e ad occidente del Reno e perfino alla parte meridio- 
nale della Gran Bretagna. E merito anche maggiore 
di Roma fu quello di avere introdotto, dovunque esten- 
deva il proprio dominio, leggi, idee e costumi presso 
a poco uguali, sostituendo, senza apparente coazione, 
in Occidente il latino, in Oriente il greco, alla molti- 
tudine dei linguaggi barbarici e facendo col tempo spa- 
rire ogni distinzione fra vincitori e vinti, conquistatori, 
e conquistati. Poichè con l’editto di Caracalla, del 212 
dopo Cristo, si estendeva la cittadinanza romana a 
quasi tutti i provinciali, completando così quella unità 
politica e morale di tanta parte del mondo civile, che, 
dall’ora in poi, non è stata più raggiunta. 


° Urbem fecisti quod prius orbis erat. 


Così cantava il poeta gallico Rutilio Namaziano al 
principio del quinto secolo dell’era volgare, riassumendo 
in poche parole l’opera grandiosa che nel corso di pa- 
recchi secoli Roma aveva compiuto. 

La ricerca delle cause che produssero la caduta 
dell'Impero romano d'Occidente è ancora uno dei più 


70 GAETANO MOSCA 


oscuri problemi fra quelli che presenta la storia. Poichè 
non si tratta soltanto di spiegare il crollo di un orga- 
nismo politico, ma la dissoluzione, sia pure non com- 
pleta ma certamente profonda, di una civiltà. Una os- 
servazione, che forse finora non è stata fatta, è quella 
che riguarda la China e fino ad un certo punto l’ India, 
paesi la cui civiltà ha avuto pochi contatti con quella 
ellenica e romana, e nei quali, pur essendosi succedute 
parecchie invasioni barbariche, i conquistatori, in capo 
ad un paio di generazioni hanno assorbito la civiltà 
dei vinti e questa ha continuato il suo corso senza che 
la decadenza sia stata lunga e molto sensibile. Ciò che 
non è avvenuto alla caduta dell'Impero romano d’ Oc- 
.‘cidente, ragione per la quale si può supporre che essa 
sia principalmente dovuta a cause interne. 

È già noto che i primi gravi sintomi della crisi 
si ebbero nel terzo secolo dopo Cristo e che essi sono 
visibili perfino nell’arte e nella letteratura, che mani- 
festano un notevole decadimento del gusto e del pen- 
siero. Si è pure accennato alla mancanza di una norma 
regolatrice della successione al trono che diede occa- 
sione ad una serie di guerre civili, durante le quali 
qualche volta si ebbero tanti imperatori quante erano 
le province importanti. Contemporaneamente ebbero 
luogo le prime irruzioni dei barbari, che sparsero la 
desolazione nella Gallia e nella penisola balcanica ed 
arrivarono un momento perfino nell'alta Italia. 

Gli imperatori Illirici Claudio secondo, Aurelia@o, 
Probo, Caro ed in ultimo Diocleziano riuscirono a re- 
spingere i barbari pur abbandonando loro la Dacia e 
quella parte della Germania che era ad oriente del 
Reno e si estendeva fino alle sorgenti del Danubio; 
poi Diocleziano per rinforzare il potere centrale com- 
piè l’evoluzione già iniziata da Settimio Severo e diede 
all'impero il carattere di una monarchia assoluta di 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 7I 


tipo orientale, trasformando anche in questo senso l’e- 
tichetta di corte. Egli cercò pure di fissare le norme 
per la successione al trono in maniera da evitare le 
guerre civili, mercè la coesistenza di due Augusti e 
di due Cesari che si rinnovavano per cooptazione. Ma, 
dopo il ritiro di Diocleziano, si rinnovarono le guerre 
‘ civili, finchè Costantino ristabili l’unità dell’impero, 
che però durò poco e, dopo varie vicende, si spezzò 
definitivamente alla morte di Teodosio, nel 395 d. C. 

