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Saturday, June 29, 2024

GRICE ITALICO A/Z L 2

 

iesa  ; non  capivano  in  modo  alcuno in  Italia;  e avevansi  presupposto  nel-1’  animo  d’ aver  a fare  una  monarchia simile  alla  romana.  Dipoi,  come  la  buo-na  sorte  gli  abbandonò,  e eli’  egli  eb*bero  una  mezza  rotta  a Vaila  dal  re  diFrancia,  pcrderono  non  solamente  tutto lo  Stato  loro  per  ribellione,  ma  buonaparte  ne  dettero  ed  al  papa  ed  al  redi Spagna  per  viltà  ed  abiezione  d’animo;ed  in  tanto  invilirono,  che  mandarono nmbasciadori  allo  imperadore  a farsi(libatori;  e scrissono  al  papa  lettere piene  di  viltà,  e di  sommissione  permuoverlo  a compassione.  Alla  quale  in* felicità  pervennero  in  quattro  giorni,  edopo  una  mezza  rotta:  perchè  avendo combattuto  il  loro  esercito,  nel  ritirarsivenne  a combattere  ed  essere  oppresso circa  la  metà;  in  modo  che,  l’uno  de’provveditori  che  si  salvò,  arrivò  a Verona con  più  di  venticinquemila  soldati,intra  piè  e cavallo.  Talmentechè,  se  a Vinegia  e negli  ordini  loro  fusse  stataalcuna  qualità  di  virtù,  facilmente  si  po-tevano rifare,  e dimostrare  di  nuovo  ilviso  alla  fortuna  ed  essere  a tempo  o a vincere,  o a perdere  più  gloriosamente,o ad  avere  accordo  più  onorevole.  Ma  la viltà  dell’  animo  loro,  causata  dalla  qualità de’  loro  ordini  non  buoni  nelle  cose della  guerra,  gli  fece  ad  un  tratto  per-dere lo  Stato  e 1’  animo.  E sempre  intervewà  così  a qualunque  si  governi come  loro.  Perchè  questo  diventare  in-solente nella  buona  fortuna  ed  abiettonella  cattiva,  nasce  dal  modo  del  proceder tuo,  e dalla  educazione,  nella  qualetu  sei  nudrito:  la  quale  quando  è debole c vana,  ti  rende  simile  a sè:  quan-do-è stata  altrimenti,  ti  rende  ancora d’  un’  altra  sorte;  e facendoli  miglioreconoscitore  del  mondo,  ti  fa  meno  rallegrare del  bene,  e meno  rattristare  delmale.  E quello  che  si  dice  d’  un  solo,  si dice  di  molti  che  vivono  in  una  repubblica medesima;  i quali  si  fanno  di quella  perfezione,  che  ha  il  modo  del vivere  di  quella.  E benché  altra  volta  sisia  detto,  come  il  fondamento  di  tutti gli  Stali  è la  buona  milizia  ; e come  dove  non  è questa,  non  possono  essere  nè leggi  buone,  nè  alcuna  altra  cosa  buona ; non  mi  pare  superfluo  replicarlo  : perchè  ad  ogni  punto  nel  leggere  questa istoria  si  vede  apparire  questa  necessità; e si  vede  come  la  milizia  nonpuote  essere  buona,  se  la  non  è «ecci-tata; e come  la  non  si  può  esercitare,se  la  non  è composta  di  tuoi  sudditi. Perchè  sempre  non  si  sta  in  guerra,  nèsi  può  starvi  ; però  conviene  poterla  cser-, citare  a tempo  di  pace:  e con  altri  checon  sudditi  non  si  può  fare  questo  esercizio, rispetto  alla  spesa.  Era  Cammilloandato,  come  di  sopra  dicemmo,  con l’esercito  conira  ai  Toscani;  ed  avendoi suoi  soldati  veduto  la  grandezza  dello esercito  dei  nimici,  s’  erano  tutti  sbigot-titi, parendo  loro  essere  tanto  inferio-ri da  non  poter  sostenere  l’ impeto  diquelli.  E pervenendo  questa  mala  dispo-sizione del  campo  agli  orecchi  di  Cam-millo, si  mostrò  fuora,  ed  andando  par-lando per  il  campo  a questi  ed  a quellisoldati,  trasse  loro  del  capo  quella  op-pinione;  e nell’ultimo,  senza  ordinarealtrimenti  il  campo,  disse:  Quod  qinsque didicit,  aiti  consucvilj  facict.  E chi  con-sidererà bene  questo  termine,  e le  pa-role disse  loro,  per  inanimarli  a ire  con-tro al  nimici,  considererà  come  e’  non si  poteva  nè  dire  nè  far  fare  alcuna  diquelle  cose  ad  uno  esercito  che  prima non  fusse  stalo  ordinato  ed  esercitatoed  in  pace  ed  in  guerra.  Perchè  di  quelli soldati  che  non  hanno  imparato  a farcosa  alcuna,  non  può  un  capitano  fidar-si. e credere  che  faccino  alcuna  cosa  chestia  bene;  e se  gli  comandasse  un  nuo-vo Annibaie,  vi  rovinerebbe  sotto.  Per-chè, non  potendo  un  capitano  essere mentre  si  fa  la  giornata  in  ogni  parte,se  non  ha  prima  in  ogni  parte  ordinato di  potere  avere  uomini  che  abbino  lospirito  suo,  e bene  gli  ordini  ed  i modi del  procedere  suo,  conviene  di  necessitàche  ci  rovini.  Se,  adunque,  una  città sarà  armata  ed  ordinata  come  Roma;  cche  ogni  dì  ai  suoi  cittadini,  ed  in  par*ticolare  ed  in  pubblico,  tocchi  a fareisperienza  c della  virtù  loro,  e delia  po-tenza della  fortuna;  interverrà  sempreche  in  ogni  condizione  di  tempo  e’  siano dei  medesimo  animo,  e manterranno  lamedesima  loro  degnila:  ma  quaudo  e’  sia-no disarmati,  e che  si  appoggerannosolo  olii  impeti  della  fortuna,  e non  alla propria  virtù,  varieranno  col  variare  diquella,  e daranno  sempre  di  loro  quello essempio  che  hanno  dato  i Viniziani. Quali  modi  hanno  tentili alcuni  a turbare  una  pace.Essendosi  ribellate  dal  Popolo  romano Circe»  e V elitre,  due  sue  colonie,  sottosperanza  d’ esser  difese  dai  Latini;  ed essendo  dipoi  vinti  i Latini,  e mancandodi  quelle  speranze;  consigliavano,  assai cittadini  che  si  dovesse  mandare  a Romaoratori  a raccomandarsi  al  Senato  : il qual  partilo  fu  turbato  da  coloro  cheerano  stali  autori  della  ribellione,  i quali temevano  che  tutta  la  pena  non  si  vol- tasse sopra  le  teste  loro.  E per  tor  via ogni  ragionamento  di  pace,  incitarono la  moltitudine  ad  armarsi,  ed  a correr sopra  i confini  romani.  E veramente,quando  alcuno  vuole  o che  uno  popolo o un  principe  levi  al  tutto  1’  animo  dauno  accordo,  non  ci  è altro  modo  più vero  nè  più  stabile,  che  fargli  usarequalche  grave  scelleratezza  contro  a co-lui con  il  quale  tu  non  vuoi  che  l’ac-cordo si  faccia  : perchè  sempre  lo  terrà discosto  quella  paura  di  quella  pena  chea lui  parrà  per  lo  errore  commesso aver  meritata.  Dopo  la  prima  guerrache  i Cartaginesi  ebbono  coi  Romani, quelli  soldati  che  dai  Cartaginesi  eranostati  adoperati  in  quella  guerra  in  Si*cilia  ed  in  Sardigna,  fatta  che  fu  la  pa-ce, se  ne  andarono  in  Affrica;  dovè  non essendo  satisfatti  del  loro  stipendio,  mos-sono  l’armi  contra  ai  Cartaginesi;  e fatti  di  loro  due  capi,  Nato  e Spendio,occuparono  molte  terre  ai  Cartaginesi, e molte  ne  saccheggiarono.  I Cartagine-si, per  tentare  prima  ogni  altra  via  che la  zuffa,  mandarono  a quelli  ainbascia-dore  Asdrubale  loro  cittadino,  il  quale pensavano  avesse  alcuna  autorità  conquelli,  essendo  stato  per  lo  addietro  lor capitano.  Ed  arrivato  costui,  e volendoSpendio  e .Muto  obbligare  tutti  quelli  sol-dati a non  sperare  d’  aver  mai  più  pacecoi  Cartaginesi,  e per  questo  obbligarli alla  guerra;  persuasono  loro,  ch’egliera  meglio  ammazzare  costui,  con  lutti i cittadini  cartaginesi,  quali  erano  ap-presso loro  prigioni.  Donde,  non  sola-mente gli  ammazzarono,  ma  con  millesupplizii  in  prima  gli  straziarono  ; ag-giungendo a questa  scelleratezza  unoeditto,  che  tutti  i Cartaginesi  che  per  lo avvenire  si  pigliassino,  si  dovessino  insimil  modo  oecidere.  La  qual  dilibera-zione ed  esecuzione  fece  quello  esercitocrudele  ed  ostinato  contra  ai  Cartagi-nesi. Egli  è necessario , a vo-ler vincere  una  giornalaj  fare  lJ  eser-cito confidente  ed  infra  lorOj  e con  ilcapitano. A volere  che  uno  esercito  vinca  una giornata,  è necessario  farlo  confidente,in  modo  che  creda  dovere  in  ogni  modo vincere.  Le  cose  che  lo  fanno  confi-dente sono:  che  sia  armato  ed  ordinato bene;  conoschinsi  l’uno  1’ altro.  Nè  puònascer  questa  confidenza  o questo  ordi-ne, se  non  in  quelli  soldati  che  sononati  e vissuti  insieme.  Conviene  che  ’l capitano  sia  stimato,  di  qualità  che  con-fidino nella  prudenza  sua:  e sempre confideranno,  quando  lo  vegghino  ordi-nato, sollecito  ed  animoso,  e che  tenga bene  e con  riputazione  la  maestà  del grado  suo:  c sempre  la  manterrà,  quan-do gli  punisca  degli  errori,  e non  gli affatichi  invano;  osservi  loro  le  promes- se; mostri  facile  la  via  del  vincere; quelle  cose  che  discosto  potessino  mo-strare i pericoli,  le  nasconda,  le  alleggerisca. Le  quali  cose  osservate  bene,  sonocagione  grande  che  P esercito  confida,  e confidando  vince.  Usavano  i Romani  difar  pigliare  agli  eserciti  loro  questa  confidenza per  via  di  religione:  donde  na-sceva, che  con  gli  augurii  ed  auspizii creavano  i Consoli,  facevano  il  dcletto,partivano  con  li  eserciti,  e venivano  alla giornata:  e senza  aver  fatto  alcuna  diqueste  cose,  non  inai  arebbe  un  buon capitano  e savio  tentata  alcuna  fazione,giudicando  d’  averla  potuta  perdere  facilmente, se  i suoi  soldati  non  avesseroprima  inteso  gli  dii  essere  dalla  parte loro.  E quando  alcuno  Consolo,  o altroloro  capitano,  avesse  combattuto  contra agli  auspizii,  P arebbero  punito;  comee*  punirono  Claudio  Pulero.  E benché questa  parte  in  tutte  P istorie  romanesi  conosca,  nondimeno  si  pruova  più certo  per  le  parole  che  L.  usa  nellabocca  di  Appio  Claudio;  il  quale,  dolen-dosi  col  popolo  della  insolenza  de’ Tri-buni della  plebe,  e mostrando  che  me-diatiti quelli,  gli  auspizii  e 1’ altre  cosepertinenti  alla  religione  si  corrompeva-no, dice  così  : Etudaut  nttnc  licet  reli -gionem.  Quid  cnim  interest , si  pulii  non pasccnlur , si  ex  cavea  tardine  rxierint ,si  occinuerit  avis  ? Parva  sunt  hcec ; sed parva  isla  non  contemnendoj  major  e*nostri  maximam  Itane  Rcmpublicam  fe-cerunt.  Perchè  in  queste  cose  piccole  èquella  forza  di  tenere  uniti  e confidenti i soldati:  la  qual  cosa  è prima  cagioned’  ogni  vittoria.  Nondi  manco,  conviene con  queste  cose  sia  accompagnata  lavirtù:  altrimenti,  le  non  vogliono.  I Pre- nestini,  avendo  contra  ai  Romani  fuoriil  loro  esercito,  se  n*  andarono  ad  al-loggiare in  sul  fiume  d’  Allia,  luogo  do-ve i Romani  furono  vinti  da*  Franciosi  ; il  che  fecero  per  metter  fiducia  nei  lorosoldati,  e sbigottire  i Romani  per  la fortuna  del  luogo.  E benché  questo  loropartito  fusse  probabile,  per  quelle  ra-gioni  che  di  sopra  si  sono  discorse  ;nientedimeno  il  (ine  della  cosa  mostrò, che  la  vera  virtù  non  teme  ogni  mini-mo accidente.  Il  che  l’ istorico  benissi-mo dice  con  queste  parole,  in  bocca  po-ste del  Dittatore,  che  parla  così  al  suo Maestro  de’  cavagli  : Vides  tu,  fortunaillos  fvelos  ad  Alliam  conscdisse  ; al  tu, frelus  armis  animisque,  invade  medianiacietn.  Perchè  una  vera  virtù,  un  ordi-ne buono,  una  sicurtà  presa  da  tantevittorie,  non  si  può  con  cose  di  poco momento  spegnere;  nè  una  cosa  vanafa  lor  paura,  nè  un  disordine  gli  offen-de: come  si  vede  certo,  che  essendo  dueManlii  consoli  contra  ai  Volsci,  per  aver mandato  temerariamente  parte  del  cam-po a predare,  ne  seguì  che  in  un  tem-po e quelli  che  erano  iti,  e quelli  cheerano  rimasti,  si  trovarono  assediati; dal  qual  pericolo  non  la  prudenza  deiConsoli,  ma  la  virtù  de’ propri  soldati gli  liberò.  Dove  Tito  Livio  dice  questeparole:  Militimi,  etiam  sine  reclorc , sta -bilia  virtus  lutala  est.  Non  voglio  lascia-re indietro  un  termine  usato  da  Fabio, sendo  entrato  di  nuovo  con  V esercitoin  Toscana,  per  farlo  confidente;  giudi-cando quella  tal  fidanza  esser  più  ne-cessaria per  averlo  condotto  in  paese nuovo,  e contra  a ninnici  nuovi  : che,parlando  avanti  la  zuffa  ai  soldati,  e detto  eli*  ebbe  molte  ragioni,  mediantele  quali  e’  potevano  sperare  la  vittoria, disse  che  potrebbe  ancora  loro  dire  certecose  buone,  e dove  e’  vedrebbono  la  vit-toria certa,  se  non  fusse  pericoloso  il  ma-nifestarle. Il  qual  modo  come  fu  savia-mente usato,  così  merita  d’essere  imitato. XXXIV.  — Quale  fama  o voce  o oppiatone  fa  che  il  popolo  comincia a favorire  un  cittadino:  e se  ei  di-stribuisce i magistrati  con  maggior prudenza  che  un  principe. Altra  volta  parlammo  come  Tito  Manlio, clic  fu  poi  detto  Torquato,  salvò  Lu-ciò  Manlio  suo  padre  da  una  accusa  clic gli  aveva  fatta  Marco  Pomponio  tribuno della  plebe.  E benché  il  modo  del  salvarlo fusse  alquanto  violento  ed  istraor-dinario,  nondimeno  quella  Oliale  pietà verso  del  padre  fu  tanto  grata  all’uni-versale, che  non  solamente  non  nc  furipreso,  ma  avendosi  a fare  i Tribuni delle  legioni,  fu  fatto  Tito  Manlio  nelsecondo  luogo.  Per  il  quale  successo, credo  che  sia  bene  considerare  il  modoche  tiene  il  popolo  a giudicare  gli  uo-mini nelle  distribuzioni  sue;  e che  perquello  noi  veggiamo,  se  egli  è vero  quanto di  sopra  si  conchiuse,  che  il  popolo  siamigliore  distributore  che  un  principe. Dico,  adunque,  come  il  popolo  nel  suodistribuire  va  dietro  a quello  che  si  dice d’uno  per  pubblica  voce  e fama,  quandoper  sue  opere  note  non  lo  conosce  al-trimenti; o per  presunzione  o oppinioneche  s’ ha  di  1 ni.  Le  quali  due  cose  sono causate  o dai  padri  di  quelli  tali,  cheper  esser  stati  grandi  uomini  e valenti nelle  città,  si  crede  che  i figliuoli  deb-bino esser  simili  a loro,  infino  a tanto che  per  l’ opere  di  quelli  non  s’intendeil  contrario;  o la  è causata  dai  modi che  tiene  quello  di  chi  si  parla.  I modimigliori  che  si  possono  tenere,  sono  : avere compagnia  d’uomini  gravi,  di  buoni  co-stumi, e riputati  savi  da  ciascuno.  E per-chè nessuno  indizio  si  può  aver  mag-giore d’uii  uomo,  che  le  compagnie  con quali  egli  usa;  meritamente  uno  che  usacon  compagnia  onesta,  acquista  buon nome,  perchè  è impossibile  che  non  ab-bia qualche  similitudine  con  quella.  0 veramente  s’  acquista  questa  pubblicafama  per  qualche  azione  istraordinaria e notabile,  ancora  che  privata,  la  qualeti  sia  riuscita  onorevolmente.  E di  tutte tre  queste  cose  che  danno  nel  principiobuoua  riputazione  ad  uno,  nessuna  la dà  maggiore  che  questa  ultima  : perchèquella  prima  de’  parenti  e de’  padri  è sì  fallace,  che  gli  uomini  vi  vanno  arilento  ; ed  in  poco  si  consuma,  quando la  virtù  propria  di  colui  che  ha  ad  es-sere giudicato  non  I’  accompagna.  La seconda  che  ti  fa  conoscere  per  via  dellepratiche  tue,  è miglior  della  prima,  ma è mollo  inferiore  alla  terza  ; perchè,  in-fino a tanto  che  non  si  vede  qualche segno  che  nasca  da  te,  sta  la  riputa-zione tua  fondata  in  su  V oppili  ione,  la quale  è facilissima  a cancellarla.  Maquella  terza,  essendo  principiata  e fon-data in  su  le  opere  lue,  ti  dà  nel  prin-cipio tanto  nome,  che  bisogna  bene  che tu  operi  poi  molte  cose  contrarie  a questo, volendo  annullarla.  Debbono,  adun-que, gli  uomini  che  nascono  in  unarepubblica  pigliare  questo  verso,  ed  in- gegnarsi con  qualche  operazione  istraor-dinaria  cominciare  a rilevarsi.  Il  che molti  a Roma  in  gioventù  feciono  o conil  promulgare  una  legge  che  venisse  in comune  utilità  ; o con  accusare  qualchepytente  cittadino  come  transgressore delle  leggi;  o col  fare  simili  cose  nota-bili c nuove,  di  che  s’  avesse  a parlare. Nè  solamente  sono  necessarie  simili  coseper  cominciare  a darsi  riputazione,  ma sono  ancora  necessarie  per  mantenerlaed  accrescerla.  Ed  a voler  fare  questo, bisogna  rinnovarle;  come  per  tutto  iltempo  della  sua  vita  fece  Tito  Manlio: perchè,  difeso  eh’  egli  ebbe  il  padretanto  virtuosamente  e straordinariamen-te, e per  questa  azione  presa  la  primareputazione  sua,  dopo  certi  anni  com-battè con  quel  Francioso,  e morto  glitrasse  quella  collana  d’oro  che  gli  dette il  nome  di  Torquato.  Non  bastò  questo,che  dipoi,  già  in  età  matura,  ammazzò il  figliuolo  per  aver  combattuto  senzalicenza,  ancora  ch’egli  avesse  superato il  nimico.  Le  quali  tre  azioni  allora  glidettono  più  nome  e per  tutti  i secoli  lo fanno  più  celebre,  che  non  lo  fece  alcunotrionfo,  alcuna  vittoria,  di  che  egli  fu  or-natoquanto alcun  altro  Romano.  E la  ca-gione è perchè  in  quelle  vittorie  Manlio ebbe  moltissimi  simili;  in  queste  partico-lari azioni  n’ebbe  o pochissimi  o nessuno.  A Scipione  maggiore  non  arrecaronotanta  gloria  tutti  i suoi  trionfi,  quanto gli  dette  l'avere,  ancora  giovinetto,  insul  Tesino  difeso  il  padre;  e l’aver,  dopo la  rotta  di  Canne,  animosamente  con  laspada  sguainata  fatto  giurare  più  gio-veni  romani,  che  ei  non  abbandonerei)-bono  Italia,  come  di  già  intra  loro  ave-vano diliberato:  le  quali  due  azioni  fu-rono principio  alla  riputazione  sua,  e gli  fecero  scala  ai  trionfi  della  Spagnae dell’  Affrica.  La  quale  oppinione  da  lui fu  ancora  accresciuta,  quando  ei  ri-mandò la  figliuola  al  padre  e la  moglie al  marito  in  Ispagna.  Questo  modo  delprocedere  non  è necessario  solamente a quelli  cittadini  che  vogliono  acqui-star fama  per  ottenere  gli  onori  nella loro  repubblica,  ma  è ancora  necessa-rio ai  principi  per  mantenersi  la  riputazione nel  principato  loro  : perchè nessuna  cosa  gli  fa  tanto  stimare,  quanto dare  di  sè  rari  esempi  con  qualche fatto  o detto  raro,  conforme  al  bene comune,  il  quale  mostri  il  signore  o magnanimo  o liberale  o giusto,  e che sia  tale  che  si  riduca  come  in  proverbio intra  i suoi  soggetti.  Ma,  per  tornare donde  noi  cominciammo  questo discorso,  dico  come  il  popolo  quando ei  comincia  a dare  un  grado  ad  un  suo cittadino,  fondandosi  sopra  quelle  tre cagioni  soprascritte,  non  si  fonda  male; ma  quando  poi  gli  assai  essempi  de’  buoni portamenti  d’uno  lo  fanno  più  noto, si  fonda  meglio,  perchè  in  tal  caso  non può  essere  che  quasi  mai  s’ inganni,  lo parlo  solamente  di  quelli  gradi  che  si danno  agli  uomini  nel  principio,  avanti che  per  ferma  isperienza  siano  conosciuti, o che  passano  da  una  azione  ad un’altra  dissimile:  dove,  e quanto  alia falsa  oppinione,  e quanto  alla  corruzione, sempre  fanno  minori  errori  che i principi.  E perchè  e’  può  essere  che  i popoli  s’  ingannerebbono  della  fama, della  oppinione  e delle  opere  d’  uno uomo  stimandole  maggiori  che  in  verità non  sono;  il  che  non  interverrebbe  aduno  principe,  perchè  gli  sarebbe  detto, e sarebbe  avvertito  da  chi  lo  consiglias-se : perchè  ancora  i popoli  non  manchino di  questi  consigli,  i buoni  ordi-natori delle  repubbliche  hanno  ordinalo che,  avendosi  a creare  i supremi  gradinelle  città,  dove  fusse  pericoloso  mettervi uomini  insufficienti,  e reggendosila  voglia  popolare  esser  diritta  a creare alcuno  che  fusse  insuffiziente,  sia  lecitoad  ogni  cittadino,  e gli  sia  imputato  a gloria,  di  pubblicare  nelle  concioni  i di-fetti di  quello,  acciocché  il  popolo,  non mancando  della  sua  conoscenza,  possameglio  giudicare.  E che  questo  si  usasse a Roma,  ne  rende  testimonio  la  ora-zione di  Fabio  Massimo,  la  quale  ei  fece al  Popolo  nella  seconda  guerra  punica,quando  nella  creazione  dei  Consoli  i favori  si  volgevano  a creare  Tito  Otta-cilio;e  giudicandolo  Fabio  insuffiziente a governare  in  quelli  tempi  il  consolato, gli  parlò  contro,  mostrando  la  insuffi*ziciua  sua  ; tanto  che  gli  tolse  quel  grado, e volse  i favori  del  Popolo  a chi più  lo  meritava  che  lui.  Giudicano,  adunque, i popoli  nella  elezione  a’ magistrati secondo  quei  contrassegni  che  degli  uo- mini si  possono  aver  più  veri;  e quando ei  possono  esser  consigliati  come  i principi, errano  meno  che  i principi;  e quel cittadino  che  voglia  cominciare  ad  avere i favori  del  popolo,  debbe  con  qualche fatto  notabile,  come  fece  Tito  Manlio, guadagnarseli. Quali  perìcoli  si  portino nel  farsi  capo  a consigliare  una  cosa  ;e quanto  ella  ha  più  dello  straordinario,  maggiori  pericoli  vi  si  corrono. Quanto  sia  cosa  pericolosa  farsi  capo d’  una  cosa  nuova  che  appartenga  a molti,  e quanto  sia  difficile  trattarla  ed a condurla  ; e condotta,  a mantenerla, sarebbe  troppo  lunga  e troppo  alta  maleria  a discorrerla:  però,  riserbandola a luogo  più  conveniente,  parlerò  solo  di quelli  pericoli  che  portano  i cittadini,  o quelli  che  consigliano  uno  principe  a farsi  capo  d’ una  diliberazione  grave  ed importante,  in  modo  che  tutto  il  consi-glio d’  essa  sia  imputato  a lui.  Perchè, giudicando  gli  uomini  le  cose  dal  fine, tutto  il  male  che  ne  risulta,  s’ imputa all’autore  del  consiglio;  e se  ne  risulta bene,  ne  è commendato:  ma  di  lunga  il premio  non  contrappesa  il  danno.  Il  pre-sente Sultan  Sali,  dello  Gran  Turco,  essendosi preparato  (secondo  che  uè  ri- feriscono alcuni  che  vengono  de’  suoi paesi)  di  fare  l’ impresa  di  Soria  e di Egitto,  fu  confortato  da  un  suo  Rascia, quale  ei  teneva  ai  confini  di  Persia,  d’an-dare contea  al  Sofi:  dal  quale  consiglio mosso,  andò  con  esercito  grossissimo  a quella  impresa;  ed  arrivando  in  paese larghissimo,  dove  sono  assai  deserti  e le  fiumare  rade,  e trovandovi  quelle diflìculta  che  già  fecero  rovinare  molli eserciti  romani,  fu  in  modo  oppressalo da  quelle,  che  vi  perdè  per  fame  e per peste,  ancora  che  nella  guerra  fusse  superiore, gran  parte  delle  sue  genti  : tal- ché irato  contro  all’autore  del  consiglio, l’ammazzò.  Leggesi,  assai  cittadini  stati confortatori  d’  una  impresa,  e per  avere avuto  quella  tristo  fine,  essere  stati  man- dati in  esilio.  Fecionsi  capi  alcuni  cittadini romani,  che  si  facesse  in  Roma il  Consolo  plebeo.  Occorse  che  il  primo che  uscì  fuori  con  gli  eserciti,  fu  rotto  ; onde  a quelli  consigliatori  sarebbe  avvenuto qualche  danno,  se  non  fusse  stata tanto  gagliarda  quella  parte,  in  onore della  quale  tale  diliberazione  era  venuta. È cosa  adunque  certissima,  che  quelli che  consigliano  una  repubblica,  e quelli che  consigliano  un  principe,  sono  posti intra  queste  angustie,  che  se  non  con-sigliano le  cose  che  paiono  loro  utili,  o per  la  città  o per  il  principe,  senza  ri-spetto, ei  mancano  dell’ uffìzio  loro;  se le  consigliano,  egli  entrano  nel  pericolo della  vita  e dello  Stato:  essendo  lutti gli  uomini  in  questo  ciechi,  di  giudi-care i buoni  e cattivi  consigli  dal  fine. E pensando  in  che  modo  ei  potessino fuggire  o questa  infamia  o questo  pericolo, non  ci  veggo  altra  via  che  pi- gliar le  cose  moderatamente,  e non  ne prendere  alcuna  per  sua  impresa,  e dire V oppinione  sua  senza  passione,  e senza passione  con  modestia  difenderla  : in  modo che,  se  la  città  o il  principe  la  segue, (die  la  segua  volontario,  e non  paia  che vi  venga  tirato  dalla  tua  importunità. Quando  tu  faccia  così,  non  è ragione- vole che  un  principe  ed  un  popolo  del tuo  consiglio  ti  voglia  male,  non  essendo seguito  contra  alla  voglia  di  molti  : perchè quivi  si  porta  pericolo  dove  molti  han- no contradetto,  i quali  poi  nello  infelice fine  concorrono  a farti  rovinare.  E se in  questo  caso  si  manca  di  quella  gloria che  si  acquista  nell’  esser  solo  contra molti  a consigliare  una  cosa,  quando ella  sortisce  buon  fine,  ci  sono  al  riucontro  due  beni  : il  primo,  di  mancare del  pericolo  ; il  secondo,  che  se  tu  con- sigli una  cosa  modestamente,  e per  la contradizione  il  tuo  consiglio  non  sia preso,  e per  il  consiglio  d’altrui  ne  seguiti qualche  rovina,  ne  risulta  a te grandissima  gloria.  E benché  la  gloria che  s’acquista  de’ mali  che  abbia  o la tua  città  o il  tuo  principe,  non  si  possa godere,  nondimeno  è da  tenerne  qualcheconto.  Altro  consiglio  non  credo  si  possa dare  agli  uomini  in  questa  parte:  per-chè consigliandogli  che  tacessino,  e non dicessino  I’  oppinione  loro,  sarebbe  cosainutile  alla  repubblica  o ai  loro  principi, e non  fuggirebbono  il  pericolo  ; perchèin  poco  tempo  diventerebbono  sospetti: e ancora  potrebbe  loro  intervenire  co-me a quelli  amici  di  Perse  re  dei  Macedoni, il  quale  essendo  stato  rotto  daPaulo  Emilio,  c fuggendosi  con  pochi amici,  accadde  che  nel  replicar  le  cosepassate,  uno  di  loro  cominciò  a dire  a Perse  molti  errori  fatti  da  lui,  che  eranostati  cagione  della  sua  rovina;  al  quale Perse  rivoltosi,  disse:  Traditore,  si  chetu  hai  indugiato  a dirmelo  ora  ch’io non  ho  più  rimedio;  e sopra  queste  pa-role, di  sua  mano  l’ammazzò.  E cosi colui  portò  la  pena  d’essere  stato  chetoquando  ci  doveva  parlare,  e d’aver  parlato quando  ei  doveva  tacere;  nè  fuggiil  pericolo  per  non  avere  dato  il  consiglio. Però  credo  che  sia  da  tenere  edosservare  i termini  soprascritti.   La  cagione  perchè  « Fran-ciosi sono  stali  e sono  ancora  giudicati nelle  zuffe  da  principio  più  cheuomini j e dipoi  meno  che  femmine. La  ferocità  di  quel  Francioso  che  pro-vocava qualunque  Romano  appresso  al Piume  Aniene  a combatter  seco,  dipoila  zuffa  falla  intra  lui  e Tito  Manlio, mi  fa  ricordare  di  quello  che  Tito  Liviopiù  volte  dice,  che  i Franciosi  sono  ne principio  della  zuffa  più  che  uomini,  enel  successo  di  combattere  riescono  poi meno  che  femmine.  E pensando  dondequesto  nasca,  si  crede  per  molti  che  sia la  natura  loro  così  fatta:  il  che  credosia  vero;  ma  non  è per  questo,  che questa  loro  natura  che  gli  fa  feroci  nelprincipio,  non  si  potesse  in  modo  con I*  arte  ordinare,  che  la  gli  mantenesseferoci  infino  nell’  ultimo.  Ed  a voler provare  questo,  dico  come  e’  sono  di  treragioni  eserciti:  V uno  dove  è furore  ed ordine;  perchè  dall’  ordine  nasce  il  furo-re e la  virtù,  come  era  quello  dei  Romani: perchè  si  vede  in  tutte  l’ istorie,clic  in  quello  esercito  era  uno  ordine buono,  che  v’  aveva  introdotto  una  di-sciplina militare  per  lungo  tempo.  Perchè in  uno  esercito  bene  ordinato,  nes-suno debbe  fare  alcuna  opera  se  non regolato:  e si  troverà  per  questo,  chenello  esercito  romano,  dal  quale,  avendo egli  vinto  il  mondo,  debbono  prendereessempio  tutti  gli  altri  eserciti,  non  si mangiava,  non  si  dormiva,  non  si  mer-calava,  non  si  faceva  alcuna  azione  o militare  o domestica  senza  l'ordine  delconsolo.  Perchè  quelli  eserciti  che  fanno altrimenti,  non  sono  veri  eserciti;  c sefanno  alcuna  pruova,  la  fanno  per  furore e per  impeto,  non  per  virtù.  Mudove  è la  virtù  ordinata,  usa  il  furore suo  coi  modi  e co’ tempi;  nè  diflicultàveruna  lo  invilisce,  nè  gli  fa  mancare l'animo:  perchè  gli  ordini  buoni  glirinfrescano  l’ animo  ed  il  furore,  nutriti dalla  speranza  del  vincere;  la  qualemai  non  manca,  infìno  a tanto  che  gli ordini  stanno  saldi.  Al  contrario  inter-viene in  quelli  eserciti  dove  è furore  c non  ordine,  come  erano  i franciosi  : iquali  tuttavia  nel  combattere  mancavano; perchè  non  riuscendo  loro  col  primoimpeto  vincere,  e non  essendo  sostenuto da  una  virtù  ordinata  quello  loro  furorenel  quale  egli  speravano,  nè  avendo  fuori di  quello  cosa  in  la  quale  ei  confidassi-no,  come  quello  era  raffreddo,  mancavano. Al  contrario  i Romani,  dubitandomeno  dei  pericoli  per  gli  ordini  loro buoni,  non  diffidando  della  vittoria,  fer-mi ed  ostinali  combattevano  col  medesimo animo  e con  la  medesima  virtùnel  fine  che  nel  principio:  anzi,  agitati dall’  arme,  sempre  s’ accendevano.  Laterza  qualità  d’eserciti,  è,  dove  non  è furore  naturale,  nè  ordine  accidentale:come  sono  gli  eserciti  nostri  italiani de’  nostri  tempi,  i quali  sono  al  tuttoinutili;  e se  non  si  abbattono  ad  uno esercito  che  per  qualche  accidente  sifugga,  mai  non  vinceranno.  E senza  addurne altri  essempi,  si  vede  ciascunodi  come  ei  fanno  pruove  di  non  avere alcuna  virtù.  E perchè  con  il  testimonio di  Tito  Livio  ciascuno  intenda  come debbe  esser  fatta  la  buona  milizia,e come  è fatta  la  rea;  io  voglio  addurre le  parole  di  Papirio  Cursore,  quando  eivoleva  punire  Fabio  maestro  de’ cavalli, quando  disse:  Nano  hominum y nanoDeorum  verecundiam  hubcat  ; non  cdù da  impcralorum^  non  auspicio,  obser-ventar:  sine  commenta , vagì  tnililcs  in pacato , in  hostico  errcnt;  immcmoressacramenti , se  ubi  velini  exauctorenl /infrequentia  deserant  tigna ; ncque  con -veniant  ad  edictum,  nec  discernant  interdiuj  nodo  ; (equo,  iniquo  loco,  jussu,injussu  imperatorie  pugncnt  ; et  non sigila,  non  ordines  serventi  lalroctntimodo,  cieca  et  fortuita,  prò  solcami  et sacrala  rnilitia  sit.  Puossi  per  questotesto,  adunque,  facilmente  vedere,  se  la milizia  de’  nostri  tempi  è cieca  e fortuita,o sacrata  e solenne  j e quanto  le  manca  ad esser  simile  a quella  die  si  può  chiamarmilizia  ; e quanto  ella  è discosto  da. essere furiosa  ed  ordinala  come  la  roma-na, o furiosa  solo  come  la  franciosa. Se  le  piccole  battaglieinnanzi  alla  giornata  sono  necessarie, e come  si  debbe  fare  a conoscere  unnimico  nuovo , volendo  fuggire  quelle. E’  pare  che  nelle  azioni  degli  uomini,come  altre  volte  abbiamo  discorso,  si tvuovi,  oltre  all’  altre  diftìcultà,  nel  vo-ler condurre  la  cosa  olla  sua  perfezione, che  sempre  propinquo  al  bene  siaqualche  male,  il  quale  con  quel  bene  sì facilmente  nasce,  che  pare  impossibilepoter  mancare  dell’  uno  volendo  I’  altro. E questo  si  vede  in  tutte  le  cose  chegli  uomini  operano.  E però  s’  acquista il  bene  con  diftìcultà,  se  dalla  fortunatu  non  se’  aiutato  in  modo,  che  ella  con la  sua  forza  vinca  questo  ordinario  enaturale  inconveniente.  Di  questo  mi  ha fatto  ricordare  la  zuffa  di  Manlio  Tor-quato e dei  Fraucioso,  dove  Tito  Livio dice:  Tanti  ca  dimicatio  ad  universibelli  eventtim  momenti  fuitj  ut  Gallorum excrciluSj  relictis  trepide  castri s,in  Tiburlem  agrum , inox  in  Campaniam transierit.  Perchè  io  considero  dall’  uncanto,  che  un  buon  capitano  debbe  fuggire al  tutto  di  operare  alcuna  cosa  che,essendo  di  poco  momento,  possa  fare cattivi  effetti  nel  suo  esercito:  perchècominciare  una  zuffa  dove  non  si  opel ino  tutte  le  forze  e vi  si  arrisichi  tuttala  fortuna,  è cosa  al  tutto  temeraria; come  io  dissi  di  sopra,  quando  io  dan-nai il  guardare  de’  passi.  Dall’  altra  parte io  considero  come  capitani  savi,  quandoei  vengono  all’  incontro  d’  un  nuovo  nimico, e che  sia  riputato,  ei  sono  neces-sitati, prima  che  venghino  alia  giornata, far  provare  con  leggieri  zuffe  ai  lorosoldati  tali  nimici;  acciocché  cominciandogli a conoscere  c maneggiare,  perdinoquel  terrore  che  la  fama  e la  riputazione aveva  dato  loro.  E questa  partein  un  capitano  è importantissima  ; perchè ella  ha  in  sé  quasi  una  necessità  cheti  constringe  a farla,  parendoti  andare ad  una  manifesta  perdita,  senza  averprima  fatto  con  piccole  isperienze  deporre ai  tuoi  soldati  quello  terrore  chela  riputazione  del  nimico  aveva  messo negli  animi  loro.  Fu  Valerio  Corvinomandato  dai  Romani  con  gli  eserciti contro  ai  Sanniti,  nuovi  nimici,  e cheper  lo  addietro  mai  non  avevano  provate  1*  arme  1’  uno  dell’  altro;  dove  diceTito  Livio,  che  Valerio  fece  fare  ai  Romani coi  Sanniti  alcune  leggieri  zuffe:jV©  eos  novum  bellutn , ne  novus  hoslis . lerreret.  Nondimeno  è pericolo  grandis-simo, che  restando  i tuoi  soldati  in  quelle battaglie  vinti,  la  paura  e la  viltà  noncresca  loro,  e ne  conseguitino  contrari effetti  ai  disegni  tuoi;  cioè  che  tu  glisbigottisca,  avendo  disegnalo  d’  assicurarli: tanto  che  questa  è una  di  quellecose  che  ha  il  male  sì  propinquo  al  bene, e tanto  sono  congiunti  insieme,  che  gliè facil  cosa  prendere  l’ uno  credendo pigliar  P altro.  Sopra  che  io  dico,  che• un  buon  capitano  debbo  osservare  con ogni  diligenza,  che  non  surga  alcunacosa  che  per  alcuno  accidente  possa  torre Panimo  alP  esercito  suo.  Quello  che  glipuò  torre  P animo  è cominciare  a perdere; e però  si  debbe  guardare  dallezuffe  piccole,  e non  le  permettere  se non  con  grandissimo  vantaggio  e concerta  speranza  di  vittoria  ; non  debbo fare  impresa  di  guardar  passi,  dovenon  possa  tenere  tutto  l’esercito  suo: non  debbe  guardare  terre,  se  non  quelleche  perdendole  di  necessità  ne  seguisse la  rovina  sua;  e quelle  che  guar-da, ordinarsi  in  modo,  e con  le  guardie d’  esse  e con  l’esercito,  clic  trat-tandosi della  espugnazione  di  esse,  ei possa  adoperare  tutte  le  forze  sue;P altre  debbe  lasciare  indifese.  Perchè ogni  volta  che  si  perde  una  cosa  che  siabbandoni,  e P esercito  sia  ancora  insieme, e’  non  si  perde  la  riputazione  dellaguerra,  nè  la  speranza  di  vincerla:  ma quando  si  perde  una  cosa  che  tu  haidisegnata  difendere,  e ciascuno  crede  che tu  la  difenda,  allora  è il  danno  e la  per-dita ; ed  hai  quasi,  come  i Franciosi,  con una  cosa  di  piccolo  momento  perduta  laguerra.  Filippo  di  Macedonia  padre  di Perse,  uomo  militare  e di  gran  condizione ne’  tempi  suoi,  essendo  assaltato dai  Romani;  assai  de’  suoi  paesi,  i qualiei  giudicava  non  potere  guardare,  abbandonò  e guastò  scoine  quello  che,  peressere  prudente,  giudicava  più  pernicioso perdere  la  riputazione  col  non  potere difendere  quello  che  si  metteva  a difendere,  che  lasciandolo  in  preda  alnimico,  perderlo  come  cosa  negletta.  I Romani,  quando  dopo  la  rotta  di  Cannele  cose  loro  erano  afflitte,  negarono  a molti  loro  raccomandati  e sudditi  li  aiuti,commettendo  loro  che  si  difendessino  il meglio  potessino.  I quali  partiti  sonomigliori  assai,  che  pigliare  difese,  e poi non  le  difendere:  perchè  in  questo  par-tito si  perde  amici  e forze;  in  quello, amici  solo.  Ma  tornando  alle  piccole  zuffe, dico  che  se  pure  un  capitano  è costretto per  la  novità  del  nimico  far  qualche  zuffa, debbe  farla  con  tanto  suo  vantaggio,  che non  vi  sia  alcun  pericolo  di  perderla  : o veramente  far  come  Mario  (il  che  è migliore  partito),  il  quale  andando  contro ai  Cimbri,  popoli  ferocissimi,  che venivano  e predare  Italia,  e venendo  con uno  spavento  grande  per  la  ferocità  e moltitudine  loro,  e per  avere  di  già  vinto un  esercito  romano  ; giudicò  Mario  esser necessario,  innanzi  che  venisse  alla  zuffa, operare  alcuna  cosa  per  la  quale  l’ esercito suo  deponesse  quel  terrore  che  la paura  del  nimico  gli  aveva  dato;  e,  come prudentissimo  capitano,  più  che  una volta  collocò  l’esercito  suo  in  luogo  donde i Cimbri  con  1*  esercito  loro  dovessino passare.  E così,  dentro  alle  fortezze  del suo  campo,  volle  che  i suoi  soldati  gli vedessino,  ed  assuefacessino  gli  occhi alla  vista  di  quello  nimico  ; acciochè,  vedendo una  moltitudine  inordinata,  piena di  impedimenti,  con  arme  inutili,  e parte disarmati,  si  rassicurussino,  e diventassino  disiderosi  della  zuffa.  11  quale  partito come  fu  da  Mario  saviamente  preso, così  dagli  altri  debbe  essere  diligentemente imitato,  per  non  incorrere  in quelli  pericoli  che  io  di  sopra  dico,  e non  avere  a fare  come  i Franciosi,  qui ob  rem  parvi  ponderis  trepidi iti  Tiburietn  agrum  et  in  Campaniam  transierunt.  E perchè  noi  abbiamo  allegato in  questo  discorso  Valerio  Corvino,  voglio, mediatiti  le  parole  sue,  nel  seguente capitolo,  come  debbe  esser  fatto  un  capitano, dimostrare. Come  debbe  esser  fatto un  capitano  nel  quale  V esercito  suo possa  confidare. Era,  come  di  sopra  dicemmo,  Valerio Corvino  con  1’  esercito  contea  ai  Sanniti,  *nuovi  nimici  del  Popolo  romano:  donde che,  per  assicurare  i suoi  soldati,  e per fargli  conoscere  i nimici,  fece  fare  ai suoi  certe  leggieri  zuffe  j nè  gli  bastando questo,  volle  avanti  alla  giornata  parlar loro,  e mostrò  con  ogni  efficacia  quanto e'  dovevano  stimare  poco  tali  nimici,  al-legando la  virtù  de’ suoi  soldati  e la  propria. Dove  si  può  notare,  per  le  parole che  Livio  gli  fa  dire,  come  debbe  essere fatto  un  capitano  in  chi  I’  esercito  abbia a confidare  j le  quali  parole  sono  queste: Tutti  ctiam  intuerì  cujtis  ductu  auspi- cioque  ineunda  pugna  sii:  ulritm  qui audtcndus  dumlaxat  magnifìcus  adhor- tator  sit,  ver  bis  tantum  ferox , operimi mililarium  expers  ; an  qui,  et  ipsc  tela frodare,  procedere  ante  signa,  versavi media  in  mole  pugna  sciai.  Facla  mea, non  dieta  vos  militcs  sequi  volo  ; nec disciplinavi  modo,  sed  cxcmplum  ctiam a me  potere , qui  hac  dextra  tnihi  tres consulalus,  summamque  laudem  pepcri. Le  quali  parole  considerate  bene,  insegnano a qualunque,  come  ei  debbe  procedere a voler  tenere  il  grado  del  capitano : e quello  che  sarà  fatto  altrimenti, troverà,  con  il  tempo,  quel  grado,  quando per  fortuna  o per  ambizione  vi  sia  con- dotto, torgli  e non  dargli  riputazione; perchè  non  i titoli  illustrano  gli  uomini, ma  gli  uomini  i titoli.  Debbesi  ancora dal  principio  di  questo  discorso  consi-derare, che  se  i capitani  grandi  hanno usato  termini  istraordinari  a fermare gli  animi  d’uno  esercito  veterano  quando coi  nimici  inconsueti  debbe  affrontarsi  ; quanto maggiormente si abbia ad usare l’ industria  quando  si  comandi  uno  esercito  nuovo,  che  non  abbia  mai  veduto il  nimico  in  viso.  Perchè,  se  lo  inusitato nimico  allo  esercito  vecchio  dà  terrore, tanto  maggiormente  lo  debbe  dare  ogni nimico  ad  uno  esercito  nuovo.  Pure,  s’ò veduto  molte  volte  dai  buoni  capitani tutte  queste  diflìcultù  con  somma  pru- denza esser  vinte:  come  fece  quel  Gracco romano,  ed  Epaminonda  tebano,  de’quali altra  volta  abbiamo  parlato,  che  con eserciti  nuovi  vinsono  eserciti  veterani ed  esercitatissimi.  I modi  che  tenevano, erano:  parecchi  mesi  esercitargli  in  bat-taglie fìnte;  assuefargli  alla  ubbidienza ed  all’ ordine:  e da  quelli  dipoi,  con massima  confidenza,  nella  vera  zuffa  gli adoperavano.  Non  si  debbe,  adunque, diffidare  alcuno  uomo  militare  di  non poter  fare  buoni  eserciti,  quando  non gli  manchi  uomini  ; perchè  quel  principe che  abbonda  d’  uomini  e manca  disoldati,  debbe  solamente,  non  della  viltà degli  uomini,  ma  della  sua  pigrizia  e e poca  prudenza  dolersi. Che  un  capitano debbe  esser  conoscitore  dei  eiti. Intra  1’  altre  cose  che  sono  necessarie ad  un  capitano  d’ eserciti,  è la  cognizione dei  sili  e de’ paesi;  perchè  senza questa  cognizione  generale  e particolare, un  capitano  d’  eserciti  non  può  be-ne operare  alcuna  cosa.  E perchè  tutte le  scienze-  vogliono  pratica  a voler  per- fettamente possederle,  questa  è una  che ricerca  pratica  grandissima.  Questa  pratica, ovvero  questa  particolare  cognizione, s’ acquista  più  mediatiti  le  cacce, che  per  verun  altro  esercizio.  Però  gli antichi  scrittori  dicono,  che  quelli  ^roi che  governarono  nel  loro  tempo  il  mondo, si  nutrirono  nelle  selve  e nelle  cac- ce; perchè  la  caccia,  oltre  a questa  cognizione, ti  insegna  infìttile  cose  che sono  nella  guerra  necessarie.  E Senofonte,  nella  vita  di  Ciro,  mostra  che andando  Ciro  od  assaltare  il  re  d’  Armenia, nel  divisare  quella  fazione,  ricordòa quelli  suoi,  che  questa  non  era  altro che  una  di  quelle  cacce  le  quali  mollevolte  avevano  fatte  seco.  E ricordava  a quelli  che  mandava  in  aguato  su  i monti, che  gli  erano  simili  a quelli  eh’ andavano a tendere  le  reti  in  su  i gioghi;  eda quelli  che  scorrevano  per  il  piano,  che erano  simili  a quelti  che  andavano  a levare  del  suo  covile  la  fera,  acciocché, cacciata,  desse  nelle  reti.  Questo  si  dice per  mostrare  come  le  cacce,  secondo  che Senofonte  appruova,  sono  una  immagine d’  una  guerra:  e per  questo  agli  uomini grandi  tale  esercizio  è onorevole  e necessario. Non  si  può  ancora  imparare questa  cognizione  de’  paesi  in  altro  comodo modo  che  per  via  di  caccia;  perchè la  caccia  fa  a colui  che  1’  usa  sapere come  sta  particolarmente  quel  paese dove  ei  1*  esercita.  E fatto  che  uno  s’  è familiare  bene  una  regione,  con  facilità comprende  poi  tulli  i paesi  nuovi  j per-chè ogni  paese  ed  ogni  membro  di  quelli hanno  insieme  qualche  conformità,  in modo  clic  dalla  cognizione  d’  uno  facilmente si  passa  alla  cognizione  dell’  altro. Ma  chi  non  ne  ha  ancora  bene  pratico uno,  con  difficoltà,  anzi  non  mai  se non  con  un  lungo  tempo,  può  conoscer 1’  altro.  E chi  ha  questa  pratica,  in  unvoltar  d’ occhio  sa  come  giace  quel  piano, come  surge  quel  monte,  dove  arriva quella  valle,  e tutte  l*  altre  simili  cose, di  che  ei  ha  per  lo  addietro  fatto  una ferma  scienza.  E che  questo  sia  vero,  ce lo  mostra  Tito  Livio  con  lo  essempio di  Publio  Decio;  il  quale  essendo  Tribuno de’  soldati  nello  esercito  che  Cornelio consolo  conduceva  contro  ai  Sanniti, ed  essendosi  il  Consolo  ridotto  in una  valle,  dove  l’ esercito  dei  Romani poteva  dai  Sanniti  esser  rinchiuso,  evedendosi  in  tanto  pericolo,  disse  al  Consolo : Vtdes  tuj  Aule  Corneli,  cacume»iilud  supra  hostcm ? arx  ilici  est  spei salutisquc  nostra,  si  eam  fquoniam  caarcliquerc  SamnitesJ  impigre  capimus.  Ed innanzi  a queste  parole  dette  da  Decio,Tito  L.  dice:  Publtus  Dcctus,  tribùnus  militimi , unum  editum  in  saltu  collenij  immincnteni  hostium  castns , adilu arduum  impedito  agmini,  expeditis  hauddifficilcm.  Donde,  essendo  stato  mandatosopra  esso  dal  Consolo  con  tremila  soldati,ed  avendo  salvo  l’esercito  romano  j e dise-gnando, venendo  la  notte,  di  partirsi  e sal-vare ancora  sè  ed  i suoi  soldati,  gii  fa  direqueste  parole:  Ite  niecum,  ut  dum  lucisaliquid  superest,  quibus  locts  hostesprcesidia ponant,  qua  palcat  hinc  exitus,exploremus.  Hcec  ornnta  sagulo  militariamiclus,  ne  ducem  circuire  hostes  no-larentj  perlustrarli.  Chi  considererà,adunque,  tutto  questo  testo,  vedrà  quantosia  utile  e necessario  ad  un  capitanosapere  la  natura  de’ paesi:  perché  seDecio  non  gli  avesse  saputi  e conosciuti,non  arebbe  potuto  giudicare  qual  utilefaceva  pigliare  quel  colle  allo  esercitoromano;  uè  arebbe  potuto  conoscere  didiscosto,  se  quel  colle  era  accessibile  ono  ; e condotto  che  si  fu  poi  sopra  esso,volendosene  partire  per  ritornare  al  Con-solo, avendo  i nimici  intorno,  non  arebbedal  discosto  potuto  speculare  le  vie  delloandarsene,  e li  luoghi  guardati  dai  ni-mici. Tanto  che,  di  necessità  conveniva,che  Decio  avesse  tale  cognizione  per-fetta: la  qual  fece  che  con  il  pigliarequel  colle,  ei  salvò  l’esercito  romano;dipoi  seppe,  scndo  assedialo,  trovare  lavia  a salvare  sè  e quelli  che  erano  statiseco. Come,  usare  la  fraudenel  maneggiare  la  guerra  è cosa  gloriosa.Ancoraché  usare  la  fraude  in  ogniazione  sia  detestabile,  nondimanco  nelmaneggiar  la  guerra  è cosa  laudabile  egloriosa;  e parimente  è laudato  coluiche  con  fraude  supera  il  nimico,  comequello  che  M supera  con  le  forze.  E ve-desi  questo  pei*  il  giudizio  che  ne  fannocoloro  che  scrivono  le  vite  degli  uominigrandi,  i quali  lodano  Annibaie  e gli* altri  che  sono  stati  notabilissimi  in  si-mili modi  di  procedere.  Di  che  per  leg-gersi assai  essempi,  non  ne  replicheròalcuno.  Dirò  solo  questo,  che  io  nonintendo  quella  fraudo  essere  gloriosa,che  ti  fa  rompere  la  fede  data  ed  i pattifatti;  perchè  questa,  ancora  che  la  tiacquisti  qualche  volta  stalo  e regno,  co-me di  sopra  si  discorse,  la  non  ti  acqui-sterà mai  gloria.  Ma  parlo  di  quella  fraudoche  si  usa  con  quel  nimico  che  non  sifida  di  te,  e che  consiste  proprio  nelmaneggiare  la  guerra  : come  fu  quellad’Annibale,  quando  in  sul  lago  di  Peru-gia simulò  la  fuga  per  rinchiudere  ilConsolo  e lo  esercito  romano;  e quando,per  uscire  di  mano  di  Pabio  Massimo,accese  le  corna  dello  armento  suo.  Allequali  fraudi  fu  simile  questa  che  usòPonzio  capitano  dei  Sanniti,  per  rin-chiudere  1’  esercito  romano  dentro  alleforche  Caudine-.  i(  quale  avendo  messolo  esercito  suo  a' ridosso  dei  monti,  mandòpiù  suoi  soldati  sotto  vesti  di  pastori  conassai  armento  per  il  piano;  i quali  sen--do  presi  dai  Romani,  e domandati  doveera  l’esercito  dei  Sanniti,  convennerotutti,  secondo  1’  ordine  dato  da  Ponzio,a dire  come  egli  era  allo  assedio  di  No-terà. La  qual  cosa  creduta  dai  Consoli, fece  eh’  ei  si  rinchiusero  dentro  ai  balzicaudini;  dove  entrati,  furono  subito  as-sediati dai  Sanniti.  E sarebbe  stata  que-sta vittoria,  avuta  per  fraude,  glorio-sissima a Ponzio,  se  egli  avesse  seguitatii consigli  del  padre  ; il  quale  voleva  chei Romani  o si  salvassino  liberamente,  osi  ammazzassino  tutti,  e che  non  si  pi-gliasse la  via  del  mezzo,  qu ce  neque  ami-co* parai , ncque  inimicos  tollil.  La  qualvia  fu  sempre  perniziosa  nelle  cose  diStato;  come  di  sopra  in  altro  luogo  sidiscorse. Che  la  patria  si  debbo  di-fendere o con  ignominia  o con  glo-ria; ed  in  qualunque  modo  è ben  di-fesa.Era,  come  di  sopra  s’è  dello,  il  Con-solo e l’esercito  romano  assedialo  daiSanniti:  i quali  avendo  proposto  ai  Ro-mani condizioni  ignominiosissime;  comeera,  volergli  mettere  sotto  il  giogo,  edisarmati  mandargli  a Roma:  e per  que-sto stando  i Consoli  come  attoniti,  e tuttol’esercito  disperato;  Lucio  Lentolo  le-gato romano  disse,  che  non  gli  parevache  fusse  da  fuggire  qualunque  partitoper  salvare  la  patria:  perchè,  consisten-do la  vita  di  Roma  nella  vita  di  quelloesercito,  gli  pareva  da  salvarlo  in  ognimodo;  e che  la  patria  è ben  difesa  inqualunque  modo  la  si  difende,  o conignominia,  o con  gloria  : perchè  salvandosi quello  esercito,  Roma  era  a tempo  a cancel-lare l’ignominia:  non  si  salvando,  ancorache  gloriosamente  morisse,  era  perdutaKoma  e la  libertà  sua.  E così  fu  seguitato il  suo  consiglio.  La  qual  cosa  me-rita d’  esser  notata  ed  osservata  da  qua-lunque cittadino  si  truova  a consigliarela  patria  sua:  perchè  dove  si  diliberaal  tutto  della  salute  della  patria,  nonvi  debbe  cadere  alcuna  considerazionenè  di  giusto  nè  di  ingiusto,  nè  di  pie-toso, nè  di  crudele,  nè  di  laudabile,  nèdi  ignominioso;  anzi,  posposto  ogni  al-tro rispetto,  seguire  al  tutto  quel  par-tito che  li  salvi  la  vita,  e mantenghile  lalibertà.  La  qualcosa  è imitata  con  i detti  econ  i fatti  dai  Franciosi,  per  difendere  lamaestà  del  loro  re  e la  potenza  del  lororegno;  perchè  nessuna  voce  odono  piùimpazientemente  che  quella  che  dicesse:il  tal  partito  è ignominioso  per  il  re;perchè  dicono  che  il  loro  re  non  puòpatire  vergogna  in  qualunque  sua  dili-berazione, o in  buona  o in  avversa  for-tuna: perchè  se  perde  o se  vince,  tuttodicono  esser  cosa  da  re.Cap.  XLII.  — Che  le  promesse  fatteper  forza  non  si  debbono  osservare.♦ »Tornati  i Consoli  con  1’  esercito  di-sarmato e con  la  ricevuta  ignominia  aRoma,  il  primo  che  in  Senato  disseche  la  pace  fatta  a Cuudo  non  si  do-veva osservare,  fu  il  consolo  Spurio  Po-stumio;  dicendo,  come  il  Popolo  romanonon  era  obbligato,  ma  eh’  egli  era  beneobbligato  esso,  e gli  altri  che  avevanopromesso  la  pace  : e però  il  Popolo  vo-lendosi liberare  da  ogni  obbligo,  avevaa dar  prigione  nelle  mani  dei  Sannitilui  e tutti  gli  altri  che  V avevano  pro-messa. E con  tanta  ostinazione  tenne  questa conclusione,  che  il  Senato  ne  fu  contento; e mandando  prigioni  lui  e gli altri  in  Sannio,  protestarono  ai  Sanniti,la  pace  non  valere.  E tanto  fu  in  questo caso  a Postumio  favorevole  la  fortuna, che  i Sanniti  non  lo  ritennero;  e ritornato  in  Roma,  fu  Postumio  appresso.ai  Romani  più  glorioso  per  avere  perduto, che  non  fu  l’onzio  appresso  ai  Sanniti per  aver  vinto.  Dove  sono  da  no-tare due  cose  ; 1*  una,  che  in  qualunque azione  si  può  acquistar  gloria,  perchènella  vittoria  s’  acquista  ordinariamente; nella  perdita  s’  acquista  o col  mostrare tal  perdita,  non  esser  venuta  per  tua colpa,  o per  far  subito  qualche  azione virtuosa  che  la  cancelli  : 1’  altra  è,  che non  è vergognoso  non  osservare  quelle promesse  che  ti  sono  state  fatte  promettere per  forza  ; e sempre  le  promesseforzate  che  riguardano  il  pubblico,  quando e’  manchi  la  forza,  si  romperanno, e fia  senza  vergogna  di  chi  le  rompe. Di  che  si  leggono  in  tutte  l’ istorie  variessempi,  e ciascuno  dì  ne’  presenti  tempi se  ne  veggono.  E non  solamente  non  siosservano  intra  i principi  le  promesse forzate,  quando  e*  manca  la  forza  ; ma non  si  osservano  ancora  tutte  \*  altre promesse,  quando  e’  mancano  le  cagioni che  le  fanno  promettere.  Il  che  se  è cosa laudabile  o no,  o se  da  un  principe  si debbono  osservare  simili  modi  o no, largamente  è disputato  da  noi  nel  nostro trattato  del  Principe;  però  al  presente lo  taceremo. Che  gli  uomini  che  nascono in  una  provincia , osservano  per lutti  i tempi  quasi  quella  medesima natura.Sogliono  dire  gli  uomini  prudenti,  e non  a caso  nè  immeritamente,  che  cbi vuol  veder  quello  che  ha  ad  essere,  consideri quello  che  è stato;  perchè  tutte  le cose  del  mondo,  in  ogni  tempo,  hanno il  proprio  riscontro  con  gli  antichi  tempi. Il che nasce perchè essendo quelle operate  dagli  uomini  che  hanno  ed  ebbero sempre  le  medesime  passioni,  conviene di  necessità  che  le  sortischino  il medesimo  effetto.  Vero  è,  che  le  sono P opere  loro  ora  in  questa  provincia  più virtuose  che  in  quella,  ed  in  quella  più che  in  questa,  secondo  la  forma  delia educazione  nella  quale  quelli  popoli  hanno preso  il  modo  del  viver  loro.  Fa  ancorafacilità  il  conoscere  le  cose  future  per le  passate;  vedere  una  nazione  lungo tempo  tenere  i medesimi  costumi,  essendo o continovamente  avara, o continovamente  fraudolenta,  o avere  alcun  altro  si* mile  vizio  o virtù.  E chi  leggerà  le  cose passale  della  nostra  città  di  Firenze,  e considererà  ancora  quelle  che  sono  ne*prossimi  tempi  occorse,  troverà  i popoli tedeschi  e franciosi  pieni  d’ avarizia,  disuperbia,  di  ferocia  e di  infcdelità;  perchè tutte  queste  quattro  cose  in  diversi tempi  hanno  offeso  molto  la  nostra  città. E quanto  alla  poca  fede,  ognuno  sa  quante volte  si  dette  danari  al  re  Carlo  Vili,  ed egli  prometteva  rendere  le  fortezze  di Pisa,  c non  mai  le  rendè.  In  che  quel re  mostrò  la  poca  fede,  e la  assai  avarizia sua.  Ma  lasciamo  andare  queste cose  fresche.  Ciascuno  può  avere  inteso quello  che  segui  nella  guerra  che  feceil  popolo  fiorentino  contea  ai  Visconti duchi  di  Milano;  che  essendo  Firenze privo  degli  altri  espedienti,  pensò  dicondurre  T iroperadore  in  Italia,  il  quale con  la  riputazione  e forze  sue  assaltassela  Lombardia.  Promise  l’ imperadore  venire con  assai  gente,  e far  quella  guerra contra  ai  Visconti,  e difendere  Firenze dalla  potenza  loro,  quando  i Fiorentini gli  dessino  centomila  ducati  per  levarsi, e centomila  poi  che  fusse  in  Italia.  Ai quali  patti  consentirono  i Fiorentini;  e pagatogli  i primi  danari,  e dipoi  i secondi, giunto  che  fu  a Verona,  se  ne  tornò indietro  senza  operare  alcuna  cosa,  causando esser  restato  da  quelli  che  non avevano  osservato  le  convenzioni  erano fra  loro.  In  modo  che,  se  Firenze  non fusse  stata  o constretla  dalla  necessitào vinta  dalla  passione,  ed  avesse  letti  e conosciuti  gli  antichi  costumi  de’borbari,non  sarebbe  stata  nè  questa  nè  molte altre  volte  ingannata  da  loro;  essendoloro  stati  sempre  a un  modo,  ed  avendo in  ogni  parte  e con  ognuno  usati  i me-desimi termini.  Come  e' si  vede  eh’ e’ fecero anticamente  ai  Toscani  ; i qualiessendo  oppressi  dui  Romani,  per  essere stati  da  loro  più  volte  messi  in  fuga  erotti;  e veggendo  mediami  le  loì*  forze non  poter  resistere  aìr  impeto  di  quelli;convennero  con  i Franciosi  che  di  qua dall'  Alpi  abitavano  in  Italia,  di  dar  lorosomma  di  danari,  e che  fussino  obbligati congiugnere  gli  eserciti  con  loro,ed  andare  contea  ai  Romani:  donde  ne seguì  che  i Franciosi,  presi  i danari,non  volleno  dipoi  pigliare  l’ arme  per loro,  dicendo  averli  avuti  non  per  farguerra  coi  loro  nimici,  ma  perchè  s’astenessino  di  predare  il  paese  toscano.  E così  i popoli  toscani,  per  l’ avarizia  e poca  fede  dei  Franciosi,  rimasono  ad  untratto  privi  de'  loro  danari,  e degli  aiuti che  gli  speravano  da  quelli.  Talché  sivede  per  questo  essempio  dei  Toscani antichi,  e per  quello  de’  Fiorentini,  iFranciosi  avere  usati  i medesimi  termini;  e per  questo  facilmente  si  può  con-ielturare,  quanto  i principi  si  possono fidare  di  loro. E'  si  ottiene  con  V impetoc con  lJ  audacia  molte  volte  quello  che con  modi  ordinari  non  si  otterrebbe mai. Essendo  i Sanniti  assaltati  dallo  esercito di  Roma,  e non  polendo  con  l’esercito loro  stare  alla  campagna  a petto ai  Romani,  diliberarono,  lasciate  guardate le  terre  in  Sannio,  di  passare  con tutto  V esercito loro in Toscana, la quale era in triegua coi Romani;  e vedere  permtal  passata,  se  ei  potevano  con  la  presenza dello  esercito  loro  indurre  i Toscani a ripigliar  1’  arme  ; il  che  avevano fregato  ai  loro  ambasciadori.  E nel  parlare che  feeiono  i Sanniti  ai  Toscani, nel  mostrar,  massime,  qual  cagione  gli aveva  indotti  a pigliar  1*  arme,  usarono un  termine  notabile,  dove  dissono  : Rebollasse j quod  pax  sci'vicnlibus  gravior t quam  liboris  bcllum  esset.  E cosi,  parie con  le  persuasioni,  parte  con  la  presenza dello  esercito  loro,  gli  indussono a pigliar  1*  arme.  Dove  è da  notare,  che quando  un  principe  disidera  d’ ottenere una  cosa  da  un  altro,  debbe,  se  l’ occasione lo  patisce,  non  gli  dare  spazio a diliberarsi,  e fare  in  modo  ch’ei  vegga la  necessità  della  presta  diliberazione: la  quale  è quando  colui  che  è domandato vede  che  dal  negare  o dal  differirene  nasca  una  subita  e pericolosa  inde-gnazione.  Questo  termine  s’  è vedutobene  usare  nei  nostri  tempi  da  papalulio  con  i Franciosi,  eda  monsignordi  Fois  capitano  del  re  di  Francia  colmarchese  di  Mantova  : perchè  papa  luliovolendo  cacciare  i Bentivogli  di  Bologna,e giudicando  per  questo  aver  bisognodelle  forze  franciose,  e che  i Yinizianistessino  neutrali  j ed  uvendone  ricercoF uno  e I’  altro,  e traendo  da  loro  ri-sposta dubbia  e varia  j diliberò  col  nondare  lor  tempo  far  venire  I’  uno  e l’al-tro nella  sentenza  sua  : e,  partitosi  daRoma  con  quelle  tante  genti  cli’ei  potòraccozzare,  n’  andò  verso  Bologna,  eda’Viniziani  inandò  a dire  che  stessinoneutrali,  ed  ai  re  di  Francia  che  glimandasse  le  forze.  Talché,  rimanendotutti  ristretti  dal  poco  spazio  di  tempo,e veggeudo  come  nel  papa  doveva  na-scere una  manifesta  indegnazione  difle-rendo  o negando,  cederono  alle  vogliesue;  ed  il  re  gli  mandò  aiuto,  ed  i Vi*uiziani  si  steltono  neutrali.  Monsignordi  Fois,  ancora,  essendo  con  l’esercitoili  Bologna,  ed  avendo  intesa  la  ribellione di  Brescia,  e volendo  ire  alla  ri-cuperazione di  quella,  aveva  due  vie  ;F una  per  il  dominio  del  re,  lunga  etediosa;  l’altra  brievc  per  il  dominiodi  Mantova:  e non  solamente  era  neces-sitato passare  per  il  dominio  di  quelmarchese,  ina  gli  conveniva  entrare  percerte  chiuse  intra  paludi  e laghi,  di  cheè piena  quella  regione,  le  quali  con  for-II  acuì  avelli,  Discorsi.  — 1.  49lezzo  cd  altri  modi  erano  serrate  c guar-dale da  lui.  Onde  che  Pois,  diliberalod*  andare  }>er  la  più  corta,  e per  vin-cere ogni  di  (Tic  ulta  nè  dar  tempo  al  mar-chese a diliberarsi,  ad  un  tratto  mossele  sue  genti  per  quella  via,  cd  al  mar-chese significò  gli  mandasse  le  chiavi  diquel  passo.  Talché  il  marchese,  occu-pato da  questa  subita  diliberazione,  glimandò  le  chiavi:  le  quali  mai  gli  arebbemandate  se  Pois  più  lepidamente  si  fusscgovernato,  essendo  quel  marchese  in  legaeoi  papa  e coi  Viniziani,  ed  avendo  uusuo  figliuolo  nelle  mani  del  papa;  lequali  cose  gli  davano  molte  oneste  scusea negarle.  Ma  assaltato  dal  subito  par-tito, per  le  cagioni  che  di  sopra  si  di-cono, le  concesse.  Cosi  feciono  i Toscanieoi  Sanniti,  avendo  per  la  presenza  del-T esercito  di  Sannio  preso  quelle  armeche  gli  avevano  negato  per  altri  tempipigliare.Cap.  XLV.  — Qual  sia  miglior  partitonelle  giornale , o sostenere  lf  impetode*  nimicij  c sostenuto  urtargli  ; ov-vero dapprima con furia assaltargli. Erano  Decio  e Fabio,  consoli  romani,con  due  eserciti  all’  incontro  degli  eser-citi dei  Sanniti  e dei  Toscani;  e venendoalla  zuffa  ed  alla  giornata  insieme,  è danotare  in  tal  fazione,  quale  di  due  di-versi modi  di  procedere  tenuti  dai  dueConsoli  sia  migliore.  Perchè  Decio  conogni  impeto  e cor»  ogni  suo  sforzo  as-saltò il  nimico;  Fabio  solamente  lo  so-stenne, giudicando  V assalto  lento  es-sere più  utile,  riserbando  l' impeto  suonell’  ultimo,  quando  il  nimico  avesseperduto  il  primo  ardore  del  combat-tere, e come  noi  diciamo,  la  sua  foga.Dove  si  vede,  per  il  successo  della  eosa,che  a Fabio  riuscì  molto  meglio  il  di-segno che  a Decio  : il  quale  si  straccònei  primi  impeti  ; in  modo  che,  veden-do  la  banda  sua  piuttosto  in  volta  diealtrimenti,  per  acquistare  con  la  mortequella  gloria  alla  quale  con  la  vittorianon  aveva  potuto  aggiungere,  ad  imita-zione del  padre  sacrificò  sè  stesso  perle  romane  legioni.  La  qual  cosa  intesada  Fabio,  per  non  acquistare  manco  ono-re vivendo,  che  s’avesse  il  suo  collegaacquistato  morendo,  spinse  innanzi  tuttequelle  forze  che  s’  aveva  a tale  necessitàriservate  ; donde  ne  riportò  una  felicis-sima vittoria.  Di  qui  si  vede  che  ’l  mododel  procedere  di  Fubio  è più sicuro e più  imitabile. Donde  nasce  che  una  fa-mìglia iìi  una  città  tiene  un  tempo  imedesimi  costumi. E’  pare  clic  non  solamente  1’  una  cittàdall*  altra  abbi  certi  modi  ed  institutidiversi,  e procrei  uomini  o più  duri  opiù  effeminati;  ma  nella  medesima  cittàsi  vede  tal  differenza  esser  nelle  fumi-glie  I’  una  dall’  altra.  H che  si  riscontraessere  vero  in  ogni  città,  e nella  cittàili  Roma  se  ne  leggono  assai  essempi  :perché  e’  si  vede  i Manlii  essere  statiduri  ed  ostinati,  i Pubi icoli  uomini  be-nigni ed  amatori  del  popolo,  gli  Appiiambiziosi  e ni  mici  della  Plebe:  e cosimolte  altre  famiglie  avere  avute  ciascunale  qualità  sue  spartite  dall’  altre.  La  qualcosa  non  può  nascere  solamente  dal  san-gue, perchè  e’ conviene  eh’ ei  varii  me-diante la  diversità  dei  matrimoni;  maè necessario  venga  dalla  diversa  educa-zione che  ha  una  famiglia  dall’  altra.Perchè  gl’  importa  assai  che  un  giova-netto dai  teneri  anni  cominci  a sentirdire  bene  o male  di  una  cosa;  perchèconviene  che  di  necessità  ne  faccia  im-pressione, e da  quella  poi  regoli  il  mododel  procedere  in  tutti  i tempi  della  vitasua.  E se  questo  non  fosse,  sarebbe  im-possibile che  tutti  gli  Appii  avessinoavuta  la  medesima  voglia,  c Rissino  statiagitati  dalle  medesime  passioni,  comenota  Tilo  Livio  in  molti  di  loro:  e perultimo,  essendo  uno  di  loro  fatto  Censore, ed  avendo  il  suo  collega  alla  finede*  diciotto  mesi,  come  ne  disponeva  lalegge,  deposto  il  magistrato,  Àppio  nonlo  volle  deporre,  dicendo  che  lo  potevatenere  cinque  anni  secondo  la  primalegge  ordinata  dai Censori. E benchésopra  questo  se  ne  facessero  assai  con-cioni, e se  ne  generassino  assai  tumulti,non  pertanto  ci'  fu  mai  rimedio  che  vo-lesse deporlo,  conira  alla  volontà  delPopolo  e della  maggior  parte  del  Senato.E chi  leggerà  P orazione  che  gli  fececontro  Publio  Sempronio  tribuno  dellaplebe,  vi  noterà  tutte  l’ insolenze  oppiane,e tulle  le  bontà  ed  umanità  usale  da  in-finiti cittadini  per  ubbidire  alle  leggi  edagli  auspicii  della  loro  patria. Che  un  buon  cittadinoper amore della patria debbo dimenticare l’ingiurie’ private.Era  Manlio  consolo  con  l’esercito  con-ira ai  Sanniti*  ed  essendo  stato  in  unazuffa  ferito,  e per  questo  portando  legenti  sue  pericolo,  giudicò  il  Senato  es-ser necessario  mandarvi  Papirio  Cur-sore dittatore,  per  sopplire  ai  difetti  delConsolo.  Ed  essendo  necessario  che  ’lDittatore  fusse  nominato  da  Fabio,  ilquale  era  con  gli  eserciti  in  Toscana;  edubitando,  per  essergli  nimico,  che  nonvolesse  nominarlo;  gli  mandarono  i Senatori due  ambasciadori  a pregarlo,  che,posti  da  parte  gli  privati  odii,  dovesseper  benefìzio  pubblico  nominarlo.  Il  cheFabio  fece,  mosso  dalla  carità  della  pa-tria; ancora  che  col  tacere  e con  mol-ti altri  modi  facesse  segno  che  talenominazione  gli  premesse.  Dal  qualedebbono  pigliare  essempio  tutti  quelli,che  cercano  d*  essere  tenuti  buoni  cit-tadini.  Quando  si  vede  fareuno  errore  grande  ad  un  nimico ,si  debbe  credere  che  vi  sia  sono  in-ganno.Essendo  rintaso  Fulvio  Legato  nelloesercito  che  i Romani  avevano  in  To-scana, per  esser  ito  il  Consolo  per  al-cune cerimonie  a Roma;  i Toscani,  pervedere  se  potevano  avere  quello  allatratta,  posono  un  aguato  propinquo  aicampi  romani,  e mandarono  alcuni  sol-dati con  veste  di  pastori  con  assai  ar-mento, e gli  feciono  venire  alla  vista dello  esercito  romano:  i quali  così  tra-vestiti si  accostarono  allo  steccato  delcampo;  onde  il  Legato  meravigliandosidi  questa  loro  presunzione,  non  gli  pa-tendo ragionevole,  tenne  modo  ch’egliscoperse  la  fraude;  e cosi restò il di*>igno de Toscani rotto. Qui si può comoramente  notare,  che  un  capitano  dieserciti  non  debbe  prestar  fede  ad  unoerrore  che  evidentemente  si  vegga  fareal  nimico:  perchè  sempre  vi  sarà  sottofronde,  non  sendo  ragionevole  che  gliuomini  siano  tanto  incauti.  Ma  spesso  ildisiderio  del  vincere  acceca  gli  animi degli  uomini,  che  non  veggono  altro  chequello  pare  facci  per  loro.  I Franciosi avendo  vinti  i Romani  ad  Allia,  e venendo a Roma,  e trovando  le  porte  aperte e senza  guardia,  stettero  tutto  quel  giorno e la  notte  senza  entrarvi,  temendo  di fraude,  e non  potendo  credere  clic  fusse tanta  viltà  c tanto  poco  consiglio  ne’ petti  romani,  che  gli  nbbandonassino  la patria.  Quando  nel  4508  s’andò  per  gli Fiorentini  a Risa  a campo,  Alfonso  del Mutolo,  cittadino  pisano,  si  trovava  prigione dei  Fiorentini,  e promise  che  s’egli era  libero,  darebbe  una  porta  di  Pisa all’esercito  fiorentino.  Fu  costui  libero. Dipoi,  per  praticare  la  cosa,  venne  molte volte  a parlare  coi  mandati  dc’commissari;  e veniva  non  di  nascosto,  ma  scoperto, ed  accompagnato  da’ Pisani;  i quali  lasciava  da  parte,  quando  parlava eoi  Fiorentini.  Talmentechè  si  poteva conietturare  il  suo  animo  doppio  ; perchè non  era  ragionevole,  se  la  pratica fussc  stata  fedele,  eh’  egli  1’  avesse  trattata sì  alla  scoperta.  .Ma  il  disiderio  che s*  aveva  d’  aver  Pisa,  accecò  in  modo  i Fiorentini,  che  condottisi  con  l’ ordine suo  alla  porta  a Lucca,  vi  lasciarono più  loro  capi  ed  .altre  genti  con  disonore loro,  per  il  tradimento  doppio  che fece  detto  Alfonso. Una  repubblica,  a volerla mantenere  libera,  ha  ciascuno  di  bisogno di  nuovi  provvedimenti  ; e per guali  meriti  Quinto  Fabio  fu  chiamato Massimo.  E di  necessità,  come  altre  volte  s’  è «letto,  che  ciascuno  dì  in  una  città  grande 'taschino'  accidenti  che  abbino  bisogno elei  medico  ; e secondo  che  gli  importano più,  conviene  trovare  il  medico  più  savio. E se  in  alcune  città  nacquero  mai  simili accidenti,  nacquero  in  t\oma  e strani ed  insperati;  come  fu  quello  quando  e’parve  cha  tutte  le  donne  romane  avessino congiurato  contra  ai  loro  maritid’  ammazzargli  :  tante  se  ne  trovò  clicgli  avevano  avvelenati,  e tante eh’ ave-vano preparato il veleno per avvelenargli. Come  fu  ancora  quella  congiura  de’Baccanali,  clic  si  scopri  nel  tempo  dellaguerra  macedonica,  dove  erano  già  in-viluppati molti  migliaia  d’  uomini  e didonne;  e se  la  non  si  scopriva,  sarebbestata  pericolosa  per  quella  città  ; o sep-pure i Romani  non  fussino  stati  con-sueti a gasligare  le  muititudiui  degli  uo-mini erranti:  perchè,  quando  e’  non  sivedesse  per  altri  infiniti  segni  la  gran-dezza di  quella  Repubblica,  e la  potenzadelle  esecuzioni  sue,  si  vede  per  la  qua-lità della  pena  che  la  imponeva  a chi errava.  Nè  dubitò  far  morire  per  via  digiustizia  una  legione  intera  per  volta,ed  una  città  tutta;  e di  confinare ottoo diecimila  uomini  con  condizioni  straor-dinarie, da  non  essere  osservate  da  unsolo,  non  che  da  tanti:  come  intervennea quelli  soldati  che infelicemente  ave-vano combattuto  a Canne,  i quali  con-finò in  Sicilia,  c impose  loro che  nonalkergassino  in  terre,  e che  mangias-sino  ritti.  Ma  di  tutte  1’  altre  esecuzioniera  terribile  il  decimare  gli  eserciti,  dovea scorte  da  tutto  uno  esercito  era  mortod’ogni  dieci  uno.  Nè  si  poteva,  a gasli-gare  una  multit udine,  trovare più  spa-ventevole punizione  di  questa.  Perchè quando  una  moltitudine  erra,  dove  nonsia  1’  autore  certo,  tutti  non  si  possonogastigare,  per  esser  troppi;  punirneparte  e parte  lasciare  impuniti,  si  fa-rebbe torto  a quelli  che  si  punissino,  egli  impuniti  arebbono  animo  di  errareun’  altra  volta.  Ma  ammazzare  la  decimaparte  a sorte,  quando  lutti  la  meritano,0,1  ' è punito  si  duole  della  sorte;  ehinon  è punito,  ha  paura  che  un’  altravolta  non  tocchi  a lui,  c guardasi  di  er-rare. Furono  punite,  adunque,  le  vene-fiche e le  baccanali  secondo  che  meri-tavano i peccali  loro.  K. benché  questi morbi  in  una  repubblica  faccino  cattivieffetti,  non  sono  a morte,  perchè  semprequasi  s’  ha  tempo  a correggerli  : ma  nons’  ha  già  tempo  in  quelli  che  riguardanolo  Stato,  i quali  se  non  sono  da  un  pru-dente corretti,  rovinano  la  città.  Eranoin  Roma,  per  la  liberalità  che  i Romaniusavano  di  donare  la  civilità  a’ forestieri,nate  tante  genti  nuove,  che  le  comin-ciavano avere  tanta  parte  ne’ suffragi,che  ’l  governo  cominciava  a variare,  epartivasi  da  quelle  cose  e da  quelli  uo-mini dove  era  consueto  andare.  Di  cheaccorgendosi  Quinto  Fabio  che  era  Cen-sore, messe  tutte  queste  genti  nuoveda  chi  dipendeva  questo  disordine  sot-to quattro  Tribù,  acciocché  non  potessino,  ridotte  in  si  piccioli  spazi,corrompere  tutta  Roma.  Fu  questa  cosaben  conosciuta  da  Fabio,  e postovi  sen*za  alterazione  conveniente  rimedio;  ilquale  fu  tanto  accetto  a quella  civi-lità,  che  meritò  d’esser  chiamato  Mas*sirno Niccolò  Machiavelli  a Zanobi  Buondel-monti  e Cosimo  Rucellai  salute.  Quali  siano  stati  universalmente  iprincipii  di  qualunque  città,  e qualefosse  quello  di  Roma Di  quanto  spezie  sono  le  repubbliche,e di  quale  fu  la  Repubblica  Romana.  Quali  accidenti  facessino  creare  inRoma  i Tribuni  della  plebe;  il  chefece  la  Repubblica  più  perfetta  ...Che  la  disunione  della  Plebe  e delSenato  romano'  fece  libera  e potentequella  Repubblica ; . . . Dove  più  securamente  si  ponga  laguardia  della  libertà,  o nel  Popolo  one’ Grandi;  e quali  hanno  maggiorecagione  di  tumultuare,  o chi  vuoleacquistare  o chi  vuole  mantenere.  . . Se  in  Roma  si  poteva  ordinare  unoStato  che  togliesse  via  le  inimicizieintra  il  Popolo  ed  il  Senato Quanto  siano  necessarie  in  una  Re-pubblica le  accuse  per  mantenere  lalibertà Quanto  lo  accuse  sono  utili  allerepubbliche,  tanto  sono  perniziose  lecalunnie.  hiIX.  Come  egli  ènecessario  esser  soloavolere  ordinare  una  repubblica  dinuovo,  oal  tutto  fuori  delli  antichisuoi  ordini  riformarla 68X.  Quanto  sono  laudabili  i fondatorid’una  repubblica  o d’uno  regno,  tantoquelli  d’ una  tirannide  sono  vitupera-bili Della  religione  de’  Romani 8*2XII.  Di  quanta  importanza  sia  teneroconto  della  religione,  e come  la  Italiaper  esserne  mancata  mediante  la  Chie-sa romana,  è rovinata Come  i Romani  si  servirono  dellareligione  per  ordinare  la  città,  e per seguire  le  loro  imprese  e fermare  itumulti . .I Romani  interpretavano  gli  auspicii  secondo  la  necessità,  o con  la prudenza  mostravano  di  osservare  la religione,  quando  forzati  non  1‘  osser-vavano; e se  alcuno  temerariamentela  dispregiava,  lo  punivano 100dio  alle  cose  loro  afflitte,  ricorsonoalla  religione ~Un  popolo  USO  a vivere  sotto  unprincipe,  se  per  qualche  accidente  diventa libero,  con  difficult-à  mantienela  libertà.  . ^ag.  Uno  popolo  corrotto,  venuto  in  li-bertà, si  può  con  dit'ticnltà  grandissima mantenere  libero   In  che  modo  nelle  città  corrotte si  potesse  mantenere  uno  Stato  libero,essendovi;  o non  essendovi,  ordinarvelo Dopo  uno  eccellente  principe  si  puòmantenere  un  principe  debole;  madopo  un  debole,  non  si  può  con  unaltro  debole  mantenere  alcun  regno.Due  continove  successioni  di  principi virtuosi  fanno  grandi  effettivecome  le  repubbliche  bene  ordinatehanno  di  necessità  virtuose  successioni: e però  gli  acquisti  ed  augu-menti  loro  sono  grandi Quanto  biasimo  meriti  quel  prin-cipe e quella  repubblica  che  mancad"armi  proprie Quello  che  sia  da  notare  nel  casodei  tre  Orazi  romani,  e dei  tre  Curiazalbani Che  non  si  debbe  mettere  a pericolo tutta  la  fortuna  e non  tutte le  forze;  e per  questo,  spesso  il  guardare i passi  è dannoso  Le  repubbliche  bene  ordinatecostituiscono  premii  e pene  a'  loro cittadini,  nè  compensano  mai  P uno con  r altro Chi  mole  riformare  nno  Stato antico  in  una  città  libera,  ritenga  almeno V ombra  desmodi  antichi  Un  principe  nnoro,  in  nna  cittào provincia  presa  da  Ini,  debbo  faro ogni  cosa  nnova Sanno  rarissime  volte  gli  nomi-ni essere  al  tutto  tristi  o al  tatto buoni.  IniPer  qual  cagione  i Romani  fu-rono meno  ingrati  agli  loro  cittadini che  gli  Ateniesi Quale  sia  più  ingrato,  o un  po-polo, o un  principe Quali  modi  debbe  usare  un  prìncipe o nna  repubblica  per  fuggirò  questo vizio  della  ingratitudine;  e qnali quel  capitano  o quel  cittadino  per  non essere  oppresso  da  quella Che  i capitani  romani  per  errore commesso  non  furono  mai  istraordi- nariamente  puniti;  nè  furono  inai  an-cora puniti  quando,  per  la  ignoranza loro  o tristi  partiti  presi  da  loro»  ne fussino  seguiti  danni  alla  repubblica,  lfil Una  repubblica  o nno  principenon  dobbe  differire  a beneficare  gli uomini  nelle  sue  necessitati.  Quando  uno  inconveniente  è cresciuto  o in  uno  Stato  o contra  ad uno  Stato,  è più  salutifero  partito  temporeggiarlo che  urtarlo P&g» L'autorità  dittatoria  fece  tene,e non  danno,  alla  repubblica  romana  :o come  lo  autorità  che  i cittadini  si  toPgono,  non  quelle  che  sono  loro  dai suffragi  liberi  date,  sono  alla-  vita  ci^vile  perniciose La  cagione  perchè  in  Roma  la creazione  del  decemvirato  fu  nociva alla  libertà  di  quella  repubblica,  non ostante  che  fosse  creato  per  suffragi pubblichi  e liberi Non  debbono  i cittadini  che hanno  avuti  i maggiori  onori,  sdegnarside'  minoriQuali  scandali  partorì  in  Roma la  legge  agraria:  e come  fare  una legge  in  una  repubblica  che  risguardi assai  indietro,  e sia  contra  ad  unaconsuetudine  antica  della  città,  èscandolosissimo Le  repubbliche  deboli  sonomale  risolute,  e non  si  sanno  delibe-rare; e se  le  pigliano  mai  alcuno  par-tito, nasce  più  da  necessità  che  daelezione  In  diversi  popoli  si  veggonospesso  i medesimi  accidenti . . rrr~.  m.  La  creazione  del  decemvirato  inRoma,  e quello  che  in  essa  è da  no-tare:  dove  si  considera,  intra  moltealtre  cose,  come  si  può  salvare  persimile  accidente,  o oppressare  una  re-pubblica  Saltare  dalla  urailità  alla  superbia, dalla  pietà  alla  crudeltà,  senza  debiti mezzi,  è cosa  imprudente  ed  inutile. Quanto  gli  uomini  facilmente  si possono  corrompere . Quelli  che  combattono  per  la  gloria propria,  sono  buoni  e fedeli  soldati  Una  moltitudine  senza  capo  èinutile:  e non  si  debbe  minacciare prima,  e poi  chiedere  P autorità  È cosa  di  malo  esempio  non  osservare una  legge  fatta,  e massimedallo  autore  d'essa:  e rinfrescare  ogni dì  nuove  ingiurie  in  una  città,  è a chi  la  governa  dannosissimo Gli  uomini  salgono  da  un'  ambizione ad  un'altra;  e prima  si  cercanon  essere  offeso,  dipoi  di  offendere altrui Gli  uomini,  ancora  che  si  ingannino ne’ generali,  nei  particolari  non si  ingannano  Chi  vuolo  che  uno  magistrato non  sia  dato  ad  un  vile  o ad  un  tristo, lo  facci  domandare  o ad  un troppo  vile  e troppo  tristo,  o ad  uno troppo  nobile  e troppo  buono Se  quelle  città  che  hanno  avuto il  principio  libero,  come  Roma,  hanno difficoltà  a trovare  leggi  che  le  mantenghino;  quelle  che  lo  hanno  immediate servo,  ne  hanno  quasi  una impossibilita L.  Non  debbo  uno  consiglio  o uno  magistrato potere  fermare  le  azioni  della città LT.  Una  repubblica  o uno  principe  debbo mostrare  di  fare  per  liberalità  quello a che  la  necessità  lo  constringe  A reprimere  la  insolenza  di  uno che  sorga  in  una  repubblica  potente, non  vi  è piu  securo  e meno  scando- loso  modo,  che  preoccuparli  quelle  vie per  lo  quali  o’vieno  a quella  potenza.  Il  popolo  molte  volto  desidera  la rovina  sua,  ingannato  da  una  falsa spezie  di  bene  : e come  le  grandi  speranze e gagliardo  promesse  facilmente lo  muovono 25S Quanta  autorità  abbia  uno  uomo grande  a frenare  una  moltitudine Quanto  facilmente  si  conduchino  le cose  in  quella  città  dove  la  moltitu-dine non  è corrotta:  e che  dove  è eqnalità,  non  si  può  faro  principato;e dove  la  non  è,  non  si  può  far  re-pubblica   26SLVI.  Innanzi  che  seguino  i grandi  acci-denti in  una  città  o in  una  provin-eia,  vengono  segui  che  gli  pronosti-cano, o Domini  che  gli  predicono.  PLa  plebe  insieme  è gagliarda;  diper  se  è deboleLa  moltitudine  è più  savia  e piùcostante  che  un  principe altri  si  può  più  fidare;  o di  quellafatta  con  una  repubblica,  o di  quellafatta  con  nno  principe Come  il  consolato  o qualunque  altro magistrato  in  Roma  si  dava  senzarispetto  di  età Quale  fu  più  cagione  dello  imperioche  acquistorono  i Romani,  o la  virtù,o la  fortuna Con  quali  popoli  i Romani  ebbero  acombattere,  e come  ostinatamentequelli  difendevano  la  loro  libertà.  . Roma  divenne  grande  città  rovi-nando le  città  circonvicine,  e rice-vendo i forestieri  facilmente  a'  suoionori Le  repubbliche  hanno  tenuti  tre  modicirca  lo  ampliare lingue,  insieme  con  1~ accidente  de-1  diluvi o delle  pesti,  spegno  la  memo-ria dello  cose,  . Come  i Romani  procedevano  nel  farela  guerra Quanto  terreno  i Romani  davanoper  colono La  cagione  perchè  i popoli  si  par-tono da’ luoghi  patrii,  ed  inondano  ilpaose  altrui Quali  cagioni  comunemente  faccinoX.  I danari non sono  il  nervo  dellaguerra,  secondo  elio  è la  comune  op-pinone Non  è partito  prudento  fare  amici-zia con  un  principe  che  abbia  piùoppinione  che  forze assaltato,  inferire,  o aspettare  laguerra Che  si  viene  (li  bassa  a gran  for-tuna più  con  la  fraude,  che  con  laforza t Ingannansi  molte  volto  gli  uomini,credendo  con  la  nmilità  vincere  la  su-perbia  Gli  Stati  deboli  sempre  fieno  ambi-gui nel  risolversi:  e sempre  le  deli-berazioni lente  sono  nocive Quanto  i soldati  ne’  nostri  tempi si  disformino  dalli  antichi  ordini  . Quanto  si  debbino  stimare  daglieserciti  ne’  presenti  tempi  le  artiglie-rie  ; e se  quella  oppinione  che  se  neha  in  universale,  è vera Come  per  I’  autorità  de*  Romani,e per  lo  essempio  della  antica  mili-zia, si  debbe  stimare  più  le  fanterieche  i cavagli . Che  gli  acquisti  nelle  repubbli-che non  bene  ordinate  e che  secondola  romana  virtù  non  procedono,  sonoa rovina,  non  a esaltazione  di  esse  .Quale  pericolo  porti  quel  principeo quella  repubblica  che  si  vale  dellamilizia  ausiliare  a mercenaria Il  primo  Pretore  che  i Romanimandarono  in  alcun  luogo,  fu  a Capo-va,  dopo  quattrocento  anni  che  co-minciarono a far  guerra Quanto  siano  false  molte  volte  leoppinioni  degli  uomini  nel  giudicarele  cose  grandi Quanto  i Romani  nel  giudicarei sudditi  per  alcuno  accidente  che  ne-cessitasse tal  giudizio,  fuggivano  lavia  del  mezzo Le  fortezze  generalmente  sonomolto  più  dannose  che  utili Che  Io  assaltare  una  città  disu-nita,  per  occuparla  mediante  la  suadisunione,  è partito  contrario.  . . . Il  vilipendio  e l’improperio  ge-nera odio  contra  a coloro  che  l’usa-no, senza  alcuna  loro  utilità Ai  principi  e repubbliche  pru-denti debbe  bastare  vincere  ; perchè  ilpiù  delle  volte,  quando  non  basti,  siperde  Quanto  sia  pericoloso  ad  unarepubblica  o ad  uno  principe  non  ven-dicare una  ingiuria  fatta  contra  alpubblico  o contra  al  privato La  fortuna  accieca  gli  animi  de-gli uomini,  quando  la  non  vuole  chequelli  si  opponghino  a’  disegni  suoi Le  repubbliche  e gli  principi  ve-ramente potenti  non  comperano  l' ami-cizie con  danari,  ma  con  la  virtù  econ  la  riputazione  delle  forzo  .... Quanto  sia  pericoloso  credere  agli sbanditi In  quanti  modi  i Romani  occu-pavano le  terre Come  i Romani  davano  agliloro  capitani  degli  eserciti  le  commis-sioni libere A volere  che  una  setta  o una  repub-blica viva  lungamente,  è necessarioritirarla  spesso  verso  il  suo  principio.  Come  gli  è cosa  sapientissima  simu-lare in  tempo  la  pazzia 5Come  egli  è necessario,  a volermantenere  una  libertà  acquistata  dinuovo,  ammazzare  i figliuoli  di  Bru-to   Pag-Non  vive  sicuro  un  principe  in  unprincipato,  mentre  vivono  coloro  chene  sono  stati  spogliati Quello  che  fa  perdere  uno  regno  aduno  re  che  sia  ereditario  di  quello  . Delle  congiure Donde  nasce  che  le  mutazioni  dallalibertà  alla  servitù,  e dalla servitùalla libertà,  alcuna  n1  è senza  sangue,alcuna  n"  è piena Chi vuole  alterare  una  repubbli-ca, debbo  considerare  il  soggetto  diquella Come  conviene  variare  coi  tempi,volendo  sempre  aver  buona  fortuna  . Che  uu  capitano  non  può  fuggire  lagiornata,  quando  1’  avversario  la  vuolfare  in  ogni  modo Che  chi  ha  a fare  con  assai,  an-cora Che  sia  inferiore,  purché  possasostenere  i primi  impeti,  vince.  . . . Come  un  capitano  prudente  debboimporre  ogni  necessità  di  combattereai  suoi  soldati,  e a quelli  delli  minicitorla golP0Ye  8*a  Più  confidare,  o innuo  buono  capitano  che  abbia  l;eser-cp°  debole,  o in  uno  buono  esercitoche  abbia  il  capitano  debole. Le  invenzioni  nuove  che  appari-scono nel  mezzo  della  zuffa,  e le  vocinuove  che  si  odono,  quali  effetti  fac-cino   Come  uno  e non  molti  siano  preposti ad  uno  esercito,  o come  i piùcomandatori  offendono Che  la  vera  virtù  si  va  ne' tempidifficili  a trovare;  e ne*  tempi  facilinon  gli  uomini  virtuosi,  ma  quelliche  per  ricchezze  o per  parentado  pre-vagliono,  hanno  più  graziaChe  non  si  offenda  uno,  e poiquel  medesimo  si  mandi  in  ammini-strazione e governo  d’ importanza. Nessuna  cosa  è più  degna  d' uncapitano, che presentire i partiti  delnimico.  Se  a reggere  una  moltitudine  èpiù  necessario  lo  ossequio  che  la  pena. Uno  essempio  d'umanità  appresso ai  Falisci  potette  più  d' ogni  forza romana Donde nasce che Annibale con diverso modo di procedere da Scipione,  fa  quelli  medesimi  effetti  in Italia  che  quello  in  Ispagna. Come  la  durezza  di  Manlio  Torquato e l’umanità  di  Valerio  Corvino acquistò  a ciascuno la medesima gloria. Per quale cagione Cammillo fnsse cacciato di Roma. La prolungazione degl’imperi  fa  serva  Roma. Della  povertà di Cincinnato,  e dimolti  cittadini  romani. Come per cagione di femmine si rovina uno Stato . Come  e'  si  ha  a nnire  una  città divisa;  e come  quella  oppinione  non è vera,  che  a tenere  le  città  bisogna tenerle  disunite. Che si debbe  por  mente  alle opere  de’  cittadini,  perchè  molte  volte sotto  un’opera  pia  si  nasconde  un  principio di  tirannide. Che gli peccati dei popoli nascono dai  principi. Ad  uno  cittadino  che  voglia  nella sua  repubblica  far  di  sua  autorità  alcuna opera  buona,  è necessario  prima spegnere l’invidia:  e come,  venendo il  nimico,  s’ha  a ordinare  la  difesa d’una  città  Le  repubbliche  forti  o gli  uomini eccellenti  ritengono  in  ogni  fortuna il  medesimo  animo  e la  loro  medesima dignità. Quali  modi  hanno  tenuti  alcuni a turbare  una  paco. Egli  è necessario,  a voler  vincere una  giornata,  fare l’esercito  conattente  ed  infra  loro,  e con  il  capittano. Quale  fama  o voce  o oppinione fa  che  il  popolo  comincia  a favorire un  cittadino:  e se  ei  distribuisce  I magistrati  con  maggior  prudenza  che un  principe. Quali  pericoli  si  portino  nel  farsi capo  a consigliare  una  cosa; e quanto ella  ha  più  dello  straordinario,  maggiori pericoli  vi  si  corrono  .  La  cagione  perchè  i Franciosi sono  stati  e sono  ancora  giudicati nelle  zuffe  da  principio  più  che  uomini, e dipoi  meno  che  femmine . Se  le  piccolo  battaglie  innanzi alla  giornata  sono  necessarie,  e come si  debbo  fare  a conoscere  un  nimico nuovo,  volendo  fuggire  quelle  . Come  debbe  esser  fatto  un  capitano nel  quale  1’esercito  suo  possa confidare Che  un  capitano  debbe  esser conoscitore  dei  siti   Come  usare  la  fraudo  nel  maneggiare la  guerra  è cosa  gloriosa.  . Che la patria si debbe difendere o con  ignominia  o con  gloria;  ed  in qualunque  modo  è ben  difesa Che  le  promesse  fatte  per  forza non  si  debbono  osservare Clie  gli  uomini  che  nascono  in una  provincia,  osservano  per  tutti  I tempi  quasi  quella  medesima  natura  E’  si  ottiene  con  l'impeto  e con 1’audacia  molte  volte  quello  che  con modi  ordinari  non  si  otterrebbe  mai  . Qual sia miglior  partito  nelle  giornate, o sostenere  l'impeto  de'  nimici, e sostenuto  urtargli;  ovvero  dapprima con  furia  assaltargli  Donde  nasce  che  una  famiglia  in una  città  tiene  un  tempo  i medesimi costumi Che un buon cittadino per amore della patria debbe dimenticare l’ingiurie private. Quando  si vede fare uno errore, grande ad un nimico,  si debbe credere die  vi  sia  sotto  inganno. Una  repubblica,  a volerla  mantenere libera,  ha  ciascuno  di  bisogno di  nuovi  provvedimenti;  e per  quali meriti  Quinto  Fabio  è  chiamato  Massimo. Tito Livio. Keywords: filosofia romana, Romolo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Livio” – The Swmming-Pool Library, Villa Speranza. For H. P. G. Grice’s Gruppo di Gioco.  Tito Livio.

 

Grice e Lodovici: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della virtù – verso la meta – la meta è l’origine -- filosofia siciliana – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Messina). Filosofo italiano. – Grice: “I like Emanuele Samek Lodovici – very Italian – his metamorfosi della gnosi is good!” -- samek lodovici -- one of the two. Il suo pensiero d'impronta metafisica si oppone al materialismo e al riduzionismo. Esperto della filosofia di Plotino, Sant'Agostino e Marx, si occupa dello gnosticismo che a suo parere si trova ripresentato in diverse filosofie e ideologie dell'età moderna e contemporanea. Figlio del bibliotecario e bibliografo Sergio Samek Lodovici, nativo di Carrara, che lo chiamò come suo fratello maggiore, noto medico e politico. Rimase in Sicilia per breve tempo per poi vivere sempre a Milano. Scampò a soli cinque anni alla tragedia di Albenga, quando dopo il naufragio di un'imbarcazione carica di bambini era stato inserito nel gruppo delle piccole salme, ma il tempestivo intervento di un medico lo salvò. Di formazione e cultura cattoliche, studia a Milano dove si laurea con «Filosofia classica e spiritualità cristiana nel Commento di Sant'Agostino al Vangelo di San Giovanni». Insegna aTorino. Pubblicò due monografie, una su Agostino (con il contributo del C.N.R.), e l'altra sulla gnosi moderna, che gli valsero la cattedra di Filosofia a Trieste.  In una lettera Noce si riferiva così. Nella prima delle sue due opere fondamentali, Dio e mondo, inizia considerando la grave accusa rivolta da Heidegger alla metafisica, ovvero di non aver compreso che cos'è l'«essere» e di aver reificato Dio, di averlo cioè reso una «cosa». Questa critica può essere legittima ma non nei riguardi della metafisica neoplatonica nella forma in cui è stata mediata da Agostino. Individua il fulcro di tale metafisica nella dottrina della «partecipazione» delle idee col mondo, in forza della quale il rapporto di Dio col mondo è una relazione sostanziale e non oggettualità.  In Metamorfosi della gnosi, delinea una fenomenologia della cultura come influenzata da una mentalità inconsciamente gnostica. Tale mentalità ha assunto in sé le tesi dello gnosticismo antico, ovvero la sostanziale negatività del mondo, la possibilità di redenzione dalla oscurità del mondo attraverso un sapere salvifico (gnosi) e la possibilità di un redenzione del mondo realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla sola azione dell'uomo tramite la politica e/o la scienza.  Così nel pensiero gnostico la finitezza e la creaturalità vengono disprezzate e rifiutate, con l'ambizione di creare l'Uomo Nuovo e la Gerusalemme terrena. Insomma, sintesi del pensiero gnostico è quella formulazione che trova il proprio culmine nel «rifiuto di non poter essere Dio»; in tal modo nella visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo gnostico a identificarsi con l'infinito, sgravato com'è da qualsiasi limite.  Da ciò appaiono evidenti gli obiettivi polemici e critici di ogni metamorfosi dello gnosticismo rappresentato nelle forme del riduzionismo antireligioso, del prometeismo marxista, della filosofia radical-relativista diffusa attraverso i media, della corruzione della memoria storica attuata anche attraverso la corruzione del linguaggio ed infine nella strategia della distruzione della famiglia, che è stata potentemente colpita in particolare con la rivoluzione sessuale e con alcuni tipi di femminismo.  Per quanto riguarda la sua pars construens, Safferma che proprio a partire dalla post-marxistica crisi del pensiero secolarista gnostico si deve delineare la necessità di ritornare alla tradizione metafisica, da lui indicata sulla linea di Platone, Plotino e soprattutto Agostino.  In sintonia con l'ermeneutica contemporanea, e pur evitandone le derive nichilistiche, riconosce la struttura storicamente condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della conoscenza, secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non ha le cose», e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa del linguaggio per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne. Rievoca la valenza dell'autocoscienza della ragione e delle sue vastissime potenzialità, sia in bene che in male, e a partire da queste, ne ricorda i limiti, i fallimenti storici e le costitutive incapacità che emergono specialmente nel momento in cui essa viene elevata ad una illuministica idolatria, concretizzandosi nella moderna vita di massa che  «ha affermato la libertà politica da ogni autorità spirituale, finendo per favorire il potere dell’uomo sull’uomo; ha affermato la libertà dell’amore dalla morale per vanificarlo nel sesso; ha affermato di lottare contro ogni religione in quanto superstizione, solo per prepararne una più esiziale, quella della scienza e del successo.»  Piuttosto, una ragione accorta deve, restando autonoma, interagire con la religione, per corroborarla e giustificarla razionalmente o per cercarvi le risposte prime ed ultime.  Tipica poi del suo pensiero  è la «cultura del ricordo», intesa come cultura non di una memoria archeologica bensì di una memoria che guardando ai fallimenti del passato possa liberare il presente dalle menzogne ideologiche e dai progetti utopistici che, ripetendosi nella storia, hanno generato i totalitarismi del XX secolo, e che oggi producono la dittatura del relativismo e del nichilismo. Così la memoria assume una funzione spirituale nel senso che  «mi rende migliore di quello che sono».  La riflessione è dunque nel complesso di carattere etico-sapienzale, consapevole che in ogni agire umano si esplica la ricerca della felicità, una ricerca che, per essere efficace e compiuta, deve però essere immune da qualsiasi utopismo onirico: è alla luce di questa precisazione che può affermare che «non vi è nessuna felicità senza virtù, in altre parole non vi è nessuna felicità senza quell'unica attività che è in grado di rendere l'uomo pienamente umano», perciò «non si può pretendere che l'acquisto della felicità non passi attraverso lo sforzo, la lotta, e in ultima analisi la sofferenza», ed è in tal modo che trovano un senso il limite umano e la sofferenza. Non sfugge al filosofo la coscienza della precarietà della felicità umana, però questa «ben lungi dallo spingerci alla tristezza per l'insaziabilità dell'uomo, va tuttavia vistaottimisticamente, come l'indizio che è un'altra la felicità conforme al livello spirituale degli esseri umani», perché «ultima hominis felicitas non est in hac vita. Saggi: “ Plotino nel In Johannis Evangelium di Agostino, in  Contributi dell'Istituto di filosofia, Vita e Pensiero, La Lettera ai Galati” in Marcione e Tertulliano, in «Aevum», Milano, Agostino, in  Questioni di storiografia filosofica, La Scuola, Brescia); Sul processo di Gesù e su Gesù e gli zeloti, Vita e Pensiero, Marxismo o Cristianesimo, Ares, Sesso, matrimonio e concupiscenza in, Etica sessuale (Milano); Tra cosmologia e metafisica. Note sul concetto di cosmo, in “Il demoniaco nella musica, Giappichelli,  La felicità e la crisi della cultura radicale ed illuministica, in  La crisi della coscienza politica e il pensiero personalista, Libreria Gregoniana, “Dio e mondo: relazione, causa e spazio” (EStudium); “Metamorfosi della gnosi” Ares,  Dominio dell'istante, dominio della morte. Alla ricerca di uno schema gnostico, in «Archivio di Filosofia», Istituto di studi filosofici, Roma, “La gnosi e la genesi delle forme, in «Rivista di Biologia», Il gusto del sapere, Universitas); “L'arte di non disperare. Il gusto del sapere  Estratti di L'arte di non disperare  M.  Picker, Il mio professore di filosofia, Studi Cattolici, Alabiso, La critica dell'attacco macro-strutturale al cristianesimo, Catania. Giacomo L., Profili. L., Studi Cattolici, Sciffo, Le maschere della gnosi, «Avvenire», Barbiellini Amidei, Il filosofo che insegna l'arte della speranza., in «Corriere della Sera», filosofo che insegna arte_della_co shtml G. Feyles, La battaglia di Samek, in «Tempi», tempi la-battaglia-di-samek Fumagalli, L. e Noce: Gnosi e secolarizzazione, Santa Croce, Roma //sergiofumagalli/files/ tesi.pdf  Taddeo, Verità e diritto, Trento G. Segre, una vita per la Verità, «la Bussola Quotidiana» /la nuova bussola quotidiana.com/it/archivio Storico Articolo-emanuele-samek- lodoviciuna vita-per-la-verit- A. Galli, Il ritorno della gnosi, in «Avvenire», Anna, L'origine e la meta. Ares, Milano.  Gnosticismo Cattolicesimo, Noce, Voegelin, Mathieu   su Santi, beati e testimoni, santiebeati.  Il gusto del sapere Universitas, Documentazione interdisciplinare di scienza e fede, Gnosi moderna e secolarizzazione nell'analisi” Fumagalli, Pontificia Università della Santa Croce, Roma, “la gnosi come vero avversario della verità di Restelli, sito "Cultura Cattolica. Emanuele Samek Lodovici. Lodivici. Keywords. la virtù, l’amore sessuuale, il sessuale – la sessualita, il maschile, il machio, il sesso maschile, il vir, virile, virilita. Refs.: Luigi Speranza, “ Grice e Lodovici” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Lodovici: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma) The author of a fascinating essay on philosophical psychology. Figlio di Emanuele Samek Ludovici. Giacomo Samek Lodovici. Lodovici.

 

Grice e Lombardi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- la filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Grice: “I like Lombardi; he took seriously my idea of Philosophy’s Longitudinal Uniity, and like Passmore or Warnock, engaged iin a study of the ‘last hundred years of Italian philosophy. This shows that his interests on Kant, etc., are Italian-based, mainly!” Il padre e avvocato e docente di diritto e procedura penale a Napoli, già allievo prediletto di Bovio, deputato prima e dopo il fascismo, autore di scritti vari di sociologia. La madre Rosa Pignatari fu nipote di  Ciccotti, nella cui casa era cresciuta. Tradusse alcuni degli scritti di Marx nelle Opere edite dal Ciccotti e la Storia del movimento operaio di Edouard Dolleans.  Laureato e libero docente in filosofia lavora in filosofia. Pubblica “Il mondo degli uomini” (Firenze, Le Monnier) Insegna a Roma. Presidente della Società Filosofica Italiana e (sin dalla fondazione) della Società filosofica romana, diresse il "Centro di Ricerca per le Scienze Morali e Sociali" presso l'Istituto di filosofia della Roma. Direttore della rivista De Homine cui si è affiancato il Bollettino Bibliografico per le Scienze morali e sociali. Membro dell’Accademia nazionale dei Lincei. Gli e conferito il premio nazionale "Croce" per la filosofia.  Saggi: “L'esperienza e l'uomo.”“Fondamenti di una filosofia umanistica” (Firenze: Sansoni); “Il mondo morale;”“Feuerbach” (Firenze: Nuova Italia); “Feuerbach e Marx: “Kierkegaard” (Firenze: La Nuova Italia); “La libertà del volere” (Milano: Bocca); La filosofia critica, Roma: Tumminelli; “Il problema kantiano, “Commento alla Critica della ragion pura” Kant vivo (Firenze: Sansoni); Nascita del mondo modern (Firenze: Sansoni); Concetto e problemi di Storia della filosofia” (Asti: Arethusa); “Le origini della filosofia” (Asti: Arethusa); “Libertà” (Asti, Arethusa); “Dopo lo Storicismo” (Firenze: Sansoni); “Ricostruzione filosofica” (Asti: Arethusa); “La filosofia italiana” Asti: Arethusa, Il piano del nostro sapere, Asti: Arethusa); “La posizione dell'uomo nell'universo, Firenze: Sansoni); “Problemi della libertà, Firenze: Sansoni,  Filosofia e civiltà” (Firenze: Sansoni, Saggi Manoscritti inediti Scritti vari di filosofia, Scritti politici Filosofia e Società, Firenze: Sansoni, Filosofia e Società Firenze: Sansoni, Il senso della storia” (Firenze: Sansoni); Aforismi inattuali sull'arte” (Firenze: Sansoni); Galilei: un ante-signano”(Firenze: Sansoni, scritti per l'università, Firenze: Sansoni, “Continuità e Rottura, Firenze: Sansoni, Una svolta di civiltà, n.d.: ERI, Gaetano Calabrò, Torino: Filosofia, Atti del Congresso internazionale di Filosofia, Milano: Castellani & C Editori, Il materialismo storico Atti del Congresso internazionale di Filosofia; Roma: Fratelli Bocca, Il problema della filosofia oggi Varie Taccuini di viaggio Dodici canzoni napoletane, su versi di Salvatore Di Giacomo, Firenze: Forlivesi, Torino: Edizioni di Filosofia, Treccani L'Enciclopedia italiana. Un contributo significativo per la costruzione della filosofia italiana contemporanea, Lincei, in Biblioteca di Filosofi, Sapienza Roma. Franco Lombardi. Lombardi. Keywords: la filosofia italiana, Galilei.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Lombardi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Longino: la ragione conversazionale e il filosofo della regina -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. An adviser to Queen Zenobia. Oddly, when Zenobia is defeated by the Romans, she is taken off to Rome, whereas her adviser is executed.

 

Grice e Longino: la ragione conversazionale e il diritto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A legal scholar and theorist. Uno degl’uccisori di GIULIO (si veda) Cesare. Gaio Cassio Longino. Longino

 