Durante tutto il quarto secolo dell’era volgare e 
nei primi decenni del quinto la dissoluzione politica, 
economica e morale dell'Impero romano di Occidente 
si aggravò sempre più fino a diventare un male irre- 
parabile. Come già si è accennato è difficile di accer- 
tare quale sia stata la causa prima di questa decadenza, 
dovuta probabilmente ad un complesso di cause, pre- 
valentemente di natura interna, alcune delle quali sono 
abbastanza note. 

E prima di tutto bisogna segnalare la diminuzione 
della popolazione dovuta, oltre che a qualche irruzione 
dei barbari, alle frequenti pestilenze ed alle carestie. 
Nè l’igiene pubblica nè il sistema dei trasporti erano 
allora così perfezionati da potere prevenire le stragi 
delle une e delle altre. Si aggiunga che la natalità era 
scarsa, perchè il Cristianesimo non era ancora così dif- 
fuso nelle plebi rurali da sradicare l’uso del procurato 
aborto e dell’esposizione degli infanti. La diminuzione 
della popolazione produsse naturalmente l'abbandono 
della coltura di molti campi, alla quale si cercò di ri- 
parare coll’istituzione del colonato, che legava l’agri-. 
coltore ed i suoi figli alla terra, rimedio artificioso ed 
insufficiente. 

Altra causa fu la decadenza della classe media, 
dovuta soprattutto all’eccessivo fiscalismo. Oltre alle 
dogane ed alla imposta del cinque per cento sulle ere- 


72 GAETANO MOSCA 


dità, il maggior provento del fisco imperiale consisteva 
nell’imposta sulla proprietà terriera. Essa veniva ripar- 
tita mediante il sistema del contingente, in base al 
quale il governo centrale stabiliva l'onere di cui era 
gravato ogni municipio. Della riscossione erano inca- 
ricati i decurioni, ossia i membri del consiglio muni- 
cipale reclutato fra i maggiori censiti, i quali erano 
tenuti a ricoprire con le loro sostanze la differenza fra 
la somma stabilita e quella realmente riscossa. I grandi 
proprietari residenti a Roma o nelle ‘principali città 
dell'impero si facevano esentare facilmente dal decu- 
rionato, che così ricadeva tutto sulle spalle dei medi 
e piccoli proprietari e li rovinava. 

Si aggiunga che l’incertezza del valore della mo- 
neta doveva contribuire ad aggravare la crisi economica. 
Durante il periodo dell’anarchia militare, nella seconda 
metà del terzo secolo, si era cominciato a coniare mo- 
neta falsa, mescolando nelle zecche dello Stato del 
piombo all’argento e qualche volta all’oro. Natural- 
mente nel commercio queste monete erano accettate 
per il loro valore reale con un conseguente rincaro dei 
prezzi. Diocleziano cercò di -ripararvi con un’unica ta- 
riffa che stabiliva in tutto il territorio dell'impero i 
prezzi massimi di tutte le derrate e di tutti i servizi. 
Ma ciò era assurdo, perchè fra le altre cose era im- 
possibile che una derrata avesse lo stesso prezzo in: 
tutte le parti del vastissimo impero, sicchè, malgrado 
le gravi pene comminate a chi la violava, la tariffa 
non fu applicata. 

È noto anche che in molte parti dell’impero il 
brigantaggio era una piaga permanente e contribuiva. 
a turbare la sicurezza dei beni e ad impoverire a pre- 
ferenza il medio ceto, perchè i ricchi si difendevano. 
con le loro guardie private ed i poveri erano difesi 
dalla loro stessa povertà. 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 73 


Ma soprattutto ciò che aggravava le conseguenze 
degli errori del governo e rendeva inefficaci quei prov- 
vedimenti che sarebbero stati utili fu la corruzione della. 
numerosissima ed invadente burocrazia, la quale, dopo 
il terzo secolo, avea conquistato sempre maggiori po- 
teri a Scapito delle libertà individuali e delle autonomie 
municipali. Gli storici ricordano qualche caso tipico 
di questa corruzione. Quando i Goti, sospinti dagli 
Unni, chiesero verso la fine del quarto secolo di sta- 
. bilirsi nel territorio dell'impero a mezzogiorno del Da- 
nubio, gli imperatori accolsero la loro domanda, e pro- 
misero loro viveri per un anno e sementi per coltivare 
la terra a patto che consegnassero le armi. Or i fun- 
zionari incaricati di questo servizio li derubarono dei 
viveri e delle sementi, e, lasciandosi corrompere dai 
loro doni, lasciarono loro le armi. Sicchè i Barbari si 
ribellarono, devastarono la penisola balcanica e scon- 
fissero ed uccisero in battaglia l’ imperatore Valente. 