Grice e Longano: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’uomo naturale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Ripalimosani). Filosofo italiano. Grice: “Longano took ‘naturalness’ so seriously that he would apply it to anything: ‘man’ (‘uomo naturale’) and morals (‘morale naturale’).” “I like Longano; he is a systematic logician, as I’m not – therefore he thinks that to study semantics, which logic is, starts with studying signs – as I did in my seminars on Peirce – so Longano is the one I was referring when I mentioned what ‘people were at when they display an interest in natural versus conventional signs; he also has interesting things to say about my favourite parts of speech, syncategoremata!””Allievo di  ZURLO, si trasfere a Campobasso e quindi a Napoli dove divenne allievo di GENOVESI. Fa parte della massoneria ed è considerato un importante esponente dell'illuminismo, fu sostenitore dello stretto rapporto tra anima e corpo e di una visione dell'uomo nella sua interezza. Propugna la rinascita dell'Italia, proponendo un piano di riforme e il superamento del feudalesimo. Altri saggi: “Piano di un corpo di filosofia morale; ossia, Estratto d'un corso di Etica, di economia e di politica” (Napoli,“Dell'Uomo Natural Napoli, “Saggio sul commercio” (Napoli, presso Vincenzo Flauto, Raccolta di Saggi economici per gli abitanti delle due Sicilie, Napoli,  presso Sangiacomo e Campo, “Dell'uomo e della sua morale natura -- Esame fisico, e morale dell'uomo, Napoli, Morelli, Dell'uomo, e sua morale natural, Della morale naturale, Napoli, M. Morelli, Dell'uomo Religioso e cristiano,  Dell'uomo religioso, Napoli, Morelli, “Logica” Viaggio per lo contado di Molise ovvero descrizione fisica, economica e politica del medesimo, Napoli, Viaggio per la Capitanata, Napoli, Sangiacomo, Il Purgatorio ragionato, Lepore, postfazione di Martelli, Campobasso, Palladino, Philosophiae rationalis elementa; De arte logica, Napoli; De metaphysica, Napoli, Orsino; De Jure humanae, Napoli, Biblioteca provinciale di Foggia; L'anno di Genovesi, su biblioteca provincial foggia. Gaetano, su webcache .googleusercontent.com A. Rao, L'amaro della feudalità: la devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli, Guida, Rizzo, La civiltà del Purgatorio: riformismo e anti-clericalismo nella provincia molisana,  S. Borgna,  su delpt.unina, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. I     I BIBLIOTECA NAZ~   Vlttorlo Emanuele III   i   XXIII    \.A    52   NAPOLI         t    V'    PHILOSOPHIAE RATIONALI*?   ELEMENTA   A V f T.   ab* longano   ' N ’ ’   V o L, L    • DE ARTE £OGIC4  r i u ^ u A   Pe rerum ideis , et signi 'f , Jej% erroribus    et ycritate*     N E A p 0 L l  MDCCXCI,   1 . '    Digitized by Google     Digitized by Google    ^ s   fcE CLARIS DIALE C TIGiE  SCRIPTORIBUS.   A D   / >'   JOSEPHUM GANTORIUM.    > . • I 1 V   v ; , % r   P Hilosopkia , Josephe pr^claridiime , in quam  uno Dialectica studio ingredimur , rerun ^  divinarum , kumanarumque sapientiam con-  ticet » Hinc Dialectica inchoat , qutf sapientia  perficit . At vir acerrimi ingenii , divine me-  mori e , et per quam longa meditatione , ac le-  ctione contritus Antonius Genuensis meus ami-  cus , et magister , multa in sua arte logica >  pluraque in aliis desiderans , neminem plane ,  qui jure appellari Dialecticus posset , dicebat .  Habebat itaque vir magnus comprehensam ani-   * f.    \    Digitized by Google    4   m  quem si imitari non possfimifs , at qualif esse  debeat , poterimus fortasse dicere i “   Ars disserendi licet a ratione proficiscatur j  proindeque quolibet in homine ingenita ; verum,-  tamen a Graecis primo elaborata , atque ab us-  dem et monumentis , et literis est cepta man-  dari . Testes enim sunt , j arieter plurimos phi-  losophos illustres , etiam *pene innumerabiles  oratores , uti Lysias , Isocrates , Hyperides ,  JEschines , Lycurgus , Pericles , DemOslheoes ,  aliique plures . Quibus si artem disserendi de-  mas , omnem eorum vim , atque loquendi ce -  piam prorsus evertes . “   . Equidem si hac arte Pericles ( mitto eet«-  fos ) fuisset orbatus', quo pacto tanta cum de-  lectatione aculeos, reliquisset in animis eorum ,  i . a a qui-    %    Digitized by Google     O qi/ibns esset auditus i Quis putet suhtUitateni  ingenii L. Bruto defuisse , qui ex oraculo A-  pollinis tam acute conjecerit , qui summam  prudentiam simulatione stu/titi.c texerit , quique  Civitatem perpetuo dominatu llt er at am fAagi-  stratibus annuis , legibus , ju liciisque devinxe-  rit ? Quis denique putet Appium Cvium , Cato-  nem majorem , Cn. Servilium, Tib. Gracchum ,  t-. Cott..m , P. Scxvolam , L. Crassum , C.  Antonium , Hortensium , C. Cxsarem , Cicero-  nem , aliosque disertissimos Itali x oratores nul-  la Qialecticx Arte fuisse imbutos ? Verum huc  In loco non quxrimus , qui fuerint clari Did-  fectici , sed quanti pretii eorum scripta ; tem-  pus est igiiur , ai id quod instituimus , ac-  ie edere .   Dialectica a Grxcis exorta } ut superius j  bnte Christum an. 4 66. , Zenoni ex urbe P,lea  in hucahia postea Velia Parmenidis Auditori  tribuitur , At Zenonis Logica , quid aliud ,  hi si ars nixandi , cavilldndique , ex qua Elea-  tici Sophistx profanarunt , quorum intolerabi-  lem arrogantiam Socrates Atheniensis prxstan -  tissi no vir ingenio j atque morum probitate it - -  lustris abhorrens , irohica subtilitate eorum iru  st i tuta refellere solebat .   Eleaticam scholam Leucippus Abderita Ze-  lionis discipu'us ante Christum an. 452. sum-  thopere illustravit . Etenim is fuit atomorum  sententix auctor , cujus doctrinam primus in-  stauravit Democritus etiant Abderita , ante Chri-   s 3 stuni      stum 420. ac postremo Epicurus Atheniensis ,  a quo initium schola Epicurea ante Chr . 300.  an. accxpit . , ,   At Socrates , qui cum floreret ante Chr. 41S.  >»• owi«/ genere virtutis r hac tamen fuit luit-  de clarissimus , quod omnium primus homines fe-  lices. reddere studuit . Ille enim non de rerum  natura , atque astrorum motu , iit superiores  philosophi , sed de animo , de perturbationibus ,  de bonis et malis , deyue humana vita , aC mo-  ribus sdpienter disputavit . Quantum vero ad  ijusdem Dialecticam y tota versabatur in eo t  quod principio omnia vocabula definita vellet ,  deinde quibusdam minutis interrogatiunculis pro-  positiones per necessariam consecutionem ita  acute teperet , donec adprxceps inconsideratos  adversarios perduceret. Hujus tanti viri domus t  ciinctx Greci.e quasi ludus cum esset , atque  officina dicendi , minime mirum , si ejus ex  uberrimis sermonibus extiterint tot , thntique  doctissimi viri .   Sed ,, inquies , qui isti tandem fuerint ? Hoc  in nomine , inquam , non sunt habendi , nisi ii  qui maxima cum citra Dialecticam coluerunt ,  quorum illustriores fuerunt Plato , ei qito Aca-  demici , Euclides , ex quo Megarenses ptoma-  narunt . Itemque Anihistenes Cynicorum p arens %  atque Aristippus sbct.t Cyren.torum Conditor .  Hisce veluti ouatuor familiis universd veterum  Dialecticorum multitudo conclusu , ad hxc usque  tempora est 'ptopagata . Quare distincte me pro-   kejm    ''Digitized by Google    iessisse deliror,, si eorundem Xripta Logici  'perpendam *   Plato ante Chr. 39 ^- an ‘ Codrit ex parte p!U  iris , et Solone ex parte .matris editus , in sua  adolescentia exercitationibus gymnasticis , pictu -  ¥  pro morum philosophia Dialecticam praecipuum  m medum f eluit • Hinc ejus auditorei , ut ex   * 4    Digitized by Google      #   Laertio discimus dicti sUAt ,et Megarenses Ut  Dialectici Quantum ad ejusdem disserendi  artem , tota erat iA quadam inductionum , ac  conclusionum serie , eX qua disputandi pressa ,  ratione Eubolides illius distipuius muti a so-  phismatum genera invertit , adhibuitqhe .. At  Diodorus, qui dicitkr . Crbhus , hujus schoU  alumnus sumtno nitore conjectus est , quoniam  Stilponis argutias refellere ignoravit i Megareu i  urguendi modus in Europi barbarie renovatus  inter NOmirta/ium , et Singularium , atque in u  ter Thomistarum et Scotistarum scholas diutii -  sime regnavit . ... ... j   Altet ' Sacratis discipulus fuit Aristippus ]  qui ante Chr. 406. an, floruit i Hic , r* l/r^/  Cyrenarum Socratis fama fercitUs , Athenas  Venit , ut eum audiret , Aristippus fuit Secta  CyrenuicX auctor 4 At tjus sequaces j eque Phy-  sicam ac Dialecticam n egi exedunt . Non miretis  l & tur ) si ‘tohr.em ititer et voluptatem nbllum  discrimen (funerent. Quin imo interiorem dumi-  taxat voluptatis , uut doloris Sensum putabant  ven es^f judicium , quia sentiatur . Verum pb-  testne quisquam dicere, inter eUm , qhi doleat t  et inter eum qui in 'voluptate sit , nihil inter-   esse . Aut ita, qui sentiat f non apertissime  msamai. 1 ix..J   Postremiis Socratis disciphlus fuit Anthiste- '  • n * s -Atheniensis , Cynicorum secta; Jnstituior i  Paucissima hic de arte disserendi scripsit, ut  ex Laertio, in ejus vita » _ Dos iit in gymnasio ,    Digilized by Google    Otqtie Diogenem Sinopeuhl , quem Cynicum co-  gnominant , ' habuit auditorem . En , Josepht  doctissime , Pelui i surculos Dia/ecticie piante ,  quam Zerin seruit Soctates y fj usque discipuli  excoluerunt . Dicendum medo est f quales ei  quatito? fructus unhsquisque eorum produxerit i  iLx Platonis auditoribus , ceteris presiitere  Aristoteles Schole Peripatetice institutor et  princeps , atque Xenocrates Magister Xenonis  Cittici , aili Stoicorum est parens i   Aristoteles Stagirites N icomachi Filius , ma-  gnique Alexandri preceptor , floruit ante Chn  an. 350. Hic enim adeo prestavit , ut excepto  Platone , parem noti invenias . Quis enim illo  gravior in loqtiendo , in sententiis argui ior } iri  docendo copiosiot * in edisserendo subtilior , a’c  tandem in inveniendo , disponendoque admirabi-  lior ? Referti sunt ejus libri et omnigena rerum  cognitioni , et verbis illustribus i Senex impie -  tatis crimine a sacerdotibus accusatus , aufugit t  ln Isyceeo eidem successit Theophrastus il/iai  auditor , quo mortuo pene siluit licet in ets  docuerint Eicon , Aristo , Critolaus , Demetrius -  Phalereus ) et Strato cognomento physicus 4  Quod spectat ad Aristotelis Dialecticam , in  qua fuit pnestantissimus y ejus libri sunt de rct-  tione disserendi multi , et multum probati 4  Etenim veteres scriptores artis hujus usque a  principe illo , atque inventore Zenone repetitos  unum in locum conduxit , et naminatim cujus -  que prscepta magna conquisita tura perspiouS   00 *    te>   Conscripsit , et enodata diligentissime exposuit i  Scis enim nihil esse simul et inventum , et  perfectum . Stagirites itaque omnium primus  attulit hanc artem omnium artium maximam ,  - et quasi lucem ad ea , quit- confusa , jejuna , et  exilia cntum ante annos scripta erant .   Ad Platonis scholdrti refertur quoque Zeno  Cittieus ante Chr. 300. an. qui fuit Xenocratis  Chalcedonii discipulus . Trigesimo sum xtatii  anno Athenais ivit , ht iiras illos nosceret ,  'quorum opeta lectitarat . Principio Craten *  deinde Stilponefn i Xenocratem , atque Diodo-  rum Crontim audivit . In Stoa scholam ape*  ruit , habuit que nonnullos discipulos , quos mo-  rum honestate plus , quam scientiis informabat i  Etenint multa de justitia , de fortitudine , de  temperantia , de amicitia , deque hujusmodi ahis  Stoici graviter , et enucleate scripserunt. Quan-  tum autem ad artem disserendi , quam ab  Oratoria arte sej ungerent , nihil in eo gene-  te , quod ad disputandum valet , praetermis-  sum est. Quaque Dialectici nunc tradunt , et  docent, nomie ab illis philosophis instuta suhtj  ' kt inventa ?   At, inquies, pr teter dinumeratos iisdem fere  iempbrihus floruerunt etiam Parmenides , Xe-  nocrates Ciren.ei , Stilpo Megarensis , ac deni-  que Epicurus tantx scholte conditor , qui si  Dialectici non sunt habendi , nescio hoc nometi  cui tribui possit . Sed quid insipientius , quarti  isti omnes i Parmenides enim , et Xenocrates   iritrtt    Digitized by Googlt'    .. : . . H   increpabant eorum arrogantiam , quasi irafi ,  Hui cum sciri nihil possit , audeant se scire  dicere . Uipsum dicendum de Cyrenxis qdi  hegant esse quid quam , qtlod percipi possit ex-  trinsecus , sed ea se sola percipere , qti.e tactil  intimo sentiant . Nihil de Stilpone. Quam  fnu'ta ille cofitra sensus , 'quam multa contra  omnia , qu.e in consuetudine probantur ? Nihil-  que de Epicuro , 1 eujus tt>ta Dialectiea in sen-  sibus erat . It e mq ile ex Dialectica tollit defi-  nitiones : nihil de diitisione ddcet : non quomo-  do efficiatur concludaturqile ratio , tradit : non  qua via captiosa solvantur , ambigua distinguari -  tar , oftetidit ■. Tu quidem, inquis, loiurrt  Epicurum e philosophorum choro sustulisti .  Ita sane, flatu qtiomodo philosophiis, qui disse-  rendi artem nullam habuit ? qui in physicis tam  plumbeus , qui Solem bipedalem facit , qui de  atomis tot puerilia fingit ', qiii tandem regulam  veri , et falsi in sensibus ponit ? Nonne hxc  discere liidus esset ? Verum ab hoc tam credii-  lo , qui numquam setlsus mentiri putat , disci-  damus.   Insuper pressifis affis , et inquis , quod Arce  silas , ChrysippuS , Pyrrho , et Carneades sum-  mi Dialectici fuerint , qtioniam Arcesilas fuit  medix Academix parens , Chrysippus fitlcire  putabatur porticuih Stoicorum , Pyrrho scepil -  eorum' sectam , et Carneades novam Academiam  eonJidit .   Primum Arcesilas Pilanx natus in JEolide-   *ntc    !    4    % • .   * • ^   ante Chr. 290. floruit ; Cratique in Academia  successit . Juxta Laertium Arcesilus omnium -  primus utramque in partem disserere aggressus  est . Quod esi omnino falsum ex ipso Laertio ,  qui in ejusdem vita etiam scripsit : Primui  Orationis modos , quos Plato tradiderat , novit ,  'effecitque per interrogationem ct resportsionem  contentiosius Id ipsum asserit Cic. libro de   • Oratore tertio: Arce silis primum. , qui Polemo-   nem audierat , ex variis Platonis libris , et  sermonibus Socratis , hoc maxime arripuit f  nihil esse certi * quod aut sensibus , aut animo  percipi possit : quem fuerunt eximio qubdar/i  Usum lepore dicendi , aspernatum esse omne  animi , sensusque judicium ; primumque insti-  tuisse , tlon quid ipse sentiret , ostendere ; sed  centra id quod quisque se sentire dixisset , di-  sputare . Ai darius libro de finibus secundo :  Socrates percontando , atque interrogando elicere  solebat eorum opinibnes , quibuscum disserebat j  iit ad ea , qu.c hi respo id ssent , si quid vi le-  tetur , diceret . Qui mos cum a posterioribus  non esset retentus , Arcesilus euiti revocavit ,  tt instituit • Hoc ipsum in questionibus Aca-  demicis novam appellant , qux milii vetus vi-  detur ; siquidem Platonem ex illa veteri nume -  • j. ramus , cujus in libris nihil affirmatur , ei iri   utramque partem multa disseruntur , de omni-  bus queritur , nihil certi dicitur . Hac de cau-  . sa sicut i Tib. Gracchum populi Poma ni per-   ' . turbatorem , ita Arcesi/am Reip. philosophorum   • „ e     *    Digitized by Google    . **   fversorem appellavit : Habendus ergo Dialecticus ,  pt quidem summus , qui negat quicquam sciri y  neque comprehendi posse , ne illud ipsum quod  fi. ocrates , st nihil scire ? Sed si nihil sciri ;  ni hi /que comprehendi possit, quo pacto rationis  artificia convellere posse , dicebat ? Insuper not-  iis innotescit probabilitatem maximam vim ha-  bere in artibus . Artes autem sine»scientiis esse  non posse . Qua cum fint , pateretur fortasse  hoc "Raffael Urbinus aut Michael- An gelus , aut  Titianus nihil se scire , cum in eorum operibus  esset tanta solerjia ? Vide quxso , quos , et  quantos laqueos sibi Scepticf texuerunt .   Quantum ad Chrysippum Cilicum professione  Stoicum , et Zenonis Auditorem, qui ante Chr.  £ 30 . an. vixit , scis illum fuisse virum et  vafrum , et ingeniosum . Scis etiam eundem  scriptitasse plusquam septigentos libros , quorum  pars maxima in Dialecticis versabatur . Sed  intellege , ouid Scioppius in Elementis philoso-  phia sioictp moralis : neque tamen , ait , defen-  dere , ac negare velim fuisse Stoicorum non  paucos , qui specie ingenui illecti >, inanibus ar-  gutiis Ipdibria quadam excitando severissima ,  et gravissima ortionis in contemptum adduxe-  rint ; quorum princeps jure dici possit Chry-  sippus , qui cum esset magna ingenii vi p ra-  dit us , mireque ad quidvis excogitandum celer  et acutus , nihil aque solebat labofare , quam  ut non reliquarum tantum' sectarum inventori-  bqs contradiceret , sed a Magistris etiam su/q   Zeno»    % e none , et Cieant e pleri sque in rebuS dissideret,,  1'uitne summus Dialecticus , teste eodem Sciop-  pio , qui persep.e scripsit eadem , saepius sibi  contraria , ac repugnautia ?   Sequitur Pyrrho Peloponesiacus , qui primo '  picturam exercuit , atque artate Alexandri Ma-  gni , quem suis in bellis comitatus est , floruit.  Pyrrho Anaxagarxr auditor , illa ipsa Sentiit ,  qur Arcesilas , proindeque nihil decerni > neque  quidquam comprehendi posse dicebat . At de  Pyrrhoniis ita A. Gellius lib. %l. Cum h.ec  autem consimiliter tam Pyrrhanii dicant , quam  Academici , dtjjtrre tamen inter sese , et propter  alia qu.edam , et vel maxime propter ea existimati  sunt , quod Academici quidem ipsui/t illud nihil  posse comprehendi comprehendunt ; et nihil posse s  discerni , quasi discernunt : Pyrnhoaiii ne ii qui-  dem ullo pacto videri verum dicunt , quod aihil  esse verum videtur . Sextus autem Empyricuf  Pyrrhonios inter , et Academicos aliud discri- '  pien invenit , scilicet : Arcesi/as amnem judicii  suspensionem habuit bonam , atque solam adji-  piationem uti semper malam putavit. Sed Pyr-  rho , ej usque auditares adfirmationem non esse  secundum naturam , verum secundum id quod  apparet , disputabant . Qui i multa ? Inter mor-  tem , et vitam Pyrrho nullum discsrimcn agno-  vit , quod Epictetus , licet hanc sectam dilige-  ret , damnabat .   Sequitur po (tremo loco Carneades illustris  philosophus Grecus , qui habetur teri i a- Acas/t-    'Digitized by Google    pii* parens , et floruit ante Ckr. 160. an. ve-  gum qui Academi ,e auctor ? nonne scis Carnea -  liem fuisse veteris instaut atorem , vel venuq  assertorem ? Hinc f icero hero de nat . Deor.  primo : la philosophia , ratio contra omnia dis-  serendi , nullamque rem aperte judicandi , pro-  fecta a Socrate , repetita ah Arcesila , confir-  mata a Carneade usque ad nostram viguit xta-  tem. Hic enim disputans , omnibus veris false;  quicdam adjuncta esse tanta similitudine , ut in  iis nulla insit judicandi , ac assentiendt nota «  At, inquies , eum maximum fuisse Dialecticum,  quoniam de eo sic Cicero scripsit • Carneadis  yis incredibilis illa dicendi , et varietas argu-  mentorum perquam esset optanda nobis : qui  pullam in illis suis disputationibus rem defen-  dit , quam non probarit , nullam oppugnavit ,  quam non everterit • Ulterius dices ? Nonne,  ipse Cicero eum extimuit , cum it; libro de  ■ legibus primo ait : perturbatricem autem harum  omnium Academiam hanc ab Arcesila , et Car-  neade recentem exoremus , ut sileat . Nam si  invaserit in hxc , que satis scite nobis instru-  cta , et composita videntur , nimias edet ruinas .  Quam quidem ego placare cupio , submovere  tton audeo . Ex quibus tandem optime concludis ^  Carneadem summum fuisse Dialecticum •   Sit sane Carneades Dialecticus , et quident  nummus . Dic mihi , vir prestantissime , cum  Logici finis sit veritatem cujusque generis in -  pdtiqare , estne Dialecticus f qui eam tollit ,    tf   ejusdemque est eversor ? nonne in Senatu Rol\  mano maxima populi frequentia cum is pro  justitia , et in justitiam Jisputasset , eam radici-  tus evulserit i Ulterius qui de omnibus dubitat t  dubiamne quoque reddit sui ipsius assertionem ?  Similiter } qui universa ut falsa habet , nonne  eidem est quoque falsum , quod ipse asserit l  Hinc profecto intelliges Ciceronem timuisse  Carneadem , non ut potentem Logicum , sed ut  iniqu.e mentis hominem , quem sapienter placa-  tum malebat , quam submotum ; amicum potius  quam hostem implacabilem , inexpiabi/emque  optabat . Quid tnirum ? Diis manibus ne noceant)  fortasse nos ip i quotidie non litamur 1   Satis multa de veterrimis Dialecticae Scripto-  ribus . qui eam /em vel invenerunt , vel auxe-  runt^ vel perpoliverunt ad Cx-aris usque aetatem.  Secundo autem ecclesi.e s.ecu/o , Alexandriae , ad  quam veluti meYcutum bonarum artium cum  literati omnes confluerent , invaluit quadam phi-  losophandi ratio , quae ecclectica , dicebatur . Ejus  erat ex singulis philosophorum scholis tum tem-  poris florentibus qux-dam exprcepere , aliaque  mutare . Qu.e phihj^Qpnsndi ratio adeq placuit  sanctissimis , ct doctissimis ecclesia.' Patribus ,  Ut 'statim per universum Christianorum orbem  propagata fuerit. Huic accessit , quod novatores  quinti suculi Aristoteleis , ac Stoicis praesidiis  abutentes no tros Doctores adgrediebantur , qui  ut adversantium argumentationibus occurrerent ,  fadem deputandi arte etiam, imbuebantur. .   • • > “ ' . Quam -    Digitized by Googli    I?   Quamobrem "Dialectica iTla ex Stoica , atque  Peripatetica conflabatur , qute usque ad sxculum  duodecimum in occidente fuit tradita , maxime  quia S. Augustinus eam discipulis suis com-  mendasse dicitur .   Verum labente duodecimo saeculo , scholastici t  sive christiani occidentales Aristotelis libros  • ab Arabibus versos , atque ab iisdem interpre-  tatos accepere . Sed pernimio rixandi ardore  ducti , Dialecticam , ac Metaphysicam per se  obscuras , atque involutas novis subtilitatibus ,  novisque contortissimis qucstiunculis ac laqueis  ideo foedarunt , ut nihil supra • Etenim cum  linguie Grxc  saltem praecipuos , minime expendit ? Qui ver  sabulorum , et propositionum naturam non ex-  ponit ? lllene Dialecticus , qui veritates cujus-  fue generis non videt , et principia , ex quibus  oriuntur , /10« ostendit ? lllene denique Diale •  cticus , 71« /k*Ai 7 4/f rerum definitionibus , ac  divisionibus , nihilque de errorum caussis , >0-  rumque emendatione , t/oeer .   Petrus Ramus ex pauperrimis editus paren-  tibus anno 1516., quamvis hebes , , ac   /cr/zf stupidus , quamvis sero , ef duram servi-  tutem in Navarrte collegio serviret ; verumtamen  Cleantis instar oleo , ef lucerna mafkpuum di-  sciplinarum lumen sibi comparavit . Quin imo  tanto sciendi desiderio exarsit , ut solo labore ,  et diligentia in id Hierarum splendoris perve-  nerit , ut trigesimo sue etatis anno adversus  Aristotelem scripserit , atque sequentem thesin  sustinere ausus sit : Quaecumque ab Aristotele  dicta fuissent, esse commentitia. Rei novi-  tate attoniti , atque temeritate judices percussi  irrito conatu per diem integrum fuit Magistra-  tus . Ita barbari barbare vocabant ejusmodi  scholastica exercitia . Sic Freigius in vita Pe-  tri Rami . Scripsit Ramus istitutiones Logicas r  qu  ali ia. plures .   Lockiuf suam Logicam e fi Jit anno 1697.  ouatuor libris comprehensam , in quorum primo  pro aris , et focis disputavit universas rerum  ideas repetendas esse partim a sensibus exterio-  ribus , partim a mentis reflexione . Quamobrem  hac in re Aristotelis opinionem instauravit , et  Cartesianorum Doctrinam sustulit . In secundo  libro agit , quo pacto ide.e ipsae acquiruntur .  Tractat in tertio de vocibus , earumque proprie-  tatibus . Quartus denique in cognitionibus hu-  manis in genere , Ac sigillat im in veritatibus y  qux tam ex ratione y quam ex historia eruun-  tur , versatur .   Sed qu* viri docti in eo damnant , sunt 1.  repetitio earumdem rerum , et quod maxime  mirum , nullius momenti: 2. res involutas ,  vel non extricat , vel male enodat, g. irrito  conatu autesivit materiam esse cogitantem . His  dictis , nunc reliquorum Dialecticorum , si pla-  cet , States , et gradus prosequamur .   Quod in Anglia Lokius , idipsum fecerunt  in Gallia Manotte ; in Germania Christianus  ThomasiuSy Andreas Rudigerus , et Christianus  V/olfius ; in Italia denique Antonius Genuensis t  A/oysius Verneus Lusitanus , atque Ab. Ange-  lonus.De quibus singillatim, et ne nimius sim ,  ■ Stricte dicam .   fc 4 Ma-    t \  Mari oli e m rebus phy sitis diutissime versa-  tus , etiam logicam edidit duas in partes tri-  butam , quarum aiteru quasdam propositione *  per se claras , ceu principia continet . Alter m  vero modos , ex quibus veritates cujusque gene-  ris 'ab iisdem principiis deduci possunt. Hinc  qute arguendi ratio , et quo pacto errores , er  sophismata internoscenda sunt , notat , Summo-  pere hic auctor commendandus ob claritatem  suarum cogitationum , ob rerum ordinem , at-  que ob exemplorum delectum . Verum , quia  artem Criticam tam necessariam ne quidem  tetigit : nihil de veritate probabili egit : omni-  genus errorum caussas non vidit : sequitur Ma~  riotti Logicam mancam esse’, et imperfectam .   Christianus Thomasius Hahe natus anno 1 727.  in Introductione ad philosophiam Aulicam nie-  vis , atque erroribus , quibus Dialectici supe-  riores Logicam infuscarunt , detersit . Verum  tanta Eruditionis moles viris doctis est omnino  inutilis , tyrones opprimit. Hoc in' numero ha*  bendus quoque Audreas Eudigerus.   Denique Christianus Wofius maximi nominis  vir accuratissime vocabula definivit , atque acu-  tissime veritates cujusque generis detexit , de-  monstravitque . Inquis ergo , hanc unam esse  Logicam perfectam ? Minime , inquam , nam le-  ctores rerum minutissimarum atque inutilium  perpetua demonstratione laborant . Insuper exem-  plorum copia eosdem fatigat, i. perfectam cri-  ticam    t' Digitized by Google    picam M* tradidit i Denique hctienom tine  ulla delectatione homines negligunt.   • Sequitur Antonius Gt nuens is ai omnia sumi  na natus , qui a magistris parum institutus ,  ■naturam habuit admirabilem * Omnia magna  erant in eo , sed corporis actio singularis •  .Manus enim , humeri , latera , oc«/i , status proce-  ritas , gratia , incessus , omnisque motus cum ver-  bis 4 , sententiisque consentiens , erant hujusmo-  di , ut statuo nihil fieri potuisse perfectius. .  Unus, ut scis , Josepkus Ciri Ilus omnium elo-  quentium jurisperitissimus , • « jurisperitorum  emnium eloquentissimus cum eo in Cathedra-  poterat decertare . Illius viri domus cuncte Ita U  lia , quasi ludus quidam patuit , atque officina  docendi . M«g nus philosophus , et perfectus ma-  gister inter parietes aluit illam gloriam, quam  nemo quidem est postea consequutus • Hujus  viri egregii interitus , non modo prasentem li-  teratorum Civium , bonorumque penuriam attu-  lit , sed etiam et auctoritatis , et prudentia  triste nobis desiderium reliquit • Verum id ,  quod propositum erat , prosequamur .   Quinque in libros tribuit ejus Dialectice  Institutiones tertio editas anno 1 7-66. , quarum  finis cum sU humane rationis perf ectio , act  eam comparandam gradatim accedere curavit ,  proindeque libro primo mentem emendare tot ,  tantisque erroribus tum animi , tum corporis  foedissime inquinatam , studuit • Illam reddidit   y rerum    ’ Digitized by Google    rerum omnium inventricem in secundo . Hin *  idearum origo, et genera. Hinc sensuum usus>  efue humana ,  Digitized by Google    Digitized by Google      Digitized by Google     V.     ARTIS   O G I C M   f UM.ENTA,   * * r      Digitized by Google      Digitized by Google     INTRODUCTIO. .   y f , . ( 'trf I • ••rt' *1 ' • * -I • v • .' *   I. Logic 9    Digitized by    Google    Rorumque progressibus « %   P A R S I.   De Logica Docente •   • L I B. I.   De mentis humana actibus»    C A P. r.   Quibus partibus constat homo »   5. Homo est animal rationis compos»   Q Uisqu* scit hominem esse rationis cofri»  _ potem , per quam consequentia cernit,  pene universas rerum causas cognoscit . Insu-  per plurima inter se componens , atque rebus  prresentibus annectens futuras , non modo to-  tius vitae cursum facile videt , sed etiam cor-  porum coelestium ordinem intelligit . Prsete-  rea hac divina rationis vi , nonne innumera-  biles scientias , artes , atque infinita instru-  mentorum , et machinarum genera invenit ?  Quid plura ? Huic uni tribuenda sunt societa-  tis primordia , hominum juta , atque officia *  Denique ratio ipsa est nostra morum norma,  quam si sequamur ducem, non aberrabimus»  Spiritus a corpore , in quo discriminatur •  Qu* cum sint, quisque intelligit naturairf  mentis humame toto coelo ab illa corporis  differre . Etenim corporis est divisibilitas , co-   A 3 lor «    De mentis actibus   lor , figura, inertia, partium resolutio. De-  nique neque movit , neque movetur , nisi ab  alio corpore impellatur . Nulla itaque vis in  eo, nulla comprehensio , nullaque judicandi,  ratiocinandi , reminiscenaique vis inhopret .  Verum hrec , atque alia ejusdem generis injiint  in homine . Tribuenda sunt igitur ejus men-  ti , cujus .natura quicquid extensum , divisibi-  le , figuratum , atque corporeum respuere de-  bet. Ex quibus perspicue constat ex corpore,  atque anima hominem constare .*   {. Mens sensuum exteriorum ope ideis imbuitur ,  Ex dictis liquido patet corpus esse in ho-  mine unam ex partibus praecipuis. Hinc etiam  patet non posse universas mentis humanae vi.  res comprehendi , multoque minus explicari ,  nisi prius quae in ipso- corpore obveniunt , in-  telligantur . Etenim a natura ita comparati  sumus , quod sicuti corporum ictus nostros  sensus veluti explicant , ita sensus externi ,  mentis vires ceu creant atque exsuscitant .   Ex quo sequitur nullam posse dari ia mente  actionem, nisi a sensibus exterioribus ea com-  moveatur , et sensus ipsi delitescerent , si in  iisdem nulla corporum heret percussio . A sen-  sibus igitur exterioribus exordiendum esse  ducp •  tum salina ,  quae ad nares ducuntur, ac 'nervos olfactorios  afficiunt , ex quo in cerebro odoris , vel faetoris  sensatio excitatur. Maximae utilitatis est hic sen-  sus gustui . Animalibus autem suffiicit ad ci-  bos distinguendos , proindeque in illis est ex  quisitior , nam iisdem deficit alius judicandi  modus .   16. Quid gustus, ejusque fabricatio •  ([ustus situs est in parte exteriori lingux ,‘   qux    tt £> vel in  basi . Tactus in lingua exercetur , sed alio  sensu . Nam partes oleosae ; atque salinx ci-  borum cum liquoribus salivalibus mixtae , et  resolutae linguae papillas quodam rriodo affi-  ciunt * Ex quo oritur saporum perceptio ,  qux in variis hominibus , atque animalibus  vari» est , pro papillarum dispositione . Hinc  tantae in saporibus vatietates, qux xtatis, se-  xus , consuetudinis , morbi , atque tempera-  menti retionem sequuntur* Hinc denique tan-  ta hujus sensus inconstantia»   1 8. Quid Tactus .   Tactus denique est unus sensus in universa  corporis superficie diffusus , licet in extremis  digitorum , atque pedum sit vividior . Sensa-  tio oritur ex corporum impressionibus, qux  in nostro corpore fiunt . Impressiones vero ,  nervorum . ope in cerebro transferuntur. Hinc  eorporum multitudo, durities , frigus, calor,  gravitas, asperitas.   Sensus cur non perfectiores .   if. Verum multi exquirunt, £iir sensus tara  pauci , et tani imperfecti * Utraque exquisi-    Digitized by    Eorumque progressibus ,  tio inepta . Primum si sensus essent etiam  jniUe , fortasse mentis operationes essent plu-  res , quam modo sunt? minime quidem . Quin  imo pro universis mentis actibus explicandis ,  sufficit unus sensus . Quid si deinde perfectio-  res ? Dicam , quod eadem ratione , qua in ho-  minibus augerentur voluptates , augerentur  quoque molesti*. Ha?c de sensibus exterioribu*   , . C A P. III,   De t ensibus interiobus ,   19, Numerantur sensus interiores .  OEnsus interiores, ut superius, sunt«e-  V 3 moria , vis %emreramenti y \is affectuum,  etttentio , ac sensus moralis . De omnibus, quam  breviter ad tyronum captum. t.   02. Q uiJ cerebrum , et cerebellum . • • :  10. Universa cerebri massa, duas in partes  praecipuas ab anatomi* peritis dispescitur ,  quarum altera cerebrum , altera Vero cere-  bellum appellatur . Cerebri substantia natu,  jra mollis , atque pene infinitis cellulis re-,  pletur , in quibus modo nobis .prorsus inco-  gnito , non solum imprimuntur, verum etiam  diutissime retinentur bbjectorum exteriorum  idex , sive simulacra , sive species , cum eo-  rumdem relationibus etiam abstractis, et per-  quam longo ordine implicatis . Mihi sufficit vel-  le, statimque idex bovis , canis , domus , urbis  teproducuntur , eaque distinte tissime quasi in-   tua.     *& I>' mentis actibus .   que eomposita distinguuntur . Primi generi»  »unt illa quatuor omnibus nota : videlicet cku-  lericum , sanguineum , melancolicum , ac fleg-  snuticum . Ad secundum genus referuntur ea ,  qus ex iisdem componuntur , ut sunt choxt-  T ico sanguineum , cholerico melancolicum , et eho-  -lerico JLeg muticum. Sanguineo-melancolicum, etc.  Rari homines dantur , qui ab uno dumtaxat  temperamento dominantur . In pniversis tem-  peramentum mixtum reperitur . joc   25 . AUi temperamentorum effectus , , ir _  Hominum temperamenta si quis consideret,  profecto iptelliget rationem, cur alii sunt pae-  ne stupidi ac bardi, alii vero ingeniosi: Cur  alii pro rebus metaphysicis , atque abstractis  sunt facti , alii pro enucleanda solummodo  verborum vi . Alii videntur pene nati phi-  losophi , alii oratores, aliique pqetx . Nonne  -temperamentorum vis amnium artium , et  teieutiarum ; utiune omnium virtutum , ac vi-  siorum velu|i officina sit -habenda ? £x hac de,-  nique homines inertes , mendaces , flagitiosi t  «c sacrilegi oriuntur .   06. Animi quid passiones.   Accedunt te.tio loco passiones , sive affe-  fctus , sive perturbationes; qux non sunt, nisi  quedam animi , atque corporis .commotiones  ab objectis exterioribus in nobis ope -sensuum  excitato . Harum .omnium sedes in cqrde  collocatur , qupd nervorum intercostalx pro-  pagatione cerebro adhaeret , Hac de causa ce-    Digitized by GoOgle    t    Eor umque protrusimus . \j   februm , et cor amice i ater se conspirant .  Etenim pro ut ideae boni , vel mali in cere-  bro ceu pinguntur , et sunt viviJ* } sic cordis  vibrationes vel retardantur , vel adceleran-  tur . En ratio , quare modo animus cordis  motibus, modoque cor animi commotionibus  inservit .   2 7* Prxcipua passionum divisio .   Multiplex est passionum partitio . Praecipuae  vero sunt amor , odium , timor , spes , ambitio ,  avaritia , etc. qua? cujusque vis sit , et quid  in nostris judiciis hac induunt , suo loco dice-  mus. Si quis vero amplissimam tractationem  desideret , legat opus , inscriptum : Homo na~  tur.i/is a me tertio editus anno 1778«   28. Quid Attentio .   . Quid meditatio •   Quarta mentis operatio est meditatio , quS  quoddam vinculum ac nexum inter ideas po-  nimus . In meditatione profunda sensuum exer-  citatio relaxatur » Parum differt homo per-  quam longa meditatione contritus ab eo , qui   sen-    V    f    ' Digitized by Google    Rorumque progressibus • *S   sensibus caret . Hujusmodi fuit Nicolaus ar-  canus pnestantissimus Mathematicus , as  Antonius Genuensis recentissimoj-um philoso-  phorum facile princeps , ac denique N artus  Lama rerum physicarum , ac mathematicarum  peritissimus quibuscum familiariter viri •   47. Q uid obstructio , rationisque compositio .   Sed mens non modo percipit , reagit , re-  cordatur , ac diutina meditatione conteritur ,  sed ideas etiam sua natura conjuctas, concipit  divisas . Et e contrario , qux reapse sunt  divisae, ut conjunctus percipit. Harum a tera  vocatur mentis abstractio , altera vero ratio-  .nis compositio dicitur . Ad primum actum  idex justitir , prudenti )iodo easdem iterum com-  ponens veritates invenit , easque in infinitum  auget .   49 .Qui rationis compositione magis polient*  Sed est obtusi , atque hebetis ingenii ideas  sejungere , easdemque, recte componere ? mi-  nime quidem . Imo 'est dumtaxat virorum   acris ingenii, naturas vi; atque arte prxstan-   tis-    *   T    X Google    9   tilius Regulus, est aequalitatis , sive convenien-  tix judicium. At si dicam. Italia modo flaret,  ut in Augusti t itate , continetur hoc in judi-  cio inaequalitatis narratio . Nam falsum est ,  quod nunc Italia floret .   - s .    Digitized by Google     Eoruniaue progressibus , 27,   51. Quid ratiocinatio .   Quid si mens duas inter se ideas comparans,  non distinguit, num hae inter se conveniant,  vel disconveniant ? Tum illas cum tertia idea  comparat jquacunt convenire ,vel disconvenire  inteliigit . En octava mentis operatio , quae ra-  tiocinatio nuucupatur . ex gr. Ignoro num so-  lis materia sit necne ignea . Dico . Quicquid  urit , est ignis • Verum radii sons urunt . Er-  go solis materia est ignea . Insuper : Quicquid  est ponderosum , est corpus . At lapides sunt pon-  derosi . Lapides igitur sunt corpora 1   52. Duplex ratiocinandi vis ,   Ex dictis facile intelligitur duo ratiocinii  genera dari . Aliud dicitur adfirmans , aliud  vero negans. Ratiocinatio vocatur affirmans,  dummodo ideae conveniunt cum teitia , cum  qua comparantur . Alias dicitur negans . 1 li-  mi generis est hoc : Corpus in partes dividi »  fur , Sed piant £ suas in paries resolvuntur .  Flaatte igitur sunt corpora . Secundi gereris  est illud: quicquid cogitat , judicat , raioci na-  tur , quoque vult , et recordatur , non est cor-  poreum . Mens autem humana ‘ percipit , judicat ,  ratiocinatur , et recordatur . Mens igitur huma-  na non est natura corporea .   53. Quid ratiociniotum senes •   Quid si una idea non sufficiat pro enu-  cleando nostro ratiocinio ? Tunc accipiantur  duae , vel tres , vel quatuor aliae ideae , et fiat  quxdant ratiocinationum series . ex. gr. estne   spi-    «t De mentis actibus ,   spiritus humanus immortalis ? Hunc in modum  ratiocinor . Spiritus cogitat . QuicquiJ cogitat  est natura simplex . Quod ejusmodi est , mu-,  tationi non est obnoxium . Quod autem non  mutatur , non destruitur * Spiritus igitur est  immortalis .   54. Quid methodus »   Postrema mentis operatio consistit in quo-  dam rerum ordine ac via ' quem ipsa sequi-  tur tum in veritatum investigatione , tum que  in earumdem explicatione ; qui modus metho-  dus appellatur .   55. Pr .edictorum actuum reductio •   55. Hujusmodi sunt universi mentis huma-  nae actus , qui licet facillime reduci possent  *d simplicem perceptionem , etenim simplex  comprehensio est reflexio , abstractio , com-  positio , meditatio , recordatio , atque ipsa ju-  dicandi , ratiocinandique vis Verumtamen .  Mens vel ope sensuum exteriorum , vel  propria reflexione ideis imbuatur ; Si primo  modo ideae dicuntur directx . Si secundo vo-  cantur reflexae . Insuper reflexae vel duarum  Idearum comparatione , vel ex duarum com-  paratione cum tertia oriuntur . Hinc duobus  capitibus universa comprehendam. Primo enim  capite de ideis directis , in sequenti de ideis  reflexis sermo erit •    Eo^umqifb progressibus i »f   C A P. VI.   Pe Ueis directis , quas ope sensuum exsteriorum  mens excipit ,   5 *- Idearum partitio •   I N recesendis omnibus ideis , ut ordine piT>-  cedam , exquiram primo earum originem,  deinde illarum naturam, tum quo pacto menti  obversantur, distinguuntur.   Que idee sensibiles , et objectio %   57. Quantum ad Originem , aliae dicuntur  sensibiles, directa , atque adventitia’ , qui omnes  a sensibus proveniunt . Aliae vero reflexae, quae  ex earumdem comparatione fiunt . Primi ge-  neris sunt ideae fi gurae , coloris , saporis , som t  frigeris , ac caloris . Ad secundum genus re-  feruntur omnes ideae abstractae , uti sunt idee  justitiae , pulchritudinis , prudenti e , liberalitfr  tis , magnitudinis , etc.   58. Quid idete primitivte , et quid secundari* •  Hinc patet ompes ideas vel a sensibus , vel  ab ipsa mente oriri • Qux a sensibus , dicun-  tur ideae primitive , qux autem ab ipsa men-  te oriuntur, vocantur secundarie . Patet etiam  nullo pacto mentem posse ideas abtractas ef-  ficere , nisi adsint primitivae . Dicito igitur  ruentis vires a sensuum impulsionibus excita-  ri , ac ceu creari .   59. Quid idee simplices , et composite •  ldeje, quo ad earumdem naturam in simpli-  ces,    j6 De intnth actibus ,   ces, et in compositas distinguuntur . Ide?e sim-  plices sunt ilice , in quibus partes , seu alix  idex non interveniunt , ut idea coloris , fri-  goris , motus , voluptatis , ac doloris. Composi-  tx vero dicuntur idex , si in iisdem alix idex  simplices distinguntur . Hujusmodi sunt idex  corporis , navis, urbis, domus, etc* etenim hx  plurimis ideis simplicibus componuntur.   6q. Quotuplicis generis sunt i dee compos it. e.   Prxterea idex compositx vel aliis ideis sim-  plicibus ejusdem generis , vel diversi generis  constant. Si primum , idex compositx dicun-  tur similares , si alterum dissimilares . Ad  primum genus revocantur idex diei, et mil-  liarii , qux constant ex ideis ejusdem gene-  ris . Ut idex urbis , domus , exercitus . Nam  uti partes diei sunt hoax , minuta prima , et  minuta secunda , et milliarii partds sunt sta-  dia , pas r us , pedes , et pollices , ipsae non  sunt nisi vel temporis , vel mensurx longitu-  dines , /’ '   6 1 . Quid idea clarte et obscur.e , etc.   Tertio loco Idex ad mentem relatx, multi-  plicis sunt generis . Primo alix sunt clare ,  vel obscure ; alix distincte vel confuge ; alie  complete vel incomplete ; alix denique adequa-  te atque inadeqvate . i. si lapidem ab arbore  dignoscam , »4ea dicitur clara, alias obscura.  q. Si- meum horologium a mille aliis distin-  guam , idea dicitur distincta ; siu minus con-  fusa. 3* Si omnes magnetis proprietates sciam,  «'■' mi-    Digitized by Google     E orumque progressibus. 31   mihi est idea cnmpleta hujus lapidis , aliter  est incompleta . Denique si mihi innote-  scant non solum omnes magnetis proprieta-  tes , sed gradus etiam cujusque proprietatis ,  tunc illa idea dicitur adaequata , alias inadx-  quata .   6 2. Qua: substantiarum , et modorum i de. e .   Itemque ad mentem referuntur ideae sub-  stantiarum , et modorum . Primi generis sunt  idea? tabulae , in qua scribo, chartae , equi , bo-  vis , etc. quae ex se subsistunt . Secundi ge-  neris sunt ideae figurx , caloris , saporis , gra-  vitatis , et frigoris , quae non existunt a sub-  stantiarum ideis sejunctae .      de causa, neque puelli, neque senes sunt va-  lido judicio , quoniam puellis deest idearum  multitudo, et quaedam fluidorum xquabilitas,  atque elasvicius , Viris autem senio confectis  deficiunt idex , ob memorix labilitatem .  f6. Quid vis ratiocinatrix ,   At sive mentis imbecillitate , sive idearum  multitudine , et varietate raro contingit , ut  ex simplici idearum comparatione , earum  convenientis, vel disconvenientis relationem  quis inveniat , requiritur itaque ut easdem  cum tertia comparet . Hujusmodi mentis actus ,  ratiocinatio appellatur . ex. gr. scire quis aveat,  num planta. sit corpus . Hunc in modum ra-  tiocinatur. Quicquid videtur , ac tangitur, vo-  catur corpus . Sed piant* videntur , atque tan-  guntur . Piant x igitur sunt corpora,   77 , Duplex est ratiocinandi genui ,   Duo ratiocinandi genera dari possunt . Vel  enim dux idex , quarum relatio nobis est  incognita , cum tertia conveniunt , necne . Si  primum ratiocinatio dicitur adfirmans . Si  alterum negans nuncupatur • Primi generis  est hoc ratiocinium. Quacumque videmus , tan-  gimus , atque in partes dividimus , sunt corpo-  ra . Piant x autem , et animantia videmus, tan-  gimus, atque suas in partes dividimus . Planta  igitur, et animantia sunt corpora . Secundi ger  netis est hoc aliud. Qu*vis substantia cogitans,  ratiocinanS , et memoria, est prxdita spiritum no-  minamus • Nullum vero corptj cogitat , neque   r. In quo ratiocinandi vis consistat.   Ex dictis manifesto colligitur omnem viin *  ratiocinii huic uni principio inniti . Qu,   . Quantum ad primum in veterrima; histo-  ria sacra omnium gentium , etiam imiTnnium  jnvenitur , quod Dei idea fuerit omnibus ho-  minibus ubique locorum , ac temporum pene  insita . Ab illis annalibus discimus , quibus  cxiemoniis eumdem coluerunt , quibus sym-  bolis designarunt, quomodo in calamitatibus  invocarunt, et qua ratione placarunt ceu iratum*  Insuper notantur in iis annalibus tormentorum     Digitized by     Rorumque progressibus . 43   genera , atque execrabiles formulae , quibus  impii publice excruciabantur . Quid plura ?  Scimus etiam ex ipsis populorum praejudicia,  superstitiones, deliria, absurditates , fxditates,  aliaque innumerabilia , quae Dei cultum vel  foedarunt , vel destruxerunt .   90- De memoria ad naturam relata ( , ex quo  historia naturalis       by Google    4 »    (    Eorumque progressibus . 4^   hac tantae rationis vi Theologia oritur , quae  Dei existentiam , ejusque adtributa rimatur t  cujus abusus , sunt impietas , et superstitio ,  quarum altera rerum omnium opificem arro-  ganter oppugnat, altera vero faedat . Praeterea  rationi quoque spirituum tum bonorum, tuin  malorum cognitio est adtribuenda. Nonne deni-  que tantae rationis auxilio ipsam rationem intel-  ligimus ? Nonne eidem etiam debemus notitiam  vitx futurae , morum regulam nostrorum , quae  sint praemia ,ac penae? Item quae sunt speran-  tia , credenda , et timenda ?   93. De ratione ai naturam relata , ex qua  physica .   Alterum rationis objectum est natura , sive  munius , quod in corporibus in genere , atque  in eorumdem proprietatibus , et qualitatibus  versatur . Etenim ratio vel abstracte corporum  proprietates Gonsiderat , vel ipsa corporum ge-  nera . Utraque hxc contemplatio scientiam  physicam eificit . Ipsa est , quae quicquid in  coelo , in atmospharra , in tellure , ejusque in  visceribus continetur , proindeque astra , me  theora , universa animantium genera , omne-'  plantarum classes , fossilium , ac metallorum  et mineralium series comprehendit. Ad plenis-  simam hujus d i vinar scientis cognitionem con-  jungitur mathesis , tum pura , tum mixta , ut  Arithmetica , Geometria plana , ac solida , at-  que Algebra , Mechanica, Dinamica, Hidraiv  ika , Ars B^llistica , Cosmographia , Optica ,   Dio-:    Di    I      Dc mentis actibus .   Dioptriaa , Catoptrica , Sectiones Conicae ,  Trigonometria tam spharica , quam triangu-  laris . Ad naturae scientiam quoque referuntur  Astronomia , Anatomia , Physiologia , Medici-  na , Botanica, Venatio , Agricultura, chyini-  ca , Metallurgica , atque pmnium animalium,  et plantarum historia,   94. De ratione quo ad hominem , ex quo  ethica , /* ■**»*        UB.If,    •»    Digitized by Google      Ej usque progressibus . 49   L | B, tl.   - *   Signorum Artificialium ortu , ac progressu  quibus humanae mentis actus clarius  explicantur .   C A P. I.   V '*ne innumerabiles aliae voces , quae substantias  videntur notare , sed revera earumdem re-  lationes exprimunt , Hujusmodi sunt pulchri-  tudo , deformitas , stupiditas \ paupertas , nobi-  •iitas , sanctitas , justitia , alixqqe . Iri ipsum  .dici posset de adverbiis docte , erudite , ele-  fitnter } diligenter , recte , etc.   3 5. Octava vocum classis •   Octavo loco distinguuntur rerum si-   S na , sive voces in claras er obscuras ; in  istinctas et confusas ; in completas et in  incompletas; tandem in ad.equatas , atque in  inadxquatas . Primi generis sunt voces :  quercus , ovis , aper : obscurae vero sunt vo-  ces , vis , energia , atfractio , gravitas . Di-  stinet* sunt Cicero , C.csar , Pompejus , Ser-  toriut , Sylla . Circuli autem trianguli , qua-  drati , etc. sunt voces complet* . Contraq.  incompletx sunt sequentes , lignum , lapis ,  pisces. Denique adxquatx sunt: linea , super-  ficies et trian°ulum-,\ndiA?e aliquis Italus.  Htec de sermqnis elementis , tam in genere,  quam in specie . A* quo pacto hujusmodi  voces sunt inter se , vel cum tertia conjun-  gendae , vel separandae , px quibus propositio-  nes, et syllogismi efficiuntur, in sequentibus  capitibus fuse disseretur .   C A P. V.   De Propositionibus .   37, Quid propositio , qua judicia explicantur .   J Udicium alibi definitum , est mentis actus,  quo duas ideas inter se comparans , ipsa  percipit illarum aequalitatem , aut inaequalitatem  illarumque convenientiam , ve| disconvenien-  tiam . Qua de re propositio non est aliud nisi  mentis judicium , quod verbis exprimitur .  Ex. gr. Sol est ingentissima Mundi moles .  Luna est corpus opacujn . In quibus proposi-  tionibus : soli tribuitur maxima moles jl unse  Alitem opacitas . Dicitur etiam propositio ,    De Lojuela ,   licet si subjecto removetur qualitas quaedam.  JEx, gr, Itali hodierni non habent suorum  majorum virtutem . Qua in propositione se-  jungitur virtus ab illis Italis qui modo vivunt.  ’ 38. Duobus terminis constat propositio»   Hinc patet unamquamque propositionem  ex duobus terminis constare debere, quorum  alter dicitur subjectum , alter vero praedicatum ,  quod plerumque est aliqua subjecti quali-  tas. Sic in prima propositione : sol est sub-  jectum • Ingentissim* vero moles f est prxdica-  tuin.In secunda luna dicitur subjectum, opa-  citas vero praedicatum.   39. Propositio constat etiam ex verbo »  Hinc etiam patet , quod propositionis termini   conjungendi sunt , vel separandi cum verbo,  alias nulla habetur judicii expressio. Etenirti  sublato verbo , quod affirmationem , aut ne-  gationem continet , termini neque affirmant,  neque negant , sed dumtaxat res designant. Ex  quo sequitur, quod quaevis propositio, praeter  duos terminos , constare quoque debet ex  popula , quae plerumque sumitur ex verbo  sum , es , est , Sic corpus est extensum • Spi-  ritus est substantia cogitans .   40. Duplex est propositionum genus .   Ex quo sequitur tertio , quod ut judi-  ciorum ,sic etiam duplex datur propositionum  genus .Sunt enim propositionum aliae affirman-  tes alia? nega/ttes. Dicuntur propositiones affir-  mantes illae, in quibus prxdicgta cum Subje-  ctis    Digitized by GoogU    Ejusque progressibus . 6 $   etis conjunguntur . In quibus vero prjedicata  a subjectis separantur , propositiones negati-  vae appellantur . Ad primum genus revocan-  tur : Leo est ferox . Homo est rationis compos ,  Samnites sunt bellicosi . Ad secundum refe-  runtur : Materia non cogitat . Spiritus non est  extensus . Deus non est ipse mundus .   41. Aliud est judicium verum , alia autem  propositio adfirtnans .   Priusquam ad alia deveniamus , duo  hic notanda ducimus . Primum est , quod  persarpe evenit , quod licet judicium sit ve*  rum , ejus tamen enunciatio est negativa .  Gontraq. judicium falsum cum enunciatione  affirmativa quandoq.exponitur.Primi generis est  propositio: Deus non est ipse mundus . Secundi  generis est bxc altera : Deus est ipse mundus.  In primo exemplo judicium verum , negati-  ve exprimitur . In secundo judicium falsum  adiirmative enunciatur .   42. Quandoq. propositiones carent terminis ,  ft ipso verbo.   Notandum secundo , quod quaevis pro-  positio non semper habet duos terminos , sed  quandoq. omittitur unus , vel alter . Ex. gr.  Dux regit , deest pr-xdicatuin , nempe miti-  tes. Filium verberat , deticit subjectum, sci-  licet Pater . Inveniuntur fandem qujedam pro-  positiones, in quibus et subjectum , et prae-  dicatum omittuntur, ut in illis Caesaris, per quam  notis yerbis ad Senatum , populum q. Koma-   E *um    t •   JJe Loquela.   num scriptis : Veni , vi di , vici . propo.   sitio nes sunt , et reapse continent suos ter-  minos , hoc est 2 Ego fui videns. Ego fui ve-  nien*,'Ego fui victor . V '   C A P.   . . . •   - . 45 » De Materiat Forma, e t propositioni*   Quantitate * /"*,   ■Otk    44. Quid propositio necessaria , repugnans. ,   ti’cmtins. gr. Amicitia homines supponit equa-  l (S , vel ipsa ejjicit .   49. Que conditionales .   3. Conditionales' sunt, in quibus inest aliqua  conditio. , sine qua prxdicatum nullo pacto  subjecto convenire potest, ex. gr. Si spiritus  t st sui naturi substantia cogitans , nequit esse ^  corporeus ^   50. Que causales .   4. Causales sunt illx propositiones , in  quibus notatur causa , qua pfxdicatum subje-  cto convenit , necne . ex. gr. Deus non po-  test innocentem punire , quia justus .   5 1 . Que relate .   5. Delate sunt illx * in quibus inest  aliqua terminorum ratio, ex.gr. Homo in ar-  tibus , atq. scientiis projicit , f>ro ut est atten-  tus j et labor at »   * ■=• i    /    |    ftjusque progressibus i iff   52. Qule Jiscretiva .   6. Deniqufc , appellantur discreiiva , si in-  ter terminos notetur quidim collisib . ex.  gr. Castruccius Castracanus fioh militum nume-  fro, sed virtute Flerentinos vicit i   5$. De aliis propositionibus compositis .   Sequuntur propositiones secundi gene-  ris, qui vidfcntur esse simplices , at resolnt*  Sunt iquoqbe tompositx , ipsiq. sex in classes  etiahi distingubntur .   54. Qua dicuntur exilusivtt . '   1. Vocantilr prbpdsitiones exclusivx illae  bmnes, in quibus praedicatum universa subjecta  excludit , ptxtfer udum . e*, gr. Una felicitas  ex omnibus bonis , est Optabilis .   55* Qua comparativae .   2. Comparativa surit illa: , quae oriuntur  ex subjectorum , vel prxdicatbrum relatione,  ex. gr. Scipio Africanus fuit prxstantiorfAnni-  bale . Q. I ab iUs Maximus fuit prudcntior Mi  Terentio Varrone.   i> 6. Qua ihcaptiva.   3. Inceptiva sunt illae , In quibiis prae-  dicatum nusquam subjecto convenit , sed fcse-  pit convenire . eX. gr. Regnum Neapolis inci*  pit modo artibus , scientiisque florere .   57. Qua desit iv a .   4. Desitiva dicuntur propositidnes J iri  qbibus pridicatum desinit subjecto conve-  ni e. ex. gr. Roma cessavit eloquentia cum  Ciceronis interitu i   t s     Digitized by Google    S    yo De Loquela ,   58. Qu.e continuativ* .   5. Postremo loco , si pridicatum , quod  antea subjecto conVenit , etiam in presens  convenit, hujusmodi propositio appellatur coi 1-  tinuativa . e*.; gr. hali etiatnniim perseverant  esse sagacissimi . „   59. Prmdctx propositiones , cur compositie.   At dicetis, quomodo mpdicgr propo-  sitiones habendi' sunt compositx Responde-  tur, quod harum unaquteq.' duas in nobis ex-  citat ideas , temporis nempe vel persona-  rum , vel qualitatum . Sic in primo e-xemp 6^  jam allato: Sota felicitas ex omnibus bonis est ^  expetibilis , aequivalet huic : neque diviti*, ne-  que scienti* , neque gloria, neque honores, sed  una felicitas maximum continet hdnum , proirf-  deque expetibilis. Irt Comparativa. Dicemus,^  quod Scipio, et Atmibal fuerunt ambo duces , ■.  verum Scipio in gradu majori. Illudque ipSum  dici posset de inceptivis , de desitivis , ne-  que continuativis , etenim irt incasptivis ,  praedicatum quod nuittquam retro convenit  modo competit . In Desitivis contra , quod  retro couvenit , non amplius competit. .  Denique iri ultimis quod retro convenit , m  prxsens etiam competit. Nonne ha: tres pio-  positiones quantam temporum: rationem con-   tinent? v _   6o. Quid propositio incidens »•  frater huc usqtTe dinumeratas proposi-  tiones j tam siriiglic* , luam’    Digitlzed by Google    Ej usque progressibus . 71   flantur et aliae , quar incidentes nuncupantur ,  quae ad compositas referri commode possunt.  Incidentes aeque subjecto , ac praedicato con-  veniunt . Subjecti incidens est haec : Attilius  Regulus omnium Romanorum fortissimus a Poe-  nis interficitur . Praedicati incidens est hxc  alia . Octavianus deseruit Ciceronem , qui omnium  philosophorum , et oratorum fuit jacile princeps.  In utroq. etiam datur propositio incidens .  Antonius , Lepidus , et Octavianus Senatum ,  populumq. Romanum confregerunt , non eorum  virtute , sed audacia. Hxc de propositionis  materia , sequitur ejusdem forma .   6 1. Quid propositionis forma .   Propositionis cu jusque forma in termi-  norum unione , vel in eorumdem separatione  consistit , ex quo propositionum c;j)irmatio,ve l  earumdem negatio oritur, ex. gr. Beneficentia  exercitium hominem reddit Deo gratum. Dicitur  hxc adfirmativa propositio . Et contra nomina-  tur n-gativa , si subjecto prtedicatum non con-  veniat ut : .Horno intemperans nequit esse sa-  nus i Quo in loco notandum ut alibi, quod  judicia vera cum propositionibus negdntibusi  et judicia falsa cum propositionibus adhrmati-  vis enunciari possint, attamen ipsa judicia eo-  rum vim nusquam amittunt .   61. Qur notanda in propositionis forma .   Notatur secundo , quod in omnibus proposi*  tionibus affirmantibus terminorum unip neces-  sario sequi debeat subjecti, non autem prjedicoti   E 4 si-    ' De LoyOeli ,   significationem : ex. gr. Omnis leo est animali  Non intelligitur , quod omnis leo sit omne  genus animalis. At in propositionibus negan-  tibus, praedicatum prorsus excluditur, ex. gr*  Nulla planta est animal . ^Equivalet huic : nul-  la planta est ulla animantium species . Hi-  sce expositis , reliquum est , ut de proposi-  tionis quantitati aliqua dicantur .   6 3. Quid ouantitds propositionis •   Hic pro propositionis quantitate haud  intelligitur, quam major, aut minor termi-  norum significationis extensio , qui in pro-  positione continentur . Hinc primo sequitur  posse dari duas propositiones inter se maxi-  me discrepantes , quarum altera dicitur uni-  versalis : altera vero singularis . Primi gene-  ris est haec : omnes homines ratione sunt pro-  diti * Alterius generis est haec alia : Petrus ra*  tiocinatur .   64. Alia propositionurh vatietai.   Praeterea tam propositio universalis ,   quam singularis esse possunt ambae affirman-  tes , vel artihx negantes * Propositiones o-  jnnes universales sive sunt affirmativae ,  sive negativae, quibusdam notis distinguuntur}  qtix siirtt : omnis , et nullus. Prima universali-  bus affirmantibus , altera universalibus negan-  tibus inservit . Singulares vero propositiones  articulis , hic , et ille notantur .    . . •»; t   4» ■■ • . . .    •? quibusdam vulgaribus propositionum  adjectionibus •   • Qitid propositionum oppositio •   H Oc in loco nomine adjectionis veniune  qucedam propositionum qualitates , qu»  sunt oppositio y icquipollentia j atque conversio  propositionum . Principio? oppositio duarum  propositionum comparationem exprimit, qu*  licet iisdem terminis constent , attamen ipsae  differre possunt inter se , vel solS forma , vel  sola quantitate , vel in utraque. Si pugnent in  sola forma , retenta quantitate , hae propositiones  vel sunt ambae universales , vel ambae peculia-  res. Si primum, dicuntur contrari dicen-  dum est , quod tunc duce propositiones sunt  ejusdem vis, ac valoris et arquepollent , quan-  do altera alteri substitui possit , quin earum  vis mutetur 1 ex. gr. Quicquid est justum., esi  etiam honestum . Contraque fuod est honestum,  est quoq. justum . Ex quo patet tunc dari  requipollentiam , atq. Conversionem inter duas  propositiones , quando ha? reciprocari possint.  Hujusmodi sunt jam jam allata? .   71. Huc revocantur rerum definitiones , ea~   turnque divisiones . . .   Cum autem definitiones, ac rerum divi-  siones non sint , nisi totidem mentis judicia,  intelligitur easdem locum habere in proposi-  tionibus . Dicamus itaq. quid sint , et quotu-  pliciter , maxime quod quamplures Dialectici  JLogicam esse artem bene definiendi, atque di-  lidendi dixerunt .   72. Quid definitio •   Definitio est propositio , quS termino-  rum    Ejusque progressibus . 7 ?   rtam ope aliqua idea completa , et determi,  nata explicatur . ex. gr. Homo est animal  quoddam ratione preditum , civile , atq. ad felicia  tatem aptum natum. Itemq. definitiones adhibe-  mus pro rerum notis distinguendis , ut eas ab  aliis facillime secernamus . Nonne cum dicam  hominem esse, animal ratione praeditum, civile %  atq. ad propriam felicitatem naturo, factum a  exteris animantibus eundem non distinquamusS  73» Bone definitionis not.e.   Ex quo sequitur : i. Debere ingredi  in definitionibus rerum notas intrinsecas :  quandoq. etiam possibiles . ex. gr. Homo non  modo es% animal rationale , civile , et ad feli -  citatem comparandam factam , sed quoque har-  bitauin moralium capax ,   74. Alite bone definitionis note ,   Ex quo consequitur *. pro omni rerum ambi-  guitate removenda, necessum est, ut definitionis  termini sint clari , atque definitiones cum re-  bus definitis reciprocentur. Hinc bene defini-  tur. homo animal ratiocinaris , nam ott)ne ani-  mal ratione pr editum , est homo.,   75 * Definitiones rea/es , sunt quoq. nominales.  Ex quo tertio, colligitur non dari definitio,  lies reales , atq. essentiales , ut scholx loquun-  tur , nam rerum essentialia nobis non inno-  tescunt. Omnes itaque definitiones sunt nQ«  minum definitiones , vel potius descriptiones,  7 6. Quid rerum divisio .   Deniq, rerum divisio est resolutio totius in suas   par.    Ue Loquela, ,   parte? prscipuas , qur dicitur physica in  quantitatibus solidis, idealis autem in abstra~  ftis . Ad primam divisionem spectat illa cor-  poris humani partitio jn partes solidas, etjluidas.  Ad alteram retertur illa hgurarum planarum  apud Geometras in trilateras , quatrilateras ,  ct multilateras . Divisionis utilitas est maxima  jn rebus per quam maxime implicitis, et per  quam longis , quoe uno veluti mentis intuitu,  ne q. videri , neq. comprehendi possunt. Sed  ex quo orationis claritas , nisi ex recte defi-  citis , et rectius divisis propositionibus ?   77. Alia propositionum penera .   Postremo semigeometroe jrecentes, qui nomi-  nibus mathematicis tantopere abuntuntur, dictis  quoque accensent propositiones, quas ipsi dicunt  practieas, Theoreticas, demonstrabiles , indemon-  strabiles , axiomata , postulata , problemata ,  Theoremata , schflta , corollaria, lemmata, et  si qu* sint alia vobis omnibus per quam co-  wnita . Sequitur syllogismus de quo Aristote-  les apud Grsecos quarnplurimos libros scripsis-  se scin)us ex Laertro ,    i C *      *• ir    v . •* * * -t ■ 4    CA-    Digilized by Google    Ejusjue pragrf sibus.    \l »'* .-ia «    c   , if*    A' P. VIII.   : » » * * *V » , J • i    •r«r    ; *A    ■f -- *    ^ V^- ;   *#•* >5 ,I    His omnibus ultimo loco addendum est  ixemplum , quod fit , cum ex rebus notis ad  incognita profcedamus. Ex. gr. Lacedemones ,  Athenienses , et Romani fuerunt liberi , qui  agriculturam , et militiam exercuerunt • Q UI "  cumque igitur Status has artes maximo animi,  tardore colit, erit etiam liber. Ex antedicti  jnodis hic est prsestantior , etenim ab exem-  plis ortum habuerunt et progressus ars medi-  ca ; agrorum cultura, navigatio , pictura , scu -  ptura° poesis, tactica, etc. Ecquis est inter  homines, qui aliquo exemplo cognito non luci-  tur , btiatn ad aliquod scelus patrandum j  ftonne Alexander Mstgnus Achillem , « L.l  Caesar Alexandrum est imitatus? Quid plura-   • F 4 N?    Digilized by Google    , Ue erruriubs ,   .^■accenduntur et inflammantur* i \-  m ul ac accensa sunt , ex statu, tanta; omni-  genae ignorantiae trans.it homo in rerum quam-  plurimarnm scientiam. Verumtamen in tanti  temporis longinquitate , atq. in tanta artium,,  scientiarumq. progressione mens humana ad-  huc res infinita», ignorat , atq. omnfgeqa er-  rorum colluvie pxne tabescit . Eam itaque  curare tabescentem unius .philosophi est cum  prxceptis', et institutis . Sed prius tantx im-  beci i' itatis causas noscere, atq. praecipuas ex-  tricare , fit opus .   3. Difficultas in addiscendo «>   Quicumque artem aliquam, etiamsi mecha»  liicam , vel scientiam sibi comparare sedulo  studet , quandain difficultatem in se sentit ,  qux fere adeo magna est , ut eam difficilli-  me superet . Quid hoc manifestius jn sbcie-  tate civili? Forsitan esse possunt, ut iisdem  lubet , omnes maximi philosophi , omnes  Poetx , matheniatum cultores , atq. artifices  magni nominis ? .   4. Rerum sciendarum infinita multitudo .   Tanta es.t rerum, naturalium copia , tanta  artium, scientiarumq. multitudo, tantaq. re-,  rura falsarum , vel dubiarum infinitas , ut  mens iisdem prope obruatur . Nonne hoc de-  legare dementis esset?   5. Libido rerum multiplicium .   Quid si hisce errorum causis, libido quoque  «ccedat multas , ac diversas artes j multas et   e ’ di-     JSorumque progressibus * jf   diversas scientias eodem teinporfe comparan»  di ? Profecto quxvis mens ex imbecilla eva-  det imbecillior , et majorum errorum fiet  capax .   6. Alia errorum cauta in sensuum obtusi-   ' i ' *   tat e . ‘ v   Addite bis omnibus sensuum exteriorum  quandam obtusitatem , atq. sonsuum interio-  rum naturalem dispositionem , quibus rerum  corporearum ceu venenantur , et mutantqr  jmagines . Nonne eadem de re diversi judi-  cant varii homines , quia djversa corporis  temperatione dominantur £ Marius Pater na-  tura audax agebat audacter . Contrft Q. P':j-  bius maximus verrucosus natura lentus , left-  tjssinie proqessit , adeoq. ille pro Cimbris de-  lendis , hic pro Annibale delassando , factus  7. Alienationes , et distractiones .   Mentis imbecillitas etiam eruitur ex tot ,  tantisq. alienationibus tum voluntariis , tunt  physicis, quae nonnullis hominibus adeo in-  ficerent, ut pacne insensiles appareant. In  flcgmaticis inertia solet esse maximi •   2. Altera errorum causa in nuturie phaeno-  menis . 1 • ’ ■ ’   Deducitur etiam errorum causa ex indeclinabj T  li difficultate cojvnoscencfi rerum vires, essentias,  relationes , et fines. Ausi sunt quamplurimi hrec  omnia rimari ; at eorum absurditates nemo  nus adhuc dinumerare potuit .    Digitized by Google     4^ De erroribus ,   9. Jn repetitionibus et contradictionibus .  Mentis imbecillitas quoqu^ eruitur ex tot,  tantisque repetitionibus parumdem rerum , at-  que ex tot , tantjsq. contrarietatibus , quibus  ne quidem summi viri carent . Hujusmodi  exempla sunt sexcenta , qux hic recensere  t»eque liibet, neq. juvat. ‘   10. In systematum absurditatibus .   His omnibus adjungite tot systemata ab-  surda , tot phaenomena inenodabilia , tot hy-  potheses commentitias , quibus maxime re-  eentiorum libri scatent . '   11. E x meditationis inertia ^   Mentis item imbecillitas colligitur e? me-  ditandi inertia, quoe omnibus hominibus est  pxne communis. Hac de causa paucissimi  sunt , qui rerum causas cognoscere curant •  Quid turpius, quam se ipsum nescire, et cu-  jam sui corporis artis medies imperitis com-  mittere ?   1 2. Ex corporis humani lentitudine .   At animum inbecijlimupi reddunt qusdam  forporis lentitudo , atque affectuum vjs , quie  eum ita percutiunt , conturbant , et commo-  vent , ut mens sola rerum superficie sit con-  tenta .   13* Ex nimio sui ipsius amore .   His omnibus addendum , quod nemo unus  propriae debilitatis, sit conscius , neque sibi  testis esse velit . Quisquis enim aliqua de re   j ud i-    Digitized by Googl    Eornmaue progressibus , gg   judicium affert , putat non posse melius di-  judjcari.   14. Alia errorum causa ex parentibus .   Quid si hisce omnibus breviter adumbratis  prsecipuis errorum causis, ultimo loco addal  tis, quod parentes, nutrjces , magistri , thea-  tra, ineptorum librorum lectio, ipse multi-  tudinis consepsus pueros depravant', atque  abducunt a vero ? En errorum omnium prin-  cipes causas, quas singillatim indicare cura,  bo, ut declinare possitis.   15. P ex judicia populari .   Praeter jam dic$a , sunt et alia , uti pr*ju*  dicia popularia, quae ut piant» , et animan-  tia regionibus sunt adcpmodata . Quis ea co-  gnoscit, et cognita ab iisdem audeat se li-  berare ? Nonne decipi , et decipere seculuiq  ▼peitatur ?     CA-    Digitized by Google     De erroribus j   C A P. II.    JDe erroribus mentis t - quo ad Sensus  exteriores .   1 6 . Visus prostantia .   1 7 * X sensibus, visus est reliquis pr®stantior,  quia illius ope majori 'idearum numero  mens perfunditur, quam cum cjrteris . Pte-  nim hoc uno corporum colbres , 'Hgurts, ma-  gnitudines', distantiis, motum , atq. hu usce  immensae universitatis pulchritudinem perci-  pimus , quo orbati, nulla esset coeli fornicepS,  nulla prtur® et scnlptth® proportio , nulla  rerum dispositio, nullaq. tantae natur® im-  mensitas nobis obversaretur . Attamen quis  crederet ? Ilcc sensu mens niaximopere de-  cipitur .   x 7» Ex visu .   i. Mens errat , cum quis objectorum exi-  stentiam , qu® non videt, audacter negat .  Profecto nemo aeris fluidum , neque inhnita  animalcula , neq. corpora longe procul dissi-  ta jntuetur , licet existant .   I P. Ex visu .   IT. Decipimur in judicando de rerum di-  stantiis , eteniin credimus solem , lunam , et  nubes ®qualiter a nobis distare . Verumtamen  nubes non attolluntur , prxterquam ad duo ,  vel milliaria . Luna funerat distantiam 333,    Digitized by-Goctgfc’    Eorumque progressibus . 07   33 Sol denique juxta Kebleri supputatione*  nonagintas miriones excedit .   ,10.* Ex visu .   HI. Sj inter dyas Urbes , vel montes ma-  xime dj^ijos , interposita sit vallis etiamsi  amplissima , 'procul visi', apparet una eadem-  que urbs , atq. unus idemq. mons.   ac. Ex visu ,   IV. Fallimur etiam, quo ad corp.orum figu-  ras. Nam ellypsis cominus perspecta a circii.  lp non distinguit ujr . Et Turris angularis vi-  detur spficerica . rtemq. du* lineae parallela  longissime protens.ce , videntur convergentes .  Qontraq, duo parietes divergentes apparent  paraliel 1 . Quid amplius ? linea tortuosa procul  yisa , nobis recta apparet .   u *■   V. Campanae fremitus , dum sonat , non  intuetur, etiamsj sonitus. audiri nequeat , nisi  partium metallicarum vibrationibus > at 4 * aerl 5  undis . liludq. ipsum dicito de aquis palu-  dosis ac lutulentis .   no. Ex VISU.   VI. Eademq. deceptio notatur in lucis pro-  pagatione , cujus motus putatur fieri puncto  temporis , attamen est successivus ^ licet ce-  lerrimus . New/tonus enim eam percurrere  quolibet minuto. secundo 20. semidiametros  terrestres , scii. 3 , 202 . milli^ria Italica putavit.   23. Ex yif : u .   ¥11. Prxterea sol. videtur diametri bipeda-    98 roribus ,   lis . Itemq. Planetx majores , atq. stellx pri-  rus magnitudinis apparent tanquam faculae  accensa;, verumtamen. praestantissimi Astro-  nomi recentes Tellurem esse asserunt solis  vix partem milionesimam . Nihil dicendum  de Jove , deq. Saturno .   24. Ex visu .   VIII. Decipimur quoq- cum judicamus co-  lores omnes corporibus adhaerere , licet in iis  non reperitur , nisi quaedam radiorum lucis  retlexio , cujus angulum si varies , motatur   quoque color . - •   25. Ex visu «   IX. Si in fili extremo ponatur carbo ac-  census , atq. tanta celeritate circum torquea-  tur , ut minuto secundo circulus absolvatuy ,  circulum igneum minime interruptum distin-  ctissime intuemur •   06. Ex visu .   X. Decipimur item adspicientes remum in  aqua aliqua immersum , ruptum judicamus.  In apice akissimi montis solem videmus ma-  tutino tempore , attamon est ejusdem    ctrum. . . .   Vf. Ex visa . / - -V t V*';   Ex audit** - ’ 'vc«*Jdl   V. Ut lucis radii , sic acris und.e obstacu-  li inipactx resiliunt* £* hac aer» rep$fCu*,  sio ne , oritur vocis repetitio , quam ae-ch uro  dicimus , hujusmodi vocis repetitiones. fiud*  ratis locorum distantiis. vSylvestres autem cre-  dunt esse homines , qui eosdem ‘ludificant .  Quod est iaW. ■ . ,*   • ' l> ’ ' n •" * &* odMTMPk'* A   Odoratus menti quoq.i causas errorum tri-  fcuit , qui sunt sequentes . . Brimo putamus  omnes odores ac fxtores corporibus inessed.  Quod est omuino falsum . Nam corporibus  non inhxrent , prxterquam effluvia , sive paf-  m insensibiles   nobis .voluptatem, vel  jbolestjam excitant . Si primufn , sensa-  * ^odorem . Si secundum^   wem . Hinc, sequitur , quod si toi-  xmktitur odor , vel fator . 4   E* odoratu*. ' . m'-"*..   Secundo decipimur, diim judicamus ofnn   hotnines «qtte ac nos odorem , vel fetorem  alicujus qprporis sentire . Fortasse est una  eademq* nari««nfebricatio m amnibus hom*  »i,bus ? Quis eniifa ignorat eundem hominem  rtfdrbo»- laborantem non sentire odores , titl  prius ? Cur fta ?* quia sensus dispositio non  est eadem . Hinc bjwfnali - tempore non setr-  *+ s* I '’4 aL    ^ - M i     Eorumqut progm rsi&us • 10 1   timus , quae tempore aestivo nos conturbant .   • 37. Ex gustatu . •   Sequitur gustatus . Hic sensus licet no-  bis maximae utilitati, attamen est etiam mul-  torum errorum causa . Primo judicamus sa-  pore ni , sci!, amarum vel dulcem esse in dapi-  bus. Verumtamen in ipsis non inest , quam  qujedam particularum multitudo , quae linguae  nervulos plus , minusve afficiunt .   3 8. Ex gustatu .   o. Decipimur, cum putamus omnes honu-  nes ceque ac nos sentite saporem in dapibus,  amaritudinem , aut dulcedinem in vino , etc.  Quod ne quidem in ipso homine contingere  . «otest , quoniam ejusdem linguae dispositio  perpetuis mutationibus subjacet .   39. Ex tactu .   Sequitur ultimo loco tactus •, qui reliquis  est minus erroneus . Corpora enim , quae vi-  deo esse possunt spectra; sonitus, quem atu  dio esse potest vis phantasiae , illud, ipsum  dicito de' faetor ibus, et saporibus. At equum,  parietem, aquam , ignem si tetigero, de eo-  rum existentia dementis esset addubitare .  Quid plura? U110 judice tactu , scimus nos  existere , atq. extare infinita alia corpora  extra nos\ a quibus continuo impellimur , et  commovemur . Licet res sic se habet , ve-  rumtamen hoc sensu mens decepta , frequen-  tissime errat .   . r* 'Wfc* ttt tn»,« • «oWawtf x   4% / q q 40. Ex    Digitized by Google    4 b4 D? Prrorilatt , ?   40. Ex tactu . *• •   I. Vas aere repletum *qufc ponoerostnh   putamus, ac si ab illo fluido esset orbatum .  Quis nescit aerem ponderare , uti extera cor*  pora ? atque ex hoc errore oritur alter .  Arbitrantur en ; tn otunfcs homines aeiem in  nobis, neq. in se i so gravitare, attamen re-  Centissimi philosophi centies experti sunt ae-  rem gravitate , illiusq. columnam , qus nobis  imminet, aequari ponderi  asperrimas in-  tuemur *   43. Ex tactu.   IV. Insuper judicamus quaedarri corpora es-  se sua natura frigida , quaedam alia ex se ca-  lida. Calorem , itaq. et frigus corporibus inesi  se credimus . Quod est omnino falsum . Eto-  nim calor , et frigus sunt qnxdam anitni no-  stri sensationem ; quas in nobis , uti odores ,  ' 1 * ' k ' tft   f   /   7 \, - ' 1        qigjped (S.QOgle ,    Eorurtique progressibus.   et Sapores , corpora exteriora in nobis exci-  tant .   44. Ex tactu 4   V. Decipimur quoque , cum manum ca  dam irt aqua frigida mergamus , aqoam sen-  timus calidam , et contra . Quin advertatur *  quod ma«us , aqua sit calidior , vel rigl,  dior . Ex. gr. Si in manu sint calonS 8. S ra ‘  dus , in aqua autem 5, frigiditatis. Aqua sen-  tiri debet calida , uti 3. Contra si in aqua  sint decem frigiditatis gradus , et in manu 4«  caloris . Manus sentitur frigida , ut sex .   45. Ex tactu.   Ex tactu denique decipimur* , curri a , s ?  th judicium feramus de corporum duiitie ,  mollitudine , flexibilitate , etc. qux suos gra-  dus habent. Nonne quotidie experimur > quo  uni durum , alteri molle videtur ?    jy.          *      -   **vv, »* ». f   ■■    Jflu. O/i  •jv 5.'*' ir:-k   ,K P-  qui temperamento  cholerico dominantur , sunt rmgmt.nm rerum  promissores, superbi , audaces, vaferrimi ,  ambitiosi , crudeles . Sanguinei amem sunt  'Venerei, vinosi, voluptuarii , brevius ad Sa  omnia. rapiuntur , qu* sensus alliciunt , et  mulcent . Melancolici plerumq. sunc confusi ,  laboribsi , diffidentes , atq. acerrimi judicii •  Flegmaticos denique experimur pavidos , su-  perstitiosos , somnolentos, serviles, confusos,  atq. tam in virtutum , quini in vitiorum  exercitatione inerres .   50. Ex temperamento .   Quae cum ita sint, quisjue intelligit , quod  hi omnes eodem de objecto diverse jfidl are  debeant , e >rUmque judicia natur* cujasque  e«e adtemperata . Ex qno necessario sequi-  tur idem periculum sanguineis minimi , rne-  lancolicis , et flegmacicis Maxirhi moifienti  obve rsari . Ex quo etiam sequitur , quod  una , eademqtie res esse debet uni maxirrce  voluptatis, alteri vero maximi doloris. Hinc  quoque redditur ratio , quare unus judex illum  ipsum absolvit , quem alter damnat. Nonne  tanta judiciorum varietas , a diversa corpo-  j-Um constituzione repetenda ? Nonne hac est  multorum causa errorum ?   51. Mentis errores ex passionum vehementia .   Tertius nostrorum errorum fons , idtmque   uber.    th 6 fi e erroribus ,   liberrimus in passionibus inest . Quid singula»  jjersequar , cutn omnes ad unum sui ipsiu»';  amorem reducantur ? Etenim ex immoderato  sui ipsius amore exortae sunt tot populorum  caedes , patri» proditiones , parricidia , flagi-  tia, scelera, incendia, provinciarum , urbium-  que direptiones . Quis ea recensere valeret ,  quar Cyrus major Persarum Rex, quae Ale-  xander Macedo , quxque tandem ipsi Roma-  tii gesserunt ? Legite quaeso vitae humanae  monumenta historica H tam recentia , quam  illa ab ultima antiquitate repetita , in iis tan-  quam in tabula innumerabiles amicos prodi-  tos , Sanctiora iaedera neglecta , innocentium  tnilliones modo unius ambitioni , modo ava-  ritix , modo libidini , modoque crudelitati  immolatos esse videbitis . Dici posset hoc  ipsum singillatim de timore , de spe , de am-  bitione , coeterisque . Quid plura ? Nulla in  homine passio immodica ,qux martyrum mil-  'lione» non recenset .   51. Ex attentionis defectu •   «ja. Sequitut attentio , ex cujus neglecta  plurimum quoque decipimur. 1. Erramus ,  cum nostra attentio licet finita, eam in quam-  piurima objecta distrahamus, a. Saepissime  attentio uni objecto adhaerens, reliqua nos ^  ignorare facit . 3. Ipsaq. augetur vel minui-  *ut , pro ut nostra militas est major , vel mi-  ti >r . 4. Ex attentionis neglectu fere contirf-  tt.t, quod de rebus involutis, et implicitis   judi-    Digitized by Google     delationes noverimus ? Deniq. ex slttentioni*  defectu ortum ducunt tot, ac tanta prs-judicia  popularia , mentis alienationes , atq. aWrdi*  tates . Nihil dicarri de sensu mbrali , qui  tiumq. nos decipit v Ha-e de mentis erroribus  quo ad sensus exteriores , et interiores •    i ertorib . , guo ai animi sensationes *   53. Ex sensationibus errores .   ITT' X omnibus iis , qua? huc usque maxima  P.f curti brevitate extricata sunt , liquido  patet universaS animi sensationes praedictorum  sensuum tam naturalem , quam temporaneam  dispbsitionem sequi debere . Cum hi sensua  jnagna sunt in \'arietate, non modo inter ho-  mines , sed fctiam in ipso homine , sequi quo-  que debet, quod unius sensatio abs alterius 4  serisatlone distinguenda . En ratio cur  idem corpus , neq. :eque durum , neq. atque  pohderosum , vel molle , vel odorum , vel  faetidum omnes sentiunt . En quoque ratio #  quare dictatum illud sit verum . Quot homi-  nes , tot sententia. Rerum enim judicia a senr  sationibus, sensationes vero a sensuum textu-  ra oriuntur . Varietas itaq. sensuum, etiam ju*  dici orum diversitatem affert . Qua? cum sint*  videamus ftiodo f quo pacto a sensationibus    C A P. IV*    4f    Recipiamur.    - 44 *^    b    >  quae non sunt nisi  r ‘ to- • ’   l   1 1   \    /    1 i   . Digilized by Googlc    p    .■ y %   t t® , P? errjg/fyt * ,   totidem rectiones no is conspnse, vel dissq-   «ce , habeantur absolutae.    ajcfe/hr Jfceptio m   IV. Decipitor quo® e cum Dei , horainunj,  et plant»‘win actiones putentur ejusdem gene»  ris , tametsi tofo cxlo differant .   6l. Sequitur aiiu deceptio .   V. Sim ; it r Dliitur , dym ideas spirituales  •onnhi extensas , et mitf riales ^oncipiat .   66 . Judicia fa^sa 'x prava idearum unione •  i. JEr^at e-inn , si qu* sint conjuncta,,  separata esse ju icet . Coi.traque qu?e nonnisi  jn tote separantur , concipit conjuncta.,, Suoqi  noris gereris suat Poetarum fabuljp . Secunda  autem sunt to F-,oms irrotibus *   Omfiis eirctilus qua tuor angulis rectis equahit »  Circulus autem est figura plana . Omnis itaqui  figura plana quatuor rectis tequatur . .   109. Quinta syllogismi vitiositas.   IV. Syllogismus est vitiosus , si quis e*  praemissis negantibus velit affirmativi conclu-  dere. Contraqi si e* praemissis ajentibus velit  aliquid negativi concludere « Primi generis  fcst : Arabes non sunt Christiani . Itali non sunt  Arabes . Ergo Itali sunt jChristiani » Secundi  generis est hic : Africani sunt inertes. Eurtr-  paei autem stmt naturS laboriosi. Africani igi-  tur non Sunt Europii.   110. Alter syllogismi defectus •   V. Erratur etiam vi haspirationis . Ex. gn  Quicquid amas , non comedis . Sed pisces hatnai  pisces ergo non comedis .   rir. Septimus syllogismi defectus .   VI. Mens errat in syllogismo conficiendo j  si quid pro causa ponatur , quod reapse  non sit Causa . Ex. gr. Literarum studium  breviorem reddit Litbratorum vitam .   ii*. Octava syllogismi vitiositas»   VII. Illud quoq. dicendum si quis pro deffioti-  Strato habeat , quod est in qUatstiotie . Ex. gr»  Si quis diceret . Mundi cl atrum ist illud , ii i  quo universi corpora tendunt 1 Atqui omnia mun-  di corpora in Tellurem decidunt . TellitS igitu?  ttst mundi centrum .   113. Nona syllogismorum vitiositas»   » Vili. Vitiosus pariter est Syllogismus , si   quid*    Digitized by Google    Ttorumque progressibus « t 4 f   qtlidquam alicui substanti* absolute tribuatur t  qiiod eidem per decidens competit. Ex. gr.  P/anetx f uti tellus , sunt corpora opaca . Ergo  habitatores habent .   1 14* Error ab exemplo .   IX. Mens errat in exemplo , quando ex r t  cognita ad incognitam quis deveniat , quin ei-  dem rtJrum circumstanti* non concurrant.  Ex. gr. Prima bella civilia inter pairicios , et  plebeos , fecerunt Romam maximam , atq . po-  tentissimam . Ergo si omnes Europx status bel-  la intestina foverent .(Q tiod utiq. est falsum) 4  Redderentur potentiores .   II5* Ex enthymemate i   X. Errat mens in enthimemate ob idem  principium . Ex. gr. Dux valentinus statum  Ecclesia- a tyrannis vindicavit . Fuit ergo ma-  ximtis imperator .   1 i 6. Duodecima ex sorite vitiositas . ,   XI. Captiosa est argumentatio ^ si in aliqua  jiroposititinum serie, una est erronea . Tunc  Quotquot sunt, omnes rUunt . Ex.gr. Ex omni-  bus terrx partibus Europa est melior . Ex EU-  iopse statibiis Italia . Ex Italiis regionibus re-  gnum Neapolis et ex sensu exteriori fqi   cilhme decipiatur , neces/e duco , V t uni  stnsui nusquam dedatis ; Quamobrem plures  Vint adhibendi . Sic visus ab auditu : et tactus  ex gustu emendatur .    TT T7 %6 ' P , ropria Votura tst notanda .   • . nus 4 . homine adeo discriminatur..  Vt raro eveniat , dW «fc conspirent ami-   est eorundem memori, , temperationis,  passionum, atque attentionis differentia, ex quibus  * iam tanta judiciorum varietas , atque tanta  errorum origo . Si quis igitur eosdem velit de-  f mare, sedulo perpendat hxc omnia. Quod si er-  rores si nequeat evellere, salaem eosdem minuit,   - I2 7 * Sensationes sunt cuique proprix .   *H>Sensationes cujusq. generis sunt cuiq.komini   ** * > ‘ •    P    Digitized by Goog     JS orumque progressibus . ilf   peculiares , atque in ipso homine variant . Qua  igitur in iis contentio . Si ipse sint re/at.e ?   120 . Excitanda est attentio.   IV. Ex attentionis contemptu , quamplurimi  errores. Ipsa igitur est excitanda , et adhiben-  da . Ratio est quoque excolenda , quam si unans  sequamur ducem , nusquam aberrabimus .   129. Vpcabula obscura vitanda.   V. Quid vocibus , uti animi nostri signis ,  utilius ? Sint itaque clare , perspicua , et non  a communi usu remot e . ltemque vocabula com-  plicata , emphatica , methaphorica , atque signi -  ficptionis expertia , vitato.   130. Declinanda sunt enunciationes absurd.t,   VI. Sint enunciationes judiciis conformes , de-  cliaenturq. falsa; , obscure , atque absurde.   131. Ars Sophistica philqsopho est ableganda t   V II» Definito res. Sed definitiones sint rebus   clariores . Ille autem amnibus prestant , que  cum rebus definitis reciprocentur.   VIII. Vitato syl ^g is mos erroneos • Ars enim  Sophistica a philosopho est ableganda .   IX. Nusquam a re cognita ad incognitam de*  veniatis , nisi prius omnes rerum circumstantias  perpendatis .   134. Soritem raro adhibito *   X. Soritem raro adhibito t quia plerumq. est -  argumentatio captiosa %    * 1 De- erroribus ,   \ 195» A scepticismi spiritu procul estote . ’   XI. A scepticismi spiritu , maxime inconsi-  derato longe procul abesto . Argumentum , analo-  gi£ fugito . Neq. immodica sciendi curiositas  vos abripiat .   J 3?• Quamobrem .   XVI. Libidinem comparandi multas , et di-  versas scientias uno eodemaue tempore vitato . \  141. Alienationes voluntarias fugito.   X V II. Ab alienat usibus voluntariis vos ab  alienato . Phisic.r autem si sint , attentione mi-  niiendtt .   i* tll 1:42. Rc-    Digitized by GoogI    Morumque progressibus . is J   142. Rerum causas cognoscere studeto.   XVIII. Rerum omnium causas , et fines co-  gnoscere studeto . Aliter nemo esse potest fe-%  lix .   143. Contrarietates , et repetitiones fuggito.   XIX. Contrarietates , ac repetitiones fuggito .  Contrarietas enim mentis defectum , repetitio  vero memori* labilitatem accusat scriptoris .   ■* f 44. Inertiam vitato .   XX. Prxterea perquam longa meditatione vos  contritissimos volo } et quandam insitam iner-  tiam vitato .   14$, Affectuum vis immodica est temperanda.   XXI. Quid vehementius , quam passionum vis\  maxime rn at at e vestra tam fervida\ Eam igi-  tur compescite catenis.   146, Propria debilitas est cognoscenda , et cw-  randa « > ,   XXII. Pandem nemo unus homo adhuc in-  ventus est propria debilitatis conscius , neque  sibi tesris voluit esse . Eam igitur cognoscere  prius curato , de in adsidua librorum lectione ,  virorum consuetudine bonorum } atq. ex sui ipsius  meditatione vel minuito , vel eradicato .   147. Hactenus de errorum ortu , ac progressibus.    I    PARS    Ej usque progressibus 1 2 j   3 . Qua veritas moralis *   Itemq. si nostra jqdicia factis respondeant,  Veritas dicitur moralis. Hujusmodi sunt histo-  rica? narrationes ; qusq. nos ab aliis quotidie  inaudimus , yel legimus .   4 . Qu£ veritas certa .   Praeterea si veritas ita  est quotuplex sit dubietas.   Denique dubietas , vel ponitur in squali  rationum contrariarum squalitate , ut omnia  insecta ortiuntur ex ovis , vel ab animalculis sper-  maticis , vel a putredine. H.xc dicitur positiva.   I a ‘ Illa    4 ’ De Veritate • '   Illa vero ; «Jirs i.n idearum ignoratione consi-  Stic, aopellatur negativa . ' Estne stellarum mt~  tperus par', vel impar ?   .g. Quid' , et quot u ple x sit f alsit as*   Ex dictis clare ihtettigituf falsitatem esse  disconvenientiam nostrorum judiciorum ab. ob-  jectis exterioribus , vel. ab eorumdem. relatio-  nibus , vel ab ipsis fecti$ auditis, vel lectis,  ex quo consequitur tot dari genera falsitatum, 1  quot numerantur veritatis' genera . Dantur itaq.  fahitates sensibiles , discursiv* e ac morales. Q in-  tus ita delinitis , priusquam veritas cujusque  generis investigetur , de veritatis existepti*  paucissima dicam .   C A P. II.   ' De Cujusq. veritatis exist entia ^    9. Exiseit veritas sensibilis :   ” fTlAmetsi mens nostra ek unoquoque sensu,  X atq. ex sui ipsius judiciis, et ratiociniis  quandoque decipiatur , existunt tamen verita-  tes sensibiles,, atq. abstractae, ut ex sequenti-  bus . I. Quis addubitare potest de tot , tanto-  rumq. Corporum existentia , qua?, nos ambiunt?  Nonne paene infinita objecta nostris sensibus  quotidie obversantur ? quot , et quantos Ho-  mines , plantas , animalia , atq. xdilicia vide-  mur.' Idipsum dicito de sonis, de saporibus,  de odoribus , atq. de sensationibus quas i n   No-    Digitized by Google     /    Hjustpit progresiibus i'3'3   Yfobis ex tactu oriuntur. Quas veritates si quis  denegaret, habendus esset demens ac delinis.  Existunt itaque veritates sensibiles . Quid plu-  ra ? Nisi extarent hujusmodi veritates, ne qui-  dem existentiam nostram sentiremus.   „ 10. Existunt veritates abstracte .   10. Mens humana prarter ideas sensibiles,  quamplurimas alias investigat illas comparans  inter se , vel cum tertia . Ex qua compara-  tione judicia , et ratiocinia nascuntur . Hinc  veritates methaphysicae, et matematic» . Hinc  artium , scientiarumq. principia , ex quibus  infinitae demonstrationes oriuntur .   It. Existunt veritates morales .   Denique si in aliqua narratione constabi-  lienda , non modo testes, historia, et traditio  sive oralis, sive scripta, verum etiam monu-  menta concurrant , non est de illa minime  dubitandum . Quis enim sane mentis homo  dubitaret Ciceronem fuisse Consulem , in For-  miano habuisse villam ? Quis dubitaret Julium  Caesarem fuisse .occisum , Augustum fuisse  Romanum Imperatorem ? Existunt itaq, veri-  tates sensibiles, demonstrativae, et morales.   1 2. Error scepticorum .   Ex His huc usque adumbratis sane eruitur a-  fnotx mentis fuisse illos omnes , qui prxdi-  etas veritates acerrime , ac pugnacissime de-  negarunt , uti fuerunt Accademici , Pyrrhonii,  Cyrenaici , qui ausi sunt ipsas nostras com-  prehensiones impugnare . Empedocles enim   1 3 as.    Google    •34 Ve Veritate,   asservit abstrusa esse omnia , nibil nes senti-  re, nihilq. cernere. Nonne hi excxcant nos^  orbantq. sensibus ? Philo negavit quidquam  esse , quod comprehendi posset , sic judicium  tollit incogniti , et cogniti i Democritus con-  tra solis sensibus credidit . Parmenides , et  Xenophanes quasi irati increpabant eorum ar- |  rogantiam , qui cuin sciri nihil possent, au-  deant se scire dicere . Neque sunt audienda  contorta , et aculeata Diodori , atq. Alexini  sophismata . Quid absurdius illorum fallacibus  j.onclusiunculis ? ad unum itaq. omnes verita-  tis impiignatores disputarunt nihil percipi , ni-  hil congnosci , nihilq. sciri posse , sed verita-  tes in profundo esse demersas. Cur ita?, Quia  angusti sunt sensus , imbecilli animi > brevii  curricula vitae.     K      Cap.    t    Digitized by Googlt'    EJasyue progressibus    »35    C A P.    III.    De cu.    yusq. veritatis /tota .   t . , ,   *3« fuo cntenum veritatis *   Q Uaeritur hoc in capite , quo criterio ve-  . rum a falso distinguimus. Epicurei, qui  soUs sensibus credebant , veritates alterius ge-  lieris respuebant : Platonici ; atq; Stoici judi-  cium veri } ac falsi in una mente potiebant i  Fuerunt, et sunt, qui in ntroq. veritatis no-  tam colldcant . Sensus scilicet i ri veritatibus  physicis, mentem vero, in abstractis. Deni-  que judiciorum' certitudinem in evidentia po-  tuit Gartesius , quatti in physicam, methaphy-  sicam , et moralem dispescuit; Prima locun?  habet in rebus sensibilibus; in veritatibus ab-  itractis altera ; ultima vero in auctoritate ;   14. Refelluntur eptcurei i  ; At harum omnium opinionuni qualis vera  tit , an falsa liHbrriirife dicarri . 1 . Quommodd  soli sensus esse possUnt judicium veri , ac  falsi f si ipsi sint tam fallaces ? non ne deci-  pimur nos ab oculis , ab auribus, ab olfactu ,  gustatu t tactuque ? si soli sensus riotant veri ,  ac falsi comprehenderent , sol esset magnitu-  dine bipedalis j stellae rion essent plures ,  quani^ videntur . Remus in aqua esset fractus ,  parelii essent soles reales ec. Denique si soli   tdnsus judicium veri, ac falsi continerent,  i .   L 4 quae-     * 3  Refellantur platonici , ac Stoici .   An ponenda veritatis noti in una mente ,  sensibus exclusis ? Falluntur quoque , qui ita  philosophantur . Nam sublatis sensibus , nul-  lum daretur in mente judicium , nulla ratio-  cinatio , nullaq. veritas, Quae mens sine judi-  «*ts , et quae judicia , et ratiocinia sine ideis,  et quae tandem idae sine sensibus ; quibus  sublatis , nulla esset in mente operatio ? Con-  stat itaq. Pluton icorum , ac Stoicorum opi-  nionem esse fallacem .    Quid si in utroaue .   . Q n 'd dicendum , si tam in sensibus , quam  in mente , quod erat tertia ex notis proposi*  tis ? Sensus quippe mentem corrigere pos*  sunt , mens autem emendare sensus . Sed in  mente ipsa ponendum est principium , quod  quaerimus , quoniam una mens capax est ve-  ritatis , sensus enim materiam»judicandi eidem  dumtaxat praebent.'   17* NH novi in Cartesii evidentia.    Ultimo loco , quo ad Cartesii evidentiam ,•  dico , quod haec opinio eadem difficultate  qua praedictae opiniones , laboret . Etenim  cum Cartesius tot evidentiae genera posuisset^  quot sunt veritatis species , vellem ab eo sci-  re , quo pacto , quod mihi visum est evidens,  esse evidens sciam ? quomodo judiciorum meo-  rum   r ‘~. • ‘      Digitized by Google     Ejustque progrehibus . f%%   rum evidentiam cognoscam* quomodo deniq.  rerum auditarum ? quamobrem non ab alio  quaerendum principio , nisi a sensibus in ve*  ritatibus physicis, u mente in abstractis ,atq%  ab aliorum fide in narrationibus historicis •  Quae omnia singillatim disputata sunt , ac re-  futata .   l 3. Quid veritatis crittrium .   Hisce quam breviter enucleatis , ad propo-  situm . Exquirimus hoc in loco veritatem pri-  mam , qui alia demonstratur . Propositio-  nem nempe hic quaerimus ex se certam ,  cuique cognitam , atq. cujusque veritatis cew  fulcrum , quae sui natura demonstrari nequit*  ipsi omnes alias demonstrare possumus.  iq. A dubietate oritur veritas.  Principio veritatis est capax , qui dubitat •  Nam qui omnia adfirmat , propositionem etiam  sui adversarii esse veram dicit . Contra qut  Universa negat, quaeque ipse dicit , quoque ne-  gat . Philosophus itaque in veritatis investiga-  tione a dubitatione incipere delet. Sunt enim  dubietates tamqaam nodi , quos philosophus  resolvere debpt. At qui semper dubitat, nnsquam  veritates invenit, prqindeq. a dubitando debet de-  siste re . Nam. in dubietatum catena, si daretutf  progressus in infinitum , nihil sciremus .   20. Idem nequit esse-» et non esse •  Principium itaque pro omnigena veritate  reperienda , est illud ipsum , qiiod Aristoteles  initio suae Methaphysicae praescripsit . JSIihil   * po-     ts$ n* Veritate ,   potest simul esse , et noti esse . Videamus ttuS-  do., num haec propositio sit certa , evidens ^  atque adaequata . Expendendum nempe num  hujusmodi principium sit clarum cuiq; cogni-  tum , num denique cujusq; veritatis genera  constabiliat ;   01» Ex quo veritas sensibilis,   L Veritas phisica a sensibus oritur . Si mi-  hi igitur obversetur vesevus ignivomus , dubi-  to de ejusdem existentia ? Turic tactum adhi-  beo , aliosq'. homines sentio * Si mihi alii , uti  ego, judicent vesuvium esse ignivomurri . Nori  potest non existere . Alias esset , et non esset  mons ignivomus. Quo nihil absurdius;   Si dicat. Illa musica , quae me tantopere  allicit , alios excruciat . Esto . Sed si musici  existet , nenio negat . Istudq. ipsum dicito de  odoribus , saporibus , ac de sensationibus frigo-  ris , ac, caloris * quae nori extarent * nisi ea-  rum objecta existerent ;   , 20; Ex qud veritas methaphisica .   Ratiocinia tunc efficimus dum duas ideas cuni  tertia comparemus , ex qua comparatione ea-  rumdem aequalitas y vel inaequalitas deducitur;  ex f gr. Quiequid est extensum est corporeum.  Tabula vero est extensa i Tabula igitur est cor-  porea. Extensionis itaq. idea convenit tam cor-  pori , quam tabulae ; Corpus igitur , et tabu- ^  la conveniunt inter se; Alias tabula esset, et  non esset corpus. Quod est iterum absurdum;   ai i    Digitized by Googli    V. , > ,   £jusque progressibus i 13$   42. Sx quo veritas historica •   Tertio loco , si in aliqua historica narratio-  ne testes sunt oculati , historia , traditio , atq^  itionuihenta aeque concurrant, potestne de fa-  cto quis dubitare ? Demus igitur Medos , Ba-i  bilonios , Graecos , et Romanos numquam ex-  titisse , nonne essent, et non essertt simul tot  historise , totq. ac tanta monumenta ab ultima  antiquitate repetita? Concludamus omne verum,  ac falsum a dubietate oriri , et cujusq. verita-  tis notam positam asse in constabilita superius  allata propositione sua natura certa, cuiq.cogni-  ta , atq. adaequata . Quae cum sint , jid ulter  riora procedamus   C A P. IV.   k ( *   Quid } et quotuplex sit methodus *    M Ethodus est via quaedam , qua nostra ju-J  dicia i ac ratiocinia ita disponimus , ut  Veritates invenire , vel jam inventas cum aliis  communicare possimus . Licet alii regulas tra-  dant inveniendi ; addiscendi ; exponendi , atqv  disputandi j duae tamen mihi videntur praeci-  puae, alteri , inveniendi , altera explicandi . Pri- 1  Cia analytica , secunda vero sinthetica . Una via.  conjuncta separamus , altera disjuncta unimus.  Primus modus rerum inventioni j alter earum-  dim explicationi inseruit .   winalysis , idem est ac totius suas in partes    1    k4 quibus cdti*  flantur lapides montis vesevi , eosdem in su*  ultima principia reducit, ita illorum componen*  tia reperit .   Analytkicae contraria est sinthetica me-  thodus , sive compositio , quae ex quibusdam  generalibus principiis varia componendo in  unum colligimus, itt alios doceamus.   Regulae utriusq. methodi , in sequentibus  capitibus fuse exponantur .   C A P. . Vv   . * ‘ ■ 4   Et Methodo reperiendte veritatis sensibilis *   Oq. Htcc a sensibus ,   C Ertitudo , quam physicam adpellavimus; *  ex sensibus exterioribus provenit > eaq.  nuncupatur etiam intuitiya . Quare si objecta  exteriora a sensibus retnpveas , hxc veritas  *on amplius extat . Hinc 4 ruitur primo , quod  haec certitudo nostrorum sensuum rationem  sequi debet. Etenim pro ut sensus sunt bene  conformati, et objecta exteriora multiplicia,,  eo major nostrarum cognitionum sphaera fit,  atq. augetur .   , 25. Sensus esse debent bene constituti •   Sequitur secundo , quod si nostrorum sen*  suum fabricatio sit vitiosa, objecta non cer*  nimus distinta. En ratio, cur ii, qui morbd  hjcterico laborant, universa objecta sub colo-  ro    Digitized by Google     Ei usque progressibus M*   croceo 'vi/ent. En quo* ratio, «nny^  fci corpora remota , et presbyti,qu* sibi sont  proximiora, non cernunt.    veritates referuntur , quae constan-  tissima observatione , atq. diutinis experimen-  tis liquido constant. Hujusmodi sunt, quae ex  antiquis Aristoteles, iElianus, Plinius, tum    jecta impellit.   Def. 4. Benevolentia est quoddam animidt-  siderium , quo ad egenos juvandos rapimur.   ax. 1, Bona in natura sunt paene infinita.   et viem  sceleratus .   57* Quid monumenta i *   Quid si pr®dictis ultimo loco momi-i  intenta, qu® modo extant , addatis, nemo .  «anus dubitat . Reapse quis dubitat Samnites  £xtitisse , et fuisse tam bellicosos . si urbes   a Lb     ttjusgiii progressiius  aestus marini causa , et  sexcenta alia *   Reg. 4. Si qutesilurti resolvi possit , tunc  videto si resolvi posset in omnes ejus partes ,  vel in una » ,   Hujus generis sunt quaedam quaesita , qua  plures in partes adspicienda sum . ex. gr. lti-  *us refertur ad familias, ad civitates , ad im-  peria , ad hominum coetum , nisi hac omnia  considerentur • quaesitum non potest Bene de-  finiri , maxime quod uni familiae , uni civi,  tati , uniq. imperio potest' esse u ilis , aliis  vero maximo detrimento . Quam ad regulam  si animadvertissent tot tantiq. recentes luxus  scriptores, non consenuissent vel in eo lau-  dando , vel vituperando. '   Reg. 5. Si quxsitum sit solutionis capax t  extricandum tunc remanet , num sit simplex ,  vel compositum scilicet num unum , vel plura  membra habeat .. • '   Illud quippe est perquam adcuratfc definien-  dum, alias -erratur . Sic in malorum origine  videndum primo quid sit malum . Deinde  num existat in universo, tum si sit ejusdem,  vel multiplicis generis Demum si sit multi-  plex, distinguendum in omnes ejusdem cl as-  tes .   i    Digitized by Google    ' Eorumque progressibus. 165   'fes . Dicito hoc ipsum de voce luxus superius  memorata.   Reg. 6 . Si q tussitum resolvi possit , tunc  constabilienda sunt principia clara frnm , ata.  omni ex parte manifesta .   px contemptu hujus praeclarissimi reguli  Hobbesii conclusiones sunt falsae , quia la Isis  principiis innituntur . Hunc in errorem inci-  derunt quoq. omnes Pyrrhonii , aliiq. veritatis  infipugnatores .   Reg. 7. Propositiones quot quot sunt , omnes  Jluere debent veluti totidem illationes ex prin-  cipiis superius , firmatis ac stabilitis . Quod  tunc evenit , quando omnes ita inter se conne-  . etantur , ut ceu quandum catenam efficiant ^atq.  una ab alia nascatur .   Qui id non consequuntur , habendi sunt in-  genii plumbei . En ratio cur juventus neccsse  est, ut; consenescat in addiscendis Euclidis  Geometriae libris planis . Etenim in illorum  lectione modus adquiritur demonstrandi , ad-  miratur in iis, quo pacto secunda de monstra-  tur ex prima propositione , et tertia ex se-  cunda . Sic deinceps . Aristotelis aethica eo-  dem ordine est conscripta , qua in addiscen-  da juvenum profectas esset major . Nam non  de rebus abstractis , sed de homine agitur , ve-  rumtamen nemo unus eam legit, accurat . Cur  ita ? quia eorum institutores nondum sciunt  Aristotelem extitisse , fuisse virum doctissi- .    l> 3    unim j    i*66 ;• Br Peritote-». . gt   mmn , -ad Nicomacum scripsisse decem de  sethica libros. ' ' ■ •** .nV   Reg. 8. Conditis , sub qnk subjecto prgdicu -  tum convenit, est adcuratissime definiendum* Eap-  nitn philosophi munus est rationem, reddere t  fiio pacto effectu! ad causatn referatur .   - Queritur enim a seeulo praeterito usq.* ad  prarsentem diem , num luxus sit statui alicui  UtiSfS'? 1 ' . J '.w,;-' j, fi ; -i 't . •• *>fi-   Huc usq, universi scriptores in genere quae-  situm extricarunt. Sed false omnes. Itaq. eum  vel commendarunt , vel vituperarunt » Cur  ita ? Quia quarsitum non fuit iniqua m bene  ptopositum i Sed dicendum tst : pratsens luxus  est utilitati , vel detrimento regno neapolis I,  vel Rom.el Quaesito ita proposito , videndum  mini otnnes artes primitiva , et secundaria  possint ne numerum artificum majorem h«»  bere? Si possint, necessum est , ut ii^plean-  tWr . Siti aditer , et remanent in toto regno  centum millia qui laborare possunt , iisdemqj  -Occupatio deficit . Quaro isti centum millia  vuftis , ut iiiOpes vagentur, vel ut expellantur  e* statu, vel occidantur , num denique in ar- .  tibds itfjAis Occupandi ? Quis npn videt 1»^  xum non modo esse huit statui uttlem , sed  ilittirti decemriufn' ? ‘-fi   RVg. 9 . Si in qudsitb rOfoleemdo , vobis non  ebniiiigat cettiiadiheth repetite , tunc probabio-  llialtm auffite , riebir eyuhg.antd» niti MafKiri   V~ ‘ ' - - * -l V ' pro - *    Digitized by Google     Ejusque progressibus 1 6f   probabilitas . Verum cavete , ne hypotheses ve-  lati theses habeatis . .   Quaeritur nuin sol , circa tellurem , ve] haec  circa illum moveatur. Certitudo omnino de-  fecit . Quaerenda est probab*lita; . Utraq. est  probabilis. Tunc quaere probabiliorem. Mibi  videtur illa Cupertiici , quia mjnus me allicit.  Nam facillime intelligo revolutionem diur-  nam terrx circa seipsam , atq. illam annuam  circa solem in eccliptica „ et sojis re : «jluno-  nem circa proprium axem vigmti septem die-  rum spatio .   Reg. IO. Non omnia quxsita sunt ejusdem  geperis , alia enim sunt physica , alia metaphi •  sica t aha denique moraba . Si physica sensus ,  observationes , a/iosq. homines interrogate . Si  i nethaphysica , adhibenda est ratio , ac demon-  stratio . Sin denique moralia . Notate testes ,  historiam , traditionem , ac monumenta .   Licet hxc sint per se clara, verumtarnen  in rebus facti , nulla ratioctnii . Dum facta  video, rationem non audio Sxpe etiam in  re clara , et manifesta , qua mpluri mi testibus  utuntur . Fortasse testes imiorem rationem  habent j quam ipsa ratiocinia firmissimis prin-  cipiis constabilita ?   Reg. ii. Quo pacto in narrationibus histori-  cis procedendum , si monumenta amplius non  extern ? Codices consulite , quibus in legendis  funditus sciri debet scriptoris lingua • At ca~   L 4 vrr#    l ( 8 De Veritate , *   ' *, ^ *j t t ' J ^   veto ne Verslones vulgares , Hef. itxicos con X-  munes adhibeatis . ^ •   Seri quorsuih hcpc - ? Quia 'nulla lingua in  aliam translatari optime potest. Quatvis .enim  lingua suas habet pecujiares proprietates- , sectam „ religionem , imperiv firmam , mores  denique y 'propensiones , adjectus , educationem ,  studia , exercitia , ac partium studium .   Hrc enim omhia ad plenissima scriptoris  sensa intelligenda mixime conducunt • Natn  quiiumque- scribit etiam nolens suis in libris I  transfundit suos mores , adfectus y tempera-  mentum , opiniones , scientiam , oartium stu-  dium , atq. alia sibi propria . Brevius sjui-  cumq. scribit , se ipsum describit , Quid li-  ber, quam Sermo scriptus ?• Nonne sermone,  aliorum animos paene videmus?. Hoc fusius, ac   1»T    Digitized by    Gpoglel    Ejusqie progrersibnj • i   est diligentissime versandum , verum maxima,  cura lectitanda , sunt omnia, ut scriptoris mens  ex universis ejusdem operibus constet • Potent  enim esse , quod aliquod rejecisset .   En ratio quare quampluritni in judicando  errant . Quia vel integrum librum non le-  gunt , vel non intelligunt . Quid si. reliqua  scriptoris opera , ignorent , vel non curant  scire ? At quid statuendum , si scriptor de  aliorum opiaionibus, vel factis agat?   Reg. 14. Tunc exquirite primo , an scire po-  tuerit, 2. Num fuerit perspicax. 3. An in ju-  dicando adeuratus . 4« Num in referendo since-  rus • In quibus si uni eorum defecerit , fidem  ei denegate . Sin minus , eundem habete et dili-  gentem , et sincerum , et veracem .   Hujusmodi sunt optimi historici noti . Li-  vius , Sallustius, Cornelius Tacitus praestantis-  simi fuerunt historiae scriptores . Apud recen-  tiores Nicolaus Macchiavellus , Franciscus  Guicciardinus , Bernardus Segni , Angelus de  Constantia, Robertson , David Hum,atq. hi-*  storix universalis anglJci scriptores . Quid si  ex uno scriptore quamplures acceperint ?•   Reg. 15. Si quamplurimi , etiamsi mille ex  uno scriptore sua traxerunt , omnes simul tatl%.  valent , quantum unus., quem transcripserunt .   Quod si clare constet historicum -fuisse   *    J     cujus nomen praefert . Sic  Jjbnr de consolatione Ciceroni adscriptus ; est '  Hgarjii .Ergo spurius. Contra VirgHii .®nei-  dos., suflt Virgilii , nam, ab ejus obitu ad  praesentem usque aetatem eidem tribuitur . Il-  Judq. ipsum dicitp de Ciceronis, Horatii, Co-  lumellae, M. Varronis operibus-. -Tertio loco  si in Codice m°dp aliquid legitur , quod in  scriptqcis :$t#te , vel antiquis Codicibus non  legentur , dicitur interpolatus . Denique si  jaunc aliquid desideretur , quod fa antiquis  :jpndieihu» e*tfeat , appellatur mutilatus .- Hd-  Sjjtm omnium exempla surtt paene infinita ,  jju* brevitatis gratia omittuntur ; ^t quS rd-  tione fiaec omnia internosci possunt ?   Reg. 1*7. Dicito illum librum esse spurium ,  jt. -Si scribendi stylus , vel cogitdndi ratio non  sit illius scriptoris , cujus nonfen profert .   9. j&i a scriptoribus corvis non sit memora-  V* * Si adeo ineptus, ut cui tribuatur , nul-   . Io .    Cigitized by Google     EjuspK progressibus n *7P  lo modo possit convenire. 4. Dengue libe*  habendus eit 'spurius ,* -si antiqui eum rejecet   irini* /; • -■ - iV .. .. 4 ■ i . *. ■*'   Reg. 18. Contra^ liber habendus est genuinus •  I. Si stylus , et cogitandi modus illi conve •  ni aut , cujus nomen > prxsefert : 2» Si a scri-  ptoribus Coxvis sit memoratus : Si antiqui   de libri genuitaie , minime dubitarim .   Reg. 19. Lib^r habendus est interpolatus t vel  spurius y si facta , et personor memorentur scri-  ptoris xtate posteriores . Ipsum dicito de voci-  bus , ac locutionibus . Ultimo loco si doctrinas  •Si st e mati sibi proposito contrarias contineat *  Quid si scriptor fuerit ineptissimus*.   Reg. 20. 1 Codex est mutilatus si in eo aii-  quid desit , quod vetustissimis in codicibus le-  gebatur : 2 . Si qux continet y vani , cottfuseq .  leguntur .   * t ' Haec pro auctoritate humana satis esse du-  co . Quo ad divinam , praeter ea superius di-  cta notanda sunt etiam quae sequuntur.   Reg* 21. Oportet perpendere .1. Nam Deus  loquutus fuerit' 4. Cui loquutus : 3. Quo in  loco : 4. quando : 5. quid'., 4 .   Haec omnia manifestissima sunt in quin-  que Pentafheuchi libris a Mose scriptis . Nam  Deus loquu,tus cum universo Populo Haebrreo-  rum . In mote Sinai , post eorum egressum  ab iEgypto . Quae autem loquutus fuerit in  duabus Tabulis lapideis continebatur * Quse   licet     j ' * De Veritate, j' v> •.  licet constent ; , veruuuamen videndam insu-   • • '*•' • , i " . . f *.   per •   Reg, 2*. Num qu& Deus dixit , ai/ aoj incor-  rupta , vel interpolata , vel mutilata pervene-  rint. 2. i 1 / sensus , ac vrria possint varii ac-  cipi . Si autem varie accipi possint , nemo «aaa  fuo arbitratu , ac teneri intellegat , W aat  (Catholicae Scclesix judicio , standam erit .,  Hujusmodi sunt praecipuae rCgulae , qua? me-  thodo analitic.e maxime inserviunt . Quae au-  tem sequuntur ad syntketicam spectant.       CAi .    Digitized by Google    Ej usque progressibus : ,   • , > , 4 * » f   C A P» Ultimum. \l'   De regulis explicanda veritatis , tam viva voce,  quam scriptis •   I T' X omnibus animantium generibus unus  1/ homo veritatis capax , est quoq. loquela  praeditus , qii^ sui animi intimiora sensa expri-  mit . At mirabilior ejt scriptura , qua cum  absentibus temporis, ac loci loquimur • Sed  si philosqphi , si parentes, si ludimagistri  desiderent , ut juventus utiliter haec divina  rationis instrumenta adhibeant, sequentes re-  gulas ob oculos habeant.   * r Reg. i. Initio cujusq. facultatis , magister  doceat , quid ea" sit , que fuerit ejusdem origo,  progressus , vicissitudines , scriptores , atq. quas  in partes ea distinquatur. v ; • , ■   Cur itl ? ut sciant auditores , quae ipsi com-  parant , atq. univers® scienti® quandam desi-  gnationem ceu^ in parva tabula adumbratam  habesmt . In quibus enucleandis una , vel ake-  ia lectio sufficit, ne rerum multitudine deti-  neantur ii , qui paucis prsceptis sunt im-  buendi . . f _   Reg. st. Maxima cum brevitate , ac claritate  simul primo controversis: status proponatur , de-  inde suas in paries dividatur ; tum inutilibus  resectis , omnia sensim sine sensu explicentur •  In hoc a quatnplnrimis erratur. Neq.enim  -v t pro-     «r    ffif •• -   J-dolemata sciunt acute propd n ere , neq* omnes,  nodos extricare. Veriwn omne tempus in  congerenda^ cujtisq. generis eruditione sine  ullo ordine, judicio , ■« lepore tevurit * Qujf  GrammaticorutntForensium^c medicorum ple-  ynmq. est perquam inepta scribendi* ratio .   Reg. 3,' Vocabula omnia definiantur , ut quid  sit res de qua agitur , plenissime intelligatur l  Hujus iftilissim* regulae contemptus juve-  nes impedit ,■ ut bene iatelligant , atq. ad-  discant .   Reg. 4. Ex definitionibus officiantur axioma*  ta ; atq % postulata , ex quibus clein emitis prae-  positionum series eruatur . ,   Haec rectissima docendi ratio, quam sibi  sumunt Geometr* , est illorum omnium, tjui  sciunt ratiocinari . Divus Thfcmav’ non erat  Geometra , veramtamtn quia divino ingenio  praeditus * ordine scripsit . Quid dicendum de  Aristotelis ethica tam pressp et ta!n stricto  ordine Conscripta ? ' , « . ,   • Reg. ij. Definitis universe scientia voca-  bulis , initium sumatur a rebus simplicifribus t  ac facilioribus , atq. ad maximi Compositas 9  jfuxijpeq. difficiles procedatur .   Sin aliter fiat., discipuli non krtelligunt.  Reg.' In rationum ''catena conficienda , ita  ordiatur , ut altera 1 alteri prxluceat , atq. alte-  ra alteri inserviat . Ex quo tandem integrum  disciplinae systema compingatur omni ex parte    connexum .    Reg.    Digitized by Google    Ej usque progressibus .    ut sciatur tempus , « W, «■ w   r«nf gesta. • • • fc '- • •. „ ■ „   •Reg. 14. natUrd ■ j '   ac pravus . Ergo pontus ut educationi defrr   tur , proinde?* magister curat auditores* redde-,  re laboriosos   longius, quam res tanta dici poscit.. .   §. 3. Pritpo arithmetica est scientia , qua  mentem instruit , ut ea expedite ac recte  super qtiibusdam cyphris numericis operetur..  At qua de causa ? ut nempe veritates inveni-  at. Hac scientia licet quamplurimis continea-  tur regulis, ut additione , subtractione , multi -  plicatione , ac divisione, attamen additio, sub-  tractio , multiplicatio , ac divisio tam in quan-  titatibus integris, quam in fractionibus cujusque  generis ad additionem , atque subtractionem  reducuntur. Itemque regula aurea , societatis,  alligationis , positionis, ac combinationis ; non-  ne ha? omnes, et si qua? sint alia? etiam in-  finitae , revocantur ad unicam regulam aure-   §. 4. Etenim multiplicatio nihil aliud est,  quam ipsa additio concisa: et divisio est ipsa  subtractio . Sic si mihi multiplicandum esset  g. per 4. duos modos adhibere possum , vel  . • M fi 8. qua-    « \1   lif * , .   8. quatuor seriam , factaque summa habebi-  tur 32. alter modus est si 4. accipiam octo:  vel octo accipiam quater , productus erit sem-  jper 32. ex quo pate't multiplicationem non  esse, nisi ipsam additionem compendiosam .   §. 5. Id i^nm dicendum est de "divisione ;  nam ha?c est ipsa subtractio , cum hoc uno  discrimine , .quod subtraetio fiat semel , scili-  cet ex quantitate majori dematur minor , ut  quod remanet, videatur . In divisione vero  subtractio fieri debet secundum numeros di-  visoris . Sic si dividere vellem 484. per qua-  tuor . Fieri debet in uno quoque .numero  hinc primo ingreditur semel , in secundo bis,  ip tertio etiam semel, quotus erit 121. Ergo  in primo numero subtractio fuit unius nume-  ri 4. in secundo subtractio dupli 4. et postre-  mo etiam unius 4. Ex quo 'etiam liquet di-  visionem non esse , nisi ipsam subtractionem.  Quod quidem non inteligendum solum de nu-  meris integris , verum etiam de fractis , ac  de fractorum fractis .   §. 6. At si quis inquiet ; ad quam regulam  referuntur potentiarum elevationes , atque ra-  dicum omnium extractiones ? Respondebitur ,  quod potentiarum elevationes sola multipli-  catione conficiuntur 1 ' extractftfnes vero radi-  cum cujusque generis et multiplicatione , ac  divisione , hoc est ex additione , et subtra-  ctione simul .   ’ " ■ ' : -f :   *• k. • #    Digitized by Google    v t#«r   $. 7. Sequitur postrema scientias nume ricae  •regula , qu* est sola aurea , ad quam quot-  . quot sunt , omnes reducantur . Verum quid  continet hrec: nisi quo pacto fex tribus numeris  cognitis inveniri possit quartus numerus pro-  portionalis incognitus ? Hoc parumper perpen-  damus in tyromim gratiam .   §- 8. Ad quatuor classes , omnes problema-  tum numericorum resolutiones vulgares ari-  / thmetki reducunt , nempe ad regulam aure-  am sive trium ; ad societatem : ad alligatio-  nem , atque ad falsam et duplicem positio-  nem .   9. Primo regula aurea sive directa , vei  indirecta: sive simplex vel composita est inven-  tio quarti numeri proportionalis, post tres alios  datos : ut 4. boves ararunt I. terr® jugera ,  quot jugera arassent 16. eodem tempore ? I-  temque 4. messores metunt quandam segetum  quantitatem 8.diebus, quaeritur quanto tempore  eundem campum messuissent if. messores? In  utroque problemate semper quartus proportio-  . nalis inveniendus est, cum hoc uno* discrimi-  ne , quod In primo problemate multiplicatur  secundus , cum tertio , productufn dividatur  per primum , hoc est te3. per -4. quartus pfo»  portionalis est ja. In secundo autem proble-  mate 'multiplicatur inter se primus cum se-  cundo-, productum dividatur per tertium, vi-  delicet 3*. per 16. quotus , hoc est quartus  proportionalis est *. Sin autem utraque sit  M 4 cora-     /   #• quibus mentis adus clarius explicantur.   Cap. x. De Jignorum artificialium origine . 4^   Cap, C. De linguatum omnium natura .. £3   Cap. 3. De linguarum artate conjicienda. 57  Cap. 4. De vocum divijione . 49   Cap. §. De propojitionibus . 63   Cap. 6. De mater i a, forma, £r propofitionis quan-  titate . ...... 6e errorib.me ntis quo ad jenjus exteriores. \o^  Cap. 4. De errorib, quo ad animi /enfationes. 107  Cap. 5. De errorib. quo ad ip/ius mentis adtus.iOQ  Cap. 0. De errorib. quo ad animi Jigna relatis ,  - de illorum abufu . 115   Cap. 7 De errorib. quo ad propo [itiones , 119   Cap. i. De errorib, quo ai /yllogi/mos , aliofq.   arguendi modo s. 121   Ca p. 9. De errorib. qui ex prava puerorum eJu -  curione oriuntur , 124   Cap. 10. Ve errorum emendatione 126    Lib. II. De veritatis ortu , ejufq. p r Ogre£ibus .  Ca P- *• Quid , O quotuplex Jtt veritas  cujufq. veritatis exifientiaJ    _ . 5/“. .. _   uip , & quotuplex Jtt veritas . 131   . 133   Cap. 3. De cujufq. veritatis nota . 135   Cap. 4. Quid , & .quotuplex Jit methodus. 131»  Cap. 5. De methodo inueniind.e veritatis fenft-   bilis . ’ 140    Cap. 6. Dg methodo demon/irqnd £ veritatis. 142    Cap. 7. De methodo reperiendx veritatis prob ,   ; 15   Cap. 8. De veritate probabili.    156    Cap. 9. De regulis pradlicis reiie philo fophandi.t~v%  Cap. 10. De regulis explicande veritatis , tu n  : viva voce , tum {criptis . l5 9    jjppendix ,   De Logices redudione ad arithmeticam.    179    A C JA.    jpfd/L   <r   sa  SLIOTECA NAZ.   Vlttorlo Emanuele III   lxTii   ...fi   N APOLI    I   t   t   i        Digitized by Google      DE ARTE   RECTE COGITANDE   , ’ \   LECTIONES SEX.    + ,    Digitized by Google    Digitized by Google    DE ARTE   *   RECTE COGITANDI  LECTIONES SEX  AUCT. AB. FRAN, LONGANOl     NEAPOLI   MDCCLXXVII.   EX OFFICINA MICHAELIS MORELLI.    PUBLICA AUCTORITATE.    Digitized by Google     Digitized by Google    $   IILUSTRISS. AC REVSRftfWSS. VIRO   MATTHjEO JANUARIO   T E S T iE-P ICCOLOmINEO  ARCHIEPISOOPO CARTHAGINIENSI, j  E T   FERDINANDI IV*   REGIS A SACRIS, ET COWSILIIS, AC REGU  AR-CHIGYMSfASII prefecto   FRANClSCUS LONGANUS    Q Uct omnia Deus Opt. Max. d  rerum primordiis condidit ho-  mini condidit hominemque i~  ppfum alteri homini . Hinc  fit , ut qui ex hominibus majori cu-  ra j diligentiaque aliorum quarunt utili-  tatem , ac praCtpue in literis , artibufquc  provehendis , qua funt cujufque bene con-   a 3 •    Digitized by Google    flitutee Retpublics ornamentum , ii exteris  proflantes, jure inclyti habeantur , *f§r-  namque flbi comparent famam . Inter hu-  jufmodi viros quinam hac noflra tempeflate  merito adnumerandus , quam tu vir Illu-  flrijftme , ac Rcverendijftme ? qui ft in ex-  teris dignitatibus Tibi collatis pro tua hu-  manitate , prudentia , juflitia quod Ca-  put 1 cfl , pro tua in omni re liter aria , pe-  nitiori cognitione ipfarum literarum , ea-  r umque cultorum Te praflanttjftmum pa-  tronum femper prafliteris , tamen ab eo  tempore , gwo //£* Regii Archigymnafli Prx-  fcllura fuit demandata , ita eas , eofque  provexifli } ut fub te uno utrique nati vi-  deantur 4 Pro tuo igitur bumanijjimo inge-  nio , «r me , ac meum libellum   de arte rcSle cogitandi , qui nunc primum  in lucem prodit , ac tibi libenti animo nun-  cupo , rogo excipias optime vale. Neap .  pridie non. Ap.iyy'/*   \ s •    LE-    • Digitized by Google    L E C T I O   DE EXIGUO HISTORIjC LOGIGE  COMMENTARIO.   ' •   ale£tica , qua» eft ars perfi-  cienda rationis humana, a  Gracis exorta Zenonii Elea-  ti Parmenidis auditori , 8 c  adoptione filio tribuitur, ut  ex Ariftotele, Sexto Empi-  ribo, & Laertio. Verum Zenonis Logica  reapfe non fuit , nifi ars rixandi * & ca-  villandi (a) i ex qua Eleatici Sophifta pro-  fluxerunt | quorum audaciam Socrates pra-   • a 4 ftan-    ( a ) Floruit Zeno circa olympiadem 79.,  qui juxta Valerium Maximum lib. 3*cap.  3. Nearco Agrigenti Tyranno aurem mor-  fu corripuit . Plutarchus Vero ad verfus 'Co-  lotem fcripfit Zenonem fuam linguam  dentibus amputatam in Tyrannum ex-  puifle. Hujus philofophi principia natura-  lia rejecit Ariftoteles libro Metaphyfico-  autn tertio cap. 4.     ftantiflimo vir ingenio, atque morum in-  nocentia Angularis retundens , non aper-  to marte eos aggrediebatur , .fed quadam  difputandi dexteritate proprios errores con-  fiteri eofdem cogebat. Hinc Socratis Lo-  gica tota erat in eo, ut primo vocabula  omnia vellet defjnita , deinde quibufdam,  minutis interrogationibus propofitiones om-  nes per neceffariam confecutionem ita te?  xeret , donec ad praeceps inconfideratos  adverfarios perduceret.   A Socrate quamplurimae philofophorum  familiae profe&ae funt (b) , quarum cele-   bra-    ( b ) Ante Socratem philofophi JE-  thicae ftudium neglexerant . Hic vero  maximo ingenio , corde , ac fpiritu om-  fiium primus homines felices reddere cu-  ravit. Is enim de anima , de paflkmibus,  d'. vitiis, virtutibus, pulcritudine, deque  hujufmodi aliis, quae vel cum nobis, vel  cum focietate conjunfta funt , fapientifli-  me difputavit. Adverfarios hironia, atque  induftione refutabat . Xenophon , & Pla-  to ejus do&rinam , & vitam fcripferunt.  Irreligionis crimine adcufatos, quia Grae-  cis fuperftidonem deteftabatur , ac Dei    Digitized by Google      9   bratiffimae , quasque Diale&icam furtimo  cum honore excoluerunt , memorantur A-  cademici a Platone (c) Athenienfi , Me-   g a «-   unitatem confitebatur , veneno obiit in  carcere . Quae hujus praiftantiflimi viri  fenfa fuerunt , quo ad Deum , animam ,  res morales , aconomicas , atque politi-  cas leggi poffunt in Laertio.   (c) Plato jEgynenfis , Codro ex parte  Patris , & Soloni ex Matre conjun&us ,  87. olympiade natus eft . In pueritia in  exercitationibus gymnafticis, pi£lurae,mu-  ficas , poefis , atque eloquentias ftudio ope-  ram navavit. Verum cum Homerum le-  geret fe excuflit , ac philofophiac fe totum  dedit . Principio Cratilum , atque Hera-  clitum , poftremo o£lo annis Socratem au-  divit, quem in fuis cafibus non deferuit.  Quin imo univerfa ejus bona pro Magi-  ftri incolumitate judicibus obtuLit . Poft  Socratis mortem petivit jEgyptum, deinde  Italiam, atque in fchola Pythagorica ini-  tiatus . Athenas redux , fcholam aperuit  prope Ceramicum , in quo monumenta  eorum erant , qui Marathone tam glo-  ri ofe occubuerant . Plato moriens fua   bo-    lo   garici ab Euclide Megarenfi (/) , Cyre-   , nai-    bona illis reliquit , qui folitudini, quieti,  meditationi , atque filentio vacarent . In-  ter quam plurimos ejus difcipulos recen-  fentur Ariftoteles , Speufippus , Xenocrates,  Hyperides , Lygurgus , Demoftenes, atque  Ifocrates* Plato fuit vir divini ingenii ,  laboriofus, temperans, agendo loquendo-  que gravis, patiens, atque urbanus. To-  to vitae curriculo juventutem inftituit ,  obiitque aetate 81. annorum * Perfeus Mi-  tridates ftatuarrt, Ariftotelefque altare e-  levaverunt. Itemque dies fu» nativitatis  habitus eft facer. Qu* autem de Diale&i-  ca , de rebus phyficis * moralibus , poli-  ticifque pertra&avit , funt pene divina .  Is fuit Primae Academiae au&or , cui fuc-  ceflerunt Speufippus, Xenocrates, Polemon,  Crates, & Crantor, quam deinceps inftau-  ravit Arcefilas , poftremo Carneades , qui  Medi*, ac Terti* Academi* principes fue-  runt. Platonis do£irina primum inftaura-  ta fuit fub Augufto,& Tiberio a Theo-  ne Smyrnenfi, atque Alcinoo; fub Traja-  no a Phavorino ; fub Antonino Pio a  L. Apulejo , & Numcnio Apamenfi : fub   Ccm-    Digilized by Google     tiaici ab Ariftipo Cyrene Afri es urbe  ; na- ‘    Commodo a Maximo Tyrio , Plut. ac Ga-  leno.Exa£la autem barbarie eam excoluerunt  BefTarionus an. 1438. ^ Marfilius Ficinus ,  Angelus Politianus * Aretinus * Calderi-  nus, Joannes Picus Mirandolanus an* 1463.  In Platonis libris aliquam Trinitatis notio-  nem deprehendifle nonnulli fibi vifi funt .  Sed hac in re videnda eft Joannis Frederici  Meyer diflertatio, Samuel Crellius , Joan-  nes Clericus * •   (d) Euclides fpiriturri fui magillri non  feq nutus eft , etenim pro morum philofo-  phia , Logicam coluit , ex quo ut in  Laertio ejus auditores di£U funt & Me -  garenjes & Dialctttci . Is Athenas no£lu  ibat tunica muliebri indutus , pallio ver-  ficolore amiflus* caputque rica velatus e  domo fua Megara ad Socratem commea-  bat , ut ejus fermonum * ac confiliorum  fieret particeps . Rurfumque fub lucem  millia pafluum paulo amplius viginti, ea-  dem tunica teftus redibat * Ita A * Gel-  lius lib. 6 . Euclides enim in arguen-  do nonnifi conclufionibus utebatur. Qua-  •r$ Eubulides ejus fucceftor multa fophif-  matum genera invenit , adhibuitque . At    Digitized by Google    12   nato, Peripatetici ab Ariflotele (e) Sta  • , giri“ *   Diodorus hujus auditor moerore mortuus  eft, quoniam Stilponis argutias refellere  ignoravit , quique Euclidseus fpiritus Eu-  ropse regnavit inter Nominales, ac Reales;  inter Thomiftas & Schotiftas.   ( e ) Ariftoteles Macedo Nicomachi ,  ac Pheftiadis filius, Platonem audivit cir-  citer 20. annos, immenfam au£orum. le-  gionem habuit. In Lycaeo fchoiam ape-  ruit abfente Speufippo Platonis nepote .  Alexandrum Philippi Macedonum Re-  gis filium docuit . Senefcens impietatis  crimine adcufarur a Sacerdotibus , fu-  gi it . Quo ad ejus mortem alii 0 in  ./Euripum fe praecipitaffe , alii fibi ipli  necem intulifle ferunt . Hujus philo-  fophi opera funt pene innumera , ut  ex Laertio . Quas Ariftoteles de hiftoria  naturali , de arte oratoria , de poefi , de  ethica , dd rebus aiconomicis , politicifque.  funt quippe admiranda . Eidem in Ly-  c2eo fucceflit TheoDhraftus fuus difcipulus,  quo mortuo pene filvit , licet in eo do-  cuerit Lycon , Arifton , Critolaus , Dio-  dorus , Demetrius Phalaraeus, ac Stratqp*   to-    Digilized by Google    girita , denique Stoici a Zenone Cittieo(/)  . ' 1 r prin-   cognomerito phy (iens . Verum fub Impe-  ratoribus Romanis alias viguit haec do-  ftrina . At illo imperio proftrato omnino  evanuit . Sed iterum Romanorum Pontifi»  cum cura poft ^urops barbariem denuo  inftaurata , eam fummopere excoluerunt  Albertus Magnus , D. Thomas , Petru?  Lombardus , Scotus , aliique . Majori au-,  tem cum fucceffu dein culta a Pompona-  tio , Jacobo Zabarella Patavino , Franci-  fco atque Alexandro Piccolomineis Senen-  fibus : Itemque ab Andrea Casfalpino , Cae-  fa re Cremonino , qui Harveo praefuit in  nobili fanguinis circulatione . Hac in phi-  lefophia floruit quoque Melan&onius Ger-  manus , qui poftea Nominales , & Rea-  des , variafqne fcholafticorum feftas infe-  quutus eft , Quiq. etiam Stoicos, Scepticos,  atque Epicureos damnabat . Pcftremo hanc  do&rinam coluerunt Nicolaus Taurellius,  Michael Picartus , Cornelius Martini , &  Hermannus Corringius cum quo Peripa-  tetica philofophia corruit .   (/) Zeno Cittieus Mnefii filius aetate  triginta trium annorum Athenas primum   ivit    Digitized by Google    14   cipium habuerunt . Verum qua» , , aq  qualis fuit illorum omnium ars difpu-  tandi : Itemque in quibus laudanda ,sVei  culpanda , licet a propofito non eflet alie*  curri , attamen quia hujufmodi exquifitio  ' . - .me   ivit , ut purpuram venderet , iliofque tam  celebres viros cognofcerct, quorum libros  perlegerat. Quo cum perveniflet, Cratem  primum, illoque religio Stilponem decem  annos audivit, coluit etiam Xenocratem,  Diodorum Cronum , Polemonem inter»  rogavit , quorum omnium cognitionibus  maxime imbutus fcholam aperuit in  Stoa , quamplurimofque habuit audito*  res, quos vita? potius honeftate , quam  leflionibus inftituere folebat. Zeno 88^  annorum artate occubuit , Artam orato-  riam a Diale&ica non dillinxit. Zenonifc  dtfcipuli fuerunt Philonides , Calippus ,  Pofidonius , ’ Zenodes , Scion , Cleantes , A-  rilton Chius Miltiadis ftlius, Herillus Car*  thaginenfis,' Sphoerus , Cleantes Lycius ,  Zeno & Antipater Tharfenfes , Diogenes  Babylonius . Apud Romanos ftoica doflrl-  na in fummo fuit honore . Poft literarum  inftaurationem eam coluerunt JuftusLyp*   . fius    Digitized by Google     me ab inftituto fummopere abalienaret ^  prxteritur, atque oculo peregrino reliqua  percurram , .   Poft hos omnes floruit Epicurus ($) Arhe-  nienlis , qui Xenocratem , & Pamphi-  lum    flus , Gafpar Scioppius , Daniel Hein-  hus, aliique complures,   0}) Epicurus maximus philofcphus Gar-  getti ortus in Attica ojfymp.Top. ex Neocle  & Chereftrata editus* unus eorum fuit, quos  Atfienienfes in Infulam Samos miferunt ,  Hic puer Matri piaculari praeibat, atque  aliquo piaculo domos conta&as circumi-  bat. Ita Lomeyer de Lujtrationibus . Hoc  exorciftx genus inhonorum erat apud  antiquos. Rediit Athenas decimo fux se-  tatis anno, trigeflmo vero fexro fcholam  in viridario aperuit , ibique cum fuis a-  micis tranquille vixit , Quamplurimos ha-  buit difcipulos, ad quem ex omnibus  Graecia: urbibus confluebant , quocum c-  tiam vitam vivebant , nam Epicurus di-  cere folebat, ut ex Cic, de finibus lib:  *• omn r f »™ rerum , quas ad beate viven*  dum faptentia comparaverat , nihil ejfe a-  mscitia majus , nihil uberius , nihilque ju -   cun*    Digitized by Google    1 6   Ium Platonicos , & Theophraflum Ve-  ri pz-    cundius. ^Jeque hoc oratione folum , fed  etiam moribus , ac vita comprobabat . E-  jus fequaces adeo Magiflro adhasferunt ,  ut etiam mortuus fpiraret in fummailla  tot animorum confenfione fui memoria.  ita Gajfcndus de vita, (y moribus Epicu-  ri . Philofophia» corpufcularis Epicurus non  fuit au£lor , fed infkurator . Hunc mo-  mordit ejus difcipulus Metrodorus, qui ad  Carneadem tranfiit. Etiam Cicero Epicu-  rum convitiis laceffivit, at ejus caufam di-  xerunt Alexander ab Alexandro, Coelius  Rhodiginus,Joannes Francifcus Picus Mi-  randolanus , Marcus Antonius Bonciajius ,  Palingeniur, Andreas Arnaldus , Francifcus  de Quaevedo , denique Petrus Gaffendus .   . Quibus omnibus praefuit ipfe Laertius ,  qui fcripfit in ejus vita: nam fan&itatis  in Deos , & charitatis in patriam fuit in  eo affe£tus ineffabilis. Ipfe Cicero de fi-  nibus lib. 2. Ac mihi quidem, quod ip-  fe bonus vir fuit, & multi epicurei fue-  runt , & hodie funt , & in amicitiis fide-  les, &.in omni vita conflantes , Sc gra-  ves , nec voluptate , fed officio confilia     • • , » *  ripateticum audivit . Hujus Canonica five   b Dia-    moderantes, hsec videtur major vis ho-  neflatis , & minor voluptatis . Ita enim  vivunt quidam, ut eorum vitam refellat  oratio, atque ut caeteris exiftimentur, di-  cere melius , quam facere , at Epicu-  rus voluit melius facere , quam dicere.  Quamobrem Seneca de vita beata cap.  2. fcripfit : non ab Epicuro impulfi luxu-  riantur , fed vitiis dediti luxuriam fuam  in philofophiae finu abfcondunt; 8c eo con-  currunt , ubi audiunt laudari voluptatem .  Nec aeftimatur voluptas illa Epicuri quam  fobria, & ficca fit: fed ad nomen ipfum  ad volant, quaerentes libidinibus fuis patro-  cinium aliquod ac velamentum . Hic in  inultis culpatur, ut ex tot |§ntifque fcri-  ptoribus tam antiquis , quani recentibus .  Maxima vero animi conflantia, qua femper  vixerat urinae doloribus correptus aetatis 67 .  an. 0 lymp. 127. Hic vocabulo voluptatis  juventutem allexit , at in fuis le£lionibus  nihil aliud , quam virtutes , temperantiam,  frugalitatem, bonum publicum, an imi for-  titudinem, vita; negle&um , ac voluptates  animi, non autem corporis difcipuios docebat.   Ad    Digitized by Google     iS   Dialc&ica paucas regulas de fermoris per-  fpicuitate , deque reflo ratiocinandi ordi-  ne, quas fophiflis fu* aetatis oppofuit ,  continebat . Qu*que legi poflunt in Laer-  tio fuo difcipulo , in Stanleyo , in l'hpr  mafio , atque in Bruckero,   H*c de veteribus celebrioribus philo-  fophis , qui Dialefticam vel invenerunt,  vel auxerunt, vel perpoliverunt ad Caela-  ris ufque jEtatem , at fecundo ecclefi* fe-  culo Alexandri* , ad quam quafi ad bo-  narum artium mercatum literati omnes  confluebant , invaluit quadam philofo-  phia,'qu* ccclettlca dicebatur, cujus nobile  inllitutum erat ex fingulis philofophi*   fe-    Ad ejus fcholam pr*ter 'virbs confluxerunt  etiam muliqp?s celeberrimas , ut The-  miflia Leontii uxor , Philenides , Erotia,  Hedia, Marmaria, Bodia , Phedria, neq. *  ejus cives , neque ejus adverfarii eum vel  libidinis , vel impietatis crimine adcufa-  runt. Epicuri Philofophia fine ulla inter-  ruptione culta fuit ad Augqflum ufque,  Lucretius eandem collegit . Eandem quo-  que coluerunt Celfus , Lucianus , &   Piogenis Laertius , H*c phjlofophi*   cum    Digitized by Google     19   Ceftis tunc temporis florentibus qimlam  excerpere, quxdam mutare , aliterque ex-  primere. Verum hsc philofophandi ratio  dofliflimis ecclefias Patribus adeo placuit, *  ut ftatim per omnem Chriflianum orbem  fuerit ditfufa. His acceflit , quod ha:reti-  ci quinti feculi Ariftotelads , ac Stoicis  prafidiis abutentes , dolores noftros ad-  grederentur , qui ut adverfariorum argu-  mentationibus , atque irrifionibus occurre-  rent, eadem difputandi arte etiam imbu-  ti funt . Diale&ica itaque eccle&ica ex  Stoica, atque ex Ariftotelica componeba-  tur, qua2 ufque ad duodecimum ieculum  in occidente fuit tradita , maxime quia   b z B. .    cum Roma fepulta iterum revixit initid  feculi decimi feptimi , atque ignominia  formarum plafticarum alias atomos in pri-  ftinum fplendorem alii reponunt Magnarius  Luxemburgenfis edidit primus ejus Demo-  tritum revivtfcentem, Magnano fucceflit Pe-  trus Gaffendus vir pradlantiflimo ingenio  an. 15P2. Poft Galfendum coluerunt rao-  lierius , Bumerius ,.‘Vandomus , Bovillo-  nius , Catinat , Polignac itemque abbas  Gennet,Fontauellius aliique quarn plurimi,  viri .    D    20   B. Aliguftinus fuis difcipiilis eam com*  mendaflfe fertur .   * Seculo autem duodecimo ScholalHci?fivt  Chriftiani occidentales Ariftotelis libros  «ab Arabibus verfos , ab iifdem interpreta-  tos accepere. At hi nimio rixandi ftudio  du&i Logicam , ac Metaphyficam fatis  • quidem obfcuras atque implicitas novis  fubtilitatibus , novifque quseftiunculis ac  laqueis foedarunt. Etenim cum linguam  Grxcam ignorarent , Ariftotelem neque  legere , neque interpretari poffent , ejuR   dem   (£) Laurentius Valla Roriis natus 1415.  anno quinquagefinio fuae statis occu-  buit . Is incultam fermonis barbariem e-  legantiarum libris dsfasdare curavit. Ut  ex Jovio. Natnra mordacilTimus Ciceronem  vellicabar, Arillotelem carpebat, Virgr-  lio fubfannabat , uni tantum epicuro af-  furgebat. Hic cum pauca in Logica fui  temporis animadvertilfet, adverfus Magi-  ftros fe fe offerebat , ac planum diceret  nullam efle Logicam , prater Laurentia-,  nam . In libro de voluptate, ac vero- bo-  no epicuro .adhaefit. Hic omnium primus  philofophiam ex pyriffimis fontibus, non   ex    Digitized by Google    21   dem Utiliora neglexerunt, fophiftica dun-  taxat amplificarunt. Scholaftici itacjuc Ari-  ftotelici denominati funt, & denominan-  tur , licet eorum pauciflimi Arillorelem  legerint. Hujulmodi Logica futnmo in  honore habita fuit ufque ad feculum XV.  illiufque veftigia etiamnum manent in  quamplurimis Monacorum familiis .   Verum initio decimi fexti fcculi , pri-  mum Laurentius Valla Romanus (Z>)\ &  Rodolphus Agricola Germanus , (i) dein*   b 3 de   ex lutulentis rivulis falubriter hauriendam  effe docuit , explofa penitus fcholallico-  rum difciplina , qui tunc temporis prin-  cipatum obtinebat.   (i) Rodolphus Agricola apud Frifios or-  tus ah. 1442. Hic enim tanquam athle-  ta multa tulit, fudavit,& allit abftinuit-  que venere, & vino, ut magis magifque  literis vacaret. Poltque Parifiis, & Ferra-  rii Gricam, ac Latinam linguam com-  paravit , reliquum itatis partim Hebdcr-  bergi, partimque Wormatii duxir. Pofl:  ejus mortem Lovanii editus fuit liber  an. 1 5 1 , i/— ... «*«■■■ »«»»■■ **».*-+   temeritate judices concuffi , irrito conatu  per diem integrum imagiftramvt fuit i ut  barbari barbare vocabant. ItaFreigius in  vita Petri Rami. Scripfit inftirutioves Lo»  gicas , atque in Ariftotelem trviniadverfh*  nes, Ex Triumvirali fenrentia ejus libri  damnati furtt. At paulo poft Diaia&tcx,  atque eloquentia Cathedras obtraurtTTan-  dem in S. Bartolomad praelio occifus eft.   (/) Baco magnus Angliae Cancellarii»  fub Jacobo i. unus- eorum eft qui ora*  nes perfefliones , atque imperfectiones  fcholaftica; philofophiae cognovit , often*  ditque: itetftque vehementi (lime laboravit  pro ea perficienda. Hujus traClatio de aug-  mentis ferendarum eft perquam utilis *  Literarqmafliduitate dx ditiflimo obiit pau-  per. an. 1626., In fcientiarum organo do  rebus Logicis difertiflime difputavic , in  quibus modum optime conficiendae* Indu*  clionis difleruit , cum AriftotelicI metho-  dum docerent conficiendi fylidgifmi . Quo   in    Digitized by Google      24 1 .   mas Hobbefius Ahglus (w) , qui licet luam  Logicam computandi anem infcripferit ,  verum tamen ut caeterae illius temporis  fcholaftiGa garrulitate etiam fcatet. a ^  Poft hos meliori methodo atque a-  criori ingenii acumine de Logica egit  Cartefius Gallus (») vir do&ifiimus y cujus  libellus de methodo rationis rettc dirigendae,  inquirenda in J cientiis veritatis eft val-  de praftans. Etenim is primus ^ fuit, qui.  conculcatis vetuftiffimis au&oritatis prae*,  judiciis * ad veritatem inveniendam aljos  excitavit • Itemque non ex aliorum judi-  cio, 'virum ex propriis viribus omnia ex-   ^ pli-    i .. . . .. i i r - «... -r * —   in opere o&odecim annds confumpfit . Hic  unus novae philofophue praxurfor fuit .   m ) Hobbefius Malmesburii ornis an.  1588. pfiuja aetate piaxiraos habuit pro-  greffus in linguis , quinquennio philolo-  phiae fcholafticae operam dedit . Deinde  Italiam , ac Galliam peragravit. Tucidi-  dem in linguam artglicam vertit , ut fb-  tus Democratici conftifiones notaret. Lu-  tetiae an. i) Joabnes Lockius Vyrigton prope  Briftblium natus an. i6p. prima litera,-  rum rudimenta in Collegio Oxfortenfi ,  accepit , quaque illi eide tn -puerilia vifa  funt . At Cartefti opera illum acuerunt •  A Cartefii operibus ad medicinam tranfir,  qua de re anathomen , hiftoriam natura-  lem , atque chymicam comparavit . Pe*  ragravit primo Germaniam * ac Pruffiam ,  deinde Galliam atque Italiam cu«l Co-  mite Noftumberlando - Heflico morbo  correptus Galliam venit 1 qua benigne  exceptus fuit » Vix ad Angliam redux y   Ba-    *8   bris anglice editis an. 1694. artem cogi-  tandi comprehendit . Hos Petrus Cofte  in Gallicum fermonem , Burrigidius vero  in Latinum vertit . Lockius enim fum-  mo mentis acumine rerum caufas rima-  tur, vires humana rationis computat, de-  nique Logicos docuit qua via (e explica-  ri poflent , neque erubefeere fe nefeire ,  quod reapfe ignorant . Cartefianos aggre-  ditur , ac difputat omnes ideas vel fen-  fuum ope , vel meditatione oriri : 2. O-  ftendit quo pa&o unaquaque idea adqui-  ratur : 3. Diligentiffime artem criticam  expofuit . Poftremo de humana cognitio-  ne , de veritate cujuslibet generis , de ra-  tione , de fide , ceterifque aliis fufe la-  teque pertraftavit . Attamen reprehendi-  tur .   '* • •   fc « — .» )» ■■■*■■■ i t .-.I,. , -   Bataviam petivit , atque ab Anglia rege  requifitus ire noluit. De Intelle£lu humano  librum confecit, quem an. 1 697. edidit:  rure compofuit librum de Imperio civi-  li , in quo tyrannidis injuftiriam expo-  fuit : eoque in loco compofuit prater li-  brum de puerorum educatione , etiam a-  liquas epifiolas, ac Chriflianifmum ratio-  cinatum, quo in libro Rationis vires ni-  mium,    Digitized by Google    1 9   tuf . i. Quod faepiffime eadem magno  verborum adparatu repetat . 2. Quod quae-,  dam inutilia addat : 3. Quod exempla  neceflaria omittat , 4. Quod libertatis ar-  bitrium non re£le explicuerit .   Ex Lockii Schola Joannes Clericus prae-  ftantiffimus philofophus prodiit , qui uni-  verfa judicandi prscepta ia fu a arte cri-  tica complexus cft. Nam 1. de ideis. 2.  de judiciis , ac propofitionibus : 3. de me-  thodo , poftremo de argumentatione ac  fvllogifmo difleruit .   Poft Clericum mariotte Gallus doflif  fimus vir Logicam duas in partes divi-  fam edidit , quarum altera in quibusdam  propofitionibus evidentilTimis verfatur ; al-  tera vero qua via ex praemiffis propofi-   rid*   mium y quam par eft, praedicat , vitam-  que sternam iis offert , qui Chrifto cre-  dunt, legemque naturalem exercent. Oc-  cubuit an. 1704. num materia poflit co-  gitare , conatus eft oftendere . At quid in-  tereft utrum materia fit cogitans, nec nej?  Quid enim intereft , fi medtis human®  fimplicitas in tuto collocetur ? Fortaffe  ipfa efficere poffet , juftitiam injuftiriamve  noftrarum a&ionum , noftram futuram fe-  licitatem , veritatefque fyftematis politici ?.    1    5 ° .   tionibus alis deduci re£te poflint , perrra-  £lat . Culpatur primo quod de veritate pro-  babili , deque arte critica nihil dixerit ;  Itemque quod ratiocinandi artem confufe  tranaverit \ quod omnium errorum cau-  fas non patefecerit ,   Quod in Anglia Joannes Lockius, at-  que in Gallia Clericus, ac Mariorte, id-  entidem in Germania fecerunt Chriltia-  nus Thomafius , Eeibnitzius , Wolfius ,  aliique complures . Primus enim fine pra:-  teriti feculi introduttione ad Pbtlofopbiam  Aulicam, Dialecticam a nugis, atque er-  roribus , quibus eam maxime infufcave-  rant fcholaftici , emendavit . Id quoque  fecit Andreas Rudigerus etiam Germanus  in fua pbilofopbia Syntbetica , atque in  libello de fenfu veri, ac falfi. Id ipfum   dici   — — - » i ' -   - {q) Leibnitzius Lypfis natus in Saxo-  nia editus elt in lucem an. 1646. ex Fre-  derico , & Catherina Schmuch , illi prae-  mortuus pater a matre fuit inftitutus .  Vix ex Ephebis egrelfus maximam libro-  *um copiam, quam eidem pater relique-  „ rat , legit, at «cognita magiftri indigen-  tia, ad Thomafium omni in re literaria  • , • io    Digitized by Google    dici poffet de Francjfeo Buddaeo, de Le-  ibnitaio >(q) , Chriftiaoo Wolfio , deque  aliis pene innumeris , de quibus verbum  nullum addam , ne propofita: brevitatis li-  mites praft^iantur* '   His omnibus accenlendi denique lune  praeclariflimi viri ^Antonius Genuenfis Nea-  politanus nofter Praeceptor maximo vir  ingenio, ac per quam longa meditatione,  ac le&ione contritus aliaq. fortuna dignus,  Aloyfius Vernejus Lufitanus , Sorias Pi-  fanus, Salvator Rugerius, atque Ab. An-  gelonus P. Coeleftinus ambo Neapolita-  ni . Quorum omnium opera amo , at-  que excolo , primum ob rerum gravi-  tatem , fecundum ob methodi clarita-  tem,    in tota Germania infignem avolavit. Sub  tanto Praeceptore hiftoriam , & Politices  artem calluit , Peragravit deinde omnem  Germaniam , atque Italiam pro defcri-  benda Ducum Brunswifcorum hiftoria .  Cum rediiffet Codicem Juris Qentium di-  plomaticum edidit. Occubuit ann. 1716.  ejus vita legitur m Kortholt , Eckard ,     4 » s   tem , k fermonis latini nitorem , Pi-  fanum ob methodum , atque praecepta Lo-  gica , alium praeter res , etiam ob lin-  gua latina elegantiam r poftremum^ pro-  pter ejus methodum darifliraam .     Digitized by Google     t     INTRODUCTIO,   i, /''"VMnis humana perfe&io ab of-  V_y ficiorum, & virtutum adcu-  rato exercitio unice pendet . Verum nul-  Jum eft officiorum, ac virtutum laudabile  exercitium, nifi a natura: notitia, ejufque.  auftore , qui eam ad proprium dirigit fi-  nem : haec vero rerum Iatebrofarum cogni-  tio. eft laborum , ac fpeculationum profun-  diffimarum fru&us , quae , rationem requi-  runt omni ex pane illuftratam . Ratio  autem eft quaedam ip homine vis y five  facultas, qua 8c noeram, & aliorum cor*  porum exiftentiam , eorumque . relationes  cognofcimus ; qua fumus liberi ; qua alia  feparamus, aliaque conjungimus; qua prae-  terea a quantitatibus cognitis ad occultas^  incognitas pervenimus; ac idearum , $c  judiciorum feries neceflario vinculo con-  ne£timus: & qua, fignorum ope , noftra  intimiora animi fenfa aliis communica-  mus, errores cognofcimus, veritates dete-  gimus: qua denique juftum abinjufto,bo-   A num    s •*    Digitized by Google    2 Leflio 1. De mentis aBibus .  num a malo , honeftum a turpi facile de-  cernimus, Haic vis, quaecumque illa fit,  dum vivimus ex fenfuum applicatione ori-  tur ; experientiis , atque obfervationibus  augetur, Audio vero Logices perficitur. Ex  quibus fane concluditur , Logicam elfe fum-  mo emolumento iis omnibus, qui vel fe  ipfos , vel alios perficere curant , Cum igi-  tur mihi propofitum fuerit ipfam juven-  tuti enucleare , refla via ac ratione  proceflifle arbitror , fi primo de mentis  humanae operationum ortu , ac progrelfi-  bus, tum de fignis,. quibus eas aliis ex-  plicamus; deinde de errorum , ac verita-  tum fontibus, atque augmentis pertracta-  verim. Haec vero omnia quatuor leflioni-  bus compleflar : quarum prima: duae do-  centem , dqae vero poftremae leflioqes Lo-  gicam utentem., yt ajunt , cohflituent .  Quibus ultimo loco accedet de Logicas  redu&ione ad Arithmeticam breviflima  leflio , ut a Dhfiefttco fupputandi necefi  fitas agnofeatur.    LE-    Digitized by Google      3     LECTIO PRIMA   4 *• • t v/* r 4 I • C^*\ '   DE ORIGINE OPERATIONUM RATIONIS  HUMANAE, E1USQUE MAXIMIS  PROGRESSIBUS.   Illud quidem maximum efl , »g/a   animum videre . Cic. Tufc.t.   C A P. I.    » t   r •   Quibus partibus confiet homo .     'X omnibus animantium  generibus nobis ufque ad-  huc cognitis, unus homo  vi fuz rationis ceteris  praftat , quia hujus fa-  cultatis beneficio non modo feipfum , fed  infinita quoque obje&a exteriora cogno-  fcit. Etenim diutina corporum imprefiio-  ne in fuos fenfus, eorum exiftentiam pri-   A 2 mo    Digitized by Google    4 Lcttto I.   mo intelliglt, deinde mentis meditatione  illorum adtributa, qualitates , 8 c relatio-  nes comprehendit. Itemque natur* leges,  rerum ordinem rimatur: rerum praeterita-  rum recordatur , eafque cum praefentibus  conjungens, futuras pr*fcit,ac veluti. intue-  tur. Quid multa? ad propriam felicitatem  contendit , proprise exiftenti* principium  mundique conditorem fk intelligit, & colit.  Hanc maximam ac pene divinam rationis  vim mihi delineare nitenti , vifum eft,  primo idearum originem enucleare , tum  quo paflo eajdem vel inter fe, vel cum  aliis 'pofltnt combinari. Sed priufquam ad  h*c perpendenda aggrediamur , de homi-  nis partibus paucifiima dicamus.   §. 3. Principio infunt in homine par.  tes, quas videmus, dividimus , contrema-  mus, dimetimur; quaque funt extenf* ,  relilleffres, mutabiles. Verum haec,atqu$  ejufmodi alia corporis funt adtributa . Ho-  mo itaque ex corpore conftat,   §.4. Infuper quilibet homo quodam ve-  hementiflimo natur* impetu ad veritatis  mfrxime utilis ftudium, ad bonum com.  parandum, ad malum declinandum duci-  tur . Rurfus ordinem , pulchritudinem , per-  feftionem amat; eidemque jullitia , honsr   flas,     De mentis aftibus . 5   flas, libertafque placet . Praterea flepe magno  animi mrcrore angitur , eodem tempore quo  elt omni ex parte fanus . Contra quando-  que ell hilaris, licet ejus corpus maximis  cruciatibus torqueatur . His omnibus ac-  cedunt tot abftraftiones , atque alienatio-  nes invita:, tot rerum peregrinarum inven-  ta, tot artes, tot difciplina: . Qua: omnia  ronnifi ab homine prorfus hebete , ac ve-  luti plumbeo, materia: folida: , atque in*  ertiflima: tribui poflunt. Quamobrem ho-  mo corpore, & fpiritu conflat.   §• 5* Quod (i quis ulterius urgeret , ac  diceret , hominem ex fola materia con-  flari ; quaererem ab eo : unde tanta cogi-  tandi vis , tanta agendi libertas , tantaque  rerum etiam abditiflimarum fcientia? ufl-  de tanta fciendi , dominandique cupiditas?  unde denique tanta fenlationum contrarie-  tas , a&ionum oppofitio , virium interio-  rum pugna , tot tantique confciefni» la-  niatus ?   6 . Ex quibus omnibus planiflime de-  duci arbitror: primo hominem ex corpo-  re, & fpiritu conflari: 2. errafle eos, qui  vel folo corpofe , vel uno fpiritu ipfum  conflare crediderunt: 3. eos quoque fuif-  fe deceptos, qui fpiritum ipfius Dei mo-  -ij 0 A 3 di*    Oigitized by Google    6 Leftio /.   dificationera , vel particulam efle fcripfe-   runt .   §. 7 . Qua autem ratione fpiritus io cor-  pus , corpus vero in fpiritum agat , & in-  ter fe mutuo pene colloquantur, ac fe intelli-  gant, omnino ignoratur, ficuti etiam igno-  ratur in qua corporis parte animus loca-  tus fit. Cordatiflimorum quippe virorum  hac de re opinio eft pro capite. At amo-  tis his tricis, quseraraus feria , atque ad  propofitum accedamus .   C A P. II.   1 *   Ve fcnfibus exterioribus .   §• 8 * /'"'XUifque Icit omnem cerebri  raaffam per concavum fpinas  ufque ad ejus os facrum pro-  tendi . Quifque etiam Icit ex hac mafla  telam nervofam oriri , qua: fenfuum textu-  ram efficit. De quibus mox.   §. p. Senfus igitur efl: quadam ani-  mi vis , qua corporum externorum im-  preffiones fentimus . Verum latiore figni-  ficatione fenfus omnem vim mentis expri-  mit , qua objeci orum exteriorum ideas ,  five ftmuhcra , five fpecies , five idola    De mentis aftibus . 7   concipimus , five quicquid interius fenti-  mus . Primi generis fune ideae omnium  rerum, quas vel videmus, vel -tangimus,  vel audimus . Secundi vero generis funt  omnium voluptatum, ac dolorum ideae.   §. io. Ex quibus intelligitur , fenfus vel  efle interiores , vel exteriores . Exteriores funt  quinque notiflimi, quorbnl quatuor fedes ha-  bent peculiares, unus vero tactus efl in toto  corpore diffufus f imo & reliqui ad hunc  folum reducuntur. Interiores autem fenfus  funt totidem alii , fcilicet memoria , tem-  peramentum , pajjiones , attentio , ac deni-  que fenfus moralis* Senfus porro tam in-  teriores, quam exteriores in omnibus lio»-  minibus diflinguuntur; etenim omnes par-  tes folida: , ac fluid* in quoque homine  toto cado inter fe funt diverbe, varieque  complicatae . Quid multa? In eodem ho-  mine temporis progreffu omnis flru&ura  muratur . De fmgulis , 8c primo loco de  exterioribus.   §. ii. Vifus efl fenfuurti eminentiflimus,  nam vis vifiva ita requirebat , cum ipfa  fit orizontis extenfioni proportionalis , &  propter hominis .indigentias efl duplex .  Oculi funt duo globuli , tribus praecipuis  tunicis fepti , quarum concavitates totidem   A 4 hu-    Digitized by Google    8 Lettio I.   humoribus replentur , adeo denfis , ut lu-  cem refrangere poflint . Hujus autem  refraftio ita a natura comparata eft , ut  in oculorum fundo , five retina objefto-  rum inverfas pingat imagines. Qu« por-  ro a nervo optico excepta: , ignoto nobis  modo, in cerebro, non folum imprimun-  tur fecundum reales corporum magnitudi-  nes, figuras, fitus , colores, fed quoque  diutiffime in ipfo cerebro, quin deleantur,  impreflse remanent.   §. 12. Cum autem in omni animantium  genere, maximeque in homine iapfu tem-  poris hujus organi figura , humoruni den-  iitas , atque ipfa fibrarum textura mute-  tur, inexplicabilis ideo eife debet videndi  differentia . Qua: omnia fi quis adcurate  fupputaret , univerfam vis vifiva: quantita-  tem habebit.   §. 1 3. Auditus eft alter fenfus duplica-  tus , in auribus fitus . Auricula exterior  pro aeris undulationibus , ex corporis fo-  * nori vibratione produ£tis excipiendis, in-  fervit . Hic aer ‘tamquam in infundibulo  tortuofo receptus tympanum ingreditur ,  atque ex hoc tranfit in labyrinthum , cui  nervi acuftici adharent, quorum ope ufque  ad cerebri fibras communicatur corporis    Digitized by.Google    De mentis actibus. £   fonori fremitus, qui etiam ignota ratione  in nobis ideam foni excitat.   §. 14. Qux cum ita fint , patet quod  pro defipiendo foni gradu , fupputanda  eft primo corporis fonori elafticitas : 2.  iftus quantitas : 3. obje&i fonori diftantia.  4. aeris reflftentia : 5. denique ipfius or-  gani a&ualis ftatus.   §.15. In naribus porro eft odoratus ;  quae quibufdam nervulis capillaribus ve-  lli untur, ab ipfo cerebro produ&is. Scitur  vero ex corporibus fetidis , atque odorir  maximam effluviorum copiam continuo  exhalare, qua: aerem circumvolant. Sci-  tur etiam , quod ejufmodi particulae in-  fenfiles narium nervulos olfa&orios vel-  licant, ex quibus excitatur in cerebro o-  doris, vel fetoris fenfatio.   §. 16. Hujus fenfus propterea vis habe-  tur ex effluviorum numero, eorumque im-  petu , ex fucci nervei fubtilitate , atque ex  fibrarum cerebri elafticitate .   §.17. Quam proximus odoratui eft gu-  Jius , in lingua,* ac palaro fitus . Lingua  enim eft fuperius te£la quadam membra-  na quaqua verfus iqnumeris foraminibus  repleta , ex quibus innumerabiles papilfe  nerveas taftui rigidae fe produnt . Particu-   fe    Digilized by Google    Io Leflio I.   \x falinas , oleofas , fulphureas , aliaeqige  quamplurima: in cibis contentae iftos ner-  vulos titillant, ex quibus rerum fapidarum,  vel infipidarum idea in tlobis excitatur.   §. 18. Gradus hujus fenfationis fuppu-  tatur : i. ex particularum numero , &  qualitate , 2. ex noftra naturali , & mo-  mentanea difpolitione . . •   ip. Tandem taStus in omnes corpo-  ris, tam interiores, quam exteriores par-  tes eft diffufus Medulla enim oblongata  inter colli vertebras , & fpinas lateraliter  nonnulla nervorum paria protendit , qui  v in omnem corporis fuperficiem propagan-  tur, atque ita mirabiliter inter fefe ordi-  untur, ut portentofam membranas reticu-  laris telam efficiant . Hinc evenit, quod  quaslibet impreffio,quas in hac fit,ftatim  cerebro communicatur, atque imprimatur  idea corporis exterioris. Ad hunc fenfum  referuntur omnes fenfationes frigoris , ca-  loris, gravitatis, afperitatis, &c.   §.20. Vis hujus fenfus habetur ex, vi  premente, atque ex noftra aquali, & na-  turali difpofitione . ,   §. 21. Hujufmodi eft fabrica fenfuum  exteriorum , quos - vulgus multiplicatos vel-  let, atque etiam perferiores. At fi fen-  fus    Digitized by Cop^l;    j'--    De mentis tiblibus . 1 1   Tus eflent etiam centum, attamen humanat  mentis operationes eflent ilis ipfe, quas  modo habemus, nam fenfuum multiplicitate  non augerentur, verum fola idearum sphoera  evaderet major . Quantum vero ad horum  imperfe&ionem , eft quoque inepta quere-  la , nam fx fenfus eflent perferiores , illa  ipfa ratione , qua voluptatum numerus  fieret major , eadem quoque dolorum co-  pia fieret numerofior « Nefcimus igitur  quid petamus.   C A P. Ilf.    De fenfibus interioribus.   22. TpXpofita hominis parte exte-  ri riore , perpendendum nunc  eft ejus interius mirabile magifterium ,  quod fummopere in cognitiones , atque  in aftus humanos influit. Senfus interio-  res funt memoria , temperamentum , paf-  fiones , attentio , ac fenfus moralis . De  quibus quambreviter ad Tyronum captum  verba faciam .   23. Univerfa cerebri maflfa duas in  partes difpefcirur , quarum altera cere-  brum , alterum cerebellum nuncupatur .   Hic    12 Lctth 1 .   Haec fubftantia mollis infinitis peno cel-  lulis , five flexionibus repletur , in qui-  bus , modo nobis incognito , non folum  . imprimuntur , fed quoq. retinentur obje-  Clorum exteriorum imprefliones, cum eo-  rundem relationibus, etiam abftra&is, &  perquam longo ordine implicatis . Mihi  fufficiet duntaxat velle , & itatim in hac  fubftantia imagines canis , bovis , equi ,  domus, navis, exercitus &c. diftinCte in-  tueor . Itemq. hujufmodi ideae tanta vi  imprimuntur, ut iis licet femel vilis, re-  corder tamen cujufq. magnitudinem , co-  lorem , litum , dimenliones , & cetera .   §. 24. His accedit , quod in hac mi-  rabili cerebri fabrica, manent non folum  obje&orum ideae hefterna die mihi obver-  fatae , fed etiam illae , quae olim meam  pueritiam profperam, hilaremque reddide-  runt . Itemq. in ea pilae celeritatem , te-  ftudinis tarditatem , ignis vim , vul-   pis vafritiem , Sinenfium vanitatem , a-  1 iaque infinita quafi lego . Quid mul-  ta ? In hac una tanquam in libro diftin-  Ctiflimis characteribus obfignato tot phi-   lofophicarum meditationum feriem , tot  fyftematurn abfurditates , tot imperiorum  yiciflitudines, uno verbo univerfos huma-  •• .. ' nae    z&d by Coogle    Dic     De mentis a Si ibus i 3  nae rationis progreflus , & natura ipfius  revolutiones pene intueor. Haic vis , quae-  cumq. illa fit , memoria nominatur : I-  pfaq. crefcit, decrefcitq. in eodem homi-  ne ; fere femper in fene£lute debilitatur,  & nimia morborum vi etiam prorfus am-  mittitur , ut ex hiftoria .   §. 25. Temperamentum eft folidorum ,  ac fluidorum conftitutio, quae fere in An-  gulis hominibus differt . Ex hoc facile  enodatur, cur ex hominibus alii funt ob-  •tufi , torpidi , ac lenti ; alii contra a&uo-  fi , violenti , iracundi . Itemq. dantur ho-  mines fere femper hilares , feftivi , &  laetantes ; alii contra taciturni , maerentes,  triftefque. Denique funt 8c qui facillime  omnia, ac clare intelligunt . Sunt alii,  qui pauciflima , & obfcure concipiunt.  Unde haec tanta varietas , nifi ex varia  folidorum , & fluidorum permixtione ?   §. 26. In quamplurimis porro fibra  funt debiles ; in aliis vero refiftentes . I-  temque dantur fibra magis , vel minus  elafticac, magis vel minus molles, ac cae-  dentes , atque ex vafis alia funt latiora ,  alia mediocria , aliaque anguftiora . Qui-  bus pofitis , fequi neceflario deber, fluida  non poffe in omnibus a*que circulare. Ex   quo     14 LeETfo /.   «juo intelligltur dari cfiverfa temperamen-  torum genera . Datur ideo cbolericum ^[an-  guineum , melancholicum , O* phlegmaticum  in hominibus temperamentum.   §.27. Et quoniam in fanguineis fluida  aequabiliter cwrunt, ideo funt hilares, a-  perti , fecuri , eloquentes , benefici , urba-  ni , intrepidi . At quia in cholericis fluida  funt fubtiliora, & vafa apertiora, idcirco  cholerici funt celeres , impetuofi , iracun-  di , ambitiofi , atque ad vindi&am pro-  penfi ,   §. 28. Temperamentum melaocolicum  eft fanguineo inferius. Etenim melancoli-  ci funt lenti, taciturni , acri ingenio, acri-  que judicio . At omnium lentiflimi funt  phlegmatici , ob eorundem fluidorum  fpiffitudinem , & vaforum anguftias . Hinc  fit, quod phlegmatici funt vultu triftes ,  tardi, timidi, diffidentes, avari, obtufi ,  denique in virtutibus , $c vitiis mediocres.   §.29, Quicunque igitur omnem terrae  fuperficiem mente perluftraverit , generarim  inveniet, primo climata frigida homines  modificare ad temperamentum phlegmati-  cum , calida vero ad cholericum : deinde  inveniet in quam proxime frigidis homi-  nes effe melancholicos; in quam proxime   cali-    Digitized by GoogI       De mentis etlibus 15  calidis efle fanguineos . Verum hac in ge-  nere. Nam indifcriminattm ubique loco-  rum omnia temperamenta dominamur .  Quin imo in ipfo homine, eademque fa-  milia notantur diverfa hominum tempera-  menta. Quae cum ita fint, fenfationes non  poliunt elfe easdem in omnibus homini-  bus , & ne in ipfo quidem homine .   §. 30, Pajfiones , five affe&us, iive per-  turbationes , five quodvis aliud vocabulum  adhibeas, funt quadam animi commotio-  nes ab objeflis exterioribus excitata. Ha*  rum omnium fedes eft in corde , quo4  nervorum ope cerebro adhaeret , Partiones  licet multas, ac vari® , omnes tamen to-  tidem amoris fui ipfius funt modificatio-  nes ac veluti reafliones, quarum unaqua-  que in noftras ideas , & judicia maxime  influit. Verum partionum vis , atque ener-  gia a tyronibus facilius fentitur , quam iif-  dem explicari poflit,   §.31. Quartus fenfus interior eft atten-  tio, qua nihil aliud eft , quam quadam  infita mentis occupatio in objeSo nobis  cognito. Ex quo ftatim intelligitur, quod  attentio fit quadam vis obje£H impref-  fione anterior, nobis a Deo data, ut mi-  nutim rerum qualitates explorare valea-  mus    16 Leftio I.   mus. Hinc etiam intelligitur, attentionem,  efle quandam mentis energiam , qua; vel  in toto objefto, vel in aliqua ejus parte  occupatur, ut illius ideam adsquatam ha-  beat. Attentionis vis eft in ratione com-  pofita tum indigentiae prsfentis , tum tem-  peramenti , atque educationis : Itemque  attentio varia eft pro finium diverfirate   §. 32. Denique fcnfus moralis eft quae-  dam anterior animi difpofitio, qua , fine  ullo magiftro turpia ab honeftis , bona a  malis, folo natur® impetu, diftinguimus.  Eadem igitur ratione , qua quis dulcia  potius, quam amara guftat , ita honefta  & bona potius confequi, quam turpia, 8 c  mala amat . Hsc animi humani vis eft  phyfica , ac veluti mechanica , ipfoque  Rationis prscclaro lumine multo ante-  rior , & vividior , atque ex fe ipfa  explicatur in quolibet homine. Hinc pe-  ne infinita hominum multitudo beneficen-  tiam, & juftitiam amat, earumque oppo-  fita deteftatur , etiamfi ignoret in natura  inefle quandam vivendi normam omnibus  communem , conflantem , sternam ; quam  quifque fine magiftro fcit , fine interprete  intelligit, fine coailione fequitur : quaque  denique omnes pueri , adulti , urbani , fyi-  , ve-    Digitized by Google     De mentis attibm . ry   veftrefque homines, ut oculis, ut auribus,  ut guftu libere utuntur.   §. 33. Ex hoc fenfu oritur in quovis  'homine illa probitas , qua: ingenita dici-  tur , quasque lenti tur ab omni humana  coniideratione , a qualibet rationum fubti-  lirate, a praemiis, atque a poenis iplis fe-  mota, ac diftintia.   • §. 34. Ex di&is clarilTime intelligittir ,   animum percipere bonum , & malum cum  eorumdem gradibus non dillimili ratic-  ne , quam qua colores intuetur, harmo-  niam concipit , odores lentit , pulchritu-  dinem diligit , & abnormia deteftaiur .  Ex ditiis quoque colligitur , hunc fenfum  effe univerlalem , reliquofque completii ,  nam ex unoquoque fe inflruit,ut de ob-  jettorum exteriorum bonitate , ac pravi-  tate dijudicare poflit .   §. 35. Haec de lenfibus tam exteriori-  bus , quam interioribus , qui veluti toti-  dem fenfationum animi fulcra , ac funda-  menta habendi fuut . Qua: omnia , nifi  quis diltin&c comprehenderit , nullo pa-  £lo intelligcre poterit , quid ex tot tan-  tilque obje&orum imprelfionibus animo  ipfi contingat , ut ex fequentibus clarum  erit    rr.--   7 *    B    * 7 3 > CAP.    . V-    Digilized by Google    r    *    Leftio I.    C A P. IV     De Animi Scnfattonibus,   §• 3^* OI ne objeftis exterioribus nullap  eflent in homine fenfationes,  & fine his nulla in eo eflfet fcientia, vel  ars. ScnJ 'ationis nomine hic venit illa in-  terior animi commotio , qui ex corpo-  rum prifentia, five preflione in nobis ex-  citatur . Cum autem fenfationes fenfuum  numerum, Sc difpofitionem fequantur, fe-  cundum eorumdem ordinem explicabuntur.   §. 37. Si quis autem quacfiverit , 1.  Utrum idei , Sc fenfationes fint ejedem ,  vel diverlse : 2. Num fenfationes , quas  animus ab objeftis excipit fibi ipfi , vel  objectis fint confom : 3. Ex quo oritur  tanta impreflionum vis , atque impetus :  4. Quare inter fe non confundantur tot  fenfationes , & fibrarum fremitus , qui  animum concutiunt: 5. Tandem quo pa-  £Io easdem nofiro arbitratu comparemus,  cum ipfi non fint , nifi totidem cere-  bri commotiones , & rea&iones ab ipfo  animo difitinfl® : ex quibus omnibus, ali-  ifque tandem is concludit .• fenlationum    /      De mentis anibus. i»   ertum , earumque progrefTum , & varie-  tatem inexplicabiles nodos continere  §. 38. Principio fenfationes vifu defini-'  tx non verfantur , nifi in corporum figu-  ris, coloribus, magnitudinibus, diftantiis,  & motu determinando . Preliis enim o-  cuhs ex luce a corporibus reflexa, fenfa-  tio fecundum vim prementenj , atque o-  cuh flruauram modificatur. Ex his 'pref.   1 lombus in nobis attentio excitatur, qu*  primum de noftri exiftentia , deinde de  objecto exteriori nos inftruir . Tum an  prefliones lint nobis confentanea , necne  ex quibus denique fenfationes grata vel  molefla eruuntur , atque ex his volupta-  tes , vel dolores producuntur : qua p 0 -  Itrema non folum animi, fed etiam om-  nium e ju felem deliberationum fulcra ac  vires motrices habenda funt.   §- 39- Secundo animus ex una in aliam  fenfationem tranfir , id elt ex voluptate  m dolorem , atque ex hoc in illam • ex  quo tranfitu , 8c cenationis; & Jurationis  lenfationes adquirit . Cellatio itaque efl '  dolorum ,. vel voluptatum fufpenfio ; du-  ratio autem ell horum continuata fuccef-  10 * Ex ejufmodi fenfationum vel fufpen-    2 e Lcttio I.   fione , vel alterna fucceflione oriuntur in  nobis defdcris , & detcflationes . Quia ubi  voluptas , vel dolor , ibi attentio . Item-  que ubi fenfatio nobis confona ; ibi vo-  Juptas ; ubi fenfatio nobis diffona , ibi do-  lor . Amamus autem voluptates , dolores  odimus. Ex primis igitur oriri debent de-  ' lideria erga voluptatum objeela ; atque  ex fecundis deteflationes erga dolorum cau-  las . Quapropter defideria , atque abomi-  nationes ex fenfationibus ipfis pratentibus  cum praeteritis germinant. Senfationum  itaque memoria noftrum fpiritum , tum  ipfiufque progreffus excitat. Sed ex quo  fenfationum memoria ?   * §. 40. Quum ab aliquo objefto procul   abfumus, ipfum neque flati m , neque to-'*  tum ex animo deletur , nam pro ut at-  tentio fuerit major , vel minor , diutius  in animo ejus imprefiio remanet . Memo-  ria igitur ex attentione , Sed ex quo at-  tentio ?   §.41. Ex di£lis , nulla memoria fine  attentione. Nulla autem attentio fine in-  digentiis, vsl noflris,vel alioruui. Item-  t|ue quilibet homo jugiter eget, alias non  confervatur. Ergo quilibet indiget , ut  ,fc tueatur , necdfaria fibi comparet , no-   *   • y t '   . ^ # . »   f- ' ^ ' f ' V- ' * *   ^  ;   • » % *•   I. > y- - V 4 . •   t 1   e .... * Dfgitized.Ey' G   -     De trientis risibus. ' ' 21   citura declinet : verum neutrum fine at*  ternione obtinetur, necefiitate itaque ha*  mo eil attentus , adfcoque fublata atten*  tione , nulla hominis dari poteft tuitio;  & eontraquc remotis omnibus indigentiis j  nulla in eo attentio.   §.42. Denique memoria differt ab ifria-  ginatione, I.-Quia memoria efl: imbecil*  la , vivida imaginatio * 2. Prima locum  habet arque in rebus abftraftis, & materia-  libus, altera vero in folis corporeis . 3. Vis  memoris ideas ordinate unit , i magi natrix  autem eafdern unit difpares , confundit &  difiociat fimilares.4. Tandem memoria ex  a&uum repetitione & fit, & corroboratur;  imaginatio ex fola natura oritur.   §.43. Ex huc ufque expolitis, fequitur r.  Animum humanum variis habitibus pol*  fe imbui, ut (impliciter fentiendi , & fen*  tiendi tam voluptates quam dolores-, de*  fiderandi , abominandi , reminifeendi , ima*  ginandi .   §.44. Sequitur 2. Mentem ab uno fenfii  tot habitibus imbui , quot ex quinque  imbuitur . Qui non alia de caula nobis  multiplicati funt , quam pro fenfationuni  multitudine augenda .   §.45. Sequitur 3. Univerfos mentis ha*  K » * B 3 bitus    12 Lcftio 1 . *   bitus effe totidem attentionis ac defide-  riorum gradus diverfos.At fenlationes, ac  defideria ipfa non funt, nifi totidem me-  rse fenfationes, videtur itaque quod quot  quot funt mentis a£lus , omnes ad lolas  fenfationes revocari poflint .   §.45. Sequitur denique 4. pro omni  mentis humana: energia enucleanda fuffi-  cere unum fehfum , minime vero depra-  vatum , ut clarius ex fequentibus fiet .   §.47. Auditus fonos percipit , quin ad  majorem, vel minorem obje&i fonori di-  itantiam advertat . Initio quilibet amat  fonos fimplices , poftea etiam maxime  compofitos . Identidem de odoratu dici  poflet .   §. 48. Guftu eafdem facultates , ac vi-  res adquirimus, quas vifu, auditu, atque  odoratu comparamus . In faporum multi-  plicitate vix unus & confufe fentitur. Hic  fenfus eft cseteris charior , nam pro vita  fufti nenda unice neceflarius .  c,i §.49. Tametfi homo videat, audiat ,  contre&et, itcmque odores ,& fapores fen-  tiat, verumtamen harum omnium ortum  ignorat. Deinde etiamli ta&us ex reliquis  fenfibus minimam habeat vim, homo ta-  men omnis omnino ta£lus fenfationis ex-*   pers,    Digifoed py GdBle     De menti s aElibus . 25   pers, non poflet vivere.   §. 50. Ita fere fenfuum corporis expla-  nata analyfi , fenlationumque natura , ac  varietate expofita , ordo poftulat , ut de  prajcipuis mentis humanne a&ibus aliqua  dicamus .   C A P. V. 4 * 0 »   J|/ m*- --tn x •: • •(. ' .«W *   Dtf mentis aftibm in genere .   $. 51 . T)Rinium Perceptio , five a/mt,  X ell primus mentis a£Ius , quo  fenfuum ope corporum externorum exi-  ftentiam,five impreffiones fentimus : Hinc  fenfatio , idea ,  quomodo in neceffitatibus  invocarunt, quaque ratione iratum pla-  cabant. Itemquc notau funt tormentorum   8 ^    Digitized by Google     De mentis attibus, 4 j   genera , atque execrabiles formula:, qui-  bus impii excruciabantur . Contra qux  vitx honeftas , qux morum innocentia ,  qux jullitia , qux pietas pro futura feli-  citate confequenda requirebantur. ScimuS  denique ex ipfis tot populorum prxjudi-  eia, fuperftitiones , deliramenta , abfurdi-  tates, foeditates, aliaque innumera pue-  rilia , qux Dei cultum vel foedarunt , vel  deflruxcrunt .   §. 92. Secundo quantum ad naturx hi*  floriam , eidem debentur aflrorum noti*  tix ; fcilicet quid fint aflra , quo ordine  difpofita, quibus in orbitis, & quomodo  moveantur , quibus viribus xquilibrantur,  quibus ratis temporibus proprios cuffus con-  ficiant . Eidem debetur metheororum hi-  floria , maris , St terrx, animalium j plan-  tarum , & foffilium cognitio « Eidem de-  nique totius naturx revolutionum perio-  dicarum defcriptio debetur.   §. 93. Tertio humana hiftoria quid  eft, nifx ipfius memorix produ£tio ? In  hac enim videtur qualis fuit primitivus  humani generis flatus , qux focietatuia  civilium origo , imperiorum omnium vi-  ciffitudines , tyrannorum feritas , heroum  gloria, ambitioforum vafrities , qui na-    42 LeRio I.   vigatio , quale commercium , terne pro-  ductiones , hominum induftria , leges ,  ufus, con fuet udi nes , bella, foedera, ma-  giflratus, militia i ve&igalia , fcientia; ,  litterati , morbi , exercitia gymnaftica *  populorum tranfmigrationes , linguaz, ur-  bium , provinciarumque devaftationes , fpi-  rituum vis , juventutis inftitutio , ludi ,  feftivitates , feri» , aliaque *   §. p4. Ad Rationem referuntur etiam  Deus , natufa , & homo . Quantum ad  Deum * Philofophia , qu» eft tam excel-  fa, ut hominem pene divinum reddat ,  Rationis eft filia. H»C licet infinite ex-  tenfa , attamen tria funt ejufdem praci-  pua obje£ta , nempe Deus , natura , & ho-  mo . Profe&o naturalis Rationis progref-  fio eft incipere ab individuis ad fpecies  ab his ad genera \ atque a generibus ad  univerfalia * Hax mentis vis metaphyfi-  cam produxit^ quam tanta cum utilitate  quotidie adplicamus ad Deum , ad natu-  ram , ad hominem  Quae  fcientia minime feparari poteft a mathe-  maticis, qua; in puras , Se in mixtas dif-  pefcuntur . Arithmetica, Geometria, Al-  gebra , ad primas; ad alteras vero Me-  chanica , Dinamica * Hidraulica , Ballifti-  ca , Cofmographia , Geographia , Chrono-  logia , Gnomonica , Optica * Dioptrica , /   Catoptrica, coniiciendique ars referuntur.  Similiter ad natura fcientias fpeftant e-  tiam Notomia phyfiologia , Medicina ,  Botanica, Venatio, Agricolrura, paftora-  lis , metallurgica , Chymica , magia na-  turalis, aliaque hujufmodi*   §. pvero ipfx  hominum indigentis. En quo pafto lin-  gua mentis vires, contraque mens vocum  multitudinem, proprietatem, atque ener-  giam invenit, & auxit.   §. 7 . Ex diflis fane colligitur duplicem -  clari in homine fe exprimendi modum .  Alter nempe eft naturalis, qui in corpo-  ris motibus ; alter vero artificialis, qui m  lingux modificatione five in vocis mo-  dulatione confiftit.   §. 8 . Ex di&is quoque colligitur vo-  cum ortum , cuidam lingux conatui, aug-.   • jnentum indigentiis , denique perieftio-   nem   . • “ • - ' ' Z ~    Digitized by Google    Ac Progrejfu ftgnorum 5 1   nem fpiritus culturae , afliduifque vitae uft-  bus deberi .   §.9. Verum ita femel enodata lingua,  ideae apud homines fic redditae funt com-  munes , ac familiares , ut nihil fupra .  Deinceps cognira etiam fuit neceflitas lo-  quendi hominibus loci , vel temporis ra*  tione remotis. Quapropter varias imagi-  nes excogitarunt , quibus mentis a£lus ex-  plicati funt. Hinc pro defignandis homi-  ne , equo , leone , bove , eorum figuras  defignarunt. En quo pafto a&ioni lin-  guae naturali , accelferunt primo foni ar-  ticulati pro praefentibus , & fcriptura pro  abfentibus. Quae fcriptura initio fuit tota  fymbolica , ut tres frumenti fpica: tres  annos notabant . Ex fymbolica evafit Hie-  roglyphica, quam etiamnum frequentifli-  me adhibemus in nummis , in pi&uris ,  in fculpturis . Sed ad exprimendos noftri  animi impetus poftremo maximum in  modum influxerunt quoque pene infinita  belli , pacifque inftrumenta .   ' §. io. Atque hinc facile eruitur 1. vo-   ces nihil aliud efle, quam quadam figna  abitraria , quae prater fonum , in nobis  -quoque excitant conceptum mentis , ut  horno j praeter fonum huic voci proprium,  1 * D 2 ex     Digilizedby       'Ac Progrejffu ftgnorum .' 6 r   gnum , & parvum ; re&um & curvum ,  grave 8 c leve . Sic Gallia eft magna cum  Regno Neapolis comparata , at eft per-  quam parva Sinenfium Imperio relata .  Hinc intelligitur, quod licet omnes rela-  tiones fint ideales , vcrumtamen Diale&i-  ci eas diftinguunt in ideales , atque reales .  Ideales funt, qua: intercedunt inter ideas  abftradas, ut inter Tacqueti , & Cavalle-  rii Geometrias . Reales funt , qua: repe-  riuntur inter pondus auri , & argenti .   §. 31. In hunc cenfum referri quoque  poflunt pene innumeras voces , qua; fub-  ftantias videntur notare , fed vere relatio-  nes exprimunt, quia ipfae non explicant,  nifi qualitates, ut pulcritudo, deformitas, -  do&rina, ftupiditas, vitiofitas , fon&itas , .  juftitia . Itemque hujufmodi nomina vi- •  dentur effe abfoluta,& funt relativa. E-  tenim unus homo refpe&u alterius defor-  mis videtur , pulcher , & cetera , Id ip-  fum dici polfet de adverbiis dofle , erudi-  te, diligenter &c.   §.32. Ultimo loco dantur termini, li-  ve voces [implices , (y compoftt a ; C lar ce ,   8c obfcura ; dijlintta, & confufce , comple-  ice , fk incompleta j adaequata , (D 1 inada *  quata. Primi generis fuqc linea; & fuper- .   fides.    Digitized by Google    6 i s Lettio II. Dc Ortu ,   ficies Protomartyr , & archimandrita 7  Secundi generis , funt corpus , & anima .  Tertii generis funt Petrus, & homo. Ul-  timi vero generis funt circulus , & vis .  His omnibus accenfenda: etiam funt vo-  ces fmgulares , ut Annibal; generales , ut  planta ; univerfales , ut res ; determinata ,  ut equus a , canis b ; indeterminata , ut  equus, & leo. Si quae fint alia; voces ,  quas praetereo , etiam facili negotio re-  duci poffunt ad has jam expofitas . Haec  de elementorum orationis do&rina', five  de vocibus tam in genere, quam in fpe-  cie ; verum quo pa 6 to eaedem vel inter  fe, vel cum aliis poflint combinari , di-  cam brevius , quam res tanta pofcat ,  adeoque ,   C A P. IV.   De ftmplici vocum combinatione 3 ftve de  propofttione ,   r   §. 33 . Alibi diftum e/1 judicium duas  ideas , vel fenfationes requirere ; unam  rei , quacum conjungitur , vel feparatur  •aliqua qualitas; alteram vero illius, quae  eidem tribuitur , vel removetur . Ex g.    . i 1 v Sol     Digitizedby    IbyGq.    . 'Ac Progrejfu ftgnorum 6 3   Sol eft ingentiflima ignis moles . Luna  i • eft corpus opacum . In prima propofitio-  ne : ignis a6lio foii , 8c in altera terra;  opacitas Lunae tribuitur . Contraque fi  judicium ex qualitatum remotione a re-  bus, quibus non conveniunt .Sic i Itali ho-  dt emi non habent prijlinam virtutem . Et :   1 'homo in maximis divitiis innutritus raro  eji mi/cricors. In quibus fane propofitio-  i nibus ab Italis pratentibus majorum glo-  ria, atque ab opulentis mifericordia fe-  ; paratur .   §.34. Ex quibus liquet, quod cum fit  judicium oratio verbis exprefla , ea con-  flare debet ex duobus terminis , quorujn  alter rem, de qua agitur, exprimat, al-  ter quod eidem tribuitur , vel remove-  tur. Sic agrorum cultura cfi utilis . Ha:c  propolitio duos habet terminos : alter eft  agrorum cultura ; alter utilis , quorum  primus dicitur antecedens five fubjeclum ;  fecundus vero vocatur confequens five ad-  tributum five praedicatum .   §. 35. Cum vero voces ex earum in-  ventione non inferviant, nifi pro objcftis  denominandis, hinc fequitur, quod fi quis  adfirmare, vel negare aliquid velit, opor-  tet , ut verbum aliquod adhibeat , cum   quo      w » v.   ** * -    . At fi dicam : Brutus  Roma pugnavit , ut fervaret reliquias mo -  rientis libertatis. Incidens eft in praedica-  to , Itemque datur etiam propofitio hy-   po-    Digitized by Goodle    l    As Progrejfu flgnorum 1 69   pothetica , cum nempe fubje&o praedica-  tum convenit fub aliqua conditione , ut :  Refp. tunc erit florida , cum juventus fue-  rit optime inftituta. Ha?c de propofitionis  materia, fequitur nunc ejus forma.   §. 4 6. Propofitionis forma in termino-  rum unione , vel in eorumdem feparatio-  ne confiftit, ex quo oritur propofitionum  adfirmatio vel negatio . Sic : virtute quam-  protcime homines accedunt ad Deum . Con-  traque : vitium non eft utile Harum al-  tera dicitur ajens , altera vero negans .   §. 47. Quo in loco notandum eft  quod in propofitionibus affirmativis ter-  minorum unio fequi debeat fubjetti, non  vero praedicati extenfionem . Ex. g. Om-  nis leo eft animal . Non intelligitur , quod  omnis leo fit omne animantium genus .  At in propofitionibus negantibus praedica-  tum omnino excluditur. Ex. g. Nulla  planta eft anima f sequivalet huic : nulla  planta eft nulla animalium fpecies . Haec  de forma propofitionum perquam fatis  §. 48. Reftat , ut poftremo loco de  propofitionis quantitate aliqua dicamus ,  quae nihil aliud eft y quam major , aut  minor terminorum vis , quae in pro-  pofitionibus continetur . Cum autem ter-   E 3 mini     yo lactito II. De Ortu ,   mini maximam , vel minimam fignifica-  tionis extenfionem habere poftint , hinc  fequitur , dari debere duas propofitiones  inter fe maxime diftantes , quarum alte-  . ra dicatur univerfalis , altera vero fingu-  laris. Ut: univerfi homines ratiocinantur t  eft primi generis : Petrus ratiocinatur , efl  fecundi generis. Itemque amba; effe pof-  funt vel' adfirmativa , vel negativa . No-  ta propolitionum univerfalium eft vel  omnis , vel nullus . Singularium vero pro-  pofitionum nota eft , hic , ille , & ce-  tera.   §. 4p. Inter has duas propofitiones ma-  xime extremas dantur & alias interme-  dias, qua: particulares atque indeterminata;  vocantur . Ut : aliquis homo ejl dottus . I*  temque : aliqua figura omnes angulos ha-  bet duobus redis aquale   §. 50. Notandum hoc in loco eft >  quod poflit dari propofitio qua; videatur  fingularis,verumtamen eft univerfalis. Et  con tra. Hi nefit, quod ; ut propofitio fit u-  niverfalis , requiritur . 1. Ut plures re-  ' rum fpecies fub fe comprehendat . Ex. g.  Omne triangulum ; Omnes planta , omnes  lapides . 2. Requiritur ut praedicatum ab-  folure, vel faltem hypbthetice alicui fpe-   ciei    Digitized by Google    Ac Progrejf 4 flgnorttm . 71   ciei conveniat . Ex. g. homo boneflus ejl  Reip. utilis . 3. Requiritur , ut generis  praedicatum etiam omnibus individuis con-  veniat . Ex. g. aurum in fluido demerfum  in eius fundum incidit . Idem eft ac (t  dicerem ; Omne /olidum gravitate fpecifl-  ca majus aqua in fundum decidit .   §.51. Omnes propofitiones univerfales  in metapbyflcas , & morales dividuntur .  Primae funt , in quibus neque genus ali-  quod , neque individuum excipitur . Ex.  gr. omnis homo ex corpore , (D* fpiritu con-  flat . Haec propofitio adpellatur quoque  abfoluta , utpote fubftantiae elfentialibus  innixa . In quibus vero aliquod genus ,  vel fpecies , vel individuum excipitur ,  denominantur morales , ut.* omnes Galli a  temperamento /anguineo , (y omnes Hifpa.  ni a cbolerico dominantur . Nam falfum eft,  quod omnes Galli, vel omnes Hifpani ,  nullo excepto, fint fanguinei , et cholerici.   §. 52. Denique quotquot funt univerfa-  les propofitiones, omnes funt vel adflr-  mativa , vel negativa , quas brevitatis  gratia fcholaftici hifGe quatuor alphabeti  Uteris indigitant , quaeque funt . A, E ,  1 , 0 . Prima; duae affirmativas , duae au-  tem poftremae negativas defignant . Infu-   E 4 , P«     72 Lettio II. De Ortu ,'   per A denotat univerfalem affirmativam,  E negativam . Ex poftremis I affirmati-  vam particularem , O negativam quoque  particularem . Denique E continetur in A ,  & O in E-, dummodo propofitiones fmt  ejufdem generis. Sic : Omnia animantium  genera fentiunt . Oves vero funt animan-  tes .’ Ergo fentiunt. Et fic : quicquid non  componitur , nequit in partes clivuli . Spi-  ritus non componitur . Non ejl itaque di-  viftbilis . «   GA P. V.   ' 7 .   De quibufditm vulgaribus propofitionum  adfetlionibus .   §, 53. Hic affe£lionum nomine veniunt  quxdam propofitionum qualitates , qua;  funt : oppofttio , a qui poli enti a , & con-  verfto .   §. 54. Primo oppofitio* duarum propo-  fitionum comparationem denotat , qua;  licet iifdem terminis conflent, attamen  ipfae variare pofTunt v$l in fola forma ,  vel in fola quantitate, vel in utraque. Si  pugnent in fola forma, retenta quantita-  te , tunc vel funt amba; univerfales ,  vel ambae particulares , Si primum, dicun-  tur    Digitized by Google    Ac Prdgrcjfu fignoruml 73  iur contraria , ut .* omnis Italus ejl fagax :  nullus Italus ejl fagax. Sin alias, dicun-,  tur fubcontraria : ut .* aliquis l iteratus ejl  boneflus\ aliquis liter atus non ejl bonejlus f  §.55. Si vero pugnent in quantitate,  retenta forma, tunc vocantur fubaltema ,  quae efle poffunt , vel ambae affirmantes ,  vel negantes « Primi generis eft haec ;  omnis homo laboriofus ejl etiam bonejlus :  aliquis laboriofus ejl bonejlus * Secundi ge-  neris eft haec altera : nulla fuperjlitio ejl  utilis : aliqua fuperjlitio ejl utilis .   §. 5 6 . Poftremo duae propofitiones pof-  funt inter fe aeque pugnare tum in quan-  titate , tum in forma , quo cafu di-,  cuntur contradi Horia ; ut : omnis tyrannus  ejl generi humano detrimento : aliquis ty-  rannus non ejl generi humano detrimento .   §. 57. Quantum ad aequipollentiam,dico  quod tunc du$ propofitiones fint ejufdem  valoris , vel aequepollent , cum altera al-  teri fubftituti poteft , quin earum vis ,  vel. valor mutetur ; ut : quicquid ejl vere  jujlum ejl utile . Et contra : quod sjl ve-  re utile , ejl jujlum . Quo 1 eft de unica  aequi pollentia fimplici.   §. Ex quo fequitur primo , quod tunc  detur aequipollintia inter duas propofitio-    i    74 Lcfllo II. De Ortu ,   nes , cum definitio reciprocari poteft cum  definito. Ex. g. machina , qux horas diei  defxgnat , horologium adpcllatur . Et con*  tra : horologium ejl machina , qua horas  diei deftgnat . Secundo fit , ut quod  fubje&o convenit, praidicato quoque con-  veniat . Sic omnis Japiens legislator Reipu-  hlica tranquillitatem promovet . Et vice-  verfa * omnis Reip . proj perit as a fapien -  tijfimo legislatore provenit . Ex quo etiam  fit , quod omnis propofitionum converfio  fit etiam sequipollentia > proindeque de ea.  nullum verbum .   §. 57. Cum definitiones , ac divifiones  non fint, nili totidem judicia, hinc intel-  ligitur eafdem locum habere in propofi-  tionibus . Definitio itaque eft propofitio,  qua quorumdam terminorum ope aliqua  idea completa , vel determinata exprimi-  tur . Ex. g. Homo eft animal ratione pra$  ditum , civile , atque ad propriam felicita-  tem propenfum . Itemque definitiones ad-  hibemus pro rerum notis diftinguendis ,  ut eas ab aliis facile fecernamus . Sic :  homo efl animat rationale , civile , ad bea -  titudinem f alium. Hlfce notis diftingui-  tur adeo a ceteris animantibus, ut aliter  ab iifdem diftingui non pollet .   X §.rfo.      Digitized by Googlp    Ac Progrcjfu ftgnorum i 75  §1 60. Ex his fequitur. 1. Debere ingre-  di in definitionibus folas notas intrinfecas .  1. Sequitur pofle quoque ingredi poflibi-  les , 8 c impoflibiles, dummodo impoflibi-  litas non fit abfoluta , ut : homo eft ani-  mal ratiocinans , politicum , ad felicitatem  fatlum , vaiiifque habitibus moralibus im-  butum .   §. 61. Ex his fequitur. 3. Pro omni  rerum ambiguitate removenda * neceffe  eft , ut termini fint perquam clari . 4.  Quod tunc definitio dicitur generis , aut  fpeciei , cum utriufque effentialia dinu-  merantur. 5. Quod illa fit definitio par-  ticularis, quae eft rei adeommodata.   §. 6z. Verum cum pmer rerum eflen-  tialia etiam nomina definire poflimus ,  propterea dantur quoque definitiones no-  minales . Hinc univerfae definitiones in  reales , 8 c nominales diftinguuntur . Primi  generis funt definitiones circuli , quadrati,  trianguli. Secundi generis funt definitio-  nes infiniti , trilaterae , quatrilaterae figurae ,  §. 53. In *quo notent juvenes, quod li-  cet Diale&ici definitiones reales adpellent  illas, quae ex genere, & differentia con-  fiant , verumtamen ipfae quoque funt »0-  minalcs . Nam etiam definitionibus reali?   bus    Digilized by Google    y6 Leftio II. De Ortu ,   bus nihil aliud intelligitur , quam illud  ipfum , quod illo vocabulo Philofophi  comprehendunt . Sic : homo ejl animal ra-  tionis compos , humana figura praditum ,  quid eft aliud , quam hujus nominis de*  finitio ? Cur ita ? Quia nemo unus ad-  huc fcivit rerum effentias , aut Tuet un-  quam .   §.54. Denique divifio eft totius refo-  'hitio in fuas partes componentes . Quae  dicitur phyfica in quantitatibus extenfis r  & compofitis : idealis in 'abftra&is . Ad  phyficam refertur humani corporis divi-  fio in partes / 'olidas , & fluidas. Ad alte-  ram vero figurarum planarum partitio in  trilateras , quatrilateras , & multilateras .  Divifionis utilitas eft maxima in rebus  maxime complicatis ac longis, quae uno  veluti mentis intuitu videri , aut com-  prehendi minime poliunt.   §. 65 . Praeterea iftis propofitionibus ac-  cedunt quadam alia , quae apud Geome-  tras palfim inveniuntur, fcilicet propofitio  T beor cHica & praftica , demonflrabilis  in demonflrabilis . Itemque axioma , pofiula *  tum , problema , theorema , fcholium , corol-  larium ^ lemma , & fi quae fint alia, quae  utpote omnibus notae , de iifdem locati  non arbitror. Cap. 6 .    Digitized b^Google    r Ac Progrejfu ftgnorum 1 77   C A P. . VI.   De Compofita Terminorum combinatione J  five de fj/llogifmo , m   §.66. Cum ratiocinatio fit convenien-  tis, vel difconvenientis ratio, quam duas  idea: habent cum tertia ; intelligifur inde,  quod ficuri ideae cum terminis , & judi-  cia cum propofitionibus explicantur , fic  fyllogifmo ratiocinatio enunciatur . Ex  quo intelligitur , quod fyllogifmus fit o-  ratio , qua mentis vis aliis communica-  tur : atque etiam intelligitur , quod om-  nis fyllogifmus ex tribus propofitionibus  conflare debeat. Verum ejufmodi propo-  rtiones inter fe ita funt colliganda: , ut  non modo terminum medium habeant  communem , fed requiritur etiam , ut ter-  mini extremi inter fe uniantur . Ex. g.  Omne grave tendit deorfum. Lapis autem  eji gravis. Cadit ergo. In quo fyllogif-  mo tres termini vel propofitiones funtropofitiones , Termini funt 1 gravis , 2  apis , 3 deorfum, Propofitiones vero funt  1. Omne grave tendit deorfum . 2. Lapis  ejl gravis, 3. Ergo tendit deorfum. Qua-  rum duae prima: dicuntur pramijfa , po-  flrema vero vocatur conci ufio .   §.  nuenfis , aliique complures late fufeque  de tot tantifque variis fyllogifmorum fi-  guris difputaverint, attamen eaj mihi fem-  per vira: funt mera» fubtilitates fcholafti-  ca:, omnino inutiles, hoc confilio potius  ea pmerire volui , quam juventutem in  nugis detinere.   CAP.      Digitized by Google    'Ac ProgreJJu ftgnorum . 85   C A P. VII.   De quibufdam vulgaribus argumentandi  i modis . . •   • • *> • _   §. 80. Primo pra fua maxima clarita-  te poteft in fyllogifmo omitti major pro-  pofitio , qui argumentandi 'modus 'dicitur  eutbimeema . Ex. g. Hic homo cbolerico  temperamento dominatur . Ergo e fi cru ielis y  ubi ioielligitur hax major propofitio :  £foirumque temperamento cbolerico domina «   t. r efl crudelis. Hic autem bomo tempera-   K 1   mtnto cbolerico dominatur . Ergo efl crudelis ,  81. Secundo cuique propofitioni ad-  di poteft ratio, qua praedicaturi* convenit  fubje&o , idque fieri poteft in utrifque  propofitionibus . Hic modus apud orato-  res frequentiffimus, apud Diale&icos per-  quam rarus, dicitur; Epicberema . Sic: in  corpore civili quifque debet alium dilide-  re y aliter nequit in eo -dari harmonia po-  litica. Petrus y autem , Francifcus , aliique  funt in corpore civili. Ergo fe mutuo di-  ligere debent.   §.82. Tertio ficuti. ex tribus fyllogif-  mi propofitionibus , ‘una tac.eri poteft ob   F 2 maxi-   % *    Digitized by Google    §4 Lcttio II. De Ortu ,   maximam ejus evidentiam , ita aliquan-  do ad manifeltandum perquam longum ,  atque- implicatum ratiocinium tres propo-  iitiones nou fufficient , fed oportet alias  addere , vel faltim alium fyllogifmum ,  vel qnthimema. In primo cafu argumen-  tum dicitur /ornes , in altero Profyllogif-  mus .   §.83. Quantum ad foritem , ipfe e(l  quadam propofitionum feries , ita conne-  xa , ut pradicatum prima propofttionis in  fubjetium fecundec tranfeat : pradicatum fe-  cunda: in fubjettum tertia , & ita dein-  ceps , donec in. concluftone fubjeElum prima  uniatur cum pradicato ultima propofttionis .  Sic : lueratur ut laboratur : laboratur ut con-  fumitur : confumitur ut luxus : luxus ex di-  vitiis * divitia vero, ut commercium . Lucratur  itaque ut commercium majus , vel minus efl.   §.84. Atque hinc intelligitur , foritem  dici . bypotbeticion , fi ex fyllogifmis hy-  potheticis conflet . Ex„ g. ft Deus efl fa-  pientiffimus , prafcire omnia mala debuit *  ft mala prafcita fuerint , fublata funt\ fi  mala fuerint fublata , mundus a Deo crea-  tus efl ceteris melior . Sed Deus efl fa-  pientijjimus . Mundus ergo a Deo creatus  ejl reliquis melior > v   8 *    »    Digitized by Googli    Ac Ptogrejfu /ignorunt» 85  §.85. Quantum ad profyllogifmum ,  ipfe ejl merus fyllogifmus , cujus conci ufio  in pramijjtam alterius fyllogifmi tranfit .  Ex. g. Omne ens fua natura iners , ejl  corporeum . Spiritus autem non ejl iners ,  jed attuo fus . Ergo non ejl corporeus . Ve-  rum quicquid non ejl corporeum in partes  dividi nequit . Spiritus itaque humanus non  cjl refolubilis .   , §.8 LeBio III, De errorum  fimus l 12. His omnibus additur , natu-  ras res cffe adeo innumeras, ac compli-  catas , ut nemini adhuc contingerit de  iifdem adcurate judica* . Denique quis  umquam propria debilitatis libi teftis eft?  Quicumque fane de aliqua re judicium  adfert , exiftimat de ea non poffe me-  lius judicari . Quamobrem ut Intellectus  hos errores vel devitet, vel minuat, hic  pro mea virili nunc curabo , atque ut  ordine noftra procedat oratio, errores fe-  cundum ea ipfa principia , qus in altera  parte enucleata funt , expendam , fcilicet  juxta Mentis, ac lingua; operationes •  Quod fi dicenda non fuffecerint ad omne  ignoranti*, errorumque velum difcinden-  dum , fufficient tamen tyronibus & ut  minus errata fortafle efficient.   ( C A P. II.   De Mentis erroribus ad fenfus exteriores  relatis •   §. 5. Sicuti fit ubi optici varient vel in  lentium difpofitione , vel numero, objefta  majora , vel minora , magis , minufve  diftantia adparent , ita oculi cum non    Digitized by Google     )    Mentis ortu, ne progrcffibusl 95  fint, quam todidem tubuli optici , inter  fs maxime differentes , tam ob eorum  tunicas , quam ob eorum humores ; ex  tali varietate variae prorfus fenfationes ,  at. proinde ab iis complures errorum cau- -  fae oriantur neceffe eft.   §. 6. Erratur 1. Cum quis objeflo-  rum exiftentiam negat , quae ipfe non  videt oculo inerim ; at oculus mycro-  fcopio armatus infinita intuetur , qux ei fi- .  ne tali auxilio non obverfabantur . 2. De-  cipimur in diffantiis ; nam fol , luna ^ 8c  nubes videntur ^qualiter diftare , verum-  tamen nubes non attolluntur nifx ad  duo Y vel tria milliaria Italica : Luna ex-  cedit 333330. fol vero, juxta Kepleri ' *   fupputationes , nonaginta miliones fupe-  rat . Duae urbes cum valle intermedia ,  etiamfi inter fe diflantiffimae , cominus vi-  fx , videntur 1 una eademque . 3. De-  cipimur quo ad corporum figuras : : ellyp-  Iis enim procul vifa. a circulo non di-  ftinguitur ; Itemque duae lineae parallelae  apparent convergentes ; 8c duo 'parietes di-  vergentes videntur paralleli ; & linea fle-  xa ac torfuofa apparet refla . Quarto cam-  pana pulfata , licet ejus partes interiori  fremitu concuffae , attamen videntur om-  nes    Digitized by Google    p 5 LeHio III. De en orum  nes immobiles. Id ipfum dici poflet de  aquis paludofis, ac lutulentis. 5. In pro-  pagatioue Jucis^ etiam decipimur , cujus  motus pulatur fieri in inflanti , cum ta-  men iit fuccefiivus . Hinc Newtonus ob-  fervavit quolibet min uto fecundo ea in  percurrere. 20. Semidiametros terreflres ,  vid. 8 , 202. milliaria . Poflremo erra-  mus quantum ad rerum magnitudines ,  nam folaris difci diameter duorum , vel  trium , pedum videtur , verumtamen folis  magnitudo ab aftronomis eft millione ma-  jor 'if ipfa tellure . Alias mentis deceptio-  nes , quo ad vifum omitto , ne hac in  re nimius efTe videar.   ' §. 7. Sequitur auditus,. 1. hic fenfusi  nos decipit > dum judicamus fonum , vel  concentum effe in ipfis inflrumentis , cum  re vera fit in nobis . Etenim in inftru,-  mentis non reperiuntur, quam cordarum  vibrationes, quae aerem movent. Itaque  aere deficiente , debent etiam deficere ejus  undulationes , adeoque fonus, ut in ma-  china pneumatica , atque in altiffimis  montibus facillime obfervatum . 2. Deci-  pimur , dum judicamus alios eodem mo-  do fentire , ac nos . Quod nequit acci-  dere ob diverfam aurium ftrufturam . 3,   Erra-   ' •    Digitized by GoogI    Metitis orturae progrejjib. py  Erramus , dum fonum referimus verfus  illam partem , ex qua ad nos pervenit ,  iicet corpus fonorum fit alibi Quarto  denique fepiflime unum fonum cum alio  confundimus .   §. 8. Odoratu , & guftu etiam' falli-  mur. r. Odores, 8 c fapores in objeftis  extare putamus, cum in iis non fit,- ni-  fi fola partium difpofitio , five effluvio-  rum, qu* narium, & linguai papillas ner-  veas titillant: 2. His fenfibus turbatis fe-  tida , atque infipida corpora judicamus ,  qualia reapfe non funt. g.jEflimamus eun-  dem fetoris , odoris , & faporis gradum  ab orpnibus circumflantibus a:que fentiri :  Quod fane eft omnino falfum , nam harum  (enfationum gradatio fequi debet organo-  rum difpofitiones .   §. p. Ta£us in gravitatis , afperitatft ,  caloris , & frigoris fenfationibus verfatur ;  & in his omnibus perpetuo decipimur .  1. Vas aere repletum aeftimatur aeque pon-  derofum , ac fi aere elfet orbatum . 2. Ex  quo judicamus aliquid non gravitare fu-  pra nos , judicamus id elfe ponderis ex-  pers . Quapropter aerem non aeftimamus  gravem , attamen columna aeris , quae  nobis imminet , putatur aequalis ponderi  ) _ G 28.    Digitized by Google    p$ Leflio III, De errorum  28. mercurii pollicum : 3. Si folidum  in , fluido demereatur , amittit in eo tan-  tum ponderis, quantum eft volumen flui-  di folidi volumini asquale , adeoque ip-  famet auri moles gravitat minus in a-  qua , quam in vino ; & minus in vino,  quam in aere. 4. Corporum quot quot  funt fuperficies, etiamfi omnes appareant  laevisiatae , attamep mycrofcopio yifaf', eas  jntuemur afperas . 5. Judicamus quadam  corpora fua natura calida , contraque alia  frigida ; verumtamen palor, & frigus non  funt , nifi quadam interiores corporis  noftri fenfationes . Hinc fi manu fri-  gida tangatur aqua calida , haec fentitur  frigida. Et contra fi manus calida mer-  gatur in aqua frigida , haec fentitur cali-  da. Sane haec tanta fenfationum contra-  rietas , eft in nobis ipfls, Id |pfum di-  cendum eft de voluptatibus , ac doloribus,  corumque gradibus, nam quicquid ipfa  funt , ad nos femper funt referenda . Haec  de mentis erroribus , quo ad fenfus exterio-  res , illos nunc percurramus , qui ad iq»  feriores fpe&ant .    CAP.    /    v    Digitized by Googl    Mentis ortUy ac progrejjib. py   s •   C A P. III.    De mentif prroribus ad fenfus interiores  relatis f   • I .    §. 10. TNteriores hominis fenfus alibi  X defcripti , funt memoria , tem-  peramentum, affe&us , attentio , ac fen-  fus moralis . Perpendatur modo quo pa-  fto ab iifdem decipiamur,   §. 11. Primo memoria, cui univerfam  cognitionum noftrarum fphceram debe-  mus, in quamplurimis nos decipit . 1.  Prompte non exhibet nobis ideas alias  conceptas , cujus defe&us quilibet eft con*  fcius , 8 c maxime fcnes ; 2. Unam pro  alia idea, unum pro alio nomine, unum-  que locum pro alio nobis fubminiftrat ;  3. Sua vi , atque energia aliquando mi-*  rus vividas vividioribus ideis praefert : 4.  Saepiffime in ipfis narrationibus maximi  momenti deeft. 5. Idelas , earumque fi-  gna, etiam improbo labore difpofitas, in-  ter fe confundit. Facilius retinet ilia y    quae ad nos , quam quae ad alios fpeflant.  7. Denique quandoque eft adeo vivida ,  pt phantafia evadat . Hinc fane vifiones,   G 2 , ilr     Digitized by Google    i oo Leftio III. De errorum   illufiones , abalienationes , phanatifmus y  exftafis , & quidam mentis furor oriun-  tur : Hinc etiam voluptatis , ac doloris  gradus dependent.   §. 12. Secundo loco cum temperamen-  tum fit certa folidorum , aq fluidorum,  conftitutio ,4ntelligitur, quod ipfum efle  poffit magis , vel minus lentum ; magis  vel minus vividum, adeoque fuftimopere  influere debet in noftras idearum intelle-  ctiones , in noftra judicia, atque in ipfa  ratiocinia . En caufa , cur cholerici fere  omnes flnt ambitiofl , ac crudeles . Con-  tra fanguinei urbani , & mifericordes . Cur  melancholici taciturni , ac ratiocinatores ;  contra phlegmatici timidi , pufillanimes,  excordes, avari.   . §.13, Atque hine facile eruitur horum   omnium propeniiones & judicia debere  efle varia . Nam primi funt magni pro-?  miffores , fuperbi , audaces , vafri , ambi-  tiofl. Secundi apti, nati ad venerem, ad  vinum , ad libidinem , ad ludos , brevius  ad un iverfa , qu® fenfus alliciunt , & mul-  cent : itcmque funt.hilares , ac ftrenui  milites , conflantes , liberales , fociales ,  qd grandia quoque fafti . Melancholici  ftmt mentis coufufe , laboriofi , diffiden-    Digitized by Google    Mentis ortu , ac progreJJib. ior  tes atque acerrimi judicii . Phlegmatici  denique funt natura pavidi , pufillanimes ,  fuperftitiofi , fervi nati , confufi , fuperfi-  ciales, ignavi.   §.14. Qua: cum ita fint, neceflario fe-  qui debet, quod circa idem objeftum his  omnibus obferyatum , non aeque judicare  poflint . Itemque idem periculum fangui-  neis videbitur nullius momenti , melan-  cholicis magnum, phlegmaticis maximum.  Similiter eadem res uni efle debet ma-  gna:. voluptati; alteri vero maximo dolo-  ri. Praeterea idem ac£ufatus, ab uno ex-  cufatur , ab altero damnatur ad mortem ,  a tertio ad crucem , ab ultimo ad remos.  Unde igitur tanta judiciorum diverfitas ,  tiifi ab ideis variis ; unde idearum varia-  tas , nift ex fenfationum diverfitate ; unde  tandem haec varietas , nili a temperamen-  tis , ad quod nifi mens advertat , .non  aequo judicabit Iove , fed potius fecundum  propriam conftitutionem .   §. 1 5. Tertius noftrorum errorum fons  in pafiionibus confiftit : Primo quotquot  funt in homine pafliones , omnes ad li-  lium fui ipfius amorem reducuntur; hinc  eft quod noftra judicia femper ad hoc u-  nicum atque indeclinabile obje&um refe-   G 3 ran    102 LeElio 111. De errorum  rantur . Hinc quoque eft, quod in noflris  judiciis non aliud legitur , & obfervatur,  quam quo nos temperamento dominamur,   & quo amore nos ipfos diligimus .Legatur  hiftoria Civilis ad hoc evidentiflime com-  probandum, e* qua videbitur, ob proprium *  amorem filios Patribus , Patres filiis ne-  cem intulilfe  identidem de fingulis animi paflioni-  bus fecUndariis dici poflet . At quis dinu-  merare poterit univcrfa Intelledus errata,  quae ex odio , timore i ambitione * fpe ,  immodica laetitia* defiderio * ira , audacia,  timiditate , ceterifque animi modificatio-  nibus orta funt , ac quotidie oriuntur ?  Loquacem Fabium, ut ille ait, delalfa-  rem , fi vellem ea omnia fingillatim per-    T    Mentis ortu , ac progrejjib. 103  fgqui ; at pauciflima dicam ad Tyronum  captum, qui rerum multitudine ilon funt.  obruendi  ac tot hominum  ftupiditas 'derivanda eft. 6 . Ex ipfa vo-  luntatis alienatio, mentis diftra£lio , judi-  ciorum praecipitantia non modo apud po-  pulum , fed penes ipfos viro§ literatos •  Nonne haec funt errorum fons , atque   origo ? „ .   §. 21. Reflat, ut extremo loco de fen-  fu morali dicamus , ejufque fallacias often^  damus . V erum cum hic fenfus fit omni  reflexione , quolibet examine , & quibuf-  vis praejudiciis anterior * hinc nequaquam  ab eo decipimur» At profequamur reli-  qua mentis errata»   C . A P. IV. '   • t   De erroribus ad mentis affus relatis »   §.22. T ris cogitans , judicatrix* ac  V ratiocinatrix eft tam invo-  luta , atque difficilis , ut quafi impoflibi-  le fit omnium errorum analyfim juxta  univerfos mentis a£lus hic exhibere . Qua-  propter confueta ratione praecipuos tan-  tummodo attingam *   §. 23. Mens errat * dum fenfationes  concipit tanquam res realiter in ©bjeftis    io 6 Letlio III. De errorum   exiftentes. Hinc judicamus dolorem eflfe  in cultro , faporem in ficubus , dulcedi-  nem in vino * frigorem in aqua , calo-  rem in igne . 2. Dum fenfationes , quas  ut centies diftum eft i funt relate , haben-  tur abfolutse , hinc dicimus fua natura  bonum * vel malum aliquod obje&um ,  quod tald eft duntaxat refpe£tu rioftri . 3.  Id ipfurri diceridum quoque eft de volup-  tatibus, ac doloribus, qus non funt nili  totidem rea&iones tiobis confonse , vel  diflonas, ddeoque nobis folis tiiric tempo-  ris relate 4 Nihil enim in ipfis quidquam  abfolutuni concipiendum eft i 44 Decipi-  mur dum ideas abftra&as , ut Dei , ho-  minum , Sc corporum aSiones habentur  ejufdem generis i licet toto coelo inter  fe diftinguantuT *   §. 24. Item durii ideas fpirituales  putamus materiales , uti funt Angeli ,  Dsmones, 8 c c. 6 . erramus dum qua: vi-  nita funt , feparata judicamus ; & cotitra  quae fola mente fepararitur , natura con-  •jun£Ia putamus 4 Primi generis errata funt  tot Poetarum fabellae ^ atque commenta.  Secundi autem gerieris * funt tot Roma-  norum Dea: , & Dii , ut juftitia i Viso-  ria , Fortitudo , Februa , Jupiter Termi-  nalis,    Digitized by Google    Mentis ortu , ac progrejjtb. icj  liatis , Feretrius , & c. 7. falfe judicatur,  fi relationum ideaj ignorentur , ut in ma-  lorum origine ; in Dei natura , pradcien-  tia . 8. Etiarri falfo judicatur * fi hypo-  thefes habentur vera», priufquam ad pra-  xim revocata; fuerint . Hujufmodi funt Pla-  tonis ideaj innata;, noftra intuido in Deo,  qua; Malebranckio placuit * Woowardi ,  Wiftoni j & Burnct fyftemata , aliaque  hujufce commenta pene infinita , potius  delirantium fomnia,quam Philofophorum   opiniones . t   §.25. His. 9. additur, quod ex medi-  tationis defe&u facile erramus ; 10. Si  ut abfolute accipiantur , quae ex quo-  dam circumflandarum concurfu intelligenda  funt * Hinc male quis ntentis gradus ex  fortuna determinabit . 1 1» Facile decipitur  fi a particulari idea ad univerfalem fla-  tim afcendatur, quin omnes fpecies &  genera percurrerit * Quis enim dicet li-  terulis grajcis imbutunl etiam cordatum  efle virum, & folida , magriaque cogi-  tantem? quis Philofophum putabit etiam  bonum agricalam ? quis denique Cafuiftam  etiam Theologum, philofophum, hiftori-  cum , atque aeconomicum ?   §. 2 6 . Praeterea .12. decipimur , dum ea t   quas    16 $ Lectio III. De errorum  qux non intelligimus , infipienter , atque  obftinato animo negamus . 13. Decipi-  mur , cum ea quaj nobis funt contraria ,  fpernimus, minuimus , damnamus 14. no-  vitatis amore : 15. Scepticifmi fpiritu in-  confiderato : 16. Erratur ex argumenti a-  nalogia, five ex rerum fimilitudine : 17.  Ex libertatis abufu : iB. Ex nimia curiofi-  tate: ip. Ex nimio defiderio nos diftin-  guendi a reliquis hominibus faltem ejuf-  em ordinis: 20. Ex partium ftudio,quod   3 uibufdam temporibus , ac locis nos lu-  ificat : 21. Pro privato emolumento ,  quod nos oblivifci facit ipfa naturae liga-  mina , ut liberemur ab interioribus fen-  fationibus moralibus . 22. Denique quo-  dam ambitionis fpiritu , quo in noftro  cerebro veluti mundum univerfum conci-  pimus , cujus nos centrum evadimus , lae-  tamur dum aliorum opiniones circa nos  gyrant, atque ceu deliquia pati obferva-  mus .    (    CAP.    Googl    Di    Mentis ortu , ac progrejftb', iop'   C A P. V.   i   jD* erroribus ad animi ftgna relatis i   §.27. OUnt voces, aut vocabula to-  tidem animi inftrumenta ,  vel rerum figna. Cum autem voces con-  fiderari poflint tam folitariae , quam fi-  mul jun&ae , tum fimplici tum compoti-  ta ratione , hinc fit , quod totidem mo-  dis in iifdem intelle&us errare poterit ,  ut ex fequentibus.   §. 28. Primo erramus cum vocibus uti-  mur , quae pmnis omnino fignificationis  funt expertes , ut entelechia , quam adhi-  buit Ariftoteles. 2. Cum utimur vocibus  ex fe clariflimis , quae tamen unione  fiunt obfcurae , ut circulo - — Quadratus,  corpus — fpirituale . 3. Si voces adhibea-  mus ambiguas , ut anima , cujus idea va- *  ria philofophorum placita fequitur: 4, Si  putemus abfolutas voces , quae funt vere  relatae , ut pulcritudo , deformitas , vitio-  fitas, juftitia. 5. Erratur, fi eidem voca-  bulo eadem vis tribuatur , etiam in ma-  xima locorum , ac temporum diftantia ,  yt pileus , calceus , navis , theatrum : 6.   Si    Digifeed by Google    fio LcRio Itl, De errorum  Si verba nova , yel metaphorica , vel  cmphatica adhibeantur , quin fit neceffa-  rium. 7. Si vocibus utamur vis indeter-  minata?, ut odium, amor, voluptas, do-  lor, fenfatio, qux temperamentorum , at-  que habituum ratipnem conftantiffime fe-  quuntur. 8. Si termini adhibeantur, qui  res minime intelligibiles defignant , ut  infinitas, xternitas, preatio, annichilatio ,     §-j#.      Digifeed by Google    Earumque progrefftbus . 12 1   §. 10. Tertio quoque intelligitur, quod ,   ex duabus propofitionibus una elfe poteft  altera probabilior ; unaque altera verifi-  miiior. Primi generis eft haec : Cupcrni-  ei hypotbefis eji fyjiemate Tyconis proba-  bilior . Alterius generis eft fequens : Re-  di opinio eji vero fwiilior , quam illa Le-  •wenoekH . Quibus ita i:itelle£lis , priuf-  quam invenienda: veritatis regulas in ma-  dium proponam, opera pretium duco quae»  dam de ipfa veritatis nota , five criterio  adumbrare.   C A P. II. • •-   De veritatis cujufque generis nota • -   , • # . . > t • • \   §. 1 1* T 7"Eritatis nota ab aliis in •   V . Tolis fenfibus , ab aliis in  fola mente, ab aliifque denique in utrif- >  que ponitur . Cartefius. vero in rerum e- *  videntia . Ex quo fit , quod Cartefio eft  certum quicquid eft evidens . Contraque  omne evidens eft quoque certum. Qua-  propter evidentia certitudinem , & haec  illam efficit .   §. 12. At fi Cartefius interrogetur, ei-  que dicatur . 1. Quicunque judicat , ac .   ^ ac    Digitized by Google    122 LeSl. IV. De veritatum ortu,  ac ratiocinatur, putat fe clare, atque evi-  dentiflime percipere , ac judicare , quis  itaque evidentiam ipfam tutam reddit :  quis meam , quis aliorum evidentiam in  tuto ponit , cum ipfa fenfibus , ac cujuf-  que lumini fit proportionalis ?   §.13. Itemque,ii evidentia omnia cer-  titudinum genera tuta redderet , primo  ipfa non deberet habere gradus ; at eviden-  ti* phyfic® pr*ftat mathematica , phyfi-  ca autem morali praevalet.   14. Praeterea fi evidentia exifteret ,  nufquam efle deberent in collifione  du* evidentiae. At fuperfleies taftui con-  vexa eft oculo plana : quod eft fal vifui  eft: faccharum palato. Ipfeque Jacob erat  Efau taftui, Jacob autem Jfaaci auditui.  Quid denique multa? Quilibet fenfus cum  fe ipfo confligatur . Qui pi&uram adfpi-  cit, videt in ea antra , fluvios , urbium  rudera , pontes , praeliaque magis minuf-  ve diftantia , attamen eadem & plana te-  la omnia limitat, ac definit.   §. 15. His omnibus addi poteft . 1.  Quod corporum exiftentia ex fenfibus ha-  betur. At hi omnes jam demonftrati funt  fallaciflimi . Ipfa itaque corporum exiften-  tia videtur- e fle incerta .   §. 1 6.      Digitized by Google    Earumqne progrejjibus l 123   16. Secundo ft daretur certitudo, ea  eflet omnium temporum , ac locorum .  Verum ipfa eft relata, haud abfolura.   17. Si ipfa exifteret faltem uni ei-  demque homini videri poflct eadem .  At noftra fenfuum conftitutio , mutabili-  tas, atque ipfum mentis lumen mutantur  perpetuo. Nequit itaque efle eadem .   18. Denique fi evidentia certitudinis   eflet nota , ea efle deberet veritas primi-  tiva , quaz .mihi deberet oftendere fecun*  dariam ; verum Cartefius dubitando ad evi~  dentiam pervenit . Dubium itaque potius,  quam evidentia eft certitudinis cujufque  generis nota. Hinc Ariftoteles primo me-  taphyficorum libro fcripfit nos dubitatio-  ne veritates pofle confequi. Dubitationes  enim funt veluti quidam nodi , quos ft  quis non videat , (cientia: five veritatis  non eft capax . At hoc pofito nonne  eflet perabfurdum ex dubio fcientiam  prodire ? J   §. 1 p. Ex quibus facillime eruitur ,  quam inconfiderate nomen doftiflimi , &  fapientiflimi , non dicam Galilxo , Leib-  nitzio, Newtono , fed cuilibet alteri tri-  buatur. Quis enim omnia (civit, aut fci-  re ppteft? , ,   §. 20.    Digitized by Google    124 Lc&, IV, De veritatum ortu ,   §. 20. Sed ex huc ufque expofitis , ne-  mo velim deducat, non dari cujufcunque  generis veritates. Nam etfi veritas abfoluta  nobis defit, non autem relata , qua pro-  pe infinita fcimus . Revera qui poterit  dubitare, de tot corporum, quibus undi-  que premor , exiftentia ? Nihil refert ,  quod materiae natura, vires, energia, &  combinationes me lateant , cum ad ho-  rum omnium exiftentiam comprobandam  mihi fufficiant folas mei animi interio-  res commotiones . Exiftit ergo certitu-  do phyfica   §. 21. Itemque cum homines inter fe  convenerint fignis 4, 10, ioo. illas in-  dicere quantitates , in quibus numerus ti-  nus, quatuor, decies, & centies repetitur,  quis me poterit reddere dubium, centum  eflfe decuplo majorem numero decem ?   §. 22. Poftremo antequam ego Romam  ivifiTem, hilari animo de ejus rebus pere-  grinis loqui audiebam . Quum viferera ,  eandem inveni, ut millies & audiveram,  & legeram . .Quaero 11 id dpfum mihi di-  catur de .Mediolano , de Florentia , de  Bononia, deque Veneriis, eccur narranti  non credam ? Itemque hiftoricis antiquis  de Babiloniis , Hetrufcis , Samnitibus ,    Digitized by Google    E arum que pro^rejjtbus 125  • Tarentinis , Gallis poft tot fecula jam  elapfa tam multa narrantibus fidem ha-  bebo? Praeterea tot recentiflimis hiftoricis  afferentibus effe antipodas, Indos , tam o-  rientales , quam occidentales , aliofue non  credam ? At haec denegare , infani eft .  Exiftit itaque evidentia, quacum verita-  tum cujufcunque generis certitudo facilli-  me nobis innotefcit .   c a p. m.\   De veritatis natura , ejufque diviftone .’   §.23. ^VMnis propofitioex fe confiderata,  V^/ vel efl vera , vel falfa . Ad nos  autem relata vel eft nerta , vel incerta .  Etenim nos concipere poffumus majofem ,  vel minorem relationum numerum inter  duas ideas , quae eafdem ligant . At fub  primo afpeflu nullius effet utilitatis : ju-  vat itaque veritates fpeculari fecundum no-  ftras cognitiones. Hinc veritas fuperius  definita fuit : quaedam noftrorum judicio-  rum congruentia cum rebus , vel cum ea-  rundem relationibus.   §.24. Quod fi veritas eft noftrorum judi-  ciorum cum obje&is exterioribus conformi-   tas,    V    Digitized by Google    ii6 LcEl. IV. De veritatum ortu ,  tas , ipfa igitur eft dependens .’ Nam ubi  defunt fenfationes , deefle quoque debent  cogitationes ; atque ubi deficiunt cogita-  tiones deficere etiam debent veritates Lo-  gic*. Contra veritates aetern* in rerum  relatione conftabilit* Dei voluntate , qux  natura fua immutabilis, etiam noftris co-  gitationibus omnino deftruftis, exiftunt .   §.25. Ulterius idearum obje&um duplici-  ter menti noftrae eft conforme, vel inte-  rius, vel exterius . Namobje&um, ad quod  cogitamus; vel ex noftra ipfa cogitatio; vel  exiftentiam realem habet . Prima veritas  dicitur 'interior , altera exterior . Ex quo  fequitur, quod omnis veritas exterior fit  quoque interior. At non contra.   §. 26. In veritatum porro inveftigatione,  vel a principiis eas deducimns; vel ab eo-  rundem conclufionibus . Primo modo ad  veritates pervenimus intuitionc ; alio mo-  do vero ratiocinatione. Ex quo fit, quod  duo veritatum genera habeamus . Primum  eft veritatum objettivarum , five intuitiva-  rum. Altera vero abJhaSta , & difcurfiva y  qu* in idearum connexione confiftit .   §.27. Ex quo facile deduco, omnes fcientis  eundem certitudinis gradum habere polfe, '  nam quot quot fcientiaj , artefque dantur,   uni-    \    Digitized by Google    •l    EcrUmquc progrejjtbui 12 7  Unlvefa; logicas veritates continent adeo-  que evidentias capaces. Hinc ethica, me-  taphyfica , Politica , aliasque demonftrari  quoque poflimt. Reapfe ^Ethicas auSor  quinque libris comprehenfas. impietatem  fuam ex falfis priilcipiis oftendit . Iden-  tidem fecit Hobbefius ; denique Wolfius  univerfa. ejus perquam prolixa opera e-  tiam methodo mathematica confcripfit .   §.28. Itemque in hac tanta rerum varieta-  te, fervatur quidam ordo, qui Dei volunta-  ti eft omnino conformis; hujufmodi veri-  tas dicitur metapbyfica , Qua; fane veritas  cft prorfus extrinfeca , nullimode depen-  dens a noflris cogitationibus , ideoque eft  abfoluta, atque asterna.   §.2 9. Poftremo veritas moralis aliorum  fidei innititur , nempe ipfa eft , fpiritus  noftri perfuafio narrantium auftoritate con-  ifabilita .   §. 30. Ex his , quae ha&enus fumma  cum brevitate expofui , apertiflime erui-  tur , quod veritas fit tanquam totum  quod ex omnium relationum complexio-  ne deducitur , quas funt inter ideas . Ex  his quoque intelligitur , quod fi omnes  idearum connexiones , vel contradi&iones  nobis innotefeaut , tunc habebimus veri-    4    Digitized by Google    „128 Lctt. IV. De veritatum crtu ,  tatis certitudinem . At fi {"dummodo to-  tius aliquam partem agnofcamus, non e-  rit veritas, fed probabilitas . Qua: ita de-  libatis, reliqua profequamur.    V.    IV.    De certitudine tam intuitiva , quam demo -  flrativa , probabili,   ^• 3 I,_ 0 ^^ nc ’P'° met h°dus eft via,five or-  . . j do , quo vel incognita invenimus;  vel inventa aliis communicamus. Quibus  in re vel a partibus ad totum ; vel ab hoc  ad illas proceditur. Si primum, metho-  dus dicitur analytica , fi alterum fyn-  4 et hic a . •   §.32. Primus modus ex rebus manifeftis,  & fimplicibus procedit ab obfcuras, compo-  fitas , & implicitas. Contra alter: ut ia  corporis humani anatome , fi omnium  primo difquiram univerfa fluida , deinde  folida , ex quibus poftremo deducam , cor-  poris humani ftru&uram ex fluidis , ac  lolidis conflari , perquam ordinate dif-  pofitis .   §.33. Quod fi haec vellem aliis enucleare,  principio dicam corpus humanum ex flui-  dis ,    Digitized by Google    Earumque progrejjibus . 12 f   •dis , Sc folidis conflare , tum fingula ex-  ponam. Ex quibus fane intelligitur, quod  primus modus pro re invenienda , alter  pro eadem explicanda infervit. His ita ex-  politis ad propofitum accedamus .   §,34.Primo certitudo phyfica eft quaedam  noftri judicii qualitas , quae forti invi£la-  que relatione nollrum fpiritum neceflario  unit cum propofitione , quam nos affir-  mare , vel negare volumus . Hujufmodi  certitudo fentitur tam in omnium corpo-  rum exiftentia , quam in eorum fenfatio-  nibus , late , fufeque in prima leflione  pertra£latis .   §-35.Ex quo primo fequitur, hanc cer-  titudinem fequi debere nollrorum fenfuum  rationem , obje&orumque prelftones.   §.3$. Secundo fequitur, quod fi fenfuum  organa ftnt vitiofa,vel non fint in debita  diliantia , obje&a non poffunt videri cla-  re-dilfin£fa, ut in myopis, Sc presbytis.   §.37.Tertio fequitur, quod fi unus fenfus  non fufficiat , necelfe elf , ut adhibeatur  alter . Sic fi vifus non diftinguat , utrum  mafla aliqua fit necne metallica , adhi-  betur, etiam taffus.   §.38. Quarto requiritur, ut medium , per  quod lux tranfit , fit omnino fimplex ,   i en    1 30 Left. IV. De veritatum ortu ,  en ratio , cur remus in aqua videatur  fra&us .   §.35j.Quinto requiritur quidam lucis gra-  dus pro vifione fufficiens , alias objeftum  non videtur, uti revera eft .   §.4o,Sexto convenit obje£la afpicere fe-  cundum omnes eorundem fitus.   §.4i.Poftremo requiruntur perferiora in-  ftrumenta , quae oculis funt maximo adju-  mento . Haec de certitudine phyfica , f«-  tpiitur demonftrativa .   q’ a p. v.   De certitudine^ dcryonjtrativa .   ‘ ' ' ... 4   §42.T>Ri nc ipi° demonftratio nihil aliud  JL eft,quam videre , num praedic^  tum conveniat, necne, fubje£lo.Qu2 rela-  tio dum a definitionibus, poftulatis, atque  ex axiomatibus deducitur , vocatur dire-  Ba . Si autem aliqua contradi6lio , five  abfurdum oftendatur ex propofito princi-  pio oriri, vocatur demonftratio indire&a ,  Primi generis funt pene omnes Euclidis  propofitiones . Secundi vero funt fexta ,  feptima , alixque qpamplurim* ejufdem  ^roris, ‘ , " 1    Digitized by Google    Earumque progrejjibut . i 3 1  §.43.Ttemque veritas vel ex efie£libus, vel  cx caufis eruitur . Primo cafu dicitur a  pofleriori , in fecundo a priori . Ad pri-  mum genus referuntur omnes illas verita-  tes, quas ex obfervationibus, atque expe-  rimentis detegimus . Sic Redus deduxit ,  omnia infefta oriri ex ovis . Ad aliud  porro genus referuntur omnes philofopho-  rum hypothefes . De omnibus fingillatim  dicemus ,   §•44- Qui fibi proponit perpendere, num  aliquod praedicatum fubjetlo conveniat .  1. Ex integra definitione , .vel ex ejus  partibus propofitiones accipiat pro fyllo-  gifmorum catena conficienda. 2. Si circa  idem obje£fum habentur axiomata , vel  poftuiata , vel alis propofitiones jam de-  monftratae, iifdem uti poteftin minoribus  fyllogifmorum propofitionibus . 3, Data  propofitione , quae fibi cum aliis eft me-  dius terminus communis , revocatur ut  fiat major in alio fyllogifmo. 4. Cum  his prasmiflis uniatur alia ex antecedenti-  bus jam nota. 5. Tandem quotquot funt  propofitiones ita inter fe conne&antur ,  donec ad fyllogifmum perveniatur, ut e-  jus conclufio fit ipfa propofitio , quam  demonfirandam fufcepimus. Hinc fi quis  , , 'I 2 often-    .«    % Digitized by Coogle    132 Lcfl. IV. De •veritatum ortu ,  oftendcre v-llet illud ipfum , quod habet  Horatius in fatyris : nemo fua forte conten-  tus ; hunc ia modum procedat .   §45.Def.i. Felicitas eft ille hominis cu-  jufque ftatus, quo omni ex parte eft con-  tentus , cuique ftatui nihil addi , vel de-  trahi. poteft.   §.4. fuffi-    V    Digitized by Google    1    Eatutnque progrcjpbusl 137  fufficientem alicujus effe quz in eo locum  habent .   §.72.Prsterea notandum, 'quod fi duo effe*-  ftus quandoque fuerint conjungi , fequi  non debet eofdem femper effe fimul . Ex*  g. apparet Cometa id noftro horinzonte,  ergo aerumnae in familiis , in imperiis ?  aliquis literatus eft facinofofus , literae igi*  tut funt Civitati detrimento? Si vero at-  tributum rei adhaereat , tunc concluden-  dum, quod res ita fit. Sic Europaeus non  eft fua iotte contentus : de fua forte que-  rantur etiam Africanus, Afiaticus, atque  Americanus . Nullus itaque homo vitam  ducit omni ex parte beatam i   §.73. Id ipfum dicendum eft, fi propofitio  fit hypothetica , dummodo ex repetitis  experimentis proveniat 4 Ita homo , qui  a temperamento cholerico dominatur , ad  crudelitatem natura rapitur . Sed an vere  fit crudelis, obfervanda eft ejus vita, ali*;  ter erratur; etenim inftitutio naturam po-  te ft    j    •-    Digitized by Google    fcttruthcjue progrefftonibus i 1 jj*   tert immutare: ex quo intelligitur, quod  propofitionum univerfalitas a repetitis ex-  perimentis , atque obfervationibus deriva-  tur ^ At quo pa£ta> a caufarum cognitio-  ne ad effe&us ratiocinandum fit , videa-  mus .   §.74.Primo necefle eft, ttt omnis efFe£lus  fit caufaj proportionalis , fcilicet fi duplex,  vel triplex fit effeftus, dupla , vel tripla  efle quoque debet caufa . Denique erir  phyfica, vel moralis, fi effe&us fuetit ha-  jufmodi. His propofitis, fit igitur.   §.75. Defii.Deus eft em perfetfijfimum »  §-7   Earumque progrejjtbm . 145   tatorum eft capax. Sane quidam Aftro-  nomi afleruerunt, eandem efle habitatam.  Prima eifc intriafeca , fecunda extrinfe-  ca . v ^ -r ‘   §.114. Denique verifimilitudo eft illa,  quae reperitur infra certitudinis dimidium :  Itemque illa probabilitas , qux certitudi,  dinis dimidio ajquivalet , dicitur dubita-  tio . Primi generis eft haec : Petrus mi-  hi dixit , me vicifle centum fcuta , fi  hoc eft verum illi fpondeo 40. En veri-  fimilitudo, fin autem fpondeo 50. Dubia  mihi videtur notitia, nam ex utroque la-„  tere aequantur . Sed quidnam requiritur ,  ut refle probabilitates fupputentur?   §.115. Primo neceffe eft videre, num  quod quaeritur^ fit poflibile. Secundo ad-  curate fupputandi funt omnes refiftentiaj,  vel difficultatis gradus . Ex.g. morietur ne  Sinenfium Imperator in novilunio Aprilis  hujus anni currentis? ut hoc problema ri-  te refolvatur , fupputandus eft numerus ci-  vium : Imperatoris aetas , ejufque vita, de-  inde fi dari poffit aliquis aeris influxus  perniciofus: medicorum peritia: aliaque.   nd. Tertio notandum, quod fi in  quaefito ex duabus fyllogifmi praemiffis ,  una fit certa, altera vero probabilis, con-  | K clu-    Lett.IV. De veritetum ortu ,  clufio quoque effe debet probabilis . Sia  autem ambae praemiflae fint probabiles ,  conclufio continebit probabilitatem proba-  bilitatis . Sic unus tertis oculatus habet  dimidium probabilitatis ; qui illum audi-  vit , & ex eo narrat , habet dimidium  primi; fcillcet dimidium dimidii, hoc eft  quartam probabilitatis partem . Denique fi  illud ipfum narrat tertius, hic habebit di-  midium dimidii , nempe ortavum proba-  bilitatis gradum • Et fic deinceps ,   §.iii-At ex omnibus probabilitatis ge-  neribus , quae mihi maxime cordi funt ,  iunt hiftoria , 8c aeconomica , in quibus  vellem ut confenefcereot juvenes., nam  prima eft objertum innumerabilium domi,  militiceque fartorum. Quaeque nos reddit  yeluti prxfentes omnibus temporibus , a q  J ocis . Hoc uno facilique medio quin  pniverfam telluris fuperficiem cum tot vi-  ta? difcriminibus,ac fumptibus peragremus,  difcimus quicquid in ea agitur ab abfen-  tibus . Hinc ex ea cognofcimus Imperio-  rum origines, formulas, leges, vires, ar-  tes, fcientias, vicifiitudines ,   §. ii 8. In aeconomia autem eft major  fupputandi utilitas, etenim ex hac fuppu-  talione habei.ur navium numerus , terra-  rum   ,TTr\. - ' *«.   I - t ; , ‘ ^   ; ^ . v • •* *   , ' i- -v' * '' ; m 149  flatui nocet ? determinanda eft relationis  quantitas . Revocato ad haec pauca uni-  Verfo ratiocinii myftefio, fequentes recu-  las Diale&ici proponunt , ut ejufmodi  quaefita enodentur .   §. 112. Re*. 1. In cujufque quaditi fd-  lutiorte omnium primo determinanda eft  vocabulorum vis , maximeque fi ea fmt  implicita .   §. 123. Statim legis hujus neceflltas in-  N telligitur, cujus negligentia etiam apud-  fcriptores magni nominis contentiones per-  petuas produxit . Definiantur luxus , liber-  tas , inanitas , prafcientia divina , et e*  radicatae erunt decertationes. Vocibus de-  finitis , animadvertatur.   §. 124. Regula 2. Semel determinata vo»  cabolorum vi , non amplius convenit ab  ea recedere.   * §.125. Quamplurimi hac in re aberra-   runt. Vox Deus apud ipfos Epicureos, Sc  Manichteos non fonat idem . Apud Hob-  befium natura jura non femper fignifi-  cant eandem rem . Quid multa ? Carte-  1 fius ipfe materiam fubltilem varie accepit# ‘  Videatur praterea.   . §. 125 . Reg.3. Si quzfitum fit refola-  tionis capax. Quo expenfo, exquirendum   K 3 dein-   't Tt > v m    I    1^0 Lc 8 . 1 V. De veritatum ortu ,   deinceps eft, num totum, vel ex parte’,  limites capacitatis humanas , vel tua; tra-  fcendat . Si primum deferatur inta&um ,  ut in intelligenda unione mentis cum  corpore . Sin alterum te ipfum concute ,  vel alios te praftantiores , ac feniores in-  terroga .   §.127. Quam regulam fi fciviflent tot  Jiterati viri , non confenuiflent in tot tan-  tifque quadliunculis inexplicabilibus , at-  que inutilibus , neque poli tot foculorum  focula etiamnum eas ad manus haberent.  Uti eft malorum origo , humani foetus  conceptio , vis elaftica , attraflio , & ce-  tera! Quid fi quicftio fuerit folubilis?   §. 128. Reg.4. Videndum, num qurefi-  tum fit fimplex , vel compofitum . Si  compofitum dividendum eft in omnia e-  /us membra poflibilia . Ex quibus, inutili-  bus membris refecatis , alia fic extrincen-  tur , ut unum membrum alteri praelu-  ceat , ac contineat .   §. i2p.Sic in hoc quaefito : luxus eftne  flatui utilis? videndum eft. 1. Si flatus,  fit Monarchicus , vel Republicanus ; dein-  de num ex propriis , vel exteris artifici-  bus , ac materiis. Tertio fi ex propriis,  videndum ultimo eft num artes primi-  •     s     DigitizedJjy Copgli    » Enrumque progr cjjibus . 155   qu?e raro habetur , probabilitas querenda  eft . At non evulgari debet nifi tanquam  veritas probabilis . In quo cavendum quo-  que eft , ne hypothefes ut thefes ha-  beantur .   §.139. Eft ha&enus incertum , num ter -  ra, vel fol moveatur . Ergo ad probabi-  litates recurrendum . Itemq. ex variis ve-  ritatibus probabilibus quaeratur probabilior,  ut Redi hypothefis eft probabilior ani-  malculis fpermaticis Leewenhoeckii .   §.140. Reg. 10. Obfervandum porro eft  quxfiti genus , nam (i fit de rebus phy-  ficis , fenfus , exprimenta , atque observa*,  tiones funt interroganda . Si de rebus»  abrtra&is , rationem interroga ; fi deni-  que de rebus fa&is, confule Codices fa*  ftorum .   §.141. Reg. ii. In confulendis autem  codicibus , funditus fciri debet lingua , in  qua Codices fuere confcripti . Ac caven-  dum a tradu&ionibus vulgaribus, aut Le-  xicis communibus. Ad hoc rite, re£le-  que intelligendum fufficiet legere Cicero-  nis orationes a Ludovico Dolce in lin-  guam Italicam converfas : Quin inno Lu-  cretii , & Virgilii verGones. .   §.142. Reg. 12* Ad intimiora fcriptoris   fenfe    1^4 Lett. IK De verttatuni ortu ,  fenla penetranda , praeter linguam , fac  etiam fcias fcriptoris patriam ^ aeetatem ,  faeculum  adfe&us > ftudia > exerci-  tationes t   §. 14$. Quorfum ha;c omnia ? Nam  ea mirum quantum influere poflunt ad  au6loris intelligentiam . Quicunque enim  fcribit his viribus occultis non modo mo*  vetur , fed etiam concutitur » Ergo ho-  rum omnium cognitio maximopere pro-  deft . Id libentiflime oftendetem ex mul-  tis kriptorum omnium fententiis , atque  opinionibus , fi in te tam clara teftibus  indigetem »   §. .144. Reg.i$. Non unum aliquod  Scriptoris opus diligentiffime verfandum.  eft , fed fumma indufiria legenda iunt  omnia ejufdem fcriptoris opera * Quod  fi de ejus fertterttia nihil confiet : Tunc  vel totum 'tei ice s vel dubita.   §.145. En potiflima ratio , cut innumeri  ltt judicando errent » Id ex eo maxime  provenit > quod Vel integrum librum non  -degunt , vel non intelligunt * At quid fi  fcriptor de aliorum opinionibus j vel fa-  4 ftis agat? t - #» ^ '■■■;? i*   40.    j •      X,    Bjgitized by (Jooglt   -rU,    I    Eimmque progrcjjibus . 155   5.146. Rcg. 14. Tunc quaere primo an  fcire potuerit. 2. An fuerit perfpicax. 3,   An in judicando adcufatus. 4. An in re-  ferendo fincerus . In quibus omnibus vel  eorum uni fi defecerit , fidem ei dene-  ga ; fin minus, eundem habe aptum, ac  veracem .   r* §. 147. Duo Vtllani , mundi hiftoriam  fcripferunt . Sed fciveruntne quae in eo-  rum funt libris ? maximis fcatent profe- ^   ' flo erroribus . At non fic Guicciardinus . \   Quid vero fi quamplurimi ex uno hifio-  rico acceperunt? Quantum ipfi valenf?   5.148. Reg. 15. Si quamplures ex uno  hiltorico fua traxerunt, Omnes fimul va- • 1 .  lSnt , quantum ille unus , ex quo tran-  fcripta fuerunt omnia . Quod fi clare  confiet , fcriptorem fuifle faflt fcienthTi- .   mum , in cognofcendo p^jfpicacem , in / . »  judicando adcuratum , ad denique irt re- . '  ferendo fincerum , adtribenda eft illis fides.   §.145?. Reg. 16. Turtc obferva an liber  fit fpurius vel genuinus ; an interpola-  tus, vel mutilatus. Si fpurius, eum reii-  ce : fi genuinus eum tene . Si interpo-  latus , additiones nota ; fi denique muti-  latus , lacunas agnofce , & diftingue , po-  ftea fi poter is etiam reftitue . ' * \   §• 44 *    t    Digitized by Google    I     1^6 LcR. IV. Di verir arum nrfu ,   §.150. Primo liber eft fpurius,five a \   §.156. Reg. 20. 1. Oportet perpendere,  num Deus loquutus fuerit : 2. Cui : 3.   Quo loco: 4. Quando: 5. Quid: 6. Si  ccnftet reapfe locutum efle , videndum  • infuper eft , num quae dixerit ad nos in - ).  corrupte ac genuina, vel interpolata, aut  mutilata pervenerint. Itemque fi verba  pofiint varie interpretari, tunc nemo fut>  arbitratu temere ea intelligat , fed unius  ecclefiae Catholicae judicio ftandum erit.   §.157. Hujufmodi eft methodus analy- y ,   tica , quae non infervit modo pro veri-  tate    Djgitized by Google    158 LcH. IV. Dc veritatum ortu ,  tate invenienda, fed etiam juvat pro cu-  jufque feriptoris fcientia definienda. In*  ternofeimns enim ex regulis propofitis,  qui feriptores fint ferviles , fuperficiales ,  duri , difficiles ; qui profundi , nobiles ,  clari , folidi , phdofophi . Itemque inter*  nofeimus qui habendi fint optimi fpi ri-  tus , peregrini . Sed ex quo tanta feriben-  di varietas? Refpondetur,   §.158. Haec varietas partim repetenda  eft ex corpore , partim ex fpiritu huma-  no. Secundo attentio non eft eadem in  omnibus , neque fenfuum difpofitio eft  omnino conformis , Denicjue hominum  inftitutio , habitus , exercitia , cultus in  infinitum variant. En feribendi varietas.   §. 1 3p. His omnibus accedunt fenfuum  ufus , meditandi adfiduitas , librorum Ic-  ilio, literatorum virorum frequentia , iti-  nera , experimenta, obfervatipnes , Item-  que ad hog conferunt Geometriae , at-  que arithmeticae ftudia, quorum primum  reddit faciliores idearum combinationes ,  aliud nos adfuefeit ad eafdein inter fe  colligandas .   §.ido. Ex his omnibus oriuntur artium,  fcientiarumque progreffus. Ex his ratio-  cinandi robur , claritas , atque ordo . Ex         Digjtizca bv GoosL'    E arumque progrejftbusl 159  his denique politica arcana referantur, fu-  perditionis myderia evanefcunt , ignoran-  tiae velum vel retrahitur , vel in mini-  mas partes fcinditur . Reliquum ed , ut  de modo, quo veritas inventa aliis com-i»  municatur, fedulo pertrahemus ,   C A P, VIII. i' W .   De regulis , quibus explicanda ejl veritas .   §. i    Digitized by Google    l6l LcH. IV. De veritatum ortu ,   §.174. Reg. 9. Magifler {^caveat ^ .  ne fophifmata vel paradoxa , wl do£lri-  nas novas auditoribus proponat, nam ju*  venes hifce femel imbuti , facile in tur-  piflimum fcepticifmum incidunt . Quin imo .  ltudiofe doceat , qui libri fint fcepticQ-  rum , ut eofdem vitent.   §. 175. Reg. 10. Modum doceat , quo  legeqdi funt libri , ut mentem au£loris ,   & fpifitum confequi poflint . Qua in re ,  juvat le£lio alicujus libri, atque a magi-  liro notentur omnia ? ut difcipuli profi*  ciant,   §.175. Reg, 11. Doceat, quod pro a*  liqua hitfaria legenda , addifcantur prius  chronolqgia , ac Geographia ; itemqu®  asthica, ac politica, alias nihil proficient'  §,177. Reg. 12. In fiiftoria literaria ,  cure? -ut juventus prima veluti rationis  (lamina in omqihus artibus , ac fcientiis  agnofcar : faciat deinde notare earum pro-  grefliones , atque quibus ex caufis a ma-  ximo ad minimum devenere gradum ,   §. 178. Reg. 13. Praeterea homo eft  natura i nertiflimus , ergo quantum ipfe  ell, totum edftcationi debet' adeoque ma-  gilter eum fedulo inftituat , maximeque  io praceptis yit* civilis , nam fi cum   non    Digitized by Google    Earumque p rogrejfibus 16$   non poterit efficere philofophum , faciat  faltem bonum , & pium civem .   . §* I 7 P* Nam fine fpiritu patriotico ho-  mines fe mutuo deftruant , & fine re-  ligionis idea , erunt Deo ingrati , aliis  vero hominibus pemiciofi.   §. 180. Reg. 14. Sed fupra omnia ju-  ventutem ad laborem horetur , & ad-  fuefcat, atque erga alios reddat benevo-  lam ; nam hxc duo funt focietatis veluti  fulcra , qua: corpus civile fullentant .   §. 181. Reg. 15. Itemque exciretur in  juvenibus amor erga genitores , qui ha-  bendi funt totidem Dii terreftres;ex quo  amor , & obedientia in illos oriri de-  bent ,   §. 182. Reg. 16. Infuper qui alios do-  cet , excipiat animo grato juvenes , eof*  que curet reddere meliores , tam in eo-  rum parte phyfica , quam morali .   §.183. Quo aoftrema cujufque generis fit , fo!a mul-  tiplicatione , .ac divifione , fcilicet fola  additione, ae fiibtraftione conficiatur. Se-  quitur omnes arithmetica; regulas ad fa-  lam additionem, ac fubtraftionem reduci.   §. 13. Diale&ica tantopere a Graecis  exculta, deinde a noftris poli literarum  inftaurarionem, ad inftruendum Intelle£hira,  ut omni loco, ac tempore veritatem in*  veniat , tendit . Hinc finis ejus eft men-  tem perficere , errores vitare , veritatef-  1 • . . - . : que   fr" • ' " " 1 ' ) »' 1 ■■ .    (a) Legantur tabula numerica Profla-  fnrafts an, 1610, .ub Erwert odita , qui-   bu%    Digitized by Google    Rcduftione ad Arithmeticam . 175   que detegere . Sed qu* eft cogitandi ma-  teria, quxque ipfius mentis vis ? atque  energia ?   §. 14. Refpondetur cogitandi mate-  riam a fenfuum ufu provenire , qui cor-  porum imprefliones excipiendo mentem  tion modo quafi excitant, ac acuunt ,  fed quoque eandem imbuunt tot tantif-  que rerum ideis, ut quadam nobis inco-  gnita vi eas inter Te modo conjungens ,  modoque feparans ex veritatibus notis ad  incognitas deveniat . En itaque totum  fcientiarum abditiflimum mytterium ma-»  nifeftatum : En fcieqdi arcana referata :  en denique ars illa pene divini, qua in-  telle&us fupra res humanas fe erigens ad  peleftia perfcrutanda adfpirat ,   §.15. Quibus 1 ex omnibus profero in-  telligitur fenfationes efle cogitandi obje-  flum, ac veluti materiam : mentis vero  artificium in judicando , ac ratiocinando  effe pofitum . Sed quid judicium , quidve  ratiocinium? *• ••   §. 16. Judicium eft quidam mentis a-   r . ftus   — — * — • ; —   bus multiplicatio , ac divifto additione , 0 *   fubtra&atione abfolvuntur . •    iy6 Lctt. V, De Logica  ftus, quo ideas inter fe ieparamus , vel  eaidem conjungimus: fic dicimus: Petrus  e/i dottus: Petrus non efl ovis. In primo  judicio ne6litur do6lrina cum Petro ; in a-  lio vero disjungitur ovis proprietas a Pe-  tro. Verum dari poliunt certitudines tam  intuitivae, quani demonllrativae . Ia intui-  tiv^s liquet judicia non efl'e, nili itidem,  vel additiones, vel fubtrafliones, hoc eft  judicia affirmativa ad additionem , negati-  va autem ad fubtra&ionem relerri . Quo  autem referuntur ratiocinia , ac tot vul-  gariffimi argumentandi modi?   §.17. Ex di£lis in toto Logicae curfu,  omnes mentis ratiocinationes fatis confiat  elfe duarum idearum relationes cum ter-  tia : nam fi eontigprit , ut quod inter duas  ideas relatio non mihi innotefeat , tunc  «afdem cum alia confero . Cui tertiae vel  ambae conveniant , vel minime . In pri-  mo cafu ratiocinium dicitur affirmativum,  in fecundo negativum . Sic fi quaeratur ;  folis moles eline ignea ? Itemque plantae  funt animatae ? neque in primo , neque  in fecundo quaefito video quid mihi affir-  mandus vel negandum fit inter ideas ea- M  rundem relationes , hinc ad refolvenduni  primum quaefitum .tertiam ideam veluti in  auxilium fumam, ac dic^n: quidquid u,   ' rit ,    Digitized by Google    Reduftione ad Arithmeticam . 177   rit , ejt igneum * fol autem urit , efl igi-  tur igneus. In quo fyllogifmo, tertia id-  ea , oim qua duas alias comparavi , eft  quicquid curit. ut qua; eidem conveniunt,  inter fe quoque conveniunt. Itaque eidem  urere conveniat tam natura ignis , quam  folis . Ex quo poftremo conclufum eft ,  folem efle igneum .   §. 18. In fecundo quasfito hanc aliam  ideam in auxilium fumam : qua ex fe  moventur , funt animata . Plantae autem ex  fe non moventur, ergo non funt animata.  In hoc Tyllogifmo tertia idea eft cx fe  movere , cui convenit efle animatum, at  quia eidem non convenit plantarum na-  tura, proindeque conclufum eft plantas non  efle animatas .   §. ip. Ex hifce duobus exemplis ,«fit  manifeftum ratiocinium efle illud ipfum ,  quod in Arithmetica regula aurea , five  trium , hoc eft ex datis tribus terminis  vel veritatibus notis , quaritur quarta in-  cognita . Sic in primo fyllogifmo verita-  tes notas, funt. l.Quicquid urit . 2. Iqnis.  3. Sol urit . 4. Terminus incognitus fol  efi igneus . In alio exemplo : 1. Quod  ex fe movetur . 2. Efl animatum . 3. Planta  non femoyentur. Ergo planta; non funt ani-     M nu-      Digitized by Google    J7$ Left, V. De Logica   ruat* efl quarta veritas incognita , Con*  itat itaque ratiocinium efle quoque regu-  lam nurnericam , Quantum ad caetg*as ar*  gumeptandi rationes apud vulgares cogni-  tas , ipfe pon iunt , pifi diyerfe unius  fyllpgifmi modificationes ,   2 p. Ex quo fit, ut illud ipfum Diale-  ctico contingat in quxfitorum folutioni-  bus, quod arithmeticis in fuis problema-  tibus refol vendis f Hi enim quartum ter-  minum proportionalem incognitum poft  tres datos nofos , femper inveniunt vel  multiplicando fecundum cum teifio , vel  primum cum fecundo , eorurpque produ-  Ctum yel dividunt per primum , vel per  tertium , Sic quoque Dialeftjci medium  terminum varie combipando cum fuis ex-  tremis modo directo, modoque reciproco  omnes fyllogifmorum formas conficiunt ,  Jtemque f; quis ratiocinii naturam per-,  pendat , inyenif eandem ad ipfum judi-  cium referri , etenim in fyllogiljno aliud  pop fit , quam duas yoces prius ad ter-  tiam , deinde inter fe referre , Sicuti igi-  tur quotquot dantur numericae regula: ,  omnes ad additionem atque fubrraftionem  revocantur, ita etiam omnes regula: Logica  ad unum judicium vel pegativum, vel affir*    s    Di(    ed by Google    *R.cduftione ad Arithmeticam . 179   mativum , hoc eft ad ipfam etiam addi-  tionem , vel fubtra&ionem referuntur .  Hazc cum ita fint , quifque intelli-  git primo , quod ficuti Diale&icus ope-  retur in ideis , ac fenfationibus , fic  arithmeticus in cyphris numericis : 2.  Intelligitur , quod utriufque finis fit i-  dem hoc eft veritatis inventio Etiam  intelligitur , tot regulas dari in una, quot  in altera . 4. Denique patet mentis ope-  rationem in utraque efle eamdem 4 His  demonftratis , nonne fequitur inter has  difciplinas dari maximam analogiam ? Non-  ne Logicaj ftudiofo efle perquam necefla-  riam numericam fupputationem? nonne de-  nique fequitur mentem hac exfufcitari ,  acui nobilitari ?   §. 21. Quibus ita potius inchoabis',  qnam explanatis , patet numericam fup-  putandi rationem omnibus efle necef-  fariam , maximeque Diale&icis . At fi  jethicas, fi oeconomicus, fi politicus fint  ejusdem expertes , habendi funt bardi , &  tanquam ftipites ac trunci . Quis enim fe  ipfum regere ac vincere potuerit nifi  prius proprias vires tam phyficas , quam  morales fupputaverit ? quo patfto aliquis  fe cohibere prafumat , nifi antea & tem-   M 2 pe-    . Digitized by Google    Left, V, De Logic a   peramenti , Sc propenfionum , &affeftuum  impetum definierit ? Quomodo denique  focialis , nifi propria & aliena jura , ni_  fiqqe propria aliena officia ante pra>  calluerit ?   ^ §.22. Quid tandem dices in aeconomia  civili, ac politica ars numerica cum noftro  tempore ^paucis rrtagiftris docenda , paucifli-  jnis vefo difcipulis addifcenda eadem defera-  tur? Q infantuli natura: humanae afelli! Pof-  funtne refle profpereque procedere a:que  pes domeflicaE , ac civiles fine ulla nu*  merica fupputatione ? Quomodo enim fci-  remus hominum multitudinem , qui hunp  regnum incolunt : quomodo confummatio-  riis quantitatem* frugum copiam, animalium  fruflum , commercii extenfionem , indit-  uri» produ^qm ? fine hac fciremps na-  vium numerum , regni fijperficiem , ter-  rarum omnium produttjones , veftigalium '  yim , hominum cujufque coetus lahores ,  vita: commoda, fortunas, bona, atates,  morbos periodicos , curationes ? Penique  fine ulla fppputandi arte quisnam fcire  pollet , hujus regni prafeqtem , ac pme?  yitum ft^tum, & quodammodo etiam fu-  tqrum pracogpofpere ? Quid multa? Non«    Digitized by Google i    RcduEltorte dii Arithndeiicdrti . i8f  fltf prafens totius Europae floritas 1 uni  computanJi fpiritui tribuenda eft ?   §. 23. Ex di£lis igkur hanc in aper-  tiflimam coriclufionem venio i quod fi  qui impetent , re£le facillimeque compu-  tant , ejus regimen eft philofophicum j  artes , fcientiaeque florere debent , at-  que flatus omni e* parte effe debet fecu-  fus ac potens* Contraque fi ubiqud men-  dici , otiofi , ignavi , fiagitiofi : fi ex fla-  tii extrahantur materiae primae * atque im-  mittantur aliorum induflria: i fi ars pe-*  cuaria negligatus ac commefcium Vile-  fcat : fi aftifices , agriculae , ac laboriofi  lngentiffima ve£ligaliuni pondefe dppri-  mantur : fi ftupidi } Vafri, atque iftfcied-  tiffimi fublimantuf , deprifnentufque ho-  li efll & induflriofi : fi denique rtlufici f hi-*  flriones 1 mimi , balatrones ifiagnifice ex-  cipiantur , literatique autem viri faceflt ,  dicendunl in illo flatu artem computan-  di prorfus ignoraii * Inoumbac itaque huic  fcrentiae quilibet Logicae ftudiofus 1 iri  fuifque operationibus confenefcac * Marti  vifum eft , quantum aeque paupefibi»  prodefl i locupletibus arqufe i sfque ne-  gle£U viris 1 pueris , fenibufque nocebit «     1   ARTIS RECTE C0GJTAMD1   *   SEX lectionib. contenta   Stl»f O ? H s   \ 1 .   JN USUM LOGIC JE TIRONUM ,   LECTIO L   De exigua bijtoria Logica ComrrtentaAo *   Diafeftica, qu# efl afS perficienda ra-  tionis humans, a Grsecis orta Zenoni E-'  leati Parmenidis auditofi i & adoptione  filio tribuitur, cujus progfefiio f ac fata  tum apud antiquos ^ tum apud recemifti-  irtos ufque ad Abbatem Angelorium Pa-  trem Coeleftirtum brevirtime d£fignatitur *  Itemque itir praecipuis fcripfofibus, cjuid itl  iis ^culpatur , quidve laudatur fine par-  tiurti lludio exponitur,   f   LECTIO IL   De origine aperntiattunt ‘R.ationii huma*  na , ejuj que maximis progrejpbus ,   *   Cap, I. Ex omnibus animantium ge-  neribus tiobis huc ufque. cognitis 1 unus   M 4 Jio-    homo vi j. 12 rationis caeteris prsfcftat >  quia hujus facultatis beneficio fe ipfum ,   &' peiie, infinita alia objefta exteriora  cognofcit. Sed quo pa£to ; nifi corporum  exteriorum diutinis experimentis in fuos  fenfus ? Quid fenfus , iiift qu&dam orga-  na,- quae nos videmus, tangimus , ac di-  vidimus ? Verum quae ita funt, corporea  funt . Homo igitur corpore confiat, Item-  qae quilibet homo fua natura ducitur ad  veritatis inveftigandae ftudium, 3 d bonam  comparandum , ad malum declinandum #  Infuper rerum ordinem , pulcritudinem ,  jufiitiam , honeftatem , liberatemque di-  ligit. His addite tot divina rerum inven-  ta , tot artes , tot dtfciplinas , quae om-  nia nonnifi ab homine plumbeo materiae  folidae , atque inertiflitnae tribui poflunt * ,   Denique nonne maximum eft animo ipfo  animum videre? Quare homo etiam fpiriro  confiat. Sed qua via is ad veritatem inve-  niendam contendit, ea tam theoretice, quam  pra&ice Loricae tironibus enucleabitur .   Cap. 3. Senfus , qui funt totidem a-  nimi fenfationum fulcra y quibus mens  veluti excitatur, concutitur, atque auge- •  tur, re£U difiiogutmtur in exteriores, &  in interivres. Primi funt quinque ©mrri-  - • '    eo    Digitized by Google    eo fortius ac facilius ratiocinatur . Deni*  que quo plures teftes oculati , veraciores,  ac Tagaciores , eo veritatum multitudo au-  getur . ,   Gap. 8. At fapisntiffime quifque phi-  lofophatur , ii fciat , num fubje£him,num  pradicatum , vel eorundem relatio eidem  iit quarenda . Ad qua; tria revocatis u-  niverfis philofophandi myfteriis, curandum  primum eft , ut vocabula accurate defi-  niantur , neque ab eorum vi iemel de-  terminata minime recedendam . Curan-  dum fecundo eft, utrum quafitum iit re-  folutionis capax , alias defere : Itemque  utrum fimplex, vel compofitum . Quibus  rite conftitutis : propofitiones omnes ita  ordire , ut una alteri colligatur ceu in  catena annuli . Infuper videndum , utrum  quafiti genus fit de rebus phyficis ; tunc  fenfus atque experimenta adhibe : ii   de rebus abftrattis , rationem interro-  ga . Si denique de rebus fa&is, Codices  confule . Verum his in confulendis, au-  siorum lingua funt callenda, atque fcien-  da eft illorum patria , astas , religio, fe-  culum , imperium , fefta , mores , adfe-  £lus , exercitiaque . Poftremo loco inqui-  rendum eft , jnum liber fit fpurius vel ge-  nui-    Digitized by Google    1 $   nuinus , vel interpolatus, vel mutilatus «  Cap< 8. Quibus undique conquifitis,fi  aliis volueris ea tam viva voce, quam (cri-  ptis communicare, dic primo quid fit fa-  cultas tfadenda , ex quo & quando orta,  qui fuerunt ejufdem progreflus , qua: fa-  ta quique fcriptores , eamque denique  in partes diftin£te propone . Qusb omnia  ceu in parva quadam tabula funt tibi per-  fpicue delineanda. Tum cura, ut omnes  rei nodi proponantur , iidemq. fingillatim  in operis progreffu refolvantur . Sed rite  procefferis fi voces definias , fi a rebus  fimplicibus ad compofitas procedas, fi pa*  radoxa devites * fi auditores ad laborem  utilem , atque ad vita: honeftatem in*  flamtnes, fi pedantifmura quo undique la-  boramur , declines . En univerfa informan-  dae rationis ars; en principia, quibus po-  litica arcana formidando velo obdu&a re-  ferantur; en fontes quibus ignorantis te-  nebrae , ac fuperftitionis tctrificse lemures  cvanefcunt . En denique via , qua in fa*  erum veritatis templum ingredi quilibet  poterit .    *   LE-    Digitized by    - _ y   lECTIO VX.   * .   De Logica redu&ione ad Arithmeticam Z    V»   Verum quid funt tot arte» , tot fcien^  tiae ? Quid hiftoria omnigena ? Quid ipfk  fidei regula a Chrifto praedicata , a noftrifi  que majoribus nobis propofita $ ni fi to-  tidem merttis humans Computationes ?  Nam nifi San&iflimam invenilfent , ne-  que ipfi , neque pofteris eam colendam  commendaffent , Nonne ars computandi  in Arithmetica contineatur ? Quotquot  igitur dantur artes quotquot fcientiae  omnes Arithmetica funt regulae . At ju-  re merito hoc nomen ufurpat Diale&ica ;  in qua tot regulae docentur , quot in al-  tera . Principio univeffae Arithmeticae re*  gulae funt additio , ac fubtraftio , nam ad  primam revocatur multiplicatio, ad alte-  ram divifio . Haec tam de integris, quam  de numeris fra&is . Quo ad potentiarum  elevationes ipfae non funt , mfi multipli-  cationes; extraftiones vero radicum funt  multiplicationes, ac divifiones fimul,hoc  eft additiones , ac fubtra&iones . Quid  multa? Nonne ad has quoque duas revo-  cantur omnes trium numerorum regulae ?   Qui*    ' Digilized by Google     . JO . • -* ,   Quibus ita perfpe&is , fi quis Diale&icae  prscepta perpenderit, identidem inveniet*  % Nam veritatis obje&um eft utrique facul-  tati commune . Altera enim operatur in  numeris, altera in ideis . Itemque mens  combinat in utraque nempe in illa ideas,  in hac vero cyphras.Rurfus omnis veritas  vel eft intuitiva, vel ex idearum combina-  tione innoiefcit, fcilicet vel addas ideas,  vel eas inter fe fepares . Nonne ha; funt  additio , fubtraflio , ac regula trium ?  Uti igitur quartus numerus proportiona-  lis cum regula aurea invenitur in Arith-  metica , ita etiam quarta idea in Logi-  ca cum ratiocinatione invenitur . Quis-  , quis igitur Logicam voluerit optime cal-  lere , in Arithmetica; fupputationibus fe  terat ac confenefcat ; nam. ea , ut bene  Horatius :   A Equa pauperibus prodejl , locupletibus  . j . aeque:   /Eque neglefta viris , Pueris , Serti-  bufq . nocebit .   LOGICA. FINIS . Francesco Longano. Longano. Keywords: dell’uomo naturale, metafisica, logica. Luigi Speranza, “Grice e Longano: esame fisico dell’uomo” “Grice e Longano: la semiotica” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Losano: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della filosofia del diritto romano – filosofia italiana – Luigi Speranza (Casale Monferrato). Filosofo italiano. Grice: “I like Lossano; his research overlap with that of H. L. A. Hart, but Losano is more interested in the philosophy and he is obviously more continental, as he should, given the prominence of Kelsen in the field!” Si occupa di filosofia del diritto e informatica giuridica. Si laurea a Torino. Insegna a Milano e Alessandria, e Torino. Si occupa di storia della filosofia del diritto; teoria generale del diritto; circolazione mondiale delle idee giuridiche e sociali; filosofia politica; diritti umani; geopolitica; informatica giuridica; privacy; e-publishing; edizioni di archivi storici. Pubblica un completo panorama sull'evoluzione della nozione di sistema nel diritto dalla ROMA antica ad oggi. Cura carteggi di Jhering ed opere di  Jhering e di Kelsen. Curato l'edizione critica delle corrispondenza di Roesler. Come informatico giuridico, ha pubblicato un manualedi informatica giuridica e diritto informatico e un progetto di legge sulla tutela della privacy; Presidente del "Centro di calcolo automatico” a Milano. Altri saggi: La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino; La teoria di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per il seminario di filosofia del diritto” (Milano. Anno Accademicom Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino); “Gius-cibernetica” Macchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi, Torino); Libia Materiali sui rapporti fra ideologia ed economia” (Milano. Anno Accademico Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino); “Lo scopo nel diritto. Einaudi, Torino, Jhering, Lo scopo nel diritto” (Aragno, Torino, Corso di informatica giuridica, Cooperativa Milano), Corso di informatica giuridica; L'elaborazione dei dati non numerici, Unicopli, Milano; Il diritto dell'informatica, Unicopli, Milano Corso di informatica giuridica;  Stato e automazione. Etas Kompass, Babbage: la macchina analitica. Un secolo di calcolo automatico, Etas Kompass, Milano Scheutz: La macchina alle differenze. Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri, Milano); Invenzioni francesi del Settecento. Testi originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino); I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extra-europei, Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Laterza, Roma Bari, L'informatica legislativa regionale. L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg e Sellier, Torino Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano, Automi arabi. Dal "Libro sulla conoscenza degli ingegnosi meccanismi" (Maestri, Milano); Automi d'Oriente. "Ingegnosi meccanismi" arabi del XIII secolo, Milano Il diritto economico, Unicopli, Milano); L'ammodernamento giuridico, Unicopli, Milano); Corso di informatica giuridica: Informatica per le scienze sociali, Einaudi, Torino Il diritto privato dell'informatica, Einaudi, Torino, Scritto con la luce. Il disco compatto e la nuova editoria elettronica, Unicopli, Milano, L'informatica e l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano, Diritto e CD-ROM. Esperienze italiane, Giuffrè, Milano, Storie di automi. Dalla Grecia classica alla Belle Époque, Einaudi, Torino Saggio sui fondamenti tecnologici della democrazia, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, Istituto per la Documentazione Giuridica, Firenze, Kelsen Umberto Campagnolo, Diritto internazionale e Stato sovrano. L. Con un inedito di Kelsen e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè, Milano, Un giurista tropicale. Tobias Barreto fra Brasile reale e Germania ideale, Laterza, Roma); “Sistema e struttura nel diritto: Dalle origini alla scuola storica” (Giuffrè, Milano, Il Novecento” (Giuffrè, Milano); Dal Novecento alla postmodernità, Giuffrè, Milano U. Campagnolo, Verso una costituzione federale per l'Europa. Una proposta inedita. Giuffrè, Milano,   "Cedant arma Un giudice e due leggi. Pluralismo normative, Giuffrè, Milano, Funzione sociale della proprietà e latifondi occupati, Diabasis, Reggio Emilia, Kelsen, Scritti autobiografici. Traduzione e cura di L., Diabasis, Reggio Emilia Peronismo e giustizialismo: dal Sudamerica all'Italia, e ritorno. M. Rosti, Diabasis, Reggio Emilia, Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino Academia delle scienze editorial memorie morali Campagnolo, Conversazioni con Kelsen. Documenti dell'esilio ginevrino Giuffrè, Milano La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla de-colonizzazione” (Mondadori, Milano); Kelsen Arnaldo Volpicelli, Parlamentarismo, democrazia e corporativismo” (Aragno, Torino); Alle origini della filosofia del diritto a Torino: Albini. Con due documenti sulla collaborazione di Albini con Mittermaier, Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia delle scienze/attivita editorial periodici-e-collane/ memorie/morali I carteggi di  Albini con Sclopis e Mittermaier. Alle origini della filosofia del diritto a Torino, Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia delle Scienze attivita editorial, periodici-e-collane/memorie morali Alle origini della filosofia del diritto, Il corso di Alessandro Paternostro a Tokyo. In appendice: Paternostro, Lexis, Torino I La Rete e lo stato” (Mimesis, Milano); Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma,  Kelsen, Due saggi sulla democrazia in difficoltà” (Aragno, Torino); “La libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro” (Mimesis, Milano).   (e) o (e) (e) (e) (°] (e) o (e) o o [e]    (e) o (°] o (°] o (e) (°] [e] [e] o [e]    MAX dii INSTITUTE  OR LEGAL HISTORY  ‘AND LEGAL THEORY    MPILHLT  RESEARCH  PAPER SERIES    Mario G. Losano  Tra lex e ius: le leggi razziste del    fascismo e le amnistie postbelliche.  Una nota anche bibliografica    No. 2022-04  https://ssrn.com/abstract=4019450       o 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0    (e) o (e) [e] (e) (e) o (e) o (e) [e] o (e) o (°] [e] o (e)       o o o 0 0 o o 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 O    o 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0    Tra /ex e ius: le leggi razziste del fascismo  e le amnistie postbelliche    Una nota anche bibliografica  Mario G. Losano    1. Ottant’anni dalle leggi razziali del fascismo: un anniversario nella pandemia  2. L’antisemitismo dell’epoca fascista e il contesto delle leggi razziali  a) Il problema ebraico e lo Statuto Albertino del 1848  b) Il fascismo e la purezza della stirpe  c) Leggi e documenti razzisti del fascismo: una sintesi  . Commemorare in tempi immemori: tra condanna e nostalgia  . Un esempio: la rievocazione all'Accademia delle Scienze di Torino  . Una guida: i ricordi di Liliana Segre  . Un dibattito: “l’amnistia Togliatti” del 1946 tra giusta punizione e pace sociale  L’“Amnistia Azara” del 1953 e la fine della giustizia di transizione    NAUAOU    Bibliografie   Libri di sopravvissuti   Bibliografia 2017-2021 sulle leggi razziali del 1938  Bibliografia sintetica sull’“Amnistia Togliatti” 1946  Bibliografia sintetica sull’“Amnistia Azara*, 1953    1. Ottant’anni dalle leggi razziali del fascismo: un anniversario  nella pandemia    Nel 1938 venne pubblicato il Manifesto della razza e in quello stesso anno il regime fascista  emanò varie norme razziste che colpivano gli italiani ebrei. Caduto il fascismo, quell’anniversa-  rio venne ricordato in convegni e scritti, ma non subito: nel 2018, “l’ottantesimo anniversario  delle leggi razziali antiebraiche del 1938 ha risollevato interesse e attenzione su quella pagina  oscura della nostra storia e sulla successiva rimozione, protrattasi, salvo alcune lodevoli ecce-  zioni, sino all’anniversario del primo cinquantennio”!, cioè sino al 1988, quando la Camera dei       1 Guido Neppi Modona, La magistratura e le leggi razziali 1938-1943, in: Alberto Piazza (a cura di), Le leggi  razziali del 1938, Il Mulino, Bologna 2021, p. 133.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 2    Deputati promosse un convegno sulle leggi razziali e Michele Sarfatti pubblicò un’esauriente  raccolta di quelle leggi e delle circolari amministrative che le accompagnarono?.   In Italia il “Giorno della Memoria” venne istituito soltanto nel 2000: “La Repubblica italia-  na riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno  della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali,  la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la  prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti  al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i  perseguitati”3. Da parte delle Nazioni Unite, il riconoscimento del “Giorno della Memoria”  venne soltanto cinque anni dopo, nell’Assemblea Generale del 1° novembre 2005.   Nei quarant'anni dopo il fascismo “un diffuso processo di rimozione ha nascosto sotto un  impenetrabile velo di oblio il periodo della persecuzione dei diritti” proiettando lo stigma  “sul periodo della Repubblica Sociale Italiana, sulla deportazione e lo sterminio nei campi  nazisti. Quello che è stato chiamato ‘il peso di Auschwitz? ha finito per svalutare e minimizza-  re, sino a cancellarla dalla memoria collettiva, l’essenziale funzione preparatoria svolta dalle  italianissime leggi antiebraiche del 1938”4.   Anche nel 2018 si rievocò quell’anniversario: l’ottantesimo dall’emanazione delle leggi  razziali (che sarebbe più corretto chiamare ‘razziste’). Però, mentre si preparavano non poche  delle pubblicazioni legate a quella ricorrenza, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 cominciò  a diffondersi la pandemia del coronavirus Covid-19. Il blocco della vita sociale ed economica  che ne seguì non solo impedì incontri e convegni, ma coinvolse anche le imprese editoriali e  tipografiche, con inevitabili rinvii e ritardi delle pubblicazioni. Molti scritti collegati all’an-  niversario delle leggi razziali persero così il collegamento temporale con l’evento che inten-  devano ricordare, mentre d’altra parte subivano interruzioni e ritardi anche le pubblicazioni  che volevano commentare quegli scritti. L’esigenza di ricordare quelle leggi vergognose era  rafforzata dalla costante ripresa degli atteggiamenti politici di estrema destra in Italia e in Eu-  ropa, nonché dal manifestarsi di forme antisemitismo che si ritenevano ormai appartenenti  a un passato lontano. Alcune fra le più recenti di queste posizioni verranno sommariamente  richiamate nel prossimo paragrafo 3.   L’Accademia delle Scienze di Torino ricordò nel novembre del 2018 l’ottantesimo anni-  versario delle leggi razziali con un convegno, i cui atti pubblicati nel 2021 si aprono con una  “richiesta di scuse per il ritardo della pubblicazione di questo volume rispetto alla data di  svolgimento del convegno al quale hanno contribuito le difficoltà connesse con la pandemia  Covid-19”5. Questa situazione — comune a molti altri scritti di quel periodo — mi indusse a       2 La legislazione antiebraica in Italia e in Europa. Atti del convegno nel cinquantenario delle leggi razziali,  Roma, 17-18 ottobre 1988, Camera dei deputati, Roma 1989, VIII-353 pp.; Michele Sarfatti, Documenti  della legislazione antiebraica. I testi delle leggi, cfr. infra, nota 36.   3 Art. 1 della Legge 20 luglio 2000, n. 211, Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e  delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.   4 Neppi Modona, La magistratura e le leggi razziali 1938-1943, cit., p.134 s.   5 Alberto Piazza (a cura di), Le leggi razziali del 1938, Il Mulino, Bologna 2021, p. 7.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 3    riunire alla fine del presente scritto le indicazioni bibliografiche che andavano disperdendosi  nei mesi della pandemia: indicazioni che si rivelarono particolarmente numerose perché  intendevano non soltanto rievocare il passato, ma anche — attraverso la rievocazione — contra-  stare il crescente manifestarsi di atteggiamenti di estrema destra.   Queste pagine si presentano dunque come un dimesso apporto documentario, cioè come  un contributo umile ma, spero, utile per una futura storia del diritto contemporaneo6. Dopo  aver ricordato nel prossimo $ 2 l’evoluzione dell’antisemitismo in Italia, il $ 3 si sofferma su  alcuni recenti episodi soprattutto italiani di chiara simpatia per i regimi dittatoriali prebel-  lici, mentre i tre paragrafi successivi commentano tre recenti volumi sulle leggi razziali, sul  loro contesto e sull’atmosfera dell’immediato dopoguerra: gli atti del convegno dell’Accade-  mia delle scienze ($ 4), le memorie di Liliana Segre ($ 5) e l’analisi dell’“amnistia Togliatti”  del 1946 ($ 6). Infine l’“Amnistia Azara” del 1953 segna la conclusione tombale della giustizia  italiana di transizione ($ 7).   Seguono quattro bibliografie: la prima sulle memorie scritte da sopravvissuti alla depor-  tazione; la seconda, più estesa, sulle rievocazioni (fra il 2017 e il 2021) delle leggi razziali del  1938; la terza sull’“amnistia Togliatti” che nel 1946 evitò molte tensioni in una società che  usciva da una guerra civile, ma che d’altra parte lasciò impuniti molti eventi inaccettabi-  li; infine la quarta sull’‘amnistia Azara” del 1953, che completò il passaggio dalle amnistie  all’amnesia.    Le dittature prebelliche non perseguitarono soltanto gli ebrei, ma anche gli avversari politici  (dai democratici ai socialisti e ai comunisti) e i diversi (gli omosessuali, “le vite non degne  d’essere vissute” i Testimoni di Geova e gli zingari): di essi non è possibile occuparci in que-  ste pagine”.   Per ragioni di spazio non è possibile esaminare l’atteggiamento dell’Italia postbellica di  fronte all’eredità tanto del fascismo quanto, in particolare, della persecuzione degli ebrei.  A partire dal dopoguerra inizia “la costruzione del mito [...] del popolo italiano come salva-  tore degli ebrei. Si precisa da subito che non si tratta dell’invenzione di episodi falsi, bensì  di un’operazione di storytelling, che modifica la prospettiva sul fenomeno e la percezione       6 Un quadro generale è in Mario G. Losano (a cura di), Storia contemporanea del diritto e sociologia storica,  Franco Angeli, Milano 1997, 265 pp.; un esempio concreto di documentazione giuridica a futura memo-  ria è in Id., La libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis, Milano 2019,  221 pp.   7 Si vedano per esempio: Giorgio Giannini, Vittime dimenticate. Lo sterminio dei disabili, dei rom, degli omo-  sessuali e dei testimoni di Geova, Stampa alternativa/Nuovi equilibri, Viterbo 2011, 118 pp.; Luca Bravi  - Matteo Bassoli, // porrajmos in Italia: la persecuzione di rom e sinti durante il fascismo, Emil di Odoya,  Bologna 2013, 103 pp. (in lingua romo sinti porrajimos indica lo sterminio: il loro Olocausto); Carla Osel-  la, Rom e Sinti. Il genocidio dimenticato, Tau Editrice, Todi 2013, XVI-238 pp. (Sulla situazione attuale: Pao-  lo Bonetti, Alessandro Simoni e Tommaso Vitale (a cura di), La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia.  Atti del Convegno internazionale, Università degli studi di Milano Bicocca, 16-18 giugno 2010, Giuffrè,  Milano 2011, 2 volumi, XV, XV, 1362 pp.); Lorenzo Benadusi, I/ nemico dell’uomo nuovo: l'omosessualità  nell’esperimento totalitario fascista. Prefazione di Emilio Gentile, Feltrinelli, Milano 2021, XVI-427 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 4    collettiva, portando in primo piano singole azioni individuali contra legem [cioè contro le  leggi fasciste] e mettendo in ombra il contesto complessivo, normativo e culturale, dell’Italia  fascista e della RSI, che portò all’arresto di 7.570 ebrei” (p. 262)8. In altre parole, sino ad oggi  si intrecciano interventi politici e legislativi che pongono con prevalenza l’accento su uno  soltanto dei due aspetti. La vasta opera del penalista Paolo Caroli dedica a questo accavallarsi  di iniziative postbelliche una cinquantina di pagine, per metà costituite da fitte note biblio-  grafiche: a questo scritto può rifarsi chi vuole approfondire gli eventi legislativi e giudiziari  che, dal dopoguerra sino ai giorni nostri, caratterizzano la giustizia transizionale italiana e la  supplenza della magistratura rispetto alla politica?.    2. L’antisemitismo dell’epoca fascista e il contesto delle leggi razziali    Il fascismo prese il potere in un’Italia che già nella fase pre-unitaria aveva concesso i pieni  diritti alle minoranza religiose presenti sul territorio: gli ebrei e i valdesi!0. Sotto il fasci-  smo la persecuzione dei valdesi derivava dall’atteggiamento politico dei valdesi stessi: non  aveva quindi fondamenti religiosi o razziali, come avvenne invece nei confronti degli ebrei.       8 Paolo Caroli, 1/ potere di non punire. Uno studio sull’amnistia Togliatti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli  2020, 382 pp. (Fonti e Studi per il Diritto Penale, collana diretta da Sergio Vinciguerra e Gabriele Forna-  sari, n. 2); le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.   ? A questi temi Caroli dedica gli ultimi due capitoli del suo libro (IV. La transizione amnesica italiana:  l’eredità dell’amnistia [Togliatti]; V. L’oblio della clemenza).I paragrafi finali del Cap. IV, pp. 261-298, com-  pletano il presente paragrafo sulle leggi razziali del fascismo: 4. Diritto penale e questione ebraica. Un  percorso di autoassoluzione? 4.1. La Shoah nei processi e nella legislazione dell’immediato dopoguerra; 4.2.  L’innesto del paradigma eurounitario: la Giornata della Memoria e l'aggravante del negazionismo; 4.3. Il d.d.l.  Fiano: quando il simbolo [fascista] è una minaccia per la democrazia; 5. Lo specchio della transizione degli  anni ’90. Il diritto penale per uscire dalla guerra e il diritto penale per uscire da Tangentopoli; 5.1. Un ele-  mento di differenza fra le due transizioni: sulla maggiore responsabilità dl legislatore del 1993; 5.2. Un elemento  di analogia e continuità: l’abdicazione del legislatore e la responsabilità lasciata alla magistratura.   10 Sulle persecuzioni dei valdesi — che meriterebbero un’apposita ricostruzione — ci si limita qui ad alcu-  ne indicazioni bibliografiche. In generale: Dino Carpanetto - Patrizia Delpiano (a cura di), L'Italia fra  cristiani, ebrei, musulmani (secoli 17°-18°). Immagini, miti, vite concrete, Claudiana, Torino 2020, 235 pp.  Sull’evoluzione storico-politica dei valdesi: Giorgio Spini et a/., Il glorioso rimpatrio dei Valdesi [1689]:  dall'Europa all'Italia. Storia, contesto, significato, Torino, Claudiana 1988, 165 pp. (con pdf); Bruno Bellion  et al., Dalle valli all’Italia: i Valdesi nel Risorgimento, 1848-1998. Introduzione di Giorgio Tourn, Claudia-  na, Torino 1998. 144 pp. Sulla repressione fascista: Giorgio Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche.  Direttive e articolazioni del controllo e della repressione, Claudiana, Torino 1990, 349 pp. (con pdf); Davide  Dalmas - Anna Strumia (a cura di), Una resistenza spirituale. “Conscientia” 1922-1927, Claudiana, Torino  2000, 430 pp. (settimanale protestante di Roma, chiuso dal fascismo nel 1927; il volume contiene l’indice  di tutti gli articoli e la riproduzione di alcuni di essi); Susanna Peyronel Rambaldi - Filippo Maria Gior-  dano (a cura di), Federalismo e Resistenza. Il crocevia della “Dichiarazione di Chivasso”(1943), Claudiana,  Torino 2015, 180 pp. (con pdf): documento approvato il 19 dicembre 1943 a Chivasso da resistenti prove-  nienti dalle valli valdesi e dalla Valle d’Aosta (di indirizzo repubblicano e federalista: v. anche il manifesto  di Ventotene, Per un’Europa libera e unita, dell’agosto 1941).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marto G. Losano 5    Tuttavia - senza voler con questo avallare il generico mito degli “italiani brava gente” — l’anti-  semitismo non era un sentimento diffuso tra gli italiani, come attestano due storie personali.  Il generale Maurizio Lazzaro de’ Castiglioni operava sul fronte della Francia occupata: “Les  juifs et les étrangers pourchassés par les Allemands trouvent à ses còtés une réelle protection,  par humanisme certes, mais aussi pour manifester son opposition, parfois ‘musclée’ aux Alle-  mands. [...] Son comportement en tant que commandant de l’occupation illustre les valeurs  qui l’animaient. Il a sans doute contribué à la réputation — au mythe ? — du ‘brave Italien’”1!,  Il commerciante Giorgo Perlasca militò nel fascismo in gioventù; poi, trasferitosi in Unghe-  ria e di fronte alle deportazioni nazionalsocialiste, si finse console generale spagnolo e con-  cesse i lasciapassare che salvarono la vita a più di cinquemila di ebrei ungheresi!?.   Bisogna tenere presenti questi esempi individuali per comprendere il contesto sociale in  cui si inserirono le leggi razziali del 1938. Esse trovarono meno antisemiti che in Germania,  però non pochi opportunistici spalleggiatori: “Se è vero, infatti, che sin dal 1938 in Italia gli  ebrei erano degradati a cittadini di serie b, va anche evidenziato come il ruolo degli italia-  ni nell’operazione di caccia all’ebreo e di collaborazione nella deportazione fu pressoché  motivato da opportunismo di tipo economico e personale, più che da ideologia antisemita  finalizzata allo sterminio, propria invece del contesto nazista. Nei processi davanti alle CAS  [Corti Straordinarie d'Assise del dopoguerra] relativi alla Shoah, infatti, lo scopo di lucro  risulta quasi sempre presente” (p. 271).   Mentre la prossima sezione di questo paragrafo ricorda l'emancipazione delle minoranze  religiose nel Piemonte risorgimentale (estesa a tutt'Italia con l’unificazione nazionale), la  sezione successiva documenta come - sino a pochi anni prima delle leggi razziali — l’atteggia-  mento fascista rispetto ai problemi razziali fosse diverso da quello della Germania di allora.  Infine, nella terza sezione, vengono sintetizzate le norme razziali emanate dal fascismo.       11 Jean-Louis Panicacci, L’occupation italienne, Sud-Est de la France, juin 1940-septembre 1943, Presses Univer-  sitaires de Rennes, Rennes 2010, 439 pp.; Giovanni Cecini, // salvataggio italiano degli ebrei nella Francia  meridionale e l’opera del generale Maurizio Lazzaro de’ Castiglioni, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio  storico, Roma 2021, 208 pp.   12 L’emissione abusiva di questi lasciapassare spiega il titolo della sua autobiografia: Giorgio Perlasca, L’îm-  postore, Il Mulino, Bologna 2007, XXIII-193 pp.; cfr. anche Enrico Deaglio, La banalità del bene. Storia di  Giorgio Perlasca, Feltrinelli, Milano 2012, 135 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 6  a) Il problema ebraico e lo Statuto Albertino del 1848    Negli anni del Risorgimento si erano occupate della questione ebraica personalità importan-  ti come Carlo Cattaneo!3 e Massimo d’Azeglio!4. Nel Piemonte sabaudo - sul cui territorio  viveva, oltre alla minoranza ebraica, anche la minoranza valdese — il problema delle minoran-  ze religiose era stato risolto nel contesto liberale che aveva accompagnato l’emanazione dello  Statuto Albertino nel 1848. Questa costituzione venne poi estesa all’intero Regno d’Italia nel  1871, rimanendo in vigore anche durante l’epoca fascista e sino all’entrata in vigore nel 1948  dell’attuale costituzione.   Lo Statuto Albertino riconosce il principio di eguaglianza all’art. 24: “Tutti i regnicoli, qua-  lunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla Legge [...]. Tutti godono egualmente  i diritti civili e politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determi-  nate dalle leggi” Esso tutela formalmente anche la libertà individuale (art. 26), l’inviolabilità  del domicilio (art. 27), la libertà di stampa (art. 28) e la libertà di riunione (art. 32). Inoltre “la  Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato” (art. 1). Lo Statuto  Albertino entrò in vigore il 4 marzo 1848: l'emancipazione dei valdesi venne poco prima di  quella data (con le Lettere Patenti del 17 febbraio 1848), mentre l'emancipazione degli ebrei  venne subito dopo di essa (29 marzo): a entrambe le minoranze erano così riconosciuti i dirit-  ti civili e politici. Un decreto regio abolì i privilegi ecclesiastici ed espulse i Gesuiti dallo Stato  sabaudo. Una legge di poco posteriore (la “Legge Sineo” del 19 giugno 1848) precisava che la  differenza di culto non impediva il godimento dei diritti civili e politici e l'ammissibilità alle  cariche civili e militari!S,   Questa era la situazione giuridica ereditata dal fascismo al momento della sua presa del  potere nel 1922 e, soprattutto, della sua affermazione elettorale nel 1924, quando nel Parla-  mento giunse a detenere 400 seggi su 540. Iniziava l’epoca delle “leggi fascistissime”    b) Il fascismo e la purezza della stirpe    È difficile spiegare come, partendo da questo rapporto pacificato con la comunità ebraica,  si sia giunti alle leggi razziali del 1938. Per rispettare le esigenze di sintesi di questa nota so-  prattutto bibliografica, mi limiterò all’esame di un solo testo, ma importante: l’Erciclopedia       13 Carlo Cattaneo, Ricerche economiche sulle interdizioni imposte dalla legge civile agli israeliti, [Zini], Milano  1836, 143 pp. Questo estratto dagli “Annali di giurisprudenza pratica” v. 23, porta sulla copertina il titolo:  Sulle interdizioni israelitiche, adottato nelle numerose edizioni successive, come nella recente Interdizioni  israelitiche. Introduzione e cura di Gianmarco Pondrano Altavilla. Prefazioni di Noemi Di Segni, Ofer  Sachs, Maurizio Bernardo, Castelvecchi, Roma 2017, 169 pp.   14 Massimo d’Azeglio, Dell’emancipazione civile degl’israeliti, Le Monnier, Firenze 1848, 57 pp.   15 Una sintesi di queste emancipazioni è in Alberto Cavaglion (a cura di), Minoranze religiose e diritti. Percorsi  in cento anni di storia degli ebrei e dei valdesi, 1848-1948, Angeli, Milano 2001, 185 pp. (Atti delle Giornate  di studio tenute a Torre Pellice e Torino nel 1998).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 7    Italiana, comunemente nota come Enciclopedia Treccani. Essa consta di 35 volumi, pubblicati  fra il 1929 e il 193616: ha quindi preso forma per intero nell’epoca fascista, che ha trasfuso in  essa anni di lavoro pre-fascista dando così origine a un’opera tuttora culturalmente valida.  Giovanni Gentile (che a questa enciclopedia “ha consacrato molti anni della propria vita, e  riposto in essa uno dei maggiori titoli della sua personale reputazione”) si muove tra due  poli: da un lato, “in un’enciclopedia non si vuol distribuire diplomi di gloria ma semplici in-  formazioni sulle persone come sulle cose che ognuno per qualsiasi motivo può aver vaghezza  di conoscere”; dall’altro, essa nasce quando “l’Italia, per l’azione potente d’un grande Uomo  e d’una grande Idea, risorgeva per la terza volta a imperiale potenza e riaffermava nel mondo  la sua missione”!7.   Esaminando in questa enciclopedia le voci sul fascismo e sui problemi razziali, si nota  che sino a pochi anni prima delle leggi razziali l'atteggiamento ufficiale, riflesso nelle voci  dell’enciclopedia, è nettamente distaccato dall’ideologia dominante in Germania. Anche qui  il fascismo si presenta, secondo Alessandro Galante Garrone, come una “dittatura annacqua-  ta” dalla “italica disposizione alla inefficienza del potere” cioè come “qualcosa di abissalmente  diverso dal rigore consequenziario del regime nazista. Il gatto e la tigre, come mi pare dicesse  in quegli anni dall'America Giuseppe Antonio Borgese”!8,   È inevitabile partire dal voce Fascismo, scritto dal vice-segretario del Partito Nazionale Fa-  scista, Arturo Marpicati, e, al suo interno, dalla sezione Dottrina politica e sociale: testo non  imparziale, ma certamente autorevole, perché firmato da Benito Mussolini!9, Nelle sei dense  colonne in cui egli passa in rassegna le dottrine confutate dal fascismo e gli indirizzi teorici  e pratici di quest’ultimo, non compare la parola ‘razza’ o ‘razzismo’; vi si legge soltanto: “La  politica ‘demografica’ del regime è la conseguenza di queste premesse” (p. 848), e subito si  passa a criticare l’universalismo e l’internazionalismo.   La voce Razza del 1935 rivela qualche sorpresa nella sezione Le razze umane, firmata da  Gioacchino Sera, antropologo dell’università di Napoli (vol. XXVIII, pp. 911-929). Egli critica  gli studi antropologici tedeschi perché scritti “con un così evidente entusiasmo ‘nordico’, che  lascia trasparire troppo chiaramente la tendenziosità e l’inaccettabilità dei risultati” (p. 928).  Ne deriva un’“unilateralità dei risultati della maggior parte di questi studi: cioè l’affermata  prevalenza dell’elemento nordico nella genesi della civiltà europea. Tale prevalenza sarebbe  determinata da una maggiore ‘creatività’ della razza nordica, in confronto con tutte le altre,    16 Ad essi si aggiunge il volume Appendice I del 1938, quindi ancora durante il fascismo: in esso infatti   confluiscono i vari fascicoli pubblicati fra il 1934 e il 1936 (come spiega Giovanni Gentile nella sua Pre-  fazione, pp.IX-XII), seguito da due volumi di Appendici 1938-1948, già postbellici. In queste pagine faccio  riferimento solo all’Appendice I del 1938.   17 Giovanni Gentile, Prefazione all’Appendice I del 1938 (cfr. nota precedente); le citazioni sono alle pp.X-XII.   18 Alessandro Galante Garrone, Amalek, il dovere della memoria, Rizzoli, Milano 1989, 205 pp. La citazione è  a p. 142.   19 Vol. XIV (1932), sw. Fascismo, pp. 847-884. La sottovoce Dottrina politica e sociale è firmata da Benito Mus-  solini per esteso (mentre tutte le voci sono firmate soltanto con la sigla degli autori) ed è scritta in prima  persona: “Quando, nell’ormai lontano marzo del 1919, dalle colonne del Popolo d’Italia, io convocai a  Milano i superstiti interventisti-intervenuti” (p. 848).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 8    stando agli autori suddetti. Ciò senza dubbio non corrisponde alla realtà” (p. 928). E conclu-  de: “Come la storia della civiltà non autorizza esclusivismi di popoli nell’opera creativa della  civiltà umana, così l'antropologia non autorizza esclusivismi di razza” (p. 929).   Soltanto l’Appendice del 1938 (l’anno delle leggi razziali) presenta il lemma Politica fasci-  sta della razza come prosecuzione e completamento della voce Razza del 1935, richiamata  poco sopra?0. L'autore Virginio Gayda - direttore del “Giornale d’Italia” gloriosa testata della  destra storica divenuta in quegli anni quasi portavoce del governo fascista — seguendo l’inter-  pretazione allora diffusa presenta la politica razziale antiebraica dell’Italia come l’importazio-  ne del modello adottato dal fascismo in Africa Orientale: “Questo tipo nuovo d’impero, che  ammette nel suo territorio vaste masse bianche di nazionali, crea anche un problema nuovo,  che è quello dei rapporti fra nazionali e indigeni” Per arginare il meticciato “lo Stato inter-  venne con precisi principi di netta separazione: un decreto-legge, approvato nel Consiglio  dei Ministri del 9 gennaio 1937, vietò con sanzioni penali [reclusione da 1 a 5 anni?!] le rela-  zioni con carattere coniugale tra i cittadini italiani e i sudditi dell’Africa Orientale Italiana”  (p.962)22. In quel territorio il concubinato era facilitato da un un istituto del diritto locale — il  matrimonio per mercede o pro tempore — che regolava anche gli obblighi verso i nati dalle  unioni temporanee, diffuse tra le truppe italiane23. Questo concubinato, noto come reato di  “madamato” era avversato dal regime?4: “l'Impero si conquista con le armi, ma si tiene con il  prestigio” aveva detto Mussolini; e una circolare del governatore dell’Harar ribadiva questo  precetto con un’ineludibile alternativa: “Aut Imperium Aut Voluptas!”   La sanzione legislativa contro il “Ìmadamato” precede di pochi mesi le leggi antiebraiche.  Secondo Virginio Gayda, questa politica si trasferisce “dal piano imperiale a quello naziona-  le” a causa “di due fatti esterni: le abbondanti immigrazioni in Italia di elementi stranieri,       20 Appendice I, 1938, Razza (sezione: La politica fascista della razza). Ne è autore Virginio Gayda, direttore  dal 1926 al 1943 del “Giornale d’Italia” sul quale il 15 luglio 1938 venne pubblicato l’articolo anonimo  Il fascismo e i problemi della razza, che — riprodotto il 5 agosto 1938 sul primo numero della rivista “La di-  fesa della razza” con la firma di dieci scienziati — ebbe poi larga diffusione come Manifesto degli scienziati  razzisti, anticipando la legislazione razziale.   21 “Conversione in legge del r.d.l. 19 aprile 1937-XV, n. 880, sulle sanzioni per i rapporti d’indole coniuga-  le tra cittadini e sudditi” (https://archivio.camera.it/inventari/scheda/disegni-e-proposte-legge-e-incarti-  commissioni-1848-1943/CD0000007126/conversione-legge-del-r-d-1-19-aprile-1937-xv-n-880-sulle-  sanzioni-i-rapporti-d-indole-coniugale-cittadini-e-sudditi.html).   22 “Norme relative ai meticci” Legge 13 maggio 1940, n. 822. Cfr. anche Giorgio Rochat, I/ colonialismo  italiano, Loescher, Torino 1974, pp. 204-216.   23 Su questo tema avevo affidato una tesi, divenuta poi libro: Marina Rossi, Matrimonio e divorzio nel diritto  abissino. Stratificazione di diritti ed evoluzione dell’istituto, Unicopli, Milano 1982, 152 pp. (2° ed. rivista e  ampliata).   24 Mario Manfredini (magistrato), Problemi di diritto penale coloniale nell'Africa orientale italiana: il delitto di  madamato, “Scuola positiva. Rivista di diritto e procedura penale, 1938, n. 1-2, 15 pp. (estratto); Federico  Bacco,// delitto di “madamato” e la “lesione al prestigio di razza”. Diritto penale e razzismo coloniale nel periodo  fascista, in Loredana Garlati — Tiziana Vettor (a cura di),// diritto di fronte all’infamia nel diritto: a 70 anni  dalle leggi razziali, Giuffrè, Milano 2009, pp. 85-121; Gabriella Campassi, // madamato in Africa Orientale:  relazioni tra italiani e indigene come forma di aggressione coloniale, in Miscellanea di storia delle esplorazioni,  vol. 12, Bozzi, Genova 1987, pp. 219-260.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marto G. Losano 9    soprattutto ebraici, fuggiti dopo il 1919 e sempre più numerosi dall’Europa Orientale e poi  dopo il 1933 dalla Germania e infine dall’Austria” (p. 962). Ne nasce “un duplice problema: di  concorrenza molesta al lavoro italiano e soprattutto d’influenza corrosiva creata dalla menta-  lità di una razza che non può armonizzarsi con quella della razza italiana. La formulazione di  questi problemi doveva portare alla creazione di una vera politica italiana di razza, nel senso  di un’azione statale rivolta alla difesa della purità della razza italiana e dell’esaltazione dei  suoi più essenziali valori” (ivi). Il tutto accompagnato da una vana rassicurazione: “La politica  razziale fascista riguardante gli Ebrei tende a separare la razza italiana da quella ebraica senza  assumere alcun carattere particolarmente persecutorio” (p. 963). Quale sia poi stata la realtà  lo illustrano, ad esempio, le vicende esistenziali descritte nel $ 5 e nella bibliografia Libri di  sopravvissuti (infra, p.A15.).   Se si ricorda che già il 10 maggio 1933 ebbe luogo il rogo dei libri nella Piazza dell’Opera  di Berlino (poi Bebelplatz di Berlino Est), sorprende che alcune importanti voci dell’Enciclo-  pedia Treccani sulla cultura ebraica siano state affidate ad autori ebrei sino al 1938; proprio  in quello stesso anno entrava in vigore una “delle norme per la difesa della razza nella scuola  italiana” che ordinava: “Nelle scuole d’istruzione media frequentate da alunni italiani è vieta-  ta l’adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che  siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle  opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica”?5,   Alberto Pincherle era docente universitario e redattore dell’Enciclopedia Treccani, ma nel  1938 — a causa delle leggi razziali — dovette esiliarsi in Perù, dove insegnò a Lima nell’Univer-  sidad Nacional Mayor de San Marcos (la più antica dell'America) e nell’Università Pontificia,  fino al suo ritorno in patria a guerra finita. Nel 1929, alla voce Antisemitismo?6, Pincherle  traccia una storia generale dell’antisemitismo, e conclude: “Anche in Italia il dopoguerra [dal  1918] diede luogo a qualche pubblicazione antisemita. Si tratta per lo più di traduzioni o  di rimaneggiamenti di opere straniere. Ché alla diffusione dell’antisemitismo da noi osta la  tradizione del nostro Risorgimento nazionale, al contrario di quanto accadde in Germania,  tutta favorevole, per ragioni nazionali, all’emancipazione degli ebrei ed al loro incorpora-  mento nello Stato. [...] Mancano del resto in Italia i motivi economici e sociali che, se non  giustificano, spiegano in parte la fortuna dell’antisemitismo in altri paesi: scarsi di numero  gli ebrei italiani e quasi tutti stabiliti da secoli nel paese, sì da essersi completamente italia-  nizzati; lunga tradizione di pacifica convivenza tra ebrei e cristiani specialmente in quelle  provincie, come la Lombardia, la Venezia, la Toscana, nelle quali la tolleranza è stata larga-  mente praticata anche dagli antichi governi; mancanza di un’alta banca e di un’oligarchia  finanziaria specificamente ebraiche” (p. 531).    25 Art. 4 del Regio decreto-legge 15 novembre 1938 — XVII, N. 1779, Integrazione delle norme per la difesa  della razza nella scuola italiana: ctr. infra, p.12.   26 Antisemitismo, vol. III, 1929, pp. 527-531. Alberto Pincherle (1894-1979) fu docente di storia del Cristiane-  simo all’Università di Roma; da non confondere con l’omonimo romanziere, noto con lo pseudonimo  di Alberto Moravia (1907-1990).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 10    L’ampia voce Ebrei?7 del 1932 apre la sezione ‘Antropologia’ con queste parole: “Occorre  anzitutto affermare l’inesistenza di una pretesa razza o tipo ebraico”; ne è autore il già ricor-  dato Gioachino Sera, antropologo dell’Università di Napoli. La sezione ‘Storia e religione’  del popolo ebraico è affidata al rabbino maggiore di Trieste, Israele Zoller; ‘Diritto ebraico”  a Dante Lattes, rabbino a Roma; ‘Diritto post-talmudico’ a Mario Falco, professore di diritto  pubblico all’Università di Milano ed esponente di rilievo della comunità ebraica: a lui si  deve la “Legge Falco” che nel 1930 — in parallelo con i Patti Lateranensi del 1929 - regolò  i rapporti tra lo Stato fascista e le comunità ebraiche in Italia28. Nonostante questi rapporti  di alto livello con lo Stato fascista e la sua iscrizione dal 1933 al partito fascista, anche Falco  dovette lasciare l’insegnamento nel 1938. Morì nel 1943, mentre era in fuga per sottrarsi alla  deportazione. È importante la sua amicizia con Arturo Carlo Jemolo?29, presso il quale trovò  rifugio la sua famiglia superstite sino alla fine della guerra.   Non mancavano però ebrei fascisti, anche in posizioni di rilievo. Venne perciò istituita  la figura dell’“ebreo arianizzato” sulla base di una specifica legge del 193930. Un’apposita  “Commissione per le discriminazioni” (nota come “Tribunale della razza” i cui atti non erano  pubblici) formulava un parere, sulla cui base il Ministero dell'interno emanava un decreto  di arianizzazione, che dichiarava “la non appartenenza alla razza ebraica anche in difformità  delle risultanze degli atti dello stato civile” evitando così l’applicazione delle leggi antiebrai-  che. Questa disposizione “favorì un vero e proprio mercato delle ‘arianizzazioni’, alimentato  da una schiera di faccendieri e truffatori, di funzionari corrotti e di avvocati di bassa lega,  basato su testimoni falsi chiamati a dichiarare di aver avuto occasionali rapporti sessuali con  una donna ebrea sposata”3!.   Gli ebrei ebbero comunque una vita difficile. Sulle difficoltà cui andarono incontro gli  ebrei fascisti sono esemplari le vicende di un importante filosofo del diritto del Novecento,  Giorgio Del Vecchio (1878-1970). Rettore dell’università di Roma sotto il fascismo, epurò  vari docenti ma fu a sua volta espulso sulla base delle leggi razziali. Alla fine della guerra  venne reintegrato nella sua posizione di docente come perseguitato in base alla legislazione  razziale, ma poco dopo venne nuovamente rimosso a causa della sua attività di rettore sotto il  fascismo. Per questo le sue memorie narrano la persecuzione di un perseguitato8?.       27 Ebrei, vol. XIII (1932), pp. 327-380. Questa voce affronta tutti gli aspetti della cultura ebraica: lingua, let-  teratura, musica, numismatica.   28 Secondo Saverio Gentile, questa legge “riduceva l’autonomia statutaria e il carattere di democrazia inter-  na, al contempo assicurando allo Stato un forte controllo sulle Comunità” (cfr. infra, nota 77, p.41).   22 Arturo Carlo Jemolo, Lettere a Mario Falco, Giuffrè, Milano 2005, vol.1 (1910-1927); vol.2 (1928-1943).   30 Legge ne 1024 del 13 luglio 1939-XVII, Norme integrative del Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVI,  n.1728, sulla difesa della razza italiana (Gazzetta Ufficiale del 27 luglio 1939). Questa normativa è ana-  lizzata nel $ 3. Un richiamo indispensabile: il basilare r.d.I. 17 novembre 1938, n. 1728, e nel $ 5. La valuta-  zione della razza ebraica: la legge de 13 luglio1939 e il “tribunale della razza”, in Gian Savino Pene Vidari,  La legislazione antiebraica del 1938-39, con la sua applicazione in Piemonte nel campo dell’istruzione e dell’av-  vocatura, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 167-171 e pp. 173-175.   31 Neppi Modona, La magistratura e le leggi raziali 1938-1943, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., p.144 s.   32 Giorgio Del Vecchio, Una nuova persecuzione contro un perseguitato. Documenti, Tipografia artigiana, Roma  1945,79 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 11  c) Leggi e documenti razzisti del fascismo: una sintesi    Il clima fin qui evocato e il legame sempre più stretto con il nazionalsocialismo portarono  l’Italia fascista a emanare nel 1938 le leggi razziali. I destinatari erano soprattutto gli ebrei:  70.000 persone, a quell’epoca, secondo Gayda33; oppure “non più di quarantaquattromila”  come desume Salvatorelli da altre fonti34. Il primo quesito che si pone è questo: come pote-  vano le leggi razziali essere compatibili con lo Statuto Albertino che, come si è visto, aveva  concesso la piena capacità giuridica a ebrei e valdesi? La risposta è nella natura giuridica  di quello stesso Statuto: esso è una costituzione flessibile, modificabile cioè con una legge  ordinaria. Quindi l'emanazione delle leggi razziali abrogava le norme emancipatorie dello  Statuto Albertino. Esso venne così progressivamente svuotato, ma poté restare in vigore sino  alla fine del fascismo, così come la costituzione di Weimar rimase in vigore sino alla fine del  nazionalsocialismo.   La preparazione delle leggi razziali iniziò il 1° giugno 1938, quando Benito Mussolini,  come Ministro dell’Interno, istituì la “Commissione per la preparazione di provvedimenti  legislativi concernenti la difesa della razza italiana e la disciplina degli ebrei stranieri residen-  ti in Italia”35. Seguirono numerosi testi legislativi sulla politica razziale del fascismo36. Due  giorni dopo il decreto del 15 novembre 1938 sull’esclusione degli ebrei dalla scuola venne  emanato il decreto-legge “per la difesa della razza italiana”: 29 articoli “basilari per la politica  antiebraica fascista e per la definitiva perdita dell’eguaglianza civile degli ebrei nello Stato  italiano” che costituiscono “la ‘magna charta’ dell’antiebraismo giuridico fascista”37.   Per brevità, ci si limiterà qui a citare soltanto alcuni articoli tratti dal Regio decreto-legge  del 15 novembre 1938, n. 1779, Integrazione delle norme per la difesa della razza nella scuola ita-  liana (il cui art. 4 è già stato ricordato poco sopra); sono più che sufficienti per comprendere  qual è lo spirito di queste leggi:   Art. 1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, fre-   quentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state    comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; né possono essere ammesse al  conseguimento dell’abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati       33 Questa cifra è fornita dal già citato Virgilio Gayda: Appendice I, 1938, alla voce Razza, p. 963 (cfr. supra,  nota 20). Il censimento nazionale degli ebrei del 22 agosto 1938 indica però circa 37.000 ebrei italiani  e 9500 stranieri (rapporto del sottosegretariato “Demorazza” Ministero degli Interni, in Cavaglion —  Romagnani, Le interdizioni del Duce, cfr. supra, nota 15, pp. 50-55).   34 Luigi Salvatorelli — Giovani Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, Einaudi, Torino 1964, p. 980.   35 Sull’intera parabola della legislazione razziale si veda l’esauriente Giorgio Fabre, I/ razzismo del duce. Mus-  solini dal Ministero dell’interno alla Repubblica sociale italiana. Con la collaborazione di Annalisa Capristo,  Carocci, Roma 2021, 549 pp.   36 Michele Sarfatti, Documenti della legislazione antiebraica. I testi delle leggi, in Michele Sarfatti (a cura di),  1938. Le leggi contro gli ebrei, “La rassegna di Israel” (numero monografico), gennaio-agosto 1988, pp. 49-  167. Un elenco delle norme razziali è reperibile anche su Internet (https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_  razziali fasciste#Legislazione_italiana_in_chiave_razziale).   37 Gian Savino Pene Vidari, La legislazione antiebraica del 1938-39, con la sua applicazione in Piemonte nel  campo dell’istruzione e dell’avvocatura, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., p. 167.       Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 12    quelli relativi agli istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la vigilanza  nelle scuole elementari.    Art. 2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far  parte persone di razza ebraica.    Art. 3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non  possono essere iscritti alunni di razza ebraica. È tuttavia consentita l’iscrizione degli alunni di razza  ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità  ecclesiastiche.    Art. 4. Nelle scuole d’istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l’adozione di libri di  testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione  di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da  persone di razza ebraica.    Art. 5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello Stato, speciali sezioni di scuola elemen-  tare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono  aprire, con l’autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti le-  gali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all’uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli esami  nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di  cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno quelli  stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani, eccettuato l’insegnamento della religione  cattolica; i libri di testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro  per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche.    Nella parte meridionale dell’Italia liberata dagli Alleati e, successivamente, sull’intero terri-  torio nazionale le norme razziali vennero abrogate nel 1944 in considerazione dell’“urgente  ed assoluta necessità di reintegrare nei propri diritti anteriori i cittadini italiani appartenenti  alla razza ebraica per riparare prontamente alle gravi sperequazioni di ordine morale e politi-  co create da un indirizzo politico infondatamente volto alla difesa della razza”38.   Tuttavia la reintegrazione degli epurati nelle loro posizioni originarie fu spesso complessa,  perché i loro posti erano stati nel frattempo affidati a colleghi vincitori di un regolare concor-  so. Ancora una volta è utile esaminare un caso paradigmatico: quello del filosofo del diritto  Renato Treves, reduce da un lungo esilio in Argentina, e della sua complessa reintegrazione,  ricostruita da Carlo Nitsch in un volume ricco di documenti originali. Tra di essi viene citata  una lettera dell’ 11 settembre 1945 di Tito Ravà a Treves; quest’ultimo aveva chiesto ragguagli  sul suo possibile rientro in Italia: “Con l'abolizione delle leggi razziali, — scrive Ravà, — rien-  trano in servizio, oltre me, anche Donati e Levi di filosofia del diritto: ciò disturba quelli che  sono ai nostri posti e io mi rammarico di dover disturbare Bobbio. Questi era stato chiamato  a Torino, ma non c’è posto, essendo rientrati due professori ebrei. Ora può essere lo chiami-  no a Milano. Qui a Roma Del Vecchio è stato collocato a riposo per ragioni politiche e ne  è molto amareggiato. Per altri sono in corso provvedimenti (Maggiore, Cesarini). Tutto ciò    38 Regio Decreto-Legge, 20 gennaio 1944 n. 25, Disposizioni per la reintegrazione dei diritti civili e politici dei  cittadini italiani e stranieri già dichiarati di razza ebraica e/o considerati di razza ebraica. Pubblicato nella  Gazzetta Ufficiale — serie speciale — del 9 febbraio 1944 n. 5 e convertito dal decreto legislativo luogote-  nenziale 19 ottobre 1944 n. 306 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 1944, serie speciale,  n. 82).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 13    determina un ambiente poco simpatico; perché come non fu gradevole che siano stati occu-  pati i nostri posti, così non è bello andare al posto dei professori ora epurati. E io non sono  sicuro che il nostro ritorno sia gradito a tutti, perché sposta notevoli interessi”39.   Nel dopoguerra la costituzione repubblicana stabilì all’art. 3 l'uguaglianza di tutti gli ita-  liani senza distinzioni, tra l’altro, “di razza” Però anche questo articolo della costituzione non  è del tutto applicato, come si è visto nel primo dopoguerra con la discriminazione dei “mulat-  tini” (i nati durante l’occupazione degli alleati) e come avviene ancora oggi con il mancato ri-  conoscimento della cittadinanza italiana ai nati in Italia (e perfettamente integrati) da genito-  ri non italiani. Silvana Patriarca, professoressa di storia alla Fordham University di New York,  ha analizzato questo aspetto della recente storia italiana, giungendo alla conclusione che, “se  nella nuova repubblica democratica l’idea di razza non era più accettabile se applicata agli  ebrei, la stessa continuava a essere accettabile se applicata a persone dalla pelle più scura”40.   Ne è prova ancora oggi il sempre ricorrente rifiuto del “ius soli” e nel persistere del “ius  sanguinis” che attribuisce la cittadinanza (e, quindi, anche il diritto di voto) a lontani discen-  denti di emigranti che spesso non sono mai stati in Italia e non parlano più l’italiano. Un  dibattito senza fine: “Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, alla festa per i dieci anni  del Partito democratico (Pd), il 14 ottobre [2017], ha detto che si sta impegnando per far  approvare la legge di riforma della cittadinanza impropriamente chiamata ius soli, che era nel  programma elettorale del Pd nel 2013 ed è bloccata al Senato da due anni”4!,    3. Commemorare in tempi immemori: tra condanna e nostalgia    Il ricordo e la condanna delle leggi razziali del fascismo è divenuto ancora più necessario  nei tempi presenti, nei quali la condanna delle colpe fasciste si scontra con una crescente  nostalgia per quegli anni e con un rafforzamento dei movimenti di estrema destra‘. (Questo       32 Carlo Nitsch, Renato Treves esule in Argentina. Sociologia, filosofia sociale, storia. Con documenti inediti e la  traduzione di due scritti di Treves, Accademia delle Scienze, Torino 2014, 239 pp. (specialmente le pp. 65-78:  S 1. Tutto è mutato; $ 2. Le difficili vie della normalizzazione: l'abrogazione delle leggi razziali e la disciplina  della revisione dei concorsi). La lettera di Tito Ravà è citata a p. 72, mentre il testo completo è a p. 138 s.  (Documento n. 17). Il riferimento è al penalista di Palermo Giuseppe Maggiore e al filosofo del diritto  Widar Cesarini Sforza.   40 Silvana Patriarca, I/ colore della Repubblica: “figli della guerra” e razzismo nell'Italia postfascista. Traduzione  di Duccio Sacchi, Einaudi, Torino 2021, VI-230 pp. La frase citata è ripresa nella recensione di Nadia Ur-  binati, L'Italia è una Repubblica fondata sul razzismo, “Domani” 16 settembre 2021, p. 13.   41 Annalisa Camilli, Ius soli, ius sanguinis, ius culturae: tutto sulla riforma della cittadinanza,“L’internazionale”  20 ottobre 2017 (https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/10/20/riforma-cittadinan-  za-da-sapere).   42 Sulla destra italiana: Mario Coglitore — Claudia Cernigoi, La memoria tradita. L'estrema destra da Salò a  Forza Nuova, Ed. Zero in Condotta, Milano 2003, 183 pp.; Saverio Ferrari, Da Salò ad Arcore. La mappa  della destra eversiva, L’Unità, Roma 2006, 159 pp.; Gianluca Passarelli - Dario Tuorto, La Lega di Salvini:  estrema destra di governo, Il Mulino, Bologna 2018, 168 pp.; Ugo Maria Tassinari, Naufraghi. Da Mussolini    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 14    clima ostile alla democrazia parlamentare si manifesta anche in Europa e fuori d'Europa: ma  non è qui possibile occuparcene4.) Senza perdersi in distinzioni e condanne che sarebbero  inappropriate in queste note soprattutto bibliografiche, basti qui accennare sommariamente  allo stillicidio di prese di posizione “nostalgiche” che tendono a ripresentarsi ciclicamente,  per poi essere dimenticate.   Per esempio, nel 1989 Alessandro Galante Garrone pubblicava “un grido d’allarme” contro  “i pericoli sempre latenti o risorgenti dell’antisemitismo in Italia e nel mondo” e ricordava  che “verso la fine degli Anni Cinquanta e della prima metà degli anni Sessanta si ebbe in varie  parti del mondo una preoccupante ondata di razzismo e in particolare di antisemitismo. [...]  Anche l’Italia ne fu insudiciata” Proprio come ai nostri giorni, anche allora si discusse sulla  chiusura di organizzazioni di estrema destra e la Germania sciolse il “Bund Heimatfreier  Jugend” (BHJ) e la DNAP (“Demokratische Nationale Arbeiterpartei” dalla sigla sinistra-  mente simile alla “Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei” NSDAP di Hitler). “Altre  ricorrenti manifestazioni di antisemitismo si sono ripetute nei decenni successivi, cioè sino  ai giorni nostri’ cioè al 1989, e su di essi Galante Garrone andò pubblicando una serie di  articoli “sul quotidiano “La Stampa?” di Torino, fra il 1960 e il 1965” In altre parole, nulla di  nuovo sotto il sole44.   Per limitarci ai casi più recenti, nel febbraio del 2021 la consigliera comunale torinese del  Movimento Cinque Stelle, Monica Amore, è accusata di razzismo per una   vignetta satirica a sfondo razzista sugli ebrei pubblicata sui social (e poi rimossa a furor di polemiche).   Il procuratore aggiunto Emilio Gatti l’ha iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di diffama-   zione aggravata dall’odio razziale. L’inchiesta è stata aperta ufficialmente ieri dalla procura di Torino   a seguito dell’esposto depositato a Palagiustizia da un legale incaricato dal presidente della comunità   ebraica Dario Disegni. Il post raffigurava un collage di testate giornalistiche del gruppo Gedi accompa-   gnato da immagini evidentemente antisemite e cioè la caricatura di due uomini con naso pronunciato,   Kippah e la Stella di David giunte alla consigliera attraverso un canale Telegram. Lei, in cima al post,   aveva scritto: “Interessante”45.  Qualche mese dopo, il Sottosegretario all’Economia nell’attuale governo Draghi — Claudio  Durigon, della Lega - proponeva di ritornare alla toponomastica fascista in un comizio a  Latina, città sorta nelle terre dell'Agro Pontino bonificate dal fascismo e inaugurata il 18 di-       alla Mussolini: 60 anni di storia della destra radicale, Immaginapoli, Pozzuoli 2007, 304 pp. Sui rappporti  dei movimenti italiani con quelli stranieri: Piero Ignazi, L'estrema destra in Europa, Il Mulino, Bologna  2000, 268 pp.; Pierre Milza, Europa estrema: il radicalismo di destra dal 1945 ad oggi, Carocci, Roma 2005,  487 pp.   43 Qualche accenno è nel mio Democrazia senza democratici: Weimar alle porte?, in Hans Kelsen, Due saggi  sulla democrazia in difficoltà (1920-1925), Aragno, Torino 2018, pp. V-XXII; inoltre: Id., Germania, agosto  2018: manifestazioni neonaziste, privacy e libertà d'informazione, “Diritto dell’informazione e dell’informa-  tica” 2018, pp. 673-688; Id., La libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis,  Milano 2019, 221 pp.   44 Dieci di questi articoli sono riprodotti in Galante Garrone, Amalek, il dovere della memoria, cit., pp. 9-35.  Le citazioni provengono dalla breve Premessa e da p.9.   45 https://www.lastampa.it/torino/2021/02/18/news/post-antisemita-la-consigliera-amore-indagata-per-  istigazione-all-odio-razziale-1.39923630    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 15    cembre 1932 con il nome di Littoria (divenuto poi Latinia nel 1944 e l’attuale Latina nel  1945):    Il 4 agosto [2021], in un comizio a Latina dove parlava accanto a Matteo Salvini, Durigon propone  di cambiare il nome al giardino comunale per reintitolarlo al fratello del duce, Arnaldo, come era  durante il fascismo, accusando l’attuale sindaco di aver fatto un’operazione politicamente orientata  quando nel 2017 ha intitolato il parco ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: “Questa è la  storia di Latina che qualcuno ha voluto anche cancellare con quel cambio di nome a quel nostro par-  co, che deve tornare a essere quel Parco Mussolini che è sempre stato” Ma il sindaco Damiano Colella  spiega che nessuno “ha cancellato la storia di Latina. Nel 1943 il podestà stabilì di cambiare tutta la  toponomastica. E da quel giorno Parco Arnaldo Mussolini è diventato Parco Comunale. Quando nel  2017 abbiamo intitolato il parco a Falcone e Borsellino non l’abbiamo fatto per rivalsa nei confronti  della storia della città. Abbiamo scelto i valori e il sacrificio di due uomini dello Stato che hanno perso  la vita per l’affermazione della legalità e della giustizia contro la mafia” Infatti “la delibera numero 248  del 31 luglio 1943 cambiò tutta la topomomastica: Piazza Ciano divenne piazza Giulio Cesare, piazza  Predappio piazza del Mercato, piazza Littorio cambiò nome in piazza d’Italia, insieme a tutte le vie,  viale delle Camicie nere per esempio divenne via Giosuè Carducci”46.    Si noti che “in realtà Arnaldo Mussolini non ha rapporti con la storia cittadina, perché è  morto nel 1931, prima della fondazione di Littoria, nome originario di Latina, battezzata dal  fratello Benito Mussolini”47. La sortita del Sottosegretario leghista va collocata nella    situazione locale, alla vigilia delle elezioni comunali di Latina, con la Lega che tenta di captare i voti  della destra con candidati dai sospetti coinvolgimenti in vicende di mafia o di corruzione, ora oggetto  di processi da parte della Lega contro “Domani” il giornale che ha pubblicato queste notizie. La vicen-  da Durigon si salda così alla richiesta di sanzioni per le liti temerarie intentate contro i giornali per le  notizie pubblicate: ma questa polemica sulle liti come strumento per soffocare la stampa libera è una  vicenda diversa48,    La politica italiana dibatté sull’opportunità di far dimettere questo membro del Governo,  cosa che avvenne 22 giorni dopo quell’affermazione sul “Parco Mussolini” anche “per le rela-  zioni emerse con personaggi legati ai clan di Latina” - “rapporti pericolosi”4. Mentre in Italia  questa disputa era in parte soffocata dal ritorno degli atleti italiani dalle Olimpiadi (dove per  la prima volta avevano raggiunto il record di 40 medaglie), la notizia non passava inosservata    all’estero:    Il The Times di Londra dedica un pezzo al sottosegretario leghista: “Let's dedicate local park to Musso-  lini, says italian minister” (“Dedichiamo un parco a Mussolini, dice un ministro italiano”). Così anche  Abc Neuws, il portale della celebre emittente americana (“Crescono le tensioni dopo la proposta di dedi-       46 Daniela Preziosi, / partiti si accorgono che Durigon è impresentabile: adesso cacciatelo, “Domani” 11 agosto  2021, p 1.   47 Nello Trocchia, Con i richiami a Mussolini Durigon coltiva i voti fascisti per la Lega, “Domani” 12 agosto  2021, p.1.   48 Gaia Zini, Durigon sta cercando di fermare ‘Domanî’ a colpi di querele, “Domani” 12 agosto 2021, p. 2.   49 Giovanni Tizian — Nello Trocchia, Durigon si dimette e accusa i giornali di averlo infangato, “Domani”  27 agosto 2021, p. 4; id., I/ sindacalista di Durigon dava ordini al clan di Latina,“Domani” 27 ottobre 2021,    p.3.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 16    care un parco a Mussolini”) che come Euronews — colosso che trasmette in 155 Paesi — riprende il titolo  della American Press. Ma c'è pure il francese L’opirion, che parla di “nostalgia fascista”50,    In pieno Ferragosto era giunta anche un’altra dichiarazione, come minimo qualunquista, di  un candidato sindaco di Milano per il centrodestra:    “Io non distinguo le persone tra fascisti e antifascisti, contro questo o contro quell’altro. Le persone  non le distinguo se non per uomo, donna e persone perbene” Luca Bernardo, candidato della destra  alle Amministrative di Milano, preferisce non prendere posizione. E così ammette che per lui fascisti  e antifascisti uguali sono” [...] Parole che suonano come una difesa del sottosegretario leghista Clau-  dio Durigon, che nei giorni scorsi si era augurato che un parco di Latina fosse dedicato ad Arnaldo  Mussolini©!,    In tempo già preelettorale — nell’autunno del 2021 hanno avuto luogo le elezioni locali in  importanti comuni — l’esempio del Sottosegretario Durigon fece scuola, e anzi qualcuno  rincarò la dose, proponendo che Piazzale dei Partigiani, a Roma, tornasse ad essere intitolato  ad Adolf Hitler come ai tempi dell’occupazione nazionalsocialista:    Dopo le polemiche sul caso del Sottosegretario all’Economia della Lega Claudio Durigon che, du-   rante un comizio a Latina aveva proposto di intitolare di nuovo il parco ad Arnaldo Mussolini, [...],  ora arriva un’altra idea di intitolazione che fa discutere. A lanciarla, come riporta “La Repubblica” è  Andrea Santucci, vigile del fuoco ed ex consigliere comunale leghista di Colleferro, che si dichiara  favorevole a intitolare di nuovo piazzale dei Partigiani a Roma, ad Adolf Hitler. Le sue parole: “Nel  bene e nel male questa è la nostra storia, credo anche che per la cecità di alcuni perdiamo moltissimo  in termini di turismo nel voler nascondere”52,    Quasi all’inizio dell’inverno del 2021 alcune eredità del passato fascista riemersero in una  storia che non è solo individuale. Dopo le mancata reviviscenza, a Latina, del parco che fu  intitolato ad Arnaldo Mussolini, nella poco lontana Anzio (dove sbarcarono gli Alleati nel  1944) Edith Bruck — scrittrice ebrea ungherese sopravvissuta alla Shoa e naturalizzata italiana  — rifiutò il Premio per la Pace con una lettera al sindaco: “Avrei volentieri accettato, se nel frat-  tempo non avessi saputo che è stata negata la benemerenza a una mia correligionaria, Adele  di Consiglio, sopravvissuta alla barbarie nazifascista, e invece è stata riconfermata a Mussoli-  ni”53, Infatti nel 2019 il Partito Democratico aveva proposto di revocare la cittadinanza ono-       50 L. Giar.,I/ caso [Durigon] arriva sul “Times”e in tutta Europa, ma non al Tg2,“Il Fatto Quotidiano” 15 agosto  2021, p.4.   S1 L. Giar., Milano, Luca Bernardo fa il nostalgico: “Non distinguo tra fascisti e antifascisti”, “Il Fatto Quotidiano”  14 agosto 2021, p. 14. Inoltre: “Certo che c’è differenza tra i due, se vogliamo andare sul semantico. So  che cosa mi volete chiedere, so che cosa vi rispondo’, ha replicato ai cronisti a margine di un evento. E a  domanda diretta se possa definirsi antifascista, Bernardo tergiversa ancora: ‘No, io non mi definisco né A,  né B, né Z. Mi definisco un cittadino della città di Milano, che vuol dire che è aperto e liberale. La libertà  conquistata grazie ai nostri nonni dobbiamo portarla sempre avanti. Io mi definisco Luca Bernardo che  arriva dalla società civile”   S2 “Intitolare a Hitler piazzale dei Partigiani”: bufera su ex consigliere leghista di Colleferro (https://www.  huffingtonpost.it/entry/intitolare-a-hitler-piazzale-dei-partigiani-bufera-su-ex-consigliere-leghista-a-  colleferro_it_611652dee4b07c140313e96c).   53 [Redazionale,] Anzzo, onorificenza a Mussolini: Bruck rifiuta il premio, “Il Fatto Quotidiano” 3 Novembre  2021, p. 16.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 17    raria a Mussolini e di conferirla ad Adele di Consiglio. L’allora sindaco respinse entrambe le  richieste, e oggi Edith Bruck rifiuta di essere associata al cittadino onorario Benito Mussolini,  responsabile della deportazione degli ebrei italiani, e quindi anche della sua. La risposta del  sindaco attuale suona però non come una discolpa, ma come un’aggravante: “Mussolini ha la  cittadinanza onoraria dal 1924. Prima di me ci sono stati tre sindaci comunisti, due socialisti,  uno repubblicano, uno Ds e nessuno l’ha mai revocata. Anzi questo argomento non è stato  mai discusso in Consiglio comunale dal 1946 al 2021”54,   Questi e altri eventi e interventi pubblici palesemente nostalgici culminarono, il 9 ottobre  2021, nelle manifestazioni di piazza a Roma che portarono alla devastazione della sede cen-  trale del sindacato CGIL: un assalto nel quale ebbero una posizione di rilievo gli esponenti  del movimento di estrema destra Forza Nuova. L’irruzione nelle sedi sindacali non è una no-  vitàs5, ma la devastazione romana richiamò alla memoria di molti l'assalto e l’incendio della  Camera del Lavoro di Torino del 1921 - giusto un secolo fa — e l’affermarsi dello squadrismo  fascista.   Non si tratta di casi isolati, benché frequenti: in realtà, questa tradizione di “fascismo eter-  no” non si è mai spenta e trova il suo caso più emblematico in Verona, in una sequenza che  inizia nel 1920 e dura ancora oggi:   Nero era il colore dello sparuto drappello di “diciannovisti” capeggiati da Italo Bresciani, fondatore e   segretario del piccolo Fascio di Verona, il “terzogenito” nato appena due giorni dopo la fondazione a   Milano, il 23 marzo 1919, dei Fasci di combattimento. Nera fu l’evoluzione in città del Partito nazio-   nale fascista. [...] Nell’agosto del 1920 la prima visita di Mussolini in città: il futuro duce atterra con   un Aviatik nella scalcinata piazza d’armi di stradone Santa Lucia. Diciotto anni dopo, un’altra visita.   Trionfale. [...] Dopo l’8 settembre 1943 Verona diventa il teatro di fondazione della Repubblica so-   ciale italiana, sede di cinque ministeri e di importanti comandi tedeschi. Il nome della città si incide   dunque anche nella storia del fascismo repubblicano: accostato prima al Manifesto di Verona (il piano  programmatico per il governo della RSI, in cui si definivano gli obiettivi politici del Partito fascista  repubblicano, nato dalle ceneri del Partito nazionale fascista) e poi al celebre processo di Verona, che  condannò Galeazzo Ciano e altri gerarchi accusati di avere tramato con Badoglio per fare arrestare   Mussolini. [...] È sempre a Verona che, tra il 1943 e il 1945, il comando generale della Gestapo allestisce   la sua base in Italia. [... Nel dopoguerra] Il territorio scaligero diventa un crocevia per diverse organiz-   zazioni neofasciste: la Rosa dei Venti del generale Amos Spiazzi; Ordine Nuovo; la sanguinaria sigla   Ludwig — responsabile di dieci “omicidi per caso” — e il Fronte Nazionale di Franco Freda sono gli zii.    Poi sono arrivati i nipotini. Che portano avanti la tradizione della ‘ditta’. Neri sono i movimenti che,  da metà anni Ottanta, mettono radici a Verona56.       54 Paolo Ferrario, Anzio. Il “rifiuto” di Edith Bruck: “Mat accanto a Mussolini”, “L'Avvenire” 3 novembre 2021  (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-rifiuto-di-edith-bruck-mai-accanto-a-mussolini).   SS Per esempio: “Lavoratrici, lavoratori! Un criminale attentato fascista è stato compiuto contro la sede  della CGIL [dalle] forze della estrema destra che temono l’unità dei lavoratori e la loro combattività  sindacale: lavoratrici, lavoratori! rispondete con la lotta unitaria: uniti si vince. Federazione milanese del  Pci” (Manifesto del PCI del 1964).   56 Paolo Berizzi, Verona, la città in fondo a destra: dal fascismo al fascismo, *MicroMega” 29 Ottobre 2021  (https://www.micromega.net/verona-estrema-destra-berizzi/). La “singolarità del caso Verona, il labora-  torio italiano della destra radicale” è descritta per esteso nel volume (da cui è tratto l’articolo di “Micro-  mega”) di Paolo Berizzi, È gradita la camicia nera, Rizzoli, Milano 2021, 249 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 18    Nell’autunno del 2021 si moltiplicarono in Italia i moti di piazza, nei quali estremisti di  destra e, in misura minore, di sinistra si infiltrarono nelle manifestazioni organizzate dai mo-  vimenti contrari alle misure anti-pandemiche, come No-Vax e No-Green Pass. Un esempio  inquietante di questa simbiosi è la manifestazione dei No-Vax del 30 ottobre, quando i parte-  cipanti sfilarono per le vie di Novara con pettorine a strisce bianche e grigie contrassegnate  da numeri, in un demenziale richiamo ai campi di stermino nazisti: volevano così protestare  contro l’obbligo del certificato vaccinale nei luoghi pubblici, odiato simbolo della “dittatura  sanitaria” La Procura della Repubblica indaga sul “negazionismo” dei partecipanti, anche se  per poter “negare” bisognerebbe “sapere” o almeno “avere una vaga idea” mentre in questo  caso l’ignoranza abissale si rivela più preoccupante della violazione di certe norme giuridi-  che. Purtroppo tra gli italiani è presente un elevato tasso di analfabetismo funzionale”, e in  queste aree di regressione culturale si inseriscono i gruppi di estrema destra: “La vergogna  dell’ignoranza” così lAssociazione Nazionale Partigiani Italiani ha commentato la sfilata di  Novara.   Soprattutto il partito di estrema destra “Forza Nuova” ha organizzato sistematicamente l’in-  filtrazione in vari settori della destra presentabile e dei movimenti incolti, attraverso l’attività  del suo leader Roberto Fiore, arrestato dopo l’assalto alla sede sindacale di Roma. Nel 2006  “Alessandra Mussolini, successivamente eletta alla Camera, lascerà il seggio all’europarlamen-  to al neofascista Fiore, che a Bruxelles compirà passi decisivi nel progetto di infiltrazione di  sigle sicuramente più presentabili e ascoltate di quanto lo è Forza Nuova” Fiore ha finanziato  con fondi esteri “un’associazione molto ascoltata tra i critici della gestione governativa della  pandemia. A questo si aggiunge l’infiltrazione metodica nei salotti della chiesa conservatrice  e oltranzista” per esempio nell’associazione Pro Vita & Famiglia (la quale nega però questo  legame)58. Questo doppio livello consente a Forza nuova, da un lato, di “contare nei palazzi  della politica pur senza rapresentanza parlamentare” e, dall’altro, di infiltrarsi a Roma e a  Milano, a Torino e a Trieste nelle manifestazioni contro “la dittatura sanitaria” inneggiando  alla dittatura del ventennio. A Milano “il gruppo ha cantato slogan di chiara matrice fascista  durante la partecipazione al corteo contro il certificato verde” e sono stati fermati “8 militanti  del gruppo di estrema destra per apologia del fascismo” In conclusione, “il bilancio finale  del corteo parla di 83 denunce e di un 22enne arrestato nei concitati momenti del tentato (e  fallito) assalto alla Camera del lavoro, sede della Cgil [di Milano, questa volta]. Sono ormai    57 “Il 70% della popolazione italiana si colloca al di sotto del livello 3, il livello di competenze considerate  necessarie per interagire in modo efficace nella società del XXI secolo”: così si esprime sull’analfabetismo  funzionale il rapporto ISFOL, “Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori”:  ente pubblico di ricerca vigilato dal Ministero del Lavoro (https://Awww.ithappens.it/analfabetismo-fun-  zionale-esiste-anche-quello-di-ritorno/). I dati ufficiali sono nel Rapporto nazionale sulle competenze degli  adulti (https://www.isfol.it/piaac/i-risultati-di-piaac).   58 Una dettagliata analisi di questa strategia del ‘doppio binario” è in Giovanni Tizian, Anatomia dell’infil-  trazione fascista nell’èra dei complotti, “Domani” 18 ottobre 2021, p. 2 s., da cui sono tratte le citazioni nel  testo. “Le affermazioni presenti nell’articolo volte ad accostare la onlus [Pro Vita & Famiglia] al partito  Forza Nuova sono false, inesatte, oppure nemmeno pertinenti” scrive in una Richiesta di rettifica il presi-  dente della onlus, Antonio Brandi, riservandosi azioni legali (“Domani” 26 ottobre 2021, p. 8).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marto G. Losano 19    oltre 300 i denunciati nei 14 cortei che vanno avanti dal 24 luglio [2021]”5?: e questo nella  sola Milano.   Poiché queste gravi tensioni presenti in tutt'Italia assumevano spesso un aspetto quasi  eversivo, i partiti di centro-sinistra chiesero di applicare contro Forza Nuova la XII disposi-  zione transitoria della costituzione (“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del  disciolto partito fascista”) e presentarono varie mozioni parlamentari a questo fine. Il Parla-  mento rinviò però ogni decisione.   Nel dibattito parlamentare e politico di quei giorni è stata richiamata più volte la “Legge  Scelba” del 1952 (modificata nel 1975); poiché essa riporta alla memoria le tensioni ormai  lontane dell’immediato dopoguerra, vari giornali l’hanno illustrata ai lettori odierni:   La norma di riferimento è la legge del 20 giugno 1952, n. 645. Meglio conosciuta come “legge Scelba”   (dal nome del politico Dc che, alla guida di un comitato interministeriale del governo De Gasperi, la   elaborò) rientra nelle norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione:   “E vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” si legge. La norma   attua questo principio mettendo nero su bianco il concetto di “riorganizzazione” del “partito fascista”   e prevedendo due strade per lo scioglimento dei gruppi: tramite il ministro dell’interno, sulla base di   una sentenza di un tribunale, oppure in maniera più diretta attraverso un decreto del governo, ma solo   in casi “straordinari di necessità e di urgenza”90,   Delle due vie prospettate nel 1952, il parlamento del 2021 scelse quella della sentenza giudi-  ziaria, che permetteva di guadagnare tempo rinviando ogni decisione e affidandosi così alla  tanto criticata funzione suppletiva della magistratura: suppletiva cioè della decisione politica  cui non riescono a giungere i governi deboli e le coalizioni troppo frammentate:   Nessun vincolo arriva dal Parlamento allo scioglimento di Forza Nuova. Le quattro mozioni del cen-   trosinistra che chiedevano all’esecutivo di utilizzare la legge Scelba e di sciogliere con decreto la for-   mazione di estrema destra, e i suoi simili, sono approdate oggi pomeriggio in Senato. Ma, il tempo di   presentarle, e sono state ritirate, diventando un ordine del giorno unitario. Un atto cioè, d’indirizzo,   ma non vincolante. Che può essere letto come la legittimazione ulteriore di quello che sembra essere  l’orientamento del governo: prima di scrivere anche una sola riga del decreto legge di scioglimento,  aspettiamo che la magistratura si esprima sui fatti del 9 ottobre, sulla devastazione della Cgil a Roma.    Dopo un lungo dibattito il Senato ha approvato per alzata di mano l’ordine del giorno del centrosini-  stra: l’atto avrà poco più che una valenza simbolica®!,    Il condizionare lo scioglimento di un movimento neofascista all’esistenza di una futura sen-  tenza giudiziaria aveva tre precedenti. Da un lato, lo scioglimento di movimenti neofascisti  era già avvenuto nel 1973 con “lo scioglimento di Ordine Nuovo, movimento nato nel 1969 e  sciolto dal Ministro dell’interno Taviani in seguito alla sentenza di accertamento della ricosti-  tuzione del partito fascista, nel processo in cui era pubblico ministero Vittorio Occorsio, poi       5? Cesare Giuzzi, Corteo no pass, un fermo e 83 denunciati, “Corriere della Sera” 25 ottobre 2021, p. 12.   60 Gabriele Bartoloni, Sanzioni e scioglimento dei partiti fascisti, cosa prevede la legge Scelba (https://www.  repubblica.it/politica/2021/10/12/news/iter_scioglimento_partito_fascista-321832696/).   61 Federica Olivo, Su Forza Nuova la maggioranza si sgonfia: il governo non sarà costretto a scioglierla (https://  www.huffingtonpost.it/entry/su-forza-nuova-la-maggioranza-si-sgonfia-il-governo-non-sara-costretto-a-  scioglierla_it_61704651e4b066de4f5d2b7e).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 20    ucciso in un attentato rivendicato proprio da Ordine Nuovo”; nel 1975 con lo scioglimento  di Avanguardia Nazionale; nel 2000 con lo scioglimento del Fronte nazionale. D’altro lato,  le esitazioni attuali del governo non sono infondate, e i dubbi sull’opportunità dello sciogli-  mento sono stati sintetizzati dai giuristi Michele Ainis e Vladimiro Zagrebelsky: lo sciogli-  mento rischierebbe di provocare “un’inversione di prospettiva tra persecutore e perseguitato”  (Ainis), né esso è lo strumento più adatto a cancellare i rigurgiti neofascisti (Zagrebelsky)93.  Per fronteggiare il problema delle organizzazioni neofasciste la “Legge Scelba” era stata  attualizzata nel 1993 con la “Legge Mancino” che qui può essere soltanto menzionata:    Nel 1993 il governo Amato emanò il Decreto Legge n.122 contenente “misure urgenti in materia di  discriminazione razziale, etnica e religiosa” poi convertito nella legge 205/93 e oggi conosciuta come  Legge Mancino. La Legge Mancino costituisce ancora oggi il principale strumento legislativo contro  i crimini d’odio, mirando a sanzionare e a prevenire le condotte di discriminazione razziale, etnica  e religiosa, attraverso il divieto di ogni organizzazione movimento o gruppo che abbia tra i propri  scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.  L’art. 7 comma 3 della legge Mancino consente lo scioglimento di organizzazioni, associazioni, movi-  menti o gruppi che abbiano favorito la commissione dei reati elencati dall’art. 5 della medesima Legge  (oggi descritti all’art. 604 fer del codice penale [64]). Si tratta di tutti quei reati commessi per finalità  di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività  di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità”    Ma qui conviene arrestarsi: il Parlamento ha approvato un atto che, come si è detto, “avrà  poco più che una valenza simbolica” mentre nell’autunno del 2021 le manifestazioni contro  la “dittatura sanitaria” vengono strumentalizzate dai nostalgici delle dittature tout court.    Questa reviviscenza dell’estrema destra non avviene solo in Italia. Sempre in quegli stessi  giorni, il governo polacco era coinvolto nella polemica (anche giudiziaria) sulla legge con  cui vietava a società straniere di possedere più del 49% di reti televisive o radiofoniche in  Polonia: in questo modo eliminava le catene critiche rispetto al governo, come TVN24, con-  trollata dall’americana Discovery International. Inoltre quello stesso governo prendeva una  misura che negava il risarcimento agli ebrei che erano stati espropriati durante l’occupazione  nazionalsocialista della Polonia, entrando così in collisione con gli Stati Uniti:    Prosegue il suo corso tra le polemiche anche la legge che blocca i risarcimenti agli ebrei (e non ebrei)  espropriati durante la Seconda guerra mondiale e nella furia nazionalizzatrice del regime comunista.  Ponendo il limite massimo di 30 anni per la presentazione del ricorso da parte degli ex proprietari,  o degli eredi, il governo vanifica in blocco tutte le istanze. [...] Per chiudere definitivamente il capi-       62 Antonio Caputo, Neofascismo e ordine democratico: sciogliere Forza Nuova necesse est,“Micromega” 22 Otto-  bre 2021 (https://Avww.micromega.net/sciogliere-forza-nuova/). Caputo analizza anche la “Legge Manci-  no” appena accennata nel testo.   63 Ivi; e Vladimiro Zagrebelsky, “La Stampa” 16 ottobre 2021 (https://www.lastampa.it/topnews/lettere-e-  idee/2021/10/16/news/i-pro-e-i-contro-di-un-decreto-su-forza-nuova-1.40814678).   64 Per un’analisi del contenuto di queste norme: Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in  materia di violenza o discriminazione per motivi di sesso, di genere, di orientamento sessuale o di identità di  genere A.C. 107, A.C. 569, A.C. 868, A.C. 2171, A.C. 2255 Dossier n° 217/1 — Il testo unificato adottato come  testo base 14 luglio 2020 (https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/gi0109a.Pdf).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 21    tolo risarcimenti, e per giustificare la decisione, il legislatore si è fatto forte di un complicato fardello   pregresso di atti giuridico-amministrativi, risalente ai decenni passati. Ma ciò che ha scatenato l’ira   degli Stati Uniti e di Israele sono state le allusioni al rischio di possibili “tentativi di truffa” da parte di   millantatori, indice per Washington e Gerusalemme di una politica “cripto-antisemita” Non esplicita,   ma già nei fatti6S,   Anche la Francia registra da tempo un crescente antisemitismo. Nelle manifestazioni che  ogni sabato scendono in campo contro la c.d. ‘dittatura sanitaria’ in varie città della Francia  “fioriscono dei numeri sull’avambraccio (riferimento ai deportati nei campi di concentra-  mento) o delle stelle gialle sulla giacca (richiamo alla politica antisemita nazista)”66, Si molti-  plicano le scritte “Qui?” (Chi?), il cui valore antisemita va però spiegato. “Qui?” fa riferimento  a un’allusione antisemita del generale a riposo Dominique Delawarde, che il 18 giugno 2021,  in una trasmissione su CNews, continuava ad accusare un complotto mondiale “qui contròle  le Washington Post, /e New York Times, chez nous [cioè in Francia] BFM-TV et tous les journaux  qui viennent se grouper autour”, senza però citare alcun nome. La ripetuta domanda “Chi?”  resta senza risposta, e il conduttore a questo punto interrompe la trasmissione. Ma da quel  momento la domanda “Chi?” diviene uno slogan degli antisemiti: il 7 agosto un’insegnante  di destra, in una manifestazione contro la politica sanitaria, inalbera un cartello con i nomi  dei “traditori” — tutti ebrei — accompagnati dallo slogan “Mais Qui?” (“Ma chi?”): e la “Q” è  adorna di diaboliche corna”.   Riassumendo i fatti recenti — “Sui cartelli compaiono i ‘Chi? diretti contro la comunità  ebraica, derivati da un’allusione antisemita del generale a riposo Dominique Delawarde; su  un centro di vaccinazione vengono dipinte delle stelle di Davide; una stele in omaggio a  Simone Veil, in Bretagna, è stata vandalizzata tre volte in una settimana” —- “Le Monde” non  può fare a meno di chiedersi: “Que se passe-t-il en France?” 68,   E non solo in Francia: all’inizio di settembre del 2021, Papa Francesco condannava il cre-  scente antisemitismo durante il suo viaggio in Ungheria e Slovacchia, le cui comunità ebrai-  che avevano softerto molto durante l’epoca nazionalsocialista, ma nelle quali l'antisemitismo  stava riaffiorando sotto i governi sovranisti di destra. Nel 1941 l’effimero Stato slovacco — sot-       65 Elisabetta Rosaspina, “I/ blocco dei risarcimenti contro gli ebrei è inaccettabile” Ma il governo: avanti con la  legge, “Corriere della Sera” 14 agosto 2021, p. 18.   66 Antisémitisme: le poison de la banalisation (https://www.lemonde.fr/idees/article/2021/08/18/antisemi-  tisme-le-poison-de-la-banalisation_6091734_3232.htm]).   67 “Sur la pancarte [...] figure une série de noms de ‘traîtres’: plusieurs responsables politiques actuels, mais  aussi une dizaine de personnalités frangaises ou américaines, qui n’ont que peu de rapport direct avec  la gestion de la crise sanitaire. Le milliardaire américain d’origine hongroise George Soros, le fondateur  du forum de Davos, Klaus Schwab, Bernard-Henry Lévy ou encore la famille Rothschild sont ainsi cités.  Leur point commun? Ils sont de confession juive. Au centre de la pancarte figure le slogan en lettres  rouges Mais Qui?”, dont le ‘O’ est agrémenté de cornes” (Samuel Laurent - William Audureau, “Mass  qui”, de la blague virale au slogan antisémite. Au travers de cette question rhétorique, certains opposants à  la politique sanitaire ciblent la communauté juive, accusée d’étre responsable de la crise liée au corona-  virus, Publié le 10 aoùt 2021 à 16h28 — Mis à jour le 14 aoùt 2021 à 06h35 — https://www.lemonde.fr/  societe/article/2021/08/10/mais-qui-de-la-blague-virale-au-slogan-antisemite_6091086_3224.html).   68 Cfr. supra, nota 66 (https://Avww.lemonde.fr/idees/article/2021/08/18/antisemitisme-le-poison-de-la-  banalisation_6091734_3232.html).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 22    to la guida di Jozef Tiso, sacerdote cattolico dalla vita tormentata in un territorio tormenta-  to5? — aveva emanato un “codice ebraico” contenente misure antisemite analoghe alle “Leggi  di Norimberga” nazionalsocialiste del 1935 e a quelle fasciste del 1938. La politica filo-na-  zionalsocialista di Monsignor Tiso aveva imbarazzato non poco la Santa Sede. Nel 1947, con  l'ascesa al potere del comunismo, era giunta per Monsignor Tiso la condanna a morte per  collaborazionismo: ma oggi alcuni ambienti slovacchi ne propongono la riabilitazione. Il  Pontefice esortava “a promuovere insieme un’educazione alla fraternità, così che i rigurgiti  di odio che vogliono distruggerla non prevalgano. Penso alla minaccia dell’antisemitismo,  che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per  disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità” Un analogo appello  era risuonato in Ungheria: “Parole, - commentava il quotidiano dei vescovi italiani, — che  appaiono anche come una risposta indiretta al premier Viktor Orbn, incontrato prima della  Messa”70,   Negli stessi giorni, il congresso “Interfaith” — il G20 delle fedi — rilanciava a livello inter-  confessionale la stessa condanna e annunciava la preparazione di uno studio sugli attentati  a sfondo religioso compiuti nel mondo negli ultimi quarant’anni. Nel suo intervento, il pre-  sidente Mario Draghi condannava espressamente le “manifestazioni di antisemitismo, un  fenomeno in preoccupante crescita”7!,   Questo era dunque il clima in cui ci si preparava a ricordare l’anniversario delle leggi raz-  ziali del 1938.    4. Un esempio: la rievocazione dell’Accademia delle Scienze di Torino    Il 19 e 20 novembre 2018, l'Accademia delle scienze di Torino ricordava l’ottantesimo an-  niversario della legislazione razziale del fascismo con un convegno che si proponeva, “a 80  anni dalla promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista, di ricostruire le       69 Thomas Anselm Lorman, The christian social roots os Jozef Tiso’ radicalism, 1887-1939, in Rebecca Haynes  — Martyn Rady (eds.), Jr the shadow of Hitler. Personalities of the right in central and Eastern Europe, Tauris,  London - New York 2011, pp. 245-261; Ingrid Graziano — Istvîn Eòrdògh Josef, Tiso e la questione ebraica  in Slovacchia. Prefazione di Antonello Biagini, Periferia, Cosenza 2002, 143 pp.; Lisa Guarda Nardini,  Tiso: una terza proposta, Ceseo — Liviana, Padova 1977, 87 pp.; Amedeo Giannini, Monsignor Tiso, “Rivista  di Studi Politici Internazionali” luglio-settembre 1952, n. 3, pp.450-452.   70 Mimmo Muolo, La visita. Il Papa a Budapest e Bratislava: “Mai più odio e chiusure, ma fraternità” “L'Avvenire”  12 settembre 2021 (https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-budapest). Una descrizione degli incotnri  del Pontefice è in Domenico Agasso, Slovacchia, il Papa al Memoriale dell’Olocausto incontra gli ebrei: con  la Shoah “qui disonorato il nome di Dio”,“La Stampa” 13 Settembre 2021 (https:/Avww.lastampa.it/vatican-  insider/it/2021/09/13/news/slovacchia-il-papa-al-memoriale-dell-olocausto-incontra-gli-ebrei-con-la-  shoah-qui-disonorato-il-nome-di-dio-1.40698218).   71 Intervento del premier Mario Draghi nell’ambito dell’Interfaith Forum, 15 settembre 2021 (https:/Avww.  osservatorioantisemitismo.it/articoli/intervento-del-premier-mario-draghi-nellambito-dellinterfaith-  forum/).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marto G. Losano 23    linee essenziali delle radici ideologiche e politiche della persecuzione, il suo svolgimento e  i suoi risultati per dare un contributo al rinnovarsi della memoria e per stimolare le dovute  riflessioni in un mondo in cui si continuano ad alimentare odii etnici e risentimenti”72. Il  programma così annunciato costituisce la cornice delle nove relazioni, pubblicate in volume  a metà del 2021 (a causa della pandemia, come già ricordato nel $ 1)73.   Il curatore del volume, Alberto Piazza (già professore di genetica all’Università di Torino),  è anche autore del saggio di apertura, in cui ripercorre le teorie razziali poste a fondamento  della legislazione fascista e le confuta sulla base delle teorie genetiche attuali, chiedendosi  infine: “Perché lo stereotipo razziale è così difficile da estirpare?”74. Gli altri saggi si occupano  del contesto in cui prese forma la legislazione razziale fascista, delle reazioni che essa suscitò  in generale, nella società italiana e nella Chiesa cattolica; nonché delle reazioni in specifici  ambienti: l'università, la magistratura, la comunità dei matematici, l’istruzione e l’avvocatura.   Fabio Levi, già professore di storia contemporanea all’Università di Torino, sintetizza la  transizione degli italiani da una posizione di indifferenza rispetto alla sorte degli ebrei a una  maggiore attenzione per la loro sorte: ma non sempre e ovunque. Questa transizione correva  parallela allo scoppio della guerra, all’aggravarsi del suo svolgimento in Grecia e in Russia,  ai bombardamenti alleati del 1942, all’arresto di Mussolini il 25 luglio 1943, all’armistizio  dell’8 settembre, alla fuga del re, alla nascita di una repubblica fascista asservita ai nazio-  nalsocialisti. “Il trauma dell’armistizio aveva ridotto di molto la distanza residua fra ebrei e  non ebrei. Sia gli uni sia gli altri erano vittime della stessa guerra”: presi nella morsa della  persecuzione antiebraica e delle distruzioni belliche, “gli ebrei tentarono la sorte affidandosi  al mondo che avevano intorno” e “in queste condizioni si rese possibile un incontro inaspet-  tato” (p. 131 s.)75: quello con gli italiani non ebrei.   Due saggi riprecorrono la storia del razzismo prima della legislazione razziale. Massimo  Salvadori - dopo aver sottolineato che il razzismo moderno, a differenza di quello delle so-  cietà antiche e di quello fondato sulle religioni, non offre “una via d’uscita dalla condizione  degli appartenenti alle razze inferiori o intrisecamente nemiche” (p. 31)76 — traccia una sin-  tetica storia del razzismo a partire dal Seicento, “il secolo definito della ,rivoluzione scienti-  fica”: Infatti scienziati, teologi e filosofi sostennero non soltanto la differenza, ma anche la  gerarchia delle razze e, con quest’ultima, anche il diritto della razza superiore a dominare  quella inferiore. Insomma, da Linneo a Gobineau è “agevole scorgere elementi che si possono  definire di proto-nazismo” (p. 33). Ma è con il Novecento (e con l’opera di Houston Steward       72 Notizie sul convegno sono contenuti in vari siti (per esempio: https://\www.unito.it/eventi/le-leggi-  razziali-del-1938-convegno-allaccademia-delle-scienze; i filmati dell’intero convegno sono in: https://  www.accademiadellescienze.it/attivita/iniziative-culturali/le-leggi-razziali-11-2018).   73 Alberto Piazza (a cura di), Le leggi razziali del 1938,Il Mulino, Bologna 2021, 217 pp.   74 Alberto Piazza, La scienza contemporanea e le ceneri del razzismo, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit.,  p.- 24: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.   75 Fabio Levi, Le risposte della società italiana, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 119-132: le indica-  zioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.   76 Massimo Salvadori, I/ razzismo prima di nazismo e fascismo, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp.119-  132: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marto G. Losano 24    Chamberlain, “una sorta di bibbia del razzismo novecentesco” p. 35) che le teorie razziali  sanciscono l’assoluta superiorità degli ariani e l’insanabile contrasto con gli ebrei. In Cham-  berlain questi ultimi “subiscono una sorta di jelevazione’, in quanto sono visti quale l’altra  razza che [...] è la sola che possa contrastare il dominio dei teutoni nel mondo”; quindi “la via  allo sterminio degli ebrei e alla riduzione degli slavi e delle altre etnie considerate inferiori  era spianata dal programma formulato da Chamberlain” (p. 35). Hitler mise in pratica questo  piano “e nel 1938 il servile dittatore nostrano si mise al carro di quello tedesco col varare le  leggi razziali” (p. 37)   Il saggio di Saverio Gentile, professore di storia del diritto medievale e moderno dell’Uni-  versità Cattolica di Milano, considera nel suo insieme la legislazione antiebraica del fascismo  - “un fenomeno di rara complessità” (p.39)77 — e descrive al suo interno quattro fasi, che ana-  lizza poi in dettaglio: “Un primo frangente è quello degli antefatti e della preparazione del  dispositivo discriminatorio, un secondo momento è costituito dalle norme vere e proprie, un  terzo dalle circolari amministrative — superamento delle norme —, un quarto e ultimo stadio  è quello in cui si travalicano le circolari stesse: la fase, buia oltre ogni dire, della Repubblica  sociale italiana” Viene descritta quindi “una paurosa gradazione ascendente” in cui si pas-  sa dalla “persecuzione dei diritti” alla “persecuzione delle vite” (p. 39 s.). Ancora una volta  l’esperienza coloniale è additata come fonte della discriminazione razziale: “È proprio in  colonia che si adoperano, veicolano e immettono nel circuito, nel panorama e nel linguaggio  giuridico concetti e categorie nuove a cui [...] si fece riferimento in fase di elaborazione della  normativa antiebraica. Anzi, il maggior portato dell’esperienza coloniale fu probabilmente  .la giuridicizzazione del concetto di razza” (p. 52).   Di fronte al Manifesto della razza, la Chiesa cattolica espresse un cauto rifiuto attraverso po-  sizioni non omogenee. Da un lato, Pio XI condannò il razzismo antisemita, ma, d’altro lato,  l’articolata gerarchia della Chiesa assunse atteggiamenti variamente sfumati: Francesco Tra-  niello, già professore di storia contemporanea all’Università di Torino, li riconduce alla “viva  preoccupazione che la politica dell'Asse, inaugurata da Mussolini nel 1936, stesse portando  a un’omologazione ideologica e fattuale del regime fascista a quello nazionalsocialista” col  suo “razzismo paganeggiante del sangue e della terra, condannato sotto il profilo dottrinale  dall’enciclica papale Mit brennender Sorge del marzo 1937” (p.62)78.Il punto cruciale era però  “l’interconnessione tra la questione ebraica e quel sistema di relazioni con il regime fascista  che, per quanto possibile, la Chiesa non intendeva mettere a repentaglio” (p. 63), sistema  sancito dal Concordato del 1929 (“che aveva ulteriormente innalzato il livello del supporto  consensuale della Chiesa all'opera di Mussolini” p. 65). Di conseguenza, “l’incidenza del-  la linea negoziale adottata dalla Santa Sede sul complesso della legislazione antisemita fu       77 Saverio Gentile, Le premesse della campagna razziale dell’Italia fascista: profili politici e storico-giuridici, in  Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 39-58: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono  a questo saggio.   78 Francesco Traniello, Le risposte della Chiesa cattolica alla legislazione e alla politica antisemita del regime  fascista, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 59-83: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si  riferiscono a questo saggio.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 25    nell’insieme molto limitata, riducendosi a qualche aggiustamento normativo ottenuto dai  contatti ufficiali e più spesso informali”: ad esempio, lo Stato non avrebbe considerato “con-  cubinato, penalmente perseguibile, la fattispecie di matrimoni razzialmente misti celebrati  con rito cattolico” ovvero avrebbe considerato l’appartenenza “alla razza ‘non ebraica’ dei  figli di matrimoni misti nati dopo il 1° ottobre 1938 che fossero stati battezzati entro cinque  giorni dalla nascita” (p. 75 s.).   Il mondo universitario italiano era stato colpito nel 1931 dall’obbligo dei docenti di pre-  stare giuramento di fedeltà al fascismo, cui pochi si erano sottratti7?. Ben più gravi erano  invece i vuoti che si aprivano con le leggi razziali80. Annalisa Capristo, bibliotecaria presso  il Centro di Studi Americani, raccoglie una nutrita schiera di testimonianze e sottolinea che  “per decenni l’Italia non ha fatto veramente i conti con il suo passato razzista e antisemita”  Una valutazione “è stata compiuta solo a partire dal 1988 ed è tuttora in corso” (p. 90)8! e  “uno degli ambiti più studiati è quello accademico” per tre ragioni: la presenza ebraica vi  era rilevante; il regime fascista diede particolare enfasi a questo intervento; vi fu una forte  “compromissione degli intellettuali non ebrei nella politica antisemita del fascismo” (p. 91).  Queste considerazioni vengono approfondite con documenti sugli atteggiamenti di Gentile,  Croce, Einaudi (del quale vengono riportate “annotazioni diaristiche” con “inveterati stereo-  tipi antisemiti” p. 105), seguite dall’“allineamento zelante dei matematici italiani” (p. 107) e  dalla documentazione sugli archeologi (“una testimonianza raggelante” p. 115). Opposta fu  la posizione dell’economista Attilio Cabiati (destituito per aver scritto al Ministro delle Fi-  nanze di ritenere “antigiuridica” la normativa razziale, p. 118) e del costituzionalista Ernesto  Orrei, di cui — per sbaglio! — venne pubblicato il libro in cui esprimeva il proprio sdegno per  l’epurazione dei docenti ebrei82: “La scuola e la biblioteca sono come le chiese dello Stato  moderno: non si respinge nessuno” (p. 116).   Il tema dei matematici italiani espulsi è ripreso da Paolo Valabrega, già professore di geo-  metria al Politecnico di Torino, che si fonda “soprattutto sulle informazioni avute da colleghi  più anziani, che hanno conosciuto direttamente — o attraverso testimonianze dirette — i fatti  del 1938, e ne hanno parlato con me in tante conversazioni” (p. 185)83. Ne risulta un contri-  buto ricco di dati individuali, anche di matematici non ebrei. Fra i tanti nomi, vanno ricor-  dati tre matematici non ebrei, ma “molto contrari alle leggi razziali” (p. 199): Tullio Viola a  Roma e, a Torino, Piero Buzano e Francesco Tricomi (1897-1978); quest’ultimo, “contrario al    79 Helmut Goetz, I/ giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, La Nuova Italia, Firenze 2000,  XXIII-314 pp.; e la mia recensione in “Sociologia del diritto” 2000, n. 2, pp. 202-204.   80 L’elenco dei professori ebrei espulsi è in Ugo Caffaz, Discriminazione e persecuzione degli ebrei nell'Italia  fascista, Consiglio Regionale della Toscana, Firenze 1988, 101 pp.   81 Annalisa Capristo, Le reazioni degli ambienti accademici italiani, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit.,  pp. 85-118: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.   82 Ernesto Orrei, Intorno alla questione ebraica. Lineamenti di storia e di dottrina, s.n., Roma 1942 164 pp. Il  volume venne subito ritirato dalle autorità, ma è oggi presente in alcune biblioteche.   83 Paolo Valabrega, La legislazione antiebraica del 1938-39: la comunità matematica italiana, in Piazza, Le leggi  razziali del 1938, cit., pp. 185-204: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo  saggio.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 26    fascismo da sempre, addirittura si convertì, pur non essendo religioso, alla religione valdese,  perseguitata dal fascismo. In Val Pellice [una delle “valli valdesi” del Piemonte] si rifugiò alla  fine del 1943, partecipando per un breve periodo alla lotta partigiana” (p. 199).   L’impatto delle leggi razziali sull’università — che si è già visto nell’analisi di Annalisa  Capristo (supra, p. 25) — viene ripreso da Gian Savino Pene Vidari (1940-2020), professore  di storia del diritto medievale e moderno nell’Università di Torino, che ricorda come l’Uni-  versità di Torino abbia “espulso con zelo amministrativo 58 persone: a ricordo ed espiazione  l'Ateneo da poco ne ha tracciato con un’apposita, efficace e dettagliata mostra nel palazzo  del Rettorato tutte le vicende personali e scientifiche, connesse con la propaganda razzista”  (p. 163)84. Le autorità accademiche del tempo si limitarono a dare scarne notizie su quegli  allontanamenti: solo all'Accademia di medicina di Torino il presidente Luigi Bobbio (padre  di Norberto) “ha dato la notizia della decadenza, ma con un’espressione di stima e di rin-  graziamento per i soci allontanati: si tratta di un accenno gentile, non frequente, ripetuto in  Italia in qualche altra rara occasione” (p. 164).   L’esame di altri gruppi professionali conferma un’immagine di sostanziale acquiescenza  al regime. L’analisi del comportamento della magistratura italiana di fronte alle leggi razziali  può essere approfondito partendo dalla bibliografia pubblicata da Giuseppe Speciale nel suo  volume del 2007 e aggiornata in un suo successivo articolo8S. Inoltre è particolarmente viva la  testimonianza di chi, all’epoca delle leggi razziali, fu un giovane magistrato di prima nomina:  Alessandro Galante Garrone, eminente figura dell’antifascismo, che esamina con equilibrio  la situazione della magistratura negli anni della dittatura — e i suoi cedimenti: “Episodi più  che altro penosi, patologici. Diciamo ancora che questa magistratura scorata e avvilita ebbe,  proprio sotto la repubblica di Salò e il tallone tedesco, qualche sussulto di fierezza, come il  non prestare giuramento e qualche energica protesta collettiva, in varie regioni italiane. Ma  nel complesso, di fronte alle leggi razziali del 1938, essa ebbe, più che tutto, imbarazzo e disa-  gio di coscienza: scantonò e tacque. Tutto sommato, penombre, e qualche ombra più o meno  densa, e qualche debole luce”86,   Sulla magistratura durante l’epoca fascista è opportuno limitarci a questi accenni, e ritor-  nare al volume dell’Accademia delle Scienze torinese. In esso Guido Neppi Modona, già pro-       84 Gian Savino Pene Vidari, La legislazione antiebraica del 1938-39, con la sua applicazione in Piemonte nel  campo dell'istruzione e dell’avvocatura, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 159-183: le indicazioni  tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.   85 Giuseppe Speciale, Giudici e razza nell'Italia fascista, Giappichelli, Torino 2007, XI-296 pp.; Id., La giustizia  della razza. I tribunali e l'art. 26 del r.d. 1728 del 17 novembre 1938, in Luigi Lacchè (ed.),1/ diritto del Duce.  Giustizia e repressione nell’Italia fascista, Donzelli, Roma 2015, pp. 249-278; l'aggiornamento bibliografico  è a p. 249, nota 1. Inoltre: Giuseppe Speciale, Le /eggi antiebraiche nell’ordinamento italiano. Razza, diritto,  esperienze, Pàtron, Bologna 2013, 324 pp. Vedi anche: Ernesto De Cristofaro, Una figura paradossale della  legge: il diritto razzista, pp. 137-147; Giuseppe Speciale, Giudici e razza negli anni della discriminazione: voci  dalle sentenze (1938-1942), pp. 149-171; in Giuseppe Ruggieri (ed.), Io sono l’altro degli altri: l’ebraismo e il  destino dell’Occidente, Firenze, Giunti, 2006, 309 pp.   86 Galante Garrone, Amalek, il dovere della memoria, cit.; in particolare, il capitolo La memoria dell’offesa,  che contiene A quarant'anni dalle leggi antiebraiche, e Cinquant’anni dopo: ricordi e rilessioni di un giudice,  pp. 136-158. La citazione è a p. 158.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 27    fessore di diritto e procedura penale nell'Università di Torino, ricorda che, all’entrata in vigo-  re delle leggi razziali, il ministero della giustizia chiese che i singoli magistrati dichiarassero  di non appartenere alla “razza ebraica”. nel gennaio del 1939 quattordici magistrati vennero  dispensati d’ufficio, mentre quattro chiesero di essere messi a riposo: “non risulta che alcuno  dei circa 4200 magistrati in servizio abbia preso in qualche modo le distanze dall’espulsione”  (p. 136)87. È “l’immensa palude abitata da figure silenti” evocata da Saverio Gentile88.   Molti però non rimasero silenti, ma anzi parteciparono attivamente alle riviste razziste del  regime: “La difesa della razza” “La nobiltà della stirpe” e, in particolare, “Il diritto razzista”  Neppi Modona elenca pagine di nomi e funzioni, e constata — con un elenco di casi esempla-  ri — che a guerra finita nessuno è stato condannato. Non poteva mancare la carriera Gaetano  Azzariti, presidente del Tribunale della razza, poi nel dopoguerra “Ministro della Giustizia  nel primo Governo Badoglio, [...] consulente giuridico del guardasigilli Togliatti nel 1945-  46, infine presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche nel 1949. In pensione  dal 1951, è nominato nel 1955 dal presidente Gronchi giudice della Corte costituzionale, di  cui nel 1957 diviene presidente eletto dai suoi colleghi della Corte sino al 1961, anno della  morte” (p. 145 s.). Al Tribunale della razza appartenevano anche Antonio Manca e Giuseppe  Lampis, anch’essi divenuti giudici costituzionali nel dopoguerra. Ecco la loro (vittoriosa)  difesa: il Tribunale della razza era “una commissione tecnico-giuridica, composta in preva-  lenza di magistrati, che consentiva di far dichiarare ariane persone che agli atti dello stato  civile risultavano ebree. Parecchie famiglie israelite furono così sottratte ai rigori della legge”  (p. 145)82. Infine, Luigi Oggioni passa dal tribunale di cassazione della RSI alla Corte costi-  tuzionale dell’Italia postbellica: nominato nel 1966 da parte del Presidente della repubblica  Giuseppe Saragat, dal 1975 fu vice-presidente di quella Corte.   Non mancarono però magistrati con la “spina dorsale” come Peretti Griva?0 (una cui sen-  tenza su questioni razziali provocò circolari di rimbrotto perché in contrasto con la posizione  del Ministero degli interni) e altri ancora di cui Neppi Modona rende conto. In questa inda-  gine egli ha esaminato “una fonte inedita, i verbali delle adunanze del Consiglio giudiziario  del distretto di corte d’appello di Torino nel decennio dal 1937 al 1946” sulla valutazione dei  magistrati. Su quelle “centinaia di pareri i riferimenti alla razza sono episodici e casuali, in  tutto solo quattro” (p. 152 s.); da essi “non risulta che alcuno abbia manifestato un sia pur       87 Guido Neppi Modona, La magistratura e le leggi raziali 1938-1943, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit.,  pp. 133-158: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio.   88 Saverio Gentile, La legalità del male. L'offensiva mussoliniana contro gli ebrei nella prospettiva storico-giuridi-  ca (1938-1945), Giappichelli, Torino 2013, XIV-614 pp.   89 Ulteriori notizie in Massimiliano Boni, Gaetano Azzariti: dal Tribunale della razza alla Corte costitu-  zionale, “Contemporanea” 2014, pp. 577-607 (https://Awvww.academia.edu/25984366/Gaetano_Azzariti_  dal_tribunale_della razza alla corte costituzionale). Una precisa descrizione della sua carriera è in  Antonella Meniconi, La magistratura e la politica della giustizia durante il fascismo attraverso le strutture del  ministero della giustizia, in Luigi Lacchè (ed.), I/ diritto del Duce, cit., pp. 89-91.   90 Francesco Campobello (a cura di), Una spina dorsale. Domenico Riccardo Peretti Griva: magistrato, anti-  fascista, fotografo, Edizioni SEB, Torino 2017, 179 pp.; Alessandro Galante Garrone, Peretti Griva: una spina  dorsale, “Nuova Antologia” ottobre-dicembre 1998, pp.42-54.       Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 28    timido dissenso o riserva nei confronti della politica razziale del regime o, al contrario, abbia  manifestato adesione a tale politica” (p. 154). Se ne può concludere che “l’alta e la bassa ma-  gistratura si sono trovate accomunate nel medesimo processo di rimozione della legislazione  e della politica razzista del fascismo”; di conseguenza, “quali che siano stati i motivi della  rimozione, la realtà è che i conti con il passato filo-razzista della magistratura italiana sono  ancora tutti da fare” (p. 157 s.)?!.   Nei tribunali operavano anche numerosi avvocati e procuratori, fra i quali l’epurazione  venne realizzata con la legge del 29 giugno 1939, n. 1054. La situazione del Piemonte è stata  descritta sulla base di documenti inediti: “Obiettivo della legge fascista era la cancellazione  dei professionisti ebrei dai rispettivi albi”; però veniva istituito un “albo aggiunto” per inclu-  dervi “gli ebrei ‘discriminati’ per particolari meriti nazionali” (cioè arianizzati, come si è vi-  sto): “nell’albo torinese del 1941 dopo i 722 avvocati ‘ariani’ erano aggiunti in calce 10 ‘ebrei  discriminati’, e quindi riparificati agli ariani” (p. 178).   Massimo Salvadori concludeva il convegno torinese del 2018 con una constatazione —  “non basta accrescere la conoscenza: occorre coltivare la memoria” — e con un quesito che si  dovrebbe sempre tener presente: sarebbe necessario che “chi ha la fortuna di vivere in tempi  migliori di quelli che abbiamo evocato e di cui abbiamo qui scritto non ceda ai facili eccessi  di moralismo nei confronti di coloro che piegarono la schiena per salvaguardare se stessi e  che domandi con sincerità a se stesso: ‘To che cosa avrei fatto, avrei superato la prova?””92,    5. Una guida: i ricordi di Liliana Segre    Gli astratti furori delle norme antiebraiche si sono tradotti nelle concrete softerenze di milio-  ni di individui, quando non nella loro morte spesso atroce. A partire dal dopoguerra molte  persone hanno descritto la loro propria tragedia, affinché non si dimenticasse l’orrore che  avevano vissuto, nella convinzione che il tramandarne la memoria avrebbe (forse) impedito  il ripetersi di tragedie analoghe.   Nel settembre del 1938 Liliana Segre era una bambina milanese otto anni, espulsa dalla  scuola perché ebrea. A 13 anni venne deportata ad Auschwitz, dove morirono suo padre  ed entrambi i nonni paterni. Sopravvissuta al campo di concentramento e tornata in Italia,  rimase in silenzio per anni, poi condivise i suoi ricordi con migliaia di giovani, che incontrò  durante trent'anni di costante impegno nelle scuole di tutt'Italia. Il 19 gennaio 2018 — pro-  prio nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziste, già ricordato più volte — Liliana Segre  venne nominata senatrice a vita. A novant’anni, il 9 ottobre 2020, incontrò i giovani di una  comunità di Arezzo per quella che lei stessa definì la sua “ultima testimonianza pubblica”       ?1 Per un quadro generale: Neppi Modona, La magistratura dalla liberazione agli anni Cinquanta, in Storia  dell’Italia repubblicana, vol. III/2, Einaudi, Torino 1997, pp. 83-137.  92 Massimo L. Salvadori, Conclusioni, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., p. 207.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 29    inclusa nel 2021 in un volume insieme con altri documenti?3. Questa testimonianza è ora  affidata alla lettura di ciascuno di noi e va meditata nel silenzio delle nostre coscienze.   Le testimonianze individuali si sono moltiplicate nel corso degli anni, anche sotto la pres-  sione delle rinascenti simpatie per gli autoritarismi tanto attuali quanto passati (qui evocate  nel $ 3). La testimonianza di Liliana Segre è accompagnata da un elenco selettivo di Libri di  altri sopravvissuti (riprodotto qui alle p.415.). Però la memorialistica su quegli anni è più este-  sa: è già stato citato il libro di Giorgio Del Vecchio (cfr. supra, nota 32); altri ancora affiorano  ripensando anche alle persone che abbiamo conosciuto?4; e indelebile è il ricordo della mia  insegnante al Liceo Galvani di Bologna, Sandra Basilea, che ci leggeva in veneziano Giacinto  Gallina e che ci commosse con il suo libro Sez viva Anne? del 1956: “Io li amo i miei ragazzi.  E ne ho sempre tanti. Ragazzi e ragazze” Parlava a noi (“non c'è nulla di più bello che due  occhi di adolescente che ascoltano un argomento più grande di noi”) rivolgendosi ad Anna  Frank, e si presentava così: “Chi sono? Sono una superstite di quell’orribile marasma. Sono  viva. Scampata per miracolo. Vivo ancora. Sono passati ormai più di dieci anni da quel lon-  tano 1945. Ma vi sono anni della vita che non si dimenticano più. Incidono nel sangue”95,   Per Sandra Basilea, l’uscire in un giorno di primavera dalla stanza dove era rimasta nasco-  sta per 550 giorni è un ricordo imperituro, ma — guardandosi intorno nel fervore del dopo-  guerra — si chiede: “Non sono troppi gli immemori?”; e conclude sulla salutare inevitabilità  dell’oblìo: “Tutti forse dimentichiamo. Forse è destino che sia così. Dobbiamo anche dimen-  ticare. Dimenticare i dolori per riprendersi, i rancori per perdonare, la vita passata per quella  futura che si evolve e procede instancabilmente”96.   Se Sandra Basilea si sofferma sull’oblio individuale, vedremo come Ernest Renan lo esten-  da alla vita di un’intera nazione, quando essa esce da una catastrofe fortemente divisiva (cfr.  infra, p.39).    La curatrice del volume di Liliana Segre, Alessia Rastelli, ha arricchito il volume di interes-  santi Approfondimenti: una Nota biografica su Liliana Segre (pp. 89-92), una Cronologia che  ripercorre con chiarezza gli eventi storico-politici dal 1919 al 1945 (pp. 93-119) e, infine,  delle Proposte di lettura e documenti sulla Shoah italiana (pp. 121-135), che comprendono la  bibliografia dei Libri di Liliana Segre, i Libri di altri sopravvissuti (ricordati poco sopra) e una  selezione di volumi suddivisi per argomento.    93 Liliana Segre, Ho scelto la vita. La mia ultima testimonianza pubblica sulla Shoa. Prefazione di Ferruccio de  Bortoli. A cura di Alessia Rastelli, Solferino, Milano 2021, 121 pp.   94 Per esempio, Massimo Ottolenghi, Per un pezzo di patria. La mia vita negli anni del fascismo e delle leggi  razziali, Blu Edizioni, Torino 2009, 189 pp.; Massimo Ottolenghi, Ricordi di un “gagno” di “Giustizia e li-  bertà”, “Micromega” n. 3, 2015, pp. 279-290 (avvocato, figlio dell’internazionalista Giuseppe Ottolenghi  dell’Università di Torino). “Gagno” significa bambino o ragazzo in piemontese.   25 Sandra Basilea, Sei viva Anne?, Cappelli, Bologna 1956, 157 pp. Le citazioni sono a p. 10 e a p. 12. Su  Sandra Basilea: Elena Corsi, La persecuzione narrata, in Antonia Grasselli (ed.), Stranzeri in patria: gli ebrei  bolognesi dalle leggi antiebraiche all’8 settembre del 1943, Pendragon, Bologna 2006, pp. 75-77; in questo  volume sono analizzati anche altri testi memorialistici di ebrei scampato.   96 Ivi, p. 151.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 30    Forse i più giovani non hanno presente il convulso sovrapporsi di eventi tra il 1943 e il  1945; però è necessario ripercorrerli a grandi linee — seguendo la Cronologia di Alessia Rastel-  li sopra ricordata — per rendersi conto dell’intersecarsi e del sovrapporsi di eventi spesso in  reciproco contrasto, perché riflessi d’una realtà frammentata e contraddittoria.   Nel 1943, il 10 luglio gli angloamericani sbarcano in Sicilia; il 25 luglio, il Gran Consiglio  del Fascismo depone Mussolini e il Re e Imperatore Vittorio Emanuele III lo fa arrestare;  1’8 settembre il governo firma l’armistizio con gli alleati e fugge da Roma; i tedeschi occu-  pano l’Italia centro-settentrionale e il 23 settembre nell’Italia del Nord nasce la Repubblica  Sociale Italiana (RSI). Essa è guidata dal Partito Fascista Repubblicano, il cui programma è  contenuto nel Manifesto di Verona, in cui si legge: “Gli appartenenti alla razza ebraica sono  stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica” (punto 7). In stretta col-  laborazione con i nazisti inizia così la deportazione degli ebrei italiani: a simbolo di questo  nuovo corso assurge la deportazione in Germania, avvenuta il 16-18 ottobre 1943, di oltre  mille ebrei romani, dei quali soltanto sedici sopravvissero.   Nel 1944, da Milano partono i treni per Auschwitz che deportano anche Primo Levi e  Liliana Segre; si intensifica la lotta partigiana e il 24 aprile viene costituito il governo di unità  nazionale presieduto da Pietro Badoglio; il 4 giugno gli alleati liberano Roma e il 6 giugno  sbarcano in Normandia; l’Italia è divisa in due, con l’esercito della RSI che, a fianco dei te-  deschi, combatte contro gli angloamericani che risalgono la penisola, affiancati dall’esercito  regio di Badoglio; una parte dei militari fascisti si sbanda (Tutti a casa è appunto il titolo del  celebre film del 1960 di Luigi Comencini su quei giorni); altri passano alla lotta partigiana;  altri entrano nell’esercito “di Salò”; ma 800.000 rifiutano di servire sia nella RSI sia sotto i te-  deschi e vengono internati in Germania: è la tacita resistenza degli IMI, gli “Internati Militari  Italiani) non meno eroica della resistenza armata.   Nel 1945, il 27 gennaio l’esercito sovietico libera Auschwitz; il 25 aprile il Comitato di  Liberazione Nazionale ordina l’insurrezione generale contro i nazi-fascisti: è la data della  “Liberazione” oggi festa nazionale; il 30 aprile si suicida Hitler e il 7 maggio la Germania si  arrende; il 6 e 9 agosto gli americani sganciano le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki  e il 2 settembre il Giappone si arrende. La Seconda Guerra Mondiale è finita. Il 20 novembre  1945 iniziano i processi di Norimberga contro i criminali nazionalsocialisti e il 29 aprile 1946  inizia il processo di Tokyo contro i militaristi giapponesi, mentre per l’Italia si registra una  “mancata Norimberga”97.   Accanto a questa “grande storia” dell’Italia scorre la “piccola storia” quotidiana degli ita-  liani: bombardamenti, sfollamenti, tessere annonarie, rappresaglie dei nazisti e dei “repub-  blichini” azioni anche arbitrarie dei partigiani, mentre la lotta per i grandi ideali (dell’una  e dell’altra parte) si interseca con meschine e violente rivalse politiche e vendette personali.    27 Michele Battini, La mancata Norimberga italiana, Laterza, Bari-Roma 2003, XII-189 pp.; Filippo Focardi,  Criminali a piede libero: la mancata “Norimberga italiana”, in Giovanni Contini - Filippo Focardi —- Marta  Petricioli (a cura di), Memoria e rimozione: i crimini di guerra del Giappone e dell’Italia, Viella, Roma 2010,  pp. 187-202 (Atti del Convegno tenuto a Firenze nel 2007); Guido Caldiron, La mancata Norimberga  italiana, in Ora e sempre Resistenza, “Micromega” n. 3, 2015, pp. 236-246.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 31    Il 2 giugno 1946 l’Italia diviene una repubblica parlamentare, ricostruisce un suo apparato  statale che — oltre a garantire il funzionamento della nazione - deve anche punire i reati com-  messi nel convulso triennio appena trascorso. In particolare, deve punire i reati commessi dai  fascisti, e deve farlo nell’ambito della nuova legalità repubblicana, i cui tribunali sono però  ancora in maggioranza retti da magistrati con un passato di acquiescenza al fascismo (come  si è visto sopra, p. 26).   L’Italia esce da una guerra mondiale, ma anche da una guerra civile, lasciandosi alle spalle  un’epoca nella quale le istituzioni monarchiche e fasciste hanno goduto di un largo appog-  gio popolare. Un quesito ineludibile si pone alle nuove istituzioni repubblicane: devono  assumersi l’onere di reprimere i reati fascisti, come ad esempio i reati connessi alle leggi an-  tiebraiche? Fiat justitia et pereat mundus? La nuova repubblica preferì la via della pace sociale  e della conciliazione, che però è anche la via dell’impunità: l’“amnistia Togliatti” del 1946 si  colloca in quest’Italia dilaniata dal passato, divisa sul presente ma fiduciosa nel futuro.    6. Tra giusta punizione e pace sociale: “l’amnistia Togliatti” del 1946    Dopo i tormentati giorni successivi all’armistizio dell’8 settembre 1944 e la conclusione delle  attività militari sul territorio italiano, nel tentativo di salvare la monarchia Vittorio Emanuele  II abdicò il 9 maggio 1946 a favore del figlio Umberto II, che dal 1944 al 1946 era stato Luo-  gotenente Generale del Regno d’Italia: è sua la firma sui decreti luogotenenziali esaminati  tra poco. Il 2 giugno il referendum istituzionale trasformò l’Italia in repubblica e quindi  Umberto Il - il “Re di maggio” — dovette partire per l’esilio il 18 giugno.   Nel contempo, sotto la guida di Alcide De Gasperi, veniva formato il primo governo re-  pubblicano, il cui ministro della giustizia era Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comu-  nista Italiano: un inevitabile riconoscimento della rilevanza avuta dai comunisti nella lotta di  Liberazione, destinato però a non avere seguito. Togliatti fu vice-primo ministro nel 1944-45  e Ministro di Grazia e Giustizia nel 1945-46: in quest’ultima veste varò l’amnistia che prese  il suo nome e che verrà qui brevemente esaminata, avendo come testo di riferimento una  recente analisi soprattutto tecnico-giuridica, cioè penalistica, di quest’amnistia?8.   Il suo autore, Paolo Caroli, sintetizza così la sua opera: “Nel primo capitolo si offre una  ricostruzione del contesto storico-giuridico della transizione italiana, sia con riferimento ai  delitti fascisti che a quelli commessi dai militari italiani all’estero, ai delitti della Resistenza e  a quelli dei militari tedeschi. Il secondo capitolo si concentra sull’amnistia Togliatti, analizzan-       98 Paolo Caroli, I/ potere di non puntre. Uno studio sull’amnistia Togliatti, Edizioni Scientifiche Italiane, Na-  poli 2020, 382 pp. (Fonti e Studi per il Diritto Penale, collana diretta da Sergio Vinciguerra e Gabriele  Fornasari, n. 2); le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio. Cfr. in partico-  lare: 2.6.I/ “grande ripiegamento”: dalla pena alla clemenza; 2.7. L’esercizio del potere di clemenza: l’amnistia  Togliatti; 2.8. Gli interventi di clemenza successivi (1946-1966), pp. 48-57, e due capitoli di analisi dell’amni-  stia Togliatti, pp. 101-211; importante la Brbliografia, pp. 331-382.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 32    do i delitti a cui si applica [... ed] evidenziando lo iato tra /aw in the books e law in action. Il  terzo capitolo sottopone il provvedimento di amnistia a un sindacato critico, ricorrendo a un  duplice parametro: da un lato i criteri offerti dalla dottrina penalistica, dall’altro quelli della  giustizia di transizione e del diritto penale internazionale. Il quarto capitolo allarga lo sguar-  do alla transizione nel suo insieme, comparando l’esperienza italiana con quella spagnola e  sudafricana” ma affrontando anche un problema italiano recente, cioè confrontando l’espe-  rienza postbellica “con ciò che avvenne nel passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica,  in quella stagione nominata Tangentopoli”9, iniziata nel 1992. Nel quinto capitolo, infine “si  sviluppano considerazioni più generali sulla clemenza collettiva e sulla non punibilità” nell’I-  talia di oggi (p. 16).   Nella fase postbellica di transizione anche istituzionale, cioè tra il 1944 e il 1946, vennero  emanati anzitutto due decreti luogotenenziali per il perseguimento penale dei reati com-  messi sotto il fascismo: uno sulla Purzizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, l’altro sulle  Sanzioni contro il fascismo! Quest'ultimo — che può essere considerato “la Magna Charta  della giustizia transizionale italiana” (p. 37) — istituisce l’Alto Commissariato per le Sanzioni  contro il Fascismo e individua le fattispecie penali che saranno giudicate dalle Corti Straor-  dinarie d'Assise (CAS), poi Sezioni speciali delle Corti d’Assise:    Art. 1. Sono abrogate tutte le disposizioni penali emanate a tutela delle istituzioni e degli organi poli-  tici creati dal fascismo.  Le sentenze già pronunciate in base a tali disposizioni sono annullate.    Art. 2.I membri del governo fascista, e i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver annullate le garanzie  costituzionali, estinte le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesse e tradite le sorti del  Paese condotto alla attuale catastrofe, sono puniti con l’ergastolo e, nei casi di più grave responsabilità,  con la morte.   Essi saranno giudicati da un’Alta Corte di giustizia composta di un presidente e di otto membri,  nominati dal Consiglio dei Ministri fra alti magistrati, in servizio o a riposo, e fra altre personalità di  rettitudine intemerata.    Art. 3. Coloro che hanno organizzato squadre fasciste, le quali hanno compiuto atti di violenza o di  devastazione, e coloro che hanno promosso o diretto l’insurrezione del 28 ottobre 1922 sono puniti  secondo l’art. 120 del Codice penale del 1889.       99 Rilevanti i due paragrafi sulla “transizione degli anni ’90”: “Il diritto penale per uscire dalla guerra e il  diritto penale per uscire da Targentopoli: a. Un elemento di differenza fra le due transizioni: sulla mag-  giore responsabilità del legislatore nel 1993; 6. Un elemento di analogia e continuità: l’abdicazione del  legislatore e la responsabilità lasciata alla magistratura” (pp. 288-298).   100 Rispettivamente: Decreto Legislativo Luogotenenziale, 26 maggio 1944, n. 134, Punizione dei delitti e  degli illeciti del fascismo; Decreto Legislativo Luogotenenziale, 27 luglio 1944, n. 159, Sanzioni contro il  fascismo (“Gazzetta Ufficiale” serie speciale, 29 luglio 1944, n.41). Sull’insieme delle norme di quei giorni:  Massimo Donini, La gestione penale del passaggio dal fascismo alla Repubblica in Italia,“Materiali per una  storia della cultura giuridica” 2009, pp. 183-216; Nello Martellucci, Le sanzioni contro il fascismo ed il 496  c. p., Priulla, Palermo 1946, 31 pp. L’articolo del codice penale italiano citato nel titolo ha il seguente  contenuto: “False dichiarazioni sulla identità 0 su qualità personali proprie o di altri.Chiunque, fuori dei casi  indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o  dell’altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico  servizio, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 33    Coloro che hanno promosso o diretto il colpo di Stato del 3 gennaio 1925 e coloro che hanno  in seguito contribuito con atti rilevanti a mantenere in vigore il regime fascista sono puniti secondo  l’art, 118 del Codice stesso.   Chiunque ha commesso altri delitti per motivi fascisti o valendosi della situazione politica  creata dal fascismo è punito secondo le leggi del tempo.    Art.4.1 delitti preveduti dall’articolo precedente sono giudicati, a seconda della rispettiva competenza,  dalle Corti d’assise, dai Tribunali e dai Pretori.   Le Corti d’assise sono costituite dai due magistrati, previsti dal Testo unico delle disposizioni le-  gislative sull’ordinamento delle Corti di assise, e da cinque giudici popolari estratti a sorte da appositi  elenchi di cittadini di condotta morale e politica illibata.    Seguono poi le pene, delle quali vengono qui di seguito presentati soltanto alcuni esempi,  che richiedono però una spiegazione preliminare. Il lettore di questo testo (e di altri ad esso  successivi, qui non riportati) può constatare come, nell’indicare i fatti soggetti a punizione,  vengano usati termini così vaghi, da lasciare largo spazio all’interpretazione del giudice nello  stabilire il livello di gravità del comportamento, o addirittura l’esistenza del reato, e quindi  nel decidere se la pena vada comminata, e in che misura, oppure no.   Questa vaghezza terminologica può avere due cause. Una deriva dalla natura politica o fat-  tuale del comportamento punito, il quale non è quantificabile o comunque delimitabile con  precisione. Chi vive in un Stato totalitario, e per di più occupato da un esercito nemico, nella  propria attività professionale inevitabilmente “collabora” con il nemico: a partire da quale  momento questa inevitabile “collaborazione” diviene colpevole “collaborazionismo”!0 In  base all’art. 3 appena citato, come distinguere gli “atti rilevanti a mantenere in vigore il re-  gime fascista” dagli atti irrilevanti a questo fine? L'altra causa della genericità terminologica  deriva dall’arrière pensée attribuibile al legislatore, che pratica una politica giuridica simboli-  ca, anche se in apparenza dura: il legislatore compie il bel gesto di punire con severità certi  comportamenti, sapendo che quella severità verrà attenuata (e anche molto) perché l’appli-  cazione di quelle norme è affidata a una magistratura che ha ancora le sue radici nell’epoca  fascista, come si vedrà tra poco.   Ecco ora il testo di alcune norme, da considerare tenendo conto delle osservazioni sin qui  svolte sulla loro terminologia:   Art 8. Chi, per motivi fascisti o avvalendosi della situazione politica creata dal fascismo, abbia com-   piuto fatti di particolare gravità che, pur non integrando gli estremi di reato, siano contrari a norme di    rettitudine o di probità politica, è soggetto alla interdizione temporanea dai pubblici uffici ovvero alla  privazione dei diritti politici per una durata non superiore a dieci anni.    Art. 9. Senza pregiudizio dell’azione penale, i beni dei cittadini i quali hanno tradito la patria ponen-  dosi politicamente ed attivamente al servizio degli invasori tedeschi sono confiscati a vantaggio dello  Stato.    Art. 12. Sono dispensati dal servizio [cioè epurati]: 1) coloro che, specialmente in alti gradi, col par-  tecipare attivamente alla vita politica del fascismo o con manifestazioni ripetute di apologia fascista,       101 Giuliano Vassalli — Giuseppe Sabatini, I/ collaborazionismo e l’amnistia politica nella giurisprudenza della  Corte di Cassazione. Diritto materiale, diritto processuale, testi legislativi, La giustizia penale, Roma 1947,  VIII-645 pp. (analizza le sentenze del periodo 1944-1947).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 34    si sono mostrati indegni di servire lo Stato; 2) coloro che, anche nei gradi minori, hanno conseguito  nomine od avanzamenti per il favore del partito o dei gerarchi fascisti.    Mentre sono dispensate (cioè epurate) altre figure legate al partito fascista e alla sua attività  (artt. 13-17), in altri casi sono previste forme (altrettanto vaghe) di diritto premiale, come  ad esempio nell’art. 18: “Chi, dopo 1°8 settembre 1943, si è distinto nella lotta contro i tede-  schi, può essere esente dalla dispensa e da ogni misura disciplinare” Segue poi l’“Avocazione  dei profitti di regime” (artt. 26-30), cioè la confisca dell’arricchimento individuale realizzato  sfruttando le opportunità offerte dal regime fascista:    Art. 26: Gli incrementi patrimoniali conseguiti dopo il 28 ottobre 1922, da chi ha rivestito cariche  pubbliche o comunque svolta attività politica, come fascista, si presumono profitti di regime, a meno  che gli interessati dimostrino che gli arricchimenti hanno avuto lecita provenienza. Ciò vale anche se  i beni abbiano cessato di appartenere alla stessa persona.  Infine, una norma nella cui formulazione “la responsabilità del legislatore è più evidente” —  , P 5 P  osserva il penalista Paolo Caroli — punisce “le sevizie particolarmente efferate” all’art. 3 del  decreto dell’“Amnistia Togliatti che è opportuno vedere per intero:    Art. 3. Amnistia per altri delitti politici. È concessa amnistia per i delitti di cui agli articoli 3 e 5 del  decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, ed all’art. 1 del decreto legislativo luogote-  nenziale 22 aprile 1945, n.142, e per i reati ad essi connessi a’ sensi dell’art. 45, n. 2, Codice procedura  penale, salvo che siano stati compiuti da persone rivestite di elevate funzioni di direzione civile o po-  litica o di comando militare, ovvero siano stati commessi fatti di strage, sevizze particolarmente efferate,  omicidio o saccheggio, ovvero i delitti siano stati compiuti a scopo di lucro!02,    Il termine ‘sevizie’ (si noti il plurale) “presuppone un livello estremo di disumanità. Esso  non dovrebbe perciò tollerare l’apposizione di aggettivi che ne qualifichino l’intensità. Le  sevizie, in quanto tali, dovrebbero essere già di per sé al livello massimo di gravità. Tuttavia  il legislatore rende il termine ancora più selettivo, affiancandovi un avverbio ed un aggetti-  vo e richiede, affinché tali sevizie abbiano efficacia ostativa [cioè impediscano l’applicazio-  ne dell’amnistia], che esse siano ‘particolarmente efferate’”” (p. 155 s.). Il risultato pratico di  questa scelta terminologica fu che le ‘sevizie’ senz’altra qualificazione e le ‘sevizie efferate’  vennero amnistiate dai tribunali, con sentenze che sono “addirittura ripugnanti all’umana  coscienza”103, Per la Corte di Cassazione, la sevizia particolarmente efferata è “soltanto quella  che, per la sua atrocità, fa orrore a coloro stessi che dalle torture non siano alieni” (Cassazione,  7 marzo 1951, Camerino). Con un’aberrante interpretazione di questo tipo, nota un com-  mentatore, “giudice dell’efferatezza diventava la sensibilità dello stesso seviziatore” (p. 157)104.   Il progressivo svuotamento delle sanzioni avvenne con varie norme e circolari interpreta-  tive, nonché “con l’entrata in vigore della Costituzione” perché “l’art. 111 consente anche ai       102 Testo integrale dell’“Amnistia Togliatti”. Decreto Presidenziale, 22 giugno 1946, n. 4, Amnistia e indulto  per reati comuni, politici e militari, “Gazzetta Ufficiale” Serie Generale n. 137 del 23 giugno 1946; corsivo  mio (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1946/06/23/046U0004/sg).   103 Carlo Galante Garrone, Guerra di liberazione (dalle galere), “Il Ponte” 1947, p. 1059.   104 La citazione è tratta da Massimo Donini, La gestione penale del passaggio dal fascismo alla Repubblica in  Italia,“Materiali per una storia della cultura giuridica” 2009, p. 211.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 35    condannati in via definitiva di presentare ricorso al fine di ottenere l’amnistia. Ciò di fatto  annulla gli effetti di gran parte del lavoro dell’Alta Corte di giustizia” (p. 49). Infine, il per-  seguimento penale “dei crimini fascisti in Italia conosce un punto d’arresto con l’amnistia  del 1946, qualificata dagli storici come ‘colpo di spugna’, una combinazione di ‘amnesia e  amnistia” (p. 49).   Una precisa esegesi del testo dell’“Amnistia Togliatti” e il dibattito sulle sue numerose  manchevolezze va lasciato ai penalisti. Proprio le indeterminatezze testuali favorirono “un  vero e proprio attivismo della magistratura” segnata — come si è visto — dalla forte impronta  ricevuta nell’epoca fascista: “Dall’inizio del secolo al fascismo, il sistema si basava su una sorta  di ‘dialogo’ fra aperture sociali da parte del legislatore ed applicazione in senso restrittivo da  parte di una magistratura conservatrice, che faceva massimo uso degli spazi di discrezionali  tà consentita” In altre parole: “La logica del bastone e della carota nei confronti delle classi  subalterne e dei movimenti politici di opposizione vede dunque, in un evidente gioco delle  parti, il legislatore offrire la carota e la magistratura brandire il bastone a difesa della conser-  vazione. L'applicazione dell’amnistia in Italia si reggeva proprio su questo gioco delle parti  fra legislatore e magistratura” (p. 183 s.).   Tenendo presente questa situazione conviene ora ritornare al 1946 per soffermarsi breve-  mente sul contenuto dell’“amnistia Togliatti”105. Un suo chiaro commentario è la relazione  con cui Togliatti stesso accompagnò il provvedimento, presentandolo come “un provvedi-  mento generale di clemenza” (p. 143). L’amnistia riguardava i delitti comuni puniti con una  pena detentiva inferiore ai 5 anni e commessi entro il 18 giugno 1946 (art. 1), nonché “i delitti  politici commessi dopo la liberazione” (art. 2): però non veniva definito che cosa si intendesse  per delitto politico. Altri articoli introducevano importanti forme di indulto fuori dai casi  di amnistia: la pena di morte era commutata in ergastolo; l’ergastolo in reclusione per 30  anni; le pene detentive superiori a 5 anni erano ridotte di un terzo; quelle inferiori a 5 anni  venivano condonate (art. 8-10).   L’“amnistia Togliatti” provocò la scarcerazione immediata di molti fascisti e venne critica-  ta non solo dai movimenti partigiani, ma anche all’interno del Partito Comunista Italiano:  infatti vennero scarcerati i fascisti, ma non i partigiani arrestati prima e durante la Liberazio-  ne. Tipica è la posizione dell’esponente del Partito d’Azione Mario Berlinguer (1891-1969),  senatore socialista dopo il 1948 (e padre di Enrico, futuro segretario generale del PCI). Il 28  luglio 1946 - quindi poco prima dell““Amnistia Togliatti“ aveva presentato alla Camera  un provvedimento di “larga amnistia e di condono” infatti egli si dichiarava favorevole a un  provvedimento di amnistia che riguardasse tanto i reati politici quanto anche quelli comuni,  adducendo due ragioni a favore di questa sua proposta: il mutamento della coscienza giuri-  dica dopo il ’44 rispetto ai reati comuni e l‘esigenza di ridurre i processi arretrati che erano  andati accumulandosi!0, Di fronte all’“amnistia Togliatti” ne valuta il pro e il contro: da un       105 Mario Bracci, Come nacque l’amnistia, “Il Ponte” 1947, pp. 1090-1107; in generale: Romano Canosa, Storza  dell’epurazione in Italia. Le sanzioni contro il fascismo 1943-1948, Baldini e Castoldi, Milano 1999, X-465 pp.  106 Mario Berlinguer, Lineamenti della prossima amnistia, “La Giustizia Penale” 1953, p. 378.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 36    lato, la ritiene pericolosa perché “dimentica le vittime per perdonare i persecutori”!07; ma,  dall’altro lato, dà “atto al governo di questo gesto saggio e patriottico, segno di generosità, di  forza e di fiducia nell’Italia che si rinnova”108,   Nell’immediato dopoguerra, inoltre, bisognava tenere presente la collocazione politica  tanto del governo quanto della magistratura: quest’ultima “è ora chiamata a giudicare mem-  bri del passato regime, i quali [...] rappresentano comunque la conservazione, a fronte di  un nuovo governo che di fatto [...] è un governo rivoluzionario. Esso era inoltre composto  da partiti come il PCI, sino a poco prima bandito come illegale e bollato come sovversivo  del concetto stesso di ordine costituito. L'atteggiamento della magistratura non rappresenta  quindi un intervento improvviso e imprevedibile, ma un’evoluzione coerente e perfettamen-  te prevedibile” (p. 184 s.).   All’interno società italiana del dopoguerra si intrecciavano ancora “moti di violenza, mi-  nacce neofasciste, ritorno di partigiani alla macchia, omicidi eccellenti e omicidi di classe”  (p. 54), mentre nel contesto internazionale l’Unione Sovietica, da alleata delle democrazie  occidentali nella ‘guerra calda’, si era trasformata nella loro nemica nella ‘guerra fredda”.  All’interno dell’Italia veniva quindi meno quella solidarietà tra i partiti antifascisti di destra  e di sinistra che aveva caratterizzato la Resistenza, mentre all’esterno appariva chiaro che gli  Stati Uniti non potevano accettare che nel governo italiano fosse presente il maggior partito  comunista dell'Occidente. Di conseguenza, nel 1947 il PCI venne escluso dal governo De  Gasperi: resterà fuori dall’area governativa sino alla sua dissoluzione nel 1991109,    Il grave attentato a Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948 può essere preso a simbolo delle ten-  sioni sociali e politiche dell’immediato dopoguerra!!0; un simbolo con una doppia valenza.   Da un lato, l’attentato porta alla luce in forma estrema gli atteggiamenti fortemente osti-  li ancora presenti in tutto il Paese: “Operai e contadini in piazza, sciopero generale prima  spontaneo poi ufficiale, l’urlo della folla in marcia, le fabbriche occupate, le sedi cattoliche  devastate, le camionette della Celere in azione, i comizi del Pci, i primi colpi, le prime vio-  lenze. [...] Il 15 [luglio 1948] compaiono i mitra: i dimostranti sparano, i celerini rispondono,  si contano i primi morti. Togliatti ha invitato alla calma, ma l’Italia è un vulcano. Genova,  Firenze, Torino e Venezia sono in rivolta. Il Governo mette in campo l’esercito. Sono le ore  più drammatiche della breve storia repubblicana. Siamo nell’anticamera della guerra civile”;       107 Mario Berlinguer, L’ammnistia è pericolosa. Dimentica le vittime per perdonare i persecutori, “Non Mollare”  20 luglio 1946, p. 1. Contrario all’amnistia anche A. Battaglia, A proposito dell’amnistia. Una cattiva legge  ed una indebita circolare, “Rivista Penale” 1946, p. 852.   108 Mario Berlinguer, Incongruenza e iniquità dell’amnistia, “La Giustizia Penale” 1945-46, pp. 484-487.   109 Il 3 febbraio 1991 il XX Congresso del PCI decise di mutare nome in Partito Democratico della Sinistra,  destinato a successivi cambi di nome e a un costante calo elettorale.   110 La notizia dell’attentato nella stampa di quei giorni è raccolta nel sito della Fondazione Feltrinelli  (https://fondazionefeltrinelli.it/app/uploads/2020/11/1948_Attentato-a-Togliatti.pdf).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marto G. Losano 37    infine, “l’estate rovente del ’48 va in archivio, portandosi dietro una guerra civile che non c'è  stata e un bilancio pesante: 30 morti e 800 feriti”111,   Dall’altro lato, nel giorno stesso in cui fu vittima dell’attentato all’uscita dal parlamento,  l'atteggiamento moderato di Togliatti tenne a freno un partito in cui molti militanti ex parti-  giani avevano ancora le armi in cantina: “Le uniche parole che il segretario [del PCI] pronun-  cia prima di entrare di entrare in sala operatoria sono “State calmi; non perdete la testa!””112,  Il carisma del segretario generale e la disciplina del partito, nonché la ferma reazione del  governo, evitarono giorni drammatici alla giovanissima repubblica.    7. L’“Amnistia Azara” del 1953 e la fine della giustizia di transizione    Il clima fin qui illustrato spiega perché, a partire da quello stesso 1948, si sussegua uno stil-  licidio di norme e di atti di clemenza individuale. Assume un particolare rilievo nel 1953  l’“amnistia Azara” dal nome dell’allora ministro della giustizia!!3. Essa vuole (queste le parole  del relatore alla Camera dei deputati, Francesco Colitto) “chiudere il ciclo fin troppo lungo  di una lotta politica assai aspra e drammatica, cancellando i residui della dura guerra civile  e dare così inizio ad una nuova èra di solidarietà nazionale”1!4. Il medesimo spirito irenico  traspare dalla presentazione al Senato di questo “progetto di clemenza”:   PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: “Delegazione al Presidente   della Repubblica per la concessione di amnistia e indulto” già approvato dalla Camera dei deputati. Di-    chiaro aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il senatore Piola. Prima che egli inizi il suo di-  scorso, mi sia consentito di ricordare al Senato che un provvedimento di clemenza deve essere discusso       11! Marco Innocenti, 14 luglio 1948: l'attentato a Togliatti, (https://st.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/  Tempo%20liberoX20e%20Cultura/2008/07/Storia-storie-togliatti-14-luglio.shtml).   112 Su questa celebre frase (narrata in più varianti, ma tutte con la stessa carica pacificatrice): Fabrizio Ron-  dolino, I/ nostro PCI 1921-1991. Un racconto per immagini, Rizzoli, Milano 2020, p. 134 (a p. 180 il mani-  festo per il ritorno di Togliatti alla Festa dell’Unità il 26 settembre 1948); Marcella e Maurizio Ferrara,  Conversando con Togliatti, Edizioni di Cultura Sociale, Roma 1953, p. 375.   113 La carriera del magistrato Antonio Azara (1883-1967) riflette la mutevolezza dei suoi tempi: negli anni  del fascismo fu giudice di cassazione dal 1936, collaborò alla preparazione del codice civile del 1942  (ottimo codice tuttora vigente), fu membro del comitato scientifico delle riviste “La nobiltà della stirpe”  e “Diritto Razzista” rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana (venendo per questo espulso  dalla magistratura) e dal 1948 alla morte fu senatore della Democrazia Cristiana. Come ministro della  giustizia nel 1953-54 emanò un provvedimento di indulto e amnistia per i reati politici commessi  entro il 18 giugno 1948 (D.P.R 19 dicembre 1953, n. 922), noto come “Amnistia Azara”. Antonio Azara,  Amnistia e indulto. Discorsi pronunciati alla Camera dei deputati nelle sedute del 2 e del 18 dicembre 1953,  Tipografia della Camera dei deputati, Roma [1954?], 38 pp.; Id., Direttive fasciste nel nuovo Codice civile,  Giuffrè, Milano 1939, 45 pp. (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.presidente.  repubblica:1953-12-19;922!vig=).   114 Alfredo Jannitti Piromallo, Esposizione critica della giurisprudenza sui decreti di amnistia e d’indulto dell’ulti-  mo decennio, Società Editrice Libraria, Milano 1954, 414 pp.; la citazione è a p. 56 s. (2° ed. aggiornata con  il decreto di amnistia e indulto 19 dicembre 1953, n. 922, illustrato articolo per articolo).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 38    in un’atmosfera che non contrasti con le elevate finalità che esso si propone. Il senatore Piola ha facoltà  di parlare. proLa. Illustre Presidente, onorevoli colleghi: il richiamo e l’augurio che il nostro Presidente  ha fatto, di mantenere la discussione nell’ambito della più assoluta serenità, trova certamente concordi  tutti i colleghi. Dirò brevi parole sul progetto in esame, risultato dei lavori della Commissione, nella  quale è regnata quella stessa serenità di discussione che si verificherà in quest’Aula. Il progetto è giunto  al Senato monco, in relazione a quello che era stato il progetto governativo, avendo l’altro ramo del  Parlamento respinta l’amnistia; la Commissione all’unanimità ha ritenuto che dovesse essere integrato  in quella parte che le vicende della discussione, alla Camera, avevano annullato. Non spetta a questo  Consesso di indagare sulle ragioni complesse per le quali dal progetto era stato eliminato l’articolo  primo; ma era doveroso per l’armonia stessa del provvedimento di clemenza che la Commissione si  facesse parte diligente col creare l’altro pilastro sul quale il provvedimento stesso doveva poggiare. Ed  è così che accanto all’indulto si propone all’approvazione del Senato l’amnistia!!5,    Anche questo decreto del 1953 contiene dunque norme sia sull’amnistia, sia sull’indulto.  In esso l’amnistia è “generale” mentre la particolare ampiezza dell’indulto aveva animato il  dibattito sull’approvazione del provvedimento: secondo alcuni, infatti, quell’ampio indulto  sembrava una misura per far uscire dalle carceri tutti i politici. L'amnistia sancita dal decreto  presidenziale n. 922 del 19 dicembre 1953 è nota come “amnistia Azara” perché promossa  dall’allora Ministro della Giustizia, Antonio Azara (1883-1967), “magistrato fascista e noto-  riamente razzista (sostenitore delle “leggi razziali” e membro della rivista “Diritto razzista”).  Tale decreto n.922, congiunto alla legge n. 921 sulla liberazione condizionale, emanata giusto  il giorno precedente 18 dicembre 1953, determinò la scarcerazione dei collaborazionisti che  erano ancora reclusi” 116,   Basti qui richiamare in forma abbreviata i due articoli iniziali di questo testo, la cui analisi  complessiva sarebbe lunga e tecnicamente complessa:    Art. 1. È concessa amnistia:   a) per ogni reato, non militare o finanziario, per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore  nel massimo a quattro anni, sola o congiunta a pena pecuniaria, oppure soltanto una pena pecuniaria.  [Segue un elenco di reati esclusi dall’amnistia.]   b) per tutti i reati preveduti dal regio decreto-legge 22 aprile 1943, n. 245, e sue successive modifica-  zioni, nonchè per tutti i reati preveduti da leggi antecedenti e successive al decreto-legge anzidetto in  ordine alla disciplina dei consumi, degli ammassi e dei contingentamenti;   c) per il reato di diffamazione a mezzo della stampa;   d) peri reati militari di assenza dal servizio preveduti dagli articoli 146, 147, prima parte, e 151 del Co-  dice penale militare di guerra commessi dall’8 settembre 1943 al 15 aprile 1946, in quanto non siano  stati compresi in precedenti decreti di amnistia;   e) per ogni reato, non militare o finanziario, per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore  nel massimo a sei anni, sola o congiunta a pena pecuniaria, commesso da minori di anni diciotto,  ferme restando le esclusioni di cui alla lettera a);   f) per i reati finanziari preveduti [segue elenco].       115 Senato della Repubblica, Seduta del 13 dicembre 1953, Discussione del disegno di legge: Delegazione  al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e indulto, p. 2671 (https://www.senato.  it/service/PDF/PDFServer/BGT/473525.pdf). Relatore è il senatore Giacomo Piola della Democrazia  Cristiana.   116 Dalla tesi di Mauro Luciano Malo, La giustizia di transizione tra fascismo e democrazia, p. 200 s. (http://  dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/18408/855495-1250948.pdf?sequence=2).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 39    Art. 2. È concesso indulto:   a) per i seguenti reati commessi dall’8 settembre 1943 al 18 giugno 1946: reati politici, ai sensi dell’art. 8  del Codice penale, e i reati connessi; nonchè i reati inerenti a fatti bellici, commessi da coloro che ab-  biano appartenuto a formazioni armate: 1) commutando la pena dell’ergastolo nella reclusione per  anni dieci e, qualora l’ergastolo sia stato già commutato in reclusione per effetto dell’indulto, riducen-  do ad anni dieci la pena della reclusione sostituita a quella dell’ergastolo; 2) riducendo ad anni due  la pena della reclusione superiore ad anni venti e condonando interamente la pena non superiore ad  anni venti;   b) per ogni reato commesso non oltre il 18 giugno 1946 da coloro che abbiano appartenuto a forma-  zioni armate, e non fruiscano del beneficio indicato nella precedente lettera.    In sintesi, quell’amnistia e alcune norme successive “estesero definitivamente a tutti i condan-  nati (compresi i latitanti), i benefici delle scarcerazioni e delle amnistie. In questo modo in  carcere non rimase più nessuno, e la giustizia del dopoguerra così si concluse” 117,   Se la condanna esige il ricordo, l’amnistia impone l’oblìo: e forse, come il dimenticare è  essenziale per la mente dell’individuo, così il dimenticare è necessario affinché una nazione  possa vivere senza eccessive tensioni. L'Italia ha molto dimenticato, e la natura e le dimensio-  ni di questo oblio imporrebbero un’ulteriore, vasta ricerca. Essa potrebbe svolgersi all’inse-  gna di quando aveva affermato Ernest Renan nel 1882:    L’oblio, e dirò persino l’errore storico, costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una na-  zione, ed è per questo motivo che il progresso degli studi storici rappresenta spesso un pericolo per le  nazionalità. La ricerca storica, infatti, riporta alla luce i fatti di violenza che hanno accompagnato l’o-  rigine di tutte le formazioni politiche, anche di quelle le cui conseguenze sono state benefiche: l’unità  si realizza sempre in modo brutale. [....]   Una nazione è un’anima, un principio spirituale. Due cose, che in realtà sono una cosa sola,  costituiscono quest’anima e questo principio spirituale; una è nel passato, l’altra è nel presente. Una  è il comune possesso di una ricca eredità di ricordi; l’altra è il consenso attuale, il desiderio di vivere  insieme, la volontà di continuare a far valere l’eredità ricevuta insieme. [...]   L’essenza di una nazione sta nel fatto che tutti i suoi individui condividano un patrimonio  comune, ma anche nel fatto che tutti abbiano dimenticate molte altre cose!!8,    Nella giustizia transizionale dell’Italia del dopoguerra le amnistie “Togliatti” e “Azara” sono  i primi passi sulla via dell’oblìo; altri se ne aggiusero, soprattutto dopo le turbolenze del 1968.  Omettendo ulteriori approfondimenti, se ne può tracciare un primo quadro complessivo:  “Negli anni ’50 e ’60 i provvedimenti di amnistia e di indulto per fatti politici sono cinque  su un totale di nove atti del genere (i decreti emessi in relazione a fatti politici contengono  di solito disposizioni anche in ordine a reati comuni). Il primo è del 1953 (D.P.R. 19/12/1953,  n.922) e l’ultimo è del 1970 (D.P.R. 22/5/70, n. 283). Gli altri sono del 1959 (D.P.R. 11 luglio,  n.460), del 1966 (D.P.R. 4 giugno, n.332) e del 1968 (D.P.R. 25 ottobre, n. 1084). Dopo il 1970  non vi sono più amnistie per fatti politici. Di conseguenza i provvedimenti di questo tipo       117 Ivi (http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/18408/855495-1250948.pdf?sequence=2).  118 Ernest Renan, Che cos'è una nazione? E altri saggi, Donzelli, Roma 1993, p. 7, p. 19, p. 8. Sull’oblìo indivi-  duale in Sandra Basilea, cfr. supra, p. 29.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 40    risultano essere cinque nei trentacinque anni compresi tra il 1950 ed il 1985: queste sono le  dimensioni della ‘clemenza’ politica in Italia in tempi recenti”!!9,    La riabilitazione del passato culminò nel 1960 con la formazione del Governo Tambroni,  che ottenne la fiducia 1’8 aprile: un monocolore democristiano con l’appoggio esterno del  Movimento Sociale Italiano, diretto erede della Repubblica Sociale Italiana e, quindi, del  partito fascista (che una norma della costituzione del 1948 vieta di ricostituire “sotto qualsiasi  forma?129; di qui la scelta di denominarlo “Movimento” e non “Partito”). Questa inaccettabile  alleanza politica aveva il suo simbolo in Giorgio Almirante (1914-1988), già sottosegretario  nel governo della Repubblica Sociale Italiana, co-fondatore e poi segretario generale del Mo-  vimento Sociale Italiano, nonché deputato nel parlamento repubblicano dal 1948 al 1988.  La fiducia a quel governo di centro-destra provocò violente manifestazioni in tutto il paese e  Fernando Tambroni presentò le sue dimissioni il 18 luglio 1960. Ma oggi la fiamma tricolore  — che fu il simbolo dell’estinto Movimento Sociale Italiano — continua ad essere presente nel  simbolo del partito di estrema destra “Fratelli d’Italia” che nelle elezioni passate ha acquistato  una posizione rilevante e che negli attuali sondaggi elettorali presenta una crescita costan-  tel21, anche se sembra aver subìto un rallentamento nelle elezioni locali dell’ottobre 2021.   In questo richiamo al ‘passato che non passa’ ritorna l'atmosfera ‘nostalgica’ (già evocata nel  $ 3.Commemorare in tempi immemori: tra condanna e nostalgia) e la constatazione che, nella re-  pubblica nata dalla Resistenza, si sta ormai affermando sempre più la desistenza, cioè il cedere  il passo alle pulsioni di destra sopite ma non cancellate, al “fascismo eterno” evocato da Um-  berto Eco!22. Ed era proprio la desistenza quello che Piero Calamandrei temeva — già nel 1946:   Finita e dimenticata la Resistenza, tornano di moda gli “scrittori della desistenza”: e tra poco recla-   meranno a buon diritto cattedre ed accademie. Sono questi i segni dell’antica malattia. E nei migliori,    di fronte a questo rigurgito, rinasce il disgusto: la sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi, di  lasciare la politica ai politicanti. Questo il pericoloso stato d’animo che ognuno di noi deve sorvegliare       119 Amedeo Santosuosso, Gli anni ’50 e ’60 (https://Awww.inventati.org/apm/abolizionismo/santpoli/santpo-  li6.html).   120 Costituzione della Repubblica italiana (1948), Disposizioni transitorie e finali, XII: È vietata la riorganiz-  zazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con  legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al  diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.   121 Secondo un sondaggio dell’importante Istituto Nazionale di Ricerche Dembòpolis “se si votasse oggi  [cioè il 28 agosto 2021] il primo partito sarebbe Fratelli d’Italia con il 21% delle preferenze. La Lega,  però, insegue ad appena lo 0,2 di distanza, accreditandosi al 20,8 per cento. - Non distante dai partiti  del centrodestra il Pd, che otterrebbe il 19,5%. Il Movimento 5 Stelle, invece, si assesterebbe al 16,6 per  cento, mentre tutti gli altri partiti sarebbero sotto la soglia del 10%. — Forza Italia [il partito di Silvio  Berlusconi], infatti, è accreditata al 7 per cento, seguita da Azzore al 2,6%, Sinistra Italiana al 2,2 per cento,  Leu all’1,9 per cento e infine Italia Viva all’1,7%” (https:/Avww.lagone.it/2021/08/29/sondaggi-politici-  elettorali-oggi-28-agosto-fratelli-ditalia-lega-e-pd-racchiusi-in-appena-un-punto-e-mezzo/).   122 Umberto Eco, I/ fascismo eterno, La nave di Teseo, 2018, 51 pp. Eco indica “una lista di caratteristiche tipi-  che di quello che vorrei chiamare l’“Ur-Fascismo” o il “fascismo eterno” Tali caratteristiche non possono  venire irreggimentate in un sistema: molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre  forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una  nebulosa fascista”    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 41    e combattere, prima che negli altri, in se stesso: se io mi sorprendo a dubitare che i morti siano morti  invano, che gli ideali per cui son morti fossero stolte illusioni, io porto con questo dubbio il mio con-  tributo alla rinascita del fascismo. Dopo la breve epopea della resistenza eroica, sono ora cominciati,  per chi non vuole che il mondo si sprofondi nella palude, i lunghi decenni penosi ed ingloriosi della  resistenza in prosa. Ognuno di noi può, colla sua oscura resistenza individuale, portare un contributo  alla salvezza del mondo: oppure, colla sua sconfortata desistenza, esser complice di una ricaduta che,  questa volta, non potrebbe non esser mortale!23,    Bibliografie124    Libri di sopravvissuti    Rispetto all’elenco contenuto a p. 122 s. del volume di Liliana Segre (cfr. supra, S$ 5. Una guida: i ricordi di  Liliana Segre, pp. 29-31), i titoli sono qui riportati in ordine alfabetico secondo il cognome dell’autore e,  ove possibile, è stata indicata la prima edizione e qualcuna delle successive. Quasi tutti i titoli hanno però  ulteriori edizioni, con vari curatori o prefatori.    Bruck, Edith, Chi ti ama così, Lerici, Milano 1959, 112 pp.; Feltrinelli, Milano 2021, 109 pp. (cfr. supra,  p. 165.).    Id., Signora Auschwitz. Il dono della parola, Marsilio, Venezia 1999, 93 pp.  Id.,// pane perduto, La nave di Teseo, Milano 2021, 126 pp.    Bucci, Andra — Tatiana Bucci, Noî, bambine ad Auschwitz. La nostra storia di sopravvissute alla Shoah. A cura di  Umberto Gentiloni Silveri e Marcello Pezzetti. In collaborazione con Stefano Palermo, Mondadori Milano  2018, XIX-133 pp.    Fiano, Nedo, A 5405. Il coraggio di vivere. Prefazione Fiamma Nirestein; presentazione Ernesto Galli della  Loggia; contributo storico Marcello Pezzetti, Monti, Saronno 2003, 240 pp.; Premesse di Andrea, Emanuele  e Enzo Fiano, San Paolo, Cinisello Balsamo 2018, 234 pp.    Levi, Primo, Se questo è un uomo, De Silva, Torino 1947, 197 pp.; Einaudi, Torino 1963, 221 pp.  Id., La tregua, Einaudi, Torino 1963, 255 pp.   Id.,/ sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, 167 pp.   Millu, Liliana I/ fumo di Birkenau, La Prora, Milano 1947, 237 pp.; Giuntina, Firenze 1979, 163 pp.;    Id., Tagebuch. Il diario del ritorno dal Lager. Prefazione di Paolo De Benedetti. Introduzione di Piero Stefani,  Giuntina, Firenze 2006, 103 pp. (postumo)    Modiano, Sami, Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz-Birkenau e altri esili. A cura di Marcello  Pezzetti e Umberto Gentiloni Silveri, Rizzoli, Milano 2013, 209 pp.; Walter Veltroni, Tana libera tutti. Sami       123 Piero Calamandrei, Desistenza, “Il Ponte” 1946, n. 10, p. 837 s. (inoltre: https://jacopogiliberto.blog.  ilsole24ore.com/2013/10/21/desistenza-un-vecchio-articolo-di-piero-calamandrei-da-rileggere-con-  attenzione/).   124 Queste bibliografie sono pubblicate anche nella rivista on line dell’Institut fur Zeitgeschichte di Monaco  di Baviera e Berlino: Le leggi razziali in Italia (1938): dall’amnistia all’amnesia. Una bibliografia, “Sche-  punkte” 21 (2021), Nr. 11 (in stampa).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 42    Modiano, il bambino che tornò da Auschwitz, Feltrinelli, Milano 2021, 155 pp. (Veltroni raccoglie la testimo-  nianza diretta di Sami Modiano e la trascrive per i più giovani).    Nissim, Luciana, Ricordi della casa dei morti, in Luciana Nissim — Pelagia Lewinska, Donne contro il mostro,  Ramella, Torino 1946, pp. 17-58; anche in Luciana Nissim Momigliano, Ricordi della casa dei morti, e altri  scritti, Giuntina, Firenze 2008, pp. 35-71 (postumo).    Springer, Elisa, // silenzio dei vivi. All'ombra di Auschwitz, un racconto di morte e resurrezione, Marsilio, Venezia  1997, 122 pp.    Szòrenyi, Arianna, Una bambina ad Auschwitz. A cura di Mario Bernardi, Mursia, Milano 2014, 111 pp.    Terracina, Piero, Pensate sempre che siete uomini. Una testimonianza della Shoah. Con una postfazione di Lisa  Ginzburg, Ponte alle Grazie, Milano 2021, 97 pp. (postumo).    Venezia, Shlomo, Sonderkommando Auschwitz. A cura di Marcello Pezzetti e Umberto Gentiloni Silveri;  da un’intervista di Béatrice Prasquier, Rizzoli, Milano 2007, 235 pp.    All’elenco di Liliana Segre si possono aggiungere:    Basilea, Sandra, Se: viva Anne?, Cappelli, Bologna 1956, 157 pp. (cfr. supra, p. 29).    Del Vecchio, Giorgio, Una nuova persecuzione contro un perseguitato. Documenti, Tipografia artigiana, Roma  1945, 79 pp. (cfr. supra, p.10).    Grasselli, Antonia (ed.), Strarzeri in patria: gli ebrei bolognesi dalle leggi antiebraiche all’8 settembre del 1943,  Pendragon, Bologna 2006, 198 pp.    Ottolenghi, Massimo, Per un pezzo di patria. La mia vita negli anni del fascismo e delle leggi razziali, Blu Edi-  zioni, Torino 2009, 189 pp.    Id., Ricordi di un “gagno” di “Giustizia e libertà”,“Micromega” n. 3, 2015, pp. 279-290.    Una bibliografia 2017-2021 sulle leggi razziali del 1938    La bibliografia che segue elenca soltanto i titoli dei libri (non quindi degli articoli) in cui compaiono le  parole “leggi razziali” e si limita agli anni dal 2017 al 2021, cioè agli anni prossimi l’ottantesimo anniversario  delle leggi razziali del 1938. Questa selezione è necessaria perché il Sistema Bibliotecario Nazionale indica  complessivamente circa 650 titoli dedicati a questo tema.    2021    Benussi, Sabrina — Annalisa Di Fant (a cura di), Razzismo in cattedra. Il liceo F. Petrarca di Trieste e le leggi  razziali del 1938, EUT, Trieste 2021, 151 pp.    Convivere con Auschwitz. Il rafforzamento del dovere della memoria per la pace e la democrazia nell’ottantesimo  dal preannuncio a Trieste delle famigerate leggi razziali. 5° convegno: 25 gennaio 2018, EUT, Trieste 2021,  127 pp. (Atti del convegno tenuto a Trieste nell’ambito della Settimana della Memoria).    Di Veroli, Andrea, Giulio Amati da uomo a numero. La vita di un ebreo italiano spezzata dalle leggi razziali,  Chillemi, Roma 2021, 186 pp.    Fanesi, Pietro Rinaldo, GU ebrei italiani nelle Americhe dopo le leggi razziali del 1938. Introduzione di Andrea  Mulas. Postfazione di Silvana Amati Roma, Nova Delphi, Roma 2021, 129 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 43    Fidanza, Vittorio, La lunga notte. Gli italiani fra leggi razziali e deliri totalitari, Associazione Culturale Mitico  Channel, Foggia 2021, 199 pp.    Foà, Ugo, I/ bambino che non poteva andare a scuola. Storia della mia infanzia durante le leggi razziali in Italia,  Manni, San Cesario di Lecce 2021, 85 pp.    Lombardo, Giacomo, L’ Italia s’è vespa. Una vespa che racconta i due volti dell’ Italia e della Piaggio, dalla  promulgazione delle leggi razziali del 1938 fino al boom economico degli anni 50, Snt, 25 pp.    Pegrari, Maurizio — Antonio Porteri (a cura di), Le leggi razziali contro i beni e le professioni degli ebrei in  Italia (1938-1945), Travagliato — Torre d’Ercole, Brescia 2021, 232 pp.    2020    Alatri, Giovanna, Asili infantili dall'Unità alle leggi razziali: ebrei a Roma. Prefazione di Riccardo Di Segni.  Introduzione Paolo Mieli, Fefè, Roma 2020, 119 pp.    Calivà, Mario, Le leggi razziali e l'ottobre del 1943, Besamuci, Nardò (Lecce) 2020, 167 pp.    Casula, Carlo Felice - Giovanni Spagnoletti, Alessandro Triulzi (a cura di), La conquista dell’impero e le leggi  razziali tra cinema e memoria, Annali - Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Effigi,  Arcidosso (Grosseto) 2020, 206 pp.    Malaguti, Gino — Barbara Previato, Giorgio Malaguti, Espulsi e licenziati: alunni e docenti delle scuole modene-  si e le leggi razziali del 1938, Nonantola - Centro studi storici nonantolani, Il Fiorino, Modena 2020, 108 pp.    Pagliara, Alessandro (a cura di), Antichistica italiana e leggi razziali. Atti del Convegno in occasione dell’ottante-  simo anniversario del Regio Decreto Legge n. 1779 (Università di Parma, 28 novembre 2018), Athenaeum, Parma  2020, IX-247 pp.    Riccardi, Andrea - Gabriele Rigano (eds.), La svolta del 1938. Fascismo, cattolicesimo e antisemitismo. Postfazio-  ne di Agostino Giovagnoli, Guerini, Milano 2020, 271 pp.    Severino, Gerardo, Le /eggi razziali e la Guardia di Finanza. Il caso del finanziere di mare Ettore Marco Cesana  (1912-1994), Museo Storico della Guardia di Finanza, Roma 2020, 126 pp.    2019    Battifora, Paolo (a cura di), 1938-2018: 80° dell’emanazione delle leggi razziali. Testimonianze, saggi, riflessioni,  “Storia e memoria. Rivista semestrale” (Numero speciale — Istituto ligure per la storia della Resistenza e  dell’età contemporanea Raimondo Ricci, Genova) 2019, 160 pp.    Brusco, Carlo, La grande vergogna: l’Italia delle leggi razziali. Prefazione di Liliana Segre, Gruppo Abele,  Torino 2019, 174 pp.    Cardinali, Cinzia — Anna di Castro, Ilaria Marcelli (a cura di), Voci di carta. Le leggi razziali nei documenti del-  la città di Siena. Catalogo della mostra documentaria, Archivio di Stato di Siena, 26 ottobre 2018 — 31 gen-  naio 2019, Pacini Giuridica, Pisa 2019, 113 pp.    Cecini, Giovanni, Ebrei non più italiani e fascisti. Decorati, discriminati, perseguitati, Edizioni Nuova Cultura,  Roma 2019, 193 pp.    Vol. 2.; con prefazione di Riccardo Segni. In 4° di copertina: Secondo di tre volumi realizzati nell’ambito  del progetto “Le leggi razziali e il Valore Militare (1938-2018)?    Id., Le leggi razziali e il Valore Militare. Antologia di testi e documenti, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2019,  257 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Marito G. Losano 44    Vol. 3. In 4* di copertina: Terzo di tre volumi realizzati nell’ambito del progetto “Le leggi razziali e il Valore  Militare, (1938-2018)?    Di Ruscio, Liliana — Rita Gravina, Bice Migliau (a cura di) Le leggi antiebraiche del 1938. Materiali per  riflettere e ricordare, s.l.s.n. (Tipografia Pubbliprint), Roma 2007, 190 pp.    Duranti, Simone, Leggi razziali fasciste e persecuzione antiebraica in Italia, Unicopli, Milano 2019, 330 pp.    Iossa, Vincenza — Manuele Gianfrancesco (a cura di), Vietato studiare, vietato insegnare. Il Ministero dell’edu-  cazione nazionale e l’attuazione delle norme antiebraiche, 1938-1943. Prefazione di Michele Sarfatti, Palombi,  Roma 2019, 284 pp.    Nigro, Giuseppe, Opposte direzioni: le famiglie Friedmann e Sonnino in fuga dalle leggi razziali. Prefazione di  Alfonso Botti. Con una nota di Angelo Proserpio, Biblion, Milano 2019, 220 pp.    Perini, Mario (a cura di), L'Italia a 80 anni dalle leggi antiebraiche e a 70 dalla Costituzione. Atti del Con-  vegno tenuto a Siena nei giorni 25 e 26 ottobre 2018. Con una presentazione di Francesco Frati e con  un’introduzione di Floriana Colao, Pacini Giuridica, Pisa 2019, 478 pp.    Riccardi, Andrea — Gabriele Rigano (a cura di), La svolta del 1938. Fascismo, cattolicesimo e antisemitismo.  Postfazione di Agostino Giovagnoli, Guerini, Milano 2020, 271 pp.    2018    Affricano, Marta, Una bambina ebrea ai tempi delle leggi razziali, Le Graffette, Sassuolo 2018, 78 pp.  Berger, Sara — Marcello Pezzetti / (a cura di), 1938: vite spezzate, Gangemi, Roma 2018, 239 pp.    Boratto, Rosanna — Luca Ruffino, 1938 /e leggi razziali: i diritti negati tra discriminazioni e persecuzioni,  Comitato provinciale di Udine della Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Udine 2018, 66 pp.    Bozzi, Elisabetta (a cura di), 1938-2018 : le “leggi razziali”) l’antiebraismo fascista dalla persecuzione dei diritti  alla Shoah, ANPI, Magenta 2018, 1 vol.    Ca’ Foscari allo specchio: a 80 anni dalle leggi razziali. [Con la supervisione di Alessandro Casellato], Cata-  logo della mostra, CFZ Ca’ Foscari Flow Zone, Venezia, dal 9 al 31 gennaio 2018 in occasione del Giorno  della memoria, [s.l., s.n.], 2018, 85 pp.    (Le) case e le cose : le leggi razziali del 1938 e la proprietà privata. Catalogo della mostra, 22 novembre 2018 —  31 gennaio 2019, Fondazione 1563 per l’arte e la cultura della Compagnia di San Paolo, Torino 2018, 40 pp.  Cassarino, Salvatore, Nego nel modo più assoluto di essere ebreo. Documenti e riflessioni sull’applicazione delle  leggi razziali nella provincia di Ragusa (1938-1943). Prefazione di Saro Distefano, Sicilia Punto L, Ragusa  2018, 143 pp.    Cavicchi, Alba - Dino Renato Nardelli (a cura di), Le leggi razziali nell’Italia fascista, Istituto per la storia  dell'Umbria contemporanea (Isuc), Perugia 2018, 285 pp.    Collotti, Enzo, I/ fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia. Prefazione di Donatella Di Cesare RCS, Milano  2018, IX-219 pp. (prima edizione 2003).    Critelli, Claudio — Surace Angela (a cura di), Leggi razziali e drammi personali: i documenti raccontano,  [Tipografia Essezeta], Varese 2018, 55 pp.    Delsante, Ubaldo, Con la faccia infarinata: ebrei a Collecchio dalle leggi razziali alla fine della seconda guerra  mondiale (1938-1945), (Corcagnano: Graphital), Collecchio 2018, 95 pp.    Dix, Gioele, Quando tutto questo sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali, Monda-  dori, Milano 2018, 151 pp. (Edizione speciale edita per i periodici del Gruppo Mondadori; prima edizione:  Mondadori, 2014; seconda edizione: Oscar Mondadori, 2015).    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 45    Fogarollo, Edda, Note scordate: tre musicisti ebrei nella tempesta delle leggi razziali. Prefazione di Liliana  Picciotto. Con CD musicale a cura di Giovanni Cardillo e Francesco Buffa, Sillabe, [Livorno] 2018, 159 pp.    Graffone, Valeria, Espulsioni immediate: l’Università di Torino e le leggi razziali, 1938, Zamorani, Torino 2018,  164 pp.    Guadagni, Davide (a cura di), Due anniversari: 80° dalle leggi razziali, 70° dalla Costituzione, Pisa University  Press, Pisa 2018, 151 pp.    Id. (a cura di), Una giornata particolare: la cerimonia del ricordo e delle scuse. Pisa, 20 settembre 2018 — San  Rossore 1938: 80° dalla firma delle leggi razziali italiane, Pisa University Press, Pisa 2018, 32 pp.    Irico, Pier Franco (a cura di), Vo: 0n siete italiano: a ottant'anni dalle leggi razziali, gli ebrei trinesi e i regi-  decreti del 1938, ANPI, Associazione nazionale partigiani d’Italia di Trino, Trino 2018, 48 pp.    [Liceo classico e linguistico statale Vincenzo Gioberti di Torino,] Non dimenticare: le conseguenze delle leggi  razziali del 1938 al liceo Gioberti, [s.n.], Torino 2018, 52 pp.    Pardo, Lucio, Barbarie sotto le due torri: leggi razziali e Shoah a Bologna, [Centro stampa regionale], [Bologna]  2018, 126 pp.    Id. - Carolina Delburgo (a cura di), Dopo la barbarie: il difficile rientro, [s.1.], Centro stampa della regione  Emilia-Romagna 2019, 120 pp.    (II) rumore del vuoto: assenze e presenze nell’istituto magistrale Laura Bassi durante le leggi razziali [progetto  didattico: Luchita Quario e Maria Giovanna Bertani], Regione Emilia Romagna Assemblea Legislativa,  Bologna 2018, 30 pp.    Sega, Maria Teresa, // banco vuoto. Scuola e leggi razziali: Venezia 1938-45. Prefazione di Gadi Luzzatto  Voghera, Cierre, Sommacampagna 2018, 154 pp.    Vercelli, Claudio, 1938: francamente razzisti: le leggi razziali in Italia, Edizioni del Capricorno, Torino 2018,  165 pp.    Volpe, Pompeo — Giulia Simone, “Posti liberi”: leggi razziali e sostituzione dei docenti ebrei all’Università di  Padova, Padova University Press, Padova 2018, 172 pp.    2017    Foà, Dario e Aida, Quando due parallele si incontrano: due ragazzi ebrei dalle leggi razziali ad oggi, S. Belforte,  Livorno 2017, 160 pp.    Meneghetti, Francesca, Nor sapevo di essere ebrea. Carla Rocca di fronte alle leggi razziali (1938-1945), Istresco,  Treviso 2017, 79 pp.    Rossi, Gianni Scipione, Lo squalo e le leggi razziali. Vita spericolata di Camillo Castiglioni, Rubbettino, Soveria  Mannelli 2017, 285 pp.    Triggiani, Ilaria (a cura di), La memoria contro ogni discriminazione. Giorno della memoria 2016: martedì  26 gennaio 2016, Assemblea legislativa delle Marche, Ancona 2017, 129 pp.    Bibliografia sintetica sull’“Amnistia Togliatti” del 1946    Questa bibliografia si limita ai titoli di un numero limitato di libri perché, per ulteriori ricerche, si può  ricorrere alla vasta Bibliografia contenuta nel volume del penalista Paolo Caroli, // potere di non punire. Uno  studio sull’amnistia Togliatti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2020, pp. 331-382.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 46    Agosti, Aldo, Togliatti, l’amnistia e i ragazzi di Salò, in: Italia 1943-46: guerra di liberazione e nascita della  Repubblica. Scritti sulla Resistenza, sulla guerra civile e sulla Costituente, L'Unità — Nuova iniziativa editoriale,  Roma 2002, pp. 143-152.    Battini, Michele, Peccati di memoria. La mancata Norimberga italiana, Laterza, Roma-Bari 2003, XII-189 pp.    Bugni (Arno), Ermenegildo, Riffessioni su due periodi storici : la Repubblica di Montefiorino, il dopoguerra,  l’amnistia di Togliatti e il dopo... A cura di William Pedrini, ANPI, Comitato provinciale di Bologna,  Bologna 2007, XVIII-136 pp.    Lucio, D'Angelo, I socialisti e la defascistizzazione mancata, Franco Angeli, Milano 1997, 123 pp.    Franzinelli, Mimmo, L’Amnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti, Mondadori,  Milano 2006, 381 pp. Ristampato con una postfazione di Guido Neppi Modona: Feltrinelli, Milano 2016,  393 pp. [Caroli: “La principale monografia storica al riguardo” // potere di non punire, cit., p. 50].    Id., Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-  2001, Mondadori, Milano 2002, 418 pp.    Giannantoni, Franco, / giorni della speranza e del castigo. Varese 25 aprile 1945: la resa nazifascista, il Tribunale  del popolo, il campo di concentramento di Masnago, i processi della Corte d’Assise, gli eccidi delle bande irregolari,  il progetto Alleato di “occupare” la provincia, il fallimento delle Commissioni Epurazione e Illeciti Arricchimenti  del regime, l’amnistia Togliatti, Emmeceffe, Varese 2013, 663 pp.    Marchionne, Antonio, Amristia Togliatti. I provvedimenti clemenziali al mutar di regime: l’amnistia del ’46,  [tesi di laurea a.a. 2011-2012, Università di Napoli Federico II].    Peregalli, Arturo — Mirella Mingardo, Togliatti guardasigilli 1945-1946. In appendice: circolari e documenti,  Colibrì, Paderno Dugnano 1998, 127 pp.    Santosuosso, Amedeo — Floriana Colao, Politici e aministia: tecniche di rinuncia alla pena per i reati politici  dall’unità ad oggi, Bertani, Verona 1986, 278 pp.    Scalabrino, Francesco, / guardiasigilli comunisti Togliatti e Gullo. Sanzioni contro il fascismo e processo alla  Resistenza, in: Giovanni Miccoli et al. (a cura di), La grande cesura. La memoria della guerra e della Resistenza  nella vita europea del dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2001, pp. 327-353.    [Nelle bibliografie risultano entrambi i nomi Scalabrino, Francesco e Scalambrino, Francesco.]    Scalambrino, Francesco, Gullo e “amnistia Togliatti”, in Giuseppe Masi (a cura di), Mezzogiorno e Stato  nell’opera di Fausto Gullo, Orizzonti meridionali, Cosenza 1998, III-416 pp. (Collana di studi e ricerche  dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea).    Bibliografia sintetica sull’“Amnistia Azara” del 1953    I testi su questa amnistia e sul suo autore sono pochi e di difficile reperimento. Essi sono qui suddivisi in  tre sottosezioni: a) Per una biografia di Antonio Azara; b) Testi legislativi; c) Scritti sull’“Amnistia Azara”.    a) Per una biografia di Antonio Azara    Berri, Mario, Antonio Azara: necrologio, “Il diritto fallimentare e delle società commerciali” 1967, n. 2,  p. 160 s. (estratto).    Insediamento del primo Presidente della Corte di Cassazione sen. dott. Antonio Azara. Udienza delle Sezioni  unite civili del 12 novembre 1952), Stamperia Nazionale, Roma 1952, 20 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 47    Insediamento del Procuratore generale presso la Corte suprema di Cassazione sen. dott. Antonio Azara. Udienza  delle Sezioni unite civili del 15 febbraio 1951, Stamperia nazionale, Roma [1951?], 21 pp.    (Il) trentennio della Rivista di diritto agrario, 1922-1952. Scritti di Antonio Azara [et a/.] ; in appendice:  I giudizi dopo il primo decennio, Tipografia B. Coppini, Firenze 1953, 161 pp.    Tritto, Francesco, Azara, Antonio, in: Dizionario Biografico degli Italiani , Istituto della Enciclopedia Italiana,  Roma 1988, Vol. 34: https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-azara_(Dizionario-Biografico).    b) Testi legislativi    Amnistia-indulto e liberazione condizionale: legge 18-12-1953, n. 920, legge 18-12-1953, n. 921, D.P.R. 19-12-  1953, n. 922, Schiano, S. Maria Capua Vetere 1953, 16 pp.    Calvanesi, Giovanni, Amnistia, indulto, liberazione condizionale. Testo completo dei provvedimenti: commento  generale ed analitico articolo per articolo, richiami legislativi e giurisprudenziali, formulario, indice completo   di tutti i reati compresi negli atti di clemenza (Decreto del Presidente della Repubblica 19 dicembre 1953,  n. 922, pubblicato nella G. U. del 21 dicembre 1953, n. 292, Legge 18 dicembre 1952, n. 921, pubblicata  nella G. U. del 11 dicembre 1953, n. 292), Ed. Istituto Dante, Roma 1954 (Tip. Pug, Pontificia Università  Gregoriana), 131 pp.    Decreto del Presidente della Repubblica 19 dicembre 1953, n. 922, Concessione di amnistia e di indulto  (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1953/12/21/053U0922/sg; GU Serie Generale n.292 del 21-12-1953).    Del Curatolo, Enrico, D.P. 12/12/1953 n. 922: Amnistia e indulto per reati comuni finanziari, militari, politici;  D.P. 18/12/1953 n. 923: liberazione condizionale, Marrese, Bari 1953, 62 pp. (In cop.: Con commento e giu-  risprudenza, elenco articoli C.P. amnistiati; in appendice: reati elettorali ed elenco amnistie ed indulti dal  8/9/1943 ad oggi.)    Gorgoglione, Gino (a cura di), / decreti di clemenza: in materia penale, politica, militare, finanziaria, valutaria,  annonaria, disciplinare, elettorale, amministrativa, tributaria e di polizia. Manuale pratico sugli istituti giuridici  dell’amnistia e dell’indulto con prontuario dei decreti dal 1944 al 1953, note illustrative, criteri di applicazione,  richiami giurisprudenziali e prospetto riassuntivo dei decreti emessi dal 1900 al 1943, Giuffrè, Milano 1954,   126 pp. (2° ed. riveduta e ampliata).    Jannitti Piromallo, Alfredo, Esposizione critica della giurisprudenza sui decreti di amnistia e d’indulto dell’ul-  timo decennio, Società editrice libraria, Milano [1951], VII-349 pp. (2° ed., 1954, aggiornata con il decreto  dell’“Amnistia Azara” cfr. infra, c).    Id., Esposizione critica della giurisprudenza sui decreti di amnistia e d’indulto dell’ultimo decennio, Società  Editrice Libraria, Milano 1954, 414 pp. (2° ed. aggiornata con il decreto di amnistia e indulto 19 dicembre  1953, n. 922, illustrato articolo per articolo).    Testo completo (dalla Gazzetta Ufficiale n. 292 in data 21 dicembre 1953) delle leggi 18 dicembre 1943, n. 920-  921-922, per la concessione amnistia ed indulto, Ceretti, Genova 1953, 8 pp. (Supplemento a: Ruote del lotto,  n. 51-52).    c) Scritti sull’“Amnistia Azara”    Amnistia e indulto : leggi 18 Dicembre 1953, nn. 920 e 921, decreto P.R. 19 dicembre 1953, n. 922, L. Di G. Piro-  la, Milano 1953, 16 pp.    Azara, Antonio, Amnistia e indulto. Discorsi pronunciati alla Camera dei deputati nelle sedute del 2 e del 18 di-  cembre 1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [19542], 38 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04    Mario G. Losano 48    Bartholini, Salvatore, La delegazione legislativa in materia di amnistia e indulto, Giuffrè, Milano 1955, 47 pp.  (estratto da “Rivista trimestrale di diritto pubblico”).    Basso, Lelio, Per un’amnistia riparatrice, Camera dei deputati, Roma 1953, 49 pp.    Berlinguer, Mario, Su/l’amnistia del 1953. Discorso pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta del  26 novembre 1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [1953?], 40 pp.    Bracci, Arnaldo, Brevi cenni di giurisprudenza sull’applicazione dell’amnistia di cui al D.P.19 dicembre 1953,  n. 922, al reato di contrabbando di tabacchi esteri,“La Giustizia Penale” aprile 1956, 4 pp. (estratto).    Capalozza, Enzo, I/ reato politico nell’ultimo provvedimento di amnistia ed indulto, “Il Nuovo Diritto”  Gennaio 1954, 6 pp. (estratto).    Colitto, Francesco, Ammnistia ed indulto: discorso pronunciato alla Camera dei Deputati nella seduta del  2 dicembre 1953, Tipografia della camera dei deputati, Roma [1954], 37 pp.    De Francesco, Giuseppe Menotti, La tesi monarchica sull’amnistia: discorso ..., s.n., Roma  8 pp.  Id., L’amnistia e l’indulto in relazione all’articolo 79 della costituzione : discorso ...,S.) : s.n.,, 11 pp.    Jannitti Piromallo, Alfredo Esposizione critica della giurisprudenza sui decreti di amnistia e d’indulto dell’ulti-  mo decennio, Società Editrice Libraria, Milano 1954, 414 pp. (2° ed. aggiornata con il decreto di amnistia e  indulto 19 dicembre 1953, n. 922, illustrato articolo per articolo; sulla 1° ed., 1951, anteriore all’“Amnistia  Azara” cfr. supra, b).    Malizia, Saverio, Giurisprudenza completa sull’amnistia e indulto : Decr. 19-12-1953 n. 922 e L. 18-12-1953  n.920 e 921, Gazzettino Forense, Padova 1955, 50 pp.    Perazzoli, Giuseppe, / limiti di applicabilità dell’amnistia per i reati di assenza dal servizio, “Archivio penale”  1953, fasc. 7-8, 7 pp. (estratto)    Riccio, Stefano, Sull’amnistia e l’indulto. Discorso pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta del  19 novembre 1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [1953?], 29 pp.    Santamaria, Dario, Considerazioni sull’applicabilità dell’amnistia al reato continuato, “Rivista Italiana di  Diritto Penale” 1954, fasc. 3, pp. 297-333.    Scardia, Marcello, // concetto di formazioni armate nel recente decreto di amnistia e indulto,    “La giustizia penale” luglio 1954, fasc. 7, 10 pp. (estratto) (anche: Tipografia della camera dei deputati,  Roma [1954]).    Siracusano, Delfino, Ancora sull’amnistia e sull’immutabilità dell’accusa, Compagnia industriale tipografi-  ca editrice meridionale, Catania [1954?] , 7 pp. (in: “Rassegna giuridica di Catania” a. 6, n. 4, Udienza del  30 ago. 1954)    Spallicci, Aldo, Su/l’amnistia. Discorso pronunciato al Senato della Repubblica nella seduta del 17 dicembre  1953, Tip. del Senato, Roma 1954 , 7 pp.    Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario Giuseppe Losano. Losano. Keywords: filosofia del diritto romano, Livio -- Luigi Speranza, “Grice e Losano: storia del diritto romano – what Kelsen never had!” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Losurdo:  la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del ribelle aristocratico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sannicandro di Bari). Filosofo italiano. Grice: “Losurdo has contributed to a collection on ‘fatti normativi’ which is fascinating!” --  Grice: “I like Losurdo: describing Nietzsche as the aristocratic rebel is genial; he also engages in some linguistic botanising with his ‘linguaggio dell’impero’: something Romans and Brits know well – cf. ‘Great Britaiin’ and my little England!” Italian philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle aristocratico” -- essential Italian philosopher. Si laurea a Urbino sotto la guida di SALVUCCI con la tesi, “La semantica di Rodbertus”. Direttore dell'Istituto di Scienze filosofiche e pedagogiche Pasquale Salvucci ad Urbino, insegna storia della filosofia nella stessa università presso la facoltà di Scienze della Formazione. Inoltre fu presidente dell'hegeliana Società internazionale Hegel-Marx per il pensiero dialettico, membro della Società di scienze di Leibniz a Berlino (un'associazione di scienziati che si rifà alla settecentesca Accademia Reale Prussiana delle Scienze nella tradizione di Leibniz) e direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Dalla militanza comunista alla condanna dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della questione afroamericana e di quella dei nativi, L. e studioso anche partecipe della politica nazionale e internazionale. Di formazione marxista, descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Kant e il suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico tedesco, specie di Hegel, nel tentativo di riproporne l'eredità (sulla scia di Lukács in particolare), alla riaffermazione dell'interpretazione del marxismo tedesco e non (GRAMSCI (si veda) e i SPAVENTA (si veda)), con incursioni nell'ambito del pensiero nietzscheano (la lettura di un Nietzsche radicale aristocratico) e di quello heideggeriano (in particolare la questione dell'adesione al nazismo di Heidegger).  La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in particolare dai temi della critica radicale del liberalismo, del capitalismo, del colonialismo e dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo (Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e del materialismo storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo in ambito marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della tradizione intellettuale europea del liberalismo, in particolare della tradizione classica e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di enfatizzare l'importanza della libertà individuale in pratica il liberalismo reale è a lungo contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi diritti, con conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio. Afferma che le origini del nazismo si trovano in quelle che considera politiche colonialiste e imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le posizioni intellettuali e politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e Hegel furono i più grandi pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo più grande critico.  I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare nell'ambito della storia delle idee, riguardano inoltre l'indagine delle questioni di storia e politica contemporanee, con una attenzione critica costante al revisionismo storico e la polemica contro le interpretazioni di Furet e Nolte. In particolare critica una tendenza reazionaria tra gli storici contemporanei revisionisti riconoscibile nel lavoro di autori come Nolte, che traccia l'impeto dietro l'Olocausto agli eccessi della rivoluzione russa; o Furet, che collega le purghe staliniane a una «malattia» originata dalla rivoluzione francese. Secondo L. l'intenzione di questi revisionisti è di sradicare la tradizione rivoluzionaria in quanto le loro vere motivazioni hanno poco a che fare con la ricerca di una maggiore comprensione del passato, ma si trovano nel clima e nei bisogni ideologici delle classi politiche, come è più evidente nel lavoro dei revivalisti imperiali Johnson e Ferguson. Fornisce inoltre una nuova prospettiva su rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e quelle contro il colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle posizioni elogiative che la maggior parte delle biografie prende nell'analisi di Gandhi e la nonviolenza.  L. volge la sua attenzione alla storia politica della filosofia moderna tedesca da Kant a Marx e del dibattito che su di essa si sviluppa in Germania, per poi procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo, in particolare partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia rivolte a Locke per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi. Riprendendo ciò che afferma Arendt in Le origini del totalitarismo, per Losurdo il vero peccato originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove per la prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo concentrazionario.  Controversia degli storici L. critica il concetto di totalitarismo, sostenendo che fosse un concetto polisemico con origini nella teologia cristiana e che applicarlo alla sfera politica richiedeva un'operazione di schematismo astratto che utilizza elementi isolati della realtà storica per collocare la Germania nazista e altri regimi fascisti e l'Unione Sovietica e l'esperienza del socialismo reale e di altri Stati socialisti nello stesso insieme, servendo così l'anticomunismo degli intellettuali della guerra fredda piuttosto che riflettere la ricerca intellettuale.  Forte critico dell'equiparazione tra nazismo e comunismo (in particolare quello sovietico) fatta da studiosi come Furet e Nolte, ma anche da Arendt e Popper, nonché del concetto di «olocausto rosso», il suo Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, sollevò un dibattito sulla figura di Iosif Stalin, sul quale a suo avviso peserebbe una sorta di leggenda nera costruita per screditare tutto il comunismo. Porta l'esempio che nel lager vi era volontà omicida esplicita in quanto l'ebreo che vi entrava era destinato a non uscire più (vi è una despecificazione naturalistica) mentre nel gulag no (si tratta di despecificazione politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi quelli che il nazismo chiamava Untermensch – sottouomini -- mentre nel secondo (in cui afferma finissero solo una parte dei dissidenti), pur essendo una pratica da condannare, erano rinchiusi dissidenti da rieducare e non da eliminare. L. afferma che «il detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la guardia stessa era tenuta a chiamarlo in questo modo] e dopo l'inizio del biennio delle grandi purghe che seguono l'assassinio di Kirov] è comunque un cittadino». Riprendendo anche l'opinione di Levi (internato ad Auschwitz, secondo cui il lager era moralmente più grave del gulag) e contro Solženicyn (internato in Siberia e che affermava l'equiparazione della volontà sterminazionistica),sostiene che pur essendo grave che un Paese socialista nato per abolire lo sfruttamento usi sistemi imperialisti e capitalisti, il gulag sia analogo a molti campi di concentramento occidentali (i cui governi hanno sostenuto e sostengono di essere paladini della libertà), che per certi versi furono anche più affini al lager in quanto campo di sterminio e non di rieducazione, riprendendo la storia del genocidio indiano. Egli sostiene anche che i campi di concentramento e le colonie penali britanniche erano peggio di qualsiasi gulag, accusando anche politici come Churchill e Truman di essere autori di crimini di guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di quelli che sono stati poi attribuiti a Stalin. L. ritiene inoltre che i comunisti soffrano di autofobia, cioè paura di se stessi e della propria storia, problema patologico che va affrontato, a differenza dell'autocritica sana. Despecificazione politico-morale e despecificazione naturalistica La despecificazione è l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità dei civili. Esistono due tipi di despecificazione:  La despecificazione politico-morale (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o morali). La despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori biologici). Per L. la despecificazione naturalistica è qualitativamente peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre quest'ultima offre almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia, questo non è possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione naturalistica, che è irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che sono di per sé immodificabili. A differenza di altri pensatori ritiene quindi che l'olocausto degli ebrei non è incomparabile ed è quindi disposto ad ammettere in questo caso una tragica peculiarità. La comparatistica che L. offre a proposito non vuole essere una relativizzazione o uno sminuire, ma semplicemente considerare l'olocausto degli ebrei come incomparabile significa perdere la prospettiva storica e dimenticarsi dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o dell'olocausto americano (l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto negli Stati Uniti mediante la continua deportazione sempre più a ovest e la diffusione ad arte del vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il genocidio armeno.  Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata da Guido Liguori su Liberazione (organo ufficiale del Partito della Rifondazione Comunista) di Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro in cui L. critica la demonizzazione di Stalin effettuata dalla storiografia maggioritaria e cerca di sottrarlo a quella che definisce «la leggenda nera su di lui», è al centro di una polemica all'interno della redazione del suddetto quotidiano. Venti redattori inviano una lettera di protesta al direttore del giornale in cui si critica sia il tentativo di riabilitazione di Stalin presente nel libro di Losurdo sia la recensione di Liguori (giudicata troppo positiva nei confronti del libro), oltre che la scelta del direttore del giornale di pubblicare tale recensione. Il libro riceve delle recensioni critiche per le sue affermazioni e per la metodologia di lavoro utilizzata.I critici di L. lo accusano di essere un «neostalinista». Grover Furr, autore di Krusciov mentì e descritto come un «revisionista storico», un «revisionista in una ricerca lunga una carriera per scagionare Stalin» e un «prezioso contributo alla scuola revisionista storica degli studi sovietici e comunisti», elogia il lavoro di L., in particolare quello su Stalin, iniziando un'amicizia reciproca. Nel  introduce Furr a un editore italiano che pubblica la traduzione italiana di Khruschev mentì, per cui scrive l'introduzione. Aveva già scritto l'introduzione e il retrocopertina del libro di Furr sull'assassinio di Kirov che rimane inedito. Negli estratti di un convegno organizzato per rivalutare la figura di Stalin a cinquant'anni dalla morte critica le rivelazioni contenute nel rapporto segreto di Chruščёv, l'allora segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Secondo Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai crimini commessi da quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle falsità presenti in quel rapporto che Chruščёv lesse nel corso del Congresso. Nella relazione al convegno dà credito a una delle accuse principali che stavano alla base della sanguinosa repressione staliniana contro gli oppositori, ovvero l'esistenza nell'Unione Sovietica della «realtà corposa della quinta colonna» pronta ad allearsi col nemico. Losurdo ribadisce di non voler riabilitare Stalin, seppur calato nella sua epoca, volendo presentare solo un'analisi dei fatti più neutrale e attuare un revisionismo sull'esperienza generale del socialismo reale ritenuta passata, ma utile da studiare per capire le dinamiche future del socialismo. Losurdo apparteneva alla corrente del marxismo-leninismo, ma ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede della pluralità della lotta di classe, da collocare nel contesto dell'attenzione che rivolge al processo di emancipazione femminile e dei popoli colonizzati. Vicino prima al Partito Comunista Italiano, poi al Partito della Rifondazione Comunista e infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito nel Partito Comunista d'Italia e nel Partito Comunista Italiano, di cui è stato membro, fu anche direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Critico del liberalismo, della NATO e dell'imperialismo, in particolare quello statunitense, Losurdo contestò l'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Xiaobo, considerato un sostenitore aperto del colonialismo occidentale, in particolare per la sua idealizzazione del mondo occidentale e per aver affermato che ci sarebbe bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong Kong è cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina, ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza». Saggi: “Auto-censura e compromesso” (Napoli, Bibliopolis); “La questione nazionale, restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica” (Urbino, Università degli Studi);“La rivoluzione e la crisi della cultura” (Roma, Riuniti); “Lukacs” Urbino, Quattro venti, Il comunismo e sui critici (Urbino, Quattro venti, La catastrofe e l'immagine” (Milano, Guerini, Metamorfosi del moderno.Urbino, Quattro venti); “La tradizione liberale. Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Riuniti); “Tramonto dell'Occidente? Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro venti, Antropologia, prassi, emancipazione. Problemi del comunismo, e Urbino, Quattro venti, Égalité-inégalité. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro venti, Prassi. Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca Comunale di Cattolica (Urbino, Quattro venti); La comunità, la morte, l'Occidente. L’ideologia della guerra, Torino, Boringhieri, Massa folla individuo. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro venti, La libertà dei moderni, Roma, Riuniti, Napoli, La scuola di Pitagora,. Rivoluzione francese e filosofia, Urbino, Quattro venti); “Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale” (Torino, Bollati Boringhieri, Il comunismo e il bilancio storico del Novecento, Gaeta, Bibliotheca, Napoli, La scuola di Pitagora, Gramsci e l'Italia. Atti del Convegno internazionale di Urbino, Napoli, La città del sole, La seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, post-fascismo, Torino, Boringhieri); “Autore, attore, autorità” (Urbino, Quattro venti); Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma, Laterza, Utopia e stato d'eccezione. Sull'esperienza storica del socialismo reale, Napoli, Laboratorio politico, Ascesa e declino delle repubbliche, Urbino, Quattro venti, Lenin, Atti del Convegno internazionale di Urbino, Napoli, La città del sole, Metafisica. Il mondo Nascosto, Roma, Laterza, Gramsci dal liberalismo al comunismo critic, Roma, Gamberetti, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia” (Napoli, La città del sole); “Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione, Milano, Guerini, Nietzsche. Per una biografia politica, Roma, Manifesto); “Il peccato originale del Novecento, Roma, Laterza, Dal Medio Oriente ai Balcani. L'alba di sangue del secolo americano, Napoli, La città del sole, Fondamentalismi. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica Urbino, Quattro venti, URSS: bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, Urbino, Quattro venti, L'ebreo, il nero e l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e auto-fobia, Napoli, La città del sole, poi Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi, La sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La città del sole, Universalismo e etno-centrismo nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'ideologia della guerra (Torino, Boringhieri); “Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Torino,  Boringhieri, Cinquant'anni di storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di culture tra Oriente e Occidente. Atti del Convegno di Urbino, Napoli, La città del sole, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, Marx e Engels, Manifesto del partito comunista, Laterza, Bari, Contro-storia del liberalismo, Roma, Laterza, La tradizione filosofica napoletana e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli, nella sede dell'Istituto, Auto-censura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Napoli, Bibliopolis, Legittimità e critica del moderno. Sul marxismo di Gramsci” (Napoli, La città del sole); “Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana” (Roma-Bari, Laterza); “Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Roma, Carocci); “Paradigmi e fatti normativi. Tra etica, diritto e politica, Perugia, Morlacchi, La non-violenza. Una storia fuori dal mito, Roma, Laterza, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Roma, Laterza, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci,. Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente, Carocci. Il comunismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, Laterza.  PCI Ancona: cordoglio per la scomparsa, su il partito comuista italiano, A. Orsi, Scienza e militanza. Un ricordo, MicroMega, Cordoglio, Il Metauro, Verso, Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana, Roma, Laterza. Il comunista contro-corrente. Un comunista eterodosso. Auto-censura e compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Riuniti, Napoli, La scuola di Pitagora, Lukacs, Urbino, Quattro venti,   Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole, Nietzsche. Il ribelle aristocratico. La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'deologia della guerra; Controstoria del liberalismo, Laterza, Revisionismo storico.  Peccato originale del Novecento.  La non-violenza. Una storia fuori dal mito.  La non-violenza. Una storia fuori dal mito, su L'Ernesto, Associazione Marx, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, in  Marx, Engels, Manifesto del partito comunista, Editori Laterza, Bari David Broder. Jacobin. Stalin. Storia e critica di una leggenda nera. URSS: bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, Urbino, Quattro venti, Popper falso profeta, Contro Popper, Armando Editore, B. Lai e L. Albanese.  Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra auto-critica e auto-fobia. Il linguaggio dell'impero. Lessico dell'ideologia, Lettere su Stalin; Stalin. Storia e critica di una leggenda nera,  su sissco. Stalin. Storia e critica di una leggenda nera.  A. Romano,  Canfora e lo stalinismo che non fa male, ilcannocchiale. In Memoriam, La Città del Sole, Stalin nella storia del Novecento, R. Giacomini, Teti, Una teoria generale del conflitto sociale", Intervento al Congresso Nazionale del PdCI. Il Consiglio Direttivo dell'associazione Marx  Il Nobel per la pace» a un campione del colonialismo e della guerra, il cavallo oscuro della letteratura, Open Magazine, Open Magazine, H. Arendt Controstoria del liberalismo A. Gramsci Genocidio indiano Grandi purgh, Heidegger, Marx, Nietzsche Olocausto, Stalin Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" - blogspot.com. Intervista RAI Filosofia, su filosofia.rai. Intervist RTV Svizzera, su you tube.com. Domenico Losurdo. Losurdo. Keywords: il ribelle aristocratico. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Losurdo, e Nietzsche, ribelle aristocratico," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.