Altrò caso tipico di corruzione burocratica fu quello 
narrato dallo storico Ammiano Marcellino a proposito 
di una serie di inchieste che ebbero luogo in Tripoli- 
tania. | 

Senonchè tutto ciò spiega solo in parte la caduta 
dell’ Impero romano d'Occidente e, fatto più grave di 
questa caduta, la grandissima decadenza, per non dire 
la dissoluzione, della civiltà antica. Perchè in ogni 
paese civile ed in ogni generazione, accanto alle forze 
dissolvitrici, vi sono sempre quelle conservatrici e ri- 
costituenti, rappresentate dai caratteri nobili e devoti 
al pubblico bene; ed uomini di questo carattere non 
mancavano nella società romana nel quarto e quinto 
secolo dell’era volgare, tanto vero che la Chiesa ebbe 
allora una serie di uomini superiori, come indiscutibil- 
mente furono sant’Ambrogio, son Girolamo, sant’Ago- 
stino, san Paolino di Nola, Salviano, Paolo Orosio, ecc. 


vi! GAETANO MOSCA 


Ma questi uomini superiori per ingegno e moralità 
non ritardarono la caduta dell'Impero romano d’Oc- 
cidente perchè facevano parte della gerarchia eccle- 
siastica; nella quale, sebbene non facesse difetto il 
patriottismo, la salvezza dei corpi era posposta a quella 
delle anime. All’ideale pagano (partecipazione attiva 
alla vita dello Stato, sentimento del dovere civico e 
militare, concezione immanentistica della vita), si so- 
stituiva, in gran parte e necessariamente, quello cri- 
stiano (disinteresse per le cose di questo mondo e quindi 
anche per lo Stato, aspirazione alla beatitudine eterna, 
concezione trascendentale della vita, considerata come 
un esilio, un passaggio, un ostacolo al raggiungimento 
della perfezione cristiana). Veniva cioè dissolvendosi 
quell’ insieme di idee e di sentimenti che sino ad al- 
lora aveano diretto l’azione della civiltà antica e per- 
ciò veniva a mancare quella forza morale che è il 
coefficiente essenziale degli sforzi collettivi di ogni so- 
cietà umana, e tale mancanza doveva -di conseguenza 
produrre, sotto la spinta di un urto esteriore un po’ 
grave, la dissoluzione dell’organismo politico e della 
civiltà che erano da quella forza morale vivificati e so- 
stenuti. 


Così morì l’ Impero romano d’Occidente, che, meno 


favorevolmente situato di quello d’Oriente, ebbe inol- 
tre la sventura di essere assalito ed invaso dai Barbari 
proprio nel periodo più acuto della crisi morale, oc- 
casionata dal diffondersi del Cristianesimo fra la sua 
classe dirigente; mentre l'Impero d’Oriente ebbe il 
tempo di reintegrare le proprie forze materiali e mo- 
rali, di superare il momento peggiore della crisi e 
potè ancora durare per quasi un millennio. Colà il 
Cristianesimo, diventato nel sesto secolo dell’era vol- 
gare e nei susseguenti religione nazionale dell’impero, 
contribuì ad accrescerne la forza ed a mantenerne la 


- 


n 


STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE 75 


compagine di fronte agli attacchi prima dei Persiani, 
poi degli Arabi e per lungo tempo dei Barbari del set- 
tentrione. Nè bisogna dimenticare che a cominciare 
dagli inizi dell’ottavo secolo la lotta contro il culto 
delle immagini fu l’effetto, nella società bizantina, di 
una reazione dell'elemento laico contro l’ascetismo ed 
il monachismo. 


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