 

Grice e Lottieri: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del bene commune – diritto individuale – l’età degl’eroi – la ragione del stato -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Brescia). Filosofo italiano. Grice: “I like Lottieri; he has quoted Hobbes and Hume and Gauthier from a game-theoretical approach to co-operation, conversational and other – all very Griceian, if I may mayself so say it!” Allievo di Caracciolo, studia a Genova, Ginevra e Parigi, su la filosofia di Mosca. Insegna a Siena e Verona. Da vita all'Istituto Bruno Leoni, un istituto che si ispira alla tradizione intellettuale di Einaudi e Ricossa, e di cui egli è direttore del dipartimento Teoria Politica. Cura Leoni. La filosofia di L.  si sviluppa all'interno del liberalismo classico e, grazie allo studio degli autori elitisti, si delinea quale critica del sistema di dominio iscritto nei regimi democratici rappresentativi. Mostra l'adesione a tale prospettiva, che rapidamente evolve grazie al contatto con il libertarianismo. Il suo libertarianismo ottieri metta in discussione "la psicologia regolamentativa e anti-innovativa del burocrate", avverso a ogni forma di rischio e cambiamento. Il saggio sul libertarismo evidenzia l'adesione ai temi classici del pensiero liberale lockiano e giusnaturalista (difesa della proprietà, del mercato, dell'auto-nomia negoziale), ma anche il maturare di questioni che sono invece tutte interne al realismo politico: specie nel confronto con Schmitt, Brunner e MIGLIO (si veda).  Mentre il testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine sociale/comunitario (Denaro e comunità) è una critica della sociologia, a cui è rimproverato di avere frainteso la natura inter-personale della moneta e delle relazioni di mercato, il saggio su Leone muove dal pensatore torinese per delineare una filosofia libertaria anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and the Law. In particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene individuato come uno studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza filosofico-giuridica alla teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più da economisti e teorici politici. “Denaro e comunità: relazioni di mercato e ordinamenti giuridici nella società liberale” (Napoli, Guida) “Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Macerata, Liberi “Le ragioni del diritto: libertà individuale e ordine giuridico” (Treviglio Mannelli, Rubbettino); “Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wiki Leaks” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Liberali e non: (cf. Griceiani e non.) percorsi di storia del pensiero politico” (Brescia, La Scuola); Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma, Studium,  Un'idea elvetica di libertà. Nella crisi della modernità europea” (Brescia, Scuola); ““Beni comuni, diritti individuali e ordine evolutivo,”Torino, IBL. Nella sua filosofia sull'unificazione europea, in particolare, è cruciale l'opposizione tra l'armonizzazione spontanea emergente dal basso e l'unificazione coercitiva. Lottieri identifica quattro superstizioni o quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di creare un nuovo stato chiamato ‘Europa'. Primo, l'idea che la libertà individuale e il poli-centrismo giuridico causino tensioni e, in definitiva, conflitti; Secondo, che il mercato derivi dall'ordine giuridico creato dallo Stato; Terzo, che l'esistenza di una distinta identità europea esiga la costruzione di un singolo stato continentale; e quarto, che un'Europa unificata e più armoniosa e meglio in grado di sostenere lo sviluppo delle sue componenti più povere. Individuato come uno degl’esponenti di un liberalismo particolarmente radicale e volto a proporre una sorta di fuga dallo stato: Dario Fertlio, "Libertari: la grande fuga dallo Stato, Corriere della Sera. Una disamina molto critica al limite dell'insulto personale di tale liberalismo libertarian si ha nella recensione che Vitale dedica al volume su Rothbard scritto a quattro mani da lui assieme a Diciotti (basato su un confronto assai franco tra prospettive molto diverse): una recensione che, rivolgendosi al solo Diciotti, si chiudeva con l'invito per il futuro “ad occuparsi di un autore più interessante con un autore più interessante” (E. Vitale, “Rothbard, un Trasimaco piccolo piccolo. E una modestissima proposta”, Teoria politica). Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche,  Mannelli, Rubbettino). Un riferimento garbatamente polemico alle sue posizioni gius-naturaliste di si trova in D Antiseri (Laicità.. Le sue radici, le sue ragioni, Rubbettino). La stessa contrapposizione è al fondo di una discussione tra i due riguardante proprio i contenuti di quel volume://blog. centrodietica/?p=2005.  Questo saggio e una presentazione completa e approfondita della filosofia libertaria nelle sue diverse varianti, mentre si evidenzia anche un approccio libertario ai problemi eco-logici. Ce sono riserve nei riguardi delle tesi libertarie e dell'ispirazione anarchica della sua teoria del diritto. Nella sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei private” (Soveria Mannelli, Rubbettino) pure Grondona sviluppa alcune critiche nei riguardi dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da lui mentre in maggiore sintonia con le sue posizioni si trova Favaro (“ Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento” (Napoli, Scientifiche). Mostra che, contrariamente a un'opinione diffusa, le distanze fra la concezione del diritto di Leoni e quella di Hayek sono notevoli. In ogni caso non e Hayek a influenzare Leoni ma il secondo a influenzare, almeno in parte, il primo. Per un'equilibrata analisi del saggio si veda: M. Grondona, "Recensione  Le ragioni del diritto", Nuova Giurisprudenza Ligure. Carlo Lottieri. Lottieri. Keywords: bene commune, diritto individuale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Lottieri” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Luca: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale nell’arte d’amare – filosofia italiana – Luigi Speranza (Marostica). Filosofo italiano.  Grice: “Luca expands on Alcibiades – I have touched the topic of Alcibiade when discussing eudaemonia, as literally having to do with the eudaemon – and the expression occurs in connection with Socrate/Alcibiade -- Grice: “One good thing about Luca is that if my philosophy revolves around ‘reason,’ his does it around ‘eros’!” -- Frequenta il Liceo Ginnasio Brocchi di Bassano del Grappa. Si laurea a Firenze, con la tesi, “Platone e il problema del linguaggio” con relatore Adorno.  È stato incentrato inizialmente sulla tematica dell’’amore’ nella tradizione greco-romana del Convitto e Fedro. Mmantenuto però una costante apertura al ‘mythos’ di Omero, nella convinzione che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti sociali, rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano, nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità. In Labirinti dell’Eros, pur sviluppandosi la tematica all'interno di un arco di tempo definito, l’intento non è quello di affrontare l’argomento nella sua unita longitudinale ma di esprimere, senza costrizioni di un “per-corso pre-figurato” una distinzione logico concettuale, attraverso la quale conseguire, almeno, un punto fermo nell'amatoria. Riguarda anche lo sviluppo della tradizione pitagorico-platonica, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto alla metafisica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza di dare conto "dei fenomeni" o sensibilia. Si orientata alla tarda produzione platonica e al pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche attraverso la cosmologia. Saggi: “Il Simposio, Nuova Italia, Firenze, Platone, Fedro, Nuova Italia, Firenze, Eros e Epos: il lessico d'amore nei poemi omerici, L’amatoria, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO); “Platone e la sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio, Venezia, Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio, Marsilio Venezia. Roberto Luca. Luca. Keywords: l’arte d’amare, Ovidio, il convito, I dialogui dell’amore: il convito e Fedro, l’amore degl’eroi – achille e patroclo – niso ed eurialo – la filosofia dell’amore nel convito, la morte di Patroclo, la morte di Niso, la morte di Eurialo, l’eroe tragico, Achille eroe tragico, Eurialo e Niso, eroi tragici, Enea, eroe tragico, Aiace, eroe tragico, Catone di Utica, eroe tragico, la morte di Eurialo – la morte d’Eurialo – la pederastia – Eurialo piu giovane da Niso. Luigi Speranza, “Grice e Luca: amatoria conversazionale: la massima o principio dell’amore proprio conversazionale e la massima dell’amore all’altro. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Luca” – The Swimming-Pool Library. Luca.

 

Grice e Lucano: la ragione convrsazionale al portico romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. The  nephew of Seneca, he achieves fame with a poem about the civil war between GIULIO (si veda) Caesar and Pompeo. He follows the Porch, as tutored by Lucio Anneo Cornuto. Farsaglia. Marco Anneo Lucano. Lucano.

 

Grice e Lucceio: la ragione conversazionale e l’orto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A historian and a friend of CICERONE. Some of Cicerone’s letters to L. suggests that he may have followed the sect of L’ORTO. Citato da Svetonio. Amico di Giulio Cesare. Citato da Livio. Lucio Lucceio. Keywords: Livio. Lucceio.

 

Grice e Luciano: la ragione conversazionale e la gnossi -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Roma). Filosofo italiano. A gnostic, a follower of Cerdo. Luciano.

 

Grice e Luciano: la ragione conversazionale e il cinargo romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library  (Roma). Filosofo italiano. He studies at Rome with Nigrino  -- whom some suspect to be his invention – and Albino, of the Accademia. Also influenced by Demonax, whose philosophical outlook is more eclectic, although he is generally regarded as a member of the Cinargo. He is famous for his essays and dialogues, mostly satirical, many of which have survived. A number of philosophers appear in them, although not all of them may have existed. As a satirist, he is more interested in mocking pomposity and exposing hypocrisy than in advocating any positive doctrine. Loeb. Luciano.

 

Grice e Lucilio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Sessa Aurunca). Filosofo italiano. Alcuni romani insigni nutrirono interesse vivo per i problemi della filosofia. L. Ciò si può dire di un membro del circolo degli Scipioni, nato da famiglia ricca e distinta. L. ha un fratello che e senatore e, per mezzo della figlia, nonno di Pompeo. L. conosce la cultura greca (di cui si penetra) nell’Italia meridionale e a Roma, ove passa la maggior parte della vita. Forse soggiorna anche in Atene. Come cavaliere L. partecipa alla guerra contro Numanzia, agli ordini di Scipione Emiliano L'Affricano, con cui aveva già stretti rapporti.In seguito appoggia del'Affricano energicamente l'azione politica. L. fa parte, oltrechè del circolo degli Scipioni, di uno più ampio. L. e amico dell'accademico Clitomaco, che gli dedica un libro. Morì a Napoli. L. scrive XXX libri di satire -- un genere filosofico --, di cui restano frammenti.In esse satire, L. rappresenta e critica la vita romana dell’età sua, interessandosi soprattutto di questioni politiche.Dei vizi del tempo L. e giudice severo. L. si occupa molto di problemi logico-grammaticali, retorici e letterari.Si interessa anche di filosofia speculativa, alla quale deve avere dedicato una satira. Nei framm. del l. 28 la teoria dell’ORTO è confutata verisimilmente da uno dall’ACCADEMIA, anche perchè vi si trovano varie notizie sulla storia di tale scuola. La forma e il contenuto delle satire di L. rivelano l’influsso della filosofia popolare del cinismo di Bione e di Menippo. Un ampio frammento in cui L. dipinta la virtù romana, secondo alcuni proviene da Panezio, secondo altri da Cleante: però qualche storico pone L. in relazione con l'Accademia. A poetical philosopher, he writes many satirical works. Although philosophy is one of his subjects, many of his writings are concerned with social morals and standards of public life. Only fragments survive. Climotaco dedicates a ‘saggio’ on the suspension of judgment to him. Ed. Warmington Loeb, Remains of Old Latin. Gaio Lucilio. Keywords: Livio. Lucilio.

 

Grice e Lucilio: la ragione conversazionale e il portico romano --  l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A poetic philosopher. Best known as the friend of Seneca, to whom CXXIV letters are written discussing a wide range of issues from a primarily point of view of the Porch. Gaio Lucilio Minore.

 

Grice e Lucio: la ragione conversazionale e il cinargo romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Of the Cynargo and an opponent of Favorino. Lucio.

 

Grice e Lucrezio: la ragione conversazionale e l’orto romano – l’limplicatura conversazionale dell’alma figlia di Giove – Roma == filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Pompei). Filosofo italiano. Grice: “By far the most important concept in Lucrezio’s philosoophy is that of clinamen that Strawson translates as the ‘swerve.’ It was saved from extinction by an Italian – as the novel tells you!” Grice: “While Strawson reads it in Latin, I prefer the version in the vulgar!” – Grice: “And by the vulgar I mean Marchetti!” Grice: “It’s amazing how well Marchetti interprets Lucezio – there is a little treatise on Epicureanism in the Lucrezio by Marchetti which is interesting. A real continuity in Italian philosophy!” -- possibly the most important Italian philosopher. Seguace dell'epicureismo. Della sua vita ci è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato, eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione, forse postuma, del poema di L., che egli starebbe curando. Ma in scrittori romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca, Frontone, Marco Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio, senza tuttavia fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che non si tratta di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è San Girolamo nel suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui, ispirandosi ad alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato  morto suicida. Tale dato non concorda tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso, secondo il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile, nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo dato ha fatto propendere a credere che Lucrezio mori  nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni. Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate direttamente dall'antichità.  Ignoto risulta anche il luogo di nascita, che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del probabile) le origini campane di L.. Neppure la sua militanza politica sembra essere ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra affatto ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro solitamente stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il desiderio dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere di tutti la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante il fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato e appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli optimates.  Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone.  Secondo lo storico Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio: nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile parente, Marco Lucrezio Frontone)  appartenente quasi sicuramente all'antica famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro della "filosofia del giardino", diretta da  Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa dei papiri").  Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco diffuso), romano, e sapiente epicureo.  Non si sa se il poema fosse diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo.  Il destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio, che, tornato a Roma, sarebbe morto.  La notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una spiegazione semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici che si aveva all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per Lucrezio, di epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto impazzire improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento da piombo, oltre che dei detti "filtri").  Se Lucrezio soffrì di un disagio psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia, non fu a causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù, alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche, definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea fortuna") e non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè avvenuta per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe essere la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici politici.  Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei vincitori, come quella di Marc’antonio che colpirà Cicerone, e molti si toglievano la vita, in quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e Orazio, estimatori di L., facevano parte della corte di Augusto, e dovevano quindi allinearsi alla linea culturale dettata dall'imperatore, assertore dell'antica moralità e diffusore della leggenda di Cesare (per cui venivano cancellate le espressioni scomode di dissenso), e dal suo amico Mecenate, in cui l'epicureismo, se non sfumato come in Orazio appuntocosì come ogni opera che non fosse celebrativa del princeps e della grandezza di Roma non trovava spazio, per cui Lucrezio verrà ricordato solo come grande poeta, tralasciandone l'aspetto filosofico.  Secondo Della Valle, quindi, Lucrezio si sarebbe tolto la vita come gesto di protesta contro la classe politica in ascesa, o perché condannato a morte da essa. Lucrezio, per il periodo in cui è vissuto, personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era profondamente intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia della congiura di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti, isolarsi dalla realtà politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai negotia politici e uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del potere. Le più forti correnti stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato la classe dirigente romana in quanto più conformi alla tradizione guerriera dell'Urbe. L'epicureismo era invece presente anche attraverso il citato Filodemo e altri in Campania, dove Virgilio avrebbe approfondito la sua conoscenza dell'epicureismo. Orazio non lo nomina, ma è evidente che lo conosce, e ideologicamente gli è più vicino di altri. La natura poetica del De rerum natura fa sì che Lucrezio col suo pessimismo esistenziale avanzi profezie apocalittiche, visioni quasi allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice), che accompagnano il poema. Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno dato di lui l'immagine di un ateo psicotico in preda alle forze del male. Appoggiandosi alla psicoanalisi qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi cambiamenti di immagine e di pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia delirante o di problemi di ordine psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di Lucrezio appare oggi più plausibilmente un tentativo di mistificazione per screditare il poeta, così come la presunta morte per suicidio sarebbe stato l'esito di un modo di pensare perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi dell'epilessia poi, viene avanzata sulla base dell'arcaica credenza che il poeta fosse sempre un invasato; elemento quest'ultimo da collegare alla credenza che gli epilettici fossero sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle loro creazioni. Comunque altri scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio affermarono che egli non fosse pazzo e che non si fosse ucciso. L'ipotesi della follia e del suicidio attestata dal Chronicon di Girolamo si fondava su illazioni di Svetonio, peraltro di difficile verifica. Potrebbe anche esserci stata una confusione dovuta all'abbreviazione “Luc.,” impiegata indifferentemente nei codici latini per indicare i nomi di Lucillius, Lucullus e Lucretius. Plutarco scrisse infatti di un certo Licinio LUCULLO (si veda), politico, generale e cultore dei piaceri, che morì dopo essere impazzito a causa di un filtro d'amore. L'errore di interpretazione dell'abbreviazione “Luc.” potrebbe così aver permesso lo scambio dei due personaggi. A causa dell'impossibilità di ricostruire i momenti salienti della sua vita, dunque, il progetto filosofico che egli volle esprimere è ricostruibile interamente solo dalla sua opera, considerata tra le più vigorose d'ogni età. Bisogna ora individuare le motivazioni che spinsero L. a scrivere il De rerum natura, che fondamentalmente sono due. La prima è una ragione etico-filosofica, in quanto Lucrezio, affascinato dalla filosofia epicurea, desiderava invitare il lettore alla pratica di tale filosofia, incitandolo a liberarsi dall'angoscia della morte e degli dèi. La seconda motivazione invece è di carattere storico. L. era conscio che la situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in giorno: Roma era quadro ormai di continui scontri bellici e conseguenti dissidi; giustappunto egli, con un evidente positivismo, voleva incoraggiare il cittadino-lettore romano a non perdere la fiducia verso un successivo miglioramento della situazione. L. si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma, riportandolo all'epicureismo che era stato declinato in favore dello stoicismo. La prima cosa da distruggere era la convinzione provvidenzialistica stoica e più propriamente romana. Non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe terrifero e de le acque", come farà dire Virgilio alla Sibilla Cumana in un colloquio con Enea. Non c'è una ragione seminale universale responsabile della vita nel cosmo, destinata a deflagrare per poi ricominciare un nuovo, identico, ciclo esistenziale, come voleva la fisica stoica, ma un mondo che non è unico nell'universo, peraltro infinito, essendo uno dei tanti possibili. Non c'è quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi, ed un giorno perirà nel suo tempo. La religione, considerata come Instrumentum regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile come utile ma falsa. Egli afferma fin dal libro I del De rerum natura. Tanto male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un giorno, vinto dai terribili detti dei vati, forse cercherai di staccarti da noi. Davvero, infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere le norme della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori! Giustamente, poiché se gli uomini vedessero la sicura fine dei loro travagli, in qualche modo potrebbero contrastare le superstizioni e insieme le minacce dei vati... Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza... E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla, allora già più agevolmente di qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza, e in qual modo ciascuna si compia senza opera alcuna di dèi. Lucrezio colpiva direttamente la credenza negli dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che schiuda le fauci di una tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e gli dèi, seppur esistenti e anche loro composti da atomi così sottili che ne assicurano l'immortalità, non si curano del mondo né lo reggono; ma la religione deve essere inglobata nella scoperta e nello studio della natura, che rasserena l'animo e fa comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico principio divino che regge il mondo è la divina voluptas, Venere: il piacere, la vita stessa intesa come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in grado di fermare lo sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la Guerra. Proprio per questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli intelletti più grandi che hanno illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed in ultima istanza Epicuro, sole invitto della conoscenza rasserenatrice. Non solo, egli stesso si sente quasi un poeta rasserenatore delle tempeste umane e proprio per questo si sente profondamente affine ai poeti delle origini, il cui luogo principe è in Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con una sola grande differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le umane genti, ma di una verità affatto umana, universale e per tutti, che attecchirà ben presto per la salvezza di Roma. Epicuro è comunque, per Lucrezio, il più grande uomo mai esistito, come risulta dai tre inni a lui dedicati (chiamati anche "trionfi" o "elogi"):  «E dunque trionfò la vivida forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le mura fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso universo, da cui riporta a noi vittorioso quel che può nascere, quel che non può, e infine per quale ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine profondamente connaturato. Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo. Il De rerum natura e un poema didascalico in esametri, di genere scientifico-filosofico, suddiviso in sei libri (raccolti in diadi), comprendente un totale di 7415 versi, che illustrano fenomeni di dimensioni progressivamente più ampie: dagli atomi si passa al mondo umano per arrivare ai fenomeni cosmici. Riproduce il modello prosastico e filosofico epicureo e la struttura del poema Περὶ φύσεως di Empedocle (anche un'opera di Epicuro aveva il medesimo titolo). Secondo i filologi vi sono corrispondenze e simmetrie interne che corrisponderebbero ad un gusto alessandrino. L'opera infatti è suddivisa in tre diadi, che hanno tutte un inizio solare ed una fine tragica. Ogni diade contiene un inno ad Epicuro, mentre il secondo e il terzo libro (in quest'ultimo è presente anche un'esposizione della sua estetica) si aprono entrambi con un inno alla scienza. Essendo un poema didascalico, ha come modello Esiodo e quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello esiodeo come massimo strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri modelli potrebbero essere i poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che usavano il poema didascalico come sfoggio di erudizione letteraria. Il destinatario e i destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara propago, ovvero il rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si identifica con Gaio Memmio. Più in generale, si può dire che il destinatario che l'autore si prefigge di conquistare è il giovane aperto ad ogni esperienza, che un giorno prenderà il posto dei politici e attuerà quella rivoluzione propugnata con tanto fervore da L.. Ma, almeno con Memmio, egli fallì: da adulto divenne un dissoluto, fraintendendo il significato di piacere catastematico epicureo, e fu allontanato dal Senato probri causa, cioè per immoralità. Riparò quindi in Grecia, dove scrisse poesie licenziose e dove ce lo menziona anche Cicerone (nelle Ad Familiares), intenzionato a distruggere la casa e il giardino in cui proprio Epicuro risiedette, per costruirsi un palazzo, suscitando lo sdegno degli epicurei che fecero istanza a CICERONE stesso di intervenire per impedirglielo, senza che però Cicerone ci riuscisse. In un simile progetto L. scelse di doversi rifare ad un modello di stile arcaico, che vedeva in Livio Andronico, ma soprattutto in Ennio e in Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra loro quanto meno vari: l'egestas linguae (povertà della lingua), lo vede costretto a dover arrangiare le lacune terminologiche e tecnicistiche con l'arcaismo, ancora che proprio L., insieme a Cicerone, sia uno dei fondatori del lessico astratto e filosofico latino, e a colmare e ancor meglio comprendere l'oscurità del filosofo con la mielosa luce della poesia. Discendendo più in profondità nelle anguste gole del poema, si notano anche altri problemi cui dovette far fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di pregnanza filosofica in latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché poté, egli evitò la semplice translitterazione (ad es. "atomus" per Ατομος) e preferì invece usare altri termini presenti già nella sua lingua magari dandogli altra accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando neologismi. Ed è proprio grazie all'arcaismo che L. riesce a rendere possibile tutto questo: infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo "munificenza" ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e moderni) delle figure di suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e omoteleuti. Molto importante è anche il fatto che L.non si limitò a trasmettere il messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece attraverso un poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della filosofia, parla per squarci imaginifici. Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si caratterizza come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune esplicazioni che nel suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il concetto di parenklisis che Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione chiara. Nella Lettera ad Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis ma poi parla piuttosto di una deviazione per urto. Il celebre passaggio del libro II del De rerum natura dice:  Perciò è sempre più necessario che i corpi deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di poter immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione dalla linea retta del loro percorso? Lucrezio precisa poi ulteriormente le modalità del clinamen aggiungendo:  «Infine, se ogni moto è legato sempre ad altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine certo, se i germi primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche inizio di movimento che infranga le leggi del fato così che da tempo infinito causa non sussegua a causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo libero arbitrio, donde proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai fati, in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il nostro percorso non in un momento esatto, né in un punto preciso dello spazio, ma quando lo decide la mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio volere suggerisce l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle membra]»  Per quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega direttamente agli atomi nel loro processo creativo, scrivendo:  Così è difficile rescindere da tutto il corpo le nature dell'animo e dell'anima, senza che tutto si dissolva. Con particelle elementari così intrecciate tra loro fin dall’origine, si producono insieme fornite d’una vita di eguale destino: ed è chiaro che ognuna di per sé, senza l’energia dell’altra, le facoltà del corpo e dell’anima separate, non potrebbero aver senso: ma con moti reciprocamente comuni spira dall’una e dall’altra quel senso acceso in noi attraverso gli organi. Lucrezio riprende in maniera radicale la tesi già di Epicuro. La religione è la causa dei mali dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere alla felicità, da raggiungere attraverso la liberazione dalla paura della morte. Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La ratio è vista da Lucrezio come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo, quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza, che lo stesso L. denomina spesso con il termine "superstitio". Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza. Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa. Afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una rappresentazione falsata della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini. L. riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità malinconica. Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi. Tale concezione atea, materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna, in particolare gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie, anch'essi atei dichiarati e a loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio sarà inoltre seguito da Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi. L. nega ogni sorta di creazione, di provvidenza e di beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è affrancato dalla condizione di bisogno tramite la produzione di tecniche, che sono trasposizioni della natura. Però, il progresso non è positivo a priori, ma solo finché libera l'uomo dall'oppressione. Se è invece fonte di degradazione morale, lo condanna duramente. Lucrezio introduce nel III libro del De rerum natura una chiarificazione che nel mondo latino era stata trascurata generando non poche confusioni, circa il concetto di “animus” in rapporto a quello di “anima” «Vi sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la natura dell'animo e dell'anima quasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo, obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il corpo. L. riprende il concetto ellenico di anima come "soffio vitale che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano psyché. Questo soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona solo “con l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile col "noùs" ellenico, traducibile in latino con mens. Dunque animus e mens paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità mentale. L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al concetto di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare la sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora che l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio vitale. L'angoscia esistenziale Il De rerum natura è ricchissimo di elementi tipici dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Leopardi, che dell'opera di L.era un profondo conoscitore, anche se in realtà non è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse L.. Questi elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi e dal loro destino di dolore e morte. Altri studiosi, però ritengono che l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più fortemente la funzione salvifica della ratio epicurea. S'intende, ciechi alla dottrina di Epicuro.  Sul luogo di nascita: anche se c'è chi afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi all'unanimità che fosse originario della Campania: di Napoli, di Ercolano, o, secondo recenti studi epigrafici, di Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e L. sono attestati, e la gens Lucretia ha delle ville cfr: Biografia di Lucrezio; o perlomeno vi avesse abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio Foppiani, Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo, cfr. anche la Lucrezio Caro, Tito su Enciclopedia Treccani  Sulla data di nascita: molti optano per il 98 a.C. o secondo altri 96 a.C.  Secondo alcune fonti: Lucretius testimonia vitae  Luciano Canfora, Vita di L., Sellerio,  o secondo altri 53 a.C., cfr. Paolo Di Sacco, M. Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura latina"  1 "L'età arcaica e la repubblica", Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Modulo. Testimonianze su Lucrezio  Canfora. Lucrezio, De rerum natura, Lucrezio, De rerum natura, Enrico Fichera, I "templa serena" e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella letteratura, Roma, Bonanno edizioni, Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts, Monaco. Enciclopedia dell'arte antica  Cfr. Gerlo, Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario contemporaneo  Nel romanzo epistolare di Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, Nomi romani: glossario  Canfora, Cicerone, Ep. ad Quintum fratrem, II 9.  S L.  Canfora, Classici: L. e il De rerum natura  Aldo Oliviero, Il suicidio di L., su lafrontieraalta.com. Ettore Stampini, Il suicidio di L., Messina, Tipografia D'Amico, La risposta di Virgilio a L.  Guido Della Valle (Napoli), pedagogista e docente universitario, autore di Tito L Caro e l.'epicureismo campano, Napoli, Accademia Pontaniana, L. in Enciclopedia Italiana  L.: informazioni biografiche  ibidem  La natura delle cose, Milano, Rizzoli, Eneide, lLa natura delle cose, cit. supra81. L., La natura delle cose,  La natura delle cose. Il De rerum natura di L.  Introduzione a Lucrezio accesso= Memmio su Enciclopedia Italiana  Lo stile di Lucrezio  C. Craca, Le possibilità della poesia. Lucrezio e la madre frigia in «De rerum natura» IBari, Edipuglia, Epicuro, Opere, E. Bignone, Laterza Lucrezio, La natura delle cose, Biagio Conte, Milano, Rizzoli, La natura delle cose, cit. supra271.  De rerum natura, Diego Fusaro, Tito L. Caro, su filosofico.net. e rerum natura, VTasso segue L. stilisticamente, non ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV, ripresa nel proemio della Gerusalemme liberate, La natura delle cose, cit. supra, De rerum natura, Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana.  Lucrezio, introduzione Edizioni De rerum natura, (Brixiae), Thoma Ferrando auctore, De rerum natura libri sex nuper emendati, Venetiis, apud Aldum, In Carum Lucretium poetam commentarij a Pio editi, Bononiae, in ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, De rerum natura libri sex a Lambino emendati atque restituti & commentariis illustrati, Parisiis, in Gulielmi Rovillij aedibus, De rerum natura libri VI, Patavii, excudebat Josephus Cominus, De rerum natura libri sex, Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Giussani, Torino, E. Loescher  (importante edizione critica, tuttora fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e versione Flores, Napoli, Bibliopolis, Traduzioni italiane Della natura delle cose libri sei tradotti da Marchetti, Londra, per G. Pickard. La natura, libri VI tradotti da Rapisardi, Milano, G. Brigola, Della natura, Armando Fellin, Torino, POMBA. Della natura, Versione, introduzione e note di Cetrangolo, Firenze, Sansoni, La natura delle cose, Introduzione di Gian Biagio Conte, Traduzione di Canali, Testo latino e commento Dionigi, Milano, Rizzoli, La natura, Introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Milano, Garzanti (Per la  specifica sul De rerum natura si rimanda a tale voce)  V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze, Le Monnier, A. Bartalucci, L. e la retorica, in: Studi classici in onore di Cataudella, Catania, Edigraf, M. Bollack, La raison de L. Constitution d'une poetique philosophique avec un essai d'interpretation de la critique lucretienne, Parigi, Les editions de Minuit, 1978. G. Bonelli, I motivi profondi della poesia lucreziana, Bruxelles, Latomus, Boyancé, L. e l'epicureismo, Edizione italiana Alberto Grilli, Brescia, Paideia, Camardese, Il mondo animale nella poesia lucreziana tra topos e osservazione realistica, Bologna, Patron, Canali, L. poeta della ragione, Roma, Editori Riuniti, Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Palermo, Sellerio, G. Della Valle, Tito L. Caro e l'epicureismo campano, Seconda edizione con due nuovi capitoli, Napoli, Accademia Pontaniana, Gerlo, Pseudo-L. in: «L'Antiquité Classique»,F. Giancotti, L. poeta epicureo. Rettificazioni, Roma, G. Bardi, Giancotti, Religio, natura, voluptas. Studi su L. con un'antologia di testi annotati e tradotti, Bologna, Patron, Giardini, Lucrezio. La vita, il poema, i testi esemplari, Milano, Accademia, Greenblatt, Il manoscritto. Come la riscoperta di un libro perduto cambiò la storia della cultura europea, traduzione di Zuppet, Milano, Rizzoli,  H. Jones, La tradizione epicurea, Genova, ECIG, R. Papa, Veterum poetarum sermo et reliquiae quatenus Lucretiano carmine contineantur, Neapoli, A. Loffredo, Perelli, L. poeta dell'angoscia, Firenze, La Nuova Italia, Perelli, L.. Letture critiche, Milano, Mursia, A. Pieri, L. in Macrobio. Adattamenti al testo virgiliano, Messina, Casa Editrice D'Anna, V. Prosperi, Di soavi licor gli orli del vaso. La fortuna di Lucrezio dall'Umanesimo alla Controriforma, Torino, N. Aragno, G. Sasso, Il progresso e la morte. Saggi su Lucrezio, Bologna, Il Mulino, R. ScarciaE. ParatoreG. D'Anna, Ricerche di biografia lucreziana, Roma, Edizioni dell'Ateneo, O. Tescari, Lucretiana, Torino, SEI,O. Tescari, L., Roma, Edizioni Roma, A. Traglia, De Lucretiano sermone ad philosophiam pertinente, Roma, Gismondi, Scritti letterari Canali, Nei pleniluni sereni. Autobiografia immaginaria di Tito Lucrezio Caro, Milano, Longanesi, E. Cetrangolo, L.. Tragedia, Roma, Edizioni della Cometa, Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio. Piergiorgio Odifreddi, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio, la mia Venere, Milano, Rizzoli, Alieto Pieri, Non parlerò degli dèi. Il romanzo di L., Firenze, Le Lettere, Epicureismo Esistenzialismo ateo Storia dell'ateismo Tito L. Caro, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tito L. Caro, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tito L. Caro Opere di Tito L. Caro, su Liber Liber.  openMLOL, Horizons Audiolibri di Tito L. Caro, su LibriVox. Goodreads. De Rerum Natura: testo con concordanze e liste di frequenza, su intratext.com. Intervista a Luca Canali su passioni e razionalità in Lucrezio, dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su conoscenza.rai. Analisi critica del pensiero di Lucrezio, su lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia Letteratura  Letteratura Categorie: Poeti romaniFilosofi romani 15 ottobre Roma Tito Lucrezio Caro Atomisti Epicurei Filosofi atei Lucretii Storia dell'evoluzionismo Pre-esistenzialisti Personalità dell'ateismo. Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia.  Alma figlia di Giove, inclita madre  Del gran germe d'Enea, Venere bella,  Degli uomini piacere e degli Dei: Tu che sotto i girevoli e lucenti  Segni del cielo il mar profondo, e tutta  D’ animai d'ogni specie orni la terra, Che per se fora un vasto orror soUngo: Te Dea , fnggono i venti: al primo arrivo  Tuo svaniscon le nubi: a te germoglia  Erbe e fiori odorosi il suolo indnstre: Tu rassereni i giorni foschi, e rendi  Col dolce sguardo il mar chiaro e tranquillo,  E splender fai di maggior lume il ciclo. Qualor deposto il freddo ispido manto  L'anno ringiovanisce, « la soave  Aura feconda di Favonio spira, Tosto tra fronde e fronde i vaghi augelli. Feriti il cor da' tuoi pungenti dardi ,   Cantan festosi il tuo ritorno, o Diva; Liete scorron saltando i grassi paschi  Le fiere , e gonfi di nuor' acqae i fìami  Varcano a nuoto e i rapidi torrenti: Tal da' teneri tuoi rezzi lascivi  Dolcemente allettato ogni animale  Desioso ti segue ovunque il gnidi.   In somma tu per mari e monti e fiumi,  Pe'boschi ombrosi e per gli aperti campi,  Di piacevole amore i petti accendi, E cosi fai che si conservi '1 mondo.   Or se tu sol della Natura il freno  Reggi a tua voglia , e senza te non vede  Del di la luce desiata e bella,   Nè lieta e amabil fassi alcuna cosa: Te , Dea, te bramo per compagna all'opra,  In cui di scriver tento in nuovi carmi  Di Natura i segreti e le cagioni  Al gran Memmo Gemello a te si caro ,  In ogni tempo, e d’ogni laude ornato. Tu dunque , o Diva , ogni mio detto aspergi  D’eterna grazia, e fa’ cessare intanto  E per mare e per terra il fiero Marte,   Tu, che sola puoi farlo : egli sovente  D’ amorosa ferita il cor trafitto  Umil si posa nel divin tuo grembo.   Or mentr’ ei pasce il desioso sguardo  Di tua beltà, ch'ogni beltade avanza,   E che l’anima sua da te sol pende, Deh ! porgi a lui , vezzosa Dea , deh ! porgi  A lui soavi preghi , e fa'ch’ ei renda  Al popol suo la desiata pace. Che se la patria nostra è da nemiche  Armi abitata, io più seguir non posso con animo quieto il preso stile,  nè può di Memmo il generoso figlio aS   l^egar sé stesso alla comaa salate. Tu, gran prole di Memmo, ora mi porgi  Grate ed attente orecchie, e ti prepara,  Lungi da te cacciando ogni altra cura,   Alle vere ragioni , e non volere  I miei doni sprezzar pria che gl’ intenda. Io narrerotti in che maniera il cielo con moto alterno ognnr si volga c giri j  Degli Dei la natura, e delle cose  Gli alti principi , e come nasca il tutto ;  Come poi -si nutrichi, e come cresca, Ed in che finalmente ei si risolva:   £ ciò da noi nell’avvenir dirassi primo corpo, materia, o primo seme, o corpo genitale , essendo quello  Onde prima si forma ogni altro corpo: Che d'uopo é pur che’n somma eterna pace  Yivan gli Dei per lor natura , e lungi  Stian dal governo delle cose umane, Scevri d' ogni dolor, d’ogni periglio, biechi sol di lor stessi, e di lor fuori di nulla bisognosi, e che nè metto  Nostro gli alletti, o colpa accenda ad ira. Giacca l’ umana vita oppressa e stanca  Sotto religìon grave e severa. Che mostrando dal ciel l’altero capo  Spaventevole in vista e minacciante ne soprasta. Un iiom d’Atene il primo e, che d’ergerle incontra ebbe ardimento  Gli occhi ancor che mortali, e le s’oppose.  Questi non paventò nè eie! tonante  Nè tremoto che ’l mondo empia d’ orrore,  Nè fama degli Dei, nè fulmin torto j  Ma qual acciar su dura alpina cote quanto s’agita più tanto più splende. Tal dell’animo suo mai sempre invitto  Nelle difficoltà crebbe il desio a  Di spezzar pria d'ogni altro i saldi chiostri,  E r ampie porte di Natura aprirne.   Cosi vins' egli , e con l' eccelsa mente  Varcando oltre a' confin del nostro mondo, e bastante a capir spazio infinito. Quindi sicuramente egli n’ insegna  Gid che nasca o non nasca, ed in qual modo  Ciò che racchiude l' Universo in seno  Ha poter limitato , e tcrmin certo :   E la religion co’pié calcata,  L' alta vittoria sua c’ erge alle stelle. Nè creder già che scelerate ed empie sian le cose eh’ io parlo. Anzi sovente  L' altrui religion ne’ tempi^antichi  Cose produsse scelerate ed empie.   Questa il fior degli eroi scelti per duci  Deir oste argiva in Aalide indusse  Di Diana a macchiar l' ara innocente  Col sangue d' Ifigenia , allor che cinto di bianca fascia il bel virgineo crine vid’ella a se davanti in mesto volto  Il padre, e alni vicini i sacerdoti  Celar 1’ aspra bipenne , e '1 popol tutto  Stillar per gli occhi in larga vena il pianto  Sol per pietà di lei , che muta e mesta  Teneva a terra le ginocchia inchine. Nè giovi punto all’innocente e casta povera verginella in tempo tale,  ch’ a nome della patria il prence avesse  All’ esercito greco un re donato ;   Che tolta dalle man del suo consorte  Fu condotta all’ aitar tutta tremante:   Non perchè terminato il sacrifizio,  legata fosse col soave nodo d’un illustre imeneo. Ma per cadere  Nel tempo stesso delle proprie nozze  A* piè del genitore ostia dolente per dar felice e fortunato evento  All' armata navale. Error si grave  Persuader la religion poteo. Tu stesso dall’orribili minacce de’ poeti atterrito, a i detti nostri di negar tenterai la fe dovuta. Ed oh, quanti potrei fìngerti anch'io  Sogni e chimere, a sovvertir bastanti  Del viver tuo la pace, e col timóre  Il sereno turbar della tua mente.   Ed a ragion, che se prescritto il fine vedesse l'uomo alle miserie sue. Ben resister potrebbe alle minacce  Delle religioni, e de' poeti. Ma come mai resister può, s' ei teme  Dopo la morte aspri tormenti eterni.  Perchè dell' alma è a lui l’essenza ignota:  S' ella sia nata, od a chi nasce infusa, E se morendo il corpo anch' ella muoia? Se le tenebre dense , e se le vaste  Paludi vegga del tremendo Inferno,   O s' entri ad informare altri animali  Per ^divino voler, siccome il nostro  Ennio cantò , che pria d' ogn' altro colse  In riva d'Elicona eterni allori.   Onde intrecciossi una ghirlanda al crine FRA L’ITALICA GENTI illustre c chiara?  Bench' ci ne' dotti versi affermi ancora  Che sulle sponde d' Acheronte s' erge  Un tempio sacro a gl' infernali Dei ,   Ove non 1' alme o i corpi nostri stanno.   Ma certi simulacri in ammirande  Guise pallidi in volto, e quivi narra d’aver visto l'imagine d’Omero  Piangere amaramente, e di Natura  Raccontargli i segreti e le cagioni. Dunque non pnr de’più sublimi effetti Cercar le cause, e dichiarar conviensi  Della luna e del sole i morimenti.  Ma come possan generarsi in terra tutte le cose, e con ragion sagace principalmente investigar dell' alma, £ dell'animo uman l’occulta essenza,   E ciò che sia quel, che vegliando infermi,  £ sepolti nel sonno, in guisa n'empie d’alto terror , che di veder presente  Parne , e d’udir chi già per morte in nude ossa ò converso, e poca terra asconde e so ben io qual malagevol’ opra   Sia r illustrar de’ Greci in toschi carmi  L’ oscure invenzioni, e quanto spesso  Nuove parole converrammi usare, non per la povertà della mia lingua ch’alia greca non cede , e più d’ ogn’ altra piena è di proprie e di leggiadre vocij ma per la novità di quei concetti  Ch’esprimer tento, e che nuli’ altro espresse.  Pur nondimcn la tua virtude ò tale,  e lo sperato mio dolce conforto  Della nostr’amistà, eh’ ognor mi sprona  A soffrir volentieri ogni fatica,  E m’induce a vegliar le notti intere,  sol per veder con quai parole io possa  Portare innanzi alla tua mente un lume,  Ond’ ella vegga ogni cagione occulta.   Or si vano terror, si cieche tenebre   Schiarir bisogna, e via cacciar dall’ animo nn co’ be’ rai del sol, non già co’ lucidi dardi del giorno a saettar poc’ abili fuorché l’ombre notturne e i sogni pallidi, Ma col mirar della Natura, e intendere  D’occulte cause e la velata imagine. Tu, se di conseguir ciò brami, ascoltami. Sappi , che nulla per diyin volere  Pad dal nalla crearsi, onde il timore,  che qaind'il cor d'ogni mortale ingombra ,  Vano è del tutto, e se tu vedi ognora  Formarsi molte cose in terra e ’n cielo,  nè d'esse intendi le cagioni, e pensi  Perciò che Dio le faccia , erri e deliri.   Sia dunque mio principio il dimostrarti,  Che nulla mai si può crear dal nulla.  Quindi assai meglio intenderemo il resto  £ come possa generarsi il lutto  Senz'opra degli Dei. Or se dal nnlla-  Si creasser le cose, esse di seme  Non avrian d'uopo, e si vedrian produrre  Uomini ed animai nel seti dell' acque, nel grembo della terra uccelli e pesci, e nel vano dell’aria armenti e greggi;   Pe' luoghi culli, e per gl' inculti il parto  D'ogni fera selvaggia incerto fora;   Nè sempre ne darian gl'istessi frutti  Gli alberi , ma diversi ; anzi ciascuno  D' ogni specie a produrgli allo sarebbe.  Poiché come potrian da certa madre nascer le cose, ove assegnati i propri semi non fosser da ^Natura a tutte 1 Ma or perché ciascuna è da principi certi creala , indi ha il natale ed esce  Lieta a godere i dolci rai del giorno, ov'è la sua materia e -i-vorpi primi:   E quindi nascer d'ogni cosa il tutto  Non può, perchè fra loro alcune certe cose hall l'interna facoltà distinta.   Inoltre ond' è che primavera adorna sempre è d’ erlie e di fior? che di mature  Biade all' estiv' arsura ondeggia il campo? e che sol quando Febo occupa i segni  O di Libra o di Scorpio, allor la vite Suda il dolce liquor che inebria i sensi? Se non perché a'ior tempi alcuni certi  Semi in un concorrendo, atti a produrre  Son ciò che nasce, alJor che le stagioni  Opportune il richieggono, e la terra  «I Di rigor genital piena c di succo, Puote all’ aure inalzar sicuramente  Le molli erbette e l’altre cose tenere i che se pur generate esser dal nulla  Potessero, apparir dovrian repente  In contrarie stagioni e spazio incerto ,   Non vi essendo alcun seme , che impedito  Dall' Union feconda esser potesse  O per ghiaccio o per sol ne' tempi avversi.  Né per crescer le cose avrian mestiere di spazio alcuno in cui si unisca il seme,  i' elle fosser del nulla atte a nutrirsi. Ma nati appena i pargoletti infanti  Diverrebbero adulti , e in un momento  Si vedrebber le piante inverso il cielo  Erger da terra le robuste braccia. Il che mai non succede. Anzi ogni cosa cresce, come conviensi , a poco a poco,   E crescendo, conserva e rende eterna  La propria specie. Or tu confessa adunque  Che della sua materia , e del suo seme  Nasce, si nutre e divien grande il tutto.   S’arroge a ciò, che non daria la terra il dovuto alimento ai lieti parti. Se non cadesse a fecondarle il seno  Dal del 1' umida pioggia, e senza cibo propagar non potrebber gli animali  La propria specie, e conservar la vita, Ond' è ben verisimile, che molte  Cose molti fra lor corpi comuni  Àbbian, come le voci han gli elementij  Anzi, che sia senza principio alcuna.   In somma ond' è che non forma Natura uomini tanto grandi e si robusti, che potesser co’ piè del mar profondo varcar l’ acque sonanti e con la mano sveller dall’imolor l’alte montagne, e viver molt’ etadi , e molti secoli? L. is known only for his long poem De rerum natura in which he sets out the doctrines of the Garden. As the only substantial systematic work of the Garden to survive from antiquity it is a work of considerable significance. Unfortunately, it is difficult to judge how accurate an account of the school’s teaching as there is little with which to compare it. However, the Garden tended towards conservatism in doctrinal matters and so it isunlikely L. strays far from orthodoxy. The first two books of the poem are mainly concerned with espounding atomism, the middle two are concerned with human nature and knowledge, and the last to analyse a number of natural phenomena.  Tito Lucrezio Caro. Lucrezio. Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Lucrezio: implicatura atomica” – “implicatura e composizionalita” – “implicatura elementare” – “implicatura simplex” “implicatura simplice” “implicatura complessa”, “alma figlia di Giove” --. Lucrezio.

 

Grice e Lucullo: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale --  Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. Si distingue nella guerra sociale come tribunus militum. Avendo avuto quale pro-questore sotto SILLA (si veda) nella guerra mitridatica l’incarico di recarsi dalla Grecia in Cirenaica e in Egitto e di raccogliere una flotta, L. volle avere presso di sè Antioco d’Ascalona in quel pericoloso viaggio sul mare. Pretore, propretore in Africa, e console, ottenne il governo proconsolare della Cilicia e il comando della guerra contro Mitridate e sconfisse prima questo, poi il suo alleato Tigrane re di Armenia. Negl'anni del suo comando, batiè con poche forze grossi eserciti nemici. Ma per il malcontento dei soldati le cose peggiorarono, sicchè i suoi avversari lo fanno richiamare a Roma ove soltanto gli e concesso il trionfo. L. contribuì potentemente alla diffuzione della filosofia in Roma. L. e oratore, storico -- scrive una storia della guerra sociale -- e si interessa vivamente per la filosofia, tanto che volle compagno Antioco sia da pro-questore che da pro-console e con gli studi filosofici si consola degli insuccessi politici. A rich Roman who makes a career in public and military life. A friend and pupil of Antioco, his philosophical tastes appear to have been quite eclectic. He spends his last years quietly going insane. Lucio Licinio Lucullo. Keywords: Livio.  Lucullo.

 

Grice e Luporini: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- i corpi di Vinci – il leopardi fascista – leopardi fascisti – ultra-filosofico -- filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming Pool Library (Ferrara). Filosofo italiano. Grice: “I like Luporini; I lerarned from him how silly Austin is when talking of ‘material object’ – a contradiction in terminis for Kant who uses ‘materie’ very strictly; Luporini’s study of Leopardi is brilliant – and he has explored the genius of Vinci, which is good!” Si recò a Friburgo, dove frequenta le lezioni di Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le lezioni di Hartmann. Si laurea a Firenze. Insegna a Cagliari, Pisa e Firenze. Dopo un in interesse per l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al Partito Comunista, per il quale fu eletto senatore nella terza legislature. Tra le altre iniziative parlamentari, fu firmatario di un progetto di legge, "Istituzione della scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni.” Fonda la rivista Società.  Collabora ai periodici politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita, Critica marxista. Durante il dibattito che, a seguito degli eventi, porta alla trasformazione del PCI in PDS, si schierò decisamente contro la "svolta" di Occhetto, aderendo alla mozione "due" di opposizione interna, in un'orgogliosa difesa e per un rilancio della prospettiva e degli ideali comunisti. Il marxismo di Luporini si fonda su una critica radicale allo storicismo, sul rifiuto di ogni concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo, quello marxista in particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente storicista del progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta letture dogmatiche del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e meccanicismo, ma, pur apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò di far dialogare tutto il marxismo italiano, non ne condivideva l'anti-umanismo, in quanto il pensiero di Marx conserva per lui un profondo umanesimo, anche negli scritti successivi alla "rottura epistemologica" in cui le strutture, cioè i modelli interpretativi della società, non sono astratti ma in funzione degli individui concreti, umani.  Nello stesso ambito marxista, tra i suoi obiettivi polemici vi furono quelle posizioni che proponevano una interpretazione di radicale discontinuità tra Marx e Hegel, cioè quelle di Volpe e della sua scuola. Centrale è infatti per Luporini la nozione di “contra-dizione,” la marxiana "oggettività reale", che lo pone comunque in relazione con Hegel. Marx deve essere considerato una concezione aperta e complessa, dove materialismo e dialettica compongono una sintesi mai totalizzante (da qui il suo interesse per l'elaborazione di Gramsci) e parte fondamentale di una più generale teoria dei condizionamenti umani.  Fondamentale è il concetto di formazione economico-sociale, espressione già utilizzata da Sereni, ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il marxismo di costituire un modello per l'analisi degli specifici modi di produzione della società capitalista, nonché per la previsione scientifica delle sue varie forme. La legge generale delle formazioni economico-sociali è tratta dall’Introduzione ai Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica di Marx. La struttura economica va indagata secondo logica scientifica e bisogna stabilire un "criterio oggettivo", il momento dominante che condiziona tutti gli altri assetti produttivi.  L'approccio storico-genetico non è un continuum evoluzionistico come nella tradizione storicistica, è la fase dell'osservazione e descrizione empirica del fenomeno dalla sua origine ed è secondario rispetto all'approccio genetico-formale, cioè all'indagine che permette di stabilire la categoria dominante di una determinata fase storica della produzione. Il modello de Il Capitale può dunque aspirare all'universalità, ma anche alla flessibilità di applicazione. La formalizzazione di un “modello” attraverso il metodo genetico, individua anche il processo per cui i rapporti di produzione si riflettono in qualcos’altro, la coscienza dei singoli, le relazioni inters-oggettive (l’inter-azione’) e le radici stesse della vita morale. È palese così il contrasto di L. ad ogni disegno provvidenzialista e di filosofia della storia e anche in questo si rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo tra Hegel e Marx. Per quanto riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia non è permeata solo di pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza attiva. La formazione filosofica di Leopardi, infatti, illuminista e materialista, permette di leggere ad esempio, nelle "magnifiche sorti e progressive" de "La Ginestra", una possibilità di rinnovamento politico-sociale non in antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un compito storico degli esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità esistenziale. “Filosofia e politica: scritti dedicati a L., Firenze, La Nuova Italia, Una  completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata pubblicata nel numero speciale dedicato a Luporini di "Il Ponte" (Firenze). Oltre agli studi sulla storia della filosofia e a un'elaborazione teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si ricordano, fra le sue opere principali:  “Situazione e libertà” (Firenze, Monnier); “Filosofi vecchi e nuovi” (Firenze, Sansoni); “Spazio e materia in Kant” (Firenze, Sansoni); “L'ideologia comunista” (Riuniti, Roma); “Dialettica e materialismo, Roma, Riuniti,  Il soggetto e il comune, Il marxismo e la cultura italiana, in Storia d'Italia, I documenti, Einaudi. Un'incidenza notevolissima ha sugli studi leopardiani il suo saggio Leopardi progressivo.  Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann vedi l'aneddoto in Intervista in "Repubblica", E. Sereni, Da Marx a Lenin: la categoria di formazione economico-sociale, Quaderni di Critica marxista, Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo, in Critica marxista, Per l'interpretazione della categoria formazione economico-sociale, in Critica marxista, Le radici della vita morale, in  Morale e società, Riuniti, Roma); S. Lanfranchi, Dal Leopardi ottimista della critica fascista al Leopardi progressivo della critica marxista, Saggi critici in Garin, Esistenza e libertà, in Critica marxista, G. Mele, Esistenzialismo e significato della libertà, Critica Marxista, A. Zanardo, Un orizzonte filosofico materialistico, in Critica marxista, C. Rocca, Esistenzialismo e nichilismo «Belfagor», R. Mapelli, Milano, ed. Punto Rosso, Ponte, Ponte, Convegni  Quarant'anni di filosofia in Italia. "Critica marxista", Il fascicolo contiene gli atti delle due giornate di studio sulla sua filosofia oorganizzate dalla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Firenze e dalla fondazione Gramsci di Roma, Feltrinelli. Nella loro maggior parte i contributi riprendono gli interventi al Convegno promosso dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di Filosofia. Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Senato della Repubblica; Biblioteche dei Filosofi (SNS), su picus unica. L'ultima lezione (una grande avventura intellettuale attraverso il Novecento), su hyperpoli.  Sebbene questo titolo rimandi a questioni di critica letteraria, e di fatto i risultati della critica leopardiana costituiscano l’oggetto principale da cui muove questo studio, essi saranno presentati e analizzati nelle prossime pagine innanzitutto come un ‘documento’ storico : un documento che forse non ci darà risposte soddisfacenti per comprendere meglio il pensiero leopardiano, ma contribuirà invece alla nostra riflessione sull’iter culturale e ideologico di alcuni intellettuali italiani. Per affrontare il problema della transizione e tentare di isolare alcuni elementi di continuità e di rottura, il discorso svolgerà un percorso circolare : partendo dal saggio pubblicato da L. Leopardi progressivo, al quale, in un primo momento, si accennerà solo molto brevemente ; seguendo poi un cammino a ritroso per rintracciare l’itinerario e le origini anche abbastanza lontane del dibattito – iniziato sin da prima del Ventennio – da cui trae origine questo testo ; e tornando infine al 1947 e al libro di L., molto noto, anche fuori dalla cerchia degli specialisti di Leopardi, tanto da esser divenuto un ‘classico’ studiato spesso sin dal liceo1.  2 Scrive Sebastiano Timpanaro a proposito del titolo scelto da Luporini : « un titolo che per un vers (...) 3 Si tratta del v. 51 della Ginestra, in G. Leopardi, Poesie e prose, vol. I, Poesie, a cura di M. A. L., Leopardi progressivo. La scelta dell’aggettivo progressivo, benché avesse un’eco politica particolare nella cultura comunista del primissimo dopoguerra2, era dettata dal richiamo letterario alle « magnifiche sorti e progressive » de La Ginestra di Leopardi3. Ma nella citazione di Luporini l’aggettivo perdeva il sapore amaramente ironico di quel verso leopardiano ed assumeva invece un significato totalmente positivo, per indicare una forma di fiducia nel « generale progresso dell’incivilimento »4 che, secondo il critico, emana dalla lettura complessiva di una poesia come La Ginestra e, forse soprattutto, da un’attenta analisi dello Zibaldone di Leopardi. Questa fiducia non risiede però, per Luporini, nell’individuo, bensì nella moltitudine, ovvero nel popolo e nella sua virtù, e sfocia in una dichiarazione di solidarietà tra gli uomini tutti, contro la natura, per un progresso generale della condizione umana. La vivacità delle reazioni che suscitò il saggio quando fu pubblicato dà una preziosa indicazione di quanto originale e quanto importante fosse l’interpretazione proposta da L. Per illustrare l’accoglienza che ricevette è particolarmente utile la recente testimonianza di Brunetti, che sarebbe poi diventato professore di filosofia e specialista di Galilei, ma che allora era ancora al terzo anno di studi della Scuola normale superiore di Pisa, dove Luporini appunto insegnava. Brunetti ricorda perfettamente  Leopardi progressivo, la cui lettura creò interesse e agitazione fra i normalisti : ne discutevano animatamente nei corridoi, nelle stanze e durante i pasti nella sala da pranzo soprattutto gli italianisti Bollati, Blasucci, Dante della Terza, che trascinavano tutti gli altri. Era lecita una definizione politica del poeta ? Era corretta siffatta operazione ideologica ? Non era forse più opportuna una ricomposizione unitaria del pensiero leopardiano. Brunetti, Il « nostro » L., in L., a cura di M. M La discussione, animata e per certi versi lacerante, si protrasse per giorni, riecheggiando sotto le volte dei corridoi nel Palazzo dei Cavalieri. Fu però efficace, perché fece rientrare la sensazione provocatoria del saggio e ricondurre l’elemento ideologico e il « tecnicismo filosofico » nelle giuste dimensioni, sortendo d’altro canto l’effetto di mettere in discussione l’apollineità in cui la critica crociana mirava a rinchiudere la poesia e insieme il poeta. Non è un caso che da quello stesso anno anche il lavoro critico di Luigi Russo si attestò in una valorizzazione della « politicità » dei poeti, rompendo, proprio lui, il dominante schema crociano. Una pietra gettata nello stagno, una fertile provocazione intellettuale.5  4 Quanto racconta Brunetti è, per molti aspetti, significativo e rappresentativo del clima ideologico e culturale di quegli anni, e della transizione che si sta operando, anche nel piccolo mondo della critica letteraria.  L., Leopardi progressivo, cit., p. 38 e 92. 7 W. Binni, La nuova poetica leopardiana, Firenze, Sansoni. Sebbene molto diversi, il testo di  Brunetti definisce il testo di L. un’« operazione ideologica », in quanto offre una lettura non solo eminentemente politica dell’opera leopardiana, ma una lettura esplicitamente comunista. L. vede in Leopardi un « anticipatore di ulteriori dottrine, fedele ai principi della democrazia rivoluzionaria, anche più avanzata »6. In questo senso, il 1947 segna, col saggio di L. – e col saggio altrettanto noto di Binni, La nuova poetica leopardiana, pubblicato lo stesso anno7 – una svolta decisiva nella storia della fortuna leopardiana, inaugurando la proficua stagione della critica leopardiana del secondo Novecento, segnatamente della critica detta marxista. D’altra parte, Brunetti considera che l’opera di L, era, nel contesto culturale della seconda metà degli anni Quaranta, una vera e propria « pietra gettata nello stagno » e una « fertile provocazione intellettuale », in quanto rimetteva in questione il « dominante schema crociano ». Con quest’ultima osservazione, Brunetti non rende, tuttavia, conto di quanto fosse recente tale « dominio ». Se è vero, infatti, che il metodo crociano si era imposto nel mondo culturale di quel primissimo dopoguerra, durante tutto il Ventennio e anche durante la guerra esso era stato sì prevalente, ma solo nella cerchia, in realtà abbastanza ristretta, degli intellettuali ostili o estranei al fascismo. Di sicuro non era stato lo « schema dominante » imposto negli studi letterari, nelle riviste, nelle accademie e nelle università dell’Italia fascista.  8 Croce conia la voce « allotrio » per indicare ciò che è estraneo all’estetica, rifacendosi al vocab Per l’influenza di Gentile sul mondo culturale in epoca fascista, si veda in particolare G Il ruolo di Cian negli studi letterari del Ventennio e nel periodo di transizi. Marpicati compie studi di letteratura italiana a Firenze, pubblica alcune raccol . Ecco quanto scriveva, ad esempio, Cian, rivolgendosi a Croce e ai suoi discepoli. Mi sia consentito di rimandare in questa sede a due testi miei, entrambi accessibili in linea : S.  In realtà, durante il Ventennio solo una minoranza di critici – pur trattandosi di una minoranza quantitativamente e soprattutto qualitativamente importante – aveva seguito l’idea crociana dell’autonomia dell’arte, e quindi perlopiù evitato di dare una lettura apertamente politica dei testi letterari. Erano relativamente pochi i critici che aderivano al principio secondo cui gli elementi che in un’opera d’arte contengono un messaggio dichiaratamente politico o morale sono « allotri »8, ovvero estranei alla vera poesia del testo, perché non corrispondono allo slancio primo e poetico dell’intuizione estetica. A questi si opponeva la critica di stampo fascista, nelle cui file, ben più folte, troviamo uomini di grande influenza e di grande potere nell’ambiente culturale ed accademico, come un Gentile, un Cian, ma anche un Marpicati. Essi contestavano, anche violentemente, la lezione crociana12, mentre rivendicavano, per tutti i testi letterari, la legittimità di una lettura morale, politica, improntata all’attualità. La tendenza ad ‘attualizzare’ il significato delle opere fu portata a tal segno da far loro presentare, talvolta e anzi spesso, i classici della letteratura italiana come precursori del fascismo. Non era dunque la prima volta che si buttavano pietre nello stagno della critica crociana ; si potrebbe quasi dire, anzi, che non si era fatto altro che buttarvi pietre durante tutto il Ventennio. In realtà, i primi sintomi di « insofferenza » Russo li diede sin dal 1941, mentre scriveva un arti. Perciò, quando Brunetti denuncia « l’apollineità » in cui Croce rinchiude i poeti, e quando ricorda l’itinerario di Luigi Russo – che in quegli anni, dopo esser stato a lungo un fedele discepolo crociano, da Croce prende appunto le distanze14 – egli ci fa intuire non tanto una rottura, quanto una ‘transizione’ interessante. Tra i critici che erano stati antifascisti negli anni Venti e Trenta, molti cominciano, sin dai primissimi anni Quaranta, a maturare un progressivo allontanamento dalla posizione crociana, proprio perché si sentono vincolati da quell’implicito divieto di ‘allotrismo’ che caratterizza la produzione critica crociana, rivendicando la possibilità di considerare « la politicità nascosta » anche nella « grande poesia. Sembrano ormai giunti al punto di rottura. Ma quel che preme qui sottolineare è che vi è dunque una continuità, non certo nei contenuti politici – affatto diversi – ma potremmo dire nel metodo e nei presupposti teorici ed estetici che vengono opposti a Croce durante e dopo il Ventennio, ovvero nella comune rivendicazione allotrica. Il testo di L. segna senz’altro una svolta nella fortuna critica di Leopardi nel Novecento, quando lo si studia come punto di partenza di una tradizione critica, e in questo modo esso viene generalmente e giustamente valutato. L’intento di questo lavoro sarà invece di considerarlo come punto di approdo problematico di un’altra tradizione critica, non posteriore ma anteriore, vigente nel Ventennio e di stampo generalmente fascista, con cui il testo di L., nonostante le fondamentali differenze, ha in comune almeno due aspetti essenziali. Il primo è appunto l’opposizione all’estetica crociana che è già stata evocata e che potrebbe, senz’altro, esser estesa a gran parte della critica letteraria, non trattandosi di una specificità leopardiana ; il secondo è l’idea – sulla quale verterà più precisamente questo studio – di un fondamentale ottimismo leopardiano. Ora, una certa paternità del tema dell’ottimismo leopardiano, così come lo sviluppa Luporini, può essere attribuita a Gentile e ad un suo saggio sulle Operette morali di Leopardi. Questo, invece, è un discorso specifico, valido per la sola critica leopardiana. L’ipotesi di una continuità tra l’interpretazione che L. dà di Leopardi e la produzione critica con una comune opposizione a Croce, ma anche una comune matrice – almeno parziale – gentiliana, è convalidata sia dall’analisi dei testi, come vedremo, che dalla stessa biografia di L. e da quanto lui stesso racconta della propria esperienza. La vicenda umana, ideologica e culturale di L. in quel decennio che va dalla seconda metà degli anni Trenta alla fine degli anni Quaranta è, per molti aspetti, emblematica proprio di quel profilo di intellettuale nella transizione tra fascismo e Repubblica. L., Critica e metafisica nella filosofia kantiana, « Rendiconti della Reale Accademia Nazi. Il testo faceva parte di un volume scritto dai docenti del liceo dove L. insegnava, in occasi. Nella sua autobiografia, Bobbio cita un disegno di Renato Guttuso che illustra una delle p  C. L., Qualcosa di me stesso, in L.  L. si laurea a Firenze, dopo aver studiato anche in Germania, dove fu in contatto con Heidegger e Hartmann. La sua tesi di filosofia su Kant, d’impostazione esistenzialistica, è letta e molto apprezzata da Gentile, il quale decide di presentarla all’Accademia dei Lincei di cui era socio. Dopo aver conseguito la laurea, L. insegna al liceo, prima a Livorno, dove pubblica un primo testo su Leopardi, di cui dà un’interpretazione esistenzialistica e la cui impostazione reca già segni evidenti di anticrocianesimo. Torna a Firenze ed entra a far parte del movimento liberalsocialista di Capitini e Guido Calogero, nel quale frequenta anche  Bobbio, Guttuso e Morra. Gentile lo chiama alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove era disponibile un posto di lettore di tedesco. C’era, tra Gentile e L., un rapporto che L. stesso ebbe a definire di grande franchezza politica, sin da quando i due uomini si conobbero meglio, e fino alla morte di Gentile. L. non aveva approvato la decisione del movimento liberal-socialista di confluire nel Partito d’Azione e si era perciò ritirato per aderire invece al Partito Comunista. L. si trova quindi agli esatti antipodi politici di Gentile. Eppure egli stesso racconta di come avesse tentato di convincerlo ad abbandonare la Repubblica di Salò e avesse anche creduto di riuscire nel suo intento, definendo tragica ma anche consapevole la sua fine. Non mi soffermerò sull’ultima fase di Gentile, tragica. Ricordo solo che, certo illusoriamente, cercai di persuaderlo a che si tirasse fuori dal fascismo, nel frattempo divenuto la Repubblica di Salò. Al Salviatino, dove abita, ha con lui un incontro che non finiva mai, perché non riuscivo a rimanere solo con lui. Quando ce la feci, lo misi al corrente di quello che stava succedendo, dandogli delle notizie che evidentemente non gli davano le autorità fasciste – era stato anche ucciso uno del suo entourage – mentre io le avevo dalla rete clandestina in cui mi trovavo. Me ne uscii con la sensazione che forse qualcosa avevo ottenuto. Invece, non era così : due giorni dopo, venne fuori che il ministro Biggini s’era recato lì, al Salviatino, per offrirgli la presidenza dell’Accademia d’Italia, e che Gentile aveva accettato (ma, quand’ero stato da lui, non me l’aveva detto). E così s’avviò verso un destino di cui in qualche modo aveva consapevolezza. Poche settimane dopo quest’episodio, Gentile propone a Luporini di diventare bibliotecario dell’Accademia d’Italia. Ma Luporini rifiuta, sancendo così la fine del suo rapporto con Gentile : un rapporto che, nella nostra prospettiva, è senz’altro importante e che invece è stato quasi integralmente passato sotto silenzio. In realtà, di L. si ricorda soprattutto l’attività posteriore al 1945, in particolare quella che svolse come co-fondatore – con Bandinelli – della rivista “Società”, e in seguito come direttore della stessa. La storia di questa rivista illustra l’evoluzione di molti intellettuali di sinistra dopo la Liberazione, proprio per il vincolo che venne rapidamente a crearsi col partito comunista. Parlando di « Società » e dei suoi intenti programmatici, L. dichiara che per lui, l’idea principale era  21 Ibid., p. 244. d’una saldatura fra quella cultura degli anni trenta di cui ho parlato – quella rottura con il passato che eravamo venuti preparando lentamente, modestamente, molecolarmente – e la cultura di quelli che venivano da fuori, soprattutto i dirigenti comunisti, e segnatamente Togliatti. Perciò, non ero d’accordo con Vittorini, con la sua idea, nel « Politecnico » d’una « nuova cultura ». I contenuti li avevamo in comune, più o meno ; però io ero per un continuismo, non assoluto, naturalmente, ma rispetto a quel che ho detto. Per illustrare meglio le forme di questo « continuismo », bisogna rifarsi alle pagine che precedono questa citazione, in cui Luporini descrive l’ambiente culturale della Firenze degli anni Trenta e il gruppo di intellettuali antifascisti che vi frequentava. L. dichiara in quest’occasione che « da un certo punto di vista la vera dittatura era proprio quella idealistica » e che, nel campo specifico della letteratura e della storiografia, l’idealismo « dittatoriale » era forse più crociano che non gentiliano Continua poi la narrazione del proprio iterintellettuale, negli anni Trenta e Quaranta, che L. descrive come un percorso che consta di due tappe fondamentali, due svolte, anzi due transizioni. La prima avviene negli anni Trenta, quando Luporini prende le distanze dall’idealismo crociano e scopre l’esistenzialismo ; la seconda, negli anni Quaranta, quando dall’esistenzialismo L. si sposta verso posizioni marxiste. Questi pochi elementi biografici offrono due spunti notevoli per l’analisi della produzione di L.  In primo luogo, il rapporto personale più approfondito che L. aveva con Gentile e non con Croce induce a riconsiderare l’influenza dell’uno e dell’altro sulla sua prima formazione, da giovane studente e studioso di filosofia e di letteratura. In secondo luogo, nell’esprimere a posteriori il programma della sua rivista Società, L.  formula una precisa volontà culturale ed ideologica propria di quel periodo di transizione, che consiste nel superare l’idealismo crociano e nel consentire una forma di « continuismo » tra una certa cultura anticrociana degli anni Trenta e quella degli anni Quaranta. Applicati alla critica leopardiana del dopoguerra, questi due elementi dimostrano quanto fosse complessa e problematica l’eredità della critica fascista e della critica idealista.  L., Con Heidegger. Alcune riflessioni, oggi, tra filosofia e politica, in Heidegger. G. Gentile, Manzoni e Leopardi, in Opere, Firenze, Sansoni. Leopardi, d’altronde, offre una prospettiva privilegiata per analizzare il rapporto tra Croce, Gentile e L.. Era il poeta prediletto di Luporini : « Leopardi è stato sempre il mio autore », dichiarava L., e come tale, egli continuò a leggerlo e a rileggerlo da un capo all’altro della sua vita. Ma era anche un poeta molto amato da Gentile – benché numerose e importanti fossero le differenze tra il materialismo dell’uno e l’attualismo dell’altro – e la costanza del suo interesse per Leopardi ci è testimoniata dalla regolarità con la quale il filosofo siciliano pubblicò testi sul pensiero e sulla poesia di Leopardi, poi raccolti in un unico volume24. D’altro canto, invece, Leopardi non è stato un autore particolarmente apprezzato né compreso da Croce. Citiamo qui l’allegro commento di uno studioso che era stato suo discepolo, Vincenzo Gerace, e che nel 1929 dichiarava : Gerace, Leopardiana, in La tradizione e la moderna barbarie. Prose critiche e filosofiche, Folig. Croce non ama Leopardi. Non può amarlo. Gli dà forte sui filosofici nervi. Gli è d’impaccio al teorico passo, uso a scalciare stizzoso, ovunque lo trovi, quel terribile nemico della sua teoria estetica : l’intellettualismo e il moralismo nel mondo dell’arte. Or se c’è un intellettualista e un moralista convinto e di altissimo stile nella storia della nostra poesia, e tenace in teorie e in fatti, questi è Leopardi.25  26 B. Croce, Leopardi in Poesia e non poesia, Bari, Laterza. Gerace allude qui senz’altro al celebre testo che Croce pubblica dapprima su « La Critica » e poi nel volume Poesia e non poesia del 192326. La principale critica che Croce rivolge alla poesia di Leopardi è di esser intrisa di elementi allotri, di momenti meditativi, filosofici, polemici, che sono, per il critico idealista, profondamente estranei alla pura ispirazione e intuizione poetica. Come tali, Croce non li considera veramente poetici, tanto che, nel suo esame complessivo dei versi leopardiani, egli considera che solo un numero relativamente ridotto corrisponda alla sua definizione di poesia. Croce non emette riserve unicamente sulla poesia di Leopardi, ma ne esprime di ancora più forti sul valore della sua filosofia. Per Croce, il pensiero leopardiano è dettato innanzitutto dal sentimento, anzi dal risentimento per una « vita strozzata », ed è dunque troppo soggettivo per essere considerato un pensiero filosofico universale. In questa prospettiva, Croce interpreta il pessimismo o ottimismo di Leopardi come un indizio dell’origine prettamente sentimentale del suo pensiero, e quindi come una prova della sua pochezza concettuale : « La filosofia », afferma Croce, « in quanto pessimistica o ottimistica è sempre intrinsecamente pseudo-filosofia, filosofia a uso privato »27.  28 I due testi si trovano oggi nel volume di Gentile, Manzoni e Leopardi, cit. Il primo, Le Operett. In queste pagine, Croce sta in realtà dialogando con colui che era, da molti anni ma per pochi mesi ormai, un amico ed un collaboratore, Gentile, il quale aveva pubblicato, due saggi – il primo sulle Operette morali, il secondo intitolato Prosa e poesia nel Leopardi – decisivi per la questione della filosofia pessimistica o ottimistica di Leopardi 28. Anche Gentile, come Croce, giudica severamente la qualità filosofica del pensiero leopardiano, dichiarando che « se cerchiamo in lui il filosofo, avremo lo scettico, ironista, materialista piuttosto mediocre nell’invenzione »29. Gentile formula, tuttavia, un’interpretazione ben diversa, molto più feconda ed originale, della questione del pessimismo o ottimismo di Leopardi. Senza negare del tutto il suo pessimismo, Gentile lo ridimensiona attribuendolo storicamente e concettualmente alla sola influenza della filosofia materialista, direttamente ereditata dai Lumi. Si tratta quindi di un « pessimismo della ragione » settecentesca, che Gentile giudica, tutto sommato, superficiale e poco originale, e al quale oppone invece un « ottimismo del cuore », profondamente radicato nell’animo leopardiano. Così scrive nel 1919 : « Il Leopardi, pessimista di filosofia, e quasi alla superficie, fu invece ottimista di cuore, e nel profondo dell’animo : tanto più acutamente pessimista col progresso della riflessione, e tanto più altamente e umanamente ottimista »30.  31 Vi è, nello Zibaldone, un’unica occorrenza del termine « ultrafilosofia », come vi è, del resto, un (..Ricordiamo, a tale proposito, il giudizio formulato da Augusto Del Noce, secondo cui Gentile « sent (...) 33 F. Pasini, Tutto il pessimismo leopardiano, Parenzo, Coanna. Gentile dà particolare rilievo alla tesi di un’ultra-filosofia leopardiana, supponendo l’esistenza di una sorta di pensiero leopardiano oltre la filosofia pessimistica e materialistica: un pensiero più autentico, perché più intimamente poetico, più spirituale e quindi, per Gentile, più leopardiano. La rivalutazione gentiliana delle Operette morali e l’interpretazione in chiave ottimistica del pensiero leopardiano segnano un momento importante nella storia della critica, avviando un nuovo filone esegetico che gode di particolare successo durante il Ventennio. Si assiste allora, come nota un critico, ad un « capovolgimento, del punto di vista dal quale si usava considerare Leopardi » : da « poeta del pessimismo » che era « per tutti », Leopardi « è diventato il poeta dell’ottimismo. Sanctis, Schopenhauer e Leopardi, in Scritti critici e Ricordi, Torino, Utet. Per una presentazione dei testi, dei contenuti e degli autori di questa particolare produzione crit (...) Sanctis esalta l’effetto positivo prodotto dalla lettura della poesia leopardiana, dichiarando che Leopardi produce l’effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare ; non crede alla libertà, e te la fa amare »34. Negli anni Venti e Trenta, tuttavia, l’intento della critica leopardiana è rivelare elementi intrinsecamente positivi ed ottimistici, non nell’effetto prodotto sui lettori, ma alla matrice stessa del pensiero leopardiano. L’opposizione proposta da Gentile nel 1919, tra un pessimismo della ragione ed un ottimismo del cuore viene ampliamente ripresa e riesplorata, dando adito a tutta una serie di interpretazioni che potremmo definire irrazionali e fideistiche. Oltre il pessimismo materialista, oltre il razionalismo disperato, la cui importanza viene sistematicamente sminuita, molti critici cercano ed esaltano lo slancio ottimistico della fede leopardiana : fede nella poesia, ma anche e spesso soprattutto fede nella patria e nella stirpe italiana. In questo senso potremmo interpretare alcune letture mistiche che vengono date di Leopardi e del suo pensiero negli anni Trenta soprattutto. Lanfranchi, De centenaire en centenaire. L’Italie fasciste célèbre ses poètes (Foscolo, Leo Non è certo questo il luogo per analizzare questa produzione, vasta seppur povera di elementi filologici e critici realmente nuovi. Ai fini del nostro discorso, preme tuttavia osservare che un argomento ricorre sovente tra questi testi, che consiste nel dare una spiegazione prettamente contestuale e storica al pessimismo di Leopardi, negandogli di fatto un valore universale. Il motivo fondamentale del pessimismo leopardiano è, per la critica di stampo fascista degli anni Venti e Trenta, di natura politica, anzi patriottica. Leopardi non ha assistito né agli albori del Risorgimento, né alla prima guerra mondiale, né tanto meno alla marcia su Roma : se invece fosse stato spettatore e attore di tali avvenimenti, egli – assicurano tali critici – non sarebbe stato pessimista. Questo argomento costituisce un vero e proprio topos oratorio, ripetuto centinaia di volte in occasione dei discorsi ufficiali e delle commemorazioni del Ventennio, poiché, nonostante sia fondato su un anacronismo e quindi scientificamente non abbia alcun valore, la sua efficacia retorica è notevole. E segnatamente lo si trova quando, in occasione del centenario della morte, il regime organizzò, spesso controllandoli e canalizzandoli, tutta una serie di festeggiamenti ufficiali, in cui Leopardi veniva molto spesso presentato come un precursore del fascismo36.  22 Vi furono però alcune celebrazioni che riuscirono a rimanere in margine delle commemorazioni ufficiali e quindi a garantire una certa libertà di espressione rispetto alla produzione su Leopardi. Tra queste, troviamo l’annuario di un liceo livornese, che nel 1938 pubblicò un numero speciale con vari studi consacrati a Leopardi. Il secondo, intitolato Il pensiero di Leopardi, era proprio il testo di L., che in quel liceo appunto insegnava filosofia. In questo saggio, l’intento primo di Luporini non è solo di presentare un Leopardi esistenzialista, ma anche e forse soprattutto di contestare la posizione dell’idealismo, sia crociano che gentiliano, rivendicando innanzitutto il valore filosofico del pensiero leopardiano e quindi anche del suo pessimismo. L.  non esita a metterlo a confronto con i maggiori filosofi dell’Occidente :  37 C. L, Il pensiero di Leopardi, Tra il pessimismo del Pascal, ultima grandiosa affermazione del medioevo religioso e il pessimismo del Leopardi, c’è l’età dell’illuminismo nei suoi ideali più alti, c’è Cartesio e Kant (che pur Leopardi non conosceva), c’è insomma il pensiero moderno che fonda tutto il valore dell’uomo nella sua dignità morale e questa sua dignità morale nella verità che egli ha raggiunto colle proprie forze, rivelata alla sua ragione.37  38 Secondo Sebastiano Timpanaro : « L’esperienza esistenzialistica L. se l’era ormai lasciata  (...) 39 C. L., Leopardi progressivo, cit., p. 97. 40 Ibid., pp. 101-102. 23 Sarebbe opportuno comprendere se vi siano elementi comuni tra i due testi di L. su Leopardi, scritti a distanza di dieci e decisivi anni. Sussistono poche tracce del Leopardi esistenzialista del 1938 nel Leopardi progressivo del 194738. Un lascito più evidente consiste invece nella condanna duratura e permanente di Croce – di cui L. cita esplicitamente « l’infelice giudizio » su Leopardi. Per L., non solo la poesia di Leopardi è sempre vera poesia, ma anche il suo pensiero, potremmo dire, è vero pensiero, vera filosofia. Leopardi, dice L., « fu un pensatore progressivo ; in certo modo, dentro i limiti della sua funzione di moralista, di non-tecnico della filosofia né di alcuna disciplina particolare, il più progressivo che abbia avuto l’Italia nel xix sec. »40.  24 L’interpretazione data da Gentile – che invece L. nel suo testo non cita mai – e la stagione di studi sul Leopardi ottimistico che essa inaugurò per il Ventennio fascista lasciano invece dietro di sé, e sul saggio di L. in particolare, un’eredità molto più complessa da cogliere e da valutare. Nell’insistere sul materialismo del pensiero leopardiano, Luporini intendeva senz’altro opporsi alla lettura idealistica e spirituale di Gentile. È inoltre significativa la scelta di L., che non parla di un Leopardi ottimista, ma progressivo, rifacendosi perciò ad un lessico di tutt’altra connotazione ideologica. Vi sono, tuttavia, anche alcuni elementi di continuità, e ci soffermeremo brevemente su tre di questi.  41 Ibid., pp. 49 e 69. 42 S. Timpanaro, Classicismo e illuminismo, cit., p. 180. 25 Il primo sta nell’origine contestuale e storica che Luporini attribuisce al pessimismo leopardiano, il quale deriva, secondo lui, da una delusione storica : la delusione della Rivoluzione francese. « Questa delusione – scrive Luporini – non spiega solo il pessimismo storico di Leopardi, ma il suo successivo e rapido pessimismo cosmico; ossia spiega tutto il pensiero leopardiano. I due pessimismi nascono da un unico germe, appartengono a un unico processo di pensiero »41. Esprimendo un giudizio complessivamente molto positivo sul testo di L., Timpanaro emette la principale sua riserva proprio su questa interpretazione, che giudica insufficiente in quanto non rende conto del « valore permanente del pessimismo leopardiano »42. Nella nostra prospettiva, è importante notare che la spiegazione storica, benché usasse altri mezzi e perseguisse altri fini, era già usata in modo sistematico dalla critica fascista, escludendo a priori l’idea di un pessimismo non fondato sulla storia, ma sulla condizione umana in senso universale e astorico.  L., Leopardi progressivo, cit., p. 50. 44 Ibid., p. 60. 26 Il secondo elemento di continuità sta nel giudizio, proprio di Luporini ma anche della critica fascista, secondo cui nonostante il pessimismo scaturito dalla delusione storica, vi fosse in Leopardi una “inconcussa e nascosta fede”43, qualcosa che lo induceva comunque a sperare. Come Gentile, anche Luporini dà un notevole rilievo a quell’unica occorrenza del termine « ultrafilosofia » nello Zibaldone, ma le attribruisce contenuti affatto diversi perché in essa « sembra condensarsi la “disperata speranza” dell’individuo Leopardi »44.  45 Ibid., p. 38. Timpanaro considera che non era « accettabile » il « rimprovero » mosso a L. Il terzo ed ultimo elemento di continuità, tra il testo di L. e la produzione critica del Ventennio, sta infine nel presentare Leopardi quale un « anticipatore di ulteriori dottrine »45. In entrambi i casi, Leopardi diventa precursore politico di un’ideologia del Novecento e, in entrambi i casi, diventa precursore di un’ideologia strutturalmente ottimistica. L’ottimismo era, infatti, un aspetto culturale e ideologico programmatico per il fascismo ma, d’altra parte, il progresso – e quindi la visione ottimistica del divenire umano che lo sottende – è a sua volta un perno essenziale dell’ideologia comunista.  L., Leopardi moderno, intervista a cura di F. Adornato, « L’Espresso ». Su questo punto vorremmo abbozzare le nostre prime rapide conclusioni. Parallelamente al discorso critico più tradizionale e canonico, che sin dall’Ottocento va definendo le varie fasi del pessimismo leopardiano, si possono rintracciare nel Novecento le tappe di elaborazione del mito di un Leopardi ottimista : un mito che forse proprio durante il Ventennio conosce la maggiore diffusione, ma che non muore con la caduta del regime fascista. Il suo permanere, sotto forme diverse, è forse proprio dovuto al vincolo che lo unisce ad ideologie strutturalmente ottimistiche, le quali, quando designano nel Leopardi un precursore, lo « piegano » naturalmente in questo senso. Alla luce di queste considerazioni, assumono un significato particolare le parole che pronuncia lo stesso Luporini, in un altro periodo di transizione, alla fine degli anni Ottanta, davanti al crollo del regime comunista e davanti alla crisi di quest’altra ideologia novecentesca. Non a caso, Luporini ritorna allora a studiare Leopardi, per trovarvi l’espressione del suo sgomento : « Il sapersi soli di fronte alla storia, senza speranze – senza nessuna garanzia, senza nessuna ideologia, senza nessuna consolazione »46. Siamo molto lontani dal messaggio ottimistico del Leopardi progressivo, e rimane poco delle antiche speranze di L.. Rimane però quello stesso amore per Leopardi, e quel sentimento della sua ‘attualità’ più pregnante :  47 Ibid. Nella nostra epoca così confusa e in fase di assestamento, nella crisi di tutte le categorie con le quali ci siamo mossi finora, questa mi sembra un’idea liberatoria. Si può, anzi si deve, essere disillusi : ma non per questo inerti e rassegnati. Essere nichilisti e insieme attivi : ecco l’attualissimo messaggio di Leopardi. 47 Débat  Inizio pagina. Il testo Leopardi progressivo fu pubblicato per la prima volta nel volume Filosofi vecchi e nuovi : Scheler-Hegel-Kant-Fichte-Leopardi, Sansoni, Firenze. Come L. scrive in un’avvertenza ad una nuova edizione, datata del febbraio 1980, « questo Leopardi progressivoebbe subito una sua risonanza particolare, così che poi, nel corso di tutti questi anni, molte volte sono stato sollecitato a ripubblicarlo in edizione separata. Questa domanda proveniva da varie parti, ma soprattutto dal mondo della scuola (insegnanti e studenti), il che mi ha sempre fatto particolare piacere. L., Avvertenze, in Id., Leopardi progressivo, Roma, Editori Riuniti).  2 Scrive Sebastiano Timpanaro a proposito del titolo scelto da Luporini : « un titolo che per un verso alludeva polemicamente alle “magnifiche sorti e progressive” derise nella ninestra (volendo indicare che Leopardi, nemico del falso progresso borghese-moderato, mirava ad un progresso molto più radicale, al di là dell’orizzonte politico della propria epoca e del proprio ambiente), per un altro accoglieva quell’accezione un po’sottile e non immune da ambiguità che questo aggettivo ebbe per alcuni anni nel linguaggio politico italiano : non equivalente a “progressista” (che sapeva troppo di radicalismo borghese), ma piuttosto a “democratico avanzato”, di una democrazia destinata, senza rivoluzione, a sfociare nel socialismo. Gli equivoci politici di quest’uso di “progressivo” ne causarono la rarefazione e poi la scomparsa quando era ancora in vita Togliatti, che ne era stato, se non l’inventore, certo il massimo diffusore attraverso la formula della “democrazia progressive -- TIMPANARO, Anti-leopardiani e neo-moderati nella sinistra italiana, Pisa, ETS. Si tratta del v. 51 della Ginestra, in G. Leopardi, Poesie e prose, Poesie, a cura di Rigoni, con un saggio di Galimberti, Milano, Mondadori (I Meridiani. L., “Leopardi progressive”. Brunetti, Il « nostro » professore L., in L., a cura di M. Moneti, numero speciale della rivista « Il Ponte ». L., Leopardi progressivo. Binni, La nuova poetica leopardiana, Firenze, Sansoni. Sebbene molto diversi, il testo di L. e quello di Binni hanno in comune l’originalità dell’impostazione critica, che contribuì a rinnovare gli studi leopardiani nel dopoguerra. La migliore illustrazione e analisi di tale svolta critica si trova forse ancora nelle pagine, ormai non più recenti, di TIMPANARO, Classicismo e illuminismo nell’Ottocento italiano, Pisa, Nistri Lischi. Croce conia la voce « allotrio » per indicare ciò che è estraneo all’estetica, rifacendosi al vocabolario filosofico tedesco dell’Ottocento, e al greco “ἀλλóτριος,” che signifca « estraneo, altrui ». Per l’influenza di Gentile sul mondo culturale in epoca fascista, si veda in particolare G. Turi, Gentile : una biografia, Firenze, Giunti. Il ruolo di CIAN negli studi letterari nel periodo di transizione è stato recentemente studiato d’Allasia in una serie di lavori, tra cui « Il virus malefico » dell’ideologia nazionale e le illusioni di un « maestro di metodo » : Vittorio Cian, in Fascisme et critique littéraire. Les hommes, les idées, les institutions, a cura di Vento e Tabet, Caen, PUC (Transalpina). MARPICATI compie studi di letteratura italiana a Firenze, pubblica alcune raccolte di poesie e vari testi di critica letteraria. Ma sin dalla prima guerra mondiale mette da parte l’attività letteraria – alla quale si consacra solo sporadicamente – per dedicarsi invece alla politica, dapprima a Fiume, poi nella militanza e nel regime fascisti. Assume vari incarichi prestigiosi, tra cui quello di Cancelliere dell’Accademia d’Italia, poi di direttore, dell’ISTITUTO NAZIONALE DI CULTURA FASCISTA, e anche di vice segretario del Partito Nazionale Fascista. Ecco quanto scriveva, ad esempio, Cian, rivolgendosi a Croce e ai suoi discepoli : « Questi cerebrali, più o meno giovini, chierici sterili e sterilizzatori, officianti nella cappella all’insegna dello Spegnitoio, dovrebbero ormai decidersi. O smetterla, rassegnandosi a tacere e a sparire dalla scena letteraria – e sarebbe tanto di guadagnato – oppure mettersi al passo coi tempi nuovi » (V. CIAN, Rassegna bibliografica, Giornale Storico della letteratura italiana. Mi sia consentito di rimandare in questa sede a due testi miei, entrambi accessibili in linea : S. Lanfranchi, La recherche des précurseurs, Lectures critiques et scolaires de Alfieri, Foscolo et Leopardi dans l’Italie fasciste -- archives-ouvertes.fr/docs /00/37/21/89/7-12-08.pdf] ; Id., « Verrà un dì l’Italia vera », Poesia e profezia dell’Italia futura nel giudizio fascista, « California Italian Studies », II, 1, 2011 [http://escholarship.org/uc/ismrg_cisj], In realtà, i primi sintomi di’insofferenza RUSSO li da mentre scrive un articolo sulla critica foscoliana recente, nel quale rivendicava la « politicità » di un testo come Le Grazie e la legittimità di una lettura che non si attenesse ad un’analisi strettamente letteraria, estetica e formale. Questo esempio viene a dimostrare quanto detto subito dopo nel nostro studio, ovvero l’ipotesi di un allontanamento progressivo dalle posizioni crociane durante gli anni Quaranta (L. Russo, Le Grazie di Foscolo e la critica contemporanea, “Italia che scrive”.  L., “Critica e metafisica nella filosofia kantiana, « Rendiconti della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche », Il testo faceva parte di un volume scritto dai docenti del liceo dove L. insegna, in occasione del centenario della morte di Leopardi: L., Il pensiero di Leopardi, in Studi su Leopardi, Livorno, Belfronte e C. (Pubblicazioni del R. Liceo Ciano, 1), Nella sua autobiografia, BOBBIO cita un disegno di GUTTUSO che illustra una delle prime riunioni clandestine del movimento, riunito nella villa di Morra, vicino a Cortona. Vi si vedono Bobbio, L., Capitini (con davanti a sé un testo che porta la scritta « Non violenza »), MORRA, lo stesso GUTTUSO e CALOGERO (con un altro testo intitolato invece « Liberalismo sociale ») (Bobbio, Autobiografia, Roma-Bari, Laterza. L., Qualcosa di me stesso, in Questo testo è la trascrizione dell’ultima lezione tenuta, dall’autore, nella Facoltà di Lettere di Firenze, al momento dell’andata fuori ruolo. Luporini, Con Heidegger. Alcune riflessioni, oggi, tra filosofia e politica, in Heidegger in discussione, Atti del Convegno internazionale « L’eredità di Heidegger », Roma, a cura di Bianco, Milano, Angeli. Gentile, Manzoni e Leopardi, in Opere, vol. XXIV, Firenze, Sansoni, Gerace, Leopardiana, in La tradizione e la moderna barbarie. Prose critiche e filosofiche, Foligno, Franco Campitelli. Croce, Leopardi in Poesia e non poesia, Bari, Laterza. I due testi si trovano oggi nel volume di GENTILE, Manzoni e Leopardi, cit. Il primo, Le Operette morali, fu pubblicato per la prima volta in « Annali delle Università toscane », poi come proemio di un’edizione delle Operette morali curata da Gentile (G. Leopardi, Operette morali, con proemio e note di Gentile, Bologna, Zanichelli; il secondo, Prosa e poesia nel Leopardi, fu invece pubblicato nel « Messaggero della domenica ».  Vi è, nello Zibaldone, un’unica occorrenza del termine « ultrafilosofia », come vi è, del resto, una sola occorrenza del termine « pessimismo », ma nella critica leopardiana questi due hapax hanno goduto di grandissimo successo. Leopardi scrive. E un popolo di filosofi sarebbe il più piccolo e codardo del mondo. Perciò la nostra rigenerazione dipende da una, per così dire, ultrafilosofia, che conoscendo l’intiero e l’intimo delle cose, ci ravvicini alla natura. E questo dovrebb’essere il frutto dei lumi straordinari di questo secolo -- manoscritto dello Zibaldone. Ricordiamo, a tale proposito, il giudizio formulato da Noce, secondo cui GENTILE « sentì se stesso come il filosofo di Leopardi, come il suo vero continuatore perché l’attualismo avrebbe realizzato quell’ultrafilosofia a cui Leopardi aspira: Noce, Gentile, Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Bologna, Il Mulino. PASINI, Tutto il pessimismo leopardiano, Parenzo, Coanna, Sanctis, Schopenhauer e Leopardi, in Scritti critici e Ricordi, Torino, Utet. Per una presentazione dei testi, dei contenuti e degli autori di questa particolare produzione critica leopardiana, oggi poco nota, rimando alla mia già citata tesi di dottorato (S. Lanfranchi, La recherche des précurseurs, LANFRANCHI, De centenaire en centenaire. L’Italie fasciste célèbre ses poètes (Foscolo, Leopardi, in Fascisme et critique littéraire, Caen, PUC (Transalpina 12). L., Il pensiero di Leopardi. Secondo TIMPANARO: L’esperienza esistenzialistica [L.] se l’era ormai lasciata decisamente alle spalle ; eppure essa aveva lasciato una traccia nell’interesse per i temi leopardiani della “vitalità” e del rapporto natura-ragione, nel rifiuto di un’interpretazione troppo storicisticamente angusta del problema Leopardi. Timpanaro, Anti-leopardiani e neomoderati. L., Leopardi progressivo, Timpanaro, Classicismo e illuminismo, c L., Leopardi progressivo.TIMPANARO considera che non era accettabile il « rimprovero » mosso a Luporini, di aver fatto di Leopardi un « precursore del marxismo. Timpanaro, Classicismo e illuminismo. Ma certe pagine del libro di Luporini e alcune formule in esse contenute (segnatamente quell’anticipatore di ulteriori dottrine) se non rendono « accettabile » un tale giudizio, perlomeno ne spiegano l’origine.   L., Leopardi moderno, intervista a cura d’Adornato, « L’Espresso ». Cesare Luporini. Luporini. Keywords: corpo e mente, corpo animato – l’anima di Vinci – la mente di Leonardo – i corpi di Vinci – il Leopardi fascista. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Luporini” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Luzzago: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Grupo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Brescia). Filosofo italiano. Nato da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più importanti famiglie del patriziato cittadino, e educato alla pratica devota e all'apostolato. Nel convento di S. Antonio dei gesuiti si impegna in un corso di filosofia. Dibatte in pubblico 737 argomenti filosofici! Con l'aiuto di Borromeo partecipa a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di Brera. Si laurea a Padova. Desideroso di entrare a far parte della Compagnia di Gesù, le difficoltà economiche della famiglia, causate da alcune transazioni inopportune del padre, glielo impedirono. Conservatore dei Monti di Pietà, e  protettore della Compagnia delle Dimesse di S. Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso e le Zitelle. Ri-organizza e da nuovo impulse a un'altra istituzione sorta dopo il Concilio di Trento: la Scuola della dottrina cristiana. Fonda la Congregazione di S. Caterina da Siena. Per far sì che il suo operato continuasse, fonda la Congregazione dello Spirito Santo, che raccolse i membri della classe dirigente cittadina con l'obiettivo di co-operare più efficacemente e concordemente al sostegno di tutte le buone istituzioni e mantenere un clima di Concordia. Infatti, intercede per la conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso in conflitto.  La sua indole caritativa emerse soprattutto quando venne a far parte del Consiglio di Brescia, dove sa armonizzare le strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte vi sono indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello della Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esamina le strutture di beneficenza per poi proporle a Brescia. Ha la possibilità di conoscere F. Neri. In un'epistola a Morosini, e informato che Clemente VIII, prende in considerazione il suo nome per la carica di arcivescovo di Milano. Fu avviata presso la Congregazione dei riti la causa di beatificazione. Leone XIII, riconosciute le sue virtù eroiche, gli conferì il titolo di venerabile.  Dizionario Biografico degli Italiani, A. Cottinelli, Vita del venerabile patrizio bresciano: dedicata ai comitati parrocchiali, Tipografia e libreria Salesiana, A. Cistellini, Il movimento cattolico a Brescia, Morcelliana. A. Fappani, Enciclopedia bresciana, Opera San Francesco di Sales, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S. Negruzzo, L'allievo santo: Roccio precettore, in «Annali di Storia dell'Educazione e delle Istituzioni Scolastiche», S. Negruzzo, Dalla scuola dell'ajo al collegio dei gesuiti: il caso di L., in Dalla virtù al precetto. L'educazione del gentiluomo,  Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Luzzago. Luzzago. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Luzzago” – The Swimming-Pool Library.

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